G.E.C. Gestione Emergenze in Corsia 1 INDICE PREMESSA Cap. 1 Valutazione rapida primaria e secondaria in paziente critico. Cap. 2 Unità salvavita: aspetti organizzativi, carrello per l’urgenza, check list Cap. 3 Alterazione dello stato di coscienza: valutazione e trattamento. Cap. 4 Ossigenoterapia e gestione delle vie aeree nell’insufficienza respiratoria. Cap. 5 Insufficienza respiratoria: valutazione e trattamento. Cap. 6 Shock anafilattico: riconoscimento e trattamento. Cap. 7 Identificazione ritmi cardiaci: interpretazione ECG, IMA, ritmi di periarresto ed arresto. Cap. 8 Algoritmi e tabelle. 2 PREMESSA Lo scopo del corso è quello di presentare un metodo pratico, realistico e integrato utilizzabile da personale esperto quale medici e infermieri non primariamente coinvolti nell’emergenza quotidiana, per la valutazione e gestione immediata delle urgenze ed emergenze mediche che possono colpire il paziente adulto, in attesa di personale qualificato comunque sempre da attivare (rianimatore, cardiologo, personale 118) e che potrebbero comunque essere di supporto se a conoscenza di determinate nozioni alle risorse professionali attivate che sopraggiungeranno in seguito. Il paziente a cui ci riferiamo sarà una vittima presente nell’ambito dell’ambiente ospedaliero inteso non solo come corsia di reparto, ambulatorio, sale radiologiche, laboratorio analisi, spazi comuni quali ad esempio sala d’attesa o bar piuttosto che i giardini interni, senza distinzione quindi tra paziente degente in un reparto o in visita ambulatoriale o di visitatori / astanti occasionalmente presenti nel presidio ospedaliero. Presupposto essenziale e che i partecipanti abbiano conoscenze di anatomia, fisiologia, fisiopatologia e abbiano una conoscenza di massima della natura delle emergenze/urgenze mediche per tale motivo lo stesso è rivolto a personale medico/infermieristico di tutte le unità operative dell’AUSL che siano già in possesso di un corso BLS-D . Si spazierà da problematiche respiratorie, cardiache, circolatorie e neurologiche che potremmo definire urgenze fino alla gestione delle vere emergenze mediche quali le condizioni di arresto e peri-arresto. È naturale che per il tempo a nostra disposizione verranno trattati solo gli argomenti di più frequente riscontro, non volendo e non potendo questo essere inteso come un corso di ACLS o AMLS a cui si rimanda per approfondimenti chi ne fosse interessato. I protocolli presentati di valutazione e gestione inizieranno con la tipica valutazione inizialmente rivolta a identificare i disturbi di base a carico delle funzioni vitali che possono mettere a repentaglio la vita del paziente seguendo le priorità dell’ABCDE per poi passare una volta trattate e stabilizzate, a suggerire un metodo pratico per raccogliere le informazioni utili e i parametri vitali per il successivo esame fisico mirato, per poi giungere a una possibile diagnosi e al trattamento delle cause sottostanti immediatamente trattabili, verranno presentate in ordine di priorità le azioni da iniziare in base alla tipologia del paziente evitando di eseguire azioni tra loro inframmezzate da un’anamnesi e una visita e riscontri strumentali connessi. 3 Cap. 1 VALUTAZIONE RAPIDA PRIMARIA E SECONDARIA IN PAZIENTE CRITICO Obiettivi: identificare ogni compromissione delle funzioni vitali potenzialmente minacciose per la vita. ricercare ogni indizio, informazione anamnestica ed elemento obiettivo utili alla diagnosi differenziale ossia identificare la causa più probabile. Valutazione Globale: • Valutazione ambientale • Valutazione paziente (1ª e 2ª) • Anamnesi • Esame fisico dettagliato • Rivalutazione continua Valutazione Ambientale: pericoli, rischi, sicurezza, caratteristiche della scena, significato della situazione; qualunque condizione che alteri lo stato mentale può modificare la percezione del paziente al punto da indurlo a comportamenti violenti. Valutazione paziente (1ª e 2ª): finalizzata all’identificazione e al trattamento delle condizioni potenzialmente minacciose per la vita. • Impressione generale. • Valutazione (1ª e 2ª). • Stabilire la priorità. Impressione generale: definire se paziente critico o non critico, identificare e trattare le condizioni potenzialmente mortali e stabilire le priorità identificare il sintomo principale, allarme e richiesta carrello emergenza. Valutazione primaria scopo: identificare e trattare immediatamente le patologie pericolose per la vita ed attuare i correttivi necessari; deve essere rapida e mirata: esamina le funzioni vitali identifica gli interventi indifferibili identifica le necessità di trasporto immediato Valutazione Istintiva: ancor prima di toccare la vittima, il soccorritore tende a valutare istintivamente la gravità di un quadro. è cosciente? si lamenta? respira? sanguina? si muove spontaneamente? A-B-C-D-E • A airways and cervical spine control = vie aeree colonna c. • B breathing = respirazione • C circulation = circolazione • D disability = stato neurologico • E exposure = esame esterno 4 Stato di coscienza: AVPU score A (alert) pz sveglio V (verbal) risponde agli stimoli verbali P (pain) risponde agli stimoli dolorosi U (unresponsive) non risponde Valutazione di “A“: Allineamento Valutazione coscienza Pervietà delle vie aeree valutare: manovra di Heimlich, sublussazione mandibola, aspirare secreti corpi estranei estraibili con pinza, intubazione OT. Valutazione di “ B “: Guarda Ascolta Senti Respiro, movimenti, tosse… (polso carotideo al max fino a 10”) Valutazione di “D”: posizionare monitor defibrillatore, ricercare un ritmo defibrillabile o un ritmo patologico Valutazione secondaria (rumori respiratori): STRIDORE LARINGEO (ostruzione delle vie aeree) UMIDI gorgoglio (Edema polmonare acuto) SECCHI sibili (Ostruzione bronchiale o Asma bronchiale) Valutazione oggettiva cute: • SUDORAZIONE (indice di allarme) • TEMPERATURA (fredda / calda) • COLORE: PALLORE (shock ipovolemico, ima), CIANOSI (ipossia), ITTERO (malattia epatica), ERITEMATOSA (reazione allergica) Misurazione parametri vitali: Frequenza respiratoria (30 Secondi) Saturimetria Frequenza Cardiaca (30 Secondi) Glasgow Coma Scale (30 Secondi) Pressione Arteriosa (1 Minuto) Emorragie Visibili 5 Valori di riferimento: Valori normali Valori limite Frequenza respiratoria F.R. 12 - 18 <10 >30 Valori normali Valori limite Saturazione di Ossigeno SO2 > 95% < 90 Valori patologici di frequenza cardiaca Superiore a 100 (150) = tachicardia Inferiore a 60 (40) = bradicardia Valori patologici pressione arteriosa PAS superiore a 150 (200) = ipertensione PAS inferiore a 100 (90) = ipotensione Valutazione di “A“ Stabilizzazione definitiva delle vie aeree VANTAGGI (gold standard): • O2 100% • Aspirazione tracheale • Ventilazione ottimale • Somministrazione di farmaci Valutazione di “B”: OPACS O = osserva dinamica respiratoria: espansione, regolarità, rientramenti, volet P = palpa/percussione: enfisema, tumefazioni, dolore, timpanismo, ottusità A = ascolta torace e cuore: suoni, rumori polmonari; toni e soffi cardiaci C = conta la FR: atti respiratori/min S = saturimetria: posiziona un pulsiossimetro, rileva SpO2 (EGA) Valutazione di “C” • accesso venoso • Monitoraggio: PA, FC, ECG* • DTX • prelievi ematici • terapia farmacologica Valutazione di “D” • Reattività alla luce • Grandezza • Morfologia 6 Cincinnati Scale • Linguaggio • Asimmetria facciale • Motilità arti Per fare diagnosi differenziale: Anamnesi: S Segni e sintomi A Allergie M Medicamenti P Patologie preesistenti/pregnancy gravidanza L Ultimo pasto assunto/lunch E Condizioni precedenti l’evento Esame Obiettivo Esame fisico dettagliato: esposizione completa e valutazione testa – piedi. Segni vitali di base: • durante l’esame rapido • ogni 15’nei pazienti stabili • ogni 5’nei pazienti instabili • FR, FC, PA, SpO2, TC, DTX, GCS Accertamenti diagnostici e manovre aggiuntive: • Prelievi ematici: gruppo sanguigno, prove crociate, prove emogeniche, cardioenzimi, dimero D, test di gravidanza, tossicologico • ECG a 12 derivazioni, SNG, CV, CVC • Rx: torace, addome, segmenti scheletrici • Ecografia: addome, torace, ecocardio, ecodoppler TSA, ecodoppler arterioso/venoso arti, CUS • TAC encefalo, rachide, torace, addome, • Drenaggio toracico, toracentesi, paracentesi, ect. DIAGNOSI FINALE 7 Cap. 2 UNITA’ SALVAVITA: ASPETTI ORGANIZZATIVI, CARRELLO PER L’URGENZA, CHECK LIST Concetto di equipe: il ruolo di ogni componente dell’equipe in emergenza deve essere ben preciso con la definizione del Leader per: MIGLIORE ASSISTENZA TEMPO COSTO ASSISTENZA AL PAZIENTE PER LA SALVAGUARDIA DELLA SUA VITA RIDUCENDO IL PIÙ POSSIBILE GLI ESITI INVALIDANTI Le figure coinvolte: • Personale medico • Personale infermieristico (responsabile dell’assistenza) • Operatori Socio Sanitario OSS (personale sanitario) L’unità salvavita la strumentazione ed il materiale necessario: Erogatore di O2 Aspiratore a muro Ventilatore polmonare Monitor cardiaco/multiparametrico Defibrillatore semiAutomatico Esterno DAE Carrello dell’urgenza (vedi check list specifica) Elettrocardiografo Pompe di infusione Spremisacche La Check List del carrello caratteristiche: Rapido controllo del materiale Uniforme tra diverse U.U.O.O. Deriva dall’analisi delle principali linee guida internazionali di trattamento La check list deve essere uniforme: • per aiutare ad uniformare il comportamento degli operatori nell’urgenza • per agevolare gli operatori a muoversi più rapidamente in qualsiasi contesto anche al di fuori della propria unità operativa All’interno del carrello dell’urgenza, oltre al materiale elencato nella check list, è possibile inserire materiale specifico relativo alla particolarità dell’U.O. d’appartenenza. Materiale specifico per poter far fronte a situazioni di urgenze “specialistiche” (es. CV rigidi, ecc.) È possibile aggiungere materiale specifico ma non rimuovere quello standard! 8 Cap. 3 ALTERAZIONE DELLO STATO DI COSCIENZA: VALUTAZIONE E TRATTAMENTO È definita come una qualunque risposta o comportamento diversi da risposte o comportamenti normali. È una diminuzione del livello di coscienza e delle capacità cognitive, in definitiva dell’orientamento generale, il tutto si traduce in manifestazioni cliniche molteplici (dall’ansia, al delirio, al coma). i nostri obiettivi pertanto sono: * Immediata identificazione di ogni compromissione delle funzioni vitali potenzialmente minacciose per la vita. * Ricercare ogni indizio, informazione anamnestica ed elemento obiettivo utili allo scopo di effettuare una diagnosi differenziale ossia per identificare la causa più probabile di ASM. La coscienza (capacità di percepire noi stessi e l’ambiente in cui viviamo) è una diretta funzione del cervello e del RSA. Il cervello è il responsabile del pensiero, delle funzioni mentali superiori, delle azioni e della memoria. Le diverse funzioni sono controllate da aree cerebrali specifiche e dunque un danno o una disfunzione cerebrale provoca un’alterazione di queste funzioni. Subentra un alterato stato di coscienza nel momento in cui entrambi gli emisferi non funzionano. A seconda dell’entità delle lesioni cerebrali si avranno gradi diversi di alterato stato di coscienza, dalla confusione mentale al coma. Il RSA (Sistema Reticolare Ascendente) è localizzato nel tronco encefalico, è formato da fibre sensitive che raggiungono il talamo e da qui si dipartono verso la corteccia cerebrale per l’interpretazione finale del messaggio. La continuità dei messaggi in arrivo attraverso l’RSA mantiene il cervello in uno stato di coscienza e attenzione. La maggior parte delle alterazioni dello stato di coscienza derivano da alterazioni corticali o dell’RSA. In caso di danno all’RSA, nonostante vi sia cervello sano si ha uno stato di coma in quanto le informazioni non arrivano più nella sede di elaborazione seppur quest’ultima sia potenzialmente in grado di svolgere la propria funzione e non si riuscirà più a mantenere la veglia. In caso di alterazione della corteccia con RSA integro avremo invece uno stato di coma vigile, ovvero lo stato di veglia non viene ad essere intaccato, ma non si ha elaborazione. In caso di alterata funzione di un unico emisfero cerebrale con RSA integro si avrà paziente vigile con perdita di un’unica specifica funzione (es. ictus cerebri). Le cause che determinano alterazioni dello stato mentale sono: Strutturali: alterazione anatomica del SNC, quindi lesione diretta e strutturale del tessuto nervoso. Metaboliche: alterazioni del funzionamento del SNC per cause di tipo metabolico che pur agendo al di fuori di esso lo coinvolgono in via indiretta per meccanismo di tipo biochimico. 9 ● Cause strutturali: • • • • Trauma cranico: concussione e contusione cerebrale, ematoma epidurale, subdurale, emorragia intracerebrale. Ictus cerebrale: ischemico (trombotico o embolico) emorragico (ESA, ematoma). Infezione intracranica: meningite, encefalite, ascesso c. Tumori intracranici. ● Cause metaboliche: • • • • • • • • • • • Polmonari: ipossia, ipossia e ipercapnia Cardiache: ridotta perfusione cerebrale da: aritmie, IMA, ostruzioni all’efflusso Glicemiche: ipoglicemia, iperglicemia con o senza cheto acidosi Epatiche: encefalopatia epatica Renali: encefalopatia uremica Endocrine: ipo-ipertiroidismo, ipo-ipercorticosurrenalismo Elettrolitiche: ipo-ipernatriemia, ipo-ipercalcemia. Eq. acido base: acidosi/alcalosi respiratoria o metabolica Carenziali: encefalopatia di Wernicke e psicosi di Korsakoff Tossici: antidepressivi triciclici, fenotiazine, benzodiazepine, oppiodi, sostanze d’abuso, salicilati, monossido di carbonio Ambientali: ipo-ipertermia. Lo stato di coscienza nella valutazione primaria è valutato al punto A con l’AVPU L'A.V.P.U. è una scala di valutazione dello stato di coscienza che viene utilizzata dal personale volontario operante nel sistema di emergenza/urgenza extraospedaliero non è un'alternativa alla valutazione medica Glasgow Coma Scale (GCS). Con essa si valuta la risposta del paziente a stimoli esterni indotti dal soccorritore. L’AVPU è un acronimo le cui lettere significano: Alert, Verbal, Pain, Unresponsive. Alert (vigile): in questa fase il paziente è sveglio e cosciente. Questo stato viene valutato positivamente se il paziente riesce a rispondere in maniera chiara a semplici domande quali "Cosa è successo?" o "Come si chiama?". Verbal (verbale): in questa fase il paziente risponde agli stimoli verbali attraverso gli occhi, la voce (o bisbigli) o atti motori, ma risulta confuso o assopito. Pain (dolore): in questa fase il paziente non risponde agli stimoli verbali ma soltanto agli stimoli dolorosi che in genere vengono indotti con piccoli colpi delle dita sopra l'arcata sopraccigliare, al centro della fronte. Unresponsive (nessuna risposta): in questa fase il paziente non risponde né agli stimoli verbali né a quelli dolorosi e risulta quindi completamente incosciente. La valutazione più precisa dello stato neurologico e di coscienza del paziente è invece eseguito al punto D della valutazione secondaria che vedremo più avanti, non dobbiamo dimenticare infatti che le alterazioni dello stato di coscienza possono determinare sia alterazioni a carico del respiro che del circolo. Raramente è necessaria la respirazione artificiale, respiri anormali tuttavia sono caratteristici dei soggetti comatosi e presagiscono una grave lesione cerebrale. Frequenze respiratorie anormali includono: pause patologiche come nel respiro apnoico respiri lunghi e profondi alternati a fasi di apnea tipico di molte m. del SNC e nell’ictus, l’iperventilazione neurogena indice di danno cerebrale o erniazione, il Kussmal profondo e rapido per eliminare l’eccesso di CO2, il respiro di Cheyne Stokes caratterizzato da 10 crescendo decrescenza e apnea presente sia in m. metaboliche che nel soggetto normale o nell’ictus, e il pattern respiratorio totalmente irregolare Biot che determina un’inadeguata ventilazione polmonare tipico del coma epatico o dell’ictus grave. A seconda dei casi la respirazione artificiale, la ventilazione assistita e l’ossigenoterapia supplementare sono utili, raramente si può arrivare all’arresto respiratorio ma in tale caso le probabilità di esito favorevole sono basse. Pattern Respiratori Anomali nome Kussmal Chejne Stokes Biot Apnoico La presenza di questi pattern che si possono riscontare anche in altri quadri clinici non prettamente neurologici ci deve portare a monitorare attentamente la FR e la SPO2, sarà quindi necessario applicare un saturimetro, possibilmente prima dell’inizio dell’ossigenoterapia. Come per le altre condizioni patologiche anche per l’alterazione dello stato di coscienza dovremo mantenere un livello di saturazione arteriosa dell’O2 compreso tra il 95-100%, nella ventilazione assistita la frequenza delle ventilazioni è di 10-12 atti al minuto, solo in caso di segni di ipertensione endocranica è indicata l’Iperventilazione 20 atti al minuto, un’iperventilazione indiscriminata è nociva in quanto la riduzione della CO2 provoca vasocostrizione con conseguente riduzione della perfusione cerebrale. Segni di Ipertensione endocranica e/o Erniazione sono 1. Midriasi mono o bilaterale. 2. Reattività pupillare asimmetrica. 3. Postura in decorticazione o decerebrazione. Per quanto riguarda il circolo, l’ACC è raro ed è una complicanza dell’AR, disturbi cardiovascolari d’altronde sono presenti e possono essere loro stessi causa di alterazione dello stato di coscienza, quindi il monitoraggio cardiaco e pressorio è parte della valutazione del paziente. L’ìpotensione e l’ipertensione infatti possono essere di riscontro frequente, così come le aritmie cardiache possono indirizzare verso una causa cardiaca sottostante al sintomo o alla manifestazione clinica, la bradicardia e l’ipotensione essere indicativi di ipossia o ipertensione endocranica (PIC). Altre misure da adottare sono l’accesso venoso, il trattamento delle crisi comiziali e dell’ipoglicemia, liquidi isotonici sono utilizzati per la terapia endovenosa ma non a boli tranne se concomiti un’ ipovolemia, mentre i liquidi ipertonici sono controindicati, le glucosate sono da utilizzarsi solo se l’ipoglicemia è documentata con un test rapido della glicemia (DTX) o essa sia fortemente sospettata dall’anamnesi e dall’esame obiettivo. 11 Continuo quindi monitoraggio dei parametri vitali in pratica: Frequenza respiratoria Frequenza cardiaca Pressione arteriosa Saturimetria Temperatura corporea Stick glicemico Valutazione dello stato neurologico Disability “ D “ Determinare lo stato neurologico e il livello di coscienza è determinante nel paziente con ASM è naturale che in questi casi l’esame obiettivo dovrà essere più dettagliato e mirato sulla valutazione neurologica del pz, seguendo soprattutto il sintomo principale in atto, associandolo ad una corretta determinazione dell’indice GCS, della reattività pupillare e dei riflessi corneale, foto motore e faringeo. L’esame neurologico dovrà porre attenzione ai seguenti segni: Deviazione del capo e/o occhi Asimmetrie facciali (occhi, rima orale, lingua) Rigidità nucale, Babinski Emiflaccidità o ipertonia, Postura in Decorticazione/Decerebrazione GCS La Glasgow Coma Scale (Scala di Glasgow), nota anche in medicina come Glasgow Coma Score (punteggio del coma di Glasgow) o scala GCS è stata sviluppata e poi pubblicata nel 1974 da Graham Teasdale e da Bryan il J. Jennett, professori di neurochirurgia all'università di Glasgow per tenere traccia dell'evoluzione clinica dello stato del paziente in coma postraumatico. La Glasgow Coma Scale inizialmente usata per valutare il livello della coscienza dopo lesioni traumatiche craniche è ora largamente usata in tutto il mondo per i suoi innegabili vantaggi essendo applicabile a tutti i pz acuti di trauma e medici, in ospedale inoltre è utilizzata nel monitoraggio clinico del pz ricoverato in terapia intensiva. Altri vantaggi che vanno menzionati sono: l'estrema semplicità, che ne permette l'impiego anche da parte di personale non specializzato, la possibilità di consentire un linguaggio comune fra sanitari, aspetto questo particolarmente importante nel periodo che intercorre fra il primo soccorso ed il definitivo ricovero del malato in un centro specialistico, fase nella quale una sistematica valutazione dello score e delle sue variazioni fornisce un attendibile monitoraggio dell'evoluzione delle condizioni cliniche. La Glasgow Coma Scale inoltre evitando il ricorso a termini, quali decerebrazione e decorticazione, che richiedono un'interpretazione dei sintomi e non una loro semplice descrizione, ed escludendo altresì riferimenti alle condizioni del tono muscolare, riduce concretamente le possibilità di errate conclusioni diagnostiche. La scala di Glasgow è meno adatta ai bambini, specialmente sotto i 36 mesi di età, quando il piccolo paziente non ha ancora sviluppato una padronanza del linguaggio: per questo è stata messa a punto la Pediatric Glasgow Coma Scale, una versione modificata da applicare ai bambini più piccoli. 