TRASFORMAZIONI TERMODINAMICHE. PRIMO PRINCIPIO. Condideriamo (Figura 1) un cilindro in cui sia contenuta un mole di gas ideale monoatomico a temperatura θ1=300 K , con un pistone di massa M =0.5 kg, libero di muoversi e a tenuta perfetta. Sul pistone è posto un corpo di massa m= 20 kg. Sia A=28 cm2 l'area della superficie libera del pistone. Se il sistema è in equilibrio si ha che la somma vettoriale delle forze agenti sul pistone deve essere nulla: p 1= p a A+( M + m) g + F attr dove p 1 è la pressione del gas all'interno del recipiente, pa è la pressione atmosferica esterna e g è l'accelerazione di gravità. F attr è l'eventuale forza di attrito tra pistone e cilindro. Se a un certo istante rimuoviamo il corpo M, il sistema non si trova più in equilibrio, il gas si espande, il pistone sale. Dopo un certo tempo il sistema si trova in un nuovo stato di equilibrio (Figura 1 a destra), alla pressione: p 2= pa A+ mg+ F attr La pressione è diminuita e il volume è aumentato, passando da V 1 a V 2 . Per calcolare lo stato finale del gas ( temperatura T 2 e volume V 2 ) dallo stato iniziale ( p 1, V 1. T 1 ) dobbiamo specificare come avviene l'espansione. Per esempio potremmo supporre che le pareti del cilindro siano adiabatiche, cioè che si tratti di una trasformazione (espansione) adiabatica del gas. m M Figura 1 Notiamo che durante la salita veloce del gas siamo in una situazione di non equilibrio meccanico, che fa si che la pressione e la temperatura non siano le stesse in ogni punto del gas. Quindi il gas attraversa una situazione di non equilibrio termodinamico tra due stati di equilibrio. Possiamo rappresentare, su un diagramma p-V, lo stato iniziale e lo stato finale del sistema (Figura 2). L'energia cinetica del pistone viene per la maggior parte dissipata in attrito, ma se l'attrito è trascurabile viene trasformata in energia trasportata da onde acustiche e dopo un tempo abbastanza lungo il pistone si trova comunque in quiete. Dal momento che nei due stati di equilibrio il pistone ha energia cinetica nulla il lavoro compiuto dalle forze agenti sul pistone, per il teorema delle forze vive, risulta complessivamente nullo. Cioè: L g =L a+ M g h+ Lattr La dove L g è il lavoro compiuto dal gas, è il lavoro compiuto dalla pressione esterna, L attr è il lavoro compiuto da un eventuale attrito meccanico durante lo scorrimento del pistone. Se l'attrito tra pistone e cilindro è trascurabile questo termine è nullo. Figura 2 Il lavoro compiuto dal gas sul pistone è dato da: V2 L g =∫V pdV 1 (1) dove p è la pressione che il gas esercita sul pistone. Dal momento che la superficie del pistone separa il gas (cioè il sistema) dall'ambiente esterno, diremo che L g è il lavoro compiuto dall'ambiente sul sistema. Se la velocità del pistone non è troppo alta possiamo considerare la pressione esterna approssimativamente costante e uguale a p a durante tutto il processo, in modo che: L a≈ pa (V 2−V 1) Come abbiamo visto una trasformazione reale non può essere rappresentata in modo compiuto su un diagramma delle coordinate termodinamiche del sistema, perché in generale solo i punti inizale e finale sono stati di equilibrio. Si possono tuttavia concepire trasformazioni ideali che siano successioni di stati di equilibrio: le trasformazioni quasistatiche. Supponiamo infatti che, invece di rimuovere il corpo di massa m, si rimuova da sopra il pistone una quantità infinitesima di massa dm. Il sistema si porterà a uno stato di equilibrio arbitrariamente vicino al precedente. Iterando questi passi, cioè togliento quantità di massa dm, in passi successivi, si rimuove completamente la massa m. Se dm tende a zero il numero di passi tende ovviamente a infinito e il sistema atraversa un insieme continuo di stati di equilibrio dallo stato iniziale allo stato finale. La trasformazione quasistatica può essere rappresentata come una curva continua. In pratica, una trasformazione reale può essere approssimata a una trasformazione quasistatica se il processo è abbastanza lento. In Figura 3 abbiamo rappresentato la trasformazione adiabatica