S p e c i a l e ETICHETTATURA Le novità sull’informazione al consumatore 42 INFORMAZIONI AI CONSUMATORI. LE NOVITÀ – Cristina La Corte 46 REGOLAMENTO 1169. LE “DOMANDE E RISPOSTE” ALLA PROVA DEI FATTI Corrado Finardi e Cesare Varallo 53 REGOLAMENTO 1169. COME APPLICARE LE NUOVE REGOLE Dario Dongo Dal 13 dicembre 2014 le direttive 2000/13/CE e 90/496/CE (recepite in Italia dal d.lgs. 109/92 e dal d.lgs. 77/1993) saranno soppiantate dall’ormai noto regolamento UE 1169/2011, volto a semplificare, aggiornare e rifondere in un unico testo normativo, uniformemente e simultaneamente efficace in tutti gli Stati membri dell’UE, l’attuale disciplina su etichettatura, presentazione e pubblicità degli alimenti nonché quella sulle informazioni nutrizionali fornite ai consumatori. Tra le principali innovazioni che il nuovo regolamento introduce, Cristina La Corte analizza l’evidenziazione degli allergeni, la più compiuta disciplina in materia di indicazione d’origine in etichetta e l’obbligatorietà della dichiarazione nutrizionale che, in base alla attuale disciplina è, di regola, salvo il caso in cui in etichetta siano riportati claims nutrizionali o salutistici, facoltativa. Per aiutare i professionisti del settore alimentare ad applicare correttamente la nuova normativa, la Commissione europea ha pubblicato, il 31 gennaio del 2012, il documento “Domande e Risposte”. Il documento promette diverse risposte ad aspetti che dal dettato normativo risultavano poco chiari, ma, come evidenziato nell’articolo di Corrado Finardi e Cesare Varallo, in molti casi i dubbi rimangono. FoodDrinkEurope ed Eurocommerce hanno perciò pubblicato, il 12 settembre scorso, le loro Linee guida condivise per l’applicazione del regolamento. Il testo, frutto di oltre 18 mesi di consultazioni e lavori, rilegge il provvedimento tenendo anche conto del documento “Domande e Risposte” della Commissione europea, discostandosi tuttavia da quest’ultimo in alcuni passaggi. Ma, come si evince dall’articolo di Dario Dongo, al di là delle divergenze d’interpretazione, il documento di FoodDrinkEurope ed Eurocommerce offre una lettura del testo normativo di sicura utilità per gli operatori del settore alimentare e della distribuzione. Etichettatura Informazioni ai consumatori Le novità Allergeni, indicazione dell’origine e informazioni nutrizionali di Cristina La Corte Avvocato, Studio legale Forte 42 La nuova normativa codifica importanti principi maturati in ambito giurisprudenziale in materia di responsabilità concernenti l’etichettatura del prodotto. Alcune delle principali innovazioni L’ etichettatura rappresenta, nel settore agroalimentare, il principale strumento d’informazione messo a disposizione del consumatore, la cui disciplina necessita, nell’ottica del c.d. “Mercato comune”, di una compiuta armonizzazione a livello europeo. Dal 13 dicembre 2014 le direttive 2000/13/CE e 90/496/CE (recepite in Italia dal d.lgs. 109/92 e d.lgs. 77/1993) saranno soppiantate dall’ormai noto regolamento UE 1169/2011, volto a semplificare, aggiornare e rifondere in un unico testo normativo, uniformemente e simultaneamente efficace in tutti gli Stati membri dell’UE, l’attuale disciplina su etichettatura, presenta- zione e pubblicità degli alimenti nonché quella sulle informazioni nutrizionali fornite ai consumatori. La nuova normativa, oltre a codificare importanti principi maturati in ambito giurisprudenziale in materia di responsabilità concernenti l’etichettatura del prodotto, rivoluziona anche in ambito terminologico ed, infatti, l’“etichettatura” diventa “informazione al consumatore”, il “divieto di ingannevolezza” diventa “pratiche leali d’informazione” e così via. Tra le principali innovazioni che la nuova disciplina comunitaria introduce si ricordano, in questa sede, l’evidenziazione degli allergeni, una più compiuta disciplina in materia di indicazione d’origine in etichetta, nonché l’obbligatorietà della dichiarazione nutrizionale che, viceversa, in base alla attuale disciplina è, di regola, salvo il caso in cui in etichetta siano riportati claims nutrizionali o salutistici, facoltativa. Allergeni più evidenti La disciplina sull’etichettatura degli allergeni tende a renderne l’indicazione sempre più chiara e visibile e, per certi aspetti, addirittura ridondante. Viene mantenuta la regola generale in base alla quale ingredienti o coadiuvanti tecnologici figu- Anno XV - 9 - Nov-Dic 2013 Etichettatura ranti nell’elenco dei c.d. “allergeni” o derivati da una sostanza o un prodotto incluso in detto elenco, se usati nella fabbricazione o nella preparazione di un alimento e ancora presente nel prodotto finito, anche se in forma modificata, devono figurare nell’elenco ingredienti con un riferimento chiaro alla denominazione della sostanza, a meno che la denominazione di vendita del prodotto non faccia chiaramente riferimento all’allergene in questione. Sempre più chiara e visibile l’indicazione degli allergeni in etichetta A ciò è aggiunto che, oltre a figurare nell’elenco ingredienti con un riferimento chiaro alla denominazione della sostanza o del prodotto allergizzante, tale denominazione della sostanza o del prodotto dovrà essere evidenziata attraverso un tipo di carattere chiaramente distinto dagli altri ingredienti elencati, per esempio per dimensioni, stile o colore di sfondo. Come si può notare per le neo introdotte modalità di indicazione degli allergeni, è al momento lasciata una certa discrezionalità all’operatore, che potrà utilizzare, ad esempio, un grassetto, stampatello ovvero dimensioni o colori più evidenti. In mancanza di un elenco degli ingredienti, l’indicazione include il termine «contiene» seguito dalla denominazione della sostanza o del prodotto figurante nell’elenco dell’allegato II. La norma chiarisce, inoltre, che (e questa rappresenta un’ulteriore novità rispetto alla interpretazione attualmente vigente in Italia), quando più ingredienti o coadiuvanti tecnologici di un alimento provengono da un’unica sostanza o da un unico prodotto allergizzante, ciò deve essere precisato nell’etichettatura per ciascun ingrediente o coadiuvante tecnologico in questione. In sostanza, se in una preparazione gastronomica utilizzo la soia, la sua menzione in etichetta non mi esonererebbe da evidenziare la stessa matrice – ad esempio della lecitina – utilizzata nella stessa preparazione come additivo. In materia di allergie alimentari è stato inoltre os- servato che la maggior parte dei problemi hanno origine in relazione ad alimenti non preimballati; di conseguenza, è previsto che le informazioni sui potenziali allergeni dovranno sempre essere fornite al consumatore anche e soprattutto in tali casi. Congiuntamente all’estensione dell’ambito di applicazione della nuova normativa ai prodotti forniti dalle collettività, intendendo con tale espressione qualunque struttura (compreso un veicolo o un banco di vendita fisso o mobile), come