PROPOSTA DI PIANO FAUNISTICO VENATORIO (L.R.T. 3/94 art. 8) 1. ANALISI DEI RISULTATI DEL PIANO FAUNISTICO VENATORIO 2006 - 2010 Una breve analisi retrospettiva del Piano Faunistico Venatorio che sta per essere archiviato non può non partire dal ricordare le concitate fasi che ne hanno contraddistinto l’iter di approvazione. Cruciale la scelta di suddividere il territorio in due ATC con un maggior equilibrio sia in termini di dimensioni che soprattutto ricercando una miglior omogeneità territoriale. Questa scelta avversata che alla fine ha prevalso non ha avuto le ripercussioni negative che qualcuno paventava. Anzi è stata anche per merito di opportuni “ammortizzatori” quali ad esempio l’interscambio gratuito tra gli iscritti ai due ATC non pare aver avuto effetti negativi di alcuna sorta mentre i lati positivi della scelta sono emersi evidenti in questi anni. Intanto è stato raggiunto l’obiettivo di una più puntuale gestione di territori assai diversi tra loro e che anche a causa delle rilevanti dimensioni dell’ATC Lu 12 dei Piani Faunistici Venatorii precedenti non si era potuta realizzare. Alla lunga, si ritiene, non ne ha beneficiato solo l’ATC Lu 11 e più in generale la Garfagnana che tale Ambito rappresenta. I riscontri positivi in termini di maggior attenzione ai singoli territori sono arrivati anche per l’ATC Lu 12 che ha potuto concentrare energie e risorse in un quadro di maggior sostenibilità di gestione ed i risultati come vedremo non sono mancati. Dopo questa doverosa premessa che costituisce anche una chiave particolare di lettura del bilancio consuntivo del Piano Faunistico Venatorio in scadenza è possibile analizzare sempre in modo necessariamente sintetico una serie di elementi gestionali di rilievo per evidenziarne elementi positivi e negativi. Il Piano Faunistico Venatorio 2006-2010 si è caratterizzato innanzitutto per la previsione (per la prima volta nella storia della gestione faunistica della nostra Provincia) di Zone di Ripopolamento e Cattura (ZRC) e di Zone di Rispetto Venatorio (ZRV). Per queste ultime la previsione non andava ad individuare nel dettaglio i perimetri di tali zone ma poneva le premesse per guidare attraverso specifiche direttive la nascita di tali Istituti in una direzione di affiancamento effettivo alle ZRC e alle altre zone a divieto di caccia della Provincia già esistenti. Il disegno complessivo era quello di muoversi verso un quadro articolato di territori alternativamente aperti e chiusi alla caccia in modo da creare le premesse per un ambientamento della selvaggina e un irradiamento nelle zone circostanti. Le ZRC per un adeguamento procedurale della normativa a lungo atteso sono state nel frattempo costituite applicando un divieto temporaneo ai sensi dell’art. 33). Intervenuta la semplificazione procedurale due di esse sono già state formalmente istituite e nel caso della ZRC di Piazza al Serchio si è provveduto anche alla nomina degli organismi di gestione mentre per quella di Farneta potrebbe essere utile l’affidamento in gestione alla ATC territorialmente competente similmente a quanto è stato già fatto in altre Province. Oltre alla istituzione di altre due ZRC il prossimo Piano dovrà probabilmente ripensare alla collocazione di una di esse attualmente già costituita in divieto di caccia me che non ha mai incontrato, almeno nella perimetrazione attuale, i favori della popolazione locale. Ma anche gli ATC hanno dato un forte contributo alla realizzazione del disegno complessivo previsto dal Piano Faunistico. Pur attenendosi alle norme contenute nel Piano volutamente rigide al fine di garantire fin da subito una “innovazione virtuosa” sono state istituite o sono in via di istituzione una decina quasi di ZRV quasi tutte comprese nel territorio della ATC Lu 12. 1 Questo da un lato rappresenta in sé un fatto molto positivo che denota una crescita notevole nella mentalità del mondo venatorio che anche a Lucca ha compreso l’importanza di certe scelte e la forse paradossale (ma non troppo) possibile ricaduta positiva sulla stessa attività venatoria della creazione di ulteriori zone a divieto di caccia da intervallarsi al territorio aperto alla caccia. Alcune di queste ZRV sono ormai funzionanti e stanno dando i primi frutti anche in termini di presenza di selvaggina mentre altre sono in via di realizzazione. Sul tema dei ripopolamenti di selvaggina, tema assai affine a quello degli Istituti a divieto finalizzati alla produzione, ambientamento e irradiamento della fauna selvatica va detto che il Piano introduceva una innovazione sostanziale che è stata fondamentalmente recepita ed addirittura meglio interpretata e specificata dalla concreta gestione degli ATC. Si allude al fatto che, anche qui per la prima volta, con le direttive del Piano si sono voluti porre dei paletti assai rigidi che riguardavano sostanzialmente la vocazionalità dei territori e la qualità/provenienza della selvaggina da immettere, le fasi di ambientamento della stessa sul territorio di immissione. Sul primo versante l’utilizzo dei dati di indagine della Carta Faunistica di recente acquisizione al momento della stesura del precedente Piano ha voluto dire un forte impulso alla ricerca di areali di immissione sempre meglio adatti a ricevere la selvaggina. Questo ha significato per i tecnici che elaboravano i Piani scendere ad un livello di dettaglio ancora maggiore di quello studiato dalla Carta Faunistica e in alcuni casi anche confutare per areali particolari alcune conclusioni della Carta stessa. Anche sul versante della qualità del prodotto si è assistito ad una miglior valutazione dei fornitori con visite preventive ai produttori e procedure di acquisto molto più evolute e stringenti in modo da garantirsi, anche attraverso una migliore programmazione pluriennale, continuità e qualità della selvaggina. La nascita delle ZRV e comunque la politica seguita dagli Atc che in modo progressivo ha orientato una parte via via crescente della fauna destinata alla immissione in voliere di ambientamento ha costituito a sua volta un passaggio cruciale nel miglioramento delle attività di sostegno della presenza faunistica sul territorio. Tra i tanti interventi per importanza soprattutto sul versante delle azioni sinergiche tra Provincia e ATC è stato il Progetto per la reintroduzione della Pernice rossa finanziato dalla Regione ed attuato da entrambi gli ATC sul rispettivo territorio di competenza. Se è ancora presto per valutare complessivamente un riscontro tangibile e complessivo sul territorio di queste scelte in territori particolari si sono avuti comunque già singoli risultati positivi che lasciano intuire come una intensificazione delle azioni nella direzione intrapresa può avere nel tempo ancora maggiori risultati. La Provincia dal canto suo ha continuato la gestione delle aree a divieto di propria competenza con immissioni annuali sia nelle ZRC che nelle zone soggette a divieto ai sensi dell’art. 14) della L.R. 3/94 ovvero le rotte di migrazione abituale della avifauna operando con selvaggina selezionata immessa ovviamente non con criteri sovradensitarii ma nonostante ciò non sono mancati i riscontri in termini di risultato con alcuni areali dove è possibile ipotizzare anche in ragione della relativa lunghezza del periodo considerato la presenza ormai di selvaggina in grado di riprodursi e si allude in particolare all’art. 14) del Bientina piuttosto che alla ZRC di Farneta. Per quanto riguarda i miglioramenti ambientali nei territori a divieto di caccia si è andato consolidando nel tempo un gruppo di soggetti che hanno assicurato una continuità di interventi mentre un cenno particolare merita il recupero di un importante areale umido nell’alveo dell’ex Lago di Bientina e si allude al cosiddetto Lago della Gherardesca dove i risultati in termini di presenza di 2 avifauna migratrice sono addirittura lusinghieri e quindi dove l’efficacia del finanziamento è stata massimizzata. Accanto ad esso nel territorio della ATC Lu 11 la collaborazione con la ex- Comunità Montana della Garfagnana ha permesso il recupero dei Laghi di Cella altra area umida in un contesto ambientale completamente diverso nel comune di Castiglione Garfagnana. Altri interventi qualificanti di miglioramenti ambientali sono previsti anche nella Media Valle del Serchio. Per quanto riguarda gli ATC si è giunti ad un pieno utilizzo delle risorse disponibili per i miglioramenti ambientali da parte di entrambi gli Ambiti mentre localmente sono state introdotte nuove soluzioni di coinvolgimento degli agricoltori in un quadro di programmazione pluriennale degli interventi. La gestione ed il controllo dei danni provocati dalla selvaggina ha richiesto un impegno notevole e rappresenta forse il versante maggiormente critico alla vigilia del varo del nuovo Piano. Da questo punto di vista il quadro di riferimento del Piano Faunistico Venatorio 2006/2010 è fortemente mutato soprattutto a causa del progressivo radicarsi di un “problema cinghiale” che gli strumenti previsti nel Piano e che tutto sommato erano orientati alla gestione di una situazione ordinaria si sono rivelati inadeguati. Ma del resto la normativa regionale stessa ha avuto necessità impellente di adeguamento rispetto ad una situazione in rapida evoluzione con presenze di cinghiali in zone prossime o addirittura all’interno di nuclei abitati che hanno richiesto un mutamento ed un progressivo adattamento delle strategie di controllo. In questo quadro se l’aumento dei danni non è stato esponenziale anzi tendenzialmente è stato controllato soprattutto per quanto riguarda l’ATC Lu 11 è cresciuta la preoccupazione in determinati areali dove a fianco dei danni alle coltivazioni si è registrata una invadente presenza di questi ungulati con una pressione notevole anche nei confronti della stessa popolazione. Agli interventi ex art. 37 diversamente graduati e con esiti per molti versi incerti si sono affiancate via via strategie di prevenzione che potrebbero già nel medio periodo portare risultati interessanti almeno nei termini di contenere i danneggiamenti alle colture. Risultati già molto lusinghieri sono stati raggiunti dalla ATC Lu 12 nei confronti dei danni provocati dalle cornacchie e si stanno sperimentando metodiche simili per la difesa delle colture a mais verso i cinghiali. Sulla ATC Lu 11 si è proseguito ed intensificato negli anni il ricorso alla recinzione elettrica per la difesa dagli ungulati. Il tendenziale decremento dei danni può rappresentare l’indicatore di un buon risultato di questa strategia. Per quanto riguarda la caccia di selezione i risultati sono tangibili anche se non del tutto omogenei su base territoriale. L’apertura di un nuovo Distretto per il capriolo da parte della ATC Lu 11 è comunque sintomatico della crescita di interesse verso questo tipo di attività. In tema di ungulati, conformemente alle direttive del Piano Faunistico Venatorio è stata attivata la caccia di selezione al muflone mentre si è notevolmente migliorato il versante della selezione al capriolo attraverso l’approvazione di un nuovo Regolamento sperimentale che recepisce la maturità raggiunta dai selecontrollori e pone le premesse per una gestione sempre più corresponsabile del patrimonio faunistico di riferimento. Infine anche per quanto riguarda la gestione del Cervo Appenninico la costituzione dell’Acater occidentale e la redazione dei relativi Piani di Gestione da un lato e l’approvazione del Regolamento provinciale sulla selezione al cervo costituiscono due punti essenziali che hanno posto le basi anche per una gestione di questa specie. Un cenno infine al versante degli appostamenti fissi che nella nostra Provincia ha un rilievo diversamente riscontrabile (in proporzione al numero dei cacciatori) in altre Province toscane. 3 Il numero degli appostamenti negli anni di applicazione del Piano non ha subito particolari oscillazioni, d’altro canto da un lato alcune modifiche normative introdotte dalla Regione oltre all’invecchiamento medio della età dei cacciatori lucchesi fanno sì che questa modalità di caccia continui ad avere una sua persistenza soprattutto in particolari areali del territorio provinciale. La notevole semplificazione regolamentare in materia ancor più recentemente introdotta con l’abolizione ad esempio del cosiddetto “rinnovo quadriennale” oltre al fattore demografico sopra ricordato è prevedibile che induca anche negli anni a venire una sostanziale tenuta di questa forma tradizionale di caccia. Da ultimo ma non per ultimo come livello di importanza è doveroso segnalare come elemento essenziale e alla base di tutti i risultati raggiunti con il Piano Faunistico Venatorio in scadenza è stato il rapporto tra ATC e Uffici Provinciali che nel passato non aveva mai raggiunto livelli particolarmente elevati. Dalla stretta collaborazione nata in questi anni derivano con ogni probabilità tutti i risultati significativi raggiunti e anche le problematiche per le quali a tutt’oggi si ricercano soluzioni migliori come ad esempio la compatibilità territoriale della presenza dei cinghiali sono stati oggetti di confronti ampi e reiterati con soluzioni condivise e con la effettiva ricerca di strategie sinergiche. 2. SINTESI DEGLI OBIETTIVI La Legge Regionale n° 3 del 12/01/1994 all'art 6 c.2 già fissa degli obiettivi di fondo da perseguire comunque nella redazione di ogni piano faunistico venatorio provinciale. In particolare la pianificazione faunistico venatoria è finalizzata: · per quanto attiene alle specie carnivore, alla conservazione delle loro effettive capacità produttive e al contenimento naturale di altre specie non oggetto di specifica tutela; · per quanto riguarda le altre specie, al conseguimento della densità ottimale, alla loro conservazione e a garantirne la coesistenza con le altre specie e con le attività antropiche presenti sul territorio. Il presente PFV costituisce un’evoluzione della precedente pianificazione faunistico- venatoria provinciale; gli obiettivi prefissati derivano dal monitoraggio dell’attuazione del precedente PFV, in particolare dalla valutazione degli interventi di gestione e delle criticità emerse . Il nuovo PFV orienta la propria strategia e programmazione verso scelte che possano superare le problematiche, correggendo e perfezionando le azioni intraprese e previste. Di seguito si riportano i principali obiettivi strategici individuati prioritariamente e discussi in occasione degli incontri pubblici effettuati su territorio provinciale: · conseguire densità di presenza della specie cinghiale compatibili con una attività agricola che sul territorio provinciale conosce già una situazione di pesante crisi Questo dovrà comportare conformemente a quanto peraltro prevede la Legge a una gestione non conservativa della specie specialmente nei territori non tradizionalmente vocati a questa presenza; 4 · incrementare la colonizzazione del territorio da parte delle specie selvatiche selezionando gli interventi col fine ultimo di creare popolazioni per quanto possibile in grado di autosostenersi. Questo implica l’individuazione e l’adozione delle migliori pratiche da porre in essere e che vanno dalla sottrazioni di territori talora marginali alla attività di caccia e da destinare invece alla produzione di selvaggina con metodiche d’avanguardia, alla corresponsione agli agricoltori di benefici a fronte di una attività di semina finalizzata non alla produzione ma al diretto consumo da parte degli animali stessi, fino al ripristino di condizioni del territorio più favorevoli allo sviluppo e alla irradiazione naturale della fauna (zone rifugio, siepi ecc.) che costituiscano soluzioni di continuità di territori spesso banalizzati dalla azione dell’uomo; · pieno ed efficace coinvolgimento delle zone a divieto di caccia in una gestione compatibile con il raggiungimento di densità ottimali delle specie selvatiche e con la gestione attiva delle specie problematiche proprio a partire da quei territori su cui insistono sia le aree che rientrano nei Parchi Regionali e Nazionali che sono presenti in Provincia di Lucca. Tali obiettivi generali sono stati declinati in obiettivi specifici e quindi in azioni funzionali al raggiungimento delle finalità preposte. 2.1 Obiettivi specifici Obiettivo Specifico 1- Verifica degli istituti faunistico venatori esistenti e della loro funzionalità Azioni 1.1 - Revisione cartografica su base 1:10.000 dei perimetri; 1.2 - Verifica dei perimetri degli istituti di protezione su cui risultano presenti altri vincoli di natura ambientale e/o conservazionistica; 1.3 - Garantire che negli istituti faunistici vengano attuate idonee forme di gestione quale priorità per l’istituzione e il mantenimento; 1.4 - Coordinamento con gli altri Enti competenti qualora un istituto di protezione intersechi anche solo parzialmente un’area a gestione non provinciale (ad es CFS, Enti Parco, ASBUC…); 1.5 - Individuazione obiettivi gestionali specifici per ogni istituto. Obiettivo Specifico 2- Contributo alla salvaguardia della biodiversità Azioni 2.1 - Programmazione interventi di monitoraggio e controllo di specie animali omeoterme alloctone; 2.2 - Pianificazione miglioramenti ambientali anche in funzione dell’implementazione e del mantenimento delle reti ecologiche funzionali; 2.3 -Mantenimento presenza istituti venatori a divieto di caccia (oasi di protezione e zone di protezione lungo le rotte di migrazione dell’avifauna) in siti di particolare valenza conservazionistica per la presenza di habitat e specie tutelate da specifica normativa (riferimento anche per la L. 3/94); 2.4 - Contributo all’individuazione di corridoi ecologici funzionali per la fauna mediante specifiche raccolte dati sul territorio; 2.5 - Studi volti alla conoscenza della distribuzione di specie particolarmente protette e di specie protette al fine dell’individuazione di corrette azioni gestionali (es superpredatori come lupo e aquila); 2.6 - Tutela della biodiversità agricola mediante specifiche azioni in caso di danni su produzioni tipiche; 2.7 - Particolare attenzione rivolta alle aree umide minori e alle zone palustri. 5 Obiettivo Specifico 3- Gestione fauna di interesse venatorio Azioni 3.1- Monitoraggio della densità di specie di fauna omeoterma di interesse venatorio (es. censimento beccaccia, censimenti ungulati); 3.2 - Programmazione interventi di controllo ex lege per le specie la cui densità può costituire una problematica non altrimenti risolvibile; 3.3 - Approfondimento dell’analisi sulla vocazionalità del territorio sulla base dei dati raccolti a livello locale: creazione di una banca dati omogenea per la raccolta dei dati territoriali forniti da personale esperto; 3.4 - Salvaguardia delle connettività ecologiche funzionali per garantire la distribuzione e dispersione delle specie faunistiche. Obiettivo Specifico 4 - Riduzione dei danni alle produzioni agricole e alle opere Azioni 4.1 - Formazione e informazione circa l’utilizzo di mezzi ecologici dissuasori e sistemi di prevenzione e di protezione; 4.2 - Sostegno tecnico e consulenza a chi denuncia i danni fin dalle fasi preliminari; 4.3 - Attuazione interventi di controllo mirati sulle specie di interesse venatorio causa del danno; 4.4 - Individuazione specifiche misure per la prevenzione e la protezione dai danni nelle zone di protezione. Obiettivo Specifico 5- Partecipazione alla programmazione prevista nel Piano Azioni 5.1 - Incontri pubblici sia con la utenza che con le Associazioni di Categoria; 5.2 - Raccolta ed elaborazione di contributi; 5.3 - Pubblicazione sul Web; 5.4 – Formazione, informazione e aggiornamento dell’utenza su tematiche di sicurezza e di sostenibilità ambientale 2.2 - La declinazione degli obiettivi specifici in azioni Obiettivo 1- Verifica degli istituti faunistico venatori esistenti e della loro funzionalità Le proposte del piano per gli istituti faunistici Nella tabella seguente si riportano le zone a divieto di caccia previste da altre disposizioni legislative e gli istituti faunistico venatori previsti dal piano: Istituto Parco Nazionale Appennino Tosco Emiliano Superficie (ha) a divieto di caccia 2554 ha Superfici in sovrapposizione con altre aree 2.065,00 Comuni interessati Note Vila Collemandina, Giuncugnano e S. Romano in Garfagnana Sovrapposizione con l’Oasi Monte Vecchio Orecchiella Riserva Naturale Statale Lamarossa 168,00 S. Romano in Garfagnana Riserva Naturale Statale Orecchiella 217,58 S. Romano in Garfagnana 6 compresa nel PN Appennino Tosco Emiliano compresa nel PN Appennino Tosco Emiliano Superficie (ha) a divieto di caccia Superfici in sovrapposizione con altre aree Comuni interessati Riserva Naturale Statale Pania di Corfino 135,00 Villa Collemandina Riserva Naturale Statale Orrido di Botri 192,00 Bagni di Lucca Istituto TOT AAPP nazionali Parco Regionale Alpi Apuane Parco Regionale Migliarino- S. RossoreMassaciuccoli Riserva naturale provinciale Lago di Sibolla e area contigua 2554 13.728,77 1.886,00 Viareggio, Massarosa Pisa, Vecchiano (PI) 64,00+ 75,00 Altopascio 0 49,00 Capannori ANPIL Lago e Rupi di Porta (NON CONFORME ove non coincida con la ZP Versilia) 0 70 ha Pietrasanta ANPIL Dune di Forte dei Marmi 0 9 ha Forte dei Marmi- Montignoso (MS) 15.678,77 128,00 Art. 14 – ZP Bientina 514,00 49,00 Art. 14 – ZP Brentino 433,00 Viareggio, Massarosa Art. 14 - ZP Lucca 3.531,00 Lucca, Borgo a Mozzano Art. 14- ZP Versilia 5.105,00 Viareggio – Camaiore – Pietrasanta – Forte dei Marmi – Seravezza Art. 14- Lago del Bagno 13 Art. 14- Lago di Pontecosi 57 Capannori 214,25 TOT- Art. 14 ZP 9867,25 49,00 Art. 15 – Oasi Balzo Nero 873,00 + 34,00=907 ha 34,00 Bagni di Lucca Art. 15 – Oasi Orrido di Botri 2.162,00+ 49,00 = 2211 192,00 49,00 Coreglia Antelminelli, Bagni di Lucca Art. 15 – Oasi Monte Vecchio Orecchiella 2.122,00 2.065,00 Villa Collemandina – S.Romano – Castiglione Garfagnana – Sillano 5157 2.257,00 Centro Pubblico per la Produzione di Selvaggina allo Stato Naturale di Colle Fobia TOT CPPSSN Il divieto di caccia è determinato dal fatto che l’ANPIL ricade nella ZP BIentina In totale la superficie dell’ANPIL è pari a 77 ha ma solo 70 ha risultano a divieto di caccia perché compresi nella ZP Versilia L’ANPIL risulta a divieto di caccia perché compresa nella ZP Versilia Comprende interamente anche l’ANPIL del Bottaccio Comprende l’ANPIL Dune di Forte dei Marmi e parzialmente l’ANPIL del Lago di Porta Pieve Fosciana Pieve Fosciana, Castelnuovo Garfagnana Lucca Art. 14- Bottacci di Massa Pisana TOT – Art. 15 Oasi compresa nel PN Appennino Tosco Emiliano compresa nell’Oasi Orrido di Botri 2.777,58 ANPIL Il Bottaccio TOT AAPP Regionali Note 136 Nel perimetro sono state incluse alcune aree demaniali contigue al perimetro dell’oasi Comprende interamente la riserva naturale statale Orrido di Botri Nel perimetro sono state incluse alcune aree demaniali contigue al perimetro dell’oasi Barga 136 ZRC Controneria 135 ZRC Farneta 233 ZRC Carraia 266 Fraz. S. Cassiano di Controne (Bagni di Lucca) Loc. Farneta, Maggiano, S. Macario in Piano (Lucca) Loc. Carraia, Colognora e 7 In fase di istituzione In fase di istituzione Istituto Superficie (ha) a divieto di caccia Superfici in sovrapposizione con altre aree Comuni interessati Note Casa del Lupo (Capannori) ZRC Piazza al Serchio 189 TOT ZRC 823 ZRV Montramito ATC 12 264 TOT ZRV 264 F.C. Massaciuccoli 4,7 Massarosa F.C. Capanne di Caprignana 3,6 S. Romano di Garfagnana F.C. Puosi 44,7 Camaiore F.C. Monte Cucco 4,8 Massarosa F.C. Aquilata 12 Massarosa F.C. Colle d’Arciana Piazza al Serchio Massarosa 5 Castiglione di Garfagnana F.C.Vagli 135 Vagli di Sotto F.C. Gelsa 3,2 Area sottratta alla caccia“Il Ciocco” 127,00 Loc. Spianate (Altopascio) Loc. Lucignana (Coreglia Antelminelli) Fraz Vorno (Capannori) Fraz Badia di Cantignano (Capannori) Barga – Fosciandora F.C. Zaffora Marco “San Macario” 10 Lucca 122 Lucca F.C. Az. Agricola la Fornace 21,34 F.C. Tenuta dello Scompiglio 1 45,8 F.C. Tenuta Setteventi s.r.l. Aree sottratte alla caccia S. Macario TOT Art. 25 30 569,14 Zona demaniale Faeta 153 Lucca – Capannori Zona demaniale La Fratta 92 P.za al Serchio Zona demaniale Mediavalle 320 TOT demanio 565 34+49 (sovrapposte alle oasi di protezione) Barga – Coreglia – Bagni di Lucca Sono stati sdemanializzati circa 88 ha rispetto al precedente PFV. Alcune porzioni sono state inserite nell’oasi Balzo Nero e nell’Oasi Orrido di Botri Di seguito gli istituti che non concorrono alla determinazione della superficie a divieto di caccia ex art. 6 c.6 della L.R. 3/94. Istituto ZRV Cima dell’Omo (ATC 12) Estensione (ha) Localizzazione 6,28 Barga ZRV La Cava (ATC 12) 8,69 ZRV Fubbiano (ATC 12) 32,77 ZRV Castello (ATC 12) 5,07 Lucca ZRV Palazzetto (ATC 12) 8,95 Coreglia Antelminelli ZRV Celli (ATC 12) 5,88 Capannori ZRV Campolungo (ATC 12) 9,20 Camaiore ZRV Il Colle (ATC 12) 5,42 Lucca 90 Camporgiano ZRV Ai venti (ATC 11) TOT ZRV Massarosa Capannori 172,26 8 Istituto Estensione (ha) Localizzazione 32 Porcari AACSS Bandierini AACSS Capanno di Ferro AACSS Colli 32 Loc. Padule (Porcari) 3,17 Loc. Colli (Piazza al Serchio) AACSS Combattenti 6,8 Loc. Le Piagge del Fontanone (Coreglia Antelminelli) AACCS Sant’Ansano 2,77 Fraz. Trassilico (Gallicano) 198 Barga, Fosciandora AACSS Il Ciocco TOT Aree addestramento cani senza sparo 274,74 AACCS Tassignano 10,60 Fraz Tassignano (Capannori) AACCS La Pieve 4,6 AACCS Santa Maria del Giudice 14 Fraz Santa Maria del Giudice (Lucca) AACCS Bosco Orsetti 13,9 Fraz S. Alessio (Lucca) AACCS La Rapinata 11,9 Camaiore AACCS Celli 12,3 Fraz. S. Martino in Freddana (Pescaglia) TOT Aree addestramento cani con sparo 67,3 AACC La Pianella AACC Monte Volsci AACC Gonfiente Fraz Piano del Quercione (Massarosa) 35 Loc. Castagnori (Lucca) 13,2 Loc. Monte Volsci (Castelnuovo di Garfagnana) 10 Loc. Gonfiente (Minucciano) AACC Groppa 8 Loc. Groppa (Pescaglia) AACC Colle dei Gatti 10 Loc. Colle dei Gatti (Molazzana) AACC Fraia 8,8 Loc. Fraia (Barga) AACC Verrucolette 4,6 Loc Verrucolette (Minucciano) 4 Loc. Caprignana Vecchia (S. Romano Garfagnana) 3,6 Fraz Magliano (Giuncugnano) AACC Lezzoni AACC Colletto TOT Aree addestramento cani su cinghiale 97,20 AACL Poraglio 7,8 TOT Aree addestramento cani su lepre 7,8 