sInIstra lavoro settImanale anno II - numero 8 - 10 febbraio 2015 www.sinistralavoro.it - [email protected] atene ci chiama La decisione deLLa Bce di togLiere Liquidità aLLe Banche greche come ritorsione per La vittoria eLettoraLe di syriza restituisce, come un’istantanea, iL senso profondo deLLa fase che stiamo attraversando. fa emergere La natura di un potere economico-finanziario incompatiBiLe con La democrazia, con La stessa poLitica. di Simone Oggionni quanto a noi, nell’affrettarsi di renzi a considerare “opportuno e legittimo” questo mostruoso atto di arroganza, c’è tutta la subalternità del governo italiano e di questo pd. che un giorno regala a tsipras abbracci e sorrisi e il giorno dopo ricorda a lui – e alla germania – quale sia la realtà. siamo con ogni evidenza a un punto di svolta. non soltanto perché portare sino in fondo lo scontro con la grecia produrrebbe uno shock economico clamoroso, oltre alla definitiva esplosione della società greca. Lo siamo soprattutto perché non fare i conti con le richieste, tutte plausibili, di alexis tsipras aprirebbe la porta all’estrema destra, rendendo verosimile la lugubre profezia con cui alba dorata ha affrontato la campagna elettorale appena conclusa: vincerà syriza, la faranno fallire, arriveremo noi. il tempo è finito, non possiamo più scherzare. occorrono in queste settimane, nei prossimi mesi, un coraggio e una determinazione inediti. negli ultimi anni siamo stati bravissimi a combattere guerre di posizione tra gruppi e gruppuscoli, abbiamo perso la capacità di fare politica. occorre rapidamente costruire un cordone sanitario europeo intorno al governo di syriza. che faccia perno intorno alle forze della sinistra europea. È semplicemente straordinario, e istruttivo, il ruolo che sta giocando in questo senso la giovane esperienza spagnola di podemos, la cui crescita è talmente imponente da alludere im- mediatamente alla possibilità del governo. manca l’italia. solo noi siamo in un ritardo imbarazzante e colpevole. Bisogna avere la lucidità per guardare negli occhi la nostra condizione e per ribaltarla. È la strada che emerge dalla tre giorni di human factor, promossa da sel, che è – con ogni evidenza – l’unica forza politica che ha attualmente l’energia e la credibilità per dare il via a un processo politico di cambiamento e di trasformazione. a partire da lì (non certo per esaurirsi in essa) bisogna spingere sull’acceleratore, dando vita a un processo costituente che regali anche all’italia quel soggetto unitario, forte e autorevole della sinistra che ancora manca. che viva nel conflitto sociale e allo stesso tempo in un profilo di governo credibile e concreto che 1 oggi è assente, anche per una ragione di cultura politica, nella gran parte dei nostri gruppi dirigenti. che faccia tesoro del patrimonio di esperienza di uomini e donne che hanno avuto, nei decenni passati, meriti straordinari. ma che cominci a vivere attraverso le parole e la voce di una nuova generazione e di nuovi gruppi dirigenti, a tutti i livelli, che non siano usurati dalle tante sconfitte di questi anni. che ricollochi al centro il lavoro, la vita vera, la sofferenza della nostra gente, i suoi bisogni e anche i suoi desideri. perché come ci insegna la nostra storia – e, ancora, in questi giorni, la vicenda greca e quella spagnola – si vince soltanto quando si desidera e quando si sogna. e i sogni, soprattutto quando sono grandi, vanno presi sul serio. itaLia/poLitica giancarlo saccoman La corda deL Boia È un’espressione usata da guido carLi negLi anni deL Boom economico, per descrivere Le poLitiche “anticicLiche” di “raffreddamento” deLL’economia per Limitare iL credito e Le rivendicazioni saLariaLi e sindacaLi, ma che oggi Le stanno usando in funzione “procicLica”, in una situazione di defLazione, coL risuLtato di portarci verso una depressione disastrosa di Lungo periodo, da cui sarà sempre più difficiLe uscire. obama ha portato avanti invece adeguarsi alle imposizioni della assistenza miserabile. L’austerità una politica keynesiana di investi- troika, un organismo che nes- europea non lascia alcuna spementi infrastrutturali e sociali suno ha mai eletto e che giustifica ranza e porterebbe persino gli usando la leva monetaria, che ha le proprie decisioni sulla base di stati uniti nella depressione e nel consentito una crescita econo- imperativi economici del tutto disastro sociale, come teme mica e dell’occupazione negli sbagliati, che