ristoranti, mense, scuole, ospedali e imprese di ristorazione in cui, nel quadro di un’attività imprenditoriale, sono preparati alimenti destinati al consumo immediato da parte del consumatore finale, la norma renderà obbligatoria, dal 13 dicembre 2014, la segnalazione degli allergeni anche per i prodotti consumati presso i ristoranti. Verso una maggiore trasparenza nell’indicazione dell’origine In quest’ambito, una rilevante novità è senza dubbio costituita dal neo introdotto obbligo di indicazione dell’origine per le carni suine, ovine, caprine e di volatili fresche refrigerate e congelate. L’applicazione di tale norma è però soggetta all’adozione degli atti di esecuzione, che la Commissione dovrà adottare entro il 13 dicembre 2013, previa valutazione d’impatto, che, tra l’altro, dovrà prendere in considerazione le opzioni Anno XV - 9 - Nov-Dic 2013 43 Etichettatura sulle modalità di espressione del Paese d’origine o del luogo di provenienza di detti alimenti, in particolare per quanto riguarda ciascuno dei seguenti momenti determinanti nella vita di un animale: • luogo di nascita; • luogo di allevamento; • luogo di macellazione. Obbligatorio indicare in etichetta l’origine delle carni suine, ovine, caprine e dei volatili 44 In generale, fatta eccezione per i prodotti ove l’indicazione dell’origine è prescritta da una normativa verticale di settore (ad esempio, ortofrutta, ittici, carni bovine, olio d’oliva ecc.), detta menzione diventa obbligatoria nel caso in cui la sua omissione possa indurre in errore il consumatore in merito alla reale origine o provenienza dell’alimento, in particolare se le informazioni che accompagnano l’alimento o contenute nell’etichetta nel loro insieme potrebbero altrimenti far pensare che l’alimento abbia un differente Paese d’origine o luogo di provenienza. Il nuovo regolamento introduce l’importante precisazione, mai codificata sin ora in una normativa concernente l’etichettatura, in base alla quale, ai fini del regolamento, «il Paese di origine di un alimento si riferisce all’origine di tale prodotto, come definita conformemente agli articoli da 23 a 26 del regolamento CEE 2913/92, che istituisce un codice doganale comunitario. A tal proposito, si ricorda che, ai sensi dell’art. articolo 24 di detto regolamento, «una merce alla cui produzione hanno contribuito due o più Paesi è originaria del Paese in cui è avvenuta l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale, economicamente giustificata ed effettuata in un’impresa attrezzata a tale scopo, che si sia conclusa con la fabbricazione di un prodotto nuovo od abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione». Il «luogo di provenienza» assume un significato residuale, ossia qualunque luogo indicato come quello da cui proviene l’alimento, ma che non è il «Paese d’origine» con l’importante precisazione in base alla quale il nome, la ragione sociale o l’indirizzo dell’operatore del settore alimentare apposto sull’etichetta non costituisce un’indicazione del Paese di origine o del luogo di provenienza del prodotto alimentare ai sensi del presente regolamento. A ciò è aggiunto che, quando il Paese d’origine o il luogo di provenienza di un alimento è indicato (ad esempio, Pandoro di Verona, Panettone di Milano, Cioccolato belga ecc.) e non è lo stesso di quello del suo ingrediente primario: • è indicato anche il Paese d’origine o il luogo di provenienza di tale ingrediente primario; oppure • il Paese d’origine o il luogo di provenienza dell’ingrediente primario è indicato come diverso da quello dell’alimento. Sembra davvero dirompente l’impatto di tale nuova norma, la cui applicazione è però soggetta all’adozione degli atti di esecuzione che la Commissione è tenuta ad adottare entro il 2013. Informazioni nutrizionali, da facoltà ad obbligo Dispone l’art. 4 del nuovo regolamento che le informazioni sugli alimenti richieste dalla normativa in esame rientrano, in particolare, in tre categorie, tra cui quelle sulle caratteristiche nutrizionali che consentano ai consumatori, compresi quelli che devono seguire un regime alimentare speciale, di effettuare scelte consapevoli. Sulla base di tale principio, dal 13 dicembre 2016 l’etichettatura nutrizionale diverrà obbligatoria per la generalità dei prodotti alimentari, fatte salve le esenzioni contemplate all’allegato V del regolamento stesso1; inoltre, dal 13 dicembre 2014, la “tabella nutrizionale” cambierà impostazione con conseguente archiviazione della cosiddetta versione “ridotta” ovvero “estesa”, come previsto dal d.lgs. 77/1993. Il nuovo format di tabella nutrizionale può essere adottato dagli operatori sin da ora, senza per questo incorrere in una violazione del (ancora vigente) d.lgs. 77/1993, avendo a tal proposito il Anno XV - 9 - Nov-Dic 2013 Etichettatura legislatore comunitario previsto esplicitamente la possibilità di adeguamento preventivo. La nuova veste grafica della tabella nutrizionale prevede l’indicazione dei nutrienti riportati di seguito, in tale ordine: • • • • • • • energia (kj e kcal); grassi; acidi grassi saturi; carboidrati; zuccheri; proteine; sale. È stato ritenuto maggiormente rispondente ad esigenze di trasparenza verso il consumatore che l’etichetta rechi il termine “sale” invece del termine corrispondente della sostanza nutritiva “sodio”. Ove opportuno, in etichetta può figurare, immediatamente accanto alla dichiarazione nutrizionale, una dicitura indicante che il contenuto di sale è dovuto esclusivamente al sodio naturalmente presente. Oltre alle sopra elencate indicazioni, il contenuto della dichiarazione nutrizionale può essere integrato con l’indicazione della quantità di altri elementi quali: • • • • • acidi grassi monoinsaturi; acidi grassi polinsaturi; polioli; amido; fibre (da inserire eventualmente tra gli zuccheri e le proteine); 1 • i sali minerali e/o le vitamine presenti in quantità significativa. Come si può notare, tra i nutrienti che possono essere indicati volontariamente non è più previsto il colesterolo, che potrà eventualmente comparire nell’etichettatura dei prodotti alimentari solo se inserito nel contesto di una indicazione sulla salute autorizzata ai sensi del reg. CE 1924/2006. Il nuovo regolamento prevede inoltre che il valore energetico e le quantità di grassi, acidi grassi saturi, carboidrati, zuccheri, proteine e sale possono essere espressi quale percentuale delle assunzioni di riferimento indicate nella parte B dell’allegato XIII. In questo caso, oltre o in luogo della forma di espressione per 100 g o per 100 ml, il valore energetico e le quantità di sostanze nutritive possono essere espressi per porzione e/o per unità di consumo, a condizione che siano quantificate sull’etichetta la porzione o l’unità utilizzate e sia indicato il numero di porzioni o unità contenute nell’imballaggio. Si tratta della regolamentazione, armonizzata a livello europea, dell’indicazione delle (ex) Gda, acronimo