12 Interpretazione GCS La Glasgow Coma Scale prevede la valutazione combinata delle risposte oculari (E),verbali (V) e motorie (M): ad ognuna di queste viene assegnato un punteggio e la somma dei tre valori costituisce l’indice di GCS o score, rappresenta cioè il livello di coscienza del paziente. Lo score risulta dalla somma delle migliori risposte oculari, verbali e motorie ottenute; tale indice può venire espresso in forma analitica (EVM) con i tre punteggi separati e può assumere tutti i valori da 3 oppure E1 V1 M1 (coma profondo) a 15 oppure E4 V5 M6 (paziente sveglio e cosciente). I diversi elementi così come la somma del segno sono importanti ed essere ad es. espresso nella forma GCS 9 = E2 V4 M3 Generalmente, il coma è classificato come: Severo, con GCS ≤ 8 Moderato, GCS tra 9 - 12 Lieve, GCS ≥ 13 Va precisato che le risposte motorie devono essere ricercate nell'arto superiore e che con il termine flessione anomala s’intende una delle seguenti risposte: movimenti di estensione e flessione alternati, postura in flessione stereotipata, flessione estrema del polso, abduzione dell'arto superiore o flessione delle dita sopra il pollice; le risposte dubbie vanno considerate come flessione normale. In presenza di risposte motorie diverse nei due lati, va sempre tenuto conto della migliore, poiché scopo della classificazione è la valutazione del livello di coscienza e non la ricerca di lesioni focali (infatti un paziente può essere, ad esempio, cosciente ed emiplegico). Lo stimolo doloroso appropriato e standardizzato è costituito dalla compressione del letto ungueale o del forame sovraorbitario con le dita, ma possono essere impiegati anche altri stimoli, quali un forte pizzicamento sul cucullare o una pressione sullo sterno con le nocche delle dita. Neanche la Glasgow Coma Scale è tuttavia esente da critiche. Infatti con la sola indicazione dello score globale si finisce con il conglobare in un unico valore situazioni che possono essere alquanto diverse. Ad esempio uno score di 7, risultante da E1 V2 M4 è probabilmente indicativo di un danno più grave di quello correlato a E1 V1 M5. Il che sta anche a significare che nella Glasgow Coma Scale le risposte motorie sono più probanti nel definire lo stato di coma rispetto a quelle oculari e verbali. Inoltre la Glasgow Coma Scale, mentre è senz'altro un indice assai soddisfacente per la determinazione del livello di coscienza nel paziente vigile e nel coma lieve, nel traumatizzato cranico grave si riduce, nella gran parte dei casi, ad espressione della sola valutazione della migliore risposta motoria, trattandosi per lo più di pazienti portatori di tubo endotracheale o sedati farmacologicamente. L'intubazione e i traumi facciali che comportano tumefazione o danno severo dell'orbita, rendono impossibile verificare nel primo caso la risposta verbale del pz che non potrà comunicare e nel secondo le risposte dell'occhio. In queste circostanze, si preferisce documentare il segno specificando le relative diverse componenti, così se un paziente con un indice GCS di 15 sarebbe documentato come GCS 15 (E4-V5-M6) un paziente intubato con trauma facciale e impossibilità ad aprire gli occhi per la tumefazione e flessione anormale, sarà descritto come E1c dove “c„ sta ad indicare che ha gli occhi chiusi, “V1t„ dove t indica la presenza di un tubo endotracheale, lasciando un segno del motore di 3 per la flessione anormale e cioè GCS 5tc (1Ec,1Vt,3M). Nel paziente traumatizzato inoltre, altri fattori possono alterare indipendentemente il livello di coscienza rispetto alla concomitante lesione cerebrale, limitando la capacità e accuratezza della scala di Glasgow nel riflettere la severità di una 13 lesione cerebrale traumatica, tra questi rientrano: lo shock elettrico, l’ipotermia, l'uso di droghe, l’ alcool, le alterazioni metaboliche o gli stessi farmaci utilizzati per un’IT che agiscono sullo stato di coscienza del paziente. Nonostante queste limitazioni, è abbastanza utile ed è di gran lunga il sistema di valutazione più ampiamente usato oggi per valutare i pazienti con alterazioni dello stato di coscienza. Nel dettaglio si basa su tre aspetti clinici fondamentali: L’apertura degli occhi, descrive la vigilanza del paziente; La migliore risposta verbale, cioè se il paziente riesce a relazionare verbalmente; La migliore risposta motoria, espressione di salute delle sue funzioni motorie. Per ognuno degli aspetti clinici si possono avere diversi tipi di risposte ad ognuna delle quali è stato attribuito un punteggio, si parte dalla migliore risposta per arrivare alla peggiore. L’esaminatore dovrà inoltre valutare le dimensioni, l’ uguaglianza e la reattività delle pupille, la posizione degli occhi a riposo e in risposta alla manovra degli occhi da bombola, i riflessi corneali, il riflesso faringeo. La dilatazione pupillare unilaterale può essere il primo segno di disfunzione del tronco encefalico dovuto all’erniazione dell’uncus, una pupilla dilatata e fissa in un paziente vigile che si lamenta di cefalea suggerisce un’aneurisma cerebrale, il test degli occhi da bombola, in cui gli occhi si muovono in modo coniugato nella direzione opposta alla rotazione della testa, non dovrebbe essere eseguito se si sospetta una lesione al rachide cervicale. In un paziente comatoso, obnubilato, in cui gli occhi si muovono da entrambi i lati il riflesso è positivo e indica che il tronco encefalico funziona normalmente, quando non è presente indica la possibile e significativa disfunzione del tronco così come l’assenza del riflesso corneale e faringeo, ricordarsi che per avere il riflesso corneale può essere necessario uno stimolo intenso per ottenerlo in un paziente in coma profondo. 14 Il trattamento del paziente con ASM nella fase del soccorso dovrà prevedere quindi le seguenti procedure A - Assicurare la pervietà delle vie aeree: Manovre BLS, Aspirazione, Cannule oro/naso faringee se necessarie e tollerate, B - Ossigenazione e supporto ventilatorio: O2 ad basso flusso reservoir, alto flusso venti mask, Ventilazione con AMBU o Va e vieni, prepararsi se inefficaci a mantenere una adeguata saturazione periferica a un’eventuale IT, per questo scopo sarà necessario monitorare la SPO2 con saturi metro. C - Accesso venoso con infusione di soluzione salina: Infondere in base alle condizioni emodinamiche del paziente; evitare glucosate a meno che non siamo di fronte a casi di ipoglicemia, (il prelievo ematico: ematochimici, tossicologico, alcolemia, etc, EGA in fase successiva alla stabilizzazione del paziente critico, basandosi sull’ indirizzo diagnostico ipotizzato ) C - Controllo della glicemia DXT: Trattare l’ipoglicemia/iperglicemia C - Monitoraggio ECG: Se riscontrate trattare aritmie secondo le Linee Guide D – Iperventilare: se segni di ipertensione endocranica/erniazione, controllo di eventuali crisi comiziali con terapia specifica E – Trasporto del paziente: in posizione semiseduta se stato di coscienza ripristinato o in PLS se non cosciente con l’eventuale immobilizzazione di segmenti ossei traumatizzati, molti soni i quadri clinici con cui si può manifestare un’alterazione dello stato di coscienza in questo corso quelli che proponiamo sono quelli di più frequente riscontro e che allarmano notevolmente chi è presente all’evento, alcuni hanno come causa scatenante anche patologie sottostanti gravi, potenzialmente pericolose per la vita per cui è fondamentale un’ approccio adeguato al paziente, tratteremo: Ipoglicemia Sincope Crisi convulsiva generalizzata Eventi cerebrovascolari acuti IPOGLICEMIA Trattamento iniziale sulla base della valutazione primaria O2 terapia in maschera se necessario SPO2 < 90 in aa. Monitoraggio multiparametrico di: ECG, PA, SAT, FC, FR, TC Accesso venoso, DXT, prelievi ematici. Diagnosi: segni e sintomi di ipoglicemia: Ansia, irrequietezza, tremori, palpitazioni Senso di fame, sudorazione Astenia difficoltà alla concentrazione Sonnolenza, anomalie comportamentali Sensorio progressivamente confuso Perdita di conoscenza Possibili convulsioni o deficit neurologici Regressione dopo assunzione/somministrazione di glucosio Respiro da anormale a superficiale Tachicardia con polso pieno Pressione arteriosa nella norma Midriasi bilaterale 15 Trattamento dell’ipoglicemia Trattare se glicemia < 50 mg/dl non sintomatica o se < 60 mg/dl se sintomatica. Pz cosciente: glucosio o bevande zuccherate x os 2-4 cucchiaini o zollette Pz non cosciente: glucosio e.v.: somministrare fino a 25gr: 2fl da 10ml di glucosio 33% = 6.6g se non reperibile accesso venoso: Glucagone 1 mg i.m. effetto tardivo circa 10-20minuti SINCOPE Definizione Perdita di coscienza transitoria Breve durata < 5’ Incapacità a mantenere il tono posturale Insorgenza più o meno improvvisa (con o senza prodromi) Risoluzione spontanea Fisiopatologia Riduzione generalizzata del flusso ematico cerebrale (transitorio) dovuto ad una caduta pressoria per cause cardiache o vascolari Ipoperfusione cerebrale transitoria con durata di 8-10” (giustifica la breve durata) Se ipoperfusione > 15” si possono associare contrazioni tonico cloniche e incontinenza sfinterica (s. convulsiva) Classificazione Quella che presentiamo è quella maggiormente impiegata anche se formalmente intendendo per sincope una PDC a risoluzione spontanea e di breve durata, tutte le sincopi cardiache in cui si renda necessario effettuare manovre di rianimazione cardiopolmonare non sono in realtà sincopi in quanto la loro durata è molto maggiore nel tempo e non cessano spontaneamente, inoltre per definizione quelle non cardiovascolari non riconoscono l’ipoperfusione come meccanismo patogenetico e dunque anche queste per definizioni non sarebbero sincopi. ♣ SINCOPI CARDIOVASCOLARI: cardiache, neuro mediate o riflesse, cerebrovascolari Cardiache 10% delle sincopi Aritmie (80% delle s. cardiache) Ostruzioni all’efflusso Alterazioni della contrattilità Neuromediate o riflesse 55% delle sincopi Vasovagale (30-37%) Situazionali o visceroriflessa, ortostatica Seno-carotidea Cerebro-vascolari ♣ SINCOPI NON CARDIOVASCOLARI Sarebbe meglio definirle come PDC momentanee in quanto il meccanismo patogenetico alla base del quadro clinico non è correlato all’ipoperfusione cerebrale ma a patologie elettrogene o a cause metaboliche o anche a farmaci che agiscono sullo stato di coscienza con altre modalità 16 Neurologiche (Cerebrovascolari e non) < 10% delle sincopi Metaboliche < 10% delle sincopi Psichiatriche < 5% delle sincopi In genere deve essere sospettata la natura psicogena se episodi ricorrenti, che non determinano mai lesioni traumatiche e se il pz è noto per patologie psichiatriche INDETERMINATE 15-20% non diagnosticate etiologicamente Rischio di Mortalità ad 1 anno Cardiaca 18-33% Causa extracardiaca 0-12% Indeterminata 6% Fondamentale è quindi innanzi a una sincope porsi 2 domande: è una PDC dovuta a sincope? E’ di natura cardiaca o no? E utile ricordare che una prolungata PDC è più facile abbia una patologia diversa dalla sincope, sono possibili lesioni traumatiche in seguito a sincope, possono esistere condizioni sottostanti alla sincope anche molto gravi che vanno quindi identificate e trattate. Valutazione primaria Immediato riconoscimento di una PDC da un ACC. Se paziente non cosciente non rispondente agli stimoli, se rinvenuto seduto si posizionerà a terra il corpo seguendo il corretto allineamento del rachide Se respiro e polso assenti: allarme (attivazione medico/rianimatore), RCP, carrello d’emergenza. Se respiro e polso presenti: allarme (attivazione medico), carrello emergenza Come sempre la valutazione e il conseguente trattamento si focalizzerà sul controllo delle vie aeree, della ventilazione e del circolo, se si ipotizza un eventuale trauma a carico della colonna spinale dovrà essere stabilizzato il rachide, dapprima manualmente, poi con un collare cervicale appena disponibile, se non sono riscontrate lesioni traumatiche agli arti inferiori il loro sollevamento favorirà il ritorno venoso al cervello, migliorando la sua perfusione e quindi il livello di coscienza del paziente. Valutazione secondaria. A- garantire la pervietà delle vie aeree, disostruire/aspirare, rimuovere protesi, dare O2. B- eseguire OPACS, valutare FR e rilevare SPO2, EGA C- il monitoraggio cardiaco è importante nei casi in cui si sospetti una sincope di origine cardiaca, saranno sintomi rilevanti: l’associazione con il dolore toracico, le palpitazioni o se manifestatasi in posizione clinostatica o sotto sforzo; se non si rilevano alterazioni al monitor ECG perché evento autolimitatosi mantenere comunque il monitoraggio perché potrebbe ricomparire l’eventuale evento aritmico, un ECG a 12 derivazioni potrebbe riscontrare alterazioni ischemiche (SCA. IMA), monitorare la FC e posizionare un accesso venoso con infusione di cristalloidi eseguire un DXT e il prelievo ematico. D- valutazione GCS, pupille, deficit neurologici: afasia, ipostenia o deficit facciali Punto rilevante nella diagnosi sarà la raccolta anamnestica dal pz o dai presenti all’evento 1. circostanze immediatamente precedenti all’evento (seduto, sdraiato, in piedi, sforzo, altro) 2. sintomi correlati all’inizio dell’evento (nausea, vomito, tachicardia, dolore, sudorazione etc.) 3. segni rilevati dal testimone/sanitario (scosse tonico cloniche, bava alla bocca, morso linguale, incontinenza sfinteriale, aspetto cutaneo: pallido o cianotico) 17 4. sintomi al termine dell’evento (tachicardia, vertigini, astenia, dolore toracico ,dispnea, ect) 5. anamnesi familiare; patologica: diabete, convulsioni, ipertensione, ischemia cerebrale o cardiopatia nota, eventuali allergie; farmacologica: se terapia in atto assunta o se di nuova prescrizione; se precedenti episodi, lo stato di nutrizione e idratazione del paziente. Nel 40-50% dei casi la diagnosi può essere formulata con un’anamnesi accurata e un esame obiettivo con misurazione della PA in clino e ortostatismo. Ad eccezione dell’ECG, i comuni esami bioumorali aggiungono poco o nulla ai fini diagnostici, utili solo nel sospetto di anemizzazione, ipoglicemia e alterazioni elettrolitiche. I farmaci nell’anziano sono spesso causa di sincope (ipotensivi, beta bloccanti, alfa litici, nitrati, diuretici, triciclici, inibitori MAO, fenotiazine, levodopa). CRISI CONVULSIVA GENERALIZZATA Si definisce come un’anomala attività neurologica causata da un’anomala attività elettrica dei neuroni cerebrali, le convulsioni quantunque originino dai neuroni cerebrali, sono un evento clinico e come si manifestano dipende largamente dalla zona del cervello da cui provengono. Il cervello è la sede della coscienza: piena consapevolezza di se stessi e dell’ambiente circostante evidenziato dall’interazione con ciò che ci circonda. I termini di alterato stato mentale o di alterato stato di coscienza si riferiscono ad una diminuzione della consapevolezza e alla mancata o errata reazione nei confronti dell’ambiente. La coscienza ha due componenti ben distinte: la vigilanza e la coscienza, la prima è lo stato corrispondente all’essere svegli, il livello di attenzione è mediato dal sistema reticolare ascendente RSA che si estende dalla regione pontina mediana al diencefalo e mantiene attivi gli emisferi cerebrali. Quando vengono stimolati dal RSA, gli emisferi mantengono un certo grado di veglia. Quando le funzioni corticali vanno perse (in caso di danno alla corteccia) il RSA e il tronco encefalico pongono mantenere uno stato di veglia (lo stato vegetativo di cui sopra) in cui vi è attività, ma non coscienza. Le crisi convulsive, in base al tipo, influiscono in modo variabile sulla coscienza, alcune riguardano la corteccia, mentre altre riguardano la corteccia e il RSA, ciò rende ragione del fatto che in alcuni tipi di crisi il paziente appare sveglio, ma senza piena conoscenza di quello che gli sta accadendo e dell’ambiente circostante e ciò spiega come alcune crisi possono essere confuse come attacchi acuti di patologie psichiatriche o con stati eccitatori dovuti all’assunzione di droghe. Le crisi convulsive sono caratterizzate da: 1. 2. 3. 4. Alterato stato mentale Attività motoria anomala Fenomeni sensitivi o percezioni sensoriali Comportamenti inappropriati Classificazione Crisi generalizzate: tonico-cloniche, assenze Crisi parziali: semplici (motorie, sensitive e sensoriali) complesse (comportamenti anomali con alterato stato mentale) 18 Altra classificazione distingue poi le crisi comiziali in: Forme idiopatiche Forme secondarie: Traumi cranici patologie SNC (stroke, tumori, infezioni tipo meningite encefalite ascessi ) disordini metabolici conseguenti a: ipossia, ipercapnia, al. elettrolitiche quali ipo o ipernatriemia, ipo e ipercalcemia, ipokaliemia, ipoperfusione, ipoglicemia, m. epatiche e renali, farmaci quali antidepressivi triciclici, stupefacenti come l’ ecstasy, LSD cocaina, s. da astinenza alcoolica, sottodosaggio di farmaci anticonvulsivanti. Crisi generalizzate Sono sempre bilaterali e simmetriche, Coinvolgenti l’attività di scarica neuronale di ambedue gli emisferi cerebrali Producono sempre una perdita di conoscenza A seconda del tipo di movimento muscolare associato con la crisi si distinguono due classi principali Crisi tonico-cloniche generalizzate (che tratteremo) Assenze Le crisi tonico-cloniche generalizzate si presentano con tre fasi susseguenti: 1. fase tonica: rapida perdita di coscienza con caduta a terra, grido caratteristico per contrattura muscolare toraco-addominale con espirazione a glottide chiusa, contrattura della mandibola e morsicatura della lingua, rigidità del paziente e opistotono, possibile risoluzione sfinterica e più raramente fecale. Complessivamente dura 10-15 secondi. 2. fase clonica: contrazioni muscolari ritmiche che progressivamente diminuiscono di ampiezza e frequenza. In questa fase pericolo importante da tenere in considerazione solo gli eventi traumatici a carico della lingua e delle articolazioni. Durata solitamente compresa tra 1-2 minuti. 3. fase post-critica: il soggetto progressivamente va verso il recupero dello stato di coscienza, frequentemente è confuso, astenico, con cefalea, tende ad assopirsi, può avere amnesia dell’accaduto. Molta attenzione deve essere prestata all’ipoglicemia in quanto questi pazienti nelle due fasi precedenti consumano molto ATP e glucosio con conseguente ipoglicemia e acidosi metabolica all’EGA. Durata generalmente tra 15 – 30 minuti ad alcune ore. La tipica presentazione clinica sarà determinata: • dall’apnea il pz si presenterà cianotico • con respiro stertoroso • bava alla bocca (spesso saliva frammista a sangue) • morsicatura della lingua (laterale) • perdita del controllo sfinteriale (feci e urine) • possibili lesioni traumatiche 19 Condizione di particolare gravità è lo Stato di male epilettico: • crisi convulsiva di durata superiore a 30 minuti • 2 o più crisi senza ripresa dello stato di coscienza fra i singoli episodi • gravi alterazioni cardiorespiratorie e metaboliche, dell’omeostasi termica con conseguente danno cerebrale permanente Lo stato di male epilettico ha una mortalità che si avvicina al 30%, è quindi molto importante gestire questa situazione in modo aggressivo se si vorranno evitare gravi danni permanenti al paziente. Questa condizione richiede una gestione aggressiva delle vie aeree per contrastare l’ipossia e l’immediato utilizzo di farmaci anticonvulsivanti, se con gli usuali farmaci su indicati la crisi non viene fermata sarà necessaria la somministrazione di difenilidantoina, pentobarbital o addirittura arrivare al coma farmacologico con barbiturici. Approccio al paziente con crisi comiziale: Valutazione ambientale: ricerca di potenziali indizi: di possibile eziologia traumatica, ricercare: farmaci, segnali di abuso alcolico o di sostanze tossiche o di qualsiasi altra cosa che possa indicare un’origine farmacologica della crisi quali blister di farmaci o siringhe, glucometer, attenzione a contatto con eventuali fluidi biologici contaminanti. avvicinarsi al paziente: allontanando da questi mobili o altri oggetti potenzialmente pericolosi anche se ci troviamo già in fase post critica per possibile recidiva della stessa. Valutazione ABCD Simile sia in fase attiva che post critica e rivolta al riconoscimento e trattamento delle potenziali condizioni pericolose per la vita. La prima priorità è A • garantire la pervietà delle vie aeree, il paziente non deve per forza essere in fase critica per avere ostruzione delle vie aeree; anche in fase post critica, può non essere in grado di controllare la muscolatura della lingua e dell’ipofaringe e inoltre si può rilevare la presenza di: vomito o sangue che devono essere immediatamente aspirati, • necessaria sarà la PLS, ciò permetterà alle secrezioni o al vomito di essere espulsi senza ostruire le vie aeree. Se la crisi è ancora in atto, assicurarsi che nessuno abbia posizionato oggetti nella bocca del paziente per evitare la morsicatura della lingua, perché a loro volta possono provocare lesioni dentarie o un’ostruzione delle vie aeree, il presidio di scelta è il posizionamento della cannula nasofaringea, inseribile con facilità e ben tollerata, molto raramente il paziente in fase post critica richiede un’ IOT, normalmente la gestione delle vie aeree si risolve con la cannula ed un’adeguata aspirazione, con la successiva somministrazione di O2 in maschera o con MP, finché il paziente non sarà abbastanza sveglio da provvedere autonomamente alla pervietà delle vie aeree e alla ventilazione. Successivamente si valuterà la ventilazione B spesso i pazienti risultano affaticati e con respiro superficiale, durante la crisi potrà presentare fasi di apnea dovute all’estrema contrazione muscolare, l’apnea si risolve al termine della