ci portano al disa- obama. ma anche l’uscita dalstati uniti. stro economico e alla devasta- l’euro, in un mondo in cui il conLa ragione è semplice. solo inve- zione sociale, ma anche alla fronto è fra interi continenti, stendo in deficit si determina una crescente diffusione di populismo peggiorerebbe ulteriormente la sicrescita dell’economia che con- di estrema destra nella maggior tuazione. sente poi di ridurre il debito, men- parte dei paesi europei, a partire L’unica strada è quella di costruire tre tagliando la spesa si riduce il dalla francia e dalla gran Breta- un’altra europa, ripudiando l’austerità e promuovendo, con gli pil facendo aumentare il rapporto gna. deficit/pil e costringendo, per ri- oltre i proclami e gli spot, anche altri partner mondiali, una politica spettare i rigidi parametri europei, la politica finora seguita da renzi di sviluppo, un nuovo piano marfissati a maastricht e peggiorati è solo l’applicazione delle imposi- shall globale. dal fiscal compact, a sempre zioni della commissione europea, non illudiamoci: se non si cornuovi tagli che peggiorano sem- contenute nella lettera inviata al- regge la politica europea, dopo la pre più la situazione, in una spi- l’allora presidente del consiglio grecia toccherebbe all’italia e agli rale recessiva perversa. italiano, monti: libertà di licenzia- altri paesi del sud europa e poi L’“austerità espansiva”, inventata mento (secondo la falsa teoria anche tutti gli altri: e persino la da Kenneth rogoff e carmen rein- della “precarietà espansive”), ta- germania sarebbe in difficoltà. hart, afferma che le politiche di glio della spesa pubblica (sanità, finora gli altri paesi europei non austerità, che tagliano il deficit e pensioni e lavoro pubblico), emar- hanno saputo reagire e si sono il debito pubblico, possono au- ginazione dei sindacati, aboli- mostrati proni alla volontà tedementare il reddito, perché produr- zione del contratto nazionale sca: persino hollande che è stato rebbero una riduzione del pil lasciando la contrattazione solo a eletto promettendo di battersi assai inferiore, ma uno studente livello di singolo impianto sulla contro l’austerità tedesca vi ha ristatunitense, rifacendo i conti, ha sola base dell’aumento della pro- nunciato, mentre la spagna e, pur dimostrato che erano sbagliati, duttività (secondo il modello fiat, con qualche protesta simbolica, come hanno ammesso gli stessi che vuole ridurre il sindacato a un anche l’italia si sono adeguate a rogoff e reinhart, e confermato ruolo aziendale, come semplice rispettare questa austerità mefianche il capo economista del appendice subalterna dell’ufficio tica. dunque i prossimi giorni saranno fondo monetario, oliver Blan- del personale). chard. infatti Boeri, prossimo presidente cruciali perché siamo davanti a un dunque l’austerità espansiva è dell’inps, ha già asserito da tempo bivio e la cartina di tornasole sarà solo un errore molto pericoloso. la necessità di tagliare le pensioni ciò che accadrà con la grecia: o si ciò non ha però indotto la ue e la retributive, già ampiamente falci- cambia politica, restituendo sogermania a correggere le politi- diate dal blocco della rivaluta- vranità ai popoli, o si andrà verso che di austerità recessiva che zione e utilizzate come bancomat un futuro oscuro, senza democrastanno strangolando l’europa, a per tappare i buchi del bilancio e zia e stato sociale, di miseria per partire da quella meridionale, ita- l’evasione contributiva dello stato tutti, con i connessi enormi rischi lia compresa. anzi la germania ha (con l’annessione dell’inpdap), ma politici, il tempo stringe, dobassunto il ruolo, del tutto inde- anche per finanziare le gestioni biamo mobilitarci per difendere la bito, di gendarme dell’austerità, gravemente in deficit (inpdai dei democrazia greca dall’assalto continuando a rampognare dra- dirigenti d’azienda ed altri fondi della finanza mondiale, perché è ghi e tutte le scelte politiche degli speciali), nonché, in parte l’assi- la strada indispensabile per salvare anche noi stessi. È ora di svealtri paesi, accusati di eccessiva stenza. occorre una forte permissività. il modello è chiaro: un futuro di gliarsi, dunque la situazione è chiara: le miseria per tutti, irrilevanza della mobilitazione della sinistra e del elezioni non contano niente e contribuzione e trasformazione sindacato per fermare l’attuale neppure i parlamenti, che devono delle pensioni da previdenza ad china che ci porta al disastro. 