non più pertinente e che potrà eventualmente essere sostituto con la sigla Ar ovvero Ri (Assunzioni di riferimento o Reference intake), a condizione che la stessa sia spiegata nel suo significato e ferma restando la necessità che in stretta prossimità delle informazioni fornite figuri la dicitura supplementare «Assunzioni di riferimento di un adulto medio (8.400 kJ/2.000 kcal)». «1. I prodotti non trasformati che comprendono un solo ingrediente o una sola categoria di ingredienti; 2. I prodotti trasformati che sono stati sottoposti unicamente a maturazione e che comprendono un solo ingrediente o una sola categoria di ingredienti; 3. Le acque destinate al consumo umano, comprese quelle che contengono come soli ingredienti aggiunti anidride carbonica e/o aromi; 4. Le piante aromatiche, le spezie o le loro miscele; 5. Il sale e i succedanei del sale; 6. Gli edulcoranti da tavola; 7. I prodotti contemplati dalla direttiva 1999/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 febbraio 1999, relativa agli estratti di caffè e agli estratti di cicoria, i chicchi di caffè interi o macinati e i chicchi di caffè decaffeinati interi o macinati; 8. Le infusioni a base di erbe e di frutta, i tè, tè decaffeinati, tè istantanei o solubili o estratti di tè, tè istantanei o solubili o estratti di tè decaffeinati, senza altri ingredienti aggiunti tranne aromi che non modificano il valore nutrizionale del tè; 9. Gli aceti di fermentazione e i loro succedanei, compresi quelli i cui soli ingredienti aggiunti sono aromi; 10. Gli aromi; 11. Gli additivi alimentari; 12. I coadiuvanti tecnologici; 13. Gli enzimi alimentari; 14. La gelatina; 15. I composti di gelificazione per marmellate; 16. I lieviti; 17. Le gomme da masticare; 18. Gli alimenti confezionati in imballaggi o contenitori la cui superficie maggiore misura meno di 25 cm 2 ; 19. Gli alimenti, anche confezionati in maniera artigianale, forniti direttamente dal fabbricante di piccole quantità di prodotti al consumatore finale o a strutture locali di vendita al dettaglio che forniscono direttamente al consumatore finale». Anno XV - 9 - Nov-Dic 2013 45 Etichettatura Regolamento 1169 Le “domande e risposte” alla prova dei fatti Ancora tante le incertezze tra i professionisti del settore di Corrado Finardi* e Cesare Varallo** * Senior Food Policy Advisor ** Avvocato specializzato in diritto alimentare 46 Pregi e difetti della nuova normativa. Tanti i dubbi che il documento “Domande e Risposte”, pubblicato dalla Commissione europea, non ha ancora chiarito E ntrato in vigore il 12 dicembre 2011, il reg. UE 1169/2011 rappresenta un atto normativo complesso, che riassorbe fonti normative diverse e stratificate nel tempo, quali: norme su etichettatura nutrizionale e salutistica, allergeni nonché normative precedenti su indicazioni volontarie ed obbligatorie in etichetta. In realtà, il regolamento riprende aspetti di filosofia “alimentarista” noti da tempo. Tra gli obiettivi, il primo sembra essere sicuramente quello di confermare l’impianto giuridico precedente e assicurarne una più facile adozione nonché una maggiore chiarezza complessiva per gli operatori alimentari e le parti interessate. Soprattutto, la nuova normativa dichiara di voler raggiungere obiettivi di certezza legale, riduzio- ne dell’onere amministrativo e chiara, comprensibile e leggibile etichettatura degli alimenti. I “pro”: l’approccio “olistico” Uno dei pregi fondamentali della nuova (e già molto dibattuta) normativa europea circa l’etichettatura alimentare – o meglio, di “informazione alimentare ai consumatori” – è l’approccio olistico: non più quindi etichettatura sic et simpliciter, ma, appunto, ogni forma di comunicazione ai consumatori, inclusiva di banner, cartelloni, pubblicità e comunicazione on line. Tale aspetto è promettente e tiene conto di tutte le nuove tecnologie che veicolano al consumatore messaggi alimentari di tipo commerciale, precedenti l’acquisto, e che agiscono da stimoli. Non a caso, proprio nell’introduzione al regolamento – al considerando 9 – si precisa che, sebbene la normativa in essere sia ancora valida nei suoi presupposti, è necessario raggiungere una maggiore chiarezza e sequela da parte degli stakeholders, in particolare tenendo conto degli sviluppi nel campo dell’informazione alimentare ai consumatori. Su quali siano questi sviluppi, la Commissione (considerando 14) precisa che va intesa un’ampia accezione della “informazione alimentare”, coprendo anche comunicazioni ef- Anno XV - 9 - Nov-Dic 2013 Etichettatura fettuate con mezzi che vanno oltre la tradizionale etichetta alimentare. I “pro”: i consumatori e la salute pubblica al centro L’attenzione alla corretta informazione al consumatore, seppure da sempre presente nelle intenzioni del legislatore comunitario, per la prima volta viene posta in rilievo addirittura nell’intitolazione stessa dell’atto (Informazione alimentare ai consumatori), tanto da sembrare prevalente. Tradizionalmente, infatti, la normativa alimentare è da sempre stata costretta ad un problematico bilanciamento tra due interessi fondamentali, quali la tutela della salute pubblica e la libera circolazione delle merci. L’interesse del consumatore ad una corretta informazione (oltre che all’acquisto di un prodotto sicuro) ora inizia a reclamare un ruolo di primo piano, insieme all’allargarsi della percezione di una sfera dei diritti di salute sia pubblica che individuale. Sebbene infatti la nuova normativa riconfermi la validità dell’impianto precedente, nel tempo molte cose sono cambiate: l’attenzione agli allergeni e ad aspetti di nutrizione e salute (entrambi da comunicare adeguatamente al consumatore finale) ne sono un evidente esempio. Inoltre, nuovi aspetti che denotano una accresciuta sensibilità dei consumatori (come gli alimenti senza glutine o a basso tenore di glutine o gli alimenti de-lattosati) dovranno essere integrati nella presente normativa. Questi ultimi godono di un’attenzione e un interesse particolari, sia sotto il profilo sociale (obesità, sovrappeso e malattie collegate), sia, in certi casi, sotto il profilo più strettamente individuale (allergie e intolleranze). I dubbi Ma ancora tanta è l’incertezza sul campo. Al punto che l’avvocato e giornalista Dario Dongo ha fatto riferimento a normativa “monstre”, sottolineando il cortocircuito tra la promessa di certezza legale e invece – a distanza di 2 anni – gli effetti empirici emersi. Se molte questioni hanno iniziato ben presto a essere dibattute, al fine di garantire una maggiore chiarezza, la Commissione è intervenuta pubblicando – il 31 gennaio del 2012 – il documento “Domande e Risposte” (D&R, in inglese “Questions and Answers”, scaricabile dal sito della Direzione generale Salute e Consumatori, http://ec.europa.eu/food/food/labellingnutrition/foodlabelling/docs/qanda_application_reg1 169-2011_en.pdf). Il documento promette diverse risposte ad aspetti che