Rabbia a stelle e strisce

Anno III - Numero 274 - Mercoledì 26 novembre 2014
Direttore: Francesco Storace
Roma, via Giovanni Paisiello n. 40
Politica
Attualità
Sport
Il dopo Regionali:
FI si lecca le ferite
Il Pontefice prova
a svegliare l’Europa
Roma “gelata”
a Mosca nel finale
a pag. 2
Traboni a pag. 4
a pag. 12
SPUNTANO PARTICOLARI SEMPRE PIÙ INQUIETANTI NELLA CLAMOROSA INCHIESTA SUI PALAZZI D’ORO AFFITTATI DURANTE L’AMMINISTRAZIONE MARRAZZO
di Francesco Storace
on è che c’è un secondo
biscotto dietro l’affare
Lazio Service? La mega
tangente contestata al
deputato del Pd Marco
Di Stefano, accusato di aver dato
il via all’operazione palazzi d'oro
quando era assessore al demanio
e patrimonio della giunta Marrazzo, potrebbe non essere l’unica. E ne chiederò conto stamattina in aula al vicepresidente
della regione Lazio, Massimiliano
Smeriglio, delegato da Zingaretti
a rispondere alla mia seconda
interrogazione sul tema.
Dopo quanto riferito giorni fa
in aula dall’assessore al Bilancio
Alessandra Sartore, ho visionato
tutti i documenti allegati, che
sono anche all’attenzione della
procura della Repubblica. E le
date mettono molti dubbi.
Come dovrebbe essere noto,
parliamo di due palazzi, acquistati in due circostante diverse
dal gruppo Pulcini e affittati a
Lazio Service - partecipata al
cento per cento della regione e subito dopo “piazzati” all’Enpam al doppio del prezzo. Gli
inquirenti sospettano infatti un
vorticoso giro di tangenti grazie
alle cospicue plusvalenze realizzate nell’affare, circa sessanta
milioni di euro.
C’è stato anche un giallo in più,
riferito alla scomparsa di un
amico di Di Stefano, Alfredo Guagnelli, sparito nell’ottobre 2009.
E qui sta il punto. Finora, i magistrati hanno puntato l’attenzione
su un milione e ottocentomila
euro che sostengono essere finiti
nelle tasche di Di Stefano e
300mila in quelle di Guagnelli.
Ma uno dei due palazzi è stato
N
affittato da Lazio Service
nel 2008, sia pure con
procedure assai dubbie;
il secondo palazzo viene
perfezionato nel contratto di affitto - e senza nemmeno uno straccio di
gara - solo nel gennaio
2010, attraverso una serie
di atti che fanno emergere responsabilità pesanti del consiglio di amministrazione, dell’allora
direttore generale D’Annibale - quello che guadagna tra indennità, stipendio e vitalizio più di
Napolitano - e la dirigente della logistica,
Claudia Ariano, che si
dice legata a Di Stefano.
Tra i due palazzi, avviene
la scomparsa di Guagnelli.
Siccome a quanto pare
all’epoca non si faceva
nulla gratis, chi ha sostituito nell'operazione l’uomo finito nel nulla? C’è
stata una seconda tangente per il secondo palazzo? La coincidenza
con le elezioni regionali
del 2010 e la necessità
di reperire risorse per
la campagna elettorale
fece allargare le borse?
Purtroppo, non parla nessuno, almeno per ora.
Sarebbe interessante
ascoltare le voci dei non
indagati, ad esempio.
Marrazzo, che pure aveva
delegato Di Stefano ad
avviare l’operazione, ne sapeva
qualcosa? E l’assessore che succedette a Di Stefano, Scalia, oggi
senatore ultrà renziano, non si
accorse di nulla dell’assunzione
C’È IL BIS?
Scandalo Lazio Service: emerge l’ipotesi di un’altra megatangente.
Oggi alla Pisana la giunta Zingaretti risponde a una seconda interrogazione
a Lazio Service dell’Ariano del
luglio 2009 fino alla stipula del
contratto di locazione con le nostre tasche del 20 gennaio 2010?
E D’Annibale, che poi nel 2012
avrebbe annunciato pomposamente la propria mancata ricandidatura alla Regione - in realtà
negatagli da Zingaretti - non farebbe bene ad allontanarsi da
una società per la quale ha firmato contratti insostenibili e figli
di presunte malversazioni?
Oggi attendiamo chiarezza e ancora una volta tutta la verità.
UNA PATTUGLIA DI DEPUTATI DEM SI UNISCE ALLE OPPOSIZIONI E NON VOTA IL JOBS ACT
RAGAZZO UCCISO E AGENTE SCAGIONATO, DIVAMPA LA PROTESTA NEGLI USA
Astensionismo anti-Renzi. Anche alla Camera
di Robert Vignola
iceva Renzi domenica, commentando il voto alle regionali,
che l’astensionismo è un problema marginale. Chissà se la pensa
ancora così dopo che ieri gli sono
mancati una trentina di voti dalla sua
pattuglia parlamentare sul provvedimento con il quale il premier vorrebbe rilanciare l’Italia. Per carità, il
placet della Camera al Jobs act è arrivato. E pure con numeri importanti,
praticamente bulgari: 316 sì, 6 no e
5 astenuti.
Peccato però che poco prima della
votazione finale, praticamente tutti i
deputati dell’opposizione hanno lasciato l’Aula (a parte una “sentinella”,
l’azzurro Francesco Saverio Romano,
che ha regolarmente scelto il no),
non partecipando dunque alla votazione. Niente pesa perciò, ai fini delle
statistiche parlamentari, il parere sulla
frontiera del lavoro 2.0 che hanno
Forza Italia, Movimento 5 Stelle, Lega,
Sel, Fratelli d’Italia. Nell’inesorabile
D
Rabbia
a stelle e strisce
a pag 5
tweet che ha salutato l’approvazione
(“Grazie ai deputati che hanno approvato il Jobs Act senza voto di fiducia”), il premier non ha potuto ricomprendere nell’omaggio di riconoscenza circa trenta deputati, che
se ne sono bellamente infischiati di
pigiare sul bottoncino rosso.
Si tratta dei già noti dissidenti, per
carità: da Cuperlo alla Bindi, da Fassina a Boccia. Gente che manda a
dire: “abbiamo apprezzato l’impegno
della commissione Lavoro e riconosciuto i passi avanti compiuti su singole norme” però “l’impianto complessivo del provvedimento rimane
non convincente”. Addirittura invece
la componente di Pippo Civati, che
cerca sempre una posizione diversificata che più diversificata non si può,
si è espressa contro, portando a 34
la quota di chi si è apertamente dissociato dal gruppo parlamentare. Il
tema d’altronde è sentito e lo dimostra
pure che tra i voti a favore c’è stato
quello di Massimo Corsaro, deputato
milanese di Fratelli d’Italia che ha
scelto in questo caso una via personale: ma tornando al dato politico, il
testo ora torna all’esame del Senato,
dove notoriamente i numeri (quando
non c’è la convergenza di Forza Italia)
sono più risicati.
Colpi di fiducia in vista o nuovi emendamenti per accontentare la minoranza Pd? Ai posteri…
2
Mercoledì 26 novembre 2014
Attualità
IERI LA POPOLARE TRASMISSIONE DI TGCOM24 HA FOCALIZZATO LA SUA ATTENZIONE SULLA VICENDA
Fatti, misfatti e vilipendi. Anche in tv
Storace: “Se ricorrerò? L’appello lo deve fare il Parlamento, cancellando questa roba”
E Liguori rispolvera un vecchio intervento col quale Napolitano chiedeva l’abrogazione del reato
di Giuseppe Sarra
nche "Fatti e misfatti", la trasmissione
condotta su Tgcom24 da Paolo Liguori, si è occupata ieri del caso
Storace, condannato a sei mesi in
primo grado per vilipendio al Capo
dello Stato. Liguori ha ricordato i tantissimi
messaggi giunti al leader de La Destra dal
centrosinistra, in particolare quello laziale:
dal governatore Zingaretti al vicepresidente
della Regione Smeriglio, dal presidente del
Consiglio regionale Leodori al capogruppo
di Sel De Paolis, dal presidente della commissione Cultura Patanè ai 5 stelle. Solidarietà
è stata espressa anche dall'opionista presente
in trasmissione, Massimiliano Lenzi.
Dopo una breve ricostruzione della vicenda,
Storace ha raccontato di come - il giorno
dopo la richiesta della Procura di Roma di
procedere, respinta dal Senato che aveva confermato l'immunità parlamentare all'allora senatore de La Destra - scrisse una lettera al
presidente Napolitano, chiedendogli un incontro.
"Napolitano mi ricevette al Quirinale, parlammo
per un'ora - ha affermato il segretario de La
Destra - . Insomma, tutto pensavo fuorché di
andare a processo".
Storace ha colto l'occasione dell'invito alla
trasmissione di Liguori per rivelare un particolare, finora inedito: "Il 29 settembre scorso
il segretario generale mi ha convocato al
Colle, consegnandomi la copia della lettera
che io scrissi al presidente e quella con cui
l'allora portavoce Cascella mi confermava
che Napolitano considerava il caso chiuso.
Marra mi disse di consegnarla ai miei avvocati".
Il leader de La Destra ha contestato nuovamente
l'assurda sentenza: "Sei mesi di condanna,
nemmeno vado in carcere. Hanno preferito
darmi la condizionale". E ha fatto notare: "L'appello lo deve fare il Parlamento cancellando
questa roba".
Il direttore Liguori, tornando indietro con la
memoria, ha ricordato quando Napolitano da parlamentare - contestò il reato di vilipendio nei confronti delle istituzioni. A quel
punto, Storace gli ha suggerito: "Fai vedere
la mia copertina di Facebook, nella quale c'è
riportato l'articolo che Napolitano scrisse sull'Unità in cui attaccava l'allora onorevole Piccoli
della Dc".
"Chi crede nei supremi valori di spiritualità e
contro la sopravvivenza di norme giuridiche
fasciste che colpiscono, come 'vilipendio' delle
istituzioni, i reati di opinione". Chiaro, no?
Ma non è finita qui: Storace ha portato l'esempio
dell'articolo 279 del codice penale, poi cancellato dal ministro della Giustizia, Roberto
Castelli, ribadendo come il diritto andrebbe
rivisto.
"Con l'articolo 279 del codice penale si rischiava addirittura un anno di galera, chi attribuiva responsabilità al presidente della Repubblica che invece erano del governo", ha
spiegato.
L'ex governatore del Lazio, con un pizzico di
emozione ha raccontato quanto successo nella
seduta di lunedì alla Pisana. In discussione
c'era la proposta di legge sul 'sistema cultura
del Lazio', dove prima dell'approfondimento
il presidente della commissione Cultura (Pd),
Eugenio Patanè, ha colto l'occasione per esprimere nuovamente, a nome del gruppo consiliare, solidarietà e vicinanza umana e politica
al vicepresidente Storace.
A
IL SONETTO
L’elezzione
Co i risurtati de Calabbr'e Miglia
dopo c'ha parlato Matteo Renzi
nun m'è parzo da vede fatti denzi
de na politica de quella che te pija
perchè a votà n c'è nnato nisuno!
e allora ndo sta rappresentanza
coi voti de du tizz'e n reggipanza
chiamati li pe fa elegge quarcuno
che pija n vot'e mezzo p'ogni dieci:
Come faremo co st'assenteismo
che porta sta politica da feci?
di libertà - scrisse Napolitano, sul quotidiano
fondato da Antonio Gramsci, riferendosi all'on
Piccoli - ha molto da fare innanzitutto nel proprio paese, in Italia, contro le degenerazioni
provocate dallo sviluppo monopolistico e dal
sistema di potere della DC nei rapporti sociali
ed umani e nel costume, contro gli arbitri padronali, contro gli abusi polizieschi e giudiziari,
Sarebbe mejo na politica più forte
pe vede da levasse sto lassismo
...sinnò potemo puro tirà sorte!
GRM
IL LEADER AZZURRO GETTA ACQUA SUL FUOCO DELLE LITI INTERNE E RAFFORZA IL PATTO DEL NAZARENO
Forza Italia, vietato rompere
Berlusconi: “Lavoriamo per unire il centrodestra, anche con
Salvini e Alfano”. Oggi l’ufficio di presidenza anche con Fitto
cqua sul fuoco, nel partito e fuori.