crisi, ad ogni paziente deve essere applicato una maschera reservoir con O2 al 100% 12-15 l/min, valutare comunque la FR, tenendosi pronti ad assistere la ventilazione qualora risulti inefficacie l’iniziale somministrazione di O2 in maschera Valutare poi lo stato circolatorio C • caratteristiche del polso, monitoraggio PA, ritmo cardiaco e FC, in quanto spesso le crisi comiziali possono precedere un arresto cardiaco scatenato dall’ipossia prolungata, • precoce posizionamento di un accesso venoso, esecuzione di un DXT, terapia. Valutare lo stato neurologico D • Pupille, deficit neurologici e GCS 20 Nella fase critica L’obiettivo principale sarà interrompere la crisi. In questa fase peraltro difficilmente sarà possibile monitorare il ritmo ECG e determinare la PA I farmaci utilizzati sono le benzodiazepine, il meccanismo d’azione si basa sulla stimolazione della secrezione del GABA (acido gamma-amino-butirrico); tale sostanza diminuisce la stimolazione neuronale pre-sinaptica e così l’attività elettrica che sostiene la crisi comiziale può essere fermata o perlomeno attenuata. I due farmaci più utilizzati sono il Diazepam e il Lorazepam Diazepam somministrato x vie ev. o rettale nei bambini dose 5 mg ev. ripetibile dopo 5 minuti massima dose 20 mg, durata d’az.30-40 min Lorazepam 2 mg infusione lenta ev. ripetibile sempre 2 mg bolo ev. fino a un massimo di 0.1 mg/kg, durata d’azione maggiore 90 minuti. Altro farmaco Midazolam sempre somministrazione ev. Ricordarsi che tutti questi farmaci sono ipotensivanti e provocano depressione respiratoria per cui il paziente deve essere continuamente monitorato. Se la crisi è la prima o il paziente non è un noto epilettico bisognerà escludere tutte le forme non idiopatiche di crisi comiziali da qui la necessità come già indicato di eseguire un DXT per escludere un’ipoglicemia, se l’origine della convulsione è dovuta all’ipossia, la gestione delle vie aeree dovrà essere mantenuta con controllo costante della saturimetria, se abbiamo un paziente febbrile trattiamo immediatamente la febbre (raffreddandolo o utilizzando antipiretici) e successivamente ricercarne le cause. Nella fase post critica Se il paziente ha già superato la fase critica e la valutazione primaria è terminata e i rischi potenziali per la vita sono superati, si potrà procedere • All’esecuzione: dei prelievi ematici, all’ECG a 12 derivazioni, all’esecuzione dell’EGA e al monitoraggio dei parametri vitali • Alla raccolta dell’anamnesi • All’esame obiettivo mirato Il paziente potrà presentarsi stanco, confuso addirittura non ricordare l’accaduto sarà comunque necessario ricavare il maggior numero di informazioni e se il paziente non sarà in grado di fornirle le stesse andranno richieste ai familiari o ai presenti alla crisi. Il termine della valutazione sarà un accurato esame obiettivo alla ricerca di eventuali traumatismi riportati durante la crisi procedendo in tal caso all’immobilizzazione dei segmenti scheletrici coinvolti. Continuare il monitoraggio dei parametri vitali, supportando la ventilazione, il circolo e rassicurare soprattutto il paziente. ICTUS CEREBRI L’ictus cerebrale è una causa strutturale di deficit mentale e/o neurologico. Può colpire qualsiasi parte dell’encefalo, incluso il cervello e l’ RSA. Di norma avviene un’interruzione del flusso di sangue a un’area del cervello, la conseguente mancanza di ossigeno e di nutriente causa un danno alle cellule che si evidenzia in un’alterato stato mentale e/o neurologico. Se il flusso di sangue non viene ristabilito in tempi brevi si determinerà la morte cellulare, cioè un‘ infarto e una volta instauratosi il tessuto cerebrale danneggiato non ha possibilità di rigenerarsi quindi similmente a ciò che accade per l’infarto cardiaco in cui il tempo di ischemia corrisponde a muscolo, per l’infarto cerebrale il tempo è neuroni, inoltre in questo caso il tempo disponibile per un’eventuale terapia riperfusiva è minore e indicato in 3 ore, oltre questo tempo la possibilità di recupero si avvicina allo zero. È essenziale quindi che un paziente con un ictus venga valutato immediatamente e i sintomi precocemente riconosciuti, il tutto nell’obiettivo di attivare procedure diagnostiche terapeutiche nel tempo su indicato dall’insorgenza dei sintomi. 21 Gli ictus sono classificati in: Ictus ischemico Ictus emorragico L’ictus ischemico Avviene per occlusione di un vaso arterioso cerebrale determinando una riduzione di flusso ematico alle cellule nervose a valle dell’ostruzione che in breve tempo andranno incontro a morte, i disturbi tendono a peggiorare nel tempo ma si stabilizzano entro 24-72 ore, in base alla loro causa si distinguono: Ictus trombotici: conseguenti a sviluppo di un trombo su una placca di un vaso arterioso cerebrale, in questi casi i sintomi e i deficit sono a lenta insorgenza, senza sintomi rilevanti, usualmente il paziente è rinvenuto al risveglio con il deficit. Ictus embolici: conseguenza di un embolo staccatosi a monte e poi localizzatosi a livello distale di un’arteria dando vita a manifestazioni cliniche ad ’esordio acuto senza segni premonitori, non è inusuale che insorga sotto sforzo (responsabile del distacco dell’embolo dalla parete arteriosa in causa > carotide) o in seguito a partenza degli stessi a livello cardiaco in pazienti con misconosciuta FA non sottoposti a terapia antiaggreganti o a TAO. In base alla sede dell’arteria occlusa l’ictus può manifestarsi con varie modalità, lo stato di coscienza potrà essere alterato da un banale senso di confusione, allo stupore, al coma o anche essere assente, dal punta di vista neurologico si manifesteranno deficit motori, sensoriali o disturbi della parola con quadri di gravità diversi a seconda dell’area ostruita e del vaso interessato, le due alterazioni seppur possono coesistere possono anche essere presenti separatamente. TIA È l’espressione meno grave della malattia aterosclerotica in questo caso l’ostruzione si risolve determinando in breve tempo la restitutio ad integrum del deficit neurologico comparso all’esordio in quanto l’ischemia ha avuto un tempo di azione limitato nel tempo che non è stata in grado di determinare la morte cellulare dei neuroni, rimane comunque un campanello d’allarme e i pazienti dovrebbero comunque essere sottoposti ad accertamenti e terapie profilattiche atte a evitare l’insorgenza futura di un ictus. L’ictus emorragico Conseguente a rottura di un vaso cerebrale con due conseguenze mancato afflusso di sangue ai neuroni e conseguente morte cellulare similmente a ciò che avviene nell’ictus ischemico, in più il sangue si accumula in uno spazio non estensibile quale il cranio determinando segni e sintomi legati all’ipertensione endocranica e alla successiva erniazione cerebrale che può portare a morte in breve tempo. Le cause più frequenti sono l’ipertensione, la presenza di aneurismi o malformazioni artero-venose già presenti alla nascita, questi ictus si possono manifestare in qualsiasi momento sono legati a un aumento pressorio, a uno sforzo o evento stressante, l’insorgenza è improvvisa i sintomi rapidamente ingravescenti frequentemente preceduti da cefalea e tipicamente dai segni di ipertensione endocranica quando l’area emorragica è di dimensioni notevoli. Valutazione primaria Andranno ricercati i sintomi principali in particolari i deficit neurologici, la presenza di cefalea, la postura assunta dal paziente, atteggiamento in flessione (decorticazione) o in estensione (decerebrazione) cosi come ascoltare il respiro del paziente che potrà essere difficoltoso per incapacità a deglutire o ad eliminare efficacemente le secrezioni. 22 Al rinvenimento del paziente, dovrà seguire naturalmente l’allarme e l’attivazione del personale medico o infermieristico a seconda della figura professionale che lo ha inizialmente valutato con la richiesta del carrello d’emergenza. Valutazione secondaria A - valutazione della pervietà delle vie aeree eventualmente mantenuta con una cannula, rimuovendo protesi o aspirando secrezioni o vomito se presenti, la stessa caduta della lingua all’indietro potrebbe essere causa di ostruzione delle vie aeree, a questo punto segue la precoce somministrazione di O2 in maschera, se paziente in coma ventilarlo con maschera e pallone AMBU, se necessità di protezione delle vie aeree per pericolo di ab ingestis o riscontro di un GCS ≤ 8 prepararsi a controllo aggressivo delle vie aeree con IET. B – valutazione del respiro: fare attenzione alla comparsa di quei pattern respiratori patologici prima descritti in causa negli ictus gravi o se associata un’aumentata pressione intracranica per un’erniazione cerebrale, monitoraggio della FR e della saturazione di O2 verificando che il supporto ventilatorio somministrato sia sufficiente ed adeguato eseguendo un’EGA. C - valutazione del circolo con monitoraggio cardiaco per l’eventuale riscontro di aritmie prima fra tutte la Fibrillazione Atriale una delle cause più frequentemente responsabile di eventi cardio embolici (se misconosciuta o se nota ma il paziente non assume alcuna profilassi trombo embolica), posizionamento di accesso venoso infondendo solo cristalloidi, esecuzione di DXT (non è infrequente che un’ipoglicemia si possa manifestare con sintomi identici all’ictus cerebri la sola somministrazione di glucosio e.v. in questo caso risolve il quadro neurologico in pochi minuti), nei casi di erniazione tipico il riscontro di bradicardia e ipotensione. D - valutazione dello stato neurologico a questo scopo utile l’esecuzione del Cincinnati Stroke Score*, capace di riscontrare con poche manovre o ordini somministrati al paziente i deficit neurologici classici: deficit facciali, della forza/motori degli arti, alterazione del linguaggio. Ricerca di alterazioni dello stato di coscienza con vari gradi di manifestazione clinica o GCS, valutazione delle pupille: diametro simmetria e reattività alla luce. E - ricercare eventuali segni traumatici se il paziente è rinvenuto a terra, provvedendo a immobilizzare i segmenti corporei coinvolti. CINCINNATI STROKE SCORE Segni di stroke Attività del paziente Deficit facciali Il pz vi guarda, sorride e mostra i denti Forza arti Il pz mantiene le braccia bilateralmente sollevate con gli occhi chiusi per 10” Interpretazione Normale: simmetria bilaterale Anormale: un lato del volto non si muove o si muove asimmetricamente Normale: movimenti simmetrici Anormale: un braccio cade o movimenti asimmetrici degli arti Eloquio anormale Il pz esprime una frase senza incespicamenti nella pronuncia Normale: sono usate parole corrette Anormale: pronuncia scorretta, parole errate, disartria o afasia 23 Al termine della valutazione raccolta accurata dell’anamnesi o dal paziente o dagli astanti/parenti all’evento: SAMPLE in particolare l’ora d’insorgenza dei sintomi sarà la discriminante per attivare un’ eventuale Codice Ictus. Precoce attivazione del neurologo Attivazione personale tecnico per Tac encefalo in emergenza per un’eventuale trattamento neurologico se evento entro le 3 ore e non sussistano controindicazioni allo stesso Esecuzione di ematochimici completi ed ECG Si dovrà sempre proseguire il monitoraggio dei parametri vitali: PA, FC, FR, ECG, SAT Trattamento punti chiave mantenimento della pervietà delle vie aeree, adeguata ventilazione alveolare con somministrazione di O2 per prevenire l’ipossia l’ipercania e l’acidosi; se necessaria un’iperventilazione 20 atti/min questa è indicata solo se presenti i segni di ipertensione endocranica (frequente negli ictus emorragici gravi): midriasi mono o bilaterale reattività pupillare asimmetrica posture finalistiche (flessione o postura in decorticazione, estensione o postura in decerebrazione) se nessuno di questi è presente, il paziente deve essere ventilato con 12 ventilazioni/minuto. la prevenzione o il trattamento dell’ipotensione, mantenendo una PAS pari a o maggiore a 90 mmHg; la prevenzione e il trattamento delle convulsioni con BDZ infusione di soli cristalloidi a goccia lenta in modo da evitare inutili aumenti pressori a meno che non ci sia un collasso cardiocircolatorio, da evitare soluzioni glucosate (da utilizzare solo se riscontrati valori di ipoglicemia al DXT), altrimenti responsabili di edemi cerebrali causa di peggioramento del quadro neurologico. trattamento dell’ipertensione; in corso di evento neurologico oltre l’80% dei pazienti presenterà valori pressori elevati in fase acuta per: stress ipertensione arteriosa preesistente fisiologica risposta all’ipossia ipertensione endocranica s. dolorosa (cefalea, globo vescicale) Frequentemente i valori tendono a normalizzarsi in breve tempo spontaneamente attraverso il controllo delle variabili su indicate 24 Cap. 4 OSSIGENOTERAPIA E GESTIONE DELLE VIE AEREE NELL’INSUFFICIENZA RESPIRATORIA Molti sono i casi clinici che possono richiedere la necessità di un supporto di ossigeno o una assistenza ventilatoria: paziente in ACC, politraumatizzati in coma o in shock per varie cause o con problematiche cardiorespiratorie. Il razionale della precoce somministrazione di O2 è di garantire un’adeguata disponibilità di ossigeno all’organismo e in primo luogo al cervello onde evitare esiti invalidanti al paziente. La somministrazione di O2 può essere effettuata o con dispositivi fissi o con l’utilizzo di bombole portatili. Queste hanno una propria autonomia di funzionamento direttamente connessa con la capacità della bombola espressa in litri, alla P rilevata dal manometro ad essa connessa, alla P residua di sicurezza stimata intorno a 15 atm per garantire un’adeguata ossigenazione al paziente in respiro spontaneo o assistito con ventilazione manuale e al flusso/minuto erogato; se la bombola è utilizzata come forza lavoro nei ventilatori meccanici la P residua di sicurezza sale a 50 atm, infatti al di sotto di questa pressione non si ottiene il corretto funzionamento del respiratore per cui in tali casi una quota maggiore di O2 non sarà disponibile per la ventilazione del paziente e di conseguenza il tempo di autonomia della stessa sarà ridotto (calcolo dell’autonomia = P bombola (atmosfere indicate) - 50 x litri di capacità/ Vmin erogato al pz, es.(200-50) x 3L/10 (riferito pz adulto) = 45 minuti; Il flusso di O2 da somministrare viene visualizzato su un flussimetro interposto tra la fonte di O2 e il dispositivo di ossigenazione/ventilazione collegato al paziente. Dispositivi utilizzati per la somministrazione di O2 in respiro spontaneo Differiscono tra loro per tipo di flusso, concentrazioni erogate e caratteristiche tecniche; alcuni dispositivi sotto indicati saranno utilizzabili solo nei pazienti in cui l’attività respiratoria non desti particolare preoccupazione e non necessitino di supporti P esterni alla ventilazione. Occhiali nasali o Prongs Sono sicuramente i dispositivi più semplici per arricchire di O2 l’aria inspirata dal paziente, hanno un basso costo, sono ben tollerati, consentono l’alimentazione e la possibilità di parlare, presentano però alcuni inconvenienti: facilità di sposizionamento, disidratano le mucose per cui necessitano di umidificazioni per flussi > 3-4 l/min, non utilizzabile nei tracheostomizzati o nelle ostruzioni del naso. La FiO2 è prevedibile unicamente se il paziente respira con normale pattern respiratorio e a bocca chiusa; infatti solamente con una respirazione a bocca chiusa si ha un recervoir anatomico naso-faringeo. Sono indicati per l’O2 terapia domiciliare, nelle patologie non critiche, nell’IR lieve in pazienti che non tollerano la maschera facciale, come supporto di O2 nel paziente lievemente ipossiemico, attenzione ai BPCO che tendono ad assopirsi perché tendenzialmente aprono la bocca. La FiO2 è variabile intorno 28-40% massimo flusso 5L/min. 25 Maschere semplici Di basso costo, sono dotate di piccoli fori laterali che consentono l’ingresso e la fuoriuscita di aria, possono dare sensazione di soffocamento, rischio di inalazione di materiale gastrico. Non permettono il controllo della concentrazione di O2 erogato, la FiO2 è maggiore rispetto ai precedenti dispositivi variando dal 3560%, (recervoir 100-200 ml + anatomico) il flusso deve essere tra 610L/min per evitare rebreathing (rirespiro di CO2, infatti per valori < a 6L/min sotto la maschera non vi sarebbe ricambio di gas accumulandosi CO2), Indicazione: supporto di O2 nel paziente non gravemente dispnoico in cui non sia necessario conoscere la FiO2, da non utilizzare nell’urgenza e nella BPCO, possibile impiego nei traumi senza segni di shock, patologie internistiche. Maschere recervoire Sono maschere semplici dotate di un serbatoio che deve essere sempre mantenuto gonfio da un flusso elevato di gas ed essere riempito prima della sua applicazione al viso del paziente. L’aria espirata fuoriesce da alcuni fori laterali, consentono elevate FiO2 (fino 90%) per flussi > 12 L/min, flussi massimi 15L/min, risentono comunque del pattern ventilatorio, necessitano di efficaci meccanismi di “non rebreather” che da una parte per flussi molto alti possono determinare blocco in apertura della valvola o per bassi flussi di impedimento alla respirazione se il reservoire collabisce, per cui attenta sorveglianza del paziente e del circuito. Svantaggi: esistendo in una unica misura sono meno efficaci se non aderiscono al volto, l’alto flusso raggiunto può risultare tossico per i BPCO, hanno un costo elevato. Indicazioni: severa ipossia tissutale nel paziente non dispnoico (trauma, ipovolemia, intossicazione da CO, metaemoglobina), nel paziente con IRA che non tollera le pressioni positive (es. polmonite o cefalea a grappolo), EPA se non disponibile VMNI. Maschere di Venturi Possono erogare basse concentrazioni di O2 pur lavorando con elevati flussi totali di miscela inspiratoria grazie all’ingresso nel circuito di aria ambiente, utili quando è necessario conoscere esattamente le [O2] da somministrare al paziente, consentono FiO2 stabili dal 24 al 50%, meno influenzate dal pattern respiratorio, il rebreathing è assente, hanno un costo elevato, ma a differenza dei precedenti dispositivi non essiccano le mucose, per cui risulta ottimale per l’impiego di lunga durata. L’ossigeno entra nella maschera per mezzo di un ugello che per effetto Venturi aspira l’aria dall’atmosfera per miscelarla con l’ossigeno, la percentuale di O2 da somministrare è selezionata dal posizionamento o di riduttori preregolati di colore diverso o valvole regolabili per un determinato flusso già applicate alla maschera. Il flusso deve essere sufficientemente elevato da consentire un’efficace rimozione della CO2 da sotto la maschera Svantaggi: dubbio sulla quantità di gas erogato con O2 ad alto flusso, soprattutto se il paziente iperventila. Indicazioni: IRA ipossiemica, ossigenoterapia nei casi di BPCO riacutizzata, EPA se non disponibile VMNI, necessità di monitorare pressione e flusso. Ventilazione con supporto pressorio esterno al pz con respiro spontaneo Vi sono casi in cui l’attività respiratoria spontanea seppur presente è insufficiente a garantire un’adeguata ossigenazione/ventilazione del paziente per cui sarà necessario 26 l’utilizzo di dispositivi che garantiranno un adeguato supporto pressorio esterno alla miscela di gas erogata attraverso una ventilazione manuale (Va e vieni) o meccanica non invasiva (VMNI), o invasiva assistita o controllata utilizzando ventilatori meccanici e somministrazione di O2 anche al 100% interponendo un pallone va e vieni munito di valvola di non ritorno tra il dispositivo di controllo della via aerea es. TE e la fonte di O2. Va e vieni Dispositivo dotato di un pallone auto espandibile, una valvola che regola l’ingresso della miscela di gas, da un’apertura laterale che consente la fuoriuscita dell’aria espirata e da un tubo da collegare alla fonte di O2 • Vantaggi: supporto ventilatorio con O2 ad alto flusso anche al paziente cosciente, permette di fornire una pressione di supporto ed una pressione di fine espirazione. • Svantaggi: addestramento dell’operatore, breve periodo di applicazione. VMNI 1. 2. 3. 4. Modalità di ventilazione con supporto esterno di PP con modalità meccanica non invasiva che non utilizza il tubo endotracheale come interfaccia tra il sistema di ventilazione e il paziente ma particolari dispositivi in dotazione: maschere nasali, facciali, full face o casco. Determinante nella sua efficacia sarà la tenuta d’aria tale da garantire il mantenimento della pressione positiva continua selezionata, nel circuito respiratorio e nelle vie aeree del paziente, problema questo correlato soprattutto con le maschere facciali o nasali che devono essere mantenute ben aderenti al viso del paziente. A tal fine la maggior parte delle maschere è dotata di un bordo di cuscinetto gonfiabile e l’aderenza al viso è facilitata da un sistema di cinghie ad ancoraggio in più punti, ma talora non sono evitabili decubiti connessi anche con la conformazione anatomica del volto del paziente, sicuramente più idonee sono le m. full fase o il casco. Le pressioni positive inspiratorie ed espiratorie sono selezionate manualmente sul ventilatore a cui si collega anche il supporto di O2 alla miscela erogata variabile a seconda della causa correlata all’insufficienza respiratoria. Alle m. facciali possono essere applicate in linea anche dispositivi per la somministrazione contemporanea di terapia tramite areosol. Lo scopo della VMNI è di: Ridurre il lavoro dei m. respiratori Aumentare la ventilazione alveolare Ridurre nel polmone le zone di shunt e di mismatch ventilo-perfusionale Migliorare la compliance toraco-polmonare. Vantaggi: 1. miglioramento degli scambi gassosi 2. possibilità che la terapia medica abbia il tempo di correggere la condizione alla base dell’episodio di IRA 3. approccio non invasivo consente di evitare al paziente il disconfort del tubo endotracheale ed i rischi ad esso connessi, 27 tra cui: un’aumentata incidenza di polmoniti ventilatorie associata ed altre infezioni nosocomiali un prolungamento della permanenza in terapia intensiva (ICU) e in ospedale un incremento della mortalità intraospedaliera Il vantaggio sostanziale di evitare il ricorso all’intubazione endotracheale va bilanciata rispetto ai potenziali svantaggi della NIMV e cioè: 1. disconfort dell’interfaccia non invasiva 2. possibilità che la metodica non sia sufficiente a fornire adeguata ossigenazione o ventilazione alveolare sulla base di una non accurata selezione del paziente e di problematiche logistico/organizzativo. 