dal dettato normativo risultavano poco chiari, ma in molti casi tanti dubbi rimangono senza risposta. Anche perché la Commissione ha precisato che il documento non assolve a base giuridica impugnabile, per la quale invece resta valido il ruolo della Corte di Giustizia europea. Le Linee guida non sono infatti atto giuridico di carattere cogente, ma sono destinate ad essere utilizzate come bussola nell’orientare la condotta tanto delle imprese, quanto delle autorità di controllo, le quali ci si attende che ad esse facciano riferimento nel determinare il rispetto del dettato normativo. Inoltre, in molti casi le risposte sembrano premettere a nuove domande. Intanto una precisazione riguarda la possibilità di anticipare l’uso del regolamento. Il reg. UE 1169/2011, sebbene si applichi dal 13 dicembre 2014, consentirà agli operatori alimentari di etichettare i prodotti a norma del regolamento UE 1169/2011, ma a patto che non ci siano conflitti evidenti con la normativa tuttora in vigore e cioè la direttiva 2000/13/CE, che continua a essere applicata fino, appunto, al 13 dicembre 2014. Un esempio: in base alla direttiva 2000/13/CE, la data di scadenza va posta nello stesso campo visivo della denominazione di vendita, quantità netta e volume alcolico. Sotto il regolamento UE 1169/2011 tale disposizione non è più valida (non serve unitarietà di campo visivo). Se quindi oggi gli operatori adottano la regola del regolamento UE 1169/2011 cadono in infrazione. Sull’etichettatura nutrizionale si può giocare di anticipo sull’anticipo (infatti, era previsto un periodo di adozione volontaria, tra il 2014 ed il 2016, ma con il documento “D&R” chi intende avvalersi di un’etichettatura nutrizionale completa o di spunti presenti nel regolamento UE 1169/2011 dovrà interamente conformarsi a tale atto normativo. Anno XV - 9 - Nov-Dic 2013 47 Etichettatura Aspetti poco chiari(ti) Ma a livello concettuale, tre sembrano gli aspetti principali che minano la chiarezza del regolamento: ritardi “programmati” (atti di esecuzione e implementazione, con un ponte buttato sul futuro), lo spazio lasciato ab origine a disposizioni nazionali (come previsto in diversi casi (info nutrizionali aggiuntive, allergeni), la mancanza di chiarezza del testo (che dovrà comunque essere risolta a livello pratico – cioè nazionale – dei controlli). Incertezza legale: nel tempo… 48 In primo luogo, sembra esserci una carente orchestrazione della architettura stessa del regolamento UE 1169/2011, che ha finito per lasciare molti aspetti irrisolti. Se infatti è vero che è teoricamente possibile applicare sin da ora il regolamento (se non contrasta con la direttiva precedente), la Commissione ha però previsto atti di esecuzione o misure di implementazione (36 a quanto pare) che potrebbero causare un’applicazione frammentata della norma nel corso dei prossimi anni, posto che non è stata stabilita una linea temporale per l’emanazione di detti atti. Inoltre, i medesimi saranno adottati, nella maggior parte dei casi, ai sensi dell’art. 48 del reg. UE 1169/2011, con la cosiddetta “procedura di comitatologia” (“comitology procedure”), senza dunque passare attraverso lo scrutinio del Consiglio e del Parlamento. Nell’esercizio delle sue competenze d’esecuzione, secondo tale procedura, da ultimo revisionata con il reg. UE 182/2011, la Commissione è assistita dai rappresentanti degli Stati membri, raggruppati in comitati. In quanto sede di discussione, i comitati dovrebbero essere dunque rappresentativi delle amministrazioni nazionali e delle diverse realtà ad esse sottese, garantendo la condivisione degli indirizzi legislativi. Tale procedura è stata tacciata a più riprese di scarsa rappresentatività e democraticità e nella sua ultima versione, appunto con il reg. UE 182/2011, essa è stata resa maggiormente trasparente e sottoposta a controllo da parte del Consiglio e del Parlamento, i quali in ogni momento possono comunicare alla Commissione di ritenere che, a loro avviso, un progetto di atto di esecuzione ecceda i poteri d’esecuzione previsti nell’atto di base. In tal caso, tuttavia, la Commissione non incontra un vero e proprio blocco della propria iniziativa, ma è tenuta solamente a riesaminare il progetto di atto di esecuzione, tenendo conto delle posizioni espresse, e ad informare il Parlamento europeo e il Consiglio se intende mantenere, modificare o ritirare il progetto di atto di esecuzione. Su temi di particolare delicatezza (quali gli allergeni e le indicazioni obbligatorie) è evidente come forse sarebbe stato opportuno un dibattito più ampio. Le numerosissime lacune del testo, destinate ad essere colmate da tali atti di esecuzione, sono evidentemente il portato di un processo legislativo assai travagliato e condizionato da interessi e visioni contrastanti e non solamente dalla tradizionale contrapposizione tra industria e consumatori, ma in particolar modo con riferimento agli Stati membri; basti pensare, a tal proposito, all’aperto scontro tra Paesi dell’area nord europea e mediterranei su temi fondamentali quali le modalità di espressione delle informazioni nutrizionali (ad esempio, “traffic light”) e sull’indicazione di origine. Onde evitare l’empasse sono state effettuate scelte di compromesso che, se pur hanno portato all’emanazione del regolamento, potrebbero pesantemente condizionarne l’applicazione e l’emanazione degli atti di esecuzione, sede in cui inevitabilmente tale conflitto sarà riproposto. Incertezza legale: nello spazio… Inoltre, in ragione della possibilità lasciata agli Stati membri di adottare proprie opzioni di policy, si rischia di creare una frammentazione nel Mercato interno unico, con impedimento alla libera circolazione delle merci. Ma si rischia anche di creare diversi standard di salute pubblica, a causa della diversa sensibilità al problema e di quello che ogni Stato membro può ritenere essere il cosiddetto “livello adeguato di protezione”. Esempi in tal senso riguardano gli schemi nutrizionali volontari addizionali (ex art. 35 del regolamento), come ad esempio il sistema del “semaforo” inglese (vedasi Alimenti&Bevande, settembre 2013, pp. 53-60), ma anche l’informazione sugli allergeni per i prodotti non preconfezionati (che può essere fornita oralmente e su richiesta dei consumatori) o, ancora, le info da veicolare insieme agli alimenti venduti sfusi. La ri-naziona- Anno XV - 9 - Nov-Dic 2013 Etichettatura lizzazione delle previsioni normative sembra insomma una realtà de jure con buona pace per le pretese di armonizzazione del settore. Aspetti principali Ripercorrendo poi il documento “Domande e Risposte” (D&R) della Commissione, una prima analisi permette di visualizzare quelle che sembrano essere delle vere e proprie “zone grigie”, sulle quali c’è da attendersi una ragionevole incertezza. Vediamole con maggiore dettaglio. • Etichette amovibili (punto 2.1.1). Per quanto concerne la valutazione dell’equivalenza