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9
GAA 6600 LOCARNO –– N. 44
44
Copia in omaggio (in edicola Fr. 2.– / € 1,35)
In edicola Fr. 2.– / € 1,35
La finale
La partita
Non tradisce
il super doppio
con Federer
e Wawrinka
Il Lugano vola
e sale in vetta
alla classifica
di Challenge
A PAGINA 27
A PAGINA 29
Reuters
Anno XVII • Numero 44
SportMagazine
Ogni settimana
i risultati
dell’ultima ora
su computer,
smarthphone
e tablet
Ti-Press
Domenica
23 novembre 2014
TORREFAZIONE
DI CAFFÈ
www.caffe.ch
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Settimanale di attualità, politica, sport e cultura
TEL 091 791 22 26
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L’analisi/1
Si rischiano
due autogol
paradossali
CHANTAL TAUXE
È
un paradosso tutto svizzero:
siamo orgogliosi di avere
un’economia più performante rispetto a quella dei nostri vicini,
ma il nostro modello di sviluppo è
violentemente messo in discussione. Approfittiamo della prosperità,
ma quando il padronato suggerisce
di votare per il mantenimento degli accordi con l’Unione europea,
che costituiscono il pilastro di questa prosperità, non viene ascoltato.
Siamo fieri del nostro sistema formativo che impedisce la disoccupazione giovanile devastante.
segue a pagina 18
L’analisi/2
Contenitori
senza contenuti
GERHARD LOB
Q
Davide
Enderlin?
È più forte
di lui: riesce
a taroccare
pure i tarocchi.
L’analisi/3
Economia del malafare
Dal caso Enderlin alle società fasulle. Fiduciari d’assalto, faccendieri
e un’afascinante cantante. Mentre il procuratore generale, John Noseda,
spiega al Cafè le nuove dinamiche della inanza marcia
ALLE PAGINE 6 e 7
L’inchiesta I retroscena delle tragiche frane di Bombinasco e Davesco
Il concorso
La corruzione
sta dilagando
Vinci una
VW Polo Start
LORETTA NAPOLEONI
In
evidenza
49.90
I
l gigante energetico brasiliano
Petrobas, che nel 2010 ha portato a termine con successo una
delle maggiori vendite di azioni sul
mercato, pari a 70 miliardi di dollari, è rimasto coinvolto nel più
grande scandalo della storia del
Brasile. Un discreto numero di dirigenti di Petrobas sono stati accusati di ricevere “mazzette” da imprese di costruzioni e di usarle per finanziare i partiti politici al governo. L’indagine, che è stata definita
dalle autorità brasiliane Car Wash ,
potrebbe seriamente danneggiare
il nuovo governo del presidente
Dilma Rousseff, anche perché dal
2003 al 2010 la Rousseff ha fatto
parte del consiglio di amministrazione della Petrobas.
segue a pagina 20
Ti-Press
Il pizzino
uesta settimana l’Ente
ospedaliero cantonale (Eoc)
ha comunicato i suoi progetti di sviluppo per gli ospedali
pubblici in Ticino. Un osservatore
esterno, come me, resta decisamente sorpreso da questa iniziativa, visto che parallelamente il
Gran Consiglio si sta occupando
della pianificazione ospedaliera e il
risultato finale non è ancora noto.
Gli obiettivi dell’Eoc sarebbero “in
linea con la pianificazione ospedaliera”, è stato detto, poiché, comunque, “stiamo parlando dei
contenitori”, cioè degli ospedali
come edifici.Ma com’è possibile
parlare dei contenitori, senza conoscere esattamente i contenuti?
segue a pagina 26
Interrogativi su licenze e permessi
dopo i due smottamenti mortali
ALLE PAGINE 2 e 3
Basta trovarla
all’interno
del giornale
www.bricofaidate.ch
a pagina 22
MANNO
BARBENGO
B
ARBENGO
BIASCA
CADENAZZO
LUGANO-PREGASSONA
LOSONE
MENDRISIO
MENDRISIO-EX FERRAZZINI
IL CAFFÈ
23 novembre 2014
2 PRIMO PIANO
3
Dopo le tragedie
Si alzanonuove murae siabbassa la soglia dei pericoli
Il cemento avanza, si costruisce e si ristruttura su un territorio fragile,sottovalutando rischi reali e potenziali
Il terribile monito
di due drammi.
La leggerezza
umana può
moltiplicare
la devastante
forza della natura
P
er il Ticino sono stati anni di furore edilizio. Si è costruito, ampliato e ristrutturato dappertutto, sui costoni delle montagne e
vicino ai riali, ai piedi di ripidi
pendii e a ridosso di fiumi. E si è abbassata
la soglia dei possibili pericoli. Dalle tragedie di Bombinasco e Davesco Soragno arriva la terribile lezione di un territorio
sempre più fragile, che si sfalda sotto la
pressione di emergenze metereologiche
provocate pure da quei cambiamenti climatici con cui in futuro bisognerà fare costantemente i conti. Ma tra quelle macerie
c’è anche la fatale dimostrazione di quanto
la devastante forza della natura possa essere a volte moltiplicata dalla leggerezza
umana, come indicano nuovi particolari
raccolti dal Caffè su queste drammatiche
vicende.
Gli interrogativi/1
A riguardare oggi la terrificante “precisione chirurgica” con cui le due frane hanno cancellato un rustico e una palazzina,
uccidendo quattro persone, c’è da temere
che drammi come quello di Bombinasco e
Davesco Soragno potrebbero ripetersi in
gran parte del Ticino. Su monti del Locarnese da Brissago a Tenero, dove si è costruito in zone scoscese, a quelli del Luganese, dal Brè al San Salvatore, altrettanto
densamente e pericolosamente edificati.
Chi l’avrebbe mai detto che da quei
due pendii di poche decine di metri sarebbero arrivate morte e distruzione. Eppure
è successo. Ma sono tanti in tutto il cantone i rustici abitati, i vecchi casolari ristrutturati, le nuove case, e persino le grandi
ville costruite ai piedi di ripide scarpate
apparentemente inoffensive. È triste ricordare oggi che non molto tempo fa in Ti-
gistica e, magari, non incorrevano nemmeno in pericoli naturali. Ma questa lunga
battaglia ha forse pure offuscato la consapevolezza sui possibili pericoli.
“Tanto più col venir meno dell’agricoltura di montagna, di quelle sentinelle dei
monti che erano una volta i contadini e
con la trasformazione di un territorio che
ha cambiato configurazione, con l’avanzare del bosco in alto e del cemento in basso
che ha eroso ampie fasce pedemontane”,
spiega un architetto specializzato nella ristrutturazione di rustici. Ma quanto possano essere grandi i rischi l’ha capito il ministro del Territorio Claudio Zali, che subito
dopo la frana di Davesco, ha avvertito: “Bisogna ripensare con attenzione i pericoli
reali e potenziali”. Il delicato equilibrio
morfologico di un cantone in gran parte
montuoso e boschivo, con ampi fondaval-
cino si era salutata come una vittoria la
decisione della Confederazione che, sotto
la pressione del cantone, aveva ristretto la
“zona rossa” - quella stabilità a protezione
del paesaggio ma anche dai possibili pericoli naturali - dando il via libera alla ristrutturazione di circa 1500 rustici. Ed era
stata pure lodata come un successo per gli
interessi ticinesi, la missione a Berna dello
scomparso ministro Michele Barra, che era
riuscito a strappare un allentamento dei
vincoli anche per i rustici delle “zone blu”,
meno soggetti a rischi geologici e a vincoli
paesagistici. “Abbiamo portato a casa
7000 licenze edilizie”, si era allora annunciato trionfalmente.
Quello dei rustici era un contenzioso
che si trascinava con Berna da un trentennio e certamente buona parte di essi non
erano forse più degni della tutela paesag-
le, due grandi laghi e due grandi fiumi, più
centinaia di riali, quasi secchi d’estate ma
imprevedibili d’inverno, è stato reso ancora più instabile e fragile - avvertono i geologhi- da una cementificazione che di anno
in anno è avanzata inesorabile. Certo esiste già una mappa dei pericoli, anzi il Ticino, ancora più esposto a valanghe, esondazioni, frane e scoscendimenti è stato tra
i primi cantoni ad adottarla e, assicurano i
competenti organi federali e cantonali,
viene costantemente aggiornata. E ci sono
rigide leggi sulle zone dove è possibile costruire, che indicano in modo vincolante
anche come costruire per scongiurare
eventuali rischi. Le leggi ci sono, quella
che manca è spesso la consapevolezza di
molti amministratori pubblici che la natura prima o poi possa riprendersi il territorio che le è stato sottratto. Una consapevo-
lezza minata da molteplici interessi, quello
del proprietario del terreno che vuole costruire o ristrutturare, quello delle imprese edili che coi lavori ci guadagnano e danno lavoro, e quello di centinaia di municipali, con annessi uffici tecnici, che hanno
probabilmente anche un tornaconto elettorale. Così tutti sono pronti a chiudere un
occhio, sulla licenza di costruzione, sulle
autorizzazioni per trasformare una stalla
in abitazione o sulla concessione dell’abitabilità per stabili destinati, con i crismi di
legge, a tutt’altro uso.
Se l’edilizia gira, gira l’economia di
tutto il cantone, questo il mantra che negli
ultimi decenni ha governato la tumultuosa
crescita edilizia. Ma, all’impovviso, due
settimane di pioggia intensa e due tragedie, fanno capire quanto sia alto il prezzo
da pagare se si sottovaluta il pericolo.
LEGENDA CARTINA ZONE VIVIBILITÀ DI BOMBINASCO
Zona bosco protettivo
Zona Bosco
Zona agricola
Nuclei abitati
Ti-Press
UN MURO FATTO A REGOLA D’ARTE?
Troppa pioggia, ma un
muro in cemento non
può sbriciolarsi così. Ci
sono stati errori dal punto
di vista ingegneristico o
costruttivo? Una prima
risposta arriverà dal
perito giudiziario
1
Eventi che
potrebbero
ripetersi in tante
località del
cantone dove si è
edificato senza
riguardi
Gli interrogativi/2
Ti-Press
PRIMA O DOPO IL 1972?
In che anno il rustico
della frana mortale ha
ottenuto il permesso
come abitazione? Se
dopo il 1972, l’edificio
potrebbe rientrare nella
miriade di costruzioni
contestate da Berna.
1
Frana
PERCHÉ L’EDIFICIO SI È SPOSTATO?
Che ruolo hanno giocato
il riempimento e lo stesso
stabile costruito dietro il
muro? L’edificio risulta
essersi lievemente
spostato. Decisivo capire
se ciò sia avvenuto prima
o dopo il crollo.
2
Ti-Press
Ti-Press
Frana
BASTA ESSERE NELL’INVENTARIO?
Il sindaco di Curio Paolo
Colin esclude che
l’edificio ristrutturato non
fosse in regola: “Era
nell’inventario degli edifici
fuori zona, se fosse stato
abusivo il Cantone
sarebbe intervenuto”.
2
Ti-Press
Ti-Press
Nucleo Bombinasco
Davesco-Soragno
RESIDENZA FUORI ZONA?
Perché ha potuto sorgere
una palazzina destinata a
residenza in una zona
artigianale-industriale?
Secondo testimonianze
lo “sdoganamento”
sarebbe avvenuto poco
prima dell’aggregazione.
BASTA L’ABITABILITÀ?
Anche per il Ministero
Pubblico, in questa fase
delle indagini, non
vengono ravvisate
irregolarità: “Il rustico
risulta in ordine.
L’abitabilità c’era, i
permessi pure”.
3
3
DAVESCO SORAGNO A metà degli anni ‘90 la scuola comunale rischiò di finire nello stabile ora pericolante
L’abitabilità firmata
pochi giorni prima
dell’aggregazione
Ti-Press
L
a natura è matrigna, ma a monte della frana assassina di Davesco potrebbero esserci sbagli
o leggerezze umane. Mentre testimonianze raccolte dal Caffè adombrano il sospetto per la palazzina distrutta di una “abitabilità” concessa
velocemente pochi giorni prima della
fusione di Davesco con Lugano, la
magistratura è impegnata a ricomporre i calcinacci del dramma.
In particolare il procuratore Nicola
Respini, titolare dell’inchiesta, sta
vagliando la documentazione, tra cui
le licenze edilizie, ricevute dalla Città
di Lugano. Al magistrato, giovedì, è
stato consegnato il rapporto preliminale del perito giudiziario, l’ingegner
Rinaldo Passera. Le domande in so-
speso restano parecchie: perché il
muro che sovrastava il ripido pendio
s’è sbriciolato travolgendo la palazzina in cui, domenica notte alle 2.30,
sono morte Anna Gianini, 38 anni, e
Monique Ligorio-Houriet, 34, entrambe residenti nell’edificio di tre
piani? Il muro era progettato e costruito a regola d’arte? Oppure la costa di bosco, staccandosi, ha trascinato a valle anche il manufatto? E
ancora, il leggero spostamente del
capannone a monte è avvenuto prima o dopo il crollo del muro? È stato
causa o effetto? E infine, perché nella
palazzina viveva gente, quando l’abitabilità in zone artigianali-industriali
è prevista solo per funzioni di custodia e sorveglianza?
Su quest’ultimo aspetto emerge
un’altra pista. Ancora oggi che di anni, dall’aggregazione del 2004 con
Lugano, ne son passati parecchi, un
testimone ricorda la singolare scoperta fatta negli uffici della Città al
momento di ricevere tutti gli incarti
dall’Ufficio tecnico di Davesco-Soragno. Tra la documentazione proveniente dalla nuova frazione sarebbe
emerso anche un faldone contenente
le carte di 7-8 “oggetti” freschi di
abitabilità. Ma lo stupore sarebbe ulteriormente cresciuto quando i funzionari notarono la data in cui il Municipio di Davesco aveva chiuso tali
pratiche: solo pochi giorni prima che
l’aggregazione divenisse formalmente effettiva. E tra gli edifici sdoganati in extremis ci sarebbe stata
anche la palazzina, risalente agli anni ‘80, crollata una settimana fa.
Ma anomalie potrebbero spuntare anche dal muro, caduto con parte
del terrapieno su cui sorge lo stabile
rimasto in bilico sul vuoto. La molta
pioggia ha indubbiamente appesantito il terreno, ma ciò non basta a
spiegare l’accaduto. “Dietro questo
tipo di muri - spiega un esperto del
ramo - devono esser fatti dei drenaggi accurati, perché anche la terra
quando è impregnata pesa il doppio.
E poi quando uno fa delle ripiene bisogna prestare molta attenzione. Il
peso, sopra un terreno ripido, può
giocare brutti scherzi. Si rischia l’effetto scivolo”. Detto questo, il vero
chiarimento arriverà dal perito giudiziario.
Infine, un’altra nota inquietante:
in quell’edificio, che pure ha rischiato di finire a valle, poteva esserci
una scuola elementare. È una vicenda che rimanda alla Davesco della
seconda metà degli anni ‘90. In quel
momento il Comune era alla ricerca
di spazi per gli allievi. Ad un certo
punto il Municipio cavò il coniglio
dal cilindro proponendo di insediare
i bambini proprio in
quello stabile. Il progetto era ben avviato,
tanto che il rapporto
era sul punto di essere
firmato dalla Gestione.
Ma alcuni genitori, venuti a conoscenza delle intenzioni del Comune, decisero di intervenire. A tutti i fuochi venne inviato un
volantino, in cui si
spiegava l’improponibilità della soluzione.
Una scuola piazzata tra una strada e
una ripida scarpata proprio non piaceva e su pressione dell’opinione
pubblica il Municipio fece marcia indietro.
BOMBINASCO Gli interrogativi inevasi sulla trasformazione in residenza abitativa del rustico travolto da uno smottamento
Divenne abitazione
prima o dopo il 72?
Nessuna risposta
Ti-Press
IL RAPPORTO DEL PERITO
Il perito giudiziario ha
consegnato giovedì
un rapporto preliminare
sull’accaduto
T
ra i rustici “problematici” ticinesi, c’era anche quello in cui
lo scorso 5 novembre sono
morte sotto una frana la 31enne Monica Moriggia e la figlia Alice di soli 3
anni? Un interrogativo al momento
difficile da sciogliere, che scivola sulla cappa di rispetto e di silenzio, dovuto naturalmente anche alle indagini in corso, che avvolge il dramma di
Bombinasco. L’Ufficio tecnico di Curio si limita a confermare: “La casa si
trovava in zona agricola. C’è in ballo
un’inchiesta della magistratura, non
possiamo aggiungere altro”.
Una risposta asciutta, che però
invece di tranquillizzare, innesca
un’altra serie di interrogativi. Se
quel rustico non si trovava in zona
edificabile, com’è possibile che l’autorità abbia rilasciato il permesso di
costruzione, visto che il diritto federale non lo permette? Lo vieta, addirittura dal 1972, un decreto federale
urgente con cui la Confederazione
voleva frenare l’edificazione sparsa
sul territorio.
Ma a quale anno risale la trasformazione in abitazione del rustico di
Bombinasco? “Abbiamo fatto un inventario una quindicina di anni fa e
questo rustico era già inserito”, dice
il sindaco di Curio Paolo Colin. Bene,
2014 meno 15 fa 1999. Ma siamo ancora lontani dal 1972. “Mi risulta prosegue il sindaco - che sia lì da decenni e decenni, forse non abitato in
modo continuativo, ma comunque
per diverse settimane durante l’anno”. Il proprietario precedente era
Marco Mondada, il presidente della
presidente della Federazione ticinese
di caccia, deceduto nel settembre del
2011. “Da cacciatore accanito andava nei boschi del Malcantone e spesso e volentieri si fermava lì nel rustico. Senz’altro non mi risulta che fosse un abuso edilizio. Lo dimostra anche il fatto che si trovasse nell’inventario degli edifici fuori zona, se fosse
stato abusivo il Cantone avrebbe reagito”, rileva Colin.
Già, il Cantone. Lo stesso che, dai
tempi in cui Renzo Respini era alla
guida del Dipartimento del territorio,
quindi dagli anni ‘80, e poi risalendo
i decenni fino a stagioni più recenti,
applicava in tema di rustici la politica
del “Liberi tutti”. Da qui la reazione
di Berna e pure le sette-otto sentenze del Tribunale amministrativo cantonale che hanno rilevato una flagrante violazione della legge.
Chiariamo: tra i fatti di Davesco e
Bombinasco esiste solo una tragicaassonanza, perché il migliaio di metri
cubi di fango e bosco franato nel Malcantone non può essere imputato
che all’imprevedibilità della montagna. Resta però un aspetto centrale
da chiarire: se, norme edificatorie alla mano, l’edificio poteva essere trasformato in abitazione principale.
Perché se non era consentito, allora
le due vittime non si sarebbero trovate tra quelle quattro mura la sera
della frana.
E il Ministero
pubblico? “Per intanto risulta tutto in ordine.
L’abitabilità
c’era, i permessi pure, ma la procuratrice Margherita Lanzillo attende di avere
tutti i rapporti per
pronunciarsi”, afferma il portavoce della
Procura. Certo l’abitabilità è importante,
ma è solo una concessione di tipo sanitario e non edilizio.
Dunque, si torna alla
domanda iniziale, il
permesso di costruzione è precedente al
1972? Allora sì l’accaduto avrebbe solo
il sapore di un destino tanto amaro
quanto è trasparso
dalle parole di addio
del papà di Monica al funerale: “Siamo riusciti con non pochi sacrifici ad
acquistare e con tanta passione a sistemare la tua casetta dei sogni che
tanto amavamo”.
Ti-Press
UN SOGNO INFRANTO
La frana di caduta la
sera del 5 novembre
s’è portata via un
sogno e due vite
una rosa a...
rosa
&
cactus
IL CAFFÈ
23 novembre 2014
4
Attualità
OFFERTI DA
Piazza Muraccio, Locarno
Tel. 091 751 72 31
Fax 091 751 15 73
un cactus a...
Elsa PeriniHofmann
Claudio
Alfieri
Significativo traguardo per la
responsabile del Centro di
cura per ricci di Maggia,
gestito assieme ad Alex
Andina, che dopo 14 anni di
intensa attività ha accolto il
quattromillesimo riccio,
battezzato Tetramilla.
Errore nel consiglio
comunale di Chiasso. Si
approva un credito per degli
appartamenti per anziani.
Risultato 24 -12. I presenti
sono però 34. Si rivota. 2112. Maggioranza richiesta
23. Male, presidente...
LA MAPPA
La delinquenza.
Da una radiografia
aggiornata dei reati
a Como, Varese,Sondrio
e Verbania emergono
tendenze e dinamiche
delittuose che si riflettono
nella realtà cantonale
FURTI IN
CASA
SONDRIO
COMO
TICINO
VARESE
I reati denunciati
Totale ogni 100.000
abitanti nel 2013
e variazione percentuale
a confronto con l’anno
precedente
VERBANOCUSIOOSSOLA
BORSEGGI
RAPINE
TRUFFE
TOTALE
REATI
237
37
9.3
239
2.869
+48%
+56%
-10.5%
-4.2%
+3.4%
611
125
33
142
3.355
+29%
+9.3%
-7%
-43%
-10.5%
671
191
23
131
7.816
+3.4%
+4.2%
-10%
+48%
- 2.9%
557
161
38
278
4.355
-0.9%
+2.8%
+7.2%
-5.8%
+8.2%
258
86
32
318
3.461
-17%
+2.2%
-3.2%
+27%
-10%
Fonte: Il Sole 24 ore, Ministero degli Interni italiano, Rapporto d’attività 2013 Polizia cantonale
I
Sicurezza
e numeri
Una realtà
inquietante
soprattutto
nelle città
che fa
squillare
diversi
campanelli
d’allarme
Processi
in corso
Passaggio
di bande
e mappa
dei colpi
siglano
uno stretto
legame
al di là del
confine
n una casa hanno rubato
persino il ferro da stiro. A
una studentessa lo zaino.
A una famiglia le posate.
Bottino misero quello ragrannellato dai ladri in dieci furti in poche ore nell’ultimo weekend a Grandate, meno di 3.000
abitanti a 10 minuti d’auto da
Chiasso. Ma qui, nei paesi attorno al Lario, ci si accontenta. I
“colpi”, però, al di là del loro valore, fanno numero ed ecco perché la provincia
di Como è balzata all’undicesimo posto nella
classifica sulla
sicurezza elaborata dal quotidiano “Il sole 24
ore”, con 601
furti per 100
mila abitanti nel
2013. E con un
incremento del
29 per cento rispetto al 2012.
Se i ladri sono al
di là della frontiera prima o poi
arrivano in Ticino, dove, comunque,
nei
primi 10 mesi di
quest’anno i casi sono in calo (327 rispetto allo
stesso periodo
del 2013). Un
dato significativo per la polizia.
“È giusto dire
che la maggior
parte dei ladri che colpiscono in
Ticino proviene dall’Italia e che
dopo le incursioni sul nostro territorio vi rientrano con la refurtiva”, spiega il commissario Angelo Fieni della cantonale. Ecco
perché i dati di Como, così come
quelli di Varese, Sondio e Verbania, territori confinanti che presentano sfaccettature diverse,
sono però interessanti per capire una tendenza e intercettare
le possibili rotte di questa criminalità.
“Anche se le variazioni annuali, se prese singolarmente,
sono fuorvianti nella creazione
dell’allarme sociale e della percezione di sicurezza soggettiva”, spiega Andrea di Nicola,
criminologo italiano, autore di
studi sulla sicurezza urbana:
“Bisogna valutarle su un arco di
tempo più ampio, altrimenti non
si capisce se un fenomeno, come
ad esempio i furti nelle case, sta
cambiando, si sta diffondendo,
se sta assumendo caratteristiche e modalità nuove”. In un arco di tempo breve intervengono
troppe varianti, che vanno dall’aumento dell’intensità periodi-
La geografia criminale
dall’Italia di frontiera
è sconfinata in Ticino
ca dei controlli, all’installazione
di sistemi come la video sorveglianza che modifica le strategie
dei ladri, i dati cambiano e la
tendenza risulta modificata.
“Sul lungo termine, invece, le
modificazioni vanno al netto,
Le indagini
mettono radici, i dati si solidificano - osserva Di Nicola - questo
non vuol dire che non si debbano cogliere i campanelli d’allarme”.
Dallo studio viene tuttavia
fuori una costante: i centri intor-
no al Lario sono un crocevia delle bande che arrivano dalla cintura industriale di Milano o direttamente in trasferta dall’Est
europeo. E che spesso aumentano le tappe del loro itinerario
criminale e sconfinano sino al
L’analisi di Fieni, commissario della polizia cantonale
“Arresti con un effetto deterrente”
L
a cooperazione funziona. “Sicuramente – spiega il commissario capo
Angelo Fieni della Sezione reati contro il patrimonio della polizia cantonale la collaborazione tra le forze di polizia
presenti sia in Ticino che sulla fascia di
confine, aumenta la possibilità di successo delle nostre operazioni”. E produce anche un effetto dissuasivo su chi vuole
compiere reati sul territorio svizzero. “In
modo particolare - aggiunge Fieni - all’interno di bande organizzate con l’obiettivo
di commettere reati in serie, l’arresto di
componenti del gruppo è conosciuto dagli
altri membri e se sono numerosi, i furti
diminuiscono”. Un esempio? L’ondata di
furti che ha colpito Riviera e Tre Valli fra
il 2012 e l’inizio del 2013. Qui operavano
gruppi di ladri legati ad una grossa banda
di albanesi che gravita nella cintura milanese. In un anno sono stati effettuati 50
arresti e i furti sono drasticamente diminuiti. Altro esempio è l’arresto di ragazze
nomadi minorenni che operano di giorno.
Dopo il loro fermo i “colpi” sono calati.
“Quindi, in determinati casi, si può effettivamente affermare che più sono gli arresti effettuati meno sono i furti che vengono commessi”, conclude Fieni che tuttavia ritiene non si possano mettere in diretta relazione “le casistiche di Como e
Varese con quelle di casa nostra”.
Ticino. “Nei filtri predisposti
nell’ambito dei nostri controlli
quotidiani – afferma Davide
Bassi, portavoce delle Guardie
di confine –, in media effettuiamo dai 6 ai 7 fermi. Si tratta di
persone nella cui auto vengono
trovati attrezzi che potenzialmente possono servire per furti,
oppure nascondono refurtiva, o
ancora, sono ricercati per aver
commesso reati in Svizzera o
dalle autorità di altri Paesi”.
La pressione, tuttavia, non
arriva solo dal
Lario ma anche
dalla
sponda
sud-ovest di Varese, piazzata al
posto numero
23 della classifica ministeriale
italiana, dove in
otto anni le visite “indesiderate” nelle case
hanno segnato
un più 124 per
cento. Preoccupa meno Verbania, all’ottantesimo posto per i
“colpi”
nelle
abitazioni, ma al
sesto per quanto riguarda truffe e frodi. Per
questi
ultimi
reati Varese è al
sedicesimo posto mentre Como quasi nelle
ultime posizioni
della graduatoria. Sul fronte
delle rapine, che pure lungo la
linea di confine ticinese subiscono fiammate periodiche, con assalti ai distributori di benzina,
Como, Sondrio Varese e Verbania, sono distanti dai primi posti.
Secondo Di Nicola questo si
può spiegare perché “da tempo,
guardando proprio nell’insieme
le statistiche, nel nord Italia c’è
una linea di stabilità dei reati.
Le grandi città, soprattutto per
effetto dell’articolazione sociale
della popolazione, subiscono
una pressione maggiore. Nelle
realtà più piccole si avvertono
invece più velocemente i mutamenti di quelli che la criminologia chiama reati predatori (come
furti). In questi settori c’è una
maggiore dinamicità. Succede,
ad esempio, che i ladri individuino un quartiere abitato da famiglie particolarmente sprovvedute perché abituate a vivere
nella sicurezza, e i casi aumentano. Poi arrivano gli arresti e i
dati diminuiscono. In questo
senso parlavo di analisi da fare
su tempi lunghi”.
L’esperto
avverte
“È meglio
fare
una analisi
su tempi
lunghi,
altrimenti si
coglie solo
l’emotività”
Blocchi
e fermi
“Ogni giorno
blocchiamo
da 5 a 6
persone
ricercate
o coinvolte
in fatti
criminosi”
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IL CAFFÈ
23 novembre 2014
6 ATTUALITÀ
Le inchieste
Lo scandalo
“Società bucalettere e cartiere
alimentano l’economia marcia”
Dal fermo in dogana a Chiasso al sequestro di gioielli, all’arresto, i destini incrociati dell’“avvocato” Enderlin e miss Biku
Diamanti,lusso,affari e tanti soldi
i segreti tra Davide e la bella Ginta
Il duro j’accuse del procuratore generale John Noseda
sulla diffusione del sottobosco affaristico e finanziario
T
IL PROCURATORE
JOHN NOSEDA
Il procuratore generale,
66 anni, impegnato
in prima fila contro
i reati economici e
finanziari
ruffe, usura, falsità
in documenti, amministrazione infedele.
E ancora: omissione
di contabilità, appropriazione indebita. Solo la polizia cantonale l’anno scorso ha
lavorato a 207 inchieste legate
a reati economico-finanziari.
Un’emergenza, o quasi. “Comunque, un fenomeno sempre
più diffuso”, spiega il procuratore generale John Noseda.
Proprio il Ministero pubblico come testimonia anche la cronaca di questi giorni - deve fare
i conti quasi quotidianamente
con segnalazioni, denunce, richieste d’informazioni in particolare dalla magistratura italiana. “Questa realtà criminale riprende Noseda - ha un duplice carattere: congiunturale e
strutturale. Congiunturale perché il malaffare è spinto a galla
dalla crisi economica, che ha
svelato malversazioni e speculazioni che un tempo chi li
commetteva poi riusciva a nasconderle”. In pratica chi maneggiava disinvoltamente denaro affidato dai propri clienti e
creava buchi in qualche modo,
con audaci operazioni, riusciva
a tapparli. Oggi finisce nei
guai. “C’è poi l’aspetto strutturale – spiega ancora Noseda –
perché da tempo c’è chi ha
sfruttato il territorio ticinese
per creare società fittizie, bucalettere, cartiere, attività di
L’iniziativa
7
PROTAGONISTI
Ginta Biku, 27
anni e Davide
Enderlin
junior, 42 anni
Trenta professionisti a lezione alla Supsi
È nato un master
per specialisti
che combattono
il business crime
LA MODELLA
A fianco Ginta
posa come
modella
per Ti-Press
O
ltre 200 inchieste giudiziarie all’anno. I reati finanziari
aumentano, lo ha rilevato anche la Supsi, che ha ha avviato da alcuni mesi un nuovo corso. Il Master of advanced studies in diritto economico e business crime, nato in collaborazione con la magistratura. Trenta gli iscritti, tutti professionisti della piazza finanziaria, della magistratura, avvocati e operatori della polizia. Il nuovo master di cui è responsabile il giudice Mauro Mini, coordinatore l’avvocato Giovanni Molo, consulenti scientifici l’avvocato Paolo Bernasconi e il procuratore generale John Noseda, è una delle tante risposte “per contrastare
- spiegano alla Supsi - i reati finanziari in crescente aumento”.
L’obiettivo è di creare una classe dirigente in diversi settori
esposti alla criminalità economica, che si presenta in forme
sempre più sofisticate, sempre più preparata. Anche per questo,
oltre che di diritto nazionale e internazionale, nelle lezioni si
parla anche della revisione interna e degli uffici “compliance” e
“legal” della banche, delle società di “audit”, e dell’attività dei
fiduciari (finanziari e commercialisti).
copertura. Scatole vuote, in definitiva. E questo lo ha fatto
sfruttando le pieghe della legge, le differenze legislative con
altri Paesi, o usando altri sotterfugi”. Queste società si sono
diffuse in tutti i settori. E hanno generato truffe, occulta-
mento di capitali. “Certi metodi - dice il procuratore - si sono
insinuati anche nel mondo della prostituzione.E sono persino
nate aziende per portare qui in
Ticino manodopera da pagare
con salari da fame, andando a
fare una concorrenza sleale a
chi invece paga secondo contratto e onora tutte le imposte”.
In pratica, accanto a un mondo
economico sano, trasparente,
che rispetta e s’adegua alle leggi, nel tempo è crescita una realtà parallela, un pericoloso
sottobosco fatto di legali, consulenti che si spacciano per fiduciari a capo di affari poco
chiari, una spirale di operazioni
che ha generato decine e decine di milioni di franchi sporchi.
“Con questa diffusione di
reati economico-finanziari spiega ancora John Noseda oggi dobbiamo fare i conti. E
bisogna contrastarli a diversi
livelli. Da una parte sicuramente è indispensabile punta-
re sulle risorse umane, cioè su
personale sempre più specializzato per far filtro e prevenire”. Questo nelle banche, nelle
finanziarie. Ma anche polizia e
magistratura devono specializzarsi sempre di più. “Dall’altra parte - aggiunge - serve un
adeguamento legislativo per
arrivare in settori ancora oggi
scoperti. Penso, per fare solo
un esempio, alle cassette di sicurezza, che dovrebbero sottostare alle norme antiriciclaggio. O a pseudo società fiduciarie che accettano capitali
sospetti dopo che le banche,
che hanno adottato la strategia del denaro pulito, li hanno
rifiutati”.
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I numeri
I REATI
1
2
I reati maggiormente
denunciati l’anno scorso
in Ticino sono stati falsità
in documenti, truffa,
appropriazione indebita,
amministrazione infedele.
Tra gli altri reati emersi
omissione della
contabilità, bancarotta
fraudolenta e reati contro
le assicurazioni sociali e la
frode fiscale
LE INCHIESTE
La Sezione reati
economico finanziari (Ref)
della polizia cantonale
l’anno scorso ha lavorato
a 207 inchieste, di cui
145 evase relative a
procedimenti aperti nel
2013 (79 incarti), aperti
nel 2012 (50 incarti) e a
procedimenti antecedenti
il 2012 (16 incarti).
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GLI INTERROGATORI
Sono state 151 le
perquisizioni sia
domiciliari che presso
uffici e 507 gli
interrogatori.
Anche il 2012 è stato un
anno impegnativo per la
Sezione reati economico
finanziari, che ha
lavorato su 205
inchieste, di cui 181
sono state concluse.
3
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LE PERQUISIZIONI
Sempre i 16 agenti
specializzati della Ref
hanno effettuato l’anno
scorso 220 perquisizioni,
600 interrogatori di
persone coinvolte nei
procedimenti penali,
arrestato 25 persone e
consegnato 54
informazioni di polizia
all’Interpol su persone e
società presenti in Ticino.
4
È
una mattina di primavera
quando
un’affascinante ragazza bionda arriva
al volante di un’auto
di lusso alla dogana di Chiasso.
Si chiama Gintare Kubiliute, in
arte Ginta Biku, ha 27 anni, vive a Viganello. È d’origine lituana, in passato ha vinto un
concorso per miss, e fa la cantante. Ha un’agenda piena di
appuntamenti artistici, tra concerti in importanti piazze italiane, festival tv, passaggi in radio
e turni in sala di registrazione.
Ai controlli non passa inosservata. Viene fermata dai militari
della Guardia di finanza e dalla
sua borsa salatno fuori diamanti e gioielli per un valore di circa 600 mila franchi. Passa qualche mese, e siamo al 22 di
maggio, quando il luganese
Davide Enderlin, amministratore - come lui stesso ha ammesso - di oltre cento società,
classe 1972, passa la dogana e
arriva in Italia. Viene fermato
pure lui dai militari della Finanza e accompagnato in carcere a
Genova. L’accusa è concorso in
truffa e riciclaggio nell’ambito
dell’inchiesta sulla banca genovese Carige.
Pochi giorni fa i destini di Gintare Kubiliute e Davide Enderlin s’intrecciano di nuovo. Il filo
che lega i due partirebbe dai
diamanti a suo tempo confiscati dai magistrati di Genova. Secondo la stampa italiana la giovane avrebbe indicato in Enderlin il proprietario. E questo
proverebbe un rapporto stretto
fra i due. Ma gli avvocati di Enderlin sostengono che non c’è
stato alcun sequestro e che
nulla è stato mai notificato al
legale. Intanto a Lugano la magistratura lavora su due denunce. Scattano perquisizioni.
Spunta un’azienda in cui la giovane succede al professionista
luganese, è un altra pista. Una
denuncia su una presunta malversazione.
Soldi, sembra un milione, affidati in gestione allo studio di
Enderlin e “dirottati”, pare, su
una società della cantante. Lei
nega, lui pure. Davide e Ginta più un socio di Enderlin ma per
un altro filone dell’inchiesta finiscono in carcere. Biku alla
L’ATTIVITÀ
Le immagini
sopra sono
tratte dal sito
ufficiale di
Ginta Biku
Farera. Enderlin, che scontava
un obbligo di dimora a Como
verrà probabilmente estradato
in Ticino nei prossimi giorni.
Ginta, madre lituana e padre
sudafricano, cinque lingue parlate e scritte, una laurea in Italia, è descritta dagli amici come
una ragazza solare, decisa e intelligente. È andata via da Vilnius, sua città d’origine, quando era adolescente insieme alla
mamma, che ora fa l’imprenditrice a Lugano. E ci è tornata a
marzo per un concerto in occasione dell’anniversario dell’indipendenza della Lituania.
Nella sua terra è molto popolare, è apparsa su giornali e tv.
Anche in Italia comincia ad essere conosciuta, grazie anche al
lavoro del suo manager Marco
Ramazzotti, fratello del cantautore Eros. Sempre quest’estate
si è esibita in un festival a tappe nelle diverse città. E poi a
Estival, a Lugano. Questo doveva essere l’anno della sua
consacrazione artistica, con
nuovi dischi e video. Raccontano che lei fosse molto entusiasta. È invece inciampata sull’inchiesta Enderlin, e ad attirare i sospetti degli inquirenti
anche il tenore di vita della giovane cantante.
L’INTRECCIO SOCIETARIO DI DAVIDE E GINTA
Società dove Enderlin risulta
ancora attivo
Le società di Ginta
Società dove Davide Enderlin
risultava attivo
Caffe a porter Sagl
Atelier Records
Fashion style sa
Le società di Enderlin
Davide Enderlin Consulenze Sa
Time Services Sa
Casaforte Suisse
Davide Enderlin Holding Sa
Green Mountains
Geocom Sa (Ex presidente)
Residenza Belmonte Sa
Ed. Im Suisse (liquidazione)
Phone group Sa (Ex presidente)
Casaforte Suisse
Bocantico Sa
Jubin Frères (Ex cons. amm.)
Tukutela
Pramac Suisse (liquidazione)
Tekel (Ex amministratore unico)
Fonte: Registro di commercio
Il retroscena
Spunta il “tesoretto”della maga dei vip
dalle perquisizioni nell’ufficio luganese
S
u di lei i riflettori si erano spenti da tempo.
Era scomparsa insieme ai suoi soldi dalle
cronache giudiziarie, dove pure era rimasta
per anni, sin dal 1987 quando venne processata a
Milano per omessa dichiarazione dei redditi. E poi
nel 2002, quando la magistratura le sequestrò
qualcosa come 33 milioni di euro. Ora il nome della maga dei vip, Ester Barbaglia, nel frattempo
morta a Menaggio a 83 anni, è ricomparso nelle
carte di un’inchiesta, stavolta della magistratura
ticinese. La maga Ester anni fa aveva aperto una
società a Lugano, domiciliata proprio in uno dei
“quartieri generali” di Davide Enderlin e amministrata da un suo socio, cioè la persona finita in carcere la settimana scorsa (Ginta Biku in questa caso
non c’entra nulla). La donna avrebbe affidato circa
500 mila franchi al professionista. Che fine hanno
fatto questi soldi, che fanno parte dell’ingente patrimonio della donna? Alcune persone che si ritengono raggirate dalla maga Ester hanno presentato
denuncia in Italia. Poi ci sono gli eredi della “sensitiva” che chiedono chiarimenti sul suo patrimonio nel frattempo intestato ad una fondazione.
Dalle indagini per ricostruire i diversi filoni seguiti
da soldi, polizze e investimenti, si è giunti alla società ticinese. La maga dei vip anni fa s’era fatta ritrarre assieme ad uno dei suoi clienti più affezionati, l’ex premier italiano Silvio Berlusconi. Ma il
suo studio milanese era frequentato anche da altri
politici di primo piano.
IL CAFFÈ
23 novembre 2014
8 ATTUALITÀ
9
La sanità futura
“Solo Santa Chiara
potrà far sopravvivere
l’ospedale La Carità”
Il retroscena
“Anni fa l’Eoc voleva comprare,
oggi molto meglio collaborare”
Q
ualche anno fa l’Ente ospedaliero cantonale (Eoc) sembrava interessato ad acquisire la
Santa Chiara di Locarno. Poi non se
ne fece nulla. “Nel frattempo sono
anche cambiati i vertici della clinica”,
come conferma Giorgio Pellanda, direttore generale dell’Eoc. Ora i due
istituti si sono riavvicinati. “Parte un
progetto di collaborazione, ancora
tutto da definire – precisa Pellanda -.
Ma un eventuale assorbimento è fuori discussione”.
I tempi per concretizzare la futura
I vertici della clinica e i sindaci della regione
così vedono il futuro della sanità locarnese
“S
olo la clinica Santa Chiara potrà far sopravvivere l’ospedale
La Carità. È l’unica soluzione
per continuare ad avere un
ospedale a Locarno”. Sbrigativa ma estremamente chiara la visione futura
della sanità della regione da parte della dottoressa Daniela Soldati, membro del Consiglio di
amministrazione della clinica Santa Chiara. In
sostanza, affinché La Carità di Locarno possa sopravvivere in maniera dignitosa, la sola strada
da percorrere è unire le forze con il privato.
“Verrà costituita una società, gestita in comune
dalla clinica e dall’Ente ospedaliero cantonale,
per l’intera amministrazione della struttura che,
appunto, diverrà un tutt’uno”, chiarisce Soldati.
In futuro, quindi, la collaborazione tra la clinica e la Carità avrà tutti i crismi dell’ufficialità.
In realtà, già un po’ di anni fa c’era stato un primo contatto tra i due istituti. L’Ente ospedaliero
cantonale (Eoc) sembrava interessato ad acqui-
tare il pacchetto azonario della Santa Chiara per
3-4 milioni di franchi, il resto sottoforma di ipoteca; valore totale stimato tra i 30 e 40 milioni,
poco più poco meno. Poi la cosa è finita lì... Ora
sembra ritornata la voglia di liaison, benvista
anche dai sindaci della regione, interpellati dal
Caffè. “Abbiamo chiesto una fase di prova di sei
mesi a cui seguiranno un paio di anni per la costituzione della società, sulla cui forma sta facendo uno studio l’Università della Svizzera italiana”, spiega Soldati.
Intanto, il cielo sopra La Carità è tutt'altro
che sereno. Stando a quanto emerso dalla recente conferenza stampa dell’Eoc si andrà, di
fatto, verso due ospedali di riferimento: Bellinzona e Lugano. Locarno e Mendrisio saranno un
po’ le “Cenerentole” sanitarie del cantone. E se
per questi ultimi due nosocomi il temuto declassamento dei pronto soccorso e delle cure intensive, paventato due anni fa, è nel frattempo
rientrato, non è tuttavia ancora stata del tutto
GLI OSPEDALI
E IL DIRETTORE
La Carità e,
in senso orario,
il Civico, il San
Giovanni e il Beata
Vergine; a destra,
il direttore
generale dell’Eoc
Giorgio Pellanda,
57 anni
archiviata l’idea di un ridimensionamento. “Le
cure intense sono fondamentali, significa dare
una garanzia di qualità a tutta la medicina ospedaliera di prossimità e ambulatoriale - reagisce
Stefano Gilardi, medico e sindaco di Muralto -.
Ma soprattutto, ciò corrisponde allo standard di
qualità della Svizzera, che comprende pure il
servizio sanitario di alto livello periferico”.
Insomma, tutti d’accordo, Locarno deve ave-
Parla il direttore Giorgio Pellanda
re un suo ospedale. E allora, tutto sommato unire le forze sembra essere la strada migliore da
percorrere. Una collaborazione tra pubblico e
privato che fa però storcere il naso al sindaco di
Minusio, che sottolinea pure la sua delusione
per i progetti illustrati dall’Eoc: “La presenza
del privato è sicuramente uno stimolo per il
pubblico per migliorare ancora di più in competenza e professionalità, tuttavia i due seguono
logiche e dinamiche differenti - dice l’avvocato
Felice Dafond -. Il privato è più interessato all’aspetto economico, mentre il pubblico mira a
garantire la salute della popolazione, attraverso
cure e servizi specifici. Ma occorre fare di necessità virtù...”. Già, lo pensa pure Luca Pissoglio,
medico e sindaco di Ascona: “Clinica e ospedale
dovranno abbassare un po’ la testa, trovare un
compromesso per poter collaborare assieme nel
collaborazione non saranno brevi.
“Solo dopo che questo progetto di
collaborazione sarà pronto si potrà
capire se sarà fattibile – riprende -.
Comunque sia, il Gran Consiglio avrà
sempre l’ultima parola, potrà dire di
no a quello che presenteremo”. Insomma, i giochi sono tutt’altro che
fatti. “Anche perché il Gran Consiglio
dovrà fare prima o poi una seria valutazione sul futuro sanitario a Locarno. Ma restare ognuno per contro
proprio non è certo l’ideale in una
piccola realtà come la nostra”.
migliore dei modi”. D’altro canto, s’impone la
necessità di risparmiare, evitando soprattutto
doppioni. La sanità pesa sempre di più sulle tasche dei cittadini, che pretendono servizi e
strutture mediche il più possibile vicino a casa.
