Nuovo protocollo Basilea 3

RATIO - SOLUZIONI PER LA GESTIONE D’IMPRESA [n. 3/2013 • 7808-1] Centro Studi Castelli s.r.l. 43
Banca e Impresa
Nuovo protocollo
Basilea 3
Reg. UE 26.06.2013, n. 575 - Direttiva 2013/36/UE
Requisiti patrimoniali delle banche
e credito alle imprese
Problema: il rapporto banca-impresa ha assunto negli anni recenti maggiore rilevanza rispetto al passato.
Rispetto al passato, a causa della crisi la regolamentazione del Comitato di Basilea, vivacizzatasi negli ultimi tempi, è destinata a influire ancor di più su tale rapporto.
Soluzione: Basilea 3 è l’ultimo degli schemi regolamentari emanati dal Comitato.
È stato aggiornato, da ultimo, nel giugno 2011 e la sua attuazione è prevista dal 1.01.2013. I passaggi successivi
porteranno alla definitiva realizzazione entro il 1.01.2019.
Considerate vastità e complessità della materia, per facilitarne la comprensione da parte del lettore si propone
una breve cronistoria della regolamentazione, si approfondiscono i contenuti dello schema Basilea 3 e si richiamano gli aspetti regolamentari di maggiore interesse per le PMI previsti nei due recenti documenti comunitari.
Accordo di Basilea o Basilea 1
Risale al 1988 e ha introdotto per la
prima volta il concetto di adeguatezza patrimoniale delle banche,
basandosi sul principio che l’esercizio dell’attività bancaria comporta
l’assunzione di un certo livello di rischio, e tale rischio deve essere quantificato e sostenuto da capitale “adeguato”: il capitale di vigilanza.
Basilea 2
Quale evoluzione dell’Accordo del
1988 è stato pubblicato nel 2004 e
doveva entrare a regime per la fine
del 2006, ma entrò definitivamente
in vigore dall’1.01.2008.
Ha migliorato la misurazione del rischio di credito e introdotto la regolamentazione per il rischio operativo, tipologia mancante nella versione
precedente.
Basilea 2.5
Le regole contenute in questo Accordo sono state definite nel luglio del
2009, con termine di attuazione il
31.12.2011.
Hanno migliorato la misurazione
dei rischi riguardanti le operazioni
di cartolarizzazione e quelle relative
alle esposizioni collegate al portafoglio di negoziazione.
Basilea 3
È stato pubblicato nel dicembre del
2010, ha fissato coefficienti patrimoniali più elevati e introdotto un nuovo schema internazionale di regolamentazione della liquidità.
La sua attuazione è stata fissata a partire dal 1.01.2013, con successivi step
fino alla definitiva realizzazione entro il 1.01.2019.
Regolamento UE n. 575/2013
e Direttiva 2013/36/UE
Nell’intento di armonizzare le regole
comunitarie in tema di svolgimento
delle attività bancarie, il Parlamento
e il Consiglio Europeo hanno emanato questi provvedimenti, da leggersi in combinato disposto.
Si tratta di due atti legislativi applicabili sia agli enti creditizi sia alle
imprese di investimento, che oltre a
fondere le due precedenti Direttive
2006/48/CE e 2006/49/CE hanno:
- recepito i contenuti di Basilea 3;
- introdotto specifiche regole per la
determinazione dei requisiti patrimoniali minimi a fronte dei crediti
erogati alle Piccole e medie imprese.
Obiettivi e contenuti
di Basilea 3
• Rafforzamento dei requisiti
patrimoniali delle banche.
• Assorbimento delle perdite al punto di
non sopravvivenza.
• Nuove modalità di copertura dei rischi:
- trattamento delle cartolarizzazioni;
- portafoglio di negoziazione;
- rischio di credito di controparte;
- esposizioni verso controparti centrali.
• Contenimento della leva finanziaria.
• Applicazione di un fattore di sostegno
per facilitare la concessione del credito
alle piccole e medie imprese.
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Evoluzione regolamentare dei requisiti
patrimoniali minimi delle banche
Il Comitato di Basilea
per la vigilanza bancaria
Il Comitato di Basilea è stato istituito
nel 1974 presso la Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI) a Basilea,
dove ha sede il suo Segretariato permanente.