Loc. Poraglio, fraz Pascoso (Pescaglia) Il Territorio provinciale destinato a protezione della fauna selvatica La percentuale del territorio agro silvo pastorale destinata alla protezione della fauna selvatica rispetto alla Superficie Agricola Forestale provinciale (SAF) deve essere compresa fra il 20 e il 30% (Art. 6 c.6 L.R. 3/94). Superficie a divieto di caccia al netto delle sovrapposizioni 35.613,65 ha SAF provinciale 158.216 ha % superficie a divieto di caccia rispetto all’estensione della SAF provinciale 22,51% Il calcolo comprende anche gli Istituti a divieto di caccia dei quali il presente PFV propone l'istituzione. Tale valore sarà oggetto di verifica al momento dell'approvazione Il territorio provinciale a gestione privata della caccia La percentuale di territorio a gestione privata della caccia deve essere inferiore al 15% della SAF provinciale (Art. 20 L.R. 3/94) 9 Istituto Denominazione Superficie (ha) Comuni Specie di indirizzo Altre specie Art. 20 - Aziende faunistico venatorie Tenuta di Forci 374 Lucca Starna Lepre, fagiano Sillano 1 Monte Prunese 3887 TOT AFV Cervo Capriolo, muflone 4261 Art. 21 - Aziende agrituristico venatorie (si tratta di proposte ancora in fase di valutazione) Badia Caval Bianco 310,5 Altopascio 113 Sillano Ha richiesto, quali specie oggetto di abbattimento, oltre alla lepre e al fagiano (specie di indirizzo) anche la quaglia. Anche in caso di autorizzazione non sarà ammesso l’abbattimento della quaglia. Richieste integrazioni. In fase di valutazione Richieste integrazioni. In fase di valutazione Ns Prot. 70749 del 10/04/2012 Ns Prot. 69621 del 06/04/2012 Superficie territorio a gestione privata della caccia 4684,5 SAF provinciale 158216 ha % territorio a gestione privata della caccia rispetto all’estensione della SAF provinciale 2,90% Il territorio provinciale a caccia programmata L’ambito territoriale di caccia rappresenta quella porzione di territorio agro-silvo-pastorale subprovinciale dove è ammessa la caccia programmata. In tali aree la caccia è esercitata tenendo conto dell’indice di densità venatoria minimo, tale indice rappresenta il rapporto tra cacciatore e territorio (Art. 11 L.R. 3/94). Gli ambiti sono individuati, a livello di proposta, dai piani faunistici provinciali tenendo conto: - dei confini naturali - dell’omogeneità faunistica, geomorfologica e ambientale dell’area considerata - delle esigenze di conservazione delle specie di mammiferi e di uccelli selvatici presenti Il territorio provinciale è diviso in 2 Comprensori gestiti rispettivamente dall’ATC Lucca 11, che comprende 16 comuni della Garfagnana e dall’ATC Lucca 12 che comprende 18 comuni che ricadono nella Media Valle del Serchio, nella Versilia e nella Piana di Lucca. Comprensorio ATC Lucca 11 Estensione (ha) 53381 SAF (ha) 50970 Comuni Camporgiano, Careggine, Castelnuovo di Garfagnana, Castiglione di Garfagnana, Fosciandora, Gallicano, Giuncugnano, N° cacciatori iscritti (agosto 2013) 1650 1 L’AFV Monte Prunese ha presentato rchiesta di rinnovo proponendo come nuova specie di indirizzo la pernice rossa 10 Densità cacciatori/SAF 3,24% ATC Lucca 12 123938 107246 Minucciano, Molazzana, Piazza al Serchio, Pieve Fosciana, San Romano in Garfagnana, Sillano, Vagli Sotto, Vergemoli, Villa Collemandina Altopascio, Bagni di Lucca, Barga, Borgo a Mozzano, Camaiore, Capannori, Coreglia Antelminelli, Fabbriche di Vallico, Forte dei Marmi, Lucca, Massarosa, Montecarlo, Pescaglia, Pietrasanta, Porcari, Seravezza, Viareggio, Villa Basilica 7200 6,71% Questa situazione deve comunque tenere conto della nascita, a fare data dal 01-01-2014, del Comune di Fabbriche di Vergemoli che unisce il comune di Fabbriche di Vallico e quello di Vergemoli inseriti al momento in due diversi ambiti Territoriali di Caccia (rispettivamente ATC LU 12 e ATC LU 11). - Revisione cartografica su base 1:10.000 dei perimetri Nelle cartografie di Piano sono stati verificati i perimetri degli istituti su scala 1:10.000 cercando, ove possibile, di attestarli su riferimenti topografici certi così da facilitare la tabellazione (e la successiva manutenzione della stessa) e rendere più comprensibile la percezione della regolamentazione delle diverse zone ai fruitori. - Verifica dei perimetri degli istituti di protezione su cui risultano presenti altri vincoli di natura ambientale e/o conservazionistica Per quanto riguarda aree protette e Siti della Rete Natura 2000 sono stati utilizzati gli shape file forniti da Ufficio SIT della Provincia e dall‘archivio cartografico Geoscopio della RegioneToscana . - Garantire che negli istituti faunistici vengano attuate idonee forme di gestione quale priorità per l’istituzione e il mantenimento Nella seguente tabella per ogni istituto si riporta il soggetto incaricato della gestione. Istituto Aree Protette nazionali Aree Protette Regionali Zone di protezione Soggetto incaricato della gestione Parco Nazionale Appennino Tosco Emiliano Ente Parco Riserva Naturale Statale Lamarossa CFS – UTB di Lucca Riserva Naturale Statale Orecchiella CFS – UTB di Lucca Riserva Naturale Statale Pania di Corfino CFS – UTB di Lucca Riserva Naturale Statale Orrido di Botri CFS – UTB di Lucca Parco Regionale Alpi Apuane Parco Regionale Migliarino- S. RossoreMassaciuccoli Riserva naturale provinciale Lago di Sibolla Ente Parco ANPIL Il Bottaccio Comune di Capannori/WWF Oasi ANPIL Lago e Rupi di Porta (NON CONFORME) Comune di Pietrasanta ANPIL Dune di Forte dei Marmi Provincia di Lucca – Ufficio risorse faunistiche Art. 14 – ZP Bientina Art. 14 – ZP Brentino Art. 14 - ZP Lucca Art. 14- ZP Versilia 11 Ente Parco Provincia di Lucca – ufficio urbanistica aree protette Istituto Soggetto incaricato della gestione Art. 14 ZP Pontecosi Art. 14 ZP Lago del Bagno Art. 14 – ZP Bottacci di Massa Pisana Oasi di protezione Centro Pubblico per la Produzione di Selvaggina allo Stato Naturale Zone di Ripopolamento e Cattura Art. 15 – Oasi Balzo Nero Unione dei Comuni della Media Valle del Serchio Art. 15 – Oasi Orrido di Botri Unione dei Comuni della Media Valle del Serchio Art. 15 – Oasi Monte Vecchio Orecchiella Unione dei Comuni della Garfagnana Colle Fobia Unione dei Comuni della Media Valle del Serchio ZRC Controneria Proposta convenzione con ATC Lu 12 ZRC Farneta Proposta convenzione con ATC Lu 12 ZRC Carraia Proposta convenzione con ATC Lu 12 Commissione di verifica e controllo istituita con DD 1801/2012 ai sensi della L.R. 3/94 art. 16 ZRC Piazza al Serchio Fondi chiusi F.C. Sassina F.C. Capanne di Caprignana F.C. Colle d’Arciana F.C. Vagli F.C. Az. Agricola la Fornace “Il Ciocco” F.C. Puosi F.C. Monte Cucco F.C. Aquilata F.C. Zaffora Marco F.C. Gelsa F.C. Tenuta dello Scompiglio 1 F.C. Tenuta Setteventi s.r.l. “San Macario” Demanio regionale Zone di rispetto venatorio Aree addestramento cani senza sparo Zona demaniale Faeta Unione dei Comuni della Garfagnana Zona demaniale La Fratta Unione dei Comuni della Garfagnana Zona demaniale Mediavalle Unione dei Comuni della Media Valle del Serchio ZRV Montramito ATC 12 ATC LU 12 ZRV Cima dell’Omo ATC LU 12 ZRV La Cava ATC LU 12 ZRV Fubbiano ATC LU 12 ZRV Castello ATC LU 12 ZRV Palazzetto ATC LU 12 ZRV Celli ATC LU 12 ZRV Campolungo ATC LU 12 ZRV Il Colle ATC LU 12 ZRV Ai venti ATC LU 11 AACSS Bandierini loc. Padule (Capannori) Federcaccia- Sez Porcari AACSS Capanno di Ferro loc. Padule (Capannori) Federcaccia- Sez Porcari AACSS Colli (Piazza al Serchio) Federcaccia- Sez Piazza al Serchio AACSS Combattenti loc. Le Piagge del fontanone (Coreglia Antelminelli) AACCS Sant’Ansano (Gallicano) Aree addestramento cani con sparo AACCS Tassignano (Capannori) ANLC Coreglia Antelminelli Enalcaccia P-T- di Gallicano Federcaccia di Capannori e Lucca 12 Istituto Soggetto incaricato della gestione AACCS La Pieve fraz. Piano del Quercione (Massarosa) AACCS Santa Maria del Giudice (Lucca) Aree addestramento cani su cinghiale Aree addestramento cani su lepre Federcaccia- Sez. Viareggio Enalcaccia P.T. S. Maria del Giudice AACCS Bosco Orsetti (Lucca) Enalcaccia P.T. S. Alessio AACCS La Rapinata (Camaiore) Enalcaccia P.T. di Camaiore AACCSS Il Ciocco Società con sede a Castelvecchio Pascoli AACCS Celli fraz. S. Martino in Freddana Privato AACC La Pianella – loc. Castagnori (Lucca) Federcaccia- Sez. La Querciola AACC Monte Volsci- (Castelnuovo Garf) Federcaccia- Sez. Castelnuovo di Garfagnana AACC Gonfiente- loc. Gonfiente (Minucciano) AACC Groppa (allenamento dei cani cuccioli si cinghiale) fraz. Pascoso (Pescaglia) AACC Colle dei Gatti (Molazzana) Federcaccia- Sez comunale di Giuncugnano AACC Fraia (Coreglia Antelminelli) Enalcaccia di Coreglia Antelminelli AACC Verrucolette (Minucciano) AACC Lezzoni loc. Caprignana Vecchia (S.Romano in Garfagnana) AACC Colletto loc. Magliano (Giuncugnano) Impresa agricola AACL Poraglio loc. Poraglio, fraz. Pascoso (Pescaglia) Enalcaccia – Sez. Pascoso Enalcaccia – Sez. Pascoso Impresa agricola - Coordinamento con gli altri Enti competenti qualora un istituto di protezione intersechi anche solo parzialmente un’area a gestione non provinciale Dalla tabella precedente risulta evidente che la gestione del territorio agro-silvo-pastorale a fini faunistici e faunistico-venatori, escluso il territorio a caccia programmata competenza specifica dell’ATC, vede la presenza di diversi Soggetti competenti (altri Uffici dell’Amministrazione Provinciale, Enti Parco, CFS, Unione di Comuni, Comuni, ATC, privati, associazioni venatorie e ambientaliste…). Le analisi di coerenza svolte nell’ambito del presente Rapporto Ambientale (punto a)) hanno interessato i piani sovraordinati sia di natura territoriale che settoriale, al livello di particolare dettaglio richiesto dai contributi pervenuti in sede di consultazione del Documento Preliminare. Questo ha permesso di verificare la sostenibilità e la coerenza degli indirizzi della pianificazione faunistico venatoria provinciale con altre disposizioni normative e regolamentari evidenziando eventuali situazioni di criticità e attuando quindi opportune misure correttive. Risulta comunque necessario attivare specifici accordi con i diversi Soggetti competenti territorialmente per l’attuazione coordinata degli interventi e al fine del monitoraggio del perseguimento delle finalità di gestione. Per quanto riguarda i Parchi Regionali sono da promuovere azioni volte a un aggiornamento delle intese per l’attività venatoria nelle aree contigue. Importante anche attivare colloqui e intese con i Parchi della Regione Emilia Romagna che risultano contigui ai confini provinciali. - Individuazione obiettivi gestionali specifici per ogni istituto. Di seguito si riportano in sintesi gli obiettivi gestionali definiti per gli istituti venatori provinciali sulla base del monitoraggio dei risultati conseguiti a seguito dell’attuazione del PFV 2006-2010, delle analisi valutative del procedimento di valutazione ambientale strategica e del procedimento di valutazione di incidenza. Tali obiettivi sono in genere perseguiti attraverso piani pluriennali e piani annuali redatti dai soggetti competenti/incaricati della gestione. Si rimanda alla specifica disciplina per norme, indirizzi e prescrizioni di maggior dettaglio. 13 Istituto Oasi di protezione Obiettivi gestionali di legge L.R. 3/94 - Art. 15 - Oasi di protezione 1. Le oasi di protezione destinate al rifugio, alla riproduzione e alla sosta della fauna selvatica sono istituite dalla Provincia. 2. Nelle oasi di protezione si effettuano interventi idonei alla conservazione della fauna selvatica, favorendo l’insediamento e l’irradiamento naturale delle specie stanziali e la sorta delle specie migratorie. 3. Le Province gestiscono le oasi di protezione. Per la gestione possono avvalersi del concorso di associazioni culturali, ambientaliste, venatorie e agricole. Le priorità per la realizzazione degli interventi è affidata ai proprie tari o conduttori i cui terreni ricadono nell’oasi. Nel caso in cui le oasi ricadano in zone di terreno demaniale la gestione avviene d’intesa con la Comunità montana e/o i comuni interessati. 4. Nelle oasi di protezione l’attività venatoria è vietata, così come ogni forma di disturbo o di nocumento alla fauna selvatica. 5. Le oasi sono segnalate con tabelle conformi alle prescrizioni dell’ art. 26 della presente legge, che recano la scritta "Oasi di protezione - divieto di caccia". La segnaletica di cui sopra è integrata dall’indicazione delle attività vietate o limitate posta sulle principali vie o punti di accesso all’oasi. 6. La provincia determina il perimetro delle aree da vincolare per gli scopi di cui ai commi 1 e 2, con apposita deliberazione che deve essere pubblicata mediante affissione all'albo pretorio della provincia e dei comuni territorialmente interessati e notificata alle aziende agricole presenti sul territorio. Le medesime procedure si applicano anche in caso di modifica del perimetro delle aree da vincolare. 7. Qualora nei successivi 60 gg sia presentata opposizione motivata, in carta semplice ed esente da oneri fiscali da parte dei proprietari o conduttori dei fondi costituenti almeno il 40% della superficie complessiva che si intende vincolare, l’oasi di protezione non può esse re istituita. Nelle relative aree la Provincia provvede in attuazione delle indicazioni contenute nel regolamento regionale. 8. Eccezionalmente, qualora ricorrano particolari necessità ambientali, la provincia può procedere alla costituzione coattiva di oasi di protezione, zone di ripopolamento e cattura , sentiti i Comuni o le Comunità Montane interessati. Dettaglio Obiettivi gestionali specifici Oasi Orrido di Botri Recupero dei prati pascolo e delle aree aperte mediante interventi di miglioramento ambientale Studio e salvaguardia delle specie faunistiche e degli habitat di valore conservazionistico. Si ricorda che l’Oasi ricomprende il Sito Natura 2000 SIRSIC-ZPS “Orrido di Botri” e parzialmente il SIR-SIC “Monte Romecchio, Monte Rondinaio, Poggione” Studi specifici circa le specie ornitiche migratrici Interventi a tutela della nidificazione di specie rupicole di interesse conservazionistico Attuazione interventi di ripopolamento con lepri di provenienza certificata ambientate in loco che costituiscono anche importante anello delle catene alimentari di molti predatori 14 Istituto Obiettivi gestionali di legge Dettaglio Oasi Balzo Nero Oasi Monte Vecchio Orecchiella 15 Obiettivi gestionali specifici Interventi di ricerca e messa in atto di sistemi di prevenzione dei danni da predazione sul bestiame causati da canidi al fine della mitigazione del conflitto lupo- pastorizia Regolamentazione delle attività consentite per evitare nocumento alla fauna selvatica e a tutela delle tradizionali attività pastorali Nel perimetro è compresa la riserva naturale statale Orrido di Botri gestita dal CFS-UTB di Lucca quindi sono da attuare intese per il coordinamento di alcuni interventi Realizzazione percorsi e specifica cartellonistica a fini formativi e informativi Per garantire una gestione omogenea, le porzioni di demanio contigue all’oasi sono state comprese nel perimetro Recupero dei prati pascolo e delle aree aperte mediante interventi di miglioramento ambientale Studio e salvaguardia delle specie faunistiche e degli habitat di valore conservazionistico. Si ricorda che l’Oasi ricomprende il Sito Natura 2000 SIRSIC “Zone calcaree della Val di Lima e del Balzo Nero” per cui è stata avanzata proposta di ampliamento a seguito degli studi di caratterizzazione delle vicine vette calcaree del Monte Memoriante e della Penna di Lucchio. Inoltre comprende parzialmente il Sito SIRSIC “Monte Prato Fiorito- Monte Coronato- Valle dello Scesta” Interventi a tutela della nidificazione di specie rupicole di interesse conservazionistico Interventi di ricerca e messa in atto di sistemi di prevenzione dei danni da predazione sul bestiame causati da canidi al fine della mitigazione del conflitto lupo- pastorizia Regolamentazione delle attività consentite per evitare nocumento alla fauna selvatica Per garantire una gestione omogenea, le porzioni di demanio contigue all’oasi sono state comprese nel perimetro Studio e salvaguardia delle specie faunistiche e degli habitat di valore conservazionistico Interventi a tutela della nidificazione di specie rupicole di interesse conservazionistico Attuazione di miglioramenti ambientali al fine di ricostituire habitat ed ecosistemi per la fauna omeoterma (ad es Laghi di Cella) L’oasi comprende, anche parzialmente, i seguenti Siti della Rete Natura 2000: SIR-ZPS Pania di Corfino SIR-SIC Parco dell’Orecchiella - Pania di Corfino -Lamarossa SIR-SIC- Monte Castellino Le Forbici Studi specifici circa le specie ornitiche migratrici Istituto Obiettivi gestionali di legge Dettaglio Obiettivi gestionali specifici Per la presenza dell’Ente Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano, delle Riserve Naturali Statali gestite dal CFS- ex UTB di Lucca e dei terreni demaniali regionali gestiti dall’Unione dei Comuni della Garfagnana, la maggior parte degli interventi sono attuati sulla base di specifici accordi e intese L.R. 3/94 - Art. 14 - Zone di protezione 1. La provincia provvede all'istituzione di zone di protezione lungo le rotte di migrazione dell'avifauna segnalate dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) nel rispetto del regolamento regionale. 2. La Provincia, nelle zone di protezione di cui al comma precedente, interviene per il ripristino e la salvaguardia degli ecosistemi. 3. La Giunta regionale, qualora la Provincia non adempia a quanto disposto dal primo comma, previa assegnazione di un termine di 30 gg per l’adempimento, provvede direttamente. 4. La Provincia trasmette periodicamente, e almeno ogni sei mesi, alla Giunta regionale una relazione sullo stato di attuazione degli obblighi nascenti dal presente articolo, anche ai fini dell’adempimento degli obblighi discendenti, per la Regione, dall’art. 1, commi 6 e 7 della L. n. 157/1992 . 5. I confini delle zone di protezione sono delimitati da tabelle, conformi alle prescrizioni di cui all’ art. 26 della presente legge, recanti la scritta "Zone di protezione - Divieto di caccia". Zone di protezione DPGR 33/R/2011- Art. 19 Zone di protezione 1. I confini delle zone di protezione lungo le rotte di migrazione dell’avifauna devono coincidere possibilment e con elementi geografici facilmente individuabili e tali da consentire un’efficace gestione e vigilanza. 2. Le zone di protezione lungo le rotte di migrazione dell’avifauna hanno durata corrisponde nte al piano faunistico venatorio provinciale e possono essere riconfermate . 3. La gestione delle zone di protezione poste lungo le rotte di migrazione dell’avifauna è affidata alla provincia che può avvalersi del concorso di associazioni culturali, ambientaliste, venatorie e agricole con le quali può stipulare apposite convenzioni. Per la realizzazione degli interventi gestionali programmati si privilegiano forme associate di proprietari e conduttori di fondi inclusi. 4. Nel piano faunistico venatorio provinciale sono indicati gli obiettivi gestionali da perseguire mediante specifici piani annuali. 5. Ai sensi dell’articolo 28 bis, comma 5, della l.r. 3/1994 le province garantiscono il mantenimento delle densità sostenibili diungulati. Le province garantiscono altresì l'equilibrio compatibile fra le popolazioni animali presenti , le produzioni agricole e l'ambient e esercitando le forme di controllo di cui all'articolo 37 della l.r. 3/1994. ZP Bientina Attuazione di miglioramenti ambientali: colture a perdere per la fauna selvatica e interventi volti a ricostituire habitat ed ecosistemi per la fauna omeoterma (ad es Laghi della Gherardesca) Attuazione di interventi in coerenza con le misure di conservazione del SIR-SIC “Ex alveo del Lago di Bientina” Salvaguardia delle produzioni agricole mediante interventi di prevenzione dei danni arrecati da specie selvatiche alle colture; ove necessario applicazione di metodiche ecologiche di controllo delle specie problematiche fino all’abbattimento (cinghiale, piccione..) 16 Istituto Obiettivi gestionali di legge Dettaglio ZP Brentino ZP Lucca ZP Versilia ZP Pontecosi ZP Bottacci di Massa Pisana ZP Lago del Bagno (o Prà di Lama) 17 Obiettivi gestionali specifici Salvaguardia del ruolo di zona tampone tra l’area contigua, l’area interna del parco regionale Migliarino-S. RossoreMassaciuccoli e la ZP Versilia Controllo di specie alloctone problematiche Salvaguardia ruolo di connettività ecologica svolta dagli specchi d’acqua Salvaguardia del corridoio fluviale del Serchio e delle zone pertinenziali prevalentemente a vocazione agricola/rurale dalla città di Lucca fino a Borgo a Mozzano Salvaguardia delle produzioni agricole mediante interventi di prevenzione dei danni arrecati da specie selvatiche alle colture; ove necessario applicazione di metodiche ecologiche di controllo delle specie problematiche fino all’abbattimento (cinghiale, piccione..) Regolamentazione delle attività consentite per evitare nocumento alla fauna selvatica. Realizzazione percorsi e specifica cartellonistica a fini formativi/didattici e informativi Salvaguardia del corridoio ecologico costiero Promozione di una fruizione sostenibile e consapevole delle aree naturali e seminaturali Gli interventi gestionali devono garantire la tutela delle aree non edificate e di frangia urbana quali zone marginali di interesse per la fauna stanziale e migratoria Tutela delle aree umide anche residuali e comprese in ambito urbano Attuazione di interventi in coerenza con le misure di conservazione del SIRZPS “Lago di Porta” Salvaguardia del corridoio ecologico interno lungo la Valle del Serchio Possibilità di sviluppo di un turismo escursionistico e naturalistico lungo le sponde del lago con strutture per il birdwatching Salvaguardia delle rotte di migrazione nella Piana di Lucca Salvaguardia dell’importante ruolo di nodo all’interno delle reti di connettività ecologica funzionale (in particolare del sistema delle aree umide e dei corsi d’acqua) Salvaguardia degli habitat e delle specie che caratterizzano il SIR-SIC “Monte Pisano” Attuazione forme di gestione delle popolazioni di cinghiale e di specie alloctone invasive, anche mediante interventi di controllo ex art. 37della L.R. 3/94 Valorizzazione e gestione delle zone umide anche temporaneamente allagate, dei prati umidi ,dei boschi igrofili e della vegetazione ripariale Attuazione di miglioramenti ambientali al fine di riqualificare le aree di valore conservazionistico e implementare la qualità degli ecosistemi e la disponbilità di habitat Salvaguardia del corridoio ecologico interno lungo la Valle del Serchio Istituto Obiettivi gestionali di legge Dettaglio Obiettivi gestionali specifici Tutela dell’area umida di origine termale e della fascia di bosco igrofilo circostante di elevato valore conservazionistico Approfondimento conoscenza circa le comunità presenti Attuazione interventi di miglioramento ambientale funzionali a e implementare il ruolo di step stone all’interno della rete ecologica provinciale Art. 16 - Zone di ripopolamento e cattura 1. Le Province istituiscono, in attuazione del piano faunistico- venatorio, zone di ripopolamento e cattura destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale e alla cattura della stessa per l’immissione e il suo irradiamento sul territorio, in tempi e condizioni utili all’ambientamento, fino alla ricostituzione e alla stabilizzazione della densità faunistica ottimale per il territorio. 2. Le zone di ripopolamento e cattura sono istituite con le modalità di cui ai commi 6, 7, 8 del precedente art. 15 , su terreni idonei alla realizzazione degli scopi di cui al primo comma e non suscettibili di danni gravi alle produzioni agricole. 3. La Provincia costituisce per ogni zona di ripopolamento e cattura una commissione di verifica e controllo composta in misura paritetica da rappresentanti dei proprietari o conduttori dei fondi ricompre i nelle zone e da rappresentanti dei cacciatori designati dal comitato di gestione dell’ATC in cui essa ricade. 4. La Provincia, per la gestione delle zone di ripopolamento e cattura, utilizza in via prioritaria forme associate dei conduttori dei fondi rustici inclusi. In assenza di tali forme la gestione viene svolta dalle commissioni di cui al comma precedente . 5. I confini delle zone di ripopolamento e cattura sono delimita ti da tabelle, conformi alle prescrizioni di cui all’ art. 26 della presente legge recanti la scritta "Zona di ripopolamento e cattura - Divieto di caccia". 6. Nel caso di gestione diretta della struttura la commissione trasmette annualmente alla Provincia il bilancio consuntivo, corredato da una relazione tecnico- economica relativa alla gestione e al numero dei capi catturati . 7. La Provincia esamina la rispondenza fra attività svolte, direttive impartite e fondi erogati e dispone gli eventuali atti a tutela dell’interesse dell’Amministrazione. ZRC Controneria ZRC Farneta ZRC Carraia 18 Attuazione miglioramenti ambientali a fini faunistici (il bando annuale prevede una priorità di intervento all’interno delle ZRC) Produzione della fauna selvatica allo stato naturale per il suo irradiamento sul territorio in particolare per le specie di indirizzo: Pernice rossa e Lepre Attuazione miglioramenti ambientali a fini faunistici(il bando annuale prevede una priorità di intervento all’interno delle ZRC) Attuazione interventi di controllo ex art. 37 della L.R. 3/94 sulla specie cinghiale Produzione della fauna selvatica allo stato naturale per il suo irradiamento sul territorio in particolare per le specie di indirizzo: Fagiano e Lepre Attuazione miglioramenti ambientali a fini faunistici. (il bando annuale prevede una priorità di intervento all’interno delle ZRC) Istituto Obiettivi gestionali di legge Dettaglio ZRC Piazza al Serchio Obiettivi gestionali specifici Produzione della fauna selvatica allo stato naturale per il suo irradiamento sul territorio in particolare per la specie di indirizzo: Fagiano Produzione della fauna selvatica allo stato naturale per il suo irradiamento sul territorio in particolare per le specie Fagiano e Lepre (specie di indirizzo) Raccolta dati conoscitivi sulle comunità faunistiche presenti Salvaguardia, sosta durante la migrazione, sviluppo e riproduzione delle specie migratirici Attuazione miglioramenti ambientali a fini faunistici. (il bando annuale prevede una priorità di intervento all’interno delle ZRC) Attuazione di interventi di miglioramento ambientale in coerenza con le misure di conservazione del SIR “Rupi Basaltiche di Piazza al Serchio e Poggio” Il Piano di Gestione deve essere corredato da un’analisi dell’uso del suolo al dettaglio della vegetazione presente per la porzione compresa nel SIR“Rupi Basaltiche di Piazza al Serchio e Poggio” Centri pubblici di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale Art. 17 - Centri pubblici di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale 1. Le Province, in attuazione del piano faunistico venatorio istituiscono centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale,finalizzati alla ricostituzione di popolazioni autoctone. 