2 al centro il lavoro chimica: attacco aL Lavoro federchimica e farmindustria partono aLL’attacco deL contratto nazionaLe. L’occasione È queLLa di rimettere in discussione gLi aumenti saLariaLi previsti daLL’attuaLe contratto, ma che si scontrano con i meccanismi di adeguamento saLariaLe previsti daLLo stesso. di Matteo Gaddi il modello contrattuale è quello del 2009, quello, per intenderci, che legava gli adeguamenti salariali al nuovo indicatore dell’ipca. cioè per gli aumenti il tasso di inflazione programmata è stato sostituito da un altro indice previsionale costruito sulla base dell’ipca (indice dei prezzi al consumo armonizzato, elaborato da eurostat), depurato dalla dinamica dei prezzi dei beni energetici importati. il recupero dello scostamento tra inflazione prevista e reale dovrebbe avvenire entro la vigenza contrattuale. il contratto nazionale del settore chimico – farmaceutico ha assunto questo principio all’articolo 69: “entro i primi mesi del terzo anno di vigenza del ccnL, le parti nazionali si incontreranno, a livello di segreterie generali, per prendere atto degli eventuali scostamenti significativi tra l’inflazione prevista e quella reale registrati dagli organismi competenti ed attuare la correlata variazione dei minimi entro la medesima vigenza contrattuale.” ironia della sorte (ma forse non troppo…): una clausola pensata per tutelare gli adeguamenti salariali dei lavoratori viene oggi rovesciata nel suo opposto: cioè per impedire aumenti salariali o addirittura per imporre ulteriori sacrifici al mondo del lavoro. L’ultimo contratto, firmato nel 2012 ed in vigore fino al dicembre 2014, prevedeva un aumento medio di 148 euro in 4 tranche, di cui due già corrisposte. ma sulle ultime due tranche rimase si è concentrato l’attacco del padronato chimico. e così l’iniziativa è stata assunta da federchimica che con una lettera indirizzata alle organizzazioni di categoria, filtcemcgil, femca-cisl e uiltec-uil, ha sollevato il problema dell’andamento dell’inflazione (o meglio, della deflazione) puntando l’indice sul “significativo scostamento in atto tra inflazione prevista al momento del rinnovo del vigente ccnl e inflazione reale relativa al biennio 2013/2014 e prevista per il 2015”. insomma, per federchimica, ci si trova in presenza di una “situazione eccezionale”, mai verificatasi nel tempo, dovendo discutere, in sede di verifica, di una condizione nella quale i lavoratori avrebbero ricevuto di più (in base all’inflazione programmata) di quanto realmente accaduto con il concreto andamento dell’inflazione. il calcolo fatto dagli industriali è il seguente. L’inflazione riconosciuta nel triennio 2012-2015, di 6,2% contro un’inflazione reale di 2,5. quel 3,7% di differenza corrisponderebbe a 79 euro. federchimica non si è azzardata a chiedere la restituzione di 79 euro; ma ha colto la palla al balzo per un attacco frontale al ruolo e al significato del contratto nazionale. infatti, la richiesta è quella di “individuare tempestivamente soluzioni anche innovative” finalizzate ad una cosa molto semplice: “sostenere la competitività delle imprese”. si tenga presente che nel rinnovo precedente, quello del www.sinistralavoro.it [email protected] 3 2012, già erano stati inseriti temi molto cari alle imprese come la produttività, la flessibilità e l’esigibilità. insomma, sul piano normativo, i cui riflessi sociali sono sempre immediati e ben visibili, le imprese non hanno certo perso dall’applicazione del contratto vigente, anzi. se i vantaggi le imprese li hanno avuti, è chiaro che questo affondo riguarda il ccnL stesso. e’ questo aspetto, assai preoccupante, che ha spinto filctem cgil, femca cisl e uiltec uil a convocare un attivo dei delegati per anticipare la costruzione delle piattaforme di categoria, a partire da quella del chimico farmaceutico, ma estesa anche ai settori della gomma – plastica, energia, gas e lavanderie. per i tre sindacati si tratta di “una scelta che facciamo per scongiurare la via bassa, propria di confindustria, di fare una moratoria sulla prossima stagione contrattuale. La riterremmo una scelta sbagliata e indirizzata a creare le condizioni di indebolimento progressivo del contratto nazionale. reputiamo la funzione del contratto nazionale insostituibile, seppur in un quadro di migliore funzionalità della contrattazione aziendale o di gruppo”. ma sulle piattaforme arriva l’importante precisazione