il complesso delle alcantarine nel centro storico di somma vesuviana

Cultural Heritage. Present Challenges and Future Perspectives ‐ Roma, Università Roma Tre, 21‐22 novembre 2014 LA CONOSCENZA PER IL MIGLIORAMENTO SISMICO: IL COMPLESSO DELLE ALCANTARINE NEL CENTRO STORICO DI SOMMA VESUVIANA Maria Pia Cibelli Università degli studi di Napoli Federico II Nelle zone sismiche il tema dell’intervento strutturale, in particolare di quello di tipo ‘preventivo’ sul patrimonio architettonico, assume un ruolo determinante in quanto garante della stabilità dei manufatti e dei rischi per i suoi fruitori. Un passo in tal senso è stata l’emanazione del D.P.C.M. del 09 febbraio 2011 per la valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale. Come è ben noto, la norma riconosce l’importanza fondamentale che assume il “percorso di conoscenza” della fabbrica al fine di comprenderne ed interpretarne la storia costruttiva, che consente di dimensionare gli interventi effettivamente necessari di “miglioramento” strutturale. Dunque, il primo problema che si presenta per raggiungere gli obiettivi di sicurezza e conservazione del patrimonio architettonico è proprio quello della ‘conoscenza’. La fase della conoscenza è definita come un “percorso”, articolato in diverse attività. Le indagini conoscitive devono concentrarsi prevalentemente sull’individuazione della storia del manufatto, specie in relazione agli eventi sismici pregressi; sulla geometria degli elementi strutturali; sulle tecniche costruttive, con riferimento a quelle abitualmente adottate in ciascun contesto territoriale e sui fenomeni di dissesto e di degrado. Il processo conoscitivo viene in un certo senso “imposto” al progettista con lo scopo di fargli raggiungere un livello di consapevolezza sui caratteri dell’edificio sul quale opera che lo guidi poi verso scelte progettuali attente alle specificità rilevate e mirate alla risoluzione delle problematiche effettive, secondo il consueto binomio “conoscere per conservare”1. I recenti eventi sismici de L’Aquila e dell’Emilia hanno però anche dimostrato che la risposta sismica dell’edificio è influenzata dal ‘contesto costruttivo’ in cui questo sorge. In altre parole il ragionamento va esteso alla scala urbana, facendo emergere così il concetto di “aggregato”. In questo senso, l’attività di ricerca della Rete dei Laboratori Universitari di Ingegneria Sismica2 (ReLUIS), si è concentrata sull’elaborazione, per ora in bozza, delle “Linee guida per il rilievo, l’analisi ed il progetto di interventi di riparazione e consolidamento sismico di edifici in muratura in aggregato” (2010). Con il termine “aggregato” si intende quella porzione di costruito che presenta delle connessioni di notevole estensione, sia in pianta che in alzato, che non possono essere trascurate in fase di analisi e modellazione. L’aggregato però non va confuso con “l’isolato”, con cui, invece, si intende quella porzione di spazio costruito, univocamente definito da strade e spazi vuoti. Nella maggior parte dei casi l’aggregato coincide di fatto con l’isolato, ma non sempre è così3. Emerge anche dalla lettura del testo in bozza che la ‘conoscenza’ dell’aggregato è di fondamentale importanza per l’interpretazione del comportamento strutturale e quindi per la conseguente messa a punto del progetto di intervento. Insomma, gli strutturisti si sono impossessati di un metodo che la cultura del progetto di restauro architettonico conosce e pratica da oltre 200 anni, cioè da quando Viollet‐Le‐Duc ha tracciato la linea operativa per il restauro, insegnandoci che la strada maestra per individuare gli schemi strutturali è la Storia, in particolare la Storia della costruzione e dell’architettura4. Si conferma la necessità che il tecnico del restauro, prima ancora di accingersi a calcoli e verifiche, debba conoscere dettagliatamente la storia dell’edificio da consolidare. Tuttavia, la conoscenza storica sebbene necessaria non è certo sufficiente; occorre che ad essa si affianchi una vasta conoscenza tecnica.