quasistatica. Lo stato iniziale è lo stesso che nel caso precedente e la pressione finale è ovviamente di nuovo p 2 . Figura 3 Il nuovo stato finale del sistema è rappresentato dal quadratino e la trasformazione quasistatica dalla linea continua. Si arriva cioè a uno stato finale differente. La soluzione completa del problema richiede la conoscenza del Primo Principio della Termodinamica. Prima di enunciarlo facciamo alcune considerazioni sul lavoro che un sistema termodinamico compie sull'ambiente, sempre considerando come nostro sistema un gas ideale. Consideriamo sempre una mole di gas ideale, e una trasformazione quasistatica isoterma, cioè a temperatura costante, per esempio a θ=300 K . Supponiamo che la trasformazione porti il gas da un volume V1= 10 l a un volume V2= 20 l. Lo stato iniziale e lo stato finale possono essere collegati anche da un'altra trasformazione quasistatica, composta da un raffreddamento isocoro (a volume costante) e una espansione isobara (a pressione costante). Le diverse trasformazioni sono rappresentate in Figura 4. Calcoliamo il lavoro che il gas compie sull'ambiente nella espansione isoterma: V V n Rθ V dV V L=∫V pdV =∫V dV =R θ ∫V =R θ log 2 =8.314×300×log 2=1729 J V V V1 Calcoliamo ora il lavoro nella trasformazione composta dall'isocora e dall'isoterma. Il lavoro è ovviamente dovuto solo all'isobara: L ' = p1 (V 2−V 1 ) La pressione p2 è data dalla Legge dei Gas Perfetti: Rθ 5 p 2= =1.25 10 Pa V2 Dunque: L ' = p2 (V 2−V 1)=1247 J 2 2 2 1 1 1 ( ) (p2,V1) isoterma isocora (p1,V1) isobara (p1,V2) Figura 4 L>L' come è facile vedere anche graficamente dato che L corrisponde all'area sotto l'isoterma e L' corrisponde all'area sotto l'isobara. Arriviamo quindi a un importante risultato: il lavoro che un sistema termodinamico compie sull'ambiente non è una funzione di stato. Un modo equivalente di esprimere questa asserzione, elegante dal punto di vista matematico, è dire che il lavoro non è un differenziale esatto. Ciò è vero in generale, tuttavia c'è una classe di trasformazioni, le trasformazioni in condizioni adiabatiche, per cui il lavoro dipende effettivamente solo dallo stato iniziale e dallo stato finale del sistema. Consideriamo due stati P 1 e P 2 in un diagramma termodinamico di un sistema qualsiasi OXY. Supponiamo che ci sia un certo numero di trasformazioni adiabatiche che portino il sistema da P 1 a P 2 . Non è detto che siano trasformazioni quasi statiche. Rappresentiamole comunque come linee che uniscono i due stati, come in Fig. 5. Y P1 P2 O Figura 5 X Si verifica sperimentalmente che il lavoro compiuto dal sistema sull'ambiente in trasformazioni adiabatiche non dipende dal tipo di trasformazione, ma solo dallo stato iniziale e dallo stato finale. Si può allora definire una funzione di stato energia interna, U, nel modo seguente. Dati due stati qualsiasi P e P' la variazione di energia interna tra i due stati è definita da: (2) Δ U =U (P ')−U (P)=−Lad PP ' ad dove L PP ' è il lavoro compiuto in una qualsiasi trasformazione adiabatica che connetta lo stato P con lo stato P'. Vedremo quando tratteremo il Secondo Principio della Termodinamica che non sempre uno stato P' è accessibile da uno stato P con una trasformazione adiabatica. Se non c'è nessuna trasformazione adiabatica da P a P', esistono comunque trasformazioni adiabatiche da P' a P e possiamo dunque scrivere: (3) Δ U =U ( P ')−U ( P)=Lad P' P In questo modo U viene definita a meno di una costante arbitraria. Come in Meccanica, infatti, diamo significato fisico alla variazione di energia, non al valore assoluto dell'energia. Se adesso consideriamo una trasformazione qualsiasi da P a P' , il lavoro L compiuto dal sistema sull'ambiente in generale sarà diverso da quello di una trasformazione adiabatica. Cioè avremo: L≠−Δ U (4) Definiamo la differenza tra le due grandezze quantità di calore Q scambiata dal sistema durante la trasformazione: Δ U =Q−L (5) Questa è la formulazione del Primo Principio della Termodinamica, che in pratica risulta la definizione (termodinamica) di calore. L'interpretazione del