Abstract - Accademia Roveretana degli Agiati

Accademia Roveretana degli Agiati, Fondazione “Alvise Comel”, Fondazione Museo Civico
di Rovereto, in collaborazione con l’Università degli Studi di Trento
"Lo scavo 'archeometrico'. Scienza e tecnologia applicate allo scavo archeologico"
Rovereto, 28 novembre 2014
PRIMA SESSIONE
INVITED LECTURES
Indagini preliminari allo scavo archeometrico: tecniche di telerilevamento
F. Finotti (Direttore Fondazione MCR); A. Tonelli (Fondazione MCR); F. Zandonai (Fondazione MCR)
Nel campo della geofisica di prospezione non invasiva, il telerilevamento apporta contributi sia acquisendo
dati su aree estese, dove potrebbero esservi state le condizioni per l'esistenza di strutture antropiche o
altro, che analizzando nel dettaglio siti preselezionati. Disomogeneità nella massa del primo sottosuolo
vengono rivelate dai risentimenti indotti in superficie. Il vettore di base delle informazioni è il campo
dell'umidità, che ha impatto, nel lungo termine, sulla densità della copertura erbosa e, nell'arco del giorno,
sulla capacità termica del primo sottosuolo e sui valori di costante dielettrica e resistività. Viene presentata
una rassegna di procedure su rilievi da vettore aereo a partire da immagini esistenti in pancromatico,
colore, falso colore, multispettrale e date, a sua volta, indicazioni per progetti di rilievo multibanda da
realizzare. Questa sintesi segue alle indicazioni ottenute all'area sperimentale della Fondazione MCR.
Scienze della Terra e scavo archeologico. La geoarcheologia per ricostruire i processi di formazione dei siti
archeologici
M. Cremaschi (Università Statale di Milano)
Come conseguenza del metodo stratigrafico sistematicamente applicato allo scavo archeologico ed il
rinnovato interesse per i contesti promosso dalla ‘ New Archaeology’, la ricerca archeologica contempla
tra i suoi principali obiettivi riesumare ‘ Storie dalla Terra’.
Il titolo del noto manuale di A. Carandini, pone nel giusto rilievo il rapporto fra evidenza archeologica e
contesto stratigrafico: la possibilità di interpretare adeguatamente le testimonianze archeologiche, specie
in fase di scavo e nel post – processing, risiede nel fatto che esse siano contenute nella parte più
superficiale della terra ( suoli e sedimenti ) e con questa abbiano condiviso le vicende post – deposizionali.
Le Scienze della Terra possiedono un articolato bagaglio di saperi che possono essere opportunamente
applicati per ricostruire l’ambiente nel quale il sito archeologico è vissuto ed i processi che sono
intervenuti a trasformarlo, dal momento dell’abbandono fino a quello dello scavo. Un nuovo e significativo
campo di applicazione del metodo geoarcheologico si è oggi aperto grazie agli imperativi dell’ Archeologia
Preventiva che impongono interventi rapidi ed esaustivi al fine di localizzare i siti archeologici e valutarne
consistenza e stato di conservazione per programmare eventuali e successivi interventi operazioni di scavo
stratigrafico.
Indagini preliminari: Prospezione geofisica
G. Santarato (Università degli Studi di Ferrara)
Le vestigia del passato affiorano talvolta tanto casualmente quanto inaspettatamente a seguito di
interventi di uso del territorio. Determinarne allora l’estensione e la distribuzione può diventare un
problema non semplice, soprattutto se nessuna traccia è visibile in superficie o deducibile da foto aeree
prese in opportune condizioni.
Lo scavo archeologico può allora essere utilmente indirizzato dai risultati di indagini geofisiche di superficie.
Queste indagini si fondano sulla differenziazione di alcune proprietà fisiche tra il materiale archeologico ed
il terreno ospitante. Le più comunemente utilizzate sono la suscettività magnetica, la resistività elettrica e
la permittività dielettrica. La prima è legata alla presenza di frammenti di minerali ferromagnetici, spesso
contenuti nel cotto di argilla, la seconda alla diversa attitudine dei terreni e dei materiali archeologici alla
conduzione della corrente elettrica, la terza alla diversa velocità di propagazione delle onde
elettromagnetiche, che dà luogo a riflessioni sulle superfici di discontinuità.
