Il segreto del Torrione_BN.indd 2 26/07/14 16:55 “Studiare per crescere, non solo per sapere” AleDaS Il segreto del Torrione_BN.indd 1 26/07/14 16:55 Il segreto del Torrione_BN.indd 2 26/07/14 16:55 a lessandro ds a oller il segreto del torrione Il segreto del Torrione_BN.indd 3 26/07/14 16:55 Il segreto del Torrione di Alessandro Da Soller B&Bop (www.bebbop.com) Via Filippo Ermini 20 00167 Roma Questo libro è dedicato a Gigia e a Jack, i migliori semi che abbia mai piantato. © 2014 B&Bop © 2014 Alessandro Da Soller Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti o luoghi è puramente casuale. Prima edizione luglio 2014, Finito di stampare presso GECA S.p.a., San Giuliano Milanese (Mi) L’autore ringrazia Roberto Coizet, per il supporto alla prima navigazione tra le onde della scrittura, e Valeria Bellobono, per le numerose e pazienti riletture, guidate da un limpido impiego dell’etimo. Si ringraziano tutti gli amici e parenti che hanno offerto, fattivamente e moralmente, la loro partecipazione all’uscita del libro. Il segreto del Torrione_BN.indd 4 26/07/14 16:55 Sommario Giovedì 5 dicembre 2013 – Il procuratore aggiunto 7 Sabato 7 dicembre – Patrizia la fotografa 12 Lunedì 9 dicembre – Militare dentro e fuori 14 Lunedì 9 dicembre – Il capitano Fulvia Nello 18 Martedì 10 dicembre – Toni Mantini il professore 21 Mercoledì 11 dicembre – Il sopralluogo 26 Giovedì 12 dicembre – Barbara Stano la criminologa 38 Venerdì 13 dicembre – Laura Monofri, una escort elegante 41 Sabato 14 dicembre, mattina – Nasce il caso 45 Lunedì 16 dicembre – La consulenza forense, primo step 51 Martedì 17 dicembre – Due professioniste si confrontano 58 Martedì 17 dicembre – Vita di coppia, per spezzare il ritmo 61 Mercoledì 18 dicembre – La direzione del reparto 65 investigazioni scientifiche Venerdì 20 dicembre – Vita militare in abiti civili 72 Sabato sera 21 dicembre – Il primo briefing 76 Lunedì 23 dicembre – La pigra antivigilia di Laura Monofri 80 Martedì 24 dicembre – La vigilia del professore 83 Mercoledì 25 dicembre – Natale a casa della criminologa 84 Giovedì 26 dicembre, Santo Stefano – Il fulmine tocca terra 87 Venerdì 27 dicembre – Dopo Natale in casa Denni 91 Venerdì 27 dicembre, la sera – Teatro e dopo teatro 92 Sabato 28 dicembre – Dal capitano per le cure del caso 99 Domenica 29 dicembre – L’invito 102 Ancora domenica 29 dicembre – All’aeroporto 106 Lunedì 30 dicembre – Un nuovo tassello insperato 108 Martedì 31 dicembre – Secondo briefing 112 Martedì 31 dicembre – Un problema non da poco 122 Martedì 31 dicembre: – Capodanno 127 Mercoledì 1 gennaio 2014 – Prendere per bocca 133 Mercoledì 1 gennaio – Il capodanno di tutti 137 Mercoledì 1 gennaio – La Volpe e il risveglio 147 Mercoledì 1 gennaio – Giornalisti e deputati 152 Il segreto del Torrione_BN.indd 5 26/07/14 16:55 Giovedì 2 gennaio – Storie incrociate 157 Venerdì 3 gennaio – Amore a prima vista 169 Domenica 5 gennaio – Un passo scivoloso... 170 Martedì 7 gennaio – Il Billygate del Gianicolo 176 Mercoledì 8 gennaio – Sera a Palermo 180 Giovedì 9 gennaio – Amore, sesso e Cosa Nostra 182 Domenica 12 gennaio – Una svolta 185 Lunedì 13 gennaio – L’intuizione alza il livello 191 Martedì 14 gennaio – La scorta 194 Mercoledì 15 gennaio – Il Blocco Cosmic 197 Giovedì 16 gennaio – Inizia la caccia 199 Giovedì 16 gennaio – Nel frattempo in piazza Navona 211 Giovedì 16 gennaio – Nuovamente al Quarto miglio 212 Venerdì 17 gennaio – La croce 218 Lunedì 20 gennaio – Arriva la bufera 235 Martedì 21 gennaio – Una ditata negli occhi del professore 240 Mercoledì 22 gennaio – Qualcuno cerca Barbara Stano 242 Giovedì 23 gennaio – Ma cosa fa Laura Monofri? 245 Giovedì 23 gennaio – I segreti di Cesari 246 Venerdì 24 gennaio – Il bubbone tocca anche il procuratore 249 Venerdì 24 gennaio – Problemi di liquidità per Marco Denni 250 Sabato 25 gennaio – Un consiglio per The Fox 253 Sabato 25 gennaio – Una picconata per Cristina Belli 255 Sabato 25 gennaio – La finta promozione di Fulvia Nello 256 Lunedì 27 gennaio – La Renault 4 258 Martedì 28 gennaio – Il messaggio 279 Mercoledì 29 gennaio – Il Torrione Niccolò Quinto 287 Giovedì 30 gennaio – Dove eravamo rimasti 311 Venerdì 31 gennaio – L’incidente 314 Sabato 1° febbraio – Ancora il procuratore aggiunto 315 Domenica 2 febbraio 316 Lunedì 3 febbraio 316 Giovedì 6 febbraio 316 Mercoledì 12 febbraio 316 Il segreto del Torrione_BN.indd 6 26/07/14 16:55 Giovedì 5 dicembre 2013 Il procuratore aggiunto Gneeee gneeee gneeee gneeee stack bip bip tlunk tlunk tlunk tlunk tlunk Wrrrraaaaammmm Wrrrraaaaammmm Wrrrraaaaammmm Rotototototototototototo Wrrrrraaaammmm Era sceso in garage con una mezz’ora d’anticipo sull’appuntamento, pur sapendo che lei sarebbe arrivata in ritardo, adducendo a discolpa la prima banalità che le fosse passata per la mente. Il freddo pungente della serata si era attutito in una bassa umidità, dando la sensazione che fosse stemperato. “Non mi fido” ebbe a riflettere. “Alla prima accelerata mi congelo il basso ventre, con il rischio di farmela addosso”. Il giubbetto, che non metteva spessissimo, gli stava forse anche troppo a pennello. L’aveva indossato usando il calzante: prima il braccio destro, poi quello sinistro, e infine la chiusura lampo. Fisico asciutto e viso scavato, Massimo Pocuzzi, che non praticava sport in modo continuo, si portava però bene i suoi quarantatré anni. I capelli, argentei e lisci, facevano pendant con le folte basette micrometricamente curate; inoltre, aveva l’altezza giusta per un pilota professionista, facendo tutt’altro. Dainese confeziona prodotti di alta manifattura tecnologica, anche se il suo in goretex gli era appena un po’ stretto sulle spalle... Wraaammmm Wraaammmm Si trovò a pensare. “Mi faccio una bella passeggiata per il quartiere, scaldo le gomme, faccio girare il motore e do un po’ di gas alla bambina” si disse compiaciuto. La bambina, per coloro che non sono pratici di vezzeggiativi, è la moto. Più è potente e compatta, più è bambina. Le modifiche che aveva pensato con i suoi amici meccanici avrebbero dato i risultati sperati? Avevano alterato la resistenza del gas nelle forcelle anteriori e poi messo mano alla centralina. Le Ducati, bicilindriche d’eccellenza, vantano una coppia 7 Il segreto del Torrione_BN.indd 7 26/07/14 16:55 molto bassa e giri limite del motore minori delle quattro cilindri, il che le rende imbattibili sui tornanti di montagna. I modelli con cilindrate alte hanno però un’accelerazione più stemperata, per evitare di mettersi il mezzo per cappello. La bambina usciva dalla fabbrica con centosessantacinque cavalli all’albero motore. Per un mezzo che pesava sì e no centosettanta chili, era come installare un post bruciatore su una vecchia Fiat Cinquecento. “Andiamo, va” Uscendo dalla rampa decise di svoltare a sinistra per viale Carso, oltrepassare piazza del Fante e proseguire su lungotevere Oberdan, costeggiando il muro di uno degli istituti più prestigiosi della capitale, l’austero Convitto Nazionale, fondato nel 1891 su un progetto di papa Clemente VIII Aldobrandini e concepito come severo istituto di formazione. “Bastasse solo questo per essere poi delle persone serie...” rampognò tra sé e sé con distratto fatalismo. Si ritrovò in breve all’incrocio tra viale Mazzini e ponte Matteotti; il semaforo era giallo, ma decise di passare lo stesso. Wraaammmm Proseguì per il sottopasso di ponte Nenni, uno degli ultimi costruiti nella capitale. Realizzato per il passaggio della metropolitana, ha due strade che costeggiano i binari, dotate di barriere in vetro per evitare ai burloni di finire sotto le rotaie. Curiosamente, quasi tutte le lastre presentano dei fori di proiettile tranne una, ove campeggia, invece, il diametro preciso di una bazookata, come per dire che a Roma le prove balistiche si effettuano in pieno centro cittadino. Proseguendo a velocità controllata su lungotevere Michelangelo, intersecò il sottopasso tra piazza della Libertà, ponte Regina Margherita e la strada che porta alla famosissima piazza del Popolo. Un brivido gli percorse la schiena. “Avevo ragione, non fa poi così caldo” dovette ammettere, stringendo le cosce attorno al serbatoio. Ancora gas e in un battibaleno era su lungotevere dei Mellini, con gli edifici di architettura rinascimentale e barocca. Sulla destra, scorgendo un negozio di apparecchi televisivi, si ricordò che prima o poi avrebbe dovuto rottamare l’ultimo catenaccio a tubo catodico presente nella magione, a favore di un plasma ad alta definizione. Di quelli che ti permettono d’incunearti addirittura sul tacchetto dello scarpino di Francesco Totti. Fece appena in tempo a gustare il piacere del futuro acquisto, che si trovò di fronte al Palazzo di Giustizia, sede della Corte Suprema di Cassazione, 8 Il segreto del Torrione_BN.indd 8 26/07/14 16:55 conosciuto da tutti come il Palazzaccio, forse in ragione del vecchio adagio per cui sei un romano vero se risiedi da sette generazioni o se hai salito almeno una volta i famosi tre scalini di Regina Coeli . Mentre imboccava via Tribonano, tentò di ricordarsi il nome dell’architetto padre del progetto. “Ah, ecco... Calderini!”