“Stando agli intenti dell’Ente c’è poco da stare
allegri per il Locarnese - nota laconico Pissoglio
-. Non ci resta che difenderci e creare quindi un
polo unico e forte che ci permetta anche di mantenere una massa critica importante per una
buona qualità delle cure”. Una qualità delle cure
che è pronta a difendere anche il sindaco di Locarno. Carla Speziali, infatti, s’è detta molto
preoccupata per la futura attrattività del settore
acuto del Locarnese. E Pissoglio rincara tracciando un quadro tutt’altro che roseo: “Di questo passo degli attuali servizi garantiti dalla Carità resterà poco o niente”. E Soldati conclude:
“Ripeto, la Santa Chiara può evitare che nel
2025 Locarno si ritrovi con un ospedale come
quello di Cevio”.
I NUM
ERI
60
per cento
La trattativa
Si decide il 15 dicembre
il passaggio di proprietà
per Moncucco e S.Rocco
C
In Ticino c’è la più alta
concentrazone di letti privati
della Svizzera, si tocca
addirittura il 40 %
860
letti
Nel 2012 in Ticino i posti
letto per mille abitanti nel
settore pubblico erano 860;
nel privato 541
37
per cento
Nel 2011 i parti cesarei
nelle cliniche private, in
Ticino, erano il 37%,
nell’ente pubblico il 28%
10
per cento
Nel 2012 il tasso di
ospedalizzazione e giornate
di cura per 100 abitanti
nell’Eoc; 6,1% nel privato
8.42
La durata in giorni, nel 2012,
della degenza e tasso di
occupazione, settore acuto,
Eoc; privato 7.99
IL POLO
PRIVATO
Moncucco e
San Rocco
sono uno dei
punti di forza
della sanità
privata
’è l’offerta ed è stata pure fissata la data in
cui in cui si dovebbe dare il via libera all’acquisto della Clinica Luganese, da parte delle due fondazioni Fai e Praxedis che fanno capo all’avvocato Renzo Respini, attuale presidente del
Cda del polo sanitario privato Moncucco-San Rocco. La cifra proposta alla Congregazione delle Suore infermiere, attuale proprietaria della Clinica, come già anticipato dal Caffè ad
inizio novembre, è di 145-150 milioni
di franchi, ma per concretizzare la
vendita bisognerà ancora aspettare il
15 dicembre. Per quella data le due
fondazioni dovranno, infatti, aver soddisfatto tutti gli adempimenti di legge
per poter procedere all’acquisto.
Tra gli altri obblighi necessari per
poter perfezionare il contratto, spiccano l’autorizzazione all’acquisto da
parte dell’Autorità federale di viglianza sulle fondazioni e quella relativa alle disposizioni della Lafe, la legge che regola la
cessione dei fondi immobiliari. Adempiuti questi
obblighi, non ci dovrebbero più essere ostacoli per
il passaggio di proprietà, visto che l’offerta di
145-150 milioni è in linea con le attese della Congregazione, a cui servono nuovi capitali per risanare la difficile situazione finanziaria dell’ospedale Valduce di Como, che appartiene pure alle Suore infermiere, da tempo con i conti pesantemente
in rosso. Tra due settimane si dovebbe, quindi,
definire la nuova proprietà della Clinica, ma se le
cose non dovessero andare per il verso giusto entro metà dicembre, potrebbero rientrare in gioco
gli altri gruppi, tra cui Genolier ed alcune società
italiane, interessati all’acquisto.
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IL CAFFÈ
23 novembre 2014
ATTUALITÀ
11
Il reportage
Mister Dong & C. in aiuto ai casinò
In viaggio da Milano a Mendrisio con le comitive cinesi in cerca di fortuna ai tavoli verdi
M
ister Dong è l’ultimo a salire.
Non ha fretta,
spegne la sigaretta,
scuote
l’ombrello dall’acqua, lo piega,
e si accomoda accanto all’autista, in un posto del bus lasciato
libero dai suoi trenta compagni
di viaggio. È come se l’avesse
prenotato. Perché Mister Dong
è un abitudinario: almeno due
volte alla settimana s’imbarca
da Milano direzione Mendrisio,
dove si trattiene tra i tavoli verdi del Casinò Admiral sino a
notte. Lo racconta mettendo insieme le poche, pochissime parole d’italiano che conosce e
continua a sorridere. Sono loro,
i cinesi, la nuova clientela su cui
puntano le case da gioco di
Mendrisio, Campione e Saint
Vincent per salvare i loro bilanci.
Ore 13.32 di un mercoledì di
tempesta su Milano, il bus della
“Laura viaggi”, dove si è seduto
Mister Dong, è l’ultimo a partire
dal piazzale del Cimitero monumentale, zona nord della città.
Qui, dietro Chinatown, fra transenne, operai al lavoro nel cantiere della metropolitana, ogni
giorno arrivano quattro bus e
trasportano i giocatori che stanno tenendo a galla i casinò italiani e ticinesi. Sotto una insegna in cinese, di fronte alla Fabbrica del vapore, il primo ad arrivare è il bus per Campione
d’Italia. Ad attenderlo ci sono
giocatori sin dalle 12. Come
Chen, trent’anni, borsa a tracolla riproduzione di una nota marca del lusso, scarpe bianche a
dispetto della pioggia che viene
giù senza sosta. Parla uno stentato inglese mentre affonda la
mano in una busta di plastica
con dei mandarini che mangia
uno dietro l’altro. Va a Campione, fa capire, perché lì vanno
anche i suoi amici che arrivano
attorno alle 13. Un quarto d’ora
dopo, dall’altra parte del piazzale, proprio di fronte all’ingresso
del cimitero, parcheggiano altri
due bus, entrambi diretti a
Saint-Vincent, quasi due ore di
viaggio. Eppure si riempiono rapidamente con gruppi che arrivano sotto gli ombrelli procedendo a passo svelto da Chinatown. “Tutti i giorni è così,
quando arriviamo sono già qui dice uno dei due autisti - loro
vorrebbero partire subito”.
Il pullman per Mendrisio è
l’ultimo ad arrivare, salutato
con un sorriso
da Mister Dong
e dai suoi amici.
Parcheggia
a
fianco di quello
per Campione.
Salgono in trenta. Diverse donne. Il clima è
quello da gita
fuori porta, a
bordo si scartano merendine,
si sbriciolano biscotti sui sedili,
si beve acqua.
Tutto portato da
casa.
“Non
smettono un attimo di parlare”,
bisbiglia l’autista che saluta i
ritardatari, un
gruppo di ragazzi con berretti da baseball
coloratissimi e
scarpe da tennis. C’è di tutto
sul bus, varia umanità: uomini
di mezza età in abito chiaro,
donne in stivali e minigonne dai
colori accesi, ragazze giovanissime e ragazzi vestiti con capi di
incerte “griffe”.
Poco prima delle 14 il bus diretto a Mendrisio riesce finalmente a uscire da una Milano
assediata dalla pioggia e imboc-
ca l’autostrada. La comitiva vive
un attimo di apprensione quando l’insegna luminosa dell’autostrada avverte che ci sono due
chilometri di coda a Como centro a causa di un incidente. Ma
alla fine il fuori programma non
farà accumulare poi tanto ritardo. Poco prima delle 15 il bus
svolta per il Fox Town e si aprono le porte del casinò Admiral.
L’ingresso nella sala da gio-
co, dove un display avverte che
è stata appena vinta un’auto, è
festoso, oltre che rumoroso. I cinesi, quasi ignorati dagli altri
giocatori, stemperano l’ambiente ovattato. Croupiers e addetti
ai controlli osservano i gruppi
che velocemente si dividono tra
i tre tavoli aperti, due da “punto
banco” e uno da blackjack. In
quest’ultimo si accomoda Mister Dong, che nel frattempo si
era fermato all’ingresso a fumare una sigaretta, mentre i suoi
connazionali stanno già puntando, commentando ad alta voce
qualsiasi carta venga calata sul
panno verde dal croupier. Accanto a Mister Dong ci sono due
donne, anche loro cinesi, che segnano i numeri delle carte uscite su un piccolo foglietto prestampato. Vincono qualche fiche, mentre Mister Dong segue
il gioco senza spiccicare una parola. Perde per quattro puntate
in successione, ma non abbandona il sorriso. Poi si alza a va a
curiosare nel tavolo a fianco dove un giocatore italiano si è inserito nel gruppo di cinesi adattandosi al cli-
ma da festa. Qui si gioca forte, si
parla ad alta voce. L’entusiasmo
man mano di spegne con il passare delle ore insieme alle luci
del Fox Town già chiuso da un
pezzo. Prima di mezzanotte con
passo stanco tutti risalgono sul
bus che scivola via verso l’autostrada. Il clima di festa cede alla
stanchezza e al sonno. Mister
Dong guarda dal finestrino, la
pioggia non è ancora cessata.
La Dragon card
I giocatori cinesi del Casinò di
Mendrisio possono diventare soci del
Golden Club che permette di superare i
controlli documenti più rapidamente; qui
sotto a destra, il depliant di informazioni
in cinese e le raccomandazioni contro
il gioco d’azzardo
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MILANO,
CIMITERO
MONUMENTALE
MERCOLEDÌ 11,
ORE 13
Pronto il bus
per Mendrisio
Il marketing per “calamitare” nuovi giocatori nelle sale
Una grande comunità
divisa in gruppi,
etnie e origine diversa
O
L’ARRIVO
Il bus che ha portato i
cinesi parcheggiato al
Fox Town, e l’interno
del casinò di Campione
Ti-Press
rmai se li contendono a suon di buoni ingresso, omaggi, promozioni. Li cercano persino a casa loro, in quella città nella città che
a Milano è diventata Chinatown, con volantini e tessere, manifesti e gadget. Per loro hanno cambiato i menù dei ristoranti, hanno assunto hostess che parlano il cinese, e sono diventati più tolleranti agli
schiamazzi che animano l’ambiente felpato dei casinò. Perché senza di
loro, i giocatori cinesi, i gruppi che durante la settimana si alternano ai
tavoli verdi soprattutto di Mendrisio e Campione, non si sarebbe mai interrotta l’emorragia di presenze e la contrazione del fatturato. Ma lavorare con i cinesi è complicato. Perché la grande comunità asiatica, a cui
piace molto il tavolo verde e anzi è affascinata da giochi come “punto
banco” mentre non prova un grande amore per le slot, da tempo ha capito d’essere diventata “appetibile”. E seppure
“spezzettata” in tante piccole realtà accomunate dall’origine geografica comune, si orienta
di volta in volta secondo l’offerta che ritiene
migliore. “Il problema, e ne abbiamo discusso
anche con alcuni rappresentanti diplomatici
della Repubblica popolare cinese, è che non
siamo davanti a una comunità omogenea”,
spiega Martin Hellrich, responsabile marketing e comunicazione del Casinò Admiral che
per i giocatori cinesi ha creato anche una tessera fedeltà, la “Dragon card” e un’altra serie
di agevolazioni.
I cinesi arrivano da una infinità di province diverse, con stili di vita, tradizioni, usi e costumi
differenti. E in Italia si dividono in gruppi. “È
difficile, per esempio, fare accordi con associazioni. Quello che noi possiamo fare - aggiunge
Urs Holger Spiecker, direttore dell’Admiral - è
cercare di portarli qui da noi, offrire il bus da
Milano, creare eventi ritagliati secondo le loro
esigenze”. I casinò sui clienti cinesi si giocano
una partita importante. E siccome la più grande comunità è a Milano la battaglia della concorrenza si gioca qui. Fra Saint-Vincent, Campione d’Italia e il Ticino con Mendrisio. Qui si
gioca comunque sulla clientela di massa, quella che fa fatturato. “E che per adesso - aggiunge Holger Spiecker - almeno da noi resta stabile”. L’obiettivo è intercettare la rotta dei grandi giocatori asiatici, che
per ora passa stabilmente per Singapore e Macao dove esistono oltre 40
casinò. Ma soprattutto dove questi clienti non vengono “marcati stretti”. Come invece accade in Europa, per via delle leggi sul fisco sempre
più restrittive.
Non mancano, tuttavia, i casi di usura. L’ultimo scoperto proprio a Milano e che ha coinvolto proprio uno degli organizzatori cinesi dei bus per
Mendrisio e Campione, 39 anni, condannato ora a 4 anni e 8 mesi per
usura, estorsione e lesioni. Condannati anche la moglie e un altro cinese
residente a Ponte Chiasso (3 anni e 4 mesi).
GLI
INCAS
SI E
I GIOC
ATORI
Lugano
Oltre 290 mila clienti all’anno,
circa 800 al giorno. Il 75 per
cento sono giocatori italiani, il
22 per cento svizzeri e il resto
stranieri.
Mendrisio
Circa 1800 ingressi al giorno.
Il 70 per cento di clientela
proveniente dall’Italia. Da 15 a
20 per cento quella cinese. Il
resto giocatori svizzeri.
Locarno
Oltre 160 mila clienti all’anno.
Il 70 per cento sono italiani, il
20 per cento svizzeri e il
restante 10 per cento di altre
nazioni.
Campione
Circa 700 mila giocatori
all’anno, compresi quelli che
partecipano ai tornei di poker.
L’80 per cento sono italiani, il
10 per cento i cinesi.
Lugano
Il Casinò di Lugano, lo scorso
anno ha incassato poco più di
50 milioni di franchi. Il calo è
stato del 6,5 per cento
rispetto al 2012.
Mendrisio
L’Admiral nel 2013 ha
registrato un giro d’affari di
57 milioni di franchi, inferiore
del 10 per cento rispetto qllo
scorso anno (-6,6 milioni).
Locarno
Il Casinò di Locarno ha
registrato lo scorso anno un
giro d’affari complessivo di
21,7 milioni di franchi. Il calo
è del 7,5 per cento.
Campione
Nel 2013 Campione ha chiuso
il bilancio con 90 milioni di
euro di incassi. Il passivo
registrato è stato di circa 23
milioni di euro.
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IL CAFFÈ
23 novembre 2014
ATTUALITÀ
13
La storia
Nabilla Benattia. È Nata
a Ginevra. Papà diplomatico, mamma
casalinga. Segni particolari: bellissima.
E ambiziosa. Hostess al Salone
dell’auto, poi star dei reality show,
si è costruita un’immagine di donna
forte e sexy. Ma a 22 anni è finita in prigione, accusata
di aver accoltellato il fidanzato. Che, però, la difende...
Bugie,sesso e denaro
il prezzo del successo
della“Lolita svizzera”
S
DALLA RIBALTA ALLE SBARRE
La starlette Nabilla Benattia è
rinchiusa nella prigione di
Versailles, alle porte di Parigi.
Si trova isolamento, per
impedirle qualsiasi contatto,
in particolare
con la “sua” vittima,
il 28 enne ex calciatore Thomas
Vergara che Nabilla la scorsa
estate durante
una lite avrebbe accoltellato
ISABELLE FALCONNIER
L’Hebdo
ono come due bambini, la star
della televisione francese Nabilla Benattia, di origine ginevrina,
22 anni, e Thomas Vergara, 28,
ex calciatore, pure lui diventato
famoso grazie ai reality show.
Continuano a negare che Nabilla, l’estate scorsa, l’avrebbe accoltellato durante una lite, accusa per cui è tutt’ora in carcere. E pensare che il bel ragazzo
di Aix-en-Provence ha rischiato
la pelle: la lama del coltello è
passata attraverso il torace tra
cuore e polmoni. Solo una complicata operazione l’ha salvato.
Tuttavia i due si erano accordati, parlando di un’aggressione
da parte di terzi, versione subito
smontata che, tra l’altro, contraddiceva quanto raccontato
dal giovane al momento del ricovero in ospedale. Sin da subito, quindi, i sospetti si erano
concentrati su Nabilla, rinchiusa nella prigione di Versailles,
alle porte di Parigi, per impedirle qualsiasi contatto, in particolare per escludere la possibilità
di accordi con la sua vittima.
Per capire sino in
fondo la storia però,
bisogna risalire al
2011 quando, all’epoca 19enne, la
ginevrina, figlia di un
funzionario algerino
dell’Onu e di una casalinga franco-italiana, decide che un
giorno diverrà famosa. E ci si mette d’impegno. Diventa hostess di una delle
marche presenti al
Salone Internazionale dell’Auto di Ginevra, tanto da farsi
notare e eleggere
“Miss Salon de l’Auto”. Una rampa di
lancio che la catapulta direttamente nel mondo dei
reality tv. Dopo qualche partecipazione, passata inosservata,
esplode nel 2012 grazie ad una
frase che entra subito nel gergo
giovanile. “Allô? T’es une fille e
t’as pas de shampooing? C’est
comme si je dis ‘T’es une fille et
t’as pas de cheveux’” (Pronto,
sei una ragazza e non hai lo
shampoo? E come se dicessi ‘Sei
una ragazza e non hai i capelli’”), diventa un tormentone che
UNA PREZZEMOLINA INQUIETA
Nabilla, 22 anni, fotografata in
una piscina dei Pâquis,
quartiere di Ginevra, nel 2012,
qualche mese prima della sua
definitiva ascesa al successo,
arrivato grazie ai reality show
Philippe Pache
La carriera
LA MISS
Nel 2011 Nabilla
viene eletta come
la hostess più bella
del Salone dell’auto
di Ginevra e inizia
così la sua carriera
nel mondo dello
spettacolo.
LA SVOLTA
Nel 2012 con una
frase azzeccata, la
ragazza diventa la
beniamina della tv
francese. È una
star e in breve
tempo colleziona
molti soldi e flirt.
la porta in tutti i talk-show della
televisione francese. L’abile Nabilla, cosciente che la gloria è
effimera se non coltivata, si costruisce un’immagine di donna
sexy, ma allo stesso tempo forte.
Tuttavia resistere alle pericolose lusinghe del glamour non è
facile. La 22enne suscita scandalo per alcuni servizi fotografici sulle riviste patinate, ma il
tutto fa parte del gioco. In fondo
la carriera della “Lolita rossocrociata” è ormai lanciata e dopo qualche flirt, a inizio 2013
conosce l’affascinante Thomas,
anche lui appena uscito da un
reality. È amore a prima vista, e
IL COLPO DI FULMINE
A inizio 2013
conosce Thomas.
È un colpo di
fulmine, ma lei
assume un ruolo
troppo dominante.
E lui ne diventa
succube.
L’AGGRESSIONE
Lo scorso giugno
l’uomo è ricoverato
in una clinica
parigina con ferite
d’arma da taglio. I
sospetti si
concentrano subito
sulla fidanzata.
i due non mancano di farlo sapere al mondo intero, con partecipazioni a feste esclusive e apparizioni a tambur battente sui
media.
Ma ancora una volta ad imporsi è lei, la bellissima Nabilla.
Da subito, il fidanzato appare
come una specie di comparsa.
Per un po’ tutto fila come in una
favola, ma le prime voci di dissapori tra le coppia iniziano a
farsi più concrete. Lei vorrebbe
(ancora) più spazio, mentre lui
scivola piano piano in un ruolo
di assoluta sottomissione. Fino
all’episodio dell’aggressione,
che inizialmente passa sotto si-
L’ARRESTO
A fine ottobre
Nabilla è convocata
in questura.
L’accusa è di
tentato omicidio.
Va in carcere, ma
Thomas non vuole
denunciarla.
lenzio, ma che sfocia in un arresto per la starlette, che dovrà rispondere alla pesante accusa di
tentato omicidio. In questa torbida storia di amore e sangue,
Vergara rifiuta categoricamente
di querelare la fidanzata, difendendola durante tutti gli interrogatori. Perché, si chiede l’opinione pubblica?
Innanzitutto c’è una spiegazione romantica, con l’amore
che diventa più forte del coltello. Thomas sarebbe totalmente
accecato dalla passione, nata
quando lei era già una “prezzemolina” e appariva ogni giorno
sugli schermi transalpini. Lui,
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LA FINESTRA
SUL CORTILE
Anonymous
IL RACCONTO
DELLA
REALTÀ
Anonymous
COME FU CHE UN
TUNISINO SPOSÒ
UNA TICINESE
Andrea Vitali
LE PAROLE
DEL 2013
Autori
vari
SAPORI
E MITI
Cenni
Moro
sin da subito, pur di non perderla, si è accontentato di essere,
appunto, la sua ombra. La venera, tanto da accettare le cicatrici
come prova estrema del suo
amore. C’è poi una seconda ragione, che dà tutt’altro senso al
suo perdono ed è meno poetica:
senza Nabilla, Thomas non è più
nulla. La sua carriera appena
sbocciata non esiste fuori dalla
coppia che forma con lei. Perderla, significa perciò abbandonare ogni minima prospettiva
professionale. Lui brilla di luce
riflessa. Quella di Nabilla. Un discorso pragmatico, certo, ma
anche molto, troppo cinico.
Probabilmente allora la realtà è un’altra, e riguarda la violenza nella coppia, questa volta
però a ruoli invertiti. La vergogna di essere colui che viene
picchiato, soggiogato e sottomesso, sarebbe troppo pesante
da sopportare. Soprattutto
quando si parla di un uomo atletico e riconosciuto per le sue doti da playboy. Questa volta,
quindi, il carnefice sarebbe lei,
una donna. Tanto da usare il
partner come uno dei molti elementi di una vita vissuta al ritmo di una telenovela. E a quanto pare per Nabilla, Thomas sarebbe diventato scomodo, tanto
da volersene liberare. Anche a
forza di pugni e coltellate. Intanto, Vergara vorrebbe riavere
al suo fianco la Benattia, mentre
nel frattempo lei starebbe cambiando versione cercando di
passare dalla parte della vittima. Sembrerebbe il copione di
un film di bassa lega, ma purtroppo è una storia vera. La
bomba sexy in prigione e il suo
uomo ferito, fisicamente e mentalmente, che la prega di tornare. La storia dei due prezzemolini ha scatenato i media di mezza Francia e pure i social network, divisi fra difensori e accusatori, si scannano a colpi di
post. A ben guardare però, il
tutto andrebbe affrontato come
un “semplice” caso di violenza
coniugale. Con stavolta lei nei
panni della carnefice e lui in
quelli della vittima. Un fatto solo all’apparenza isolato, ma che
potrebbe scoperchiare il vaso di
Pandora. Ma di cui si fatica a
parlare per imbarazzo o semplicemente per una ragione d’immagine.
(traduzione e adattamento
il Caffè)
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Fotos: Thoams Lüthi, André
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oder per Post:
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Dufouurssttrrasse 23,
Dufourstrasse
23, 8008 Zürich.
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Schafhausen
Schafhausen – SchauspieSchauspieler
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Sebalter (seconda fila, terzo
da sinistra) sorride per il selfie
fatto dal cantante Luca Hänni
(in primo piano a destra).
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“Festeggiare insieme, donare
insieme”. Il ricavato della raccolta fondi della Migros sarà
devoluto in parti uguali ai progetti di quattro organizzazioni
benefiche svizzere, che riportiamo di seguito. Appena terminata la raccolta, l’importo
donato verrà generosamente
raddoppiato dalla Migros fino
a un massimo di 1 milione di
franchi complessivi.
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Un impiego per chi da
tempo è disoccupato
UNA GRANDE SORPRESA DA PARTE DI ARTISTI E MUSICISTI SVIZZERI
“Sempre pronto a impegnarmi
per una buona causa”
Un importante contributo
all’integrazione sociale di
disoccupati e migranti in
cerca di lavoro viene dato
dai programmi occupazionali
sostenuti dal progetto.
e della
Come i suoi colleghi
eghi del Vallese
a
de Svizzera tedesca, anche Sebalter
ha dovuto mantenere il massimo riserbo sul progetto di raccolta fondi.
È
una prima assoluta: 23 musicisti e personaggi celebri di tutta
la Svizzera cantano insieme
per beneficenza. Il ricavato dei
download della canzone “Ensemble”
viene devoluto alle quattro organizzazioni benefiche svizzere Heks, Pro Juventute, Soccorso d’inverno e Caritas.
La raccolta fondi è stata promossa dalla
Per Sebalter il periodo
natalizio è iniziato già in
settembre a Verbier/VS
Migros e sostenuta da Ringier in veste
di media partner. Sul progetto è stato
mantenuto il più stretto riserbo durante
le riprese. Non tutti sono però riusciti a
mantere il segreto. Luca Hänni, che non
stava più nella pelle dalla contentezza,
ha postato un messaggio su Twitter in
cui parlava del giorno delle riprese a Verbier. Malgrado ciò, al momento di ren-
dere pubblico il progetto, si è trattato
comunque di una vera e propria sorpresa. La curiosità dei lettori di riviste quali
“Blick”, “Schweizer Illustrierte”, “Illustré” e “Il Caffè” era già stata risvegliata da misteriosi articoli ben architettati
e dalle fotografie di paparazzi. “Sono
sempre pronto a impegnarmi per una
buona causa” ha dichiarato Sebalter.
Prima di svelare il progetto,
in diversi media svizzeri sono
apparse fotografie delle star
coinvolte, come se fossero
state paparazzate. Un ottimo
espediente per accrescere la
sorpresa.
“Donare qualcosa con la mia musica
è per me il regalo più bello”
“Per me il Natale è un’occasione importante per trascorrere del tempo con la famiglia e gli amici”, spiega Sebalter. Precisamente per questa ragione ha deciso di aderire al progetto, cantando insieme ad altri 22 musicisti e artisti di tutta la Svizzera
la canzone “Ensemble” a favore di persone che non hanno né famiglia né amici.
P
famosi artisti, mentre gli stilisti si occupano del loro abbigliamento.
Artisti aiutano persone bisognose
In tutta la Svizzera risuona una nuova
canzone di Natale, un’orecchiabilissima
composizione dei due famosi produttori
svizzeri Roman Camenzind e Georg
Schlunegger, autori di numerose altre hit.
A cantarla non è soltanto Sebalter, ma
anche altri 22 artisti della scena musicale svizzera, fra cui Francine Jordi e Luca
Hänni, Ritschi, il cantante dei Krokus
Marc Storace, Peter Reber, Maja Brunner, Melanie Oesch, Lina Button, Pippo
Gilbert Gress prepara i regali.
C’è anche Angie Ott.
Pollina, Jaël Malli, l’ex frontwoman dei
Lunik, Fabienne Louves e Vava Voom,
il gruppo indie di Lucerna Dada ante Portas, il leader della Big Band Pepe Lienhard, il celebre soprano Noëmi Nadelmann e l’allenatore di calcio Gilbert
Gress. Si sono dichiarati tutti disposti a
partecipare gratuitamente alle registrazioni e alle riprese del video a Verbier
per dare il loro contributo all’originale
raccolta di fondi ideata e promossa dalla
Migros. Il supergruppo si chiama quindi e giustamente “Ensemble Migros”, e
il loro pezzo (lo si può svelare già ora)
“Ensemble”. Il primo progetto di questo
Fabienne Louves lo aiuta.
Marc Storace l’addetto candele.
“Selfie” del gruppo di artisti.
tipo risale al classico natalizio “Do They
Know It’s Christmas Time” composto
da “Band Aid”. Seguirono gli “USA for
Africa” con l’indimenticabile inno “We
Are The World”. E adesso la variante
svizzera: l’Ensemble Migros canta per
raccogliere donazioni in favore delle
quattro organizzazioni benefiche svizzere Soccorso d’inverno, Caritas, Pro Juventute e HEKS. Vediamo come funziona. La canzone può essere scaricata da
iTunes, ExLibris o GooglePlay. L’intero
ricavato dal download verrà utilizzato
per la raccolta di fondi. Inoltre, a partire da metà dicembre si terrà una grande
asta online di oggetti privati degli artisti.
Infine è possibile donare nelle filiali della
Migros e in molti altri modi, per es. tramite SMS o con un versamento su conto
postale. “Con quest’iniziativa vogliamo
realizzare, assieme alla popolazione
svizzera, qualcosa di veramente speciale. Spero che siano in molti a partecipare alla raccolta fondi, permettendoci così
di aiutare le persone bisognose che vivono in Svizzera” ha affermato Herbert
Bolliger, Presidente della Migros. Dal
canto suo Sebalter commenta il progetto dicendo “Donare qualcosa con la mia
musica è per me il regalo più bello”.
Gress, la star silenziosa: le
riprese segrete del videoclip
L’allenatore Gilbert Gress diventa
la star di un video pop. Com’è
successo? Lo mostra il videoclip
della canzone “Ensemble”. Seduto tutto solo nel soggiorno scuro
della baita, Gilbert Gress è intento a confezionare un pacchetto in
modo un po’ impacciato. Il nastro,
però, non basta. Si sente proprio
perso. Ma ecco che bussano alla
porta. Noti personaggi dello
show-business svizzero entrano
uno dopo l’altro per dare alla
baita un’atmosfera natalizia con
le decorazioni per l’albero, ma
anche con i biscotti di Natale e
persino un vero arrosto natalizio!
Per finire Gilbert Gress diventa il
beniamino di tutti – ma non solo
nel film, anche sul set. Tutti
Diritti di bambini
e giovani
Pro Juventute impiegherà
le donazioni che avrà ricevuto per il diritto di bambini e
giovani a ricevere sostegno,
assistenza e aiuto nelle
situazioni di bisogno.
UNA CANZONE PER LE PERSONE BISOGNOSE IN SVIZZERA
er Sebalter il periodo natalizio
è iniziato quest’anno già in settembre, nel pieno dell’autunno
dorato, in una baita di Verbier,
in Vallese. Non mancano carta da regalo e pacchettini, un albero di Natale, decorazioni, candele e balocchi luccicanti,
e persino veri biscotti di Natale. Ma la
tranquillità non dura a lungo perché i
membri di una troupe cinematografica
si muovono indaffarati sistemando gli
sfondi e posizionando i riflettori in modo
da creare un ambiente accogliente e
familiare. I truccatori armeggiano con
cipria e pennello, ritoccando i volti dei
Aiuto delle Chiese Evangeliche Svizzere
etti per bambini
e adulti
Le
bam
in situazioni di disagio
Sebalter durante la registrazione nello studio HitMill di Zurigo.
Pippo Pollina e Marc Storace conversano in italiano.
Poter dormire e riposare è
indispensabile per la sopravvivenza. Le donazioni per il
Soccorso d’inverno verranno
impiegate nel progetto “Azio ne letti”. In Svizzera non tutti
possono permettersi un letto.
Progetto “Schulstart+”
per ragazzi con un
background migratorio
Le riprese sono state effettuate in questa baita.
Sebalter e Luc, il chitarrista di Dada ante Portas.
Marc Storace, cantante dei Krokus.
vogliono un selfie con lui, non
solo la troupe, anche i musicisti e
gli artisti. Ma il regista Tobias
Fueter non può perdere tempo,
ha soltanto due giornate per le
riprese! È un’impresa difficile, che
riesce solo grazie alla simpatica
atmosfera venutasi a creare sul
set. E quella non manca davvero!
Tutti sono contenti della bella iniziativa e danno il meglio di sé. Ma
l’apice viene raggiunto alla fine:
tutte le star si immortalano in un
selfie. Un’immagine che entrerà
nei libri di storia: 23 artisti svizzeri riuniti in una fotografia! Sarà
l’immagine chiave della grande
iniziativa natalizia che vuole rendere più belle le festività per le
persone bisognose in Svizzera.
Il denaro che sarà devoluto
alla Caritas è destinato al
progetto “Schulstart+” che
prepara i bambini e i genitori
di origine straniera al primo
contatto con la scuola.
Tutti le donazioni possono essere fatte sul
conto corrente postale:
30-620742-6
“Ensemble Migros”: i principali protagonisti della scena musicale svizzera.
Le cantanti Francine Jordi e Maja Brunner in un selfie.
Un’iniziativa natalizia
della Migros in collaborazione con Il Caffè.
IL CAFFÈ
23 novembre 2014
16
ALIMENTARI
La concorrenza
dei supermercati
di oltre confine è
spietata. E i
negozi elvetici
cercano di
adattarsi. Il cibo
costa il 2%
in meno
ilDossier
I bilanci. Nella Confederazione, dove
il reddito disponibile per famiglia supera i 7 mila
franchi,esiste un“problema Ticino”,che ha minori
risorse. Ecco come se ne vanno i soldi tra pigioni,
trasporti,contributi obbligatori e assicurazioni
ELETTRODOMESTICI
Grazie alla
concorrenza e ai
progressi tecnici,
costano oggi
il 16% in meno
rispetto
a 5 anni fa
CASSE MALATI
L’aumento più
doloroso per le
famiglie.
Un’esplosione
pari al 20%
ENERGIA
Olio da
riscaldamento e
gas sono
aumentati molto.
L’elettricità invece
ha avuto un
incremento
minore. In
generale l’energia
pesa il 14% in più
sui bilanci familiari
17
La salute
ABBIGLIAMENTO
Le catene
internazionali
come H&M o Zara
hanno dato una
mossa
al mercato. I prezzi
si sono abbassati
del 13%
TELEVISORI
Come per i computer,
le famiglie approfittano
della riduzione dei costi
tecnologici. I televisori
costano il 44% in meno
AFFITTI
Sono esplosi
nella città e negli
agglomerati. Le
nuove costruzioni
invece non
seguono
completamente
il trend.
Risultato: +5%
MEDICAMENTI
La concorrenza
dei generici e la
pressione politica
si sono fatte
sentire. Meno
21% dal 1999
RIFIUTI
Le spese sono cresciute ovunque
in questo settore. In generale
l’aumento è stato del 2% in 5 anni
ISTRUZIONE
Scuola dell’obbligo, scuole
superiori e formazione continua
costano oggi l’8% in più rispetto a
15 anni fa. Il corpo insegnante è
molto ricercato e caro
E così il ceto medio
è spinto all’inferno
con la classe operaia
S
i sa, la statistica va presa con le pinze.
Lo diceva già Trilussa che se due amici
arrostiscono due polli, ma uno resta a
digiuno, statisticamente ne hanno
mangiato uno a testa. Nella Svizzera,
che ha un reddito disponibile per famiglia di oltre 7 mila franchi, la soglia di
povertà è di 4’050 franchi al mese per
economia domestica composta da due
adulti e due bambini. Gran parte di
quei 7’122 franchi viene utilizzata per
il consumo: le voci più importante sono
le spese per l’abitazione e l’energia, pari a circa 1’500 franchi. Poi i trasporti
8%, tempo libero, svago e cultura
6,4%, alimentari e bevande 6,3%, alberghi e ristoranti 5,4%. Ma in Ticino,
dove il costo del lavoro è più basso che
nel resto della Svizzera, quei 7 mila
franchi proprio non si vedono. In media
il reddito disponibile è di mille franchi
Addio ceto medio. Risucchiato all’inferno assieme alla
classe dei salariati. Nel Paese
più ricco d’Europa, con un reddito disponibile per famiglia superiore ai 7 mila franchi, al livello della Norvegia e del Lussemburgo, esiste un problema Ticino.
“Negli ultimi 10, 15 anni s’è
creata nel nostro cantone una
specie di zona franca, un’economia parallela che mette assieme
bassi salari e costo della vita
pressoché uguale al resto della
Svizzera e che ha inciso duramente sul potere d’acquisto delle famiglie”, dice al Caffè Enrico
Borelli, segretario di Unia. Una
forbice fra costo della vita e stipendio che si è ampliata. Stando
ai dati del sindacato negli ultimi
sei anni la spesa per l’assicurazione malattia è salita oltre il
20%, gli affitti del 10%, mentre
i salari dei lavoratori nell’edilizia, una delle categorie sindacalmente più agguerrite, solo
del 5%. Nella Svizzera dove il
“reddito disponibile equivalente
mediano” è pari a 7’712 franchi,
ben 1,7 volte superiore a quello
dell’Italia, 1,3 volte più di quello
di Germania e Francia, il Ticino
arranca.
“Il problema esiste perché i
prodotti alla Coop come alla Migros, il costo di una lettera, oppure il prezzo dei trasporti, è
uguale a Lugano come a Zurigo
- spiega Borelli -. Ma se per gli
inferiore. Colpa degli stipendi più bassi,
anche del 15%. A cui non fa riscontro
un minor costo della vita. Affitti, premi
di cassa malati, trasporto, prezzi al
7’122
dettaglio non sono
Oltre settimila
dissimili fra Lugafranchi.
È il reddito
no e Zurigo. Ecco
disponibile in
come se ne va il
Svizzera per
reddito in questo
famiglia. Gran
cantone che
parte di questa
si scopre un po’
cifra è utilizzata
per il consumo.
più povero. Un TiLa voce più
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no un sussidio per
per l’abitazione
e l’energia
i premi di cassa
malati, 1.400 non li
pagano del tutto, 8 mila sono in assistenza, 7 mila sono senza lavoro e il
30% è sotto la soglia di povertà.
affitti, per premi di cassa malati
paghiamo all’incirca quello che
si paga in altre località svizzere,
subiamo una forte differenza salariare, con stipendi inferiori del
15% rispetto al resto della Confederazione”.
Gli aumenti
Statisticamente si è in presenza di un divario del reddito
per economia domestica attorno
ai mille franchi. Lo rilevava uno
studio dell’Ufficio statistica del
Ticino (Ustat) questa primavera.
Una differenza da imputare pro-
TELEFONINI
La concorrenza ha fatto il suo
lavoro. Gli apparecchi telefonici
costano il 39% in meno, come
anche le chiamate fisse (-1%) e
sul cellulare (-9%)
COMPUTER
Il progresso
tecnologico ha
dato una mano
continua. I Pc
costano oggi il
45% in meno
rispetto a 15
anni or sono
AUTO E BENZINA
Le nuove auto (-15%) e le
occasioni (-23%) sono più a buon
mercato. La benzina invece è più
cara (+11%)
TRASPORTI PUBBLICI
Nuovi treni, nuove
strade e
manutenzione
costano miliardi.
I passeggeri oggi
devono pagare il
12% in più rispetto
a 5 anni fa
Ti-Press
prio alla minor incidenza dei
redditi da lavoro, che nel cantone nel triennio 2009-2011 (ultimi dati disponibili) ammontavano a 6’240 franchi rispetto ai
7’227 franchi in Svizzera. “C’è
stato chi l’ha scampata, chi co-
me sempre ha veleggiato verso
l’alto, e chi invece ha perso potere d’acquisto - osserva il segretario cantonale dell’Ocst
Meinrado Robbiani -. In generale in questo decennio c’hanno
rimesso i salariati. C’è stata in
particolare un’erosione del potere d’acquisto della classe media. La mancanza di rincaro non
ha impedito infatti l’aumento di
alcuni costi, penso ai premi di
cassa malati, ma anche agli affitti, ai trasporti. Nel complesso
Molti i costi irrinunciabili che dissanguano le economie domestiche
Affitti e riscaldamento sono un salasso
L
L’emergenza
Quasi uno su dieci non
può andare in vacanza.
Anche se il mare e i
monti costano adesso
fino al 13% in meno
e economie domestiche elvetiche
non hanno un granché da sorridere.
È vero che ci sono voci di spesa che
pesano meno, ad iniziare dagli elettrodomestici per arrivare ai computer e passando per i telefonini, ma i costi non accennano a diminuire per quel che riguarda gli elementi più onerosi ed indispensabili di un bilancio familiare.
Ad avere un grosso peso sul budget
dei nuclei svizzeri sono in particolare gli
affitti, aumentati del 5% in pochi anni soprattutto nelle città e nei grossi agglomerati. Poi ci sono le assicurazioni malattia,
che costano il 20% in più e i trasporti
pubblici, che già si vantano di essere tra i
più cari al mondo, e che a forza di rinnovamenti e nuove infrastrutture, sempre
più necessarie, hanno visto il loro costo
schizzare ad un poco incoraggiante
+12%.
Insomma, quando ad aumentare sono
le voci che più sono necessarie, come è ad
esempio il caso delle spese per l’energia,
a poco serve che il futile, o comunque il
meno indispensabile, costi di meno. Come succede con la cosmetica, che spinta
dalla concorrenza dei commercianti di oltre frontiera, fa segnare un 15% in meno.
E ciononostante siamo davanti ad un settore in crisi, perché lo stesso prodotto a
pochi chilometri di distanza costa molto
meno. Lo stesso discorso va fatto per il
prezzo dei prodotti alimentari, calato del
2%, in particolare grazie al lancio delle linee a basso costo, per intenderci le “budget” e le “prix garantie”.
Poco serve dunque, sapere che alcune
voci sono più convenienti quando altre,
quelle più necessarie e costose, non accennano a dare tregua al borsellino. E allora è con disincantata fatalità che si
prende nota come in vacanza si possa andarci spendendo un settimo in meno rispetto solo a qualche anno fa.
Quando cominciano a mancare i soldi,
partire anche solo per qualche giorno è
un salasso non da poco. Lo sa bene
quell’8,7% di svizzeri che il mare lo può
vedere solo in cartolina.
Ti-Press
GLI APPARTAMENTI IN AFFITTO
Gli affitti, aumentati del 5% in
pochi anni soprattutto nelle
città e nei grossi agglomerati
c’è stato una distribuzione diversa della ricchezza a livello
generale. In Ticino la situazione
è stata più pesante per la maggior incidenza al ribasso sui livelli retributivi dovuta alla libera circolazione, all’afflusso di
manodopera estera, dei frontalieri che sono cresciuti soprattutto nel terziario, settore in
precedenza occupato maggiormente dalla popolazione indigena”.
Nel dettaglio, le spese obbligatorie - ossia i contributi alle
assicurazioni sociali, le imposte e
i contributi all’assicurazione malattia - arrivano a 2’253 franchi
in Ticino. Tanto a livello cantonale che nazionale, queste
spese rappresentano poco
più di un quarto del reddito
lordo familiare. Quello che
resta è il reddito disponibile,
pari a 6’129 franchi in Ticino.
Le spese dell’economia domestica ticinese ammontano in media a 5’016 franchi, poco meno
del 60% del reddito lordo. Di
queste, la voce principale è quella legata all’abitazione e all’energia, pari a 1’358 franchi al mese,
15,8% del reddito lordo. Seguono 752 franchi per le spese di
trasporto (8,7%) e 636 franchi
per i prodotti alimentari (7,4%).
Nel triennio considerato il bilancio di una famiglia si chiudeva
con un risparmio di 904 franchi
contro i 1’183 franchi a livello
nazionale, ora saliti a 1’300.
VIAGGI
I portali online di
viaggi fanno una
concorrenza
spietata agli uffici
di viaggio.
I tour tutto
compreso
costano
il 13% in meno
COSMETICA
La Svizzera fa le spese del
“turismo degli acquisti”.
E i cosmetici ne soffrono
molto, soprattutto nel
commercio al dettaglio.
Meno 14%
TEMPO LIBERO
Impianti sciistici,
cinema, teatro o
attività sportive,
tutto è più caro
rispetto a 5 anni
fa. Per il tempo
libero e la
cultura le famiglie
devono sborsare
il 4% in più
SIGARETTE
Le imposte sul tabacco più alte
fanno confluire milioni nelle casse
dello Stato. Per questo
l’incremento dei prezzi è stato
molto sostenuto, +19%
Sui bilanci c’è la stangata
dei premi cassa malati,
più 280 franchi dal 2004
L’esplosione per le spese sanitarie è iniziata 10 anni fa
S
iamo a fine anno, ed è tempo di calcoli. E per la classe media è
sempre più dura far quadrare il bilancio. Certo, il colpevole numero uno della situazione è l’esplosione dei costi della salute.
Per la cassa malati, una famiglia composta da quattro persone deve
pagare al mese in media 280 franchi in più rispetto ad un decennio
or sono. E per l’anno prossimo le cifre riguardanti ulteriori aumenti
non fanno di certo intravedere un miglioramento. Per 7 svizzeri su 10
i premi del 2015 saliranno di più del 4%, mentre il Ticino se la passa
solo leggermente meglio visto che l’aumento toccherà solo il 63,3%
degli assicurati. Gli incrementi più grossi si registreranno ad Appenzello Esterno e Zurigo, mentre quelli meno ingenti a Berna e Ginevra.
In termini assoluti in Ticino l’aumento sarà del 3,2%.
Sembrano insomma lontani gli anni in cui le maggiorazioni erano
contenute e si verificavano comunque in un contesto economico sano. L’ultima volta che i ticinesi avevano potuto sorridere è stato nel
2012, quando i premi ebbero in
media un calo dello 0,9%. Prima e
dopo quell’anno solo stangate.
Che assieme a uscite sempre maggiori, minano sempre di più le casse del cittadino medio.
Al “signor Rossi” non mancano
comunque le possibilità di diminuire almeno in parte l’impatto
sui suoi conti dei costi della salute. Innanzitutto ha una gamma infinita di combinazioni, quasi
200.000, fra le quali districarsi.
Occorre innanzitutto capire quale sia la franchigia più adatta e quale
compagnia sia la più aderente alla propria situazione personale. Se a
livello di assicurazione di base le offerte si equivalgono tutte, occorre
verificare quali siano le migliori per le complementari. Queste ultime
poi, devono essere aderenti alla reale situazione personale. Tutto
quello che viene giudicato superfluo deve essere depennato. Attenti
ad esempio ai doppioni, come le assicurazioni contro gli infortuni,
spesso già pagate dal datore di lavoro.
Una scelta azzecccata oppure sbagliata può essere decisiva per il
buon andamento finanziario di ogni nucleo familiare. In alcuni casi la
situazione può addirittura cambiare radicalmente di anno in anno.
Due sono gli esempi che si potrebbero portare e che illustrano bene
dei casi estremi ma reali. Nel 2015 un giovane adulto friborghese, assicurato con Kolping e con una franchigia a 2’500 franchi, si vedrà
aumentare il premio dell’84,5%. Un cittadino del canton Obvaldo per
contro, che ha assicurato presso la Kpt il suo figlio in tenera età con
una franchigia di 400 franchi, otterrà invece una riduzione del
31,1%. Utile in questi frangenti, l’aiuto dei vari portali online di confronti.