È un organismo consultivo e propositivo; non ha poteri legislativi, ma,
in relazione all’autorevolezza, le sue
proposte possono tramutarsi in norme e leggi in molte delle giurisdizioni i cui rappresentanti della vigilanza
bancaria sono in esso presenti.
È composto da alti esponenti delle
banche centrali e autorità di vigilanza di molti Paesi.
Nel vigilare e disciplinare i sistemi
bancari e finanziari emana documenti e schemi operativi finalizzati
alla loro regolamentazione, i più conosciuti sono la serie degli Accordi
sui requisiti patrimoniali minimi
delle banche a fronte dei rischi assunti nell’ambito delle attività svolte.
Basilea 1
Nel 1988 è stato emanato il primo
Accordo sui requisiti patrimoniali
minimi delle banche, la cui novità è
l’introduzione del concetto di adeguatezza patrimoniale; a fronte dei
rischi assunti nell’esercizio della loro
attività le banche devono possedere
un’adeguata quantità di capitale: il
capitale di vigilanza.
I rischi che devono essere quantificati e sostenuti da detto capitale sono il
rischio di credito e quello di mercato; le banche devono allocare a capitale di vigilanza una quota pari almeno all’8% dell’attivo ponderato per
tali rischi. Nel tempo, tale Accordo
ha mostrato di non rispondere pienamente ai principi che lo avevano
ispirato. infatti, la misurazione del rischio era poco differenziata e statica,
non considerava la diversificazione
del portafoglio, ossia il frazionamento del rischio, e non teneva conto di
altre tipologie di rischio.
Basilea 2
Il nuovo schema di regolamentazione è intervenuto sui ristretti margini
di manovra evidenziati dal Basilea 1,
in particolare ha accresciuto considerevolmente la sensibilità al rischio
delle modalità di calcolo per determinare il capitale di vigilanza.
Si compone di tre “pilastri” che trattano temi diversi.
PRIMO PILASTRO
• Formula due nuovi metodi di calcolo dei
requisiti patrimoniali minimi: Standard e
IRB (Internal Rating Based) o dei Rating
Interni, nelle varianti Base e Avanzato.
La scelta del metodo da adottare è lasciata alla facoltà della banca.
• Lascia inalterata la regola dell’8%, però
la rende più sensibile al rischio di credito
dei singoli prenditori.
• Introduce i criteri da adottare per la valutazione del merito creditizio dei prenditori (il sistema di rating) e la disciplina
delle garanzie sia personali sia reali, entrambi elementi condizionanti la quantità di capitale di vigilanza da allocare.
• Introduce una nuova tipologia di rischio:
il rischio operativo.
SECONDO PILASTRO
Contiene i principi guida che devono
informare l’attività di vigilanza delle Autorità nazionali di vigilanza. Attraverso
l’esercizio dei poteri di supervisione le
Autorità di vigilanza, in particolare, devono assicurare che gli intermediari siano
dotati di adeguati sistemi di misurazione
e controllo dei rischi, oltre a sviluppare
politiche gestionali e procedure volte alla
valutazione dell’adeguatezza del loro patrimonio.
TERZO PILASTRO
Riguarda la disciplina di mercato e si prefigge di integrare il lavoro delle Autorità
di vigilanza nel garantire la solvibilità del
Sistema bancario, attraverso lo strumento
della trasparenza delle informazioni sia
sulla quantità dei rischi insiti nel bilancio
della banca sia sul suo grado di patrimonializzazione. Secondo tali regole le banche dovranno fornire più informazioni al
mercato, il quale valuterà di conseguenza.
Basilea 2
La prima stesura risale al 1999, e dopo
una serie modifiche a seguito delle
critiche mosse, specie per quanto
riguarda l’applicazione dei criteri di
valutazione del merito creditizio delle
PMI, è stato pubblicato in versione
definitiva alla fine del mese di giugno
2004. Le sue regole dovevano applicarsi
a partire dal dicembre 2006, ma è
entrato effettivamente in funzione
dall’1.01.2008.
Basilea 2.5
La regolamentazione di questa versione dell’Accordo è stata definita nel
luglio del 2009, con termine di attuazione il 31.12.2011.