. Gli venne in mente nella stessa frazione di secondo in cui impostava la curva, facendo forza sulle pedivelle e sporgendo il ginocchio destro verso terra per stabilizzare la piega. La strada, nemmeno fosse stata l’alba del giorno dopo, era deserta, quindi meritava un gesto di pura acrobazia, che nacque nel momento in cui la ruota anteriore si sollevò da terra, e così rimase per parecchie decine di metri. Diede uno sguardo al cantiere, che impietoso dominava la visuale, poi imboccò piazza Cavour. “Sarà arrivata?” si chiese. “Normalmente è sempre in ritardo. Bella, cocciuta e sempre in ritardo, ma perché poi?” In tanti anni di frequentazione femminile, non era mai arrivato secondo ad un appuntamento, perché le donne, si sa, pretendono di far rispettare almeno l’ABC di un corteggiamento che si possa chiamare tale. Mi cerchi? Mi concedo con parsimonia. Mi inviti? Allora aspettami, mi sto facendo bella, così capisci che mi piace essere qui questa sera, però sempre con moderazione, ti dovessi credere che sono una facile. E poi, quella pretesa fantastica che a cena sarebbe venuta fuori, sbocciando da un angolo sperduto dell’encefalo per galoppare, leggiadra, vicino al cuore e aprirsi, anche se sommessa, in un’esplosione contenuta con garbo tra le labbra e gli incisivi: “Io vorrei un uomo intelligente...”. E tu sei lì che sorseggi un bicchiere di vino o azzardi una forchettata a un piatto di spaghetti allo scoglio e vieni investito da un diretto in pieno mento, che ti ricorda che, almeno fino a quel momento, sei ancora solo un cretino con la carta di credito. Fortunatamente, rifletté Massimo, loro due avevano passato da tempo quella fase che potremmo definire corteggiamento mimetico. Ovvero: Devo nascondere tutta la mia idiozia per cercare di conquistare la tua sensibilità. L’appuntamento era per le ventuno, di fronte al multisala Diocleziano. – Ciao Séverine. – Ciao Masimò, comment ça va? 9 Il segreto del Torrione_BN.indd 9 26/07/14 16:55 – A posto, stanco come sempre, ma a posto. E tu? – Incassata, oggi è stata una jurné vreman difficìl. Nata a Dinard, in Bretagna, Séverine era una di quelle francesine con il visetto imbronciato come solo le ragazze d’oltralpe sono capaci di avere. Alta un metro e settantatré e due splendidi occhi azzurri. Trentatré anni portati come se dormisse nel frigorifero e un carattere capace di stravolgere la giornata ad un prelato della Curia romana. Assistente dell’ambasciatore del Burundi presso gli uffici in Corso d’Italia, viveva da due anni a Roma, dove si era trasferita appena vinto il concorso al Ministero degli Esteri, con laurea in Scienze della comunicazione e anche un diploma in lingue. Si erano conosciuti durante uno degli interminabili congressi a cui doveva partecipare. Quella sera, il procuratore era intento a colloquiare garbatamente con diversi colleghi francesi in merito agli scenari sulla possibile evoluzione del codice di procedura civile nell’ordinamento di alcuni paesi nordafricani. Sberebeng! – Pardonnez-moi Monsieur le Procureur... non l’ho vista! – Non... Non si preoccupi, per carità, non è niente... Signori, scusate, ma devo andare alla toilette. Era stata solo candida distrazione: mentre volteggiava da un capannello all’altro, partecipando svogliata ai dialoghi, che comunque le sembravano tutti uguali, Séverine aveva incontrato la spalla del cameriere che le stava dietro, facendo cadere una mazzata di flûtes di champagne e inondando i pantaloni e le scarpe di Massimo. – Si fermi, la sconjuro – aveva agguantato al volo un tovagliolo dal braccio di uno dei camerieri – Mi permetta di fare qualche shosa per lei... – disse avvicinandosi e sbattendo le lunghe ciglia da cerbiatta. – Non si preoccupi – le rispose Pocuzzi, visibilmente imbarazzato. – Vuole che l’accompagni alla toilette? – disse lei sventolando dolcemente il tovagliolo. – Ma no, non importa, faccio da solo – le rispose, cercando di scartare la mano che innocentemente si avvicinava. – Ma bisogna togliere quella macchia, se no non verrà più via... E la ragazza si piegò risolutamente sulle ginocchia. Il procuratore, colto alla sprovvista, fece un piccolo balzo all’indietro, centrando a sua volta un altro cameriere che si aggirava con il vassoio gremito di flûtes appena rimboccati che rotolarono sul pavimento di marmo con spruzzi a raggiera, distribuendo liquidi e cocci in un nuovo fragoroso disastro che pietrificò l’attenzione di tutti. 10 Il segreto del Torrione_BN.indd 10 26/07/14 16:55 Nel silenzio improvviso, la risata lunga, spudorata e musicale di Séverine sprigionò due poteri: quello di riaccendere la festa e di raggiungere intanto, dritta come una puntura, le pieghe più tenere del cuore del procuratore. – Dove andiamo, dolce e tenera? – Ah, cette soirée voglio manjiare cinese, anzi no! Voglio manjiare sushi. Massimo guardò estasiato quel visetto cerbero che non l’abbandonava quasi mai, preoccupato al solo pensiero di dover ingollare degli involtini primavera o del pesce senza sapore, accompagnato da riso in bianco. “Meglio la cucina nostrana” pensò tra sé. – Stasera ti porto, invece, da due cari amici. – Masimò chissà che robacce ci danno da mangiare, no, no, no. – Dai, dai, andiamo! Wraaammmm – E allora? La gricia di Dino e Toni come ti è sembrata? – Ohhh Masimò, qui si manjia benisimò e poi quel vino... mi jira tuta la testa! – Altro che vini francesi... amore, ti sei scolata un Cervaro della Sala. Arrivati alla trattoria, avevano deciso di affidarsi alle proposte dell’oste Toni, che aveva servito antipasti di pizza al gorgonzola con la cicoria e i broccoletti, per poi passare alla famosa amatriciana in bianco con il guanciale magro ed il pecorino romano. La parte del leone però l’avevano fatta i quattro carciofi alla giudìa, che la donzella neanche sapeva esistessero. Se inizialmente li aveva guardati con ritrosia, quando aveva approcciato la prima foglia croccante, era rimasta estasiata dal sapore e da una vaga reminiscenza di patatine fritte. Ora, quasi satolli, sedevano al tavolo gustandosi la granita di caffè con doppia panna che Dino, vero nome Calcidonio, realizzava in maniera assolutamente perfetta. – Dai, pago e ci andiamo a fare due giri in moto. Wraaammmm – Masimò, carino questo motorino tutto rosso... Era inutile spendersi in una spiegazione articolata. La bimba, un motorino! La sua Ducati Streetfighter, un ciclomotore! Cavalli, telaio, coppia, potenza, un motorino! Sproinggg Mentre Séverine saliva sulla porzione di sella, abbracciandolo, gli andava 11 Il segreto del Torrione_BN.indd 11 26/07/14 16:55 a comprimere dolcemente il seno sulla schiena, provocandogli un piccolo brivido seguito da una più che modesta erezione. “Serata dai risvolti interessanti” pensò lui. “Due pieghe a piazza dei Quiriti per puro divertimento, però poi andiamo da me a farle vedere la collezione di farfalle che non ho mai avuto...” Sabato 7 dicembre Patrizia la fotografa Crack! – Osvaldo! Che hai combinato? – ‘A dottoré, ‘sta cassapanca pesa come ‘n frigorifero e io nun sò piu quello de ‘na vorta... ma come li facevano ‘sti cazzo de mobbili l’antichi romani? Cor travertino... In piedi, di fronte alla porta d’ingresso, Patrizia Terni rimbrottava l’aiutante tuttofare, che stava trasportando a fatica la madia piemontese battuta a un’asta benefica qualche settimana prima. “Ma tu guarda che sciatteria” rifletté piccata. “Io lo accudirei come una reliquia consacrata e loro lo spintonano a colpi di natica”. Il mobile, arrivato al deposito delle Ferrovie in via Marsala, era stato ritirato da Osvaldo lo zotico, che si era anche preoccupato di consegnarlo fino a casa della fotografa, dove lei ne aveva già deciso la collocazione. Di sicuro il posto migliore sarebbe stato nel salone, tra le due finestre che davano su piazza Santa Maria in Trastevere. Era invece indecisa su come utilizzare il fascinoso e ambiguo manufatto, realizzato, magari, in Cina qualche settimana prima ed invecchiato a dovere con muffe e nidi di tarli. Nei giorni prima che le fosse consegnato, ci aveva pensato molto. Inizialmente aveva deciso di metterci su un buon numero di foto dei parenti più stretti, però la cosa le era sembrata subito troppo scontata, dirottandola quindi su una soluzione fuori dal normale, che desse agli ospiti l’idea di intrecciare antico e moderno con una piccola malizia naïf. Gira che ti rigira, la scelta era caduta su due possibili opzioni. La prima: esporre la collezione di macchine fotografiche antiche. Ne aveva diverse a 12 Il segreto del Torrione_BN.indd 12 26/07/14 16:55 soffietto della Agfa, e della Ilford, nonché qualche reflex degli anni Cinquanta e uno dei cinquecento esemplari della Hasselblad 503CWD, realizzata per il centenario del fondatore della casa svedese. Oppure le scatole dei tè, di cui era particolarmente ghiotta. Queste ultime però, erano troppe e rischiavano di non entrare sul ripiano del mobile. Per come la vedeva, avrebbe mostrato