Ti-Press
L’opinione Matteo Cheda, direttore della rivista per consumatori “Spendere Meglio”
“In Svizzera i medicinali
generici costano troppo”
T
ra le voci di spesa più citate
in Svizzera ci sono quelle dei
farmaci. In realtà negli ultimi 15 anni il loro prezzo è diminuito, grazie alla pressione esercitata
dal mondo politico e dalla concorrenza dei medicinali generici. È di
poche settimane fa la notizia che
836 farmaci brevettati dovranno
diminuire di prezzo. Questo per limare almeno in parte le differenze
riscontrate in uno studio dell’Ufficio federale della salute pubblica
con altri Paesi, come la Danimarca,
la Germania, il Regno Unito. Tuttavia le disparità sono ancora lontane dall’essere eliminate. I generici,
ad esempio, costano in media il
46% in più nella Confederazione
rispetto all’estero. E tutto questo
in un Paese in cui hanno sede le
principali case farmaceutiche del
mondo. “È un dato che non stupisce - dice al Caffè Matteo Cheda,
responsabile della pubblicazione
per i consumatori “Spendere Meglio” -, anche perché i Paesi presi
in considerazione per il confronto
sono tutto sommato simili, per tenore di vita, al nostro. Se avessimo
invece integrato nazioni come
l’Italia o addirittura l’Austria, i risultati sarebbero stati ancora più
eclatanti”.
Lo spreco legato ai medicamenti è quasi parificabile a quanto
spendono le casse malati per gestire il sistema legato alla salute. “In
entrambi i casi siamo attorno al miliardo di franchi - afferma Cheda -.
Il prezzo del farmaco si compone
dei costi di produzione e distribuzione a cui è aggiunto un cosidetto
prezzo ‘politico’, basato sul confronto con altre nazioni. Se avessimo preso Stati geograficamente
più vicini a noi, ci saremmo trovati
a risparmiare fino a 400 milioni”. È
però vero che se i produttori di medicamenti hanno la loro parte di responsabilità, anche gli altri devono
recitare il “mea culpa”. A partire
dai pazienti stessi, dice Cheda, che
dovrebbero valutare con attenzione prescrizioni e bisogni oggettivi.
Infine anche le definizioni di
legge si prestano a critiche. “La
norma prescrive che i generici costino meno degli originali però solo
al momento dell’entrata sul mercato - osserva Cheda -. Per le ditte
produttrici è facile poi ridurre il
prezzo degli originali. A quel momento i generici divengono più cari
e quindi incidono molto sui costi
complessivi della salute”.
Politica
19
IL
PUNTO
CHANTAL
TAUXE
Il personaggio
“Questi Verdi ticinesi
mi hanno scioccata!”
LA “PASIONARIA”
Lisa Mazzone, 26
anni, è la nuova
presidente dei Verdi
ginevrini. Si definisce
fedele ai precetti
ecologisti. In lei la
sinistra vede una
speranza di rilancio.
Meno cantoni in Svizzera?
Un’idea che non ha futuro
La storia
1
TRA GIURA, BERNA E NEUCHÂTEL
Una delle regioni più “calde” a
livello territoriale nella
Confederazione è certamente
quella che comprende il Giura.
Con la componente bernese
sempre divisa e molte discussioni
anche con Neuchâtel tra ipotesi di
unione o di stretta collaborazione.
2
3
IL “CANTON LÉMANIQUE”
L’idea - figlia degli anni Novanta di creare un unico cantone
romando attorno al Lemano piano
piano prende piede a Ginevra e
Vaud. Ma viene affossata nel 2002
in votazione popolare con
percentuali molto nette di contrari.
BASILEA FRA CAMPAGNA E CITTÀ
Fin dal 1830, i cittadini basilesi
hanno sempre rifiutato l’ipotesi di
potersi aggregare in un solo
cantone. Troppe le differenze
d’identità tra le due zone del
medesimo territorio, secondo gli
oppositori. Una tesi confermata di
recente anche dalle urne.
suddivide il Paese. “Un processo fusionistico tra cantoni
potrebbe anche aiutare a risolvere alcuni problemi - sottolinea ancora Kübler -. Soprattutto quelli legati ai concordati intercantonali, che peccano
di trasparenza e di legittimità
democratica. Ci sono alcuni
cantoni che sono troppo piccoli per risolvere davvero i problemi a cui si trovano confrontati. La soluzione in vigore oggi è quella della collaborazione con altri cantoni. Una scelta indispensabile, che però
solleva qualche dubbio”. Dubbi legati soprattutto alla democraticità delle decisioni in
cui sfociano queste collaborazioni. Decisioni che, come sottolinea anche il direttore del
Centro per la democrazia di
Aarau “mancano troppo spesso di trasparenza e, tutto sommato, anche di legittimità democratica e di efficienza. Sono, insomma, un problema per
la democrazia in senso stretto”.
Nonostante molte problematiche amministrative e ge-
DIVERSE RIPARTIZIONI TERRITORIALI DELLA SVIZZERA
26 CANTONI,
TRA CUI FUSIONI
RECENTEMENTE
DISCUSSE
O NON RIUSCITE
BS
JU
Jura
bernese
stionali siano ormai da tempo
controllate e risolte a livello di
macro regioni, però, di fusione
tra cantoni si continua a parlare poco. Anche se, come sottolineato dal consigliere di Stato
ginevrino Pierre Maudet, a
suo tempo sostenitore della
fusione lemanica, i fatti stanno dimostrando che i grandi
temi politici non possono più
essere affrontati dai cantoni
come singoli, perché assumono automaticamente una valenza che supera i confini. “Al
di là di queste riflessioni molto
teoriche, credo comunque che
il federalismo a 26 cantoni sopravviverà ancora a lungo conclude Kübler -. È come parlare della fusione a freddo dell’atomo. Teoricamente si può
raggiungere, ma in pratica ancora nessuno ci è riuscito. Ecco, per i cantoni svizzeri è un
po’ la stessa cosa. I riferimenti
funzionali a livello regionale
esistono, ma prevedere un’aggregazione tra cantoni a breve
o medio termine è utopico”. La
cartina geografica elvetica, insomma, resterà quella attuale.
Jura=Ovest
e nord Svizzera
Svizzera
nordoccidentale
Svizzera
orientale
BL
VD
L’intervista Il consigliere nazionale Cassis spiega perché a Palazzo l’unficazione non è un tema vincente
No, la “febbre fusionistica” che contagia molti comuni
in Svizzera non ha speranze sotto la cupola di Palazzo federale. Lo conferma anche il consigliere nazionale ticinese
Ignazio Cassis. “Le recenti votazioni, ad esempio a Basilea,
hanno spento anche gli ultimi entusiasmi, peraltro minimi,
sulle fusioni tra cantoni - commenta al Caffè il parlamentare del Plr -. Sotto la cupola di Palazzo, insomma, c’è poco
interesse e, anzi, anche un po’ di freddezza, perché il federalismo è percepito in modo molto forte”.
Alcuni esperti politologi evidenziano che per i Cantoni
più piccoli la fusione potrebbe essere utile. Che ne pensa?
Cantoni
di montagna
Svizzera
romanda
10 COOPERATIVE
MIGROS
“In generale la componente identitaria tra le diverse
popolazioni è molto forte. Tutti i Cantoni hanno governi e
parlamenti eletti dal popolo. E anche piccoli dettagli come la sigla sulle targhe delle auto contano. Unire le forze
significa perseguire un miglioramento. Ma la popolazione
si dimostra quasi sempre molto soddisfatta, quindi il discorso della fusione tra cantoni si fa difficile”.
E un’ipotesi di fusione tra Ticino e Grigioni italiano, proprio per affinità identitaria?
“Dal profilo intellettuale potrebbe anche
starci, ma anche qui il ragionamento cozza
contro una storia secolare, molto radicata. E
contro la soddisfazione della popolazione
per la situazione attuale, che emerge regolarmente dai sondaggi”.
Perché la situazione è diversa nei Comuni?
“Nel caso comunale si parte da situazioni di problemi
contingenti, come quelli amministrativi, risolvibili con
maggiore massa critica. Processi che hanno successo se
polo e periferia ci guadagnano”.
elezioni cantonali. Tutti le riconoscono il coraggio delle proprie idee. Lo dimostra quando
dà, senza peli sulla lingua, la
sua opinione sulla posizione dei
Verdi ticinesi rispetto all’immigrazione e ai frontalieri. “Sono
scioccata – afferma Mazzone -.
Il nostro partito dovrebbe vei-
i_?/ª bÞM/ª öıŠ
/ªfl/ª°ªŁŁèfl/è Å/flèBè»» /T flèªB_
j{ü
¼
nflª TèB/ £Å/»»Â_M £)_u
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Svizzera
centrale
GE
È la nuova “pasionaria” della sinistra romanda. Lisa Mazzone, 26 anni, è la neopresidente dei Verdi del canton Ginevra.
È stata eletta nella primavera
scorsa e la sua missione è quella
di far tornare il suo partito sui
livelli che aveva raggiunto prima della disfatta alle ultime
SB i_?/ª bÞM/ª öıŠ
Â_T ªŁŁflªèTŁè flèªB_{
/_T i ':b¶ /T/T/ŁÈ h
5 CONFERENZE
DI GOVERNO
REGIONALI
NE
“Il federalismo è forte
e le differenti identità
freneranno le fusioni”
AMATA E ODIATA
Adorata dai suoi
elettori, ma anche
contestata dagli altri.
I suoi detrattori la
descrivono come
dogmatica, testarda
e poco incline al
dibattito.
{fl_TŁ/ uèfl /B iªŁªBè{
La Confederazione a 26 Stati è destinata a durare
Il processo di fusioni tra
Comuni che, a partire dal
2000, ha visto in Svizzera nascere 218 nuove entità amministrative con oltre 2.500 abitanti ciascuna non sta contagiando le scelte dei cantoni. Lo
dimostrano due casi concreti:
il “no” popolare all’unione tra
i due semicantoni di Basilea e
il tramonto del progetto di
“Cantone lemanico” con la fusione tra Ginevra e Vaud. La
Confederazione, insomma, appare destinata a rimanere saldamente aggrappata alla sua
struttura a 26, tra cantoni e
semicantoni. E la conferma arriva anche dal professor Daniel Kübler, direttore del centro per la democrazia di Aarau, che sottolinea come il discorso della fusione tra cantoni resta bloccato su binari
molto teorici. “Ritengo altamente improbabile che a corto
o medio termine si assista ad
un’unione tra cantoni - osserva Kübler -. Ci sono tanti ostacoli a questo tipo di processo,
a cominciare da quelli costituzionali. Sui pro e i contro si
potrebbe invece discutere”.
Gli esempi di organizzazioni sovracantonali che dividono
la Svizzera in modo diverso rispetto al tradizionale “puzzle”
di cantoni, del resto, non mancano. Dalle quattro regioni
territoriali dell’esercito, fino
alle sei utilizzate dalla Conferenza regionale dei governi,
per arrivare alle dieci con cui
il grande distributore Migros
NIPOTE D’IMMIGRATI
Coi nonni italiani
parla ancora la lingua
di Dante. Da loro ha
imparato tolleranza e
apertura mentale.
Virtù che usa per
combattere il
populismo.
/PH
È un paradosso tutto svizzero: siamo orgogliosi di avere
un’economia più performante
rispetto a quella dei nostri vicini, ma il nostro modello di sviluppo è violentemente messo in
discussione. Approfittiamo tutti
della prosperità, ma quando il
padronato suggerisce di votare
per il mantenimento degli accordi con l’Unione europea, che
costituiscono il pilastro di questa prosperità, non viene ascoltato. Siamo fieri del nostro sistema formativo che impedisce
la disoccupazione giovanile devastante in altre parti del continente, ma quando ricercatori e
mondo accademico spiegano di
avere assoluto bisogno di rimanere agganciati alle reti europee, non vengono sentiti. Tutto
va avanti come se gli svizzeri
non comprendessero più le condizioni oggettive del successo
nazionale.
Le votazioni del 30 novembre rappresentano un punto
culminante a questo proposito.
Ancor più dell’iniziativa contro
l’immigrazione di massa accettata il 9 febbraio, Ecopop annienterebbe le nostre relazioni
con l’Ue. L’immigrazione, che è
sempre stata motore, ma anche
termometro della nostra salute
economica,
è oggi vissuta come
un flagello. Bisognerà organizzare
il volontariato
nelle
strutture per gli anziani o per costruire le strade per rendersi
nuovamente conto della nostra
felice dipendenza dalla manodopera straniera?
Non si diffida a sufficienza
nemmeno dall’iniziativa sull’oro
della Banca Nazionale. Una proposta totalmente anacronistica:
raggruppare tutti i lingotti nelle
nostre casseforti e obbligare la
Bns a coprire le transazioni con
almeno il 20% di metallo giallo.
Misure volte a garantire la sovranità monetaria. Ma succederebbe il contrario. Gli speculatori hanno già l’acquolina in
bocca. L’esigenza di una copertura al 20% toglierebbe alla Bns
ogni margine di manovra nel
difendere il corso del franco o la
possibilità di intervenire rapidamente per salvare una banca
in difficoltà, come successo nel
2008 con Ubs. L’agonia di tutto
il settore industriale è già programmata, se il franco prendesse il volo. Attenzione all’autogol. La Svizzera è una piazza
economica di successo non perché i lingotti riposano sotto
piazza federale, ma grazie all’innovazione (grazie alla ricerca e alla libera circolazione delle persone) e alla concorrenzialità (grazie al tasso fisso, da settembre 2011, del franco a 1.20
sull’euro).
Accanto a questi due cataclismi, l’abolizione dei forfait fiscali avrebbe effetti più locali
nei cantoni più assidui in questa pratica, come Vaud, Ginevra, Berna o i Grigioni. La perdita di entrate sfiorerebbe comunque il miliardo, cifra non
trascurabile proprio nel momento della rimessa in causa
della fiscalità dei cantoni con la
riforma III dell’imposizione delle imprese. Anche se è un’esigenza dei nostri partner (Ue,
Ocse), nessuno ha chiesto la
pelle del forfait fiscale.
La nuova presidente degli ecologisti ginevrini
punta l’indice sugli ambientalisti“rosso blu”
Mark Henley/Panos Pictures
Alle urne
si rischiano
due autogol
paradossali
4 REGIONI
TERRITORIALI
DELL’ESERCITO
Fonte: Nzz
%†T flèªB_ /ÚèªBè è ÞTª _Ł_ªMèflª èTŁÞ»/ª»MªTŁè{&
18
¼ ¿ªBè uèfl B‹ªÂ⁄Þ/»Ł_ ÚèBB‹ªuuªflèÂÂ)/_ è Bª Â_TŁèMu_flªTèª »Ł/uÞBªÔ/_Tè Ú/ ÞT TÞ_À_ ª°°_TªMèTŁ_
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IL CAFFÈ
23 novembre 2014
colare un messaggio di tolleranza, non chiudersi su se stesso.
Ginevra e Ticino hanno problemi simili. Non trovo sia logico
che mentre noi cerchiamo di
collaborare con le regioni a noi
vicine, all’interno del nostro
stesso movimento ci siano altre
correnti che spingono in tutt’altra direzione. Credo che forse
dovremmo sederci ad un tavolo
e discuterne”.
Gli ecologisti ginevrini
nell’autunno del 2013 hanno
perso 7 seggi in Gran Consiglio
ma, quel che è peggio, uno dei
loro due rappresentanti in Consiglio di Stato. Anche le altre
forze della sinistra hanno lasciato per strada parecchie posizioni in tutte le ultime consultazioni popolari. E ripartono da
colei che è definita dai suoi avversari come testarda, dogmatica e poco incline al dibattito.
La nuova speranza della sinistra ha sembianze e origini
italiane, che l’hanno molto influenzata nella sua crescita. “I
miei nonni sono immigrati e
con loro parlo ancora l’italiano –
racconta al Caffè la presidente . Mi hanno trasmesso molto, soprattutto valori importanti come la tolleranza e l’apertura
verso gli altri. Tutte cose di cui
abbiamo un tremendo bisogno
oggi giorno e di cui molte volte
ci si dimentica”.
Lisa Mazzone, oltre alla determinazione, dimostra una
certa dose d’incoscienza e di
gusto per l’avventura nell’accettare la presidenza in un momento del genere. “Preferisco
dire che sono qualcuno che ama
le sfide – risponde sorridendo -.
È vero non è un bel periodo in
Svizzera per la sinistra in generale. Da noi ad esempio il Mouvement des Citoyens Genevois
sta portando il dibattito su binari che non giovano alla politica.
Tocca a noi far capire all’elettorato, soprattutto giovane, che si
può discutere senza litigare ad
ogni piè sospinto”.
Ed è appunto nei più giovani
che i Verdi hanno individuato
un bacino interessante di voti:
“Molti dei miei coetanei condividono le mie idee, ma non vanno a votare – osserva l’ecologista -. Sta a noi convincerli a tornare a votare, riportando al
centro le radici del pensiero
verde”.
Traffico sostenibile, rapporto stretto con la natura, tolleranza. Tutti concetti che Mazzone applica alla lettera, tanto da
farli diventare indigesti ai rappresentanti di altri schieramenti. “È vero che sono molto stretta nell’interpretazione di alcune
idee – ammette -, ma credo che
sia necessario, soprattutto in un
periodo in cui certi princìpi faticano a farsi strada. Credo sia
per questo che sono stata eletta
alla presidenza. Molti ecologisti
vedono in me il mezzo per tornare ad un messaggio semplice
e diretto, ma pure chiaro. Sono
sicura che i risultati non tarderanno ad arrivare”.
Se le si dice che ricorda da
vicino Greta Gysin, la deputata
dei verdi ticinesi recentemente
congedatasi dalla scena politica, osserva: “Non la conosco direttamente, ma le sue posizioni
sono abbastanza simili alle mie.
-. Magari mi metterò in contatto
con lei. Spero proprio che possa
un giorno tornare alla politica
attiva”. Un augurio che probabilmente stanno formulando
molti altri ecologisti anche al
sud delle Alpi.
Economia
Il progetto
Bellinzona verificherà
tutti i contratti di lavoro
senza accordi collettivi
Il“barile”è diminuito in pochi mesi del 30%
il costo del carburante alla pompa solo del 5
LA
LEGGE
I PREZZI IN CHF DI BENZINA AL LITRO IN SVIZZERA NEL 2014
to per il socialismo (Mps) per
contrastare il dumping presentata nel 2011.
Il progetto di legge è arrivato
solo di recente sul tavlo della
commissione della Gestione,
nonostante siano passati tre
anni dalla dichiarazione di ri-
cevibilità. Ma non sono stati
ancora designati neppure i relatori dei vari rapporti. Un ritardo che per Matteo Pronzini,
unico deputato del Mps in parlamento, è assai sospetto.
“Tutti parlano di lotta al dumping, ma invece di affrontare il
1,68
17/11
10/11
03/11
27/10
20/10
13/10
06/10
29/09
22/09
15/09
08/09
01/09
11/08
1,64
Fonte: globalpetrolprices.com
Ci sono poi altre ragioni che determinano la formazione dei
prezzi della benzina. Ciò che si
paga alla pompa non è mai carburante acquistato al prezzo
attuale di mercato, ma contrattato e fatturato settimane o
mesi prima. Da qui una forbice
di prezzo che spesso non si capisce, ma che ha una sua spie-
li automobilisti sono perplessi. Il
prezzo del barile di
petrolio da giugno
ad oggi è sceso da
111 a 79,55 dollari (17 novembre). Un calo netto di ben 31 L’intervista L’opinione di Galeotti, Università Bocconi
dollari, circa il 30%, a cui però
non corrisponde una proporzionale diminuzione del prezzo
della benzina che è sceso solo
del 5%. Attualmente, la benzina verde 95 ottani quota mediamente 1.67 franchi al litro,
il diesel 1,72, secondo la rilevazione
del
Touring club I PREZZI NEL MONDO, 17/11/2014, Chf
svizzero (Tcs)
Venezuela
0.01
del 17 novembre. Negli ultimi cinBrunei
0.41
que anni, tuttavia, il prezRussia
0.76
zo medio della ‘verde’ ha
toccato una
Maldive
1.02
punta massima di 1,86
l prezzo internazionale del petrolio può anGuinea
1.23
franchi nel
cora calare, nonostante lo stato di acuta
2012, per poi
belligeranza in quella sensibilissima e
Figi
1.31
scendere lenmartoriata zona del mondo che è il Medio Orientamente alte”, afferma professore Marzio Galeotti, direttore
l’attuale quodel Centro di ricerca sull’energia (Iefe) dell’univerCuba
1.38
tazione.
sità Bocconi di Milano.
“I consumaLa causa del calo di prezzo del greggio?
Zimbabwe
1.50
tori devono
“La crisi economica prolungata si fa sentire sul
capire che sul
mercato mondiale del petrolio, se è vero che il tasprezzo di un
so di crescita 2014 sul 2013 potrebbe essere intorSvizzera
1.67
litro di carbuno all’1 per cento o poco più. Si accentua perciò la
rante 90 cendiscesa delle quotazioni del petrolio che, oltre a
Germania
1.79
tesimi sono di
una domanda stagnante, scontano anche l’aumentasse”, spiega
to dell’offerta”.
Giorgio TetChi se ne avvantaggia?
Regno Unito
1.92
tamanti, ge“Continuiamo ad assistere a una crescita della
store
della
produzione di greggio senza precedenti nel Nord
Hong Kong
2.06
storica staAmerica e negli Usa in particolare. Secondo
zione di serl’Agenzia internazionale dell’energia (Iea), entro
Italia
2.17
vizio BP di
la fine del decennio, il Nord America diventerà un
Pizzamiglio:
esportatore netto di liquidi petroliferi. Gli Stati
“Il costo reale
Uniti non sono più legati in modo così stretto alle
Norvegia
2.25
segue le diimportazioni del petrolio medio-orientale”.
Fonte: globalpetrolprices.com
namiche delE chi ne pagherà le conseguenze?
la quotazione
“Il momento favorisce gli Usa e sfavorisce al
del petrolio, ma il calo del prezcontempo Cina ed Europa. Da un lato, nessun paezo è riferito solo alla quota di
se al di fuori dell’America offre il mix unico di camercato del prodotto. Il 30%
ratteristiche sopra e sotto terra che hanno reso
circa di diminuzione del prezzo
possibile il boom del fracking (la tecnica per
del barile di petrolio che stiamo
estrarre petrolio e gas dalle rocce di scisto, ndr)
registrando si applica, quindi,
Dall’altro, con il prezzo denominato in dollari, e un
solo ad una parte del prezzo aldollaro così forte, il mercato petrolifero diventa cola pompa. Gli automobilisti, in
stoso per i mercati non americani e per l’Europa in
genere, questo non lo sanno”.
particolare”.
“La crisi abbasserà di più
le quotazioni del greggio”
gazione nelle logiche commerciali. Paradiso degli automobilisti, la Svizzera lo è stata per i
primi anni ’70: chi non ricorda
la “normale” a 0,59 centesimi!
Nel 1977 un litro di “super” costava 0,95 centesimi. “I tempi
sono cambiati e l’epoca d’oro
del ‘pieno’ è solo un ricordo –
spiega Massimo Colombo, gestore del Piccadilly di Brusate . Anche se i frontalieri sono aumentati, i volumi di vendita del
carburante non sono cambiati,
perché con la card scontata il
prezzo oltre frontiera è pressochè simile al nostro”.
Resta invece del tutto ingiustificata e poco comprensibile la
differenza di prezzo dei carburanti tra i punti di rifornimento
sulle autostrade e quelli sulle
strade cantonali o comunali. La
differenza può superare anche i
30 centesimi litro. Ciò dipende
dalle tassazioni imposte da Cantone e Berna sulle strade nazionali, dove tutti i prodotti sono
più cari a causa, dicono i gestori, degli alti affitti applicati alle
aree di sosta e rifornimento.
Ma il futuro del “pieno” riserva nuove sorprese agli automobilisti svizzeri. La costruzione e la manutenzione delle strade nazionali saranno finanziate
da un unico fondo riconosciuto
nella Costituzione che avrà,
perciò, durata illimitata. Per finanziarlo Berna prevede un aumento iniziale del prezzo dei
carburanti di 5-7 centesimi al litro, sempre meno dei 12-15
centesimi annunciati in febbraio. Le stime mostrano comunque che, con il previsto incremento al litro, una famiglia che
usa l’auto spenderà mediamente da 6 a 8 franchi in più al mese.
“Gli attuali 30 centesimi di
supplemento fiscale sugli oli
minerali valgono molto meno
rispetto al 1974, anno di introduzione del tributo”, scrive
l’Ufficio federale delle strade
(Ustra): “Tenendo conto dell’andamento dell’inflazione, in
termini reali equivalgono a
13,7 centesimi di oggi. Se il
supplemento fiscale fosse stato
adeguato al rincaro, oggi ammonterebbe a 65 centesimi invece di 30”.
PARZIALMENTE
ACCOLTA NEL 2014
Nel febbraio del
2014 l’iniziativa Mps
è dichiarata
ricevibile solo in
parte dal Gran
Consiglio: dalle
proposte viene
stralciata quella
dell’istituzione di un
delegato interno per
ogni azienda.
Ti-Press
1,72
“I
mole non indifferente di contratti, verificarne gli importi,
gli orari di lavoro, le funzioni,
le qualifiche, il grado di occupazione, la nazionalità.È quanto prevede il progetto di legge
del governo sulla base dell’iniziativa popolare del Movimen-
La battaglia
I CONTENUTI
DELLE NUOVE NORME
La nuova legge chiede
il rafforzamento
dell’Ispettorato
cantonale del lavoro
(un ispettore ogni 5mila
persone attive) e
l’allestimento di una
statistica su contratti di
lavoro e salari.
ÍÍçð`õõ_õfi Ífiç õõõð ¬àŒþfiçþð fi Œþ õõõ_ ¬_ NŒfiç_ ¥fi¬ úÓ
¥Œ èyðþõð è þÞfiçðèfi ð¿¿fiçõfi Ífiç Íç_õŒy_çfi Œ ÍŒ è_çŒ_õŒ èÍðçõ
Œþfiçþ_¬Œ¡ èyŒ¢ 謌õõŒþð¢ èyŒ ¥Œ ¿ðþ¥ð¢ ç_yyªfiõõfi fi Þð¬õð _¬õçð _þyðç_Ô
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x ú6´þ fièy¬èŒõ__˙Œðþfi x 6
x Põõ_ ¬_ è
ãÿÀ
La privacy
x
LE PROTESTA
CONTRO I RITARDI
Proteste del Mps (di
cui Matteo Pronzini,
nella foto, è l’unico
deputato) contro il
parlamento: l’iniziativa
contro il dumping
non è stata discussa
nonostante siano
ormai passati tre anni
Con 40 ispettori
non ci saranno
più pagamenti
in nero, ma nuovi
mezzi contro il
dumping salariale
L’ESAME DEL PROGETTO
DI LEGGE
Nel settembre scorso
si comunica al primo
firmatario del Mps
(Pino Sergi, nella foto)
l’avvio dell’iter in
commissione Gestione
della proposta di legge
elaborata dal governo
in merito all’iniziativa.
Le comunicazioni
potranno essere
anonimizzate
Non ci sarà
alcuna violazione
della privacy
Ti-Press
1,76
G
formità, il livello dei salari, il
rispetto delle norme, assumendo un ispettore ogni 5mila
lavoratori. Calcolando all’incirca 200 mila lavoratori dipendenti in Ticino, si tratta di 40
assunzioni. Quaranta persone
che dovranno esaminare una
IL LANCIO
DELL’INIZIATIVA NEL 2011
Il Movimento per il
socialismo nel 2011
lancia l'iniziativa
popolare legislativa
generica “Basta con il
dumping salariale in
Ticino” raccogliendo
oltre 7500 firme.
1,80
GIORGIO CARRION
L’
idea è semplice.
Obbligare i datori
di lavoro a trasmettere tutti i
contratti, non sottoposti agli accordi collettivi,
all’Ufficio di sorveglianza del
lavoro. Poi controllarne la con-
Ti-Press
La corruzione
non risparmia
le economie
emergenti
Il gigante energetico
brasiliano Petrobas, che
nel 2010 ha portato a termine con successo una
delle maggiori vendite di
azioni sul mercato, pari a
70 miliardi di dollari, è rimasto coinvolto nel più
grande scandalo della
storia del Brasile. Un discreto numero di dirigenti di Petrobas sono stati
accusati di ricevere
“mazzette” da imprese di
costruzioni e di usarle
per finanziare i partiti
politici al governo.
L’indagine, che è stata definita dalle autorità
brasiliane Car Wash (lavaggio dell’auto), potrebbe seriamente danneggiare il nuovo governo
del presidente Dilma
Rousseff, anche perché
dal 2003 al 2010 la Rousseff ha fatto parte del
consiglio di amministrazione della Petrobas.
Negativo anche l’impatto dello scandalo sulla
reputazione della Petrobas; il cartello di imprese
edili che aveva messo in
piedi il racket delle tangenti, non solo ne corrompeva gli impiegati
ma faceva gravitare
i costi degli appalti. Secondo Morgan Stanley il valore di mercato dei
beni della Petrobras è già
sceso di 8,1
miliardi di
dollari.
Secondo la polizia federale brasiliana, l’ammontare totale delle transazioni atipiche legate al finanziamento illecito dei politici
è di 3,9 miliardi di dollari, mentre il volume totale dei contratti legati a
questa rete di corruzione
è stimato intorno ai 22
miliardi di dollari. I politici avrebbero ricevuto
una percentuale fissa pari al 3 per cento su tutti i
contratti. Una cifra enorme, insomma, specialmente per un’economia
emergente come quella
del Brasile. Fino ad ora
sono stati sequestrati beni appartenenti a soggetti coinvolti nello scandalo
per un valore complessivo di appena 270 milioni
di dollari.
L’operazione
Car
Wash mette a nudo l’ampiezza del problema della
corruzione nelle economie emergenti. Non bisogna, poi, dimenticare che
Petrobas è l’impresa più
grande ed importante del
Brasile. Tuttavia, allo
stesso tempo, il semplice
fatto che tutto ciò sia venuto a galla rivela l’efficienza ed onestà delle
istituzioni brasiliane nello smascherare il racket
delle tangenti.
Una costatazione: la
lunga marcia del capitalismo dei mercati emergenti verso la modernizzazione ed il benessere
non può essere immune
dalla corruzione, l’importante, però, è che esistano strutture istituzionali,
ad hoc, in grado di stroncare e smantellare le varie tangentopoli e di punirne i responsabili.
21
Quando il petrolio
scende di prezzo
ma la benzina no
I
NUMERI
LORETTA
NAPOLEONI
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20
18/08
IL CAFFÈ
23 novembre 2014
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problema preferiscono dare
colpa ai frontalieri – sostiene
Pronzini - Da troppo tempo
stiamo aspettando i rapporti
della Gestione per la discussione parlamentare per poi andare al voto popolare”.
Difficile che la proposta di
legge possa andare in discussione prima della fine della legislatura. Un ritardo che è ormai il doppio rispetto a quello
consentito per legge, 36 mesi
rispetto ai 18 prescritti. E che
maschera anche una certa difficoltà ad accettare l’introduzione di norme, considerate
complesse e onerose, che erdi
più si inseriscono sul mercato
del lavoro all’interno della libera contrattazione fra dipendenti e imprenditori.
I datori di lavoro, sulla base
del progetto di legge, dovrebbero infatti notificare i contratti d’impiego aperti e chiusi
nell’anno, specificandone la
forma (se scritti o orali), con
una serie di dati sulla retribuzione,
sugli
orari, sul luogo
di lavoro, sulle
ore settimanali. Pena una
multa fino a
5mila franchi.
E il Cantone si
vedrebbe arrivare fino a 200
mila pratiche, da esaminare in
dettaglio.
Quasi una schedatura a
tappeto della forza lavoro in Ticino. “Macché – ribatte Pronzini – primo le comunicazioni
potranno essere anonimizzate.
Nessuna violazione della privacy. Noi non vogliamo creare
nuova burocrazia, ma costruire un rilevamento statistico,
un date-base, una fotografia
reale del lavoro in Ticino.
Quanto al costo, pur calcolando una spesa di 100 mila franchi per ispettore, siamo di
fronte grossomodo a 4 milioni
di spesa. Venti franchi per lavoratore, meno di 2 franchi al
mese. Hanno tanto sbandierato l’aumento
delle imposte
ai frontalieri,
di 50-60 franchi al mese, e
ora hanno paura di 2 franchi?”.
In compenso il controllo
sarebbe ferreo.
Non scapperebbe nessuno.
Le forme più
scandalose di dumping, di operai sottopagati, emergerebbero
subito, assicura il deputato
Mps: “Con 40 ispettori in più
non ci sarebbe nessun pagamento in nero, aumenterebbero anche il gettito fiscale, i
contributi Avs e diminuirebbero le prestazioni sociali, e soprattutto sapremmo esattamente cosa succede sui posti di
lavoro. Avremmo la possibilità
di intervenire ed evitare ogni
forma di dumping salariale”.
Per l’Mps uno strumento concreto contro le politiche che
spingono verso il basso i salari,
peggiorando le condizioni di
lavoro, che non sarà però facile
far passare in Ticino. Cantone
dove il 68 % della popolazione
pochi mesi fa ha respinto nettamente l’introduzione del salario minimo a 4 mila franchi.
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L’estrazione dei tagliandi inviati avverrà
la sera del 31 dicembre 2014 a Locarno
sulla pista di ghiaccio in Piazza Grande
Vinci una VW Polo con
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In una fotografia all’interno del Caffè è nascosta
una VW Polo. Indica il numero della pagina in cui si trova
e la data di pubblicazione del Caffè.
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Via: ......................................................................................................
Cap ...................... Località ................................................................
La VW Polo è nascosta a pagina ...........................
de “il Caffè” del ...........................
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nelle urne all’interno
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IL CAFFÈ
23 novembre 2014
ECONOMIA
23
L’impresa
L’euro debole
è un pericolo
per l’export
rossocrociato
E
sportazioni da record
per la Svizzera. Con
19,8 miliardi di franchi e un aumento
mensile dell’8,1% l’industria elvetica ha messo a segno una delle migliori performance nell’ export. Ma la debolezza dell’euro, deprezzato da
marzo del 10% rispetto al dollaro e del 5% sulle altre monete,
rischia però di frenare l’economia svizzera. Il momento d’oro
delle esportazioni potrebbe subire la gelata invernale.
“L’indebolimento dell’euro è ancora troppo recente perché se ne
possano sentire gli effetti - spiega Bruno Parnisari della Segreteria di Stato dell’economia -.
Benché le previsioni per l’economia svizzera rimangano relativamente positive, negli ultimi
mesi i rischi congiunturali sono
sensibilmente aumentati”.
Jan-Egbert Sturm, economista responsabile del Centro di ricerca congiunturale del Politecnico di Zurigo, dice: “La debolezza dell’euro svantaggia le
esportazioni. Pur tuttavia, i prodotti svizzeri esportati sono di
alta qualità per cui subiranno
meno l’effetto della debolezza
dell’euro”. Al positivo risultato
hanno contribuito, infatti, tutti i
settori, a cominciare da quello
della gioielleria, salito del 36%.
Seguono la chimica-farmaceutica (+8%), gli strumenti di precisione (+6%), l’industria metallurgica (+6%), quella alimenta-
CAMBIO FRANCO SVIZZERO/EURO
1.35
1.30
1.25
1.20
1.15
Fonte: Il Sole 24 ore
GIORGIO CARRION
Ti-Press
La moneta unica è deprezzata
e può frenare il trend positivo
1.10
1.05
1.00
03/01/11
02/01/12
01/01/13
re (6%), l’orologeria (5%) e l’industria delle macchine e dell'elettronica (+1%).
La decisione della Banca Nazionale di mantenere la soglia
del tasso di cambio entro 1,20
01/01/14
19/11/14
franchi per euro potrebbe non
bastare. Una soluzione che alcuni, come l’ex Ceo di Ubs, Oswald
Grübel, addirittura considerano
un “grave errore, perchè di fatto
non abbiamo più il Franco ma
l’Euro… La Svizzera sostiene in
modo artificiale la moneta europea e indebolisce la propria: così
facendo tutti i nostri patrimoni
sono svalutati per un quinto”,
afferma l’ex banchiere in un’intervista pubblicata giorni fa dal
settimanale ‘Weltwoche’, posto
che dal 2011 ad oggi, secondo
l’esperto, il rapporto di cambio
franco-euro dovrebbe essere
realisticamente di 1 a 1.
L’indebolimento dell’euro si
palesa in poche cifre. Il 9 maggio
scorso il tasso di cambio rispetto
al dollaro Usa era di 1,38; il 21
novembre ha toccato 1,20, cioè
la soglia di cambio fisso. Il sistema produttivo svizzero rischia di
restare in mezzo ad una tenaglia: euro debole e crisi dei Paesi
importatori dei suoi prodotti,
dove i consumi sono depressi.
Cosa riserva il 2015 all’export
svizzero? “La risposta non è univoca, ma dipende molto da settore a settore - risponde Angelo
Geninazzi, responsabile cantonale di Economisuisse -. Quelli
più innovativi e con un alto valore aggiunto, molto specializzati,
faranno certamente meno fatica. I settori invece in competizione più diretta con concorrenti
europei saranno davanti a sfide
più impegnative. Ma in ogni caso tutti hanno una certezza di
pianificazione grazie alla Banca
nazionale svizzera e alla sua politica monetaria”.
Ci sono poi settori che evitano completamene il problema
poiché esportano in franchi, ad
esempio, alcuni rami del farmaceutico o i cui mercati sono per
gran parte extraeuropei: “Non
sono certo la maggioranza, ma
la crisi acuta dell’euro negli anni
2010-2011 ha reso sensibile
l’economia; oggi è più preparata
che non 4-5 anni fa”, sottolinea
Geninazzi. Rispetto alla primavera 2014, anche la congiuntura
svizzera ha perso vigore. Nel 2°
trimestre ciò ha avuto conseguenze sia sull’andamento del
Pil (solo +0,2% rispetto al trimestre precedente), sia sul tasso d’occupazione, invariato. La
principale causa è l’incertezza
sui principali mercati stranieri,
scrivono gli economisti federali:
“…non si può ancora parlare di
una ripresa significativa delle
esportazioni svizzere, tanto più
che nei primi sei mesi del 2014
anche la domanda interna, che
negli ultimi anni ha sostenuto la
congiuntura, ha perso dinamicità”. Dopo i nuovi dati sull’export, cosa diranno gli esperti di
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I numeri
24 ECONOMIA
1
I FRONTALIERI
NELLA CONFEDERAZIONE
Secondo i dati dell’Ust i frontalieri
nel secondo trimestre
ammontavano in Svizzera a
288.149, vale a dire il 4.3% in più
rispetto allo stesso periodo
dell’anno precedente.
Il lavoro
N
ella Svizzera francese due grandi banche corteggiano i
frontalieri, studiando un’ottimizzazione fiscale su misura. In Ticino, al
contrario, si escogita quanto
possibile per mettere loro il bastone tra le ruote, e poco importa se i frontalieri italiani fruttano
almeno mezzo miliardo di franchi all’anno all’economia della
regione. Oltre, naturalmente, al
valore creato con il loro lavoro.
“È presto per valutare quali
strumenti vogliano proporre,
ma è ovvio che nella Svizzera
francese le banche non hanno
nessun interesse a perdere una
parte consistente della loro
clientela come quella rappresentata dai lavoratori, risparmiatori e investitori frontalieri –
commenta Samuele Vorpe, responsabile del Centro competenze tributarie della Supsi -. Si
fa un gran parlare, da noi, dell’aumento del moltiplicatore
d’imposta che dovrebbe portare
una ventina di milioni in più, ma
è solo una piccola parte del gettito fiscale alimentato dai lavoratori stranieri”. A conti fatti, e
stimando per difetto, nelle banche ticinesi i frontalieri lasciano
ogni anno 150 milioni di franchi,
mentre, secondo la stima di Vorpe, sarebbe di almeno mezzo
miliardo, tra imposte e spese varie, la somma riversata nell’economia cantonale.
Con 288mila frontalieri in
Svizzera, per una massa salariale di venti miliardi di franchi
2
3
Nelle banche ticinesi
i frontalieri lasciano
150 milioni ogni anno 4
5
LA CLASSIFICA
DEI LAVORATORI
Dopo la regione del Lemano (99.715)
e la Svizzera occidentale (67.209) il
canzon Ticino è al terzo posto con
62.458 frontalieri. Al quarto posto, a
distanza, la Svizzera orientale con
24.499 lavoratori frontalieri.
LE NAZIONALITÀ
DI PROVENIENZA
Il maggior numero di frontalieri è
composto da francesi, 150.353,
seguiti dagli italiani con 69.318
lavoratori e dai tedeschi con
58.533. Gli austriaci sono 8.308 e
1.635 di altri Paesi.
LE PROFESSIONI
E LE MANSIONI
Quasi il 20% dei frontalieri in
Svizzera ha ruoli di livello
superiore: il 7% occupa una
posizione di dirigente e il 12% ha
una professione accademica o
equivalente.
ogni anno, facile intuire quanto
di questo fiume di denaro rientri
nelle casse federali, cantonali e
comunali sotto forma di imposte, dirette o indirette. Nel caso
romando, poi, l’iniziativa di Ubs
e Crédit Agricole cerca di recuperare quanto il governo francese ha “sottratto” modificando
nel giugno scorso, unilateral-
mente, gli accordi sulle ritenute
fiscali dei propri 145mila frontalieri. “Ad eccezione di Ginevra
che tassa, per tutti gli altri lavoratori francesi in altri cantoni è
la Francia che restituisce alla
Svizzera parte della massa salariale – spiega Vorpe -. In Ticino,
invece, basta calcolare che i ristorni dei frontalieri equivalgo-
no a 60 milioni per capire che
nelle casse pubbliche entrano
ogni anno più di 150 milioni. Se
aggiungiamo conti bancari, indotto, spese varie la cifra è rilevante”. Per quanto riguarda, ad
esempio, i soldi custoditi dai
frontalieri nelle banche ticinesi
anche considerando un deposito
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Partecipa al concorso
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Belinda Bencic
Partecipate al concorso e vincete uno degli 8 inviti
esclusivi al Cornèrcard Belinda Tennis Talents. Con
un po’ di fortuna infatti, i giovani dai 12 ai 16 anni
(nati tra il 1998 e il 2002) potrebbero essere estratti
per incontrare Belinda Bencic e allenarsi seguendo le
sue dritte. Belinda è testa di serie della classiica
mondiale nella categoria juniores nonché vincitrice
del Grande Slam di Parigi e Wimbledon - sempre
nella categoria juniores - e astro nascente della WTA.
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pranzo, ine dell’evento.
Per partecipare al concorso basta spedire una email a
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nome e cognome del partecipante, la data di nascita e l’indirizzo. I vincitori
saranno informati immediatamente, sempre via email
In collaborazione con
IL CAFFÈ
23 novembre 2014
ilcaffè
IL TASSO
DI OCCUPAZIONE
Tra il terzo trimestre 2013 e il terzo
trimestre 2014 il numero di
occupati in Svizzera è aumentato
dello 1,7%. Nello stesso periodo, il
tasso di disoccupazione è rimasto
al 4,7 - 4,8%.
facile immaginare il flusso di milioni che ogni anno resta nei
conti delle banche. Calcolatrice
alla mano, se solo si conteggiassero come titolari di un conto la
metà dei frontalieri italiani, circa
30mila, e si accreditasse loro almeno la metà di quanto per la
legge fiscale italiana potrebbero
custodire in Svizzera, cioè circa
5 mila franchi, risulterebbero
150 milioni puliti puliti.
E se si volesse conteggiare
anche solo una voce di quell’indotto ricordato da Vorpe, si potrebbe fare analogo ragionamento con gli acquisti di carburante. Sempre stimando, per difetto, che metà di quanti ogni
giorno passano la frontiera per
lavorare consumino a testa solo
cento franchi al mese per il pieno, ecco altri 30-40 milioni versati sul territorio. Calcoli simili
si potrebbero ipotizzare per una
miriade di piccole spese, dal caffè al pranzo e ad altri eventuali
acquisti, che sommati insieme
formerebbero un capitale per
nulla trascurabile. “Certo, non è
fantascienza ipotizzare che ogni
anno tra imposte, spese e indotto i frontalieri lascino mezzo miliardo di franchi nel cantone –
conferma Vorpe -. Senza dimenticare le forme assicurative, terzo pilastro o altre assicurazioni
d’investimento che, tra l’altro,
come oneri assicurativi e spese
professionali non hanno possibilità di essere detratti dalle imposte, come per i lavoratori svizzeri, se non con una parte forfettaria minima”.
IL CAFFÈ
23 novembre 2014
Mondo
Lo scontro.
Nel voto
in Emilia
e il Calabria
il primo test
sulla svolta
del leghismo
post Bossi
LE
MAPPE
LUIGI
BONANATE
Fermiamo
gli orologi
per facilitare
gli accordi
Un mese fa l’Onu, rappresentata dai suoi 5 membri permanenti, più la Germania e l’Iran, decise, a
Vienna, che entro il 24 novembre (ovvero, domani,
lunedì) avrebbe dovuto
concludere un “Accordo
universale”. Un modo per
dire che l’obiettivo da conseguire entro questa scadenza era l’impegno iraniano a limitare la ricerca
esclusivamente al nucleare
pacifico. In cambio di questo patto l’Onu avrebbe
chiesto ai suoi membri (tutti) di cessare le sanzioni nei
confronti dell’Iran.
Un tempo, lo stile diplomatico suggeriva, di fronte
alla difficoltà di stringere
un accordo entro una certa
scadenza, di “fermare gli
orologi” fingendo che il
tempo si fermasse giusto
per il tempo necessario ad
trovare l’intesa. Raggiuntolo, gli orologi ripartivano. E
il mondo veniva a sapere
che la firma era giunta proprio allo scadere del tempo
disponibile! Bei tempi, verrebbe da dire, se consideriamo che la fedeltà ai trattati ha continuato a declinare nel tempo e la fiducia
dell’opinione
pubblica internazionale,
di fronte a
un accordo,
rimane
ormai
piuttosto
scarsa.