Ha migliorato la misurazione dei rischi riguardanti le operazioni di cartolarizzazione e quelle relative alle
esposizioni collegate al portafoglio
di negoziazione.
Al riguardo, si rammenta che la crisi
ebbe inizio negli Stati Uniti con l’immissione sui mercati interno e internazionale di obbligazioni derivanti
dalle operazioni di cartolarizzazione
dei mutui subprime, ossia i finanziamenti ipotecari erogati a soggetti con
merito creditizio molto basso.
È molto probabile che queste regole
siano state introdotte proprio con
l’intenzione di arginare gli azzardi di
tanti banchieri e finanzieri spregiudicati.
Basilea 3
Questo schema regolamentare costituisce una sorta di upgrade di Basilea
2 e 2.5, dei quali, nel confermare gli
impianti originari, ha integrato e rafforzato le parti che hanno evidenziato le maggiori criticità e debolezze.
Pubblicato nel dicembre del 2010, ha
fissato coefficienti patrimoniali più
elevati e introdotto un nuovo schema
di regolamentazione della liquidità.
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La sua attuazione è stata fissata a partire dal 1.01.2013, con successivi step
fino alla definitiva realizzazione entro il 1.01.2019.
Nell’ambito del Primo pilastro sono
tre le nuove direttrici di marcia e riguardano: il rafforzamento del capitale, la copertura dei rischi e il contenimento della leva finanziaria.
Rafforzamento del capitale
Nell’ottica di rafforzare i requisiti
patrimoniali, con riferimento alle
attività ponderate per il rischio (es.:
il rischio di credito), rimane invariato all’8% il requisito minimo del
patrimonio totale, mentre aumenta-
no rispettivamente dal 2% al 4,5% il
requisito minimo di common equity tier 1 (azioni + riserve di utili), e
dal 4% al 6% il requisito minimo del
patrimonio di base (Tier 1), questo
costituito da common tier 1 più altri
strumenti finanziari di qualità elevata, il cosiddetto Tier 1 aggiuntivo.
Inoltre, nei periodi in cui sono assenti tensioni è richiesto alle banche
di accantonare riserve patrimoniali
per formare un cuscinetto (buffer) di
conservazione del capitale costituito
da common equity in misura pari al
2,5% delle attività ponderate per il rischio, con l’obiettivo di portare al 7%
il requisito totale di common equity.
Sono imposti vincoli alle distribuzioni discrezionali se il capitale della
banca scende all’interno dell’intervallo del buffer.
Altro elemento volto a rafforzare i
requisiti patrimoniali in argomento
è il buffer anticiclico: in caso di una
crescita del credito tale da poter generare un accumulo intollerabile di
rischio sistemico, le autorità nazionali possono imporre tale cuscinetto
costituito da common equity in misura compresa tra lo 0% e il 2,5%.
In Tabella 1 si riepilogano i nuovi requisiti patrimoniali minimi e buffer
richiesti.
TABELLA N. 1 - RIEPILOGO DEI NUOVI REQUISITI PATRIMONIALI MINIMI E BUFFER RICHIESTI
Common Equity Tier 1 Patrimonio di base (Tier 1) Capitale Totale
Minimo
4,5
Buffer di conservazione del capitale
2,5
Minimo più buffer di conservazione del capitale
7,0
Variazione buffer anticiclico
Un aspetto regolamentare del tutto
nuovo riguarda l’assorbimento delle
perdite al punto di non sopravvivenza: gli strumenti del patrimonio di
vigilanza dovranno essere provvisti
di una clausola contrattuale che ne
consenta, a discrezione delle competenti Autorità, la cancellazione oppure la conversione in azioni ordinarie
qualora la banca non sia più ritenuta
solvibile.
Questa regola dovrebbe accrescere
il contributo del settore privato alla
risoluzione delle crisi bancarie future per un verso riducendo l’azzardo
operativo e, per altro verso, eliminando gli interventi statali di salvataggio.