Alcuni esempi illustrano le modalità delle diverse indagini e l’efficacia dei rispettivi risultati.
Il Laboratorio in situ per “vedere” il record microscopico mentre si scava
E. Boaretto (Radiocarbon Laboratory, Weizmann Institute of Science, Israel)
Il record archeologico si può dividere in macroscopico e microscopico. In genere quello microscopico è
“portato” in laboratorio dove gli “specialisti” con l’aiuto di strumentazione scientifica analizzano e studiano
il materiale, ormai non più nel suo contesto originale. Il supporto durante lo scavo di un laboratorio in situ
dotato di strumentazione quale: spettrometro a infrarossi a Trasformata di Fourier, microscopio
petrografico, etc., consente di analizzare materiali archeologici on-line, mentre si procede con lo scavo. Ciò
permette di formulare domande e ottenere risposte in tempo reale. La metodologia di scavo può essere
così adattata al tipo di domanda che il nuovo materiale ha originato. Una delle applicazioni più importanti è
di determinare la diagenesi dei materiali e quindi la relativa completezza del record archeologico. Per le
datazioni con il 14C il laboratorio in-situ permette di individuare i contesti al tal fine più adatti e qualificati.
La nuova definizione di dating assemblage viene a essere determinata innanzitutto nello scavo: per questo
il laboratorio sul campo è essenziale.
CONTRIBUTED LECTURES
Angelo Mosso e le radici dello scavo archeologico interdisciplinare
M. Cultraro (Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali, Catania)
Da tempo dimenticato negli studi di preistoria italiana, Angelo Mosso (1846-1910), fisiologo torinese di
fama internazionale, ha lasciato un’impronta significativa nel variegato panorama della ricerca
paletnologica nazionale del primo ventennio del secolo scorso. Nella piena consapevolezza che l’archeologo
sia in grado di ricostruire il passato dell’umanità alla stessa maniera del fisiologo che indaga il
funzionamento degli organismi viventi, Mosso interpreta il cantiere di scavo come un laboratorio all’aperto
e ‘aperto’ alle discipline chimico-fisiche. In questa visione olistica, espressione della formazione di matrice
positivista, Mosso è il primo a tentare uno scavo stratigrafico in alcuni siti preistorici della Sicilia,
impiegando l’uso del disegno e delle sezioni stratigrafiche, insieme alle riprese fotografiche. Mosso è il
primo ad effettuare analisi palinologiche a Coppa Nevigata in Puglia, inventa e costruisce un primo esempio
di macchinario per la flottazione di ecofatti e manufatti provenienti dallo scavo archeologico, conduce
analisi archeometallurgiche su manufatti in metallo dall’Egeo e dall’Italia al fine di ricavarne informazioni
sulla composizione e sulla tecnica di produzione. Di grande interesse, infine, sono le indagini
archeometriche sull’ambra da contesti preistorici europei, ma anche sui pigmenti colorati. L’archeologia di
Angelo Mosso è, dunque, un dominio scientifico organicamente integrato all’interno del multiforme
terreno epistemologico della fisiologia, dove cantiere di scavo e laboratorio sono i pilastri di ogni indagine
sperimentale.
Scavando una palafitta: Lucone di Polpenazze – Sito D (Brescia) – un caso di ricerca multidisciplinare
integrata sulla base di un database e una piattaforma G.I.S.
M. Baioni (Museo Archeologico della Valle Sabbia – Gavardo, BS), F. Bona (Archeozoologo), M. Ghedini
(Laboratorio GeaDue – Zola Predosa, BO), C. Giardino (Università degli Studi di Lecce), C. Mangani (Museo
Civico Archeologico – Desenzano, BS), N. Martinelli (Dendrodata – Verona), C. Nicosia (Geoarcheologo), R.
Perego (Archeobotanica), T. Quirino (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia – Milano), C.