della sinistra sindacale di democrazia e Lavoro in cgiL che attraverso ugo cherubini, del direttivo nazionale filctem, mette in guardia dall’assumere, in tali piattaforme, indirizzi e modelli contrattuali (contrattazione aziendale e testo unico sulla rappresentanza) mai discussi in cgiL e che non possono rappresentare un vincolo per la lotta dei lavoratori. al centro il lavoro mettiamo aLL’opera i cassaintegrati per riquaLificare i porti deL sud e’ una proposta Lanciata daLLo svimez (L’sssociazione per Lo sviLuppo deLL’industria neL mezzogiorno), che costereBBe da 1 a 3 miLiardi ma rendereBBe iL doppio. neLLe aree «retroportuaLi» c’È iL vero tesoro deLLa Logistica: L’esempio degLi oLandesi. di Antonio Sciotto Lo svimez la definisce una proposta «choc», e in effetti l’idea è semplice, ma sarebbe, per un certo verso, rivoluzionaria: i lavoratori in cassa integrazione si potrebbero utilizzare per la riqualificazione delle aree industriali retroportuali del sud, con grandi vantaggi per tutti (a cominciare da loro stessi). La proposta è contenuta nell’ultimo numero dei quaderni dello svimez, che questo mese pubblica il volume “La rivoluzione logistica”, di ennio forte. si tratta, spiega il professore di economia dei trasporti alla federico ii di napoli, di un progetto indirizzato in particolare ai lavoratori che usufruiscono della cassa in deroga. ma se si trovassero dei sistemi di “ammorbidimento” dei rigidi meccanismi che regolano gli ammortizzatori sociali, si potrebbero magari coinvolgere quelli in cassa straordinaria (quest’ultima è a carico delle casse inps, mentre la prima è a totale carico della fiscalità generale). L’obiettivo sarebbe come detto quello di riqualificare le aree industriali retroportuali di napoli, salerno, catania, taranto, messina, termoli, torre annunziata e gioia tauro attraverso opere di bonifica degli edifici dimessi, costruzione di infrastrutture, filiere e servizi logistici ad alto valore aggiunto che aumentino il valore delle merci in transito, generando ricchezza. un’operazione che costerebbe alle casse dello stato, secondo stime dello svimez, da 1 a 3 mi- liardi di euro, con un rientro pari al doppio del costo dell’investimento. un bel guadagno per l’intero sistema italia. ma perché riqualificare proprio quelle aree? quale misterioso tesoro sarebbe contenuto nei retroporti, ovvero tutte quelle aree (spesso molto vaste) che si trovano dietro la zona delle banchine, a ridosso dei principali scali marittimi? La risposta sta nella logistica economica, una branca dell’economia che punta a ottimizzare il sistema dei trasporti e della logistica per renderlo il più funzionale possibile alla produzione e distribuzione delle merci. e più un sistema è efficiente, più si abbassa il prezzo della filiera traslog (trasporti e logistiche): «una componente strategica, che 4 può raggiungere a volte fino al 70% del prezzo nel mercato finale», spiega forte. Le aree dei retroporti, in sistemi portuali molto più avanzati dei nostri — vedi quelli olandesi — sono messe a frutto per svolgere funzioni come il controllo qualità, il confezionamento, l’imballaggio, l’etichettatura: l’idea è quella del “distripark” in uso nei paesi Bassi, una infrastruttura che permette di svolgere insieme, grazie a macchinari e spazi adatti, tutte quelle funzioni. dei distripark potrebbero essere costruiti ad esempio nelle aree retroportuali di napoli, torre annunziata, castellammare e salerno, spiega lo studio dell’università federico ii, stando alla sola campania. vi si potrebbero adibire le centinaia di migliaia di lavoratori edili che usufruiscono della cassa - e che a volte accoppiano a un lavoro nero del tutto irregolare impiegandoli direttamente, o attraverso le imprese, che si dovrebbero invitare a utilizzarli con incentivi da parte del pubblico. ma dietro la proposta non c’è una visione limitata solo al nostro paese: si punta sui porti perché, soprattutto negli snodi di gioia tauro e trieste, questi possono diventare una prospettiva di sviluppo per l’intera europa, per il momento basata soprattutto su quelli nordici. coinvolgendo così in modo sempre più efficiente e meno costoso le aree mediterranee e mediorientali, in modo da collegarle al centro e al nord europa per mezzo di vie alternative e più competitive. europa/mondo marco Bersani (attac-italia) fermare iL “tisa” mentre si È appena concLuso a BruxeLLes L’ottavo round deL negoziato fra usa e unione europea