Le conseguenze della “riqualificazio-
6,0
8,0
8,5
10,5
0-2,5
ne” del patrimonio e l’incremento
della sua quantità, sebbene diluiti nel
periodo dal 2013 al 2019, potrebbero
riflettersi negativamente sui crediti
concessi alla clientela, perché le banche, per esempio:
-
non potranno più utilizzare gli
strumenti di capitale cosiddetti
ibridi (ex Tier 3) ai fini del calcolo
del patrimonio di vigilanza;
- avranno margini di manovra più limitati nella distribuzione degli utili
ai soci, i quali potrebbero dirottare
i loro investimenti verso altre direzioni;
- gli eventuali aumenti di capitale per
adeguare il patrimonio potrebbero
presentare maggiori difficoltà proprio per il disinteresse dei soci,
- la clientela che presenta maggiori
livelli di rischio sarà accuratamente
evitata.
Copertura dei rischi
(di mercato e di controparte)
La rinnovata regolamentazione interviene sui seguenti aspetti:
-
Cartolarizzazioni: il trattamento
patrimoniale di alcune cartolarizzazioni complesse è rafforzato. Le
banche dovranno effettuare analisi
più rigorose del merito di credito
per le posizioni in cartolarizzazioni provviste di rating esterno, ossia
non determinato dalla stessa banca.
- Portafoglio di negoziazione: è previsto un significativo aumento dei
requisiti patrimoniali a fronte delle
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attività di negoziazione in strumenti derivati, e delle cartolarizzazioni
complesse detenute in portafoglio.
È introdotto un requisito basato
sul valore a rischio in condizioni di
stress per attenuare la prociclicità
(già prevista in Basilea 2).
Inoltre, un requisito patrimoniale
per il rischio incrementale tiene
conto dei rischi di insolvenza e di
mutamento di rating dei prodotti
creditizi non cartolarizzati, nonché
di aspetti collegati alla liquidità.
- Rischio di credito di controparte:
è il rischio che una controparte
di un contratto finanziario diventi inadempiente prima della scadenza del medesimo contratto. È
introdotto uno specifico requisito
patrimoniale a copertura delle potenziali perdite derivanti da variazioni dei prezzi di mercato provocate dal deterioramento del merito
di credito delle controparti, ossia il
rischio di rettifiche di valore della
componente creditizia dei contratti derivati. Al riguardo, nel corso
della crisi finanziaria tale rischio
ha causato alle banche perdite più
consistenti rispetto a quelle relative
ai casi di default.
- Esposizioni verso controparti centrali (CCP): le controparti centrali
sono istituzioni giuridicamente
indipendenti che si interpongono
fra compratore e venditore di un
contratto derivato. Per governare
il rischio sistemico derivante dalle
interconnessioni tra banche e altre istituzioni finanziarie tramite
i mercati dei derivati, sono introdotti incentivi a trasferire le esposizioni in tali strumenti verso CCP
idonee, che sono caratterizzate da
solidi standard patrimoniali e operativi.
Contenimento
della leva finanziaria
La leva finanziaria è un indicatore
attraverso il quale è sintetizzata la
solidità di una banca.
Si pensi ad una piramide rovesciata:
la punta che sta in basso rappresenta il capitale, la base che sta in alto
è l’insieme delle attività svolte dalla
banca:
- erogazione crediti;
- mutui;
- trading su titoli;
- derivati;
- ecc.
Più piccola è la punta e grande la
base meno resistente sarà la piramide, ossia meno solida sarà la banca.
In ambito bancario per leva finanziaria s’intende il rapporto tra il capitale
e il totale delle attività tangibili.
Maggiore è la leva, maggiore è l’operatività della banca in assenza di capitali propri.
Se la leva è eccessiva la banca corre il rischio che anche una minima
svalutazione di parti dell’attivo possa
comportare una significativa erosione del patrimonio, con le conseguenze che ne possono derivare.
Il criterio di fondo, secondo Basilea
3, è che l’indice di leva finanziaria
(leverage ratio), non basato sul rischio, tiene conto delle esposizioni
fuori bilancio e completa i requisiti
patrimoniali basati sul rischio.
Inoltre, contribuisce a contenere l’accumulo di leva finanziaria a livello di
sistema.
• La veloce propagazione degli effetti
della crisi è dovuta proprio all’eccesso di
leva finanziaria a livello sistemico: tante
banche, al fine di incrementare il “giro”
delle commissioni da incassare, hanno
operato in modo azzardato, come se i
mercati fossero dei casinò.