Primo Principio è la seguente. Quando il sistema compie lavoro sull'ambiente L>0, l'energia interna diminuisce perché questo lavoro sia compiuto. Quando Q>0, si dice che il sistema assorbe una certa quantità di calore dall'ambiente, che fa aumentare l'energia interna. Analogamente L<0 corrisponde a lavoro che l'ambiente compie sul sistema, che fa aumentare l'energia interna e Q<0 corrisponde a una cessione di calore dal sistema all'ambiente a spese della sua energia interna. Lo scambio di calore è quindi a tutti gli effetti un processo di trasferimento di energia tra sistema e ambiente. Notiamo che le pareti adiabatiche per definizione risultano pareti attraverso cui non è possibile scambio di calore. Dal momento che il lavoro non è una funzione di stato, neanche il calore lo è. Cioè la quantità Q scambiata in una trasformazione non dipende solo dallo stato iniziale e dallo stato finale, ma anche dal tipo di trasformazione. U invece è una funzione di stato. Supponiamo che sia espressa in funzione di volume e temperatura del sistema: U =U (V , θ) . Allora, per una piccola variazione di queste due quantità, al primo ordine: ∂U ∂U (6) dU = ∂θ d θ+ dV ∂V Consideriamo ora una trasformazione infinitesima in cui il sistema assorba una quantità di calore dQ. Se in questa trasformazione il volume rimane costante, non viene compiuto lavoro, quindi: dU =dQ (7) Quindi: ∂U (8) dQ= ∂ θ d θ Questa equazione si può scrivere nella forma: dQ=C V d θ (9) dove C V è detta capacità termica a volume costante ed è in generale funzione delle coordinate termodinamiche. Essa rappresenta la quantità di calore necessaria a innalzare di un grado la temperatura del sistema, in condizioni di volume costante. L'equazione (9) rappresenta la definizione calorimetrica di quantità di calore, che storicamente è stata utilizzata prima di quella termodinamica, basata sul Primo Principio. Si capisce subito che maggiore è il numero di particelle di cui è composto il sistema, maggiore sarà la sua capacità termica. Dunque si scrive: C V =n c V (10) dove c V è detto calore specifico molare, oppure, C V =m c ' V (11) dove c ' V è detto calore specifico per unità di massa. Supponiamo ora di fornire al sistema una certa quantità di calore a pressione costante. Analogamente a prima potremo scrivere: dQ=C p d θ=n c p d θ (12) dove C p sarà la capacità termica a pressione costante e c P sarà il calore specifico (molare) a pressione costante. TRASFORMAZIONI REVERSIBILI Abbiamo definito una trasformazione quasistatica come una successione di stati di equilibrio, rappresentabile in un diagramma delle coordiante termodinamiche di un sistema. Per definizione una tale trasformazione può essere percorsa nei due sensi, vale a dire dallo stato iniziale allo stato finale oppure dallo stato finale allo stato iniziale. In quest'ultimo caso basta che il sistema attraversi in senso inverso gli stessi stati di equilibrio. Mentre questo è sempre possibile, non è sempre possibile che il resto dell'universo ripercorra gli stessi stati in senso inverso. Quando la trasformazione è tale che sia il sistema che l'ambiente possono ritornare dallo stato finale allo stato iniziale, si dice che essa è reversibile. Mostreremo in seguito che come conseguenza del Secondo Principio della Termodinamica una trasformazione è reversibile quando: (i) la trasformazione è quasistatica; (ii) non vi sono effetti dissipativi (attrito meccanico, viscosità, anelasticità, isteresi magnetica...) D'ora in poi, salvo che si specifichi altrimenti, considereremo tutte le trasformazioni quasistatiche che prenderemo in considerazione, anche reversibili, cioè non prenderemo in considerazione il caso in cui siano presenti attriti. CALORE SPECIFICO DELL'ACQUA Storicamente, la quantità di calore Δ Q necessaria per portare 1 g di acqua pura da 14.5 a 15.5 o C, a pressione atmosferica, è detta caloria. Dal punto di vista formale: Δ Q=c p Δ θ dove Δ θ è un intervallo pari a un grado (Celsius o Kelvin) e cp=1 cal/g K è il calore specifico dell'acqua a pressione atmosferica attorno a 15 oC. Sperimentalmente si