Per affrontare tale tipo di tematica e svilupparne la metodologia si è scelto un caso, ovvero lo studio di un complesso architettonico sito nel comune di Somma Vesuviana in provincia di Napoli5. Lo studio, tuttora in corso del manufatto, fa parte di un piano di ricerca che tenta di indagare gli approcci metodologici ed operativi che caratterizzano gli interventi di consolidamento e rafforzamento sul costruito storico oggi, individuandone le criticità e le prospettive con particolare attenzione agli aspetti strutturali, al miglioramento sismico, ed alle sue interrelazioni con il Restauro6. Si tratta del complesso della chiesa di San Francesco, poi della SS. Trinità, e dell’annesso convento sorto nel ‘600. Il complesso si trova all’imbocco dell’antico nucleo medioevale, precisamente all’ingresso nord della ‘cinta murata’. Cultural Heritage. Present Challenges and Future Perspectives ‐ Roma, Università Roma Tre, 21‐22 novembre 2014 Il tracciato murario aragonese intorno al quartiere medioevale è lungo all’incirca 1300 metri, quasi interamente visibile, anche se, di tanto in tanto, manomissioni e demolizioni, ne interrompono il percorso. La superficie racchiusa è di circa 85.000 metri quadrati, la muratura ha un’altezza media di otto metri ed è intervallata da grosse torri semicilindriche dal diametro di circa otto metri. L’impianto murario è costituito da grossi blocchi di pietra vesuviana non squadrati e da abbondante malta; il muro, che varia dal metro al metro e mezzo di spessore, ha funzione, oltre che di difesa, di contenimento degli alti terrapieni, e in alcuni punti dove l’edilizia è più fitta, funge da muro perimetrale di ambienti tuttora abitati. Fig. 1 – Chiesa e Convento dei Padri Trinitari. Vista su via F. D’aragona. Fig. 2 – Il complesso conventuale lungo via G. Auriemma Della ‘Porta Terra’, uno dei quattro accessi alla città, non resta altro che la strada di accesso e la memoria in una pubblicazione dello storico Domenico Maione7. A destra e a sinistra della porta si notano le maestose torri sporgenti; una dal complesso dei Padri Trinitari, l’altra incassata nell’angolo estremo di un caseggiato. L’aggregato coincide sostanzialmente con l’isolato: il decumano che attraversa il borgo murato da nord a sud, da Porta Terra a Porta Castello, passa davanti al Convento e alla Chiesa, mentre dal largo adiacente la facciata inizia il vico Console che porta alla via Giudecca situata ad est. Il complesso è attualmente conosciuto come la Chiesa dei Padri Trinitari. Nell’agosto 1618 l’Università di Somma stabilì di costruire un monastero di donne monache dell’Ordine di S.M. del Carmelo. Il luogo prescelto si trovava all’interno del Quartiere Murato, «dove era una via vicinale che andava insino alla casa della Lama da sopra le mura di Somma»8 in prossimità della Porta Terra. I rappresentanti dell’Università di Somma esplicarono le pratiche di acquisto del fabbricato e del fondo interessato alla costruzione del nuovo monastero che doveva essere composto di «chiesa oratorio, grate, dormitorio, celle, infermeria, giardino recintato et altri requisiti». Le pratiche per il Regio Assenso iniziarono nell’aprile del 1620 e si conclusero nel novembre del 16279. La presenza delle Donne Monache Carmelitane durò circa 200 anni fino a quando nel 1810 non fu decretata la soppressione dell’Ordine e si insediarono nel complesso le suore francescane Alcantarine che vi rimasero fino al 1861; successero nel 1930 i Padri Trinitari, ancor oggi ivi insediati. Nell’anno 1927 Padre Fortunato Aprea del Sacro Cuore, in qualità di Ministro dei Conventi in Napoli, volendo dividere gli aspiranti alla vita religiosa sacerdotale dai professi, chiese, agli organi preposti, il permesso di poter acquistare un vetusto convento a Somma Vesuviana. Lo stabile, che si trovava in cattive condizioni, apparteneva agli “Istituti Riuniti di Educazione Professionale Femminili di Napoli”. Ricevuta l’autorizzazione, Padre Fortunato iniziò le pratiche con i dirigenti di detti Istituti e con Atto del 2 Agosto 1929 del Notaio Tavassi, rilevò lo stabile, con l’annesso giardino, che fu ceduto all’ordine. I lavori di rifacimento furono affidati alla ditta Martone di Somma Vesuviana per l’ammontare di una cifra di lire 33.000. Nell’estate del 1945 iniziarono i lavori di sopraelevazione di un terzo piano nel Collegio. L’artefice di questo ampliamento fu il Vicario generale dell’Ordine, Padre Ignazio del SS. Sacramento, sovvenzionato dai Religiosi Italiani degli Stati Uniti d’America. I lavori, affidati nuovamente alla ditta Martone di Somma, sotto l’assistenza di padre Angelo Romano di Santa Teresa, si conclusero nella primavera del 1946. La capienza fu portata da 40 a 70 posti e tutti gli aspiranti poterono godere di ampi Cultural Heritage. Present Challenges and Future Perspectives ‐ Roma, Università Roma Tre, 21‐22 novembre 2014 spazi a loro disposizione. La spesa fu di lire 4.292.947. In seguito furono eseguiti altri lavori per la sistemazione dei refettori, della cucina e delle fognature, con un ulteriore importo di lire 1.559.731. Con il trascorrere del tempo l’antico stabile, in parte lesionato e in parte cadente, e l’annessa Chiesa vennero nuovamente restaurati. Durante i