• In altri termini, non possedendo sufficienti quantità di capitali propri, si facevano prestare il denaro da altre banche
per impiegarlo sui mercati, generando
così degli attivi sostenuti solo dai debiti.
• Quando questi attivi hanno perso molta
della loro consistenza sono stati necessari gli interventi statali di salvataggio.
Per quanto riguarda il Secondo pilastro, gestione dei rischi e vigilanza,
i correttivi apportati sono prioritariamente finalizzati a contrastare e
contenere gli azzardi di alcuni banchieri. Infatti, sono richiesti requisiti
supplementari relativamente a:
- gestione del rischio e governance a
livello d’impresa (banca);
-
rilevazione del rischio connesso
con esposizioni fuori bilancio e
operazioni di cartolarizzazione;
- gestione delle concentrazioni di rischio (es.: i grandi rischi);
- incentivi per una migliore gestione del rischio e dei rendimenti nel
lungo periodo, vale a dire operare
in un’ottica strategica di più ampio
respiro evitando la visione di breve
termine;
-
corrette prassi di remunerazione
per amministratori e dirigenza;
-
prassi di valutazione e prove di
stress;
-
criteri contabili adeguati per gli
strumenti finanziari;
- governo societario e collegi dei supervisori.
Infine, nell’ambito del Terzo pilastro,
disciplina del mercato, sono stati
revisionati i requisiti di informativa
con riferimento alle esposizioni a
cartolarizzazione e alla sponsorizzazione di veicoli fuori bilancio. Si
tratta delle cosiddette “società veicolo”, attraverso le quali si effettuano le
operazioni di cartolarizzazione.
ESEMPIO
• Una banca con impieghi di una certa entità in operazioni di mutuo, che essendo
a medio e lungo termine costituiscono
“immobilizzazioni” di denaro, per generare liquidità cede a una società veicolo
i crediti derivanti da queste operazioni.
Questa li “impacchetta” e li cartolarizza
trasformandoli in strumenti finanziari
che sono venduti sul mercato.
• I mutuatari continueranno a pagare le
rate di mutuo alla stessa banca cedente, che le incasserà in nome e per conto
della società veicolo, la quale in tal modo
rigenererà la sua liquidità.
L’ultimo punto qualificante di Basilea 3 riguarda i requisiti globali di liquidità e il monitoraggio regolamentare della stessa. Sono introdotti due
indicatori di liquidità, uno di breve
termine e uno strutturale.
Indicatore di breve termine
(Liquidity Coverage Ratio – LCR)
Le banche devono detenere uno
stock di attività liquide di elevata
qualità, sufficienti per coprire il loro
fabbisogno di liquidità nell’arco di 30
giorni in caso di situazioni di stress
nella raccolta.
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L’indicatore è rappresentato come
segue:
[1]
Attività liquide
di elevata qualità
Deflussi di cassa netti
nei successivi 30 giorni
≥ 100%
Nello scenario utilizzato per la stima
si deve tener conto, per esempio: di
considerevoli prelievi dalla raccolta
da clientela; del possibile peggioramento della capacità di raccolta sul
mercato “all’ingrosso”; di un utilizzo
più elevato rispetto al normale delle
linee di credito da parte della clientela affidata; dei deflussi di cassa che
potrebbero derivare dal deterioramento del rating della banca; della
possibilità che la banca sia costretta
a rimborsare i propri debiti per mitigare il rischio di reputazione.
Si tratta di un requisito in grado di
condizionare fortemente gli impieghi
bancari, tant’è che il Gruppo dei Governatori e dei Capi della vigilanza,
il 6.01.2013, ha deciso lo slittamento
della sua attuazione al 1.01.2015, con
un iniziale 60% seguito dal 10% l’anno fino al 2019.
Indicatore strutturale
(Net Stable Funding Ratio – NSFR)
È un indicatore strutturale di più
lungo periodo finalizzato a segnalare
squilibri di liquidità, che copre l’intero bilancio e incentiva le banche
a utilizzare fonti di approvvigionamento stabili.
