G.E.C. - 118er

G.E.C.
Gestione
Emergenze in
Corsia
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INDICE
PREMESSA
Cap. 1 Valutazione rapida primaria e secondaria in paziente critico.
Cap. 2 Unità salvavita: aspetti organizzativi, carrello per l’urgenza, check list
Cap. 3 Alterazione dello stato di coscienza: valutazione e trattamento.
Cap. 4 Ossigenoterapia e gestione delle vie aeree nell’insufficienza respiratoria.
Cap. 5 Insufficienza respiratoria: valutazione e trattamento.
Cap. 6 Shock anafilattico: riconoscimento e trattamento.
Cap. 7 Identificazione ritmi cardiaci: interpretazione ECG, IMA, ritmi di periarresto
ed arresto.
Cap. 8 Algoritmi e tabelle.
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PREMESSA
Lo scopo del corso è quello di presentare un metodo pratico, realistico e integrato
utilizzabile da personale esperto quale medici e infermieri non primariamente coinvolti
nell’emergenza quotidiana, per la valutazione e gestione immediata delle urgenze ed
emergenze mediche che possono colpire il paziente adulto, in attesa di personale
qualificato comunque sempre da attivare (rianimatore, cardiologo, personale 118) e che
potrebbero comunque essere di supporto se a conoscenza di determinate nozioni alle
risorse professionali attivate che sopraggiungeranno in seguito.
Il paziente a cui ci riferiamo sarà una vittima presente nell’ambito dell’ambiente
ospedaliero inteso non solo come corsia di reparto, ambulatorio, sale radiologiche,
laboratorio analisi, spazi comuni quali ad esempio sala d’attesa o bar piuttosto che i
giardini interni, senza distinzione quindi tra paziente degente in un reparto o in visita
ambulatoriale o di visitatori / astanti occasionalmente presenti nel presidio ospedaliero.
Presupposto essenziale e che i partecipanti abbiano conoscenze di anatomia, fisiologia,
fisiopatologia e abbiano una conoscenza di massima della natura delle
emergenze/urgenze mediche per tale motivo lo stesso è rivolto a personale
medico/infermieristico di tutte le unità operative dell’AUSL che siano già in possesso di un
corso BLS-D .
Si spazierà da problematiche respiratorie, cardiache, circolatorie e neurologiche che
potremmo definire urgenze fino alla gestione delle vere emergenze mediche quali le
condizioni di arresto e peri-arresto. È naturale che per il tempo a nostra disposizione
verranno trattati solo gli argomenti di più frequente riscontro, non volendo e non potendo
questo essere inteso come un corso di ACLS o AMLS a cui si rimanda per
approfondimenti chi ne fosse interessato.
I protocolli presentati di valutazione e gestione inizieranno con la tipica valutazione
inizialmente rivolta a identificare i disturbi di base a carico delle funzioni vitali che possono
mettere a repentaglio la vita del paziente seguendo le priorità dell’ABCDE per poi passare
una volta trattate e stabilizzate, a suggerire un metodo pratico per raccogliere le
informazioni utili e i parametri vitali per il successivo esame fisico mirato, per poi giungere
a una possibile diagnosi e al trattamento delle cause sottostanti immediatamente trattabili,
verranno presentate in ordine di priorità le azioni da iniziare in base alla tipologia del
paziente evitando di eseguire azioni tra loro inframmezzate da un’anamnesi e una visita e
riscontri strumentali connessi.
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Cap. 1
VALUTAZIONE RAPIDA PRIMARIA E SECONDARIA IN PAZIENTE CRITICO
Obiettivi:
 identificare ogni compromissione delle funzioni vitali potenzialmente minacciose per
la vita.
 ricercare ogni indizio, informazione anamnestica ed elemento obiettivo utili alla
diagnosi differenziale ossia identificare la causa più probabile.
Valutazione Globale:
• Valutazione ambientale
• Valutazione paziente (1ª e 2ª)
• Anamnesi
• Esame fisico dettagliato
• Rivalutazione continua
Valutazione Ambientale:
pericoli, rischi, sicurezza, caratteristiche della scena, significato della situazione;
qualunque condizione che alteri lo stato mentale può modificare la percezione del
paziente al punto da indurlo a comportamenti violenti.
Valutazione paziente (1ª e 2ª):
finalizzata all’identificazione e al trattamento delle condizioni potenzialmente
minacciose per la vita.
• Impressione generale.
• Valutazione (1ª e 2ª).
• Stabilire la priorità.
Impressione generale: definire se paziente critico o non critico, identificare e trattare le
condizioni potenzialmente mortali e stabilire le priorità identificare il sintomo principale,
allarme e richiesta carrello emergenza.
Valutazione primaria scopo: identificare e trattare immediatamente le patologie
pericolose per la vita ed attuare i correttivi necessari; deve essere rapida e mirata:
 esamina le funzioni vitali
 identifica gli interventi indifferibili
 identifica le necessità di trasporto immediato
Valutazione Istintiva: ancor prima di toccare la vittima, il soccorritore tende a valutare
istintivamente la gravità di un quadro.
 è cosciente?
 si lamenta?
 respira?
 sanguina?
 si muove spontaneamente?
A-B-C-D-E
• A airways and cervical spine control = vie aeree colonna c.
• B breathing = respirazione
• C circulation = circolazione
• D disability = stato neurologico
• E exposure = esame esterno
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Stato di coscienza: AVPU score
 A (alert) pz sveglio
 V (verbal) risponde agli stimoli verbali
 P (pain) risponde agli stimoli dolorosi
 U (unresponsive) non risponde
Valutazione di “A“:
 Allineamento
 Valutazione coscienza
 Pervietà delle vie aeree valutare: manovra di Heimlich, sublussazione mandibola,
aspirare secreti corpi estranei estraibili con pinza, intubazione OT.
Valutazione di “ B “:
 Guarda
 Ascolta
 Senti
 Respiro, movimenti, tosse… (polso carotideo al max fino a 10”)
Valutazione di “D”:
 posizionare monitor defibrillatore, ricercare un ritmo defibrillabile o un ritmo
patologico
Valutazione secondaria (rumori respiratori):
 STRIDORE LARINGEO (ostruzione delle vie aeree)
 UMIDI gorgoglio (Edema polmonare acuto)
 SECCHI sibili (Ostruzione bronchiale o Asma bronchiale)
Valutazione oggettiva cute:
• SUDORAZIONE
(indice di allarme)
• TEMPERATURA
(fredda / calda)
• COLORE: PALLORE (shock ipovolemico, ima), CIANOSI (ipossia), ITTERO
(malattia epatica), ERITEMATOSA (reazione allergica)
Misurazione parametri vitali:
Frequenza respiratoria
(30 Secondi)
Saturimetria
Frequenza Cardiaca
(30 Secondi)
Glasgow Coma Scale
(30 Secondi)
Pressione Arteriosa
(1 Minuto)
Emorragie Visibili
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Valori di riferimento:
Valori normali Valori limite
Frequenza respiratoria
F.R.
12 - 18
<10 >30
Valori normali Valori limite
Saturazione di Ossigeno
SO2
> 95%
< 90
Valori patologici di frequenza cardiaca
 Superiore a 100 (150) = tachicardia
 Inferiore a
60 (40) = bradicardia
Valori patologici pressione arteriosa
 PAS superiore a 150 (200) = ipertensione
 PAS inferiore a 100 (90) = ipotensione
Valutazione di “A“
Stabilizzazione definitiva delle vie aeree
VANTAGGI (gold standard):
• O2 100%
• Aspirazione tracheale
• Ventilazione ottimale
• Somministrazione di farmaci
Valutazione di “B”: OPACS
O = osserva dinamica respiratoria: espansione, regolarità, rientramenti, volet
P = palpa/percussione: enfisema, tumefazioni, dolore, timpanismo, ottusità
A = ascolta torace e cuore: suoni, rumori polmonari; toni e soffi cardiaci
C = conta la FR: atti respiratori/min
S = saturimetria: posiziona un pulsiossimetro, rileva SpO2 (EGA)
Valutazione di “C”
• accesso venoso
• Monitoraggio: PA, FC, ECG*
• DTX
• prelievi ematici
• terapia farmacologica
Valutazione di “D”
• Reattività alla luce
• Grandezza
• Morfologia
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Cincinnati Scale
• Linguaggio
• Asimmetria facciale
• Motilità arti
Per fare diagnosi differenziale:
Anamnesi:
S Segni e sintomi
A Allergie
M Medicamenti
P Patologie preesistenti/pregnancy gravidanza
L Ultimo pasto assunto/lunch
E Condizioni precedenti l’evento
Esame Obiettivo
Esame fisico dettagliato: esposizione completa e valutazione testa – piedi.
Segni vitali di base:
• durante l’esame rapido
• ogni 15’nei pazienti stabili
• ogni 5’nei pazienti instabili
• FR, FC, PA, SpO2, TC, DTX, GCS
Accertamenti diagnostici e manovre aggiuntive:
• Prelievi ematici: gruppo sanguigno, prove crociate, prove emogeniche,
cardioenzimi, dimero D, test di gravidanza, tossicologico
• ECG a 12 derivazioni, SNG, CV, CVC
• Rx: torace, addome, segmenti scheletrici
• Ecografia: addome, torace, ecocardio, ecodoppler TSA, ecodoppler
arterioso/venoso arti, CUS
• TAC encefalo, rachide, torace, addome,
• Drenaggio toracico, toracentesi, paracentesi, ect.
DIAGNOSI FINALE
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Cap. 2
UNITA’ SALVAVITA:
ASPETTI ORGANIZZATIVI, CARRELLO PER L’URGENZA, CHECK LIST
Concetto di equipe:
il ruolo di ogni componente dell’equipe in emergenza deve essere ben preciso con la
definizione del Leader per:
MIGLIORE ASSISTENZA
TEMPO
COSTO
ASSISTENZA AL PAZIENTE PER LA SALVAGUARDIA
DELLA SUA VITA RIDUCENDO
IL PIÙ POSSIBILE GLI ESITI INVALIDANTI
Le figure coinvolte:
• Personale medico
• Personale infermieristico (responsabile dell’assistenza)
• Operatori Socio Sanitario OSS (personale sanitario)
L’unità salvavita
la strumentazione ed il materiale necessario:
 Erogatore di O2
 Aspiratore a muro
 Ventilatore polmonare
 Monitor cardiaco/multiparametrico
 Defibrillatore semiAutomatico Esterno DAE
 Carrello dell’urgenza (vedi check list specifica)
 Elettrocardiografo
 Pompe di infusione
 Spremisacche
La Check List del carrello caratteristiche:
 Rapido controllo del materiale
 Uniforme tra diverse U.U.O.O.
 Deriva dall’analisi delle principali linee guida internazionali di trattamento
La check list deve essere uniforme:
• per aiutare ad uniformare il comportamento degli operatori nell’urgenza
• per agevolare gli operatori a muoversi più rapidamente in qualsiasi contesto anche
al di fuori della propria unità operativa
All’interno del carrello dell’urgenza, oltre al materiale elencato nella check list, è possibile
inserire materiale specifico relativo alla particolarità dell’U.O. d’appartenenza.
Materiale specifico per poter far fronte a situazioni di urgenze “specialistiche” (es. CV
rigidi, ecc.)
È possibile aggiungere materiale specifico ma non rimuovere quello standard!
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Cap. 3
ALTERAZIONE DELLO STATO DI COSCIENZA: VALUTAZIONE E TRATTAMENTO
È definita come una qualunque risposta o comportamento diversi da risposte o
comportamenti normali.
È una diminuzione del livello di coscienza e delle capacità cognitive, in definitiva
dell’orientamento generale, il tutto si traduce in manifestazioni cliniche molteplici
(dall’ansia, al delirio, al coma).

i nostri obiettivi pertanto sono:
* Immediata identificazione di ogni compromissione delle funzioni vitali
potenzialmente minacciose per la vita.
* Ricercare ogni indizio, informazione anamnestica ed elemento obiettivo utili
allo scopo di effettuare una diagnosi differenziale ossia per identificare la
causa più probabile di ASM.
La coscienza (capacità di percepire noi stessi e l’ambiente in cui viviamo) è una diretta
funzione del cervello e del RSA.
Il cervello è il responsabile del pensiero, delle funzioni mentali superiori, delle azioni e
della memoria.
Le diverse funzioni sono controllate da aree cerebrali specifiche e dunque un danno o
una disfunzione cerebrale provoca un’alterazione di queste funzioni.
Subentra un alterato stato di coscienza nel momento in cui entrambi gli emisferi non
funzionano. A seconda dell’entità delle lesioni cerebrali si avranno gradi diversi di alterato
stato di coscienza, dalla confusione mentale al coma.
Il RSA (Sistema Reticolare Ascendente) è localizzato nel tronco encefalico, è formato da
fibre sensitive che raggiungono il talamo e da qui si dipartono verso la corteccia cerebrale
per l’interpretazione finale del messaggio. La continuità dei messaggi in arrivo attraverso
l’RSA mantiene il cervello in uno stato di coscienza e attenzione.
La maggior parte delle alterazioni dello stato di coscienza derivano da alterazioni
corticali o dell’RSA.
In caso di danno all’RSA, nonostante vi sia cervello sano si ha uno stato di coma in quanto
le informazioni non arrivano più nella sede di elaborazione seppur quest’ultima sia
potenzialmente in grado di svolgere la propria funzione e non si riuscirà più a mantenere la
veglia.
In caso di alterazione della corteccia con RSA integro avremo invece uno stato di coma
vigile, ovvero lo stato di veglia non viene ad essere intaccato, ma non si ha elaborazione.
In caso di alterata funzione di un unico emisfero cerebrale con RSA integro si avrà
paziente vigile con perdita di un’unica specifica funzione (es. ictus cerebri).
Le cause che determinano alterazioni dello stato mentale sono:


Strutturali: alterazione anatomica del SNC, quindi lesione diretta e strutturale
del tessuto nervoso.
Metaboliche: alterazioni del funzionamento del SNC per cause di tipo
metabolico che pur agendo al di fuori di esso lo coinvolgono in via indiretta per
meccanismo di tipo biochimico.
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● Cause strutturali:
•
•
•
•
Trauma cranico: concussione e contusione cerebrale, ematoma epidurale,
subdurale, emorragia intracerebrale.
Ictus cerebrale: ischemico (trombotico o embolico) emorragico (ESA, ematoma).
Infezione intracranica: meningite, encefalite, ascesso c.
Tumori intracranici.
● Cause metaboliche:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Polmonari: ipossia, ipossia e ipercapnia
Cardiache: ridotta perfusione cerebrale da: aritmie, IMA, ostruzioni all’efflusso
Glicemiche: ipoglicemia, iperglicemia con o senza cheto acidosi
Epatiche: encefalopatia epatica
Renali: encefalopatia uremica
Endocrine: ipo-ipertiroidismo, ipo-ipercorticosurrenalismo
Elettrolitiche: ipo-ipernatriemia, ipo-ipercalcemia.
Eq. acido base: acidosi/alcalosi respiratoria o metabolica
Carenziali: encefalopatia di Wernicke e psicosi di Korsakoff
Tossici: antidepressivi triciclici, fenotiazine, benzodiazepine, oppiodi, sostanze
d’abuso, salicilati, monossido di carbonio
Ambientali: ipo-ipertermia.
Lo stato di coscienza nella valutazione primaria è valutato al punto A con l’AVPU
L'A.V.P.U. è una scala di valutazione dello stato di coscienza che viene utilizzata dal
personale volontario operante nel sistema di emergenza/urgenza extraospedaliero non è
un'alternativa alla valutazione medica Glasgow Coma Scale (GCS). Con essa si valuta la
risposta del paziente a stimoli esterni indotti dal soccorritore.
L’AVPU è un acronimo le cui lettere significano: Alert, Verbal, Pain, Unresponsive.




Alert (vigile): in questa fase il paziente è sveglio e cosciente. Questo stato viene
valutato positivamente se il paziente riesce a rispondere in maniera chiara a
semplici domande quali "Cosa è successo?" o "Come si chiama?".
Verbal (verbale): in questa fase il paziente risponde agli stimoli verbali attraverso
gli occhi, la voce (o bisbigli) o atti motori, ma risulta confuso o assopito.
Pain (dolore): in questa fase il paziente non risponde agli stimoli verbali ma
soltanto agli stimoli dolorosi che in genere vengono indotti con piccoli colpi delle
dita sopra l'arcata sopraccigliare, al centro della fronte.
Unresponsive (nessuna risposta): in questa fase il paziente non risponde né agli
stimoli verbali né a quelli dolorosi e risulta quindi completamente incosciente.
La valutazione più precisa dello stato neurologico e di coscienza del paziente è invece
eseguito al punto D della valutazione secondaria che vedremo più avanti, non dobbiamo
dimenticare infatti che le alterazioni dello stato di coscienza possono determinare sia
alterazioni a carico del respiro che del circolo.
Raramente è necessaria la respirazione artificiale, respiri anormali tuttavia sono
caratteristici dei soggetti comatosi e presagiscono una grave lesione cerebrale.
Frequenze respiratorie anormali includono: pause patologiche come nel respiro apnoico
respiri lunghi e profondi alternati a fasi di apnea tipico di molte m. del SNC e nell’ictus,
l’iperventilazione neurogena indice di danno cerebrale o erniazione, il Kussmal profondo e
rapido per eliminare l’eccesso di CO2, il respiro di Cheyne Stokes caratterizzato da
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crescendo decrescenza e apnea presente sia in m. metaboliche che nel soggetto normale
o nell’ictus, e il pattern respiratorio totalmente irregolare Biot che determina un’inadeguata
ventilazione polmonare tipico del coma epatico o dell’ictus grave.
A seconda dei casi la respirazione artificiale, la ventilazione assistita e l’ossigenoterapia
supplementare sono utili, raramente si può arrivare all’arresto respiratorio ma in tale caso
le probabilità di esito favorevole sono basse.
Pattern Respiratori Anomali
nome
Kussmal
Chejne Stokes
Biot
Apnoico
La presenza di questi pattern che si possono riscontare anche in altri quadri clinici non
prettamente neurologici ci deve portare a monitorare attentamente la FR e la SPO2,
sarà quindi necessario applicare un saturimetro, possibilmente prima dell’inizio
dell’ossigenoterapia.
Come per le altre condizioni patologiche anche per l’alterazione dello stato di coscienza
dovremo mantenere un livello di saturazione arteriosa dell’O2 compreso tra il 95-100%,
nella ventilazione assistita la frequenza delle ventilazioni è di 10-12 atti al minuto,
solo in caso di segni di ipertensione endocranica è indicata l’Iperventilazione 20 atti
al minuto, un’iperventilazione indiscriminata è nociva in quanto la riduzione della CO2
provoca vasocostrizione con conseguente riduzione della perfusione cerebrale.
Segni di Ipertensione endocranica e/o Erniazione sono
1. Midriasi mono o bilaterale.
2. Reattività pupillare asimmetrica.
3. Postura in decorticazione o decerebrazione.
Per quanto riguarda il circolo, l’ACC è raro ed è una complicanza dell’AR, disturbi
cardiovascolari d’altronde sono presenti e possono essere loro stessi causa di alterazione
dello stato di coscienza, quindi il monitoraggio cardiaco e pressorio è parte della
valutazione del paziente. L’ìpotensione e l’ipertensione infatti possono essere di riscontro
frequente, così come le aritmie cardiache possono indirizzare verso una causa cardiaca
sottostante al sintomo o alla manifestazione clinica, la bradicardia e l’ipotensione essere
indicativi di ipossia o ipertensione endocranica (PIC).
Altre misure da adottare sono l’accesso venoso, il trattamento delle crisi comiziali e
dell’ipoglicemia, liquidi isotonici sono utilizzati per la terapia endovenosa ma non a boli
tranne se concomiti un’ ipovolemia, mentre i liquidi ipertonici sono controindicati, le
glucosate sono da utilizzarsi solo se l’ipoglicemia è documentata con un test rapido della
glicemia (DTX) o essa sia fortemente sospettata dall’anamnesi e dall’esame obiettivo.
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Continuo quindi monitoraggio dei parametri vitali in pratica:






Frequenza respiratoria
Frequenza cardiaca
Pressione arteriosa
Saturimetria
Temperatura corporea
Stick glicemico
Valutazione dello stato neurologico Disability “ D “
Determinare lo stato neurologico e il livello di coscienza è determinante nel paziente con
ASM è naturale che in questi casi l’esame obiettivo dovrà essere più dettagliato e mirato
sulla valutazione neurologica del pz, seguendo soprattutto il sintomo principale in atto,
associandolo ad una corretta determinazione dell’indice GCS, della reattività pupillare e
dei riflessi corneale, foto motore e faringeo.
L’esame neurologico dovrà porre attenzione ai seguenti segni:
 Deviazione del capo e/o occhi
 Asimmetrie facciali (occhi, rima orale, lingua)
 Rigidità nucale, Babinski
 Emiflaccidità o ipertonia, Postura in Decorticazione/Decerebrazione
GCS
La Glasgow Coma Scale (Scala di Glasgow), nota anche in medicina come Glasgow
Coma Score (punteggio del coma di Glasgow) o scala GCS è stata sviluppata e poi
pubblicata nel 1974 da Graham Teasdale e da Bryan il J. Jennett, professori di
neurochirurgia all'università di Glasgow per tenere traccia dell'evoluzione clinica dello stato
del paziente in coma postraumatico.
La Glasgow Coma Scale inizialmente usata per valutare il livello della coscienza dopo
lesioni traumatiche craniche è ora largamente usata in tutto il mondo per i suoi innegabili
vantaggi essendo applicabile a tutti i pz acuti di trauma e medici, in ospedale inoltre è
utilizzata nel monitoraggio clinico del pz ricoverato in terapia intensiva. Altri vantaggi che
vanno menzionati sono: l'estrema semplicità, che ne permette l'impiego anche da parte di
personale non specializzato, la possibilità di consentire un linguaggio comune fra sanitari,
aspetto questo particolarmente importante nel periodo che intercorre fra il primo soccorso
ed il definitivo ricovero del malato in un centro specialistico, fase nella quale una
sistematica valutazione dello score e delle sue variazioni fornisce un attendibile
monitoraggio dell'evoluzione delle condizioni cliniche.
La Glasgow Coma Scale inoltre evitando il ricorso a termini, quali decerebrazione e
decorticazione, che richiedono un'interpretazione dei sintomi e non una loro semplice
descrizione, ed escludendo altresì riferimenti alle condizioni del tono muscolare, riduce
concretamente le possibilità di errate conclusioni diagnostiche.
La scala di Glasgow è meno adatta ai bambini, specialmente sotto i 36 mesi di età,
quando il piccolo paziente non ha ancora sviluppato una padronanza del linguaggio: per
questo è stata messa a punto la Pediatric Glasgow Coma Scale, una versione modificata
da applicare ai bambini più piccoli.
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Interpretazione GCS
La Glasgow Coma Scale prevede la valutazione combinata delle risposte oculari
(E),verbali (V) e motorie (M): ad ognuna di queste viene assegnato un punteggio e la
somma dei tre valori costituisce l’indice di GCS o score, rappresenta cioè il livello di
coscienza del paziente. Lo score risulta dalla somma delle migliori risposte oculari, verbali
e motorie ottenute; tale indice può venire espresso in forma analitica (EVM) con i tre
punteggi separati e può assumere tutti i valori da 3 oppure E1 V1 M1 (coma profondo) a
15 oppure E4 V5 M6 (paziente sveglio e cosciente). I diversi elementi così come la somma
del segno sono importanti ed essere ad es. espresso nella forma GCS 9 = E2 V4 M3
Generalmente, il coma è classificato come:



Severo, con GCS ≤ 8
Moderato, GCS tra 9 - 12
Lieve, GCS ≥ 13
Va precisato che le risposte motorie devono essere ricercate nell'arto superiore e che con
il termine flessione anomala s’intende una delle seguenti risposte: movimenti di estensione
e flessione alternati, postura in flessione stereotipata, flessione estrema del polso,
abduzione dell'arto superiore o flessione delle dita sopra il pollice; le risposte dubbie
vanno considerate come flessione normale. In presenza di risposte motorie diverse nei
due lati, va sempre tenuto conto della migliore, poiché scopo della classificazione è la
valutazione del livello di coscienza e non la ricerca di lesioni focali (infatti un paziente può
essere, ad esempio, cosciente ed emiplegico). Lo stimolo doloroso appropriato e
standardizzato è costituito dalla compressione del letto ungueale o del forame
sovraorbitario con le dita, ma possono essere impiegati anche altri stimoli, quali un forte
pizzicamento sul cucullare o una pressione sullo sterno con le nocche delle dita.
Neanche la Glasgow Coma Scale è tuttavia esente da critiche. Infatti con la sola
indicazione dello score globale si finisce con il conglobare in un unico valore situazioni che
possono essere alquanto diverse. Ad esempio uno score di 7, risultante da E1 V2 M4 è
probabilmente indicativo di un danno più grave di quello correlato a E1 V1 M5. Il che sta
anche a significare che nella Glasgow Coma Scale le risposte motorie sono più probanti
nel definire lo stato di coma rispetto a quelle oculari e verbali. Inoltre la Glasgow Coma
Scale, mentre è senz'altro un indice assai soddisfacente per la determinazione del livello
di coscienza nel paziente vigile e nel coma lieve, nel traumatizzato cranico grave si riduce,
nella gran parte dei casi, ad espressione della sola valutazione della migliore risposta
motoria, trattandosi per lo più di pazienti portatori di tubo endotracheale o sedati
farmacologicamente. L'intubazione e i traumi facciali che comportano tumefazione o
danno severo dell'orbita, rendono impossibile verificare nel primo caso la risposta verbale
del pz che non potrà comunicare e nel secondo le risposte dell'occhio. In queste
circostanze, si preferisce documentare il segno specificando le relative diverse
componenti, così se un paziente con un indice GCS di 15 sarebbe documentato come
GCS 15 (E4-V5-M6) un paziente intubato con trauma facciale e impossibilità ad aprire gli
occhi per la tumefazione e flessione anormale, sarà descritto come E1c dove “c„ sta ad
indicare che ha gli occhi chiusi, “V1t„ dove t indica la presenza di un tubo
endotracheale, lasciando un segno del motore di 3 per la flessione anormale e cioè GCS
5tc (1Ec,1Vt,3M). Nel paziente traumatizzato inoltre, altri fattori possono alterare
indipendentemente il livello di coscienza rispetto alla concomitante lesione cerebrale,
limitando la capacità e accuratezza della scala di Glasgow nel riflettere la severità di una
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lesione cerebrale traumatica, tra questi rientrano: lo shock elettrico, l’ipotermia, l'uso di
droghe, l’ alcool, le alterazioni metaboliche o gli stessi farmaci utilizzati per un’IT che
agiscono sullo stato di coscienza del paziente. Nonostante queste limitazioni, è
abbastanza utile ed è di gran lunga il sistema di valutazione più ampiamente usato oggi
per valutare i pazienti con alterazioni dello stato di coscienza.
Nel dettaglio si basa su tre aspetti clinici fondamentali:



L’apertura degli occhi, descrive la vigilanza del paziente;
La migliore risposta verbale, cioè se il paziente riesce a relazionare verbalmente;
La migliore risposta motoria, espressione di salute delle sue funzioni motorie.
Per ognuno degli aspetti clinici si possono avere diversi tipi di risposte ad ognuna delle
quali è stato attribuito un punteggio, si parte dalla migliore risposta per arrivare alla
peggiore.
L’esaminatore dovrà inoltre valutare le dimensioni, l’ uguaglianza e la reattività delle
pupille, la posizione degli occhi a riposo e in risposta alla manovra degli occhi da
bombola, i riflessi corneali, il riflesso faringeo.
La dilatazione pupillare unilaterale può essere il primo segno di disfunzione del
tronco encefalico dovuto all’erniazione dell’uncus, una pupilla dilatata e fissa in un
paziente vigile che si lamenta di cefalea suggerisce un’aneurisma cerebrale, il test
degli occhi da bombola, in cui gli occhi si muovono in modo coniugato nella direzione
opposta alla rotazione della testa, non dovrebbe essere eseguito se si sospetta una
lesione al rachide cervicale.
In un paziente comatoso, obnubilato, in cui gli occhi si muovono da entrambi i lati il riflesso
è positivo e indica che il tronco encefalico funziona normalmente, quando non è presente
indica la possibile e significativa disfunzione del tronco così come l’assenza del riflesso
corneale e faringeo, ricordarsi che per avere il riflesso corneale può essere necessario
uno stimolo intenso per ottenerlo in un paziente in coma profondo.
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Il trattamento del paziente con ASM nella fase del soccorso dovrà prevedere quindi
le seguenti procedure









A - Assicurare la pervietà delle vie aeree: Manovre BLS, Aspirazione, Cannule
oro/naso faringee se necessarie e tollerate,
B - Ossigenazione e supporto ventilatorio: O2 ad basso flusso reservoir, alto
flusso venti mask, Ventilazione con AMBU o Va e vieni, prepararsi se inefficaci a
mantenere una adeguata saturazione periferica a un’eventuale IT, per questo
scopo sarà necessario monitorare la SPO2 con saturi metro.
C - Accesso venoso con infusione di soluzione salina: Infondere in base alle
condizioni emodinamiche del paziente; evitare glucosate a meno che non siamo di
fronte a casi di ipoglicemia, (il prelievo ematico: ematochimici, tossicologico,
alcolemia, etc, EGA in fase successiva alla stabilizzazione del paziente critico,
basandosi sull’ indirizzo diagnostico ipotizzato )
C - Controllo della glicemia DXT: Trattare l’ipoglicemia/iperglicemia
C - Monitoraggio ECG: Se riscontrate trattare aritmie secondo le Linee Guide
D – Iperventilare: se segni di ipertensione endocranica/erniazione, controllo di
eventuali crisi comiziali con terapia specifica
E – Trasporto del paziente: in posizione semiseduta se stato di coscienza
ripristinato o in PLS se non cosciente con l’eventuale immobilizzazione di segmenti
ossei traumatizzati, molti soni i quadri clinici con cui si può manifestare
un’alterazione dello stato di coscienza in questo corso quelli che proponiamo sono
quelli di più frequente riscontro e che allarmano notevolmente chi è presente
all’evento, alcuni hanno come causa scatenante anche patologie sottostanti gravi,
potenzialmente pericolose per la vita per cui è fondamentale un’ approccio
adeguato al paziente, tratteremo:
Ipoglicemia
Sincope
Crisi convulsiva generalizzata
Eventi cerebrovascolari acuti
IPOGLICEMIA
Trattamento iniziale sulla base della valutazione primaria
 O2 terapia in maschera se necessario SPO2 < 90 in aa.
 Monitoraggio multiparametrico di: ECG, PA, SAT, FC, FR, TC
 Accesso venoso, DXT, prelievi ematici.
Diagnosi: segni e sintomi di ipoglicemia:
 Ansia, irrequietezza, tremori, palpitazioni
 Senso di fame, sudorazione
 Astenia difficoltà alla concentrazione
 Sonnolenza, anomalie comportamentali
 Sensorio progressivamente confuso
 Perdita di conoscenza
 Possibili convulsioni o deficit neurologici
 Regressione dopo assunzione/somministrazione di glucosio
 Respiro da anormale a superficiale
 Tachicardia con polso pieno
 Pressione arteriosa nella norma
 Midriasi bilaterale
15
Trattamento dell’ipoglicemia
Trattare se glicemia < 50 mg/dl non sintomatica o se < 60 mg/dl se sintomatica.
Pz cosciente: glucosio o bevande zuccherate x os 2-4 cucchiaini o zollette
Pz non cosciente: glucosio e.v.:
somministrare fino a 25gr: 2fl da 10ml di glucosio 33% = 6.6g
se non reperibile accesso venoso: Glucagone 1 mg i.m. effetto tardivo circa 10-20minuti
SINCOPE
Definizione
 Perdita di coscienza transitoria
 Breve durata < 5’
 Incapacità a mantenere il tono posturale
 Insorgenza più o meno improvvisa (con o senza prodromi)
 Risoluzione spontanea
Fisiopatologia
 Riduzione generalizzata del flusso ematico cerebrale (transitorio) dovuto ad una
caduta pressoria per cause cardiache o vascolari
 Ipoperfusione cerebrale transitoria con durata di 8-10” (giustifica la breve durata)
 Se ipoperfusione > 15” si possono associare contrazioni tonico cloniche e
incontinenza sfinterica (s. convulsiva)
Classificazione
Quella che presentiamo è quella maggiormente impiegata anche se formalmente
intendendo per sincope una PDC a risoluzione spontanea e di breve durata, tutte le
sincopi cardiache in cui si renda necessario effettuare manovre di rianimazione
cardiopolmonare non sono in realtà sincopi in quanto la loro durata è molto maggiore nel
tempo e non cessano spontaneamente, inoltre per definizione quelle non cardiovascolari
non riconoscono l’ipoperfusione come meccanismo patogenetico e dunque anche queste
per definizioni non sarebbero sincopi.
♣ SINCOPI CARDIOVASCOLARI: cardiache, neuro mediate o riflesse, cerebrovascolari
Cardiache 10% delle sincopi



Aritmie (80% delle s. cardiache)
Ostruzioni all’efflusso
Alterazioni della contrattilità
Neuromediate o riflesse 55% delle sincopi
Vasovagale (30-37%)
Situazionali o visceroriflessa, ortostatica
Seno-carotidea
Cerebro-vascolari
♣ SINCOPI NON CARDIOVASCOLARI
Sarebbe meglio definirle come PDC momentanee in quanto il meccanismo patogenetico
alla base del quadro clinico non è correlato all’ipoperfusione cerebrale ma a patologie
elettrogene o a cause metaboliche o anche a farmaci che agiscono sullo stato di
coscienza con altre modalità
16
 Neurologiche (Cerebrovascolari e non) < 10% delle sincopi
 Metaboliche < 10% delle sincopi
 Psichiatriche < 5% delle sincopi
In genere deve essere sospettata la natura psicogena se episodi ricorrenti, che non
determinano mai lesioni traumatiche e se il pz è noto per patologie psichiatriche

INDETERMINATE 15-20% non diagnosticate etiologicamente
Rischio di Mortalità ad 1 anno
 Cardiaca
18-33%
 Causa extracardiaca
0-12%
 Indeterminata
6%
Fondamentale è quindi innanzi a una sincope porsi 2 domande: è una PDC dovuta a
sincope? E’ di natura cardiaca o no? E utile ricordare che una prolungata PDC è più facile
abbia una patologia diversa dalla sincope, sono possibili lesioni traumatiche in seguito a
sincope, possono esistere condizioni sottostanti alla sincope anche molto gravi che vanno
quindi identificate e trattate.
Valutazione primaria
Immediato riconoscimento di una PDC da un ACC.
Se paziente non cosciente non rispondente agli stimoli, se rinvenuto seduto si posizionerà
a terra il corpo seguendo il corretto allineamento del rachide
Se respiro e polso assenti: allarme (attivazione medico/rianimatore), RCP, carrello
d’emergenza.
Se respiro e polso presenti: allarme (attivazione medico), carrello emergenza
Come sempre la valutazione e il conseguente trattamento si focalizzerà sul controllo delle
vie aeree, della ventilazione e del circolo, se si ipotizza un eventuale trauma a carico della
colonna spinale dovrà essere stabilizzato il rachide, dapprima manualmente, poi con un
collare cervicale appena disponibile, se non sono riscontrate lesioni traumatiche agli arti
inferiori il loro sollevamento favorirà il ritorno venoso al cervello, migliorando la sua
perfusione e quindi il livello di coscienza del paziente.
Valutazione secondaria.
A- garantire la pervietà delle vie aeree, disostruire/aspirare, rimuovere protesi, dare O2.
B- eseguire OPACS, valutare FR e rilevare SPO2, EGA
C- il monitoraggio cardiaco è importante nei casi in cui si sospetti una sincope di origine
cardiaca, saranno sintomi rilevanti: l’associazione con il dolore toracico, le palpitazioni o se
manifestatasi in posizione clinostatica o sotto sforzo; se non si rilevano alterazioni al
monitor ECG perché evento autolimitatosi mantenere comunque il monitoraggio perché
potrebbe ricomparire l’eventuale evento aritmico, un ECG a 12 derivazioni potrebbe
riscontrare alterazioni ischemiche (SCA. IMA), monitorare la FC e posizionare un accesso
venoso con infusione di cristalloidi
eseguire un DXT e il prelievo ematico.
D- valutazione GCS, pupille, deficit neurologici: afasia, ipostenia o deficit facciali
Punto rilevante nella diagnosi sarà la raccolta anamnestica dal pz o dai presenti all’evento
1. circostanze immediatamente precedenti all’evento (seduto, sdraiato, in piedi,
sforzo, altro)
2. sintomi correlati all’inizio dell’evento (nausea, vomito, tachicardia, dolore,
sudorazione etc.)
3. segni rilevati dal testimone/sanitario (scosse tonico cloniche, bava alla bocca,
morso linguale, incontinenza sfinteriale, aspetto cutaneo: pallido o cianotico)
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4. sintomi al termine dell’evento (tachicardia, vertigini, astenia, dolore toracico
,dispnea, ect)
5. anamnesi familiare; patologica: diabete, convulsioni, ipertensione, ischemia
cerebrale o cardiopatia nota, eventuali allergie; farmacologica: se terapia in atto
assunta o se di nuova prescrizione; se precedenti episodi, lo stato di nutrizione e
idratazione del paziente.



Nel 40-50% dei casi la diagnosi può essere formulata con un’anamnesi accurata e
un esame obiettivo con misurazione della PA in clino e ortostatismo.
Ad eccezione dell’ECG, i comuni esami bioumorali aggiungono poco o nulla ai fini
diagnostici, utili solo nel sospetto di anemizzazione, ipoglicemia e alterazioni
elettrolitiche.
I farmaci nell’anziano sono spesso causa di sincope (ipotensivi, beta bloccanti, alfa
litici, nitrati, diuretici, triciclici, inibitori MAO, fenotiazine, levodopa).
CRISI CONVULSIVA GENERALIZZATA
Si definisce come un’anomala attività neurologica causata da un’anomala attività elettrica
dei neuroni cerebrali, le convulsioni quantunque originino dai neuroni cerebrali, sono un
evento clinico e come si manifestano dipende largamente dalla zona del cervello da cui
provengono.
Il cervello è la sede della coscienza: piena consapevolezza di se stessi e dell’ambiente
circostante evidenziato dall’interazione con ciò che ci circonda. I termini di alterato stato
mentale o di alterato stato di coscienza si riferiscono ad una diminuzione della
consapevolezza e alla mancata o errata reazione nei confronti dell’ambiente.
La coscienza ha due componenti ben distinte: la vigilanza e la coscienza, la prima è lo
stato corrispondente all’essere svegli, il livello di attenzione è mediato dal sistema
reticolare ascendente RSA che si estende dalla regione pontina mediana al diencefalo e
mantiene attivi gli emisferi cerebrali. Quando vengono stimolati dal RSA, gli emisferi
mantengono un certo grado di veglia. Quando le funzioni corticali vanno perse (in caso di
danno alla corteccia) il RSA e il tronco encefalico pongono mantenere uno stato di veglia
(lo stato vegetativo di cui sopra) in cui vi è attività, ma non coscienza.
Le crisi convulsive, in base al tipo, influiscono in modo variabile sulla coscienza, alcune
riguardano la corteccia, mentre altre riguardano la corteccia e il RSA, ciò rende ragione
del fatto che in alcuni tipi di crisi il paziente appare sveglio, ma senza piena conoscenza di
quello che gli sta accadendo e dell’ambiente circostante e ciò spiega come alcune crisi
possono essere confuse come attacchi acuti di patologie psichiatriche o con stati eccitatori
dovuti all’assunzione di droghe.
Le crisi convulsive sono caratterizzate da:
1.
2.
3.
4.
Alterato stato mentale
Attività motoria anomala
Fenomeni sensitivi o percezioni sensoriali
Comportamenti inappropriati
Classificazione

Crisi generalizzate: tonico-cloniche, assenze

Crisi parziali: semplici (motorie, sensitive e sensoriali)
complesse (comportamenti anomali con alterato stato mentale)
18
Altra classificazione distingue poi le crisi comiziali in:

Forme idiopatiche

Forme secondarie:
 Traumi cranici
 patologie SNC (stroke, tumori, infezioni tipo meningite encefalite
ascessi )
 disordini metabolici conseguenti a: ipossia, ipercapnia, al.
elettrolitiche quali ipo o ipernatriemia, ipo e ipercalcemia,
ipokaliemia, ipoperfusione, ipoglicemia, m. epatiche e renali, farmaci
quali antidepressivi triciclici, stupefacenti come l’ ecstasy, LSD
cocaina, s. da astinenza alcoolica, sottodosaggio di farmaci
anticonvulsivanti.
Crisi generalizzate



Sono sempre bilaterali e simmetriche,
Coinvolgenti l’attività di scarica neuronale di ambedue gli emisferi cerebrali
Producono sempre una perdita di conoscenza
A seconda del tipo di movimento muscolare associato con la crisi si distinguono due classi
principali
 Crisi tonico-cloniche generalizzate (che tratteremo)
 Assenze
Le crisi tonico-cloniche generalizzate si presentano con tre fasi susseguenti:
1. fase tonica: rapida perdita di coscienza con caduta a terra, grido caratteristico
per contrattura muscolare toraco-addominale con espirazione a glottide
chiusa, contrattura della mandibola e morsicatura della lingua, rigidità del
paziente e opistotono, possibile risoluzione sfinterica e più raramente fecale.
Complessivamente dura 10-15 secondi.
2. fase clonica: contrazioni muscolari ritmiche che progressivamente
diminuiscono di ampiezza e frequenza. In questa fase pericolo importante da
tenere in considerazione solo gli eventi traumatici a carico della lingua e delle
articolazioni. Durata solitamente compresa tra 1-2 minuti.
3. fase post-critica: il soggetto progressivamente va verso il recupero dello stato
di coscienza, frequentemente è confuso, astenico, con cefalea, tende ad
assopirsi, può avere amnesia dell’accaduto. Molta attenzione deve essere
prestata all’ipoglicemia in quanto questi pazienti nelle due fasi precedenti
consumano molto ATP e glucosio con conseguente ipoglicemia e acidosi
metabolica all’EGA. Durata generalmente tra 15 – 30 minuti ad alcune ore.
La tipica presentazione clinica sarà determinata:
•
dall’apnea il pz si presenterà cianotico
•
con respiro stertoroso
•
bava alla bocca (spesso saliva frammista a sangue)
•
morsicatura della lingua (laterale)
•
perdita del controllo sfinteriale (feci e urine)
•
possibili lesioni traumatiche
19
Condizione di particolare gravità è lo Stato di male epilettico:
•
crisi convulsiva di durata superiore a 30 minuti
•
2 o più crisi senza ripresa dello stato di coscienza fra i singoli episodi
•
gravi alterazioni cardiorespiratorie e metaboliche, dell’omeostasi termica con
conseguente danno cerebrale permanente
Lo stato di male epilettico ha una mortalità che si avvicina al 30%, è quindi molto
importante gestire questa situazione in modo aggressivo se si vorranno evitare gravi danni
permanenti al paziente. Questa condizione richiede una gestione aggressiva delle vie
aeree per contrastare l’ipossia e l’immediato utilizzo di farmaci anticonvulsivanti, se con gli
usuali farmaci su indicati la crisi non viene fermata sarà necessaria la somministrazione di
difenilidantoina, pentobarbital o addirittura arrivare al coma farmacologico con barbiturici.
Approccio al paziente con crisi comiziale:
Valutazione ambientale:
ricerca di potenziali indizi: di possibile eziologia traumatica, ricercare: farmaci, segnali di
abuso alcolico o di sostanze tossiche o di qualsiasi altra cosa che possa indicare
un’origine farmacologica della crisi quali blister di farmaci o siringhe, glucometer,
attenzione a contatto con eventuali fluidi biologici contaminanti.
avvicinarsi al paziente: allontanando da questi mobili o altri oggetti potenzialmente
pericolosi anche se ci troviamo già in fase post critica per possibile recidiva della stessa.
Valutazione ABCD
Simile sia in fase attiva che post critica e rivolta al riconoscimento e trattamento delle
potenziali condizioni pericolose per la vita.
La prima priorità è A
• garantire la pervietà delle vie aeree, il paziente non deve per forza essere in fase critica
per avere ostruzione delle vie aeree; anche in fase post critica, può non essere in grado di
controllare la muscolatura della lingua e dell’ipofaringe e inoltre si può rilevare la presenza
di: vomito o sangue che devono essere immediatamente aspirati,
• necessaria sarà la PLS, ciò permetterà alle secrezioni o al vomito di essere espulsi
senza ostruire le vie aeree. Se la crisi è ancora in atto, assicurarsi che nessuno abbia
posizionato oggetti nella bocca del paziente per evitare la morsicatura della lingua, perché
a loro volta possono provocare lesioni dentarie o un’ostruzione delle vie aeree, il presidio
di scelta è il posizionamento della cannula nasofaringea, inseribile con facilità e ben
tollerata, molto raramente il paziente in fase post critica richiede un’ IOT, normalmente la
gestione delle vie aeree si risolve con la cannula ed un’adeguata aspirazione, con la
successiva somministrazione di O2 in maschera o con MP, finché il paziente non sarà
abbastanza sveglio da provvedere autonomamente alla pervietà delle vie aeree e alla
ventilazione.
Successivamente si valuterà la ventilazione B