2. I centri pubblici sono destinati alla produzione naturale di fauna selvatica da utilizzare per l’immissione in altri territori ai fini del ripopolamento. 3. I centri pubblici sono istituiti su terreni di cui siano proprietari o conduttori lo Stato o gli Enti territoriali. La gestione è affidata agli Enti stessi, che la effettuano nelle forme di cui al capo VIII della L. 8 giugno 1990 n. 142 . 4. I centri pubblici sono delimita ti da tabelle conformi alle prescrizioni di cui all’ art. 26 della presente legge, recanti la scritta "Cent ro pubblico di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale - Divieto di caccia". Colle Fobia Attuazione miglioramenti ambientali a fini faunistici allo scopo di ripristinare e mantenere le aree aperte e garantire la presenza di aree pabulari Interventi di ripopolamento con specie per cui l’istituto è stato ritenuto vocato (lepre e pernice rossa) mediante preliminare ambientamento e monitoraggio delle popolazioni Realizzazione percorsi e specifica cartellonistica a fini formativi e informativi Interventi sperimentali/pilota per i miglioramenti ambientali, la gestione del pascolo e la gestione faunistica Promozione di attività di studio e ricerca, incontri colturali, seminari e workshop Sperimentazione di metodi e tecniche per la gestione degli ecosistemi 19 Istituto Obiettivi gestionali di legge Zone di rispetto venatorio Art. 17 bis- Zone di rispetto venatorio 1. La provincia, su proposta degli ATC, può istituire zone di rispetto venatorio per l’attuazione dei programmi di miglioramento ambientale di cui all’art. 12, c.1, lett. e). 2. Nelle zone di rispetto venatorio la provincia può consentire la caccia agli ungulati con il metodo della caccia di selezione e da appostamento. 3. Le superfici interessate dalle zone di rispetto venatorio sono escluse dalla quota di territorio di cui all’art. 6, c. 5, nel caso abbiano durata inferiore a quella del piano faunistico venatorio provinciale e siano di superficie inferiore a 150 ettari. 4. Le zone di rispetto venatorio sono segnalate con tabelle conformi alle prescrizioni dell’art. 26, che recano la scritta “Zona di rispetto venatorio – divieto di caccia”. La segnaletica di cui sopra è integrata dall’indicazione delle attività vietate o limitate posta sulle principali vie o punti di accesso alla zona di rispetto venatorio. 5. Le zone di rispetto venatorio sono istituite con le modalità di cui all’art. 15, commi 6, 7 e 8, su terreni idonei alla realizzazione degli scopi di cui al comma 1 e non suscettibili di danni gravi alle produzioni agricole. 6. Per la gestione delle zone di rispetto venatorio l’ATC si avvale prioritariamente dei proprietari e conduttori dei fondi rustici compresi nel territorio di competenza e degli agricoltori, singoli e associati, con i quali può stipulare apposite convenzioni. Dettaglio Obiettivi gestionali specifici ZRV Cima dell’Omo Necessaria la redazione di piano di gestione comprendente le attività di miglioramento ambientale, di prevenzione e risarcimento danni, di censimento e gestione della fauna compresi interventi di immissione e di controllo. Il Piano ha valenza triennale e annualmente è necessaria la predisposizione di una relazione annuale sullo stato di attuazione della gestione, da consegnare entro il 30 aprile. ZRV La Cava ZRV Montramito ATC 12 ZRV Fubbiano ZRV Castello ZRV Palazzetto ZRV Celli ZRV Campolungo ZRV Il Colle ZRV Ai venti 20 Istituto Obiettivi gestionali di legge Dettaglio Obiettivi gestionali specifici Aziende faunisticovenatorie 1. Su richiesta dei soggetti interessati, la provincia può autorizzare, regolamentandola, entro i limiti fissati dal piano faunistico venatorio provinciale e nel rispetto delle disposizioni contenute nel regolamento regionale, l’istituzione di aziende faunistico venatorie. 2. L’istituzione delle aziende di cui al primo comma è finalizzata al mantenimento, all’organizzazione e al miglioramento degli ambienti naturali, ai fini dell’incremento della fauna selvatica e dell’irradiamento nel territorio circostante. Le aziende faunistico venatorie hanno prevalenti finalità naturalistiche e faunistiche e sono costituite in territori di rilevante interesse ambientale e di elevata potenzialità faunistica. 3. Le aziende faunistico venatorie sono istituite con riferimento alla fauna acquatica nelle zone umide e vallive, nonché alla tipica fauna regionale appartenente alle specie coturnice, lepre, pernice rossa, starna e fagiano. 5. Le aziende faunistico- venatorie sono delimitate da tabelle, conformi alle prescrizioni di cui all’ art. 26 recanti, oltre al nome dell’azienda, la scritta "Azienda faunistico- venatoria. Caccia consentita ai soli autorizzati". 6. La superficie complessiva degli istituti di cui agli art. 18, 20 e 21 della presente legge può raggiunge re il 15% della superficie agro- silvo pastorale di ciascuna Provincia. Le aziende faunistico venatorie non possono essere confinanti, fra loro deve intercorrere la distanza di almeno metri 500. Tale distanza deve essere rispettata anche nei confronti di altri istituti faunistici o faunistico- venatori già costituiti. 7. La superficie minima per il rilascio dell’autorizzazione di azienda faunistico- venatoria è di 400 ettari accorpati. Le Province, per una migliore perimetrazione delle aziende faunistico venatorie,possono ridurre, fino a un massimo del 5%, la superficie minima di cui sopra. 8. Nelle aziende faunistico venatorie l'attività venatoria è consentita ai soli soggetti autorizzati nelle giornate indicate nel calendario venatorio secondo piani di assestamento e di prelievo elaborati dalle aziende stesse e approvati dalle province. L'esercizio dell'attività venatoria è consentito nel rispetto della presente e legge con l'esclusione del limite di cui all'art. 28, c. 3, ultimo capoverso. 8 bis. La provincia può autorizzare, al di fuori del periodo di caccia, il controllo ai sensi dell'art.37 nei confronti di specie ungulate, predatrici o concorrenti. 9. Nelle aziende faunistico- venatorie non è consentito immettere o liberare fauna selvatica posteriormente alla data del 31 agosto. 10. Il rilascio della autorizzazione di azienda faunisticovenatoria è subordinato alla presentazione di programmi di conservazione e di ripristino ambientale, che la Provincia approva al fine di garantire l’obiettivo naturalistico e faunistico ai sensi del secondo comma del presente articolo. 11. La vigilanza venatoria nelle aziende faunisticovenatorie è affidata alle guardie a disposizione dell’azienda medesima, oltre che agli agenti di cui all’ art. 51 della presente legge. 11 bis. Con regolamento regionale sono indicati criteri e modalità di autorizzazione e gestione delle aziende faunistico- venatorie. Azienda Faunistico Venatoria “Monte Prunese Favorire l’insediamento sul territorio, la riproduzione naturale e l’incremento numerico delle popolazioni selvatiche attraverso interventi di recupero e miglioramento ambientale 21 Istituto Obiettivi gestionali di legge Dettaglio Azienda Faunistico Venatoria Forci Aziende agrituristico venatorie Art. 21 - Aziende agrituristico- venatorie 1. Su richiesta dei soggetti interessati, la provincia può autorizzare, regolamentandola, entro i limiti fissati dal piano faunistico venatorio provinciale e nel rispetto delle disposizioni contenute nel regolamento regionale l’istituzione di aziende agrituristico- venatorie. 2. Le aziende agrituristico- venatorie sono finalizzate al recupero e alla valorizzazione delle aree agricole, in particolare di quelle montane e svantaggiate, attraverso l’organizzazione dell’attività venatoria. 3. Le aziende agrituristico- venatorie non possono esse re confinanti; fra loro deve intercorrere la distanza di almeno metri 500. Tale distanza deve esse r e rispettata anche nei confronti di altri istituti faunistico- venatori già costituiti. 4. La superficie minima per il rilascio dell’autorizzazione di azienda agrituristico venatoria è di 100 ettari. 6. Le aziende agrituristico- venatorie sono delimitate da tabelle, conformi alle prescrizioni di cui all’ art. 26 recanti, oltre al nome dell’azienda , la scritta "Azienda agrituristico- venatoria. Caccia consentita ai soli autorizzati". 7. Nelle aziende agrituristico- venatorie è consentito per tutta la stagione venatoria, a eccezione dei giorni di martedì e di venerdì, l’abbattimento di fauna selvatica di allevamento con l’esclusione dei limiti di cui all’art. 28,c. 3, ultimo capoverso. 7 bis. Le immissioni di fauna selvatica sono effettuate a discrezione del titolare in tutti i periodi dell’anno. Le specie ungulate devono essere immesse in aree recintate in modo da impedire la fuoriuscita degli animali. 8. La provincia, previa intesa con il titolare dell’autorizzazione e con l’ATC, può approvare piani di prelievo degli ungulati, delle specie predatrici e opportuniste da attuare nel corso della stagione venatoria. La provincia può autorizzare il controllo ai sensi dell'art. 37, nei confronti di specie ungulate, predatrici o concorrenti. 9. La vigilanza venatoria nelle aziende agrituristico- venatorie è affidata alle guardie a disposizione dall’azienda medesima, oltre che agli agenti di cui all’art. 51 della presente legge. 10. Il rilascio della autorizzazione di azienda agrituristico- venatoria è subordinato alla presentazione di un programma di ripristino ambientale e di un piano economico e di gestione, che la Provincia approva. 11. Non può essere autorizzata la costituzione di 22 Obiettivi gestionali specifici Raggiungere obiettivi di densità ( 20 capi/100 ha) per la specie di indirizzo “pernice rossa” al termine del terzo anno di gestione ai sensi del PRAF Attuazione di interventi di miglioramento ambientale in coerenza con le misure di conservazione del Siti della Rete Natura 2000 compresi nel perimetro della AFV Favorire l’insediamento sul territorio, la riproduzione naturale e l’incremento numerico delle popolazioni selvatiche attraverso interventi di recupero e miglioramento ambientale. Salvaguardare la presenza minima di riproduttori della specie di indirizzo “starna” (20 capi/100 ha) al termine della stagione venatoria ai sensi del PRAF Coniugare la necessità di utilizzazione di terreni marginali con le potenzialità di reddito derivanti dallo sfruttamento a scopo venatorio Non sono ammesse nuove AGTV in Siti della Rete Natura 2000 Istituto Obiettivi gestionali di legge Dettaglio Obiettivi gestionali specifici aziende agrituristico- venatorie nelle zone umide e vallive. 12. Con regolamento regionale sono indicati criteri e modalità di autorizzazione e gestione delle aziende agrituristico- venatorie. Data la presenza di più istituti faunistici gestiti dall’Unione dei Comuni della Media Valle del Serchio (Oasi di protezione Orrido di Botri, Oasi di protezione Balzo Nero, Centro pubblico per la riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale di Colle Fobia), il nuovo Piano Faunistico Venatorio propone la redazione di un piano di gestione complessivo per gli istituti di competenza su base almeno triennale. Questo deve attuarsi mediante piani di azione annuali che consentano una valutazione organica e funzionale degli interventi sulla base del monitoraggio dei risultati conseguiti e un utilizzo dei possibili finanziamenti sulla base di un ordine di priorità. Per quanto riguarda le aree addestramento cani queste alcune informazioni gestionali. Si rimanda alla specifica disciplina per le direttive e le prescrizioni specifiche: Istituto Aree addestramento cani senza sparo AACSS Bandierini loc. Padule (Capannori) AACSS Capanno di Ferro loc. Padule (Capannori) AACSS Colli (Piazza al Serchio) AACSS Combattenti loc. Le Piagge del Fontanone (Coreglia Antelminelli) AACCS Santa Maria del Giudice (Lucca) AACCS Bosco Orsetti (Lucca) Chiusura: dal 01/09 al 28/02 AACCS La Rapinata (Camaiore) Chiusura: mese di febbraio AACCSS Il Ciocco Chiusura: nel periodo di chiusura della caccia AACCS Celli fraz. S. Martino in Freddana Apertura annuale AACCS Tassignano (Capannori) AACCS La Pieve (Massarosa) Aree addestramento cani su cinghiale Apertura annuale Chiusura: mese di febbraio. Si trova a meno di 500 m dal SIR “M.Palodina” Zona pianeggiante con boschetti e coltivati. Chiusura: mese di febbraio Zona pianeggiante, con sparo su quaglie allevate allenamento senza sparo anche su fagiani starne e pernici. Apertura tutto l’anno. AACS Sant’Ansano (Gallicano) Aree addestramento cani con sparo Note circa la gestione In zona pianeggiante con colture di mais. Chiusura: nel periodo di apertura della caccia. In zona pianeggiante. Chiusura: nel periodo di apertura della caccia. Zona montana con macchia sottobosco. Apertura annuale AACC La Pianella – loc. Castagnori (Lucca) AACC Monte Volsci- (Castelnuovo Garf) AACC Gonfiente- loc. Gonfiente (Minucciano) AACC Groppa (allenamento dei cani cuccioli si cinghiale) fraz. Pascoso (Pescaglia) AACC Colle dei Gatti (Molazzana) AACC Fraia (Coreglia Antelminelli) Aree addestramento cani su lepre AACC Verrucolette (Minucciano) AACC Lezzoni loc. Caprignana Vecchia (S.Romano in Garfagnana) AACC Colletto loc. Magliano (Giuncugnano) AACL Poraglio loc. Poraglio, fraz. Pascoso (Pescaglia) 23 Si trova a meno di 500 m dal SIR-ZPS “Praterie I e II delle Ampi Apuane” Obiettivo 2 - Contributo alla salvaguardia della biodiversità - Programmazione interventi di monitoraggio e controllo di specie animali omeoterme alloctone Ai sensi dell’art. 12 comma 3 del DPR 357/97 e s.m.i. sono vietate la reintroduzione, l'introduzione e il ripopolamento in natura di specie e popolazioni non autoctone. Il 16/04/2014 il Parlamento Europeo ha definitivamente approvato il Regolamento sulle Specie Alloctone Invasive, che diventera’ pienamente effettivo dopo la ratifica da parte del Consiglio dell’UE, il prossimo giugno. La programmazione faunistico venatoria deve perseguire la limitazione delle specie faunistiche alloctone mediante specifici piani di controllo e attraverso l’autorizzazione di ripopolamenti con specie di interesse venatorio di origine certificata evitando comunque transfaunazioni. Il silvilago risulta comunque cacciabile ai sensi della normativa vigente . Per quanto riguarda la specie Nutria la Provincia ha attuato un piano di controllo fino al 2003 su alcune zone; dallo stesso anno ha ottenuto da ISPRA l’autorizzazione a proseguire le attività su tutto il territorio provinciale attraverso uno specifico piano di limitazione numerica. A seguito del recepimento della L. 116/2014 è stato modificato l’art. 2 c.2 della L.157/92 relativo alle specie oggetto di tutela. In particolare, la nutria stata inserita tra le specie (talpe, ratti, topi propriamente detti, arvicole) a cui non si applicano le norme di tutela. Inoltre è stato aggiunto l’art. 2 bis che si riporta integralmente: ((2-bis. Nel caso delle specie alloctone, con esclusione delle specie da individuare con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sentito l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), la gestione di cui all'articolo 1, comma 3, e' finalizzata all'eradicazione o comunque al controllo delle popolazioni.)) Stesso impegno, nell’ambito dei miglioramenti ambientali, ai fini di ridurre le specie vegetali alloctone invasive allo scopo di ridurne la diffusione e le capacità di dispersione. - Pianificazione miglioramenti ambientali anche in funzione dell’implementazione e del mantenimento delle reti ecologiche funzionali. La Legge Regionale 3/1994 così come modificata dalla Legge Regionale 2/2010 prevede, all’art. 7 comma 2, che nel Piano Agricolo Regionale (PAR) siano previste risorse per la realizzazione di progetti di valorizzazione del territorio, per l’incremento della fauna e per il ripristino degli equilibri naturali anche in applicazione dell’art. 15, comma 1, della Legge 11 febbraio 1992 n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio). La Provincia di Lucca, annualmente, approva un Bando di Miglioramenti Ambientali tramite il quale vengono concessi contributi per la realizzazione di interventi volti a migliorare la qualità ambientale e la disponibilità trofica negli istituti faunistici a divieto di caccia. L’ATC, similmente, concede tali contributi per le aree a caccia programmata. Tali contributi vengono erogati ai proprietari e ai conduttori di terreni agricoli ricadenti nei Comuni compresi negli Istituti di Protezione e Faunistici previsti dall’Amministrazione Provinciale ed individuati nel Piano Faunistico Venatorio Provinciale. Il Bando oltre alle tipologie di intervento ammissibile prevede anche il contributo massimo ammissibile, salvo quanto previsto dal Regolamento CE del 20 dicembre 2007, n. 1535 o altra normativa di riferimento nel caso di Imprese Agricole. 24 MIGLIORAMENTI AMBIENTALI - PROVINCIA 5 tipologia di intervento Colture a perdere contributo annuo erogato in Euro 4.236,00 13 Colture a perdere 33.900,00 29 Zone art. 14 6 Colture a perdere 6.189,00 3,0 Oasi 15 Colture a perdere 29.885,00 25,0 Zone art. 14 9 Colture a perdere 6.760,00 3,0 Oasi 12 Colture a perdere 35.000,00 29,0 Zone art. 14 5 Colture a perdere 5.400,00 3,0 Oasi 15 Colture a perdere 35.568,00 30,00 Zone art. 14 2 Colture a perdere 2.587,00 0,75 Oasi 1 piante 1.000,00 20 (n. di piante) 2 Colture a perdere 3.917,00 2,7 11 Colture a perdere 29.105,00 25,6 Zone art. 14 2 Allagamento terreni 3 Colture a perdere 16.300,00 1.004,69 27,00 0,31 Zone art. 14 Oasi 1 Piante 1.000,00 20 (n. piante) 1 Colture a perdere 1.739,20 1,39 14 Colture a perdere 30.489,16 24,48 Zone art. 14 3 Allagamento terreni 25.120,00 47,2 Zone art. 14 ANNO n. di pratiche 2007 2008 2009 2010 2011 2012 superficie interessata (ha) 2,6 tipologia di istituto Oasi Oasi ZRC Oasi ZRC I miglioramenti ambientali ricadono quasi interamente nell’Oasi Monte Vecchio Orecchiella (Comune di Villa Collemandina) e nella zona di protezione del Bientina (Comune di Capannori). MIGLIORAMENTI AMBIENTALI - ATC 11 11 tipologia di intervento Colture a perdere contributo annuo erogato in Euro 19.876,00 superficie interessata (ha) 12 8 Colture a perdere 18.268,00 10 2009 31 Colture a perdere 49.918,00 54 ATC 11 2010 45 Colture a perdere 32.375,00 26 ATC 11 Recupero incolti Colture a perdere 750,00 34.287,00 0,5 28 ATC 11 2011 1 47 2012 32 Colture a perdere 34.590,87 33,7 ATC 11 ANNO n. di pratiche 2007 2008 tipologia di istituto ATC 11 ATC 11 ATC 11 MIGLIORAMENTI AMBIENTALI - ATC 12 tipologia di intervento Colture a perdere contributo annuo erogato in Euro 69.118,00 superficie interessata (ha) 69 ANNO n. di pratiche 2007 77 3 Recupero incolti 547,00 1 ATC 12 2008 82 Colture a perdere 69.392,00 69 ATC 12 2 Piante da frutto 4.000,00 n. piante 80 4 Recupero incolti 839,00 0,6 66 Colture a perdere 40.192,00 52 ATC 12 2 Piante da frutto 3.500,00 n. piante 70 ATC 12 2009 25 tipologia di istituto ATC 12 ATC 12 ATC 12 3 tipologia di intervento Recupero incolti contributo annuo erogato in Euro 1.057,00 superficie interessata (ha) 0,7 75 Colture a perdere 70.047,00 75 2011 55 Colture a perdere 51.443,00 43 2012 35 Colture a perdere 35.555,20 23,61 ATC 12 1 Recupero incolti 123,50 0,07 ATC 12 ANNO n. di pratiche 2010 tipologia di istituto ATC 12 ATC 12 ATC 12 Il nuovo bando provinciale di accesso ai contributi per interventi di miglioramento ambientale finalizzati all’incremento della fauna selvatica e alla valorizzazione del territorio per l’anno 2014 è stato approvato con Del G.P. n° 57/2014. In ambito di biologia della conservazione e di gestione delle popolazioni selvatiche risulta di fondamentale importanza l’accento sulle reti di connettività ecologica come espressamente recitato dall’art. 10 della L.R. 56/00 e s.m.i. - Aree di collegamento ecologico funzionale "1. La Regione riconosce primaria importanza per la fauna e la flora selvatiche alle aree di collegamento ecologico funzionale e definisce, nel Piano di indirizzo territoriale (PIT) ai sensi dell’ art. 6 della legge regionale 5/1995 , gli indirizzi per l’individuazione, la ricostituzione e la tutela delle stesse. 2. Le Province, entro due anni dall’entrata in vigore della presente legge, provvedono, anche in assenza degli indirizzi regionali di cui al comma 1, all’individuazione nel Piano territoriale di coordinamento (PTC), delle aree di collegamento ecologico funzionale, secondo quanto disposto dall’ articolo 16, comma 4 della legge regionale 5/1995 ; in tal caso, le Province possono procedere all’individuazione di aree di collegamento ecologico funzionale facendo riferimento alla definizione di cui all’ art. 2 , comma 1, lettera a). 3. Le forme di tutela delle aree di collegamento che pongano divieti all’attività venatoria o di pesca sono previste nei piani faunistico - venatori provinciali di cui all’ art. 8 della legge regionale 12 gennaio 1994, n.3 , o nel piano regionale di cui all’ articolo 1 della legge regionale 24 aprile 1984, n.25 (Tutela della fauna ittica e regolamentazione della pesca dilettantistica)." Ovviamente tale impegno va declinato a un livello di dettaglio maggiore di quello del PFV attraverso i piani di gestione degli istituti, che costituiscono strumenti attuativi del Piano Faunistico Venatorio provinciale. La struttura e la funzionalità delle reti ecologiche dipendono dalle tipologie ambientali (ad es boschi, aree aperte, corsi d’acqua, arbusteti…) e dalla copertura del suolo del territorio in esame e possono essere monitorate attraverso specie animali indicatrici. A tal fine si fa riferimento alla Del G.R. 21 ottobre 2002, n. 1148 (“L.R. 56/2000 - Indicazioni tecniche per l’individuazione e la pianificazione delle aree di collegamento ecologico”). Il problema della frammentazione degli ambienti naturali per cause antropiche risulta causa di alterazione dei flussi di individui, di materia e di energia e costituisce una delle cause principali di estinzione di molte popolazioni e specie. Non si può prescindere quindi dalla conoscenza di questi corridoi e degli elementi limitanti la loro efficienza per poter garantire il mantenimento (nel tempo e nello spazio) delle relazioni tra popolazioni di aree diverse attraverso scambi di nutrienti, di energia, di materiale genetico, o tramite i movimenti degli individui. Queste considerazioni condizionano quindi gli interventi gestionali in materia di miglioramenti ambientali e di eventuali ripopolamenti di 26 specie di interesse faunistico-venatorio. In particolare i primi possono essere pianificati e attuati per conservare e restaurare la connettività tra gli ambienti naturali evitando di incorrere in progettazioni che possano dare origine a fenomeni negativi, favorendo la diffusione di malattie, parassiti, specie esotiche o provocando la perdita di variabilità genetica di popolazioni conspecifiche, che vivono in territori separati (estinzione per ibridazione). Da sottolineare che per ciascuna specie le diverse categorie di uso e copertura del suolo presentano un diverso un gradiente di permeabilità («capacità a farsi attraversare») quindi non è esaustivo ragionare di connettività ecologica su scala paesaggistica ma è necessario il livello di dettaglio territoriale. Le zone di protezione, quali istituti in cui vige il divieto di attività venatoria, possono costituire importanti core areas (nodi) o stepping stones (pietre da guado) all’interno della rete di connettività ecologica in relazione alla loro localizzazione ed estensione, raccordandosi con altre porzioni territoriali che rivestono il ruolo di conservazione della biodiversità (Aree protette, Siti della Rete Natura 2000). Il PTC in fase di aggiornamento riporta un primo studio conoscitivo circa le connnesioni ecologiche funzionali (elaborato F.01 ”Relazione”). Tra gli elementi di rilievo sono individuati: - I boschi - Le aree aperte - Le zone umide - Le coste sabbiose - Gli arbusteti - Gli ambienti ipogei - I corridoi di migrazione dei rapaci - Mantenimento presenza istituti venatori a divieto di caccia (oasi di protezione e zone di protezione lungo le rotte di migrazione dell’avifauna) in siti di particolare valenza conservazionistica per la presenza di habitat e specie tutelate da specifica normativa (riferimento anche per la L. R. 3/94) Le oasi di protezione e le zone di protezione lungo le rotte di migrazione dell’avifauna rivestono un importante ruolo per la salvaguardia della biodiversità nel territorio provinciale. A dimostrazione di ciò si osservi in sintesi che: l’oasi Monte Vecchio Orecchiella in parte coincide con il Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano. Vi ricadono 3 riserve naturali statali (Lamarossa, Orecchiella, Pania di Corfino) e Siti Natura 2000 della provinciali Lucca (SIR-ZPS “Pania di Corfino”, SIR-SIC “Parco dell’Orecchiella, Pania di Corfino, Lamarossa”, SIR-SIC “Monte Castellino Le Forbici”) in contiguità con quelli della Regione Emilia Romagna, oltre a terreni del demanio regionale. L’area dei Laghi di Cella posta all’esterno di questi vincoli di protezione è stata oggetto di specifiche indagini per la conoscenza, il recupero/restauro ambientale e la gestione dell’area umida minore ai fini del mantenimento e dell’implementazione della funzionalità ecologica e faunistica della stessa. Sono in corso le fasi di monitoraggio e di gestione mediante interventi manutentivi. nell’oasi Orrido