entrambe le collezioni, anche solo per il piacere di condividerle con gli amici. – Che termini, ti esprimi come uno scaricatore di porto – disse lei. – Scaricatore sì, ma no de porto... solo scaricatore! Infastidita, si pettinò con le dita una ciocca di capelli, spostandola da un lato. Poi, alzando le spalle, fece un lungo e sonoro respiro. – Dopo che hai finito di sfasciarmi casa, fatti aiutare da Vasile per portare questa vecchia fotocopiatrice in cantina, grazie. – La dona dura e cativa, peró belo culo e groso péto – disse il rumeno sottovoce. – Che? C’ha er piede grosso? ‘A dottoressa? Ma si porta certe scarpette che a me nun m’entrerebbero manco ar pollicione – rispose elegantemente Osvaldo. – No, no, péto; come dite voi péto? Zina, pieto, boh? – Ah, le tette! Le zinne se dice a Roma... Eh, la dottoressa è fatta proprio bene, peccato che nun je piacemo noi... In effetti, il seno prorompente di Patrizia, insieme al temperamento risoluto e al tono sensuale della voce, intrigavano molto il sesso maschile e contribuivano a costruirle addosso un personaggio che poco aveva a che vedere con il suo carattere schivo. Occhi neri e capelli castani, la Farrah Fawcett della Garbatella, questo il soprannome affibbiatole molti anni prima dagli amici, era invece una donna dolce, sensibile e spesso anche impacciata. Gambe affusolate e caviglia sottile, amava contrapporre una divisa castrista con scarponi Timberland ad un tailleur grigio fumo di Londra indossato su delle Loriblu tacco tredici. Da pischella si divertiva a farsi corteggiare dai compagni di classe che la vedevano donna fatta, anche se a lei, già allora, gli uomini andavo stretti. – Vasile, e ‘nnamo, no? Datte ‘na mossa co’ quaa fotocopiatrice! Vasile, leggermente solleticato da pensieri impuri nei confronti della fotografa, non vide il gradino all’entrata della cantina, v’inciampò perdendo l’equilibrio, e nel contempo tirando a sé Osvaldo, che sorreggeva la sua parte. Entrambi, sbilanciandosi, fecero cadere l’apparecchio contro il fian13 Il segreto del Torrione_BN.indd 13 26/07/14 16:55 co di un vecchio armadio, che a sua volta, per effetto domino si mosse, andando a sbattere contro una delle pareti dell’angusta stanza, rompendo il muro. Crack – Ahi! – Vasile, che te sei fatto male? – disse Osvaldo. – Si, dolore, forte, molto forte! – Guarda ch’hai combinato... sei riuscito a rompe er muro! Ammazza, ahò, ‘ste pareti so proprio de cartapesta. Mò, chi j’ o dice alla dottoressa? Lunedì 9 dicembre Militare dentro e fuori – La luce di queste foto è perfetta, scatti sempre in sottoesposizione, eh? Marco Denni, in piedi davanti alla parete, commentava alcuni ingrandimenti. Quello che lo aveva colpito maggiormente rappresentava una giornata uggiosa di nuvole basse a Capo Linaro, Santa Marinella. Patrizia aveva incorniciato le foto che preferiva e intanto le aveva appese, rinviando ad altra occasione il lavoro più impegnativo e stressante di filtrarle una a una – per organizzare una personale. – Anche questa è bellissima. Fermo di fronte ad un panorama mozzafiato, osservava un paesaggio di tetti romani ripreso dalla terrazza del Pincio. Lo scatto mostrava le case, in contrasto con il sole ancora luminoso all’orizzonte, e tra queste, la silhouette dominante della cupola di San Pietro. L’arancione del sole si sposava perfettamente, in saturazione di colore, col rosso porpora del cielo. “Forza Roma, forza lupi” si trovò a pensare, ridacchiando sull’estrosità dell’accostamento tra l’atmosfera di San Pietro e la tifoseria da curva sud. – Che iso hai utilizzato? – chiese a Patrizia. – Bah... credo duecento per la prima e cento per la seconda. Continuando a parlare del più e del meno si spostarono in salone, dove già faceva bella mostra di sé il mobile arrivato il giorno prima. – Guarda quante macchine hai! Questa me la regali? – Fossi matta! 14 Il segreto del Torrione_BN.indd 14 26/07/14 16:55 L’ingegnere aveva adocchiato la Hasselblad e, prendendola in mano, la osservava con attenzione, controllando tutti i dispositivi ed il coperchio superiore. – Non sapevo che t’intendessi di fotografia. – Appena una piccola infarinatura – le rispose Marco. Laureato in ingegneria meccanica con specializzazione in macchine termiche, aveva svolto il servizio militare nel battaglione della Folgore a Livorno, quello della caserma Vannucci, che si trova proprio di fianco alla via Aurelia prima di arrivare nel centro città. Terminata la leva, era poi passato al reparto guastatori del IX° reggimento Comsubin, conosciuto come il “Nono”, ovvero, il Col Moschin. Inviato in vari campi di battaglia, si distinse in Somalia ed in Afghanistan dove, ferito durante un’azione di controllo territoriale, venne congedato. Il fisico asciutto e muscoloso si sposava perfettamente con l’aspetto giovanile e scanzonato del viso. Mascella forte da divo hollywoodiano, capelli mossi e quell’aria da eterno ragazzino sfrontato. Il classico pupone mai cresciuto, convinto che la vita andava bevuta a grandi sorsate. Amava indossare abiti sportivo eleganti di marca, che acquistava nei negozi dei suoi amici. Sul viso gli immancabili Ray Ban, un must del pariolino romano. Rientrato in Italia, si era convinto che le battaglie potevano lasciare il posto agli affari. Le conoscenze in ambito militare gli avevano permesso di aprire una società di forniture alle forze armate. Vettovagliamento e pezzi di ricambio per veicoli leggeri di supporto. – Al telefono mi hai detto che ti sarebbe servito un muratore per mettere a posto un buco che ti hanno fatto gli operai. – Vieni che ti faccio vedere – gli rispose Patrizia. Scesi in cantina e verificato il danno, Marco controllò le condizioni del muro rotto, rendendosi conto all’istante che si trattava di una tripla parete di cartongesso e non di mattoni. Sul fianco si notava una larga macchia scura, probabilmente una perdita d’acqua. – Quanto tempo fa hai comprato questa casa? – Sono circa 3 anni. – Ti eri accorta di questo lavoro? – No, qui in cantina non credo di esserci mai venuta, perché? – Si vede che la parete non è stata realizzata ai tempi della costruzione del palazzo, forse volevano occultare dei tubi di scarico, o chissà che altro. Riuscì a sollevarsi entrando con parte del busto nell’anfratto. Il buio era quasi totale, serviva una torcia. Patrizia si offrì di prenderla. 15 Il segreto del Torrione_BN.indd 15 26/07/14 16:55 – Un minuto e sono di ritorno. Rimasto solo si mise a controllare il muro perimetrale del palazzo che, notò, non era bagnato. Forse la perdita veniva dall’appartamento sopra. Trovò una cassetta di legno e, salendoci su, decise di entrare. “Questo anfratto è particolarmente oscuro” constatò guardandosi in giro. Chiuse gli occhi per una manciata di secondi, così da anticipare il lavoro dei bastoncelli oculari e abituarsi alla poca luce in meno tempo. “Quanto ci mette Patrizia a prendere una torcia?” si interrogò, mentre mugolava maledizioni per non aver portato la sua. Controllò il cellulare che aveva poco segnale. “Tanto basta per fare almeno una telefonata d’emergenza” rifletté. Lo spazio dietro al muro realizzato in cartongesso era stretto, ma non tanto da non poterci passare. La parete di cinta dello scantinato era particolarmente umida, anche se Marco intravide una serie di bocchette che la attraversavano e che finivano in un’intercapedine che avrebbe dovuto aiutare proprio a smaltire l’acqua in eccesso. “Allora, questa torcia...” si disse, mentre, guardando oltre una tenda di polvere che aleggiava nell’aria, cercava di dare una dimensione al cunicolo che si dispiegava alla sua sinistra. “Un tunnel...andiamo bene... Interessante, faccio quattro passi e vedo dove arriva” si propose. Allungò un piede e si puntellò con le mani tra le due pareti, stabilizzandosi e avanzando a piccoli passi, mettendo a frutto l’addestramento di cui si sapeva servire molto bene sia da civile che quando si trovava in un teatro di guerra, come gli ultimi a cui aveva partecipato durante il conflitto in Bosnia. Paracadutati con la sua squadra in una zona particolarmente impervia a pochi chilometri dal Kosovo Polje, che ospitò la battaglia del campo dei Merli, Marco dovette dar fondo a tutta la sua esperienza per non rimanere impantanato in una palude particolarmente insidiosa. Muovendosi nel buio fece qualche metro in avanti, poi decise di tornare indietro. Stlack Il piede toccò qualcosa che aveva dimensioni tali da attirare la sua attenzione. Si piegò sulle gambe come se stesse eseguendo un esercizio ginnico e, tastando quasi alla cieca, si mise a girare a trecentosessanta gradi per capire dove era andato a finire il qualcosa che aveva colpito. Si mosse avanti e dietro, poi a destra e sinistra, allungando le mani nella speranza di trovarlo il più velocemente possibile, fin quando le falangi della mano destra toccarono un oggetto dalla forma allungata e dalla consistenza dura. 16 Il segreto del Torrione_BN.indd 16 26/07/14 16:55 “Un bastone, meglio così, chissà cosa mi era sembrato” si disse sollevato. Ma rigirandolo