Questa volta, comunque,
dovremmo volere, anche a
costo di fermare a tempo
indeterminato gli orologi,
l’accordo. In primo luogo,
in quel tormentatissimo Vicino Oriente (nonché anche
Medio Oriente) un segno di
pace o di distensione sarebbe un balsamo sulle ferite
che tutte le popolazioni laggiù subiscono ogni giorno.
Ne ha bisogno, in secondo
luogo, la società iraniana
(80 milioni di persone).
Paese ricchissimo di petrolio nel quale è difficile per
gli abitanti di Teheran far
benzina (!). Ma poverissimo
di industrie e prodotti moderni, essendo ancora prevalentemente legato all’agricoltura, alla pastorizia
e un po’, ma molto meno, al
turismo, che potrebbero
modernizzare il paese e innovarne il clima politico. In
terzo luogo, l’Iran sta perdendo una partita importantissima per il mondo
islamico, che è lo scontro
tra sunnismo e sciismo.
I sunniti sono ormai i
quattro quinti dell’Islam e
gli sciiti (la religione cui apparteneva Saddam Hussein) diminuiscono sempre
più, ciò che dovrebbe suggerire politiche di rappacificazione ben più che di competizione teologica.
Ma c’è, infine, l’utilità di
un’apertura dell’Iran al
mondo dei compromessi:
alla purezza “rivoluzionaria” dei tempi di Khomeini
(chi se lo ricorda ancora?) è
necessario far seguire oggi
l’idea che l’Iran non ha bisogno di produrre bombe
atomiche per difendersi da
Israele e preferisce “controllare gli orologi” per
rientrare a vele spiegate
nella società internazionale.
25
L’ALLEANZA
Marine Le Pen, 46 anni
e Matteo Salvini, 41 anni,
al parlamento europeo
di Bruxelles
La nuova destra oltre il berlusconismo
Salvini sfida Forza Italia e sposta la Lega sulle posizioni di Le Pen
LA
SETTIM
ANA
La destra italiana, quella che si sta ridisegnando attorno al
giovane leader della Lega Nord, Matteo Salvini, passa oggi,
domenica, dalla prova delle urne. In Italia si tengono le elezioni regionali in Emilia Romagna, da sempre “roccaforte rossa”,
e in Calabria. Dai risultati del voto in queste due regioni, un
test che impegna oltre 5 milioni e mezzo di elettori, si capirà
se il nuovo corso di Salvini avrà gambe e consensi per andare
avanti e “rottamare”, come sta facendo a sinistra l’altro Matteo, Renzi, la vecchia destra di Forza Italia e mettere in soffitta
il “berlusconismo”. Salvini s’è messo sulle spalle la Lega nord
dopo lo scandalo che ha travolto il suo leader storico, Umberto
ma persona su facebook e twitter (postando foto, notizie, dati)
Lui è quello di sempre, il ragaz- come semplicemente non fa
zone con la felpa che non si per- nessun altro leader politico. E di
de un mercato rionale o una fie- che parla, in concreto, Salvini?
ra di paese: con la differenza che Di ciò di cui, pure, ha sempre
adesso non si perde neanche un parlato: la differenza è che certi
talk-show, perché lo invitano temi regionali sono diventati
tutti. E questo perché sembra nazionali. Le polemiche anticache tutti, ora si siano accorti di sta e contro lo Stato centrale
lui: di questo quarantenne che è c’erano anche prima, e così pure
segretario della Lega Nord e che la questione immigrazione che
mette d’accordo retroscenisti e però intanto è esplosa dapperanalisti politici: il futuro in Italia tutto. Ora in aggiunta c’è l’uscidovrà fare i conti con lui. Del re- ta dall’euro, la polemica contro
sto i sondaggi parlano chiaro: il una certa magistratura, le critipartito, con Matteo Salvini, che contro le multinazionali,
sembra destinato a portare il contro le banche, naturalmente
Carroccio ben oltre il 10 per l’opposizione alle tasse. Salvini
cento dei consensi, come po- non la fa mai difficile: e gli avtrebbe accadere per esempio in versari lo tacciano di superficiaEmilia Romagna, dove ci sono le le, ma - soprattutto in tv - alla fielezioni regionali. Per il voto ne restano sempre con il cerino
odierno i principali sondaggi di- in mano.
Salvini non è certo il primo a
cono che Forza Italia rischia di
andare sotto il 10 per cento e rivolgersi direttamente alla
che la Lega potrebbe superarla “pancia” del Paese, anzi: in Itanettamente: a quanto pare, ru- lia i demagoghi ormai li fabbricano a mazzi.
ba voti tanto a
Sta di fatto che
Silvio Berlusco- Il giovane leader
lui risulta più
ni quanto a Bepcredibile, empape Grillo. Un ca- sembra destinato
diretto,
so? O una cre- a portare il Carroccio tico,
senza la spocscita non casua- ben oltre il 10 per
chia paternalile, anzi pro- cento dei consensi
stica che altri
grammata, stucalano dall’alto.
diata nei dettagli? All’apparenza Salvini sem- Non ha mai governato, non ha
bra quello che è sempre stato: responsabilità pregresse, non
immancabile a tutti i raduni, sa- ha lobby economiche o peggio
gre, feste, comizi, gazebo, o nei clientele che lo sostengono, non
campi nomadi dove in realtà va ha alle spalle un gruppo parlada anni, in birreria e in trattoria mentare di pazzi litigiosi, e - vee mai nei bei ristoranti, se pos- ra rarità - non ha neppure pensibile allo stadio a vedere il Mi- denze giudiziarie. Il vero punto
lan, sul campetto di calcio, è se abbia avversari: Beppe Grilovunque. È pur vero che nel lo è l’unico che lo fronteggi sul
centrodestra c’è poco altro di piano dell’empatia, Berlusconi
cui parlare: si è sempre detto lo teme - infatti Salvini non vie“oltre Berlusconi, il nulla” e si è ne quasi mai invitato nelle sue
sempre sottovalutato un leader televisioni - e il Cavaliere semdella cosiddetta democrazia dal bra più indirizzato ai bisogni dei
basso, che i voti li ha sempre piccoli imprenditori e dell’Italia
raccattati soprattutto per stra- più anziana.
C’è pure Giorgia Meloni: ma
da. È stato militante, manifestante, consigliere comunale, sconta un messaggio che in
intrattenitore radiofonico, giu- tempo di crisi risulta più elaborato alle selezioni di Miss Pada- rato e pieno di distinguo. E gli
nia, europarlamentare, capo- altri? Gli altri, soprattutto i mogruppo, infine segretario della derati, se li è già presi tutti MatLega. C’è chi fantastica di gran- teo Renzi. Ecco perché la sinidi apparati di comunicazione al- stra ha gioco facile nel dipingere
le spalle, ma Salvini in realtà fa Salvini come rozzo, fascistoide,
sempre le stesse cose da anni: razzista, populista. Le solite cova in televisione se lo invitano se: a Salvini le dicono da ven(prima di meno, ora di più) e t’anni, a da vent’anni gli scivonon disdegna di scrivere in pri- lano addosso.
FILIPPO FACCI
Bossi, e la breve parentesi del governatore lombardo, Roberto
Maroni. E sin da subito ha puntato a creare un polo di destra
autonomo, che ha preso le distanze dai vecchi alleati. Il giovane leader ha sposato la politica antistranieri di Marine Le Pen,
la linea dei gruppi politici antieuropeisti, e ha avviato un dialogo interno con i neofascisti di Casa Pound. L’obiettivo è quello di calamitare la rabbia dettata dalla crisi economica e non
soltanto al nord Italia. Ora in Emilia e Calabria si vedrà se il
nuovo corso della Lega riuscirà a superare, in consensi, Forza
Italia e il berlusconismo come idea politica, in declino insieme
al suo ideatore.
IL CAFFÈ
23 novembre 2014
26
Il periscopio
VIZI
E VIRTÙ
GERHARD LOB
dalleAmeriche
Se i contenitori
vengono prima
dei contenuti
Jake Browne esamina il
bocciolo di marijuana tra le dita, lo annusa, lo carica in una
pipa e accende: “Lieve dolcezza
di limone”, annota sul suo computer. Una tirata, due al massimo. Perché Brown, nella rivoluzione americana della cannabis
libera, è The Cannabist, il critico delle canne del Denver Post.
L’idea è analizzare e dare punteggi alle mille varietà di marijuana sul mercato quasi come
un assaggiatore di vini.
Il Denver Post è il giornale
più antico del Colorado. Il fatto
di pagare un “sommelier” della
marijuana per farsi uno spinello
“è una cosa che fa senso giornalistico”, spiega Ricardo Baca,
Questa settimana l’Ente ospedaliero
cantonale (Eoc) ha comunicato i suoi progetti di sviluppo per gli ospedali pubblici in
Ticino. Un osservatore esterno, come il
sottoscritto, resta decisamente sorpreso da
questa iniziativa, visto che parallelamente
il Gran Consiglio si sta occupando della
pianificazione ospedaliera e il risultato finale non è ancora noto. Gli obiettivi dell’Eoc sarebbero “in linea con la pianificazione ospedaliera”, è stato detto, poiché,
comunque, “stiamo parlando dei contenitori”, cioè degli ospedali come edifici.
Ma com’è possibile parlare dei contenitori, senza conoscere esattamente i contenuti? Si possono scindere le due cose? Secondo me sarebbe opportuno fare il contrario. E cioè: si definiscono prima i contenuti, per poi vedere come devono essere realizzati i contenitori per soddisfare in modo ottimale questi contenuti.
La predominanza dei contenitori sui contenuti è una costante che purtroppo
si nota con una certa
regolarità in Ticino.
Ad esempio a Lugano, dove si lavora da
anni per il nuovo centro culturale Lac, un
mega progetto costato fior di milioni. A
meno di una anno dalla prevista apertura,
nel settembre 2015, non si sa ancora con
esattezza con quale programma si vuole
“attrarre e formare un pubblico quanto più
vasto e internazionale”, come ricorda la
Città sulla sua pagina web. Ultimamente
sembrava che il colore e l’uniformità della
facciata fossero diventati elementi decisivi
per il successo del Lac. Invece, saranno i
contenuti a muovere visitatori dalla Svizzera tedesca, oppure dall’Italia, e fargli
scegliere come meta il nuovo polo culturale di Lugano.
Anche nel caso del Palacinema a Locarno, inizialmente, sembrava predominante
l’aspetto del contenitore. Per fortuna si
stanno delineando sempre di più i contenuti per fare delle vecchie scuole un centro
audiovisivo vivace, per evitare di creare
una cattedrale nel deserto animata soltanto in agosto quando c’è il Festival.
Ad Ascona si è investito molto per il
restauro del Teatro Materno, d’altronde
ben riuscito. Pochi sono però i soldi per la
gestione di questa struttura. E relativamente pochi saranno dunque gli eventi durante l’anno. A pochi passi da questo gioiello succede pure il contrario. Parliamo del
Monte Verità. Sulla sua storia il defunto
storico dell’arte Harald Szeemann ha creato una leggendaria mostra che però si trova nell’Archivio di Stato, visto che Casa
Anatta, che la ospitava, da anni è inaccessibile. Si aspetta il restauro. Speriamo che
il contenitore in questo caso sia ben presto
pronto. Perché il contenuto esiste già.
ALESSANDRA BALDINI
Washington
Un critico
per recensire
la cannabis
sul giornale
responsabile del desk cannabis:
“Abbiamo il critico gastronomico e l’enologo. Il passo successivo è stato la marijuana”.
Colorado e lo Stato di Washington hanno fatto da apripista: legalizzando per referendum nel 2012 lo spinello a scopo ricreativo, hanno messo alla
prova un divieto che tra il 2001
e il 2010 negli Usa ha portato
all’arresto di 8,2 milioni di per-
dall’Europa
LORENZO ROBUSTELLI
Bruxelles
Sbagliare strada di 3.700 chilometri. È
successo ai satelliti “Doresa” e “Milena”,
lanciati dall’Agenzia spaziale europea per
far parte dei trenta previsti dalla costellazione “Galileo”, il sistema di navigazione
satellitare che renderà l’Europa indipendente da quello gestito dal governo Usa, il
Gps ora in uso.
Il lancio presentava un rischio: lo stadio
del missile vettore che doveva posizionare
Doresa e Milena si chiama “Fregat”, e, in
italiano, non è un nome ben augurante. È
stato proprio Fregat a lasciare quei 150 milioni di metallo ed elettronica in un’orbita
ellittica a 26.200 chilometri con inclinazione di 49,8° invece che a 29.900 km con inclinazione di 55°. Tutto sbagliato. Una commissione indipendente sostiene che i satelliti sono stati mollati prima del tempo perché il carburante che doveva dare l’ultima
spinta si è congelato, per un errore di pro-
dall’Asia
ANTONIO FATIGUSO
Tokyo
Oltre a gonfiare la bolletta
energetica e pesare sulla bilancia commerciale, il blocco dei
48 reattori nucleari dopo la crisi della centrale di Fukushima
ha un’altra pesante conseguenza: le emissioni di anidride carbonica del Giappone sono salite
ai massimi di sempre nell’anno
fiscale 2013 per la dipendenza
da gas naturale e carbone nella
produzione di elettricità.
La terza economia del pianeta ha “rilasciato” 1.224 milioni di tonnellate di CO2, in
aumento dell’1,4% sui precedenti dodici mesi e del 16% sui
livelli del 1990, anno di riferimento dei tagli in base al protocollo di Kyoto sui cambiamenti climatici, promosso
L’Ue resta“Fregat”
nella corsa
verso lo spazio
Tokyo riduce
il nucleare
ma il CO2
cresce del 1,4%
dall’Onu. I dati forniti dal ministero dell’Economia (Meti) stridono coi propositi del 2010,
quando Tokyo s’impegnò a tagliare drasticamente i gas serra
portando in un ventennio, dal
30% al 50%, il fabbisogno
energetico generato dal nucleare. Il disastro di Fukushima ha
provocato un’inversione di rotta
e fatto volare le importazioni di
gas naturale liquefatto (+24%)
e carbone (+4,8%).
sone. Oggi, hanno rivelato gli
elettori di altri due Stati, Alaska
e Oregon e del Distretto di Columbia, la marijuana ha conquistato Main Street. Vittorie significative perché avvenute nel
quadro di una svolta a destra
dell’elettorato. In un Paese che
le ultime elezioni hanno rivelato sempre più profondamente
diviso, la marijuana è forse uno
dei pochi terreni bipartisan.
United States of Cannabis,
dove cannabis è sinonimo di
business: il mercato dovrebbe
superare i 2,6 miliardi di dollari
quest’anno. Tant’è che gli eredi
di Bob Marley, ai suoi tempi fumatore “industriale”, sono entrati nel business con una società di private equity per lanciare “Marley Natural”, il primo
brand globale che cavalca il
trend della depenalizzazione in
tutto il mondo.
gettazione del vettore russo Soyuz usato
dall’europea Arianspace nella base di Kourou, in Guyana francese. Uno dei due satelliti è stato messo in funzione, e funziona,
ma dal punto dove si trova non può fare
niente di utile per Galileo, e per giunta i
due sono in un’orbita che passa vicino ad
una zona radioattiva, che potrebbe comprometterne il funzionamento per sempre.
Ammesso che possano essere recuperati,
cosa nella quale non crede nessuno. Comunque i due satelliti sono stati messi in
sicurezza, si trovano in condizioni stabili e
in posizioni che escludono ogni rischio di
caduta a terra. Ultimo dato: Doresa e Milena non sono assicurati, perché costa troppo
farlo e si preferisce correre il rischio. “Costa
meno ricostruirli”, spiegano in Commissione. Ora il programma è fermo, aver perso
due satelliti impone di riprogettarlo tutto.
L’iniziativa costa sette miliardi di euro.
Malgrado i consumi energetici in calo dello 0,9% nel 2013
e il probabile riavvio di due reattori nucleari della centrale di
Sendai, nella prefettura di Kagoshima, le emissioni resteranno alte. L’Agenzia internazionale per l’energia (Iea) ha stimato
quantità di CO2 in aumento del
14% entro il 2040 e sollecitato
l’avvio “deciso” dei reattori:
operazione difficile coi sondaggi
che danno al 60% i contrari
all’atomo. Una soluzione allo
studio, su cui non è noto il parere dell’Onu, è la riduzione coi
“crediti di compensazione”. I
Paesi in via di sviluppo che dispongono di contratti di credito
bilaterali con Tokyo (sono 12 tra
cui Indonesia e Vietnam) possono ridurre le emissioni grazie
alle tecnologie nipponiche ad
alta efficienza energetica per le
quali il Giappone usufruirebbe
di crediti di compensazione.
CSport
Gli sport che interessano di più gli svizzeri
affè
IL CAFFÈ
23 novembre 2014
Calcio
45.7%
Hockey
20.2%
Sci alpino*
34.1%
Atletica
9.9%
Tennis
28.2%
*escluso freestyle
Sci nordico
7.1%
27
Fonte: Sport Svizzera 2014
Nico Rosberg prova a mettere Hamilton sotto pressione
Duecento volte “unico”. Il derby è sempre spettacolo
Nella nebbia di Wohlen il Lugano si ritrova capolista
SUGLI SPALTI
LA SCHIENA
DELLA NAZIONE
E IL DERBY
È
stata una settimana di
grande tensione per gli
sportivi svizzeri. Domenica scorsa, verso le 18, ha cominciato a serpeggiare la notizia che nessuno voleva sentire:
la schiena di Roger Federer era
tornata a farsi sentire, costringendo il basilese addirittura al
forfait nella finale del Masters
contro Novak Djokovic. È stato
l’inizio di giornate tese, sportivamente drammatiche, con la
“schiena della nazione” a diventare improvvisamente protagonista nell’avvicinamento
allo storico appuntamento con
la finalissima di Davis contro la
Francia. Una situazione che si è
sciolta pian piano, fino alla conferma di ieri, sabato, con il
doppio olimpico - quello dell’oro di Pechino - che ha tolto
tutti i dubbi, tutti i se, tutti i
ma… Accanto ad un grande
Wawrinka è tornato un grande
Roger. La Davis è ancora tutta
da conquistare, ma qualche
certezza in più la “schiena della
nazione”, adesso, la concede.
Altro scenario, altra tensione. Questa è stata anche la settimana che ha portato al derby
di hockey numero 200. E, ancora una volta, è stata una notte speciale. Preceduta da tante
belle immagini, tante belle voci, tantissimi aneddoti e ricordi
che hanno rammentato al Ticino il gioiello sportivo che da
cinquant’anni o giù di lì si ritrova tra le mani. Una sfida
“unica”, come la definiscono
addirittura gli accademici nel
servizio d’apertura all’interno
di queste pagine sportive. A
conferma di come la passione
possa portare a livelli inattesi.
Uno spettacolo unico nel suo
genere. Ma sempre a modo
suo.
Due mondi forse lontani, il
tennis di Stan e Roger e il Ticino del derby. Che accomunano
però tutto il Paese.
Reuters
Il doppio stavolta non tradisce
Quei 28mila
da record
Sono quasi 28mila gli
spettatori alle partite
valide per la finale di Davis
a Lilla. Dove la
federazione francese ha
utilizzato lo stadio
multifunzionale per questo
record di pubblico
Reuters
La formazione
dei francesi
Perso il doppio, in casa
francese crescono i dubbi
anche a riguardo della
formazione da schierare.
Ed è probabile che
Tsonga venga sostituito
MASSIMO MORO
Il doppio stavolta non tradisce la Svizzera nella
finale di Coppa Davis. Una vittoria che permette
alla Svizzera di condurre per 2-1. Il match che nei
passati turni aveva creato grossi grattacapi a Roger Federer e Stan Wawrinka, nel momento più
importante, è stato a dir poco perfetto, riuscendo
a superare Richard Gasquet e Julien Benneteau
per 6-3, 7-5, 6-4 in due ore e dieci minuti di gioco.
Un successo abbastanza rapido quello ottenuto
dalla coppia elvetica, che permette al basilese e al
vodese di essere pronti in vista dei due singolari in
programma oggi. Manca così un solo punto alla
Svizzera per entrare nella storia di Coppa Davis.
“Una vittoria che ci permette di acquisire molta fiducia - ha dichiarato capitan Severin Lüthi - ma
non dobbiamo farci trascinare dall’euforia, visto
che dobbiamo immediatamente concentrarci in vista dei due singolari”.
Un match che ha permesso a Federer di ritrovare il ritmo giusto sulla terra battuta. “Sono emozionato, dal momento che era da tanto tempo che
non riuscivamo a vincere il doppio - ha detto il renano -. Adesso sarà importante riuscire a recuperare e spero che tutto vada per il meglio”. In questa occasione a trascinare la Svizzera non è stato
Federer, bensì Wawrinka che, anche nel doppio, ha
dimostrato di attraversare un momento di forma
eccezionale. “Non abbiamo ancora vinto niente ha affermato il vodese -. Spero che Roger chiuda la
contesa e se non sarà così io mi sento pronto per il
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Android il meglio dello
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Alla Svizzera manca un
solo punto per entrare nella
storia della Coppa Davis
dopo la vittoria a Lille
del duo Federer-Wawrinka
match contro Monfils”.
Una decisione quasi obbligata quella di schierare Wawrinka e Federer, al posto di Michael Lammer e Marco Chiudinelli per il capitano elvetico
Lüthi, soprattutto dopo il pareggio scaturito dai
due singolari di venerdì, con la vittoria ottenuta
dal vodese su Jo-Wilfried Tsonga e la sconfitta subita dal basilese con Gaël Monfils. L’unico dubbio
era ancora legato ai problemi alla schiena di Federer che sono sembrati del tutto svaniti. “Io mi sento benissimo - ha dichiarato Wawrinka -, sono
pronto a giocare tutti e tre i giorni, non c’è nessun
problema. Roger per migliorare la sua situazione
doveva e quindi essere in campo anche nel doppio
e la cosa non dovrebbe creargli particolari noie fisiche, ma abituarlo a giocare sulla terra battuta”.
Un match cominciato alla grade da parte del
duo rossocrociato che, dopo aver mantenuto saldamente il servizio, è riuscito - nel sesto gioco - a
carpire la battuta a Benneteau e portarsi in van-
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taggio per 4-2. Un break che è poi risultato decisivo per la conquista della prima frazione per il duo
svizzero che, senza andare in affanno o concedere
palle break ai francesi, si è chiusa sul 6-3.
Messa in carniere la prima frazione da parte
rossocrociata, Benneteau e Gasquet non si sono
certamente persi d’animo e, grazie a due volée
messe maldestramente in rete da Federer, si sono
procurati due pericolosissime palle break, cancellate però in modo magistrale. Passato lo spavento,
l’incontro è continuato sui binari dell’equilibrio,
con la Svizzera che è andata molto vicina ad effettuare il break nel nono gioco e, in questa occasione, è stata brava la coppia francese ad annullarle.
Quando tutto il pubblico già pregustava la decisione al tie-break, al duo elvetico è riuscito il colpaccio, togliendo in extremis il servizio alla Francia,
questa volta a Gasquet. Portandosi così avanti per
6-5 per chiudere la seconda frazione sul 7-5.
Sulle ali dell’entusiasmo e, soprattutto, senza
pericolosi cali di concentrazione, il duo rossocrociato ha continuato a tenere il piede premuto sull’acceleratore. Una pressione che ha dato i suoi
frutti, grazie anche ai colpi scagliati a piena forza
da Stan, e che ha permesso a Federer e Wawrinka
di strappare, nel quinto game, il servizio a Benneteau e portarsi in vantaggio per 3-2. Un vero colpo
al morale quello subito dal duo francese che non è
più riuscito a rientrare in partita e, dopo aver salvato un match point sulla propria battuta, è capitolato definitivamente per 6-4.
[email protected]
I RISULTATI DELLE ULTIME PARTITE DI IERI,
SABATO, SONO ON LINE SU SPORTMAGAZINE
VISIBILI SU TABLET, SMARTPHONE E COMPUTER
28
CS
affè
IN
TELE
VISIONE
port
domenica 23 novembre
13.00 LA2
Tennis: Coppa Davis
mercoledì 26 novembre
20.20 LA2
Calcio: Basilea-Real Madrid
domenica 23 novembre
13.50 LA1
F1: Gp di Abu Dhabi
giovedì 27 novembre
21.00 LA2
Calcio: Zurigo-A. Limassol
martedì 25 novembre
20.20 LA2
Calcio: Schalke 04-Chelsea
sabato 29 novembre
17.55 e 20.55 LA2
Sci: slalim gigante femminile
IL CAFFÈ
23 novembre 2014
Ferrari
LA LOTTA PER IL TITOLO DAL 2007
LA
STO
RIA
Dopo i primi titoli del Lugano, il
derby s’infiamma sempre più.
Fino a toccare l’apice della bagarre
del 1987, una delle più colossali
mai viste nell’hockey svizzero.
GLI OCCHI DELLA SVIZZERA
Alla fine di una stagione dominata
dall’Ambrì, l’avversaria nella finale
del campionato è il Lugano. Il
derby assume valore nazionale,
con gli occhi di tutti sul Ticino.
L’anniversario
LA SFIDA BICENTENARIA
E sono 200. Alla Resega va in
scena una sfida da anniversario
davanti ad un pubblico numeroso,
da serata davvero speciale per
tutto l’hockey ticinese.
2014
Negli anni Ottanta l’hockey inizia
a cambiare in modo profondo.
E il derby assume sempre
più i contorni della vera, grande
sfida per lo sport ticinese.
QUELLE “BOTTE DA ORBI”
La finalissima
1999
A cavallo tra novembre e dicembre
del 1964 si giocano i primi due
derby. Il primo, di coppa, lo vince il
Lugano. Il secondo, di campionato,
lo vince l’Ambrì.
NASCE LA LEGGENDA
La notte della bagarre
1987
TRA COPPA E CAMPIONATO
Gli anni Ottanta
1980
La prima sfida
1964
Ti-Press
Anno
Ti-Press
McLaren
29
Brawn
Campione
Vittorie
Punti
Titolo alla…
Vantaggio…
…nei confronti di…
2007
Kimi Räikkönen
6
110
Gara 17 di 17
1
Lewis Hamilton
2008
Lewis Hamilton
5
98
Gara 18 di 18
1
Felipe Massa
2009
Jenson Button
6
95
Gara 16 di 17
11
Sebastian Vettel
2010
Sebastian Vettel
5
256
Gara 19 di 19
4
Fernando Alonso
2011
Sebastian Vettel
11
392
Gara 15 di 19
122
Jenson Button
2012
Sebastian Vettel
5
281
Gara 20 di 20
3
Fernando Alonso
2013
Sebastian Vettel
13
397
Gara 16 di 19
155
Fernando Alonso
Red Bull
Fonte: Fia
La Formula 1
Rosberg mette pressione a Hamilton
Nella volata per il titolo mondiale marcatura stretta ad Abu Dhabi
MASSIMO MORO
Nel Gran Premio di Abu Dhabi
Nico Rosberg mette pressione a Lewis Hamilton. Nelle qualifiche che si
sono disputate ieri, sabato, sul circuito di Yas Marina, il tedesco della Mercedes ha infatti colto la pole position,
l’undicesima della stagione, con l’inglese che si è piazzato alle sue spalle.
“Sarebbe stato meglio se ci fosse una
Williams tra di noi, ma partire primo
è comunque l’ideale e sarà una bella
gara - ha sottolineato Nico Rosberg . Prevedo una gara interessante, ringrazio il gran lavoro degli ingegneri
nel trovare il giusto assetto, sarò sul
lato pulito e dovrebbe essere un vantaggio partire dalla pole”.
A Rosberg non basta comunque
vincere la gara, ma deve sperare che
Hamilton non riesca a piazzarsi in seconda posizione, visto che nella classifica del Mondiale, l’inglese può
contare di ben diciassette punti di
vantaggio sul compagno di scuderia.
“Non so se Nico abbia commesso errori, ma di sicuro ha fatto il giro migliore, mentre io non sono stato per-
quello ricco. “Basti pensare a
realtà calcistiche come Madrid
con la rivalità Real-Atletico, a
Torino con Juventus e Toro o a
Buenos Aires con River PlateBoca Juniors - spiega Bertossa
-. In questo senso anche il derby ticinese è classico e rientra
in una categoria in cui gli
esempi si sprecano”. Ad aggiungersi a questa spaccatura,
però, vi è un secondo aspetto,
che già inizia a differenziare
Ambrì-Lugano da molte altre
partite: l’opposizione tra città e
campagna. “Non è un unicum
nell’hockey, come dimostrato
negli ultimi anni anche da Berna e Langnau - precisa il sociologo -. Ma in Ticino vi è anche
il paradosso di assistere alla
sopravvivenza di un club cresciuto in un paesino di un migliaio di abitanti, ultimo baluardo (in parte assieme al
Davos) dell’hockey di
un’altra epoca”.
Epoca in cui,
riavvolgendo il nastro
della
Ti-Press
storia
succederà qualcosa proverò ad approfittarne. Al via cercherò di guadagnare posizioni, ma una gara non si
vince alla prima curva e non sarà diverso dalle altre volte”.
Una qualifica molto strana quella
andata in scena ad Abu Dhabi, visto
che anche in terza fila si sono piazzate due vetture della stessa scuderia,
Per il tedesco della
Mercedes la speranza è
nelle due Williams
Finisce a Yas Marina
il calvario della Sauber,
ancora a zero punti
legata al punteggio, dal momento
che verranno assegnati il doppio dei
punti rispetto ai normali Gran Premi.
Anche sul tracciato degli Emirati
Arabi a farla da padrone sono state le
monoposto motorizzate Mercedes
che hanno occupato le prime due file
dello schieramento di partenza, grazie alle Williams di Valtteri Bottas e
Felipe Massa. “La qualifica è andata
bene, ma in gara la Mercedes di solito ha un vantaggio maggiore - ha
detto il finlandese -. Io voglio
chiudere nel modo migliore e se
con le Red Bull. Ad avere la meglio è
stato, ancora una volta, l’australiano
Daniel Ricciardo sul prossimo pilota
della Ferrari, Sebastian Vettel.
L’ultima gara di Fernando Alonso
in casa Ferrari non si è certo aperta
nel migliori dei modi, visto dopo il
guasto elettronico accusato nelle seconde prove libere, si è dovuto accontentare della decima posizione,
preceduto dalla Toro Rosso di Daniil
Kvyat, dalla McLaren di
Jenson Button e
dal compa-
gno di squadra Kimi Raikkonen. “È
stato un weekend difficile, speriamo
di poter recuperare in gara - ha detto
Alonso -. Sarebbe bello salutare i tifosi con un bel risultato: con loro ho
avuto un feeling stupendo e auguro
loro il meglio per le nuove tappe della Ferrari. Purtroppo non credo che
l’ultimo risultato sarà super per noi e
non possiamo sognare più di tanto.
In gara spero che Rosberg e Hamilton ci facciano divertire. Nico è in pole, e così è più piccante, ma Hamilton
con il vantaggio che può amministrare è super favorito”.
Finisce fortunatamente ad Abu
Dhabi il calvario della Sauber che,
anche sul tracciato di Yas Marina,
non ha certamente brillato. Una stagione che terminerà molto probabilmente per la casa di Hinwil con zero
punti conquistati nella classifica del
Mondiale, visto che Adrian Sutil ha
terminato in quindicesima posizione,
proprio davanti a Esteban Gutierrez.
[email protected]
LA
PART
ITA
Reuters
L’hockey ticinese celebra lo speciale compleanno
del derby tra bianconeri e biancoblù con una serata dalle
molte emozioni sul ghiaccio e calda su spalti e tribune
Equilibrio e brividi,
poi vince per 4 - 3
la squadra di casa
Il calcio
“Semplificando molto la questione, si può dire che il tifoso
del Lugano è, con tutte le eccezioni del caso, luganese. Nel
senso che è legato alla realtà
urbana del club. Questa tifoseria ‘classica’ affronta una passione cantonale, che supera anche le Alpi, come dimostrano i
molti fan dell’Ambrì che raggiungono regolarmente il Ticino per le partite. Questo legame trasversale tra due regioni
linguistiche è curiosamente sovraregionale. Il che rende il
derby ancor più unico”.
Del resto, anche storicamente, la “stracantonale” per
eccellenza ha vissuto e vive due
distinte fasi storiche. “La prima
ha visto la predominanza
dell’Ambrì - conclude Bertossa -, poi a metà degli anni Ottanta il Lugano ha invertito chiaramente la tendenza. E
anche questo è un aspetto particolare e molto diverso dagli
altri grandi derby del mondo,
dove quasi sempre la squadra
storicamente dominante continua a mantenere una certa supremazia sulla rivale”.
È un compleanno davvero
speciale per il derby e lo si
capisce subito alla Resega,
dove il tifo è caldissimo e le
coreografie delle grandi
occasioni. I due tecnici
scelgono cambiamenti minimi
alle formazioni che alla vigilia
hanno affrontato, sebbene con
esiti opposti, Zugo e Berna.
Subito avanti con la doppietta
di Pettersson, il Lugano rischia
solo sul finale di primo periodo,
quando un gol di Aucoin viene
annullato per tempo scaduto. Il
gol l’Ambrì lo trova poi con
Lauper, che riapre il derby in
avvio di terzo centrale, dove
Hall trova anche il pareggio in
power play, con i leventinesi
che migliorano col passare dei
minuti. Ad inizio terzo tempo,
ecco il primo vantaggio per i
biancoblù, con Bianchi che
segna il 3-2. Un errore di
Zurkirchen su Filppula porta poi
la sfida oltre il sessantesimo.
All’over time, palo di Sannitz,
che poi divora anche un gol a
porta vuota. Prima
dell’incredibile finale, con il gol
all’ultimo istante di McLean.
I bianconeri battono e superano il Wohlen,pari del Chiasso
sportiva svizzera di oltre
trent’anni, l’hockey era sport
alpino, strettamente legato alla
montagna. In cui a dominare
erano realtà come Arosa, Villars e, appunto, Davos. Mentre
oggi il disco su ghiaccio è diventato decisamente più cittadino. “È una tendenza in atto
un po’ ovunque, ad iniziare dalla National Hockey League, dove sono nate squadre in Arizona, in Florida e nel sud della
California - aggiunge ancora
Bertossa -. La stessa cosa è successa in Svizzera e l’esplosione
sportiva del Lugano ne è fedele
testimonianza. Si potrebbe
riassumere dicendo che il Lugano è una squadra votata al
futuro, mentre l’Ambrì mantiene radici profonde con il passato e con la storia dell’hockey”.
Altro fattore di unicità del
derby ticinese è legato al tifo.
Non tanto ad un calore fuori
dalla norma, come si è visto anche nella sfida della Resega
tra canti e coreografie
spettacolari. Quanto anche
alla differente stratificazione geografica del tifoso.
Il Lugano vince ed è la nuova capolista
Il Lugano ha completato il
suo inseguimento. Grazie alla
vittoria per 2-0 ottenuta a Wohlen, sul campo dell’unica squadra che li precedeva in classifica,
i ticinesi riescono così a balzare
in testa alla gradutaoria di Challenge League in attesa della risposta del Servette.
Quello dei ragazzi di Livio
Bordoli è un successo ottenuto
grazie all’arguzia tattica, che ha
avuto la meglio non solo sui temibili avversari, ma anche su
una persistente nebbia che ha
pesantemente influito sull’andamento del gioco. I bianconeri,
dopo una prima parte controllata dai padroni di casa, hanno
lentamente alzato il baricentro
della squadra, andando in rete al
42’. Tiro di Rey, respinta del portiere Kiassumbua e tap-in di
Malvino che insacca il pesante
punto del vantaggio.
La ripresa segue il canovaccio del primo tempo, con il Wohlen che ci prova, ma che va a
Ti-Press
Lo spettacolo del derby ticinese che si è rinnovato ieri, sabato, per la duecentesima volta
della sua storia con la partita
giocata in una Resega vestita a
festa rimane un evento sportivo davvero fuori dal comune. E
non sono i semplici appassionati a confermare l’unicità della
sfida infinita tra Ambrì Piotta e
Lugano iniziata per le statistiche nel 1964. Anche osservatori più distaccati, addirittura accademici, affermano che la
“stracantonale” nostrana supera gli steccati di una possibile
classificazione tradizionale.
“Per certi versi, il derby ticinese rientra negli schemi classici
delle rivalità tra avversarie che
vivono vicine l’una all’altra,
penso alle stracittadine - osserva il sociologo Luca Bertossa -.
D’altra parte, però, dall’analisi
emergono elementi del tutto
singolari. Che rendono questa
partita davvero unica nel suo
genere”.
Una delle caratteristiche
principali di un derby è, ad
esempio, l’infinita sfida del
club più povero nei confronti di
Duecento
volte
unico
fetto - ha dichiarato Hamilton -. La
macchina è fantastica, ma la giornata
speciale è quella di domenica. La prima curva sarà molto importante e io
cercherò d’affrontarla come sempre”.
La particolarità dell’utima corsa
della stagione di Formula 1, peraltro
già accantonata dal prossimo anno, è
MATIAS MALVINO
Il 22enne difensore uruguaino
del Lugano con la sua prima
rete in campionato ha aperto le
marcature nel big match
giocato alla Niedermatten
scontrarsi con l’intelligente sistema difensivo bianconero. A
poco a poco le maglie degli argoviesi si aprono, facilitando così i
contropiedi ticinesi, che fruttano all’80’ la rete della sicurezza
con Urbano, che in mischia non
lascia speranze a Kiassumbua. Il
Lugano serra ancor di più i ranghi e porta a casa i tre punti sinonimo di sorpasso e di primo
posto.
Il Chiasso invece ha affrontato il Bienne in una sfida dal valore molto grande. I rossoblù
prima della sfida contro i seeländer contavano sei punti di vantaggio sui loro diretti avversari,
ultimi e quindi virtualmente retrocessi. E se alla fine del rocambolesco incontro del Comunale
la differenza è rimasta immutata, i rossoblù devono ringraziare
il loro grande cuore.
Passati in svantaggio in
apertura per la rete di Peyretti, i
momò hanno palesato molti problemi in fase di costruzione e
per gran parte dell’incontro si
sono mostrati impotenti di fronte all’ottima difesa messa in piedi dal Bienne, che per altro veniva da una serie di buone prestazioni.
C’è voluta una palla ferma
per accendere l’entusiasmo del
pubblico, che fino a quel momento aveva avuto ben poco da
esaltarsi. All’81’ il bulgaro Baldovaliev va ad infilare un precisa punizione per dare quello che
sembra il definitivo pareggio ai
ticinesi. Cinque minuti dopo però, gli ospiti tornano in vantaggio, quando Morello trasforma
un rigore concesso a causa di un
atterramento di Djuric su Salamand. Il disperato serrate finale
dei ticinesi produce molte mischie nell’aria bernese, e in una
di queste Magnetti, in pieno recupero, regala un pareggio d’oro
che mantiene gli avversari di serata a distanza di sicurezza.
Chiasso generoso e premiato.
Ma quanta fatica!
47/2014
È tempo di preziosi nettari.
9=2
:92
#* 4"0-80
#* 4"0-80
.3/(
1:3/(
%35(
*-<$"$ #* 1:3’=
*-<$"$ #* 163.’
*-<$"$ #* 1:3’=
*La Côte AOC Féchy
Domaine du
Martheray 2013, 75 cl
(10 cl = 1.33)
Valais AOC Heida
Terrasses du Rhône
Bibacchus 2013, 75 cl
(10 cl = 1.73)
*Valais AOC Fendant
Pierrafeu 2013, 75 cl
(10 cl = 1.17)
:%2
992
#* 4"0-80
#* 4"0-80
.3/(
113/(
*-<$"$ #* 193.’
*-<$"$ #* 1)3.’
Greco di Tufo DOCG
Loggia della Serra
Terredora 2013, 75 cl
(10 cl = 1.33)
113/(
.3/(
*-<$"$ #* 1)3.’
*-<$"$ #* 1)3.’
*Bordeaux AOC
Mouton Cadet Baron
Ph. de Rothschild
2012, 75 cl
(10 cl = 1.59)
Ticino DOC Merlot
Selezione d’Ottobre
2013, 75 cl
(10 cl = 1.59)
*Gigondas AOC
Château Saint-André
2013, 75 cl
(10 cl = 1.33)
:92
:62
:62
:92
#* 4"0-80
#* 4"0-80
#* 4"0-80
#* 4"0-80
1:3/(
*-<$"$ #* 163.’
Barolo DOCG Quasso
2010, 75 cl
(10 cl = 1.73)
.3/(
1=3/(
*-<$"$ #* 1)3.’
*-<$"$ #* 193’=
*Ripasso della
Valpolicella
Superiore DOC
Palazzo Maffei
2012, 75 cl
(10 cl = 1.33)
Offerta valida fino a sabato 6 dicembre 2014, fino a esaurimento delle scorte.
Con riserva di modifiche di annata. Coop non vende bevande alcoliche ai minori di 18 anni.
* In vendita nei grandi supermercati Coop e su www.mondovino.ch
1:3/(
*-<$"$ #* 163.’
*Malbec Mendoza
Aruma Bodegas
Caro 2012, 75 cl
(10 cl = 1.46)
Riconoscimento:
medaglia d’argento
Expovina 2014
*Cabernet Sauvignon Chile Grande
Réserve Rothschild
Los Vascos 2011,
75 cl
(10 cl = 1.73)
La terza età
L’incontro
Sesso e amore
Gli ingranaggi
della pensione
nascondono
nuove paure
Andrea Vitali:
“Buttar giù frasi
è da sempre
la mia passione”
“Mio marito,
settantenne,
fa da sè…
mi sento delusa”
ALLE PAGINE 32 e 33
ALLE PAGINE 58 e 59
ROSSI A PAGINA 54
23 novembre 2014
Link
SOCIETÀ | STILI | CULTURA
Una volta
bastava una
scatola da scarpe
per le nostre foto.
Oggi messi,
uno sull’altro,
gli scatti digitali
uscirebbero
dall’atmosfera.
Ma i veri fotografi
dicono“non c’è
più poesia”
La
vita
è tutta
click
B
un
astava una scatola da scarpe per
conservare le foto di famiglia. Poi
è arrivata la fotografia digitale,
gli smartphone, i social network e
tra selfie e immagini scattate a
raffica la vita sembra scorrere in
un click. Il fenomeno del momento è l’applicazione Instagram,
gratuita e capace di trasformare
tutti in esperti di foto e video.
segue a pagina 44
N
PER COMINCIARE
LASCIATE MORIRE LE ANATRE
M
eglio morti che sfamati. Il progetto a cui il canton Zurigo
sta lavorando, in estrema sintesi, è questo: entro la prossima estate nelle aree di Guntliweid e Bätzimatt sorgeranno dei cartelli con cui si inviteranno i passanti a non dare da
mangiare ad anatre e cigni perché vietato. La ragione? Semplice,
così facendo si darebbe una chance di sopravvivenza anche agli
esemplari deboli o deformi, mentre in condizioni naturali non
avrebbero alcuna possibilità di farcela e tanto meno di riprodursi.
Non lanciare molliche di pane a questi pennuti, eviterà di indebolire la salute e la capacità di sopravvivenza dell’intera specie.
Insomma, il messaggio è chiaro: chi non è autosufficiente al
cento per cento non ha diritto di vivere. Meglio, quindi, eliminarlo prima. Inutile sfamarlo, aiutarlo, dedicargli tempo e cure.
In un’epoca sempre più egoista, egocentrica e prepotente, in
fondo non stupisce più di tanto il “progetto” di Zurigo. In un
mondo in cui non c’è posto per i soggetti fragili o per chi ha bisogno di aiuto e sostegno, c’è chi si arroga il diritto di decidere
chi sia più o meno degno di vivere. Per ora, tale diritto viene
esercitato sugli animali, in futuro chissà. Anche agli esseri umani non completamente indipendenti, un domani potrebbe essere vietato mangiare.
Vacanze
invernali
1958
Racconto di
LAURA PARIANI
Illustrazioni di
Marco Scuto
Racconti di lago
e montagna
Una nuova serie inedita
di storie brevi d’autore
Dal 7 dicembre sul Caffè
on gli dispiace essere considerato il decano dei fotografi attivi in
Ticino Alberto Flammer, 77 anni, anche se pensa che la fotografia ormai sia stata “uccisa”.
“Sì, il digitale ha un po’ ucciso la
vera fotografia – dice -. Oggi basta comprare uno smartphone e
sei un fotografo, con un portfolio
di migliaia di foto che probabilmente non stamperai mai, ma
viverci di fotografia è tutt’altra
cosa”.
segue a pagina 45
Il progetto di
riforma è
contestato pure per
i suoi costi, che
potrebbero salire
anche oltre i 10
miliardi annui.
Troppi per molte
forze politiche
IL CAFFÈ
23 novembre 2014
32
La soglia d’entrata
dell’obbligo alla
previdenza
professionale
diminuisce a 14mila
franchi rispetto ai
21mila attuali,
favorendo redditi
bassi e donne
Secondo il ministro
Berset, senza agire
ora, l’Avs nel 2030
presenterebbe un
deficit di 8 miliardi
di franchi, a causa
del pensionamento
della generazione
del baby boom
10 miliardi 14’000
1/LA
RIFO
RMA
PROPO
STA
Le paure nascoste
in un ingranaggio
chiamato pensione
È
destinato a tenere banco per lungo
tempo. Ad eccezione dei giovanissimi,
infatti, l’argomento “pensione” coinvolge tutti. Da sempre, ma oggi ancor di
più visto che il sistema - basato essenzialmente sull’esigenza del mondo del
lavoro di alternare generazioni di lavoratori, autofinanziando reciprocamente
gli inevitabili oneri - scricchiola sotto il
peso... dell’età. L’aumento progressivo
della longevità e le migliori condizioni
di salute con cui si affronta ora la terza,
o quarta età hanno reso più difficile il
turnover e messo a rischio la possibilità
di reperire i fondi necessari a garantire,
a tutti, una pensione degna di questo
nome.