Berlusconi ieri ha parlato da padre
più che da leader, cercando di ricucire
gli strappi nascenti ma anche di riannodare
le fila di discorsi più o meno perduti, dal
Ncd a Fratelli d’Italia, dalla Lega al Pd (via
Patto del Nazareno, s’intende). E individuando
quello che a suo avviso è stato il vero limite
azzurro nel voto regionale di domenica; le
troppe liti dentro Forza Italia. “Sono quelle
a farci perdere consenso”, ha detto all’ufficio
di presidenza riunito ieri a Palazzo Grazioli,
sventolando con le mani il fatidico sondaggio
del caso davanti ai suoi interlocutori, alcuni
dei quali magari già pronti ad analisi del
voto al vetriolo. La riunione era stata con-
A
vocata proprio per guardarsi negli occhi e
non nascondere la sporcizia sotto il tappeto,
perché le urne della Calabria e (soprattutto)
dell’Emilia-Romagna di amarezze a Forza
Italia ne hanno portate parecchie. Certamente,
però, il Patto del Nazareno non sarà messo
in discussione. Anzi, nella sua relazione, a
quanto pare, il Cav avrebbe gettato ulteriori
fasci di luce sulla sua natura, garantendo
che offre al centrodestra una serie di “pegni”
quali quello di poter partecipare alla scelta
del nuovo Capo dello Stato e quello di garantire a lui stesso il ritorno all’agibilità
politica. Di qui, anzi, l’esigenza di rafforzare
l’accordo con Renzi, dando anche l’avallo al
premio di lista, anziché di coalizione, chiesto
dal premier. E qui si apre un’altra linea direttrice indicata da Berlusconi: riunire il centro-destra, perché se si va divisi, si perde
senza neanche essere della partita. E ciò
vale in tutte le direzioni: anche la Lega da
una parte, perché “Matteo Salvini è bravissimo
e io con lui ho un ottimo rapporto” e il
Nuovo Centro Destra dall’altra, “anche se
può destare qualche malumore”. I malumori
emersi per la verità sono quelli reciproci,
laddove Salvini e Alfano si sono precipitati
già ieri sera nel mostrare entrambi i propri
veti, a questo punto incrociati. Ma il fatto
che nelle regioni superstiti del Nord (peraltro
a guida leghista) stiano assieme, è un fatto
“marginale” che tutti gli osservatori politici
non hanno mai mancato di citare, nel commentare le frequenti frizioni tra i due partiti.
Che altro? Naturalmente gli scontri interni,
quelli un po’ più seri. Innanzitutto si parte
dal dato che Berlusconi ieri non ha voluto
fornire casus belli, invitando a stare uniti e
nel contempo limitando la riunione dell’ufficio
di presidenza ad una sua relazione: Raffaele
Fitto era a Strasburgo per l’incontro dell’europarlamento col Papa e aveva quindi chiesto
di far slittare la riunione romana. Oggi si
terrà quindi un secondo round ben più significativo, nel quale occorrerà capire fino a
che punto il “dissidente” porterà avanti la
richiesta di azzeramento dei vertici azzurri,
fino a che punto Berlusconi lo seguirà su
questa strada e quanto sarà invece seguito
su quella del premio di maggioranza da affidare al partito, e non alla coalizione. La
sensazione netta è che il Cav punti a una
lista unica di tutti i partiti e che per comporla
non disdegni persino di cedere lo scettro a
Salvini. Convincere Forza Italia sarà già
difficile. Convincerle i potenziali aderenti,
Robert Vignola
forse, impossibile.
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Mercoledì 26 novembre 2014
Attualità
PUBBLICATO L’OUTLOOK: NEL 2015 TIMIDI SEGNALI DI CRESCITA. DEBITO PUBBLICO IN SALITA E DISOCCUPAZIONE SOPRA IL 12% FINO AL 2016
La scure dell’Ocse sull’economia italiana
di Giuseppe Giuffrida
ultima doccia gelata sulle
prospettive di ripresa del
nostro Paese arriva dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, che nell’Economic Outlook semestrale rileva come l’Italia dovrà fare i
conti con la crisi ancora a lungo. Numeri
alla mano, il Belpaese tornerà a crescere
dello 0,2% il prossimo anno e dell’1%
quello successivo: un trend, questo, che
non riuscirà ad abbassare il tasso di disoccupazione, la cui asticella resterà
infatti sopra il 12% fino al 2016.
Non solo. La crescita lenta che incide
inevitabilmente anche sullo scoglio più
grande per il Paese: il debito pubblico.
L’
Secondo quanto rilevato dall’organizzazione di Parigi, infatti, il contatore per cui
l’Ue ci tiene in pugno continuerà a crescere almeno per i prossimi due anni,
passando dall’attuale 130,6% al 133,5%
nel 2016. Un livello che, a parere degli
analisti, “costituisce una vulnerabilità significativa” per il nostro Paese.
Alla luce di dati fortemente preoccupanti,
l’Ocse lancia un monito al governo affinché
prosegua nel programma di riforme “con
determinazione, insieme all’efficace implementazione delle riforme precedenti,
affinché la crescita più forte sia sostenibile”. A tal proposito, l’organizzazione
giudica “adeguato” il rinvio di una nuova
stretta sui conti nostrani da parte della
Commissione europea. “Il ritmo di riassetto strutturale dei conti più lento rispetto
agli impegni precedenti proposto da
Francia e Italia nelle loro leggi di bilancio
2015 –si legge nel documento- pare appropriato, perché può dare alle riforme
strutturali già concordate e alle politiche
monetarie accomodanti una possibilità
di rilanciare l’attività economica”.
Del resto, le sorti di Italia e Francia interessano all’intera area euro, per cui l’Ocse
non esclude il “rischio deflazione se la
crescita stagna o le aspettative sull'inflazione scendono ulteriormente”. “In questo
contesto –si legge ancora-, è essenziale
che siano utilizzate tutte le leve macroeconomiche e di politica strutturale per
offrire alla crescita il maggior supporto
possibile”.
Evidenziando più nel particolare la condizione dell’eurozona, i tecnici di Parigi
spiegano come “la domanda deficitaria
dovuta all’insufficiente stimolo da parte
delle politiche mina la crescita potenziale,
che a sua volta indebolisce ulteriormente
la domanda aggregata”. In sostanza,
“nell’area euro la ripresa rimane debole,
la fiducia è calata e le pressioni deflazionistiche restano elevate. Una politica monetaria sempre più accomodante, il rallentamento del riassetto fiscale, il deprezzamento del tasso di cambio dell’euro
e i prezzi del petrolio più bassi dovrebbero
tutti aiutare a stimolare l’attività, ma è improbabile che la ripresa riprenda slancio
prima del 2015 inoltrato”. Relativamente
alla crescita del Pil, gli analisti prevedono
quest’anno un aumento dello 0,8%, seguito
da +1,1% nel 2015 e +1,7% nel 2016.
Per l’area Ocse, che riunisce i 34 maggiori
Paesi industrializzati, le stime puntano
invece a +1,8% quest’anno, +2,3% il
prossimo e +2,6% nel 2016.
TARIFFE NORMALIZZATE DOPO I RIBASSI DEI GIORNI SCORSI
Benzina, si ferma
il calo dei prezzi
stato bello finché è durato. Dopo le ultime limature messe a segno
nel fine settimana, la corsa a
ribasso dei prezzi della benzina si è fermata. Su tutto il
territorio nazionale, le medie
della benzina e del diesel raggiungono adesso, rispettivamente, 1,716 e 1,641 euro/litro
(gpl a 0,691), con alcune punte
per la verde a 1,776 euro/litro,
e per il diesel a 1,699.
La speranza che il prezzo del
carburante potesse tornare ad
essere praticabile, è dunque
durata pochissimo. Fanno eccezione alcune aree esposte
ad una elevata competizione
fra no logo, Gdo e format full
È
self h24, dove i prezzi di benzina e diesel sono poco al di
sopra degli 1,5 e 1,4 euro/litro.
Esempi tuttavia unici, che rappresentano il limite minimo
a cui i mercati possono spingersi in questa fase.
Per il resto, secondo quanto
emerso da un campione di
stazioni di servizio, complessivamente la tariffa media
“servita” spazia dall’1,693
euro/litro di Eni all’1,716 di
Q8 (no-logo a 1,556). Per il
diesel si passa invece
dall’1,615 euro/litro di Esso
all’1,641 di Tamoil (no-logo a
1,466). Il gpl, infine, è tra
0,669 euro/litro di Shell e 0,691
di Ip (no-logo a 0,657). G.G.
PER I GIUDICI CONTABILI 50MILA ENTI SONO TROPPI E SPESSO SENZA “ALCUN TIPO DI VALORE SOCIALE”. CRITICHE ANCHE SULLA TRASPARENZA
I 5 per mille nel miniro della Corte dei Conti
on usa mezzi termini la Corte dei
Conti, che ritiene siano troppe le
50mila associazioni che beneficiano del cinque per mille. Senza considerare, poi, come tra onlus ed enti di
volontariato, quasi 9 mila ottengono
un contributo inferiore ai 500 euro ed
oltre mille non hanno ottenuto nemmeno
una firma. Un fenomeno, questo, che
accentua inevitabilmente “la frammentazione e la dispersione delle risorse”.
Un esercito di enti che molto spesso
“non producono alcun tipo di valore
sociale, rivolgendosi esclusivamente ai
N
soci o iscritti, senza rispondere a criteri
di misurabilità dell’utilità sociale prodotta”. A tal proposito, nella sua relazione
la Corte fa riferimento a casi di fondazioni
legate a formazioni politiche, di associazioni di categorie professionali (notai,
avvocati, militari, ecc.) e di “altre categorie di beneficiari difficilmente compatibili con la ratio dell’istituto”.
Un mondo su cui è necessario far luce,
e per il quale è “necessario intraprendere
un’attività di audit dell’Agenzia delle
entrate sul comportamento degli intermediari in potenziale conflitto di inte-
resse, al fine di tutelare la libera scelta
dei contribuenti”.
Da qui il suggerimento della Corte di
pubblicare - in nome del principio di
trasparenza e lealtà verso i contribuenti
che attivamente decidono di destinare
il loro cinque per mille – “un unico
elenco annuale di tutti i beneficiari, con
il relativo numero di contribuenti e di
importo”. A riguardo, una bacchettata
è riservata anche al Ministero dei beni
e delle attività culturali e del turismo, il
cui elenco di enti beneficiari “viene
pubblicato separatamente dallo stesso
Ministero, in forma poco trasparente”.
Il percorso per l’accesso all’elenco poi,
“risulta difficile e di non immediata evidenza, risultando assieme a molti altri
elenchi di non particolare interesse per
i contribuenti”.
Oltre a puntare l’indice contro la poca
trasparenza nella destinazione dei fonti,
i giudici guardano anche alle lamentele
che gli stessi beneficiari potrebbero
muovere nei confronti dell’Istituto: “I
ritardi nelle erogazioni – dovuti alla
pluralità di amministrazioni coinvolte,
con scarso coordinamento tra loro, e a
disfunzioni interne a ciascuna di esse sono causa dell’incertezza sulla disponibilità delle risorse per i beneficiari”.
Volendo stilare una sorta di classifica
relativa agli enti che negli ultimi anni
hanno beneficiato delle maggiori erogazioni, emerge come tra il 2006 e il
2011 risulta essere in vetta l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro,
con contributi che spaziano dai 32 milioni del 2006 ai 55 milioni del 2011. A
seguire si fronteggiano Ieo, Fondazione
San Raffaele, Medici senza Frontiere
G.G.
ed Emergency.
FLESSIONE DELLO 0,1% SU AGOSTO E DELLO 0,5% SULLO STESSO PERIODO DEL 2013. COLPITE GRANDI E PICCOLE DISTRIBUZIONI
Crisi, a settembre vendite ancora in calo
S
ettembre nero per il commercio
italiano. Secondo quanto reso
noto da Istat, infatti, le vendite
al dettaglio al rientro dalla pausa
estiva hanno segnato un calo dello
0,1% congiunturale e dello 0,5%
tendenziale. Dati ancora negativi,
dunque, sia pur meno incisivi rispetto
ai risultati registrati ad agosto, quando
la contrazione era stata pari allo 0,2%
su base congiunturale e del 3% su
base annua.
Complessivamente, il trimestre luglio-settembre 2014 ha rilevato un
calo dello 0,6% rispetto ai tre mesi
precedenti. Relativamente ai numeri
di settembre, nel confronto con agosto
2014 le vendite hanno segnato un
aumento per i prodotti alimentari
(+0,3%) e una diminuzione per quelli
non alimentari (-0,3%). A rendere
ancora meglio il quadro della flessione negativa è il paragone con settembre 2013, rispetto a cui la vendita
dei prodotti alimentari resta invariata,
mentre quella dei prodotti non alimentari diminuisce dello 0,9%.
Ad essere coinvolte dall’ulteriore
calo delle vendite sono le imprese
della grande distribuzione (-0,3%)
e ancor di più quelle operanti su
piccole superfici (-0,8%). Riguardo
alla tipologia di esercizio della grande distribuzione, a settembre si evidenzia una flessione dello 0,7% per
le vendite degli esercizi non specializzati e un aumento dell’1,6% per
quelle degli esercizi specializzati.