verifica che il calore specifico dell'acqua non è costante ma è funzione della temperatura. Dalla definizione termodinamica di calore, segue che l'unità di misura della quantità di calore è il joule. Dunque vi deve essere un fattore di conversione tra caloria e joule. In Figura 6 è mostrato un apparato che permette la conversione (dissipazione) di lavoro meccanico in energia interna (James Prescott joule, 1840). La caduta di un peso fa ruotare le palette in un recipiente adiabatico pieno d'acqua. L'energia cinetica delle palette viene convertita in energia interna dell'acqua. Corrispondentemente, la temperatura, misurata dal termometro aumenta. Lo stesso aumento di temperatura si ottiene somministrando all'acqua una certa quantità di calore. Dal confronto segue che 1 cal equivale a 4.1860 J. Figura 6 Figura 7 riporta i valori del calore specifico a pressione costante dell'acqua, in funzione della temperatura alla pressione di 105 Pa Figura 7 ENERGIA INTERNA E CALORE SPECIFICO IN UN GAS PERFETTO Consideriamo un recipiente diviso da un setto in due compartimenti. Supponiamo che ci sia un gas in uno dei compartimenti e che nell'altro sia stato fatto il vuoto. Il recipiente è immerso in un bagno di acqua di cui si può misurare la temperatura. gas vuoto gas acqua acqua Figura 8. Espansione libera di un gas Se il setto viene rimosso (Figura 8), il gas si espande, riempiendo completamente il recipiente. Questo processo si dice espansione libera. Libera perché avviene nel vuoto, dunque nessun lavoro viene compiuto dal sistema sull'ambiente. Supponiamo che non vi sia variazione di temperatura nell'acqua. Ne deduciamo che non c'è scambio di calore tra gas e ambiente. Allora dal primo principio, essendo Q=0 e L= 0: Δ U =0 (13) Possiamo esprimere l'energia interna in funzione, ad esempio, di volume e temperatura: U =U (V , θ) . Ora, supponiamo che durante l'espansione libera la temperatura non cambi: Δ θ=0 (14) Allora, considerando le relazioni (6),(13) e (14) si ottiene: ∂U (15) =0 ∂V La (15) indica che l'energia interna è funzione della sola temperatura: (16) U =U (θ) In generale la (16) non vale per un gas reale. In un gas reale U dipende dal volume (o dalla pressione). Tuttavia quanto più un gas si avvicina alle condizioni fisiche di un gas perfetto (pressione abbastanza bassa o temperatura abbastanza alta), tanto più è valida la (16). Allora possiamo scrivere la (6) per un gas ideale: dU (17) dU = dθ dθ Dalla (8) e dalla (9) si ha che: dU (18) =C V dθ Quindi, dalla (17) e dalla (18): dU =C V d θ (19) NOTA IMPORTANTE: la (9) vale solo nel caso di trasformazione a volume costante. La (19) VALE SEMPRE, nel caso di un gas perfetto, perché l'energia interna U è una funzione di stato e la sua variazione NON dipende dal tipo di trasformazione, ma solo dallo stato iniziale e dallo stato finale. Dalla Meccanica Statistica abbiamo che il valore del calore specifico a volume costante per un gas ideale monoatomico è: 3 cV = R (20) 2 Dunque l'energia interna per un gas ideale monoatomico è, a meno di una costante arbitraria: 3 (21) U= n Rθ 2 La relazione (20) risulta sperimentalmente corretta per gas perfetti monoatomici. In Meccanica Statistica classica (non quantistica) vale il Principio di Equipartizione dell'Energia. Il Principio asserisce che in un sistema formato da un grande numero di particelle indistinguibili, non interagenti, la cui energia è espressa da una somma di f termini scalari quadratici, che si trova all'equilibrio, l'energia interna media per particella è: kθ (22) f 2 Quindi per un gas monoatomico che ha tre gradi di libertà traslazionali: 1 3 2 2 2 (23) m ( 〈 v x 〉+ 〈v y 〉+〈 v z 〉 )= k θ 2 2 Dunque, l'energia interna per una mole di gas perfetto monoatomico è: 3 3 U = N A k θ= R θ 2 2 I gas biatomici vicino a temperatura ambiente hanno tre gradi di libertà traslazionali e due gradi di libertà rotazionali. Dunque per un gas perfetto biatomico: 5 (24) U= n Rθ 2 5 (25) cV = R 2 Sperimentalmente si osserva che a temperatura ambiente il valore del calore specifico è in accordo con la (25) e aumenta all'aumentare