dell’etichetta amovibile rispetto ai requisiti generali di messa a disposizione e del posizionamento delle indicazioni obbligatorie, si prevede che essa sia effettuata con un approccio “caso per caso”. Si precisa, inoltre, che dovrà essere prestata particolare attenzione alla buona visibilità di tale tipo di etichetta, ma ciò nondimeno tale approccio solleva molti dubbi: se da un lato la flessibilità aiuterà l’applicazione della normativa, poiché certamente in futuro i dipartimenti Marketing ci stupiranno con etichette amovibili inaspettate, dall’altra essa mina la certezza di un requisito fondamentale dell’etichettatura, quale la concreta messa a disposizione delle informazioni obbligatorie al consumatore. • Istruzioni d’uso e pittogrammi. Le D&R in prima battuta vietano categoricamente l’utilizzo di pittogrammi o simboli in sostituzione di indicazioni obbligatorie, quali le istruzioni per l’uso, che quindi devono sempre essere espresse in cifre e parole. I pittogrammi potranno essere solo un mezzo di espressione complementare. Nel secondo paragrafo del punto 2.2.1., tuttavia, si dice che la Commissione potrà adottare atti delegati o di esecuzione che ne consentano il ricorso. In questo caso l’incertezza probabilmente pesa più sui produttori che sul consumatore: sarebbe opportuno, infatti, conoscere a priori le regole per la nuova etichettatura dei prodotti alimentari e, di conseguenza, adottare opportune strategie di marketing e presentazione. In tal modo, si costringe l’operatore ad una costante e costosa revisione delle proprie etichette ad ogni nuovo atto delegato. • Data di congelamento. L’obbligatorietà dell’indicazione della data di congelamento o di primo congelamento sussiste solo per le carni congelate, i preparati di carni congelate e i prodotti della pesca non trasformati congelati preimballati. Per i non preimballati, al contrario, tale obbligo non è previsto, salva la possibilità degli Stati membri di introdurre questo obbligo su base nazionale. Onde evitare disuguaglianze sul mercato e disparità applicativa, qualora sia lasciata agli Stati Membri libertà di introdurre misure nazionali, sarebbe forse opportuno stabilire a quali condizioni e per quali motivi ciò può avvenire. O a monte di tale scelta sussiste una precisa ratio oppure tale approccio può solo essere fonte di un’inutile disomogeneità normativa sul Mercato unico. • Porzioni ed etichettatura. Le porzioni non sono definite dal regolamento, sebbene si sappia empiricamente che sono capaci di suggerire la corretta/scorretta quantità di consumo. Di conseguenza, possono essere stabilite dal produttore e indicate come quantità nell’etichettatura nutrizionale. Le porzioni svolgono un ruolo fondamentale nel garantire un’alimentazione adeguata o eccessiva e nell’adempiere o meno a obiettivi di salute pubblica nutrizionale. Ma in Europa, al di là delle scelte dei produttori, manca una definizione sui quantitativi che possono essere veicolati per ogni porzione, anche rispetto a determinate matrici alimentari. Il che sminuisce il ruolo della più generale etichettatura nutrizionale (pure possibile, anche per porzione) nel dare un’informazione adeguata su quel che si sta ingerendo. Se il documento “D&R” spiega che le porzioni “debbono essere facilmente riconoscibili per il consumatore”, anche con l’aggiunta di simboli e pittogrammi – un elemento di complicazione deriva dall’introduzione del concetto di “unità di consumo” (“Ma allora la porzione cosa è?”, verrebbe da chiedersi). L’unità di consumo, da quel che si apprende (punto 3.22), è qualcosa di più piccolo della porzione, ma che può anche coincidere con quest’’ultima. • Schemi volontari addizionali di informazione Anno XV - 9 - Nov-Dic 2013 49 Etichettatura 50 nutrizionale ai consumatori (punto 3.4). È questo un aspetto caldo del dibattito, come inizialmente previsto dall’art. 35 del regolamento. Ma, in realtà, nel documento “D&R”, oltre a ribadire i pre-requisiti necessari per l’approvazione di tali ulteriori metodi di informazione ai consumatori (la necessità di una base scientifica, il fatto che siano ben compresi dai consumatori, ben ricevuti dagli stakeholders, l’obiettività, la non discriminatorietà e il non impedimento alla libera circolazione di merci) non vi è molto di più. Rimangono invece forti dubbi sul fatto che molti schemi, per loro stessa natura, non possano adempiere ad alcuni fondamentali pre-requisiti elencati, come la non discriminatori età o il non creare ostacolo alla libera circolazione delle merci. Come insegna il recente caso inglese dell’Hybrid traffic light system inglese, questi schemi rischiano spesso di essere poco scientifici e molto discriminatori tra Stati membri, minando alla base l’idea stessa di Mercato interno unico. • Etichettatura indelebile? Rispetto al dettato della precedente direttiva n. 13 del 2000, in base alla quale l’etichettatura doveva essere effettuata rispondendo al requisito dell’indelebilità (art. 13), ora tale requisito è più sfumato. E il testo del reg. UE 1169/2011 (ribadito dal punto 2.1.1 del documento “D&R”) parla di “eventualmente indelebile” (meglio, “indelebili”, dove richiesto”). Si tratta di sfumature, ma non si vede la ragione per minare alla base la certezza del diritto su un aspetto così rilevante (si pensi alla data di scadenza o alle informazioni parimenti rilevanti anche per la salute pubblica). • Allergeni e modalità di indicazione. Se la normativa in tal senso prevedeva l’obbligatorietà di informazione scritta, già a partire dalla direttiva 2003/89/CE, il nuovo regolamento sembra estendere tale disposizione. Tuttavia, il documento “D&R” crea delle contraddizioni. Se infatti al punto 2.5.1 si parla di indicazioni scritte obbligatorie riferibili all’enunciazione degli allergeni (quali quelle solitamente intese, come la lista degli ingredienti, l’ingrediente caratterizzante in denominazione di vendita, la denominazione di vendita tal quale), i punti 2.5.2 e, soprattutto, 2.5.3 aprono la strada a misure alternative di informazione ai consumatori. In nome di un “approccio pragmatico” sugli alimenti venduti sfusi, infatti, si introduce non solo la possibilità di ulteriori informazioni nazionali, ma anche, di fatto, la possibilità di derogare all’informazione scritta. Insomma, la fornitura di informazioni sugli allergeni solo tramite la comunicazione orale – vietata al punto 2.5.1, viene poi autorizzata al punto 2.5.3 (con eventuali cartelli ben visibili che spieghino che ulteriori info sugli allergeni sono disponibili su richiesta, ad esempio). Macroscopici i problemi di certezza normativa (Come fare a verificare, in caso di disputa, che l’informazione sia stata effettivamente messa a disposizione?). Il rischio è la presenza di standard diversi di tutela della salute dei consumatori come risultato di diverse policies (magari anche molto pragmaticamente intese) nei diversi Paesi UE. Il Regno Unito