Sulla riforma della previdenza pensionistica 2020 in Svizzera, promossa
dal ministro Alain Berset, già si svilup-
L
a situazione degli anziani nel Paese può
essere definita buona,
visto che continua ad
aumentare il tasso di
speranza di vita in buona salute. Si vive di più e meglio, ma le
cifre assolute mostrano che la
domanda di cure a domicilio sta
crescendo, che il numero di
persone affette da demenza è
in costante crescita e spesso il
carico di lavoro per i famigliari
e eccessivo. E un’indagine nazionale promossa da Pro Senectude rivela che un anziano su
tre, che vive da solo, è a rischio
povertà e che la percentuale di
chi accede alle prestazioni
complementari cresce in modo
esponenziale. Con l’avanzare
dell’età.
Ma non c’è bisogno di proiettare paure sul futuro, quando la situazione attuale degli
anziani indigenti è già significativa. E forse è un’idea da sfatare quella dei pensionati agiati
e benestanti. “Parlerei di povertà relativa, anche se in Ticino sono circa 20mila gli anziani
che usufruiscono di prestazioni
complementari - dice al Caffè
Carlo Marazza, direttore dell’Istituto delle assicurazioni sociali (Ias) -. E la media dei pensionati chi si ritrova solo con
l’Avs e rientra nel diritto delle
prestazioni complementari è
del 19% contro un 12% nazionale; ma serve ricordare il differenziale di reddito maturato
fino agli Settanta, quando molti
ticinesi non versavano, per
tanti motivi, contributi. Infatti
la percentuale degli ultraottantenni assistiti è allineata in tutto il Paese. E la spesa più importante va nell’assicurare le
cure, nelle case anziani. L’aumento della longevità e l’esigenza di garantire cure e assi-
stenze mediche, sempre più
costose, vanno di pari passo”.
“Neanch’io parlerei di ‘indigenza’ nel senso classico del
termine, ma abbiamo tredici
assitenti sociali che offrono
gratis consulenza sociale da Airolo a Chiasso - aggiunge il di-
L’analisi
CHIARA SARACENO
sociologa
IL SOCIOLOGO
Chiara Saraceno, sociologa
dell’Osservatorio sulle
politiche per combattere
l’esclusione sociale della
Comunità europea
L
a definizione di una età alla pensione rigida è stata,
ed in larga parte è tuttora,
uno strumento per gestire il
turnover generazionale dei lavoratori e soprattutto per (cercare di) tenere i conti degli istituti pensionistici in ordine. I
due obiettivi, per altro, sono
sempre più in tensione tra loro
in società che invecchiano: occorrerebbe lavorare più a lungo
per compensare una durata della vita più lunga; ma ciò può
comportare una minore fluidità
nei passaggi generazionali. La
definizione rigida dell'età per la
pensione non risolve quella
tensione, anzi può aggravarla.
Non corrisponde neppure sempre ai desideri e agli interessi
sia delle persone sia delle
aziende. C'è chi non vede l'ora
di andare in pensione perché
non è soddisfatto del proprio lavoro, o lo trova ormai troppo
stancante, o vuole dedicarsi ad
altro fino a che sta bene in salute. Viceversa c'è chi continua
LA BASE DI LAVORO
Per la prima volta dal 1985, anno
dell’introduzione della struttura
pensionistica a tre pilastri, il
governo propone una riforma che
tenga conto sia del primo (Avs),
sia del secondo pilastro (Lpp).
L’APPELLO DEL MINISTRO
Nel presentare la riforma, Berset
ha richiamato tutti alle proprie
responsabilità, ponendo l’accento
sulla necessità di un nuovo patto
sociale per la previdenza della
popolazione svizzera.
3
rettore di Pro Senectude Ticino
e Moesano, Gabriele Fattorini . E l’identikit di chi si rivolge a
noi è presto fatto: vive solo, è
donna e nel 70% dei casi è tra i
70 e gli 89 anni. È una fascia
importante in Ticino quella
senza secondo pilastro, e che
capita si ritrovino in difficoltà
economica nonostante l’assitenza delle prestazioni complementari”.
Nel solo 2013, infatti, l’organizzazione professionale e di
servizi attiva a favore delle persone anziane in Svizzera, ha
Turnover garantito
solo dalla staffetta
intergenerazionale
a trovare soddisfazione e interesse nel proprio lavoro e vorrebbe continuare ancora qualche anno. Così come ci sono
aziende, scuole e università che
non vorrebbero perdere persone ancora preziose e su cui
hanno molto investito. Avere la
possibilità di decidere autonomamente quando andare in
pensione, una volta raggiunta
una determinata soglia di età (e
di contributi, per non incorrere
nel rischio di povertà, specie in
Paesi in cui non esiste una pensione universale di base), è una
richiesta diffusa. Negli Stati
Uniti, in nome del principio di
non discriminazione in base all'età, l'età alla pensione obbligatoria definita per legge è stata
abolita. Un lavoratore può essere costretto ad andare in pensione, dopo una certa età, solo
se manifestamente improduttivo, o non più necessario. Naturalmente, non tutti hanno lo
stesso potere negoziale e le
aziende possono rendere difficile la vita a coloro che vogliono
mandare via. Il principio, tuttavia, di introdurre un grado di libertà per lavoratori e lavoratrici
nel decidere quando lasciare il
lavoro, valutando costi e benefici di un’uscita precoce piutto-
erogato ben 1.600 aiuti finanziari in Ticino. E un recente
studio del Dipartimento economia aziendale sanità e sociale
della Supsi, stima che circa il
12% dei pensionati figurerebbe
tra i poveri se non potesse contare sulle prestazioni comple-
sto che tardiva, mi sembra
tuttavia adeguato ai corsi di
vita contemporanei, caratterizzati da maggiore flessibilità di un tempo. Consente non
solo di decidere con maggiore
libertà l'età di uscita dal mercato del lavoro, ma di programmare, o alla peggio
compensare, le interruzioni
desiderate, o subite, nel corso
della vita lavorativa. È probabile che, come avviene negli
Usa, la maggior parte delle
persone continuerà ad andare
in pensione all'età "standard".
Ma si saranno ampliati i gradi
di libertà individuale. Meglio
ancora se contestualmente si
introducesse la cosiddetta
staffetta intergenerazionale:
consentendo ai pensionandi
di ridurre progressivamente
il tempo di lavoro (con una
proporzionale fruizione della
pensione) affiancati da un
giovane neo-assunto che
prenderà, altrettanto progressivamente, il loro posto.
mentari. “È così, e circa il 34%, pur beneficiandone, rimane comunque povero - spiega
Michele Egloff, docente di Statistica sanitaria alla Supsi -.
Basta una spesa imprevista,
delle cure dentarie, una fattura
della nafta più alta del previsto
per cadere nella morosità.
Quindi vanno in difficoltà, perdono il controllo della situazione, alla pari con le vittime di
quell’effetto ‘soglia’, simile a
quella parte della popolazione
anziana ai limiti di un intervento sociale di cui però non può
beneficiare e che, paradossalmente, si ritrova con redditi inferiori a chi riceve aiuti dallo
Stato”.
Lo studio, comunque, stima
che soltanto il 6% dei pensionati può essere definito “povero”, un calcolo che porterebbe
a 4.000 gli anziani ticinesi comunque indigenti. Cifra che,
proiettata nel 2035, quando gli
anziani nel cantone saranno
113mila, quasi raddoppierebbe
raggiungendo quota 7.000.
“Eppure rimango convinto che
gli anziani pensionati da noi sono gli unici al mondo a godere
di un trattamento sociale più
che dignitoso - osserva l’ex
presidente Atte, Pietro Martinelli -. Oggi la povertà va cercata altrove: nelle coppie giovani con figli, nelle famiglie
monoparentali, nei divorziati.Ma la sostenibilità finanziaria
legata all’assistenza alla vecchiaia diventerà un problema
sempre più grande”.
2/LA
RIFO
RMA
PROPO
STA
L’economista Giuliano Bonoli commenta la riforma Berset
1
L’OBIETTIVO DI BERSET
Nella presentazione del progetto
di riforma, il ministro Alain Berset
ha spiegato come il traguardo da
raggiungere sia quello di garantire
il livello delle pensioni, anche in
situazioni finanziarie complicate.
Ti-Press
L’intervista
1
2
pano tesi contrapposte. Forse non sulla
“flessibilità” che, come abbiamo visto
recentemente in Germania dove la possibilità di “scegliere” quando smettere
di lavorare ha registrato un boom,
sembra riscuotere un placet generale.
Tra tanti calcoli e costi da mettere in
cantiere, però, è utile ricordare che
l’attuale meccanismo della previdenza,
per quanto ben oliato, ha qualche difetto negli ingranaggi. Soprattutto per
quel che riguarda gli anziani beneficiari
della rendita Avs. Negli ultimi anni, infatti, la quota di chi arriva a fine mese
solo grazie alle prestazioni complementari è cresciuta, e continua a crescere,
in maniera esponenziale. E in Ticino è
un quinto della popolazione over 64 a
farne ricorso. Quasi il doppio della media nazionale.
2030
L’ETÀ DEL PENSIONAMENTO
Di principio, la proposta di Berset
prevede che tutti (uomini e donne)
vadano in pensione a 65 anni, ma
l’età sarà flessibile ed inserita in
una forchetta che va dai 62 anni
ad un massimo di 70 anni.
4
LE RENDITE
Per garantire una continuità e un
buon livello alle rendite, la
proposta prevede che chi
sceglierà, ad esempio, la pensione
a 62 anni potrà beneficiare anche
di rendite soltanto parziali.
5
IL FINANZIAMENTO DEI COSTI
Uno dei nodi cruciali della riforma
è legato al finanziamento dei costi,
che il governo prevede di
suddividere tra aumento dell’Iva
dell’1-1,5% e riduzione dei tassi di
conversione dal 6,8% al 6%.
Keystone
La terza età. Aumenta la longevità.
Aumentano i costi per assicurare una vecchiaia
dignitosa.Le nuove generazioni non sono più in
grado di alimentare un sistema già in affanno.E la
riforma Berset dovrebbe partire fra cinque anni...
33
“La previdenza
andrà preparata
diversamente”
N
on nasce certo sotto la migliore delle stelle
la riforma 2020 della previdenza pensionistica in Svizzera promossa dal ministro
Alain Berset. Neanche il tempo di comprenderne
appieno i contorni, ed ecco che - per motivi diversi - a scagliarsi contro il progetto sono il mondo
economico, alcune forze politiche di destra, ma
anche l’Unione sindacale svizzera. Insomma, la
revisione del sistema già più volte tentata, continua a non fare l’unanimità. Neanche attraverso
l’idea di aggregare primo e secondo pilastro per
cercare nuove strade e migliorare così la situazione. “La scelta di procedere alle riforme su binari
separati come fatto finora non ha funzionato - osserva il professor Giuliano Bonoli, docente di politiche sociali all’Università di Losanna -. Ma ora
neanche la via di lavorare su un unico progetto
riesce a mettere d’accordo. Subito diversi attori
politici, anche schierati in campi opposti, si sono
mostrati non concordi”.
Qual è la situazione attuale delle
GIULIANO
casse dell’Avs e perché è urgente
BONOLI
agire sulla previdenza?
Docente di
“Oggi non siamo in una situaPolitiche sociali
zione d’allarme, i conti 2012 e
presso l’Istituto
2013 dell’Avs sono buoni. Ma è
superiore di
necessario osservare la piramide
studi in
amministrazione
delle età per capire che attualmente è facile finanziare la previpubblica
denza, mentre tra 20 o 30 anni
(Idheap)
non lo sarà più”.
dell’Università
di Losanna
A causa dell’invecchiamento della popolazione e della maggiore
(46 anni)
aspettativa di vita?
“Certo, ma non solo. Nel senso che oggi la generazione nata tra il 1945 e il 1968 è attiva. E in
gran parte con ruoli importanti e salari elevati. E
siccome chi guadagna molto paga contributi più
alti, ecco che il finanziamento dell’Avs è garantito. A sostituire questa generazione, quando andrà
in pensione, però, ci saranno giovani con minori
risorse, salari meno alti e quindi contributi più
bassi”.
All’invecchiamento della popolazione ha però
fatto da contraltare anche un aumento demografico. Non basta per bilanciare la situazione?
“In effetti negli ultimi 5-10 anni la proiezione
del deficit dell’Avs per il periodo 2025-2030 era
peggiore rispetto a quella che abbiamo attualmente. E questo perché sono arrivate in Svizzera
decine di migliaia di lavoratori, spesso molto qualificati e ben retribuiti che hanno garantito un aumento delle risorse per l’Avs. Ma non si può spingersi troppo avanti su questa strada”.
Per quali motivi?
“Due in particolare. Il primo è quello politico.
Segnali come quello arrivato dal voto del 9 febbraio scorso sono chiari riguardo all’immigrazione di manodopera e quindi non si può rischiare.
D’altra parte, ed è il secondo motivo, i nuovi arrivati oggi sono contribuenti, ma domani saranno
beneficiari. Quindi non si risolvono tutti i problemi futuri”.
Come giudica l’ipotesi di un aumento dell’Iva
per finanziare la previdenza?
“Mi sembra una proposta equilibrata, soprattutto perché sarebbero chiamati a contribuire tutti, beneficiari delle prestazioni compresi. Meglio,
insomma, che aumentare le trattenute sui salari o
aggiungerne di nuove. In questo caso pagherebbe
soltanto la popolazione attiva”.
Bisognerà quindi cambiare un po’ la visione
della pensione?
“Piuttosto costruire la previdenza in modo diverso, preparandosi a tagli e sacrifici con il giusto
anticipo, lavorando più a lungo, con una formazione continua migliore, risparmiando di più. Servono però 10 o 15 anni per abituarsi”.
2
I PROBLEMI DEMOGRAFICI
Alla base della proposta governativa, anche l’evoluzione demografica nel Paese, che segnala da anni un invecchiamento della popolazione e un aumento della speranza di vita.
3
L’ECONOMIA NON CI STA
Tra le prime reazioni alla proposta
di Alain Berset, spicca quella del
mondo economico, che ha manifestato la propria contrarietà ritendendo la riforma troppo costosa e
negativa per la crescita.
4
I SINDACATI INSORGONO
Accanto alla destra e al mondo
economico, anche l’Unione
sindacale svizzera si è detta
contraria alla riforma, proponendo
un rafforzamento dell’Avs, pilastro
più sociale e più efficace.
5
CAMBIARE LE ABITUDINI
Tra le preoccupazioni di fronte alla
riforma, anche la necessità di
cambiare in parte le abitudini dei
lavoratori, chiamati a far fronte ai
pilastri previdenziali in modo
diverso rispetto al passato.
IL CAFFÈ
23 novembre 2014
34
leamichedelladomenica
U
n’onda oscurantista plana su Parigi. È una nuvola più minacciosa
che pericolosa e probabilmente si
riassorbirà. La Francia ha resistito
alle tormente degli anti “Mariage
pour Tous” che ogni tanto cercano di smuovere
le acque, ma almeno l’argomento aveva una
valenza sociale.
Ora invece, piove sulla testa del povero Titeuf. Il piccino dalla testa d’uovo, il
bambino col ciuffo in
testa che da fumetto è
diventato cartone animato con tutte le sue
domande sul mondo
degli adulti, le parolacce di fantasia che si interpretano come vere.
Titeuf, la sua banda
d’amici e Nadia. Ma che ha fatto? Ha scatenato
le ire dell’associazione “Sos Education”, con tanto di petizione contro la deliziosa mostra “Zizi
Sexuel” o il pipino sessuale nel linguaggio del
piccolo testa d’uovo, mostra inaugurata alla Cité
des Sciences il 14 ottobre e dedicata, fino al
prossimo agosto, ai “piccoli” dai 9 ai 14 anni.
Oggetto del dramma: la sessualità. Il percorso della mostra - tra l’altro già sperimentata
sette anni fa -, è dedicato all’amore ed alla sessualità, prendendo come spunto il celebre fumetto “Le guide du zizi sexuelle” pubblicato nel
2001, e scritto dall’elvetico papà di Titeuf, Philippe Chappuis alias “ Zep”, con Hélène Bruller.
Un convinto militante di Sos Educatione ha
dichiarato il suo orrore prendendo ad esempio
la sagoma di Titeuf, che al posto del pipino ha un palloncino. Quando si schiaccia
col piede un pulsante, il pipino-palloncino si gonfia di colpo! Ed i piccoli si divertono come matti, Anche i grandi.
No, per l’associazione “un uomo non
funziona così”. Certo, mica c’è un
pulsante da pigiare... Chi pagherà
le sedute psicoanalitiche per i figli
di questi ultraconservatori, che
insistono a dire che i bambini nascono sotto i cavoli? Insomma, è
dal 1950 che si parla di educazione sessuale a scuola.
Che se ne facciano una ragione…
J
Che scandalo se Titeuf
ha il pipino che si gonfia
Jill studia e fa la cassiera
è una schiava americana
LUISA PACE
ELVIRA DONES
daParigi
daLos Angeles
M
entre Gerusalemme Est viene
blindata, gli abitanti delle alture
del Golan - siriani
di origine, ma con una “nazionalità
indefinita” marcata sul passaporto
dall’occupazione israeliana del
1967- sono da tre mesi sotto il fuoco
incrociato di Israele, Al Qaeda e regime siriano.
Randa Maddah, artista di Majdal
Shams formatasi all’Accademia di Belle
Arti a Damasco, vive a 200 metri dalla cortina di ferro che divide la Valle delle Lacrime. A
un chilometro in linea d’aria da casa sua il villaggio siriano di Hader, ovvero quell’unico 15%
della frontiera non ancora controllato dai ribelli
da cui arrivano, però, l’85% degli attacchi
verso Israele.
Nel cortometraggio “Light Horizon”,
presentato al Festival di Locarno quest’anno, l’artista inscena e filma una
donna giovane che ricostruisce uno
spazio intimo e arredato all’essenziale
nelle macerie di una casa ad Ayn Fit,
uno dei 33 villaggi siriani a Quneitra
rasi al suolo dalle forze israeliane
nel 1967.
Attraverso le sue sculture,
schizzi e video, Randa esprime
la ricerca di orientamento con cui
i golani devono fare i conti oggi: la
lotta per tenere viva la
“memoria” di un popolo
che non vuole dimenticare le sue radici, il diritto a resistere all’occupazione israeliana, che
monopolizza le risorse
del territorio, e una Siria
dilaniata dalla guerra civile che sta minando la stessa società del Golan.
L’ultimo progetto video su cui sta lavorando è
un’installazione di frammenti di vetro appesi sul
tetto di casa sua. Girando con il vento, i frammenti riflettono le postazioni militari israeliane a
Majdal Shams e quelle siriane a Hadar. Due facce
della stessa medaglia che, così intraviste, sembrano davvero molto simili.
Per vedere i lavori di Randa: randamdah.blogspot.com
ill fa la cassiera a Berkeley, nella California del nord; ha ventisette anni, due bachelors in tasca e sta per finire il master
in antropologia. Lavora nel supermercato
più chic d’America, il Whole Foods, luogo
per tasche gonfie e fanatici di cibi organici. Jill è
qui per due giorni interi nel fine settimana. Poi,
ogni mercoledì lavora di notte in un centro per
bambini handicappati, senza paga, perché richiesto per la tesi di laurea. Il lavoro di ricercatrice
per un professore aggiunto, le prende altre
dieci ore settimanali.
Senza paga pure questo.
Sono un’altra categoria di schiavi d’America: studenti brillantissimi e professori eccellenti che vivono sotto la soglia della povertà. Una
volta un posto nel mondo accademico ti assicurava una vita più decente. Oggi i professori precari
vengono pagati 2’100 dollari al semestre e sfamano i figli raccogliendo i “food stamps”.
Quando Jill è lì, io pago sempre nella sua cassa. Un paio di volte abbiamo chiacchierato fuori,
nel parcheggio del supermercato nel centro Berkeley, a pochi minuti a piedi della gloriosa e magnifica Ucal, l’università della California.
“In che guaio mi sono cacciata? - ha riso la
ragazza una di quelle volte, nel suo francese
fluente di cui va fierissima -. Il professore non
è più ricco di me. E io dalla povertà volevo
scappare, invece guardami qua. Grandioso,
no?”.
Questa volta la coda alla cassa è lunga, le mani della ragazza lavorano in
fretta perché questo è l’unico lavoro
pagato che ha. Whole Foods paga i
suoi cassieri circa 10 dollari l’ora;
è ciò che Jill prende, è con ciò
che vive. A metà maggio avrà
finito il suo master corredato
di centomila dollari di debiti
con le banche e possibilità di
impiego inesistenti.
Fra pochi giorni ci sarà
la festa del Ringraziamento. Pago la mia piccola
spesa, saluto Jill e le auguro buona fortuna.
F
Tanti frammenti di vetro
appesi sul tetto nel Golan
in dal suo arrivo
a Lille, per la finale di Coppa
Davis contro la
Francia, Stanislas Wawrinka si è piantato. L’ho visto in tv e ho
avuto pietà. Faticosamente trascinava due pesanti valigie, la federazione
non ha i mezzi per pagargli
un assistente. Ma soprattutto, a tracolla sulla sua giacca con
cappuccio, portava una sacca Vuitton
molto costosa, molto francese, molto
blu colore dell’avversario. Ora sappiamo
che il numero due del tennis elvetico ha gli
stessi gusti - ma guarda un po’ - della
Nazionale francese di calcio, al momento del fiasco nei Mondiali del 2010. Da
allora, i giocatori “bling- bling” sono stati richiamati a un abbigliamento più consono. "Stan" ha il diritto di accessoriarsi
come vuole, ma non in qualsiasi momento. Non quando rappresenta il suo Paese.
Nello stesso giorno, a Losanna, ferma
a un semaforo rosso sotto la pioggia, ho
osservato la mise di una signora che
usciva dagli uffici dell’Evam - l’ente vodese dell’accoglienza agli immigrati che attraversava la strada. Una richiedente asilo, probabilmente. Un allure
che mixava le steppe turco-mongoliche e il mondo arabo:
un pantalone morbido
da cosacco, stivali da
contadino “moujik”, un
velo color curry. Ma ciò
che mi è rimasto impresso è stata la sua
borsa a tracolla, con
quel tessuto rosso e
bianco che ricordava la Bally in vendita nelle
boutiques a 1’050, il best-seller del lussuoso
marchio svizzero. Nei viaggi d’affari, Micheline
Calmy-Rey indossa scarpe da ginnastica. La borsa
anche, credo. Quella di questa signora era molle,
e non solo a causa della pioggia. Perché lei non
può permettersene una in vera pelle. Perché non
è la sua ambizione nella vita. Ma lei ha scelto
questa borsa, ne sono sicura. Per la sua flessibilità, convenienza e colori patriottici.
La borsa di“Stan”è chic,
ma certo non patriottica
COSTANZA SPOCCI
FLORANCE DUARTE
daIl Cairo
daLosanna
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eccessivo del consumatore. Valevole per clienti privati fi no al 31.12.2014 o fi no a revoca.
IL CAFFÈ
23 novembre 2014
36
4/Il dibattito. Integrazione istituzionale ed economica. Joschka Fischer, ex
ministro degli Esteri tedesco, spiega al Caffè la sua visione dell’attuale fase politica
e la strategia per arrestare la deriva dei populismi che scuotono l’Unione europea
“L’Ue si deve ispirare
al modello Svizzera
per uscire dalla crisi”
STEFANO VASTANO da Berlino
L’esempio
“Q
“L’esempio da cui
possimo imparare
non sono gli Stati
Uniti, che hanno
una solo lingua
e un’unica cultura”
uali sono i modelli di realtà federali
che possono essere significativi per
l’ Europa?“ Joschka Fischer è seduto sulla sua poltrona al 5° piano
della Gendarmen Markt, una delle
piazze più belle di Berlino. Oggi è un richiestissimo consulente di aziende come Bmw o Siemens, ma il fondatore dei Verdi tedeschi, ed ex-ministro degli Esteri del
governo Schröder, ha conservato tutto il suo fiuto politico. Sorpende infatti la sua risposta alla domanda, apparentemente peregrina, sui possibili ‘modelli federali’
dell’Ue. “Il modello da cui possiamo imparare - riflette
Fischer- non sono gli Usa che hanno un’ unica lingua e
cultura. Noi europei siamo la culla della storia, delle diverse lingue ed identità nazionali. Per questo ho pensato alla Svizzera come modello per uscire dalla crisi“. Ovvio che non tutte le realtà della Confederazione elvetica
siano adattabili all’ Ue con i suoi 500milioni di cittadini,
28 Paesi e 24 lingue. “Ma è ovvio anche - ribatte Fischer- che dobbiamo fare qualcosa per uscire dal pantano di legittimità e deriva politica dell’ Ue“.
Il tempo stringe. In Francia, Inghilterra o Italia, come in
Spagna e in Grecia, quelli che un tempo si chiamavano
populisti, demagoghi o ‘estremisti ‘ mietono, a destra
come a sinistra, notevoli successi elettorali. Non è solo
la crisi economica, quindi, a trascinare il Vecchio Continente davanti ad un drammatica scelta: vogliamo più
Europa unita o una marcia indietro verso valute e Stati
nazionali? “Quel che è peggio è che la crisi che ora mor-
de l’Europa è duplice - spiega Fischer -, di legittimità
all’interno e, vedi l’Ucraina e la politica neoimperiale
della Russia di Putin, di politica estera e sicurezza esterna“. Questa è la fosca cornice o, meglio, “la premessa
geopolitica non entusiasmante - la definisce lui - da cui
dobbiamo ripartire“. Per porsi con la questione dei ‘modelli federali’ l’interrogativo più urgente di tutti: “Fallisce l’Europa?“, che è anche il titolo del libro che Fischer
ha dedicato ai malori che scuotono il vecchio Continente. Certo, la Merkel ha celebrato i 25 anni dalla caduta
del Muro di Berlino sostenendo che “i sogni possono diventare veri“, sarà vero per molti degli 80 milioni di
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suoi connazionali che, sulla locomotiva tedesca, non risentono più di tanto della crisi che paralizza l’Ue. Fischer ha un’altra percezione del compito che spetta alla
Germania. “Ancora oggi i tedeschi - spiega - non hanno
compreso il loro nuovo ruolo come potenza politica all’interno della Ue“. Insistere, come fanno Merkel e il suo
ministro delle Finanze Schäuble, sul dogma dell’austerità, “è segno di miopia - va giù duro lui- di mancanza
di responsabilità da parte della Germania o delle sue élite politiche e di istituzioni come la Bundesbank“.
Se, per ipotesi, non ci fosse stato Mario Draghi alla guida della Banca centrale europea, ma fosse toccato a
Jens Weidmann, il governatore della Bundesbank, guidare la Bce, “oggi con ogni probabilità l’euro non esisterebbe più“. Ipotesi che toglie il respiro al 67enne Fischer.
Lui da giovane si guadagnava la vita guidando i taxi a
Francoforte ed è stato tra i leader del movimento studentesco, prima di diventare carismatico fondatore dei
Verdi e il primo ministro dell’ambiente in Germania.
“Oggi è assurdo che la Bundesbank insista sulla politica
restrittiva e la Merkel sull’austerita“, sbotta gettando
uno sguardo alle cupole del Duomo francese e di quello
tedesco. Le due nazioni che si riguardano in cagnesco al
LA LEGA HA PERSO OGNI MISURA
Sull’edizione di domenica 26 ottobre, il
Caffè ha dato spazio alle analisi sulle
contraddizioni politiche della Lega.
Posteggi, rifiuti, appalti, ecuadoregni,
radar, stranieri, prostituzione... Così la
Lega ha perso ogni misura politica.
La parola
IL PROTEZIONISMO
Protezionismo neopopulista, è così che
l’economista Sergio Rossi ha definito il
dibattito politico sulle emergenze
economiche del cantone. Una chiusura
pericolosa per l’economia ticinese.
L’analisi
LA DEMODERNIZZAZIONE
Demodernizzazione: l’impossibile ritorno
ad un ordine antico. È questo il concetto
sociale e politico sviluppato sulle pagine
del Caffè con un’articolata analisi dello
storico Pompeo Macaluso.
Le opinioni
LA REGRESSIONE
Sulla regressione culturale e sociale in
atto sono intervenuti il filosofo Fabio
Merlini e lo storico Andrea Ghiringhelli per
sottolineare come la deriva populista,
innescata dalla Lega abbia contagiato
anche altre forze politiche
Il manifesto
BERNA E BRUXELLES
Sulla scorsa edizione il Caffè ha pubblicato
il Manifesto-appello che un gruppo di
personalità da qualche settimana propone
sul delicato tema dei rapporti
tra la Svizzera e l’Unione europea.
centro del Continente. “Evidentemente non solo le élite
a Berlino hanno capito poco della storia d’Europa - osserva- e non hanno più visioni né coraggio politico“. E
qui Fischer ritorna al ‘modello Svizzera’: “Una ipotesi
per tentare almeno di uscire dalla crisi“. Un attimo di riflessione e aggiunge: “Della Svizzera mi affascina che fu
costituita nel momento in cui i nazionalismi si espandevano in Europa. È un Paese che ha superato diversità religiose e l’era dei nazionalismi. Uno Stato ‘multinazionale’ che si è dato istituzioni federali senza rinunciare
alle proprie e diverse radici culturali“.
Cosa suggerisce, dunque, la storia Svizzera a un’Ue depressa e al bivio? “Che dobbiamo implementare l’integrazione in Europa - risponde- e realizzare a Strasburgo
qualcosa come una ‘Europa Kammer’ in cui siedano per
un periodo di transizione i capi di Stato europei“. Una
Europa con un vero governo, comune politica economica e fiscale, una politica estera e della sicurezza omogenea. “Un’ Europa più forte, integrata e più democratica
- conclude Fischer - questa è la mia visione degli Stati
Uniti d’Europa“.
37
Il futuro
“Dobbiamo costruire
un continente più
forte, integrato e più
democratico.
Con visioni e progetti
omogenei”
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Il dibattito sulla Svizzera e la sue relazioni con l’Europa è stato rilanciato da un gruppo di personalità elvetiche che ha redatto un Manifesto-appello pubblicato domenica scorsa dal Caffè. Un invito a riconsiderare i rapporti con l’Unione europea in una prospettiva diversa.
L’analisi si inserisce nel dibattito promosso dal Caffè sulle chiusure
politiche ed economiche determinate in Ticino da un populismo che,
alimentato dalla Lega, ha contagiato altri partiti. Eppure, come dice
l’ex ministro tedesco Fischer in questa intervista, la Svizzera è per l’Ue
un esempio di vera e felice integrazione. Un modello a cui ispirarsi.
L’inchiesta
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IL CAFFÈ
23 novembre 2014
38
ilcaffèLink
La scuola. Maestri dalla mano
pesante o vittime di genitori intolleranti.
Polemiche a scuola. E dal confronto tra
due generazioni di insegnanti...
“Per noi professori
non c’è più rispetto”
Ti-Press
P
unizioni umilianti e
maltrattamenti degli
alunni - come quelli
che hanno alimentato
le recenti polemiche in
su due scuole ticinesi - sono
inaccettabili per entrambi, ma
confrontando i trent’anni di differenza nella loro esperienza di
docenti, le differenze nel ruolo si
notano. Tra il 64 enne Giuseppe
Del Notaro, insegnante di Sementina in pensione dopo 36
anni passati dietro una cattedra,
e la 33enne Tiffany Pieroni-Rossi di Morbio, che in classe si è ritrovata solo all’inizio del terzo
millennio, c’è più di una generazione di differenza, ma un comune sentire: “Ormai c’è poco
rispetto per i docenti”. È che il
mondo della scuola è cambiato
completamente. Sono cambiati i
metodi, gli studenti e sono cambiati i genitori. È cambiata soprattutto la considerazione verso l’insegnante, il rispetto e la fiducia che lo circondavano sino a
qualche decennio fa.
“È così, si godeva di una certa
autorevolezza, sia nella società,
che con i genitori - dice Del Notaro, che ha seguito tutta la trafila dell’insegnamento: elementari, medie, ginnasio -. Adesso,
senza generalizzare, solo alcune
famiglie collaborano, più spesso
si schierano acriticamente col figlio. Non dico un ceffone, che
non ne ho mai dati, ma se ti
scappa un ‘te sé un asan’, sei un
asino, rischi di veder arrivare
l’avvocato”. “Per fortuna ci sono
ancora dei genitori che collaborano, ma che ci sia meno rispetto del nostro ruolo è assodato conferma Pieroni, docente alle
elementari di Chiasso -. Sembra
che tutti si sentano autorizzati a
‘spiegarti’ come fare il tuo lavoro, ma io non mi sognerei mai di
dare consigli ad un professionista. E il paradosso è che a lamentarsi sono soprattutto quelli
più convinti che ad educare i loro figli debba essere compito
esclusivo della scuola”. Eppure,
anni fa, quando il “politically
correct” non era un eccesso, non
sembrava che la gestione degli
studenti fosse così problematica. Quando il comune buon senso non aveva bisogno di torme
di psicologi e pedagoghi da affiancare ai docenti. “Tutto è
cambiato negli anni ‘80, con la
maggior importanza dei genitori
riuniti in assemblea - ricorda
Del Notaro -. Quando le medie
hanno sostituito le ‘maggiori’,
scuole di paese, dove nessuno
aveva nulla da dire se, per punizione, la classe rimaneva a scuola un’ora in più. Prova a fare
adesso una roba del genere; si
ha paura persino ad alzare la voce”.
Impensabile, con la fila delle auto delle mamme in attesa per ritirare i figli, conferma ironica
Pieroni: “Altro che avvocato, rischi la denuncia. E se il nostro
lavoro è sempre più logorante e
demotivato, e devi avere una
grande passione per farlo al meglio, anche i ragazzi sono iper
impegnati in una miriade di corsi, dallo sport a qualsiasi attività,
con un accumulo di stress notevole. Il guaio è che, a volte, ho la
sensazione che certi genitori
prendano con più scrupolo questi impegni, che le esigenze scolastiche. Guai ad arrivare in ritardo all’allenamento”. Un’illu-
strazione che ha fatto il giro delle scuole è rimasta impressa nella memoria di entrambi: raffigurava genitori, figlio e docente
seduti allo stesso tavolo. “Sì, solo che prima i tre adulti erano
seduti allo stesso lato con il ragazzo, a testa bassa, dall’altro -
ride Del Notaro -. Ora genitori e
figlio siedono insieme e a testa
bassa c’è il maestro”. “Sono stata un’alunna anch’io, ma ricordo
bene quando, vent’anni fa i miei
genitori mi misero in castigo un
mese perché il maestro mi aveva sgridata - aggiunge Pieroni -.
Ora seguiamo disposizioni precise, del codice pedagogico, dobbiamo ponderare ogni minima
cosa. E tacere”.
HANNO
DETTO
Quando c’erano
le“Maggiori”
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Terzo millennio
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Pieroni Rossi
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IL CAFFÈ
23 novembre 2014
ilcaffèLink 39
Il dramma. I giudici italiani,come avevano già fatto
i magistrati svizzeri,hanno azzerato il processo sui morti
d’amianto.Restano l’indignazione e una tragedia collettiva
L’Eternit assassino
“M
i vergogno
d’essere
italiano”.
Giuseppe Manfredi ha 65 anni,
vive a Casale Monferrato, la citta dei 256 morti per amianto, la
città simbolo del dramma dell’eternit, di cui lui - ammalato
di tumore ai polmoni - è diventato il grande accusatore. Lavora come volontario nell’Associazione dei familiari delle vittime
dell’amianto (Afeva), e dopo la
sentenza della corte di Cassazione italiana (ultimo grado di
giudizio) che ha annullato le
condanne e i risarcimenti di 95
milioni di euro al processo Eternit, sfoga la sua rabbia. “Mi vergogno di essere difeso da una
magistratura che assolve padroni come Stephan Schmidheiny che hanno fatto i soldi
sulla pelle degli operai. L’ho
detto in faccia al procuratore
che ha chiesto la prescrizione,
augurandogli di vivere lo stesso
dramma che ora io ho davanti”.
La sentenza della Cassazione di Roma non è dissimile da
quella del Tribunale federale di
Losanna che nel 27 agosto
2008 ha respinto le accuse con-
L’amaro sfogo del paladino delle vittime:
“Questa è la giustizia che assolve i padroni”
Giuseppe Manfredi, 65 anni
tro Schmidheiny in tre processi
per le vittime dell’amianto,
morte di cancro dopo aver lavorato nella fabbrica di Niederurnen nel canton Glarona. Secondo i giudici di Losanna i fatti cadono in prescrizione dopo 10
anni dall’inizio dell’esposizione
a sostanze tossiche.
“Ma come si fa a dire che il
reato di disastro ambientale è
prescritto se la gente continua
ad ammalarsi? - dice al Caffè -.
L’apice di coloro che come me si
ammaleranno di mesotelioma
pleurico, qui a Casale, è previsto nel 2023”, dice Manfredi
ancora incredulo. La malattia
l’ha preso, anche se non è mai
stato un operaio della fabbrica
che ha prodotto la polvere maledetta. “Lavoravo all’Enel e poi
andavo a correre per le colline
del Monferrato. Avevo una vita
sportiva, mai avrei immaginato
di ammalarmi – racconta -. Poi
l’anno scorso mi ha preso una
brutta tosse, sono andato dal
medico che mi ha prescritto
una lastra”. La diagnosi è stata
impietosa: mesotelioma pleurico. Quello che prima si chiamava asbestosi. Il cancro dei polmoni causato dalle microparticelle dell’amianto utilizzato per
l’eternit. “Si resta senza fiato,
si vive respirando bombole di
ossigeno, alla fine si muore soffocati”. La fine che hanno fatto
centinaia di persone: 256 i morti fra lavoratori e familiari, fra il
1989 e oggi. Ma sarebbero tremila, secondo una stima per difetto, riconducibili alla produzione dell’eternit nelle quattro
aziende in Italia e in Svizzera.
La chiusura della fabbrica di
eternit di Casale Monferrato è
avvenuta nel 1986. “Ora è stata abbattuta – dice Manfredi - .
Keystone
Resta in piedi solo la palazzina
degli uffici. L’area è stata ricoperta di terra, ma l’opera di risanamento non è ancora completata. Si doveva fare un museo, un parco. Abbiamo già i
giochi per i bambini. Poi con i risparmi nella spesa pubblica sono venuti a mancare i soldi e
tutto si è fermato. L’emanazione
delle polveri continua a mietere
vittime, anche perché un buon
50% di abitazioni di Casale sono
ricoperte di eternit. Anche l’acquedotto è fatto con tubi di
eternit”.
Dalla scoperta del cancro,
Manfredi con l’Associazione familiari delle vittime, ha sollevato il problema a livello giuridico
di una malattia vissuta per anni
nella solitudine. Un’azione che
ha portato al banco dell’accusa
Schimidheiny, di cui sono state
attestate le responsabilità. Sapeva che i soldi investiti per ridurre la polvere mortale “erano
esigui”. E nonostante ciò, “per
mero fine del lucro”, è andato
avanti. “Mi fa rabbia che ora si
spacci come paladino dell’ambiente – conclude –. Che lo faccia è un bene. Che lo proclami
pubblicamente è un’offesa per
le vittime”.
LA FABBRICA
DELLA MORTE
L’imprenditore
Stephan Ernest
Schmidheiny
(67 anni) e,
a destra, l’area
non ancora
risanata
a Casale
Monferrato.
Sopra:
Giuseppe
Manfredi, la
voce delle
vittime, e,
accanto,
accanto un
corteo a Roma
contro la
sentenza
Keystone
Fotogramma
Il personaggio Trent’anni fa la svolta ecologica di Schmidheiny, ma alle sue spalle un immane disastro
E così l’industriale di San Gallo
dalle sponde del lago di Zurigo
si è riciclato nell’ambientalismo
M
L’imprenditore
“I giudici di Torino sono
stati costretti a trovare
un colpevole. Non ho
mai avuto alcun ruolo
operativo nell’azienda”
agnate dell’economia,
riciclatosi a bandiera
dell’ecologia. Filantropo e uomo dal patrimonio stimato in tre miliardi di franchi.
Stephan Schmidheiny è sicuramente lo svizzero di cui si parla
di più in Italia negli ultimi giorni.
Nato nel 1947 a Heerbrugg, nel
canton San Gallo, fa parte della
quarta generazione di una delle
famiglie più potenti dell’industria elvetica. Si laurea in diritto
a cavallo degli anni settanta a
Zurigo, dove ottiene anche un
dottorato. Inizia la sua carriera
nel 1976 nella fabbrica di eternit di Niederurnen, nel canton
Glarona, con filiali anche all’estero. A lui, dopo la spartizione del patrimonio di famiglia
decisa dal padre Max, tocca il
settore dell’amianto. A suo fratello Thomas invece, viene assegnato il cemento.
Negli anni Ottanta sceglie di
ampliare i suoi interessi, tanto
che crea Fundes, un’organizzazione che sostiene piccole e medie imprese in America Latina.
La sua attività in quella parte
del mondo presenta alcuni lati
oscuri, uno è legato all’acquisto
di un terreno forestale in Cile
nel 1982, agli albori della feroce
dittatura di Augusto Pinochet.
Ciò gli permette di ampliarsi,
tanto che oggi possiede 120mila
ettari di terreno presso la città
meridionale di Concepcion. Possedimenti però intrisi di sangue,
perché strappati con la forza dal
regime ai Mapuche, un popolo
autoctono. Gli indigeni denunciano che quei terreni sono stati
loro estorti con intimidazioni,
torture e persino anche con
omicidi.
Nel 1986 la sua fabbricasmette di produrre amianto.
Sempre nello spirito della diversificazione degli investimenti,
crea una multinazionale che
tocca diversi campi, come
l’agricoltura, la finanza, i beni di
consumo, l’energia elettrica e la
strumentazione ottica. In questo periodo avvia numerose imprese, creandosi la fama di un
genio dell’ imprenditoria, tanto
da entrare nei consigli d’amministrazione dell’Asea Brown Boveri, di Nestlé, Swatch e Ubs.
Negli anni Novanta, Schmidheiny assume un ruolo importante
nella Conferenza di Rio, creando
un forum a cui partecipano i più
importanti uomini d’affari di
tutto il mondo. Lo scopo è di sviluppare prospettiva economiche in grado di conciliare sviluppo e sfide ambientali, creandosi così una fama di ambientalista. Nel 2003 si ritira da tutte
le funzioni esecutive,
Dopo la prescrizione decisa
dalla Cassazione per i reati che
l’avrebbero dovuto portare in
carcere per 18 anni, Schmidheiny, dopo aver ricordato i tentativi di risarcire le vittime e le sue
lotte a favore dell’ecologia, sui
due primi gradi di giudizio ha
dichiarato: “I giudici di Torino si
sono visti costretti a trovare un
colpevole. Non ho mai avuto un
ruolo operativo nella gestione
dell’azienda”.
IL PADRE
Max Schmidheiny (19081991) è il padre di Max e
Thomas, che hanno
continuato l’attività di
famiglia dopo il 1976.
Diplomato in ingegneria
meccanica al Politecnico
di Zurigo, è stato
membro del consiglio
d’amministrazione di
Abb, dopo avere fondato
l’Eternit Ag a
Niederurnen
IL CAFFÈ
23 novembre 2014
ilcaffèLink
40
La comunicazione. Trasformare i differenti idiomi
in un ulteriore strumento di coesione nazionale è possibile.
È il tema di un dibattito promosso da Coscienza Svizzera
Una Babele di lingue
da usare per unire
e non come barriera
L
a lingua è una barriera
“naturale”, la prima che si
ci ritrova davanti quando
si vuole comunicare, dialogare, confrontare con chi
ne parla una diversa. Una barriera
che, paradossalmente, potrebbe
unire se - come capita, almeno da
un punto di vista formale, in Svizzera - il plurilinguismo viene accettato e supportato come un valore, un
ulteriore strumento di coesione nazionale. Un bel concetto, ma più facile a dirsi che realizzarsi, anche in
un Paese come la Confederazione
che, tradizionalmente, suscitava
l’ammirazione se non l’invidia di altre nazioni per il suo essere plurilinguista. Anche perché - ed è una tesi
sostenuta pure da non pochi esperti
del linguaggio e della comunicazione - dire che la Svizzera quadrilingue in realtà non è niente più di un
mito. E permettersi lingue parlate
da piccole minoranze, come il romancio e fors’anche l’italiano, per
molti è un lusso. Un lusso che la
Svizzera si può permettere, se si intende l’adozione “ufficiale” di una
lingua, ma di qui a garantirne uso e
diffusione è tutta un’altra storia.
“Le barriere che uniscono”
sarà proprio questo il
tema del dibattito proposto a Locarno per il
prossimo 5 dicembre
da Coscienza Svizzera,
dal Forum du bilingui-
sme e Supsi.
Ha ragione il sociologo Sandro
Cattacin a ricordare come le diversità linguistiche siano una ricchezza
da custodire. Nello stesso tempo,
però, premette che il patrimonio è
davvero tale se ci sono rispetto per
la diversità, volontà al dialogo e
apertura. Cosa finora riuscita pienamente solo in ambiti specialistici,
come i linguaggi specializzati “gergali”.
La medicina, ad esempio, ha fatto incetta di termini dal greco al latino, in tutti gli idiomi che ne hanno
contribuito al progresso. Persino il
gergo sportivo - come quello degli
affari, dello spettacolo, della televisione - hanno attinto a piene mani
a varie terminologie indipendentemente del dizionario nazionale.