della temperatura. Consideriamo una trasformazione infinitesima, in cui viene compiuto lavoro e scambiato calore. Il Primo Principio (5) si scrive nella forma differenziale: d U =dQ −dL (26) Per un sistema termodinamico descritto dalle coordinate p , V , n ,θ , una quantità di lavoro infinitesima è data dal prodotto della pressione per una variazione infinitesima di volume: dL= p dV Per un gas perfetto vale la (19). Dunque la (26) diventa: n c V d θ=dQ− p dV (27) Si può esprimere il volume in funzione della temperatura e della pressione. Nel caso in cui la pressione rimanga costante, la variazione del volume è dovuta alla variazione della temperatura: nR dθ p Dunque, a pressione costante: dQ=n cV d θ+ n R d θ Infine, per un gas ideale si ha che il calore specifico a pressione costante è: dV= c p =c V + R (28) La (28) è la relazione di Mayer. Dunque per un gas ideale monoatomico: 5 c p= R (29) 2 e per un gas ideale biatomico: 7 (30) c p= R 2 ADIABATICA REVERSIBILE Consideriamo una trasformazione reversibile adiabatica di un gas perfetto. La trasformazione, essendo quasistatica potrà essere rappresentata come una successione di stati di equilibrio in un diagramma p-V. Per ogni tratto infinitesimo della trasformazione potremo scrivere: n Rθ dQ=0=dU + L=c V d θ+ p dV =n c V d θ+ dV V Rθ →c V d θ+ dV =0 V Ad ogni stato attraversato dalla trasformazione corrisponderà una determinata temperatura. Quindi potremo scrivere che il volume è in funzione della temperatura. Allora: dV dV = dθ dθ Dunque: cV d θ 1 d V + d θ=0 R θ V dθ Integrando nella temperatura otteniamo: R log θ+ log V = cost cV dalla relazione di Mayer (28) si ottiene: R θ V c = cost V R =γ−1 cV Dunque la forma funzionale di una adiabatica reversibile di un gas perfetto è: γ−1 θ V = cost Sfruttando la Legge dei Gas perfetti, si ottengono due relazioni equivalenti: p V γ = cost e 1−γ γ p θ = cost Se definiamo: c γ= p (31) cV dalla relazione di Mayer si ottiene: R =γ−1 cV Dunque la forma funzionale di una adiabatica reversibile di un gas perfetto è: γ−1 (32) θ V = cost Sfruttando la Legge dei Gas perfetti, si ottengono due relazioni equivalenti: p V γ = cost (33) e p 1−γ γ (34) θ = cost PENDENZA DELLA ADIABATICA REVERSIBILE Consideriamo una isoterma e una adiabatica reversibili che si intersechino in uno stato ( p 0, V 0, θ 0) , come in figura. Dimostriamo che la pendenza dell'isoterma è minore in valore assoluto di quella dell'adiabatica. La forma funzionale dell'isoterma è: n R θ0 p= V derivata dell'isoterma calcolata in ( p 0, V 0 ) è: n R θ0 p dp ( p0, V 0 )=− =− 0 2 dV V0 V0 La forma funzionale della adiabatica è: p 0 V γ0 p= γ V La derivata dell'adiabatica calcolata in ( p 0, V 0 ) è: p Vγ p dp ( p 0, V 0)=−γ 0γ−10 =−γ 0 A dV V0 V0 Dal momento che γ= cp R =1+ > 1 la pendenza della adiabatica è in valore assoluto maggiore. cV cV p pVγ=p0V0γ p0 pV=n R Θ0 Figura 8 V ESEMPIO Ora possiamo trattare in modo completo l'esempio di Figura 1. Trascurando l'attrito, la pressione iniziale risulta: L=−Δ U =−n c V (θ 2−θ 1) p 1= p a +( M +m) g / A=1.73 10 5 Pa Quindi il volume iniziale è:A n R θ1 =14.4 l p1 La pressione finale, dopo che il corpo di massa m è stato tolto e il gas si è espanso, è: p 2= pa + M g / A=1.03 10 5 Pa Il lavoro compiuto dal gas, se il cilindro non si muove troppo velocemente è: Mg L= p a (V 2−V 1 )+ M g h= pa (V 2−V 1)+ (V 2−V 1 )= p2 (V 2−V 1 ) A Per il Primo Principio, essendo Q = 0: L=−Δ U =−n c V (T 2−T 1 ) Dal momento che il gas è monoatomico il calore specifico è dato dalla (20) e dalla (29). V 1= Risulta allora: nc θ + p V θ2 = V 1 2 1 =251.4 K ncP n Rθ 2 V 2= =20.3 l p2 Lo stato iniziale e lo stato finale sono mostrati in Figura 2. Se invece di un espansione veloce, abbiamo una espansione quasistatica senza attrito (reversibile) il sistema si porta alla pressione finale p 2 percorrendo la curva (32). Il nuovo stato finale (p2, V3, θ3) è dato da: p1 V γ1 = p 2 V 3γ p 1 γ1 V 3= V 1=19.7 l p2 θ3= p 2 V 3 /n R=243.8 ( ) La trasformazione quasistatica è mostrata in Fig. 3.
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