Per quel che riguarda i primi, diminuiscono dello 0,6% le vendite degli
esercizi a prevalenza alimentare e
dello 0,9% quelle degli esercizi a
prevalenza non alimentare. In particolare, per gli esercizi non specializzati a prevalenza alimentare, le
vendite dei discount aumentano del
3,4%, mentre diminuiscono sia quelle
dei supermercati sia quelle degli
ipermercati (rispettivamente -0,6%
e -2,5%).
Analizzando inoltre i primi nove mesi
del 2014, l’indice grezzo diminuisce
dell’1,3% rispetto allo stesso periodo
del 2013. Le vendite di prodotti alimentari segnano invece una flessione
dell’1,3% e quelle di prodotti non
G.G.
alimentari dell’1,2%.
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Mercoledì 26 novembre 2014
Attualità
VISITA-LAMPO A STRASBURGO E RICHIAMO ALLA SACRALITÀ DELLA PERSONA RISPETTO ALL’ECONOMIA
Papa Francesco prova a sferzare l’Europa
IN UNA CASERMA DI POLIZIA
di Igor Traboni
desso è giunta l'ora di costruire
l'Europa che ruota non intorno all'economia ma intorno alla sacralità
della persona umana. E’ stato questo uno dei passaggi forti del discorso che Papa Francesco ha pronunciato
ieri a Strasburgo, davanti al Parlamento Europeo. "Quale dignità può mai avere un uomo
o una donna fatto oggetto di ogni genere di
discriminazione? Quale dignità potrà mai trovare una persona che non ha il cibo o il
minimo essenziale per vivere e, peggio ancora, il lavoro che lo unge di dignità?", ha aggiunto il Pontefice argentino, in un altro punto
del suo atteso discorso, continuamente interrotto dall’applauso degli eurodeputati.
"Quale dignità esiste - ha aggiunto e sottolineato il Pontefice - quando manca la possibilità
di esprimere liberamente il proprio pensiero
o di professare senza costrizione la propria
fede religiosa? Quale dignità è possibile
senza una cornice giuridica chiara, che limiti
il dominio della forza e faccia prevalere la
legge sulla tirannia del potere?. Una delle
malattie che vedo più diffuse oggi in Europa
è la solitudine, propria di chi è privo di
legami. La si vede particolarmente negli anziani - ha proseguito Papa Francesco -, spesso
abbandonati al loro destino, come pure nei
giovani privi di punti di riferimento e di opportunità per il futuro; la si vede nei numerosi
poveri che popolano le nostre città; la si vede
negli occhi smarriti dei migranti che sono
Cristiano torturato
e ucciso in Pakistan
A
n cristiano di 35 anni, come riporta l’agenzia
Fides, è stato trovato morto dopo essere
stato torturato mentre era tenuto in custodia
della polizia di Lahore, in Pakistan. L’uomo era in
stato di arresto con l’accusa di vendita di alcolici e
droga e, come riferito poi dai familiari, “è morto a
causa delle torture della polizia”. Gli agenti parlano
invece di un infarto mentre gli agenti parlano di un
infarto durante l’interrogatorio.
Padre Francis Nadeem, provinciale dei Cappuccini
in Pakistan, riferisce all’Agenzia Fides lo sconcerto
della comunità cristiana “per l’ennesimo omicidio
extragiudiziale”. I familiari del defunto hanno poi
protestato e cercato anche di entrare con la forza
nella stazione di polizia. Tre agenti sono stati denunciati e una inchiesta è stata avviata. Il cadavere
dell’uomo è stato trasferito in ospedale dove si farà
un’autopsia per stabilire le cause del decesso. Il
fratello della vittima ha detto che l’uomo “era stato
arrestato senza motivo”.
L’avvocato cristiano Mushtaq Gill ha detto: “Il
mondo intero è ancora profondamente scioccato e
scandalizzato per il linciaggio della coppia cristiana
a Kasur, ma le violenze continuano. È urgente abrogare le leggi che sono abitualmente utilizzate per
perseguitare i cristiani e garantire giustizia e legalità,
a partire dall’opera e dal comportamento della
polizia e dei funzionari pubblici”.
U
venuti qui in cerca di un futuro migliore".
“Va abbandonata l’idea di un’Europa impaurita
e piegata su sé stessa”, ha rimarcato con
forza il Papa al culmine di quello che è stato
comunque il viaggio internazionale più breve
nella storia di quelli papali.
Quella che Papa Francesco ha disegnato nel
corso della storica visita a Strasburgo è
“l’ideale di un'Europa unita e in pace, creativa
e intraprendente, rispettosa dei diritti e consapevole dei propri doveri. Gli effetti della
crisi economica perdurano con conseguenze
drammatiche dal punto di vista sociale. Dio
trasforma il male in bene e la morte in vita”.
Il messaggio che Bergoglio ha tenuto a rilanciare è stato quello “basato sulla fiducia che
le difficoltà possano diventare promotrici po-
tenti di unità, per vincere tutte le paure che
l’Europa sta attraversando”.
Una crisi che per il Pontefice è anche quella
di un’Europa che “non è più capace di aprirsi
alla dimensione trascendente della vita, un'Europa che lentamente rischia di perdere la
propria anima e anche quello spirito umanistico che pure ama e difende”.
Papa Francesco è stato accolto dal segretario
di Stato francese per gli Affari Europei, Harlem
Desir, dal presidente del Parlamento Europeo
Martin Schulz e dall'ex commissario Ue Antonio Tajani. Il Pontefice ieri ha avuto modo
di incontrare anche la sua vecchia amica
Elma Schmidt, di Francoforte, oggi 90enne,
che lo aveva ospitato nel 1986, durante il suo
periodo di studio in Germania.
LA TASSA PIÙ ODIATA DAGLI ITALIANI ‘OBBLIGATORIA’ GIÀ DA GENNAIO. ESCLUSE LE SECONDE CASE
Canone Rai nella bolletta, bufera su Renzi
DAL PRESIDENTE DELL’ORDINE
Denunciata la D’Urso:
‘Giornalista abusiva’
l presidente dell’Ordine dei giornalisti Enzo Iacopino ha inviato una denuncia nei confronti di
Barbara D’Urso, conduttrice della trasmissione
‘Domenica live’ su Canale 5, per esercizio abusivo
della professione. La denuncia è stata inviata alle
Procure di Milano e Roma, all’Agcom, al Garante
per la protezione dei dati personali e al Comitato
Media e minori.
In un post pubblicato oggi su Facebook dal titolo
‘Soubrette e informazione. La prima denuncia’, Iacopino pubblica l’esposto da lui firmato nel quale
sottolinea che “la signora D’Urso pur non essendo
iscritta all’Albo dei giornalisti compie sistematicamente un’attività (l’intervista) individuata come specifica della professione giornalistica, senza esserne
titolata e senza rispettare le regole, con modalità
che non tengono conto di esigenze quali la difesa
della privacy e/o il coinvolgimento dei minori”.
Lo stesso Iacopino sempre su Facebook già nei giorni
scorsi aveva scritto: “Basta soubrette, ora le denunciamo. L’informazione è materia delicata. Basta con
l’occhio umido e la recitata partecipazione alle tragedie. Basta con il dolore come ingrediente dello
spettacolo per fare audience. Basta con le banalità/bestialità dispensate a piene mani, soprattutto nelle tv,
da chi si preoccupa solo di come aumentare il personale compenso, passando sopra a diritti e sentimenti
(Sarah Scazzi, Yara Gambirasio, Melania Rea, Melissa
Bassi e, da ultimo, Elena Ceste: tanto per citare
alcuni casi e tutti coloro i quali a queste vicende
sono collegati), anche di persone estranee alle
vicende che possono avere un interesse pubblico”.
Ma oltre alla D’Urso ci sarebbero altre ‘soubrette’
nel mirino: “Mi arrivano le prime segnalazioni in
tema di esercizio abusivo della professione. Dobbiamo
controllarle, ovviamente, e, quindi, occorrerà del
tempo”, ha aggiunto Iacopino.
I
di Bernald Shehaj
a gennaio 2015 il canone
Rai confluirà nella bolletta elettrica. Ormai è
una certezza. Un vero e proprio stratagemma del governo
Renzi per “stanare i furbetti
sconosciuti al Fisco”. Pagare
meno, ma tutti. Questa in sintesi l’idea dell’esecutivo, che
tira dritto e mette in cantiere
l’ipotesi “B”, quella comunque
legata al consumo elettrico
ma declinata annualmente con
l’Irpef. L’importo, con la nuova
normativa, dovrebbe attestarsi
sui 60-65 euro.
La rivoluzione della tv di Stato
partirà ufficialmente tra poco
più di 1 mese. A confermarlo
il sottosegretario allo Sviluppo
Economico con delega alle comunicazioni Antonello Giacomelli, che ha confermato come
il governo abbia scelto la via
di un emendamento alla Legge
di Stabilità in Senato per rendere effettive le modifiche già
dal prossimo gennaio. In pratica, inserendolo nella bolletta,
il canone si potrà pagare diluito
ogni 2 mesi. L’utente avrebbe
la possibilità di non tirar fuori
un solo euro dichiarando, sotto
la sua responsabilità, di non
usare nessun apparecchio elettronico. E quindi televisore, pc,
tablet, smartphone e laptop.
Escluso invece il pagamento
per le seconde case.
Una cosa è certa: al Senato
Renzi troverà il muro delle opposizioni. Sulle barricate i parlamentari di Forza Italia, Lega,
D
M5s e Nuovo Centrodestra,
stampella del governo. Che
parla di proposta “irricevibile”. Ma i più agguerriti sembrano essere gli uomini di Salvini. Il senatore Crosio, componente della commissione
vigilanza Rai, bolla l’idea come
“vergognosa”. E attacca: “Si
tratta di un furto legalizzato,
di una vera e propria coercizione che il governo opera
sui contribuenti. Invece di pensare all’ennesima ristrutturazione dell’azienda statale, la
privatizzino. Questa è l’unica
cosa sensata”. Non sembra
certamente questa l’intenzione
del Premier che ha fretta di
infilare il canone Rai in bolletta. Per farlo pagare a più
cittadini possibile. La tassa più
odiata dagli italiani è servita.
O meglio, imposta.
5
Mercoledì 26 novembre 2014
Esteri
SCONTRI ETNICI DOPO IL PROSCIOGLIMENTO DALL’AGENTE CHE UCCISE UN GIOVANE NERO
Il fuoco della rabbia divampa negli Usa
Voli cancellati a Saint Louis, il cui sobborgo Ferguson è stato messo a ferro e fuoco. Bersagliato
anche il capo della polizia di New York. Obama parla di “proteste comprensibili” ma invita alla calma
di Robert Vignola
utti gli Usa rischiano di
diventare Ferguson. Perché dopo la decisione di
scagionare Darren Wilson,
il poliziotto che il 9 agosto
scorso sparò e uccise il 18enne nero
Michael Brown, la protesta si è diffusa
in molti Stati, come un’epidemia di
rabbia incontrollata. Il fatto che la
notizia sia giunta lunedì sera (20.15
ora locale) ha fatto il resto: notte di
scontri nelle piazze e di veleni sui
social network, con una situazione
davvero incandescente nel sobborgo
del Missouri teatro ormai da mesi
di guerriglie permanenti. Colpi di
arma da fuoco, auto della polizia
prese d’assalto, edifici in fiamme e
il lancio di lacrimogeni sono stati di
nuovo la realtà per Ferguson, tanto
che la Federal Aviation Authority,
per prevenire l’arrivo di manifestanti
da fuori città, ha annunciato la cancellazione di alcuni voli diretti a Saint
Louis, di cui il sobborgo fa parte.
Ma ciò non ha impedito a migliaia
di persone di inscenare proteste in
tutto il Paese, da Los Angeles a Philadelphia, da Washington a New
York. È qui che il capo della polizia
della Grande Mela, Bill Bratton, è
stato vittima di un attentato dimostrato: mentre attraversava una via
del centro intasata di manifestanti
gli è stato lanciato addosso del liquido rosso. Un dimostrante è stato
arrestato, ma è senz’altro nulla rispetto all’ondata di violenze vere e
proprie che stanno avendo luogo in
numerosi angoli d’America.
E Barack Obama? Il primo afro-americano ad insediarsi alla Casa Bianca
non basta certo a fare da scudo alla
T
rabbia etnica serpeggiante. Comunque ha difeso le istituzioni giudiziarie.