spesso i pazienti risultano affaticati e con respiro superficiale, durante la crisi potrà
presentare fasi di apnea dovute all’estrema contrazione muscolare, l’apnea si risolve al
termine della crisi, ad ogni paziente deve essere applicato una maschera reservoir con
O2 al 100% 12-15 l/min, valutare comunque la FR, tenendosi pronti ad assistere la
ventilazione qualora risulti inefficacie l’iniziale somministrazione di O2 in maschera
Valutare poi lo stato circolatorio C
• caratteristiche del polso, monitoraggio PA, ritmo cardiaco e FC, in quanto spesso le
crisi comiziali possono precedere un arresto cardiaco scatenato dall’ipossia prolungata,
• precoce posizionamento di un accesso venoso, esecuzione di un DXT, terapia.
Valutare lo stato neurologico D
• Pupille, deficit neurologici e GCS
20
Nella fase critica
L’obiettivo principale sarà interrompere la crisi. In questa fase peraltro difficilmente sarà
possibile monitorare il ritmo ECG e determinare la PA
I farmaci utilizzati sono le benzodiazepine, il meccanismo d’azione si basa sulla
stimolazione della secrezione del GABA (acido gamma-amino-butirrico); tale sostanza
diminuisce la stimolazione neuronale pre-sinaptica e così l’attività elettrica che sostiene la
crisi comiziale può essere fermata o perlomeno attenuata. I due farmaci più utilizzati sono
il Diazepam e il Lorazepam
 Diazepam somministrato x vie ev. o rettale nei bambini
dose 5 mg ev. ripetibile dopo 5 minuti massima dose 20 mg, durata d’az.30-40 min
 Lorazepam 2 mg infusione lenta ev. ripetibile sempre 2 mg bolo ev. fino a un
massimo di 0.1 mg/kg, durata d’azione maggiore 90 minuti.
Altro farmaco Midazolam sempre somministrazione ev.
Ricordarsi che tutti questi farmaci sono ipotensivanti e provocano depressione respiratoria
per cui il paziente deve essere continuamente monitorato.
Se la crisi è la prima o il paziente non è un noto epilettico bisognerà escludere tutte le
forme non idiopatiche di crisi comiziali da qui la necessità come già indicato di eseguire un
DXT per escludere un’ipoglicemia, se l’origine della convulsione è dovuta all’ipossia, la
gestione delle vie aeree dovrà essere mantenuta con controllo costante della saturimetria,
se abbiamo un paziente febbrile trattiamo immediatamente la febbre (raffreddandolo o
utilizzando antipiretici) e successivamente ricercarne le cause.
Nella fase post critica
Se il paziente ha già superato la fase critica e la valutazione primaria è terminata e i rischi
potenziali per la vita sono superati, si potrà procedere
•
All’esecuzione: dei prelievi ematici, all’ECG a 12 derivazioni, all’esecuzione
dell’EGA e al monitoraggio dei parametri vitali
•
Alla raccolta dell’anamnesi
•
All’esame obiettivo mirato
Il paziente potrà presentarsi stanco, confuso addirittura non ricordare l’accaduto sarà
comunque necessario ricavare il maggior numero di informazioni e se il paziente non sarà
in grado di fornirle le stesse andranno richieste ai familiari o ai presenti alla crisi. Il termine
della valutazione sarà un accurato esame obiettivo alla ricerca di eventuali traumatismi
riportati durante la crisi procedendo in tal caso all’immobilizzazione dei segmenti
scheletrici coinvolti. Continuare il monitoraggio dei parametri vitali, supportando la
ventilazione, il circolo e rassicurare soprattutto il paziente.
ICTUS CEREBRI
L’ictus cerebrale è una causa strutturale di deficit mentale e/o neurologico. Può colpire
qualsiasi parte dell’encefalo, incluso il cervello e l’ RSA. Di norma avviene un’interruzione
del flusso di sangue a un’area del cervello, la conseguente mancanza di ossigeno e di
nutriente causa un danno alle cellule che si evidenzia in un’alterato stato mentale e/o
neurologico. Se il flusso di sangue non viene ristabilito in tempi brevi si determinerà la
morte cellulare, cioè un‘ infarto e una volta instauratosi il tessuto cerebrale danneggiato
non ha possibilità di rigenerarsi quindi similmente a ciò che accade per l’infarto cardiaco in
cui il tempo di ischemia corrisponde a muscolo, per l’infarto cerebrale il tempo è neuroni,
inoltre in questo caso il tempo disponibile per un’eventuale terapia riperfusiva è minore e
indicato in 3 ore, oltre questo tempo la possibilità di recupero si avvicina allo zero. È
essenziale quindi che un paziente con un ictus venga valutato immediatamente e i sintomi
precocemente riconosciuti, il tutto nell’obiettivo di attivare procedure diagnostiche
terapeutiche nel tempo su indicato dall’insorgenza dei sintomi.
21
Gli ictus sono classificati in:
 Ictus ischemico
 Ictus emorragico
L’ictus ischemico
Avviene per occlusione di un vaso arterioso cerebrale determinando una riduzione di
flusso ematico alle cellule nervose a valle dell’ostruzione che in breve tempo andranno
incontro a morte, i disturbi tendono a peggiorare nel tempo ma si stabilizzano entro 24-72
ore, in base alla loro causa si distinguono:
Ictus trombotici: conseguenti a sviluppo di un trombo su una placca di un vaso
arterioso cerebrale, in questi casi i sintomi e i deficit sono a lenta insorgenza, senza
sintomi rilevanti, usualmente il paziente è rinvenuto al risveglio con il deficit.
Ictus embolici: conseguenza di un embolo staccatosi a monte e poi localizzatosi a
livello distale di un’arteria dando vita a manifestazioni cliniche ad ’esordio acuto
senza segni premonitori, non è inusuale che insorga sotto sforzo (responsabile del
distacco dell’embolo dalla parete arteriosa in causa > carotide) o in seguito a
partenza degli stessi a livello cardiaco in pazienti con misconosciuta FA non
sottoposti a terapia antiaggreganti o a TAO.
In base alla sede dell’arteria occlusa l’ictus può manifestarsi con varie modalità, lo stato di
coscienza potrà essere alterato da un banale senso di confusione, allo stupore, al coma o
anche essere assente, dal punta di vista neurologico si manifesteranno deficit motori,
sensoriali o disturbi della parola con quadri di gravità diversi a seconda dell’area ostruita e
del vaso interessato, le due alterazioni seppur possono coesistere possono anche essere
presenti separatamente.
TIA
È l’espressione meno grave della malattia aterosclerotica in questo caso l’ostruzione si
risolve determinando in breve tempo la restitutio ad integrum del deficit neurologico
comparso all’esordio in quanto l’ischemia ha avuto un tempo di azione limitato nel tempo
che non è stata in grado di determinare la morte cellulare dei neuroni, rimane comunque
un campanello d’allarme e i pazienti dovrebbero comunque essere sottoposti ad
accertamenti e terapie profilattiche atte a evitare l’insorgenza futura di un ictus.
L’ictus emorragico
Conseguente a rottura di un vaso cerebrale con due conseguenze mancato afflusso di
sangue ai neuroni e conseguente morte cellulare similmente a ciò che avviene nell’ictus
ischemico, in più il sangue si accumula in uno spazio non estensibile quale il cranio
determinando segni e sintomi legati all’ipertensione endocranica e alla successiva
erniazione cerebrale che può portare a morte in breve tempo. Le cause più frequenti sono
l’ipertensione, la presenza di aneurismi o malformazioni artero-venose già presenti alla
nascita, questi ictus si possono manifestare in qualsiasi momento sono legati a un
aumento pressorio, a uno sforzo o evento stressante, l’insorgenza è improvvisa i sintomi
rapidamente ingravescenti frequentemente preceduti da cefalea e tipicamente dai segni di
ipertensione endocranica quando l’area emorragica è di dimensioni notevoli.
Valutazione primaria
Andranno ricercati i sintomi principali in particolari i deficit neurologici, la presenza di
cefalea, la postura assunta dal paziente, atteggiamento in flessione (decorticazione) o in
estensione (decerebrazione) cosi come ascoltare il respiro del paziente che potrà essere
difficoltoso per incapacità a deglutire o ad eliminare efficacemente le secrezioni.
22
Al rinvenimento del paziente, dovrà seguire naturalmente l’allarme e l’attivazione del
personale medico o infermieristico a seconda della figura professionale che lo ha
inizialmente valutato con la richiesta del carrello d’emergenza.
Valutazione secondaria
A - valutazione della pervietà delle vie aeree eventualmente mantenuta con una cannula,
rimuovendo protesi o aspirando secrezioni o vomito se presenti, la stessa caduta della
lingua all’indietro potrebbe essere causa di ostruzione delle vie aeree, a questo punto
segue la precoce somministrazione di O2 in maschera, se paziente in coma ventilarlo con
maschera e pallone AMBU, se necessità di protezione delle vie aeree per pericolo di ab
ingestis o riscontro di un GCS ≤ 8 prepararsi a controllo aggressivo delle vie aeree con
IET.
B – valutazione del respiro: fare attenzione alla comparsa di quei pattern respiratori
patologici prima descritti in causa negli ictus gravi o se associata un’aumentata pressione
intracranica per un’erniazione cerebrale, monitoraggio della FR e della saturazione di O2
verificando che il supporto ventilatorio somministrato sia sufficiente ed adeguato
eseguendo un’EGA.
C - valutazione del circolo con monitoraggio cardiaco per l’eventuale riscontro di aritmie
prima fra tutte la Fibrillazione Atriale una delle cause più frequentemente responsabile di
eventi cardio embolici (se misconosciuta o se nota ma il paziente non assume alcuna
profilassi trombo embolica), posizionamento di accesso venoso infondendo solo
cristalloidi, esecuzione di DXT (non è infrequente che un’ipoglicemia si possa manifestare
con sintomi identici all’ictus cerebri la sola somministrazione di glucosio e.v. in questo
caso risolve il quadro neurologico in pochi minuti), nei casi di erniazione tipico il riscontro
di bradicardia e ipotensione.
D - valutazione dello stato neurologico a questo scopo utile l’esecuzione del Cincinnati
Stroke Score*, capace di riscontrare con poche manovre o ordini somministrati al
paziente i deficit neurologici classici: deficit facciali, della forza/motori degli arti, alterazione
del linguaggio.
Ricerca di alterazioni dello stato di coscienza con vari gradi di manifestazione clinica o
GCS, valutazione delle pupille: diametro simmetria e reattività alla luce.
E - ricercare eventuali segni traumatici se il paziente è rinvenuto a terra, provvedendo a
immobilizzare i segmenti corporei coinvolti.
CINCINNATI STROKE SCORE
Segni di stroke
Attività del paziente
Deficit facciali
Il pz vi guarda, sorride
e mostra i denti
Forza arti
Il pz mantiene le braccia
bilateralmente sollevate con gli occhi chiusi per 10”
Interpretazione
Normale: simmetria bilaterale
Anormale: un lato del volto non si
muove o si muove asimmetricamente
Normale: movimenti simmetrici
Anormale: un braccio cade o
movimenti asimmetrici degli arti
Eloquio anormale Il pz esprime una frase senza
incespicamenti nella pronuncia
Normale: sono usate parole
corrette
Anormale: pronuncia scorretta,
parole errate, disartria o afasia
23
Al termine della valutazione raccolta accurata dell’anamnesi o dal paziente o dagli
astanti/parenti all’evento: SAMPLE in particolare l’ora d’insorgenza dei sintomi sarà la
discriminante per attivare un’ eventuale Codice Ictus.
Precoce attivazione del neurologo
Attivazione personale tecnico per Tac encefalo in emergenza per un’eventuale
trattamento neurologico se evento entro le 3 ore e non sussistano controindicazioni
allo stesso
Esecuzione di ematochimici completi ed ECG
Si dovrà sempre proseguire il monitoraggio dei parametri vitali: PA, FC, FR, ECG, SAT
Trattamento punti chiave
 mantenimento della pervietà delle vie aeree,
 adeguata ventilazione alveolare con somministrazione di O2 per prevenire l’ipossia
l’ipercania e l’acidosi;
 se necessaria un’iperventilazione 20 atti/min questa è indicata solo se presenti i
segni di ipertensione endocranica (frequente negli ictus emorragici gravi):
 midriasi mono o bilaterale
 reattività pupillare asimmetrica
 posture finalistiche (flessione o postura in decorticazione, estensione o
postura in decerebrazione) se nessuno di questi è presente, il paziente
deve essere ventilato con 12 ventilazioni/minuto.




la prevenzione o il trattamento dell’ipotensione, mantenendo una PAS pari a o
maggiore a 90 mmHg;
la prevenzione e il trattamento delle convulsioni con BDZ
infusione di soli cristalloidi a goccia lenta in modo da evitare inutili aumenti pressori
a meno che non ci sia un collasso cardiocircolatorio, da evitare soluzioni glucosate
(da utilizzare solo se riscontrati valori di ipoglicemia al DXT), altrimenti responsabili
di edemi cerebrali causa di peggioramento del quadro neurologico.
trattamento dell’ipertensione; in corso di evento neurologico oltre l’80% dei pazienti
presenterà valori pressori elevati in fase acuta per:





stress
ipertensione arteriosa preesistente
fisiologica risposta all’ipossia
ipertensione endocranica
s. dolorosa (cefalea, globo vescicale)
Frequentemente i valori tendono a normalizzarsi in breve tempo spontaneamente
attraverso il controllo delle variabili su indicate
24
Cap. 4
OSSIGENOTERAPIA E GESTIONE DELLE VIE AEREE
NELL’INSUFFICIENZA RESPIRATORIA
Molti sono i casi clinici che possono richiedere la necessità di un supporto di ossigeno o
una assistenza ventilatoria: paziente in ACC, politraumatizzati in coma o in shock per varie
cause o con problematiche cardiorespiratorie.
Il razionale della precoce somministrazione di O2 è di garantire un’adeguata disponibilità
di ossigeno all’organismo e in primo luogo al cervello onde evitare esiti invalidanti al
paziente.
La somministrazione di O2 può essere effettuata o con dispositivi fissi o con
l’utilizzo di bombole portatili. Queste hanno una propria autonomia di
funzionamento direttamente connessa con la capacità della bombola
espressa in litri, alla P rilevata dal manometro ad essa connessa, alla P
residua di sicurezza stimata intorno a 15 atm per garantire un’adeguata
ossigenazione al paziente in respiro spontaneo o assistito con ventilazione
manuale e al flusso/minuto erogato; se la bombola è utilizzata come forza
lavoro nei ventilatori meccanici la P residua di sicurezza sale a 50 atm, infatti
al di sotto di questa pressione non si ottiene il corretto funzionamento del respiratore per
cui in tali casi una quota maggiore di O2 non sarà disponibile per la ventilazione del
paziente e di conseguenza il tempo di autonomia della stessa sarà ridotto (calcolo
dell’autonomia = P bombola (atmosfere indicate) - 50 x litri di capacità/ Vmin erogato al
pz, es.(200-50) x 3L/10 (riferito pz adulto) = 45 minuti;
Il flusso di O2 da somministrare viene visualizzato su un flussimetro interposto tra la
fonte di O2 e il dispositivo di ossigenazione/ventilazione collegato al paziente.
Dispositivi utilizzati per la somministrazione di O2 in respiro spontaneo
Differiscono tra loro per tipo di flusso, concentrazioni erogate e caratteristiche tecniche;
alcuni dispositivi sotto indicati saranno utilizzabili solo nei pazienti in cui l’attività
respiratoria non desti particolare preoccupazione e non necessitino di supporti P esterni
alla ventilazione.
Occhiali nasali o Prongs
Sono sicuramente i dispositivi più semplici per arricchire di O2
l’aria inspirata dal paziente, hanno un basso costo, sono ben
tollerati, consentono l’alimentazione e la possibilità di parlare,
presentano però alcuni inconvenienti: facilità di sposizionamento,
disidratano le mucose per cui necessitano di umidificazioni per flussi >
3-4 l/min, non utilizzabile nei tracheostomizzati o nelle ostruzioni del
naso. La FiO2 è prevedibile unicamente se il paziente respira con
normale pattern respiratorio e a bocca chiusa; infatti solamente con una respirazione a
bocca chiusa si ha un recervoir anatomico naso-faringeo. Sono indicati per l’O2 terapia
domiciliare, nelle patologie non critiche, nell’IR lieve in pazienti che non tollerano la
maschera facciale, come supporto di O2 nel paziente lievemente ipossiemico, attenzione
ai BPCO che tendono ad assopirsi perché tendenzialmente aprono la bocca. La FiO2 è
variabile intorno 28-40% massimo flusso 5L/min.
25
Maschere semplici
Di basso costo, sono dotate di piccoli fori laterali che consentono
l’ingresso e la fuoriuscita di aria, possono dare sensazione di
soffocamento, rischio di inalazione di materiale gastrico.
Non permettono il controllo della concentrazione di O2 erogato, la
FiO2 è maggiore rispetto ai precedenti dispositivi variando dal 3560%, (recervoir 100-200 ml + anatomico) il flusso deve essere tra 610L/min per evitare rebreathing (rirespiro di CO2, infatti per valori < a
6L/min sotto la maschera non vi sarebbe ricambio di gas
accumulandosi CO2), Indicazione: supporto di O2 nel paziente non gravemente dispnoico
in cui non sia necessario conoscere la FiO2, da non utilizzare nell’urgenza e nella BPCO,
possibile impiego nei traumi senza segni di shock, patologie internistiche.
Maschere recervoire
Sono maschere semplici dotate di un serbatoio che deve essere
sempre mantenuto gonfio da un flusso elevato di gas ed essere
riempito prima della sua applicazione al viso del paziente. L’aria
espirata fuoriesce da alcuni fori laterali, consentono elevate FiO2 (fino
90%) per flussi > 12 L/min, flussi massimi 15L/min, risentono comunque
del pattern ventilatorio, necessitano di efficaci meccanismi di “non
rebreather” che da una parte per flussi molto alti possono determinare
blocco in apertura della valvola o per bassi flussi di impedimento alla
respirazione se il reservoire collabisce, per cui attenta sorveglianza del paziente e del
circuito.
Svantaggi: esistendo in una unica misura sono meno efficaci se non aderiscono al volto,
l’alto flusso raggiunto può risultare tossico per i BPCO, hanno un costo elevato.
Indicazioni: severa ipossia tissutale nel paziente non dispnoico (trauma, ipovolemia,
intossicazione da CO, metaemoglobina), nel paziente con IRA che non tollera le pressioni
positive (es. polmonite o cefalea a grappolo), EPA se non disponibile VMNI.
Maschere di Venturi
Possono erogare basse concentrazioni di O2 pur lavorando con elevati
flussi totali di miscela inspiratoria grazie all’ingresso nel circuito di aria
ambiente, utili quando è necessario conoscere esattamente le [O2] da
somministrare al paziente, consentono FiO2 stabili dal 24 al 50%, meno
influenzate dal pattern respiratorio, il rebreathing è assente, hanno un
costo elevato, ma a differenza dei precedenti dispositivi non essiccano le
mucose, per cui risulta ottimale per l’impiego di lunga durata.
L’ossigeno entra nella maschera per mezzo di un ugello che per effetto Venturi aspira
l’aria dall’atmosfera per miscelarla con l’ossigeno, la percentuale di O2 da
somministrare è selezionata dal posizionamento o di riduttori preregolati
di colore diverso o valvole regolabili per un determinato flusso già
applicate alla maschera. Il flusso deve essere sufficientemente elevato da
consentire un’efficace rimozione della CO2 da sotto la maschera
Svantaggi: dubbio sulla quantità di gas erogato con O2 ad alto flusso,
soprattutto se il paziente iperventila.
Indicazioni: IRA ipossiemica, ossigenoterapia nei casi di BPCO riacutizzata, EPA se non
disponibile VMNI, necessità di monitorare pressione e flusso.
Ventilazione con supporto pressorio esterno al pz con respiro spontaneo
Vi sono casi in cui l’attività respiratoria spontanea seppur presente è insufficiente a
garantire un’adeguata ossigenazione/ventilazione del paziente per cui sarà necessario
26
l’utilizzo di dispositivi che garantiranno un adeguato supporto pressorio esterno alla
miscela di gas erogata attraverso una ventilazione manuale (Va e vieni) o meccanica non
invasiva (VMNI), o invasiva assistita o controllata utilizzando ventilatori meccanici e
somministrazione di O2 anche al 100% interponendo un pallone va e vieni munito di
valvola di non ritorno tra il dispositivo di controllo della via aerea es. TE e la fonte di O2.
Va e vieni
Dispositivo dotato di un pallone auto espandibile, una valvola che regola l’ingresso della
miscela di gas, da un’apertura laterale che consente la fuoriuscita dell’aria espirata e da
un tubo da collegare alla fonte di O2
• Vantaggi: supporto ventilatorio con O2 ad alto flusso anche al
paziente cosciente, permette di fornire una pressione di
supporto ed una pressione di fine espirazione.
• Svantaggi: addestramento dell’operatore, breve periodo di
applicazione.
VMNI
1.
2.
3.
4.
Modalità di ventilazione con supporto esterno di PP con modalità
meccanica non invasiva che non utilizza il tubo endotracheale come
interfaccia tra il sistema di ventilazione e il paziente ma particolari
dispositivi in dotazione: maschere nasali, facciali, full face o casco.
Determinante nella sua efficacia sarà la tenuta d’aria tale da garantire il
mantenimento della pressione positiva continua selezionata, nel circuito
respiratorio e nelle vie aeree del paziente, problema questo correlato
soprattutto con le maschere facciali o nasali che devono essere
mantenute ben aderenti al viso del paziente.
A tal fine la maggior parte delle maschere è dotata di un bordo di
cuscinetto gonfiabile e l’aderenza al viso è facilitata da un sistema di
cinghie ad ancoraggio in più punti, ma talora non sono evitabili decubiti
connessi anche con la conformazione anatomica del volto del paziente,
sicuramente più idonee sono le m. full fase o il casco. Le pressioni
positive inspiratorie ed espiratorie sono selezionate manualmente
sul ventilatore a cui si collega anche il supporto di O2 alla miscela
erogata variabile a seconda della causa correlata all’insufficienza
respiratoria. Alle m. facciali possono essere applicate in linea anche
dispositivi per la somministrazione contemporanea di terapia tramite
areosol. Lo scopo della VMNI è di:
Ridurre il lavoro dei m. respiratori
Aumentare la ventilazione alveolare
Ridurre nel polmone le zone di shunt e di mismatch ventilo-perfusionale
Migliorare la compliance toraco-polmonare.
Vantaggi:
1. miglioramento degli scambi gassosi
2. possibilità che la terapia medica abbia il tempo di correggere la
condizione alla base dell’episodio di IRA
3. approccio non invasivo consente di evitare al paziente il
disconfort del tubo endotracheale ed i rischi ad esso connessi,
27
tra cui:



un’aumentata incidenza di polmoniti ventilatorie associata ed altre infezioni
nosocomiali
un prolungamento della permanenza in terapia intensiva (ICU) e in ospedale
un incremento della mortalità intraospedaliera
Il vantaggio sostanziale di evitare il ricorso all’intubazione endotracheale va bilanciata
rispetto ai potenziali svantaggi della NIMV e cioè:
1. disconfort dell’interfaccia non invasiva
2. possibilità che la metodica non sia sufficiente a fornire adeguata ossigenazione o
ventilazione alveolare sulla base di una non accurata selezione del paziente e di
problematiche logistico/organizzativo.
3. difficile controllo delle vie aeree; una eventuale distensione gastrica potrebbe
essere causa di rigurgiti e conseguente inalazione (le vie aeree non sono protette)
4. impossibilità della bronco aspirazione
5. possibili decubiti facciali soprattutto della pelle sul naso, lesioni corneali
Criteri di inclusione
 dispnea severa a riposo,
 reclutamento m. accessori,
 dissincronismo toraco-addominale
 FR > 35/min
 PaO2< 60mmHg FiO2 >50%
 PaCO2 > 60 mmHg
 pH < 7.32 (>7.10)
 pz vigile e collaborante
(Kelly ≤3 soporoso ma risvegliabile)
Criteri di esclusione
FR < 12, apnea
coma
necessità di proteggere le vie aeree
instabilità emodinamica
aritmie severe
PNX se non drenato
impossibilità di adattare la maschera
(edentuli o altre alt. Anatomiche)
paziente non collaborante
Criteri per la sospensione in casi di insuccesso del trattamento:
 Necessità di IOT per compromissione dello stato di coscienza
 Perdita del controllo della protezione delle vie aeree
 Perdita dell’interfaccia non eliminabili
 Peggioramento o mancato miglioramento degli scambi gassosi a 30-60
minuti dall’inizio del trattamento
Criteri che ci indicano l’efficacia della metodica sono:
•
SPO2> 90%,
•
Riduzione della FR>20%
•
Miglioramento dello stato di coscienza e dispnea
•
Normalizzazione del pH ematico
•
Riduzione della PCO2.
28
Ventilazione con supporto pressorio esterno nel paziente in arresto respiratorio
Due modalità: ventilazione assistita manuale o meccanica invasiva
Il sistema di ventilazione manuale.
E’ costituito da 3 elementi collegati tra loro mediante raccordi standard:
Pallone Ambu, auto espandibile con capacità di 1.6L, rifornito da aria ambiente o meglio
arricchita di O2
Una valvola unidirezionale
Una maschera facciale
Pallone auto espandibile Ambu.
E’ costruito in modo da riacquistare rapidamente la forma iniziale dopo la
sua compressione aspirando attraverso una valvola d’ingresso l’aria
proveniente dall’esterno o da un serbatoio di riserva raccordato con la
fonte di O2, è fondamentale la presenza di un reservoir perché
raramente se l’ossigeno arrivasse sotto pressione direttamente al pallone
potrebbe bloccare in posizione inspiratoria la valvola in uscita causando
un baro traumatismo, per ventilare con O2 puro il volume del reservoir
deve essere almeno pari a quello del pallone e il flusso di O2 deve
almeno corrispondere al V/min.
Valvola unidirezionale
E’ posizionata tra il pallone e la maschera o il tubo applicati al paziente,
questa indirizza i gas al paziente in fase espiratoria e in fase espiratoria
ne permette attraverso l’apertura l’emissione dei gas nell’ambiente.
Maschera facciale
Ne esistono di diverse misure a seconda dell’utilizzo nel paziente
l’adulto o pediatrico, preferibili quelle in materiale plastico
trasparente che consente la visualizzazione della bocca e delle
narici e la presenza di vomito, sono fornite di un bordo elastico che
ne permettono l’adattamento al volto del paziente e la tenuta del
circuito di ventilazione a pressione positiva. Il problema più
comune è la difficoltà per il singolo operatore a mantenere
l’aderenza della maschera e contemporaneamente a ventilarlo, per tale motivo è suggerita
la ventilazione a due operatori uno che mantiene la maschera e il secondo che ventila.
Il secondo limite è costituito dalla possibile inalazione soprattutto nel paziente in coma a
stomaco pieno. La ventilazione con questo dispositivo deve essere eseguita in modo non
aggressivo controllando la frequenza e i volumi erogati onde evitare la distensione gastrica
e il rischio di rigurgito e aspirazione nelle vie aeree, la compressione cricoidea con
manovra di Sellick descritta più avanti può limitare questa evenienza, ciò non si realizza
quando naturalmente la ventilazione con Ambu viene effettuata se collegato a un tubo
endotracheale che ne protegge la pervietà.
• Vantaggi: permette di erogare alti flussi di O2, al paziente incosciente.
• Svantaggi: addestramento dell’operatore, breve periodo, non permette di regolare
pressione di supporto e di fine espirazione.
Sia il va e vieni che l’ambu, possono essere connessi al pz interponendo
tra i suddetti dispositivi e il tubo tracheale, un raccordo corrugato e un
filtro scambiatori di umidità e calore; i gas medicali infatti soprattutto se
somministrati per molto tempo tendono a disidratare le mucose del
paziente, nell’intubato poi, in cui viene bypassato sia il cavo faringeo che
le cavità nasali sedi dell’umidificazione e riscaldamento dell’aria inalata,
29
il problema è ancora maggiore, i filtri posizionati tra il tubo e la fonte di O2 permettono da
una parte di proteggere le vie aeree dall’ingresso di microrganismi e dall’altro di
recuperare il calore e l’umidità contenuta nell’aria espirata per restituirla al paziente alla
successiva insufflazione. Sono dispositivi monouso costituiti da un diaframma di fibre
sintetiche posto in un contenitore di plastica trasparente.
Ventilatore meccanico di tipo volumetrico portatile
La somministrazione di determinati Volumi di O2 è garantita solo
per Pressioni nella bombola > 50atm, se inferiore manca la forza
motrice per erogare l’O2 , l’autonomia pertanto in questi casi
della bombola è minore, verificare sempre le atmosfere della
stessa per essere sicuri di avere un ventilatore efficiente,
l’operatore potrà selezionare:
•





la % di O2 da somministrare 40% air mix o 100% no air mix ;
il V/min da erogare per l’adulto 10-12ml/kg e nel bambino 15-18ml/kg
la FR per adulto da15 a 12, nel bambino >20);
impostare i limiti di P negli adulti impostato sui 20-30 nei bambini più basso;
la PEEP
la modalità di ventilazione : CMV controllata: eroga a frequenza costante di atti
respiratori volumi costanti di gas ; AMV assistita: il ventilatore eroga gas solo se
richiesto dal paziente, se il paziente non lo fa il ventilatore non parte e in più non va
in allarme da usare solo con pazienti svegli e collaboranti; AUT automatica:
sincronizza il ventilatore al paziente seguendone il ritmo. Se apnea parte con atti
impostati a frequenza fissa, poi appena il paziente riprende l’attività respiratoria si
concorda con essa.
Indicazione a trattamento con metodiche invasive IET
Quando il supporto ventilatorio non invasivo usato: O2 terapia in maschera a flusso libero
e VMNI
non determinano un miglioramento dei parametri rilevati alla valutazione iniziale
o si assiste a un progressivo peggioramento degli stessi risultando quindi
inefficaci
è necessario procedere all’ Intubazione Tracheale
IT rappresenta il GOLD STANDARD per ottenere e mantenere una pervietà delle vie
aeree e ripristinare un apporto sufficiente di O2 alle cellule.
Vantaggi
permette la visione diretta della cavità orale, faringe e adito laringeo
garantisce il mantenimento della pervietà delle vie aeree e la possibilità di
broncoaspirazione
garantisce la corretta ed efficace ossigenazione e ventilazione del paziente,
previene il rischio di inalazione polmonare proteggendo le vie aeree,
consente la somministrazione di farmaci utilizzandola come via alternativa (ACC)
Svantaggi
traumi facciali, laringe, trachea , bronchi
riduzione diametro tracheale (aumento delle resistenze respiratorie)
sviluppo d’infezioni
perdita riscaldamento e umidificazione naturale dei gas ventilati
intubazione bronchiale selettiva o esofagea
sposizionamento nelle manovre di mobilizzazione del pz o ostruzione del tubo
30
Indicazioni
necessità di bronco aspirazione continua
grave ipossia con sat O2 < 85% nonostante somministrazione di O2 ad alte
concentrazioni o alti flussi, o anche con supporto PP esterno (VMNI: CPAP-Bilevel),
in pratica inefficacia dei metodi non invasivi precedentemente indicati
iperventilazione terapeutica (ridurre ICP)
vi è consensus per IT nel Trauma Cranico con GCS ≤ 8
Modalità di intubazione
 naso tracheale
•
più complessa nella realizzazione
•
migliore visualizzazione faringe e glottide
•
nursing più facile e minor rischio di sposizionamento
•
necessario che il pz abbia una minima attività respiratoria,
•
no se concomita trauma cranico/facciale,
•
ideale nei pz incastrati in cui non è sempre possibile eseguire
laringoscopia diretta
•
 oro tracheale con associate manovre: Sellik o Burp
•
più facile da effettuare
•
usata nell’emergenza e nei trattamenti di breve durata
facilità di posizionamento del tubo
intubazione senza sedazione e blocco neuromuscolare in pz in ACC o con GCS 3
intubazione con sedazione minima e analgesia per pz vigili collaboranti
intubazione con sedazione profonda e analgesia senza blocco neuromuscolare si
ottiene pz. areflessico a dosaggio > dei farmaci poi ev. associare miorilassanti
intubazione con sedazione profonda e blocco neuromuscolare con curari
(depolarizzanti di membrana → succinilcolina, non depolarizzanti → atracrium)
MATERIALE INTUBAZIONE
Per l’esecuzione dell’intubazione tracheale bisognerà preparare e controllare l’efficienza
dei seguenti dispositivi e materiali necessari per la laringoscopia e l’intubazione