tra le dita il legno in realtà non era legno e il bastone non era un bastone. Aveva in mano un osso, si sarebbe detto un osso femorale, che nell’oscurità emanava un biancore inquietante. Si alzò, anche se più lentamente dei tempi quando da una posizione del genere riusciva a fare un salto mortale, mentre gli tornavano agli occhi le immagini della fossa comune di Srebrenica. Non avrebbe mai potuto dimenticare quei corpi mummificati, abbracciati tra loro. Il colonnello, uomo cresciuto nell’esperienza impietosa della guerra, era rimasto quella volta veramente turbato. Quindi adesso, mentre osservava il femore, non poté fare a meno di preoccuparsi, interrogandosi indeciso se uscire o continuare a controllare l’ambiente. Prese una caramella dalla tasca e, scartandola in religioso silenzio, se la mise in bocca, passandola dalla lingua al palato. “Insomma, femore quasi umano, per quale cavolo di motivo sei entrato qui dentro? Ti ci sei intromesso volontariamente, oppure ti hanno portato?” La succhiò con avidità, poi la mise di lato tra il secondo premolare ed il primo molare, felice di riuscire a sapere che non l’avrebbe addentata per gustare il meraviglioso succo. “E se fossi di qualcuno che è stato ucciso qui dentro?” valutò, scrollando la testa. Poi, con la punta della lingua, la spostò di nuovo verso il solco mediano e se la fece cadere verso il foro cieco, quasi strozzandosi. “Houchh! Insomma, ma poi perché proprio un femore? Sarebbe stato meglio una tibia, un dito, una mano intera... ma un osso del genere lascia la curiosità a mezz’aria...” Sollevò la caramella con delicatezza, succhiandola con voracità. Non voleva assottigliare troppo l’involucro esterno, rallentando così il momento in cui avrebbe gioito. “Se è di un uomo, la situazione si complica...” sospirò, gonfiando il petto, reso tonico dalle tante ripetizioni alla panca piana. La strinse tra gli incisivi decidendo sui due piedi di romperla, poi ci ripensò e la mise nuovamente sulla lingua... Erano passati quindici minuti abbondanti e di Patrizia nemmeno l’ombra. Tanto valeva tornare su. Mise un piede sopra un tubo e con un balzo atletico fu dall’altra parte del muro. Alla luce della cantina, quello che aveva in mano non gli lasciò dubbi. “Certo che ‘sto femore sembra proprio di un essere umano, anzi se proprio 17 Il segreto del Torrione_BN.indd 17 26/07/14 16:55 me la devo dire tutta è decisamente umano. Nessun cane, orso o canguro: attaccato a questo osso c’era qualcuno... o qualcuna!” Non poteva più aspettare e addentò quel che rimaneva della caramella. Un crogiuolo di sensazioni si dispiegò prima sulla lingua, poi nel palato ed infine salì, neanche troppo lentamente, verso il naso. L’acido citrico e il bicarbonato di sodio gli diedero una euforica sensazione di frizzante, come se avesse stappato un’aranciata amara davanti alla faccia. Alzò la tendina del Samsung e fece il numero di Fulvia, ma il telefono squillò a vuoto. Forse era uscita con la famiglia e non voleva essere disturbata. Passò a salutare Patrizia, rassicurandola sul fatto che avrebbe sistemato il muro al più presto, poi si diresse verso la macchina. Doveva tornare al lavoro. Lunedì 9 dicembre Il capitano Fulvia Nello Con le gambe larghe e leggermente genuflesse, quasi a tenere una posizione statica di bilanciamento, Fulvia contemplava, guardandosi allo specchio, le rughe della fronte, del mento e del contorno occhi. “Come passa il tempo...” si trovò ad ammettere. “La scienza cosmetica ti aiuta, ma non quanto vorresti. Chissà come si sentivano le donne cento anni fa, quando tutte queste creme non erano state inventate... chissà come affrontavano la maturità e poi la vecchiaia nel Medioevo... a quarant’anni eri già da buttare...” Il solo pensiero le fece inarcare il sopracciglio destro per il disappunto, perché lei, di anni, ne aveva quarantasette e pensarsi vecchia e pronta per il secchio le faceva venire voglia di incrementare il numero dei cosmetici, aumentando contestualmente l’allenamento sportivo. Si stava preparando per una gita fuori porta; sarebbe andata a visitare con i figli l’abbazia benedettina di Montecassino, per poi pranzare al sacco in uno dei parchi attigui. S’immaginò, sorridendo, quei poveri frati rincorsi dalle continue richieste dei pellegrini e delle famigliole in attesa di una guida turistica gratuita. Infine, avrebbero visitato i cimiteri inglese e americano, per ricordare il 18 Il segreto del Torrione_BN.indd 18 26/07/14 16:55 sacrificio che le generazioni passate avevano sostenuto per garantirci un futuro libero da dittature. Almeno così pareva. Dalla camera dei ragazzi arrivavano schiamazzi inequivocabili: Daniele e Matteo, come al solito, discutevano per i vestiti che avrebbero indossato quel giorno. Oggetto della contesa, una camicia nuova. – Ma è possibile che litighiate per un capo di abbigliamento? – interrogò retoricamente di fronte alla porta. Tornata in bagno, riprese l’opera di ristrutturazione che ogni donna s’impone la mattina appena alzata. Afferrò una punta di preparazione H e la mise attorno agli occhi. L’unguento, che notoriamente è usato per lenire pruriti in posti poco battuti dal sole, veniva adoperato come riattivatore circolatorio, seguito subito dopo da un’idratazione con una crema alla rosa mosqueta ed infine un’energica frizione nei punti nevralgici delle rughe, con dell’acido ialuronico. Si commosse, riflettendo su quella banale competizione che si era accesa tra i pargoli; chissà cosa sarebbe successo più avanti negli anni, chissà cosa le avrebbe riservato la vita e come si sarebbero comportati i suoi figli. Per quanto li avesse potuti controllare, le loro personalità avrebbero travalicato qualsiasi insegnamento. Dietro a un’educazione da chierichetto si sarebbe potuto nascondere un assassino seriale. “Chissà cosa li spingerà...” rifletté, picchiettandosi il contorno occhi. “La scuola e gli studi riusciranno a strutturare una personalità volta alla disciplina?” continuò, mentre l’indice batteva ora a destra ora a sinistra. “Ma quale disciplina, la disciplina non è tutto!” e la mano corse veloce al tubetto dell’acido, da cui uscì una piccola quantità dalla consistenza gelatinosa. “È la famiglia ciò che conta...” e di nuovo l’indice prese a picchiettare, stavolta la fronte. “Anche gli amici sono importanti” si disse, girandosi per controllare di aver ben distribuito la crema. “Ma in che percentuale?” si domandò, nello stesso istante in cui entrambi i palmi accarezzavano il collo, massaggiandone la pelle. “Di sicuro in giovane età i genitori...” e di nuovo il pollice, l’indice e il medio cercarono il barattolo della crema alla rosa per ammorbidire un lembo vicino alle labbra. “Poi però, le amicizie” constatò, arretrando di un passo per controllare la consistenza dell’addome. “E le amicizie vanno gestite da subito” si ritrovò ad ammettere con gli occhi incollati su quell’accenno di rotolino che, fastidioso come tutti i rotolini, turbava ogni tanto il suo sonno di mamma disposta a turbarsi. 19 Il segreto del Torrione_BN.indd 19 26/07/14 16:55 “Gli amici stravolgono la tranquillità di una famiglia a volerci pensar bene” e l’addome si contrasse in cerca della posa perfetta, ma anche nell’intento di occultare quell’apparentemente inutile quantità di adipe che talvolta invoglia inattese carezze del partner. “Solo gli amici? Di sicuro anche la personalità o qualche ragazza...” evidenziò infastidita dal fatto che il rotolino, anche muovendosi come una foca, non accennava a sparire, lasciandola inconsapevole di quanto una maniglia dell’amore possa invece illuminare la vita di un uomo. “Le ragazze, poi... per un sentimento mancato si possono azzardare delle sciocchezze che ti porti dietro per tutta la vita...” sentenziò, con entrambe le mani attanagliate sul fianco, convinta per qualche secondo che un’estrema liposuzione avrebbe risolto drasticamente la faccenda. – Ci siete? Matteo, ma quanto profumo ti sei messo? – È troppo? – chiese il figlio. – Più che altro è troppo perché è troppo costoso! Si era accorta subito che Matteo si era spruzzato ben più di una volta il suo Acqua di Sale. Il noto aroma di mirto, mischiato a legno di cedro ed alghe marine, lo rendeva quasi unico nel panorama delle eau de parfum artigianali, che la rinomata profumeria Turande, sapientemente mesceva in un melting pot esclusivo. “Tutto suo padre...” ebbe a riflettere. Frateelli... d’Italiaaa... l’Itaaliaa s’è deesta... dell’eelmo... di Sciipio... s’è ciinta... la teesta... Da buona rappresentante delle istituzioni, aveva scaricato come suoneria telefonica l’inno di Mameli; fosse nata a Pordenone, magari avrebbe preferito il Và Pensiero. Era Marco Denni che la chiamava ma, in forte ritardo e con Matteo e Daniele per le scale, decise di non rispondere. Lo avrebbe richiamato l’indomani. – Prendiamo la jeep? – Va bene. Impicciona di professione, e mamma per vocazione, amava curiosare nelle vite dei figli, costretti, ad uno slalom speciale per schivare l’insistenza con cui li teneva d’occhio. Una particolare