Certo, prevarica l’inglese, come è
sempre successo nella storia con i
privilegi, anche linguistici, conquistati dalle socetà egemoni. Tutte le
evoluzioni linguistiche, per funzionare, richiedono quei tre indispensabili fattori citati. Persino il linguaggio dei social network, zeppo
di neologismi inediti che si autoalimentano in continuazione, ha saputo creare una lingua franca al solo scopo
di
riuscire a dialogare, confrontarsi
indipendentemente dal passaporto
e dalla lingua d’adozione.
Anche in questo caso, inutile negarlo, a fare da “base” è l’inglese, ma
forse non ha tutti i torti Tullio De
Mauro, famoso linguista italiano, nel
proporre di istituire la lingua di Shakespeare come idioma ufficiale europeo. “Attenzione, parlo della lingua
delle istituzioni, e se si vuole un’Europa in cui i cittadini parlino una lingua
per discutere e decidere insieme, oggi
questa lingua è senza dubbio l’inglese
- spiega De Mauro, ribadendo quanto
scritto nel suo ultimo libro “In Europa
son già 103”, edito da Laterza, cioè
che il multilinguismo è un tratto distintivo europeo -. Il multilinguismo e
l’aspirazione unitaria non si escludono. Ricordo che tanti, compreso qualche linguista, pensavano che l’unità
linguistica, raggiunta negli anni Sessanta per l’italiano, avrebbe spazzato
via i dialetti. Invece mezzo secolo dopo i dialetti sono ancora vivi. Perchè,
quindi, adottando diffusamente una
lingua comune in Europa, dobbiamo
temere che vengano lese le lingue nazionali radicate nella storia e nella
cultura?”.
Proprio come l’Europa, anche la
Svizzera è un’entità multilingue. E
pure in questo caso, un’ egemonia linguistica non riguarda solo gli aspetti
istituzionali, è invece una questione
di “democrazia”, perché non è possibile delegare la discussione a un’élite
ristretta, che si esprime con la propria lingua. Forse, da questa “Babele” di lingue non si uscirà nemmeno
con l’istruzione, fermo restando che
l’insegnamento della lingua materna resta prioritario. Forse, alla fine,
prevarrà una lingua “terza”, comune a tutti. Non ci sarebbe da stupirsi
se a prevalere fosse il neo-linguaggio dei nativi digitali dell’intero pianeta.Ma le lingue nazionali certo
non si estingueranno per
questo.
L’evento Lo spettacolo di Henriquez abbinato al confronto locarnese organizzato assieme a Supsi e Forum du bilinguisme
“I bi nüt vo hie”e ridi,ma sollecita a riflettere
I
bi nüt vo hie. Non sono di qui”. A volte basta
una sola frase per schematizzare il solco che
divide gli svizzeri. Un fossato linguistico, ampiamente alimentato da stereotipi, che a volte
può essere superato d’un balzo, con un sorriso. O
meglio con una risata, perché “I bi nut vo hie” è
uno spettacolo umoristico, un one man show
ideato da Carlos Henriquez. L’attore stesso pare
un simbolo della multiculturalità e dell’incomprensione reciproca: nato a Bienne, con padre
spagnolo e madre tedesca, cresciuto nell’uso di
una sola lingua - come spesso capitava negli anni
‘70 -, per l’occorrenza il francese.
Nella sua prima ticinese, il prossimo 5 dicembre al teatro Kursaal di Locarno, il monologo in
schweizerdeutsch (debitamente accompagnato
dalla proiezione di sottotitoli in italiano), diventa
parte integrante di un dibattito in cui il “non sono
di qui” ha a che vedere con una coesione nazionale che il multilinguismo non dovrebbe mettere
in discussione. Non a caso l’evento, che precede
lo spettacolo di Henriquez, unisce con lo stesso
titolo show e dibattito: “Barriere che uniscono”. E
proprio perché la comprensione nazionale e il
dialogo sono importanti all’interno di un Paese
come la Confederazione, la giornata locarnese si
ripropone di evidenziare un nesso efficace e coerente con il progetto di Coscienza svizzera,
“(Ri)scoperta dell’italianità in Svizzera”, che indaga sullo stesso problema.
Adottando la formula usata a Friborgo dal Forum du bilinguisme di Bienne, l’evento fa leva
sia sullo spettacolo del comico francofono Henriquez, sia sul dibattito che precede l’one man
show. Anzi, è proprio il dibattito, che si terrà
nell’auditorio del Dipartimento formazione e apprendimento (Dfa) della Supsi, a introdurre i temi
clou raffigurati sul palcoscenico. E lo fa senza lesinare sui relatori. A partire dalla consigliera federale Evelyne Widmer Schlumpf, responsabile
del dipartimento federale delle Finanze, cui almeno in parte compete l’applicazione della legge
sulle lingue nazionali e il sostegno alla funzione
della delegata al plurilinguismo, Nicoletta Mariolini, anch’essa presente all’incontro. Al dibattito
parteciperanno anche il sociologo Sandro Cattacin (vedi articolo in pagina, docente all’università
di Ginevra e membro del gruppo di lavoro di
“(Ri)scoperta dell’italianità in Svizzera”, e Manuele Bertoli, direttore del dipartimento Educazione e cultura.
L’analisi
La diversità
devono
dialogare
tra di loro
SANDRO CATTACIN
sociologo, Università di Ginevra
I
mmaginiamo un mondo in
cui si parla solo una lingua.
L’inglese per esempio. Certe
pietanze resterebbero senza
nome. La pizza diventerebbe
un “plane bred with tomatoes
and fresh cheese baked in an
oven”. Anche certi concetti
scomparirebbero. Per esprimere concetti come gli “Arrivants”
di Derrida o la “Lebenswelt” di
Husserl si dovrebbe aspettare
la nascita di un Derrida e di un
Husserl anglofoni per poter
spiegare in cosa consiste il ‘radicalmente diverso’ e cos’è
‘l’esperienza fenomenologica
individualizzata’.
Il mondo diventa migliore e
si arricchisce grazie alle diversità linguistiche che esprimono
storie e scuole, esperienze collettive riconducibili a luoghi ed
eventi unici. L’arricchimento,
però, dipende da tre fattori fondamentali. In primo luogo, dal
fatto che le diversità siano rispettate. Non ci sono lingue e
culture di maggioranza o minoranza, importanti o marginali.
Una lingua è un fatto unico,
non misurabile nella sua valenza economica, morale o sociale.
Certo, parlare l’inglese oggi è
valorizzato economicamente,
ma non significa che il turco
non contribuisca o non abbia
contribuito nello stesso modo a
quello che è un mondo che cresce. Ricordiamo che l’impero
ottomano, ben prima dei Paesi
anglofoni, ebbe una politica del
rispetto delle differenze religiose, tradotta e diffusa in seguito
nel resto dell’Europa.
Secondo elemento, inerente
al rispetto, è la necessità che le
diversità, linguistiche o altre,
dialoghino tra loro. Solo il dialogo nel rispetto dell’unicità
dell’altro permette di imparare,
di aprire il proprio orizzonte, di
capire cos’è un risotto o un
concetto astratto. Il dialogo richiede la decisione reciproca di
entrare in contatto con l’altro.
Questa decisione non è automatica. Nasce dall’esperienza
di destini e situazioni condivise
e da rivendicazioni morali. Nasce nel confronto obbligato su
un territorio, piccolo o mondiale che sia, quando si devono
abbordare problemi comuni.
Non solo si deve decidere di voler entrare in contatto, si deve
anche fare uno sforzo di comprensione dell’altro. Da lì il valore di imprenditori della mediazione, plurilingui e convinti
dell’importanza del dialogo.
Infine, il terzo fattore, fondamentale per il successo del
dialogo, è rappresentato dall’apertura e dalla voglia di evolvere. Lo spazio che si dà alla
contaminazione linguistica e di
esperienze, al cambiamento, all’apprendimento che a volte è
reciproco, determina l’avanzamento sociale, politico ed economico verso una società più
giusta, meglio organizzata e innovativa. La Svizzera è un Paese per definizione plurilingue,
per definizione di mediatori. La
sua forza consiste nelle differenze, nelle barriere linguistiche che ogni giorno tentiamo di
superare individualmente, basandoci sul rispetto altrui, sulle
nostre competenze linguistiche,
sulla nostra apertura verso l’altro. Mettere in discussione questo sforzo, mettere in concorrenza le lingue o avvantaggiarne una, significherebbe mettere in discussione magari soltanto la Svizzera, magari anche
una società mondiale che condivide lo stesso destino: vivere
in un unico pianeta.
IL CAFFÈ
23 novembre 2014
ilcaffèLink 41
I PER
SON
AGGI
Sergio
Marchionne
Sebastian
Vettel
Alberto
Contador
62 ANNI,
MANAGER
27 ANNI
PILOTA
31 ANNI
CICLISTA
L’amministratore
delegato di Fiat e
Crystler ha
stabilito
la sua dimora
fiscale a Walchwil,
nel canton Zugo
Il campione di F1,
che correrà per la
Ferrari, dopo
essere stato vicino
di Marchionne,
vive ora nel
canton Turgovia
Dopo altri campioni
del pedale, lo
spagnolo ha scelto il
Ticino per vivere,
allenarsi e magari
pagare meno tasse
Vincenzo
Nibali
30 ANNI
CICLISTA
La società. Chi sono e dove vivono i Paperoni giunti dall’estero
che beneficiano di una tassazione speciale. Il Ticino si distingue
come“buen ritiro”prediletto dai campioni sportivi delle due ruote
La tribù dei super ricchi
attirati in Svizzera dal isco
più leggero e su misura
H
5.634
Sono i ricchi stranieri che
nel 2012 beneficiavano in
Svizzera di una tassazione
forfettaria: il grosso si
trova nei cantoni latini.
877
Sono i globalisti che
hanno scelto il Ticino.
Nella classifica dei cantoni
preferiti dopo Vaud e
Vallese.
695 milioni
È l’ammontare di quanto
hanno pagato nel 2012 i
globalisti (195 milioni alla
Confederazioni, 325 ai
cantoni e 178 ai comuni).
45’000 franchi
È la cifra annua che Mister
Ikea, Ingvar Kamprad,
versava come imposte
comunalli a Epalinges,
prima di tornare in Svezia.
anno il cuore che
batte a sinistra, come tutti, ma quando cercano dimora
il loro muscolo assume la forma del salvadanaio.
E allora vanno dove li porta l’interesse: ossia nei cantoni, e nei
comuni, dove riescono a strappare la più vantaggiosa aliquota
d’imposta. Sono i super ricchi
stranieri, una specie la cui conservazione pare all’improvviso
vitale per i destini del Paese. Secondo alcuni è vantaggioso proteggerli, come neanche si fa coi
panda del Wwf, per altri invece
andrebbero salassati, o meglio
trattati fiscalmente né più né
meno di ogni cittadino. Stop al
tappeto rosso dicono i sostenitori dell’iniziativa popolare “Basta
privilegi fiscali per i milionari”,
su cui si vota a fine mese.
Ma quanti sono in Svizzera
gli stranieri ultra-benestanti che
hanno ottenuto un forfait fiscale? A beneficiare della tassazione speciale sul dispendio erano,
secondo i dati del 2012 (i più recenti a disposizione), ben 5.634
ricconi, i quali hanno versato
complessivamente 695 milioni
di franchi di imposte (192 alla
Confederazione, 325 ai cantoni
e 178 ai comuni). Curiosamente,
sarà per le temperature gradevoli?, i globalisti si trovano molto bene nei cantoni latini: Vaud
stacca tutti ospitandone 1.396,
davanti a Vallese (1.300), Ticino
(877) e Ginevra (710). I numeri
dicono molto, ma non tutto. Tacciono, ad esempio, che Sergio
Marchionne, 62 anni, ha trovato
il suo cono d’ombra a Walchwil,
sul lago di Zugo, dove il gran patron di Fiat-Crystler è al riparo
dall’esoso fisco italiano. Quanto
ci viva è mistero su cui nel comune non sembrano molto interessati ad indagare. Probabilmente ci passa il tempo che me-
ricco straniero, il campione tedesco di Formula 1 Sebastian
Vettel. Dal 2010 però il futuro
pilota della Ferrari ha deciso di
fare pit-stop fiscale altrove,
sempre in Svizzera, ma ad Ellighausen nel canton Turgovia.
Perché una delle caratteristiche dei globalisti è la loro mobilità: ne sanno qualcosa a Epalinges, paese sulle alture sopra Losanna, ormai orfano dell’uomo
più ricco d’Europa, Ingvar Kamprad. La recente partenza di Mister Ikea, che ha smontato i suoi
mobili per far ritorno in Svezia,
non ha però provocato voragini
finanziarie nelle casse comunali:
l’88enne, secondo le cifre rivelate di recente dal giornale “24
heures”, pagava ogni anno 165
mila franchi d’imposte, di cui
“solo” 45’000 al Comune. Poca
cosa rispetto alla fortuna della
famiglia Kamprad, stimata tra i
41 e 42 miliardi di franchi.
E il Ticino? Da noi, ultimamente, vanno per la maggiore i
milionari su due ruote: ciclisti
celebri come lo spagnolo Alberto
Contador e l’italiano Vincenzo
Nibali si sono accasati a Lugano.
Contano naturalmente le condizioni atmosferiche, che permettono allegre pedalate d’allenamento nei mesi più freddi, ma
sicuramente avrà giocato un
ruolo anche il favorevole rapporto (non quello che montano sulle
loro biciclette) tra reddito e imposte. Non deve trattarsi solo di
fattori climatici, visto che in riva
al Ceresio s’è accasato pure chi
corre a motore, il campione di
MotoGp Jorge Lorenzo. A differenza però di cantoni come Zugo, dove spesso il domicilio non
è molto più di una buca delle lettere, il Ticino per i ricchi stranieri, in particolare i russi, è soprattutto un luogo dove vivere e
ostentare sontuose abitazioni.
Non è malaccio, al proposito,
neppure la villa di Paolo Ligresti
a Montagnola. Di sicuro è più
confortevole del carcere di San
Vittore, dove l’erede della potente famiglia italiana del mattone sarebbe finito senza una
cittadinanza svizzera ottenuta
sul filo del mandato d’arresto.
Perché la libertà vale più di una
dichiarazione d’imposta.
rita nell’abitazione in Zugerstrasse, un orrendo castellaccio
in cemento armato ravvivato - si
fa per dire - da imposte a strisce
bianche e rosse. Il suo appartamento si trova all’ultimo piano,
anche se Mister Auto vivrebbe
in realtà a Blonay nel canton
Vaud. Sempre a Walchwil, a poca distanza dal “maniero” di
Marchionne abitava, agli inizi
della carriera, un altro famoso e
La curiosità
D
ici “governante” e pensi subito ad un ministro a Bellinzona, mica alla domestica incaricata di rassettare la dimora di Milord. Invece, con lo sbarco in Ticino di nuovi super ricchi,
ci si dovrà presto abituare ad annunci di lavoro come quello apparso negli scorsi giorni sul sito inglese “Greycoat Lumleys”. Questa agenzia, che si occupa di reclutare personale d’alto standing, è infatti alla ricerca di una persona che svolga a Lugano la professione di “Housekeeper” o “Valet”. In
pratica una collaboratrice familiare a tempo pieno
(o un cameriere nella variante maschile). Ma ad attirare l’attenzione è il tono aulico della comunicazione che rimanda ad abitudini di vita di persone
fuori dal comune.
“Il posto vacante”, come recita l’annuncio, rappresenta “un’eccellente opportunità per una governante o un cameriere esperto di entrare a far
parte, a Lugano, di una Famiglia molto attenta alle
forme”. La prescelta dovrà affiancare altre tre governanti e, come quarta, sarà inserita in un team
che comprende anche “un responsabile della Casa
e la cameriera della Signora”. Unica concessione
alla modernità, il fatto che “non esiste - tiene a
puntalizzare il datore di lavoro - una gerarchia tra
governanti. La Famiglia è infatti alla ricerca di un
‘team player’, un giocatore di squadra intenzionato a far bene, e soprattutto lavorare sodo per man-
Con l’arrivo dei “nababbi”
rispuntano le professioni
tipiche della servitù che fu.
Su un sito inglese compare
l’annuncio di una famiglia
che va e viene da Lugano
Corbis
Cercasi governante
disposta a lucidare
l’argenteria in 9 ville
Sulle sponde del
Ceresio vede la “vie
en rose” anche
l’italiano che ha vinto
l’anno scorso il Tour
de France
tenere gli alti standard della Casa”.
Dopo di che, sotto la patina paludata dei termini ampollosi, alla nuova dipendente si chiedono le
solite cose. Ovvero, pulire, lavare e stirare, “ma ad
alto livello”, oltre che servire i pasti e le bevande”
ai padroni e agli ospiti. “La governante - prosegue
il minuzioso ‘bando’ di lavoro - sarà anche responsabile della preparazione e dell’allestimento della
tavola e dei pasti, nonché di una regolare manutenzione del vasellame e delle stoviglie, in particolare l’argenteria e i bicchieri”. Del resto da spolverare ce ne sarà parecchio, visto che la Famiglia
viaggia assai. Colpa, crediamo, delle “9 case” sparse in giro per il mondo, di cui 3 diventano sovente
Jorge
Lorenzo
27 ANNI
MOTOCICLISTA
La scintilla col Ticino
non è scoppiata solo
quando l’appartamento
del pilota a Paradiso ha
preso fuoco
Ingvar
Kamprad
88 ANNI
FONDATORE DI IKEA
Il Paperone del mobile
è tornato in Svezia.
Per 38 anni ha
pagato un forfait al
Comune di Epalinges
la residenza primaria. Negli spostamenti viene trascinata anche la servitù: la governante deve mettere in conto di lavorare di più durante i periodi
passati lontano da Lugano. Da ultimo non poteva
mancare l’accenno alla livrea: alla neo-assunta
verrà “fornita la tradizionale uniforme che dovrà
essere indossata in ogni momento durante il lavoro”. L’accenno alla conoscenza dell’italiano, auspicato ma non indispensabile, chiarisce ulteriormente il tono cosmopolita della famiglia. E il salario? A
fronte di tutte le pretese, pare da braccino corto:
alla prescelta l’annuncio prospetta un salario lordo
di 45’000 sterline (circa 67’500 franchi) per un impegno di 55 ore la settimana sui 5-6 giorni.
Pagina a cura di
GastroSuisse
e GastroTicino
LARISTORAZIONE
L’ALBERGHERIA
Settimana dopo settimana l’analisi
di tutti i temi, gli studi, gli argomenti,
i problemi e le norme dell’offerta
di ristoranti e alberghi. Una pagina
indispensabile per gli operatori del settore
&
Remo Fehlmann nuovo direttore di GastroSuisse
GastroNews
Qr-Code
plomato Ss. Vanta un diploma Mas (Master in
Advanced Studies) in Business Excellence e
ampie conoscenze nei settori specialistici del
marketing e della gestione alberghiera. Remo
Fehlmann ha alle spalle una grande esperienza dirigenziale, maturata nel corso della sua
carriera professionale e ha spirito di iniziativa. Come sottolineato dal presidente di GastroSuisse, Casimir Platzer, a nome del Consiglio,
alla luce del profilo e dei requisiti definiti dalla
commissione incaricata dell’individuazione del
nuovo direttore, Remo Fehlmann era il candidato numero uno. “Siamo lieti che la fase di ri-
Per dare risalto alle notizie dei soci e a quelle che possono incuriosire clienti e lettori, ecco un nuovo sistema di comunicazione. Scaricando con un qualsiasi smartphone un’applicazione per la lettura dei Qr-code e facendo la scansione del Qr-code che vedete
in questo articolo, sarete indirizzati sul
sito di GastroTicino. Troverete il simbolo
del Qr-code e potrete cliccare sulla notizia per leggere questa settimana:
> I migliori apprendisti di ristorazione
e albergheria
> Sosteniamo tutti Telethon 2014
> Risotti e fondue ai Grappoli di Sessa
Nominato dal Consiglio, in carica dalla primavera del prossimo anno
Il Consiglio di GastroSuisse ha eletto come direttore l’albergatore Remo Fehlmann. Con
questa elezione viene coperto un importante
posto vacante. Il nuovo direttore assumerà la
sua carica nella primavera 2015.
A 46 anni e forte di un’approfondita conoscenza del settore, Remo Fehlmann assume la direzione operativa della maggiore Federazione
dell’albergheria e della ristorazione della Svizzera. Da 15 anni gestisce il Seminarhotel Sempachersee di Nottwil, dedicandosi anima e corpo al settore ricettivo.
Remo Fehlmann è albergatore/ristoratore di-
cerca si sia conclusa”, afferma Casimir Platzer,
il cui obiettivo dichiarato è stato quello di assicurare nuovamente e in tempi brevi la direzione operativa del centro competenze di GastroSuisse.
GastroSuisse, ricordiamo, è la Federazione
dell’albergheria e della ristorazione svizzera.
Circa 20’000 soci (con 3000 strutture ricettive) organizzati in 26 sezioni cantonali e cinque
gruppi di lavoro, fanno parte della più grande
Federazione padronale del settore ricettivo.
Al neo direttore i migliori auguri di buon lavoro
anche da parte di GastroTicino.
Il ticinese ha vinto il Trofeo Margaux Bel Air-Marquis d’Aligre “Migliore Sommelier della Svizzera 2014”
Simone
Ragusa
IL PODIO
Da sinistra
Réza
Nahaboo,
Simone
Ragusa e
Aurélien Blanc.
Foto: Luciano
Barazza
“re” dei vini
ALESSANDRO PESCE
È Simone Ragusa il miglior sommelier svizzero 2014. Al termine di un concorso di altissimo livello con i finalisti divisi da
pochi punti, il sommelier dell’Hotel Lido Seegarten di Lugano, ha portato in Ticino il Trofeo Margaux Bel Air-Marquis
d’Aligre “Migliore Sommelier della Svizzera 2014” svoltosi lo
scorso fine settimana all’Hôtel Splendide Royal di Lugano. Al
secondo posto Réza Nahaboo del Ristorante des Alpes a Orsières e al terzo Aurélien Blanc del Baur au Lac di Zurigo.
I candidati al prestigioso titolo erano 15 e si sono sfidati nella
giornata di sabato a porte chiuse; per la Svizzera italiana
erano in gara Luigi Liguori (Swiss Diamond Hotel di Vico
Morcote), Giacomo Pellegrini (Ristorante Orologio “Da Savino” a Lugano), Rosa Maria Sassi (Manor Vini-Produttori
Quattromani a S. Antonino), Anna Valli (Ristorante Lido a Riva
San Vitale) e Simone Ragusa. Alla fine la giuria presieduta
dal Campione del mondo Paolo Basso, ha selezionato i tre
migliori per la finale pubblica. Il pubblico ha seguito le prove
con interesse: servizio champagne magnum; abbinamento
cibo-vino relativo a un menu imposto e motivazione della
scelta; decantazione di un vino rosso; degustazione e spiegazione di 3 vini alla cieca; identificazione di 5 superalcolici
alla cieca; riconoscimento errori in una carta dei vini; conversazione in inglese o francese; conoscenze generali su cibo e vino sulla base di fotografie. Alla fine il verdetto accolto
con una vera e propria ovazione. I tre premiati hanno ricevuto la coppa del Trofeo Margaux Bel Air-Marquis d’Aligre, offerto dalla Famiglia Paolo e Brigitta Wicht, i diplomi d’onore
e i “Tabliers” Bragard. Sono stati inoltre attribuiti altri riconoscimenti. Premio speciale Nestlé e San Pellegrino/Acqua
Panna; miglior sommelier „abbinamento vino, cibo e acqua
minerale” a Simone Ragusa; miglior sommelier “degustazione acqua minerale” a Vincent Debergé; miglior sommelier
“questionario acque minerali” a Giacomo Pellegrini. Premio
speciale “La Chaîne des Rôtisseurs Suisse”, rappresentata
dal presidente René Kamber: 1° e 2° posto partecipazione
alla finale mondiale “Miglior giovane sommelier del mondo
2015” con soggiorno di una settimana e un premio di 1000
franchi al 1° e di 500 al 2°. Il presidente nazionale Piero Tenca - vero e proprio motore del concorso - ha poi ringraziato
gli sponsor che hanno offerto premi importanti: Nespresso,
Laurent-Perrier, Bindella Vini, Grand Hotel Park Gstaad, Hotel
Four Seasons Des Berges a Ginevra, Les Ambassadeurs Lugano, Azienda Agriloro di Arzo, Riedel. Oltre a Piero Tenca,
determinante il ruolo di Myriam Broggi-Praz, Fabio Miccoli e
Fabio Masi (svizzera romanda), Bruno-Thomas Eltschinger e
Nicola Mattana (Svizzera tedesca) ed Ezio De Bernardi, Savino Angioletti, Davide Comoli e Raffaella Müller (Svizzera italiana).
Ma torniamo al vincitore. Simone Ragusa, classe 1984, ha
iniziato la sua carriera con un diploma professionale ASSP.
Poi ha frequentato la Scuola Superiore alberghiera e del turismo di Bellinzona, e di seguito ha ottenuto il diploma professionale di sommelier. Ha frequentato uno stage al Ristorante Alain Ducasse di Monte Carlo diventando dal 2003 al
2010 sommelier e dal 2011 chef sommelier. Dopo un soggiorno a Parigi al Ristorante Vino di Enrico Bernardo (miglior
sommelier del mondo 2004) in qualità di commis-sommelier, oggi lavora all’Hotel Lido Seegarten di Lugano. Tra i suoi
successi ricordiamo il 2° posto al “Miglior sommelier di Svizzera 2012” e l’11° posto al “Miglior sommelier del mondo
2013 a Tokyo, su 55 concorrenti. Complimenti a tutti!
Formazione La cerimonia di premiazione per le medie più alte al Centro professionale di Trevano
I migliori apprendisti di ristoranti e alberghi
I migliori apprendisti che hanno seguito una
formazione nel settore alberghiero e della ristorazione nei 2013-14, sono stati premiati
durante la recente cerimonia svoltasi al Centro professionale (Cpt), Polo dell’alimentazione e dei servizi della Svizzera Italiana di Trevano. I giovani che hanno ottenuto le migliori
medie, sopra alla nota 5, sono stati premiati
grazie anche alle associazioni padronali del
settore. I nomi e ulteriori informazioni nella
rubrica GastroNews. Alla cerimonia sono in-
Comitato «No a Ecopop», Casella postale 5563, 6901 Lugano
GT24102014
Affittasi da subito,
causa cessazione attività,
Ristorante a Contone
con inventario da concordare
e con ampio parcheggio.
Solo seri interessati scrivere a cifra.
Premiati e
autorità
nella foto di
Hotel
& Gastro
Formazione
GT05112014
Vendesi Ristorante Pizzeria
nel luganese,
caratteristico, in ottime condizioni,
con intentario.
Parcheggio privato.
Solo seri interessati scrivere a cifra.
GT18122014
Vendesi occasione
FORNO RATIONAL
PROFESSIONAL a gas
20 teglie, carrelli, coperte.
CHF 15’000.--.
Interessati scrivere a cifra.
tervenuti con un breve discorso il sindaco di
Lugano Marco Borradori, Silvia Gada (Capoufficio formazione industriale, agraria, artigianale e artistica), Massimo Suter (presidente GastroTicino), Lorenzo Pianezzi (presidente
hotelleriesuisse Ticino), signora Caverzasio
(Associazione Contate su di noi), Guido Zanchetta (presidente Hotel & Gastro Union Ticino), Roberto Valaperta (direttore Cpt). La cerimonia è stata organizzata per Hotel & Gastro
formazione Ticino da Valentina de Sena. Eventuali interessati potranno contattarci
al seguente indirizzo:
GASTROTICINO - Via Gemmo 11 - 6900 Lugano
Tel. 091 961 83 11 - Fax 091 961 83 25
www.gastroticino.ch
OFFERTE SCRITTE CON INDICAZIONE
DELLA CIFRA. NON SONO DATE
INFORMAZIONI TELEFONICHE
Assurda
e dannosa.
www.ecopopno.ch
Settimana del vino svizzero
anche nei ristoranti ticinesi
Sono 200 i ristoranti che sino al 30 novembre partecipano alla
“Settimana del vino svizzero”. Un evento voluto da Swiss Wine
Promotion in collaborazione con l’Associazione Vinea, per riunire i ristoranti e le cantine così da sensibilizzare i clienti sulla
qualità e diversità dei vini svizzeri. Gli altri obiettivi dell’iniziativa sono quelli di aumentare le vendite dei vini svizzeri nella ristorazione, e di dare visibilità sui media ai ristoratori e ai produttori. I ristoranti iscritti proporranno tre abbinamenti gustosi
Swiss Wine & Dine. In particolare un bicchiere di vino svizzero
scelto tra le sei regioni viticole principali della Svizzera: Vallese,
Vaud, Ginevra, Ticino, Svizzera tedesca e regione dei Tre Laghi.
Il ristoratore dovrà scegliere tre regioni. Ogni vino sarà abbinato a un piatto che metta in valore l’etichetta selezionata. La lista completa dei ristoranti e tutte le informazioni si possono
ottenere sul sito http://www.swisswineweek.ch. Ecco i ristoranti ticinesi: Cyrano, Lugano; ul Furmighin, Sagno; Antico
Grotto Ticino, Mendrisio; Grotto del Giuvan, Salorino; Scarpetta Alla Fraccia, Tenero-Contra; Grotto la Risata, Arcegno; Le
Relais, Lugano; Hotel Delfino, Lugano; Da Valentino, Locarno;
Eden Roc Marina, Ascona; Alla Stazione, Lavorgo; La Veranda,
Lugano; Da Candida, Campione d’Italia; Boutique Hotel Tentazioni, Cavigliano; Pedemonte, Bellinzona; Conca Bella, Vacallo;
Al Ghitello, Morbio Inferiore; Locanda Locarnese, Locarno.
Gli artigiani ticinesi in vetrina
dal 27 al 30 novembre a Bellinzona
La “Fiera Cantonale Artigianato del Ticino” avrà luogo all'Espocentro di Bellinzona dal 27 al 30 novembre. Questa
manifestazione vuole essere una panoramica dei prodotti
realizzati da artigiani ticinesi con materie prime del nostro territorio. Una
fiera che vuol far
conoscere al pubblico il perché e necessario sostenere
il nostro artigianato.
Comperare i prodotti del territorio,
infatti, equivale a sostenere la sua specificità, la sua cultura,
le competenze, l’occupazione e l’ambiente. Questi gli orari:
giovedì 17:00-20:00; venerdì e sabato 10:00-20:00; domenica 10:00-17:00. Ingresso fr. 5 (bambini gratuito). Ulteriori
informazioni su www.glati.ch.
presenta:
SCEF 045
CAPIRE IL CLIENTE PER SVILUPPARE IL BUSINESS IL FATTORE UMANO NELLA RELAZIONE
CON LA CLIENTELA
Obiettivi
acquisire una corretta consapevolezza del valore del fattore
umano nella relazione con il cliente, imparare ad avere una
corretta percezione del punto di vista del cliente, saperlo ascoltare, saper utilizzare a proprio vantaggio le informazioni raccolte durante il colloquio, imparare a interpretare come i nostri
comportamenti si riflettono sui dati numerici del business; come organizzare e leggere i numeri statistici, imparare a fare la
differenza!
Insegnante
Ettore Lazzarini, consulente e formatore SMSchool
Data e orario
24 novembre 2014, 08.30-12.00 e 13.30-17.30
Costo
Chf 180.00 soci / Chf 230.00 non soci
L'ARTE DELL’ACCOGLIENZA AL CLIENTE
30 novembre
Ancora più traffico e più manodopera non residente?
Obiettivi
esplicitare il significato di accoglienza, comprendere alcuni
strumenti che influenzano le relazioni con la clientela, conoscere ed applicare alcune tecniche comportamentali relazionali positive, saper influenzare l'ambiente di lavoro con la propria motivazione.
Programma
significato di accoglienza, accoglienza e qualità del servizio, attitudine personale, le influenze del nostro benessere, i pregiudizi e i giudizi, la prima impressione, la comunicazione positiva,
il problema è mio, posizioni essenziali (analisi transazionale).
Insegnante
Maurizio Mina, formatore aziendale
Data e orario
25 novembre 2014, 08.30-17.00
Costo
Chf 150.00 soci / Chf 200.00 non soci
LEGUIDE
Pagina a cura di
AutoPostale Svizzera SA
GLIITINERARI
Informazioni e prenotazioni:
AutoPostale Svizzera SA
Regione Ticino - Viaggi e Vacanze - 6501 Bellinzona
Tel. +41 (0)58 448 53 53 - fax +41 (0)58 667 69 24
[email protected] - www.autopostale.ch
Il programma
Rapperswil
14 dicembre 2014
Chf 75.– per persona
Partenza
06.00 Chiasso Ffs,
06.10 Mendrisio Ffs,
06.40 Lugano Ffs, (lato buffet),
06.40 Locarno Ffs,
07.10 Bellinzona Ffs,
07.40 Biasca Ffs
La gita Viaggio nella città delle rose con AutoPostale per scoprire il Natale
Nella medioevale Rapperswil
fioriscono colorati mercatini
Chi non è goloso può comunque approfittare
dei numerosi prodotti gastronomici. Ed è proprio in uno stand che propone specialità locali
che vale la pena consumare il pranzo tra profumi di lardo affumicato e aromi tipici del vin brulé. Un occhio di riguardo verso i desideri del palato ma anche per i doni da acquistare in vista
del Natale. Giocattoli, oggetti di artigianato intagliati nel legno, oppure candele profumate,
orologi a cucù, cappelli, guanti e capi di abbigliamento sono a portata di mano per riuscire a
trovare anche gli ultimi regali. D’altronde il
Christkindlimärt Rapperswil-Jona è tra le mete
più apprezzate dagli appassionati dei mercatini
e AutoPostale ha così pensato di inserirlo il 14
dicembre nel programma dei numerosi viaggi
pre-natalizi.
E’ l’occasione per conoscere e ammirare questo grande mercato a cielo aperto ma anche
per visitare la suggestiva cittadina che si trova
a sud di Zurigo, sulle rive dell’Obersee. È qui
che nel periodo dell’Avvento vengono organizzati, a corredo della fiera natalizia, numerosi intrattenimenti con spettacoli e concerti dal vivo.
Le splendide luminarie impreziosiscono ulteriormente il contesto, tanto che sono attese migliaia di persone nei giorni clou dell’evento. Da
vedere c’è pure il presepe, artistica rappresentazione che affascina i bambini, ma piace pure
ai grandi per la straordinaria fedeltà delle statuine e per l’ambientazione molto curata. A
Rapperswil si crea, poi, un effetto particolare
perché la città si trova su una corta penisola
sulla riva del lago di Zurigo, quindi sembra volersi tuffare dentro il bacino lacustre con tutto
l’incantevole scenario che, nelle ore che conducono alla sera, diventa ancora più suggestivo
grazie all’imponente castello che domina dall’alto e le luci del centro. Non è un caso, allora,
che proprio questa città ospiti uno dei mercatini
più di richiamo della Svizzera, iniziativa che
s’inserisce nel menù dei numerosi elementi di
attrazione di Rapperswil che dispone anche di
uno zoo per bambini molto frequentato.
Non resta, allora, che andare a conoscere questi luoghi incantevoli che riescono sempre a lasciare un ricordo indelebile nel cuore e dove
certamente si può trovare il più indovinato connubio tra storia e tradizione. Il rientro in Ticino
è previsto in serata.
5803125
Mercatini di Natale, in Svizzera c’è solo l’imbarazzo della scelta. Nel periodo dell’Avvento sono tante le iniziative che caratterizzano le città,
anche le più piccole. Ma c’è un luogo dove si
respira un’atmosfera speciale, sarà per il fascino del suo centro storico, oppure per la varietà
delle proposte, o ancora per lo spettacolare
contorno alle più di duecento bancarelle che
trasformano la città in una fiera del Natale, una
delle più grandi di tutto il Paese.
Benvenuti a Rapperswil, cittadina medievale
sulle sponde del lago di Zurigo, conosciuta
ovunque come regno delle rose, perché ha un
culto tutto particolare per questo romantico fiore, presente in migliaia di esemplari nel momento della fioritura, quindi da maggio a ottobre. Nel periodo di Natale, però, Rapperswil si
trasforma nella patria dei mercatini, grazie al
caratteristico allestimento che dalla piazza
principale arriva fino alla Marktgasse, nella Fischmarktplatz e lungo il Seequai. Si può comprare davvero di tutto perché questa è una delle fiere più grandi di tutta la Svizzera. In primo
piano, naturalmente, gli oggetti tipici di Natale
come le statuine, gli addobbi, le corone da appendere fuori dalla porta di casa. Ma c’è molto
altro ancora come le specialità dolciarie, dai
krapfen alle ciambelle, dalle tavolette di cioccolato alle praline.
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IL CAFFÈ
23 novembre 2014
44
ilDossier
ilcaffèLink 45
Scattodoposcattoela vitascorre con un touch
L’intervista
I ricordi.
Una volta bastava
una vecchia
scatola da scarpe
per conservare
i ricordi di casa.
Adesso tutto è alla
portata di un click
del telefonino
B
astava una scatola da scarpe,
una volta, per conservare i ricordi, le foto di famiglia. Poi sono
arrivati la fotografia digitale, gli
smartphone, i social network e
tra selfie e immagini scattate a raffica la vita sembra scorrere in un click. Anzi un
touch, perché con i nuovi strumenti il rumore che riproduce il vecchio scatto dell’otturatore è virtuale, e può essere rimosso o attivato a piacimento.
Il fenomeno del momento è l’applicazione Instagram, gratuita e capace di trasformare in un esperto di foto e video sharing anche chi non ha mai messo l’occhio
nel mirino di una fotocamera, che ogni
giorno è usata da 76 milioni di fotoreporter
improvvisati. Facile da usare e dotata di
tutta una serie di filtri, capaci di trasforma-
re qualsiasi banale scatto, selfie compresi,
in un’immagine riuscita e appetitosa, Instagram è riuscita persino ad eliminare difetti - come rughette e altre piccole imperfezioni estetiche - che neanche il più agguerrito dei visagisti ha mai osato sfidare.
Ma al di là di questa virtuale fiera delle va-
Prima c’erano i professionisti
dell’immagine da una parte e
il resto del mondo dell’altra
nità del terzo millennio, è in generale la
diffusione della tecnologia digitale per tutte le tasche ad aver rivoluzionato il mondo
della fotografia, che solo pochi anni fa era
diviso in un modo nettamente classista: i
professionisti dell’immagine e gli hobbysti
facoltosi da una parte, il resto del mondo
dall’altra.
Il confine era preciso. C’era un abisso
tra chi poteva aspirare alle pagine patinate
delle riviste più prestigiose e chi doveva
accontentarsi di confinare in un rullino fotografico - vengano come vengano - i ricordi di un’intera estate, un anno di souvenir.
Nessun’altra evoluzione tecnologica, legata ai vantagi del digitale, ha rivoluzionato
così tanto le nostre abitudini quotidiane.
La musica in formato mp3 non ha certo
moltiplicato i consumatori di note, e men
che meno gli e-book hanno generato legioni di nuovi lettori. E i nuovi supporti virtuali, fatte le debite proporzioni con la crescita demografica del pianeta e rispettivi
consumi, non si può dire abbiano incrementato la produzione cinematografica.
Anzi. La fotografia digitale, invece, ha conquistato un numero così spropositato di
nuovi proseliti da rendere incomparabile
qualsiasi confronto con l’uso precedente.
In fondo sono pochi anni, ma è un’era geologica rispetto all’uso di pellicola, diapositive, obiettivi, cavalletti e cavetti flessibili
per ottenere uno scatto a distanza.
Nonostante il successo planetario, però, ci si interroga sul fatto che queste foto
digitali, tutte belle, tutte coloratissime,
tutte tecnicamente perfette e a prova d’errore possano ancora essere considerate...
fotografie. Il veterano Alberto Flammer
(vedi intervista a fianco), ad esempio, si rifiuta di considerarla “fotografia”, almeno
come concetto d’espressione artistica. La
fotoreporter Alessandra Meniconzi - che si
è “convertita” sì al digitale, ma ad alto li-
vello professionale - invece ammette che le
immagini sul web di certi fotoamatori sono, effettivamente, bellissime.
In sostanza, è completamente cambiato
il nostro concetto di fotografia e forse il salto dei ricordi nella scatola da scarpe, o in
un cassetto, al “cloud”, la nuvola che cu-
Un diluvio di inquadrature
che rischia però di provocare
effetti collaterali pericolosi
stodisce i nostri files ad libitum, è stato
troppo repentino. Si è passati dal “braccino
corto” nel mettere a disposizione di amici e
parenti costosissime copie stampate degli
scatti dell’ultimo compleanno alla condivisione online, in tempo reale, di tutto: il
piatto servito al ristorante, un abito in vetrina, il maquillage sfoggiato nella serata,
via via fino ai selfie più provocanti, senza
veli, che ben s’adattano alla definizione di
“polaroid 2.0”.
Paradossalmente, però, questa messe
inarrestabile di immagini rischia di provocare effetti collaterali non trascurabili. Ne
scattiamo, condividiamo, memorizziamo
così tante, che solo una parte infinitesimale viene stampata. E tra miriadi di foto diventa pressoché impossibile (a meno che
non le si sia archiviate con certosina meticolosità) rintracciarne una quando serve.
Non solo. La vecchia scatola di cartone, salvo allagamenti o incendi repentini, la ritrovavamo sempre. Questi ipertecnologici
supporti e device digitali avranno la pazienza di invecchiare con noi?
I NUMERI DI INSTAGRAM
Se si stampassero
tutte le foto
postate in
un anno
su Instagram
che altezza si
raggiungerebbe?
76
8.500
milioni
milioni
gli utenti
registrati
gli utenti
attivi
al giorno
i like
ogni
secondo
218
83
6
%
%
la percentuale
dei post che
contiene un
hashtag
percentuale
dei post
condivisi che
sono video
6.351.000 metri
in 1 anno
460.000 metri
ogni 26 giorni
I filtri
Pari all’altezza
della Stazione
Spaziale Internazionale
100.000 metri
ogni 6 giorni
Pari al limite
dell’atmosfera
terrestre
152
1,2
milioni
miliardi
gli utenti
attivi
al mese
i like
al giorno
1.000
i commenti
ogni
secondo
1
257
MAYFAIR
minuti
Si tratta dell’ultimo filtro fornito
dalla versione più recente di
Instagram. Permette di ottenere
un tiepido tono rosato ed una
leggerissima vignettatura
2
3
4
5
media
mensile
spesa su
instagram
Fonte: wearesocial.com
KELVIN
39.045 metri
ogni 2 giorni
Pari all’altezza
da cui si è lanciato
Felix Baumgartner
8.848 metri
ogni 12 ore
Pari all’altezza
del monte
Everest
443 metri
ogni 37 minuti
Pari all’altezza
dell’Empire
State Building
La classifica top brand
National Geographic
è solo al 15esimo posto
nel ranking capitanato
da Justin Bieber,
Rihanna e Beyoncé
La curiosità Gli incredibili numeri record di Instagram, che uscirebbe dall’atmosfera terrestre sovrapponendo tutte le istantanee
La nuova Polaroid
ma in versione 2.0
è un social network
M
entre scriviamo queste righe nel
2014 sono state scattate e caricate sul web oltre due miliardi
di foto. E l’anno non è ancora finito! Eppure appena tre anni fa, sebbene le fotocamere digitali fossero gà un prodotto di
massa, le foto caricate online erano “solo” 300 milioni. Il fenomeno, che sta assumendo dimensioni straordinarie, è dovuto a due fattori: la diffusione planetaria degli smartphone e l’esplosione dei
social network. In particolare di Instagram, già ribattezzato “Polaroid 2.0”, la
macchina fotografica a sviluppo immediato dei nativi digitali.
Sembra incredibile, ma una semplice
“app” - tra l’altro gratuita - ha inanellato
numeri di record tali che, se si stampassero su carta tutte le immagini realizzate
dai neo-fotografi del terzo millennio,
non ci sarebbe più un albero sul pianeta.
A fare i conti ci ha pensato l’azienda in-
glese Photoworld, che da mezzo secolo
realizza e stampa prodotti fotografici di
tutti i tipi. Simulando l’altezza che potrebbero raggiungere, impilate una
sull’altra, tutte le foto caricate su Instagram ogni mezzo minuto avremmo una
colonna alta come l’Empire State Building di York. E i suoi 443 metri d’altezza
sono briciole, in confronto alle ore, giorni, settimane, mesi in cui le foto digitali
impilate uscirebbero senza alcuno sforzo
dall’atmosfera terrestre. In soli tre anni
di vita, infatti, il fenomeno Instagram
(non a caso acquistato, per un miliardo
di dollari da Mark Zuckemberg, il “papà”
di Facebook) ha registrato sedici miliardi
di post condivisi in rete, 55 milioni al
giorno. Numeri da capogiro, ma che rivelano un altro incredibile fenomeno, i
“selfies” (quelli che una volta venivano
chiamati autoscatti), che rappresentano
il 64% dei post condivisi.
Se il boom, oltre alle centinaia di
milioni di utenti, non è sfuggito agli
analisti del settore informatico, men
che meno è passato inosservato alle autorità politiche. Giusto nei giorni scorsi,
ad esempio, il governo di Pechino è intervenuto per bloccare Instagram nel
tentativo di non diffondere le immagini
che, in tempo reale, gli studenti in rivolta ad Honk Kong diffondevano testimoniando come i manifestanti venissero colpiti dai gas lacrimogeni.