Monitor multiparametrico
Cannule di Gudel di varie misure: adulte: n.3 verde, n.4 gialla, n.5 arancione e n.6
rossa; pediatriche n.0, n.1 e n.2
Sistema di aspirazione con oliva e sondini di vario calibro: rosso, arancione, verde e
K21
Laringoscopio con più lame d’intubazione: adulte e pediatriche, curve e rette
Mandrini per adulti e pediatrici in materiale semirigido
Magill adulto e pediatrico
Lubrificante per tubi idrosolubile (spray o gel)
Lunghette o dispositivi per fissaggio tubo
Siringa da 10 ml e cerotto adesivo.
Tubi endotracheali dal n. 5.5 al n. 8.5 per adulti; dal n. 2 al n. 5 pediatrici cuffiati e non
Filtro e Tubo corrugato
Sistema di ventilazione manuale con maschere facciali di varie misure n. 4-5-6 adulto,
pediatriche n. 0-1 e palloni Ambu con reservoir per adulto e pediatrico,Va e vieni
Fonendoscopio, saturimetro
Rilevatori della CO2 espirata o rilevatore esofageo
31
Il monitor multiparametrico
Disponibili nei reparti consentono di
monitorare
contemporaneamente
ritmo
cardiaco, PA, FC , SPO2; alcuni come quelli
disposti sui mezzi di soccorso sono dotati
anche di funzione di pacing esterno e
defibrillatore con scarica effettuabile o con
placche adesive o con piastre manuali
previa selezione manuale dell’energia e della modalità sincrona o meno della scarica
dall’operatore manualmente.
Aspiratore
Deve essere dotato di un contenitore per la raccolta del materiale
aspirato, di un tubo di collegamento di ampio calibro e con pareti non
collassabili e di raccordi per i sondini da aspirazione.
Per l’aspirazione di materiale semisolido dalla faringe gli aspiratori
devono svilippare una pressione negativa di almeno 300 mmHg a tubo
chiuso e un flusso d’aria di almeno 30 L/min a tubo aperto, esistono
dispositivi fissi (sala urgenza, camere di degenza) o portatili come il classico dispositivo
della Laerdal capace di sviluppare un flusso di aspirazione di 30 L/min.
l’aspirazione massima è regolabile da 80 mmHg per non ledere le
mucose a 550 mmHg per rimuovere grandi quantità di liquidi. Può
essere alimentato da corrente elettrica tramite un trasformatore o da
batterie ricaricabili, pesa circa 5kg, il recipiente di raccolta’ ha una
capienza di circa 1L, il recipiente raccoglitore può essere monouso o
riutilizzabile.
Sonde da aspirazione
Si utilizzano sonde in gomma o plastica dotate di più fori all’estremità, prima della
procedura l’operatore deve indossare i guanti per proteggersi dal sangue o dalle
secrezioni del paziente, per l’aspirazione faringea, se il materiale da aspirare non passa
dalla sonda per le sue dimensioni sarà necessario utilizzare il tubo aiutandosi
eventualmente con pinze per rimuovere i CE, se presente trisma l’aspirazione potrà
essere effettuata o dalla cannula di Gudel se posizionata in orofaringe o dalle narici.
L’aspirazione va iniziata solo dopo il posizionamento in faringe della
sonda ed eseguita mentre si ritira il sondino, la ventilazione artificiale se
in atto non dovrebbe essere interrotta per più di 5 sec, il paziente
dovrebbe essere posizionato con il capo volto verso un lato manovra da
non eseguirsi se sospettato un trauma al rachide cervicale in tal caso
necessita l’immobilizzazione dello stesso prima della procedura.
Per l’aspirazione bronchiale scegliere il sondino di calibro adatto che
possa entrare nel tubo endotracheale, fornito di un apertura laterale per
poter regolare l’aspirazione, dopo aver lubrificato il mandrino lo si inserisce nel tubo fino a
che non procede più, l’aspirazione viene effettuata mentre si ritira il sondino, la presenza
di fori multipli all’estremità distale evita le lesioni alle mucose durante la manovra.
Nel paziente non fortemente ipossico, l’aspirazione delle secrezioni può essere prolungata
fino a 10-15”
ripetendola dopo riossigenazione tenendo sempre sotto controllo
l’andamento dei parametri vitali, tempi più brevi sono da impiegare nei pazienti che non
tollerano tempi prolungati di apnea.
32
Le cannule orofaringee
Sono strumenti elementari che consentono di mantenere aperta la via
aerea impedendo che nei soggetti in coma l’ipotonia dei muscoli della
lingua determinino lo spostamento dei tessuti molli verso il retro faringe,
ostruendo la via aerea. Nei pazienti coscienti possono provocare
laringospasmo e vomito, solitamente in materiale plastico, formate da un
tubo ricurvo che tiene abbassata la lingua e di una flangia che appoggia
sulle labbra del paziente, la ventilazione avviene tramite il canale centrale.
Esistono diverse misure standard, da quelle per neonati, a quelle per adulti,
contrassegnate da un codice colore che peraltro non è standardizzato.
La misura giusta per un paziente si calcola confrontando la lunghezza della cannula con
la distanza tra l’angolo della bocca e la punta del lobo dell’orecchio sullo steso lato del
viso, è importante che la misura sia esatta perché se troppo corta spingerà la base della
lingua contro l’ipofaringe, se troppo lunga schiaccerà l’epiglottide contro l’adito laringeo.
La tecnica d’introduzione è la seguente, dopo aver scelto la corretta misura della cannula il
sanitario apre la bocca del paziente, quindi introduce il dispositivo tenendolo inizialmente
rovesciato con la punta rivolta verso il palato, poi la ruota di 180 gradi posizionandola in
sede, in caso d’intubazione tracheale si rimuoverà per il tempo necessario per eseguire
l’IT e poi la si riposizionerà in modo tale da evitare che il tubo venga morsicato dal
paziente o che si sposti quando non in dotazione i presidi di fissaggio dello stesso.
Laringoscopio
Strumento fondamentale per la visione diretta della glottide e delle
corde vocali, è composto da un manico e da una lama che può essere
diversa sia per dimensioni che per forma: retta tipo Magill, retta con
punta ricurva tipo Miller o lama curva tipo Macintosh.Il manico contiene
sia la sorgente di energia (batterie) che la fonte luminosa, un fascio di
fibre ottiche convoglia la luce in cima alla lama, ne esistono anche
alcune in cui è posizionata sulla lama con problemi di contatto e di manutenzione oltre che
di sterilizzazione, esistono anche lame monouso usate in sede extraospedaliera.
Tubi tracheali
Sono costituiti da un corpo e da una cuffia a manicotto collegata mediante
un sottile condotto a un palloncino spia per il controllo della pressione di
gonfiaggio, la parte distale è a becco di flauto per facilitare il passaggio
attraverso le corde vocali, quella prossimale viene collegata al sistema di
ventilazione mediante raccordo standard di 15 mm di diametro, i tubi
tracheali usuali hanno un solo lume e una semplice forma ricurva possono
essere in gomma, silicone o PVC. Lungo i tubi sono indicati i segni di
riferimento visivo e le corrispondenti distanze in cm rispetto all’estremità
distale, in modo da poter valutare la profondità dell’inserimento, un marcatore radiopaco
ne consente la sua visualizzazione ai raggi x, sono disponibili in diverse misure, cuffiati e
non. Differiscono per il loro diametro interno variabile da 2 a 9mm con variazioni di 0.5 mm
per volta, aumentando il diametro interno aumenta anche la lunghezza del tubo, i tubi con
diametro interno inferiore a 3 mm non sono cuffiati perche’ nei neonati o bambini più
piccoli la ristrettezza del diametro sottoglottico garantisce di per se un’adeguata tenuta,
esistono alcuni tubi definiti armati che contengono al loro interno una spirale in rame tale
da evitarne l’inginocchiamento durante il posizionamento.
33
Mandrini
I mandrini a punta smussa, di materiale malleabile consentono di
modificare la curvatura del tubo in alcuni casi in cui l’intubazione tracheale
si presenti difficoltosa unica attenzione e che una volta lubrificati e
posizionati nel tubo non sporgano con la loro punta oltre l’estremo distale
dello stesso, con il rischio di ledere la laringe o addirittura la parete
tracheale, sono di dimensioni e lunghezza variabile a seconda dei tubi
tracheali.
Pinza di Magill
Strumento utilizzato per
guidare il passaggio del tubo
tracheale dalla cavità faringea all’adito laringeo in caso
d’intubazione naso tracheale, usata anche per facilitare il
posizionamento e passaggio del SNG o per rimuovere CE, ne
esistono di diverse misure a seconda se abbiamo un paziente
adulto o pediatrico.
Tecnica d’intubazione
La tecnica di intubazione si acquisisce con l’osservazione e la pratica, il nostro scopo è di
farvi conoscere i vari passaggi della stessa e le procedure assistenziali durante le varie
fasi in modo da poter assistere efficacemente chi la esegue.
Si sceglierà un tubo di diametro appropriato tenendone da parte altri due di misura
superiore e inferiore, si sceglie il laringoscopio e se ne controllerà la fonte luminosa.
Si lubrifica il tubo testando inoltre la tenuta della cuffia con una siringa ripiena di aria, si
controlla la disponibilità di un mandrino e se lo si usa non si dovrà far oltrepassare dal
foro distale del tubo tracheale, controllare il monitor, posizionarlo sul paziente,
predisporre un sistema di aspirazione verificandone la funzionalità e il sistema di
ventilazione
Si prepareranno eventuali farmaci necessari per l’analgesia, sedazione o paralisi del
paziente, se i dati clinici escludono un trauma si posizionare correttamente il paziente in
posizione supina con il capo iperesteso ottenendo in tal modo una migliore visione della
glottide per l’allineamento degli assi orale, faringeo e laringeo.
Se eseguita una sedazione, analgesia, nell’attesa della loro efficacia si dovrà ventilare il
paziente in maschera e O2 puro, se possibile facendo eseguire nel contempo la Sellick
da un altro operatore (si comprime la cricoide evitando sia che l’aria insufflata non vada
nello stomaco ed evitando l’inalazione gastrica, la pressione è applicata con due dita sulla
cricoide che spingerà in tal modo l’esofago contro la colonna vertebrale) mantenendola
fino a completamento dell’intubazione e alla sua verifica.
Una volta pronti si esegue la laringoscopia, calcolando come tempo massimo per
eseguirla 30” (utile a tal scopo mantenere il proprio fiato interrompendo il tentativo se IT
non eseguita quando si sentirà mancare l’aria).
La lama del laringoscopio va inserita dal cavo orale dalla parte dx, spostando la lingua
verso sn, si ispeziona il cavo e se necessario si esegue l’ aspirazione di eventuali
secrezioni che impediscono una corretta visuale dell’adito laringeo e delle corde vocali, se
presenti protesi queste dovranno essere rimosse prima della laringoscopia.
Avanzando la lama lungo la linea mediana si visualizzerà per prima la fossa tonsillare, poi
l’ugola e a seguire l’epiglottide, qui si posiziona la punta della lama nella vallecola glosso
epiglottica e la si solleva per esporre la laringe e visualizzare così le aritenoidi e le corde
vocali.
34
Il sollevamento va effettuato verso l’alto e in avanti ad angolo retto rispetto alla lama onde
evitare lesioni sui denti, per migliorare ulteriormente la visuale si può far eseguire a questo
punto la BURP, chi effettua la Sellick dovrà premere all’indietro verso l’alto e verso dx.
Si inserisce il tubo dall’angolo dx della bocca e lo si posiziona in trachea, se è stato
utilizzato un mandrino questo dovrà essere rimosso quanto la punta del tubo sia già
impegnata nell’adito laringeo e il tubo introdotto fino al passaggio oltre le corde vocali
Con il tubo in posizione corretta nella maggioranza degli adulti di taglia media il segno del
21± 2 cm verrà a trovarsi a livello degli incisivi superiori (21 donne, 23 uomini).
Tenendo il tubo fissato contro l’angolo della bocca del paziente si sfilerà la lama, si
gonfierà la cuffia, controllando sul palloncino che sia adeguatamente in tensione, si
collega il tubo al sistema di ventilazione e si verifica il corretto posizionamento con
l’auscultazione dell’epigastrio e dei campi polmonari, se non posizionato correttamente
l’operatore dovrà garantire in primo luogo la ventilazione e l’ossigenazione del paziente
con MP e O2 per due minuti e solo successivamente ripeterà il tentativo, le linee guide
indicano in 3 i tentativi massimi di intubazione poi sono indicate tecniche alternative.
Nell’ipotesi migliore riuscirà a garantire una sufficiente ossigenazione, con il rischio
comunque rilevante specialmente se si determina insufflazione gastrica di rigurgito e
inalazione successiva.
Esistono alcuni strumenti di verifica dell’intubazione quali il capnografo analizzatore di
CO2 espirata o i rilevatori esofagei. Una volta posizionato correttamente il tubo viene
fissato, si esegue l’aspirazione tracheobronchiale attraverso il tubo e quindi si
collegherà il paziente con gli appositi dispositivi ai presidi di ventilazione
meccanica. Utile il posizionamento del SNG per detendere un’eventuale distensione
gassosa dell’addome dopo intubazione completata.
INTUBAZIONE A SEQUENZA RAPIDA REGOLA DELLE 7 P
Preparazione del pz: posizione (allineamento e iperestensione della testa*),
monitoraggio: ECG, SpO2 e PA non invasivo, accesso venoso
“
e controllo del materiale per IT (laringo e tubo),
Preossigenazione: somministrare O2 100% x 2 min. con pallone e maschera
Pretrattamento farmacologico se indicato: fentanyl 1-2 mcg/kg e/o lidocaina 1.5 mg/kg
o morfina 0.05-0.15mg/kg
atropina ( bradicardie; pz < 5aa di età)
0.02mg/kg
Paralisi e sedazione: fentanyl 5-7mcg/kg
midazolam 0.1-0.4 mg/kg
ketamina 1.5 mg/kg
tiopentale 3-5 mg/kg
propofol 1-2 mg/kg
succinilcolina 1.5mg/kg
atracrium 0.4-0.5mg/kg
Protezione del paziente, vie aeree: manovra di Sellik*, BURP*, fino a verifica del tubo,
se trauma immobilizzazione del rachide, evitare l’iperestensione
Passare il tubo
INTUBAZIONE ORO/NASOTRACHEALE
Posizione verifica
auscultazione (5 punti iniziare da epigastrio), aspirazione,
SpO2, capnografia*
se posizione confermata: cessare Sellik, BURP
fissare tubo, riverifica posizione
prevedere sedazione +/-analgesia +/- paralisi.
35
Cap. 5
INSUFFICIENZA RESPIRATORIA: VALUTAZIONE E TRATTAMENTO
La respirazione garantisce gli scambi gassosi tra l’ambiente esterno e le cellule, il
nostroorganismo attua più meccanismi per la respirazione che sono concatenati tra loro:
1. fase ventilatoria in cui si acquista aria dall’esterno
2. fase di diffusione alveolo capillare
3. fase circolatoria che corrisponde al trasporto di O2
4. fase tissuto-cellulare in cui il sangue cede l’O2 alle cellule
 Ogni nostro sforzo deve essere finalizzato a garantire la fase 3 per arrivare alla fase
4 ed evitare l’ipossia cellulare.
 Nella fase Inspiratoria l’O2 arriva dall’ambiente esterno e passa nei polmoni grazie
all’attività contrattile dei m. intercostali, del collo e all’abbassamento del diaframma
che determinano una pressione negativa intrapolmonare con ingresso di aria
attraverso la trachea nell’albero respiratorio, processo attivo che richiede un
dispendio di energia
 La fase Espiratoria è un processo passivo non richiede energia, i m. intercostali e il
diaframma ritornano alla posizione iniziale di riposo creando una pressione positiva
che permette ai gas di fuoriuscire dal torace.
I principali determinanti della [ O2 ] alveolare sono
 la frazione di O2 21% in aa
 la FR che influenza la concentrazione arteriosa di CO2
Dispnea
La dispnea è definita come un’anomala e spiacevole sensazione del respiro, la stessa è
percepita dal cervello, quando lo sforzo respiratorio non supporta adeguatamente le
richieste metaboliche dell’organismo fattori che possono contribuire a tale percezione:
recettori nei polmoni e nei m. respiratori, il pH ematico e la [ ] sierica di O2, tuttavia non
vi è relazione diretta tra livello di O2 e sensazione di dispnea; molti pazienti ipossici non
lamentano dispnea es BPCO in fase di stabilità, mentre altri con valori di PaO2 normali
possono lamentare dispnea (es pz ansiosi,agitati, o con TEP)
Valutazione della gravità del distress o insufficienza respiratoria
La valutazione iniziale del pz con dispnea è volta alla determinazione del grado di gravità
dei sintomi e delle condizioni del pz. La velocità nell’adottare misure terapeutiche e
l’accuratezza della vostra valutazione dipendono dalle condizioni del pz, in pratica nel pz
critico si iniziano immediatamente i provvedimenti terapeutici e si dedicherà meno tempo
alla raccolta dell’anamnesi e all’EO.
Già la valutazione della posizione assunta dal pz ci indicherà il diverso trattamento e
approccio allo stesso, pz sdraiato o seduto che non appare in difficoltà respiratoria da uno
dispnoico che è appoggiato sulle braccia
Un pattern respiratorio normale è compreso tra 8 e 24 atti respiratori al minuto , con un
volume corrente compreso tra 400 e 800 ml, un pz che respira più profondamente o
frequentemente è in difficoltà respiratoria
Valutare lo stato mentale, un pz in distress respiratorio tende ad essere agitato, confuso o
letargico, infine valutare lo sforzo respiratorio l’uso dei m accessori sternocleido mastoideo
e intercostali sono un segno preoccupante.
36
Criteri di gravità nel distress respiratorio sono:
•
postura seduta o in avanti sulle braccia
•
incapacità a terminare una parola o una frase
•
dispnea a riposo
•
imminente esaurimento o arresto respiratorio: bradicardia, bradipnea, respiro
agonico,
apnea.
Valutazione iniziale
mirata in primo luogo alla verifica della pervietà delle vie aeree, escludendo in primis
un’ostruzione delle stesse se riscontrata provvedere alla rimozione della causa:
A) assicurata una via aerea il secondo obiettivo sarà ricercare la causa che ha causato
l’IR se è esclusa la presenza di un’ ostruzione delle vie aeree e di un esaurimento della
funzione respiratoria,
B) seguendo l’acronimo OPACS si partirà con l’osservazione della dinamica ventilatoria,
(utilizzo dei m. accessori quali l’alitamento delle pinne nasali, attivazioni dei m del collo e
intercostali o la presenza di pattern respiratori patologici), la palpazione toracica (il riscontri
di enfisema sottocutaneo), l’auscultazione toracica (riduzione o assenza del MV o
presenza di sibili, broncospasmo, rantoli, crepitazioni), il conteggio della FR (bradipnea < 8
o tachipnea > 24,) quando l’esaurimento respiratorio è imminente il pz sviluppa una
bradicardia, una bradipnea FR < 8 e una scarsa mobilizzazione d’aria rilevabile con
l’auscultazione toracica, l’ ipotensione è un segno minaccioso in tali casi è necessario il
supporto ventilatorio con maschera e pallone o se inefficace e causa non precocemente
reversibile preparasi a una eventuale gestione avanzata delle vie aeree, nei casi in cui non
si riscontra l’esaurimento respiratorio immediata istituzione delle misure di supporto
generale partendo dalla somministrazione di O2 supplementare con maschera;
C) valutazione del circolo
monitoraggio ECG( utile se la causa è cardiologica)
posizionamento di un’ accesso venoso periferico
DTX se noto diabetico ( iperventilazione in caso di acidosi metabolica nell’iperglicemia)
D) stato neurologico: il paziente potrà essere agitato se prevarrà l’ipossia, confuso o
letargico in caso di ipercapnia. Se il pz è stabile dopo queste valutazioni iniziali si
procederà alla raccolta anamnestica e a una valutazione clinica più dettagliata rivolta ad
individuare le cause della dispnea del pz.
Le cause sottese a una difficoltà respiratoria sono molteplici:
•
l’iperventilazione psicogena,
•
l’ostruzioni delle vie aeree: corpi estranei, bolo alimentare, anafilassi o
angioedema