di Botri ricade la riserva naturale statale “Orrido di Botri” e l’omonimo SIRSIC-ZPS. La Provincia di Lucca, in collaborazione con la Comunità Montana Media Valle del 27 Serchio (ora Unione dei Comuni), ha condotto diversi interventi di miglioramento ambientale. Il progetto più recente e in fase di completamento è quello nell’ambito di alcuni terreni nel Comune di Coreglia Antelminelli finalizzati prevalentemente al mantenimento delle aree aperte mediante operazioni di sfalcio dato il progressivo abbandono dei pascoli per la perdita delle tradizionali attività di pastorizia. Sono da attuare interventi coordinati su tutta l’oasi, sia a Coreglia Antelminelli che a Bagni di Lucca, secondo criteri volti alla tutela degli ambienti per la fauna; particolare attenzione agli habitat e alle specie di interesse conservazionistico. nell’oasi Balzo Nero ricadono il SIR-SIC “Zone calcaree della Val di Lima e del Balzo Nero” e il SIR-SIC “Monte Prato Fiorito, Monte Coronato, Valle dello Scesta”. Sono da attuare interventi per approfondire la conoscenza faunistica dei luoghi e programmare l’attuazione di interventi volti alla tutela degli ambienti per la fauna prestando particolare attenzione agli habitat e alle specie di interesse conservazionistico. Per quanto riguarda la limitrofa area calcarea del Monte Memoriante e della Penna di Lucchio gli studi di caratterizzazione naturalistica hanno evidenziato la presenza di specie e habitat di grande valore conservazionistico ed è stata avanzata la proposta di istituzione di un nuovo Sito di Importanza Comunitaria o dell’ampliamento del SIR-SIC “Zone calcaree della Val di lima e del Balzo Nero”. Nella zona di protezione “Bientina” ricadono il SIR-SIC “Ex alveo del Lago di Bientina” e l’ANPIL del Bottaccio. Si tratta di un’ampia area a divieto di caccia che consente la salvaguardia di habitat e di specie, prevalentemente ornitiche, di grande valore conservazionistico. La presenza dell’istituto a gestione provinciale ha consentito peraltro di attuare specifici interventi di miglioramento ambientale volti alla tutela e alla implementazione di habitat e di reti di connettività ecologica. Oltre a colture a perdere appetite per la fauna è stato promosso l’allagamento dell’area della Gherardesca, area un tempo oggetto di bonifica a scopo agricolo e adesso caratterizzata da una vasta distesa d’acqua che in poco tempo ha costituito un fondamentale punto di riferimento per molte specie di uccelli. Le zone di protezione “Versilia” e “Brentino” ricadono lungo la rotta di migrazione tirrenica, individuata anche dal PTC quale corridoio di migrazione di valenza internazionale per i rapaci. L’ampia fascia compresa tra la linea di costa e le pendici occidentali delle Apuane nell’entroterra comprende densi nuclei abitati ad alta frequentazione turistica (in particolare nei mesi estivi) ma anche 2 ANPIL (Lago di Porta e Dune di Forte dei Marmi) oltre a zone umide di interesse conservaizonistico (ad es il Lago di Porta, riconosciuto anche come SIR-ZPS, la Versiliana, gli invasi del Brentino..) Il nuovo PFV istituisce la Zona di Protezione del Lago del Bagno (o Prà di Lama), in Comune di Pieve Fosciana. Si tratta di un invaso naturale alimentato da sorgenti termali incluso tra le emergenze geologiche provinciali e nell’elenco delle aree umide di interesse. Lo stesso specchio d’acqua è oggetto della Misura 30 del Piano di Gestione delle Acque del Distretto Idrografico del Fiume Serchio. La motivazione principale è il ruolo rivestito nell’ambito delle principali rotte di migrazione dal lago e dalle zone umide circostanti; la sua posizione è baricentrica rispetto ad altre umide circostanti come i Laghi di Cella, il Lago di Pontecosi, il corso del fiume Serchio e alcune piccole aree appenniniche sia sul versante toscano che emiliano. Il nuovo PFV istituisce la Zona di Protezione del Lago di Pontecosi che ricade in Comune di Castelnuovo di Garfagnana e in Comune di Pieve Fosciana. Si tratta di un invaso a uso idroelettrico del sistema idraulico strategico del bacino del fiume Serchio che riveste un importante ruolo nell’ambito delle rotte di migrazione dell’avifauna . Il nuovo PFV istituisce la Zona di Protezione dei Bottacci di Massa Pisana, in Comune di Lucca che comprende nel suo perimetro casse di espansione individuate ai fini della sicurezza 28 idraulica. Si tratta di terreni depressi, stagionalmente allagati, parte dei quali compresi nell’ampliamento del SIC Monte Pisano proposto dalla Provincia di Lucca (Del. CP. n. 102 del 26/06/2008; Del. CP. n. 101 del 26/06/2008), approvato dalla Regione Toscana con la Del. CR n. 80 del 22/12/2009 e inserito nell’aggiornamento dell’elenco dei Siti di Importanza Comunitaria da parte del Ministero dell’Ambiente. La proposta va quindi a ricalcare quanto già previsto dalla precedente programmazione faunistico venatoria, riducendo le dimensioni della ZRC e istituendo una zona di protezione, istituto faunistico che per finalità risponde in modo più coerente alle necessità di conservazione previste per l’area. L’area rappresenta un importante nodo nell’ambito delle reti ecologiche provinciali e in particolare per la Piana di Lucca; inoltre rientra nel sistema delle aree umide della Toscana Settentrionale che dalla costa tirrenica verso l’interno interessano il Lago di Porta, le aree umide relitte (ad es la Versiliana) o artificiali (ad es gli invasi del Brentino), il Lago di Massaciuccoli e la sua palude, le aree depresse interdunali della Macchia Lucchese, il Padule di Verciano e l’ex alveo del Lago di Bientina. - Contributo all’individuazione di corridoi ecologici funzionali per la fauna mediante specifiche raccolte dati sul territorio I progetti di miglioramento ambientale comportano necessariamente una raccolta di dati sul territorio in esame sia in termini di popolazioni di interesse faunistico venatorio, sia, per quanto possibile, in termini più generali relativamente alla presenza di specie floristiche faunistiche, oltre che di habitat di interesse conservazionistico. Gli stessi miglioramenti ambientali sono volti a potenziare le reti di connettività funzionali per le specie di interesse. Sarebbe necessario poter pianificare tali connessioni ecologiche a scala più vasta, interagendo, ove possibile, anche con gli interventi attuati dell’ATC fornendo quindi indirizzi per una più efficiente funzionalità delle stesse. L’analisi è funzionale anche all’implementazione dei dati conoscitivi riportati nel PTC della Provincia di Lucca in aggiornamento per quanto riguarda il Tema F- Sez F.1- Risorse naturali e biodiversità. - Studi volti alla conoscenza della distribuzione di specie particolarmente protette e di specie protette al fine dell’individuazione di corrette azioni gestionali Nel corso del periodo 2009-2011 è stata effettuato uno specifico studio di caratterizzazione naturalistica nella zona compresa tra le Strette di Cocciglia e la Forra di Lucchio, in Comune di Bagni di Lucca. L’indagine ha rivelato la presenza di numerose emergenze di grande valenza conservazionistica che evidenziano il valore naturalistico dell’area nel contesto dei massicci calcarei della Val di Lima. Sono state quindi avanzate proposte, in accordo con l’Amministrazione provinciale e comunale volte sia alla tutela delle peculiarità ambientali, sia alla valorizzazione e promozione di alcune porzioni di territorio al fine di un utilizzo sostenibile nell’ambito di una economia locale che necessita di nuove forme di sviluppo (accoglienza diffusa, ecoturismo, enogastronomia e produzioni tipiche..). Attraverso il progetto “Attuazione di interventi formativi e informativi e predisposizione di sistemi di prevenzione della predazione da canidi” sono stati svolte le prime indagini conoscitive circa la presenza e la distribuzione della specie Canis lupus nel territorio della Media Valle del Serchio. L’analisi ha comportato specifiche indagini di campo secondo metodiche standard supportate dalla verifica mediante analisi genetiche condotte da ISPRA circa l’esatta determinazione della specie di canide. Il lupo costituisce quindi non soltanto una specie bandiera (ossia particolarmente interessanti o 29 attraenti per cui le persone reagiscono "emotivamente"), una specie ombrello (che richiede grandi estensioni di habitat per mantenere popolazioni vitali e quindi, salvaguardando tali habitat si hanno ricadute positive anche su altre specie), una specie keystone (dette anche "chiave di volta", che hanno rilevanti effetti sulle funzioni ecologiche e la cui eliminazione influirebbe su molti altri membri della comunità ecologica), una specie indicatrice dello stato qualitativo dell’ecosistema in termini soprattutto di funzionalità delle reti trofiche. La continuità del progetto comporta un’estensione del monitoraggio su scala provinciale e la definizione di specifiche misure di prevenzione dei danni così da mitigare il conflitto tra lupo e zootecnica; questo obiettivio può essere conseguito soltanto attraverso una progettazione che coinvolga in modo coordinato tutti gli Enti competenti in materia (Enti Parco, CFS, Azienda USL, Unioni di Comuni, Comuni). - Tutela della biodiversità agricola mediante specifiche azioni in caso di danni su produzioni tipiche Dai dati sui danni alle colture agricole esercitati dalla specie cinghiale, forniti dall’ATC Lucca 11 (Dott. Siriano Luccarini) per il periodo 2010-2013, si evidenziano consistenti impatti su farro e mais 8 file, come da tabella seguente. coltura importo danni 2011 2012 2010 farro € 18.186,48 mais 8 file totale danni € 3.561,49 € 14.912,20 € 5.822,18 € 1.518,60 € 8.964,36 € 30.654,22 € 13.332,91 € 34.166,46 2013 € 13.281,80 / € 22.121,70 Se analizziamo l’incidenza percentuale (in termini economici) sul totale pagato annualmente si osserva che i danni sul farro si attestano su valori molto elevati, con addirittura un valore pari al 60% nel 2013. Anche per il mais 8 file al 2012 si è raggiunto oltre il 26%. Coltura Incidenza % sul totale 2010 2011 2012 2013 Farro 59,33% 26,71% 43,65% 60,04% Mais 8 file 18,99% 11,39% 26,24% ! - Particolare attenzione rivolta alle aree umide minori e alle zone palustri. Nell’attuazione dei miglioramenti ambientali a fini faunistici su specie ornitiche di interesse faunistico venatorio, è stata data particolare rilevanza alla salvaguardia di ambienti umidi di particolare rilevanza conservazionistica non compresi nel sistema delle aree protette e nemmeno all’interno della Rete Natura 2000. Questa azione risulta coerente con quanto riportato nel PTC della Provincia di Lucca (in aggiornamento) per quanto riguarda il Tema F- Sez F.1- Risorse naturali e biodiversità. Al fine di implementare gli ambienti funzionali alla specie beccaccia (Scolopax rusticola), nell’ambito del precedente Piano Faunistico Venatorio sono stati effettuati interventi di recupero/restauro 30 ambientale di zone umide appenniniche localizzate in radure intrasilvatiche (Laghi di Cella, al’interno dell’Oasi di protezione Monte Vecchio Orecchiella). In Val di Lima, nell’ambito della caratterizzazione naturalistica dell’area compresa tra le Strette di Cocciglia e la Forra di Lucchio, in Comune di Bagni di Lucca sono state condotte specifiche indagini relativamente al Lago di Casoli posto lungo il versante settentrionale del Monte Memoriante in prossimità dell’omonimo abitato. Il bando annuale dei miglioramenti ambientali prevede delle specifiche misure per la realizzazione di punti di acqua (Misura E), allagamento terreni (Misura H), la salvaguardia di piccole aree umide (Misura I), miglioramento faunistico di aree allagate (Misura L). Nell’ambito della Misura H nel 2008 la Provincia di Lucca ha promosso l’allagamento di un’ampia area di circa 47 ha su terreni di proprietà privata in Comune di Capannori, all’interno della zona di protezione di Bientina. Le superfici allagate hanno un vincolo di 10 anni e hanno consentito la sosta della migratoria nei mesi autunno-invernali e fornito habitat per specie nidificanti. Risulta un importante elemento nell’ambito delle reti di connettività ecologica della zona del Bientina, data anche la prossimità con la zone del Bottaccio. Si tenga in considerazione che le zone di protezione ex art. 14 della L.R. 3/94 comprendono: gli invasi del Brentino, tra Massarosa e Viareggio e questo garantisce la riduzione del disturbo determinato dall’attività venatoria su specchi d’acqua che potrebbero svolgere un importante ruolo per la sosta e la riproduzione di specie ornitiche di interesse lungo i flussi migratori che seguono la linea di costa, in prossimità del Lago e del Padule di Massaciuccoli (riconosciuto SIR-SIC-ZPS, Area Ramsar e quasi interamente compreso nel perimetro del Parco Regionale Migliarino-S. Rossore-Massaciuccoli). Tale funzione risulta parzialmente compromessa dalle attività antropiche che gravitano nelle zone circostanti. l’area dell’ex alveo del Lago di Bientina, compresa in parte all’interno del SIR-SIC omonimo e all’interno della quale ricade anche l’area protetta di interesse locale del Bottaccio (anche oasi WWF). Tenendo conto delle segnalazioni e dei dati disponibili relativamente ai flussi migratori e alle zone riproduttive oltre che a seguito di specifici sopralluoghi, il nuovo PFV propone l’istituzione delle zone di protezione lungo le rotte di migrazione dell’avifauna per il piccolo Lago del Bagno per l’invaso a uso idroelettrico di Pontecosi e per le aree planiziali della zona di Pontetetto-Massa Pisana- Vicopelago in Comune di Lucca. Per quanto riguarda la proposta della ZP dei Bottacci di Massa Pisana si fa presente che il perimetro comprende parte di una precedente proposta di Zona di Ripopolamento e Cattura già verificata con l’ATC Lucca 12 e parte del SIC “Monte Pisano” (in particolare la porzione che è stata ricompresa nel Sito a seguito di recente ampliamento). Inoltre l’area ricade prevalentemente all’interno delle casse di espansione realizzate per la sicurezza idaulica del territorio della piana di Lucca. Il Piano Faunistico Venatorio vede la necessità di legare maggiormente gli interventi di miglioramento ambientale previsti da bando provinciale a quelli previsti e attuati dagli ATC anche mediante un maggiore coinvolgimento nella programmazione che garantisca una più efficiente funzionalità ecologica degli stessi. 31 Obiettivo 3- Gestione fauna di interesse venatorio - Monitoraggio della densità di specie di fauna omeoterma di interesse venatorio (es. censimento beccaccia, censimenti ungulati) Il monitoraggio è effettuato nel rispetto delle linee guida e delle metodiche riportate nella disciplina di Piano (Criteri per il monitoraggio della fauna). Nello stesso documento sono indicati anche i periodi più idonei per effettuare i censimenti/stime di popolazione al fine di rispettare il ciclo biologico delle specie evitando disturbi e ottimizzando la raccolta dati. Cinghiale Rispetto al precedente Piano Faunistico Venatorio, negli ultimi anni è esplosa la problematica cinghiale dovuta non soltanto ai danni esercitati sulle colture agricole ma anche alla sempre più massiccia presenza di esemplari in zone sempre più prossime o addirittura all’interno di nuclei abitati. Il cinghiale è oggetto di caccia nei periodi indicati dal calendario venatorio e a interventi di controllo per i danni arrecati alle produzioni agricole . La raccolta dei dati sulla popolazione deve essere condotta attraverso le seguenti tecniche: · Ormature su percorso fisso · Carniere standardizzato · Osservazioni da punto fisso (anche tramite l’utilizzo di foto trappole) · Struttura del carniere · Analisi degli uteri e delle ovaie delle femmine abbattute · Misurazioni biometriche · Monitoraggio sanitario Lepre Per quanto riguarda gli istituti di interesse faunistico venatorio sono stati effettuati censimenti sulla specie lepre (Lepus europaeus) nel Centro di Riproduzione della Fauna Selvatica allo Stato Naturale di Colle Fobia nel periodo 2012-2013 che hanno fornito informazioni anche su altre specie presenti. Censimenti serali sulla lepre anche nell’oasi dell’Orrido di Botri nel territorio di Coreglia Antelminelli, finalizzati all’attuazione e al monitoraggio di miglioramenti ambientali. Queste le tecniche utilizzate: · censimenti notturni con faro su percorso campione, · censimenti in battuta in aree caratterizzate da elevato coefficiente di boscosità, morfologia accidentata e con scarsa copertura viaria, · Pellet group count. Galliformi · Conteggi invernali su fagiano, pernice rossa, starna, coturnice mediante censimenti diurni in 32 autovettura su percorso Abbandondanza). campione mediante calcolo dell’IKA (Indice chilometrico di · Conteggi primaverili e estivi su starna, pernice rossa, coturnice mediante conteggio dei maschi territoriali attreverso l’emissione di richiami registrati (playback). · Conteggio dei maschi di fagiano in canto territoriale (aprile- maggio) e rilievo della consistenza complessiva della popolazione primaverile di fagiano, femmine incluse, con osservazioni (dall’auto) in prossimità delle aree di alimentazione (prime ore del mattino e tardo pomeriggio). · Rilievo delle nidiate e delle femmine presenti, per valutare il successo riproduttivo. Muflone Il muflone (Ovis aries) è una specie originaria di alcune grandi isole mediterranee, quali Corsica, Sardegna e Cipro. La sua presenza in diverse zone dell’Italia peninsulare è dovuta a introduzioni effettuate a partire dal XVIII secolo. Nella provincia di Lucca le origini della popolazione di muflone si possono far risalire a interventi di reintroduzione effettuati a cavallo degli anni ‘60 da parte dell’ex Azienda di Stato delle Foreste Demaniali. Nel Parco Regionale delle Alpi Apuane questo bovide è stato introdotto con intenti venatori all’inizio degli anni ’80 del XX secolo, antecedentemente all’istituzione dell’area protetta che risale al 1985; gli esemplari provenivano dal Parco Naturale dell’Orecchiella (LU), situato sul vicino Appennino Lucchese e complessivamente 16 capi furono rilasciati nel territorio del Comune di Stazzema (LU), in due riprese: nel 1981 (6 capi) e nel 1982 (10 capi). A partire da questo nucleo, il muflone si è affermato sul territorio manifestando una presenza sempre più diffusa e numerosa. Le operazioni d’introduzione della specie iniziate a partire dagli anni Sessanta, unitamente alle sue particolari caratteristiche ecologiche, giustificano le limitate proporzioni dell’areale distributivo (27.123 ha) che interessa 82 UC pari al 15,3% della superficie provinciale. Il nucleo principale si colloca lungo il crinale appenninico dei comuni di Sillano, S.Romano e Villa Collemandina a Nord, mentre scendendo verso Sud, interessa i comuni di Castiglione Garfagnana, Pieve Fosciana, Fosciandora e Barga, nelle loro porzioni più elevate. Altro nucleo Importante è quello apuano (Pania della Croce) che si articola nei comuni di Vergemoli, Molazzana, Gallicano, Fabbriche di Valico e Careggine. La popolazione apuana dal 2003 è oggetto di progetti di monitoraggio sul territorio del Parco curati dall’Ente Parco. Da cinque anni gli Ambiti Territoriali di Caccia hanno iniziato il monitoraggio nelle aree circostanti il Parco utilizzando le stesse tecniche di censimento, ovvero osservazioni in contemporanea da punti di vantaggio e a partire dalla stagione venatoria 2011/2012 è stata avviata la gestione faunistico venatoria di questa specie. Capriolo La presenza del capriolo è stata accertata in 27 dei 35 comuni lucchesi. In termini di Ambiti Territoriali di Caccia, l’areale della specie interessa l’intera estensione dell’ATC 11 e ben il 39,5% (64.356 ha) dell’ATC 12. L’areale di distribuzione della specie mostra soluzione di continuità lungo tutto il crinale appenninico, dal comune di Sillano a Nord Ovest, sino a quello di Bagni di Lucca a Sud Est. Contigue a questo corpo principale si trovano interessanti propaggini come quella meridionale delle Pizzorne (in comune di Villa Basilica), che si estende a Sud fino al comune di Capannoni (Matraia e S. Gennaro). Interessanti anche le aree occupate tra i comuni di Piazza al Serchio, Camporgiano, 33 Castelnuovo Garfagnana, Careggine e Gallicano dove la specie è distribuita lungo le porzioni meno elevate delle Apuane. La presenza del capriolo viene annualmente monitorata all’interno dei distretti di gestione secondo i metodi di stima definiti nel Regolamento Provinciale per la caccia di selezione, ovvero tramite: - censimento a vista da punti vantaggiosi, finalizzato alla raccolta di dati di struttura; censimento in battuta in aree campione per la definizione della densità e consistenza. Cervo La metodologia principalmente impiegata per la definizione della consistenza e l’aggiornamento dell’areale riproduttivo è il conteggio al bramito. Il Piano Faunistico venatorio prevede anche conteggi su transetto in orario crepuscolare per meglio indagare la struttura di popolazione. Le caratteristiche territoriali della Garfagnana, per l’alto indice di boscosità, non permettono l’esecuzione di altri metodi di conteggio. Nel “Programma annuale operativo 2013/14- relazione consuntiva 2012/13” del Comprensorio A.C.A.T.E.R. occidentale (a cura della commissione tecnica interregionale: Riccardo Fontana Ambrogio Lanzi Carmelo Musarò Willy Reggioni Francesco Riga Michele Viliani è possibile verificare anche la consistenza 2013 della popolazione di cervo nel comprensorio ACATER occidentale (Province di Lucca, Modena, Reggio Emilia e Parma). Beccaccia In collaborazione con l’associazione Beccacciai d’Italia dalla stagione venatoria 2012/2013 è in corso un progetto di monitoraggio sulla beccaccia attraverso la raccolta dell’ala destra (con lettura del piumaggio alare e determinazione dell’età) e la determinazione del sesso dell’animale abbattuto. Sono stati condotti e sono ancora in corso miglioramenti ambientali funzionali a garantire gli habitat tipici della specie. - Programmazione interventi di controllo ex lege per le specie la cui densità può costituire una problematica non altrimenti risolvibile In genere le azioni di controllo ex art. 37 della L.R. 3/94 interessano specie che non rivestono un valore conservazionistico e che a causa della loro densità esercitano danno su habitat , altre specie e colture agricole. Resta comunque che queste anomale densità e questi fenomeni di concentrazione in alcune zone, devono essere interpretate quali importanti indicatori di cambiamenti a scala più vasta nella qualità degli ecosistemi e degli ambienti in genere (intendendo in questo senso anche le zone urbane e periurbane). Comprendere le cause di tali squilibri risulta funzionale a cercare di risolvere il problema anche mediante altre soluzioni oltre a quella del controllo diretto e può aiutare a limitare i danni e contribuire a un miglioramento complessivo degli habitat. - Approfondimento dell’analisi sulla vocazionalità del territorio sulla base dei dati raccolti a livello locale: creazione di una banca dati omogenea per la raccolta dei dati territoriali forniti da personale esperto Il precedente Piano Faunistico Venatorio era corredato da una cartografia della vocazionalità faunistica del territorio provinciale realizzata dal CIRSeMAF e Università degli Studi di Firenze e consegnata nel Marzo 2005 che necessiterebbe di aggiornamento. 34 A tal fine risultano utili i dati raccolti nell’ambito delle attività di monitoraggio svolte dagli ATC e dagli uffici provinciali per la realizzazione dei miglioramenti ambietali e il pagamento dei danni. La stessa cartografia ha permesso di individuare areali idonei per il ripopolamento con selvaggina che sono stati oggetto di approfondimenti, verifiche e approfondimenti da parte dei tecnici provinciali e degli ATC al fine di ottimizzare gli interventi. La Provincia, già attraverso il precedente Piano Faunistico Venatorio, ha promosso l’individuazione di zone di ripopolamento e cattura e di zone di rispetto venatorio funzionali a garantire l’adozione delle migliori pratiche per la produzione di selvaggina secondo specifici criteri di immissione e di gestione della stessa. Questo si realizza attraverso la predisposizione di strutture per il rilascio e l’ambientalmento e l’attuazione di interventi di miglioramento ambientale volti a potenziare la vacazionalità del territorio per le specie di interesse. Tali istituti permettono la riproduzione, la sosta e l‘irradiazione naturale della fauna e quindi costituiscono importanti nodi delle reti ecologiche funzionali a livello provinciale. - Salvaguardia delle connettività ecologiche funzionali per garantire la distribuzione e dispersione delle specie faunistiche Si fa presente che, ai sensi dell’Art. 6 c. 2 della L.157/92 , la pianificazione faunistico -venatoria è finalizzata, per quanto attiene alle specie carnivore, alla conservazione delle loro effettive capacità produttive e al contenimento naturale di altre specie. Per quanto riguarda le altre specie, la pianificazione faunistico -venatoria è finalizzata al conseguimento della densità ottimale, alla loro conservazione e a garantirne la coesistenza con le altre specie e con le attività antropiche presenti sul territorio mediante la riqualificazione delle risorse ambientali e la regolamentazione del prelievo venatorio. Anche la L.R. 56/00 all’art. 10 c.3 assegna ai piani faunistico venatori la funzione di tutelare le aree di collegamento che pongano divieti all’attività venatoria. Il Piano Faunistico venatorio provvede all’istituzione di zone di protezione lungo le rotte di migrazione dell’avifauna segnalate dall’Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e di Oasi di protezione destinate al rifugio, alla riproduzione e alla sosta della fauna selvatica. La Regione Toscana con Del C.R. n°419 del 30/10/1995, ai sensi dell’Art. 32 L.R. 3/94 ha individuato i seguenti valichi montani interessati da rotte di migrazione dell’avifauna in Provincia di Lucca: Passo di Pradarena, Passo di Foce a Giovo (compreso interamente nell’Oasi di Protezione dell’Orrido di Botri), Passo delle Radici (compreso interamente nell’Oasi di Protezione Monte Vecchio Orecchiella). L’Art. 21 c.3 della L.R. 157/92 afferma che la caccia è vietata su tutti i valichi montani interessati dalle rotte di migrazione dell’avifauna, per una distanza di 1000 m dagli stessi. In tal senso risultano funzionali anche le zone di ripopolamento e cattura istituite comunque con finalità prevalentemente venatorie per aumentare la disponibilità di selvaggina; tali istituti sono infatti destinati alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale e alla cattura della stessa per l’immissione e il suo irradiamento sul territorio, in tempi e condizioni utili all’ambientamento, fino alla ricostituzione e alla stabilizzazione della densità faunistica ottimale per il territorio. Per la corretta localizzazione, il presente Piano tiene conto del quadro conoscitivo del PTC in fase di aggiornamento e degli ulteriori dati disponibili per proporre l’istituzione di nuove Zone di protezione. All’interno degli istituti a divieto di caccia (Oasi, Zone di Protezione, ZRC) la Provincia interviene per il ripristino e la salvaguardia degli ecosistemi ed interventi idonei alla conservazione della fauna selvatica, favorendo l’insediamento e l’irradiamento naturale delle specie stanziali e la sosta delle specie migratorie. . 