“Dobbiamo riconoscere che la situazione a Ferguson ci ricorda problemi più ampi che noi ancora fronteggiamo come nazione”, ha detto
in un discorso notturno con il quale
si è cimentato nell’impresa impossibile di far tornare alla calma il Paese. “in troppe parti del Paese esiste
una profonda sfiducia tra le forze
dell'ordine e le comunità di colore,
in alcuni casi come risultato dell'eredità della discriminazione razziale nel nostro paese”. E pur parlando di “reazione comprensibile”
ha messo davanti a tutto le decisioni
del Gran Giurì.
Gli incidenti erano scoppiati lunedì
(in Italia era notte fonda) proprio
fuori l’edificio nel quale si è deciso
di non procedere contro l’agente
Wilson. Immediatamente dopo che
la notizia è trapelata all’esterno, è
cominciato il lancio di oggetti nei
confronti del cordone di polizia e i
disordini sono dilagati in tutta Saint
Louis. In quegli stessi minuti la famiglia Brown, quella della giovane
vittima, ha espresso profonda delusione ma invitato alla calma. Tutto
inutile. Il procuratore Robert Mc Culloch intanto cercava di difendere
l’operato della giuria: “È compito
del Gran Giurì di separare i fatti
dalla fantasia, non esistono prove
concrete per presentare nessuna
accusa contro Darren Wilson”, al
quale è stata riconosciuta la legittima
difesa. “Alcuni testimoni hanno mantenuto la loro dichiarazione riguardo
al fatto che Brown aveva le mani alzate e non si muoveva quando l'agente Wilson ha sparato, molti altri hanno
detto che non aveva alzato le mani,
o lo ha fatto brevemente mettendole
subito giù girandosi verso l'agente
che allora ha sparato”, ha detto ancora il procuratore. Ma in piazza si
punta l’indice contro la composizione
della giuria (tre afroamericani e nove
bianchi). Difficilmente potrà esserci
una rivisitazione del proscioglimento,
anche se la famiglia Brown potrà
chiedere a Wilson un risarcimento.
Ma tutto ciò non potrà certo spegnere
quel clima irresponsabile di violenza
che si propaga dalla costa est alla
costa ovest degli Usa.
L’UNGHERIA DI ORBÀN VA AVANTI SUL SOUTH STREAM E SORTISCE LA RABBIA DEGLI ATLANTISTI
Sovranità nazionale in salsa di gulash
di Giuliano Castellino
Ungheria e il suo primo
ministro nazional-popolare
Viktor Orban sono nel mirino delle élite politiche di Washington. Il loro torto? Non sottostare alla tirannia distruttiva
della commissione dell’Unione
europea di Bruxelles e il tentativo
di definire un’identità nazionale
ungherese. Ma il peccato capitale
è il rapporto profondo con la
Russia e la sfida a Washington
firmando l’accordo con Gazprom
per il passaggio del gasdotto
South Stream russo attraverso
l’Ungheria.
Cosa che crea sempre più allarme
presso gli atlantisti e i loro seguaci europei. Anche perche la
corsa sovranista ed antiatlantica
della nuova Ungheria sembra
non finire. Orban sfida le pretese
dell’Ue di fermare la costruzione
dell’importante gasdotto South
Stream della Russia. Il gasdotto
South Stream garantirebbe gas
russo all’Ue assieme al russotedesco Nord Stream, aggirando
l’Ucraina in guerra, cosa a cui
L’
Washington si oppone aspramente per ovvi motivi.
Il governo di Orban lo scorso
gennaio annunciava un accordo
da 10 miliardi con la società nucleare statale russa per ristrutturare la centrale nucleare di
Paks in Ungheria, originariamente
costruita durante l’era sovietica.
Ciò suscitava e susciterà una
certa attenzione a Washington,
come quando Orban criticava
gli Stati Uniti, la scorsa estate,
per non risolvere la crisi finanziaria globale, le cui banche e
regolamentazione lassista avevano causato, ed elogiava Cina
e Russia come modelli migliori.
Dichiarava, riferito alle democrazie occidentali, “probabilmente
non potranno mantenere competitività globale nei prossimi
decenni e declineranno se non
sapranno cambiare in modo significativo“.
Inoltre, il governo Orban è riuscito a liberare l’Ungheria da
decenni di devastante schiavitù
del Fmi. Nell’agosto 2013, il
ministero dell’Economia ungherese annunciava che grazie a
una “politica di bilancio disciplinato”, rimborsava gli ultimi
2,2 miliardi di euro dovuti al
Fmi. Niente più oneri e condizioni
dal Fondo internazionale per le
forzate privatizzazioni statali. Il
capo della banca centrale ungherese chiese poi al Fmi di
chiudere i suoi uffici a Budapest.
Inoltre, riecheggiando l’Islanda,
il procuratore generale dello
Stato accusava tre precedenti
primi ministri del Paese del debito in cui sprofondarono la nazione. Un precedente che sicuramente spaventa certe capitali
dell’Unione europea, Washington
e Wall Street.
Ma i campanelli d’allarme risuonarono sul serio quando Orban
e il suo partito Fidesz approvarono il via libera, insieme alla
vicina Austria, del gasdotto russo
South Stream, ignorando l’Ur
che afferma che ciò viola le norme comunitarie. Orban disse, in
una riunione con il tedesco Horst
Seehofer a Monaco di Baviera il
6 novembre, “la monarchia energetica austro-ungarica vive”.
Le élite degli Stati Uniti suonavano immediatamente l’allarme.
L’ultra-governativo New York Times pubblicava un editoriale, “Il
pericoloso piano inclinato dell’Ungheria” dichiarando, “Il governo del Primo ministro dell’Ungheria Viktor Orban scivola
verso l’autoritarismo e sfida i
valori fondamentali dell’Unione
europea, facendola franca“.
Il Times rivelava la vera causa
dell’allarme di Washington e Wall
Street: “L’ultima espressione di
disprezzo dell’Ungheria verso
l’Unione europea è il passaggio
della legge che apre la strada al
gasdotto South Stream della
Russia in Ungheria. La nuova
legge è una chiara violazione
della richiesta del Parlamento
europeo, di settembre, agli Stati
membri di annullare South Stream, e delle sanzioni economiche
contro la Russia imposte da
Unione europea e Stati Uniti,
dopo le azioni della Russia in
Ucraina. Invece di tiepide espressioni di preoccupazione per le
politiche antidemocratiche, l’Unione europea dovrebbe agire sanzionando l’Ungheria. Jean-Claude
Juncker, presidente della Commissione europea, dovrebbe esercitare il suo potere per costringere
il signor Navracsics a rassegnare
le dimissioni”.
Tibor Navracsics è appena stato
nominato nuovo Commissario
europeo per l’Educazione, Cultura, Gioventù e Sport, un posto
a Bruxelles che ha forse poco a
che fare con i gasdotti.
Quindi ci si può aspettare che il
National Endowment for Democracy e le solite Ong sostenute
dal governo degli Stati Uniti trovino una scusa per avviare grandi
proteste dell’opposizione contro
Fidesz e Orban per il crimine
imperdonabile di cercare di rendere l’Ungheria energeticamente
indipendente dalla follia Usa in
Ucraina.
Inoltre ricordiamo che l'Ungheria,
come la Russia, ha dichiarato
"guerra" anche ai neo-giacobini,
consacrando la nazione al Sacro
Cuore di Maria e ha soppresso
le leggi abortiste. Mosca e Budapest, da est il vento della
rivolta attraversa l'Europa. La
prossima tappa potrebbe essere
Parigi...
Vediamo poi cosa si inventeranno
gli "occupanti".
Mercoledì 26 novembre 2014
6
Storia
CANTI DAL VENTENNIO
“Sempre in alto i cuori e il tricolor”
di Cristina Di Giorgi
e Emma Moriconi
ono stati in molti coloro che,
rispondendo alla chiamata
alle armi, sono partiti per il
fronte anche in questo Secondo conflitto mondiale. La
partenza, con toni e situazioni simili a
quelle delle precedenti guerre, ha avuto
come colonna sonora diverse canzoni,
molte delle quali dedicate a fidanzate,
mogli e famiglie. Tra esse una delle più
note è senz'altro “Ciao biondina”, del duo Benedetto – Sordi, che può
essere definita come il leit-motiv degli studenti in armi. Ripetutamente
trasmesso in radio e canticchiato da tantissima gente, il brano fa
parlare un giovane milite, che con toni dolci e insieme spediti, melodici
e spavaldi, saluta la sua ragazza dicendole che lui la penserà spesso e
che un giorno, quando tornerà vincitore, si rincontreranno. Dedicato
alle fidanzate dei militari in partenza è anche “La serenata del
soldato”, a firma Innocenzi – Rivi. Un brano di discreto successo, più
sentimentale che marziale: “Io voglio un bacio prima di partir – recita
una strofa – So che tu non tremerai per me, serenamente aspetterai
perchè tu, fiera del mio amor, sarai sublime nella gioia e nel dolor”.
Ad una ragazza, questa volta castana ma comunque innamorata di
un giovane soldato, è poi dedicata “Libro e moschetto”, del duo
Stazzonelli – Scandi, una canzone diffusa dalla radio a partire dalla
primavera del 1942. In essa il ragazzo, che lascia i libri per imbracciare
un fucile, saluta con baldanza la fidanzata dicendole: “contro il
nemico che là ci aspetta, cara brunetta, noi si vincerà”.
Diversi sono poi i brani dedicati alle famiglie e soprattutto alle
mamme. Come “Mamma bisogna vincere”, di Arconi – Nisa, che
esprime un “gradevole connubio tra retorica ed emozione, per un
testo squisitamente supportato da una melodia tenue e discreta. Il
brano – scrive Giovanni Curatola – ebbe più successo fra i civili che
tra le truppe al fronte”. In esso il soldato dice alla mamma che
bisogna vincere e lei risponde, in una lettera, che anche lei sta
facendo la guerra e che non si può perdere con un figlio al fronte
come lui. “Farò tutto il possibile per non fermarmi più. Il resto,
mamma eroica, fallo tu. Risveglia in te l'orgoglio che un giorno hai
S
dato a me. Si tratta di resistere perchè
mamma, bisogna vincere. Un giorno –
si legge nell'ultima strofa – il nostro
popolo stravincerà perchè ha tutte mamme eroiche come te”. Questi stessi
temi sono poi trattati anche in “Mamma
ritornerò”, un brano di Raimondi, Frati
e Rost in cui il giovane al fronte dice
alla madre di non darsi pena: “Mamma
non piangere – recita il ritornello presto ritornerò. Saprò sfidare il mio
destino, perchè il tuo cuore sempre mi
è vicino. Ma se cadessi per la mia bandiera, la tua preghiera su nel ciel mi giungerà”. Sempre per l'angelo
del focolare che vede i figli partire è poi “Io t'ho abbracciato
mamma”, in cui dominano entusiasmo e fiducia per un conflitto
breve e vittorioso: “Io son deciso a vincere o morire e vittorioso
tornerò da te. Finita questa guerra tornerò alla mia terra ed il lavoro
accanto a te riprenderò”.
Da ricordare poi anche alcuni canti di saluto e buon augurio a soldati
in partenza in diversi corpi. In particolare “Ciao ciao mio bell'alpin”
(Militello – Apolloni), al quale chi canta dice “ti aspetteremo per
salutarti ancor, eroe d'Italia ritorna vincitor”. Ai fanti, “agili e fieri che
vanno ovunque”, è dedicata poi “Fante d'Italia”, un brano scritto nel
1930 e rispolverato per l'entrata dell'Italia nel secondo conflitto
mondiale, che descrive i fanti come “eroi d'ogni aspra guerra, sempre
desti e pugnaci al gelo e al sol”. Merita infine una citazione anche
“Inno al fante” del duo Pettinato – Zangarini: un brano del 1936 che
conoscerà in questo nuovo conflitto nuova e maggior fortuna.
A chiudere questa carrellata di inni dedicati a chi si avvia al fronte,
due brani di particolare impatto: “Passano i battaglion” e il “Canto
dei volontari”, Il primo, del duo Cherubini – Marf, con il suo tono
allegro e spensierato descrive lo slancio e l'emozione di chi, al
suono della fanfara, guarda i ragazzi partire (“L'anima indomita
squilla, l'occhio dei forti sfavilla. Grida entusiasta il balilla: Soldati,
io vengo con voi!”). Il secondo è dell'estate 1940 e riprende il
motivo del brano di cinque anni prima dedicato ai volontari d'Africa.
Questa volta però a parlare è la sposa del milite, che gli dice coraggiosamente di “non tornar se della patria bella di libertà la stella
lassù nel cielo non brillerà”.
CIAO BIONDINA
L'alba spunta già, presto devi andar
per le vie del mondo, non tardar.
Ogni studentin, gaio soldatin
lascia i libri e l'Università.