3. difficile controllo delle vie aeree; una eventuale distensione gastrica potrebbe essere causa di rigurgiti e conseguente inalazione (le vie aeree non sono protette) 4. impossibilità della bronco aspirazione 5. possibili decubiti facciali soprattutto della pelle sul naso, lesioni corneali Criteri di inclusione dispnea severa a riposo, reclutamento m. accessori, dissincronismo toraco-addominale FR > 35/min PaO2< 60mmHg FiO2 >50% PaCO2 > 60 mmHg pH < 7.32 (>7.10) pz vigile e collaborante (Kelly ≤3 soporoso ma risvegliabile) Criteri di esclusione FR < 12, apnea coma necessità di proteggere le vie aeree instabilità emodinamica aritmie severe PNX se non drenato impossibilità di adattare la maschera (edentuli o altre alt. Anatomiche) paziente non collaborante Criteri per la sospensione in casi di insuccesso del trattamento: Necessità di IOT per compromissione dello stato di coscienza Perdita del controllo della protezione delle vie aeree Perdita dell’interfaccia non eliminabili Peggioramento o mancato miglioramento degli scambi gassosi a 30-60 minuti dall’inizio del trattamento Criteri che ci indicano l’efficacia della metodica sono: • SPO2> 90%, • Riduzione della FR>20% • Miglioramento dello stato di coscienza e dispnea • Normalizzazione del pH ematico • Riduzione della PCO2. 28 Ventilazione con supporto pressorio esterno nel paziente in arresto respiratorio Due modalità: ventilazione assistita manuale o meccanica invasiva Il sistema di ventilazione manuale. E’ costituito da 3 elementi collegati tra loro mediante raccordi standard: Pallone Ambu, auto espandibile con capacità di 1.6L, rifornito da aria ambiente o meglio arricchita di O2 Una valvola unidirezionale Una maschera facciale Pallone auto espandibile Ambu. E’ costruito in modo da riacquistare rapidamente la forma iniziale dopo la sua compressione aspirando attraverso una valvola d’ingresso l’aria proveniente dall’esterno o da un serbatoio di riserva raccordato con la fonte di O2, è fondamentale la presenza di un reservoir perché raramente se l’ossigeno arrivasse sotto pressione direttamente al pallone potrebbe bloccare in posizione inspiratoria la valvola in uscita causando un baro traumatismo, per ventilare con O2 puro il volume del reservoir deve essere almeno pari a quello del pallone e il flusso di O2 deve almeno corrispondere al V/min. Valvola unidirezionale E’ posizionata tra il pallone e la maschera o il tubo applicati al paziente, questa indirizza i gas al paziente in fase espiratoria e in fase espiratoria ne permette attraverso l’apertura l’emissione dei gas nell’ambiente. Maschera facciale Ne esistono di diverse misure a seconda dell’utilizzo nel paziente l’adulto o pediatrico, preferibili quelle in materiale plastico trasparente che consente la visualizzazione della bocca e delle narici e la presenza di vomito, sono fornite di un bordo elastico che ne permettono l’adattamento al volto del paziente e la tenuta del circuito di ventilazione a pressione positiva. Il problema più comune è la difficoltà per il singolo operatore a mantenere l’aderenza della maschera e contemporaneamente a ventilarlo, per tale motivo è suggerita la ventilazione a due operatori uno che mantiene la maschera e il secondo che ventila. Il secondo limite è costituito dalla possibile inalazione soprattutto nel paziente in coma a stomaco pieno. La ventilazione con questo dispositivo deve essere eseguita in modo non aggressivo controllando la frequenza e i volumi erogati onde evitare la distensione gastrica e il rischio di rigurgito e aspirazione nelle vie aeree, la compressione cricoidea con manovra di Sellick descritta più avanti può limitare questa evenienza, ciò non si realizza quando naturalmente la ventilazione con Ambu viene effettuata se collegato a un tubo endotracheale che ne protegge la pervietà. • Vantaggi: permette di erogare alti flussi di O2, al paziente incosciente. • Svantaggi: addestramento dell’operatore, breve periodo, non permette di regolare pressione di supporto e di fine espirazione. Sia il va e vieni che l’ambu, possono essere connessi al pz interponendo tra i suddetti dispositivi e il tubo tracheale, un raccordo corrugato e un filtro scambiatori di umidità e calore; i gas medicali infatti soprattutto se somministrati per molto tempo tendono a disidratare le mucose del paziente, nell’intubato poi, in cui viene bypassato sia il cavo faringeo che le cavità nasali sedi dell’umidificazione e riscaldamento dell’aria inalata, 29 il problema è ancora maggiore, i filtri posizionati tra il tubo e la fonte di O2 permettono da una parte di proteggere le vie aeree dall’ingresso di microrganismi e dall’altro di recuperare il calore e l’umidità contenuta nell’aria espirata per restituirla al paziente alla successiva insufflazione. Sono dispositivi monouso costituiti da un diaframma di fibre sintetiche posto in un contenitore di plastica trasparente. Ventilatore meccanico di tipo volumetrico portatile La somministrazione di determinati Volumi di O2 è garantita solo per Pressioni nella bombola > 50atm, se inferiore manca la forza motrice per erogare l’O2 , l’autonomia pertanto in questi casi della bombola è minore, verificare sempre le atmosfere della stessa per essere sicuri di avere un ventilatore efficiente, l’operatore potrà selezionare: • la % di O2 da somministrare 40% air mix o 100% no air mix ; il V/min da erogare per l’adulto 10-12ml/kg e nel bambino 15-18ml/kg la FR per adulto da15 a 12, nel bambino >20); impostare i limiti di P negli adulti impostato sui 20-30 nei bambini più basso; la PEEP la modalità di ventilazione : CMV controllata: eroga a frequenza costante di atti respiratori volumi costanti di gas ; AMV assistita: il ventilatore eroga gas solo se richiesto dal paziente, se il paziente non lo fa il ventilatore non parte e in più non va in allarme da usare solo con pazienti svegli e collaboranti; AUT automatica: sincronizza il ventilatore al paziente seguendone il ritmo. Se apnea parte con atti impostati a frequenza fissa, poi appena il paziente riprende l’attività respiratoria si concorda con essa. Indicazione a trattamento con metodiche invasive IET Quando il supporto ventilatorio non invasivo usato: O2 terapia in maschera a flusso libero e VMNI non determinano un miglioramento dei parametri rilevati alla valutazione iniziale o si assiste a un progressivo peggioramento degli stessi risultando quindi inefficaci è necessario procedere all’ Intubazione Tracheale IT rappresenta il GOLD STANDARD per ottenere e mantenere una pervietà delle vie aeree e ripristinare un apporto sufficiente di O2 alle cellule. Vantaggi permette la visione diretta della cavità orale, faringe e adito laringeo garantisce il mantenimento della pervietà delle vie aeree e la possibilità di broncoaspirazione garantisce la corretta ed efficace ossigenazione e ventilazione del paziente, previene il rischio di inalazione polmonare proteggendo le vie aeree, consente la somministrazione di farmaci utilizzandola come via alternativa (ACC) Svantaggi traumi facciali, laringe, trachea , bronchi riduzione diametro tracheale (aumento delle resistenze respiratorie) sviluppo d’infezioni perdita riscaldamento e umidificazione naturale dei gas ventilati intubazione bronchiale selettiva o esofagea sposizionamento nelle manovre di mobilizzazione del pz o ostruzione del tubo 30 Indicazioni necessità di bronco aspirazione continua grave ipossia con sat O2 < 85% nonostante somministrazione di O2 ad alte concentrazioni o alti flussi, o anche con supporto PP esterno (VMNI: CPAP-Bilevel), in pratica inefficacia dei metodi non invasivi precedentemente indicati iperventilazione terapeutica (ridurre ICP) vi è consensus per IT nel Trauma Cranico con GCS ≤ 8 Modalità di intubazione naso tracheale • più complessa nella realizzazione • migliore visualizzazione faringe e glottide • nursing più facile e minor rischio di sposizionamento • necessario che il pz abbia una minima attività respiratoria, • no se concomita trauma cranico/facciale, • ideale nei pz incastrati in cui non è sempre possibile eseguire laringoscopia diretta • oro tracheale con associate manovre: Sellik o Burp • più facile da effettuare • usata nell’emergenza e nei trattamenti di breve durata facilità di posizionamento del tubo intubazione senza sedazione e blocco neuromuscolare in pz in ACC o con GCS 3 intubazione con sedazione minima e analgesia per pz vigili collaboranti intubazione con sedazione profonda e analgesia senza blocco neuromuscolare si ottiene pz. areflessico a dosaggio > dei farmaci poi ev. associare miorilassanti intubazione con sedazione profonda e blocco neuromuscolare con curari (depolarizzanti di membrana → succinilcolina, non depolarizzanti → atracrium) MATERIALE INTUBAZIONE Per l’esecuzione dell’intubazione tracheale bisognerà preparare e controllare l’efficienza dei seguenti dispositivi e materiali necessari per la laringoscopia e l’intubazione Monitor multiparametrico Cannule di Gudel di varie misure: adulte: n.3 verde, n.4 gialla, n.5 arancione e n.6 rossa; pediatriche n.0, n.1 e n.2 Sistema di aspirazione con oliva e sondini di vario calibro: rosso, arancione, verde e K21 Laringoscopio con più lame d’intubazione: adulte e pediatriche, curve e rette Mandrini per adulti e pediatrici in materiale semirigido Magill adulto e pediatrico Lubrificante per tubi idrosolubile (spray o gel) Lunghette o dispositivi per fissaggio tubo Siringa da 10 ml e cerotto adesivo. Tubi endotracheali dal n. 5.5 al n. 8.5 per adulti; dal n. 2 al n. 5 pediatrici cuffiati e non Filtro e Tubo corrugato Sistema di ventilazione manuale con maschere facciali di varie misure n. 4-5-6 adulto, pediatriche n. 0-1 e palloni Ambu con reservoir per adulto e pediatrico,Va e vieni Fonendoscopio, saturimetro Rilevatori della CO2 espirata o rilevatore esofageo 31 Il monitor multiparametrico Disponibili nei reparti consentono di monitorare contemporaneamente ritmo cardiaco, PA, FC , SPO2; alcuni come quelli disposti sui mezzi di soccorso sono dotati anche di funzione di pacing esterno e defibrillatore con scarica effettuabile o con placche adesive o con piastre manuali previa selezione manuale dell’energia e della modalità sincrona o meno della scarica dall’operatore manualmente. Aspiratore Deve essere dotato di un contenitore per la raccolta del materiale aspirato, di un tubo di collegamento di ampio calibro e con pareti non collassabili e di raccordi per i sondini da aspirazione. Per l’aspirazione di materiale semisolido dalla faringe gli aspiratori devono svilippare una pressione negativa di almeno 300 mmHg a tubo chiuso e un flusso d’aria di almeno 30 L/min a tubo aperto, esistono dispositivi fissi (sala urgenza, camere di degenza) o portatili come il classico dispositivo della Laerdal capace di sviluppare un flusso di aspirazione di 30 L/min. l’aspirazione massima è regolabile da 80 mmHg per non ledere le mucose a 550 mmHg per rimuovere grandi quantità di liquidi. Può essere alimentato da corrente elettrica tramite un trasformatore o da batterie ricaricabili, pesa circa 5kg, il recipiente di raccolta’ ha una capienza di circa 1L, il recipiente raccoglitore può essere monouso o riutilizzabile. Sonde da aspirazione Si utilizzano sonde in gomma o plastica dotate di più fori all’estremità, prima della procedura l’operatore deve indossare i guanti per proteggersi dal sangue o dalle secrezioni del paziente, per l’aspirazione faringea, se il materiale da aspirare non passa dalla sonda per le sue dimensioni sarà necessario utilizzare il tubo aiutandosi eventualmente con pinze per rimuovere i CE, se presente trisma l’aspirazione potrà essere effettuata o dalla cannula di Gudel se posizionata in orofaringe o dalle narici. L’aspirazione va iniziata solo dopo il posizionamento in faringe della sonda ed eseguita mentre si ritira il sondino, la ventilazione artificiale se in atto non dovrebbe essere interrotta per più di 5 sec, il paziente dovrebbe essere posizionato con il capo volto verso un lato manovra da non eseguirsi se sospettato un trauma al rachide cervicale in tal caso necessita l’immobilizzazione dello stesso prima della procedura. Per l’aspirazione bronchiale scegliere il sondino di calibro adatto che possa entrare nel tubo endotracheale, fornito di un apertura laterale per poter regolare l’aspirazione, dopo aver lubrificato il mandrino lo si inserisce nel tubo fino a che non procede più, l’aspirazione viene effettuata mentre si ritira il sondino, la presenza di fori multipli all’estremità distale evita le lesioni alle mucose durante la manovra. Nel paziente non fortemente ipossico, l’aspirazione delle secrezioni può essere prolungata fino a 10-15” ripetendola dopo riossigenazione tenendo sempre sotto controllo l’andamento dei parametri vitali, tempi più brevi sono da impiegare nei pazienti che non tollerano tempi prolungati di apnea. 32 Le cannule orofaringee Sono strumenti elementari che consentono di mantenere aperta la via aerea impedendo che nei soggetti in coma l’ipotonia dei muscoli della lingua determinino lo spostamento dei tessuti molli verso il retro faringe, ostruendo la via aerea. Nei pazienti coscienti possono provocare laringospasmo e vomito, solitamente in materiale plastico, formate da un tubo ricurvo che tiene abbassata la lingua e di una flangia che appoggia sulle labbra del paziente, la ventilazione avviene tramite il canale centrale. Esistono diverse misure standard, da quelle per neonati, a quelle per adulti, contrassegnate da un codice colore che peraltro non è standardizzato. La misura giusta per un paziente si calcola confrontando la lunghezza della cannula con la distanza tra l’angolo della bocca e la punta del lobo dell’orecchio sullo steso lato del viso, è importante che la misura sia esatta perché se troppo corta spingerà la base della lingua contro l’ipofaringe, se troppo lunga schiaccerà l’epiglottide contro l’adito laringeo. La tecnica d’introduzione è la seguente, dopo aver scelto la corretta misura della cannula il sanitario apre la bocca del paziente, quindi introduce il dispositivo tenendolo inizialmente rovesciato con la punta rivolta verso il palato, poi la ruota di 180 gradi posizionandola in sede, in caso d’intubazione tracheale si rimuoverà per il tempo necessario per eseguire l’IT e poi la si riposizionerà in modo tale da evitare che il tubo venga morsicato dal paziente o che si sposti quando non in dotazione i presidi di fissaggio dello stesso. Laringoscopio Strumento fondamentale per la visione diretta della glottide e delle corde vocali, è composto da un manico e da una lama che può essere diversa sia per dimensioni che per forma: retta tipo Magill, retta con punta ricurva tipo Miller o lama curva tipo Macintosh.Il manico contiene sia la sorgente di energia (batterie) che la fonte luminosa, un fascio di fibre ottiche convoglia la luce in cima alla lama, ne esistono anche alcune in cui è posizionata sulla lama con problemi di contatto e di manutenzione oltre che di sterilizzazione, esistono anche lame monouso usate in sede extraospedaliera. Tubi tracheali Sono costituiti da un corpo e da una cuffia a manicotto collegata mediante un sottile condotto a un palloncino spia per il controllo della pressione di gonfiaggio, la parte distale è a becco di flauto per facilitare il passaggio attraverso le corde vocali, quella prossimale viene collegata al sistema di ventilazione mediante raccordo standard di 15 mm di diametro, i tubi tracheali usuali hanno un solo lume e una semplice forma ricurva possono essere in gomma, silicone o PVC. Lungo i tubi sono indicati i segni di riferimento visivo e le corrispondenti distanze in cm rispetto all’estremità distale, in modo da poter valutare la profondità dell’inserimento, un marcatore radiopaco ne consente la sua visualizzazione ai raggi x, sono disponibili in diverse misure, cuffiati e non. Differiscono per il loro diametro interno variabile da 2 a 9mm con variazioni di 0.5 mm per volta, aumentando il diametro interno aumenta anche la lunghezza del tubo, i tubi con diametro interno inferiore a 3 mm non sono cuffiati perche’ nei neonati o bambini più piccoli la ristrettezza del diametro sottoglottico garantisce di per se un’adeguata tenuta, esistono alcuni tubi definiti armati che contengono al loro interno una spirale in rame tale da evitarne l’inginocchiamento durante il posizionamento. 33 Mandrini I mandrini a punta smussa, di materiale malleabile consentono di modificare la curvatura del tubo in alcuni casi in cui l’intubazione tracheale si presenti difficoltosa unica attenzione e che una volta lubrificati e posizionati nel tubo non sporgano con la loro punta oltre l’estremo distale dello stesso, con il rischio di ledere la laringe o addirittura la parete tracheale, sono di dimensioni e lunghezza variabile a seconda dei tubi tracheali. Pinza di Magill Strumento utilizzato per guidare il passaggio del tubo tracheale dalla cavità faringea all’adito laringeo in caso d’intubazione naso tracheale, usata anche per facilitare il posizionamento e passaggio del SNG o per rimuovere CE, ne esistono di diverse misure a seconda se abbiamo un paziente adulto o pediatrico. Tecnica d’intubazione La tecnica di intubazione si acquisisce con l’osservazione e la pratica, il nostro scopo è di farvi conoscere i vari passaggi della stessa e le procedure assistenziali durante le varie fasi in modo da poter assistere efficacemente chi la esegue. Si sceglierà un tubo di diametro appropriato tenendone da parte altri due di misura superiore e inferiore, si sceglie il laringoscopio e se ne controllerà la fonte luminosa. Si lubrifica il tubo testando inoltre la tenuta della cuffia con una siringa ripiena di aria, si controlla la disponibilità di un mandrino e se lo si usa non si dovrà far oltrepassare dal foro distale del tubo tracheale, controllare il monitor, posizionarlo sul paziente, predisporre un sistema di aspirazione verificandone la funzionalità e il sistema di ventilazione Si prepareranno eventuali farmaci necessari per l’analgesia, sedazione o paralisi del paziente, se i dati clinici escludono un trauma si posizionare correttamente il paziente in posizione supina con il capo iperesteso ottenendo in tal modo una migliore visione della glottide per l’allineamento degli assi orale, faringeo e laringeo. Se eseguita una sedazione, analgesia, nell’attesa della loro efficacia si dovrà ventilare il paziente in maschera e O2 puro, se possibile facendo eseguire nel contempo la Sellick da un altro operatore (si comprime la cricoide evitando sia che l’aria insufflata non vada nello stomaco ed evitando l’inalazione gastrica, la pressione è applicata con due dita sulla cricoide che spingerà in tal modo l’esofago contro la colonna vertebrale) mantenendola fino a completamento dell’intubazione e alla sua verifica. Una volta pronti si esegue la laringoscopia, calcolando come tempo massimo per eseguirla 30” (utile a tal scopo mantenere il proprio fiato interrompendo il tentativo se IT non eseguita quando si sentirà mancare l’aria). La lama del laringoscopio va inserita dal cavo orale dalla parte dx, spostando la lingua verso sn, si ispeziona il cavo e se necessario si esegue l’ aspirazione di eventuali secrezioni che impediscono una corretta visuale dell’adito laringeo e delle corde vocali, se presenti protesi queste dovranno essere rimosse prima della laringoscopia. Avanzando la lama lungo la linea mediana si visualizzerà per prima la fossa tonsillare, poi l’ugola e a seguire l’epiglottide, qui si posiziona la punta della lama nella vallecola glosso epiglottica e la si solleva per esporre la laringe e visualizzare così le aritenoidi e le corde vocali. 