Ma l’uso, in questo caso veramente
“social”, dei nuovi stumenti hi-tech
non deve essere frainteso. Come è illusorio pensare che basta uno smartphone di ultima generazione ed un’app per
sfogliare un’interminabile galleria di
scatti d’autore. Basta scorrere, infatti,
l’indice di Statigr.am (un sito, aggiornato con frequenza quotidiana, che elabora tutti i dati del solo Instagram) per
scoprire che un gigante dell’immagine
patinata come National Geographic nonostante la sua nutrita schiera di fotografi è solo al 15esimo posto della speciale classifica dei più seguiti. I primi
dieci “top brand” più seguiti al mondo
su Instagram, infatti, sono generati dagli scatti a dir poco amatoriali di personaggi del mondo dello spettacolo - e neanche di prima grandezza, poi - come
Justin Bibier, Kim Kardashian, Rihanna, Beyoncè, Miley Cyrus, Ariana Grande, Ghloe Kardashian, Taylor Swift,
Kourtney Kardashian, Selena Gomez.
Tutti a colpi di selfie.
Il filtro adatto per chi cerca una
fotografia retrò supersatura,
produce anche un bordo
sfilacciato. Ufficialmente
chiamato “Lord Kelvin”
SUTRO
Scurisce l’intera immagine e
produce un caratteristico effetto
seppiato, con enfasi su rossi e
gialli. Il filtro adatto per chi ha
nostalgia delle foto del nonno
WALDEN
Questo filtro permette di ottenere
un tono piuttosto slavato, con una
fresca dominante azzurra che lo
rende insostituibile per fotografare
la fidanzata sull’altalena
LO-FI
RIHANNA
La famosa popstar, 26
anni, è tra le più
seguite su Instagram
Il più amato da tutti gli hipster del
pianeta. Rende lo scatto
lievemente sfocato, con
saturazione dei gialli e dei verdi.
Perfetto per le serate filosofiche
La professionista I reportage di Alessandra Meniconzi
Tra i vulcani della Dancalia
per scovare soggetti inediti
A
nche la fotografia professionale,
per reggere la concorrenza dell’invasione digitale alla portata di tutti
è obbligata a cercare l’inedito assoluto.
L’uso delle nuove tecnologie ha generato
così tanti fotografi improvvisati che i reporter sono costretti ad inventarsi workshop o spedizioni in lande sconosciute
per distinguersi. Alessandra Meniconzi,
fotografa ticinese, ad esempio, organizza
reportage e workshop in Siberia, nello
Yunnan e tra i vulcani della Dancalia.
“E quest’anno, per trovare il ‘mai visto’, mi sono spinta nella penisola dello
Jamal, ai confini della tundra artica – ammette con una risata Alessandra -. Forse
la tecnica digitale, che ho adottato solo da
sette anni, non ucciderà la fotografia, ma
certamente sta uccidendo i fotografi, lo
stile. Ormai il nostro lavoro, per rimanere
sulla piazza, è costituito all’80% da marketing, contatti giusti, e solo il 20% resta
alla fotografia”.
Quella della fotografa luganese è una
constatazione che non lascia spazio né al
pessimismo, né al vittimismo. Anzi, è lei
la prima a riconoscere la bravura dei “colleghi” dilettanti, l’originalità di certi scatti e anche la tempestività. “Siamo al tra-
passo da un’era all’altra, come è capitato
in tanti settori, e bisogna adeguarsi – nota -. Però è vero che, come mestiere, sta
diventando un incubo. Un giornale non
ha che l’imbarazzo della scelta nell’individuare l’immagine da pubblicare, quando chiunque ha la possibilità di essere nel
posto giusto nel momento giusto. Come
competere con qualcuno, già a due passi
da un vulcano che improvvisamente decide di eruttare, che scatta delle foto e con
lo stesso telefonino te le invia in tempo
reale?”.
Eventualità per nulla rara, visto che lo
stesso web pullula di scatti di ogni angolo
del pianeta pochi minuti dopo che è successo un attentato, un’esplosione, un
evento mondano. “Sì, ma il guaio è che
molti dilettanti digitali sono disposti a cedere gratis le loro foto pur di vederle pubblicate – aggiunge Alessandra -. E ormai
questi nativi digitali si trovano ovunque.
Anche a me è capitato, al rientro da un
reportage in un luogo apparentemente
inesplorato, di trovare foto su internet
prese più o meno nella stessa posizione,
la stessa angolazione. Frustrante. La differenza la fa soltanto la capacità, la tecnica, il far parlare un po’ il cuore”.
Ti-Press
L’impressionante invasione delle foto digitali che scandiscono la nostra esistenza
Il parere critico del fotografo Alberto Flammer
“Senza pellicola
l’arte e la poesia
non esistono più”
N
on gli dispiace affatto essere considerato il decano dei fotografi ticinesi ad Alberto Flammer, 77 anni il
prossimo gennaio, anche se pensa che la
fotografia ormai sia stata “uccisa”. “Sì, il
digitale ha un po’ ucciso la vera fotografia
– dice -. Oggi basta comprare uno smartphone e sei un fotografo, con un portfolio
di migliaia di foto che probabilmente non
stamperai mai, ma viverci di fotografia è
tutt’altra cosa”.
Cos’ha contro le foto digitali?
“Niente, per me semplicemente non
esistono; non uso computer, Facebook, Instagram e tutte quelle ‘cose’ lì. A livello
sociale è bello, tutti si divertono, ma per
me le foto si fanno con la macchina fotografica, con la mia vecchia Hasselblad o la
Nikon, non con un telefonino. Tutto facile,
tutto così veloce, mentre la fotografia è
l’elogio della lentezza”.
Tecnicamente, però, i risultati non sono male.
“Ma certo, sono tutte belle! Per forza,
quelle brutte le cancelli, ne fai cinquanta
in pochi secondi e una buona ti verrà pure,
no? Lo facevano anche i ‘clicchettari’ ai
miei tempi, che senza badare a spese inserivano il motore sul dorso e via, uno scatto
dopo l’altro... Ma è il concetto che non
c’entra nulla con la vera fotografia”.
In effetti, con la nuova tecnologia, diventa difficile sbagliare una foto.
“È proprio questa facilità tecnica che
ha fatto perdere il gusto del taglio, la poesia di una foto. Non ci si pone più problemi
di luce, d’esposizione, di profondità di
campo; si scatta e la foto è fatta. Ma preferisco mille volte una foto, magari un po’
mossa, un po’ sfuocata, ma concettualmente valida ad una foto tecnicamente
perfetta ma senza anima”.
Deve riconoscere, però, che la foto digitale è più “democratica”. Adesso
tutti possono conservare i loro ricordi
senza limitarsi all’album di famiglia, o
ad un’intera vacanza affidata ad un
rullino di non più di 36 pose.
“Anche su questo avrei qualche dubbio. È vero che adesso uno può avere tutte
le foto che vuole senza più i limiti, di costo,
apparecchiatura e capacità di prima, ma
ricordo che interi archivi ben conservati di
negativi, anche dal 1900 al 1930, oggi si
possono tranquillamente stampare e ammirare ancora. Oggi raramente si stampano tutte queste foto, che si vedono solo sul
display, e chi ci dice che questi formati e
supporti hi-tech domani ci saranno ancora?”.
Se non altro, con i vari software e filtri
digitali, c’è la possibilità di sperimentare nuove forme d’espressione, di comunicazione.
“E me lo chiama sperimentare usare
un filtro che, con un click, adottano in milioni? Guardi, per la mia prossima mostra
sto usando un obiettivo ‘forostenopeico’,
non lo cerchi su Wikipedia, perché non esiste, l’ho fatto costruire io, e non è altro che
un piccolissimo foro, da 0,2 millimetri che
dà una profondità da tre centimetri di distanza all’infinito. Questo è sperimentare”.
Sì, però anche su internet si vedono
delle foto amatoriali digitali con colori
di una nitidezza eccezionale...
“Non ci capiamo. Se la macchina fa
tutto da sola, dov’è l’abilità del fotografo,
dov’è l’arte? È tutto così facile, veloce. Una
‘vera’ fotografia richiede più tempo a pensarla, studiarla che a realizzarla; deve avere una storia da raccontare, un concetto,
un’idea. Altro che fotografi da telefonino”.
L’impossibile, realizzato.
LA NUOVA FORD FOCUS
Assistente di parcheggio attivo
Come si parcheggia in un parcheggio che si vede a malapena? Fidatevi della
nuova Ford Focus. Grazie all’assistente di parcheggio attivo, trova anche
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Media di tutte le auto nuove vendute: 148 g/km.
ford.ch
IL CAFFÈ
23 novembre 2014
ilcaffèLink 47
Lungo le strade
del Giura freme
l’elastica potenza
di ben 550 cavalli
Le auto.
Grandi
emozioni
con la nuova
Jaguar F-Type R,
capace
di regalare vere
sensazioni
di libertà
D
opo che vi siete accomodati in questo comodo
gioiello a quattro ruote,
con rispetto e quasi al rallentatore dopo aver apprezzato la linea della F-Type R, sono sufficienti pochi secondi per attivare
il pulsante rosso che apre le porte al mondo della Jaguar di serie
più sportiva. Subito il propulsore V8 cinque litri è pronto a stimolare tutte le emozioni che si
trasmettono dalla testa a i piedi,
mentre la mano cerca la leva del
cambio automatico per inserire
il primo degli otto silenziosi rapporti, dal passaggio veloce e impercettibile.
Alla guida avvertiamo un
sound da concerto con i 550 cavalli pronti a regalarvi tutta la
LA MERCEDES
La nuova Classe B sarà
disponibile dal 29 novembre
da 36‘500 franchi, con
quattro motori benzina e
altrettanti diesel. Pure
proposta la versione a
trazione integrale 4Matic.
loro potenza, con il piacere di
poter dosare l’acceleratore nella
massima libertà e con la garanzia che quando si accelera tutto
è possibile in assoluta sicurezza.
A bordo della F-Type Coupè R
tutto è predisposto per trasmettere orgoglio e precisione come
un orologio di valore. Per la prova su strada decidiamo di spostarci a 1000 metri, a La Chauxde-Fonds, la seconda città svizzera più alta dopo Davos. È una
città dove urbanistica e industria dell’orologeria sono per il
visitatore un invitante stimolo.
Da Caslano ci spostiamo nel
Canton Neuchâtel percorrendo
circa km 320 km (tempo poco
più di 4 ore). La Chaux-deFonds e Le Locle sono state va-
LA SKODA
I nuovi modelli Octavia
berlina e combi sono
disponibili anche nella
lussuosa
versione Laurin &
Klement (L&K)
da 36’600 franchi.
Jaguar F-Type R
Motore
8 cilindri
Cilindrata (ccm)
5000 cc
Cambio
automatico 8 rapporti
CV
550
Coppia max. 680 Nm a 3500 g/min
0-100 km/h (s)
4,2
Velocità massima (km/h)
300
Consumi (l/100 km)
ca.11
Prezzo (base)
134’500.–
lorizzate, cinque anni fa dall’Unesco, tra i patrimioni dell’umanità. Per avere una visione
d’insieme più completa approfittate del trenino che vi permette di visitare comodamente
e in circa 40 minuti la città.
Avrete così anche la possibilità
di scoprire perché fu ricostruita
su un piano a scacchiera nel
1794 e ricevere delle interessanti informazioni storiche, con
un particolare accenno all’importanza di una regione patria
di numerose industrie orologiere. Approfittate anche della
possibilità di visitare il Museo
internazionale dell’orologeria
(www.mih.ch) che espone circa
4.500 degli orologi testimoni
della storia della misurazione
del tempo. Non mancano degli
artigiani al lavoro nell’atelier di
restauro di orologeria antica, e
una presentazione audiovisiva,
un programma multimediale e
degli orologi interattivi rendono
piacevole la visita al museo.
Rientrando godiamo la comodità dei sedili Performance
della F-Type R Coupé che hanno
supporti laterali e ali sporgenti
per un maggior sostegno durante le curve ad alta velocità. I
sedili sono rifiniti in pelle di alta
qualità, con il logo “R” impresso
sul poggiatesta. Estendiamo le
emozioni visive nel vivere la
sportiva coupé attraverso la
coinvolgente modalità Dynamic, configurabile attraverso il
touchscreen centrale da 8 polli-
ci, che permette al guidatore di
selezionare e salvare le impostazioni a seconda delle sue
preferenze. Grazie all’aumentato controllo del corpo vettura
attraverso ammortizzatori più
robusti, la maggiore ponderazione dello sterzo, i cambi di
marcia più rapidi e risposte più
incisive dell’acceleratore, il piacere di guida ci accompagna
con grande soddisfazione fino a
casa.
E non dimenticatevi di attivare il pulsante Active Sports
Exhaust che trasforma l’emozionante sonorità del motore, in
un crescendo urlante fino al
raggiungimento dei valori massimi della gamma dei giri.
s.p.
magnetico appoggianto il cellulare su un fondo nel cruscotto.
Inoltre il sistema audio premium “Bose” con tecnologia per
la cancellazione attiva dei rumori, Active Noise Cancelation, è di
serie su tutti i modelli. Tra gli
equipaggiamenti disponibili per
l’abitacolo vi sono connettività
audio e telefono con Bluetooth®
con riconoscimento vocale, un
sistema in grado di convertire
gli sms ricevuti in suoni e “leggerli” attraverso gli altoparlanti
del sistema audio, porta Usb, ingresso aux e per scheda di memoria Sd, schermo da 5,7 pollici
con tre finestre nel cruscotto e
head-up display riconfigurabile
a colori.
La graffiante Coupè monta
un motore a iniezione diretta
quattro cilindri 2.0 litri turbo da
276 cavalli è in grado di erogare
quasi il 14% di coppia in più
(400 Nm) rispetto alla versione
berlina. Il 90% della coppia è disponibile tra 2.100 e 3.000 giri.
Il leggero modello (1602 kg)
vanta un rapporto peso/potenza
pari a 5,8 kg/Cv. Un dato che
esprime il miglior rapporto peso-potenza del segmento e che
si affianca al tempo di accelerazione - da 0 a 100 km/h in 6,2
secondi che conferma la sportività del modello. Il propulsore è
abbinato al cambio automatico a
sei velocità con funzione sequenziale, mentre la distribuzione delle masse (50/50) è ottimale. L’auto è disponibile in tre
allestimenti, sia con la trazione
posteriore da 53’800 franchi, sia
con la trazione integrale da
64’099 franchi.
Tra le opzioni disponibili le
sospensioni sportive regolabili
dal guidatore, dotate di sistema
per la regolazione degli ammortizzatori in tempo reale -Cadillac
Magnetic Ride Control-, che
consente di controllare i movimenti della vettura in modo più
preciso. Il sistema è in grado di
leggere la strada e regolare gli
ammortizzatori ogni millisecondo.
[email protected]
La nobile Cadillac
strizza l’occhio
ai più giovani
STEFANO PESCIA
L’
LA MAZDA
Dai concessionari è già
possibile prenotare la
nuova Mazda 2.
Proposta in 4 motori da
75 (Flotta), 90, 105 e 115
Cv e sarà in vendita da
marzo 2015.
La scheda
Ats coupé viene lanciata
in grande stile sul mercato europeo. Efficienza, comodità, connettività e potenza
sono gli elementi che si ritrovano nel primo modello di produzione a portare il nuovo logo Cadillac. Rispetto alla berlina, la
versione a tre porte si presenta
con carreggiate anteriori e posteriori più larghe. Inoltre possiede lo stesso passo di 2.775
mm della 4 porte ma tetto, portiere, paraurti posteriore e portellone del bagagliaio sono stati
studiati solo per lei.
Un modello importante che
indubbiamente mira ad attirare
nuovi giovani e dinamici clienti
anche alla sua attraente linea,
sottolineata anche da i cerchi in
alluminio da 18 pollici, concepiti
esclusivamente per la Ats Coupé. In effetti si tratta di un’alternativa americana che assicura
un’esperienza di guida sportiva
capace di rivaleggiare con le mi-
gliori vetture del suo segmento.
Una proposta che vanta le
stesse tecnologie di sicurezza
della sorella a quattro porte.
Inoltre, è disponibile un sistema
di sicurezza avanzato che utilizza fino a due telecamere, otto
sensori a ultrasuoni e sei segnali
radar per aiutare a prevenire gli
incidenti. Cadillac ha collaborato
con Zf Lenksysteme GmbH, leader di sistemi sterzanti per automobili, per realizzare un servosterzo elettrico in grado di garantire la massima dinamica e
maneggevolezza. L’abitacolo è
costruito intorno al guidatore e
si caratterizza per le combinazioni degli interni con imbottiture tagliate e cucite a mano, impunture decorative e materiali
come pelle, alluminio, fibra di
carbonio e legno.
La Ats Coupé risolve anche
con stile la ricarica del vostro
cellulare. Infatti non è più necessario cercare cavi e collegare
i dispositivi. La batteria si ricarica mediante un campo elettro-
Il motore 2 litri turbo
della Ats Coupé
assicura prestazioni
di alto livello
e di vera sportività
CLASSICA
E DINAMICA
In perfetto stile
Cadillac, anche la Ats
Coupé non dimentica
la classe negli interni,
in cui domina superba
la pelle
I TRICK
IL CAFFÈ
23 novembre 2014
Hard flip
Miller flip
Si esercita
pressione
sulla parte
posteriore
facendo
roteare
lo skateboard
48
La tendenza. Non è uno sport
ma arte,dicono gli appassionati. No
alla partecipazione a Tokyo 2020
ilcaffèLink 49
360°
 Anticipazione
 Chiave II
 Chiave I
 Stabilizzazione
Nei sogni di chi vola nei“park”
non c’è posto per le Olimpiadi
N
Noi continuiamo a considerare la
pratica dello skate più un’arte
che uno sport e quindi l’idea di
essere omologati all’interno della struttura olimpica proprio non
ci piace”.
Anche perché la partecipazione ai Giochi impone, per una
disciplina di esibizione come lo
sono stati nel recente passato
pure beach volley o la Bmx, poi
diventati sport olimpici a tutti gli
effetti, strutture organizzate a livello di federazioni. Un mondo
decisamente alieno alla cultura
dello skate. “La lotta competitiva
tra nazioni in senso stretto non
esiste - sottolinea Copt -, così come non esistono figure come
quella dell’allenatore o strutture
come una federazione. In Svizzera penso si possano calcolare
in circa 10mila i praticanti, ma
non esiste un’organizzazione comune, a cui tutti fanno capo. Al
contrario, questo tipo di sport
globalizzato è visto piuttosto
male. Si dovrebbero, ad esem-
Gli stessi skater
respingono l’idea
di essere omologati
in una competizione
internazionale”
pio, preparare formatori attraverso Gioventù e sport, creare
manuali didattici, eccetera.
Aspetti che al mondo dello skate
non interessano”.
Nonostante il buon momento “di forma” dello skate, con il
numero di appassionati in conti-
nuo aumento, l’ipotesi di veder
passare un’altra disciplina dagli
X-Games alle Olimpiadi resta
piuttosto remota. Anche perché
proprio dalla “base” del movimento si stanno alzando numerose voci di protesta. Come
quella portata avanti dallo stes-
I film
1985
 Chiave
Skate
elle notti degli “skaters”, gli appassionati della tavola con
le rotelle, il sogno
olimpico proprio non
trova spazio. Anzi. Alla notizia
che - dall’edizione estiva di Tokyo 2020 le evoluzioni su rampe,
“pipe” e “park” potrebbero entrare a far parte della grande famiglia degli sport a cinque cerchi
- ai molti praticanti di questa disciplina si sono letteralmente
rizzati in testa i capelli. “Una larga parte del mondo dello skate a
livello internazionale è fortemente contraria all’idea olimpica
- conferma Yari Copt, responsabile dello Skatepark Lugano, uno
dei più apprezzati in Svizzera -.
360°
Una mano tiene la
tavola mentre l’altra
poggia sulla rampa
so Copt e dai circa 200 skater
che hanno eletto a casa il park di
Lugano. “Le Olimpiadi sono una
grande macchina da soldi, di cui
però gli atleti beneficiano in misura molto limitata, forse l’1% aggiunge Copt -. Anche nello
skate esistono gare e contest in
cui in palio c’è parecchio denaro,
ma è la base ad essere diversa,
perché rimane agganciata in
modo diretto alla passione individuale. I grandi organizzatori,
infatti, sono marchi tecnici o di
abbigliamento legati direttamente allo skate, oppure negozi
specializzati”.
Anche perché, a differenza
di molte altre discipline sportive, l’aspetto della cultura urbana (o suburbana) è ancora predominante nel mondo dello skate. E questo malgrado strutture
sempre più organizzate e un innegabile appeal che si misura
pure attraverso il grande pubblico che gli eventi di forte richiamo riescono ad attirare. “L’attività in realtà resta piuttosto di
nicchia - conclude Yari Copt -,
sebbene si assista ad una certa
crescita di popolarità. Il legame
con la musica punk-rock, ad
esempio, è molto saldo e questo
allarga l’orizzonte culturale dello skate. Nel senso che resta unico e molto diverso da quello dello sport di massa. Lo skate è una
forma d’arte senza confini, che
non accetterà di cadere nella
trappola olimpica in cui è finito
lo snowboard. Non vogliamo essere confinati”.
 Stabilizzazione
È l’anno di “Ritorno al
futuro”: il protagonista
Marty McFly gira sempre
in skateboard
Il precedente
Cresce l’insoddisfazione tra gli atleti
Ora pure lo“snow”
ha forti dubbi
sulla presenza
ai Giochi invernali
N
ella storia recente dei Giochi olimpici, ad
aver fatto la medesima strada che si vorrebbe, oggi, far percorrere allo skateboard è stato il “cugino” invernale della tavola a rotelle: lo
snowboard. Entrato a far parte della famiglia delle
discipline a cinque cerchi nell’edizione di Nagano
del 1998 con l’Halfpipe (con l’elvetico Gian Simmen a mettersi al collo il primo oro della storia) e
con lo slalom gigante (terzo Ueli Kestenholz tra gli
uomini), il “surf della neve” ha poi visto negli anni
aggiungersi diverse specialità. Nel 2002 il gigante
parallelo ha sostituito quello tradizionale, regalando gare di maggior spettacolarità. Nel 2006 ha invece debuttato lo Snowboard cross, la gara con 4
atleti impegnati contemporaneamente su uno stesso percorso, mentre ad inizio anno a Sochi ha fatto
il suo esordio lo Slopestyle, ossia l’esibizione degli
atleti su un percorso fatto di salti, ostacoli e figure
di stile. Ma non è tutto oro quello che luccica.
Come nello skate, anche nello snowboard si levano sempre più voci che mettono in dubbio l’opportunità di partecipare alle Olimpiadi. Un problema, peraltro, annoso, che in passato ha creato
qualche frizione tra il circuito professionistico
americano (il più in vista al mondo) e le organizza-
zioni federali, legate in primo luogo alla Fis, la Federazione internazionale di sci. Infatti vi sono state edizioni di Mondiali o Giochi letteralmente disertate dagli atleti più in vista. Un po’ come quando - per motivi diversi - gli americani schieravano
una squadra di pallacanestro formata da soli studenti universitari.
Anche nel caso dello snowboard, il problema
principale è “culturale”. Pochi sportivi si sentono
rappresentati da un’organizzazione mastodontica
e legata a doppio filo a governi e grandi sponsor.
Non a caso, si assiste - a livello mondiale - ad una
certa perdita di velocità della disciplina, anche tra
i semplici appassionati che popolano le piste da sci
nei fine settimana (la tendenza trova conferma
nelle statistiche che analizzano la situazione in
Svizzera). Ma ci sono pure problemi più “strutturali” che aumentano la diffidenza di sport come
snowboard o skateboard verso gli eventi di portata
planetaria. Un esempio. Cavalcando il successo
delle prime partecipazioni olimpiche, anche il colosso Nike ha voluto entrare nel mondo dello
snowboard. Con buon successo. Ora però che le cifre non sono più quelle sperate, tutti a casa. Atleti,
staff e prodotti compresi…
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”he%þ −e øŽ-J%e þ-eJJþJłøe CŽ−Ž -łCh%Ž
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1989
In “California Skate”
Brian passa i pomeriggi
insieme agli amici in
cerca di piscine vuote
per pericolose evoluzioni
2005
“Lords of Dogtown” è
una storia vera anni ‘70:
un gruppo di amici
rivoluzionò lo skateboard
con figure da surf
2007
“Paranoid Park” è il
parco dove il sedicenne
Alex, con l’amico Jared,
conosce glia altri skater
della città
IL CAFFÈ
23 novembre 2014
ilcaffèLink 51
1 2
3
SAMSUNG E50HU6900
Un apparecchio con
schermo di cinquanta
pollici in ultra hd. Grande
nitidezza delle immagini e
ottimo rapporto fra qualità
e prezzo. Ma non ha
tuttavia la ricezione in 3D.
SONY KD-55X8505B
Il consumo
È il primo televisore ultra
Hd con tecnologia full led,
che conta ancora oggi
parecchi fedelissimi. Le sue
qualità stanno nella
luminosità e nel contrasto.
La tendenza. Ha scandito la vita di tante
di generazioni.Un tempo si cambiava nelle grandi
occasioni.Ora c’è la corsa ai modelli high-tech
La tecnologia tivù
ha stravolto riti
e abitudini familiari
U
n tempo si cambiava solo nelle occasioni speciali. Il Natale, o il grande
evento. Come, ad
esempio, i mondiali di calcio.
Oggi è diventato un prodotto di
largo consumo, non usa e getta,
ma quasi. “Il televisore, come
elettrodomestico, negli anni è
cambiato profondamente, e
questa sua evoluzione è andata
a trasformare le abitudini sociali”, spiega Enzo Lucibello, direttore di Media Markt. La tecnologia è avanzata rapidissima, dettando tempi, modi di vendita e
di consumo, programmando
con tempistica precisa le promozioni e i lanci di televisori
sempre più sofisticati in coincidenza con le nuove produzioni.
“Dopo il passaggio dal bianco e
nero al colore – ricorda Lucibello – l’evoluzione si era fermata.
Per poi riprendere bruscamente
dieci anni fa, quando sono stati
creati modelli tutti giocati sulle
nuove tecnologie. Che vuol dire
altissima definizione, design accattivante e moderno, e non ultimo consumo d’energia che ha
portato apparecchi sempre più
ecologici”. Una spettacolare
giostra d’innovazioni che ha stimolato la curiosità. “Tanto - aggiunge il direttore di Madia
Markt - che oggi molti acquista-
no apparecchi, come quelli in
4k, anche se ancora i canali che
ricevono non trasmettono con
quella tecnologia. Semplicemente vogliono essere avanti,
pronti per quando comincerà la
nuova stagione”.
Questa evoluzione va a incidere direttamente sulle abitudini individuali e familiari. “Su
abitudini che seguono molto
l’ambito tecnologico e l’uso dei
social network - osserva Giorgio
Comi, docente all’Istituto universitario federale per la formazione professionale e pedagogo
. Tanto è vero che i modelli sono
diventati interattivi, ti consentono di ricevere la posta, di salvare le registrazioni di certi programmi. E questo ripropone
una domanda che ci eravamo
fatti già vent’anni fa: come possiamo educare i nostri figli ad
un uso corretto del mezzo?”.
Una domanda che ancora tanti
genitori si fanno quotidianamente. “Vietare, in questo caso, è sbagliato. Meglio puntare
su una pianificazione, dando ai
propri figli precisi tempi per
mettersi davanti allo schermo.
E poi sarebbe bello guardare
con loro certi programmi, tele-
giornale compreso”, aggiunge
Comi: “Perché sarebbe interessante dialogare con i propri
bambini su ciò che si è visto, rispondere alle domande che ti
pongono. Ma è chiaro che non
tutti possono. I genitori lavorano tutto il giorno e difficilmente
hanno queste possibilità”. La
tecnologia ha aperto anche nuove possibilità, come quella del
consumo differenziato. “L’on
demand e il poter registrare i
programmi - dice Lucibello - offre la possibilità di vedere film o
trasmissioni anche dopo la loro
messa in onda. Ormai non si
perde più nulla e non c’è più bisogno del videoregistratore, come avveniva un tempo, ma tutto viaggia sul digitale. Forse solo lo sport oggi viene rigorosamente visto in diretta”.
La moltiplicazione dell’offerta, che ha abbassato i prezzi,
ha inoltre progressivamente
aumentato il numero di apparecchi nelle abitazioni. Oggi si
parla di oltre 10 milioni di televisori a livello nazionale. “Un
tempo la tv era un apparecchio
costoso, servivano tre, quattro
salari per acquistarla. Oggi costa meno e si cambia più in
fretta. Non è più un mezzo collettivo, di tutta la famiglia, conclude Lucibello - ma più individuale”.
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Mezzo milione
di apparecchi
“e-riciclati”
in un solo anno
PANASONIC TX-65AX900
Un televisore di nuova
generazione con
tecnologia 4k ritenuto fra i
migliori in commercio per
la qualità dell’immagine e
per la fedeltà dei colori.
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4
I
PHILIPS 40PUS6809
Ancora un modello 4k, che parte
da 40 pollici. Ha un prezzo
interessante sul mercato e
garantisce una buona qualità sia
dell’immagine che del suono.
5
LG 65EC970V
L’oggetto del desiderio. Il primo
televisore oled curvo ultra Hd.
Da 65 pollici. Secondo i critici
ha colori spettacolari e una
definizione davvero notevole.
6
TOSHIBA 58L9363
Uno dei televisori con tecnologia
4k tra i più economici. Diversi gli
accessori che si possono
associare. Tra cui una
applicazione per navigare sul web.
l gran numero di televisori che entrano ed
escono dalle case delle
famiglie svizzere ha creato
anche problemi ambientali. Quando si decide di disfarsi dell’apparecchio,
che si fa? Intanto nel 1998
è stata introdotta a livello
nazionale la norma che
vieta di buttarli nei rifiuti
domestici. E sono nati appositi punti di raccolta. In
Ticino sono 32. “Noi riceviamo le segnalazioni, ci
dicono quando è arrivato il
momento di andare a ritirare il materiale e giriamo
la richiesta a una azienda
specializzata che si occupa
di portarlo in una struttura
per lo smaltimento dei rifiuti tecnologici”, spiega
Loredana Panaro, dell’ufficio marketing di Swico
Recycling, una delle tre società che ha sottoscritto
accordi con importatori,
fabbricanti e commercianti di hi-tech, e che solo nel
2014 ha riciclato ecologicamente 569 mila tv.
Il consumatore per
questo servizio paga la
“Tra”, tassa di riciclaggio
anticipata, che viene versata al momento dell’acquisto di un apparecchio
nuovo ma - spiega l’associazione dei consumatori
(Acsi) - “non si paga lo
smaltimento futuro degli
apparecchi, ma quello attuale”. L’e-riciclaggio, cioè
ecologico, si effettua soprattutto alla periferia di
Zurigo, a Regensdorf, dove
dagli inizi degli anni Novanta è operativa una delle
strutture più moderne per
lo smaltimento di apparecchi elettronici. Qui vengono recuperate le parti che
possono essere riutilizzate, mentre le altre sonosmaltite con sistemi piuttosto sofisticati.
“Le richieste ci arrivano anche da singole famiglie e da ogni parte della
Confederazione - spiega
ancora Panaro - e noi provvediamo a organizzare il
lavoro”. Molti, tuttavia, invece di buttare i vecchi televisori, soprattutto se ancora funzionanti, li portano
nei centri di associazioni,
come la Caritas.
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IL CAFFÈ
23 novembre 2014
52
ilcaffèLink
La novità. Smartwatch
ecco l’ultima frontiera
dei nuovi gadget intelligenti
che si possono indossare
I dispositivi
I WATCH
Un superorologio,
“il dispositivo più
personale da noi
mai creato”, si è
vantato Tim Cook.
SMART EYEGLASS
Si visualizzano
informazioni
mentre si cammina
o si sta facendo
tutt’altro.
Orologi, occhiali
e braccialetti
per un corpo wi-fi
È
la wearable technology. La tecnologia
indossabile come un qualsiasi accessorio o un capo d’abbigliamento che
negli ultimi tempi va per la maggiore. In questo futuristico segmento del
mercato molte innovazioni riguardano gli
“smartwatch”, gli orologi da polso intelligenti e
supertecnologici. Consentono di dialogare con
internet, di valutare le proprie performance fisiche, di seguire le previsioni meteo, addirittura di “messaggiare” e telefonare.
L’ultima novità è arrivata col lancio a San
Francisco dello smartwatch del rapper imprenditore e frontman dei The Black Eyed Peas,
Will.i.am. Si chiama Puls e verrà commercializzato il prossimo anno. Il nuovo modello consente, fra le altre cose, di telefonare anche se l’utilità, in questo senso, è abbastanza discutibile,
visto che è difficile capire quanto possa essere
comodo, e pratico soprattutto, ascoltare una te-
ARCHOS MUSIC BEANY
Un “berretto
connesso” con
Bluetooth 2.0.
Funziona con ogni
tipo di smartphone.
POLO RALPH LAUREN
Maglietta hi-tech
capace di misurare
frequenza, battito
del cuore e altro
in tempo reale.
lefonata da un orologio da polso! Comunque sia
sembra proprio che quello degli smartphone sia
ancora per la wearable technology, un mercato
che riserverà in un futuro abbastanza prossimo
molte sorprese. Lo conferma il fatto che tutti i
grandi marchi del settore propongono orologi
di ultima generazione, supertecnologici e superintelligenti.
Puls, ad esempio, viene definito dallo stesso
Will “un bracciale intelligente”, uno smartwatch che offre una connessione 3G, come il
Gear S di Samsung, appena lanciato che consentirà ai giovani di restare sempre connessi
e condividere le proprie foto e video sui social,
grazie alle app preinstallate, quali Instagram,
Facebook, Twitter e Salesforce. Lo stesso è inoltre dotato di un’ assistenza vocale, che si chiama AneedA, basata su una versione modificata
del sistema Android, capace di connettersi autonomamente in 3G e Wi-Fi. Che la scelta sia
caduta sul sistema Android non è assolutamente un caso, ma piuttosto dovuta al fatto che Android garantisce un parco di app pronte per essere installate: dalla misurazione del battito
cardiaco al calcolo del consumo delle calorie,
dalle previsioni meteo alla lista della spesa e,
con un’ app specifica, di rilevare persino le proprie emozioni. Tra le altre funzioni, anche effettuare e ricevere telefonate ovviamente, la lettura dei messaggi alla risposta vocale, condividere i contatti grazie ad Humin, e ascoltare musica.
La dotazione hardware è composta da 1 GB
di Ram, 16 GBdistorage, un’ulteriore connettività è garantita dal Bluetooth. Sono presenti
inoltre rilevatori di posizione (Gps) e movimento. Fra le altre chicche da segnalare, l’altoparlante e la batteria integrati nel cinturino, quest’ultima addirittura sembra che si possa ricaricare con l’utilizzo di particolari indumenti.
Il modello sarà commercializzato pure in
versione extralusso con diamanti.
Ma al di là di questo dettaglio lo smartwatch di Will segna un grande passo avanti nel
mondo degli smartwatch che fino ad ora erano
innovativi solo per singole funzioni. Runstatic,
ad esempio, fornisce tempo, distanza e calorie
bruciate per chi fa jogging. 1Weather, è ottimo
per temperatura, vento, umidità e garantisce
previsioni fino a 7giorni. Tinycam Monitor è
ideale per la sorveglianza remota via telecamere collegate alla Rete. Evernote, infine, è l’app
per la produttività più diffusa sino ad oggi, perfetta per prendere appunti, gestire liste, e contatti.
Insomma in attesa del grande evento, ovvero del lancio di Puls, prepariamoci ad un futuro
che ci riserverà ancora tante sorprese, da portare al polso, naturalmente!
l.d.ad.
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IL CAFFÈ
23 novembre 2014
53
L’educazione. Maam è un progetto che
dimostra quanto le madri siano abili nel negoziare.
E allenano competenze degne dei migliori manager
Lo studio
Quali capacità materne possono
essere un valore aggiunto
nel mondo del lavoro?
La ricerca Maam ne ha fatte
emergere moltissime.
Ecco quelle più importanti
Master mamma
ESSERE PRESENTI
La cosa su cui ci si
concentra è quella che si
realizza. I figli hanno
bisogno di attenzione (in
azienda si direbbe
performance): perché non
trasferire sul lavoro anche il
conquistare il “qui e ora”?
Allevare un figlio affina la leadership
D
ella maternità abbiamo sentito dire
di tutto. Che è un
intralcio per il lavoro, che crea problemi alla coppia, che arricchisce
spiritualmente, ma impoverisce
economicamente. Che è meglio
rinviarla per fare carriera. Che è
meglio godersela, che è meglio
metterla tra parentesi. Ma una
ricerca pubblicata da Inside Women’s Power ribalta i termini
della questione: la maternità è
una metafora della leadership,
una ginnastica quotidiana che
allena alcune competenze e le
porta a livello agonistico. Esagerazioni? Non proprio. Andrea Vitullo (executive coach di Inspire)
e Riccarda Zezza (Fondatrice di
“Piano C: il lavoro incontra le
donne”) ci hanno costruito sopra
il progetto Maam (Maternity as a
master). Ovvero: dieci negoziazioni con un figlio ti preparano a
qualsiasi tipo di trattativa.
La pazienza, l’ascolto, la capacità di intuire quello che un
adolescente non dice, di prendere decisioni e di governare i
cambiamenti (nessuno si trasforma più rapidamente di un
bambino) producono il giusto
mix di flessibilità e fermezza e
un’attitudine che le neuroscienze definiscono di “revisione interpretativa”. Tanto per smentire lo stereotipo della mammastanca, il 90% delle donne che
ha risposto al sondaggio Maam
lanciato sul Corriere della Sera
dichiara, non senza sorpresa:
“La maternità ha aumentato la
quantità di energia che mettiamo nelle cose.” Secondo Kelly
Lambert, studiosa del Randolph-Macon College in Virginia, “i potenziamenti a livello
cerebrale come la super-percezione sono di lunga durata o addirittura permanenti.”
Vitullo e Zezza spiegano i risultati della loro indagine in un
libro appena uscito per Bur Rizzoli: “Maam La maternità è un
master”. C’è un’idea nuova: i
collegamenti lavoro-famiglia
possono funzionare come ponti
che aiutano la gente a muoversi
tra l’uno e l’altra. Questa capacità si chiama “transilienza”, termine rubato alla fantascienza,
molto più ricco del multitasking.
Vista così, la nascita di un figlio
è una start-up. Le competenze
acquisite (gestione del no, tolleranza, comprensione, empatia)
diventano spendibili anche in
azienda. E il rapporto con il potere? Le mamme del sondaggio
Maam lo raccontano senza particolari ansie: “Mi sento rilassata,
faccio meno fatica a sentirmi alla pari. Penso che sia perché sono madre, prima che figlia: l’autorità non è lì a insegnarmi quel
che devo fare, ma è diventata
un’alleata nella gestione delle
responsabilità individuali e sociali”; “Sono più paziente, a vol-
Lavoro e famiglia
I collegamenti lavorofamiglia possono
funzionare come ponti,
permetteno di muoversi
tra l’uno e l’altra
te perdono il mio capo perché si
comporta da bambino”; “Sono
più concentrata sui risultati che
sulla presenza fine a se stessa in
azienda, anche se alcuni capi
continuano a richiederla, mi
sento libera e forte nel negoziarla.” Nell’accumulo dei ruoli non
c’è uno svantaggio, c’è una potenza nascosta.
Elisabetta Gualmini, professore ordinario di Scienza dell’amministrazione e Politiche del
Lavoro all’Università di Bologna,
nella sua quasi-autobiografia
“Le mamme ce la fanno” (Mon-
dadori) conferma la teoria Maam: tra recite, compleanni, gite,
tesi di laurea e sessioni d’esame,
“le acrobazie e i salti mortali si
compongono in una storia che
alla fine un senso ce l’ha”. In
pratica Wonder Woman esiste,
ed è una mamma.
r.s.
RIDURRE L’EGO
Un ego più piccolo
ha bisogno di meno
nutrimento per
sopravvivere, così l’energia
verrà dirottata sulla
possibilità di vedere
soluzioni, connessioni,
opportunità al di fuori di noi.
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SINTONIZZARSI
SUL PIANO EMOTIVO
Più attenzione
al “come” rispetto al “che
cosa”. Un figlio di qualsiasi
età è un concentrato
di emozioni: perché
abbassare l’intensità umana
quando si è in ufficio?
ACCETTARE GLI ERRORI
Le madri (per fortuna)
diventano più indulgenti
con se stesse e con gli altri:
i continui cambiamenti
rendono impraticabile
la perfezione.
SCEGLIERE LE PRIORITÀ
Non c’è tempo per i
dettagli poco rilevanti di
fronte ai rapidi cambiamenti
di un figlio. Lo stesso
in azienda: non hai tempo
per approfondire, si impara
a selezionare le priorità.
SAPER IMPROVVISARE
Le madri sono in grado
di trovare soluzioni sempre
nuove, adatte alle
circostanze impreviste.
Questa attitudine si chiama
“consapevolezza
trasformatrice”.
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FARE GRUPPO
L’arrivo di un bambino
risolve molte domande
identitarie che le donne si
pongono, collocandole in
modo immediato nel
contesto sociale. Le
agevola nello stabilire
alleanze e fare rete.
CONVINCERE,
NON OBBLIGARE
Il vero capo perfetto delle
moderne organizzazioni
aziendali è senza galloni,
come una madre. Team
che si creano su obiettivi e
con ruoli trasversali
richiedono una guida
basata su personalità e
persuasione.
SAPER NEGOZIARE
L’ascolto, l’accettazione
dell’altro, il più ampio
margine di tolleranza e
spazio di delega, ma anche
il nuovo e più piccolo ego
della neomamma la
rendono una negoziatrice
più che affidabile.
IL CAFFÈ
23 novembre 2014
54 LE RUBRICHE
Animali.
BenEssere. Avere avuto almeno 20 donne nella vita
proteggerebbe gli uomini da uno dei tumori più diffusi
Perchè
cane e gatto
ci sentono
benissimo
I latin lover schivano
il cancro alla prostata
CRISTINA GAVIRAGHI
B
uone notizie per i grandi amatori:
oltre ad avere una vita più movimentata e, per così dire “allegra”,
ci guadagnerebbero in salute, almeno se
si considera il benessere della loro prostata. Secondo uno studio apparso sulla
rivista Cancer Epidemiology, il numero
di partner sessuali influenzerebbe il rischio di ammalarsi di tumore alla prostata. All’Università di Montreal, l’epidemiologa Marie-Elise Parent ha guidato
una ricerca su circa 3200 uomini, metà
dei quali con una diagnosi per questo tipo di cancro. Gli esperti hanno esaminato lo stato di salute e la storia familiare
di tutti i partecipanti all’indagine e hanno chiesto loro di compilare un questionario sulla loro attività sessuale.
Dai dati raccolti è emerso che gli uo-
mini, che nella loro vita avevano avuto
rapporti intimi con più di 20 donne, risultavano avere un rischio di tumore alla
prostata ridotto del 28 per cento, percentuale che scendeva di circa dieci
punti se si considerava la versione più
aggressiva della patologia. “Il ruolo del
sesso nel proteggere o meno da questa
neoplasia è sempre stato oggetto di diatribe - precisa Parent -, il nostro studio
per la prima volta mette in relazione la
probabilità di contrarre la malattia con il
numero di partner sessuali avuti da una
persona”. In realtà, anche per chi è più
monogamo che Casanova, non tutto è
perduto. La scienza dovrà approfondire
ancora la questione, ma sembra che a
portare benefici non sia tanto il numero
di partner diverse, quanto piuttosto
un’alta quantità di eiaculazioni. “Probabilmente avere una schiera più ampia di
amanti è legato a una maggior frequenza di eiaculazioni e questo, secondo vari
studi, avrebbe un effetto protettivo nei
confronti del tumore prostatico”, aggiunge l’esperta.
Un più alto numero di emissioni di liquido seminale permetterebbe, infatti,
una più efficace eliminazione di sostanze potenzialmente cancerogene e di corpuscoli cristallini, spesso associati alla
patologia tumorale, dal fluido prostatico.
Ma tutte queste teorie, ancora da verificare scientificamente, sembrano crollare quando si considerano i rapporti omosessuali. Se il rischio di cancro alla prostata, secondo i dati canadesi, sembra
non venire influenzato dall’aver fatto
sesso con un altro uomo, aver avuto più
di 20 partner maschi, invece, lo raddoppierebbe. Anche per spiegare questi dati, però, ci sono poche certezze. Si ipotiz-
za che i benefici, ottenuti dall’attività
eterosessuale, in quella omosessuale
siano sminuiti da una più alta probabilità di contrarre infezioni sessualmente
trasmissibili e dai possibili traumi subiti
dalla prostata durante i rapporti anali.
Nulla, però, è ancora provato in modo
definitivo. Alcuni esperti sostengono,
peraltro, che lo studio canadese, basandosi essenzialmente su questionari compilati dai pazienti, sia, in realtà, debole
dal punto di vista scientifico e crei confusione su rischi e strategie preventive
di uno dei tumori maschili più diffusi.
Al momento i principali fattori di rischio accertati per questa patologia sono: l’età, la neoplasia colpisce maggiormente gli ultracinquantenni, una storia
familiare per la malattia e l’obesità, accompagnata anche da scarso esercizio fisico.
L’
“Mio marito
si masturba”
Lei accetti
la sua libido
S
ono una donna di sessantacinque anni. Mio marito
ne ha alcuni più di me.
Siamo felicemente sposati da
più di quarant’anni: un traguardo non da poco. Un bel
giorno però, cadendo letteralmente dalle nuvole, ho scoperto che lui si masturbava pur
avendo fatto l’amore la sera
prima. Al che mi è sorto un
dubbio “ma sarà sempre stato
così durante tutti questi anni
del nostro lungo matrimonio?”.