predisposizione all’indagine la orientò sin da giovinetta a dare attenzione ai risvolti delle situazioni, per non parlare di quella passione maniacale per i numeri, tanto che il padre diceva sempre: l’ho cresciuta nella diplomazia, me la ritrovo nella ragioneria. Ragioneria un corno! Fulvia si era laureata a pieni voti con un anno di 20 Il segreto del Torrione_BN.indd 20 26/07/14 16:55 anticipo, speranzosa di sedere dietro ad una cattedra universitaria. Vedeva l’insegnamento come una missione, ma ancor di più la matematica era per lei un linguaggio scientifico universale, la base di tutte le scienze, il fondamento della tecnologia moderna, e soprattutto logica, strategia, creatività, fantasia ed intuizione. Accortasi, però, che gli atenei l’avrebbero messa in coda ad una lunga ed ingloriosa lista, decise di dedicarsi al concorso annuale per allievi ufficiali dei Carabinieri. Occhi verdi, capelli ondulati biondi e gambe lunghe, aveva l’aspetto da donna fiamminga, anche se era nata a Roma. Tosta a tutti gli effetti, dentro e fuori, con i sentimenti tenuti a freno e un costante controllo emozionale. Trasferita a Trieste, s’impegnò da subito nella creazione di un archivio sui comportamenti sociali e attitudinali dei criminali, anche se la città presentava un panorama delinquenziale di poco conto. Nel corso degli anni maturò un grande interesse per le indagini scientifiche, collaborando con il conosciuto Ris, il supercollaudato reparto delle investigazioni scientifiche dei Carabinieri, in maniera così appropriata e assidua, che le venne poi offerto un incarico proprio alla direzione generale a Roma presso la caserma Salvo D’Acquisto in viale di Tor di Quinto. – Mamma, passiamo da Monti a prendere uno dei loro stratosferici gelati? – propose Daniele. – Non abbiamo la borsa termica e quindi si scioglierebbe prima di arrivare a destinazione. – Allora da Trompi per un tiramisù, quello è già cremoso di suo. Martedì 10 dicembre Toni Mantini il professore Pa pa papà paripapaaa... pa pa papà paripapaaa... Papariiipaaa... Pairairi... rairaaa... raaa... raaa... raaaaa... rirarirairà... paraa... pararaa paripaparaa... paraa... paraa... pairipapara.... – Toni, ah Toniiiiiiiii! Amò, allora come t’è sembrata Debora? È carina? 21 Il segreto del Torrione_BN.indd 21 26/07/14 16:55 Parla un po’ troppo, però è proprio ‘na forza, eh? Ma allora glielo fai quel piacerino? Ahò, abbassa ‘n po’ ‘sto casino... Ammazza, ma che è ‘sta cosa che te stai a sentì? è Jazze pure questo? Il professore sedeva nel salone della cinquecentesca casa in via del Falco, una traversa di Borgo Pio, la strada che collega via delle Fosse di Castello con via di Porta Angelica, nel rione di Borgo. L’appartamento, che abitava praticamente da sempre, era all’ultimo piano di uno stabile d’angolo con la strada principale del rione da cui prendeva il nome e che finiva presso una delle entrate dello Stato della Città del Vaticano. L’esposizione era per metà verso la cupola e per l’altra verso via Vitelleschi. Tre camere da letto, due bagni, cucina abitabile e uno spazioso salone con annesso studio, per un totale di centocinquanta metri quadri. All’esterno si sviluppava un terrazzo di quattro metri per quattro, con due lettini, un divanetto ed un tavolino, dove d’estate amava ascoltare la musica mentre compilava e valutava referti medico legali, s’intratteneva con esimi colleghi o amoreggiava con l’amante di turno. Ai bordi dello stesso si trovava una serie ininterrotta di vasi con diverse piante rampicanti, che avevano il doppio scopo di arredare il giardino pensile e permettere quella giusta intimità di cui necessitava, specialmente con le donzelle. Sdraiato sul divano preferito, un Busnelli dai disegni floreali color pastello, leggeva il quarto capitolo di una delle tante biografie che troneggiavano nella mastodontica libreria. I lunghi capelli marezzati di bianco gli cadevano morbidi fino alle spalle, andando a coprire, in parte, il viso segnato da una vita intensa e di studio. Personaggio eccentrico ed estroverso quando si parlava degli altri, ermetico come una cassaforte quando invece ci si voleva appropriare della sua intimità. Il tomo che aveva in mano parlava della vita e delle opere di Lou Reed, sfacciato e geniale cantautore della beat generation, cresciuto nella factory di Andy Warhol, che disegnò la nota copertina con la banana del disco dei Velvet Underground, nel periodo in cui esplodeva la pop art. La giunonica ospite, varcata la porta del salone, si era presentata in tutta la sua sfacciata nudità. Cosce lunghe, seno marmoreo, patatina ben disegnata, come le modelle dei giornali osé e sederino negroide, ma talmente negroide che sembrava gli avessero fatto un’iniezione colossale di botulino, tanto sobbalzava selvaggio ad ogni passo. Se non fosse stato che era buona come il pane caldo appena sfornato, le avrebbe dato il benservito la mattina dopo la prima sera che ci aveva fatto sesso. – Cara, sto leggendo. 22 Il segreto del Torrione_BN.indd 22 26/07/14 16:55 In quella frase, che gli era praticamente scivolata dalle labbra sulla copertina del libro, c’era tutta la docile vocazione al cedimento che aveva caratterizzato la vita del professore. Era colpa sua se amava così tanto la bellezza fisica? Era colpa sua se poi, nel novanta per cento dei casi, la bellezza esteriore non si sposava con quella interiore? Era colpa sua se, introverso e studioso, amava leggere addirittura più che fare l’amore? Anche se, nel caso specifico di Franca, il sesso l’aveva avuta vinta sulla lettura. – Dai... Toni, vuoi che ti faccio quella cosa che ti piace tanto... come la chiami tu? Fellozza, fellazza, no, no, fellona... “Sì, stai a vedere che adesso i pompini sono diventati anche dei traditori fedifraghi...” ebbe a pensare sorridendo. Quella prima sera era iniziata con una cena al ristorante Passettino, proprio dietro casa, seguita da un salto al Piazza Aperta, rinomato locale della zona dove si sarebbe esibito il mitico chitarrista Mike Stern. Toni era entrato da subito in una trance musicale, perdendosi letteralmente tra le note, mentre lei, dopo appena cinque minuti, si era sonoramente appisolata sulla spalla del professore. Il grande Mike, che Mantini conosceva personalmente, non smetteva di stupirlo ogni qualvolta lo ascoltava dal vivo. La maestria dell’artista, nell’utilizzo del modale, il particolare sistema organizzato d’intervalli musicali, gli permetteva di passare in maniera totalmente naturale da un modo ionico senza alterazioni in chiave ad uno locrio, con alterazione dei bemolle per il secondo, terzo, quinto, sesto e settimo grado della scala utilizzata in funzione dell’accordo ricorrente nella battuta. In pratica: come guidare una Ferrari con cinquecento cavalli in controsterzo su una curva a trecento chilometri orari. Franca si era però destata dal pisolino proprio all’inizio di un leggendario pezzo di Pat Metheny, che Stern aveva arrangiato in maniera a dir poco entusiasmante e, guardatolo negli occhi, lo aveva palpeggiato furtivamente in mezzo alle gambe. Gli sguardi si erano fatti seri, costringendo il professore a deglutire amaro. “Che fare?” si disse in preda a uno sconquasso interno. “Scappare a casa e possederla, oppure continuare ad ascoltare il concerto?” Le chiese di restare almeno fino alla fine del brano. Si alzarono, con il pubblico che applaudiva la perfetta performance, mentre Mike lo salutava con un cenno del mento e Toni, alzato il braccio, si scusava della frettolosa, eccitata dipartita. – Ahò, ma a me m’è venuta una voglia... – A me non è mai passata, però non vorrei abusare delle mie forze... 23 Il segreto del Torrione_BN.indd 23 26/07/14 16:55 – Che stai a legge? – Una biografia. – Una che? – La vita di un personaggio famoso. Noncurante della temperatura non proprio primaverile, Franca si era sdraiata al suo fianco e, pigiando il corpo ancora caldo sulla coscia dell’illustre insegnante, l’aveva guardato dritto negli occhi. Il professore, deglutendo ancora una volta, e immaginandosi come Gesù Cristo sulla croce, mentre beveva spugne di fiele, decise che per il momento la vita di Reed poteva attendere, anche perché la donzella pretendeva di erudirsi musicalmente, e il suo ego non chiedeva altro. – Lo senti il sassofono? – Me sembra de sì – rispose lei, nuda e bella. – Ecco... il musicista che sta suonando è un certo John Coltrane, il disco si chiama Blue Train ed il brano in questione è Moment’s Notice. – Ho capito, ma io ‘sti cantanti non l’ho mai sentiti, che ce posso fa? Aveva ragione, la dolce, tenera, eccitante Franca, lei quei cantanti non li aveva mai sentiti neanche nominare. La sua ignoranza non le veniva certo dalla frequentazione di Centocelle, il quartiere romano in cui era nata e viveva. È noto a tutti coloro che se ne intendono che la musica vera, quella suonata dai grandi maestri, da coloro che il blues ce lo hanno fin dentro le cellule, nasce proprio nei quartieri periferici delle metropoli, o ancor più spesso nella provincia. Franca era fatta così, sensuale e provocante, ma ignorante come la vanga di un contadino. Diplomatasi all’istituto magistrale con uno sforzo sovraumano, incappò in una serie di lavoretti part–time, per essere infine assunta come cuoca alla mensa universitaria della Sapienza, dove conobbe Toni Mantini, all’epoca già ordinario alla cattedra di medicina legale forense, nonché primario al Policlinico Umberto I° di Roma. La prima volta che lo vide, rimase folgorata dalla schiettezza con cui parlava ai suoi allievi, ma anche dall’aspetto atletico e dalla contagiosa simpatia. Il professore, si era resa conto subito, non si dava le arie, anche se era palese il piacere del codazzo di assistenti che lo seguiva dappertutto. Toni si era diplomato molti anni prima a Santa Cecilia e ancora oggi si allenava quotidianamente sulla mezza coda Steinway, che faceva bella mostra di sé in un angolo del salotto. Scale ad intervalli di terza, tritoni ascendenti e discendenti e terzine corte bruciate alla velocità del suono, come esercizio per le dita. Fan del grande pianista Art Tatum, si rese conto in gioventù di non essere tagliato per la classica, ma di preferire di molto il bebop jazzistico, di cui spesso suonava gli standard più conosciuti. 