34 Il sollevamento va effettuato verso l’alto e in avanti ad angolo retto rispetto alla lama onde evitare lesioni sui denti, per migliorare ulteriormente la visuale si può far eseguire a questo punto la BURP, chi effettua la Sellick dovrà premere all’indietro verso l’alto e verso dx. Si inserisce il tubo dall’angolo dx della bocca e lo si posiziona in trachea, se è stato utilizzato un mandrino questo dovrà essere rimosso quanto la punta del tubo sia già impegnata nell’adito laringeo e il tubo introdotto fino al passaggio oltre le corde vocali Con il tubo in posizione corretta nella maggioranza degli adulti di taglia media il segno del 21± 2 cm verrà a trovarsi a livello degli incisivi superiori (21 donne, 23 uomini). Tenendo il tubo fissato contro l’angolo della bocca del paziente si sfilerà la lama, si gonfierà la cuffia, controllando sul palloncino che sia adeguatamente in tensione, si collega il tubo al sistema di ventilazione e si verifica il corretto posizionamento con l’auscultazione dell’epigastrio e dei campi polmonari, se non posizionato correttamente l’operatore dovrà garantire in primo luogo la ventilazione e l’ossigenazione del paziente con MP e O2 per due minuti e solo successivamente ripeterà il tentativo, le linee guide indicano in 3 i tentativi massimi di intubazione poi sono indicate tecniche alternative. Nell’ipotesi migliore riuscirà a garantire una sufficiente ossigenazione, con il rischio comunque rilevante specialmente se si determina insufflazione gastrica di rigurgito e inalazione successiva. Esistono alcuni strumenti di verifica dell’intubazione quali il capnografo analizzatore di CO2 espirata o i rilevatori esofagei. Una volta posizionato correttamente il tubo viene fissato, si esegue l’aspirazione tracheobronchiale attraverso il tubo e quindi si collegherà il paziente con gli appositi dispositivi ai presidi di ventilazione meccanica. Utile il posizionamento del SNG per detendere un’eventuale distensione gassosa dell’addome dopo intubazione completata. INTUBAZIONE A SEQUENZA RAPIDA REGOLA DELLE 7 P Preparazione del pz: posizione (allineamento e iperestensione della testa*), monitoraggio: ECG, SpO2 e PA non invasivo, accesso venoso “ e controllo del materiale per IT (laringo e tubo), Preossigenazione: somministrare O2 100% x 2 min. con pallone e maschera Pretrattamento farmacologico se indicato: fentanyl 1-2 mcg/kg e/o lidocaina 1.5 mg/kg o morfina 0.05-0.15mg/kg atropina ( bradicardie; pz < 5aa di età) 0.02mg/kg Paralisi e sedazione: fentanyl 5-7mcg/kg midazolam 0.1-0.4 mg/kg ketamina 1.5 mg/kg tiopentale 3-5 mg/kg propofol 1-2 mg/kg succinilcolina 1.5mg/kg atracrium 0.4-0.5mg/kg Protezione del paziente, vie aeree: manovra di Sellik*, BURP*, fino a verifica del tubo, se trauma immobilizzazione del rachide, evitare l’iperestensione Passare il tubo INTUBAZIONE ORO/NASOTRACHEALE Posizione verifica auscultazione (5 punti iniziare da epigastrio), aspirazione, SpO2, capnografia* se posizione confermata: cessare Sellik, BURP fissare tubo, riverifica posizione prevedere sedazione +/-analgesia +/- paralisi. 35 Cap. 5 INSUFFICIENZA RESPIRATORIA: VALUTAZIONE E TRATTAMENTO La respirazione garantisce gli scambi gassosi tra l’ambiente esterno e le cellule, il nostroorganismo attua più meccanismi per la respirazione che sono concatenati tra loro: 1. fase ventilatoria in cui si acquista aria dall’esterno 2. fase di diffusione alveolo capillare 3. fase circolatoria che corrisponde al trasporto di O2 4. fase tissuto-cellulare in cui il sangue cede l’O2 alle cellule Ogni nostro sforzo deve essere finalizzato a garantire la fase 3 per arrivare alla fase 4 ed evitare l’ipossia cellulare. Nella fase Inspiratoria l’O2 arriva dall’ambiente esterno e passa nei polmoni grazie all’attività contrattile dei m. intercostali, del collo e all’abbassamento del diaframma che determinano una pressione negativa intrapolmonare con ingresso di aria attraverso la trachea nell’albero respiratorio, processo attivo che richiede un dispendio di energia La fase Espiratoria è un processo passivo non richiede energia, i m. intercostali e il diaframma ritornano alla posizione iniziale di riposo creando una pressione positiva che permette ai gas di fuoriuscire dal torace. I principali determinanti della [ O2 ] alveolare sono la frazione di O2 21% in aa la FR che influenza la concentrazione arteriosa di CO2 Dispnea La dispnea è definita come un’anomala e spiacevole sensazione del respiro, la stessa è percepita dal cervello, quando lo sforzo respiratorio non supporta adeguatamente le richieste metaboliche dell’organismo fattori che possono contribuire a tale percezione: recettori nei polmoni e nei m. respiratori, il pH ematico e la [ ] sierica di O2, tuttavia non vi è relazione diretta tra livello di O2 e sensazione di dispnea; molti pazienti ipossici non lamentano dispnea es BPCO in fase di stabilità, mentre altri con valori di PaO2 normali possono lamentare dispnea (es pz ansiosi,agitati, o con TEP) Valutazione della gravità del distress o insufficienza respiratoria La valutazione iniziale del pz con dispnea è volta alla determinazione del grado di gravità dei sintomi e delle condizioni del pz. La velocità nell’adottare misure terapeutiche e l’accuratezza della vostra valutazione dipendono dalle condizioni del pz, in pratica nel pz critico si iniziano immediatamente i provvedimenti terapeutici e si dedicherà meno tempo alla raccolta dell’anamnesi e all’EO. Già la valutazione della posizione assunta dal pz ci indicherà il diverso trattamento e approccio allo stesso, pz sdraiato o seduto che non appare in difficoltà respiratoria da uno dispnoico che è appoggiato sulle braccia Un pattern respiratorio normale è compreso tra 8 e 24 atti respiratori al minuto , con un volume corrente compreso tra 400 e 800 ml, un pz che respira più profondamente o frequentemente è in difficoltà respiratoria Valutare lo stato mentale, un pz in distress respiratorio tende ad essere agitato, confuso o letargico, infine valutare lo sforzo respiratorio l’uso dei m accessori sternocleido mastoideo e intercostali sono un segno preoccupante. 36 Criteri di gravità nel distress respiratorio sono: • postura seduta o in avanti sulle braccia • incapacità a terminare una parola o una frase • dispnea a riposo • imminente esaurimento o arresto respiratorio: bradicardia, bradipnea, respiro agonico, apnea. Valutazione iniziale mirata in primo luogo alla verifica della pervietà delle vie aeree, escludendo in primis un’ostruzione delle stesse se riscontrata provvedere alla rimozione della causa: A) assicurata una via aerea il secondo obiettivo sarà ricercare la causa che ha causato l’IR se è esclusa la presenza di un’ ostruzione delle vie aeree e di un esaurimento della funzione respiratoria, B) seguendo l’acronimo OPACS si partirà con l’osservazione della dinamica ventilatoria, (utilizzo dei m. accessori quali l’alitamento delle pinne nasali, attivazioni dei m del collo e intercostali o la presenza di pattern respiratori patologici), la palpazione toracica (il riscontri di enfisema sottocutaneo), l’auscultazione toracica (riduzione o assenza del MV o presenza di sibili, broncospasmo, rantoli, crepitazioni), il conteggio della FR (bradipnea < 8 o tachipnea > 24,) quando l’esaurimento respiratorio è imminente il pz sviluppa una bradicardia, una bradipnea FR < 8 e una scarsa mobilizzazione d’aria rilevabile con l’auscultazione toracica, l’ ipotensione è un segno minaccioso in tali casi è necessario il supporto ventilatorio con maschera e pallone o se inefficace e causa non precocemente reversibile preparasi a una eventuale gestione avanzata delle vie aeree, nei casi in cui non si riscontra l’esaurimento respiratorio immediata istituzione delle misure di supporto generale partendo dalla somministrazione di O2 supplementare con maschera; C) valutazione del circolo monitoraggio ECG( utile se la causa è cardiologica) posizionamento di un’ accesso venoso periferico DTX se noto diabetico ( iperventilazione in caso di acidosi metabolica nell’iperglicemia) D) stato neurologico: il paziente potrà essere agitato se prevarrà l’ipossia, confuso o letargico in caso di ipercapnia. Se il pz è stabile dopo queste valutazioni iniziali si procederà alla raccolta anamnestica e a una valutazione clinica più dettagliata rivolta ad individuare le cause della dispnea del pz. Le cause sottese a una difficoltà respiratoria sono molteplici: • l’iperventilazione psicogena, • l’ostruzioni delle vie aeree: corpi estranei, bolo alimentare, anafilassi o angioedema angina di Ludwig infezione che coinvolge i tessuti molli sotto la lingua, l’epiglottite, croup, ascessi retro faringei, traumi al collo in pz in TAO per sviluppo di ematomi • le m. dell’apparato respiratorio: Ab ingestis / inalazioni, Asma, BPCO, Pleuriti, versamento pleurico, polmoniti, PNX iperteso, TEP, Inalazione di tossici chimici irritanti o sostanze velenose, Ipertensione polmonare primitiva, EPA non cardiogeno (sepsi, traumi, aspirazione, inalazioni di gas, farmaci, ipotermia, complicanze ostetriche, malattie del SNC.) • le m. neuromuscolari (Distrofia muscolare. SLA, S. di Guillan Barrè, Miastenia Gravis) • le m. cardiache (Angina, IMA, EPA, Tamponamento cardiaco, Aritmie) • le cause metaboliche (Anemia, Acidosi metabolica, Ipertiroidismo ect.) Obiettivo: 37 Saper riconoscere ed inquadrare situazioni cliniche potenzialmente fatali determinate da insufficienza respiratoria acuta (IR). Insufficienza respiratoria Si definisce insufficienza respiratoria (IR) l’incapacità del polmone di: • garantire un’adeguata ossigenazione del sangue arterioso • prevenire la ritenzione di CO2. caratterizzata da una riduzione dei valori arteriosi di PaO2 inferiori a 55-60 mmHg e/o aumento della PaCO2 superiori a 45-50 mmHg. CRITERI EMOGASANALITICI DI I.R. PaO2 < 55mmHg IPOSSIEMIA PaCO2 > 45mmHg IPERCAPNIA pH < 7.35 ACIDOSI RESPIRATORIA Insufficienza Parenchimale Alterazione scambi gassosi Ipossiemia Insufficienza del Mantice Ipoventilazione Ipercapnia Pulmonary Failure Ventilatory Failure • PaO2 • PaCO2 N/ • PaO2 • PaCO2 Hypoxic Respiratory Failure Hypercapnic Respiratory Failure Iperventilazione psicogena Anomalo pattern ventilatorio determinato da cause psicologiche, la diagnosi si fa per esclusione delle cause precedentemente descritte, nel frattempo somministrare ossigeno o se nota pz con precedenti per attacco di panico o stati d’ansia far respirare nel sacchetto 38 Il reperto polmonare sarà normale, i parametri normali, aumentata solo la FR con valori di saturazione nella norma, l’EGA sarà dirimente alcalosi respiratoria acuta ipocapnia normossiemia. Ostruzioni alte vie respiratorie Le cause sottese a una difficoltà respiratoria dovute ad ostruzione delle vie aeree sono molteplici: corpi estranei, bolo alimentare, anafilassi o angioedema, angina di Ludwig infezione che coinvolge i tessuti molli sotto la lingua, l’epiglottite, croup, ascessi retro faringei, traumi al collo in pz in TAO per sviluppo di ematomi, noi tratteremo le prime 5 cause per la loro veloce insorgenza talvolta anche drammatica Valutazione iniziale Avvicinandosi al pz si potranno apprezzare eventuali rumori quali grugniti, russamento e stridore indicativi di ostruzione delle alte vie aeree e dei segni che possono essere indicativi di un imminente esaurimento della funzione ventilatoria, in caso di ostruzione delle vie aeree determinare se completa o incompleta e se dovuta a corpo estraneo o ad altre cause. Obiettivo verificare la pervietà delle vie aeree: a. liberare e mantenere la pervietà delle vie aeree b. determinare se dovuta a CE o ad altre cause c. valutare il grado di ostruzione • ostruzione completa tosse inefficace debole o assente, scialorrea, pallore cutaneo poi cianosi, scarsa mobilizzazione dell’aria, da agitato a iporeattivo con tono ridotto, 30 ≤ FR ≤ 8 o apnee, sat < 90% in aa, riduzione o perdita dello stato di coscienza, AR, ACR • ostruzione parziale il pz sarà capace di emettere suoni, grugniti, russamento o stridore inspiratorio nei pz in cui è certa l’ingestione del CE perché testimoniata dovranno essere iniziate le manovre di disostruzioni del BLS pz cosciente: parla, invitarlo a tossire per 1’, se inefficace eseguire manovra di Heimlich, o eseguire le percussioni toraciche nel pz obeso o nella donna gravida pz incosciente: aprire la bocca sollevando la mandibola e tirare la lingua cercando se possibile di rimuovere il CE con una pinza, se la rimozione non è praticabile iniziare una respirazione artificiale (poket mask, M-P) seguita da 5 compressioni addominali con pz in posizione supina, ripetere la sequenza fino ad espulsione del CE, se questi tentativi sono inefficaci ci dovremmo preparare per assicurare una via aerea definitiva IT o accesso chirurgico, nel caso l’ostruzione sia dovuta ad altre cause ci saranno d’aiuto altri segni e sintomi di presentazione. Anafilassi: dato anamnestico raccoglibile dal pz o dagli astanti della comparsa dei sintomi subito dopo l’ assunzione di cibo, farmaci, o punture d’insetto, sospettare una reazione anafilattica se si riscontra rash cutaneo pruriginoso, petecchie arrossamento della cute pallore e-o cianosi nei casi più gravi, respiro frequente e superficiale fame d’aria, dispnea con stridore, sibili e rantoli, possibile evoluzione in AR, ipotensione legata alla brusca caduta della GC fino ad arrivare allo shock distributivo abnorme vasodilatazione o vaso permeabilità o entrambe, contrazione della m liscia viscerale nausea, crampi addominali, oligo o anuria, interferenza con il precarico e-o postcarico, microtrombosi, edema delle mucose possibile EPA Angioedema: correlata a fattori ereditari che riducono la produzione del fattore C3 del complemento aggravati da stress, traumi, farmaci (ACE inibitori) o procedure chirurgiche 39 si ha la comparsa d’improvviso edema del volto incluse le vie aeree, delle mani e delle mucose degli organi cavi addominali Laringospasmo dovuto a un’improvvisa chiusura della glottide scatenata da infezioni, agenti irritanti o manipolazioni Il trattamento di queste situazioni dipende dai sintomi del pz se i sintomi sono di media entità dopo aspirazione, O2 e OPACS, EGA, accesso venoso, monitoraggio FR, SpO2, FC, PA e traccia ECG, ricercando la causa, Tp farmacologica nella reazione anafilattica e nell’angioedema precoce somministrazione di di adrenalina sc 0.3- 0.5 mg; o ev 0.1- 0.5 mg, antistaminici come clorfenamina /trimeton 10mg, steroidi (idrocortisone 50-100 mg ev) in PS per i casi di Tp farmacologica nell’ angioedema ereditario è disponibile berinet fattore 3 del complemento infuso alla dose di 500-1000ui ev infusione lenta l’efficacia non è immediata i segni possono impiegare anche diverse h per regredire completamente. Nei casi di grave e/o progressiva ostruzione fino all’occlusione è indicata una via aerea definitiva . Ab ingestis Insorgenza acuta di dispnea durante il pasto per inalazione Frequente nei pz con alterazioni della deglutizione per patologie neurologiche croniche ASM durante il pasto che determinano ipotonia della lingua o mancato riflesso della deglutizione, PDC prolungata, convulsioni, stroke, iatrogene: per iperinsufflazione durante assistenza ventilatoria con MP Sintomi d’imminente esaurimento della funzione ventilatoria: cianosi cutanea, tosse, PDC se ipossia prolungata, AR se ipossia persistente Trattamento: continuare con bronco aspirazione, precoce supporto di O2, EGA, accesso venoso e monitoraggio continuo parametri vitali Tecniche chirurgiche quando ? • rischio di situazioni a grave evolutività in senso asfittico • pz non intubabile anche con l’uso di procedure e metodiche non stardard, • pz non ventilabile adeguatamente con M-P e somministrazioni di ↑[O2], • pz che presentano ostacolo all’ingresso laringeo dei presidi sovraglottici Come? attuando procedure di accesso rapido alla via aerea con l’aggressione, diretta transcervicale della stessa prediligendo come via d’ingresso preferenziale la membrana crico-tiroidea. Quali? Cricotiroidotomia d’emergenza: con ago o chirurgica, Tracheotomia chirurgica standard Preferibile in emergenza le prime due procedure, tracheotomia chirurgica trova indicazione quando vi sono controindicazioni alle prime es. indicata nei bambini piccoli, da eseguirsi dopo anestesia locale e accesso rapido transtracheale onde ottenere una via aerea sicura quando non vi siano valide alternative è più laboriosa e non scevra di complicanze se non eseguita da personale esperto se eseguita correttamente è gravato da complicanze immediate e a distanza in misura inferiore rispetto alla tracheotomia chirurgica standard: indicata ostruzioni orofaringee da CE, tumori, edema della glottide, traumi facciali con emorragie orofaringee imponenti, intubazioni impossibile 40 controindicata età < 12 aa, stenosi sottoglottica, coagulopatie, infezioni/ustioni nel sito da utilizzare, traumi diretti al collo, Malattie respiratorie: Asma, BPCO riacutizzata, PNX iperteso, Trombo Embolia Polmonare L’asma è una causa comune di dispnea dovuta ad iperattività della m liscia bronchiale con successivo broncospasmo come risposta ad agenti stimolanti o infiammatori interessanti l’albero tracheobronchiale, condizione in genere reversibile con appropriata terapia. Fattori scatenanti, assunzione di farmaci, cibo, allergeni, variazioni climatiche, esercizio fisico. Sintomi: dispnea tosse e broncospasmo con prolungamento della fase espiratoria, nei casi più severi utilizzo dei muscoli accessori della respirazione (retrazione costale e sternale) in fase iniziale precoce supporto di O2, accesso venoso, monitoraggio SPO2, FR, FC, PA terapia: agenti beta stimolanti (salbutamolo 2,5-5 mg) short action per via inalatoria aerosol terapia associati ad anticolinergici (ipatropio bromuro 0.5 mg), steroidi parenterali metilprednisolone 125 mg in grave stato asmatico utilizzare adrenalina sc 0.3 mg BPCO riacutizzata tp farmacologica come sopra, in caso di grave ipossia e ipercapnia prima di procedere a IT, nei reparti che ne hanno la disponibilità preparare l’occorrente per l’applicazione di VMNI quale la BPAP se criteri d’inclusione sono rispettati (supporto ventilatorio meccanico non invasivo a doppio livello di PP inspiratorio ed espiratorio) PNX (pneumotorace) in corsia ci riferiamo alla sua possibile insorgenza in corso di procedure diagnostiche (biopsie polmonari, toracentesi), posizionamento di CVC, o secondari a barotraumi (BPCO r sottoposti a VMNI) Esordio improvviso durante le procedure con dolore toracico e dispnea, trattamento prevede la precoce somministrazione di O2 in maschera ad alti flussi o se nota BPCO in trattamento con VMNI interruzione della ventilazione della BPAP e somministrazione di O2 con VM. I reperti ascoltatori possono anche non essere ecclatanti Diverso sarà il caso di un PNX iperteso che instaura un meccanismo a valvola per cui l’aria entra tra i 2 foglietti pleurici ma in fase espiratoria non riesce ad uscire, ne conseguiranno: un intrappolamento di aria tra i due foglietti pleurici causa dell’ aumento della pressione intratoracica con conseguente collasso dei polmoni all’ilo e spostamento del mediastino dal lato contro laterale, il mancato riempimento cardiaco per la pressione sull’aorta causa se non riconosciuto immediatamente alla morte del paziente La diagnosi è puramente clinica: paziente in evidente distress respiratorio, tachipnoico, agitato (grave ipossia) con cute cianotica inizialmente localizzata intorno al naso e alla bocca, distensione delle vene del collo e delle mani conseguenti alla riduzione del ritorno venoso e all’aumento della PVC, la valutazione iniziale sarà basata come al solito seguendo lo schema ABCD: a) le vie aeree sono pervie, precoce somministrazione di O2 in maschera ad alte concentrazione di O2 (reservoire flusso 8-15 l/minuto) b) OPACS: osservazione (distensione delle giugulari e vene delle mani, deviazione tracheale), alla percussione ipertimpanismo dal lato sede del PNX, all’auscultazione MV ridotto o abolito dalla parte del PNX, respiro rapido e superficiale con FR aumentata in genere > 30, grave distress respiratorio con paziente difficilmente ventilabile, riscontro di 41 desaturazione al pulsiossimetro, necessaria l’ immediata decompressione con ago prima di passare alla valutazione del circolo ( non si esegue RX per conferma del sospetto) la decompressione determina una rapida riduzione della P intratoracica, con immediato miglioramento del colorito cutaneo, della FC dell’ampiezza del polso e della dispnea c) valutazione del circolo: riscontro di ipotensione fino ad arrivare allo shock (ostruttivo) se PNX non riconosciuto in B, polso paradosso ( scomparsa del polso all’apice dell’inspirazione conseguente alla aumento della P dell’aorta toracica in seguito all’ipertensione endotoracica unilaterale ) riduzione della pressione differenziale, polso con riduzione d’ ampiezza conseguente all’ipoperfusione secondaria alla riduzione della GC, FC aumentata paziente in genere tachicardico come meccanismo di compenso all’ipoperfusione, necessario monitoraggio ECG, accesso venoso. d) valutazione dello stato mentale: ansia, agitazione con senso di morte imminente. TEP (Trombo embolia polmonare) Blocco arterioso della circolazione polmonare che causa un’interferenza con il pre e postcarico, l’origine del trombo è tipicamente pelvica o femorale profonda più comune nei pazienti allettati sottoposti a interventi chirurgici , portatori d’immobilizzane all’estremità pz con anomalie della coagulazione o che assumano E/P. Manifestazione tipica dispnea, dolore toracico e tosse occasionalmente si può manifestare con sincope. La valutazione potrà rilevare quadri clinici variabili da lievi a gravi quest’ultimi causa di shock ostruttivo Nei casi lievi dovuti a microembolismi Pz che riferisce dispnea, dolore toracico e tosse L’obiettività toracica potrà non essere dirimente, di maggior sospetto diagnostico sarà il riscontro di TVP a carico