ha fatto il resto, notificando la comunicazione orale degli allergeni, che deve essere “verificabile”(ma anche in questo caso non si capisce come, se tutto passa tramite la comunicazione orale). • Indicazione di acqua aggiunta agli alimenti. Al fine di evitare pratiche commerciali ingannevoli e fuorvianti, il consumatore dovrebbe essere informato in caso di acqua aggiunta ad alimenti. Al punto 2.11 si spiega che di massima tutti gli alimenti che all’apparenza sembrano costituire tagli (anche d’arrosto), fette, porzioni o carcasse di carne o filetto devono indicare l’acqua aggiunta se in quantità maggiore al 5% sul peso finale. Ma poi, al punto 2.11.1, viene riportata una serie di eccezioni con deroghe diverse per casi precisi e dove la motivazione della tecnologia produttiva si fatica a intravedere (semmai quella economica). Non si capisce su quali basi gli insaccati (ad esempio, prosciutto cotto, hot dog, mortadella), che presentano per altro la forma di un unico taglio (e che quindi dovrebbero presentare il contenuto d’acqua aggiunta in modo chiaro in etichetta) siano esentati. • Etichettatura nutrizionale in alimenti non preimballati. L’etichettatura nutrizionale non è obbligatoria per alimenti composti da un solo ingrediente e che abbiano subito come unica trasformazione la stagionatura o che siano Anno XV - 9 - Nov-Dic 2013 Etichettatura forniti in piccoli quantitativi dal produttore al consumatore (più altre eccezioni, come previsto dall’allegato VIII del regolamento UE 1169/2011). Ma il regolamento non disciplina con chiarezza la sorte degli alimenti con riguardo alle modalità di confezionamento (sfusi, preimballati, preincartati). In realtà, questo dovrebbe essere un aspetto implicito, in quanto il reg. UE 1169/2011 si applica solo agli alimenti preimballati (con conseguente esclusione di obbligo di etichettatura per gli sfusi). Ma qui le cose si complicano. Infatti, circa gli alimenti sfusi (non preimballati), i punti 3.2 e 3.3 del documento “D&R” prevedono la possibilità di indicare le info nutrizionali in modo semplificato. Tali alimenti possono indicare i “big four” (grassi, grassi saturi, zuccheri e sale, oltre energia). Quel che non è chiaro è se la “volontarietà” riguardi l’etichettatura nutrizionale o invece la modalità precisa (con i 4 nutrienti). Anche perché lo sfuso non figura espressamente nell’allegato VIII, come esenzione rispetto all’etichettatura nutrizionale. Non sono chiariti poi con esempi pratici i mezzi e i supporti per la dichiarazione nutrizionale degli alimenti “non preimballati”. Infine, vi è una più generale contraddizione tra l’ammettere tale etichettatura volontaria, che fa pensare a strumenti di valorizzazione positive, subordinandola però alla sola enunciazione di nutrienti “negativi” e “critici”. • Dichiarazione dei valori nutrizionali, i metodi di determinazione. Un problema che può sorgere riguarda poi le diverse metriche autorizzate per determinare il valore nutrizionale di una matrice. Al punto 3.8 si spiega infatti che si potrà alternativamente fare affidamento: a) su risultati analitici puntuali; b) sul calcolo effettuato a partire dai valori medi noti relativi agli ingredienti utilizzati; oppure c) sul calcolo effettuato a partire da dati generalmente stabiliti e accettati. Gli ultimi due metodi, senza entrare nel dettaglio, si rifanno non alla composizione precisa e analitica dell’alimento, ma a stime generali (“medie”) come ad esempio quelle contenute in database alimentari. Ma in un passato anche recente alcuni movimenti dei consumatori hanno impugnato – dando enfasi giornalistica alla cosa – la discrepanza tra valori nutrizionali dichiarati in etichetta e valori risultanti rispetto a ri-analisi di laboratorio condotte privatamente a scopo di controllo. Non è difficile immaginare che possa accadere presto in Europa. Anche perché, implicitamente, il punto 3.8 lascia impregiudicata la possibilità per le imprese di rifarsi a valori medi come da tabelle ufficiali di composizione degli alimenti (vedi quelle Cra-Inran per l’Italia, con evidente vantaggio per le Piccole e medie imprese (Pmi), sollevate dall’onere di costosi analisi sulle matrici alimentari di propria produzione). Diventa quindi importante dirimere questo aspetto, chiedendo chiarimenti alla Commissione europea qualora un punto voglia essere usato da alcuni attori contro un altro. • Valori di riferimento e “Gda”. La Commissione spiega che su base volontaria e come ulteriore strumento di informazione al consumatore i valori nutrizionali potranno essere espressi come valori di riferimento (reference intakes) in percentuale rispetto a quantitativi giornalieri pre-determinati. Questo sia per le vitamine e minerali che per altri nutrienti (vedi l’art. 32) nei quantitativi delineati nell’allegato VIII. Ma a ben vedere, i valori di riferimento per vitamine e minerali (“daily reference intake”) significano qualcosa di assai diverso rispetto ai Ri per altri nutrienti (ad esmepio, grassi, grassi saturi, zuccheri, sale), sebbene questo non venga affatto comunicato ai consumatori. Per i primi (vitamine e minerali), i valori sono da intendersi come quelli minimi da assumere per non andare incontro a carenze nutrizionali croniche. Per i secondi, sono al contrario livelli massimi da non superare per non andare incontro a malattie non trasmissibili (NCDs) tipiche delle società attuali (malattie da sovra-alimentazione). Sono di fatto la riproposizione – più o meno – delle Gda (Guidelines on daily amount) che lo stesso documento “D&R” vorrebbe definitivamente mandare in soffitta (punto 3.19), in quanto non in grado di dare una corretta e comprensibile informazione al consumatore. Se è vero che le Gda sono considerate in qualche modo ingannevoli, in quanto proporrebbero dei target di assunzione nutrizionale artificiosamente alti, non si capisce invece come Anno XV - 9 - Nov-Dic 2013 51 Etichettatura 52 le assunzioni di riferimento possano essere diversamente intese dai consumatori. Di fatto, da un punto di vista della psicologia comportamentale, rappresentano un’ancora semantica, un riferimento appunto che il consumatore considera come punto di partenza rispetto alla definizione del proprio fabbisogno. Certo, vi sono esigenze di sintesi che un’etichetta deve sopportare. Ma la mera indicazione “assunzioni di riferimento di un adulto medio 8400 kj/2000 kcal” come unico parametro esplicativo sembra davvero poco. E la Commissione europea pensa di risolvere tutto cambiando i nomi (da Gda in “Reference intakes”, con valori praticamente coincidenti). Interessante osservare quello che afferma la Commissione: “La nozione di “assunzioni di riferimento” differisce dalla nozione di “Quantitativo giornaliero consigliato” (Gda), considerando che la prima non implica, contrariamente alla seconda, un consiglio nutrizionale. Consumare 20 g di grassi saturi al giorno non è un consiglio dietetico ed è opportuno