24 Il segreto del Torrione_BN.indd 24 26/07/14 16:55 Si sarebbe dilungato in una spiegazione molto più pertinente, ma si accorse che la ragazza aveva perso l’entusiasmo iniziale. Il suo interesse, che andava comunque stemperato, era tutt’altro in quel momento, e poi era mezzogiorno, bisognava preparare qualcosa da mettere sotto i denti. Doveva chiamare Massimo Pocuzzi per il cd che gli aveva promesso, anche se non lo sentiva da giorni, forse perché impegnato in qualche indagine particolarmente incasinata. – Ce andiamo a mangià ‘na pizza? – A pranzo? Ma dai. – Che mangiamo allora? – Vestiti, che così potresti bloccare il traffico, e andiamo al mercato Trionfale. – Come le vecchiette? Se voi te faccio ‘n primo. – Oggi cucino io: due specialità della casa! – Toniiii, questa pasta è squisita! Ma che c’hai messo dentro? – esclamò lei entusiasta. – Semplice e di facile elaborazione – le rispose. – In una padella fai scottare rucola e Castelmagno con almeno otto mesi di stagionatura per avere un sapore deciso, poi aggiungi i rigatoni al dente, una bella grattata di pepe bianco, e fai saltare il tutto. Franca si leccò le dita, mimando insieme un gesto di spropositata passione e di soddisfazione culinaria. – La carne sta mantecando nell’intingolo di maggiorana e rosmarino, dovremo aspettare almeno una mezz’oretta... – lanciò in aria lui. Lei non se lo fece ripetere una seconda volta. Con la velocità di una pantera, gli tolse insieme i jeans e i boxer. Il professore era già bellecchepronto, per cui gli praticò una superba e calorosa fellatio, mentre in sottofondo Carl Palmer, Greg Lake e Keith Emerson, resi immortali dall’incredibile tour mondiale del millenovecentosettantadue, sbudellavano la platea con l’indiscusso brano Karn Evil Nine. 25 Il segreto del Torrione_BN.indd 25 26/07/14 16:55 Mercoledì 11 dicembre Il sopralluogo – Capitano Nello agli ordini! – Masciarelli, per favore, mi prende l’incartamento del caso Morelli? – Quello dello scorso anno? – Sì, proprio quello, devo fare delle modifiche all’analisi cinesica degli interrogatori sui teste. L’appuntato si congedò velocemente, non prima però, di averle chiesto se voleva un caffè, che lei accettò. Doveva proseguire l’indagine incrociando i filmati, per dedurre chi degli indiziati stava mentendo e chi invece era solo preoccupato o allarmato. Nel frattempo Marco Denni le aveva telefonato altre quattro volte, accendendole una certa curiosità. – Ecco il fascicolo e il caffè. – Grazie. Iniziò a sfogliare le pagine del faldone, che conteneva anche due dvd. Masciarelli rimase in silenzio mentre il capitano, inserito uno dei dischi, iniziò a visualizzare e prendere appunti. “Che bella gita abbiamo fatto ieri” si trovò a pensare. L’abbazia dava un senso di pace e tranquillità soprannaturale, con tutto che le famigliole in visita interrompevano spesso la quiete millenaria, tentando di farsi spiegare quello che avrebbero dimenticato ancor prima di varcare il casello autostradale. Frateelli... d’Italiaaa... l’Itaaliaa s’è deesta... d’elleelmo... di Sciipio... s’è ciinta... la teesta... Controllò il display del cellulare su cui lampeggiava il numero dell’ingegnere, decise quindi di rispondere. – Buongiorno, qual è il problema? Ok, ma avrei da fare, non è che stia con le mani in mano tutto il giorno. – Hai ragione, ma se non fosse importante, non ti avrei chiamato con questa insistenza – rispose Marco Denni dall’altra parte della cornetta. – Ok... ok... ci vediamo a piazza Santa Maria in Trastevere alle dodici – accettò lei. Arrivò per primo Marco che, provenendo da Ponte Sisto, aveva attraver26 Il segreto del Torrione_BN.indd 26 26/07/14 16:55 sato piazza Trilussa per entrare poi in via Benedetta, dove una volta c’era il negozio dei suoi amici Botteri. Passò di lato a piazza della Malva, che ancora ospitava l’omonimo bar, dove anni prima si vendeva ogni genere di conforto illegale, e proseguì per via della Scala. La birreria di Paolo si era tramutata in un bel ristorante, catturandogli la curiosità, che lo fece sporgere per dare un’occhiata al menù esposto sul tabloid. Pappardelle al sugo di lepre, tonnarelli cacio e pepe, saltimbocca alla romana, trippa e coda alla vaccinara. Un breve sussulto gli fece alzare le pupille al cielo. Come avrebbe gradito una cena così, densa di sughi e d’intingoli profumati ma, sottomesso alla pretesa di un fisico da ventenne, ben sapeva che il massimo cui poteva aspirare erano un paio di chili di fagiolini lessi. Ogni tanto, un dubbio gli insinuava la tetra riflessione sul fatto che stava vivendo una vita alimentare da malato per morire poi, magari, inutilmente sano di stomaco. Allungò il passo incrociando vicolo del Cinque, da cui parte dopo circa cinquanta metri vicolo del Bologna; era tanto che l’ingegnere non passava più per la zona centrale di Trastevere. Il tempo aveva fatto il suo corso: nuovi bistrot, wine bar, birrerie, ristoranti e pizzerie riempivano ogni locale accessibile su strada. Notò con disappunto che era cambiato quasi tutto; il rione era alla mercé del mondo e i romani, pochissimi, erano spariti, da quando negli anni Settanta i vecchi trasteverini vendettero le loro case agli stranieri. Sedie e tavolini occupavano senza soluzione di continuità lo spazio di fronte ai locali. S’immaginò la scena di sera, quando il posto si animava e i più giovani, attaccando a brindare, si preparavano per fare casino. Gli passò davanti un inserviente di colore con la parannanza legata in vita che, munito di secchio e spazzolone, andava a rimuovere da terra il risultato delle troppe bevute della sera prima. – Colonnello... Marco si girò di scatto, incrociando lo sguardo di un robusto cinquantenne con i capelli biondi e gli occhi azzurri. – Come mai da queste parti? – Una passeggiata. – Se avete bisogno di me, questo è il mio cellulare. – Ok, non è detto che non mi possa servire. Puntò deciso verso piazza S. Egidio, per poi sbucare a Santa Maria in Trastevere. Un caffè veloce, in uno dei bar, e finalmente intravide Fulvia. Prima di citofonare a casa di Patrizia, entrarono nella basilica che si trovava di fianco al portone. L’ingegnere aveva scaricato da internet una 27 Il segreto del Torrione_BN.indd 27 26/07/14 16:55 serie di appunti per aver soddisfazione del dubbio che gli si era insinuato dopo il ritrovamento della tibia. L’edificio clericale di Santa Maria in Trastevere, che prende il nome dalla piazza oppure viceversa (questione tuttora irrisolta), era stato fondato nel lontanissimo 38 avanti Cristo sul luogo in cui avvenne un’eruzione ma, come rammentava la guida, fu edificato solamente nel 337 per opera di Giulio I e poi con una serie di importanti interventi, modificato nei secoli IX e XIII. Per la soddisfazione degli archeologi, vi era stata rinvenuta nel 1741 una domus romana sotto il pavimento... – Allora, che ne pensi? – domandò Marco. – Che vuoi che ne possa pensare? Questo osso potrebbe essere di un grosso cane che è finito per caso qui dentro – rispose lei. Marco aveva tirato fuori il femore trovato due giorni prima, lasciando sconcertata e un po’ riluttante Fulvia all’idea di una probabile passeggiata speleologica, anche se lei in cuor suo aveva già accettato perché, come tutte le rappresentanti del gentil sesso, amava fin nel midollo i segreti. La vita delle donne è costellata di azioni pressoché incomprensibili agli uomini, compreso il modo di concepire i misteri che tuttavia, per loro, dovrebbero essere, per così dire, domestici, più interiori che cruenti. L’ingegnere era stato abile e prudente, e anche lo scampolo di scheletro che aveva in mano era apparso, fino a quel momento, poco più che una curiosità d’antiquariato. Arrivati in prossimità della porta della cantina decisero di lanciarsi. – Entriamo nell’intercapedine – disse lui. – Non vedevo l’ora di sporcare la divisa! – Dai, entra! – Senti che puzza che c’è qui dentro, quanto vuoi cercare? – Aspetta, fammi vedere! Le pupille non si erano ancora abituate al cambio di luce ma, ad una prima occhiata, si vedeva benissimo che le pareti erano umide, spoglie e rasate malissimo. Ogni tanto un tubo dell’acqua attraversava il tramezzo, per poi scomparire nel pavimento; l’ingegnere si fermò un momento, per poi passare sotto una grande ragnatela realizzata con squisita fattura da un ragno dalle dimensioni inquietanti. Squìììttt – Ahhhhhhhh! Un topo... un topo, scaccialo, Marco! Scaccialo! 