di un arto(edema e dolore monolaterale ) Trattamento di supporto con O2 terapia in maschera Monitoraggio cardiaco: spesso riscontro di tachicardia o tachiaritmia (FA) precoce accesso venoso (ematochimici, dimero-d, prove emogeniche) EGA se non ritarda altri interventi Sensorio in genere integro il pz potrà presentarsi ansioso. Nel caso di TEP massiva: la valutazione iniziale A) le vie aeree sono pervie, la cute potrà essere pallida o cianotica specialmente intorno al naso e alla bocca, precoce somministrazione di O2 in maschera o supporto ventilatorio adeguato B) il reperto polmonare potrà essere caratterizzato da un respiro frequente, all’ascultazione suoni polmonari anche chiari, la saturimetria non è diagnostica molte volte superiore al 90%, utile esecuzione di EGA (ipossiemia e ipocapnia associata a alcalosi respiratoria) C) la valutazione del circolo: FC aumentata, PA ridotta come conseguenza del ridotto precarico e postcarico legata all’ostruzione della circolazione polmonare,necessario il monitoraggio ECG per il possibile riscontro di aritmia cardiaca: battiti prematuri ventricolari o fibrillazione atriale, e dei parametri vitali FC, FR, PA, Saturazione, GCS per possibile evoluzione in ACR D) la valutazione neurologica non riscontrerà deficit periferici ma alterazioni dello stato mentale pz agitato per ipossiemia severa e senso di morte imminente 42 Malattie cardiache: EPA (Edema polmonare acuto cardiogeno) Pz dispnoico con rantoli polmonari bilaterali alcune volte sibili (asma cardiaco), distensione delle giugulari: A) Valutazione vie aeree Solitamente pervie raramente quadro classico con schiuma rosata, (aspirare le secrezioni) B) Valutazione respiro: paziente tachipnoico, in grave distress respiratorio, rantoli o sibili all’auscultazione polmonare, tipico il riscontro di desaturazione, necessaria la precoce somministrazione di O2 con m. reservoire, se disponibile applicazione di CPAP, BPAP (se oltre a ipossiemia riscontro di ipercapnia) C) Valutazione circolo Nei quadri conclamati e gravi paziente con valori pressori elevati, ipotensione se shock cardiogeno Cute sudata, cianotica con marezzature (ipoperfusione periferica), FC elevata monitoraggio cardiaco: possibile riscontro di aritmie causa del quadro di EPA, accesso venoso per prelievi terapia endovenosa precoce: morfina, nitroderivati in pompa, diuretici, antiaritmici D) Valutazione neurologica alterazioni dello stato mentale pz agitato inizialmente legata all’ipossia poi obnubilamento del sensorio, letargico fino al coma se successiva ipercania. EGA radiale e femorale Per il prelievo arterioso sono necessari: guanti, siringa da EGA eparinata con ago di 25 gauge per prelievo: radiale, brachiale o femorale, lungo circa 1.6 cm, o di 22 gauge lungo 3-4 cm per il prelievo femorale nel pz obeso, disinfettante per la cute, contenitore in ghiaccio se non immediatamente eseguita la valutazione Procedura: preparare il materiale: siringa da EGA, guanti, disinfettante, cerotto, garze, contenitore in ghiaccio se non possibile esecuzione in reparto Per la puntura radiale: estendere il polso magari posizionando del cotone, palpare e riscontrare i 2 polsi: radiale e ulnare devono essere presenti ambedue nel rischio di successiva trombosi, il sito di puntura a circa 1.5 -2 cm dalla piega del polso Per la puntura femorale paziente supino con gambe distese, sede: distalmente al legamento inguinale a livello della piega inguinale. Per la puntura brachiale ultima scelta come sito di prelievo (l’eventuale trombosi come complicanza della procedura potrà essere causa di ischemia dell’avambraccio), braccio dovrà essere disteso con il lato volare in alto punto di repere subito sopra la piega del gomito. Tecnica Indossare i guanti preferibilmente sterili, disinfettare la cute, palpare l’arteria scelta, di solito è utile poggiare 2 o 3 dita lungo il decorso dell’arteria, sia per localizzarne posizione e direzione sia per immobilizzarla, inserire l’ago con il becco aperto rivolto in alto inserirla con un angolo di 30-45° per l’art radiale e brachiale dirigendola verso la pulsazione, per la puntura femorale inserire l’ago con un angolo di 90°, occasionalmente la puntura dell’arteria viene sentita ma usualmente la puntura è rilevata dalla presenza di sangue nella siringa che entra velocemente per l’effetto pressorio, se non si ottiene sangue retrarre l’ago di poco e poi riprovare, se nonostante la retrazione il sangue non viene aspirato retrarre definitivamente l’ago dalla cute e riprovare Quantità di sangue da prelevare circa 2-3 ml, rimuovere successivamente l’ago dall’arteria applicando su questa una pressione che dovrebbe essere mantenuta per 3-5 minuti o più nei pazienti scoagulati, mantenere la siringa verticale eliminare ev presenza di aria, rimuovere l’ago applicando o il dispositivo in plastica di chiusura o se si lascia l’ago connesso alla siringa inserirne la punta nel tappo di gomma, non è indicato inserire l’ago nel suo cappuccio di protezione rischio di puntura 43 Far ruotare la siringa due tre volte in modo da miscelare il sangue con l’eparina presente nella siringa, se non immediatamente eseguibile in reparto trasportarla in ghiaccio in laboratorio Complicazioni: ematoma, usare ago di dimensioni indicate e comprimere il sito di prelievo Trombosi per esami ripetuti, infezione rara ma possibile, lesione del nervo adiacente. 44 Cap. 6 SHOCK ANAFILATTICO: RICONOSCIMENTO E TRATTAMENTO Definizione L’anafilassi è una reazione sistemica a rapida insorgenza in un individuo precedentemente sensibilizzato in seguito all’esposizione di un allergene. Lo shock anafilattico si identifica con una tipologia di shock distributivo, provocata da una reazione allergica imponente che nella maggior parte dei casi si verifica entro pochi secondi, assai raramente oltre l’ora dall’esposizione all’antigene scatenante. Incidenza: A livello internazionale le cause più frequenti di anafilassi sono dovute: Antibiotici Beta-lattamici (75%) Punture d’insetto (0,8-4 %) Mezzi di Contrasto (2%) Altre cause (18% circa): alimenti, pollini, funghi, elminti, lattice, emoderivati. Sembra provato che negli individui con storia di atopia (es. rinite allergica, asma estrinseco, dermatite atopica) ci sia un modesto aumento del rischio rispetto ai soggetti non atopici. Non è stata dimostrata alcuna predisposizione di: Razza, genere, età, occupazione, periodo stagionale. Ci sono segni e sintomi prodromici, tipici delle forme ad esordio lento: Astenia profonda Malessere generale Sudorazione profusa Possono comparire indipendentemente o contemporaneamente in ciascun organo interessato: Sintomatologia polimorfa. La prognosi è tanto più grave quanto più breve è l’intervallo di tempo che intercorre fra l’esposizione all’allergene e la comparsa del quadro clinico APPARATO RESPIRATORIO Segni e sintomi: Vie aeree superiori Raucedine Incapacità di parlare Disfagia Sensazione progressivamente ingravescente di “Nodo serrato alla gola” Incapacità di tossire Vie aeree inferiori Broncospasmo acuto, dispnea intensa Respiro Superficiale, Tachipnea marcata (frequenza respiratoria > di 40 atti/min.) Rantoli polmonari diffusi 45 APPARATO CARDIOVASCOLARE Segni e sintomi: Tachicardia (possibile, anche se raramente, riscontro di bradicardia) Ipotensione arteriosa severa Aumento della Pressione Arteriosa Differenziale MANIFESTAZIONI NEUROLOGICHE Segni e sintomi: Disturbi Psico-Sensoriali (ansia, agitazione psicomotoria) Paresi Convulsioni Vertigini Sincope Coma MANIFESTAZIONI CUTANEE Segni e sintomi: Prurito mani e piedi poi generalizzato Eritema, Orticaria Angioedema (tipico l’edema di Quincke) Pallore intenso con cute fredda e cianosi delle estremità MANIFESTAZIONI GASTROINTESTINALI Segni e sintomi: Nausea, vomito Dolori addominali crampiformi Diarrea MANIFESTAZIONI RENALI Segni e sintomi: Oliguria fino all’anuria TRATTAMENTO Il trattamento dello shock anafilattico richiede un approccio integrato e affiatato di tutta la squadra di soccorso. È necessario assicurare: ECG monitor P.A. Saturimetria con pulsiossimetro ed EGA Accesso venoso Somministrare O2 con maschera facciale e Reservoir ad alto flusso Garantire la pervietà delle vie aeree superiori: La presenza di vistoso angioedema, delle labbra, lingua, ugola, palato molle è un reperto semeiologico che deve allertare circa una potenziale, rapida ed ingravescente compromissione delle vie aeree superiori. 1. Coma, segni e sintomi di soffocamento, severo distress respiratorio, stato di shock conclamato gold standard I.O.T. 2. Cricotirotomia/agocricotirotomia se l’angioedema i mpedisce l’I.O.T. 46 FARMACO DI PRIMA SCELTA PER LA SUA AZIONE ALFA E BETA-ADRENERGICA: ADRENALINA – antagonizza: • L’Angioedema • La Broncocostrizione • La Vasodilatazione • Gli altri effetti dei mediatori dell’anafilassi – Inibisce l’ulteriore liberazione dei mediatori dalle cellule effettrici • – • – • – – • – – Vie di somministrazione: intramuscolare (I.M.), Sottocutanea (S.C.), endovenosa (E.V.), endotracheale (E.T.)þ La via di somministrazione dipende dalla gravità della reazione anafilattica Somministrazione I.M o S.C.: 0,3-0,5 mg. di una soluzione 1:1000 (0,3-0,5 ml) ripetibile ogni 5’-15’ (Bambino: 0,01 mg/Kg) Somministrazione E.V. : Diluire una fiala di 1mg/ml di adrenalina in 10 ml di soluzione fisiologica (0,1 mg/ml) Somministrare 0,1 mg ripetibile ogni 5’-10’ (Bambino: 0,001 mg/Kg) Somministrazione E.T. o Transcricotiroidea: Indicata quando non è possibile reperire un valido accesso venoso periferico Somministrare dosaggio doppio rispetto alla via endovenosa ESPANSIONE VOLEMICA SOMMINISTRARE “CRISTALLOIDI” (SECONDO NECESSITÀ); dal momento che il paziente è ipovolemico a causa dello stravaso di fluidi dal distretto vascolare all’interstizio. ANTISTAMINICI CLORFENAMINA es. Trimeton 40 mg ev o Per l’azione antagonista nei confronti dei recettori istaminici H1 o Effetto: vasocostrizione e diminuzione della permeabilità vascolare DOPAMINA - A dosaggio alfa > 10 microg/Kg/min. se permane ipotensione CORTICOSTEROIDEI Utili per prevenire il fenomeno dell’anafilassi (ripresa tardiva della sintomatologia) Non sono efficaci nell’episodio acuto Dosaggio e.v.: idrocortisone 100-500 mg metilprednisolone 40-250 mg (ripetibili dopo 6 ore) AEROSOL: in caso permanga broncocostrizione, può essere usato il Salbutamolo a dosaggio di 5 mg nell’adulto e 2,5 mg nel bambino sotto i 30 Kg di peso. 47 Cap. 7 IDENTIFICAZIONE RITMI CARDIACI: INTERPRETAZIONE ECG, IMA, RITMI DI PERIARRESTO ED ARRESTO MONITORAGGIO ECG L’esame elettrocardiografico si è diffuso sempre più nella pratica assistenziale, coinvolgendo per l’esecuzione Infermieri di tutte le unità operative. L’ECG costituisce uno dei supporti principali per il medico di emergenza e la sua interpretazione può essere dirimente per l’interpretazione di una diagnosi corretta. L’ELETTROCARDIOGRAMMA L’ECG riflette il meccanismo di attivazione elettrica del cuore, che produce delle correnti che si irradiano dal cuore ai tessuti circostanti, quindi alla cute. L’elettrocardiografo trasforma l’attività elettrica che ha registrato agli elettrodi in una serie di onde e quindi in un grafico (ECG). POSIZIONE DEGLI ELETTRODI RA: sotto la clavicola destra LA: sotto la clavicola sinistra RL: lato destro del torace, sotto le costole sulla linea ascellare anteriore LL: lato sinistro del torace, sotto le costole sulla linea ascellare anteriore V1: quarto spazio intercostale bordo sternale destro V2: quarto spazio intercostale bordo sternale sinistro V3: a metà strada tra V2 e V4 V4: quinto spazio intercostale sulla linea emiclaveare sinistra V5: quinto spazio intercostale sulla linea ascellare anteriore di sinistra V6: quinto spazio intercostale sulla linea medioascellare sinistra Utilizzando il colore degli elettrodi delle periferche, partendo da sotto la clavicola destra con il Giallo e procedendo in senso antiorario abbiamo il famoso GI-RO-NE-VE (GIallo, ROsso, NEro VErde). MISURAZIONI SU CARTA MILLIMETRATA L’ECG registra l’attività elettrica del cuore su carta millimetrata, che scorre alla velocità di 25 mm/secondo. Ciascun quadratino rappresenta 0,04 secondi. Cinque quadratini formano la base di un blocco più grande, delimitato da linee più spesse che invece rappresenta 0,20 secondi. La durata di un onda, di un segmento o intervallo è determinata contando il numero di quadratini dall’inizio alla fine dell’onda, del segmento o dell’intervallo. LE ONDE DELL’ECG 48 L’impulso di contrazione nasce nel nodo seno atriale (nell’atrio di destra), diffonde agli atri, raggiunge il nodo atrio ventricolare e, tramite il fascio di His e le branche destra e sinistra con le sue diramazioni diffonde al miocardio ventricolare. L’interpretazione dell’ECG e delle sue onde è espressione di questo meccanismo di attivazione. La prima deflessione elettrocardiografica del ciclo cardiaco è l’onda P che rappresenta la depolarizzazione di entrambi gli atri. Il segmento PR (intervalllo tra la P e l’inizio del QRS), espressione della conduzione atrioventricolare, è solitamente una linea piatta. La depolarizzazione dei due ventricoli è rappresentata dal complesso QRS. Il tratto ST di norma isoelettrico, si estende dalla fine del complesso QRS all’onda T. La ripolarizzazione dei ventricoli produce l’onda T. La ripolarizzazione atriale generalmente non è visibile, in quanto mascherata dal complesso QRS. L’ANALISI DELL’ECG Per coloro che intendono apprendere un sistema per effettuare una corretta analisi ed interpretazione dell’ECG, segnaliamo il metodo degli 8 passi. Passo 1 Ritmo Passo 2 Frequenza Passo 3 Onda P Passo 4 Intervallo PR Passo 5 QRS Passo 6 Onda T Passo 7 Intervallo QT Passo 8 Altro Il ritmo appare regolare o irregolare? Quanto è la frequenza cardiaca? Le onde P sono presenti e positive? Hanno forma arrotondata? Ciascuna onda P è seguita da un QRS? Le onde P sono tutte alla stessa distanza dal QRS? L’intervallo PR è costante? Il QRS è stretto o largo? I complessi QRS hanno tutti la stessa forma e dimensione? Sono presenti le onde T? Le onde P potrebbero essere nascoste dalle onde T? Le onde T hanno la stessa direzione dei complessi QRS? L’intervallo QT è compreso tra 0.36 a 0.44 secondi? (9 a 11 quadratini). Come è il segmento ST? Sono presenti extrasistoli? Onda P La prima onda da ricercare in un tracciato, perché ci permette di dire immediatamente se il ritmo è sinusale o no. Da ricercare nelle derivazioni in cui è maggiormente evidente (D2V1-V2). Intervallo PR Rappresenta il tempo di conduzione atrioventricolare ed ha una durata compresa tra 0,12 e 0,20, che tende ad aumentare con l’età, mentre si accorcia con esercizio fisico e stress. Complesso QRS Rappresenta l’attivazione ventricolare ed ha una durata compresa tra sec 0,07 e 0,10. Si chiama complesso QRS perché composto da 3 onde (Q negativa, R positiva, S negativa). 49 Segmento ST Rappresenta il tempo in cui il miocardio resta depolarizzato. Ha durata variabile con la durata dell’attivazione ventricolare ed è normalmente isoelettrico con il tratto T-P. Onda T Espressione della ripolarizzazione ventricolare. È normalmente asimettrica ed è normalmente positiva in tutte le periferiche (tranne aVR) ed in tutte le precordiali (nel 50% delle donne è negativa in V1). Intervallo QT Esprime la durata di depolarizzazione e ripolarizzazione di entrambi i ventricoli. Durata fra 0,35 e o,42 sec ma varia con la frequenza cardiaca. CALCOLO DELLA FREQUENZA CARDIACA La frequenza cardiaca è normale per valori compresi tra 60 e 100 battiti al minuto, oltre i 100 bpm si parla di tachicardia, sotto i 60 bpm si parla di bradicardia. Determinare la frequenza è facile se si dispone di un regolo, altrimenti si può usare questo metodo: si contano quanti quadrati da 5 mm stanno tra due onde R e si divide 300 per tale numero. Per esempio se tra due onde R stanno 3 quadrati da 5 mm vuol dire che la frequenza è di 100 (300 diviso 3), se si contano 5 quadrati la frequenza è di 60 (300 diviso 5) se si contano 3,5 quadrati la frequenza è di 85 e così via. Se il ritmo non ha una cadenza regolare (per es. nella fibrillazione atriale) per calcolare la frequenza è meglio contare i quadrati da 5 mm compresi tra 4 onde R e fare 900 diviso il numero trovato. RITMI RITMO SINUSALE Ritmo Frequenza Onda P Intervallo PR QRS Regolare Compresa tra 60 e 100 battiti al minuto Positiva, ogni P è sempre seguita da un QRS Normale Normale TACHICARDIA SINUSALE Ritmo Frequenza Onda P Intervallo PR QRS Regolare Costante e superiore a 100 battiti al minuto (100-160) Positiva, ogni P è sempre seguita da un QRS Costante Normale 50 Rappresenta la risposta fisiologica alla richiesta di aumentata gittata cardiaca; spesso secondaria ad esercizio fisico, febbre, ansia, farmaci, ipovolemia. Trattare le cause e non di per sé la tachicardia sinusale. TACHICARDIA PAROSSISTICA SOPRAVENTRICOLARE Ritmo Frequenza Onda P Intervallo PR QRS Regolare Costante e superiore a 150 battiti al minuto (150-250) Spesso non visibile perché nascosta nel QRS Invertita e visibile nell’onda T Costante Normale o allargato in caso aberranza frequenza dipendente in genere ci si riferisce a svariate forme di aritmia sopraventricolare ricorrente, escluse quelle che traggono origine dall'atrio (tachicardia atriale, flutter atriale, fibrillazione atriale). Le caratteristiche comuni sono: l'avvio repentino, la frequenza regolare sui 140-220/m, la comparsa sull'ECG di complessi QRS stretti. Trattasi per lo più di aritmie da rientro: nella forma più comune si hanno vie duplici entro il nodo AV con diversi tassi di conduzione e refrattarietà; in taluni casi, il rientro dipende da una via accessoria fra atrio e ventricolo. La forma più nota è la "sindrome di Wolff-Parkinson-White" (WPW), ove l'eccitazione passa da atrio a ventricolo tramite il nodo AV e da ventricolo ad atrio tramite la via accessoria. Alcune di queste vie accessorie sono però talvolta celate Gli attacchi possono durare da pochi secondi a minuti, ore, raramente giorni, e si presentano ad intervalli variabilissimi. A volte si individua un fattore scatenante. In assenza di cardiopatia organica, non si hanno gravi effetti emodinamici; qualora invece vi sia una cardiopatia sottostante, l'accresciuto carico di lavoro e l'inadeguato tempo di riempimento durante la diastole possono causare insufficienza ed ipotensione. Il paziente avverte attacchi di palpitazioni rapide e regolari dal brusco avvio, a volte accompagnati da vertigini o sincope; il massaggio carotideo può essere efficace nel porre fine all'accesso. BRADICARDIA SINUSALE Ritmo Frequenza Onda P Regolare Inferiore a 60 battiti al minuto Positiva, ogni P è sempre seguita da un QRS Normale Intervallo PR QRS Normale La bradicardia sinusale non richiede uno specifico trattamento a meno che vi siano segni e sintomi di ipoperfusione/ ipotensione: vertigini, astenia, pre-sincope, ipotensione arteriosa, edema polmonare, shock. 51 ARITMIA SINUSALE Ritmo Frequenza Onda P Intervallo PR QRS Irregolare Variabile Positiva, ogni P è sempre seguita da un QRS Normale Normale BLOCCHI ATRIOVENTRICOLARI: Il termine "blocco" denota il difetto di conduzione dell'impulso dagli atri ai ventricoli. In questa condizione l’impulso non riesce a passare dagli atri ai ventricoli, che si contraggono con una frequenza non adatta alle esigenze dell’organismo. Le forme più gravi di BAV devono essere trattate con l’impianto di un pacemaker. BLOCCO ATRIOVENTRICOLARE DI PRIMO GRADO Nel blocco di PRIMO GRADO, caratteristico delle miocarditi da febbre reumatica acuta ed intossicazione digitalica, tutti gli impulsi raggiungono i ventricoli ma sono ritardati, e l'intervallo PR eccede i 0,20 secondi. Ha rilevanza in quanto precursore eventuale di gradi di blocco più avanzati Ritmo Frequenza Onda P Intervallo PR QRS Regolare Normale Positiva, ogni P è sempre seguita da un QRS È superiore a 0,2 secondi ed è costante Normale BLOCCO ATRIOVENTRICOLARE DI SECONDO GRADO TIPO 1 Ritmo Frequenza Onda P Intervallo PR QRS Irregolare con battiti raggruppati, c’è una pausa dopo ogni gruppo di 3 ventricolari La frequenza atriale supera la frequenza ventricolare Normali, ma alcune P non sono seguite dal QRS Si allungano progressivamente fino all’onda P senza QRS Normale, periodicamente un complesso è assente 52 Il blocco è localizzato all’ interno del nodo atrioventricolare. Può essere presente in caso si spiccata ipertonia vagale. con un progressivo prolungamento dell'intervallo PR, che indica una malattia del nodo AV cui può subentrare, in caso di passaggio al blocco completo, un ritmo di fuga ventricolare sufficiente, per cui la stimolazione artificiale è in genere superflua; BLOCCOATRIOVENTRICOLARE DI SECONDO GRADO TIPO 2 Ritmo Frequenza Onda P Intervallo PR QRS Atriale regolare, ventricolare regolare o irregolare La frequenza ventricolare è più lenta di quella atriale Normali, ma alcune P non sono seguite dal QRS Normale Periodicamente QRS assente Il blocco è localizzato a livello della conduzione interventricolare, situato a livello hissiano o sottohissiano. BLOCCO DI TERZO GRADO Ritmo Frequenza Onda P Intervallo PR QRS Atriale regolare, ventricolare regolare 25-60 battiti al minuto Non si associano al QRS Non misurabile Può essere sia largo che stretto È certamente il disturbo più grave. Nessun impulso raggiunge i ventricoli, controllati da un pacemaker più basso sito nel tessuto giunzionale. È per lo più una complicanza dell'infarto del miocardio, di malattie reumatiche cardiopatia ischemica, della miocardite o della chirurgia cardiaca; nella maggior parte dei casi si ha una fibrosi di causa ignota di entrambe le branche. Esso si manifesta con una bassa frequenza ventricolare (25-50/m) e comporta un rischio di asistolia ventricolare. La spiccata bradicardia può non essere compensata adeguatamente da un cuore già danneggiato, il che può comportare insufficienza ed ipotensione. Se subentrano insufficienza od attacchi sincopali del tipo di Adams-Stokes, l'aspettativa di vita può ridursi a pochi mesi, donde la necessità di impianto di pacemaker. 