evitare che i consumatori credano che si tratti di una quantità minima necessaria per rimanere in buona salute.” Non si capisce però cosa faccia la Commissione per evitare questo tipo di inevitabile comprensione da parte dei consumatori. Non pervenuto. • Esenzioni dalla dichiarazione nutrizionale. Il punto 3.1 del documento “Q&A” sbrigativamente ribadisce le categorie di alimenti esenti dalla dichiarazione nutrizionale obbligatoria, ovvero gli integratori, le acque minerali naturali e gli alimenti destinati ad alimentazione particolare, a meno che non sia prevista alcuna regola specifica concernente gli aspetti della dichiarazione nutrizionale. Certamente maggiore chiarezza l’avrebbe conferita il citare in tale punto anche le esenzioni di cui all’allegato V, riprese poi nella risposta 3.5, ma che sollevano non minori problemi. Tra di essi, infatti, troviamo prodotti che necessiterebbero di maggior definizione al fine di chiarire il campo applicativo della norma: basti pensare ai prodotti non trasformati che comprendono un solo ingrediente o una sola categoria di ingredienti, riguardo ai quali ci si potrebbe interrogare su quali processi comportino una trasformazione dell’ali- mento e quali no, sia sulla definizione del prodotto monoingrediente. • Possibilità di dichiarare gli acidi grassi omega 3. Scelta assai discussa e dibattuta è stata quella di limitare la dichiarazione nutrizionale solo ed esclusivamente alle sostanze elencate nell’art. 30 del regolamento. Per quanto riguarda nello specifico ed a titolo esemplificativo gli acidi grassi omega 3, essi potranno essere indicati solamente ove sia inserita in etichetta un’indicazione nutrizionale o e/o sulla salute, inserendo la quantità per 100 g di sostanza al di fuori e nelle immediate vicinanze della dichiarazione nutrizionale. L’avanzare della scienza e della comprensione dei meccanismi biologici tra assunzione di sostanze benefiche ed impatto positivo sulla salute sembra non essere riconosciuta da questa classificazione, con nutrienti di serie “A” e di serie “B” e nonostante molti degli ultimi abbiano ricevuto pareri favorevoli da parte di Efsa (che ne ha stabilito una valenza salutistica). Conclusioni Nella risoluzione del Parlamento europeo dello scorso 17 luglio, a firma di De Jong – Draft report on the european retail action plan for the benefit of all actors (2013/2093(INI)) – si afferma (punto 6): “Encourages the Commission to set up an easily accessible database containing all EU and national labelling requirements; at the same time warns against the multiplication of labels and labelling requirements and calls for simplification.” È quindi evidente in seno alle stesse istituzioni europee che vi è un bisogno immediato di comparazione e semplificazione normativa, nel momento stesso in cui la normativa non è stata ancora finalizzata o implementata. Per la realizzazione di tale database è già stata indetta dalle istituzioni europee una gara e, a seguito dell’aggiudicazione, il progetto dovrebbe partire nel 2014, motivo per cui tale esigenza pare ulteriormente reale e necessaria. Gli esempi qui riportati, se certamente non esauriscono le problematicità dell’adozione del nuovo regolamento, ne evidenziano sicuramente una parte, facendo semmai riferimento ad articoli e parti che già sono state “azionate” dai policy makers nazionali, portando in superficie le contraddizioni e difficoltà. Anno XV - 9 - Nov-Dic 2013 Etichettatura Regolamento 1169 Come applicare le nuove regole Le Linee guida di Food Drink Europe ed EuroCommerce di Dario Dongo Avvocato, FARE (Food & Agricolture REquirements) Il testo, frutto di oltre 18 mesi di consultazioni e lavori, rilegge il reg. UE 1169/2011 e offre una lettura del testo normativo di sicura utilità per gli operatori del settore alimentare e della distribuzione C on l’avvicinarsi del 13 dicembre 2014 – data di applicazione del regolamento UE 1169/2011 sull’informazione al consumatore (Food information to consumer, Fic) – aumenta l’interesse degli operatori del settore alimentare a comprenderne con esattezza i risvolti applicativi. L’interpretazione non é sempre facile, per usare un eufemismo, e i dettagli delle nuove regole devono ancora venire definiti. 1 2 Già lo scorso gennaio la Commissione europea ha pubblicato sul sito web della Dg Sanco le “Q&A”1, condivise con le rappresentanze degli Stati membri, volte a offrire una lettura univoca su elementi suscettivi di svariate interpretazioni. Ma il documento non è parso idoneo a risolvere alcuni dubbi (vedi l’articolo “Regolamento 1169. Le “domande e risposte” alla prova dei fatti”, pubblicato alle pp. 46-52). FoodDrinkEurope (la Confederazione dell’industria alimentare in Europa) ed Eurocommerce (l’associazione europea di rappresentanza della distribuzione, moderna e tradizionale) hanno perciò pubblicato, il 12 settembre 2013, le loro Linee guida condivise per l’applicazione del regolamento Fic2. Il testo, frutto di oltre 18 mesi di consultazioni e lavori, rilegge il provvedimento tenendo anche conto delle “Q&A” della Commissione europea, discostandosi tuttavia da queste ultime in alcuni passaggi. Le rappresentanze europee di industria e distribuzione mantengono un punto di vista diverso, rispetto a quello della Commissione, in particolare sugli aspetti riportati di seguito. http://ec.europa.eu/food/food/labellingnutrition/foodlabelling/docs/qanda_application_reg1169-2011_it.pdf http://www.fooddrinkeurope.eu/S=0/publication/guidance-on-the-provision-of-food-information-to-consumers/ Anno XV - 9 - Nov-Dic 2013 53 Etichettatura 54 • GDA e RI. La Commissione considera il concetto di “valori di riferimento” (Ri, Reference intake) come diverso da quello di “quantità giornaliere raccomandate” (Gda, Guideline daily amounts). Sebbene le Gda siano in uso da parecchi anni ormai, ad avviso della Dg Sanco è necessario riferire la dicitura “valori (letteralmente: assunzioni) di riferimento” nell’informazione nutrizionale su base volontaria di cui agli articoli 32 e 33 del regolamento. L’acronimo Gda non risulterebbe invece idoneo in quanto implica una ‘raccomandazione”, cioè un consiglio nutrizionale. Di diverso avviso FoodDrinkEurope ed Eurocommerce che, con buona memoria del relativo parere Efsa, considerano legittimo l’utilizzo dell’acronimo Gda in alternativa a Ri; • Stima della superficie più ampia dell’etichetta, nelle confezioni di forma cilindrica o aventi superficie curva. Tale determinazione rileva ai fini dell’altezza minima dei caratteri delle informazioni obbligatorie, 0,9 mm anziché 1,2 mm quando l’area sia inferiore a 80 cm2. Secondo la Commissione, la dimensione cui riferirsi nei packaging cilindrici o a superficie curva coincide con l’intera superficie dell’imballaggio, ad eccezione dei lati superiore e inferiore, delle flange delle lattine, della spalla e del collo di bottiglie e boccali. La superficie maggiore coinciderebbe perciò con l’intera