suL ttip, emergono periodicamente nuovi documenti suLL’aLtro segretissimo negoziato in corso, iL trade in service agreement (tisa) si tratta di un negoziato cui prendono parte i paesi che hanno i mercati del settore servizi più grandi del mondo: usa; australia, nuova zelanda, canada, i 28 paesi dell’unione europea, più altri 18 stati, che complessivamente producono il 70 % del prodotto interno lordo globale. e, naturalmente, l’obiettivo di questo negoziato è la totale liberalizzazione e privatizzazione dei servizi pubblici, riprendendo gran parte del vecchio accordo generale sul commercio dei servizi (agcs), discusso per oltre 10 anni all’interno dell’organizzazione mondiale del commercio (omc) e fallito sotto la pressione delle mobilitazioni sociali del movimento altermondialista. dopo la prima denuncia del negoziato, fatta da Wikileaks lo scorso giugno, attraverso la pubblicazione di un primo documento, incentrato sulla liberalizzazione dei servizi e prodotti finanziari, dei servizi bancari e dei prodotti assicurativi, un secondo documento è trapelato a metà dicembre attraverso la rete associated WhistleBlowing press, relativo all’intenzione da parte degli usa di inserire nel negoziato gli interessi della coalition of service industries, lobby statunitense di cui fanno parte iBm, hp e google, nel promuovere l’accesso e la distribuzione dell’informazione, delle applicazioni e dei servizi scelti dai consumatori, senza alcuna restrizione al trasferimento dei dati tra i paesi, con immaginabili conseguenze per la protezione dei consumatori e per le leggi sulla privacy. e’ invece di questi giorni un terzo documento, anch’esso diffuso dalla associated Whistle-Blowing press, che rivela il deciso attacco alla sanità pubblica portato avanti all’interno del tisa. si tratta di una proposta, discussa lo scorso 6 ottobre a Bruxelles, che prevede l’apertura totale delle frontiere al mercato della sanità, valutato in 6 trilioni di dollari, per facilitare la mobilità dei pazienti tra paesi diversi, attraverso la distribuzione di voucher individuali alle persone, che potranno decidere in quali paesi utilizzarli. L’obiettivo è la privatizzazione totale dei sistemi sanitari con grande vantaggio dei cittadini più ricchi, delle cliniche private e delle compagnie assicurative, il tutto pagato con i soldi dei contribuenti. anche il capitolo sulla sanità, come gli altri precedenti, porta la clausola “confidential”, ribadendo la segretezza del negoziato, che prevede l’impegno dei governi a non rivelarne i contenuti non solo in corso d’opera, bensì fino a cinque anni dopo l’approvazione. tisa e ttip costituiscono il più compiuto attacco portato avanti in questi anni ai diritti del lavoro, ai beni comuni e ai servizi pubblici, ai diritti sociali e ambientali, oltre a determinare il definitivo passaggio dallo stato di diritto allo stato di mercato, con la fine della democrazia e della sovranità popolare. ma fermarli si può: in questi giorni a Bruxelles le diverse campagne nazionali stop ttip hanno consolidato la rete d’iniziativa comune; e, mentre la petizione europea promossa dai movimenti viaggia a pieno ritmo verso i 2 milioni di firme, è posizionata ai blocchi di partenza la costruzione di una forte mobilitazione sociale, in tutti i paesi europei e negli usa, per il prossimo 18 aprile, giornata transnazionale di protesta contro ttip, ceta (accordo di libero scambio ue-canada) e tisa. nessuno che abbia a cuore il diritto al futuro può chiamarsene fuori. IL VENEZUELA E' CON LA GRECIA Nicolás Maduro, presidente del Venezuela ed erede della rivoluzione bolivariana intrapresa da Hugo Chávez, ha lanciato non solo un appello di solidarietà con il popolo greco ed il suo governo ma ha aperto le porte ad importanti cooperazioni economiche e culturali tra il paese latino-americano e quello ellenico. Nei prossimi giorni il Ministro degli esteri venezuelano Delcy Rodríguez si recherà in Grecia per stringere accordi di natura economica e rafforzare le relazioni e la cooperazione tra i due paesi. Secondo il governo venezuelano Alexis Tsipras sta dando un grande esempio a tutto il mondo attraverso un battaglia per la dignità e il diritto di vivere. Queste le parole di Maduro: “Prepareremo una serie di accordi sulla cooperazione bilaterale nell'industria, nella tecnologica, nel trasporto, nell'energia e nel campo commerciale con la Grecia. L'America Latina sostiene questo grande sforzo di Tsipras