53 FIBRILLAZIONE ATRIALE Gli atri emanano impulsi irregolari superiori ai 300/m, dovuti a molteplici focolai ectopici o alle onde di eccitazione che seguono percorsi variabili nel miocardio atriale. In questa frequente condizione lo stimolo non si forma nel nodo seno-atriale bensì è generato in modo caotico dalla muscolatura degli atri. Questi non si contraggo no regolarmente e pertanto il riempimento dei ventricoli avviene in modo incompleto. I ventricoli si contraggono a una frequenza elevata e in modo estremamente irregolare. È inevitabile un qualche grado di blocco AV: la risposta ventricolare è più lenta e anch'essa irregolare. La fibrillazione atriale è spesso dovuta ad un processo patologico quale malattia reumatica; malattia della valvola mitrale o compromissione ventricolare sinistra, con aumento di pressione e dilatazione atriale; malattia ischemica, specie infarto; alcoolismo; tireotossicosi; ipertensione; infezione acuta polmonare; chirurgia cardiopolmonare. Essa può però presentarsi anche senza cardiopatie sottostanti, nella forma "primaria"; può inoltre essere parossistica o cronica. I sintomi più diffusi sono palpitazioni irregolari e dispnea, ma in molti casi si ha un'evoluzione repentina verso l'insufficienza ventricolare sinistra e l'edema polmonare. La diagnosi è agevole, in quanto il polso arterioso è totalmente irregolare e la risposta ventricolare caotica: per via dei diversi tempi di riempimento dei ventricoli, la portata cardiaca ed il volume del polso mutano di battito in battito. Questo andamento caotico differenzia la fibrillazione atriale dai battiti ectopici atriali o ventricolari, con cui potrebbe essere confusa. L'ECG mostra una linea di base irregolarmente ondulata, con complessi QRS totalmente irregolari. In caso di fibrillazione atriale non trattata, la frequenza ventricolare si aggira in genere sui 100160/m. La fibrillazione atriale può insorgere in cuori sani, in seguito a malattie extracardiache (come ipertiroidismo, stress, abuso di alcol), e in questi casi il trattamento medico con farmaci o con una scossa elettrica (cardioversione elettrica) è in grado di ripristinare il normale ritmo sinusale: la prevenzione delle ricadute è affidata alla cura della malattia di base. Quando la fibrillazione atriale insorge in cuori già malati (spesso per valvulopatie mitraliche o cardiopatia ischemica) tende facilmente a diventare cronica. Ritmo Frequenza Onda P Intervallo PR QRS Irregolare, non c’è corrispondenza tra QRS e onde fibrillatorie Frequenza atriale 350-600, frequenza ventricolare 60-100 Non visibili, presenti irregolari movimenti dell’isoelettrico Non misurabile Normale FLUTTER ATRIALE Ritmo Frequenza Onda P Intervallo PR QRS Il ritmo ventricolare può essere o no regolare Frequenza atriale 250-400, frequenza ventricolare 60-100 Deflessioni atriali a “dente di sega” Non misurabile Normale 54 Gli atri battono regolarmente intorno ai 250-350/m (spesso l'aritmia è dovuta a circuito rientrante nell'atrio destro), ed un qualche grado di blocco AV è inevitabile. La risposta ventricolare è di 2:1, 3:1, 4:1 e può essere regolare od irregolare: la variante più comune è una frequenza ventricolare di 140-160, con un blocco 2:1. Il flutter è generalmente una complicanza di una malattia organica, quale malattia reumatica od ischemica, miocardite o ipertiroidismo; può essere parossistico o cronico od evolversi in fibrillazione atriale. I sintomi sono: palpitazioni, vertigini, sincope; spesso si ha insufficienza. Le onde di flutter nell'ECG hanno una configurazione seghettata. TACHICARDIA VENTRICOLARE Ritmo Frequenza Onda P Intervallo PR QRS Regolare o lievemente irregolare Da 100 a 250 battiti al minuto Assente Non misurabile Forma bizzarra e ampiezza aumentata FIBRILLAZIONE VENTRICOLARE Ritmo Frequenza Onda P Intervallo PR QRS Caotico, con contrazioni multiple disorganizzate Non misurabile Non identificabile Non misurabile Non identificabile ASISTOLIA Ritmo Frequenza Onda P Intervallo PR QRS Assente Assente Assente Non misurabile Assente 55 INFARTO MIOCARDICO ACUTO Segmento ST normale. Un segmento ST sopraslivellato suggerisce un danno miocardico. I segni elettrocardiografici classici di un infarto acuto del miocardio sono: 1. inversione dell’onda T (ischemia) 2. sopraslivellamento del tratto ST (lesione) 3. Onda Q (necrosi) Un segmento ST depresso può essere dovuto a ischemia miocardica. I RITMI DI ARRESTO SONO 1. fibrillazione ventricolare e tachicardia ventricolare senza polso 2. attività elettrica senza polso 3. asistolia FIBRILLAZIONE VENTRICOLARE CRITERI DI DEFINIZIONE ECG: non si riconoscono onde P, QRS e onde T. Le ondulazioni della linea di base avvengono tra 150 e 500 al minuto. Ritmo indeterminato Ampiezza: fine <2 mm, medio-moderata 2-5 mm, ampia 10-15, molto ampia >15 mm. Complessi QRS non sono identificabili Frequenza elevata non valutabile Pattern completamente caotico EZIOLOGIA Sindrome coronarica acuta ( aree di miocardio ischemiche) Tachicardia ventricolare non trattata Complessi ventricolari prematuri ( fenomeno R/T) Farmaci, alterazioni dell’equilibrio acido-base, disionie che alterano il periodo refrattario Allungamento del QT (primitivo o secondario) Ipossia, elettrocuzione 56 TRATTAMENTO DEFIBRILLAZIONE TACHICARDIA VENTRICOLARE Si definisce TV una serie di 3 o più complessi ventricolari che hanno origine da un focolaio venticolare. Tachicardia ventricolare non sostenuta < 30 secondi non necessita di trattamento Tachicardia ventricolare sostenuta > 30 secondi, è sempre sintomatica, associata ad alterazioni emodinamiche e/o alla comparsa di ischemia miocardica. Tachicardia ventricolare monomorfa: QRS hanno identica morfologia Tachicardia ventricolare polimorfa: QRS a morfologia variabile. CRITERI DI DEFINIZIONE ECG: Frequenza: frequenza ventricolare > 100 ( tipicamente 120-250 per minuto) Ritmo: ritmo ventricolare regolare PR assente Onde P: difficilmente visibili ma presenti, non correlate ai QRS ectopici: dissociazione atrioventricolare QRS: larghi, aspetto simile a complessi ventricolari prematuri, durata > 0,12 secondi, con onde T larghe di polarità opposta al complesso QRS. Possono esserci QRS normali, sinusali quando un impulso sinusale viene condotto nei ventricoli: battiti di cattura sinusali. EZIOLOGIA SCA con aree d’irritabilità ventricolari che determinano complessi ventricolari prematuri R/T battiti ventricolari prematuri che si innescano durante il periodo refrattario QT allungato (principali farmaci: antidepressivi triciclici, antistaminici, digossina, procainamide). TRATTAMENTO DELLA TV SENZA POLSO DEFIBRILLAZIONE ATTIVITÀ ELETTRICA SENZA POLSO Si definisce PEA qualsiasi condizione clinica di arresto cardiaco in presenza di un ritmo ECG compatibile con output cardiaco. Può essere un ritmo non organizzato come un normale ritmo sinusale QRS Stretto con Frequenza > 100 generalmente genesi non cardiaca QRS largo con Frequenza < 60 generalmente genesi cardiaca Le migliori possibilità di trattamento per il paziente in questi casi derivano dal pronto riconoscimento e trattamento di ogni possibile causa sottostante. 57 1. 2. 3. 4. 5. Ipovolemia Ipossia Ipo-iperkaliemia/ Acidosi Ipoglicemia Ipotermia Tamponamento cardiaco Pneumo Torace iperteso (PNX) Trombolia polmonare/ IMA (t. coronarica) Tossici (farmaci, droghe, sostanze) Trauma ASISTOLIA CRITERI DI DEFINIZIONE ECG: Frequenza: non è visibile l’attività elettrica o con meno di 6 complessi al minuto. Ritmo non definibile QRS non definibile EZIOLOGIA Insufficienza respiratoria acuta Ischemia cardiaca TRATTAMENTO RCP, atropina/ adrenalina. IL NUOVO ALGORITMO UNIVERSALE ALS Uno dei messaggi più importanti contenuti in tali linee guida è la necessità di una RCP precoce e di buona qualità, che si deve accompagnare alla massima riduzione possibile dei “tempi morti”, vale a dire degli intervalli durante i quali il soggetto in arresto cardiaco non viene sottoposto a compressioni toraciche esterne. Obiettivi • Il trattamento dei pazienti in arresto cardiaco per fibrillazione ventricolare/ tachicardia ventricolare senza polso (FV/TV) • Il trattamento dei pazienti in arresto cardiaco a causa di un ritmo non defibrillabile (asistolia e attività elettrica senza polso, nota con l’acronimo PEA) Introduzione Il quadro clinico di presentazione di un paziente in arresto cardiorespiratorio è rappresentato da collasso e/o perdita di coscienza. In sede extraospedaliera, di fronte a un paziente collassato o privo di coscienza, dopo la ricerca dei segni vitali, la priorità è la chiamata del Servizio di Emergenza (118) e l’avvio del BLS in caso di arresto cardiorespiratorio. 58 In ambito intraospedaliero, l’approccio ad un paziente collassato o privo di coscienza da parte degli operatori sanitari è schematizzato nella Fig.1 sopra riportata: In assenza di segni vitali (respiro spontaneo adeguato e/o presenza di polso o movimenti spontanei), si deve porre diagnosi di arresto cardiaco. I ritmi cardiaci associati all'arresto cardiaco sono divisi in due gruppi: ritmi defibrillabili (fibrillazione ventricolare/ tachicardia ventricolare senza polso (FV/TV)) e ritmi non defibrillabili (asistolia ed attività elettrica senza polso (PEA), quest’ultima nota anche come dissociazione elettromeccanica (DEM)). La principale differenza nella gestione di questi due gruppi di aritmie è rappresentata dalla necessità di tentare la defibrillazione nei pazienti con un ritmo defibrillabile. Le azioni successive, comprese le compressioni toraciche, la gestione delle vie aeree e la ventilazione, il reperimento di un accesso venoso, la somministrazione di adrenalina e l’identificazione e la correzione dei fattori reversibili, sono comuni ad entrambi i gruppi. Per algoritmo riassuntivo arresto cardiaco vedi allegato protocollo a fine dispensa. A. Ritmi defibrillabili (FV/TV senza polso) In ambito extraospedaliero, nei soggetti adulti il ritmo più comune al momento dell'arresto cardiaco è rappresentato dalla FV, che può essere preceduta da un periodo di TV, da una bradiaritmia o meno comunemente da una tachicardia sopraventricolare (SVT). Il trattamento più efficace in presenza di un ritmo defibrillabile in ambito ospedaliero è 59 rappresentato dall’erogazione di uno shock elettrico. Pertanto, dopo aver confermato l'arresto cardiaco (paziente incosciente e privo di segni vitali), bisogna richiedere l’aiuto di altri soccorritori, far portare un defibrillatore ed iniziare immediatamente la RCP, incominciando con il massaggio cardiaco seguito dalle ventilazioni, con un rapporto compressioni:ventilazioni di 30:2. Se il defibrillatore non è immediatamente disponibile e il soccorritore è addestrato, può essere ragionevole somministrare un pugno precordiale . Non appena si rende disponibile il defibrillatore si devono applicare le piastre o le placche autoadesive sul torace per rilevare il ritmo sottostante l’arresto cardiaco. In caso di defibrillatore manuale, è opportuno identificare il più rapidamente possibile il ritmo dell’arresto cardiaco utilizzando le piastre (cosiddetto “quick look”), in modo da poter procedere immediatamente, se necessario, all’erogazione dello shock elettrico. Gli elettrodi vanno quindi posizionati successivamente. Se si evidenzia una FV/TV procedere come segue: • Erogare uno shock di 150-200 J in caso di defibrillatore bifasico o 360 J in caso di defibrillatore monofasico • Riprendere immediatamente le compressioni toraciche e la ventilazione con rapporto 30:2 senza controllare il ritmo al monitor e proseguire la RCP per 2 minuti • Dopo 2 minuti sospendere brevemente il massaggio cardiaco e dare un rapido sguardo al monitor: 1. Se persiste il ritmo defibrillabile iniziale: • Erogare un secondo shock (150-360 J se defibrillatore bifasico, 360 J se monofasico) • Riprendere immediatamente la RCP e continuare per 2 minuti • Dopo 2 minuti fare una breve pausa per controllare il monitor • Se la FV/TV persiste, somministrare a bolo 1 mg ev di adrenalina, seguito immediatamente da un terzo shock (150-360 J se bifasico, 360 J se monofasico) • Riprendere immediatamente la RCP e continuare per 2 minuti • Dopo 2 minuti fare una breve pausa per controllare il monitor • Se la FV/TV persiste, somministrare 300 mg ev di amiodarone, seguito immediatamente da un quarto shock (150-360 J bifasico, 360 J monofasico). • Riprendere immediatamente la RCP e continuare per 2 minuti • Dopo 2 minuti fare una breve pausa per controllare il monitor • Se la FV/TV persiste, somministrare 1 mg e.v. di adrenalina immediatamente prima del quinto shock, dopo di che continuare a somministrare l’adrenalina ogni 3-5 minuti (cioè ogni 2 cicli di RCP) • Erogare ulteriori shock dopo ogni ciclo di 2 minuti di RCP e dopo conferma della persistenza di FV/TV. Per algoritmo riassuntivo arresto cardiaco in FV/TV senza polso vedi allegato protocollo a fine dispensa. Si precisa che, dopo intubazione del paziente, il massaggio cardiaco esterno e le ventilazioni vanno effettuati non più con rapporto 30:2 ma in modo asincrono (100 compressioni toraciche al minuto + 10 ventilazioni al minuto). 2. Se si osserva attività elettrica organizzata compatibile con una gittata cardiaca, controllare il polso: • Se è presente il polso, iniziare il trattamento post-rianimatorio • Se non è apprezzabile il polso, continuare la RCP e seguire il braccio dell'algoritmo per i ritmi non defibrillabili 60 3. Se si rileva asistolia, riavviare immediatamente la RCP e seguire il braccio dell'algoritmo per i ritmi non defibrillabili. NB. La defibrillazione si definisce “efficace” se è stata in grado di interrompere la FV/TV e più precisamente, se si osserva sul monitor l’assenza di FV/TV a 5 secondi dall’erogazione della scarica elettrica. L’efficacia è quindi indipendente dalla ricomparsa di circolo spontaneo (ROSC). Se a 5 secondi dallo shock il polso è divenuto palpabile oppure se si osserva PEA o asistolia, la defibrillazione va considerata comunque efficace. In caso di FV/TV ricorrente (ricomparsa di un ritmo defibrillabile dopo una defibrillazione efficace – sia che il paziente avesse ripreso il polso, sia che fosse rimasto in arresto cardiaco) il livello di energia da impiegare per la defibrillazione deve essere lo stesso che si era dimostrato efficace in precedenza. Naturalmente, la precisazione sopra riportata vale per i defibrillatori bifasici, in quanto per i monofasici l’energia di scarica è comunque sempre di 360 J. Precisazioni 1. L’intervallo tra l’interruzione delle compressioni toraciche e la somministrazione di uno shock deve essere il più breve possibile e non deve superare i 10 secondi. Interruzioni più lunghe riducono le probabilità che lo shock possa ripristinare un circolo spontaneo. 2. Le compressioni toraciche vanno riprese subito dopo ogni shock e senza controllare il ritmo né il polso perché è comunque poco probabile ottenere un circolo emodinamicamente valido immediatamente dopo la defibrillazione. Nel caso che dopo la defibrillazione ricompaia subito un’attività cardiaca emodinamicamente valida, l’esecuzione di compressioni toraciche non aumenterà la probabilità di reinsorgenza di FV. Infine, se dopo la defibrillazione compare asistolia, le compressioni toraciche possono opportunamente indurre una FV che può rispondere agli shock. 3. La prima dose di adrenalina va somministrata immediatamente prima dell’erogazione del terzo shock non appena confermata la persistenza del ritmo FV/TV. Anche le dosi successive (1 mg ogni 2 cicli) vanno somministrate subito prima degli shock , finché la FV/TV persiste. NB. Non ritardare uno shock per attendere che sia pronta l’adrenalina; se non è pronta, somministrarla dopo lo shock. 4. Durante la RCP, l’adrenalina va somministrata ogni 3-5 minuti. In caso di passaggio dai ritmi non-FV/TV a quelli FV/TV, la dose successiva di adrenalina va somministrata prima del primo o del secondo shock, a seconda di quando era stata somministrata la dose precedente. 5. Quando si controlla il ritmo al monitor 2 minuti dopo avere erogato uno shock, bisogna controllare se c’è polso solo se è presente un ritmo non defibrillabile ed organizzato (cioé, se i complessi appaiono regolari o stretti). Se non si è sicuri della presenza di polso, bisogna riprendere immediatamente la RCP. 6. Se si rileva al monitor la presenza di un ritmo organizzato durante il periodo di 2 minuti di RCP, non bisogna interrompere le compressioni toraciche per palpare il polso, a meno che il paziente mostri segni vitali che suggeriscano il ritorno di circolo spontaneo. 7. L’amiodarone (300 mg) va somministrato a bolo immediatamente prima dell’erogazione del quarto shock non appena confermata la persistenza del ritmo FV/TV. Come alternativa si può utilizzare la lidocaina al dosaggio di 100 mg ev (o 1 mg/kg) se l'amiodarone non è disponibile, ma la lidocaina non va somministrata se è stato già usato l'amiodarone. 8. Se c’è qualche possibilità che la FV/TV refrattaria possa essere dovuta ad una ipomagnesiemia (es. paziente in terapia con diuretici), somministrare magnesio. 9. Nella FV/TV refrattaria è importante controllare le posizioni ed i contatti delle piastre e degli elettrodi e l'adeguatezza del materiale conduttivo, ad esempio, le gel pads. La durata di uno specifico tentativo di rianimazione è basata sul giudizio clinico e l’elemento più importante da tenere presente è l’eventualità di una prognosi favorevole. Se la 61 rianimazione è stata iniziata, è considerato solitamente utile continuare finché il paziente rimane in FV/TV. 10. Se non si è sicuri se il ritmo al monitor sia una asistolia oppure una FV molto fine, non bisogna tentare la defibrillazione; continuare invece le compressioni toraciche e la ventilazione. La FV molto fine, difficile da distinguere dall’asistolia, difficilmente può essere convertita dalla defibrillazione in un ritmo emodinamicamente valido. Invece, una RCP continua e di buona qualità può aumentare l'ampiezza e la frequenza dell’FV e migliorare la probabilità di convertirla, con la defibrillazione, in un ritmo emodinamicamente efficace. Somministrare shock ripetuti nel tentativo di defibrillare quella che si pensa essere una FV molto fine aumenterà la lesione del miocardio sia direttamente, ad opera della corrente elettrica, che indirettamente, a causa delle interruzioni nel flusso coronarico. Se si è certi invece che il ritmo è una FV, tentare sempre la defibrillazione. B. Ritmi non defibrillabili (PEA ed asistolia) L'attività elettrica senza polso (PEA) è definita come attività elettrica cardiaca organizzata in assenza di polso palpabile. In questa situazione i pazienti hanno spesso alcune contrazioni meccaniche del miocardio, troppo deboli però per produrre un polso o una pressione sanguigna rilevabile. La PEA può essere determinata da cause reversibili che possono essere trattate (vedere oltre). La sopravvivenza dopo un arresto cardiaco con asistolia o PEA è improbabile, a meno che si riesca a identificare e trattare in modo adeguato una causa. Trattamento per la PEA con frequenza cardiaca >60/min • Iniziare la RCP 30:2 • Somministrare 1 mg di adrenalina e.v. non appena disponibile un accesso venoso • Appena possibile, assicurare le vie aeree. Nel frattempo, continuare la RCP 30:2 per 2 minuti • Dopo 2 minuti ricontrollare il ritmo al monitor: 1. Se si rileva attività elettrica organizzata, controllare il polso e/o segni vitali: • Se si rilevano polso e/o segni vitali, iniziare il trattamento post-rianimatorio • Se non sono presenti polso e/o segni vitali, la PEA persiste, quindi: • Continuare la RCP • Ricontrollare il ritmo dopo due minuti e continuare di conseguenza • Somministrare 1 mg e.v. di adrenalina ogni 3-5 minuti (in pratica, ogni 2 cicli di RCP) NB. Dopo che le vie respiratorie sono assicurate, continuare le compressioni toraciche senza fare pausa durante la ventilazione (compressioni e ventilazioni asincrone). 