[2]
Totale disponibile
di raccolta stabile
Totale richiesto
di raccolta stabile
> 100%
Il numeratore corrisponde a quella
parte di finanziamenti a titolo di capitale e di debito di cui si prevede la
disponibilità nell’arco di un anno in
condizioni di stress, per esempio: significative riduzioni nella redditività
o nella solvibilità della banca dovute
al peggioramento dei rischi di credi-
to, di mercato o operativi; il possibile declassamento del debito emesso
dalla banca.
Il denominatore, invece, è una stima del fabbisogno di finanziamenti
stabili, dipendente dalla dimensione
delle attività e degli impegni fuori
bilancio, valutati in base al grado di
liquidità.
Un attivo con grado di liquidità elevato è meglio utilizzabile come fonte
di risorse monetarie in situazioni di
stress, pertanto avrà un coefficiente
di ponderazione più basso rispetto
a quello attribuito alle attività meno
liquide, che naturalmente necessiteranno di fonti di finanziamento più
stabili.
L’introduzione di questo requisito
minimo è prevista nel 2018.
In ordine al monitoraggio regolamentare, lo schema per la liquidità
comprende un insieme comune di
strumenti di monitoraggio per assistere le Autorità di vigilanza nell’individuazione e nell’analisi del rischio
di liquidità a livello sia di singola
banca sia di sistema.
I Principi per la corretta gestione e
supervisione del rischio di liquidità
erano già stati pubblicati dal Comitato di Basilea nel 2008; recependo la
lezione impartita dalla crisi, si basano su una revisione sostanziale delle
prassi corrette per gestire tale rischio.
Regolamento UE n. 575/2013
e Direttiva 2013/36/UE
Questi due provvedimenti, emanati dal Parlamento e dal Consiglio
europei, sono stati pubblicati sulla
G.U. dell’Unione Europea in data
26.06.2013. Da leggere in combinato
disposto, come prescritto nelle considerazioni preliminari di entrambi i
documenti, il Regolamento è relativo
ai requisiti prudenziali per gli enti
creditizi e le imprese di investimento, mentre la Direttiva riguarda l’accesso all’attività degli enti creditizi e
la vigilanza prudenziale sui medesimi e sulle imprese di investimento.
In particolare, la Direttiva abroga le
precedenti Direttive 2006/48/CE e
2006/49/CE, che avevano recepito
buona parte dell’Accordo Basilea 2,
fondendo le rispettive disposizioni
nei due nuovi atti legislativi, che a
loro volta hanno fatto propria la regolamentazione di Basilea 3.
I crediti alle PMI
Nel paragrafo 44 delle considerazioni preliminari del Regolamento è riconosciuto il fondamentale ruolo per
l’economia dell’Unione svolto dalle
PMI, «nel creare crescita economica
e garantire occupazione».
Inoltre, è evidenziato che le stesse
sono maggiormente sensibili alle
crisi bancarie a causa del limitato
numero di fonti alternative di finanziamento. Parlamento e Consiglio
europei, pertanto, convengono sulla
necessità di superare gli ostacoli in
materia di finanziamento alle PMI,
garantendo alle stesse un adeguato
flusso di crediti bancari nell’attuale
contesto.
Per ottemperare a tale esigenza, le
coperture patrimoniali relative alle
esposizioni creditizie verso le PMI
devono essere ridotte mediante l’applicazione di un fattore di sostegno
pari allo 0,7619, in modo da consentire alle banche di aumentare i prestiti alle medesime PMI.
Secondo il Legislatore comunitario, per conseguire questo obiettivo
«gli enti creditizi dovrebbero utilizzare efficacemente l’alleggerimento
dei requisiti patrimoniali, derivante
dall’applicazione del fattore di sostegno, allo scopo esclusivo di assicurare un adeguato flusso di crediti alle
PMI stabilite nell’Unione». Competerà alle autorità preposte il monitoraggio periodico relativamente a:
importo totale delle esposizioni degli
enti creditizi verso le PMI e importo
totale della detrazione di capitale.
La disciplina riguardante le detrazioni relative ai requisiti patrimoniali per il rischio di credito sulle
esposizioni verso le PMI è contenuta
nell’art. 501 del Regolamento.
Dal meccanismo sono escluse le
esposizioni in stato di default, e per
l’individuazione dello status di PMI
si fa riferimento alla Raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, che indica i parametri di definizione di micro, piccola e media
impresa.