Ravazzi (CNR – IDPA – Milano)
Lo scavo di una palafitta in open area, come quello che dal 2007 il Museo Archeologico della Valle Sabbia
effettua al Lucone di Polpenazze – area D coinvolge molte discipline di diversa natura. L’evidenza
archeologica appare inserita in un contesto ambientale, dove è di fondamentale importanza cogliere le
dinamiche di interazione tra l’elemento antropico e quello naturale. Le ricerche coinvolgono non solo
l’archeologia, ma anche la geologia, la botanica, la palinologia, la zoologia e altre discipline di tipo
naturalistico. Importante è la presenza di un dendrocronologo per datare gli elementi strutturali. Numerose
sono le analisi che vengono condotte su differenti tipologie di materiali, dalle analisi archeometallurgiche a
quelle petrografiche. L’enorme massa di dati ricavati deve poi essere ordinata e soprattutto messa in
reciproca relazione attraverso la gestione di un complesso database correlato a un sistema G.I.S.
Le ricerche sono finanziate dai comuni di Gavardo, di Polpenazze e da Regione Lombardia.
Lo scavo archeologico professionale, innovazioni e best practice mediante metodologie aperte e Open
Research
A. Bezzi (Arc-Team), L. Bezzi (Arc-Team), G. Fondriest (Arc-Team), G. Naponiello (Arc-Team), M. Segata (ArcTeam)
Con il presente contributo si intende proporre un sunto della decennale esperienza di Arc-Team nello scavo
archeologico professionale, un'esperienza incentrata principalmente sull'uso di strumenti aperti (software e
hardware liberi e open source) e sul concetto di Open Research, mediante lo scambio di dati, conoscenza
(know-how) ed informazioni. Durante la presentazione si cercherà di delineare le best practice via via
evolutesi nel corso degli anni ed in diversi campi, dal telerilevamento mediante droni autocostruiti, alla
geolocalizzazione ed ai rilievi (2D e 3D) tramite FLOSS (Free and Open Source Software), dalla gestione dello
scavo mediante GIS 3D, alla divulgazione dei risultati mediante visualizzazioni quadrimensionali. Si intende
inoltre presentare le tecniche utilizzate in vari campi archeometrici, con esempi legati alla georacheologia
(in situ ed in laboratorio), all'archeobotanica, come pure all'archeoantropologia e archeozoologia, non
tralasciando settori più di nicchia, ma soggetti a forte innovazione proprio negli ultimi anni, quali, ad
esempio, la ricostruzione cranio-facciale forense.
Indagini geofisiche tri-dimensionali per l'esplorazione dei depositi di riempimento della Grotta di Fumane
M. Obradovic (Dipartimento di Studi Umanistici, Università degli Studi di Ferrara, Italy), N. Abu-Zeid
(Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Ferrara, Italy), M. Peresani (Dipartimento di
Studi Umanistici, Università degli Studi di Ferrara, Italy) and G.Santarato (Dipartimento di Scienze della
Terra, Università degli Studi di Ferrara, Italy)
Lo studio è focalizzato sull’esecuzione di Tomografia della Resistività Elettrica (ERT) e georadar (GPR) per lo
studio dei siti preistorici prendendo come test il sito archeologico della Grotta di Fumane (VR, Italia). Le
tecniche geofisiche sono state raramente incorporate nella ricerca di siti preistorici, a causa della loro
natura in particolare la normalmente totale assenza di resti architettonici o fittili nei depositi archeologici.
L'obiettivo primario dello studio è quello di determinare la geometria della topografia sepolta, quindi la
creazione di un modello tridimensionale del sottosuolo, la natura del riempimento sedimentario e una
migliore comprensione dei processi post-deposizionali che hanno partecipato alla formazione del
riempimento.
Integrazione di rilievi laserscan e fotogrammetrici con metodologie geofisiche applicata ad una cavità
pleistocenica con stratificazione archeologica.
M. Bolognesi (Dipartimento di Ingegneria, Università degli Studi di Ferrara, Italy), M. Obradovic
(Dipartimento di Studi Umanistici, Università degli Studi di Ferrara, Italy), N. Abu-Zeid (Dipartimento di
Scienze della Terra, Università degli Studi di Ferrara, Italy), M. Peresani (Dipartimento di Studi Umanistici,
Università degli Studi di Ferrara, Italy) and P. Russo and G. Santarato (Dipartimento di Scienze della Terra,
Università degli Studi di Ferrara, Italy)
La ricerca presentata è focalizzata sull’integrazione di diverse tecniche di rilievo del suolo e del sottosuolo.