angina di Ludwig infezione che coinvolge i tessuti molli sotto la lingua, l’epiglottite,
croup, ascessi retro faringei, traumi al collo in pz in TAO per sviluppo di ematomi
•
le m. dell’apparato respiratorio: Ab ingestis / inalazioni, Asma, BPCO, Pleuriti,
versamento pleurico, polmoniti, PNX iperteso, TEP, Inalazione di tossici chimici irritanti
o sostanze velenose, Ipertensione polmonare primitiva, EPA non cardiogeno (sepsi,
traumi, aspirazione, inalazioni di gas, farmaci, ipotermia, complicanze ostetriche,
malattie del SNC.)
•
le m. neuromuscolari (Distrofia muscolare. SLA, S. di Guillan Barrè, Miastenia
Gravis)
•
le m. cardiache (Angina, IMA, EPA, Tamponamento cardiaco, Aritmie)
•
le cause metaboliche (Anemia, Acidosi metabolica, Ipertiroidismo ect.)
Obiettivo:
37
Saper riconoscere ed inquadrare situazioni cliniche potenzialmente fatali determinate da
insufficienza respiratoria acuta (IR).
Insufficienza respiratoria
Si definisce insufficienza respiratoria (IR) l’incapacità del polmone di:
• garantire un’adeguata ossigenazione del sangue arterioso
• prevenire la ritenzione di CO2.
caratterizzata da una riduzione dei valori arteriosi di PaO2 inferiori a 55-60 mmHg e/o
aumento della PaCO2 superiori a 45-50 mmHg.
CRITERI EMOGASANALITICI DI I.R.
PaO2 < 55mmHg
IPOSSIEMIA
PaCO2 > 45mmHg
IPERCAPNIA
pH < 7.35
ACIDOSI RESPIRATORIA
Insufficienza Parenchimale
Alterazione scambi gassosi
Ipossiemia
Insufficienza del Mantice
Ipoventilazione
Ipercapnia
Pulmonary Failure
Ventilatory Failure
• PaO2
• PaCO2 N/
• PaO2
• PaCO2
Hypoxic
Respiratory Failure
Hypercapnic
Respiratory Failure
Iperventilazione psicogena
Anomalo pattern ventilatorio determinato da cause psicologiche, la diagnosi si fa per
esclusione delle cause precedentemente descritte, nel frattempo somministrare ossigeno
o se nota pz con precedenti per attacco di panico o stati d’ansia far respirare nel sacchetto
38
Il reperto polmonare sarà normale, i parametri normali, aumentata solo la FR con valori di
saturazione nella norma, l’EGA sarà dirimente alcalosi respiratoria acuta ipocapnia
normossiemia.
Ostruzioni alte vie respiratorie
Le cause sottese a una difficoltà respiratoria dovute ad ostruzione delle vie aeree sono
molteplici:
corpi estranei, bolo alimentare, anafilassi o angioedema, angina di Ludwig infezione che
coinvolge i tessuti molli sotto la lingua, l’epiglottite, croup, ascessi retro faringei, traumi al
collo in pz in TAO per sviluppo di ematomi, noi tratteremo le prime 5 cause per la loro
veloce insorgenza talvolta anche drammatica
Valutazione iniziale
Avvicinandosi al pz si potranno apprezzare eventuali rumori quali grugniti, russamento e
stridore indicativi di ostruzione delle alte vie aeree e dei segni che possono essere
indicativi di un imminente esaurimento della funzione ventilatoria, in caso di ostruzione
delle vie aeree determinare se completa o incompleta e se dovuta a corpo estraneo o ad
altre cause. Obiettivo verificare la pervietà delle vie aeree:
a. liberare e mantenere la pervietà delle vie aeree
b. determinare se dovuta a CE o ad altre cause
c. valutare il grado di ostruzione
• ostruzione completa tosse inefficace debole o assente, scialorrea, pallore cutaneo
poi cianosi, scarsa mobilizzazione dell’aria, da agitato a iporeattivo con tono ridotto,
30 ≤ FR ≤ 8 o apnee, sat < 90% in aa, riduzione o perdita dello stato di coscienza,
AR, ACR
• ostruzione parziale il pz sarà capace di emettere suoni, grugniti, russamento o
stridore inspiratorio
nei pz in cui è certa l’ingestione del CE perché testimoniata dovranno essere iniziate le
manovre di disostruzioni del BLS
pz cosciente: parla, invitarlo a tossire per 1’, se inefficace eseguire manovra di Heimlich,
o eseguire le percussioni toraciche nel pz obeso o nella donna gravida
pz incosciente: aprire la bocca sollevando la mandibola e tirare la lingua cercando se
possibile di rimuovere il CE con una pinza,
se la rimozione non è praticabile iniziare una respirazione artificiale (poket mask, M-P)
seguita da 5 compressioni addominali con pz in posizione supina, ripetere la sequenza
fino ad espulsione del CE, se questi tentativi sono inefficaci ci dovremmo preparare per
assicurare una via aerea definitiva IT o accesso chirurgico, nel caso l’ostruzione sia
dovuta ad altre cause ci saranno d’aiuto altri segni e sintomi di presentazione.
Anafilassi: dato anamnestico raccoglibile dal pz o dagli astanti della comparsa dei sintomi
subito dopo l’ assunzione di cibo, farmaci, o punture d’insetto, sospettare una reazione
anafilattica se si riscontra rash cutaneo pruriginoso, petecchie arrossamento della cute
pallore e-o cianosi nei casi più gravi, respiro frequente e superficiale fame d’aria, dispnea
con stridore, sibili e rantoli, possibile evoluzione in AR, ipotensione legata alla brusca
caduta della GC fino ad arrivare allo shock distributivo abnorme vasodilatazione o vaso
permeabilità o entrambe, contrazione della m liscia viscerale nausea, crampi addominali,
oligo o anuria, interferenza con il precarico e-o postcarico, microtrombosi, edema delle
mucose possibile EPA
Angioedema: correlata a fattori ereditari che riducono la produzione del fattore C3 del
complemento aggravati da stress, traumi, farmaci (ACE inibitori) o procedure chirurgiche
39
si ha la comparsa d’improvviso edema del volto incluse le vie aeree, delle mani e delle
mucose degli organi cavi addominali
Laringospasmo dovuto a un’improvvisa chiusura della glottide scatenata da infezioni,
agenti irritanti o manipolazioni
Il trattamento di queste situazioni dipende dai sintomi del pz
se i sintomi sono di media entità dopo aspirazione, O2 e OPACS, EGA, accesso venoso,
monitoraggio FR, SpO2, FC, PA e traccia ECG, ricercando la causa,
Tp farmacologica nella reazione anafilattica e nell’angioedema precoce
somministrazione di di adrenalina sc 0.3- 0.5 mg; o ev 0.1- 0.5 mg, antistaminici come
clorfenamina /trimeton 10mg, steroidi (idrocortisone 50-100 mg ev) in PS per i casi di
Tp farmacologica nell’ angioedema ereditario è disponibile berinet fattore 3 del
complemento infuso alla dose di 500-1000ui ev infusione lenta l’efficacia non è immediata
i segni possono impiegare anche diverse h per regredire completamente.
Nei casi di grave e/o progressiva ostruzione fino all’occlusione è indicata una via
aerea definitiva .
Ab ingestis
Insorgenza acuta di dispnea durante il pasto per inalazione
Frequente nei pz con alterazioni della deglutizione per patologie neurologiche croniche
ASM durante il pasto che determinano ipotonia della lingua o mancato riflesso della
deglutizione, PDC prolungata, convulsioni, stroke, iatrogene: per iperinsufflazione durante
assistenza ventilatoria con MP
Sintomi d’imminente esaurimento della funzione ventilatoria:
cianosi cutanea, tosse, PDC se ipossia prolungata, AR se ipossia persistente
Trattamento: continuare con bronco aspirazione, precoce supporto di O2, EGA, accesso
venoso e monitoraggio continuo parametri vitali
Tecniche chirurgiche quando ?
•
rischio di situazioni a grave evolutività in senso asfittico
•
pz non intubabile anche con l’uso di procedure e metodiche non stardard,
•
pz non ventilabile adeguatamente con M-P e somministrazioni di ↑[O2],
•
pz che presentano ostacolo all’ingresso laringeo dei presidi sovraglottici
Come? attuando procedure di accesso rapido alla via aerea con l’aggressione, diretta
transcervicale della stessa prediligendo come via d’ingresso preferenziale la membrana
crico-tiroidea.
Quali?
Cricotiroidotomia d’emergenza: con ago o chirurgica,
Tracheotomia chirurgica standard
Preferibile in emergenza le prime due procedure, tracheotomia chirurgica trova indicazione
quando vi sono controindicazioni alle prime es. indicata nei bambini piccoli, da eseguirsi
dopo anestesia locale e accesso rapido transtracheale onde ottenere una via aerea sicura
quando non vi siano valide alternative è più laboriosa e non scevra di complicanze se non
eseguita da personale esperto se eseguita correttamente è gravato da complicanze
immediate e a distanza in misura inferiore rispetto alla tracheotomia chirurgica standard:
 indicata
ostruzioni orofaringee da CE, tumori, edema della glottide, traumi facciali con emorragie
orofaringee imponenti, intubazioni impossibile
40
 controindicata età < 12 aa, stenosi sottoglottica, coagulopatie, infezioni/ustioni nel sito
da utilizzare, traumi diretti al collo,
Malattie respiratorie: Asma, BPCO riacutizzata, PNX iperteso, Trombo Embolia
Polmonare
L’asma è una causa comune di dispnea dovuta ad iperattività della m liscia bronchiale con
successivo broncospasmo come risposta ad agenti stimolanti o infiammatori interessanti
l’albero tracheobronchiale, condizione in genere reversibile con appropriata terapia.
Fattori scatenanti, assunzione di farmaci, cibo, allergeni, variazioni climatiche, esercizio
fisico.
Sintomi: dispnea tosse e broncospasmo con prolungamento della fase espiratoria, nei
casi più severi utilizzo dei muscoli accessori della respirazione (retrazione costale e
sternale)
in fase iniziale precoce supporto di O2, accesso venoso, monitoraggio SPO2, FR, FC, PA
terapia: agenti beta stimolanti (salbutamolo 2,5-5 mg) short action per via inalatoria
aerosol terapia associati ad anticolinergici (ipatropio bromuro 0.5 mg), steroidi parenterali
metilprednisolone 125 mg
in grave stato asmatico utilizzare adrenalina sc 0.3 mg
BPCO riacutizzata tp farmacologica come sopra, in caso di grave ipossia e ipercapnia
prima di procedere a IT, nei reparti che ne hanno la disponibilità preparare l’occorrente per
l’applicazione di VMNI quale la BPAP se criteri d’inclusione sono rispettati (supporto
ventilatorio meccanico non invasivo a doppio livello di PP inspiratorio ed espiratorio)
PNX (pneumotorace) in corsia ci riferiamo alla sua possibile insorgenza in corso di
procedure diagnostiche (biopsie polmonari, toracentesi), posizionamento di CVC, o
secondari a barotraumi (BPCO r sottoposti a VMNI)
Esordio improvviso durante le procedure con dolore toracico e dispnea,
trattamento prevede la precoce somministrazione di O2 in maschera ad alti flussi o se
nota BPCO in trattamento con VMNI interruzione della ventilazione della BPAP e
somministrazione di O2 con VM.
I reperti ascoltatori possono anche non essere ecclatanti
Diverso sarà il caso di un PNX iperteso che instaura un meccanismo a valvola per cui
l’aria entra tra i 2 foglietti pleurici ma in fase espiratoria non riesce ad uscire, ne
conseguiranno: un intrappolamento di aria tra i due foglietti pleurici causa dell’ aumento
della pressione intratoracica con conseguente collasso dei polmoni all’ilo e spostamento
del mediastino dal lato contro laterale,
il mancato riempimento cardiaco per la pressione sull’aorta causa se non riconosciuto
immediatamente alla morte del paziente
La diagnosi è puramente clinica:
paziente in evidente distress respiratorio, tachipnoico, agitato (grave ipossia) con cute
cianotica inizialmente localizzata intorno al naso e alla bocca, distensione delle vene del
collo e delle mani conseguenti alla riduzione del ritorno venoso e all’aumento della PVC,
la valutazione iniziale sarà basata come al solito seguendo lo schema ABCD:
a) le vie aeree sono pervie, precoce somministrazione di O2 in maschera ad alte
concentrazione di O2 (reservoire flusso 8-15 l/minuto)
b) OPACS: osservazione (distensione delle giugulari e vene delle mani, deviazione
tracheale), alla percussione ipertimpanismo dal lato sede del PNX, all’auscultazione MV
ridotto o abolito dalla parte del PNX, respiro rapido e superficiale con FR aumentata in
genere > 30, grave distress respiratorio con paziente difficilmente ventilabile, riscontro di
41
desaturazione al pulsiossimetro, necessaria l’ immediata decompressione con ago prima
di passare alla valutazione del circolo ( non si esegue RX per conferma del sospetto)
la decompressione determina una rapida riduzione della P intratoracica, con immediato
miglioramento del colorito cutaneo, della FC dell’ampiezza del polso e della dispnea
c) valutazione del circolo: riscontro di ipotensione fino ad arrivare allo shock (ostruttivo) se
PNX non riconosciuto in B, polso paradosso ( scomparsa del polso all’apice
dell’inspirazione conseguente alla aumento della P dell’aorta toracica in seguito
all’ipertensione endotoracica unilaterale ) riduzione della pressione differenziale, polso con
riduzione d’ ampiezza conseguente all’ipoperfusione secondaria alla riduzione della GC,
FC aumentata paziente in genere tachicardico come meccanismo di compenso
all’ipoperfusione, necessario monitoraggio ECG, accesso venoso.
d) valutazione dello stato mentale: ansia, agitazione con senso di morte imminente.
TEP (Trombo embolia polmonare)
Blocco arterioso della circolazione polmonare che causa un’interferenza con il pre e
postcarico, l’origine del trombo è tipicamente pelvica o femorale profonda più comune nei
pazienti allettati sottoposti a interventi chirurgici , portatori d’immobilizzane all’estremità pz
con anomalie della coagulazione o che assumano E/P.
Manifestazione tipica dispnea, dolore toracico e tosse occasionalmente si può manifestare
con sincope.
La valutazione potrà rilevare quadri clinici variabili da lievi a gravi quest’ultimi causa di
shock ostruttivo
Nei casi lievi dovuti a microembolismi
Pz che riferisce dispnea, dolore toracico e tosse
L’obiettività toracica potrà non essere dirimente, di maggior sospetto diagnostico sarà il
riscontro di TVP a carico di un arto(edema e dolore monolaterale )
Trattamento di supporto con O2 terapia in maschera
Monitoraggio cardiaco: spesso riscontro di tachicardia o tachiaritmia (FA)
precoce accesso venoso (ematochimici, dimero-d, prove emogeniche)
EGA se non ritarda altri interventi
Sensorio in genere integro il pz potrà presentarsi ansioso.
Nel caso di TEP massiva:
la valutazione iniziale
A) le vie aeree sono pervie, la cute potrà essere pallida o cianotica specialmente intorno al
naso e alla bocca, precoce somministrazione di O2 in maschera o supporto ventilatorio
adeguato
B) il reperto polmonare potrà essere caratterizzato da un respiro frequente,
all’ascultazione suoni polmonari anche chiari, la saturimetria non è diagnostica molte volte
superiore al 90%, utile esecuzione di EGA (ipossiemia e ipocapnia associata a alcalosi
respiratoria)
C) la valutazione del circolo: FC aumentata, PA ridotta come conseguenza del ridotto
precarico e postcarico legata all’ostruzione della circolazione polmonare,necessario il
monitoraggio ECG per il possibile riscontro di aritmia cardiaca: battiti prematuri ventricolari
o fibrillazione atriale, e dei parametri vitali FC, FR, PA, Saturazione, GCS per possibile
evoluzione in ACR
D) la valutazione neurologica non riscontrerà deficit periferici ma alterazioni dello stato
mentale pz agitato per ipossiemia severa e senso di morte imminente
42
Malattie cardiache: EPA (Edema polmonare acuto cardiogeno)
Pz dispnoico con rantoli polmonari bilaterali alcune volte sibili (asma cardiaco), distensione
delle giugulari:
A) Valutazione vie aeree
Solitamente pervie raramente quadro classico con schiuma rosata, (aspirare le secrezioni)
B) Valutazione respiro: paziente tachipnoico, in grave distress respiratorio, rantoli o sibili
all’auscultazione polmonare, tipico il riscontro di desaturazione, necessaria la precoce
somministrazione di O2 con m. reservoire, se disponibile applicazione di CPAP, BPAP (se
oltre a ipossiemia riscontro di ipercapnia)
C) Valutazione circolo
Nei quadri conclamati e gravi paziente con valori pressori elevati,
ipotensione se shock cardiogeno
Cute sudata, cianotica con marezzature (ipoperfusione periferica), FC elevata
monitoraggio cardiaco: possibile riscontro di aritmie causa del quadro di EPA,
accesso venoso per prelievi
terapia endovenosa precoce: morfina, nitroderivati in pompa, diuretici, antiaritmici
D) Valutazione neurologica alterazioni dello stato mentale pz agitato inizialmente legata
all’ipossia poi obnubilamento del sensorio, letargico fino al coma se successiva ipercania.
EGA radiale e femorale
Per il prelievo arterioso sono necessari: guanti, siringa da EGA eparinata con ago di 25
gauge per prelievo: radiale, brachiale o femorale, lungo circa 1.6 cm, o di 22 gauge lungo
3-4 cm per il prelievo femorale nel pz obeso, disinfettante per la cute, contenitore in
ghiaccio se non immediatamente eseguita la valutazione
Procedura: preparare il materiale: siringa da EGA, guanti, disinfettante, cerotto, garze,
contenitore in ghiaccio se non possibile esecuzione in reparto
Per la puntura radiale: estendere il polso magari posizionando del cotone, palpare e
riscontrare i 2 polsi: radiale e ulnare devono essere presenti ambedue nel rischio di
successiva trombosi, il sito di puntura a circa 1.5 -2 cm dalla piega del polso
Per la puntura femorale paziente supino con gambe distese, sede: distalmente al
legamento inguinale a livello della piega inguinale.
Per la puntura brachiale ultima scelta come sito di prelievo (l’eventuale trombosi come
complicanza della procedura potrà essere causa di ischemia dell’avambraccio), braccio
dovrà essere disteso con il lato volare in alto punto di repere subito sopra la piega del
gomito.
Tecnica
Indossare i guanti preferibilmente sterili, disinfettare la cute, palpare l’arteria scelta, di
solito è utile poggiare 2 o 3 dita lungo il decorso dell’arteria, sia per localizzarne posizione
e direzione sia per immobilizzarla, inserire l’ago con il becco aperto rivolto in alto inserirla
con un angolo di 30-45° per l’art radiale e brachiale dirigendola verso la pulsazione, per la
puntura femorale inserire l’ago con un angolo di 90°, occasionalmente la puntura
dell’arteria viene sentita ma usualmente la puntura è rilevata dalla presenza di sangue
nella siringa che entra velocemente per l’effetto pressorio, se non si ottiene sangue
retrarre l’ago di poco e poi riprovare, se nonostante la retrazione il sangue non viene
aspirato retrarre definitivamente l’ago dalla cute e riprovare
Quantità di sangue da prelevare circa 2-3 ml, rimuovere successivamente l’ago dall’arteria
applicando su questa una pressione che dovrebbe essere mantenuta per 3-5 minuti o più
nei pazienti scoagulati, mantenere la siringa verticale eliminare ev presenza di aria,
rimuovere l’ago applicando o il dispositivo in plastica di chiusura o se si lascia l’ago
connesso alla siringa inserirne la punta nel tappo di gomma, non è indicato inserire l’ago
nel suo cappuccio di protezione rischio di puntura
43
Far ruotare la siringa due tre volte in modo da miscelare il sangue con l’eparina presente
nella siringa, se non immediatamente eseguibile in reparto trasportarla in ghiaccio in
laboratorio
Complicazioni: ematoma, usare ago di dimensioni indicate e comprimere il sito di prelievo
Trombosi per esami ripetuti, infezione rara ma possibile, lesione del nervo adiacente.
44
Cap. 6
SHOCK ANAFILATTICO: RICONOSCIMENTO E TRATTAMENTO
Definizione
L’anafilassi è una reazione sistemica a rapida insorgenza in un individuo precedentemente
sensibilizzato in seguito all’esposizione di un allergene. Lo shock anafilattico si identifica
con una tipologia di shock distributivo, provocata da una reazione allergica imponente che
nella maggior parte dei casi si verifica entro pochi secondi, assai raramente oltre l’ora
dall’esposizione all’antigene scatenante.
Incidenza:
A livello internazionale le cause più frequenti di anafilassi sono dovute:




Antibiotici Beta-lattamici (75%)
Punture d’insetto (0,8-4 %)
Mezzi di Contrasto (2%)
Altre cause (18% circa): alimenti, pollini, funghi, elminti, lattice, emoderivati.
Sembra provato che negli individui con storia di atopia (es. rinite allergica, asma
estrinseco, dermatite atopica) ci sia un modesto aumento del rischio rispetto ai soggetti
non atopici. Non è stata dimostrata alcuna predisposizione di:
 Razza, genere, età, occupazione, periodo stagionale.
Ci sono segni e sintomi prodromici, tipici delle forme ad esordio lento:
 Astenia profonda
 Malessere generale
 Sudorazione profusa
Possono comparire indipendentemente o contemporaneamente in ciascun organo
interessato: Sintomatologia polimorfa.
La prognosi è tanto più grave quanto più breve è l’intervallo di tempo che intercorre fra
l’esposizione all’allergene e la comparsa del quadro clinico
APPARATO RESPIRATORIO
Segni e sintomi:
Vie aeree superiori
 Raucedine
 Incapacità di parlare
 Disfagia
 Sensazione progressivamente ingravescente di “Nodo serrato alla gola”
 Incapacità di tossire
Vie aeree inferiori
 Broncospasmo acuto, dispnea intensa
 Respiro Superficiale, Tachipnea marcata (frequenza respiratoria > di 40 atti/min.)
 Rantoli polmonari diffusi
45
APPARATO CARDIOVASCOLARE
Segni e sintomi:
 Tachicardia (possibile, anche se raramente, riscontro di bradicardia)
 Ipotensione arteriosa severa
 Aumento della Pressione Arteriosa Differenziale
MANIFESTAZIONI NEUROLOGICHE
Segni e sintomi:
 Disturbi Psico-Sensoriali (ansia, agitazione psicomotoria)
 Paresi
 Convulsioni
 Vertigini
 Sincope
 Coma
MANIFESTAZIONI CUTANEE
Segni e sintomi:
 Prurito mani e piedi poi generalizzato
 Eritema, Orticaria
 Angioedema (tipico l’edema di Quincke)
 Pallore intenso con cute fredda e cianosi delle estremità
MANIFESTAZIONI GASTROINTESTINALI
Segni e sintomi:
 Nausea, vomito
 Dolori addominali crampiformi
 Diarrea
MANIFESTAZIONI RENALI
Segni e sintomi: Oliguria fino all’anuria
TRATTAMENTO
Il trattamento dello shock anafilattico richiede un approccio integrato e affiatato di tutta la
squadra di soccorso. È necessario assicurare:
 ECG monitor
 P.A.
 Saturimetria con pulsiossimetro ed EGA
 Accesso venoso
 Somministrare O2 con maschera facciale e Reservoir ad alto flusso
 Garantire la pervietà delle vie aeree superiori:
 La presenza di vistoso angioedema, delle labbra, lingua, ugola, palato molle è un
reperto semeiologico che deve allertare circa una potenziale, rapida ed
ingravescente compromissione delle vie aeree superiori.
1. Coma, segni e sintomi di soffocamento, severo distress respiratorio, stato di
shock conclamato  gold standard  I.O.T.
2. Cricotirotomia/agocricotirotomia se l’angioedema i mpedisce l’I.O.T.
46
FARMACO DI PRIMA SCELTA PER LA SUA AZIONE ALFA E BETA-ADRENERGICA:
ADRENALINA
– antagonizza:
•
L’Angioedema
•
La Broncocostrizione
•
La Vasodilatazione
•
Gli altri effetti dei mediatori dell’anafilassi
– Inibisce l’ulteriore liberazione dei mediatori dalle cellule effettrici
•
–
•
–
•
–
–
•
–
–
Vie di somministrazione:
intramuscolare (I.M.), Sottocutanea (S.C.), endovenosa (E.V.), endotracheale
(E.T.)þ
La via di somministrazione dipende dalla gravità della reazione anafilattica
Somministrazione I.M o S.C.:
0,3-0,5 mg. di una soluzione 1:1000 (0,3-0,5 ml) ripetibile ogni 5’-15’
(Bambino: 0,01 mg/Kg)
Somministrazione E.V. :
Diluire una fiala di 1mg/ml di adrenalina in 10 ml di soluzione fisiologica (0,1 mg/ml)
Somministrare 0,1 mg ripetibile ogni 5’-10’ (Bambino: 0,001 mg/Kg)
Somministrazione E.T. o Transcricotiroidea:
Indicata quando non è possibile reperire un valido accesso venoso periferico
Somministrare dosaggio doppio rispetto alla via endovenosa
ESPANSIONE VOLEMICA
SOMMINISTRARE “CRISTALLOIDI” (SECONDO NECESSITÀ); dal momento che il
paziente è ipovolemico a causa dello stravaso di fluidi dal distretto vascolare all’interstizio.
ANTISTAMINICI
CLORFENAMINA es. Trimeton 40 mg ev
o Per l’azione antagonista nei confronti dei recettori istaminici H1
o Effetto: vasocostrizione e diminuzione della permeabilità vascolare
DOPAMINA
- A dosaggio alfa > 10 microg/Kg/min. se permane ipotensione
CORTICOSTEROIDEI
Utili per prevenire il fenomeno dell’anafilassi (ripresa tardiva della sintomatologia)
Non sono efficaci nell’episodio acuto

Dosaggio e.v.: idrocortisone 100-500 mg metilprednisolone 40-250 mg (ripetibili
dopo 6 ore)
AEROSOL: in caso permanga broncocostrizione, può essere usato il Salbutamolo a
dosaggio di 5 mg nell’adulto e 2,5 mg nel bambino sotto i 30 Kg di peso.
47
Cap. 7
IDENTIFICAZIONE RITMI CARDIACI: INTERPRETAZIONE ECG, IMA, RITMI DI
PERIARRESTO ED ARRESTO
MONITORAGGIO ECG
L’esame elettrocardiografico si è diffuso sempre più nella pratica assistenziale,
coinvolgendo per l’esecuzione Infermieri di tutte le unità operative. L’ECG costituisce uno
dei supporti principali per il medico di emergenza e la sua interpretazione può essere
dirimente per l’interpretazione di una diagnosi corretta.
L’ELETTROCARDIOGRAMMA
L’ECG riflette il meccanismo di attivazione elettrica del cuore, che produce delle correnti
che si irradiano dal cuore ai tessuti circostanti, quindi alla cute.
L’elettrocardiografo trasforma l’attività elettrica che ha registrato agli elettrodi in una serie
di onde e quindi in un grafico (ECG).
POSIZIONE DEGLI ELETTRODI
RA: sotto la clavicola destra
LA: sotto la clavicola sinistra
RL: lato destro del torace, sotto le costole sulla linea ascellare anteriore
LL: lato sinistro del torace, sotto le costole sulla linea ascellare anteriore
V1: quarto spazio intercostale bordo sternale destro
V2: quarto spazio intercostale bordo sternale sinistro
V3: a metà strada tra V2 e V4
V4: quinto spazio intercostale sulla linea emiclaveare sinistra
V5: quinto spazio intercostale sulla linea ascellare anteriore di sinistra
V6: quinto spazio intercostale sulla linea medioascellare sinistra
Utilizzando il colore degli elettrodi delle periferche, partendo da sotto la clavicola destra
con il Giallo e procedendo in senso antiorario abbiamo il famoso GI-RO-NE-VE (GIallo,
ROsso, NEro VErde).
MISURAZIONI SU CARTA MILLIMETRATA
L’ECG registra l’attività elettrica del cuore su carta millimetrata, che scorre alla velocità di
25 mm/secondo.
Ciascun quadratino rappresenta 0,04 secondi.
Cinque quadratini formano la base di un blocco più grande, delimitato da linee più spesse
che invece rappresenta 0,20 secondi.
La durata di un onda, di un segmento o intervallo è determinata contando il numero di
quadratini dall’inizio alla fine dell’onda, del segmento o dell’intervallo.
LE ONDE DELL’ECG
48
L’impulso di contrazione nasce nel nodo seno atriale (nell’atrio di destra), diffonde agli atri,
raggiunge il nodo atrio ventricolare e, tramite il fascio di His e le branche destra e sinistra
con le sue diramazioni diffonde al miocardio ventricolare. L’interpretazione dell’ECG e
delle sue onde è espressione di questo meccanismo di attivazione.
La prima deflessione elettrocardiografica del ciclo cardiaco è l’onda P che rappresenta la
depolarizzazione di entrambi gli atri.
Il segmento PR (intervalllo tra la P e l’inizio del QRS), espressione della conduzione
atrioventricolare, è solitamente una linea piatta.
La depolarizzazione dei due ventricoli è rappresentata dal complesso QRS.
Il tratto ST di norma isoelettrico, si estende dalla fine del complesso QRS all’onda T.
La ripolarizzazione dei ventricoli produce l’onda T.
La ripolarizzazione atriale generalmente non è visibile, in quanto mascherata dal
complesso QRS.
L’ANALISI DELL’ECG
Per coloro che intendono apprendere un sistema per effettuare una corretta analisi ed
interpretazione dell’ECG, segnaliamo il metodo degli 8 passi.
Passo 1 Ritmo
Passo 2 Frequenza
Passo 3 Onda P
Passo 4 Intervallo PR
Passo 5 QRS
Passo 6 Onda T
Passo 7 Intervallo QT
Passo 8 Altro
Il ritmo appare regolare o irregolare?
Quanto è la frequenza cardiaca?
Le onde P sono presenti e positive?
Hanno forma arrotondata?
Ciascuna onda P è seguita da un QRS?
Le onde P sono tutte alla stessa distanza dal QRS?
L’intervallo PR è costante?
Il QRS è stretto o largo?
I complessi QRS hanno tutti la stessa forma e dimensione?
Sono presenti le onde T?
Le onde P potrebbero essere nascoste dalle onde T?
Le onde T hanno la stessa direzione dei complessi QRS?
L’intervallo QT è compreso tra 0.36 a 0.44 secondi?
(9 a 11 quadratini).
Come è il segmento ST?
Sono presenti extrasistoli?
Onda P
La prima onda da ricercare in un tracciato, perché ci permette di dire immediatamente se il
ritmo è sinusale o no. Da ricercare nelle derivazioni in cui è maggiormente evidente (D2V1-V2).
Intervallo PR
Rappresenta il tempo di conduzione atrioventricolare ed ha una durata compresa tra 0,12
e 0,20, che tende ad aumentare con l’età, mentre si accorcia con esercizio fisico e stress.
Complesso QRS
Rappresenta l’attivazione ventricolare ed ha una durata compresa tra sec 0,07 e 0,10. Si
chiama complesso QRS perché composto da 3 onde (Q negativa, R positiva, S negativa).
49
Segmento ST
Rappresenta il tempo in cui il miocardio resta depolarizzato. Ha durata variabile con la
durata dell’attivazione ventricolare ed è normalmente isoelettrico con il tratto T-P.
Onda T
Espressione della ripolarizzazione ventricolare. È normalmente asimettrica ed è
normalmente positiva in tutte le periferiche (tranne aVR) ed in tutte le precordiali (nel 50%
delle donne è negativa in V1).
Intervallo QT
Esprime la durata di depolarizzazione e ripolarizzazione di entrambi i ventricoli. Durata fra
0,35 e o,42 sec ma varia con la frequenza cardiaca.
CALCOLO DELLA FREQUENZA CARDIACA
La frequenza cardiaca è normale per valori compresi tra 60 e 100 battiti al minuto, oltre i
100 bpm si parla di tachicardia, sotto i 60 bpm si parla di bradicardia. Determinare la
frequenza è facile se si dispone di un regolo, altrimenti si può usare questo metodo: si
contano quanti quadrati da 5 mm stanno tra due onde R e si divide 300 per tale numero.
Per esempio se tra due onde R stanno 3 quadrati da 5 mm vuol dire che la frequenza è di
100 (300 diviso 3), se si contano 5 quadrati la frequenza è di 60 (300 diviso 5) se si
contano 3,5 quadrati la frequenza è di 85 e così via. Se il ritmo non ha una cadenza
regolare (per es. nella fibrillazione atriale) per calcolare la frequenza è meglio contare i
quadrati da 5 mm compresi tra 4 onde R e fare 900 diviso il numero trovato.
RITMI
RITMO SINUSALE
Ritmo
Frequenza
Onda P
Intervallo PR
QRS
Regolare
Compresa tra 60 e 100 battiti al minuto
Positiva, ogni P è sempre seguita da un QRS
Normale
Normale
TACHICARDIA SINUSALE
Ritmo
Frequenza
Onda P
Intervallo PR
QRS
Regolare
Costante e superiore a 100 battiti al minuto (100-160)
Positiva, ogni P è sempre seguita da un QRS
Costante
Normale
50
Rappresenta la risposta fisiologica alla richiesta di aumentata gittata cardiaca; spesso
secondaria ad esercizio fisico, febbre, ansia, farmaci, ipovolemia. Trattare le cause e non
di per sé la tachicardia sinusale.
TACHICARDIA PAROSSISTICA SOPRAVENTRICOLARE
Ritmo
Frequenza
Onda P
Intervallo PR
QRS
Regolare
Costante e superiore a 150 battiti al minuto (150-250)
Spesso non visibile perché nascosta nel QRS
Invertita e visibile nell’onda T
Costante
Normale o allargato in caso aberranza frequenza dipendente
in genere ci si riferisce a svariate forme di aritmia sopraventricolare ricorrente, escluse
quelle che traggono origine dall'atrio (tachicardia atriale, flutter atriale, fibrillazione atriale).
Le caratteristiche comuni sono: l'avvio repentino, la frequenza regolare sui 140-220/m, la
comparsa sull'ECG di complessi QRS stretti. Trattasi per lo più di aritmie da rientro: nella
forma più comune si hanno vie duplici entro il nodo AV con diversi tassi di conduzione e
refrattarietà; in taluni casi, il rientro dipende da una via accessoria fra atrio e ventricolo. La
forma più nota è la "sindrome di Wolff-Parkinson-White" (WPW), ove l'eccitazione
passa da atrio a ventricolo tramite il nodo AV e da ventricolo ad atrio tramite la via
accessoria. Alcune di queste vie accessorie sono però talvolta celate
Gli attacchi possono durare da pochi secondi a minuti, ore, raramente giorni, e si
presentano ad intervalli variabilissimi. A volte si individua un fattore scatenante. In
assenza di cardiopatia organica, non si hanno gravi effetti emodinamici; qualora invece vi
sia una cardiopatia sottostante, l'accresciuto carico di lavoro e l'inadeguato tempo di
riempimento durante la diastole possono causare insufficienza ed ipotensione. Il paziente
avverte attacchi di palpitazioni rapide e regolari dal brusco avvio, a volte accompagnati da
vertigini o sincope; il massaggio carotideo può essere efficace nel porre fine all'accesso.
BRADICARDIA SINUSALE
Ritmo
Frequenza
Onda P
Regolare
Inferiore a 60 battiti al minuto
Positiva, ogni P è sempre seguita da un QRS
Normale
Intervallo PR
QRS
Normale
La bradicardia sinusale non richiede uno specifico trattamento a meno che vi siano segni e
sintomi di ipoperfusione/ ipotensione: vertigini, astenia, pre-sincope, ipotensione arteriosa,
edema polmonare, shock.
51
ARITMIA SINUSALE
Ritmo
Frequenza
Onda P
Intervallo PR
QRS
Irregolare
Variabile
Positiva, ogni P è sempre seguita da un QRS
Normale
Normale
BLOCCHI ATRIOVENTRICOLARI:
Il termine "blocco" denota il difetto di conduzione dell'impulso
dagli atri ai ventricoli. In questa condizione l’impulso non riesce a passare dagli atri ai
ventricoli, che si contraggono con una frequenza non adatta alle esigenze dell’organismo.
Le forme più gravi di BAV devono essere trattate con l’impianto di un pacemaker.
BLOCCO ATRIOVENTRICOLARE DI PRIMO GRADO
Nel blocco di PRIMO GRADO, caratteristico delle miocarditi da febbre reumatica acuta ed
intossicazione digitalica, tutti gli impulsi raggiungono i ventricoli ma sono ritardati, e
l'intervallo PR eccede i 0,20 secondi. Ha rilevanza in quanto precursore eventuale di gradi
di blocco più avanzati
Ritmo
Frequenza
Onda P
Intervallo PR
QRS
Regolare
Normale
Positiva, ogni P è sempre seguita da un QRS
È superiore a 0,2 secondi ed è costante
Normale
BLOCCO ATRIOVENTRICOLARE DI SECONDO GRADO TIPO 1
Ritmo
Frequenza
Onda P
Intervallo PR
QRS
Irregolare con battiti raggruppati, c’è una pausa dopo ogni gruppo di 3
ventricolari
La frequenza atriale supera la frequenza ventricolare
Normali, ma alcune P non sono seguite dal QRS
Si allungano progressivamente fino all’onda P senza QRS
Normale, periodicamente un complesso è assente
52
Il blocco è localizzato all’ interno del nodo atrioventricolare. Può essere presente in caso si
spiccata ipertonia vagale. con un progressivo prolungamento dell'intervallo PR, che indica
una malattia del nodo AV cui può subentrare, in caso di passaggio al blocco completo, un
ritmo di fuga ventricolare sufficiente, per cui la stimolazione artificiale è in genere
superflua;
BLOCCOATRIOVENTRICOLARE DI SECONDO GRADO TIPO 2
Ritmo
Frequenza
Onda P
Intervallo PR
QRS
Atriale regolare, ventricolare regolare o irregolare
La frequenza ventricolare è più lenta di quella atriale
Normali, ma alcune P non sono seguite dal QRS
Normale
Periodicamente QRS assente
Il blocco è localizzato a livello della conduzione interventricolare, situato a livello hissiano o
sottohissiano.
BLOCCO DI TERZO GRADO
Ritmo
Frequenza
Onda P
Intervallo PR
QRS
Atriale regolare, ventricolare regolare
25-60 battiti al minuto
Non si associano al QRS
Non misurabile
Può essere sia largo che stretto
È certamente il disturbo più grave. Nessun impulso raggiunge i ventricoli, controllati da un
pacemaker più basso sito nel tessuto giunzionale. È per lo più una complicanza
dell'infarto del miocardio, di malattie reumatiche cardiopatia ischemica, della miocardite o
della chirurgia cardiaca; nella maggior parte dei casi si ha una fibrosi di causa ignota di
entrambe le branche. Esso si manifesta con una bassa frequenza ventricolare (25-50/m)
e comporta un rischio di asistolia ventricolare. La spiccata bradicardia può non essere
compensata adeguatamente da un cuore già danneggiato, il che può comportare
insufficienza ed ipotensione. Se subentrano insufficienza od attacchi sincopali del tipo di
Adams-Stokes, l'aspettativa di vita può ridursi a pochi mesi, donde la necessità di impianto
di pacemaker.
53
FIBRILLAZIONE ATRIALE
Gli atri emanano impulsi irregolari superiori ai 300/m, dovuti a molteplici focolai ectopici o
alle onde di eccitazione che seguono percorsi variabili nel miocardio atriale. In questa
frequente condizione lo stimolo non si forma nel nodo seno-atriale bensì è generato in
modo caotico dalla muscolatura degli atri. Questi non si contraggo
no regolarmente e pertanto il riempimento dei ventricoli avviene in modo incompleto. I
ventricoli si contraggono a una frequenza elevata e in modo estremamente irregolare. È
inevitabile un qualche grado di blocco AV: la risposta ventricolare è più lenta e anch'essa
irregolare. La fibrillazione atriale è spesso dovuta ad un processo patologico quale
malattia reumatica; malattia della valvola mitrale o compromissione ventricolare sinistra,
con aumento di pressione e dilatazione atriale; malattia ischemica, specie infarto;
alcoolismo; tireotossicosi; ipertensione; infezione acuta polmonare; chirurgia
cardiopolmonare. Essa può però presentarsi anche senza cardiopatie sottostanti, nella
forma "primaria"; può inoltre essere parossistica o cronica. I sintomi più diffusi sono
palpitazioni irregolari e dispnea, ma in molti casi si ha un'evoluzione repentina verso
l'insufficienza ventricolare sinistra e l'edema polmonare. La diagnosi è agevole, in quanto il
polso arterioso è totalmente irregolare e la risposta ventricolare caotica: per via dei diversi
tempi di riempimento dei ventricoli, la portata cardiaca ed il volume del polso mutano di
battito in battito. Questo andamento caotico differenzia la fibrillazione atriale dai battiti
ectopici atriali o ventricolari, con cui potrebbe essere confusa. L'ECG mostra una linea di
base irregolarmente ondulata, con complessi QRS totalmente irregolari. In caso di
fibrillazione atriale non trattata, la frequenza ventricolare si aggira in genere sui 100160/m. La fibrillazione atriale può insorgere in cuori sani, in seguito a malattie
extracardiache (come ipertiroidismo, stress, abuso di alcol), e in questi casi il trattamento
medico con farmaci o con una scossa elettrica (cardioversione elettrica) è in grado di
ripristinare il normale ritmo sinusale: la prevenzione delle ricadute è affidata alla cura della
malattia di base. Quando la fibrillazione atriale insorge in cuori già malati (spesso per
valvulopatie mitraliche o cardiopatia ischemica) tende facilmente a diventare cronica.
Ritmo
Frequenza
Onda P
Intervallo PR
QRS
Irregolare, non c’è corrispondenza tra QRS e onde fibrillatorie
Frequenza atriale 350-600, frequenza ventricolare 60-100
Non visibili, presenti irregolari movimenti dell’isoelettrico
Non misurabile
Normale
FLUTTER ATRIALE
Ritmo
Frequenza
Onda P
Intervallo PR
QRS
Il ritmo ventricolare può essere o no regolare
Frequenza atriale 250-400, frequenza ventricolare 60-100
Deflessioni atriali a “dente di sega”
Non misurabile
Normale
54
Gli atri battono regolarmente intorno ai 250-350/m
(spesso l'aritmia è dovuta a circuito rientrante nell'atrio destro), ed un qualche grado di
blocco AV è inevitabile. La risposta ventricolare è di 2:1, 3:1, 4:1 e può essere regolare od
irregolare: la variante più comune è una frequenza ventricolare di 140-160, con un blocco
2:1. Il flutter è generalmente una complicanza di una malattia organica, quale malattia
reumatica od ischemica, miocardite o ipertiroidismo; può essere parossistico o cronico od
evolversi in fibrillazione atriale. I sintomi sono: palpitazioni, vertigini, sincope; spesso si ha
insufficienza. Le onde di flutter nell'ECG hanno una configurazione seghettata.
TACHICARDIA VENTRICOLARE
Ritmo
Frequenza
Onda P
Intervallo PR
QRS
Regolare o lievemente irregolare
Da 100 a 250 battiti al minuto
Assente
Non misurabile
Forma bizzarra e ampiezza aumentata
FIBRILLAZIONE VENTRICOLARE
Ritmo
Frequenza
Onda P
Intervallo PR
QRS
Caotico, con contrazioni multiple disorganizzate
Non misurabile
Non identificabile
Non misurabile
Non identificabile
ASISTOLIA
Ritmo
Frequenza
Onda P
Intervallo PR
QRS
Assente
Assente
Assente
Non misurabile
Assente
55
INFARTO MIOCARDICO ACUTO
Segmento ST normale.
Un segmento ST sopraslivellato suggerisce un danno
miocardico.
I segni elettrocardiografici classici di un infarto acuto del
miocardio sono:
1. inversione dell’onda T (ischemia)
2. sopraslivellamento del tratto ST (lesione)
3. Onda Q (necrosi)
Un segmento ST depresso può essere dovuto a ischemia
miocardica.
I RITMI DI ARRESTO SONO
1. fibrillazione ventricolare e tachicardia ventricolare senza polso
2. attività elettrica senza polso
3. asistolia
FIBRILLAZIONE VENTRICOLARE
CRITERI DI DEFINIZIONE ECG:
 non si riconoscono onde P, QRS e onde T. Le ondulazioni della linea di base
avvengono tra 150 e 500 al minuto.
 Ritmo indeterminato
 Ampiezza: fine <2 mm, medio-moderata 2-5 mm, ampia 10-15, molto ampia >15 mm.
 Complessi QRS non sono identificabili
 Frequenza elevata non valutabile
 Pattern completamente caotico
EZIOLOGIA