35 Contributo sostanziale alla salvaguardia e all’implementazione delle connessioni ecologiche è costituito dalla programmazione e attuazione degli interventi di miglioramento ambientale . Obiettivo 4- Riduzione dei danni alle produzioni agricole e alle opere - Formazione e informazione circa l’utilizzo di mezzi ecologici dissuasori e sistemi di prevenzione e di protezione Nella destinazione delle risorse disponibili per la tutela delle colture agricole, deve essere garantita da parte della Provincia e degli ATC priorità al finanziamento delle iniziative di prevenzione danni, secondo quanto stabilito dal P.R.A.F. 2012-2015, che devono essere predisposte tenendo conto della realtà agricola presente sul territorio, dell’ammontare dei danni che si sono verificati, delle popolazioni animali presenti e delle caratteristiche dei luoghi. Oltre ai sistemi preventivi classici (recinzioni elettriche e metalliche, protezioni acustiche, repellenti., etc.) è possibile implementare, anche in via sperimentale, sistemi innovativi di prevenzione. Costituiscono comunque azione di prevenzione tutti gli interventi agronomici, ambientali e silvocolturali in grado di offrire alla fauna selvatica fonti trofiche alternative alle produzioni agricole, per cui laddove possibile, devono essere privilegiati, ai sensi del P.R.A.F punto 4.4., gli interventi di miglioramento ambientale e i progetti di dimensioni comprensoriali, coordinati con specifici interventi complementari, realizzati tramite la collaborazione tra cacciatori e agricoltori. In questo quadro, nel corso degli ultimi due anni, sono stati finanziati agli Ambiti Territoriali di Caccia progetti per attività di prevenzione danni da fauna selvatica alle colture agricole, al fine di ridurre l’impatto esercitato dalle specie selvatiche, in primis il cinghiale, sull’ecosistema agrario. Sono stati pertanto concessi agli agricoltori, da parte degli Enti competenti, diversi sistemi di prevenzione del danno, principalmente recinzioni elettrificate ma anche sostanze repellenti in grado di agire sul gusto e/o olfatto dell’animale. Questi metodi sperimentati in diverse realtà della provincia su colture come mais, girasole, vigneti hanno contribuito a ridurre l’entità dei danni da parte del cinghiale. A queste misure di prevenzione, ai fini del contenimento dei danni da cinghiali, sono state affiancati anche interventi di foraggiamento dissuasivo che si sono rilevati utili al fine di ridurre le abitudini erratiche della specie ed impedire, per quanto possibile, il suo sconfinamento all’interno delle aree ad essa non vocate.Tali interventi sono stati realizzati in aree limitate dei due Ambiti Territoriali di Caccia, individuate cartograficamente, all’interno delle aree boscose dei distretti di gestione. Questi interventi di foraggiamento sono stati necessari in questi ultimi due anni per limitare l’erratismo alimentare del cinghiale che a seguito della scarsa offerta alimentare fornita dal bosco, in particolare per effetto del cinipide sulla fruttificazione del castagno, si è avvicinato sempre di più alle aree agricole e a quelle urbane, esercitando un impatto sulle coltivazioni e sulla popolazione. Dal momento che negli ultimi anni si sta assistendo a un progressivo incremento delle segnalazioni di danni imputati al predatore su capi di allevamento (in particolare ovini), con il supporto del Servizio veterinario dell’azienda USL di Lucca, nell’ambito del progetto “Attuazione di interventi formativi e informativi e predisposizione di sistemi di prevenzione della predazione da canidi” (A. Grazzini, L. Manghi, A. Sani, ined.), nel periodo 2009-2011 è stata condotta un’analisi preliminare della problematica sul territorio della Media Valle del Serchio. In particolare sono state effettuate 36 interviste ai pastori visitando ciascuna azienda al fine di focalizzare alcune tematiche di interesse quali le modalità di allevamento e gestione dei capi, le criticità legate al mantenimento della tradizionali attività pastorali in ambiente apuano e appenninico, le necessità e le aspettative per la salvaguardia delle greggi. Questo ha consentito di individuare anche le principali zone di pascolo che corrispondono alle radure intrasilvatiche, alle aree aperte di fondovalle anche lungo i principali corridoi fluviali e alle praterie di crinale appenninico e apuano. Si tratta per lo più di habitat di valore conservazionistico. Il progetto prevedeva l’attuazione di specifici interventi di prevenzione anche mediante la sperimentazione di varie metodologie con la collaborazione degli allevatori e delle Unioni del Comuni dalla Media Valle e della Garfagnana. - Sostegno tecnico e consulenza a chi denuncia i danni fin dalle fasi preliminari I competenti Uffici della Provincia forniscono indicazioni di massima sui metodi di prevenzione a tutti coloro che abbiano subito danni ad opera della fauna selvatica. Inoltre, nel caso di coloro che possano richiedere i previsti risarcimenti dei danni, i tecnici provinciali forniscono anche un aiuto nella predisposizione delle domande. Per l’installazione dei metodi di prevenzione vengono fornite informazioni tecniche dettagliate sulle modalità di realizzazione. La Provincia potrà realizzare direttamente seminari di aggiornamento e formazione in tema di prevenzione dei danni all’agricoltura rivolti ai soggetti interessati e promuovere eventuali iniziative proposte dagli Ambiti Territoriali di Caccia e dalle associazioni agricole, ambientali e venatorie. - Attuazione interventi di controllo mirati sulle specie di interesse venatorio causa del danno Le specie causa del danno sulle quali sono attuati interventi di controllo ex art. 37 della L.R. 3/94 sono le seguenti: · Cinghiale · Cornacchia grigia · Piccione domestico Ai sensi dell’art. 37 della L.R. 3/94, le Province, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia, prioritariamente attuando metodi ecologici. Un esempio di metodologia ecologica può essere costituito dall’attuazione di interventi di miglioramento ambientale specifici per alcune specie così da fornire colture civetta o garantire la disponibilità di habitat idonei così da ridurre l’attrattività delle aree coltivate. A tal proposito,sono stati effettuati alcuni interventi di ripristino e semina di alcune a pascolo da destinare sia agli ungulati che alla lepre. Per quanto riguarda il cervo nel 2012 sono stati attuati 6 interventi di prevenzione danni attraverso la posa in opera di recinti elettrificati, 4 interventi nel 2010 e nessun intervento nel 2011. Distretto AG Comune Lunghezza recinzioni (m) DGLU11 AG1 Sillano 1400 DGLU11 AG4 Pieve Fosciana 1000 DGLU11 AG4 Pieve Fosciana 1200 vigneto DGLU11 AG4 Fosciandora 2800 vigneto e uliveto DGLU11 AG1 Piazza al Serchio 800 Grano saraceno DGLU11 AG1 Sillano 800 farro 37 Coltura protetta frutteto patate e foraggere Nel grafico seguente è riportato il numero dei cacciatori abilitati ex art. 37 in Provincia di Lucca (dato aggiornato al luglio 2012). Si fa presente che molti possono risultare abilitati al controllo di più specie, quindi la sommatoria dei valori per specie (425) non costituisce il numero totale degli abilitati (1660). Il dato relativo agli abilitati alla selezione della specie cinghiale riportato nel seguente grafico non comprende i cacciatori iscritti alla caccia al cinghiale in battuta. Cinghiale Nelle zone vocate al cinghiale e nelle zone non vocate ove le condizioni lo consentano, con determinazione dirigenziale n° 1221 del 26/03/2014, sono state autorizzate (fino al 31 ottobre 2014) operazioni di allontanamento dei cinghiali con l’utilizzo di cani e con assoluto divieto di detenzione e/o utilizzo di armi da fuoco nella località dove la loro presenza sovradensitaria risulta incompatibile con il normale svolgimento delle attività antropiche e in particolare con la coltivazione dei terreni. Gli interventi sono effettuati utilizzando le squadre di caccia al cinghiale operanti nel distretto, organizzate dal Comitato di Gestione dell’ATC sotto il coordinamento della Polizia Provinciale. Nelle aree ove non siano stati risolutivi gli interventi di allontanamento realizzati ai sensi di quanto sopra o l'istallazione di metodi di prevenzione ecologica, sono stati attuati interventi di abbattimento sulla base del Piano di Controllo del cinghiale approvato, contestualmente al Piano di Gestione e Prelievo degli ungulati, con Delibera digiunta Provinciale n. 186 del 27/08/2013. Piano di controllo del cinghiale Data/Periodo Febbraio 2012 14 Marzo 2012 Località/istituto Modalità di intervento Rotta di migrazione dell'avifauna - Lucca Area non vocata - Lucca 38 battuta Soggetti abilitati all’intervento Art. 37 Data/Periodo 31 Marzo 2012 7 Aprile 2012 23 Aprile 2012 Aprile 2012 30 Giugno 2012 1 Luglio 2012 Giugno – Luglio 2012 Località/istituto Area non vocata San Romano Garfagnana - Camporgiano Area non vocata Castelnuovo Garf. Area non vocata Castelnuovo Garfagnana Lucca Area non vocata Pietrasanta Area non vocata Pietrasanta Rotta di migrazione dell'avifauna - Lucca tipologia abbattimento Battuta Art. 37 Battuta battuta trappolaggio battuta battuta Abbattimenti notturni con faro Art. 37 Art. 37 Art. 37 Art. 37 Art. 37 Art. 37 2012 2013 n. interventi n. animali abbattuti/catturati n. interventi Braccata 5 12 9 Girata 1 1 4 32 4 6 2 -- Tiri selettivi notturni Trappola 1 Totale Soggetti abilitati all’intervento Modalità di intervento n. animali abbattuti/catturati 21 16 4 -- 19 41 2012 COMUNE N. ANIMALI N. BRACCATE N. GIRATE n. interventi di TIRO GABBIA 1 32 1 LUCCA 16 2 CASTELNUOVO 1 2 S.ROMANO - CAMPORGIANO 2 1 2013 COMUNE N. ANIMALI N. BRACCATE N. GIRATE 4 LUCCA 34 5 PIETRASANTA 4 2 BORGO A MOZZANO 1 1 1 2 MINUCCIANO 1 S.ROMANO MASSAROSA n. interventi di TIRO GABBIA 1 2 2 Altri ungulati Nel territorio dell’ATC 11 sono stati attuati specifici interventi di tutela delle colture mediante l’utilizzo di recinzione elettrica.Inoltre, è in corso la gestione del cervo appenninico attraverso la costituzione dell’ACATER occidentale e l’approvazione del Regolamento provinciale sulla selezione della specie. Inoltre è proseguita la caccia di selezione al capriolo (con approvazione di un nuovo Regolamento) ed è stata attivata quella al muflone. 39 Cornacchia grigia L’ATC Lucca 11 ha presentato un piano di controllo della cornacchia grigia che è stato autorizzato da ISPRA. Gli interventi riguardano specificatamente i seguenti istituti: ZRC Piazza al Serchio (gestione ATC 11) – autorizzazione del piano di controllo da parte della Provincia di Lucca con Determinazione Dirigenziale n° 2719 del 05/06/2012 ZRV Ai Venti (ATC 11) autorizzazione del piano di controllo da parte della Provincia di Lucca con Determinazione Dirigenziale n° 2718 del 05/06/2012 Piccione Il Piano di controllo triennale del colombo di città per la salvaguardia delle produzioni agricole 2013-2015 è stato approvato con Det. Dirigenziale n° 299 del 25/01/2013 e risulta vigente su tutto il territorio agricolo provinciale. Successivamente ISPRA ha autorizzato un incremento del numero di soggetti annui prelevabili fino a 3000 unità e quindi la Provincia ha integrato la precedente determinazione con la Det. Dirigenziale N° 2246 del 22/05/2013. Piano di controllo del Piccione DD 4757 del 18/08/2010 Piano di Controllo Triennale 500 unità annue 2010 2011 2012 DD 299 del 25/01/2013 Piano di Controllo 2013-2015 3000 unità annue 2013 Porcari Capannori Porcari Capannori Porcari Capannori Pietrasanta Porcari Capannori Altopascio Lucca Massarosa 2 Interventi 4 2 7 6 2 2 35 20 2 2 cacciatori 25 7 24 35 7 7 188 89 8 4 21 30 118 61 20 1541 829 piccioni abbattuti TOT piccioni abbattuti 133 163 116 118 197 3 120 55 2548 Storno Con Delibera G.R. n° 712 del 26-08-2013 avente a oggetto “Stagione venatoria 2012-2013: prelievo in deroga della specie storno” la Regione Toscana ha autorizzato, ai sensi dell’art. 9 paragrafo 1, lett.a) della Dir 2009/147/CE del Parlamento e del Consiglio e dell’art. 19 bis della L. 157/92, la caccia allo storno, anche se specie protetta, al fine di prevenire gravi danni provocati alle coltivazioni agricole. - Individuazione specifiche misure per la prevenzione e la protezione dai danni nelle zone di protezione La prevenzione dei danni nelle zone di protezione, come negli altri Istituti faunistici, è attuata dalla Provincia mediante la predisposizione di apposite iniziative di prevenzione concordate preventivamente con gli imprenditori agricoli. Il piano per la prevenzione dei danni all’agricoltura deve essere predisposto tenendo conto di diversi fattori come 1) la realtà agricola presente sul territorio. 2) l’ammontare dei danni che si sono verificati, 3) le popolazioni animali presenti, 4) le caratteristiche dei luoghi. Nei confronti del cinghiale, che in questi ultimi anni, è risultato responsabile della maggior parte dei 40 danni che si sono verificati nella Zona di protezione del Bientina e del Fiume Serchio, l’azione di prevenzione dei danni può essere esercitata efficacemente mediante l’installazione di protezioni elettriche con filo percorso da corrente elettrica a bassa intensità o mediante l’utilizzo di sostanze repellenti, tali da non arrecare danni alla salute delle persone e degli altri animali, che agiscono su gusto e/o sull’olfatto dell’animale. L’utilizzo di recinzioni elettriche è necessario laddove i danni arrecati dalla fauna selvatica sono continuativi durante l’intera annata agraria, mentre il ricorso alle sostanze repellenti risulta utile essenzialmente per la protezione dei prodotti agricoli in un periodo limitato nel tempo, come ad esempio nel periodo di maturazione del prodotto. Oltre a queste tipologie, è comunque possibile adottare in via sperimentale sistemi innovativi di prevenzione. Costituiscono azione di prevenzione dei danni anche tutti gli interventi agronomici, ambientali e silvocolturali in grado di offrire alla fauna selvatica fonti trofiche alternative alle produzioni agricole o che mirano all’eliminazioni di eventuali siti di rifugio. Obiettivo 5- Partecipazione alla programmazione prevista nel Piano - Incontri pubblici sia con la utenza che con le Associazioni di Categoria Il Piano Faunistico Venatorio deve caratterizzarsi anche come momento di coinvolgimento e partecipazione nelle scelte di programmazione di tutti i portatori di interessi. L’Assessorato alla Gestione Faunistica della Provincia di Lucca ha inteso in questo senso promuovere ancor prima della redazione del presente documento una serie di incontri periferici ai quali sono state invitate principalmente le Associazioni Venatorie. Per quanto riguarda il processo partecipativo sono stati effettuati i seguenti incontri pubblici già nella fase preliminare per definire gli obiettivi della nuova pianificazione faunistico-venatoria: Data e orario 7 Giugno 2012 giovedì ore 21 13 Giugno 2012 mercoledì ore 21 14 giugno 2012 giovedì ore 21 15 giugno 2012 venerdì ore 21 Luogo dell’incontro Fornaci di Barga – Sede Circoscrizione presso ex- Farmacia di Via Galilei in collaborazione con Unione Comuni Media Valle del Serchio Porcari Auditorium “Da Massa” ex Cavanis – Via Roma in collaborazione con il Comune di Porcari Sede Croce Verde di Lido di Camaiore via Flli Rosselli in collaborazione con il Comune di Camaiore Castelnuovo Garfagnana Sala Suffredini ex Archivio – Piazzetta dell’Ariosto in collaborazione con l’ ATC Lu 11 Territorio interessato Media Valle del Serchio Piana di Lucca Versilia Garfagnana In tali incontri, rivolti prevalentemente alle associazioni venatorie, è stato presentato e consegnato un documento che introduceva al concetto di Piano Faunistico Venatorio e fissava una serie di primi obiettivi da integrare e completare con i contributi dei partecipanti. Gli obiettivi introdotti erano: 1) Conseguire densità della specie cinghiale compatibili con l’attività agricola 2) Incrementare la colonizzazione del territorio da parte delle specie selvatiche 3) Coinvolgere pienamente le zone a divieto di caccia a vario titolo esistenti e i loro gestori 41 (p.es. Enti Parco) al fine di raggiungere densità ottimali delle specie selvatiche affiancando la Provincia in una gestione attiva delle specie problematiche Gli incontri sono stati vivacemente partecipati e gli argomenti sopradetti sono stati sviluppati da vari interventi. Alcuni dei presenti si sono riservati di far giungere anche attraverso i Comuni o le Associazioni di riferimento specifici contributi in ordine alla formulazione del Piano FaunisticoVenatorio. Sono stati brevemente introdotti al termine degli incontri i principali concetti relativi alla procedura di VAS che seguirà la stesura del Piano Faunistico in ogni sua fase. - Raccolta ed elaborazione di contributi Da tempo l’Ufficio Risorse Faunistiche va raccogliendo tutta una serie di richieste e di contributi pervenuti da parte di Enti, privati, squadre di caccia al cinghiale, Associazioni, ATC. RICHIESTA / E Parco Nazionale Appennino Tosco Emiliano Adeguamento tabellazione esistente del Parco agli effettivi confini dello stesso 28/08/2012 Corpo Forestale dello Stato A Non pertinente Monte Piglione Foce del Termine Acqua Gelata Matanna Richiesta opposta per Macendone Creazione di area non vocata per il cinghiale e contemporanea 07/09/2012 richiesta inversa in zona Macendone Presidente del Distretto n° 4 B Parzialmente accolta Barga e Coreglia Antelminelli Monte Coronato Riesame delle zone vocate e non vocate nei comuni di Barga e Coreglia Antelminelli Riesame zone del Demanio Regionale DATA 15/01/2008 15/02/2012 23/01/2013 15/02/2012 SOGGETTI Id. Controdeduzi oni ZONA Squadra 58 (Coreglia) Presidente Distretto 13 Fidc e Anlc Ghivizzano C Fidc (Oikos) D Parzialmente accolta Discussione Il CFS lamenta al Parco Nazionale degli Appennini che in varie zone la tabellazione non corrisponde alla cartografia ufficiale del Parco. Tale discrasia è potenzialmente foriera di possibili rilievi penali a carico di soggetti che tratti in inganno dalla tabellazione fossero comunque sorpresi a cacciare in aree rientranti nel Parco Nazionale. Auspica una revisione a breve di tali tabellazioni. Non si rileva una diretta competenza a carico del PFV. Si richiede una revisione di aree attualmente vocate portandole ad aree non vocate e contemporaneamente si richiede la vocazionalità al cinghiale per una zona che attualmente non è vocata. La proposta è stata parzialmente accolta utilizzando come criterio esclusivo l’uso del suolo. L’integrazione della zona Macendone come area da vocare per compensare le zone che dovrebbero passare a non vocate non è necessaria. (Vedasi cartografia) Vi sono osservazioni in conflitto sulla nuova perimetrazione delle zone vocate nei due comuni del Distretto 13. Tra le due proposte si è tentata una mediazione con un parziale accoglimento della richiesta di ampliamento delle zone vocate. (Vedasi cartografia) E’ stata proposta una nuova perimetrazione delle aree demaniali nella zona di Monte Coronato. E’ stata avviata fin dal 2011 la richiesta alla Unione dei Comuni della Media Valle del Serchio che gestisce il patrimonio demaniale regionale di avviare presso i competenti Uffici Regionali una richiesta di sdemanializzazione. Si fa comunque presente che la sdemanializzazione senza la creazione di una adeguata zona di protezione è un fattore molto critico dal momento che l'area è totalmente ricompresa all'interno del SIR-SIC “Monte Prato Fiorito – Monte Coronato_Valle dello Scesta” Tra le principali emergenze segnalate per questo SIR -SIC viene elencata l'Aquila reale (Aquila chrysaetos) e i Lupo (Canis lupus). La perdita di questa estesa porzione protetta potrebbe comportare un aggravamento delle condizioni di criticità già segnalate per le specie e per il Sito all'interno della relativa scheda delle "Norme tecniche relative alle forme e alle modalità di tutela e conservazione dei Siti di Importanza Regionale 42 ZONA RICHIESTA / E Proposta di Loc. Giardo e revisione del San Rocchino divieto di caccia Loc. Borgo a Mozzano Proposta di revisione del divieto di caccia Minucciano Richiesta istituzione area non vocata e per converso Conferma attuale assetto Cerretoli e Palleroso Vico Pancellorum Richiesta di passaggio da area non vocata ad area vocata Perimetrazione di aree vocate e non vocate al cinghiale in conformità con DATA 04/05/2012 SOGGETTI Sig. Simone Mei 16/04/2012 Fidc 17/01/2012 Presidente Distretto 16 13/03/2012 16/02/2012 Controdeduzi oni ArciCaccia 25/10/2011 18/02/2013 Id. E Non accolta F Non accolta G Parzialmente accolta H Accolta Varie firme Comune di Castelnuovo Garfagnana Sig. Riccardi Adolfo e vari residenti di Vico Pancellorum Accolta I 43 Discussione (SIR)" approvate con Del. G. R. n. 644/2004. La richiesta va affrontata con una duplice lettura. Per quanto riguarda la zona definita di San Rocchino non viene meglio precisato un perimetro od allegata una cartografia. Se con “San Rocchino” si intende la sola zona della cava omonima detta richiesta non ha molto senso in quanto la zona a ridosso della cava è densamente urbanizzata, se invece si intende abolire in toto la Rotta di Migrazione abituale delle “Cave del Brentino” si ritiene di non dover accogliere tale richiesta in quanto tale zona riconosciuta come rotta di migrazione abituale della avifauna dall’Ispra e costituisce un punto di sosta per l’avifauna migratrice e soprattutto data la presenza della zona umida delle cave per gli uccelli acquatici. Per quanto riguarda la zona del Giardo le dimensioni sono molto limitate e paiono più essere finalizzate all’accoglimento di richieste particolaristiche legate alla presenza di un appostamento che a una logica di gestione. (vedasi in proposito la richiesta di abolire la rotta di migrazione a favore di un altro divieto ovvero una ZRV che però non prevede il rispetto di un franco esterno per la creazione di appostamenti fissi). Si ritiene pertanto di non poter accogliere tale richiesta La richiesta va nella direzione di una revisione della rotta di migrazione del fiume Serchio che attualmente si attesta al Ponte Pari di Borgo a Mozzano. Tale corridoio ecologico costituisce ormai un caposaldo nella rete ecologica della Valle del Serchio e nella zona fino alla Piana di Anchiano si è creato un habitat favorevole alla sosta, al passaggio e all’irradiamento della fauna selvatica. Non si è favorevoli alla richiesta poiché l’apertura della caccia in questa zona comprometterebbe l’assestamento ambientale di questi anni. Dalla richiesta stessa si evince la volontà di una valutazione serena su questa richiesta che non può che andare nella direzione di lasciare invariata la rotta di migrazione già penalizzata dal limite di terminare a Borgo a Mozzano. La richiesta è articolata e vede la contrapposizione di due fronti. Da un lato una serie di piccoli proprietarii di terreni compresi in una porzione di territorio vocato che in effetti ha maggiori caratteristiche di area non vocata che richiede il riconoscimento di tale effettiva vocazionalità. Dall’altro lato il Distretto di caccia al cinghiale che invece richiede l’integrale mantenimento della situazione attuale. Da un punto di vista oggettivo la richiesta dei proprietari e agricoltori ha un suo fondamento e quindi è stata parzialmente accolta nella considerazione che il territorio in uso al Distretto al Cinghiale è molto ampio e scende fino a comprendere anche il comune di Camporgiano (vedasi cartografia). Il comune di Castelnuovo G. facendosi tramite di richieste della cittadinanza chiede che vengano vocate al cinghiale alcune aree del Comune che attualmente sono classificate come non vocate ma presentano le necessarie caratteristiche di boscosità e di presenza della specie cinghiale. Si ritiene di accogliere tale richiesta come da cartografia. La richiesta di un gruppo di abitanti della frazione di Vico Pancellorum nel comune di Bagni di Lucca intendono richiedere un ampliamento di una Zona non vocata per il cinghiale e una modesta restrizione su altro lato della zona vocata poiché la ZONA RICHIESTA / E DATA SOGGETTI Id. Controdeduzi oni la natura del territorio Villa Collemandina Richiesta nuova delimitazione 16/02/2012 Oasi Orecchiella Comune di Villa Collemandina L Non accolta Camporgiano Richiesta area a divieto di caccia 06/07/2011 ex art. 33) Comune di Camporgiano M Accolta N Non accolta Comune di Molazzana Sassi Eglio Montaltissimo Giuncugnano Piano di Mommio Richiesta 27/07/2009 soppressione zona non vocata richiesta inversa 29/07/2009 mantenimento zona non vocata 29/07/2009 Richiesta revisione confini Zona Demaniale, richiesta revisione confini AFV Monte Prunese Comunicazione avvenuta restituzione zona demaniale Richiesta zona a divieto di caccia Sig. Selso Savoli Comitato Frazioni Alte comune Molazzana 17/08/2007 Comune di Giuncugnano 28/03/2008 Comune di Giuncugnano 16/10/2013 Comune di Giuncugnano 03/12/2012 Centro Ippico Stella Accolta O P Non accolta 44 Discussione stessa è troppo vicina alle abitazioni. La proposta pare condivisibile poiché le zone per cui si richiede la qualifica di NON VOCATE insistono su territori con presenza