In particolare, tale studio viene proposto come metodologia di indagine dei sedimenti sepolti nell’ambito
dello studio dei siti preistorici ed archeologici. Come test site è stato scelto il sito archeologico della Grotta
di Fumane nella provincia di Verona in Italia. Per meglio comprendere la stratigrafia e quindi la geometria
dei sedimenti si è ritenuto importante ottenere un modello tridimensionale di tutta la zona interessata allo
scavo. Tale modello è stato realizzato attraverso una serie di scansioni di alta precisione eseguite tramite un
laserscanner LEICA C10 e diversi rilievi fotogrammetrici. Con la tecnologia laser sacnner è possibile ottenere
un modello ad alta risoluzione di tutta la zona di interesse mentre la fotogrammetria servirà come focus
sulle zone di maggior interesse e nelle quali so desidera avere un dettaglio sia cromatico che geometrico
maggiore. Il tutto, orientato in un sistema di riferimento assoluto, sarà di grande aiuto come affiancamento
alle tecniche standard di studio del sottosuolo, di Tomografia Elettrica (ERT) e georadar (GPR).
SECONDA SESSIONE
INVITED LECTURES
Analisi dei materiali: nuove tecniche, antiche tecnologie
G. Artioli (Università di Padova)
Cronologia 14C: relazione tra l'evento datato e il contesto che si vuole datare
F. Terrasi (II Università di Napoli )
Il metodo di datazione del 14C è forse la metodologia scientifica che ha avuto il più forte impatto
sull’archeologia, oltre che su un vastissimo spettro di campi di indagine. Le applicazioni dell'utilizzazione di
un cronometro naturale come il 14C forniscono un indicatore molto sensibile di processi naturali che hanno
caratterizzato nel passato l'evoluzione dell'ecosistema terrestre e l’attività umana. L’avvento della tecnica
AMS (Spettrometria di Massa con Acceleratore) ha fornito uno strumento molto potente a disposizione
degli studiosi dell’evoluzione passata dell’ambiente in cui l’uomo ha vissuto, delle sue attività e delle
interazioni tra diverse civiltà. Con l’AMS l’indagine scientifica in archeologia ha potuto compiere, in molti
casi, un salto di qualità, grazie essenzialmente alla notevole riduzione della quantità minima di materiale
dei reperti databili rispetto ai valori caratteristici del radiocarbonio convenzionale. Nel seminario sarà
illustrato con numerosi esempi come le piccole quantità di materiale necessario per la datazione con AMS
rendono possibili analisi virtualmente non distruttive di oggetti unici, maggiore libertà di scelta del
materiale da datare, cui consegue la possibilità di una migliore correlazione con il contesto archeologicoambientale, una chimica di decontaminazione più rigorosa, la possibilità di effettuare misure su più
campioni (o frazioni) dello stesso materiale o date multiple su reperti in relazione temporale tra di essi.
Le analisi isotopiche per lo studio archeologico della dieta e sussistenza umana
M.A. Mannino(Department of
Anthropology,Leipzig, Germania)
Human
Evolution,
Max
Planck
Institute
for
Evolutionary
Negli ultimi decenni le analisi degli isotopi stabili sui resti organici sono entrate a pieno titolo a far parte
delle indagini archeologiche. Queste analisi ci consentono di accedere agli archivi biologici costituiti dalla
composizione chimica di tessuti vegetali ed animali. Tra le applicazioni più diffuse, vi sono quelle mirate alla
ricostruzione della dieta umana. Le analisi isotopiche sullo smalto dentario ci consentono di investigare la
dieta di ominidi quali australopitechi e parantropi, oltreché di diverse specie del genere Homo, mentre
quelle sul collagene osseo ci forniscono, ad esempio, dati sulle differenze tra le diete degli ultimi
neandertaliani e dei primi Homo sapiens che raggiunsero l’Europa. Questo contributo presenta le
conoscenze sull’evoluzione della dieta umana, dalla preistoria sino ai nostri giorni, basate sulle analisi
isotopiche, oltre a considerazioni sul potenziale di questi metodi e su come vadano integrati nella ricerca
archeologica.