Ciao biondina, ci rivedremo
un bel giorno ci incontreremo
da lontan quando resterò
solo col mio cuor, ti penserò
sognerò di baciar ancor
la tua treccia d'or.
Addio biondona.
Ciao biondina è giunta l'ora.
Ciao biondina un bacio ancora
Con ardor il goliarda va,
senza mai esitar combatterà!
Ciao mio caro amor
presto torno vincitor.
Sfila il battaglion, rombano i motor
sempre in alto i cuori e il tricolor.
Vincere o morir, questo è l'avvenir
della più gagliarda gioventù
Ciao biondina, è giunta l'ora
ciao biondina, un bacio ancora.
7
Mercoledì 26 novembre 2014
Da Roma e dal Lazio
VARATO IL NUOVO REGOLAMENTO PER LA RIASFALTATURA E GLI SCAVI
Prima distruggono Roma, poi la rattoppano
Marino annuncia cento/centocinquanta milioni di euro nel bilancio 2015
per la manutenzione stradale ordinaria e straordinaria. Ma non bastano
di Giuseppe Sarra
orre ai ripari il sindaco Marino. Ieri,
in una conferenza
stampa, il sindaco
di Roma ha annunciato lo stop alle buche e
alle strade piene di ‘cicatrici’ di catrame. E lo fa grazie alla riasfaltatura totale
dell’intera sede stradale
dopo gli scavi per vie a senso unico o doppio senso a
carreggiata unica o di una
sola carreggiata in caso di
strade con più corsie. Tra
le tante novità, l’amministrazione capitolina inserisce il rilascio di un deposito
cauzionale della regolare
esecuzione dei lavori e degli eventuali danni, oltre a
penali certe per chi non
compie alla regola i lavori.
Ma non è tutto. Nel nuovo
regolamento sugli scavi è
previsto il divieto di eseguire interventi non programmati e doppi interventi
a distanza di pochi mesi. E
C
l’obbligo per le aziende alla
vigilanza e rimozione degli
armadi stradali. Tra le nuove
regole anche l’accertamento dei reali requisiti d’urgenza: sanzioni per le false
urgenze, penali che arrivano
fino al blocco delle licenze
e la sospensione dei lavori
per 6 per le imprese, obbligo di mini trincee e controlli a campione sui materiali usati.
Se non è una guerra questa,
poco ci manca. Che potrà
contare su una cifra compresa tra i 100 e i 150 milioni
di euro per la manutenzione
ordinaria e straordinaria
delle strade che verrà inserita nell’esercizio finanziario 2015.
Ovviamente l’auspicio della
giunta di centrosinistra è
quello che con il nuovo regolamento diminuiscano anche gli incidenti stradali, in
particolare per le due ruote.
Anche se la somma che verrebbe stanziata è esigua rispetto alle reali esigenze di
LA PROTESTA A MONTECITORIO
Croce rossa, sit-in
contro privatizzazione
Dal primo gennaio in 170
resteranno a casa, 500 in mobilità
n sit-in silenzioso, per
porre l’accento sulle problematiche “che stanno
investendo i lavoratori della Croce rossa italiana e in particolare
del corpo militare”. A parlare è
Vito Failla, presidente del Cocer
della Croce rossa italiana, interpellato dall’agenzia Dire a
proposito del sit-in organizzato
a Montecitorio per domani dalle
9 alle 14, che vedrà manifestare
associazioni di familiari e volontari in congedo della Croce
rossa militare per cercare di
sensibilizzare sul suo ruolo fondamentale.
I numeri sono importanti, raccontano di un disagio da parte
dei dipendenti della Cri che, a
causa del decreto legislativo
178 del 2012, rischiano di perdere il posto dall’1 gennaio:
“Con effetto immediato 170 persone circa resteranno a casa ha spiegato invece Michele Polini, presidente del Comitato nazionale ‘Salva Corpo Militare
Cri’ - Le persone che ruotano
attorno alla Croce rossa sono
20mila circa, ma i coinvolti sono
quasi 1.000”.
Nello specifico, “degli 800 militari in servizio continuativo,
300 resteranno in servizio fino
al 31 dicembre 2016”, quindi
da personale in servizio a tempo
indeterminato diventeranno ‘a
U
scadenza’. I restanti 500 “dopo
aver perso lo status di militare
saranno posti in mobilità non
assistita”. Si vuole sensibilizzare,
dice ancora Polini, “le istituzioni
tutte. Parliamo di un corpo fondato oltre 150 anni fa, che vanta
interventi a sostegno delle forze
armate, delle popolazioni civili
e dei più vulnerabili in occasione
di calamitá naturali”.
Il rischio che circa 900 persone
perdano il posto, insomma, secondo Failla “c’è ed è concreto.
Mi chiedo: chi oggi è in grado
di bersi la balla che saranno ricollocate, agevolmente, nella
Pubblica amministrazione?”. I
dipendenti della Cri, nati per
soccorrere, vanno tutelati, “hanno professionalità di grande rilievo”, è gente che “da un contributo generoso a chi soffre”.
E, continua, “anche chi non va
sul campo svolge un ruolo fondamentale, ha grandi responsabilità e come gli altri sono
addestrati ad intervenire in caso
di emergenze”. Il problema, sottolinea il presidente del Cocer,
“è della politica”. E proprio a lei
si rivolgeranno quelli che domani
saranno a Montecitorio per dire
che la riforma della Croce rossa,
“è un vero disastro” e che così
facendo smantelleranno “un fiore
all’occhiello dell’Italia”.
(Agenzia Dire)
Roma Capitale. E’ lo stesso
primo cittadino a spiegarlo:
“A Roma abbiamo 100 milioni di metri quadrati di
superficie stradale. Con 100
milioni di euro, che sembra
una cifra enorme, si può rifare solo il 5% del manto
stradale”. Il che fa pensare
che a pagarne le spese saranno sempre e comunque
le zone periferiche rispetto
al Centro.
“Questo significa che il 95%
rimane non rifatto – ha continuato Marino - E per questo serve un regolamento
come quello varato perché
significa stringere un’alleanza con le aziende che
quando dovranno fare uno
scavo dovranno anche rifare
la strada”. Ce la farà Marino
a limitare il gap? Chissà.
“Vogliamo un cambiamento
cultura - ha precisato Marino
- purtroppo a Roma la sciatteria, la voglia di guadagnare di più e la voglia di
non rispettare le regole è
sotto gli occhi di tutti”.
Il primo cittadino ha riportato l’esempio delle strade
in sampietrini che “vengono
rattoppate con una spennellata di asfalto. Con le
nuove regole – ha assicurato
il sindaco di Roma – vogliamo cambiare tutto ciò. Era
necessario un nuovo regolamento in modo che le
aziende non potessero più
comportarsi male”.
Mercoledì 26 novembre 2014
8
Dall’Italia
MASSIMA ALLERTA ALL’OSPEDALE SPALLANZANI DI ROMA
Ebola, il medico curato con siero sperimentale
Il paziente ha la febbre ma è in condizioni stabili ed è vigile. Impossibile risalire alla causa
del contagio: “Può esserci stata una rottura nella tuta, o nel guanto, non lo sappiamo”
di Francesca Ceccarelli
in condizioni stabili” il medico
di Emergency ricoverato allo
Spallanzani di Roma dopo aver
contratto il virus Ebola. A dirlo
il dottor Emanuele Nicastri, infettivologo
dell’ospedale capitolino, durante la prima
conferenza stampa dopo il ricovero del dottore contagiato.
“Il paziente ricoverato e’ vigile, collaborante
e autonomo. Ha la febbre a 39 con brividi e
ha avuto un solo episodio di vomito domenica”ha comunicato il nosocomio.
“E’ in trattamento con un farmaco antivirale- aggiunge il direttore scientifico dello
Spallanzani, Giuseppe Ippolito specificonon registrato in Italia, autorizzato con ordinanza dell’Agenzia italiana del farmaco
(Aifa) su indicazione del ministero della
Salute. E’ per la prima volta utilizzato in
Italia. E’ stato però già usato in Ebola all’interno della rete clinica coordinata dall’Oms
sia in Usa che in Ue”, ha precisato Ippolito,
dichiarando che il nome del farmaco sperimentale non verrà rivelato.
“È stato impossibile ricostruire la causa
del contagio” del medico di Emergency,
ha chiarito in conferenza stampa la presidente della ong, Cecilia Strada. “Può esserci
stata una rottura nella tuta, o nel guanto,
non lo sappiamo. Purtroppo anche gli altri
casi di operatori sanitari contagiati ci hanno
dimostrato che è molto difficile risalire alla
causa prima del contagio”.
Al “Corriere della sera” Tina, la moglie del
“È
medico ricoverato, ha raccontato di aver
passato la notte insonne, pronta nella sua
casa a fare le valigie con le due figlie di 18
e 19 anni per raggiungere il marito.
“Ha chiamato un funzionario della Farnesina.
Ha provato a tranquillizzarci anche se non
ci è riuscito... Dicono che per noi per il momento è meglio restare in Sicilia. Sono seriamente preoccupata - ha continuato la
donna - anche perché dalla Sierra Leone
lui ha telefonato una volta parlando con le
nostre ragazze, dicendo che andava tutto
bene, mentre da quando è arrivato Roma
ha inviato solo due sms col suo cellulare,
l’unico contatto col mondo che gli è rimasto,
l’unico aggancio possibile con noi. Lo co-
nosco bene dopo 25 anni di matrimonio.
Per non chiamare vuol dire che sta male e
preferisce non parlare, per non fare aumentare il nostro sconforto...”.
Il medico di Emergency è arrivato presso
lo scalo di Pratica di Mare dove un’ambulanza dello Spallanzani era in attesa di trasportarlo al centro ospedaliero. Durante il
viaggio che lo avrebbe riportato in Italia
sono state predisposte tutte le misure per
garantire il trasporto e il ricovero del paziente in massima sicurezza e iniziare tempestivamente il trattamento clinico. Il dottore
ha viaggiato su una barella speciale ad alto
isolamento a bordo del Boeing 767 dell’Aeronautica Militare protagonista nei giorni
scorsi della simulazione avvenuta a Malpensa.
“Le procedure che comportano il trasferimento del medico italiano positivo all’Ebola
non comporta nessun rischio per la comunità”: così rassicura Gianni Rezza, direttore
del Dipartimento malattie infettive dell’Istituto superiore della sanità. “Siamo già da
tempo pronti a questa evenienza e lo Spallanzani di Roma è attrezzato per gestire al
meglio la situazione. È un dovere morale
dare tutte le cure del caso - ha continuato e le terapie di supporto ai connazionali
colpiti dall’Ebola: meglio qua che in Sierra
Leone. Si può assolvere tranquillamente a
questo compito in tutta sicurezza”.
9
Mercoledì 26 novembre 2014
Dall’Italia
LA DONNA, CHE HA GIÀ TRE FIGLI, AVREBBE NASCOSTO LA GRAVIDANZA ALLA FAMIGLIA
Neonata nel cassonetto: rintracciata la madre
Valentina Pilato, colpita da un’emorragia, era stata accompagnata all’ospedale dal cognato:
ora è accusata di infanticidio. La piccola sarebbe venuta alla luce due ore prima del ritrovamento
alermitana, trentenne, madre di tre figli. Sarebbe
lei, Valentina Pilato, ad
aver partorito e, subito
dopo abbandonato la neonata in un cassonetto dell’immondizia
a Palermo. La bimba, trovata lunedì
mattina da un clochard, è morta poco
dopo il ricovero. La donna è ora indagata per infanticidio.
La Pilato, originaria di Palermo ma
residente a Gemona del Friuli (Udine), si era recata nel tardo pomeriggio di lunedì al pronto soccorso dell’ospedale Cervello per una grave
emorragia interna, accompagnata
dal cognato, un vigile del fuoco.
Ora si trova nel reparto di Ginecologia, piantonata. Il medico che la segue, Francesco Labate, ha spiegato
che “nella notte ha subito un piccolo
intervento all’utero” aggiungendo
“la paziente sta bene, è robusta, in
buona salute e in questo momento
lucida”.
Il camice bianco ha inoltre aggiunto
che sarebbe stato il cognato a convincerla ad andare in ospedale: “La
donna, da quanto ci risulta, avrebbe
nascosto a tutti la gravidanza: la famiglia
non sapeva nulla ed è sconvolta”.
Una tragedia che colpisce un’intera
famiglia, che sarebbe stata dunque
all’oscuro di tutto. Si sospetta infatti
che la 30enne, che vive a Gemona
in Friuli dal febbraio scorso con il
marito, 34enne militare dell’esercito
con il quale ha anche altri 3 figli, di
due, sei e otto anni, abbia intrapreso
il viaggio a Palermo, proprio per
partorire.