di case strade ecc. V/Cartografie. La richiesta pervenuta a varie riprese dal comune di Villa Collemandina intende aprire alla attività venatoria circa 88 ha . La motivazione addotta è quella di attestare i confini dell’Oasi su quelli del Parco dell'Appennino. Si fa notare che Parco e Oasi non hanno allo stato alcun collegamento e non sono interdipendenti. Infine il confine dell’Oasi, qualora lo si voglia rivedere, deve essere oggetto di un provvedimento specifico che prenda in esame la possibilità di assestare i confini sui limiti del SIR -SIC Parco dell’Orecchiella - Pania di Corfino -Lamarossa per l'elevata valenza naturalistica del Sito. Tra le principali emergenze segnalate per questo SIR -SIC viene elencata l'Aquila reale (Aquila chrysaetos) per la quale il sito è rilevato come uno dei più importanti per la specie in Toscana. La perdita di questa estesa porzione protetta potrebbe comportare un aggravamento delle condizioni di criticità già segnalate per il Sito all'interno della relativa scheda delle "Norme tecniche relative alle forme e alle modalità di tutela e conservazione dei Siti di Importanza Regionale (SIR)" approvate con Del. G. R. n. 644/2004. La proposta è stata già accolta da provvedimenti annuali a cui è seguita la definitiva istituzione di una ZRV denominata “Ai Venti”. Si sono verificate due richieste opposte. Una facente capo alla nuova amministrazione comunale che richiede la definizione di Zona Vocata su alcune a suo tempo controverse Zone Non Vocate richieste dagli abitanti delle frazioni di Eglio, Sassi ecc. A favore del mantenimento della situazione attuale sono arrivate comunicazioni firmate da abitanti delle frazioni nonché a firma dell’ex Sindaco. La natura dei terreni e la presenza di nuclei abitati suggerisce il mantenimento della attuale situazione almeno dal punto di vista strettamente tecnico (vedasi cartografia). In cartella sono presenti comunicazioni avvenute nel tempo e tendenti alla rivisitazione sia dei confini della AFV Monte Prunese sia dell’Area Demaniale a divieto di caccia. In tempi recenti la Regione ha riconsegnato al comune una serie di terreni demaniali su cui è quindi venuto meno il divieto di caccia. Tale comunicazione è stata oggetto di rappresentazione cartografica V/Cartografia La richiesta di interdire la caccia in una piccola porzione del territorio del comune di Massarosa (loc. Piano di Mommio) proviene dal Centro Ippico Stella ed è finalizzata a diminuire l’azione di disturbo della attività venatoria sulle attività ippiche condotte all’aperto. Da un apposito sopralluogo effettuato dall’Ufficio emerge una distanza anche maggiore alla minima prevista per Legge degli appostamenti fissi esistenti in zona. Pertanto il disturbo se esiste è arrecato da singoli cacciatori vaganti che non rispettano la distanza da stazzi e stabbi contenenti animali e come tali vanno perseguiti. La motivazione addotta di per sé non è quindi ritenuta accoglibile. Per la sottrazione di fondi dalla attività venatoria esiste una specifica ZONA Camporgiano RICHIESTA / E DATA Richiesta ampliamento zona non vocata e richiesta 03/06/2013 inversa mantenimento 13/06/2013 zona non vocata nelle dimensioni attuali Pietrasanta Richiesta delimitazione nuova aree non vocate e inserimento nuova area vocata Lucca – Borgo a Mozzano SOGGETTI Id. Pellegrinetti Daniele Controdeduzi oni Q Parzialmente accolta Fidc sez. comunale 21/01/2013 Presidente Distretto Cinghiale n° 1 R Parzialmente accolta Richiesta delimitazione nuova aree vocate 14/01/2013 ATC 12 Presidente Distretto 10 e capisaquadra S Parzialmente accolta San Pancrazio e Corsagna Delimitazione di nuove aree vocate 14/01/2013 ATC 12 e Presidente Distretto n° 7 Capannori Richiesta delimitazione nuove aree vocate 14/01/2013 ATC 12 e Distretto n° 6 Massarosa Richiesta mantenimento 25/02/2013 zone non vocate Comune di Massarosa V Accolta Monti Pisani Limitazione appostamenti fissi Sig. Benedetti Fiorenzo Z Non accolta 11/04/2011 Parzialmente accolta T Non accolta U Discussione procedura che eventualmente può essere attivata entro 30 gg. dalla approvazione del Piano. Anche qui ci troviamo di fronte a due proposte opposte fra loro. Da una parte una serie di abitanti del comune di Camporgiano che richiedono l’ampliamento all’interno del comune di Camporgiano di una zona NON VOCATA al cinghiale. Tale proposta è avversata dalla locale sezione Federcaccia. Verificata dal punto tecnico la vocazionalità del territorio si ritiene ammissibile solo parzialmente la richiesta di ampiamento suddetta (vedasi cartografia) La richiesta contempla la classificazione ad area non vocata di una serie puntiforme di territori e in compensazione il riconoscimento della vocazionalità di una altra zona di cui si richiede l’attribuzione al Distretto richiedente (1). Verificata dal punto di vista oggettivo della vocazionalità del territorio pare accoglibile solo in piccola parte. (vedasi cartografia) Viene richiesta da parte del Distretto di Caccia al cinghiale n° 10 la classificazione a zona vocata di una serie di territori oggi definiti come NON VOCATI. Dopo un attento esame sulle carte d’uso dei suoli si ritiene accoglibile solo in parte tale richiesta (vedasi cartografia). Viene richiesta da parte del Distretto di Caccia al cinghiale n° la classificazione a zona vocata di una serie di territori oggi definiti come NON VOCATI. Dopo un attento esame sulle carte d’uso dei suoli si ritiene accoglibile solo in parte tale richiesta (vedasi cartografia). Viene richiesta da parte del Distretto di Caccia al cinghiale n° la classificazione a zona vocata di una serie di territori oggi definiti come NON VOCATI. Dopo un attento esame sulle carte d’uso dei suoli la richiesta non si ritiene accoglibile in ragione del fatto che le zone richieste presentano caratteri di urbanizzazione più elevati rispetto a quanto sarebbe opportuno per una area vocata al cinghiale. (vedasi cartografia) L’Amministrazione Comunale di Massarosa chiede sostanzialmente una riconferma a zone non vocate di una serie di territori già così classificati. La richiesta si ritiene ammissibile anche in ragione dei percorsi didattici e degli altri investimenti segnalati a suo tempo sempre dal Comune di Massarosa. La richiesta del sig. Benedetti Fiorenzo non ha margini tecnici per essere accolta. In effetti la proliferazione dei capanni in una determinata zona può essere contenuta solo inserendo tale area tra quelle ove non sono collocabili appostamenti fissi. Questo però fa scattare una deroga in favore degli appostamenti esistenti che acquisirebbero sic et simpliciter uno status di privilegio potendo permanere di fatto sino al cessare della attività venatoria del titolare. La proposta pertanto non avendo uno sbocco normativo compatibile non può essere accolta. - Pubblicazione sul Web Il Documento preliminare VAS è stato pubblicato sul sito web della Provincia di Lucca (http://www.provincia.lucca.it/attivitaproduttive/risorsefaunistiche/documents/DocumentoPreliminar eAgosto2012aggiornato.pdf). Sul sito saranno pubblicati il Rapporto Ambientale, la Sintesi non Tecnica in fase di consultazione e 45 sarà reso disponibile lo Studio di Incidenza. – Formazione, informazione e aggiornamento dell’utenza su tematiche di sicurezza e di sostenibilità ambientale Le analisi di sostenibilità ambientale risultanti dalla valutazione ambientale strategica e le verifiche in merito all’incidenza di habitat e specie dei Siti della Rete Natura 2000 ricadenti sul territorio provinciale, devono essere oggetto di specifici interventi di informazione e di formazione così da poter sensibilizzare il mondo venatorio su alcune importanti problematiche, garantire che l’attività faunistico venatoria venga svolta nel rispetto delle vigenti normative e che la stessa assuma un fondamentale ruolo di gestione per la risoluzione di criticità. A tal proposito, oltre alle novità inserite nella specifica disciplina, sono da affrontare e condividere le strategie messe in atto dal Piano Faunistico Venatorio per ottemperare a quanto richiesto dalle attuali normative e a quanto evidenziato nei contributi pervenuti in sede di consultazione del Documento Preliminare da parte dei Soggetti competenti in materia ambientale. Queste le principali: la progressiva dismissione dell’uso del munizionamento con piombo, al fine di eliminare il rischio di assunzione del metallo non soltanto da parte di animali necrofagi che si nutrano delle carcasse di ungulati abbattuti ma anche da parte dell’uomo la necessità di ridurre l’abbandono di rifiuti nelle attività outdoor educando alla raccolta e allo smaltimento differenziato - la necessità di garantire la massima sicurezza per i cacciatori e per i non cacciatori la definizione di corrette misure e azioni per la conservazione di habitat e specie all’interno dei Siti Natura 2000 e all’esterno degli stessi (ad es gestione chiari di caccia, miglioramenti ambientali, riduzione danni ..) - la necessità di attuare tutte le misure necessarie atte a ridurre l’impatto delle specie alloctone - la formazione e l’informazione circa i danni derivanti dalla predazione da canidi - la conoscenza delle disposizioni legislative e degli aggiornamenti 3. IL TERRITORIO PROVINCIALE Il territorio della Provincia di Lucca è caratterizzato da una complessa variabilità morfologica e ambientale, dovuta al suo estendersi tra l’Appennino e la costa Tirrenica, dove troviamo entità territoriali quali: • la catena montuosa delle Alpi Apuane, i grande valore geologico, ambientale e paesaggistico; • il bacino del Serchio e l’omonimo sistema vallivo; • una estesa pianura in corrispondenza della città di Lucca; • la costa della Versilia, con realtà urbane consolidate (Viareggio, Pietrasanta, Camaiore) e ambienti naturali e paesaggi complessi (Parco regionale di Migliarino - S. RossoreMassaciuccoli, Parco regionale delle Alpi Apuane). Questa particolare e complessa caratterizzazione morfologica determina tre realtà distinte per 46 caratteri storici, geografici e morfologici: • la Valle del Serchio; • la Piana di Lucca; • la Versilia. 3.1 Valle del Serchio Il bacino della Valle del Serchio rappresenta la parte più a nord del territorio provinciale e le linee spartiacque del bacino costituiscono i confini naturali con le Province di Pistoia, Modena, Reggio Emilia e Massa Carrara. Morfologicamente l’area ha caratteristiche tipicamente montane e il bacino risulta limitato dai versanti appenninici e apuani che presentano profonde vallate trasversali e cime elevate e che si uniscono, oltre Piazza al Serchio, in prossimità dell’Argegna e del Passo dei Carpinelli. Il fiume ha origine dall’incontro del ramo appenninico (Sillano) con quello apuano (Gramolazzo) nel territorio di Piazza al Serchio e nel tratto successivo, tra Camporgiano e l’area urbana di Castelnuovo Garfagnana , attraversa un paesaggio misto di una equilibrata presenza di attività umane e di territorio naturale. Superato Castelnuovo l’alveo risulta incassato e quasi scompare nella gola di Fosciandora. Nel tratto mediano da Fornaci di Barga fino a Fornoli (dove il fiume riceve il Torrente Lima) troviamo concentrate lungo le sponde molte attività produttive; gli affluenti, rappresentano degli elementi di connettività tra il fondovalle e i versanti prevalentemente boscati e caratterizzati dalla presenza di attività agricole diffuse. Nel territorio di Borgo a Mozzano tra Decimo e Valdottavo il territorio urbano si sviluppa a ridosso dell’alveo e alcune attività produttive si svolgono addirittura all’intero dello stesso; è questo il tratto fluviale dove si trova la maggior trasformazione dell’ambiente di fondovalle. Superato Valdottavo il Serchio riassume gli aspetti naturali originari con fasce ripariali relativamente ampie e in alcuni tratti scorre racchiuso tra i due rami della viabilità di fondovalle fino all’abitato di Ponte a Moriano, dove lascia il territorio della Valle del Serchio per attraversare la Piana di Lucca fino al confine di Provincia. La Valle del Serchio è ricca di caratterizzazioni ambientali e naturalistiche così riassumibili: • Il crinale e il territorio a prevalente naturalità diffusa, con articolazione e caratteristiche riferibili al territorio rurale; • L’Alto Appennino caratterizzato dalla litologia del substrato prevalentemente costituito da formazioni sedimentarie oligoceni che riferibili al “Macigno” e quindi con una morfologia dei rilievi più dolce rispetto a quella apuana. Ne derivano ampi crinali caratterizzati da praterie e brughiere di altitudine dove le creste rocciose e le colate detritiche occupano aree di dimensioni più limitate. Le prolungate attività agro-silvo-pastorali (taglio, incendio, pascolo) hanno profondamente modificato gli habitat montani e cacuminali; • la Valle del Torrente Lima, con i massicci calcarei del Balzo Nero, dei Monti di Limano della Penna di Lucchio e del Monte Memoriante, dove sono diffusi gli affioramenti e le pareti rocciose, oltre al canyon dell’Orrido di Botri; • le Alpi Apuane caratterizzate da litologia carbonatica prevalente e quindi con una morfologia articolata a “connotazione” alpina, con presenza di rilievi ripidi e scoscesi che si stagliano in cime aguzze e pinnacoli, con ampie superfici nude colonizzate da comunità casmofile e glareicole di primaria valenza fitogeografica e conservazionistica per la presenza di specie endemiche e rare e con estese praterie primarie e secondarie; • Le riserve naturali statali Pania di Corfino, Lamarossa, Orecchiella, ora inserite nel Parco 47 Nazionale dell’Appennino; la Riserva dell’Orrido di Botri; • Il sistema collinare, ampia fascia di territorio tra il fondovalle e il castagneto dove si trovano gli insediamenti e le case sparse e il territorio agricolo. Qui troviamo i terrazzamenti, le coltivazioni promiscue, i seminativi erborati, i castagneti da frutto e i manufatti legati alle attività agro-silvo-pastorali tradizionali (case rurali, metati, mulini, stalle, alpeggi etc.); • Le estese aree boscate con formazioni forestali di valore conservazionistico come le faggete, i castagneti anche da frutto, le fasce di vegetazione ripariale; • I territori gestiti in maniera collettiva mediante associazioni dei beni di uso civico (Barga, Sillano); • Il sistema fluviale del Serchio e della Lima già ampiamente descritto. 3.2 Piana di Lucca L’ampia piana di Lucca risulta delimitata dai rilievi antiappenninici Pizzorne-Cerbaie, dai rilievi peritirrenici del Monte Pisano e dei Monti d’Oltre Serchio e comprende i Comuni di Lucca, Capannori, Porcari, Altopascio, Montecarlo e parti del territorio del Comune di Villa Basilica. In questa estesa superficie elementi caratteristici del territorio sono: • Verso oriente presenta una notevole depressione occupata fino all’inizio del secolo scorso da una vasta zona palustre che si estendeva da Altopascio a Porcari fino al Compitese: il lago di sesto o di Bientina. Di questo sistema articolato di stagni e paludi definitivamente prosciugati all’inizio del XX secolo, rimangono lembi residui grazie a opere di regimazione idraulica che ne hanno conservato l’assetto naturale quali casse di colmata di torrenti che scendono dal monte Pisano; • La piana alluvionale di Lucca comprendente l’area urbanizzata di Lucca e il fiume Serchio con il suo alveo, le aree golenali e quelle di pertinenza . Il paesaggio fluviale si caratterizza per gli imponenti argini, i corridoi verdi, le pioppete; Da qui fino al confine di Provincia (Ripafratta) il fiume scorre all’interno di arginature artificiali e l’alveo è delimitato da terreni agricoli a conduzione intensiva. Superato Monte S. Quirico si sviluppa una zona di fasce ripariali estese che si alterna e fonde con pioppete e seminativi, oltre la golena, tra l’alveo e il territorio urbano; • Il territorio dell’alveo sotterraneo originato dalla deviazione del fiume Serchio che da Marlia conduceva, attraversando la piana, fino al Bientina. L’influenza del fiume si manifesta ancora nella fisionomia e nella caratteristica dei luoghi, con la presenza di specie vegetali igrofile e di una rete di canali e fossi che rappresentano una unicità e una peculiarità della piana lucchese; • Al margine orientale del Bacino di Bientina, nel comune di Altopascio si trova il lago di Sibolla, piccolo specchio lacustre idraulicamente collegato (mediante l’omonimo emissario) con il Padule di Fucecchio. Nonostante le modeste dimensioni l’area, compresa in una riserva naturale e in un sito di importanza comunitaria, ha una valenza unica a livello internazionale perché in essa si conservano peculiari entità floristiche e vegetazionali, testimonianza di passati avvicendamenti climatici ma anche del perduto assetto del Padule di Bientina di cui è stato alternativamente tributario; • Il territorio di collina. Le aree collinari costituiscono una specie di anfiteatro attorno alla piana di Lucca rappresentandone certamente la parte con valore paesaggistico più 48 importante. Tale valore è ulteriormente enfatizzato dalla presenza delle famose “Ville Lucchesi“ ma anche dei nuclei rurali, del sistema delle pievi, delle coltivazioni a vite e olivo, dei terrazzamenti; • la collina di Montecarlo e Porcari caratterizzate da versanti dolcemente degradanti con le coltivazioni di vite e olivo; • i territori boscati delle Pizzorne e dei Monti Pisani caratterizzati da ricca e fitta vegetazione con coltivazioni a oliveto, con un insediamento umano ridotto, una notevole presenza di piccoli corsi d’acqua e da estesi boschi di castagno. 3.3 Versilia La Versilia è parte della estesa fascia costiera toscana e ha continuità morfologica e funzionale con il territorio apuano a nord e, attraverso il Massaciuccoli e le pinete litoranee, con l’area pisana a sud. Aspetti identificativi dell’area sono: • la pianura versiliese, compresa tra la catena apuana e il mar Tirreno, formatasi in seguito a fenomeni alluvionali, di trasgressione e regressione marina, modificata profondamente nel corso dei secoli da numerosi interventi antropici attraverso bonifiche, tagli, messa a coltura e intensa urbanizzazione; • i lembi residui degli antichi ambienti tipici della pianura costiera come le dune recenti di Torre del Lago, le selve e il sistema di lame e tomboli della Macchia Lucchese fino al Lago di Porta, il lago di Massaciuccoli (tutti compresi nella Rete Natura 2000); • Il territorio montano delle Alpi Apuane, molto articolato e complesso, con solchi vallivi e cime elevate; • Il territorio collinare costituito da rilievi con caratteristiche simili al paesaggio tipicamente lucchese; • I territori vallivi originati dai corsi d’acqua che scendono dalle Alpi Apuane: il fiume Versilia, il torrente Baccatoio e il Lucese; • Il territorio di pianura della campagna urbanizzata individuabile nell’area pianeggiante tra l’autostrada e la collina con consolidata vocazione agricola (seminativi, colture orticole e floricole, serre). 4. AGRICOLTURA DELLA PROVINCIA DI LUCCA L’estrema variabilità ambientale della nostra provincia determina in alcune aree limiti all’attività agricola (zone montane e collina acclive) ma permette anche di valorizzare produzioni, in molti casi di pregio, riferibili proprio alle tipicità del territorio. Caratteristica comune a tutta l’agricoltura della Provincia è la predominanza di aziende piccole o medio piccole che ha comportato storicamente limiti economici alla attività agricola soprattutto nelle zone collinari e montane. Nella Piana e soprattutto nella Versilia esiste una agricoltura di piccole e spesso piccolissime aziende orientate però verso la produzione di colture ad elevato reddito che contribuiscono in maniera rilevante alla occupazione ed alla formazione del reddito complessivo. 49 Nei comuni montani della Valle del Serchio e delle altre zone siamo in presenza di una agricoltura debole, per lo più estensiva, che rappresenta essenzialmente una integrazione dei redditi familiari provenienti da altri settori e finalizzata principalmente alla permanenza umana nel territorio ed al conseguente mantenimento ambientale. Esamineremo l’ attività agricola nella Provincia di Lucca per ognuna delle tre articolazioni di cui si compone il territorio. 4.1 Valle del Serchio Nel territorio della Valle del Serchio su una superficie Agraria Utilizzata ( SAU ) di ha 10.195 sono presenti (secondo il censimento 2010) 1.823 aziende, che rappresentano il 28 % delle aziende agricole dell' intera Provincia , con una dimensione media aziendale pari a 5,59 ha di Sau superiore alla media provinciale , ma con risultati produttivi limitati dalla difficoltà di sfruttamento dei terreni e dalla alta incidenza della superficie boschiva. Le principali utilizzazioni del suolo sono il bosco, il seminativo, il prato-pascolo ed il castagneto. La zootecnia è diffusa nel territorio ed è principalmente rappresentata dall’allevamento di bovini ed in misura minore da suini ed ovini. Il numero di capi bovini per azienda è piuttosto basso inferiore a 6 capi e con indirizzo prevalente verso la produzione di latte. Per l’allevamento dei suini i dati rilevati mostrano un numero medio di capi molto basso con produzione finalizzata per lo più all’autoconsumo. La consistenza media degli allevamenti ovini è inferiore a 50 capi per azienda. La maggior parte delle aziende è condotta da ultra cinquantenni ed il reddito è estremamente ridotto. In conclusione nella Valle del Serchio gran parte delle aziende hanno dimensioni contenute e con alta incidenza delle superfici boscate, e sono condotte da imprenditori prevalentemente in età non lavorativa e con risultati economici molto modesti . Pertanto l’attività agricola rappresenta una integrazione del reddito ed ha soprattutto importanza come mantenimento della presenza umana e quindi sulla cura ed eventuale recupero del territorio. 4.2 Piana di Lucca Nella Piana di Lucca, su una SAU complessiva di ha 10.076, sono presenti il 43% delle aziende della intera Provincia (n. 2793, dato censimento 2010) concentrate principalmente nei Comuni di Lucca e Capannori e comprendenti per lo più piccole aziende con una Sau media pari a 3,61 ettari ma con la presenza anche di realtà produttive con dimensioni elevate. Gran parte del territorio comprende condizioni geo-pedologiche ed ambientali favorevoli con presenza di risorse idriche consistenti e con ordinamenti produttivi redditizi (ortoflorovivaismo) e di pregio (vino ed olio) oltre ai seminativi irrigui ed asciutti. Le coltivazioni ortoflorovivaistiche interessano aziende di dimensioni medio-piccole con elevati gradi di specializzazione e con redditi lordi soddisfacenti e buoni livelli occupazionali. In questi ultimi anni successivi alla crisi della floricoltura molte aziende del settore si sono indirizzate verso la produzione di fiori in vaso ed alla orticoltura . L’olivicoltura che è diffusa su tutta la collina comprende aziende piccole con percentuali di superficie olivata proporzionalmente alta rispetto all’intera Sau ma con produzione indirizzata principalmente all’autoconsumo ed aziende di dimensioni medio-grandi che, pur con un rapporto basso tra oliveto e Sau totale, dispongono di superfici olivicole su cui ottengono produzioni che permettono di 50 commercializzare il prodotto in bottiglia ottenendo buoni risultati economici. Per la viti-vinicoltura vale quanto sopra, tante piccole unità produttive indirizzate prevalentemente al consumo familiare ed un buon numero di aziende viticole medio-grandi con produzione di vini a denominazione di origine controllata. Il ruolo delle colture arboree è quindi importante dal punto di vista economico ma anche in termini di salvaguardia ambientale e paesaggistica. E’ in questa realtà che si è inserita e consolidata attività agrituristica particolarmente redditizia ed utile per la integrazione dei redditi agricoli. I seminativi sono particolarmente diffusi nei territori di Capannori, Porcari ed Altopascio dove in presenza di disponibilità irrigue vengono raggiunte produzioni elevate. Maggiormente diffusa è la coltivazione di mais da granella a cui seguono in percentuali minori gli altri cereali primaverili ed i vernini, in crescita la coltivazione di girasole. Le aziende raggiungono superfici anche medio-grandi spesso però aggiungendo ai terreni in proprietà un buon numero di superfici condotte in comodato. La zootecnia nella Piana di Lucca ha subito in questi ultimi anni una drastica riduzione nel numero delle aziende ed anche nel numero dei capi allevati, tale fenomeno ha riguardato maggiormente il comparto bovino ed in particolare la produzione di latte. L’allevamento degli ovini è particolarmente presente nel territorio di Pescaglia,con greggi composte da pochi capi, nella Piana troviamo invece proporzionalmente un minor numero di aziende pastorizie che spesso casi superano abbondantemente i 100 capi allevati. I suini sono presenti in molte aziende ma con consistenze medie inferiori alle 10 unità. Anche nella Piana come già visto nella Valle del Serchio, l’età media degli imprenditori è alta ma la presenza di aziende valide non esclude l’inserimento nella gestione, stante l’attuale crisi occupazionale, di giovani anche in part-time. 4.3 Versilia Il sistema territoriale della Versilia raggruppa su 4.072 ettari di SAU ( dati censimento 2010 ) circa 1900 aziende strutturalmente caratterizzate da una superficie agraria utilizzata di 2,11 ettari, inferiore alla media provinciale, e con un buon numero di imprese anche al disotto di un ettaro. Gran parte delle aziende sono di pianura o di bassa collina con coltivazioni intensive ad alto reddito e con elevate produzioni unitarie dovute alla disponibilità di superfici irrigabili. Il comparto produttivo più importante è quello orto-floro-vivaistico che fornisce redditi elevati ma che comporta anche un forte impatto ambientale e paesaggistico, questa attività ha consentito grazie alla sua estrema specializzazione di poter creare e mantenere aziende efficienti su dimensioni ridottissime. Le coltivazioni arboree rappresentano le produzioni tradizionali di alcune zone del territorio come la collina litoranea , dove sopratutto l’olivicoltura è finalizzata a soddisfare l’autoconsumo familiare. Il seminativo si avvantaggia della disponibilità di impianti irrigui, ma ad esclusione delle coltivazioni intensive, non rappresenta certo un comparto trainante. La zootecnia non ha mai rappresentato una attività importante dell’agricoltura versiliese ed ha ormai un ruolo estremamente marginale. La presenza di allevamenti bovini (da carne), suini ed ovini sono occasionali e numericamente poco rappresentativi. Le figure imprenditoriali sono rappresentate per la gran parte da titolari in età avanzata ed i giovani agricoltori sono per lo più subentrati nell’azienda di famiglia. 