nel dimostrare che un altro mondo è possibile. Abbiamo preparato nello specifico una serie di accordi di cooperazione nel settore marittimo e nell'industria pesante, oltre allo scambio di materie prime e idrocarburi. Purtroppo il popolo greco è stato vittima di una brutale campagna di diffamazione da parte dei media in mano alla finanza e al grande capitale che vedono nel nostro sistema economico una minaccia ai loro profitti piuttosto che un bisogno di libertà dei popoli. Vincere in un contesto simile ha fatto cadere ogni sospetto e l'Europa: un altro mondo è possibile”. Documento del Partito Socialista Unito del Venezuela: http://www.psuv.org.ve/…/venezuela-y-grecia-estableceran-a…/ 5 per capire di più mattia gambilonghi simone oggionni democrazia e sinistra: aLcuni appunti i passi in avanti determinati daLL’appuntamento di human factor portano con sé La necessità di mettere a tema La grande questione deLLa cuLtura poLitica deLLa sinistra itaLiana. non vi può essere aLcun processo poLitico virtuoso che non faccia i conti con questo tema, pena iL rischio che iL processo si traduca neL mero assemBLaggio di cocci e dei rispettivi gruppi dirigenti. occorre a nostro avviso collocarsi all’altezza della necessità di definire un punto di vista autonomo e una progettualità capace di prospettare concretamente un’alternativa di società. solo una nuova identità condivisa potrà permettere ai diversi soggetti che a milano si sono incontrati di avviare una prospettiva duratura e di lungo periodo. a tal fine, uno degli aspetti rispetto ai quali avvertiamo maggiormente la necessità di riflettere e approfondire è quello delle forme della politica all’interno dell’orizzonte della democrazia socialista (tematica che, nella nostra tradizione, chiama in causa tanto la formazione dei processi decisionali, quanto le modalità di organizzazione dell’economia). nel quadro di una simile prospettiva, ad essere chiamato in causa è il modo stesso di intendere la democrazia, le funzioni a cui questa è chiamata a rispondere e le forme con cui si rapporta ai conflitti fra interessi divergenti. contrariamente a chi propone una concezione formale e proceduralistica della democrazia, tesa a ridurla a metodo o a mera tecnica elettorale, contro questa democrazia minimale avanziamo un’idea di democrazia sostanziale e radicale, che pone al centro l’autonomia dei corpi sociali, la loro capacità di autogoverno e autogestione. se la libertà di tanta parte del liberalismo si qualifica come essenzialmente negativa, una libertà dall’interferenza altrui che finisce per configurare atomisticamente l’individuo, monade che si relaziona alla società (non a caso concepita come “mercato politico”) solo per negoziare benefici privati, la libertà a cui guardiamo ribalta interamente questo schema. essa si concretizza nell’autodeterminazione del soggetto in relazione con l’altro, rifiutando l’isolamento e inscrivendo la dinamica degli individui in una cornice cooperativa. per realizzare e dare corpo a una simile concezione diviene indispensabile abbattere quello steccato tra politica e economia che è stato eretto dal paradigma liberale, dilatando fin dentro il processo produttivo la carica sovversiva della sovranità popolare. se la deregulation selvaggia attuata nell’ultimo trentennio rende più che urgente una nuova estensione del pubblico e delle sue prerogative nelle attività economiche, un progetto socialista per il xxi° secolo non può però limitarsi al solo lato quantitativo di questo intervento. sollecitati in ciò sia dalle domande che emergono dai movimenti per i beni comuni – impegnati a delineare modalità di partecipazione e di gestione dei servizi essenziali lontane tanto da un privatismo finalizzato al solo profitto, quanto da un pubblico burocratico, spesso piegato alle logiche spartitorie del sottogoverno, e per questo inefficiente ed inutilmente costoso – che dalle patologie e dalle degenerazioni della “via italiana all’intervento pubblico”, segnata da una conduzione delle imprese di stato all’insegna del particolarismo corporativo e sottratta al potere di indirizzo e controllo dei centri del potere democratico, riteniamo necessaria una nuova e diversa configurazione dell’idea di pubblico, 6 che si sviluppi innanzitutto a partire dall’abbandono dei moduli privatistici di organizzazione e dalla loro riconversione secondo i principi propri del diritto pubblico. a divenire centrali sono quindi la