2. Se al controllo del ritmo si rileva una FV/TV, passare al braccio dei ritmi defibrillabili, dopo aver completato comunque i 2 minuti di RCP. Si precisa che in questo caso l’’adrenalina non andrà somministrata dopo 2 shock e prima del terzo, ma a 3-5 minuti dalla precedente somministrazione 3. Se al controllo del ritmo si osserva asistolia o ritmo agonico: • Continuare la RCP • Ricontrollare il ritmo dopo due minuti e agire di conseguenza • Somministrare 1 mg e.v. di adrenalina ogni 3-5 minuti (in pratica, ogni 2 cicli di RCP) Trattamento per l’asistolia e la PEA bradicardica (frequenza <60/min) • Iniziare la RCP 30:2 • Controllare che le derivazioni siano collegate correttamente senza interrompere la RCP • Somministrare 1 mg e.v. di adrenalina (2mg. et se non disponibile un accesso venoso). • Somministrare 3 mg e.v. di atropina (una volta soltanto) 62 • Continuare la RCP con rapporto 30:2 fino a che le vie respiratorie siano assicurate, quindi proseguire le compressioni toraciche senza fare pause durante la ventilazione (compressioni e ventilazioni asincrone). • Ricontrollare il ritmo ogni 2 minuti e agire di conseguenza • Somministrare 1 mg e.v. di adrenalina ogni 3-5 minuti (in pratica, ogni 2 cicli di RCP) • Ogni volta che si rileva asistolia, controllare con attenzione l’ECG per vedere se sono presenti le onde P, perché in questa situazione l’asistolia è solo ventricolare e potrebbe essere trattata efficacemente con il pacing cardiaco. NB Se al controllo del ritmo si rileva una FV/TV, passare al braccio dei ritmi defibrillabili, dopo aver completato comunque i 2 minuti di RCP. Si precisa che in questo caso l’’adrenalina non andrà somministrata dopo 2 shock e prima del terzo, ma a 3-5 minuti dalla precedente somministrazione Per algoritmo riassuntivo arresto cardiaco in PEA/ASISTOLIA vedi allegati protocolli a fine dispensa. Compressioni toraciche Durante il trattamento di una asistolia/PEA o di una FV/TV persistente è importante: 1) effettuare compressioni toraciche di buona qualità fra i tentativi di defibrillazione; 2) riconoscere e trattare le cause reversibili (4 I e 4 T); 3) ottenere rapidamente un adeguato accesso venoso ed un controllo delle vie respiratorie. Durante la RCP con rapporto 30:2, il ritmo sottostante deve essere visibile al monitor quando le compressioni vengono interrotte per consentire le ventilazioni. Se durante questa breve pausa per le ventilazioni si osserva una FV/TV al monitor (qualunque sia la branca dell’algoritmo in cui ci si trova), non tentare subito la defibrillazione, ma continuare fino alla fine del ciclo di 2 minuti. La qualità delle compressioni toraciche e delle ventilazioni è un fattore importante nel determinare la prognosi, tuttavia spesso gli operatori sanitari non le effettuano in modo corretto. Effettuare la RCP con un rapporto 30:2 è affaticante, per cui i soccorritori addetti alle compressioni toraciche, se possibile, devono alternarsi ogni 2 minuti. Non appena assicurate le vie respiratorie, bisogna continuare le compressioni toraciche senza fare pause per la ventilazione. Infatti, le pause nelle compressioni toraciche determinano una caduta della pressione di perfusione coronarica, che poi tarda a risalire ai valori iniziali quando le compressioni vengono riprese. Pertanto le compressioni toraciche non interrotte da periodi di ventilazione generano una pressione di perfusione coronarica media sostanzialmente più elevata. Vie aeree e ventilazione L'intubazione tracheale fornisce l’accesso più affidabile alle vie respiratorie, ma va tentata soltanto se l'esecutore sanitario è correttamente addestrato ed ha una pratica sufficiente e continua con questa tecnica. Gli operatori sanitari esperti nell'intubazione dovrebbero tentare la laringoscopia senza interrompere le compressioni toraciche, anche se una breve pausa nelle compressioni può essere necessaria nel momento in cui il tubo viene passato attraverso le corde vocali. In alternativa, per evitare qualunque interruzione nelle compressioni toraciche, il tentativo di intubazione può essere rinviato fino al ritorno della circolazione spontanea. Nessun tentativo di intubazione deve durare più di 30 secondi: se l'intubazione non è riuscita in questo intervallo di tempo, ricominciare la ventilazione con pallone-maschera. Dopo l’intubazione, confermare la posizione corretta del tubo e fissarlo, quindi continuare le compressioni toraciche ad una frequenza di 100 /min, senza fare pause durante la ventilazione. Effettuare le ventilazioni al ritmo di 10 atti/min. È importante evitare di iperventilare il paziente. 63 In alternativa all’intubazione tracheale, si possono utilizzare il Combitube, la maschera laringea (LMA), la ProSeal LMA, o il tubo laringeo. Dopo aver inserito uno di questi dispositivi, tentare di effettuare le compressioni toraciche in modo continuo. Se la perdita di gas dalle vie aeree a causa delle compressioni è così elevata da impedire una ventilazione adeguata, interrompere le compressioni toraciche durante le ventilazioni. Accesso venoso Procurarsi un accesso venoso se questo non è già disponibile. I farmaci somministrati attraverso un catetere venoso centrale sono efficaci più rapidamente rispetto all’iniezione mediante una cannula periferica in quanto raggiungono il distretto circolatorio centrale in breve tempo. Tuttavia, l'inserimento di un catetere venoso centrale richiede l'interruzione del RCP ed è associato a numerose potenziali complicazioni. Il posizionamento di una cannula venosa periferica è invece più rapido, facile e sicuro. I farmaci iniettati in vena periferica devono essere seguiti da un bolo rapido di almeno 20 ml di liquido e dal sollevamento dell'estremità per 10 - 20 secondi al fine di facilitare l’arrivo del farmaco al distretto centrale. Cause potenzialmente reversibili Durante qualsiasi arresto cardiaco è necessario prendere in considerazione le potenziali cause o i potenziali fattori aggravanti per cui esiste un trattamento specifico. Per facilità mnemonica, questi fattori sono suddivisi in due gruppi di quattro condizioni patologiche, basati sulla loro lettera iniziale – I oppure T. 1. 2. 3. 4. 5. Ipovolemia Ipossia Ipo-iperkaliemia/ Acidosi Ipoglicemia Ipotermia Tamponamento cardiaco Pneumo Torace iperteso (PNX) Trombolia polmonare/ IMA (t. coronarica) Tossici (farmaci, droghe, sostanze) Trauma Minimizzare il rischio di Ipossia accertandosi che i polmoni del paziente siano ventilati adeguatamente con ossigeno al 100%. Assicurarsi che vi sia un sollevamento del torace sufficiente e suoni polmonari su entrambi i campi polmonari. L’attività elettrica senza polso causata da Ipovolemia è solitamente dovuta ad emorragia grave che può essere determinata da vari fattori quali traumi, sanguinamento gastrointestinale o dalla rottura di un aneurisma aortico . Il volume intravascolare va ripristinato velocemente con infusioni; per arrestare l’emorragia può rendersi necessario un intervento chirurgico urgente. L’iperK, l’ipoK, l’ipoCa, l’ipoglicemia, l’acidosi ed altri disordini metabolici sono rilevabili dagli esami biochimici o suggeriti dall’anamnesi del paziente. Utile un ECG a 12 derivazioni. L’ipotermia va sospettata in pazienti esposti a basse temperatura od immersi in acqua. Un pneumoTorace iperTeso può essere la causa di un PEA dovuto a trauma o da manovre invasive non riuscite. La diagnosi è clinica. Il Tamponamento cardiaco difficile da diagnosticare in corso di arresto cardiaco ma deve essere sospettato in presenza di trauma penetrante del torace. L’ inTossicazione da farmaci può essere talvolta difficile da diagnosticare e deve essere guidata dalla raccolta di un’anamnesi, esami di laboratorio, raccolta di eventuali indizi. 64 L’uso di specifici antidoti è risolutivo. La trombosi polmonare o cardiaca va prontamente diagnosticata per il trattamento trombolitico tempo dipendente. Sommario • Il trattamento del paziente in arresto cardiaco dipende dal ritmo sottostante ed è diverso per i ritmi defibrillabili e quelli non defibrillabili • Appena possibile, bisogna procurarsi un accesso venoso per la somministrazione di farmaci e liquidi e assicurare le vie aeree per permettere di effettuare le compressioni toraciche senza interruzioni • Il massaggio cardiaco esterno e la ventilazione devono essere di ottima qualità per ottimizzare la prognosi di un arresto cardiaco • E’ assolutamente necessario identificare e trattare il più rapidamente possibile tutte le cause reversibili APPROCCIO ALLA BRADICARDIA SINTOMATICA IN URGENZA Si definisce bradicardia una frequenza inferiore a 60 bpm. È clinicamente utile classificare la bradicardia in assoluta (< 40 bpm), relativa (quando la frequenza cardiaca è troppo bassa in relazione allo stato emodinamico del paziente. La bradicardia deve essere considerata sintomatica, quando presenta, in eventuale associazione, le caratteristiche cliniche di seguito elencate: SINTOMI: Dolore toracico Dispnea Alterazione del livello di coscienza Presincope Sincope Marcata astenia SEGNI: Pressione sistolica < 90 mmHg Ipotensione ortostatica Frequenza cardiaca < 40 bpm Aritmie ventricolari che richiedano immediato trattamento Insufficienza cardiaca acuta Shock RITMI PER LA BRADICARDIA BRADICARDIA SINSUSALE ha molteplici cause: a) Fisiologiche: atleti allenati sonno stimolazione vagale b) Farmaci: beta bloccanti calcio antagonisti digitale 65 c) Patologie sistemiche: infarto miocardico inferiore Ipertensione endocranica Ipotiroidismo shock ipovolemico in fase terminale La bradicardia sinusale non richiede trattamento specifico a meno che non diventi sintomatica. BLOCCO ATRIO VENTRICOLARE DI I GRADO EZIOLOGIA: aumento del tono vagale, farmaci, IMA parete inferiore, digitale TRATTAMENTO: non è indicato alcun trattamento specifico NB: in caso di IMA è importante monitoraggio per la possibile evoluzione del blocco AV BLOCCO ATRIOVENTRICOLARE DI II GRADO TIPO I : ogni impulso incontra una difficoltà crescente nel passaggio atrio ventricolare finchè uno stimolo viene bloccato e non perviene ai ventricoli. EZIOLOGIA: IMA prevalentemente inferiore, aumento del tono vagale, cardiopatia ischemica cronica, miocarditi TRATTAMENTO: non è indicato alcun trattamento a meno che la ridotta frequenza ventricolare determini la comparsa di segni e sintomi di ipoperfusione. TIPO II: comparsa periodica o intermittente di onde P bloccate in assenza di alcuna modificazione degli intervalli PR precedenti, i quali possono essere normali o allungati. È una condizione pericolosa, particolarmente in corso di IMA, può progredire in BAV completo o anche in asistolia ventricolare in assenza di segni premonitori. EZIOLOGIA: IMA prevalentemente anteriore, digitale, calcio antagonisti, degenerazione del sistema di conduzione TRATTAMENTO: PACING BLOCCO ATRIOVENTRICOLARE DI III GRADO Non si realizza alcuna conduzione atrioventricolare degli impulsi. EZIOLOGIA: IMA INFERIORE, IMA ANTERIORE ESTESO. TRATTAMENTO: PACING TRANSCUTANEO. GESTIONE DI UN PAZIENTE CON BRADICARDIA (FC<60 bpm e inadeguata per la condizione clinica) 1. Mantenere la pervietà delle vie aeree. 2. Assistere la ventilazione se necessario; somministrare ossigeno, monitorare la saturazione di ossigeno. 3. Monitor ECG, monitorare PA. 4. Accesso venoso. 5. Anamnesi mirata alla ricerca di fattori causali e relativo trattamento. 66 CAUSE REVERSIBILI 1. 2. 3. 4. 5. Ipovolemia Ipossia Ipo-iperkaliemia/ Acidosi Ipoglicemia Ipotermia Tamponamento cardiaco Pneumo Torace iperteso (PNX) Trombolia polmonare/ IMA (t. coronarica) Tossici (farmaci, droghe, sostanze) Trauma 6. valutare la presenza di segni e sintomi di scarsa perfusione causati dalla bradicardia. 7. In caso di presenza di adeguata perfusione osserva e monitorizza. 8. SCARSA PERFUSIONE: PACING TRANSCUTANEO Il TCP è il trattamento di scelta quando un paziente ha una bradicardia sintomatica con segni di scarsa perfusione. Eroga impulsi di stimolazione al cuore attraverso la cute usando elettrodi cutanei. È indicato: 1. Bradicardia emodinamicamente instabile 2. IMA+ BAV II tipo II 3. Bradicardia con ritmi ventricolari di scappamento 4. IMA+ BAV III Somministrare analgesici-sedativi (es. Midazolam) Collocare gli elettrodi per il pacing sul torace Accendere su on Regolare la frequenza di stimolazione a 60 bpm Regolate i mA a 2 mA superiore alla dose di cattura Obiettivo è osservare un miglioramento clinico. FARMACI Atropina 0,5 mg ev ogni 3-5 minuti (dose max 3 mg). In assenza di cause immediatamente reversibili, l’atropina è il farmaco di prima linea per la bradicardia sintomatica. La mancanza di risposta all’atropina è un’indicazione al TCP. Usare con cautela in caso di sindrome coronarica acuta. NON usare in caso di pazienti emodinamicamente instabili, BAV II tipo II, BAV III a complessi QRS allargati. Se la bradicardia non risponde all’atropina, in attesa della stimolazione, si può considerare: Adrenalina infusione 2-10 g/min titolate in base alla risposta del paziente Dopamina infusione 2-10 g/Kg/min titolata in base alla risposta del paziente Considerare PACING in STAND BY In corso di sindrome coronarica acute, pazienti clinicamente stabili possono deteriorare improvissamente: BAV II tipo II asintomatico BAV III asintomatico Nuovo blocco di branca destra e sinistra. Approccio alle tachiaritmie in urgenza Per convenzione si parla di tachiaritmia quando la frequenza atriale e/o ventricolare è maggiore di 100 al minuto. Tuttavia non sempre è così: una tachicardia atriale con blocco 67 atrioventricolare, ad esempio, può dare una frequenza ventricolare inferiore a 100 battiti minuto. Una tachiaritmia ha molte cause potenziali e può essere sintomatica o asintomatica. GESTIONE DI TACHIARITMIA La chiave del trattamento di un paziente con qualsiasi tachicardia è determinare se è presente il polso RITMO DI PERIARRESTO 9. Mantenere la pervietà delle vie aeree 10. Assistere la ventilazione se necessario; somministrare ossigeno, monitorare la saturazione di ossigeno 11. Monitor ECG, monitorare PA 12. Accesso venoso 13. Anamnesi mirata alla ricerca di fattori causali e relativo trattamento. CAUSE REVERSIBILI (le stesse della bradicardia su indicate) 14. Valutare la stabilità emodinamica Un paziente viene definito EMODINAMICAMENTE INSTABILE quando presenta segni e sintomi di ipoperfusione d’organo come conseguenza diretta dell’aritmia: sintomi: dispnea, dolore toracico alterazione dello stato mentale presincope/sincope segni: pressione arteriosa < 90 mmHg, segni di shock, edema polmonare alterazioni ischemiche all’ECG NB: frequenze ventricolari < 150 bpm generalmente non causano segni e sintomi severi. In assenza di patologia cardiaca è raro che un’aritmia sopraventricolare per quanto ad elevata frequenza possa determinare una reale intolleranza emodinamica. A. SE L'ARITMIA DETERMINA UNA GRAVE COMPROMISSIONE EMODINAMICA il trattamento deve precedere la diagnosi del tipo di aritmia. La terapia di scelta è in questi casi il DC-shock sincrono. Lo shock elettrico deve essere sincronizzato sull’onda R dell’ECG. Il defibrillatore va pertanto regolato in modalità sincronizzata, verificando che il marcatore dell’onda R sia sempre in corrispondenza di ogni onda R del tracciato di monitoraggio. a) Sedazione del paziente (midazolam ev). b) Accensione del defibrillatore c) Posizionare il paziente nella modalità sincro d) Selezionare il livello di energia appropriato: fibrillazione atriale 100-200-300-360J flutter atriale 50-100-200-300-360J tv monomorfa 100-200-300-360J 68 UTILE CONTATTARE ESPERTO CARDIOLOGO Risolta l'emergenza, dal confronto tra l'ECG in ritmo sinusale e quello in corso di aritmia è, in genere, agevole effettuare una diagnosi differenziale B. SE L’ARITMIA NON DETERMINA COMPROMISSIONE EMODINAMICA, il processo diagnostico basato sulla storia clinica, l'esame obiettivo e l'elettrocardiogramma, deve precedere il trattamento. Va effettuato almeno un elettrocardiogramma in 12 derivazioni e, se le condizioni cliniche lo consentono, una striscia continua soprattutto durante i tentativi di interruzione dell'aritmia. Particolare cura va posta nell'ottenere una traccia elettrocardiografica quanto più possibile priva di artefatti e nella quale sia possibile identificare, se presenti, le onde P. VALUTARE QRS STABILIRE TIPO DI ARITMIA A. PAZIENTE EMODINAMICAMENTE STABILE, QRS STRETTO, RITMO REGOLARE: 1) MANOVRE VAGALI: massaggio del seno carotideo: predisporre monitor ECG, atropina, adrenalina e defibrillatore. Una profonda stimolazione vagale può causare una severa bradicardia, che a sua volta può innescare una fibrillazione ventricolare si deve disporre il paziente in posizione supina, con il capo ruotato verso il capo opposto all’arteria che si vuole massaggiare. Auscultare la carotide, accertandosi che non ci siano soffi( la manovra va evitata in pazienti che presentino soffi in sede carotidea o con anamnesi positiva per vasculopatie cerebrali, in quanto può determinare la rottura di una placca aterosclerotica, con conseguente embolizzazione e successivo evento cerebrovascolare acuto. Esercitare una compressione controllata e progressiva della carotide sul piano vertebrale per 5-10 secondi, senza “massaggi” che in genere sono meno efficaci e più emboligeni. Esse vengono eseguite a scopo terapeutico: l’aumento del parasimpatico può rallentare la conduzione del nodo atrioventricolare riducendo la risposta ventricolare o interrompere l’aritmia nel caso sia sostenuta da un rientro attraverso tessuti vago-sensibili. A scopo diagnostico: in assenza di una interruzione della aritmia, l’aumento del blocco atrioventricolare può evidenziare la natura del ritmo sottostante (es: nel flutter atriale può evidenziare le onde di flutter a denti di sega mascherate in caso di conduzione 2:1, 1:1). 2) Se le manovre vagali non hanno sortito effetto, somministrazione di ADENOSINA 6 mg 12 mg 12 mg per la somministrazione ev è consigliabile una vena di grosso calibro, in 1 secondo, a cui far seguire un flush di 20 ml si fisiologica e sollevare immediatamente il braccio. L’adenosina incrementa il blocco atrioventricolare e interrompe il 90% delle aritmie da rientro in 2 minuti. Non interrompe FA, Flutter atrioventricolare, ma rallentando la conduzione AV consente l’identificazione delle onde di flutter o di fibrillazione. NB controindicata nelle tachicardie a complessi larghi. 3) In caso di manca risposta (probabile aritmie sottostanti: flutter atriale, tachicardia triale, tachicardia giunzionale) è consigliabile consulto dell’esperto cardiologo. Preparare eventuali altri farmaci: diltiazem, betabloccanti. ATTENZIONE: TACHICARDIA SINUSALE La tachicardia sinusale è un ritmo cardiaco originante dal nodo del seno a frequenza >100 bpm, l’ onda P precede ciascun complesso QRS . Non ha natura parossistica, ha spesso finalità compensatoria in quanto riflette il tentativo dell’organismo di mantenere un’adeguata gittata cardiaca, per tanto non richiede un trattamento primario. L’approccio terapeutico in emergenza prevede: Evitare di correggere la tachicardia senza ricercarne l’eziopatogenesi Non sottovalutare la potenziale pericolosità della tachicardia sinusale 69 La principale indicazione a rallentare una tachicardia sinusale è la presenza di ischemia miocardica acuta o di infarto. Farmaci indicati: atenololo (5 mg ev in 5 min x 2 dosi) o metoprololo ( 5 mg ev in 2min i 3 dosi). Eziologia: risposta fisiologica: paura, ansia, dolore reazione a farmaci: caffeina, nifedipina, aminofillina… risposta ad una patologia sistemica: febbre, ipovolemia, ipossia, anemia, embolia polmonare, tireotossicosi, ischemia miocardica acuta, insufficienza cardiaca… B. paziente emodinamicamente stabile, qrs stretto, ritmo irregolare. Probabilmente fibrillazione atriale, flutter atriale, tachicardia atriale multifocale Cardiologo Controllo del ritmo con betabloccanti o diltiazem (10 mg in 2 min, seguiti da infusione di 10 mg/h). C. paziente emodinamicamente stabile, qrs largo, ritmo regolare Probabilmente Tachicardia Ventricolare Cardiologo Preparare Amiodarone 150 mg 1 fl in 10 minuti Prepararsi per eventuale cardioversione D. paziente emodinamicamente stabile, qrs largo, ritmo irregolare Può essere fibrillazione atriale condotta con aberranza, fibrillazione atriale pre-eccitata (con sindrome di W-P-W), torsione di punta. Cardiologo Amiodarone 150 mg 1 fl in 10 minuti Solfato magnesio 2 gr (1 fl da 10 ml di solfato di magnesio al 20% diluita in 100 cc di fisiologica di cui il 50% va somministrato in un’ora). Prepararsi per eventuale cardioversione/defibrillazione. 70 TABELLE RIASSUNTIVE 71 72 73 74 ALGORITMO UNIVERSALE PZ. INTERNISTICO Azione preliminare: valutazione ambientale, sicurezza operatore e pz Valutazione immediata pz: impressione generale alla prima occhiata pz critico o non critico ABCD 1° A AVPU stato di coscienza Se risponde passa a B+C Se non risponde Apertura vie aeree Pervietà vie aeree, Manovre BLS Aspirazione, Heimlich,,Posizionare cannula Respiro presente ← Polso presente PLS Allinea pz, B ← GAS → guarda ascolta sente + C Check polso Posiziona monitor D Respiro assente prepara per assistere ventilazione MP → polso assente → RCP ritmo D FV/TV,TdP 1DJ shock ritmo non D PEA, Asistolia Continua RCP + farmaci Allarme e richiesta carrello emergenza ABCD 2° A valutazione e sostegno vie aeree Assiste respirazione, ricontrolla vie aeree, somministra O2 indica se IT (prepara materiale) Sellik, aspirazione B valutazione respiro Osserva Palpa/percuoti Ascolta suoni polmonari e cardiaci Conta FR Saturazione, saturimetro: SpO2 Verifica respirazione e posizione TT EGA*, cerca cause rev ACC C valutazione circolo Glucosio BDZ, antipert. ect Accesso venoso PA FC (prelievi), ECG* Monitor identifica ritmo DTX Terapia antiaritmici D valutazione neurologica e DD GCS, pupille, segni di lato, Cincinnati, postura Diagnosi Differenziale 5T- 5I SAMPLE EO mirato: testa- piedi ulteriori accertamenti diagnostici e manovre aggiuntive: SNG,CV, prelievi ematici, ECG 12 der., Rx, ECO, TAC, EEG Toracentesi, Drenaggio toracico, CVC, ect DIAGNOSI FINALE consulenze, ricovero, tp definitiva 75
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