Sindrome coronarica acuta ( aree di miocardio ischemiche)
Tachicardia ventricolare non trattata
Complessi ventricolari prematuri ( fenomeno R/T)
Farmaci, alterazioni dell’equilibrio acido-base, disionie che alterano il periodo refrattario
Allungamento del QT (primitivo o secondario)
Ipossia, elettrocuzione
56
TRATTAMENTO DEFIBRILLAZIONE
TACHICARDIA VENTRICOLARE
Si definisce TV una serie di 3 o più complessi ventricolari che hanno origine da un focolaio
venticolare.
Tachicardia ventricolare non sostenuta < 30 secondi non necessita di trattamento
Tachicardia ventricolare sostenuta > 30 secondi, è sempre sintomatica, associata ad
alterazioni emodinamiche e/o alla comparsa di ischemia miocardica.
Tachicardia ventricolare monomorfa: QRS hanno identica morfologia
Tachicardia ventricolare polimorfa: QRS a morfologia variabile.
CRITERI DI DEFINIZIONE ECG:




Frequenza: frequenza ventricolare > 100 ( tipicamente 120-250 per minuto)
Ritmo: ritmo ventricolare regolare
PR assente
Onde P: difficilmente visibili ma presenti, non correlate ai QRS ectopici: dissociazione
atrioventricolare
 QRS: larghi, aspetto simile a complessi ventricolari prematuri, durata > 0,12 secondi,
con onde T larghe di polarità opposta al complesso QRS.
 Possono esserci QRS normali, sinusali quando un impulso sinusale viene condotto nei
ventricoli: battiti di cattura sinusali.
EZIOLOGIA
 SCA con aree d’irritabilità ventricolari che determinano complessi ventricolari prematuri
 R/T battiti ventricolari prematuri che si innescano durante il periodo refrattario
 QT allungato (principali farmaci: antidepressivi triciclici, antistaminici, digossina,
procainamide).
TRATTAMENTO DELLA TV SENZA POLSO DEFIBRILLAZIONE
ATTIVITÀ ELETTRICA SENZA POLSO
Si definisce PEA qualsiasi condizione clinica di arresto cardiaco in presenza di un ritmo
ECG compatibile con output cardiaco.
 Può essere un ritmo non organizzato come un normale ritmo sinusale
 QRS Stretto con Frequenza > 100 generalmente genesi non cardiaca
 QRS largo con Frequenza < 60 generalmente genesi cardiaca
Le migliori possibilità di trattamento per il paziente in questi casi derivano dal pronto
riconoscimento e trattamento di ogni possibile causa sottostante.
57
1.
2.
3.
4.
5.
Ipovolemia
Ipossia
Ipo-iperkaliemia/ Acidosi
Ipoglicemia
Ipotermia
Tamponamento cardiaco
Pneumo Torace iperteso (PNX)
Trombolia polmonare/ IMA (t. coronarica)
Tossici (farmaci, droghe, sostanze)
Trauma
ASISTOLIA
CRITERI DI DEFINIZIONE ECG:
 Frequenza: non è visibile l’attività elettrica o con meno di 6 complessi al minuto.
 Ritmo non definibile
 QRS non definibile
EZIOLOGIA
 Insufficienza respiratoria acuta
 Ischemia cardiaca
TRATTAMENTO
RCP, atropina/ adrenalina.
IL NUOVO ALGORITMO UNIVERSALE ALS
Uno dei messaggi più importanti contenuti in tali linee guida è la necessità di una RCP
precoce e di buona qualità, che si deve accompagnare alla massima riduzione possibile
dei “tempi morti”, vale a dire degli intervalli durante i quali il soggetto in arresto cardiaco
non viene sottoposto a compressioni toraciche esterne.
Obiettivi
• Il trattamento dei pazienti in arresto cardiaco per fibrillazione ventricolare/
tachicardia ventricolare senza polso (FV/TV)
• Il trattamento dei pazienti in arresto cardiaco a causa di un ritmo non defibrillabile
(asistolia e attività elettrica senza polso, nota con l’acronimo PEA)
Introduzione
Il quadro clinico di presentazione di un paziente in arresto cardiorespiratorio è
rappresentato da collasso e/o perdita di coscienza.
In sede extraospedaliera, di fronte a un paziente collassato o privo di coscienza, dopo la
ricerca dei segni vitali, la priorità è la chiamata del Servizio di Emergenza (118) e l’avvio
del BLS in caso di arresto cardiorespiratorio.
58
In ambito intraospedaliero, l’approccio ad un paziente collassato o privo di coscienza da
parte degli operatori sanitari è schematizzato nella Fig.1 sopra riportata:
In assenza di segni vitali (respiro spontaneo adeguato e/o presenza di polso o movimenti
spontanei), si deve porre diagnosi di arresto cardiaco.
I ritmi cardiaci associati all'arresto cardiaco sono divisi in due gruppi: ritmi defibrillabili
(fibrillazione ventricolare/ tachicardia ventricolare senza polso (FV/TV)) e ritmi non
defibrillabili (asistolia ed attività elettrica senza polso (PEA), quest’ultima nota anche come
dissociazione elettromeccanica (DEM)).
La principale differenza nella gestione di questi due gruppi di aritmie è rappresentata dalla
necessità di tentare la defibrillazione nei pazienti con un ritmo defibrillabile.
Le azioni successive, comprese le compressioni toraciche, la gestione delle vie aeree e la
ventilazione, il reperimento di un accesso venoso, la somministrazione di adrenalina e
l’identificazione e la correzione dei fattori reversibili, sono comuni ad entrambi i gruppi.
Per algoritmo riassuntivo arresto cardiaco vedi allegato protocollo a fine dispensa.
A. Ritmi defibrillabili (FV/TV senza polso)
In ambito extraospedaliero, nei soggetti adulti il ritmo più comune al momento dell'arresto
cardiaco è rappresentato dalla FV, che può essere preceduta da un periodo di TV, da una
bradiaritmia o meno comunemente da una tachicardia sopraventricolare (SVT).
Il trattamento più efficace in presenza di un ritmo defibrillabile in ambito ospedaliero è
59
rappresentato dall’erogazione di uno shock elettrico. Pertanto, dopo aver confermato
l'arresto cardiaco (paziente incosciente e privo di segni vitali), bisogna richiedere l’aiuto di
altri soccorritori, far portare un defibrillatore ed iniziare immediatamente la RCP,
incominciando con il massaggio cardiaco seguito dalle ventilazioni, con un rapporto
compressioni:ventilazioni di 30:2.
Se il defibrillatore non è immediatamente disponibile e il soccorritore è addestrato, può
essere ragionevole somministrare un pugno precordiale . Non appena si
rende disponibile il defibrillatore si devono applicare le piastre o le placche autoadesive sul
torace per rilevare il ritmo sottostante l’arresto cardiaco.
In caso di defibrillatore manuale, è opportuno identificare il più rapidamente possibile il
ritmo dell’arresto cardiaco utilizzando le piastre (cosiddetto “quick look”), in modo da poter
procedere immediatamente, se necessario, all’erogazione dello shock elettrico. Gli
elettrodi vanno quindi posizionati successivamente.
Se si evidenzia una FV/TV procedere come segue:
• Erogare uno shock di 150-200 J in caso di defibrillatore bifasico o 360 J in caso di
defibrillatore monofasico
• Riprendere immediatamente le compressioni toraciche e la ventilazione con rapporto
30:2 senza controllare il ritmo al monitor e proseguire la RCP per 2 minuti
• Dopo 2 minuti sospendere brevemente il massaggio cardiaco e dare un rapido
sguardo al monitor:
1. Se persiste il ritmo defibrillabile iniziale:
• Erogare un secondo shock (150-360 J se defibrillatore bifasico, 360 J se monofasico)
• Riprendere immediatamente la RCP e continuare per 2 minuti
• Dopo 2 minuti fare una breve pausa per controllare il monitor
• Se la FV/TV persiste, somministrare a bolo 1 mg ev di adrenalina, seguito
immediatamente da un terzo shock (150-360 J se bifasico, 360 J se monofasico)
• Riprendere immediatamente la RCP e continuare per 2 minuti
• Dopo 2 minuti fare una breve pausa per controllare il monitor
• Se la FV/TV persiste, somministrare 300 mg ev di amiodarone, seguito
immediatamente da un quarto shock (150-360 J bifasico, 360 J monofasico).
• Riprendere immediatamente la RCP e continuare per 2 minuti
• Dopo 2 minuti fare una breve pausa per controllare il monitor
• Se la FV/TV persiste, somministrare 1 mg e.v. di adrenalina immediatamente
prima del quinto shock, dopo di che continuare a somministrare l’adrenalina
ogni 3-5 minuti (cioè ogni 2 cicli di RCP)
• Erogare ulteriori shock dopo ogni ciclo di 2 minuti di RCP e dopo conferma
della persistenza di FV/TV.
Per algoritmo riassuntivo arresto cardiaco in FV/TV senza polso vedi allegato
protocollo a fine dispensa.
Si precisa che, dopo intubazione del paziente, il massaggio cardiaco esterno e le
ventilazioni vanno effettuati non più con rapporto 30:2 ma in modo asincrono
(100 compressioni toraciche al minuto + 10 ventilazioni al minuto).
2. Se si osserva attività elettrica organizzata compatibile con una gittata cardiaca,
controllare il polso:
• Se è presente il polso, iniziare il trattamento post-rianimatorio
• Se non è apprezzabile il polso, continuare la RCP e seguire il braccio
dell'algoritmo per i ritmi non defibrillabili
60
3. Se si rileva asistolia, riavviare immediatamente la RCP e seguire il braccio
dell'algoritmo per i ritmi non defibrillabili.
NB. La defibrillazione si definisce “efficace” se è stata in grado di interrompere la FV/TV e
più precisamente, se si osserva sul monitor l’assenza di FV/TV a 5 secondi
dall’erogazione della scarica elettrica. L’efficacia è quindi indipendente dalla ricomparsa di
circolo spontaneo (ROSC). Se a 5 secondi dallo shock il polso è divenuto palpabile oppure
se si osserva PEA o asistolia, la defibrillazione va considerata comunque efficace.
In caso di FV/TV ricorrente (ricomparsa di un ritmo defibrillabile dopo una defibrillazione
efficace – sia che il paziente avesse ripreso il polso, sia che fosse rimasto in arresto
cardiaco) il livello di energia da impiegare per la defibrillazione deve essere lo stesso che
si era dimostrato efficace in precedenza.
Naturalmente, la precisazione sopra riportata vale per i defibrillatori bifasici, in quanto per i
monofasici l’energia di scarica è comunque sempre di 360 J.
Precisazioni
1. L’intervallo tra l’interruzione delle compressioni toraciche e la somministrazione di uno
shock deve essere il più breve possibile e non deve superare i 10 secondi. Interruzioni più
lunghe riducono le probabilità che lo shock possa ripristinare un circolo spontaneo.
2. Le compressioni toraciche vanno riprese subito dopo ogni shock e senza controllare il
ritmo né il polso perché è comunque poco probabile ottenere un circolo
emodinamicamente valido immediatamente dopo la defibrillazione. Nel caso che dopo la
defibrillazione ricompaia subito un’attività cardiaca emodinamicamente valida,
l’esecuzione di compressioni toraciche non aumenterà la probabilità di reinsorgenza di FV.
Infine, se dopo la defibrillazione compare asistolia, le compressioni toraciche possono
opportunamente indurre una FV che può rispondere agli shock.
3. La prima dose di adrenalina va somministrata immediatamente prima dell’erogazione
del terzo shock non appena confermata la persistenza del ritmo FV/TV. Anche le dosi
successive (1 mg ogni 2 cicli) vanno somministrate subito prima degli shock , finché la
FV/TV persiste.
NB. Non ritardare uno shock per attendere che sia pronta l’adrenalina; se non è pronta,
somministrarla dopo lo shock.
4. Durante la RCP, l’adrenalina va somministrata ogni 3-5 minuti. In caso di passaggio dai
ritmi non-FV/TV a quelli FV/TV, la dose successiva di adrenalina va somministrata prima
del primo o del secondo shock, a seconda di quando era stata somministrata la dose
precedente.
5. Quando si controlla il ritmo al monitor 2 minuti dopo avere erogato uno shock, bisogna
controllare se c’è polso solo se è presente un ritmo non defibrillabile ed organizzato (cioé,
se i complessi appaiono regolari o stretti). Se non si è sicuri della presenza di polso,
bisogna riprendere immediatamente la RCP.
6. Se si rileva al monitor la presenza di un ritmo organizzato durante il periodo di 2 minuti
di RCP, non bisogna interrompere le compressioni toraciche per palpare il polso, a meno
che il paziente mostri segni vitali che suggeriscano il ritorno di circolo spontaneo.
7. L’amiodarone (300 mg) va somministrato a bolo immediatamente prima dell’erogazione
del quarto shock non appena confermata la persistenza del ritmo FV/TV. Come alternativa
si può utilizzare la lidocaina al dosaggio di 100 mg ev (o 1 mg/kg) se l'amiodarone non è
disponibile, ma la lidocaina non va somministrata se è stato già usato l'amiodarone.
8. Se c’è qualche possibilità che la FV/TV refrattaria possa essere dovuta ad una
ipomagnesiemia (es. paziente in terapia con diuretici), somministrare magnesio.
9. Nella FV/TV refrattaria è importante controllare le posizioni ed i contatti delle piastre e
degli elettrodi e l'adeguatezza del materiale conduttivo, ad esempio, le gel pads. La durata
di uno specifico tentativo di rianimazione è basata sul giudizio clinico e l’elemento più
importante da tenere presente è l’eventualità di una prognosi favorevole. Se la
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rianimazione è stata iniziata, è considerato solitamente utile continuare finché il paziente
rimane in FV/TV.
10. Se non si è sicuri se il ritmo al monitor sia una asistolia oppure una FV molto fine, non
bisogna tentare la defibrillazione; continuare invece le compressioni toraciche e la
ventilazione. La FV molto fine, difficile da distinguere dall’asistolia, difficilmente può essere
convertita dalla defibrillazione in un ritmo emodinamicamente valido. Invece, una RCP
continua e di buona qualità può aumentare l'ampiezza e la frequenza dell’FV e migliorare
la probabilità di convertirla, con la defibrillazione, in un ritmo emodinamicamente efficace.
Somministrare shock ripetuti nel tentativo di defibrillare quella che si pensa essere una FV
molto fine aumenterà la lesione del miocardio sia direttamente, ad opera della corrente
elettrica, che indirettamente, a causa delle interruzioni nel flusso coronarico. Se si è certi
invece che il ritmo è una FV, tentare sempre la defibrillazione.
B. Ritmi non defibrillabili (PEA ed asistolia)
L'attività elettrica senza polso (PEA) è definita come attività elettrica cardiaca organizzata
in assenza di polso palpabile. In questa situazione i pazienti hanno spesso alcune
contrazioni meccaniche del miocardio, troppo deboli però per produrre un polso o una
pressione sanguigna rilevabile. La PEA può essere determinata da cause reversibili che
possono essere trattate (vedere oltre). La sopravvivenza dopo un arresto cardiaco con
asistolia o PEA è improbabile, a meno che si riesca a identificare e trattare in modo
adeguato una causa.
Trattamento per la PEA con frequenza cardiaca >60/min
• Iniziare la RCP 30:2
• Somministrare 1 mg di adrenalina e.v. non appena disponibile un accesso venoso
• Appena possibile, assicurare le vie aeree. Nel frattempo, continuare la RCP 30:2
per 2 minuti
• Dopo 2 minuti ricontrollare il ritmo al monitor:
1. Se si rileva attività elettrica organizzata, controllare il polso e/o segni vitali:
• Se si rilevano polso e/o segni vitali, iniziare il trattamento post-rianimatorio
• Se non sono presenti polso e/o segni vitali, la PEA persiste, quindi:
• Continuare la RCP
• Ricontrollare il ritmo dopo due minuti e continuare di conseguenza
• Somministrare 1 mg e.v. di adrenalina ogni 3-5 minuti (in pratica, ogni 2 cicli di RCP)
NB. Dopo che le vie respiratorie sono assicurate, continuare le compressioni toraciche
senza fare pausa durante la ventilazione (compressioni e ventilazioni asincrone).
2. Se al controllo del ritmo si rileva una FV/TV, passare al braccio dei ritmi
defibrillabili, dopo aver completato comunque i 2 minuti di RCP. Si precisa
che in questo caso l’’adrenalina non andrà somministrata dopo 2 shock e prima del terzo,
ma a 3-5 minuti dalla precedente somministrazione
3. Se al controllo del ritmo si osserva asistolia o ritmo agonico:
• Continuare la RCP
• Ricontrollare il ritmo dopo due minuti e agire di conseguenza
• Somministrare 1 mg e.v. di adrenalina ogni 3-5 minuti (in
pratica, ogni 2 cicli di RCP)
Trattamento per l’asistolia e la PEA bradicardica (frequenza <60/min)
• Iniziare la RCP 30:2
• Controllare che le derivazioni siano collegate correttamente senza interrompere la RCP
• Somministrare 1 mg e.v. di adrenalina (2mg. et se non disponibile un accesso venoso).
• Somministrare 3 mg e.v. di atropina (una volta soltanto)
62
• Continuare la RCP con rapporto 30:2 fino a che le vie respiratorie siano assicurate,
quindi proseguire le compressioni toraciche senza fare pause durante la ventilazione
(compressioni e ventilazioni asincrone).
• Ricontrollare il ritmo ogni 2 minuti e agire di conseguenza
• Somministrare 1 mg e.v. di adrenalina ogni 3-5 minuti (in pratica, ogni 2 cicli di RCP)
• Ogni volta che si rileva asistolia, controllare con attenzione l’ECG per vedere se
sono presenti le onde P, perché in questa situazione l’asistolia è solo ventricolare e
potrebbe essere trattata efficacemente con il pacing cardiaco.
NB Se al controllo del ritmo si rileva una FV/TV, passare al braccio dei ritmi defibrillabili,
dopo aver completato comunque i 2 minuti di RCP. Si precisa che in questo caso
l’’adrenalina non andrà somministrata dopo 2 shock e prima del terzo, ma a 3-5 minuti
dalla precedente somministrazione
Per algoritmo riassuntivo arresto cardiaco in PEA/ASISTOLIA vedi allegati protocolli
a fine dispensa.
Compressioni toraciche
Durante il trattamento di una asistolia/PEA o di una FV/TV persistente è importante:
1) effettuare compressioni toraciche di buona qualità fra i tentativi di defibrillazione;
2) riconoscere e trattare le cause reversibili (4 I e 4 T);
3) ottenere rapidamente un adeguato accesso venoso ed un controllo delle vie
respiratorie.
Durante la RCP con rapporto 30:2, il ritmo sottostante deve essere visibile al monitor
quando le compressioni vengono interrotte per consentire le ventilazioni. Se durante
questa breve pausa per le ventilazioni si osserva una FV/TV al monitor (qualunque sia la
branca dell’algoritmo in cui ci si trova), non tentare subito la defibrillazione, ma continuare
fino alla fine del ciclo di 2 minuti.
La qualità delle compressioni toraciche e delle ventilazioni è un fattore importante nel
determinare la prognosi, tuttavia spesso gli operatori sanitari non le effettuano in modo
corretto. Effettuare la RCP con un rapporto 30:2 è affaticante, per cui i soccorritori addetti
alle compressioni toraciche, se possibile, devono alternarsi ogni 2 minuti.
Non appena assicurate le vie respiratorie, bisogna continuare le compressioni toraciche
senza fare pause per la ventilazione. Infatti, le pause nelle compressioni toraciche
determinano una caduta della pressione di perfusione coronarica, che poi tarda a risalire
ai valori iniziali quando le compressioni vengono riprese. Pertanto le compressioni
toraciche non interrotte da periodi di ventilazione generano una pressione di perfusione
coronarica media sostanzialmente più elevata.
Vie aeree e ventilazione
L'intubazione tracheale fornisce l’accesso più affidabile alle vie respiratorie, ma va tentata
soltanto se l'esecutore sanitario è correttamente addestrato ed ha una pratica sufficiente e
continua con questa tecnica. Gli operatori sanitari esperti nell'intubazione dovrebbero
tentare la laringoscopia senza interrompere le compressioni toraciche, anche se una
breve pausa nelle compressioni può essere necessaria nel momento in cui il tubo viene
passato attraverso le corde vocali. In alternativa, per evitare qualunque interruzione nelle
compressioni toraciche, il tentativo di intubazione può essere rinviato fino al ritorno della
circolazione spontanea. Nessun tentativo di intubazione deve durare più di 30 secondi: se
l'intubazione non è riuscita in questo intervallo di tempo, ricominciare la ventilazione con
pallone-maschera. Dopo l’intubazione, confermare la posizione corretta del tubo e fissarlo,
quindi continuare le compressioni toraciche ad una frequenza di 100 /min, senza fare
pause durante la ventilazione. Effettuare le ventilazioni al ritmo di 10 atti/min. È importante
evitare di iperventilare il paziente.
63
In alternativa all’intubazione tracheale, si possono utilizzare il Combitube, la maschera
laringea (LMA), la ProSeal LMA, o il tubo laringeo. Dopo aver inserito uno di questi
dispositivi, tentare di effettuare le compressioni toraciche in modo continuo. Se la perdita
di gas dalle vie aeree a causa delle compressioni è così elevata da impedire una
ventilazione adeguata, interrompere le compressioni toraciche durante le ventilazioni.
Accesso venoso
Procurarsi un accesso venoso se questo non è già disponibile. I farmaci somministrati
attraverso un catetere venoso centrale sono efficaci più rapidamente rispetto all’iniezione
mediante una cannula periferica in quanto raggiungono il distretto circolatorio centrale in
breve tempo. Tuttavia, l'inserimento di un catetere venoso centrale richiede l'interruzione
del RCP ed è associato a numerose potenziali complicazioni. Il posizionamento di una
cannula venosa periferica è invece più rapido, facile e sicuro. I farmaci iniettati in vena
periferica devono essere seguiti da un bolo rapido di almeno 20 ml di liquido e dal
sollevamento dell'estremità per 10 - 20 secondi al fine di facilitare l’arrivo del farmaco al
distretto centrale.
Cause potenzialmente reversibili
Durante qualsiasi arresto cardiaco è necessario prendere in considerazione le potenziali
cause o i potenziali fattori aggravanti per cui esiste un trattamento specifico. Per facilità
mnemonica, questi fattori sono suddivisi in due gruppi di quattro condizioni patologiche,
basati sulla loro lettera iniziale – I oppure T.
1.
2.
3.
4.
5.
Ipovolemia
Ipossia
Ipo-iperkaliemia/ Acidosi
Ipoglicemia
Ipotermia
Tamponamento cardiaco
Pneumo Torace iperteso (PNX)
Trombolia polmonare/ IMA (t. coronarica)
Tossici (farmaci, droghe, sostanze)
Trauma
Minimizzare il rischio di Ipossia accertandosi che i polmoni del paziente siano ventilati
adeguatamente con ossigeno al 100%.
Assicurarsi che vi sia un sollevamento del torace sufficiente e suoni polmonari su entrambi
i campi polmonari.
L’attività elettrica senza polso causata da Ipovolemia è solitamente dovuta ad emorragia
grave che può essere determinata da vari fattori quali traumi, sanguinamento
gastrointestinale o dalla rottura di un aneurisma aortico .
Il volume intravascolare va ripristinato velocemente con infusioni; per arrestare l’emorragia
può rendersi necessario un intervento chirurgico urgente.
L’iperK, l’ipoK, l’ipoCa, l’ipoglicemia, l’acidosi ed altri disordini metabolici sono rilevabili
dagli esami biochimici o suggeriti dall’anamnesi del paziente.
Utile un ECG a 12 derivazioni.
L’ipotermia va sospettata in pazienti esposti a basse temperatura od immersi in acqua.
Un pneumoTorace iperTeso può essere la causa di un PEA dovuto a trauma o da
manovre invasive non riuscite.
La diagnosi è clinica.
Il Tamponamento cardiaco difficile da diagnosticare in corso di arresto cardiaco ma deve
essere sospettato in presenza di trauma penetrante del torace.
L’ inTossicazione da farmaci può essere talvolta difficile da diagnosticare e deve essere
guidata dalla raccolta di un’anamnesi, esami di laboratorio, raccolta di eventuali indizi.
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L’uso di specifici antidoti è risolutivo.
La trombosi polmonare o cardiaca va prontamente diagnosticata per il trattamento
trombolitico tempo dipendente.
Sommario
• Il trattamento del paziente in arresto cardiaco dipende dal ritmo sottostante ed è
diverso per i ritmi defibrillabili e quelli non defibrillabili
• Appena possibile, bisogna procurarsi un accesso venoso per la somministrazione
di farmaci e liquidi e assicurare le vie aeree per permettere di effettuare le
compressioni toraciche senza interruzioni
• Il massaggio cardiaco esterno e la ventilazione devono essere di ottima qualità per
ottimizzare la prognosi di un arresto cardiaco
• E’ assolutamente necessario identificare e trattare il più rapidamente possibile tutte
le cause reversibili
APPROCCIO ALLA BRADICARDIA SINTOMATICA IN URGENZA
Si definisce bradicardia una frequenza inferiore a 60 bpm. È clinicamente utile
classificare la bradicardia in assoluta (< 40 bpm), relativa (quando la frequenza cardiaca
è troppo bassa in relazione allo stato emodinamico del paziente.
La bradicardia deve essere considerata sintomatica, quando presenta, in eventuale
associazione, le caratteristiche cliniche di seguito elencate:
SINTOMI:
 Dolore toracico
 Dispnea
 Alterazione del livello di coscienza
 Presincope
 Sincope
 Marcata astenia
SEGNI:
 Pressione sistolica < 90 mmHg
 Ipotensione ortostatica
 Frequenza cardiaca < 40 bpm
 Aritmie ventricolari che richiedano immediato trattamento
 Insufficienza cardiaca acuta
 Shock
RITMI PER LA BRADICARDIA
BRADICARDIA SINSUSALE
ha molteplici cause:
a) Fisiologiche:
atleti allenati
sonno
stimolazione vagale
b) Farmaci:
beta bloccanti
calcio antagonisti
digitale
65
c) Patologie sistemiche:
infarto miocardico inferiore
Ipertensione endocranica
Ipotiroidismo
shock ipovolemico in fase terminale
La bradicardia sinusale non richiede trattamento specifico a meno che non diventi
sintomatica.
BLOCCO ATRIO VENTRICOLARE DI I GRADO
EZIOLOGIA: aumento del tono vagale, farmaci, IMA parete inferiore, digitale
TRATTAMENTO: non è indicato alcun trattamento specifico
NB: in caso di IMA è importante monitoraggio per la possibile evoluzione del blocco AV
BLOCCO ATRIOVENTRICOLARE DI II GRADO
TIPO I : ogni impulso incontra una difficoltà crescente nel passaggio atrio ventricolare
finchè uno stimolo viene bloccato e non perviene ai ventricoli.
EZIOLOGIA: IMA prevalentemente inferiore, aumento del tono vagale, cardiopatia
ischemica cronica, miocarditi
TRATTAMENTO: non è indicato alcun trattamento a meno che la ridotta frequenza
ventricolare determini la comparsa di segni e sintomi di ipoperfusione.
TIPO II: comparsa periodica o intermittente di onde P bloccate in assenza di alcuna
modificazione degli intervalli PR precedenti, i quali possono essere normali o allungati.
È una condizione pericolosa, particolarmente in corso di IMA, può progredire in BAV
completo o anche in asistolia ventricolare in assenza di segni premonitori.
EZIOLOGIA: IMA prevalentemente anteriore, digitale, calcio antagonisti, degenerazione
del sistema di conduzione
TRATTAMENTO: PACING
BLOCCO ATRIOVENTRICOLARE DI III GRADO
Non si realizza alcuna conduzione atrioventricolare degli impulsi.
EZIOLOGIA: IMA INFERIORE, IMA ANTERIORE ESTESO.
TRATTAMENTO: PACING TRANSCUTANEO.
GESTIONE DI UN PAZIENTE CON BRADICARDIA (FC<60 bpm e inadeguata per la
condizione clinica)
1. Mantenere la pervietà delle vie aeree.
2. Assistere la ventilazione se necessario; somministrare ossigeno, monitorare la
saturazione di ossigeno.
3. Monitor ECG, monitorare PA.
4. Accesso venoso.
5. Anamnesi mirata alla ricerca di fattori causali e relativo trattamento.
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CAUSE REVERSIBILI
1.
2.
3.
4.
5.
Ipovolemia
Ipossia
Ipo-iperkaliemia/ Acidosi
Ipoglicemia
Ipotermia
Tamponamento cardiaco
Pneumo Torace iperteso (PNX)
Trombolia polmonare/ IMA (t. coronarica)
Tossici (farmaci, droghe, sostanze)
Trauma
6. valutare la presenza di segni e sintomi di scarsa perfusione causati dalla
bradicardia.
7. In caso di presenza di adeguata perfusione 
osserva e monitorizza.
8. SCARSA PERFUSIONE:
PACING TRANSCUTANEO
Il TCP è il trattamento di scelta quando un paziente ha una bradicardia sintomatica con
segni di scarsa perfusione. Eroga impulsi di stimolazione al cuore attraverso la cute
usando elettrodi cutanei. È indicato:
1. Bradicardia emodinamicamente instabile
2. IMA+ BAV II tipo II
3. Bradicardia con ritmi ventricolari di scappamento
4. IMA+ BAV III
 Somministrare analgesici-sedativi (es. Midazolam)
 Collocare gli elettrodi per il pacing sul torace
 Accendere su on
 Regolare la frequenza di stimolazione a 60 bpm
 Regolate i mA a 2 mA superiore alla dose di cattura
Obiettivo è osservare un miglioramento clinico.
FARMACI
 Atropina 0,5 mg ev ogni 3-5 minuti (dose max 3 mg).
In assenza di cause immediatamente reversibili, l’atropina è il farmaco di prima linea per la
bradicardia sintomatica. La mancanza di risposta all’atropina è un’indicazione al TCP.
Usare con cautela in caso di sindrome coronarica acuta.
NON usare in caso di pazienti emodinamicamente instabili, BAV II tipo II, BAV III a
complessi QRS allargati. Se la bradicardia non risponde all’atropina, in attesa della
stimolazione, si può considerare:
 Adrenalina infusione 2-10 g/min titolate in base alla risposta del paziente
 Dopamina infusione 2-10 g/Kg/min titolata in base alla risposta del paziente
Considerare PACING in STAND BY
In corso di sindrome coronarica acute, pazienti clinicamente stabili possono deteriorare
improvissamente:
 BAV II tipo II asintomatico
 BAV III asintomatico
 Nuovo blocco di branca destra e sinistra.
Approccio alle tachiaritmie in urgenza
Per convenzione si parla di tachiaritmia quando la frequenza atriale e/o ventricolare è
maggiore di 100 al minuto. Tuttavia non sempre è così: una tachicardia atriale con blocco
67
atrioventricolare, ad esempio, può dare una frequenza ventricolare inferiore a 100 battiti
minuto. Una tachiaritmia ha molte cause potenziali e può essere sintomatica o
asintomatica.
GESTIONE DI TACHIARITMIA
La chiave del trattamento di un paziente con qualsiasi tachicardia è determinare se è
presente il polso  RITMO DI PERIARRESTO
9. Mantenere la pervietà delle vie aeree
10. Assistere la ventilazione se necessario; somministrare ossigeno, monitorare la
saturazione di ossigeno
11. Monitor ECG, monitorare PA
12. Accesso venoso
13. Anamnesi mirata alla ricerca di fattori causali e relativo trattamento.
CAUSE REVERSIBILI (le stesse della bradicardia su indicate)
14. Valutare la stabilità emodinamica
Un paziente viene definito EMODINAMICAMENTE INSTABILE quando presenta segni e
sintomi di ipoperfusione d’organo come conseguenza diretta dell’aritmia:
sintomi: dispnea,
dolore toracico
alterazione dello stato mentale
presincope/sincope
segni: pressione arteriosa < 90 mmHg,
segni di shock,
edema polmonare
alterazioni ischemiche all’ECG
NB: frequenze ventricolari < 150 bpm generalmente non causano segni e sintomi severi.
In assenza di patologia cardiaca è raro che un’aritmia sopraventricolare per quanto ad
elevata frequenza possa determinare una reale intolleranza emodinamica.
A. SE L'ARITMIA DETERMINA UNA GRAVE COMPROMISSIONE EMODINAMICA il
trattamento deve precedere la diagnosi del tipo di aritmia. La terapia di scelta è in
questi casi il DC-shock sincrono. Lo shock elettrico deve essere sincronizzato
sull’onda R dell’ECG. Il defibrillatore va pertanto regolato in modalità sincronizzata,
verificando che il marcatore dell’onda R sia sempre in corrispondenza di ogni onda R
del tracciato di monitoraggio.
a) Sedazione del paziente (midazolam ev).
b) Accensione del defibrillatore
c) Posizionare il paziente nella modalità sincro
d) Selezionare il livello di energia appropriato:
fibrillazione atriale 100-200-300-360J
flutter atriale 50-100-200-300-360J
tv monomorfa 100-200-300-360J
68
UTILE CONTATTARE ESPERTO CARDIOLOGO
Risolta l'emergenza, dal confronto tra l'ECG in ritmo sinusale e quello in corso di aritmia è,
in genere, agevole effettuare una diagnosi differenziale
B. SE L’ARITMIA NON DETERMINA COMPROMISSIONE EMODINAMICA, il processo
diagnostico basato sulla storia clinica, l'esame obiettivo e l'elettrocardiogramma,
deve precedere il trattamento. Va effettuato almeno un elettrocardiogramma in 12
derivazioni e, se le condizioni cliniche lo consentono, una striscia continua soprattutto
durante i tentativi di interruzione dell'aritmia. Particolare cura va posta nell'ottenere una
traccia elettrocardiografica quanto più possibile priva di artefatti e nella quale sia
possibile identificare, se presenti, le onde P.
VALUTARE QRS  STABILIRE TIPO DI ARITMIA
A. PAZIENTE EMODINAMICAMENTE STABILE, QRS STRETTO, RITMO REGOLARE:
1) MANOVRE VAGALI:
massaggio del seno carotideo: predisporre monitor ECG, atropina, adrenalina e
defibrillatore. Una profonda stimolazione vagale può causare una severa bradicardia, che
a sua volta può innescare una fibrillazione ventricolare si deve disporre il paziente in
posizione supina, con il capo ruotato verso il capo opposto all’arteria che si vuole
massaggiare. Auscultare la carotide, accertandosi che non ci siano soffi( la manovra va
evitata in pazienti che presentino soffi in sede carotidea o con anamnesi positiva per
vasculopatie cerebrali, in quanto può determinare la rottura di una placca aterosclerotica,
con conseguente embolizzazione e successivo evento cerebrovascolare acuto. Esercitare
una compressione controllata e progressiva della carotide sul piano vertebrale per 5-10
secondi, senza “massaggi” che in genere sono meno efficaci e più emboligeni.
Esse vengono eseguite a scopo terapeutico: l’aumento del parasimpatico può rallentare la
conduzione del nodo atrioventricolare riducendo la risposta ventricolare o interrompere
l’aritmia nel caso sia sostenuta da un rientro attraverso tessuti vago-sensibili.
A scopo diagnostico: in assenza di una interruzione della aritmia, l’aumento del blocco
atrioventricolare può evidenziare la natura del ritmo sottostante (es: nel flutter atriale può
evidenziare le onde di flutter a denti di sega mascherate in caso di conduzione 2:1, 1:1).
2) Se le manovre vagali non hanno sortito effetto, somministrazione di ADENOSINA
6 mg 12 mg 12 mg
per la somministrazione ev è consigliabile una vena di grosso calibro, in 1 secondo, a cui
far seguire un flush di 20 ml si fisiologica e sollevare immediatamente il braccio.
L’adenosina incrementa il blocco atrioventricolare e interrompe il 90% delle aritmie da
rientro in 2 minuti. Non interrompe FA, Flutter atrioventricolare, ma rallentando la
conduzione AV consente l’identificazione delle onde di flutter o di fibrillazione.
NB controindicata nelle tachicardie a complessi larghi.
3) In caso di manca risposta (probabile aritmie sottostanti: flutter atriale, tachicardia triale,
tachicardia giunzionale) è consigliabile consulto dell’esperto cardiologo. Preparare
eventuali altri farmaci: diltiazem, betabloccanti.
ATTENZIONE: TACHICARDIA SINUSALE
La tachicardia sinusale è un ritmo cardiaco originante dal nodo del seno a frequenza >100
bpm, l’ onda P precede ciascun complesso QRS . Non ha natura parossistica, ha spesso
finalità compensatoria in quanto riflette il tentativo dell’organismo di mantenere
un’adeguata gittata cardiaca, per tanto non richiede un trattamento primario.
L’approccio terapeutico in emergenza prevede:
 Evitare di correggere la tachicardia senza ricercarne l’eziopatogenesi
 Non sottovalutare la potenziale pericolosità della tachicardia sinusale
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La principale indicazione a rallentare una tachicardia sinusale è la presenza di
ischemia miocardica acuta o di infarto. Farmaci indicati: atenololo (5 mg ev in 5 min x 2
dosi) o metoprololo ( 5 mg ev in 2min i 3 dosi).
Eziologia:
risposta fisiologica: paura, ansia, dolore
reazione a farmaci: caffeina, nifedipina, aminofillina…
risposta ad una patologia sistemica: febbre, ipovolemia, ipossia, anemia, embolia
polmonare, tireotossicosi, ischemia miocardica acuta, insufficienza cardiaca…
B. paziente emodinamicamente stabile, qrs stretto, ritmo irregolare.
Probabilmente fibrillazione atriale, flutter atriale, tachicardia atriale multifocale
 Cardiologo
 Controllo del ritmo con betabloccanti o diltiazem (10 mg in 2 min, seguiti da infusione di
10 mg/h).
C. paziente emodinamicamente stabile, qrs largo, ritmo regolare
Probabilmente Tachicardia Ventricolare
 Cardiologo
 Preparare Amiodarone 150 mg 1 fl in 10 minuti
 Prepararsi per eventuale cardioversione
D. paziente emodinamicamente stabile, qrs largo, ritmo irregolare
Può essere fibrillazione atriale condotta con aberranza, fibrillazione atriale pre-eccitata
(con sindrome di W-P-W), torsione di punta.
 Cardiologo
 Amiodarone 150 mg 1 fl in 10 minuti
 Solfato magnesio 2 gr (1 fl da 10 ml di solfato di magnesio al 20% diluita in 100 cc di
fisiologica di cui il 50% va somministrato in un’ora).
 Prepararsi per eventuale cardioversione/defibrillazione.
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TABELLE RIASSUNTIVE
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ALGORITMO UNIVERSALE PZ. INTERNISTICO
Azione preliminare: valutazione ambientale, sicurezza operatore e pz
Valutazione immediata pz: impressione generale alla prima occhiata pz critico o non critico
ABCD 1°
A
AVPU stato di coscienza
Se risponde passa a B+C
Se non risponde
Apertura vie aeree
Pervietà vie aeree, Manovre BLS
Aspirazione, Heimlich,,Posizionare cannula
Respiro presente
←
Polso presente
PLS
Allinea pz,
B
← GAS →
guarda ascolta sente
+
C
Check polso
Posiziona monitor
D
Respiro assente
prepara per assistere ventilazione MP
→
polso assente
→ RCP
ritmo D
FV/TV,TdP 1DJ shock
ritmo non D
PEA, Asistolia
Continua RCP + farmaci
Allarme e richiesta carrello emergenza
ABCD 2°
A valutazione e sostegno vie aeree
Assiste respirazione, ricontrolla vie aeree, somministra O2
indica se IT (prepara materiale)
Sellik, aspirazione
B valutazione respiro
Osserva
Palpa/percuoti
Ascolta suoni polmonari e cardiaci
Conta FR
Saturazione, saturimetro: SpO2
Verifica respirazione e posizione TT
EGA*,
cerca cause rev ACC
C valutazione circolo
Glucosio
BDZ, antipert. ect
Accesso venoso PA FC (prelievi), ECG*
Monitor identifica ritmo
DTX
Terapia
antiaritmici
D valutazione neurologica e DD
GCS, pupille, segni di lato, Cincinnati, postura
Diagnosi Differenziale 5T- 5I
SAMPLE
EO mirato: testa- piedi
ulteriori accertamenti diagnostici e manovre aggiuntive:
SNG,CV, prelievi ematici, ECG 12 der., Rx, ECO, TAC, EEG
Toracentesi, Drenaggio toracico, CVC, ect
DIAGNOSI FINALE
consulenze, ricovero, tp definitiva
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