Con i nostri figli è sempre stato
un padre meraviglioso, un vero
esempio in famiglia. Noi due,
come coppia, dal punto di vista
sessuale non abbiamo mai avuto problemi o tabù. Posso affermare con estrema sicurezza
che lui sia sempre stato tutt’altro che un egoista poiché
aspettava sempre che io avessi
avuto il mio piacere. Al che lei
capirà che io non posso fare a
meno dal farmi domande sul
motivo di questo suo comportamento. Nel mio profondo mi
sento umiliata e delusa. Inoltre, mi chiedo che cosa dovrei
fare di più di quello che ho
sempre fatto. Le chiedo per favore di darmi un consiglio.
La risposta
di Linda Rossi
L
e faccio i complimenti per
aver raggiunto questo lungo traguardo insieme all’uomo della sua vita, anche per
la qualità della vostra sessualità
che sta a dimostrare che puredopo i sessant’anni la sessualità
non si spegne affatto e può dare
ancora tanto piacere all’esistenza. Complimenti anche per aver
scelto un uomo che probabilmente è dotato di una buona, se
non forte, libido, visto che a settant’anni inoltrati ha una note-
vole capacità di ripresa dell’eccitazione.
A questo punto vorrei chiederle se lei fosse disposta ad
avere rapporti sessuali quotidiani. Molto probabilmente la
La moda.
LINDA D’ADDIO
F
E
gregio dottore, vorrei
porle dei quesiti su un organo che viene spesso
coinvolto in molte patologie;
mi riferisco all’orecchio che
penso sia una fonte di controlli
frequenti da parte del veterinario. Non voglio entrare nel
merito delle singole patologie,
ma sarei curioso di sapere a
grandi linee le differenze che
corrono tra il nostro e l’orecchio dei nostri amici pelosi. È
vero che cani e gatti hanno un
udito molto più fine e sviluppato di noi umani? E come si possono riconoscere da subito i
problemi di questa delicata
funzione?
La risposta
di Stefano Boltri
Sesso e amore.
La lettera
La lettera
sua risposta sarà no. Ed è comprensibile, poiché per la donna
la libido funziona diversamente
da quella di un uomo. Quest’ultimo sente un vero e proprio bisogno fisiologico di, mi passi il
termine, scaricare la sua tensione sessuale. Se si tratta di un
uomo a forte libido può davvero
essere molto frequente e raramente una donna, a parte i primi tempi della relazione, riesce
Puro,etereo,candido
è il colore non colore
ra i colori più trendy della stagione fredda
c’è anche lui, il colore-non-colore per eccellenza, che tanto piace agli stilisti e altrettanto apprezzato da uomini e donne. Perfetto per
ogni occasione e per ogni momento della giornata è in grado di illuminare anche il cielo più grigio e le giornate più buie. Quasi sempre “viaggia da solo” anche se non disdegna la compagnia dei colori che più gli si avvicinano, i
neutri tenui e delicati, come non teme il
contrasto con il suo rivale di sempre, il
nero.
Dai capospalla agli abiti, dalla maglieria, che nel candore del bianco esalta tutta la sua morbidezza e calore, alle
giacche, dalle gonne ai pantaloni e alle
camicie, ogni capo del guardaroba si illumina nella nuance espressione di
candore e purezza. Anche gli accessori
si vestono di bianco, dalle sciarpe ai
cappelli ai guanti, dalle scarpe agli stivali e alle borse. Impareggiabile in
versione assoluta, esprime tutto il suo
valore quando tinge ogni capo ed accessorio del look. Ci rimanda immediatamente agli anni della Space
Age e alla famosa collezione di
Pierre Cardin la mise total white.
Che sia un abitino corto oppure
un pantalone skinny o una gonna
a ruota abbinati ad un maglioncino
oppure ad una camicia o a una blusa,
poco importa.
Fondamentale però, affinché la scelta sia
adeguata, è che anche gli accessori siano in tema e rigorosamente bianchi, dalle classiche
décolletée agli stivali alti con tacco a cubo. Il
bianco totale ha già conquistato star e fashionisti
e si prepara a invadere lo street style urbano,
elegantissimo ma anche casual. Per Jeremy
Scott è bianco il corsetto stringato e lo sono anche i pantaleggings in maglia a coste. Bianco totale anche per Elisabetta Franchi: giacca
collo smoking su pants maschili al polpaccio e pump. Sempre in tema il completo
giacca lunga doppio petto e pantalone
fluido con pinces di Blugirl come il
due pezzi blusa e pantalone fluido
di Victoria Beckham. Assolutamente “polare” declinato su pellicce,
autentiche o false, dalla versione gilet lungo di Laura Biagiotti alla pelliccia orsetto con stivale cuissards
di Blumarine.
Abbinato col nero rimane uno
degli accostamenti più usati nelle
collezioni, sia invernali che primaverili. Da Burberry Prorsum a Blugirl passando per Chanel e Jean
Paul Gaultier sono tanti i nomi che
hanno puntato su questo tema.
Motivi grafici in bianco e nero per
l’abito al ginocchio di Bottega Veneta. In versione corta rigata il
modello di Costume National. Il
bianco della giacchina corta contrasta il nero della miniskirt nel
look di Emporio Armani. Anche il
makeup più chic punta sul bianco
come hanno dimostrato le sfilate di Narciso
Rodriguez e Givenchy: un trucco raffinatissimo, candido, per gli occhi. Matite kajal white,
ombretti satinati e persino mascara bianchi si
sono ammirati sulla passerella di Givenchy.
a stargli dietro. Per fortuna esiste una sessualità personale. Ed
è a questa che suo marito ha
fatto ricorso alfine di calmare la
sua tensione. Questo non è un
comportamento “contro” la sua
donna, ma la risposta a una sua
voglia. Non è sua intenzione
umiliarla e sicuramente gli dispiacerebbe molto sapere che
ha provocato in lei grande delusione. Delusione probabilmente
dovuta al fatto che lei si è sempre data da fare per soddisfarlo
in tutti i modi possibili. La invito
quindi a non viverlo negativamente, ma come un
aspetto che esiste
in ciascuno di noi
e che ci appartiene al di là del fatto
che viviamo felicemente in coppia.
Forse la masturbazione sua e altrui,
marito incluso, è l’ultimo anello da superare per potersi dichiarare completamente senza tabù.
Se poi lei vuole
capire quello che
spinge suo marito a
farlo proprio il giorno
dopo che avete fatto
l’amore, non ha che da
chiederglielo. Con curiosità però e senza giudizio,
come se si trattasse di una
cosa vergognosa. Se scoprirà che suo marito sente
ancora con tanta frequenza il bisogno sessuale, se ne rallegri, poiché significa che anche lei avrà la fortuna
di beneficiare ancora a lungo di
questa bella attività.
udito del cane e del gatto
è qualcosa di straordinario; questi animali riescono a percepire anche gli ultrasuoni che gli permettono, ad
esempio, di capire quando sta
per arrivare il loro proprietario,
riconoscendo il rumore del motore dell’auto ben prima che
possa essere percepito da noi
bipedi. Inoltre, l’orecchio di cani
e gatti rappresenta un vero e
proprio mezzo di comunicazione sia intra che interspecifica.
Dal punto di vista anatomico,
l’orecchio dei nostri pet non si
discosta molto da quello umano.
Esso è infatti costituito da tre
parti principali: orecchio esterno costituito dal padiglione auricolare; orecchio medio, contenente i tre famosi ossicini staffa,
incudine e martello; orecchio
interno, inserito nelle ossa craniche che ospita i recettori
dell’apparato dell’udito e dell’equilibrio. Il percorso che
compie il suono per arrivare a
destinazione comprende il padiglione che convoglia i suoni, il
condotto uditivo che porta al
timpano, una membrana che
separa l’orecchio esterno dal
medio ed ha il compito di trasmettere le vibrazioni ai tre ossicini. Da qui la staffa, a contatto con l’orecchio interno, attiva
le cellule collegate con il nervo
acustico che a sua volta trasmette le informazioni al sistema nervoso centrale. Purtroppo
l’orecchio è anche fonte di tanti
guai; può infiammarsi
ed essere causa di dolore.
Le otiti sono molto frequenti e alcune razze
più colpite di altre, a causa della diversa conformazione anatomica. Il primo sintomo di otite è la testa piegata
oltre al grattamento insistente dell’orecchio interessato, fino anche a
causare lesioni alla
cute circostante.
Le cause di otite sono svariate e non si
deve dimenticare
che oltre alle infiammazioni, esistono pure parassiti a localizzazione auricolare e i temutissimi “forasacchi”. Anche per le
otiti la prevenzione è
importante; abituare fin da cuccioli cani e gatti ad una igiene
quotidiana rappresenta un metodo valido per evitare guai.
Scrivi a LINDA ROSSI
psicoterapeuta e sessuologa
Scrivi a STEFANO BOLTRI
veterinario del Caffè
Posta: Linda Rossi – Il Caffè
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IL CAFFÈ
23 novembre 2014
55
Oltre il cibo.
Lingua,spalla,
punta,testina,
cotechino...
E verdure
per alleggerirsi
la coscienza
La tradizione
SETTE TAGLI
La ricetta classica del gran bollito
misto prevede 7 tagli di polpa:
tenerone, scaramella, muscolo di
coscia, muscoletto,spalla, fiocco
di punta e cappello del prete.
SETTE AMMENNICOLI
Ai sette classici tagli di polpa
vanno aggiunti sette ammennicoli:
lingua, testina con musetto,
coda, zanpino, gallina, cotechino
e infine rollata (o tasca ripiena).
ELISABETTA MORO
ad un morso di vitello e atterrare dolcemente sulla punta della lingua. Perché nonostante questa Babele proteica cuocia tutta insieme, ogni morceau fa storia a sè. E per evitare che la sazietà giunga
in anticipo e perdippiù senza invito, il genio culinario italico ha inventato una miriade di salse. Dal bagnetto verde a base di prezzemolo, olio extravergine d’oliva e alici salate, a quello rubro che è
l’antenato del ketchup. Dalla mostarda forte, che dilata a dismisura
le porte della percezione, alla radice di rafano grattuggiata al momento.
In Piemonte, dove il bollito si fa Reale, viene affiancato da spicchi di mela e amaretti fritti in pastella. A Berna, invece, dove la giusta misura è da sempre una virtù, la Berner Platte si serve a tavola
cum grano salis. Senza esagerazioni. Ma con gli impareggiabili sauerkraut. A Parigi, dove tutto diventa moda, agli inizi del Novecento era à la page mangiare il bouillon, letteralmente buglione, tanto
che le brasseries cominciarono ad usare questo piatto anche nel nome. Come nel caso del Bouillon Racine, un capolavoro di Art Déco
tradizionalmente frequentato dai professori della Sorbonne che, tra
una lezione e l’altra fanno il pieno di energia. Mentre la sera è tutto
un cinguettare di innamorati intolleranti al sushi. E al frushi.
E dire che Anthelme Brillat-Savarin, padre della gastronomia
moderna, considerava il bollito un cibo da donnicciole, adatto agli
abitudinari, agli impazienti. E ai distratti, quelli che mangiano quasi in second life, perché si deve pur sopravvivere. Così quello che a
noi postmoderni sembra un piatto ricco un paio di secoli fa era quasi un mangiare di magro. Sono i paradossi della storia.
Q
uello che ci metti ci trovi. Tenerone, scaramella, lingua, culatta, fiocco, rollata, spalla, punta, testina. E ancora, cotechino, zampone, mariola, gallina, cappone. Poi, per ingentilire
la voluttà sfrenata della carne si aggiungono delle carote, una cipolla, qualche gambo di sedano. Palliativi per alleggerirsi la coscienza. Il bollito infatti è una cuccagna per impenitenti della tavola. Che trovano un gran gusto a cambiare gusto, alternando un boccone succoso di manzo, con uno di maiale, per passare subito dopo
Bollito misto
Il gusto di cambiare gusto
con la voluttà della carne
SETTE SALSE
La ricetta tradizionale all’italiana
prevede anche sette bagnetti
o salse: verde rustico, verde
ricco,rosso, cren, mostarda,
cugna, salsa al miele (d’avìe).
QUATTRO CONTORNI
Oltre un “richiamo”, come la lonza
di maiale arrostita servita a metà
bollito, sono quattro i contorni:
patate lesse, spinaci al burro,
funghi trifolati e cipolle in agrodolce.
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Apertura Locarno on Ice Giovedì alle 16.00
DAL 27 NOVEMBRE 2014 AL 06 GENNAIO 2015
aperto tutti i giorni
dalle 10.00 alla 01.00
Patrocinio
Patrocinio
PPresenting
resenting sponsor
sponsor
Main
Main SSponsor
ponsor
SSponsor
ponsor
M
Main
ain TTechnical
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S p o ns o r
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edia PPartner
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Media
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Supporters
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Pasticceria
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Partner
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Mobilità
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Castello
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torie di
di ghiaccio
g h i a cc i o
Technical Sponsor
Sponsor
Technical
tognetti auto
TENDE & ARREDAMENTO
ARREDAMENTO
IL CAFFÈ
23 novembre 2014
LE OPINIONI
Per oltre quarant’anni, salvo
una breve pausa, è stato alla guida
del turismo ticinese, dapprima come direttore dell’Ente cantonale ed
in seguito come presidente di Ticino Turismo.
Con la partenza di Marco Solari
dal mondo turistico si chiude un’era
per questo importante settore della
nostra economia. Anche quando è
stato ingiustamente attaccato, il
suo amore per il Ticino è stato incondizionato.
Solari, con grande signorilità, è
rimasto sempre l’uomo forte e il
punto di riferimento del turismo ticinese, un’icona e una bella immagine per il nostro Paese oltre Gottardo.
Quando, nel 1972, ha assunto la
direzione dell’ente turistico cantonale ha apportato una piccola rivoluzione nel settore, modificando in
ilcaffèLink 57
FUORI
DAL
CORO
Da zoccolette e boccalini
alla cultura dell’ospitalità
modo coraggioso l’immagine del Ticino al cospetto della clientela svizzero tedesca, che allora come oggi
rappresenta lo zoccolo duro dei nostri turisti.
Prima dell’avvento di Solari la
propaganda turistica era basata su
un folclore ostentato e anacronistico, su una sorta di “prostituzione”
del nostro carattere latino. Solari ha
buttato all’aria le immagini di zoccolette, di boccalini e di bandelle
che suonavano “O sole mio”, per sostituirle con quelle di un Ticino or-
IL
DIARIO
goglioso delle sue radici, riproposte
senza falsità e senza forzature.
Chi era giovane in quegli anni
non potrà non ricordare la risposta
del manifesto “Ticino terra di artisti” in contrapposizione alle immagini del passato. Qualcuno ha frainteso quel messaggio, senza capire
che nel turismo moderno le radici
culturali andavano espresse e valorizzate attraverso un’interpretazione
attuale delle proprie tradizioni e
non sbandierando un passato che
non esiste più.
Se ci fossero un po’ più di Solari
in giro per il mondo, ai turisti sarebbero risparmiate rappresentazioni di
cattivo gusto che sono impossibili
da evitare quando si viaggia. Persino durante i viaggi culturali. Chi segue questa rubrica conosce il mio
amore e la mia curiosità di giramondo. Quando sono in viaggio poche
cose mi mandano in bestia quanto
le immagini stereotipate di un luogo
e di una cultura. E questo avviene
un po’ ovunque. L’anno scorso in
Africa, ad esempio, mi è capitato di
FOGLI
IN
LIBERTÀ
COLPI
DI
TESTA
GIUSEPPE
ZOIS
GIÒ
REZZONICO
LIDO CONTEMORI
La fatica di riparare
un cuore sfregiato
RENATO
MARTINONI
Massoni e nazisti
sul Monte Verità
Caro Diario,
i processi per pedocriminalità si susseguono e dalle storie che vengono ricostruite e giudicate nei tribunali c’è di
che inorridire. Realtà che si vorrebbero lontanissime da noi
e invece sono qui, con tutto il loro carico dirompente di violenza e di dolore. Adulti, spesso padri, che si trasformano in
orchi di bambini, dei loro stessi figli. Predatori di innocenza.
Ha detto bene, proprio questa settimana, il giudice Amos
Pagnamenta, dopo il lacerante tormento davanti a un padre
di 44 anni, accusato di abusi sulla figlia dodicenne.
ASSOLUZIONE finale, ma “una storia triste da qualunque parte la si guardi“. È un filo che si spezza, forse per
sempre, una ferita difficilissima da rimarginare: sia in chi si
sentirà forse vittima di un’ingiustizia pesante subita da
bambina sia in chi soffrirà come una macchia incancellabile
l’onta di un processo senza la responsabilità di una colpa.
DIFFICILE, a volte impossibile medicare le ferite del vivere. Una donna, abusata da bambina e diventata adulta e
madre a sua volta, ha confessato di non essere più riuscita a
riparare lo sfregio inferto alla sua interiorità da un padre che
le ha rubato la fiducia in chi avrebbe dovuto traghettarla
nella crescita. Dopo certi traumi, l’idea stessa di amare è lacerante, trascina con sé rabbia e tristezza. Siamo nel tempo
e nella società di molti bambini perduti. Piccoli naufraghi
che il destino abbandona su isole di solitudini. E chi vive da
prigioniero nella sua casa impara presto a diffidare di tutti.
Hai voglia di parlare di recupero, terapia, vicinanza...
SI AVVERTE sempre più forte il bisogno di ascoltare, desistendo da giudizi, e sono in molti, per fortuna, che nel silenzio e con dedizione lo fanno, assiduamente.
Questa settimana ci siamo congedati da uno che ha donato tempo e attenzione al prossimo, senza limiti: Federico
Mari, di Arbedo Castione, uno slancio senza confini con i
suoi Volontari, gli scouts, Telefono Sos Infanzia. Un uomo
che s’è prodigato nel costruire esistenze, prevenendo, educando, aiutando. A 60 anni s’era addentrato generoso nel
mondo dei computer e in internet per dare una mano agli
adulti nel difendere i bambini dai troppi “lupi in maschera“
(titolo di un suo libro del 2003). Ci lascia l’esempio di un lottatore contro la deriva di una comunità povera di amore, che
aspira e scarta con la velocità di una vaporiera.
DOMENICA
IN
FAMIGLIA
Spariranno un giorno i libri? Ce lo
si chiede, come ci si interpella sul futuro dei giornali. La carta è ormai roba vecchia? Pronta per la bacheca del
museo, accanto alle pergamene e ai
papiri? Non siamo profeti. Questi anni
hanno sorpreso tutti per evoluzioni,
novità, stili di vita, tecnologie rampanti. Ma di una cosa siamo certi: dovessero sparire, o anche soltanto diventare oggetti arcaici, che ogni tanto
qualcuno ha il privilegio di sfogliare,
perderemmo qualcosa di impagabile e
di insostituibile.
Lo scrivo anche pensando ai ragazzi che oggi leggono meno, o che forse
si dividono sempre di più fra chi legge
ilcaffè
Nel primo Novecento il Monte Verità di Ascona è stato
uno dei poli più prestigiosi della cultura europea. Attratte
dal magnetismo e dalla bellezza dei luoghi vi sono confluite
figure di primo piano del mondo scientifico e intellettuale
del nord. Il motto suonava: la vergogna ci ha vestiti, l’onore
ci spoglierà. (E chissà quanti giovanotti, che giù sulle rive
del lago predicavano contro gli svergognati, saranno saliti a
spiare i Monteveritani mentre, nudi come Adamo ed Eva, lavoravano i campi!) La gente del luogo li chiamava “balabiott” cioè gente che balla nuda, come nei sabba, quando le
streghe si accoppiano con i demoni, oltre che inaffidabili
perditempo. Così che l’esperienza della tribù è spesso stata
ridotta, scioccamente, a un teatro di matti.
Più difficile è comprendere l’atteggiamento di chi continua ad accanirsi, a un secolo di distanza, contro il Monte Verità. Anche perché su quell’esperienza sono stati fatti studi
molto seri: tanto che si può ben dire che nessun luogo della
Svizzera italiana ha mai conosciuto livelli di qualità intellettuale di quel tenore. Il nostro Paese, invece, ha sempre
guardato al Monte Verità con imbarazzo, per non dire con
disprezzo. Certo, di là sono passati i ribelli della società borghese e protestante del nord: vagabondi, anarchici, drogati,
donne scandalose. Ma vi hanno anche vissuto, lavorando
con profitto, e non soltanto la terra, artisti, scrittori, scienziati, filosofi di prim’ordine. Ricordare il Monte Verità con un
senso di colpa o, peggio, ridurre tutto quanto a un maligno
caravanserraglio è culturalmente poco serio.
Un giornale ha scritto che il Monte Verità, nel suo anticattolicesimo massone, è stato “il crogiolo delle peggiori
ideologie del Novecento”. (Ohibò! E chi lo avrebbe mai potuto immaginare?) E che il pittore Elisàr von Kupffer, che poi
avrebbe eretto l’Elisarion a Minusio, è stato il ritrattista preferito da Hitler. Sarebbe interessante conoscere meglio questa vicenda, di cui nessuno fin qui aveva mai sentito parlare.
Tanto più che l’artista “omoerotico” von Kupffer, mentre
sappiamo con certezza cosa succedeva sotto il Nazismo agli
omosessuali e ai pittori “degenerati”, era arrivato nel Locarnese nel 1915, vari anni prima dell’ascesa al potere di Hitler. Giusto vivere lontano dall’iperbole. Sbagliato, però, avvelenare la realtà. Per avallare tesi precostituite. Ohibò! Ma
non eravamo entrati nel terzo Millennio?
Ricordiamo ai nostri figli
che i libri ci vogliono bene
MONICA
PIFFARETTI
Settimanale di attualità, politica, sport e cultura
assistere a uno spettacolino in cui
alcuni membri di un’antica tribù mimavano senza dignità e in modo ridicolo le loro antiche usanze. Poche
settimane fa, in Perù, sono stato testimone di danze kitsch fatte per
compiacere i turisti, al suono di motivi maldestramente riproposti in
chiave moderna.
In Ticino, da anni ormai, tutto
questo non esiste più grazie al lavoro intelligente portato avanti da
Marco Solari in quarant’anni di dedizione al turismo. E c’è da sperare
che, in questo momento di disorientamento politico, il nostro Paese non
dimentichi questo insegnamento di
cultura dell’accoglienza. Una cultura
che Solari continuerà a promuovere
sul palcoscenico e sullo schermo del
Festival internazionale del film di
Locarno di cui rimane un insostituibile presidente.
Direttore responsabile
Vicedirettore
Caporedattore
Caposervizio grafico
(e scopre un paradiso), e chi ci passa,
spesso purtroppo per sempre, accanto.
In un recente contributo apparso su
un pieghevole del centro losannese di
Bibliomedia, si affronta proprio il tema
dei libri che ci vogliono bene. Uno
scritto di una bibloterapeuta francese,
Régine Détambel, centra il tema: “Se
si risale nella storia, si trova l’intuizione della virtù terapeutica del libro e
del racconto”. I libri curano. Hanno il
potere di pacificarci attraverso l’ordine della loro sintassi, il ritmo e la musicalità delle loro frasi, il loro tocco
sensuale, la loro carta…
I racconti hanno lo straordinario
potere di strappare noi stessi ai nostri
Lillo Alaimo
Libero D’Agostino
Stefano Pianca
Ricky Petrozzi
problemi, interrogativi, sofferenze proponendo fictions coinvolgenti e sensi
rinnovati. Alcuni sono semplice divertimento, altri stimolano in modo efficace la nostra attività pischica e fanno
eco al lavoro di scrittura dell’autore.
Attraverso la parola si elaborano i
pensieri e - scrive Détambel - ci si
prende cura delle nostre ferite. La parola scritta permette di fare il legame
con un mondo assurdo e fatto a pezzi,
a ridargli senso. La lingua agisce sul
senso, sulla logica, la lingua è pensata. La sintassi e l’ordine riorganizzano
l’esperienza umana. Alcune letture
rianimano e permettono di instaurare
un nuovo spazio contro la passività, la
Società editrice
2R Media
Presidente consiglio d’amministrazione Marco Blaser
Direttore editoriale
Giò Rezzonico
DIREZIONE, REDAZIONE E IMPAGINAZIONE
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perdita di autonomia. La lettura permette al soggetto di ritrovare una sua
posizione. È la biblioterapia, come la
chiama l’autrice, che permette di allargare le nostre esistenze, a volte già
tracciate e ristrette, di rilanciarsi verso altri orizzonti. E scusate se è poco.
Le si mette un’etichetta che pare
quella di una medicina, ma in realtà è
qualcosa di molto naturale.
Sempre che si facciano quei tre o
quattro passi necessari per entrare in
un mondo che accompagna una vita.
Anzi te ne fa vivere una, due, tre…
Quante ne vuoi, in tanti altri universi
che aiutano a capire te stesso e, quando c’è bisogno, a riparare meccanismi
RESPONSABILE MARKETING
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inceppati, o a incollare cocci interiori.
Forse che, in un mondo spesso flipper
impazzito come quello attuale, vuoi
che non ce ne sia estremo bisogno?
Le attenzioni genitoriali sono oggi
a tutto campo. Per i propri rampolli si
vuole il meglio. Questo sport, quello,
questa attività creativa, quest’altra,
questo strumento musicale o quell’altro. Non so se, nel mare di proposte e
nella frenesia del quotidiano,all’educazione alla lettura e al libro che accompagna e aiuta a colorare/gustare/affrontare la vita si dia oggi il giusto peso. Finiranno in bacheca ? O forse,
pensandoci bene, è proprio l’ora di un
loro grande ritorno?
STAMPA
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IL CAFFÈ
23 novembre 2014
58
ilcaffèLink 59
L’incontro. Medico con la mania della scrittura,in
ventiquattro anni ha pubblicato una cinquantina di libri,
tra romanzi e racconti. Un po’ Piero Chiara,con cui
condivide l’ambientazione del lago e i personaggi,un po’
Indro Montanelli nel rifiutarsi di utilizzare la tastiera
Schermi. I torbidi trascorsi
della“Signora Pitt”lasciano il posto
ad un’immagine da diva globale
Andrea Vitali visto
da Riccardo Mannelli
per il Caffè
Andrea
SUPERMAMMA
DA COPERTINA
Vanity Fair Usa celebra la
“signora Pitt” (39 anni)
donna dell’anno; a destra,
foto di nozze ritardate
fatta nel settembre scorso
Vitali
Angelina donna dell’anno
cancella tatuaggi e passato
MARIAROSA MANCUSO
“Buttar giù frasi con la matita
è da sempre la mia passione”
D
onna dell’anno, nientedimeno.
Così Vanity Fair di dicembre (edizione americana, in Italia hanno
trasformato la testata in un settimanale)
celebra Angelina Jolie. I tatuaggi si vedono ancora, nelle fotografie in abito lungo
con schiena nuda scattate da Mario Testino. Ma sono pubblicate all’interno del
giornale: l’immagine in copertina mostra
la diva, ora signora Brad Pitt, in camicia
bianca (come Julia Roberts in “Closer” di
Mike Nichols, che liberò l’attrice dagli stivali da moschettiere esibiti in “Pretty Woman”).
La figlia di Jon Voight (l’“uomo da
marciapiede” nel film di John Schlesinger, guardate le labbra se avete dei dubbi,
sulla parentela e sulla genuinità) e l’ex
moglie di Billy Bob Thornton dal 2000 al
2003 (il nome è stato cancellato con il laser dal tatuaggio sul braccio sinistro) è
ora il modello di tutte le virtù. Addio per
sempre agli anni delle droghe, dei patti di
sangue con gli amanti, del presunto incesto con il fratello, baciato con trasporto
durante la cerimonia degli Oscar 1999.
L’attrice era stata premiata come non
protagonista per “Ragazze interrotte” di
James Mangold, ambientato in un ospedale psichiatrico, i maligni dissero che
non recitava affatto.
Elenca le mirabili virtù Jeanine di
Ti-Press
Chi è
Scrittore, 58 anni, nato
e cresciuto a Bellano,
è uno degli autori
più letti della narrativa
italiana contemporanea.
Le sue storie
di provincia, tradotte
in una dozzina di Paesi,
hanno venduto circa
tre milioni di copie
S
e Andrea Vitali in 24 anni ha scritto una cinquantina
di libri, tra romanzi e racconti, dividendosi tra l’attività di medico condotto e quella letteraria, figuriamoci cosa riuscirà a produrre da adesso in poi. Da qualche mese ha, infatti, ridotto il suo impegno professionale, chiudendo il rapporto di lavoro con la sanità pubblica.
Ora, nel suo ambulatorio di via Gavazzi, a Bellano, Vitali, 58
anni, continua ad occuparsi, privatamente e gratuitamente, di
qualche paziente. E già i risultati del suo “tempo ritrovato” si
vedono tutti. Solo quest’anno sono usciti quattro suoi nuovi romanzi, l’ultimo, “Biglietto signorina”, già nella top ten dei libri
più venduti, mentre “Di impossibile non c’è niente”, una favola
natalizia, da pochi giorni è nelle librerie. Ma Vitali, c’è da giurarci, nel cassetto della sua scrivania tiene già bell’e pronto un
altro romanzo, rigorosamente scritto con la matita o la stilografica. “Bè, con le mani in mano non riesco a stare - dice - buttar
giù frasi da sempre è la mia passione. Ma non penso di accelerare il ritmo, mi piace lasciar decantare le storie”.
A “buttar giù frasi”, Vitali ha iniziato presto. Il suo primo
rapporto con la scrittura iniziò a 15 anni. Lettere appassionate
ad una morosa. Ma tanta verbosità scritta stancò presto la giovane, che trovò un altro fidanzato, forse meno pratico con le
parole, ma dotato di motorino. “E, probabilmente, di altri metodi di comunicazione più efficaci”, aggiunge ridendo lo scrittore. Per elaborare il “lutto” seguirono poesie strazianti, arrivò un’altra morosa e poi un’altra ancora. Nel frattempo, Vitali
aveva cominciato a studiare medicina “imposta” dal padre…
dando però continuo sfogo al suo pressante bisogno di scrivere. Il suo romanzo d’esordio, nel 1990, “Il procuratore” è premiato con il Montblanc e con il primo importante contratto
editoriale. Con “La figlia del podestà”, 2006, conquista il premio Bancarella.
Da lì in poi il percorso letterario di Vitali è tutto in discesa.
La sua fama travalica i confini nazionali e oggi è uno degli autori più amati e letti della narrativa italiana contemporanea,
tradotto in una dozzina di Paesi, e tre milioni circa di copie vendute. Un po’ Piero Chiara e un po’ Indro Montanelli, del primo
Vitali condivide l’ambientazione dei suoi romanzi, i personaggi
tipici di una provincia come quinta di un affascinante campionario umano; del secondo, il “vizio” di scrivere sempre a mano,
con la stilografica o con la matita. Insomma, buttar giù frasi.
Vitali, inoltre, è una vecchia conoscenza del Caffè, autore di nu-
‘
La professione
Ho parzialmente chiuso
il mio ambulatorio, ora
curo solo privatamente
e gratuitamente
I soldi
Non li ho mai buttati, la
spesa più frivola è stata
l’abbonamento in tribuna
d’onore al calcio Como
merosi racconti inediti scritti apposta per i nostri lettori. Ogni
volta lo incontriamo in riva al suo lago, che si affaccia sulla sua
Bellano, tremilacinquecento anime appena, dove è nato e da
sempre vive e scrive, e ad ogni occasione ci regala un Vitali
sempre uguale ma diverso. Dal paese di lago dice di aver acquisito l’asprezza del carattere, la concretezza e la parlata diretta.
Senza mai andare sopra le righe. Costantemente innamorato
della vita di provincia, dove ambienta tutti i suoi libri animati
da personaggi comuni ma per questo rappresentativi di una varia umanità, abitudinario, schivo, anzi un po’ orso, con gli anni
ha però imparato a concedersi un po’ di più.
Adesso parla volentieri con i giornalisti, affronta, anche se
sempre sbuffando, i lunghi viaggi che lo portano all’estero per
presentare i suoi libri, e si lascia andare a qualche confidenza.
“Adesso che non ho più il dovere dell’ambulatorio mi sono
buttato in una nuova esperienza che da tempo desideravo iniziare: il volontariato con una comunità psichiatrica. C’è poi un
altro progetto, con il Ticino, attraverso una collaborazione con
i laboratori Laser della Fondazione Diamante. A metà dicembre dovremmo vederci qui a Bellano, per uno spettacolo messo in scena dai malati psichiatrici e quindi potrebbe nascere
anche con loro un bel rapporto”. E ha pure ripreso qualche
vecchia abitudine che ormai non ricordava neanche più di
avere, l’orto e le passeggiate in montagna, che hanno stupito
persino sua moglie.
Un Vitali diverso, quindi, meno spiccio, più “chiacchierone”.
Che racconta volentieri anche della moglie Manuela, 55 anni,
sarda doc, sua fedele prima lettrice. “A lei leggo sempre, declamandola, la prima bozza. Quando non apprezza e fa le smorfie,
o per qualche espressione o perché la trama non tiene, mi arrabbio tantissimo, anche se con gli anni ho imparato a controllarmi. Ma alla fine la ascolto sempre, è un buon giudice. Correggo il testo, anche se non glielo dico subito, aspetto un po’”.
Una moglie che ha notato il cambiamento del marito, più disponibile e pronto a condividere qualche passione. Non certo quella dei viaggi, a parte quelli imposti dalla sua agenda di scrittore, gli unici di cui Manuela approfitta. “Odio viaggiare, così come non amo il cinema, mi annoio... le feste e le cene, c’è troppa
confusione. Ma è vero, ora mi sento più appagato, anche mia
moglie mi ha confessato di vedermi rinverdito, che non è male,
non pretendo certo che dica ringiovanito”.
Tra uno sbuffo di pipa e l’altro - ha smesso di fumare le si-
‘
Il progetto
Con la Fondazione
Diamante potrebbe
nascere una bella
collaborazione
La famiglia
A mia moglie leggo
le bozze, è un buon
giudice; mio figlio
ha in testa solo la musica
garette “perché ad una certa età bisogna pensare alla salute” , Vitali fa un passo indietro e racconta un po’ della sua famiglia
di origine. Figlio di Edvige e Antonio, impiegato comunale, è
cresciuto a Bellano con altri cinque fratelli. Dopo aver frequentato quello che lui stesso definisce “il severissimo liceo Manzoni” di Lecco, rinuncia alle sue inclinazioni verso il giornalismo
e, per soddisfare le aspirazioni paterne, si laurea in medicina. E
proprio l’attività di medico condotto sarà per lui un filone inesauribile di aneddoti per costruire i suoi romanzi. Ricordi, pettegolezzi, fatti raccontati dai suoi pazienti, ma anche dai due
fratelli impiegati comunali che ogni tanto gli portano copie di
vecchie delibere, che lo rimandano ad una Bellano passata antica, quella degli anni ‘40-‘50, quando le donne ancora facevano
sognare. Donne tanto amate da Vitali, che le descrive sempre
con dovizia di particolari nei suoi libri. Come ne “La modista”,
ad esempio, ambientato negli anni Cinquanta, in cui la protagonista è una di quelle che fanno sognare, formosa, sensuale e ingenua allo stesso tempo. “Sono sempre stato attratto dalle donne, sono fondamentali nei miei romanzi, come nella mia vita.
Sarà perché sono cresciuto con tre zie zitelle, che ricordo con
gioia e serenità. E negli anni le donne non sono mica cambiate.
Comandavano una volta e lo fanno tuttora. Sono forti, sanno
sempre quello che vogliono”. Caratteristica evidente delle sue
storie. Personaggi veraci, autentici, aspri, le cui vicende, sotto
la sua penna diventano indimenticabili e intriganti”.
Ma non solo parenti, amici e pazienti. Vitali ha altre “fonti”
per i suoi romanzi, i classici: “Sono di un’attualità incredibile,
Eschilo e Omero soprattutto. E poi ho un altro progetto. Con la
consulenza del criminologo Massimo Picozzi sto lavorando a
un romanzo, mezzo inventato, sulla vita di Cesare Lombroso
che uscirà a febbraio. Ho letto parecchi suoi trattati e sto anche ascoltando l’opera per entrare nell’atmosfera, anche musicale, dell’epoca”. La musica è la passione del figlio Domenico,
18 anni, che la vena di scrittore proprio non ce l’ha. “Ma neanche quella di lettore! A lui interessa solo suonare. Mi sa che
dovrò mantenerlo sino a 70 anni”. Bè, senza imbarazzi, viene
spontaneo fargli notare che malgrado il grande successo non si
è mai montato la testa. Nessuna follia, niente auto di lusso,
gioielli, barche..., conferma. Anche se... “Bè, in realtà una spesa futile, per me che vengo da una cultura contadina per cui i
soldi non si buttano mai, l’ho fatta: l’abbonamento in tribuna
d’onore al calcio Como”.
Giovanni, in una delle interviste più compiacenti che mai sia capitato di leggere:
attrice premiata con l’Oscar e regista in
proprio, ambasciatrice dell’alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati
nonché paladina dei diritti umani, sposa
novella e fiera di esserlo, madre di sei figli
che ogni sera cena con la prole, anche
quando è impegnata sul set (cosa mettano in tavola non è dato sapere, vista la
magrezza impressionante dell’attrice deve essere becchime macrobiotico, da
quelle parti i carboidrati non hanno diritto di cittadinanza).
Affettuosità giornalistiche, tra una
cronista di guerra e un’attrice impegnata.
Jeanine di Giovanni aveva scritto “Madness Visible”, il libro sul conflitto in Bosnia da cui Angelina Jolie aveva tratto il
suo primo film, “In the Land of Blood and
Honey” (molto sopravvalutato, il messaggio conta in questi casi più della bravura).
Da allora sono amiche, al punto che la reporter sente il bisogno di descrivere il
guardaroba da missione umanitaria della
diva: pantaloni a sigaretta, ballerine, una
blusa (“seta” non si dice, ma si intuisce).
Diana la principessa triste, con la sua mise da campo minato - scarpe Tods con
chiodini, jeans color crema, camicia di cotone con maniche rimboccate, gilet antiproiettile, mèches che a guardarle oggi
gridano vendetta - sembra una povera
Cenerentola al confronto.
Libri.
Sarà anche un ruolo simbolico,
ma il protagonista è un albero
C
CASA HOWARD
Edgar
M. Forster
(Feltrinelli)
onsiderato da molti il suo capolavoro, “Casa Howard”, di Edward M.
Forster , dovrebbe essere considerato un testimonial ideale per gli ambientalisti. Anche se un secolo fa, nel 2012
quando venne pubblicato per la prima
volta, nessuno si preoccupava della cementificazione e di quanti disastri, frane
e smottamenti avrebbe provocato il dissennato sradicare alberi ognidove.
Sì, perchè uno dei protagonisti principali del libro è un olmo, pianta quasi
estinta nel Vecchio Continente. “V’è poi
un grandissimo olmo, a sinistra di chi
guarda, che si piega un po’ sulla casa e sta al limite tra il
giardino e il prato”, scrive Forster introducendo fin dalle
prime pagine il “personaggio”.
In realtà il plot narrativo si
basa sulle relazione fra le diverse classi sociali, tre famiglie, che rappresentano in
quel momento la società inglese. Nonostante l’intreccio,
però, sembra subliminale il
messaggio che l’albero secolare trasmette al lettore. “Abbiamo fatto un guaio costruendo un
garage tra le radici dell’olmo, e l’anno
scorso abbiamo preso un pezzetto del
prato per tentare di fare un giardinetto
roccioso”, sbotta uno dei personaggi,
rammaricandosi che la casa - una tenuta
che oggi susciterebbe l’invidia di chiunque - “è una di quelle fattorie trasformate; non vanno mai bene, per quanto ci si
spenda sopra”.
E chissà quanto inconsciamente sono
soprattutto i personaggi femminili ( e non
è un mistero che per le due eroine Margaret e Helen, Forster s’ispirò alla giovinezza di Virginia Woolf e della sorella Vanessa) a percepire il ruolo simbolico e spirituale dell’olmo: “È concepibile che le proprietà dello spirito siano lasciate in eredità? Un olmo, una vite, una manciata di
fieno cosparsa di rugiada... può trasmettervi la passione per tali cose, quando non
c’è vincolo di sangue?”.
Pagina dopo pagina l’albero fa da metronomo, scandisce silenzioso e apparentemente insensibile una serie di opposti,
realtà e culture differenti e lontane, Londra e la campagna, borghesi e proletari,
tradizione e progresso, élite e popolino.
Eppure i personaggi della vicenda, per
convivere, devono pur trovare una qualche connessione, anche perché “ogni
vento d’occidente poteva abbattere l’olmo e portare la fine di ogni cosa”. Tutti se
ne andranno, a vegliare su casa Howard
resterà lui.
23 novembre 2014
ilcaffè
La finestra sul cortile
Gli eBook del Caffè
Il Paese tra cronaca e fantasia
341/bis
Racconto di ANONYMOUS, illustrazioni di Marco Scuto
Il fiuto del maresciallo
VENTIDUESIMA PUNTATA
La comedy
noir del Caffè
Una serie di colpi di scena
settimana dopo settimana
La storia
“341bis” è un romanzo
breve cui non è facile
attribuire un genere.
Fosse un film potrebbe
essere definito una
“comedy noir”. Elementi di
giallo che si stemperano
nella commedia, o meglio
ancora, una commedia che
assume involontariamente
i contorni del giallo. Una
serie di fortuite
circostanze, che
Il riassunto
compongono un puzzle
dai contorni
inimmaginabili.
Riassunto delle puntate
Franco Remondini,
55enne manager
bancario luganese,
conduce una doppia
esistenza. Convocato dai
Carabinieri di Intra per
un verbale sulla strada
del Verbano, che percorre
spesso all’insaputa della
moglie Iris, Remondini
si ritrova faccia a faccia
con Agnese, la madre dei
suoi figli. Figli che ha
dichiarato di non avere.
E scoppia un putiferio.
E viene a galla
una mega frode fiscale.
caffe.ch/comedy
Tutte le puntate oline
P
L’e-book
Tutte le puntate di
“341bis”, corredate dalle
illustazioni di Marco
Scuto, possono essere lette
online sul
sito caffè.ch nelle pagine
web dedicate alla serie.
Come tutti i racconti
pubblicati dal Caffè, anche
“341bis” alla fine della
serie diventerà un e-book
gratuito (il primo
pubblicato in Ticino con
testo scritto e graphic
novel d’autore).
azienza! Ma se non mi fossi armato di coraggio - rimuginava il maresciallo per tenere desto nella propria testa quanto era
riuscito a fare - quel 19 giugno non avrei
certo chiesto al Remondini se, per caso,
magari, chissà, forse..., avrebbe potuto
farmi il piacere di..., ma sì, di portarmi
quei diecimila euro a Lugano. Che poi,
per dirla tutta, proprio puliti puliti in verità... La moglie del Carletti, e sua sorella... la sorella di lei cioè, due anni prima
a Gualdo Tadino, avevano venduto l’ap-
Dopo gli accertamenti,
dopo il pomeriggio del 19
giugno i fatti precipitarono
partamento dei genitori. Tutto alla luce
del sole, meno diecimila euro intascati
per il mobìlio. Quando il maresciallo era
venuto a saperlo era andato su tutte le
furie... Ma ormai era troppo tardi! Quindi,
meglio tenerli in casa quei soldi e alla
prima occasione...
Ma perché mai - si domandò il brigadiere Lo Russo, in un lampo di lucidità e
vedendo il Carletti aprire per l’ennesima
volta la cartelletta verde -, perché mai
Jaquinta e Pirinoli hanno contestato al
Remondini l’articolo 341bis? “Sa mare-
sciallo, non ho mai ben capito che cosa
sia successo a Ghiffa. Perché ’sto articolo
341bis, che ha combinato Remondini?”.
Bisogna dire che dopo il pomeriggio
del 19 giugno, dopo cioè che il Carletti
trattenne per accertamenti il Remondini
e la Sanfilippo, i fatti precipitarono e si
ingrandirono così tanto da far dimenticare il perché di quella convocazione a Intra.
“Ma come Lo Russo, non lo sai ancora? È scritto anche sull’ultimo numero
del ‘Carabiniere’. Quelle pagine dove raccontano le inchieste più importanti dell’arma! Ecco, lì è spiegato tutto”.
Lo Russo, che non amava leggere né
verbali né tanto meno giornali, di malavoglia andò di là, nella stanzina dove stavano tutte le riviste. Sull’edizione di giugno del Carabiniere c’era la storia della
stazione di Letojanni, la rapina ai due anziani cioè, che tempo prima gli aveva fatto vedere il Giambò, perché lui, il Giambò, era proprio di quelle parti.
Giugno no... non è quel che cerco.
Ah, ecco qua il numero di agosto!
‘Dopo un giorno di ordinario lavoro a
Intra’. Era il titolo dell’articolo sotto la
rubrica ‘Paese che vai, caserma che trovi’.
Lo Russo iniziò a leggere standosene
in piedi. Dunque...
‘Non è stata un’operazione lunga e
complessa, ma se non fosse stato per il
fiuto del maresciallo Carletti Marco, della
centrale operativa del comando provinciale di Verbania, l’uomo al centro della
filiera illegale che dalla Svizzera arrivava
in Italia, un dirigente della Bank of Swit...
Switz...’ . Il nome era troppo impervio
per il brigadiere. Giunto al primo inciampo verbale, Lo Russo lasciò perdere.
“Giambó, vieni qua un attimo”, chia-
“Che minchia ha fatto ’sto
Remondini quando l’hanno
beccato sulla statale?”
mò dirigendosi verso l’ingresso dove stava il piantone.
“Ma la storia del Remondini e della
Sanfilippo tu la sai bene? L’hai letta
qua?”.
“No brigadiere, non l’ho letta, me l’ha
raccontata Jaquinta”.
“Ah, e com’è, com’è? Che minchia ha
fatto ’sto Remondini quando l’hanno beccato sulla statale?”.
“Brigadiere, li ha presi per il culo!”.
“Noooo...! Ma chi?, Jaquinta e Pirinoli?!”.
22- continua