lavori, condotti sotto la direzione del Genio Civile di Napoli, venne asportato il magnifico rivestimento esterno di mattonelle maiolicate giallo‐verde10. Con i lavori fu comunque possibile realizzare nuove strutture come lo studio Camerale, il nuovo Refettorio e l’annessa cucina, la Cappella Interna al Collegio e furono aggiunti altri posti letto, portando la capienza a 120 posti letto11. Fig. 3 – Il tracciato delle mura aragonesi con l’innesto di una torre lungo via G.Auriemma. Fig. 4 – Vista del complesso all’imbocco di accesso al quartiere murato. Con gli eventi sismici degli anni 1980‐1981 la chiesa e l’annesso convento subirono danni tali da essere dichiarati inagibili. Il frontone che si affaccia su via Ferrante d’Aragona era completamente staccato dalla muratura retrostante e lungo i quattro piloni della zona preabsidale, dove di innesta la cupola, si evidenziavano notevoli fessurazioni verticali. Con l’avvenuta legge 291/80 si demandava al Provveditorato alle Opere Pubbliche della Campania la delega per sistemare un’idonea impalcatura per il lavoro a farsi12. La storia recente, documentata dagli atti presso la Soprintendenza di Napoli, ci segnala un crollo nel 1992 di un tratto delle mura aragonesi in via G. Auriemma, poi ricostruito e, infine, dei lavori di restauro della facciata della Chiesa13. Questa prima breve ricostruzione delle vicende costruttive del complesso ci aiuta a capire che, senza dubbio, l’ attuale normativa ha il merito di inquadrare la norma del “caso per caso”, tipica del progetto di restauro architettonico, all’interno di una “metodologia” codificata ora a livello normativo e non più solo disciplinare; ma allo stesso tempo, la norma non sottolinea abbastanza il fatto che, l’obiettivo del ‘percorso della conoscenza’ non è solo quello di acquisire le informazioni tecniche utili per la definizione dell’intervento strutturale ma, anche e soprattutto, di rilevare i valori contenuti nel nostro patrimonio architettonico, diversi per ciascun manufatto proprio perché diverse sono le ‘storie’ che li caratterizzano; e questa diversità di valori influenzerà le diverse modalità di intervento. Lo studio in questione intende continuare a seguire il ‘percorso della conoscenza’, non solo per evidenziare vulnerabilità e resistenze strutturali, ma anche per far emergere contemporaneamente il sistema di valori di cui il complesso si fa portavoce e per formulare eventuali critiche al testo normativo vigente. In sostanza, l’intervento di consolidamento non è altro che parte integrante di un progetto generale di restauro. Il progetto di restauro ha lo scopo di definire la conservazione di una fabbrica, proprio nel senso che emerge dal pensiero di Marco Dezzi Bardeschi: «Restaurare una fabbrica significa innanzitutto contenere il decadimento strutturale, la fatiscenza e il degrado biologico, saperla conservare, non semplicemente in effige ma nelle sue reali strutture fisiche, nei componenti materici che ne costituiscono l’irripetibile contesto specifico, unico, individuo in cui solo consiste l’autenticità stessa dell’opera»14. La politica di tutela deve svilupparsi in un unico momento di valutazione e di decisione che consideri la fabbrica nella sua globalità, ivi compresa la struttura, spesso dimenticata, e nel suo contesto. Cultural Heritage. Present Challenges and Future Perspectives ‐ Roma, Università Roma Tre, 21‐22 novembre 2014 1
C. Blasi (a cura di), Architettura storica e terremoti. Protocolli operativi per la conoscenza e la tutela, Wolters Kluwer, 2013, p.138. La Rete dei Laboratori Universitari di Ingegneria Sismica è un consorzio interuniversitario che ha lo scopo di coordinare l'attività dei Laboratori Universitari di Ingegneria Sismica, fornendo supporti scientifici, organizzativi, tecnici e finanziari alle Università consorziate.
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C.F. Carocci, M. Marino, Gli aggregati murari della città storica: conoscenza ed interpretazione per la valutazione della vulnerabilità sismica, in ANIDIS2009 ‐ XIII convegno nazionale, L’ingegneria sismica in Italia, Bologna, 2009. 4
Cfr. E.E. Viollet Le Duc, Dictionnaire raisonnè de l’architecture francaise du XI siècle, Parigi 1854‐68, vol. VIII, pp.13‐27. 5
R. D’Avino, Scheda – Chiesa e convento delle Alcantarine, “Summana”, 1993, 28, pp.2‐3. 6
M.P. Cibelli, Il miglioramento sismico nel restauro dell’architettura storica: nuove frontiere, Dottorato di ricerca in Conservazione dei Beni Architettonici e del Paesaggio, XXVIII ciclo, tutor prof. ing. Aldo Aveta (in corso). 7
D. Maione, Breve descrizione della regia città di Somma, Napoli, 1703. 8
Archivio Collegiata, cartella U, foglio bis 6, p.10 . 9
A. DI Mauro, Università e corte di Somma. I magnifici, Ripostes, giugno 1998, pp. 202‐203. 10
R. D’Avino, Somma perduta, “Summana”, 1984, 1, p.8. 11
A. Masulli, L’ordine dei Trinitari a Somma, “Summana”, 1993, 29, pp.28‐29. 12
M. Autorino, La chiesa di via Ferrante D’Aragona, “Summana”, 1985, 3, pp.13‐14. 13
S. Lo Sapio, Ristrutturazione e restauro della facciata e dell’annesso campanile della chiesa delle Alcantarine, “Summana”, 2006, 65, p.25. 14
Ientile, Per un consolidamento consapevole dei beni architettonici, Celid, 2001. 2