“La donna ci ha raccontato che subito
dopo aver abbandonato la figlia ha
avuto un ripensamento ed è tornata
P
per riprenderla, ma ha avuto paura
vedendo la folla accorsa nel frattempo”, aggiunge ancora il medico.
Tuttavia, secondo quanto riportano i
media, nel racconto della donna ci
sarebbero delle contraddizioni.
Interrogata dal pm titolare dell’indagine, Nino Di Matteo, la donna, assistita dal suo legale, l’avvocato Enrico
Tignino, ha risposto alle domande
del magistrato sostenendo di aver
agito in preda al panico per il timore
che la bimba, di cui non sentiva il
battito del cuore, fosse morta. Una
versione che però si contraddice
con il fatto che dopo ci ha ripensato.
La Pilato, che avrebbe nascosto la
gravidanza non solo al marito ma
anche alla madre e alla sorella (aiutata
dalla sua corporatura robusta), ha
raccontato agli inquirenti di avere
partorito da sola nell’abitazione della
madre. Ora gli investigatori interrogheranno i familiari della donna ed
il cognato che l'ha convinta ad andare
in ospedale. Non è escluso che il
suo legale nomini un consulente per
vagliare la capacità di intendere e
di volere dell’indagata.
La tragedia era avvenuta lunedì mattina. La neonata era stata abbandonata
nuda, avvolta in un lenzuolino, all’in-
terno di un borsone di colore rosso,
in un cassonetto di via Di Giorgi a
Palermo. Il cordone ombelicale ancora attaccato, causa, probabilmente,
della copiosa emorragia e del decesso. Nel borsone c'erano inoltre
un tappetino zuppo di sangue, giaciglio improvvisato usato durante il
parto, un paio di forbici, una scarpa
da uomo e la placenta. Indizi che
tutto sarebbe accaduto in fretta.
Ad accorgersi della piccola era stato
un clochard, Rosario Campo, 55 anni,
che frugava nell’immondizia. “Ho
scostato il lenzuolo e ho visto la piccola. Era bionda. Non credevo ai
AGGREDITO DA ALCUNI COETANEI IN UN ISTITUTO DI MOLA DI BARI
Bullismo: bambino picchiato a scuola
Il ragazzino ha riportato ecchimosi su tutto il corpo e un trauma cranico.
I genitori hanno sporto denuncia: la procura di Bari ha aperto un’inchiesta
ccerchiato e picchiato da
alcuni coetanei.Vittima dell'aggressione un bimbo di
sette anni. L'episodio, su cui ora
indaga la Procura di Bari, sarebbe
avvenuto lo scorso 22 ottobre
nella palestra di una scuola elementare di Mola.
Il ragazzino sarebbe stato preso
di mira senza un motivo apparente da almeno tre, coetanei,
anche se la dinamica dell’aggressione è ancora al vaglio degli inquirenti.
Il branco lo avrebbe pestato con
A
calci e pugni e colpito alla testa
con dei birilli di legno al punto
che pare che la vittima abbia
anche perso conoscenza per alcuni minuti.
Tornato a casa il piccolo ha detto
ai genitori di avere un po' di
mal di testa, ma nella notte la situazione è peggiorata. Il bambino
non riusciva a dormire e nei pochi momenti in cui prendeva
sonno si risvegliava agitatissimo
alternando crisi di panico ad
ansia. I genitori si sono inoltre
resi conto che il piccolo sentiva
dolore anche al semplice contatto con la schiena.
La mattina seguente mamma e
papà lo hanno portato al pronto
soccorso dell'ospedale locale,
poi il trasferimento all'ospedale
per bambini Giovanni XXIII di
Bari.
Al piccolo sono state riscontrate
in effetti “ecchimosi al dorso, al
fianco destro e sinistro, alla regione deltoidea destra e ginocchia; un piccolo ematoma alla
regione occipitale, diverse escoriazioni superficiali in regione
occipitale; un trauma toracico, e
lesioni multiple al capo, tronco
e arti”.
I medici, non appena si sono
resi conto dell'accaduto, hanno
chiesto l’immediato intervento
di uno psicologo e il bambino
ha raccontato quanto gli era accaduto il giorno prima: pestato
a scuola da tre bulli.
I genitori, rappresentati dall'avvocato Nicola De Feudis, hanno
sporto denuncia insieme a una
richiesta di risarcimento danni
perché i fatti sono avvenuti in
una scuola pubblica e durante
le ore di lezione, senza che gli
insegnanti siano intervenuti.
Ora il bambino sta meglio, sta
seguendo un percorso terapeutico ed è più sereno. I genitori
hanno deciso di fargli cambiare
scuola e di trasferirlo in una succursale dell'istituto scolastico.
“Ho incontrato i genitori degli
altri alunni nelle scorse settimane
– ha detto il sindaco di Mola di
Bari, Stefano Diperna – perché
lamentavano episodi di violenza
da parte di quel bambino nei
confronti dei loro figli. Adesso
apprendo che invece proprio
quel bambino ha raccontato di
essere stato picchiato. È giusto
che facciano i doverosi accertamenti interni gli organi scolastici
e i carabinieri affinché approfonditi tutti i fatti per comprendere chi abbia procurato a quel
bambino le lesioni riscontrate
dai medici”.
B.F.
miei occhi - dice - Avrei voluto dare
l'allarme, ma non avevo il cellulare e
così ho fermato due donne e ho raccontato quello che c'era dentro”.
Immediato l’allarme al 118 da una
pizzeria poco distante. La neonata,
che era ancora viva, è stata portata
d’urgenza in ospedale e ricoverata
nel reparto di Neonatologia, dove
i medici hanno, invano, tentato di
rianimarla. La piccola è morta all’ospedale “Civico” poco dopo il
ricovero per una insufficienza cardiorespiratoria.
Secondo quanto trapelato la neonata
è venuta al mondo al termine di una
gravidanza regolare. Era sana e robusta. Accanto al cassonetto, qualcuno
ha posato una rosa bianca per ricordare la breve vita della piccola.
La Procura di Palermo ha subito
aperto un’inchiesta sulla morte ipotizzando il reato di omicidio volontario. Secondo i primi accertamenti
la bimba sarebbe nata circa due ore
prima del ritrovamento. Sul posto
sono intervenuti i carabinieri della
Compagnia Palermo San Lorenzo,
del Nucleo radiomobile e della Sezione Investigazioni Scientifiche che
hanno transennato la zona per eseguire i rilievi tecnici di competenza.
Il pm titolare dell’indagine, Nino di
Matteo, ha disposto l’ispezione cadaverica sul corpo della bambina e
il sequestro della cartella clinica.
Una tragedia che si poteva evitare.
Come hanno ricordato dall’ospedale
“Civico”, dove esiste una “culla per
la via”, che consente alle mamme
di lasciare i propri figli non riconosciuti, in assoluto anonimato e tutelando così la vita dei neonati.
Barbara Fruch
MILANO
Fiocco rosa
in metropolitana
Parto inatteso di una passeggera
egiziana, appena arrivata
alla stazione di Molino Dorino
iocco rosa in metropolitana. Un parto del
tutto inatteso quello avvenuto nella stazione
milanese di Molino Dorino. Lunedì sera
un'egiziana 21enne è scesa insieme al marito
da un treno della linea 1 quando improvvisamente si è sentita male: era cominciata la
fase di travaglio.
La scena, come racconta Repubblica dandone la
notizia, è stata vista in diretta, oltre che dai
presenti, dall’agente di stazione che in quel momento si trovava al piano superiore della stazione.
Accortosi della situazione dalle immagini che vedeva sul monitor, il dipendente Atm ha chiamato
il 118 chiedendo l’immediato intervento e scendendo in prima persona a prestare soccorso. Il
personale medico è arrivato nel giro di tre minuti,
ha sistemato un telo a proteggere la privacy della
donna a terra e l’ha aiutata nel parto di fortuna.
Fortunatamente tutto è andato per il meglio, la
piccola è nata attorno alle 20.30. Un po’ prima
dello scadere del termine: la sua nascita era
infatti prevista per i primi giorni di dicembre.
Mamma e bimba sono state subito trasportate all’ospedale Sacco, dove sono state ricoverate.
Una storia a lieto fine, grazie anche all’immediato
intervento dei soccorsi.
F
10
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Mercoledì 26 novembre 2014
Dall’Italia
FINORA ASSOLTO IN OTTO PROCESSI, NE HA ANCORA QUATTRO PENDENTI
Evasione fiscale: l’infinita lotta di un 78enne
Egidio Viezzer, dopo il fallimento della ditta, aveva trasferito l’azienda in Polonia
ed era stato accusato di “estero vestizione” in quanto residente ancora nel Belpaese
di Barbara Fruch
inora è stato assolto otto volte in altrettanti processi e ne ha altri quattro
ancora da definire. Un assassino?
No, “semplicemente” un presunto
evasore.
A finire vittima della malagiustizia, come racconta Il Gazzettino, è un imprenditore trevigiano, Egidio Viezzer, 78enne ex titolare della
“Casa di spedizioni Egidio Viezzer” di San
Vendemiano (Treviso) ed ex presidente di
una ditta con sede a Cieszyn, nel sud della
Polonia. Per lui l’accusa è di una presunta
“estero vestizione” di società, ovvero la fittizia
localizzazione all'estero della residenza fiscale
di una società che, al contrario, ha di fatto la
sua attività e persegue il suo oggetto sociale
in Italia. Lo scopo principale della localizzazione, tipicamente in un paese con un regime
più fiscale più vantaggioso di quello nazionale,
è ovviamente quella di fare in modo che gli
utili siano sottoposti ad una minore tassazione.
Una storia scandalosa, come denuncia l'avvocato dell’imprenditore, Domenico Riposati:
“Credo che questo accanimento sia eccessivo.
La vita familiare non è stata facile”.
Il calvario giudiziario inizia nel 2010 quando
F
la “Casa di spedizioni Egidio Viezzer” fallisce:
i conti vengono spulciati (comprese mail e
fatture) e partono contestazioni da parte di
Guardia di Finanza, Fisco, Inps e carabinieri.
Essendo residente in Italia, avrebbe dovuto
pagare qui le tasse e la Viezzer Poland lasciava
configurare un caso di estero vestizione.
Il tutto per godere di vantaggi fiscali. Ed è
proprio questo il punto (al di là degli innumerevoli processi a carico del 78enne, che si
trova nei guai solamente perché ha mantenuto
la residenza in Italia portando la ditta all’estero). Forse uno Stato che si batte in tutto
e per tutto contro l’evasione fiscale, dovrebbe
anche prevedere un regime impositivo decente per i tanti titolari di ditte italiane.
Come ormai ammettono diversi politici, da
Berlusconi a Salvini, ma anche piddini, c'è in
Italia una componente dell'evasione fiscale
che può essere considerata “di sopravvivenza”. Come disse lo stesso Fassina: “Ci sono,
in sostanza, ragioni strutturali che spingono
tanti soggetti a comportamenti di cui farebbero
volentieri a meno”.
Probabilmente infatti con un regime fiscale
più adatto la “Casa di spedizioni Egidio
Viezzer” di San Vendemiano non sarebbe
fallita. Ma questo ai giudici evidentemente
non interessa. E le litanie sugli imprenditori
che delocalizzano, a questo punto, hanno
l’inconfondibile sapore delle lacrime di
coccodrillo.
FOGGIA - IN MANETTE QUATTRO AFFILIATI AL CLAN MORETTI-PELLEGRINO-LANZA
Imprenditori taglieggiati: “O paghi o ci denunci”
oggia, una città in preda alla criminalità organizzata. Il racket
terrorizza ormai quasi quotidianamente i cittadini facendo esplodere
tre bombe, solo in cinque giorni contro
tre diversi esercizi commerciali.
Ieri l’ennesima operazione delle forze
dell’ordine che hanno eseguito una
misura di custodia cautelare in carcere
a carico di quattro soggetti ritenuti affiliati alla batteria criminale “MorettiPellegrino-Lanza”, attualmente predominante a Foggia, seppure recentemente decapitata al vertice, dopo
gli arresti eccellenti di dieci giorni fa,
quelli di Rocco Moretti e Antonio Vincenzo Pellegrino e la cattura di Pa-
F
squale Moretti, figlio di Rocco, latitante
da 6 mesi circa.
In manette sono finiti Emilio D’Amato
di 41 anni, Marco Romano di 36, Michele Calabrice di 38 e Rodolfo Bruno
di 35 che dovranno rispondere, a
vario titolo, di tentata estorsione in
concorso.
Le indagini sono partite a settembre
e si sono protratte fino alla settimana
scorsa. Secondo quanto accertato
dalla polizia i membri del gruppo si
presentavano alle vittime designate
di persona avanzando pesanti richieste
di denaro, calibrate sul potere economico stimato di ognuno.