28 Il segreto del Torrione_BN.indd 28 26/07/14 16:55 – Senti, con quell’urlo sarà sicuramente scappato da solo, poveretto, e poi che cosa speravi di trovare qui sotto, farfalle colorate? – I topi proprio non li sopporto... mettimi davanti un criminale incallito e non mi vedrai battere ciglio. Dopo circa venticinque metri, si resero conto che le pareti non erano più di mattoni, ma di roccia, anzi, a ben vedere, di tufo. Guardandosi attorno, Fulvia ebbe la netta sensazione di camminare in discesa, e anche che l’umidità si facesse più pungente. – Marco, che facciamo? Sei sicuro di quello che fai? – No, ma a questo punto voglio vedere dove porta questa galleria. Il cunicolo si stringeva e si abbassava, rendendo il camminamento sempre più angusto. Stronck! – Che è successo? – Niente, forse un blocco di pietra che si è staccato dalla parete – constatò Marco. – Stare qui sotto mi rende un poco nervosa. – Lo capisco, gli spazi bui e stretti non sono il massimo. – Attenta! – Che c’è? – Uno scorpione sulla parete, ed è pure bello grosso! L’animale, con il pungiglione rivolto verso di loro, dominava minacciosamente la parte superiore del cunicolo. Lo sorpassarono, curvi quanto possibile, avanzando di altri sette, otto metri. – Stai a vedere che troviamo il caminetto del vulcano... – affermò Denni. – Che c’entrano i vulcani, adesso? – rispose Fulvia. – Sembra che la basilica accanto a questo stabile sia stata fondata sul luogo nel quale c’era stata un’eruzione, e a quei tempi un cataclisma del genere fu visto come l’avvento del Messia. – Ah, non lo sapevo! – Neanche io prima di questa mattina. Uhmm, questo è interessante... – indicò Marco, allungando il braccio. – Che c’è? – Guarda un po’. – Non vedo niente! La parete di roccia era attraversata in senso longitudinale da un tubo in plastica fissato con dei ganci come sostegno. 29 Il segreto del Torrione_BN.indd 29 26/07/14 16:55 “Non è un tubo idraulico” pensò lui. “Forse contiene dei cavi”. Prese dalla tasca il coltello multiuso della Victorinox che portava sempre con sé, lo stesso in dotazione all’esercito svizzero, e incise. Dentro, due guaine ormai pietrificate e di colore bianco gli fecero capire che qualcuno aveva avuto bisogno di energia elettrica in una galleria sotto terra. “Ma a che scopo?” pensò tra sé “se in questa specie di intestino maleodorante non viene nessuno...”. Pochi passi e s’imbatterono in una plafoniera stagna, comunemente chiamata tartaruga, per via della inequivocabile somiglianza con l’animale, rendendo il dubbio certezza. Qualcuno, in tempi più prossimi dell’era di Attilio Regolo, aveva camminato per quei cunicoli. – Siamo scesi almeno di altri tre metri – notò Marco. – Credo proprio di sì – ammise il capitano dei carabinieri, camminando con le mani ed i piedi puntellati, ad evitare possibili scivoloni per la forte umidità. – Sembra che il cunicolo scenda ulteriormente. Che facciamo oggi, ci improvvisiamo speleologi? – Sei preoccupata? – No, però mi stai portando in giro per tunnel sotterranei quando dovrei essere al comando in cerca di lestofanti. – Alé! siamo arrivati a destinazione – gridacchiò lui. A pochi metri di distanza s’intravedevano l’inizio di una scala in discesa e un cancelletto bloccato da una catena chiusa con un pesante lucchetto. – Che facciamo? – chiese Fulvia esitante. – Magari abbiamo scoperto un punto d’incontro per satanisti e l’osso viene da lì. Marco si piegò sulle ginocchia, iniziando ad armeggiare con un piccolo passe-partout, un’asticella finissima di metallo e due barrette di alluminio a forma di brugola. Mentre lavorava alacremente sulla serratura del lucchetto, iniziarono incongruamente a scambiarsi reciproci pensieri riguardo la fede religiosa di entrambi. Fulvia, cattolica credente e praticante, era ogni domenica a messa con i figli. L’ingegnere, decisamente più cinico, ammise di aver perso ogni devozione nelle missioni di guerra e di fidarsi solo della sua Beretta Cougar. – Quant’è che non ti confessi? – pretese di sapere lei. – Facciamo dal 1960? – rispose lui, avvolgendo nella tosse un simulato imbarazzo. – Ti destreggi bene con il Lockpicking! – esclamò lei ad un certo punto. 30 Il segreto del Torrione_BN.indd 30 26/07/14 16:55 Fulvia non lo voleva dar a vedere, ma aveva una grande ammirazione per Marco. La determinazione, mista alla lucida e veloce analisi, glielo facevano vedere in una luce differente rispetto a come lo inquadrava il resto del mondo, ovvero bicipiti e dieta ad oltranza. – Nei teatri di battaglia sei costretto ad apprendere il più possibile. – Sì, va bene... che mi vuoi dire, che vi fregavate i carri armati nemici? – Ci sei quasi andata vicino, mi è capitato almeno tre volte di dover aprire un Hummer per poterci riparare dalle bordate nemiche. Clanck! La serratura era stata forzata a dovere, e a dovere si aprì. Ora, il grande dilemma: attraversare la cancellata o tornare indietro? Fin lì potevano dire di aver passeggiato per le grotte di Roma; superato quel punto, però, non avevano più scusanti. – Stiamo commettendo un reato... – l’apostrofò lei. – Sì, forse il nostro omicidio preterintenzionale – rispose lui. Decisero di continuare scendendo per le scale. Era buio pesto e l’umidità non si stemperava. – Per fortuna mi sono portata la torcia... – bisbigliò con sollievo Fulvia. La scalinata lunga, e l’aria sempre più rarefatta, non rallentarono la loro discesa. Il tubo di plastica contenente i cavi elettrici continuava fino alla fine della scala, interrotto a distanze regolari dalle plafoniere stagne. Segno che in fondo al corridoio, sempre che ci fosse stata una fine, avevano avuto bisogno di luce. Luce uguale a vita, vita uguale a esseri umani. Dove li stava portando questa avventura? – Ho la sensazione che siamo sotto il sagrato della basilica – disse Marco. – Sì – rispose Fulvia – Dai calcoli che mi sono fatta, dovremmo essere proprio sotto. Squitt! – Pantegana... – gracchiò il colonnello quasi divertito. – Che schifo! Controllando meglio la volta del cunicolo, si rese conto che il colore del soffitto non era più quello di prima. Dal classico marrone dei mattoni e della calce invecchiata, si passava ad un blu scuro. – Che strano, qualcuno si è divertito a pitturare... – disse tanto per dire. Mentre scendevano l’ultimo scalino della rampa, entrambi puntarono le torce per vedere meglio. – Bah, volevano rappresentare un cielo forse... – disse lui vago. Entrarono in una grotta dalle dimensioni di circa sessanta metri quadri, 31 Il segreto del Torrione_BN.indd 31 26/07/14 16:55 però molto più alta della galleria che avevano percorso fino a quel momento. Il soffitto era a volta e la pittura, immaginarono alzando lo sguardo, doveva averlo ricoperto completamente. Anche se mancavano abbondanti pezzi, si capiva che era un cielo stellato. Continuarono, illuminando di qua e di là, poi Fulvia si avvicinò ad una rientranza. – Dove vai? – chiese lui. – Sto cercando di capire dove ci troviamo. Muovendosi lentamente, guardava a destra e a sinistra, puntava il fascio luminoso verso l’alto, poi verso il basso, si fermava a pensare, quindi di nuovo cercava degli elementi in giro. Andò avanti così per qualche minuto. – Cosa ti sembra? – chiese Marco. – La vedi questa volta tronca? – Sì, cos’è? – Secondo me un’abside, un elemento fondamentale di una struttura basilicale. Fammi salire, voglio vedere meglio! Incrociando le mani di fronte all’inguine, l’ingegnere permise a Fulvia di arrampicarsi e potersi sedere direttamente sulle sue spalle. – Ouch! Sei spigolosa! – Ma che cafone! Si interruppe con un piccolo grido soffocato. Quello che le era sembrato di vedere, c’era davvero! I resti di quel rilievo scolpito a mano, che aveva notato appena entrata, raffiguravano il sacrificio di un toro da parte di una divinità. – Che succede? – Siamo entrati in un pronaos... – esclamò Fulvia, con la voce eccitata dall’emozione. – Che? – Una sala dove si officiavano i riti del dio Mitra, e questa è una chiesa mitraica. Scese velocemente a terra, cercando la porta che permettesse il passaggio alle altre sale del tempio, ma anche per avere la certezza di quello che aveva scoperto. Puntando nuovamente le torce nella completa oscurità, si accorsero entrambi che le pareti erano interrotte ogni tanto in maniera asimmetrica da alcune colonne, su una di queste si intravedevano i resti di una pittura. – Questo sembrerebbe un sole! – notò Fulvia. – E quella la luna – le fece eco Marco. – Sono sempre più convinta che siamo in una chiesa mitraica. – Adesso ti è presa la frenesia... – ribadì lui, contento che lei lo avesse seguito. 