Dallo scavo al museo virtuale: 3D, realtà virtuale e semantica
S. Pescarin (CNR-ITABC, Roma)
La ricostruzione di un sito o di un paesaggio antico è un processo di simulazione che parte da dati reali
(scavo, rilievo) e richiede il contributo di professionisti di diversi settori. In genere archeologi, paleo
botanici, geologi, storici, architetti, topografi lavorano insieme, producono output digitali e idealmente
avrebbero bisogno di condividere anche lo stesso spazio digitale. Tale spazio dovrebbe avere certi requisiti:
conservare la dimensione geografica e spaziale dei dati di partenza e la tridimensionalità. Negli ultimi anni
sono stati esplorati gli ambienti collaborativi interattivi, attraverso alcuni progetti pilota, testandone le
potenzialità nel campo della ricerca, dell'insegnamento e della comunicazione. L'intervento ha come
obiettivo quello di discutere requisiti e possibilità di tali sistemi di realtà virtuale, con una particolare
attenzione per le applicazioni collaborative che utilizzano la rete e i servizi cloud.
CONTRIBUTED LECTURES
Dendrocronologia in Alto Adige: i siti dell'eta' del ferro.
S. Marconi (Fondazione MCR- Laboratorio di dendrocronologia), M.I. Pezzo (Fondazione MCR- Laboratorio
di dendrocronologia)
Il presente contributo vuole presentare la sintesi di un lavoro di ricerca che ha visto coinvolti sette diversi
siti altoatesini dell'Età del Ferro: Laion, Stufles (via Elvas 12 e 16), Stufles B, Stufles Villa Kranebitt, Stufles
Stablum, Bressanone Rosslauf, Elvas Noltehof. Grazie alla dendrocronologia si sono potuti collocare i legni
raccolti e studiati in una precisa posizione temporale e questo ha portato alla costruzione di una cronologia
di riferimento per l'Età del Ferro che coinvolge tutti i siti. Per confermare la datazione dei legni di Laion e
Stufles (via Elvas 12 e 16) si è anche applicata la tecnica del Wiggle-matching e di conseguenza è stata
eseguita l'analisi al radiocarbonio (14C). Inoltre, per il sito di Rosslauf, si vuole presentare un lavoro di
determinazione antracologica che ha portato ad individuare l'essenza legnosa di alcune parti
dell'abitazione, svelando così la predilezione per determinate specie botaniche relativamente a specifiche
funzioni di manufatti e strutture.
Digital Radiography and X-ray Fluorescence analysis of an archaeological remain from Crustumerium
necropolis: archaeometry supporting the work of archaeologist.
C. Massenzi (Università di Roma “La Sapienza”)
The study was carried out in collaboration with the Special Superintendence for Rome's Archaeological
Heritage. It involved the use of non-destructive explorations of a clod of material from the archaeological
site of Crustumerium in Settebagni, Rome, where remains of an ancient Latin town and its necropolis were
found. The clod contains the bust and hips of a girl of about 7 years, with concretions of metal oxides at the
humeri, hypothetically attributable to the corrosion of two or more bracelets worn on each of her arms. To
obtain as much information on its content as possible before doing a microexcavation, the clod was
examined at the University of Rome “La Sapienza” using non-destructive techniques such as X-rays, which
revealed the actual presence of the bracelets and their manufacture, and X-ray fluorescence spectroscopy,
which allowed the identification of the alloy used.
I mattoni invetriati di Tol-e Ajori (Fars, Iran): dalla conoscenza alla conservazione
M.L.Amadori (Department of Basic Sciences and Fundamentals, University of Urbino), A. Askari Chaverdi
(Department of History, Shiraz University), P. Callieri (Department of Cultural Heritage University of
Bologna), G. Poldi (Visual Art Centre, University of Bergamo), E. Matin (Department of Cultural Heritage
University of Bologna), P. Fermo (Department of Chemistry, University of Milano), G. Colombo Castelli
(Department of Chemistry, University of Milano), A. Paolino Department of Chemistry, University of
Milano)
Scavi archeologici condotti tra il 2011 e il 2013 a Tol-e Ajori, situato vicino a Persepolis (Fars, Iran), hanno
portato alla luce le prime sezioni di una struttura costruita in mattoni di fango e mattoni cotti. Sulla facciata
esterna delle pareti e tra i materiali crollati sono stati ritrovati mattoni invetriati e decorati che mostrano
motivi figurativi in rilievo molto simili ai mattoni della Porta di Ishtar di Babilonia. Uno degli obiettivi
principali di questo studio è la caratterizzazione chimica e mineralogica dei mattoni e dei rivestimenti al fine
di definire l’origine delle materie prime impiegate, cercando inoltre di verificare se la produzione di mattoni
invetriati di Persepoli abbia seguito le tecniche della tradizione Babilonese ed Elamita. E’ stato inoltre
approfondito l’aspetto conservativo cercando di indagare le cause che hanno portato alla perdita del colore
originale dei mattoni.