La prima vittima è un imprenditore
edile del capoluogo al quale era stata
chiesta una rata di 2500 euro mensili,
poi un piccolo commerciante a cui
era stata richiesta una “tassa” di 50mila
euro più un fisso mensile di 500 euro.
Infine, all’imprenditore agricolo di un
paese della provincia era stata chiesta
la dazione eccezionale di 100mila
euro.
La richiesta estorsiva, ovviamente, era
accompagnata da minacce esplicite:
“Hai due possibilità: o paghi o ci denunci”, avrebbero risposto alle rimostranze di una vittima. “Ma se ci denunci
avrai problemi e gli avvocati comunque
li paghi tu”.
Alla conferenza stampa della polizia
a Foggia, insieme al questore Silvis e
al capo della mobile Annicchiarico,
era presente anche Tano Grasso, presidente onorario del FAI, Fondazione
Antiracket: “Questa è una occasione
unica per Foggia – ha spiegato Grasso
– è l’esempio concreto che la denuncia
è l’unico mezzo per reagire: è inutile
parlare di esercito o misure straordinarie. Contro il racket, l’unica arma è
la denuncia. E in una città sotto attacco
come Foggia, la denuncia di tre differenti operatori economici è un grande
segnale di riscatto. Certo, siamo lontani
dalle denunce collettive, ma la strada
intrapresa sembra essere quella giusta.
Basterebbero le denunce di dieci imprenditori – conclude - per non avere
mai più una bomba a Foggia”. F.Ce
REGGIO CALABRIA E VIBO VALENTIA - FACEVANO PARTE DEI “BELLOCCO”, “LO BIANCO” E “FIARÈ”
Estorsioni e usura: arresti nella ’ndrangheta
Vittima un commerciante di abbigliamento e di oggetti preziosi che, dopo due rapine
da quasi 500 mila euro, si era rivolto ai sei fermati per chiedere prestiti in denaro
ostringevano un commerciante, anche con minacce, a pagare ingenti
somme di denaro. Sono sei i fermi
eseguiti dai carabinieri del Reparto Operativo
di Vibo Valentia l’altra notte nei confronti
di altrettanti soggetti ritenuti contigui alle
‘ndrine “Bellocco” di Rosarno (nel reggino)
e “Lo Bianco” e “Fiarè” dell’hinterland Vibonese.
Con l’operazione “Insomnia”, così come
è stato definito il blitz, si è fatto così luce
su un vasto giro di usura ed estorsioni.
La vittima è un commerciante di abbigliamento e di oggetti preziosi che, dopo due
rapine fruttate ai malviventi, nel complesso,
quasi 500 mila euro, ha avuto necessità
di denaro per riavviare l’impresa.
Le somme gli vennero prestate dal 2010
al 2014 e a garanzia degli interessi e del
C
capitale, i presunti usurai si sarebbero
fatti consegnare due orologi Rolex, una
partita di gioielli e pietre preziose, assegni
e una scrittura privata che li ponesse al riparo da possibili denunce.
Per ottenere i pagamenti, i soggetti fermati,
secondo quanto appurato dagli inquirenti,
avrebbero minacciato gravi ritorsioni nei
confronti della vittima e dei suoi familiari.
In un tratto di intercettazione si sentirebbe
uno di loro affermare: “Se ti vedo ti scasso
la pancia; … per colpa tua sto facendo
brutta figura con tutte le persone … vedi
di onorare gli impegni presi altrimenti qui
diventa come il giorno dei morti; … non
ti azzardare a denunciarmi, altrimenti dove
ti trovo ti spacco e tieni conto che ho
anche quel pezzo di carta che mi tutela”.
Ma non è finita: quando il commerciante
ha deciso di non mostrarsi in pubblico
per un certo periodo di tempo, alcuni dei
“creditori” avevano ideato un piano prendendo di mira il figlio, di appena 10 anni.
Volevano adescarlo grazie ad un profilo
falso di una ragazzina su facebook. Successivamente, attraverso un software, volevano individuare la posizione del ragazzo
e dell’imprenditore e quindi organizzare
una spedizione punitiva stile “arancia meccanica”. Avrebbero infatti detto: “Io vorrei
incontrarlo adesso qua, davanti alla moglie
e al figlio… lo faccio mortadella e può
anche gridare… la moglie e il figlio li
chiudo nella stanza e gli prendo i telefoni
così non possono chiamare nessuno”.
Alcuni dei fermato avrebbero ipotizzato di
prendere contatti inoltre con la segretaria
della scuola frequentata dal figlio della
vittima, per capire, in particolare, se era
stato richiesto un nulla osta al trasferimento
del bambino verso un altro istituto, temendo
che l’imprenditore fosse stato trasferito
in una località protetta.
In manette sono finiti Salvatore Furlano,
46 anni, di Vibo Valentia; Damiano Pardea,
29 anni, di Vibo Valentia; Gaetano Cannatà,
40 anni, di Vibo Valentia; Francesco Cannatà, 38 anni, di Vibo Valentia; Alessandro
Marando, 38 anni, di Rosarno; Giovanni
Franzè, 52 anni, di Stefanaconi.
Un fenomeno quello dell’estorsioni e dell’usura preoccupante, come sottolineato
dal procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro, Giovanni Bombardieri. “Vibo Valentia è il territorio con la più alta percentuale
di fenomeni usurari in Italia – ha detto – e
quello che abbiamo portato alla luce in
questi anni è solo la punta dell’iceberg”.
L’appello dunque è a denunciare gli aguzzini.
“Denunciare gli usurai – ha aggiunto – è
possibile perché bisogna capire che dal
fallimento si può venire fuori, ma se si
resta sotto ricatto si fa il gioco di questi
malviventi che arrivano a sottrarre tutto il
patrimonio della vittima. Lo Stato ha dimostrato anche in questa occasione di
essere presente e di agire in breve tempo,
tant’è che dalla denuncia ai fermi sono
passati circa cinque mesi”.
Carlotta Bravo
11
Mercoledì 26 novembre 2014
Medicina
SENTENZA STORICA DEL TRIBUNALE DI MILANO
Autistico a causa del vaccino: ottiene il vitalizio
Dopo otto anni la decisione dei giudici e le immancabili polemiche
di Francesca Ceccarelli
na decisione che rimette in discussione
una querelle aperta
da tempo: esiste un
legame tra vaccinazione e autismo? Mentre continua
il dibattito internazionale cominciano a susseguirsi alcune sentenze destinate a creare una storia del diritto in materia.
Dapprima una sentenza del 2012
del Tribunale di Rimini che identificava un nesso causale tra questa patologia e il vaccino trivalente, quello contro morbillo, parotite e rosolia. All'epoca pediatri
e igienisti insorsero perché la
sentenza rischiava di far "perdere
fiducia in uno strumento preventivo per la salute dei bambini".
Oggi il tribunale di Milano aggiunge un nuovo tassello: il ministero della Salute dovrà versare
un assegno bimestrale, per tutta
U
la vita, a un bimbo affetto da autismo, a cui nel 2006 fu iniettato
il vaccino esavalente prodotto
dalla multinazionale GlaxoSmithKline. Come racconta il quotidiano "La Repubblica", la sentenza arriva dopo che la famiglia
del bambino, che oggi ha 9 anni,
aveva presentato nel 2011 una
domanda di indennizzo al ministero che allora venne respinta.
La sentenza del Tribunale è firmata dal giudice Nicola Di Leo,
secondo cui sarebbe "acclarata
la sussistenza del nesso causale
tra tale vaccinazione e la malattia".
"Dalla sentenza, dello scorso
23 settembre, sono passati i 60
giorni entro cui il ministero
avrebbe potuto presentare ricorso in appello e non ci risulta
lo abbia fatto - dice Alessandra
Genovesi, avvocato del bambino
- la sentenza è passata in giudicato. Per la famiglia, l'augurio è
che in futuro si possano intro-
durre più cautele nelle vaccinazioni".
Il bambino riceverà un assegno
bimestrale il cui importo sarà
calcolato a partire da una base
di 1.683 euro, più un indennizzo
una tantum.
E ancora era marzo di quest’anno quando fu aperta un'inchiesta
sulla connessione fra vaccini e
autismo a Trani dopo che i genitori di due bambini sporsero
denuncia poiché ai loro figli fu
diagnosticata dai medici una sindrome autistica e che, secondo
le denunce, potrebbe essere stata causata proprio dai vaccini.
Tutti episodi che concorrono a
far si che nel corso degli anni si
sia diffuso un certo allarmismo
che da nord a sud ha provocato
dal 2011 un crollo del numero
dei bambini vaccinati: ogni anno,
mediamente, 5mila genitori in
più decidono, nonostante l'obbligo, di non far vaccinare i propri bambini.
CONSIGLI PER MANTENERSI IN SALUTE
Bologna: nasce “Nutristyle”
Dieta mitocondriale, movimento e idrotermoterapia
hi è ossessionato dalle calorie contenute nei cibi potrebbe da oggi avere un’altra
attenzione: i mitocondri. A fronte
di un futuro in cui le malattie saranno sempre più derivanti da
cibo e alimentazione, il problema
non è costituito tanto dalle calorie,
ma dall’attivazione o meno dei
mitocondri: organuli presenti in
tutte le cellule del corpo umano,
che hanno il compito di trasfor-
C
mare glucidi, lipidi e protidi in
energia, calore e metaboliti.
È quanto sostiene il prof. Antonio
Monti, che ha presentato l’innovativa dieta mitocondriale del Nutristyle, a cura della direzione
scientifica del gruppo Mare Termale Bolognese - Circuito della
Salute Più (guidata dallo stesso
Monti), nella cornice del “Villaggio
della Salute Più”, ai piedi dell'Appennino bolognese. Questa dieta
pone l’accento non tanto sul mero
apporto calorico dei cibi, ma sulla
loro composizione in termini di
oligonutrienti, che hanno la finalità
di attivare i mitocondri cellulari,
alla base della salute e del benessere. Secondo Monti, infatti, "le
patologie metaboliche sono date
spesso da una disfunzione dei
mitocondri. Se mangiamo male è
perché i minerali che assumiamo,
che sono il fondamento dell’attività
metabolica dei mitocondri, non
sono in sintonia con la nostra
nutrizione. Per questo dobbiamo
scegliere il cibo da mangiare per
la nostra dieta in questa funzione,
non per le calorie”. Di conseguenza
“è inutile fare attenzione a grassi
e carboidrati in eccesso, se poi
non prestiamo attenzione a come
vengono assimilati nel nostro organismo e a quali oligonutrienti
vengono introiettati". E la questione
della corretta alimentazione, sottolinea Monti, è centrale non solo
per eliminare i chili in eccesso,
ma soprattutto per il benessere
del corpo e la prevenzione delle
malattie più comuni legate all’alimentazione, che sono in aumento,
soprattutto tra i giovani. Per questo
ben vengano tutte le proposte
che stimolano l’attività mitocondriale oltre agli oligonutrienti: l’assunzione di acqua mineralizzata
(scegliendo quella più adatta al
proprio metabolismo), l’attività fisica, l’idrotermoterapia (cioè l’aumento termico controllato).<
"I problemi più preoccupanti per
la salute pubblica nei prossimi
anni riguardano obesità, diabete,
ipertensione e tutta una serie di
affezioni metaboliche (colesterolo,
dislipidemie, trigliceridi) che trovano la loro ragion d'essere in
una errata alimentazione". Per
esempio, spiega Monti, "negli Stati
Uniti il 10% della popolazione
giovanile maggiorenne è già affetta
da diabete e ipertensione a causa
dell'eccesso di zuccheri e delle
bevande dolcificate". Una realtà
confermata anche dal decimo rapporto sulla sanità italiana realizzato
dall'Università Tor Vergata e presentato il 4 novembre scorso alla
Camera dei deputati, secondo il
quale le malattie degenerative hanno già raggiunto la loro massima
espressione, mentre saranno in
aumento quelle di derivazione ali(Dire)
mentare.
IL 21% DEGLI ITALIANI HA CAMBIATO SPECIALISTA
L’era del dentista express
Low cost e low time: ma la qualità?
pparentemente il dentista diventa
sempre più low cost. Coupon per
visite odontoiatriche scontate anche
fino all’80%, pulizie dei denti a poche
decine di euro, catene di studi dentistici
che offrono prezzi ben al di sotto della
media del settore. Una scelta, quella della
scontistica selvaggia, che può sembrare
quasi obbligata visti i tempi difficili, per rispondere alle esigenze di sempre più persone in difficoltà. Solo il 34% degli italiani,
infatti, dichiara di andare regolarmente dal
dentista per visite periodiche, mentre il
38% ammette di averlo consultato solo in
seguito ad un problema.