32 Il segreto del Torrione_BN.indd 32 26/07/14 16:55 Camminando in circolo a piccoli passi, lei si prodigò in una spiegazione che le veniva da informazioni che aveva acquisito di recente. Durante i ritiri spirituali cui aveva partecipato presso la parrocchia che frequentava, si era parlato alcune volte dei riti e degli dei pagani. La storia, aveva voluto precisare il parroco, ci informava che forse la religione cristiana si era fondata proprio sulle arcaiche basi del dio Mitra e del mitraismo proveniente dal più antico periodo indo-iranico. Il credo di questo dio fu trasportato in Asia Minore, assumendo i lineamenti tipici di una religione misterica, promettendo un destino migliore in un’altra vita e diffondendosi tra il primo e il terzo secolo dopo Cristo anche nell’Impero Romano. Fulvia precisò che il sacerdote aveva proposto qualche mese prima una gita ai vari templi. La possibilità di visitare una chiesa da cui forse proveniva il credo cristiano era stata un’attrazione da subito molto forte per tutti i parrocchiani. Inoltre, la leggenda vuole che ce ne sia proprio una sotto la basilica di San Pietro. – Ok, siamo in una chiesa mitraica – disse Marco, ostentando una certa freddezza. – Sì, però nella guida che ho consultato più di una volta, questa non c’è... – precisò Fulvia. – Interessante! È possibile, quindi, che il femore che abbiamo trovato provenga da qualche rito pagano – rispose lui. – Alcune grotte erano attigue alle catacombe dei cristiani, potrebbe essere. Però tu l’hai trovato nell’intercapedine. – Eh, sì. L’ampio locale in cui si trovavano, se effettivamente era una chiesa mitraica, doveva avere una porta che conducesse al resto della costruzione. – Eccola! – esclamò soddisfatta qualche minuto dopo aver vagato nel buio a tastoni, aggiungendo subito, sottovoce ma in modo perentorio: – Andiamo! Questa volta si muovevano davvero con circospezione. Il colonnello estrasse la sua Glock. Entrando nella stanza attigua alla principale, si resero conto dalle dimensioni che era una sagrestia. Il buio impenetrabile non mitigava l’acuto odore di muffa. Si allinearono schiena contro schiena, gettando lampi di luce tutto intorno. – Che odore strano e pungente, sembra polvere mista a terra, come se qualcuno avesse scavato. – È muffa di oggetti di natura animale, o forse vegetale – avvalorò l’ingegnere. Se fossero stati in un palasport pieno, non se ne sarebbero accorti, ma soli 33 Il segreto del Torrione_BN.indd 33 26/07/14 16:55 soletti in un anfratto buio e umido dieci metri sotto piazza Santa Maria in Trastevere, sentivano il loro respiro affannato che pompava come il motore di un gruppo elettrogeno. – Ci potrebbero essere delle altre ossa qui intorno, perché sento questo odore di terra rimossa... Si spostarono lentamente a semicerchio. Stonkkk – Che succede? Tutto a posto, Fulvia? – Sì... ho solo sbattuto contro qualcosa di metallico... è una brandina! – Una brandina? Stai scherzando? In effetti era entrata in collisione con lo spigolo di un lettino pieghevole coperto di ruggine, su cui ancora si trovava un vecchio materasso. – È vero! Qualcuno oltre ad aver avuto bisogno della luce, qui dentro ci ha anche dormito. Cosa cavolo ci può fare una persona in un posto del genere? – domandò Marco. – Lo presidia. Oppure ci si nasconde. O magari ne è prigioniero – ribatté lei. – Guarda: ci sono anche delle vecchie coperte... e una catena! – In che diavolo di situazione ci siamo cacciati? – Controlliamo ancora. Fermati! – Che c’è? – Una borsa. Adagiata vicino alla branda vi era una ventiquattrore dall’aspetto consunto. Fulvia la prese in mano e si rese subito conto che era piuttosto vecchia. Non rigida come quelle di oggi, ma morbida, come quelle che andavano di moda nei primi anni Settanta. – Che facciamo? – domandò. – Sempre più complicato. La controlliamo dopo, adesso proseguiamo nella ricerca. – Vedi qualcos’altro? – lo incalzò Fulvia. – No. – Spostiamoci, guarda, c’è un’altra porta! – Dove? – Ore quattordici. – Prova ad entrare. “Questo buio è inquietante” ebbe a riflettere lei. – L’odore si fa più forte – affermò Marco. – Lo senti? – Sì, anche se sono raffreddata, lo sento bene. 34 Il segreto del Torrione_BN.indd 34 26/07/14 16:55 Percorsero altri tre metri verso destra, Marco aveva la Glock, puntata di fronte a lui, con l’altra mano invece teneva la torcia. Il braccio era piegato verso il viso nella posizione di difesa e contrattacco. Flath Flath Flath Passò un pipistrello a volo raso che quasi li investì. – Questo posto è un bioparco! – Guarda, Fulvia! – Che c’è? – rispose lei. – Cavolo, è quello che mi sembra di vedere? Sono delle dita... – Sì, falangi, mano e anche avambraccio, almeno visto da qui. – Avviciniamoci ancora. Io ti copro le spalle. Che vedi? – È steso a terra in posizione fetale, come se dormisse da chissà quanto tempo, e chissà perché è qui... Marco, fammi luce. – Arrivo! Fulvia inguainò la beretta nella fondina, la torcia nell’astuccio, gli occhiali nel taschino, il cappello nella giacca e tirò fuori un paio di spettacolari guanti fosforescenti in lattice che fecero luce tutt’intorno. Se nei giardinetti appartati della capitale, la notte, le giovani coppie fossero dotate di una simile tecnologia, sarebbe la morte definitiva dell’intimità. Le ossa erano state pulite a dovere da schiere di topi, che negli anni le avevano trasformate nel loro supermercato personale. Il pallore bianco della cassa toracica splendeva lucido alla luce della torcia dell’ingegnere. Ad un rapido esame sembrò che lo scheletro fosse tutto intero. – Pensi che si possa collegare ai riti che si tenevano in queste sale? – chiese titubante Marco. – Tutto è possibile, anche se i seguaci del dio Mitra non mi sembra che facessero sacrifici umani, né che seppellissero i loro morti nelle chiese. – Forse proviene da una catacomba – rifletté ad alta voce lui. – Oppure qualcuno lo ha messo qui per poi rivenderlo. – Potrebbe? – chiese l’ingegnere. In effetti, le tombe dei cimiteri di campagna vengono spesso profanate per insulsi riti satanici o, più semplicemente, per accaparrarsi parte degli scheletri che poi vengono venduti. Il teschio può raggiungere, se intatto, anche la cifra di diverse migliaia di euro. Fulvia, evitando mosse brusche, si spostò di lato come volendo proteggere lo scheletro. Lo stupore, via via che passavano i minuti, era sostituito da una sana e professionale curiosità. La donna introdusse le mani sotto la cassa toracica, alzandola in parte per controllarne meglio le ossa. 35 Il segreto del Torrione_BN.indd 35 26/07/14 16:55 facendoli sobbalzare. – Speriamo che la volta non ci crolli addosso – sospirò lui. La Nello, dopo aver controllato le costole, la spina dorsale, le anche e il femore (strano, uno solo...), iniziò a dedicarsi al cranio. Studdd – Che succede? – chiese Marco. – Niente, mi è caduta la torcia – rispose lei. Prese il teschio tra le mani in modo quasi amorevole. Le orbite, perfettamato poteva esprimere. I denti presentavano ancora piccole macchie gialle, residui di un passato da fumatore. Poi, ruotandolo dolcemente, osservò la tempia sinistra. Le sue pupille si dilatarono per l’emozione. Il viso si indurì improvvisamente, mentre i muscoli delle braccia, già tesi per lo sforzo, si irrigidirono ancora, costringendola ad imprecare neanche troppo sottovoce. – Che succede? – Ora ti faccio vedere cosa succede... Erano entrati con la curiosità dei detective, si erano addentrati con il coraggio dei militari, avevano fatto le loro valutazioni con l’esperienza degli specialisti e ora si ritrovavano in una situazione che li trascinava nello sgradevolissimo ruolo degli incoscienti in cerca di guai. – Allora, riassumiamo... – disse lentamente Fulvia – abbiamo una brandina con materasso e coperte, una catena con lucchetto e moschettone da alpinista, una borsa ventiquattrore e, dulcis in fundo, il cranio di uno scheletro con un evidente foro perfettamente circolare sulla tempia sinistra... – Porca miseria! Cosa ne pensi? – le chiese lui. – Che vuoi che ti dica? Chissà chi è, e perché sta qui. Clankkk – Cos’è questo rumore? Marco si girò prontamente, spostando la torcia prima a destra e poi a sinistra. La Glock, sempre puntata di fronte a lui, aspettava di fare il lavoro per cui era stata costruita e poi, negli anni, oliata. – Non lo so, deve essere caduto qualcosa... – Dici? – Guarda a terra! Cercò di mettere a fuoco in un tempo minore di quello normalmente ri36 Il segreto del Torrione_BN.indd 36 26/07/14 16:55 Il segreto del Torrione_BN.indd 318 26/07/14 16:55 Questo libro è stampato su carta FSC amica delle foreste. Il logo FSC identifica prodotti che contengono carta proveniente da foreste gestite secondo i rigorosi standard ambientali, economici e sociali definiti dal Forest Stewardship Council. Il segreto del Torrione_BN.indd 320 26/07/14 16:55 Il segreto del Torrione_BN.indd 319 26/07/14 16:55
© Copyright 2024 Paperzz