51 Le caratteristiche dell’agricoltura della Versilia sono simili a quelle della Piana di Lucca con una più forte presenza di aziende di piccole dimensioni, un uso più intensivo del suolo, una percentuale superiore di aziende con risultati economici positivi ed una maggiore competizione tra territorio residenziale ed agricolo. Troviamo perciò lungo la costa nel territorio urbanizzato la presenza di aziende agricole intensive estremamente impattanti, nella collina coltivazioni tradizionali (soprattutto olivicole) e nella zona più montuosa aziende a carattere residenziale con funzioni di presidio del territorio. 52 4.4 Censimento agricoltura 2010 Recentemente sono stati presentati i dati definitivi del censimento dell'agricoltura del 2010. In questa sede ci interessa evidenziare cosa è cambiato e le tendenze che si sono manifestate tra i due precedenti censimenti e quello del 2010 nel numero delle aziende attive e nella quantità di superficie agricola utilizzata (SAU). Numero di Aziende per Comune 53 Superficie aziendale per Comune 54 Il primo dato che si evidenzia dal complessivo provinciale è la continua riduzione dal 1990 al 2010 del numero delle aziende e della superficie agricola, rispettivamente del 63% e del 34%, riduzione che nel solo periodo 2000/2010 è stato di 51% e 16%. I dati del nostro territorio evidenziano una tendenza estremamente negativa del settore agricolo, confermata anche a livello regionale pur con riduzioni meno consistenti nel numero di aziende (- 46%) e nella Sau (- 9%). Alla elevata diminuzione del numero di aziende ha coinciso una minor contrazione percentuale della superficie agricola utilizzata, ciò fa ritenere che la cessazione abbia riguardato principalmente molte piccole o piccolissime aziende (soprattutto nella collina acclive e nella montagna ), mentre nei terreni di pianura coltivabili a cereali il dato è stato probabilmente compensato, almeno in parte, dall'aumento di ampiezza delle aziende più dimensionate che hanno inglobato parte dei terreni disponibili. Volendo esaminare i dati riferiti alle quattro zone della provincia (Piana, Media Valle, Garfagnana e Versilia) nel periodo 1990/2010 la diminuzione del numero di aziende è stata per tutte le aree intorno al 60% con una progressione, nei dati disaggregati dei due decenni interessati, altrettanto pressoché omogenea intorno al 20% nel 1990/2000 e di poco più del 50% nel 2000/2010. Fanno eccezione i dati della media valle dove si ravvisa un maggior decremento nel primo decennio (- 48% ) rispetto al secondo (- 27%). Dati molto meno omogenei si evidenziano nell'esame delle variazioni in termini di SAU. Per la piana, la garfagnana e la versilia la riduzione percentuale ventennale è intorno al 35% mentre per la media valle è del 21% ed ancor più evidenti le differenze si manifestano dall'esame dei dati riferibili ai due decenni. Nella piana di Lucca il decremento è pressochè identico ed intorno al 20%, nella garfagnana si triplica nel periodo 2000/ 2010 rispetto al precedente (da - 8 a - 29 %), nella versilia si dimezza ( da - 25 a – 14% ) mentre nella media valle si rileva un inspiegabile passaggio da un – 48% nel decennio 1990 / 2000 ad un + 152% del 2000/2010. Scendendo ad un esame analitico a livello di singola area si rileva che: • nella Piana di Lucca tutti i comuni perdono aziende e superficie agricola , ma sono le due realtà montane, Pescaglia e Villa Basilica, che risentono in maniera vistosa della contrazione delle superfici coltivate con un dato nei venti anni rispettivamente del - 77% e del - 82%. Particolare sembra il dato di Porcari che riduce ad un quarto il numero delle aziende (meno 1/3 nell'ultimo decennio) mentre perde solo il 13% in SAU; • nella Media Valle le varie realtà comunali sembrano mostrare tendenze addirittura opposte, Bagni di Lucca e Barga aumentano negli ultimi 20 anni del 45% e del 60% la SAU pur perdendo il 31% ed il 68% delle aziende. Nel periodo 2000/2010 Bagni di Lucca quasi triplica la superficie agraria utilizzata dopo che nel decennio precedente si era avuta una riduzione del 49%, Borgo a Mozzano passa da -81% a +124%. Oscillazioni le troviamo anche nelle variazioni quantitative delle aziende ma con numeri meno eclatanti; • nella Garfagnana si perdono aziende in tutte le realtà comunali con percentuali elevate e toccando il massimo nel comune di Vergemoli con -90%. Abbiamo una perdita della SAU con valori molto differenziati, dal più alto valore negativo sempre di Vergemoli con un –86 % ad un incremento a Careggine e Sillano; • nella Versilia si riduce abbondantemente il numero delle aziende (da – 41% di Viareggio a – 65% a Stazzema ) mentre la SAU si riduce in percentuali inferiori, rimanendo pressochè identica a Viareggio e riducendosi alla metà a Camaiore ed ad un terzo a Stazzema. 55 Complessivamente possiamo affermare che anche le statistiche confermano una tendenza ormai conclamata: • progressivo abbandono della agricoltura nella collina acclive e nella montagna; • in pianura si ha il ripetersi di colture cerealicole con margini di guadagno sempre minori ma che comunque frenano la perdita di terreno coltivato. A questa situazione, derivante dalla crisi del settore dovuta all'anomalo rapporto costo-prezzo di vendita, si aggiungono problemi di produzione dovuti alla presenza di nuovi parassiti e malattie, e anche all'eccessivo numero di selvatici che in questi ultimi anni oltre ad arrecare danni in tutte le fasi del ciclo produttivo delle piante ne impedisce addirittura la possibilità di coltivazione. Proprio su questo ultimo punto si gioca l'importanza del rapporto tra uso del territorio a fini produttivi e ludici in uno strumento come il Piano Faunistico che deve prevedere la programmazione di tutti gli interventi necessari a rendere compatibile agricoltura e caccia. Tra gli obiettivi del piano dovrà essere inclusa la salvaguardia dei terreni economicamente marginali soprattutto laddove le coltivazioni stanno già lasciando il posto all'incolto. Gli oliveti di collina , che soffrono ormai da decenni di un progressivo abbandono dovuto alla non remunerazione del lavoro impiegato e all'avanzata età dei conduttori, devono essere tutelati dalla presenza di animali selvatici come i cinghiali, che fanno scempio del territorio e rendono difficile se non impossibile la prosecuzione della coltivazione, soprattutto in presenza di danneggiamenti alle strutture funzionali alla coltivazione come i muri a secco, i poggi e le affossature. In questa realtà il dato economico che emerge quantificabile nella perdita di produzione, è molto meno significativo di quello espresso in termini di perdita di territorio e soprattutto di sicurezza idrogeologica dei versanti. Di questo non sembra essersene resi conto allorquando nel PRAF 2012 si è scelta come discriminante per l'indennizzo dei danni il possesso della partita iva agricola, escludendo molti agricoltori dalla possibilità di accedere anche ai metodi di prevenzione che nella collina rappresentano un importante azione di salvaguardia del territorio. Dove non sarà possibile riportare in equilibrio la presenza numerica delle specie animali dannose risulterà fondamentale individuare nuove strategie di contrasto che tengano conto della profonda crisi economica di questi anni , della scarsa propensione degli agricoltori a nuovi investimenti, e della impossibilità degli enti pubblici a rendere disponibili fondi sufficienti. Per i suddetti motivi, non si potranno integrare gli investimenti privati con i contributi statali o regionali e probabilmente neppure proseguire, se non in forma limitata, con l' indennizzo dei danni, si dovrà invece orientare le aziende agricole verso coltivazioni che meno risentano della pressione e degli effetti negativi dovuti alla presenza di selvatici. Bisognerà pertanto individuare nuove soluzioni, formulare proposte coraggiose e soprattutto ottenere la collaborazione tra le varie categorie interessate (agricoltori, cacciatori, ambientalisti). In tal senso è auspicabile che parte dei fondi disponibili siano indirizzati allo studio ed alla realizzazione di forme di intervento che abbiano ricadute efficaci sulla gestione faunistica, prevedendo per esempio in aree particolarmente a rischio di poter destinare contributi a agli agricoltori per cui alternino o non realizzino le colture appetite dalle specie dannose, così come già accade nella lotta e nella prevenzione ai parassiti ed alle malattie delle piante coltivate. 56 5. LA SAF DELLA PROVINCIA DI LUCCA La normativa nazionale (art. 10, comma 1 della Legge 157/92 ) prevede che la pianificazione della gestione faunistico-venatoria riguardi l’intero territorio agro-silvo-pastorale che può essere destinato a protezione faunistica , a gestione privata od a gestione programmata della caccia. La definizione e la quantificazione del territorio agro-silvo-pastorale assume pertanto fondamentale importanza per determinare le superfici di territorio per le suddette destinazioni. Nell’ambito della elaborazione del quadro conoscitivo del PTC in aggiornamento (avvio del procedimento con Del C.P. n° 118 del 29/07/2010) è stata redatta la “Carta dell’uso del suolo” che permette di valutare in termini evolutivi, sia localizzativi sia quantitativi, le diverse classi di uso del suolo dalla fine degli anni ottanta del secolo scorso. La copertura è stata suddivisa nelle seguenti voci: Aree urbanizzate, Verde di interesse territoriale, Pinete litoranee, Siti d’escavazione, Seminativi, Oliveti, Vigneti, Frutteti, Colture protette, Vivai, Impianti arboricoltura, Incolti non produttivi, Castagneto da frutto, Prati-pascolo, Bosco di latifoglie, Associazioni ripariali, Praterie di crinale, Affioramenti rocciosi, Dune spiagge, Zone umide, Corpi idrici, Laghi, Alvei fluviali, Invasi artificiali, Bacini idroelettrici. Tale suddivisione, opportunamente accorpata e omogeneizzata con la legenda dell’uso del suolo al 2007 può costituire un ulteriore elemento conoscitivo inerente le dinamiche a cui si rimanda. La metodologia applicata per la determinazione della Superficie Agricolo-Forestale (SAF) Provinciale è quella di sottrarre alla complessiva superficie provinciale le categorie di uso del suolo calcolate mediante l’utilizzo del GIS Arc View, quali: • aree urbane; • zone verdi urbane; • zone estrattive; • zone industriali; • rete ferroviaria, • superficie asfaltata, etc.. La superficie agro-forestale provinciale determinata per la Provincia di Lucca è pari a 158.216 ha. Tale calcolo è stato riproposto suddiviso per ciascun Comune indicando anche la percentuale di SAF rispetto alla superficie totale del Comune stesso. Da tale raffronto emergono come limiti estremi il Comune di Vergemoli con il 98% di superficie Agricolo Forestale Comunale mentre il Comune con minore SAF è quello di Forte dei Marmi con appena il 17% di tale superficie. 57 Comune Altopascio Bagni di Lucca Barga Borgo a Mozzano Camaiore Camporgiano Capannori Careggine Castelnuovo Garfagnana Castiglione Garfagnana Coreglia Fabbriche di Valico Forte dei Marmi Fosciandora Gallicano Giuncugnano Lucca Massarosa Minucciano Molazzana Montecarlo Pescaglia Piazza al Serchio Pietrasanta Pieve Fosciana Porcari S. Romano Seravezza Sillano Stazzema Vagli Vergemoli Viareggio Villa Basilica Villa Collemandina TOTALE Superficie (ha) Aree urbane, sedi stradali e S.A.F. (ha) % Sup. comunale ferroviarie ,etc. (ha) 2.864 16.464 6.644 7.238 8.469 2.706 15.640 2.444 2.852 4.864 5.284 1.552 914 1.982 3.067 1.892 18.540 6.856 5.699 3.165 1.560 7.032 2.716 4.199 2.874 1.786 2.603 3.936 6.210 8.070 4.100 2.729 3.242 3.648 3.478 177.321 761 477 681 572 1.429 183 2.195 80 347 194 393 53 756 71 241 57 3.295 932 287 125 214 385 170 1.594 164 479 123 593 84 265 132 54 1.461 158 99 19.105 58 2.103 15.987 5.963 6.666 7.040 2.523 13.445 2.364 2.505 4.670 4.891 1.499 158 1.911 2.826 1.835 15.245 5.924 5.412 3.040 1.346 6.647 2.546 2.605 2.710 1.307 2.480 3.343 6.126 7.805 3.968 2.675 1.781 3.490 3.379 158.216 73% 97% 90% 92% 83% 93% 86% 97% 88% 96% 93% 97% 17% 96% 92% 97% 82% 86% 95% 96% 86% 95% 94% 62% 94% 73% 95% 85% 99% 97% 97% 98% 55% 96% 97% 89% 6. IL QUADRO DEI VINCOLI Le aree a divieto di caccia di cui all'art. 6 comma 6 della L.R. 3/94 in rapporto alla SAF Istituto Superficie (ha) a divieto di caccia Superfici in sovrapposizione con altre aree Comuni interessati Note 2.065,00 Vila Collemandina, Giuncugnano e S. Romano in Garfagnana Sovrapposizione con l’Oasi Monte Vecchio Orecchiella Riserva Naturale Statale Lamarossa 168,00 S. Romano in Garfagnana Riserva Naturale Statale Orecchiella 217,58 S. Romano in Garfagnana Riserva Naturale Statale Pania di Corfino 135,00 Villa Collemandina Riserva Naturale Statale Orrido di Botri 192,00 Bagni di Lucca Parco Nazionale Appennino Tosco Emiliano TOT AAPP nazionali Parco Regionale Alpi Apuane Parco Regionale Migliarino- S. Rossore- Massaciuccoli Riserva naturale provinciale Lago di Sibolla e area contigua 2554 ha 2554 2.777,58 13.728,77 Viareggio, Massarosa Pisa, Vecchiano (PI) 1.886,00 64,00+ 75,00 Altopascio ANPIL Il Bottaccio 0 49,00 Capannori ANPIL Lago e Rupi di Porta (NON CONFORME ove non coincida con la ZP Versilia) 0 70 ha Pietrasanta ANPIL Dune di Forte dei Marmi 0 9 ha Forte dei MarmiMontignoso (MS) 15.678,77 128,00 514,00 49,00 TOT AAPP Regionali Art. 14 – ZP Bientina Art. 14 – ZP Brentino Art. 14 - ZP Lucca Art. 14- ZP Versilia compresa nel PN Appennino Tosco Emiliano compresa nel PN Appennino Tosco Emiliano compresa nel PN Appennino Tosco Emiliano compresa nell’Oasi Orrido di Botri Capannori 433,00 Viareggio, Massarosa 3.531,00 Lucca, Borgo a Mozzano 5.105,00 Viareggio – Camaiore – Pietrasanta – Forte dei Marmi – Seravezza Art. 14- Lago del Bagno 13 Art. 14- Lago di Pontecosi 57 Art. 14- Bottacci di Massa Pisana 214,25 TOT- Art. 14 ZP 9867,25 Il divieto di caccia è determinato dal fatto che l’ANPIL ricade nella ZP BIentina In totale la superficie dell’ANPIL è pari a 77 ha ma solo 70 ha risultano a divieto di caccia perché compresi nella ZP Versilia L’ANPIL risulta a divieto di caccia perché compresa nella ZP Versilia Comprende interamente anche l’ANPIL del Bottaccio Comprende l’ANPIL Dune di Forte dei Marmi e parzialmente l’ANPIL del Lago di Porta Pieve Fosciana Pieve Fosciana, Castelnuovo Garfagnana Lucca 49,00 Art. 15 – Oasi Balzo Nero 873,00 + 34,00=907 ha 34,00 Art. 15 – Oasi Orrido di Botri 2.162,00+ 49,00 = 2211 192,00 49,00 59 Bagni di Lucca Coreglia Antelminelli, Bagni di Lucca Nel perimetro sono state incluse alcune aree demaniali contigue al perimetro dell’oasi Comprende interamente la riserva naturale statale Orrido di Botri Nel perimetro sono state incluse alcune aree demaniali contigue al perimetro dell’oasi Art. 15 – Oasi Monte Vecchio Orecchiella TOT – Art. 15 Oasi Centro Pubblico per la Produzione di Selvaggina allo Stato Naturale di Colle Fobia TOT CPPSSN 2.122,00 2.065,00 5157 2.257,00 136 Villa Collemandina – S.Romano – Castiglione Garfagnana – Sillano Barga 136 Fraz. S. Cassiano di Controne (Bagni di Lucca) Loc. Farneta, Maggiano, S. Macario in Piano (Lucca) Loc. Carraia, Colognora e Casa del Lupo (Capannori) Piazza al Serchio ZRC Controneria 135 ZRC Farneta 233 ZRC Carraia 266 ZRC Piazza al Serchio 189 TOT ZRC 823 ZRV Montramito ATC 12 264 TOT ZRV 264 F.C. Massaciuccoli 4,7 Massarosa F.C. Capanne di Caprignana 3,6 S. Romano di Garfagnana F.C. Puosi 44,7 Camaiore F.C. Monte Cucco 4,8 Massarosa F.C. Aquilata 12 Massarosa F.C. Colle d’Arciana 5 Castiglione di Garfagnana 135 Vagli di Sotto F.C. Gelsa 3,2 Area sottratta alla caccia“Il Ciocco” 127,00 Loc. Spianate (Altopascio) Loc. Lucignana (Coreglia Antelminelli) Fraz Vorno (Capannori) Fraz Badia di Cantignano (Capannori) Barga – Fosciandora F.C. Zaffora Marco “San Macario” Aree sottratte alla caccia S. Macario TOT Art. 25 10 Lucca 122 Lucca 21,34 F.C. Tenuta dello Scompiglio 1 45,8 F.C. Tenuta Setteventi s.r.l. In fase di istituzione Massarosa F.C.Vagli F.C. Az. Agricola la Fornace In fase di istituzione 30 569,14 Zona demaniale Faeta 153 Lucca – Capannori Zona demaniale La Fratta 92 P.za al Serchio Zona demaniale Mediavalle 320 TOT demanio 565 34+49 (sovrapposte alle oasi di protezione) Barga – Coreglia – Bagni di Lucca Sono stati sdemanializzati circa 88 ha rispetto al precedente PFV. Alcune porzioni sono state inserite nell’oasi Balzo Nero e nell’Oasi Orrido di Botri Superficie a divieto di caccia al netto delle sovrapposizioni 35.613,65 ha SAF provinciale 158.216 ha % superficie a divieto di caccia rispetto all’estensione della SAF provinciale 22,51% 60 7. I SITI NATURA 2000 La presenza dei siti Natura 2000 (SIC, ZPS, SIR) non ha determinato a oggi alcun obbligo di divieto della pratica venatoria. Per quanto riguarda invece le ZPS, le attività faunistico-venatorie sono disciplinate in accordo con i criteri minimi uniformi di regolamentazione previsti dagli artt. 5, 6 del DM 17/10/2007 n. 184, per come modificato dal DM 22/01/2009 e dalla Del G.R. 923 dell’11 dicembre 2006 oltre che dalla Del G.R. 454 del 16-06-2008. n° Tipologia Cod Natura 2000 Sup. (ha) 14 SIR-SIC IT5120006 Monte Prato Fiorito- Monte Coronato- Valle dello Scesta 1907,5 LU: Bagni di Lucca B04 SIR-SIC IT5120102 Zone calcaree della Val di Lima e del Balzo Nero 1682,9 LU (84,2%) Bagni di Lucca PT (15,7%): Piteglio 5 SIR-SIC IT5110005 Monte La Nuda- Monte Tondo 523,4 LU (16,96%): Giuncugnano, Sillano MS (83,04): Casola in Lunigiana, Fiv izzano 9 SIR-SIC IT5120001 Monte Sillano- Passo Romecchio 257,4 LU: Sillano 10 SIR-SIC IT5120002 Monte Castellino- Le Forbici 662 11 SIR-SIC IT5120003 Parco dell’OrecchiellaPania di Corfino-Lamarossa 2007,7 LU: Piazza al Serchio (10,62%), S. Romano in Garf, (16,3%) Sillano (21,61%), Villa Collemandina (51,46%) 12 SIR-ZPS IT5120004 Pania di Corfino 133,9 LU: Villa Collemandina 714,7 LU: Bagni di Lucca (33%), Barga (36,4%), Coreglia Antelminelli (28,8%) Nome Comuni LU: Castiglione di Garfagnana (4,7%) S. Romano in Garfagnana (37,46%), Sillano, (66,03%), Villa Collemandina (21,14%) 13 SIR--SIC IT5120005 Monte Romecchio, Monte Rondinaio, Poggione 15 SIR-SIC-ZPS IT5120007 Orrido di Botri 243,7 LU- Bagni di Lucca 16 SIR-SIC IT5120008 Valli glaciali di Orto di Donna e Solco di Equi 2831,7 LU: Minucciano MS: Casola in Lunigiana, Fiv izzano, Massa 17 SIR-SIC IT5120008 Monte Sumbra 1865,6 18 SIR-SIC IT5120010 Valle del Serra Monte Altissimo 1850,1 20 SIR-SIC IT5120012 Monte Croce- Monte Matanna 1248,8 21 SIR-SIC IT5120013 M. Tambura- M. Sella 2013,4 22 SIR-SIC IT5120014 M. Corchia- Le Panie 3964,6 LU: Molazzana (23,28%), Serav ezza (0,94%), Stazzema (56,94%), Vergemoli (18,77%) 17320,5 LU (64.88%): Serav ezza, Stazzema, Vagli di Sotto, Minucciano, Careggine, Camaiore, Pescaglia, Vergemoli, Molazzana MS (35.12%):Fiv izzano, Massa, Carrara, Casola in Lunigiana LU: Careggine (35%), Stazzema (14%), Vagli di Sotto (51%) LU (69%): Serav ezza MS (31%): Massa, Montignoso LU: Camaiore (4,52%), Pescaglia (3,32%), Stazzema (89,94%), Vergemoli (2,22%) LU (58%): Minucciano, Serav ezza, Stazzema, Vagli di Sotto MS (42%): Massa 23 SIR-ZPS IT5120015 Praterie primarie e secondarie delle Apuane B05 SIR IT5120103 Rupi basaltiche di Piazza al Serchio e Poggio B06 SIR IT5120104 Monte Palodina 1091,2 LU: Fabbriche di Vallico (41,2%), Gallicano (58,8%) 24 SIR-SIC-ZPS IT5120016 Macchia Lucchese 406,5 LU: Viareggio 25 SIR-SIC-ZPS IT5120017 Lago di Massaciuccoli 1906,2 LU (95,25%): Massarosa, Viareggio PI (4,75%): Vecchiano 61 SIR—SIC-ZPS IT5170001 Dune litoranee di Torre del Lago 122,5 LU: (81,47%) Viareggio PI (18,53 %): Vecchiano 137 SIR -SIC IT5120020 Padule di Verciano- Prati alle Fontane-Padule delle Monache 396,94 LU: Capannori, Lucca 27 SIR-SIC IT5120019 Monte Pisano 8233,41 LU: (60,7 %) Capannori, Lucca PI : (39,3 %) S. Giuliano, Calci, Buti 60,5 61 LU: Camporgiano (47,56%), Piazza al Serchio (52,44%) Questi i siti della Provincia di Lucca dotati di Piano di Gestione Denominazione sito “Monte Castellino – Le Forbici” “Monte La Nuda-Monte Tondo" Tipologia SIC SIC Cod.NAT2000 IT5120002 IT5110005 Atto di approvazione Del C.P. Lucca n. 75 del 08/05/2008 Del C.P. Massa Carrara n. 59 del 21/12/2007i Provincia Lucca Massa 8. IL TERRITORIO A CACCIA PROGRAMMATA 8.1 I Comprensori Su questo punto si registrarono i maggiori conflitti nella stesura del Piano Faunistico Venatorio 2006 – 2010. La scelta attuale molto avversata da alcuni settori anche delle associazioni venatorie alla fine ha prevalso non ha avuto le ripercussioni negative che qualcuno paventava. Anzi è stata anche per merito di opportuni “ammortizzatori” quali ad esempio l’interscambio gratuito tra gli iscritti ai due ATC non pare aver avuto effetti negativi di alcuna sorta mentre i lati positivi della scelta sono emersi evidenti in questi anni. Cruciale la scelta di suddividere il territorio in due ATC con un maggior equilibrio sia in termini di dimensioni che soprattutto ricercando una miglior omogeneità territoriale. E' stato raggiunto l’obiettivo di una più puntuale gestione di territori assai diversi tra loro e che anche a causa delle rilevanti dimensioni dell’ATC Lu 12 dei Piani Faunistici Venatorii precedenti non si era potuta realizzare. Alla lunga, si ritiene, non ne ha beneficiato solo l’ATC Lu 11 e più in generale la Garfagnana che tale Ambito rappresenta. I riscontri positivi in termini di maggior attenzione ai singoli territori sono arrivati anche per l’ATC Lu 12 che ha potuto concentrare energie e risorse in un quadro di maggior sostenibilità di gestione. Si ritiene pertanto come ormai assodata e consolidata la situazione attuale con l'ATC Lu 11 il cui territorio comprende i sedici comuni della Garfagnana e l'ATC Lu 12 il cui territorio comprende le altre tre zone in cui tradizionalmente viene suddivisa la Provincia di Lucca ovvero la Piana di Lucca, la Media Valle del Serchio e la Versilia con complessivi diciotto comuni. ATC LU11 Camporgiano, Careggine, Castelnuovo di Garfagnana, Castiglione di Garfagnana, Fosciandora, Gallicano, Giuncugnano, Minucciano, Molazzana, Piazza al Serchio, Pieve Fosciana, San Romanoin Garfagnana, Sillano, Vagli Sotto, Vergemoli, Villa Collemandina ATC LU12 Altopascio, Bagni di Lucca, Barga, Borgo a Mozzano, Camaiore, Capannori, Coreglia Antelminelli, Fabbriche di Vallico, Forte dei Marmi, Lucca, Massarosa, Montecarlo, Pescaglia, Pietrasanta, Porcari, Seravezza, Viareggio, Villa Basilica 62 COMPRENSORIO SUPERFICIE TOTALE SAF ATC LU 11 53.381 50.970 ATC LU 12 123.938 107.246 TOTALI 177.324 158.216 COMPRENSORIO n° cacciatori iscritti (aggiornato al mese di agosto 2013) ATC LU 11 1.650 ATC LU 12 7.200 TOTALE 8.850 8.2 La pressione venatoria Una seria programmazione non può prescindere da una valutazione circa la presssione venatoria esistente sul territorio a caccia programmata. Tra le varie forme di calcolo del numero dei cacciatori operanti effettivamente ciascun anno è sembrato utile proporre quella relativa alla determinazione statistica del numero dei tesserini venatori rilasciati ciascun anno in una prospettiva medio-lunga e suddivisi per Comune di residenza. Si è consapevoli del fatto che altre variabili, difficilmente ponderabili o comunque rappresentabili numericamente possono operare delle variazioni rispetto ai dati qui sotto riportati (si pensi agli accessi esterni, alla scelta degli Atc ecc.) ma in ogni caso l'approccio complessivo e le valutazioni circa le linee di tendenza non vengono alterate in maniera significativa. 63 TESSERINI VENATORI DISTRIBUITI DAI COMUNI DELLA PROVINCIA DI LUCCA TABELLA RIEPILOGATIVA PIANA DI LUCCA Altopascio Capannori Lucca Montecarlo Pescaglia Porcari Villa Basilica Totali 2005/06 2006/07 2007/08 2008/09 2009/10 2010/11 2011/12 2012/13 435 406 387 379 374 369 349 341 1.418 1.338 1.283 1.270 1.236 1.183 1.242 1.083 1.798 1.750 1.701 1.587 1.530 1.503 1.425 1.350 237 225 219 226 213 199 191 184 250 251 257 250 248 247 234 231 259 259 245 262 240 236 215 215 119 118 121 124 119 108 114 104 4.516 4.347 4.213 4.098 3.960 3.845 3.770 3.508 2005/06 2006/07 2007/08 2008/09 2009/10 2010/11 2011/12 2012/13 1.120 1.097 1.061 1.045 1.006 973 948 892 170 163 150 152 148 136 135 107 693 675 641 610 605 602 571 553 692 687 666 668 642 641 616 576 275 290 293 243 249 250 246 238 145 137 144 138 144 141 132 129 712 731 670 646 638 610 577 545 VERSILIA Camaiore Forte dei Marmi Massarosa Pietrasanta Seravezza Stazzema Viareggio Totali MEDIAVALLE Bagni di Lucca Barga Borgo a Mozzano Coreglia Antelminelli Fabbriche di Vallico Totali 3.807 3.780 3.625 3.502 3.432 3.353 3.225 3.040 2005/06 2006/07 2007/08 2008/09 2009/10 2010/11 2011/12 2012/13 328 327 430 252 46 313 325 414 239 42 301 320 412 235 44 306 313 404 247 44 306 297 399 220 45 296 305 397 214 47 250 295 392 222 42 272 290 382 210 44 1.383 1.333 1.312 1.314 1.267 1.259 1.201 1.198 2005/06 2006/07 2007/08 2008/09 2009/10 2010/11 2011/12 2012/13 GARFAGNANA 70 70 71 69 73 72 74 71 Camporgiano 41 46 42 38 38 40 39 37 Careggine 210 210 207 192 195 187 186 184 Castelnuovo 86 87 84 83 80 78 79 75 Castiglione Garfagnana 41 42 40 41 41 42 40 35 Fosciandora 157 146 152 147 144 129 142 124 Gallicano 26 29 30 24 26 24 26 26 Giuncugnano 118 115 117 121 124 115 115 114 Minucciano 84 81 77 82 74 67 62 59 Molazzana 129 124 127 129 126 124 125 124 Piazza al Serchio 85 77 74 71 76 77 69 63 Pieve Fosciana 63 60 57 55 57 54 53 54 S.Romano Garfagnana 74 76 74 70 70 64 63 63 Sillano 52 56 53 52 50 60 54 54 Vagli di Sotto 19 18 15 15 17 15 16 16 Vergemoli 79 74 73 67 61 64 64 66 Villa Collemandina Totali TOTALE GENERALE 1.334 1.311 1.293 1.256 1.252 1.212 1.207 1.165 11.040 10.771 10.443 10.170 9.911 9.669 9.403 8.911 64 Andamento dei cacciatori attivi nella Provincia di Lucca 12500 11.040 10.771 10.443 10.170 10500 9.911 9.669 9.403 numero cacciatori 8.911 8500 6500 4500 2500 500 2005-06 2006-07 2007-08 2008-09 2009-10 2010-11 2011-12 2012-13 annate venatorie 8.3 Sicurezza nell’esercizio venatorio e nelle operazioni di controllo faunistico L’esigenza assoluta dell’operare in sicurezza sia durante la stagione venatoria sia durante le operazioni di controllo faunistico deve essere costantemente ribadita in tutte le occasioni di “contatto” con l’utenza. Anche in considerazione delle maggiori occasioni di contatto con i cacciatori le Associazioni Venatorie e gli Ambiti Territoriali di Caccia rivestono un ruolo insostituibile di “mediatori” di un messaggio che non è mai sottointeso o peggio trascurato. Il criterio della sicurezza sia nella normale attività venatoria sia nelle operazioni di controllo faunistico è posto al centro della attività di programmazione e di gestione delle varie forme di caccia. Gli indumenti ad alta visibilità già previsti dalla normativa regionale per l’esercizio della caccia al cinghiale in battuta sono stati introdotti come obbligatori dai particolari regolamenti per l’esercizio della caccia al cinghiale nelle zone non vocate elaborati dagli Ambiti Territoriali di Caccia in adempimento a quanto previsto dal Piano di Gestione e Prelievo degli Ungulati adottato dalla Provincia. Gli Ambiti Territoriali di Caccia hanno già organizzato dei corsi specifici sulla sicurezza durante la caccia al cinghiale in battuta. Detti corsi saranno reiterati anche in futuro al fine di consentire ai cacciatori di acquisire una serie di nozioni base, condivise ed omogenee in tema di prevenzione degli incidenti venatorii. 