qualità dell’intervento pubblico e le sue articolazioni, gli interessi di cui lo stato è portatore e rispetto ai quali effettua un’opera di mediazione e di sintesi, e conseguentemente le forme della politica attraverso cui si realizza e si porta a composizione il processo di formazione della volontà collettiva. il fallimento delle strategia maggioritaria e leaderistica di ristrutturazione del sistema politico italiano è ormai manifesto. una lettura delle difficoltà e dei cortocircuiti del sistema istituzionale centrata interamente sulla funzione di “governo degli interessi” - a scapito invece dell’articolazione e della rappresentanza degli stessi – non poteva che produrre una drastica riduzione delle domande sociali e, in conseguenza di ciò, elevati livelli di sfiducia ed astensionismo. una forza di sinistra che voglia oggi affrontare efficacemente il nodo della crisi delle democrazie rappresentative non può che imboccare una via opposta alla deriva bonapartista intrapresa dai sistemi politici occidentali, individuando nella sfera della democrazia economica e nelle differenti pratiche della democrazia partecipativa gli strumenti atti ad ampliare e potenziare i canali di raccolta e organizzazione delle domande sociali. non solo, dunque, dinamiche (come quelle partecipative) volte ad intervenire sulla dialettica rappresentati/rap- per capire di più democrazia e sinistra presentanti e sulla temporalità del contratto politico, ma anche pratiche e istituzioni volte ad estendere lo spettro e la dimensionalità della democrazia politica attraverso un controllo degli orientamenti produttivi dislocato su differenti livelli istituzionali. non si tratta di vagheggiare utopie libertarie, ma di provare a riqualificare la natura e le funzioni delle istituzioni rappresentative nella costruzione di una fitta trama di istituzioni che abbia nella democrazia di base (a partire dai luoghi di lavoro) il proprio elemento fondante. é attraverso questa originale combinazione di forme democratiche che crediamo sia possibile non soltanto ricomporre la scissione fra produttore e cittadino astratto senza ricadere in equivoci corporativistici, ma anche approcciarsi, attualizzandole, a due fondamentali questioni dell’eredità marxiana. da un lato, la questione dell’alienazione, della scissione fra soggetto ed oggetto, della drastica separazione operata dal capitalismo fra il fattore umano e le finalità della sua esistenza, amplificata in maniera inusitata nell’era della finanziarizzazione da manovre speculative totalmente sconnesse dai bisogni reali e dalle concrete esigenze produttive. dall’altro, quella dell’estinzione dello stato, che non può più essere intesa in maniera palingenetica, bensì come la necessità concreta di porre mano a un processo di sburocratizzazione tale da investire l’insieme dei “corpi separati” che vanno oggi a comporre gli apparati pubblici e da produrre una reale riappropriazione sociale delle funzioni politiche che in essi arrivano a concentrazione. quello di un governo democratico dell’economia e dei processi che si svolgono al suo interno è un progetto che risponde a diverse necessità. da un lato (sulla scorta delle tesi avanzate recentemente da marianna mazzuccato a proposito dello stato innovatore) riteniamo sia l’unico modo per far ripartire in italia un’organica politica industriale capace di far fronte all’assenza di progettualità dimostrata dagli attori economici privati. al di fuori di una politica di orientamento selettivo degli investimenti volta a delineare delle direttrici di lungo periodo per l’economia italiana, quella contro il “modello marchionne” è infatti destinata a restare una battaglia di retroguardia, eroica ma votata al fallimento. dall’altro, forti dell’idea berlingueriana di austerità (da intendere non come pauperismo o come “mortificazione della carne”, ma come ribaltamento radicale delle priorità e dei bisogni a cui una società sceglie di rispondere), guardiamo ad esso come la via principale attraverso cui realizzare un’opera di “demercificazione” sostanziale delle società contemporanee, riportando in cima alla gerarchie delle scelte produttive quei valori d’uso e quei consumi sociali la cui soddisfazione è oggi abbandonata ai meccanismi di mercato. siamo ben consapevoli che si tratta di spunti in larga misura generali, inutilizzabili nella contesa politica quotidiana e nel contingente. tuttavia avvertiamo l’esigenza di avviare una