Sembra, però, che, nella maggior parte dei
casi, non sia il prezzo ad influenzare la
scelta del dentista, ma i pareri delle persone
care. La maggior parte degli italiani (55%)
preferisce lasciarsi guidare dai consigli di
amici e parenti, o affidarsi al dentista di famiglia (26%). Il 21% degli intervistati, però,
ammette di essere stato costretto a cambiare
odontoiatra per ragioni economiche. Di
fronte a tariffe eccessivamente inferiori
A
alla media, bisogna, però, fare molta attenzione. Se, infatti, è possibile risparmiare un
poco sul materiale utilizzato, magari comprandolo in quantità maggiori consociandosi
con altri studi, non è plausibile economizzare
sul tempo dedicato ad ogni trattamento.
L’Andi – Associazione Italiana Dentisti Italiani
ha pubblicato un documento dal titolo Nomenclatore e Tariffario, redatto sulla base
di un questionario inviato ad oltre 600 studi
dentistici. Da queste risposte, è stato stilato
una sorta di listino prezzi, nel quale si
indica il range tariffario per ogni prestazione
odontoiatrica ed ortodontica, ma anche il
tempo medio che ognuna di queste richiede
per ottenere un risultato qualitativamente
soddisfacente.
“La fretta è sicuramente la peggior consigliera per chi fa il nostro lavoro, e non si
può ridurre tutto ad una maggiore o minore
velocità dello specialista perché esistono
tempi obbligati dettati dalle leggi della fisica. – Ha commentato il dottor Marco Turco,
dentista e responsabile dei programmi di
cura dei centri Samadent. – Ad esempio,
secondo il documento
ANDI, nel caso di un intervento di otturazione in
materiale composito estetico (che coinvolge tre superfici contigue del dente),
tra i più frequenti, il tempo
minimo indicato è di 45
minuti, a fronte di un costo
compreso tra i 120,00 e i
180,00 euro. Anche se ci
sono piccolissime differenze di costo tra i migliori
materiali compositi esistenti (gli altri nemmeno
li prendo in considerazione), forse in parte si potrà
risparmiare sui materiali
acquistando in grandi
quantità, in parte sarà possibile ridurre il
proprio compenso orario, ma i 45 minuti
assolutamente non sono negoziabili. Infatti
questo intervento viene effettuato pulendo
attentamente con frese la cavità creata dalla
carie e riempiendola con piccoli strati di
materiale composito, che dovrà poi essere
fotopolimerizzato, “fondendosi” con il dente.
Strati troppo spessi non polimerizzano bene
e quindi non si induriscono. L’operazione
va, poi, ripetuta più volte, strato dopo strato
e avendo alla fine l’accortezza di modellare
il composito in modo da rendere l’ottura-
zione perfettamente integrata nella struttura
del dente, praticamente invisibile ad occhio
nudo e quindi perfettamente ermetica. Se
la si effettua in meno tempo e con meno
cura, non si lascia il tempo al composito di
indurirsi per foto polimerizzazione e non
si ha il tempo di modellare e rendere ermetica l’otturazione che potrà quindi essere
meno resistente e infiltrarsi (far entrare sostanze e batteri). Un’operazione “express”
fatta in poco tempo avrà quindi certamente
una durata minore. Si ha solo l’impressione
di risparmiare”.
12
Mercoledì 26 novembre 2014
Sport
DOPO IL GOL DI TOTTI, IL CSKA PAREGGIA IN PIENO RECUPERO. QUALIFICAZIONE PIÙ COMPLICATA
La Roma “gelata” sul campo di Mosca
a Roma pareggia
1-1 a Mosca, nel
penultimo turno
del girone di qualificazione
di
Champions League, ma
l’amaro in bocca è veramente tanto, micidiale, arrivato con la beffa che porta
il nome quasi impronunciabile di Berezoutski: nel terzo
e ultimo dei minuti di recupero, il gol del moscovita
complica la qualificazione
della squadra di Garcia, anche se nulla è perduto.
La Roma non solo aveva cullato la vittoria fino a quell’incredibile finale, ma l’aveva costruita con un approccio alla gara niente male e
decisamente migliore rispetto alle ultime trasferte.
La personalità dei giallorossi si vede fin dalle prime
battute di un match spigoloso, con il pallino del gioco
tenuto in mano grazie al
possesso palla. Si rivede
anche il pressing alto che
aveva caratterizzato a lungo
il gioco della scorsa stagione. Manca però l'ultimo passaggio o il dribbling decisivo. E questo alla fine potrebbe costar caro. Anche
il Cska sbaglia parecchi appoggi ma la squadra giallorossa non ne approfitta. E
la prima occasione è proprio per la sorniona formazione di casa: dopo una
L
ALTRO MATCH DA DENTRO O FUORI
La Juventus a Malmoe:
non sarà una passeggiata
n’altra partita da dentro
o fuori per la Juventus,
stasera in Champions
League – non proprio la specialità di mister Allegri che
in questo è sulle orme di
Conte – nel freddo svedese
di Malmoe, per il penultimo
turno del gruppo G.
Tra l’altro, le trasferte a certe
latitudini non portano granché bene ai bianconeri, fermati sempre sull’1-1 sia a
Nordsjaelland (ottobre 2012)
che l’anno dopo contro il più
ostico ma non irresistibile
Copenaghen. Se dovesse
andar male – o comunque
non bene – stasera, la Juve
si giocherebbe poi tutto il 9
dicembre, si in casa allo Stadium ma contro i vicecampioni d'Europa dell'Atletico
Madrid. Non proprio una
U
dormita della difesa giallorossa, De Sanctis salva il
risultato con un'uscita bassa
su Doumbia. Poi Florenzi
decide di fare tutto da solo:
prende palla sulla trequarti,
supera in dribbling un paio
di avversari e viene atterrato al limite dell'area. Tutti
si aspettano la bomba del
capitano, che immancabilmente arriva: il destro potentissimo di Francesco Totti
si infila alle spalle di un
esterrefatto Akinfeev.
La Roma ci crede e inizia
bene la ripresa, gestendo
con autorità la partita e tenendo lontani gli avversari
dalla propria area. Con il
passare del tempo però il
Cska prende coraggio, crede nella rimonta di un solo
gol e finisce per schiacciare
i giallorossi per lunghi tratti
di una partita sempre più
complicata. Al minuto 77
Garcia prova a dare freschezza alla sua truppa: fuori Gervinho, decisamente
non in serata, dentro Iturbe.
Proprio l'ex Verona offre a
Ljajic la palla del ko, ma il
serbo trova un grande Akinfeev a negargli la rete. Dentro anche Strootman per
Nainggolan e Pjanic per Ljajic. Il finale è un assalto russo a testa bassa.
La Roma soffre ma resiste
fino a pochi secondi dalla
fine, quando un cross in area
beffa De Sanctis e arriva la
rete del pareggio dei paIg.Tr.
droni di casa.
passeggiata.
Allegri, reduce dal confortante successo di Roma contro la Lazio (anche se la truppa di Pioli è apparsa in una
sconfortante crisi evolutiva)
appare ancora indeciso tra
il 4-3-1-2 oppure un 4-3-21. Davanti a Buffon ci saranno
comunque Bonucci e Chiellini, con Lichtsteiner e il recuperato Evra, destinato a
partire titolare, sulle corsie
esterne; Pirlo e Vidal a centrocampo, con Marchisio e
Pogba in posizione di interni
e attacco affidato a Llorente
e Tevez.
Ieri allenamento mattutino a
Vinovo prima della partenza
alla volta della Svezia e già
in serata una prima sgambatina sul campo del Malmoe,
per saggiarne l’erba .
DAI SUCCESSI IN EUROPA AL SOGNO SCUDETTO MANCATO, FINO AL CRACK PARMALAT
C’era una volta il grande Parma
Quegli anni d’oro targati Tanzi, una scalata perfetta che s’è conclusa nel peggiore dei modi. Tempi di vittorie,
lacrime spese sul latte versato. Un’epopea irripetibile, con i gialloblù che ora rischiano di scomparire
di Federico Colosimo
era una volta il grande Parma. Una
storia fatta di “sponsorizzazioni perfette”, di errori virtuosi, di scudetti
sognati e mai arrivati. E di un crack
che ha “segnato” profondamente la storia del
football in Emilia-Romagna.
Era la squadra del patron Tanzi. Un ciclo stratosferico iniziato nel 1990-1991. La prima stagione
dei gialloblù nella massima serie si apre con
l’arrivo di giocatori eccellenti come Taffarel,
già portiere del Brasile e Brolin, talento svedese.
Che innestati su un telaio già di buonissimo
livello (Apolloni e Minotti dietro, Osio e Zoratto
al centro e la futura bandiera Melli di punta),
consentono ai ducali di strappare applausi e
soprattutto di cogliere un quinto posto finale
che vuol dire Coppa Uefa. E siamo solo all’inizio.
La compagine si puntella ancor di più nell’estate
’91 con l’arrivo di calciatori destinati a fare la
storia (Benarrivo, Di Chiara, Ballotta e l’attaccante
Agostini, il “condor”). Nel 1993 il primo grande
successo. Il Parma alza nel cielo del “Tardini”
la sua prima Coppa Italia. Apoteosi. Dopo una
doppia finale epica in cui la Juve del Trap-bis,
dopo aver prevalso al Delle Alpi deve inchinarsi
ai gialloblù.
Una scalata programmata nei minimi dettagli
che conosce il suo primo grande trofeo: di una
lunghissima serie. Tutti i telecronisti mondiali
chiamavano la squadra Parmalat, non Parma.
Gli arrivi di Asprilla e Pizzi regalano alla città la
prima Coppa delle Coppe. E’ un trionfo della
famiglia Tanzi, degli investimenti onerosi ma
C’
mirati ed oculati. Il trofeo apre a un biennio
magico con l’approdo, diluito in 2 estati, di un
fuoriclasse come Zola e di “duri” come Crippa,
Bucci, Sensini, Couto e Dino Baggio. Ecco arrivare anche la Supercoppa Europea strappata
al Milan di Capello e la Coppa Uefa ai danni
della Juve di Lippi. Applausi a scena aperta, la
piccola città di provincia è nel gotha del calcio
europeo.
La sensazionale stagione del 1994-1995 per-
mette al Parma di sognare e osare. Per il salto
di qualità in chiave scudetto arriva il bulgaro
Hristo Stoichkov, Pallone d’Oro in carica, capocannoniere dell’ultimo Mondiale, sinistro vellutato.
Insieme a lui, un difensore destinato a scrivere
la storia del calcio mondiale, Cannavaro. Le
aspettative vengono però clamorosamente disattese e la stagione si conclude senza alcun
successo. Fuori mister Scala, dentro Ancelotti.
E in campo ecco un tris di fenomeni quali Thu-
ram, Crespo e Chiesa. Un mix di acquisti che
si completa con il nuovo Zoff tra i pali, Buffon.
Secondo posto. L’anno dopo (e siamo nel 19971998) la musica non cambia in sede di mercato
ma si rivela tutt’altro che armoniosa in campo.
Arrivano Zè Maria, Stanic, Fiore, ma in campionato i gialloblù si fermano al sesto posto. A pagare per tutti è Ancelotti, reo tra l’altro di aver
rifiutato l’acquisto di Roberto Baggio, il suo
vero grande rimpianto in una carriera da allenatore formidabile. Arriva Malesani e con lui
Veron, Fuser e Boghossian. Ed ecco le vittorie
magiche della Coppa Italia e della Coppa Uefa.
Manca solo la grande conquista, lo scudetto.
Che resterà per sempre una chimera. Comincia
il ridimensionamento e il Parma, giocattolo meraviglioso dei Tanzi, comincia a sfaldarsi: il
2001-2002 è l’anno horribilis. Il crac è vicino e
i ducali rischiano di scomparire. Le dimissioni
di Stefano Tanzi (nel 2004), tra le lacrime, chiudono un’epoca.
Il nuovo Parma di Ghirardi e Guidolin fa quasi
sognare come ai vecchi tempi. Anche quello
di Donadoni, che centra la qualificazione in
Europa League salvo poi farsi privare del pass
a causa di un contenzioso relativo all’interpretazione di una norma sui pagamenti Irpef. Una
cifra irrisoria, saldata fuori tempo massimo.
E’ la fine di un’epoca. Con il Parma, la regina
delle provinciali pallonare, che rischia di sparire
dalla geografia del nostro calcio. Su e giù come
una giostra, a un passo dalla retrocessione, alla
velocità della luce. Tempi di vittorie, lacrime di
gioia e di dolore. Spese sul latte versato. Storia
di un’epopea irripetibile.