Analisi non invasive a fini autenticativi applicate allo studio di reperti archeologici in ceramica e bronzo
Peter Matthaes (Museo d’Arte e Scienza di Gottfried Matthaes S.r.l), Simone Porta (Museo d’Arte e Scienza
di Gottfried Matthaes S.r.l)
Un reperto archeologico è per sua natura un palinsesto di informazioni relative al suo contesto di
provenienza e alle sue condizioni di giacitura, ancor prima che inerenti all’ambito socio-culturale che lo ha
prodotto. Le caratteristiche del terreno in cui i reperti sono sepolti, unitamente agli eventi atmosferici che
nel corso del tempo si verificano, sono alla base di alterazioni superficiali macroscopicamente visibili, sia
sulla superficie di oggetti in ceramica, che metallici; si tratta di incrostazioni e corrosioni che se
opportunamente analizzate possono diventare marcatori di autenticità dei reperti stessi. Infatti le
incrostazioni presenti sulle superfici di reperti in ceramica, così come i cristalli di corrosione presenti sui
materiali bronzei, sono la diretta conseguenza delle condizioni di deposizione ed è quindi la loro
composizione chimica a rivelare una loro veridicità, come prodotto di processi naturali, piuttosto che la
prova di una contraffazione volta ad anticare artificialmente un reperto.
Nel contesto privilegiato del Museo d’Arte e Scienza di Milano, è stato analizzato un nucleo di reperti
ceramici e bronzei (sia autentici, che fasulli), appartenenti alla collezione stessa del Museo.
FT-IR e UVF sono stati gli strumenti di indagine non invasiva utilizzati per lo studio dei diversi tipi di
incrostazioni e corrosioni individuate, nell’idea che sia possibile elaborare un protocollo di analisi
applicabile ex novo ad altri reperti.
Conoscenza archeometrica e ricostruzione sociale nell’archeologia contemporanea
E. Zendri (Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica, Università Ca’ Foscari di Venezia) , D.
Calaon (Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica, Università Ca’ Foscari di Venezia)
Il Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica dell’università Ca’ Foscari di Venezia ha
avviato il progetto di ricerca e formazione “VoicesOfVenice”, in collaborazione con l’Università di Stanford
(California), che associa alle competenze archeologiche un approccio archeometrico innovativo. L’analisi
dei materiali di scavo assume all’interno di questo progetto una doppia valenza, legata al tema della
“conoscenza” dei materiali e delle tecnologie di produzione e allo sviluppo di nuove metodologie per la
conservazione dei reperti. La caratterizzazione dei materiali diventa strumento oggettivo che permette
di legare le informazioni storico-archeologiche a quelle relative allo sviluppo sociale del sito
(evoluzioni tecnologiche, commerci). In sostanza potrebbe essere possibile definire i “costi” dello
sviluppo sociale dell’isola, considerando anche l’impatto sull’ambiente prodotto dall’impiego di nuove
tecnologie di lavorazione. In altre parole un tentativo di riprodurre un Life Cycle Assessment sulla base di
un approccio storico-archeometrico. La messa a punto di nuove tecniche di conservazione dei reperti sarà
quindi basata sulla scelta di criteri “sostenibili”, dando a questo termini dei precisi connotati tecnologici:
contenere l’impatto sui materiali, conservando non solo le tracce del loro presunto aspetto originale
ma anche del loro “vissuto” e ricorrere a sistemi di intervento a basso impatto ambientale, mettendo a
punto tecniche che prevedano la produzione minima di scarti e l’impiego di materiali ecocompatibili.