discussione che riporti alla luce alcune delle grandi questioni di fondo, non affrontando le quali non potrà esistere, nel nostro campo, alcuna risposta adeguata alla drammaticità della sconfitta che abbiamo alle spalle e, soprattutto, alla forza egemonica di ciò che intendiamo contrastare. IL VALORE dELL’ImmIGRAZIONE di martina Zanchi Che cosa accade quando si mettono da parte i pregiudizi per affidarsi ai dati reali? Si scopre che, in Italia, gli stranieri producono ricchezza. Precisamente l’8,8% delle risorse nazionali, circa 123 miliardi di euro l’anno. Ce lo racconta la Fondazione Leone Moressa, grazie a uno studio portato avanti nel 2014 – intitolato “Il valore dell’immigrazione” – che si è posto l’obiettivo di fornire un’immagine realistica, scevra da speculazioni ideologiche, sui costi e i benefici della presenza straniera in Italia. Ma la ricerca è andata oltre, spingendosi ad analizzare il tipo di informazione veicolata dalla stampa italiana sul tema dell’immigrazione e scoprendo – non troppo inaspettatamente – che proprio il giornalismo nostrano, in molti casi, tende a veicolare stereotipi e pressappochismo. Perché se l’8,2% delle imprese in Italia è straniero, se l’Irpef pagata da contribuenti nati all’estero nel 2013 è ammontata a quasi 45 miliardi di euro, sembrerebbe invece che i fenomeni migratori facciano notizia nel nostro paese solo quando si tratta di sbarchi, di “emergenza” profughi, di fatti di criminalità. Il monitoraggio della Fondazione Leone Moressa ha riguardato tre delle principali testate giornalistiche nazionali (Repubblica, Il Corriere della Sera, Il Sole 24 Ore), delle quali sono stati esaminati 846 articoli lungo un periodo di sei mesi. «Le testate giornalistiche privilegiano un’identificazione generica dei soggetti – si legge sulla ricerca – si parla principalmente di migranti e profughi». «Solo il 12% degli articoli trattati si occupa di economia e immigrazione». Nelle notizie, secondo la Fondazione, manca la voce dei migranti, manca l’analisi della questione immigrazione non più come emergenza ma come fatto strutturale, manca il racconto di modelli positivi e “produttivi”, che pure non scarseggiano... Intanto gli stranieri continuano silenziosamente a lavorare e produrre, smontando con i fatti molti degli stereotipi che gli sono stati affibbiati. I dati parlano di un saldo positivo di 3,9 miliardi, nel 2013, tra le spese e le entrate dello Stato italiano relative a chi non è nato in Italia. E non c’è Lega Nord che tenga. da corrieredellemigrazioni.it 7 FEdERChImICA E FARmINdUstRIA ALL’AttACCO dEL CONtRAttO NAZIONALE dI LAVORO UN AttACCO dA REspINGERE ! Confindustria ha deciso di aprire lo scontro sul Contratto Nazionale di Lavoro partendo dalla questione degli adeguamenti salariali del settore chimico-farmaceutico. Secondo le Imprese, i lavoratori avrebbero ricevuto di più di quanto dovuto, “grazie” al meccanismo dell’inflazione (IPCA). Essendo in deflazione i lavoratori avrebbero ricevuto 79 euro in più di quanto dovuto loro. E quindi? cosa facciamo? siamo arrivati al punto che i lavoratori devono restituire soldi alle imprese? Federchimica e Farmindustria non arrivano a tanto, ma colgono la palla al balzo per attaccare il Contratto Nazionale di Lavoro, uno dei pochissimi strumenti rimasti a tutela dei lavoratori, dei loro salari e dei loro diritti. Le imprese tacciono dei guadagni che hanno realizzato in tutti questi anni; tacciono del fatto che i salari sono cresciuti pochissimo; tacciono del fatto che la crisi è stata pagata dai lavoratori con licenziamenti, cassa integrazione, mobilità ecc. Non è accettabile che le Imprese continuino ad attaccare i diritti dei lavoratori. COmE sINIstRA LAVORO ChIEdIAmO ChE: - venga tutelato e rafforzato il Contratto Nazionale di Lavoro, senza che questo venga sostituito da forme di contrattazione aziendale (che devono essere solo integrative); - il Contratto Nazionale venga utilizzato per tutelare realmente i salari dei lavoratori, colpiti pesantemente dalla crisi; nonché per la tutela di diritti quali la sicurezza, l’orario di lavoro, l’organizzazione del lavoro ecc.; - si definiscano regole democratiche per le decisioni che i lavoratori dovranno assumere sui loro contratti; - la contrattazione venga utilizzata anche per rilanciare politiche industriali fatte di investimenti e nuova occupazione. www.sinistralavoro.it [email protected]
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