confezione “srotolata”, prescindendo cioè dalla geometria e dal punto di osservazione. Un’ipotesi che potrebbe venire contraddetta e smentita dalle autorità dei singoli Stati membri. FoodDrinkEurope ed Eurocommerce reputano invece si debba misurare la dimensione dell’area in ragione della sua visibilità, pari a 1/3 della superficie irregolare (cilindro, cono, bottiglia). • Informazioni su allergeni per alimenti non preconfezionati. FoodDrinkEurope e Eurocommerce ritengono possibile che le misure nazionali possano consentire la fornitura di informazioni sulla presenza di allergeni nei prodotti non preconfezionati anche in forma orale. La Commissione, diversamente, non ritiene la forma orale un idoneo mezzo di comunicazione. • Peso netto senza glassa. FoodDrinkEurope e Eurocommerce ritengono corretto indicare il peso dei prodotti glassati mediante l’indicazione “peso netto senza glassa”. Al di là delle suesposte divergenze d’interpretazione, il documento di FoodDrinkEurope ed Eurocommerce offre una lettura pienamente condivisa del testo normativo, di sicura utilità per gli operatori del settore alimentare e della distribuzione. Le Linee guida si articolano in cinque capitoli: • • • • • etichetta nutrizionale; indicazione d’origine; leggibilità; etichettatura degli allergeni; ulteriori questioni orizzontali. Il documento include altresì due allegati: uno contenente un grafico delle date importanti riguardanti il regolamento, l’altro una spiegazione dettagliata in ordine alle responsabilità degli operatori della filiera alimentare. Indicazione d’origine, lavori in corso Il regolamento UE 1169/2011, si ricorda, ha introdotto importanti novità in tema di indicazione d’origine e di provenienza, delegando la Commissione europea, in accordo con gli Stati membri, alla definizione delle misure di applicazione degli aspetti già compiutamente definiti nel regolamento e a presentare relazioni e proposte, al Parlamento e al Consiglio, sui temi solo in parte definiti. A seguire, un aggiornamento sui lavori attualmente in corso. Indicazione d’origine delle carni suine, ovine, caprine e del pollame Sono in fase di conclusione i lavori della Commissione europea e degli Stati membri per definire le regole sull’indicazione d’origine obbligatoria per le carni suine, ovine, caprine e per il pollame fresche, refrigerate e congelate. Anno XV - 9 - Nov-Dic 2013 © Fotolia.com Etichettatura Nella riunione del 10 settembre 2013 del Gruppo di lavoro Commissione-Stati membri è stata finalmente presentata una prima bozza dell’atto di esecuzione previsto all’art. 26.2.b. Secondo quanto preliminarmente proposto dalla Commissione, le carni suine, ovine, caprine e di pollame (siano esse vendute fresche, congelate o surgelate) dovranno riportare in etichetta le seguenti indicazioni: • “Allevato in (nome dello Stato membro o del Paese Terzo)”, con citazione dell’ultimo Stato membro o Paese terzo ove l’animale è stato allevato per almeno due mesi (un mese il pollame). Nel caso in cui il tale periodo non sia stato raggiunto, la notizia é riferita al Paese ove l’animale ha trascorso gli ultimi 15 giorni prima del macello (5 giorni per il pollame). • “Macellato in (nome dello Stato membro o Paese Terzo)”. • Codice di riferimento, che assicura il legame tra la carne e l’animale o gruppo di animali. 55 Qualora l’animale sia stato allevato (per almeno due mesi, un mese il pollame) e macellato nello stesso territorio nazionale, l’etichetta potrà riportare la dicitura “Allevato e Macellato in (nome dello Stato membro o Paese Terzo)”. Laddove diversi tagli di carne, della stessa o di varie specie, siano ottenuti da animali allevati e macellati in diversi Paesi e siano tuttavia raccolti in un’unica confezione, l’etichetta deve indicare ciascuno Stato membro o Paese terzo di allevamento e macello. Nei casi in cui non siano disponibili tutte le informazioni di cui sopra, si dovrà invece riportare: “Allevato in: NON UE” e “Macellato in: Paese terzo”. Per quanto attiene a carne macinata e ritagli (i c.d. “trimmings”): • quando derivati esclusivamente da animali allevati e macellati in vari Stati Membri si potrà riportare in etichetta l’indicazione “Allevato e Macellato in: UE”; • qualora prodotti esclusivamente da carne o Anno XV - 9 - Nov-Dic 2013 Etichettatura carcasse di provenienza extra-europea si potrà indicare “Allevato e Macellato in: NON UE”; • quando realizzati a partire dalle carni di animali extra-UE e macellati in UE, si potrà scrivere “Allevato in: NON UE” e “Macellato in: Nome dello Stato membro”; • quando contengono sia carne UE che carne importata si potrà riportare in etichetta l’indicazione “Allevato e Macellato in: UE e NON UE”. Indicazione d’origine volontaria Alla riunione del 10 settembre 2013 del Gruppo di lavoro con gli esperti degli Stati membri dedicato all’informazione al consumatore, la Dg Sanco ha altresì presentato una prima bozza di atto di esecuzione in merito all’indicazione d’origine volontaria, a norma dell’art. 26.3 del reg. UE 1169/2011. Il documento prevede un identico livello di precisione nella menzione dell’origine dell’ingrediente primario rispetto a quella dell’alimento, ove essa sia volontariamente apposta. Con alcune deroghe nei casi di ingrediente primario con origine differenziata: • nel caso di origine da due Paesi, l’ipotesi delineata contempla l’indicazione di origine e © Fotolia.com 56 Queste regole dovrebbero applicarsi a partire dal 1° aprile 2015, fatta salva la facoltà di commercializzare e mantenere sul mercato i prodotti confezionati prima di tale data con etichette conformi alle norme previgenti. La proposta della Commissione ha registrato un generale consenso da parte degli Stati membri, con eccezione della Francia, invece propensa ad applicare su tutte le carni il modello di informazione già stabilito per quelle bovine, ai sensi dei reg. CEE n. 1760/2000 e 1825/2000 (luogo di nascita/allevamento/macellazione). È attesa entro fine novembre l’approvazione del documento da parte dello Standing committee for the Food chain & Animal health, in vista della sua adozione entro il mese di dicembre. provenienza di entrambi (alimento X prodotto in Italia con ingrediente primario proveniente da Francia e/o Italia); • nel caso di ingredienti primari provenienti da più di due Paesi, può venire ammessa l’indicazione UE/Non UE. La Commissione ha inoltre precisato che, qualora l’ingrediente primario sia un alimento soggetto a norme specifiche in tema d’indicazione d’origine o provenienza (ad esempio, reg. CE n. 1760/2000 sulle carni bovine), ai dettagli di tali regole ci si deve riferire. Nel’ipotesi, infine ,di ingredienti primari di svariare origini e provenienze, la soluzione proposta è di indicare la dicitura “[...] con ingrediente/i x (x,y,z) di differente origine/provenienza”, a norma dell’art. 26.3.b. Anno XV - 9 - Nov-Dic 2013
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