65 Anche le principali Associazioni Venatorie hanno organizzato nel tempo corsi specialistici peraltro previsti dall’art. 95 comma 1) lett. C) del Regolamento approvato con DPGRT n° 33/r/2011. Si prevede per tutto il Piano Faunistico la prosecuzione di tale attività. Una particolare attenzione è stata posta poi durante lo svolgimento degli esami di abilitazione all’esercizio venatorio nell’accertamento della conoscenza da parte dei candidati delle principali norme di sicurezza nell’esercizio sia della caccia in generale sia in particolare della caccia al cinghiale che si è individuata tra le possibili specializzazioni della attività venatoria come quella maggiormente esposta a rischi di incidenti. Una particolare attenzione va posta, inoltre, nell’assicurare un livello alto di sicurezza anche nelle operazioni di controllo faunistico che si svolgono sia durante la stagione venatoria ma più spesso al di fuori di essa. Anche in questi casi è posto come obbligatorio, durante le operazioni di controllo del cinghiale, indossare gli indumenti ad alta visibilità già obbligatori durante la normale attività di caccia. 8.4 Appostamenti fissi di caccia Per ogni nuovo appostamento fisso di caccia viene svolta una apposita istruttoria i cui elementi fondamentali risiedono appunto nell’appurare l’esistenza delle condizioni previste dall’art. 33) commi 1) e 2) in materia di distanze di sparo. Tale istruttoria è corredata in almeno un terzo delle richieste anche da un sopralluogo effettuato dalla Polizia Provinciale e volto a valutare nei casi più complicati l’effettiva esistenza sul terreno di immobili adibiti a civile abitazione, a luogo di lavoro o strade classificate ad uso pubblico. In tutti gli altri casi meno complicati la valutazione avviene attraverso aerofotogrammi e strumentazione GIS. Viene infine da ricordare come, per quanta riguarda l'area contigua del Parco Regionale Migliarino – San Rossore – Massaciuccoli, la distanza tra appostamenti temporanei e appostamenti fissi ai palmipedi è stabilita in metri 200 così come previsto dall'art. 77 comma 3 del DPGR 33/R/2011 . 8.5 Aree in cui non sono collocabili gli appostamenti fissi di caccia La caccia “da appostamento fisso” trova nella Provincia di Lucca un contesto particolarmente adatto tanto da costituire una delle modalità di esercizio venatorio più tradizionali e diffuse. La Provincia di Lucca ha il più alto numero di appostamenti fissi sia in senso assoluto che in percentuale ancora maggiore in rapporto al numero totale dei cacciatori rispetto ad ogni altra realtà in ambito regionale. L’osservazione del trend in un periodo medio–lungo fa emergere un tendenziale leggero decremento del numero delle postazioni autorizzate che può essere facilmente correlato all’andamento demografico vista anche l'età media assai elevata dei titolari di autorizzazione. 66 Nel grafico che segue è possibile leggere l’attuale situazione nel territorio della Provincia: Circa le indicazioni delle aree ove non sono collocabili gli appostamenti fissi previste dall’art.6 bis) comma 4) lettera h) della L.R. 3/94 si rimanda alla documentazione cartografica annessa al presente Piano quale parte integrante e contestuale. I criteri che presidiano le scelte di cui alla cartografia allegata sono riconducibili: • all’individuazione di particolari tratti montani di crinale già individuati in provvedimenti Provinciali in cui la collocazione di impianti di appostamento fisso andrebbe a interferire in maniera non corretta con possibili rotte migratorie; • all’individuazione di particolari territori che per la loro natura, ovvero la vicinanza di case, strade o insediamenti antropici variamente configurabili, presentano elementi di problematicità anche in ordine alla sicurezza di animali e/o persone. 67 9. GLI ISTITUTI – VALUTAZIONI E PROPOSTE 9.1 Centri Pubblici per la Riproduzione della Fauna Selvatica allo Stato Naturale 9.1.1 Centro Pubblico per la Riproduzione della Naturale "Colle Fobia" Fauna Selvatica allo Stato Sintesi delle principali caratteristiche dell’area: · l’area si trova lungo la Valle della Corsonna, in Comune di Barga-LU; · l’area ricade interamente su terreno demaniale gestito dall'Unione dei Comuni Media Valle del Serchio; · si estende dai 772 m s.l.m. del cancello di ingresso ai 1305 m s.l. di Monte Tista; · l’area presenta un elevato indice di boscosità. Risulta prevalentemente coperta da castagno, in prevalenza a ceduo (circa il 21%); sono presenti boschi a dominanza di castagno in presenza di altre latifoglie (27,73%). La faggeta si estende quasi sul 40% della superficie e giunge fino alle quote più alte, sostituendosi al castagno. Le conifere impiantate nella seconda metà del 1900 dal Corpo Forestale dello Stato sono prevalentemente costituite da Douglasia (Psedotzuga mensiesii), specie alloctona in grado di rinnovarsi spontaneamente. Scarsi sono gli esemplari di abete rosso e bianco; · sono presenti rade macchie ad arbusteto caratterizzate principalmente da Erica e Pteridium aquilinum che costituiscono stadi evolutivi della vegetazione che sta ricolonizzando le aree aperte; · le aree aperte sono presenti intorno al laghetto antincendio e nella zona delle Porretta, lungo i margini stradali e all’interno delle aree boscate in prossimità delle vecchie carbonaie; • la copertura del suolo in termini di estensione e di valori percentuali è la seguente: USO SUOLO ha % Arbusteti ed aree aperte 1,13 0,83 Bacini d'acqua 0,07 0,05 Bosco misto 8,7 6,4 Castagno 27,99 20,54 Castagno e latifoglie varie 37,78 27,73 Conifere 4,71 3,46 Faggio 54,3 39,85 Zone di accumulo di detriti 1,55 1,14 TOTALE 136,27 68 • si ha una buona disponibilità idrica durante tutti i mesi dell’anno sia per la presenza di una sorgenti e di fossi perenni sia grazie ad un lago nella parte centrale dell’istituto faunistico il quale presenta un fosso di scarico che crea un fondamentale ulteriore punto di abbeverata nella zona sottostante; · il perimetro risulta delimitato da una recinzione alta circa 2 m, attrezzata con passaggi alla maremmana per consentire l’accesso ai cercatori di funghi ma presenta molti punti di rottura realizzati soprattutto da persone o animali per permettere un accesso più agevole; · in inverno sono frequenti le nevicate; · la zona si inserisce in un contesto ambientale montano non antropizzato o comunque nel quale la presenza antropica risulta limitata a determinati periodi dell’anno e non consistente numericamente: si fa riferimento ai cercatori di funghi e alle scolaresche ospitate nel centro di educazione ambientale realizzato all’interno degli edifici restaurati preesistenti all’interno del perimetro della zona. Sono comunque stati realizzati sentieri su percorsi prestabiliti che non coprono l’intero istituto faunistico; · la maggior parte delle specie presenti nella zona sono legate agli ambienti boscati; · l’istituto è attraversato da strade carrozzabili che dall’ingresso portano in località Fobbia, Colle e Lezza del Cavallo; · le aree circostanti non sono antropizzate, il paesaggio montano rivela un progressivo abbandono di coltivi a favore dell’espansione delle aree boscate circostanti. 9.1.1.1 Valutazione Il Centro Pubblico per la riproduzione di Selvaggina allo Stato Naturale di Colle Fobia (CPPFSS) è un Istituto provinciale istituito con Delibera di Giunta Provinciale n. 156 del 18/08/1994 e affidato in gestione alla Comunità Montana della Media Valle del Serchio (adesso Unione dei Comuni della Media Valle del Serchio); La finalità di questo centro è quello di ricostituire popolazioni autoctone stabili nonché lo studio e la sperimentazione di metodi e tecniche di gestione degli eco-sistemi agricoli e forestali con particolare riguardo alla riproduzione allo stato naturale di uccelli e mammiferi appartenenti alla fauna stanziale nonché alla salvaguardia, la sosta durante la migrazione e lo sviluppo e la riproduzione della fauna migratrice. Le specie di interesse venatorio di indirizzo per l’area sono la lepre (Lepus europaeus) e la pernice rossa (Alectoris rufa). A questo riguardo è stato siglato con Delibera di Giunta Provinciale n. 118/2009 un protocollo di intesa tra la Provincia di Lucca e la Comunità Montana della Media Valle del Serchio (ora Unione dei Comuni) per la progettazione e realizzazione di interventi faunistico-venatori nell’ambito del CPPFSS di Colle Fobia. Sulla base di quanto stabilito nel suddetto protocollo è stato redatto il Progetto “Recupero ed apprestamento di aree pabulari ai fini faunistici”, della durata di due anni, la cui realizzazione e direzione è stata affidata alla Comunità Montana della Media Valle del Serchio (adesso Unione dei Comuni della Media Valle del Serchio). Gli interventi gestionali previsti dal suddetto protocollo si sono protratti fino alla fine del 2013 e sono consistiti principalmente in: o Recuperare la piena funzionalità delle strutture esistenti già realizzate precedentemente; o Incrementare la vocazionalità del centro per la riproduzione di specie selvatiche; o Incrementare le potenzialità e l’attrattività del Centro per quanto concerne la fruibilità a fini didattici ed educativi; 69 o Garantire che, attraverso una manutenzione ordinaria, sia possibile mantenere in efficienza quanto oggetto di opere straordinarie di recupero e ripristino o Sperimentare nuove forme di gestione delle aree aperte per limitare i costi di sfalcio. La specie su cui si è incentrata l’attenzione è la lepre per cui gli interventi sono stati rivolti in particolare a garantirne la presenza, la riproduzione e l’irradiamento sul territorio circostante. Nonostante gli interventi gestionali e i buoni risultati conseguiti anni prima, i monitoraggi effettuati recentemente non hanno evidenziato una significativa presenza di questa specie. Risulta pertanto necessario proseguire con interventi di immissione di questa specie, monitorando nel tempo gli animali immessi con radiocollari al fine di comprendere le cause della ridotta presenza della specie nell’area. Sono stati altresì condotti interventi di immissione della specie Pernice rossa utilizzando le voliere di ambientamento presenti in località Porretta. 9.1.1.2 Indicazioni gestionali L’area di Colle Fobia rappresenta un importante nodo della rete ecologica a livello locale e per le zone preappenniniche. Per aumentare l’eterogeneità forestale dell’area e quindi la vocazionalità per un maggior numero di specie, anche di interesse conservazionistico, oltre che venatorio, risulta importante proseguire con i seguenti interventi gestionali: · Conservare le piccole radure intrasilvatichite dove la maggiore illuminazione garantisce la presenza di microhabitat che favorisce le specie eliofile o comunque meno sciafile di quelle nemorali e che offrono pabulum a ungulati erbivori e alle lepri. · Gestione degli arbusteti e degli pteridieti, in quanto l’espansione progressiva rischia di ridurre l’eterogeneità ambientale sottraendo spazio alle zone aperte o moderatamente cespugliate. · Recupero dei cedui di castagno e delle selve castanili in abbandono, necessario oltre che da un punto conservazionistico, anche per la difesa del territorio dal rischio idrogeologico. · Salvaguardare e implementare le specie arboree da frutto e da bacca, fonte di cibo per numerosi animali. · Recuperare radure e aree aperte con interventi periodici di sfalcio. Nelle zone a pteridieto è opportuno che le operazioni di taglio vengono ripetute almeno due volte all’anno. · Apprestamento aree pabulari con semine primaverili e semine di cereali autunno vernini e manutenzione dei punti di abbeverata. · Manutenzione delle voliere di ambientamento presenti in loc. Porretta. · Manutenzione della viabilità e dei tracciati pedonali che consentono di attraversare le zone boscate e manutenzione della recinzione perimetrale. · Comprendere le cause che hanno determinato la ridotta presenza della lepre nell’area, avviando un progetto di telemetria con durata almeno biennale. · Incrementare la specie Pernice rossa, con interventi di immissione monitorati nel tempo; · Sperimentare la cova diretta di pernici rosse accasate in voliere a terra al fine di migliorare la qualità degli animali. Tra le finalità del centro vi è anche lo studio e la sperimentazione di metodi e tecniche innovative per la gestione degli ecosistemi forestali ed il suo territorio può pertanto essere utilizzato come laboratorio per la ricerca scientifica e l’applicazione di tecniche e metodologie innovative in termini 70 di conoscenza e di sostenibilità ambientale. Risulta pertanto interessante avviare attività di ricerca e studio in materia ambientale nonché attività di approfondimento sui temi faunistici, naturalistici, ambientali con organizzazione di seminari ed incontri culturali. 9.2 Zone di Protezione lungo le Rotte di Migrazione della Avifauna Le Zone di protezione lungo le rotte di migrazione dell’avifauna sono istituti finalizzati alla salvaguardia dell’avifauna migratrice, da realizzarsi lungo le rotte migratorie dell’avifauna individuate dall’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (INFS) – ora ISPRA e sono state istituite ai sensi dell’art. 1 comma 5 della L. 157/92 e ai sensi dell’art. 14 della L.R. 3/94 in attuazione delle direttive 79/409/CEE, 85/411/CEE e 91/244/CEE per il mantenimento e la sistemazione, conforme alle esigenze ecologiche, degli habitat interni a tali zone e ad esse limitrofi, per il ripristino dei biotopi distrutti e per la creazione di biotopi. Tali attività devono concernere particolarmente e prioritariamente le specie di cui all’elenco allegato alla citata direttiva 79/409/CEE, come sostituito dalle citate direttive 85/411/CEE e 91/244/CE. Attualmente sono presenti i seguenti quattro istituti: Denominazione Istituto Comuni Superficie ha Bientina Capannori 464,33 Brentino Massarosa 432,86 Lucca - Serchio Lucca Capannori Borgo a Mozzano 3.530,81 Versilia Camaiore Forte dei Marmi Pietrasanta Seravezza Viareggio 5.105,16 Di seguito vengono analizzati gli Istituti sopra elencati che si intendono confermare con il presente Piano e delineati gli obiettivi gestionali che saranno attuati attraverso specifici piani annuali. 9.2.1 Rotta di Migrazione Lungo l'Alveo del Fiume Serchio 9.2.1.1 Sintesi delle principali caratteristiche dell’area La Zona di Protezione interessa l’area golenale del Fiume Serchio dall’abitato di Borgo a Mozzano fino a Lucca, al confine con la Provincia di Pisa, per una superficie totale di 3.530 ha. L’area ricomprende l’alveo del fiume fino al secondo argine (dove presente) ed è caratterizzata dalla presenza, soprattutto nelle aree più prossime a Borgo a Mozzano, di ampie zone incolte, dove la vegetazione ripariale ha colonizzato le sponde spesso anche con specie vegetali alloctone quali la Robinia e l’Ailanto. 71 Da Ponte a Moriano il fiume attraversa la zona di S. Quirico di Moriano dove gli spazi di golena risultano più puliti in quanto sono utilizzati per colture ortive e impianti a frutteto. Da Ponte S. Quirico fino a Ponte S. Pietro il primo argine del fiume costituisce un percorso pedonale e ciclabile molto frequentato e l’alveo risulta facilmente raggiungibile purtroppo anche con le auto. Gli spazi golenali sono utilizzati prevalentemente per impianti di arboricoltura da legno (pioppi) e per colture agricole. Il Fiume Serchio costituisce un corridoio ecologico funzionale fondamentale dai rilievi montani della Garfagnana alla città, fino all’estuario che si trova all’interno del Parco Regionale Migliarino S. Rossore Massaciuccoli in un’area di Riserva naturale (Riserva di Bocca di Serchio) a Marina di Vecchiano. Le acque risultano di buona qualità, in quanto non ricevono apporti inquinanti significativi e, a parte interventi idraulici prevalentemente a fini idroelettrici che ne hanno compromesso alcuni tratti, presenta ancora spiccati caratteri di naturalità. L’alveo in alcuni tratti risulta ampio e ricco in vegetazione ripariale, si rivengono, quando la portata non è troppo consistente, zone di acque lentiche e zone di acque lotiche, tutti fattori che consentono una ricchezza in biodiversità molto importante. 9.2.1.2 Valutazioni e indicazioni gestionali Il fiume Serchio, habitat ideale per moltissime specie, dalle più elusive alla più domestiche e cittadine attraversa una grande varietà di ecosistemi, da quello appenninico a quello collinare a quello di pianura fino alla zona salmastra della foce, garantendo un grande indice di biodiversità. Riveste pertanto una funzione essenziale di corridoio ecologico che collega le aree montane al mare. Gli interventi da attuarsi sono quindi volti a tutelare, mantenere e/o incrementare, ove necessario, tale ricchezza biocenotica, e potranno essere compiutamente realizzati soltanto se sarà possibile promuovere una concertazione di intenti ed esigenze tra i vari Enti gestori al fine di elaborare un progetto organico e razionale per la riqualificazione naturalistica dell’area. Sono da effettuarsi valutazioni circa le principali emergenze, le specie e gli habitat prioritari degni di particolare tutela, i fattori di impatto eventualmente presenti e le metodologie più idonee a mitigarne gli effetti ed eliminarli. A titolo esemplificativo sono da segnalare quali elementi di prioritario interesse: • la garzaia di Airone cinerino (Ardea cinerea) posta nell’area di golena del fiume, lungo la sponda destra, nei pressi della confluenza del torrente Celetra, in Comune di Borgo a Mozzano; • le pareti di sabbia quali siti di nidificazione per le colonie di gruccione (Merops apiaster), per le colonie di topino (Riparia riparia) e per il martin pescatore (Alcedo atthis); • gli isolotti di ciottoli, le penisole, le sponde sabbiose con scarsa vegetazione, utili per la sosta e la nidificazione del Corriere piccolo (Charadrius dubius) e del Piro piro piccolo (Actitis hypoleucos); • la vegetazione ripariale così importante per invertebrati e vertebrati: • l’ontano quale fonte di semi per il lucherino; • i rami di salice per la costruzione del tipico nido del pendolino; • il canneto per uccelli come la cannaiola, l’usignolo di fiume, la salciaiola, il forapaglie castagnolo e lo zigolo giallo; 72 • ma anche piante erbacee comuni e molto note quali il gigaro (Arum maculatum) le cui parti ipogee sono appetite dall’istrice (Hystrix cristata) o l’ortica dove la Vanessa atalanta e la vanessa dell’ortica depongono le proprie uova e passano le fasi larvali. Per quanto concerne la garzaia è necessario garantire una tutela dei nidi, mitigando l’ eccessivo disturbo antropico recentemente incrementato dal recente ampliamento della sede stradale. Nell’ambito dei miglioramenti ambientali a fini faunistici sono da prevedersi opere di sistemazione fluviale con le tipologie sotto elencate: 1) Mantenimento e/o predisposizione di spiagge, isole di ghiaia o terra. Tali aree permettono di migliorare le condizioni di nidificazione e di sosta per diverse specie di avifauna, riducendo le possibilità di predazione da parte dei predatori terrestri e di disturbo da parte delle persone che frequentano il fiume. In particolare gli isolotti di ciottoli favoriscono la sosta e la nidificazione del Corriere piccolo (Charadrius dubius) e del Piro piro piccolo (Actitis hypoleucos), già presenti lungo il Serchio sia in periodo riproduttivo che migratorio, ma che incontrano grosse difficoltà a portare a termine il ciclo riproduttivo per la scarsità di habitat adatto. Le situazioni migliori sono legate alla presenza di isole, penisole o spiagge poco colonizzate dalla vegetazione. Il profilo altimetrico delle aree riproduttive deve essere, se possibile, leggermente degradante. 2) Creazioni e risagomatura di pareti di sabbia prive di vegetazione. Questo intervento consente la nidificazione di specie ornitiche fossorie, quali il Gruccione (Merops apiaster), Topino (Riparia riparia) e Martin pescatore (Alcedo atthis), di notevole interesse naturalistico. Bisognerà creare delle pareti verticali stabili, prive di vegetazione, in substrato consistente ma non troppo duro, nei pressi del corso d’acqua, in siti sufficientemente stabili e tranquilli. Sarà anche sufficiente rimuovere la vegetazione erbacea da pareti già esistenti per consentire la nidificazione di questi uccelli, già presenti e nidificanti, in modo abbastanza precario, lungo il Serchio. L’habitat ottimale sono le pareti esposte a meridione, in prossimità del corso d’acqua e vicino a zone coltivate, con buona disponibilità di entomofauna (Gruccione, Topino) e ittiofauna (Martin pescatore). Questi interventi potranno interessare anche piccole pareti di 15- 20 metri lineari. Per il Topino sarebbe opportuno di disporre di tratti idonei più estesi (80-100 m). La creazione di scarpate idonee può essere realizzata utilizzando zone preesistenti, per esempio sfruttando i punti di erosione di alte rive fluviali, protette eventualmente al piede per evitare continue modifiche ed il progresso delle azioni erosive. Tale consolidamento potrà prevedere opportunamente l’impiego di tecniche d’ingegneria naturalistica, evitando peraltro l’eccessivo sviluppo della vegetazione. 3) Mantenimento e/o ripristino della vegetazione sommersa, natante, demersa e dei terreni circostanti l’area umida (attraverso semine, trapianti e taleaggi delle essenze più tipiche del luogo. Anche per le zone umide la vegetazione svolge un ruolo determinante come risorsa alimentare diretta, come microambiente ricco di prede, come rifugio e come sito di nidificazione per la fauna selvatica. La valorizzazione faunistica di ogni area umida prevede quindi il mantenimento e/o lo sviluppo della vegetazione presente e delle specie di maggior interesse per l’avifauna del luogo. Anche in questo caso si cercherà di favorire l’eterogeneità delle essenze vegetali presenti, cercando di evitare la prevalenza e l’eccessivo sviluppo di alcune specie rispetto ad altre. La conservazione e/o il ripristino delle boscaglie ripariali lungo i corsi d’acqua assumono un particolare significato in quanto siti di nidificazione per molte specie palustri (ad es. il Germano reale, nidificante nel sottobosco, gli Aironi, nidificanti in colonia sugli alberi, ecc.). 73 4) Mantenimento e/o ripristino del profilo irregolare (con insenature ed anfratti) delle rive e degli argini. Le insenature permettono un insediamento più numeroso di coppie nidificanti, probabilmente perché diminuiscono le possibilità di disturbo reciproco e la frequenza delle dispute territoriali fra le varie coppie. In diversi studi si è rilevata un’evidente correlazione positiva fra il perimetro del corso d’acqua ed il numero di specie e coppie nidificanti. A tale riguardo può essere anche favorita la creazione di: • diramazioni parallele al corso d’acqua principale. Queste consentiranno di creare zone alternative di alimentazione per l’avifauna, di fornire luoghi di rifugio in caso di forte vento; • prati e radure umide intorno al bacino principale, al fine di aumentare le risorse alimentari e di “fissare” maggiormente gli animali all’area umida. 5) Mantenimento e/o predisposizione di zone d’acqua basse (15-25 cm) o di argini e rive di ridotta pendenza, per una fascia di 5-10 m dalla riva, ove favorire lo sviluppo della vegetazione spontanea. Tali accorgimenti consentono soprattutto lo sviluppo della vegetazione di ripa, demersa e sommersa, quindi un generale miglioramento delle condizioni faunistiche dell’area ed in particolare la possibilità di uno sviluppo di diverse specie di caradriformi. Rive molto scoscese ed un livello d’acqua troppo alto non consentono lo sviluppo di una ricca vegetazione ripariale. Una sistemazione razionale delle sponde potrebbe aumentare notevolmente il valore biologico del corso d’acqua. Gli interventi atti a promuovere la conoscenza e la conservazione dell’ecosistema fluviale si inquadrano inoltre in una politica di riqualificazione della zona soprattutto nell’ambito cittadino, che ha visto sorgere progetti di ampia portata quali quello del Parco Fluviale promosso dal Comune di Lucca e opere concernenti la pesca e la tutela delle specie ittiche portate avanti dall’Amministrazione Provinciale. L’area in esame risulta idonea anche per l’immissione di specie di interesse venatorio in particolare del fagiano. Gli alvei fluviali, infatti, ed in particolare le fasce di vegetazione arborea ed arbustiva di tipo idrofilo poste sia sulle rive che sulle sponde degli argini, anche se di scarsa estensione, svolgono un ruolo molto importante nell’ecologia del fagiano. Gli studi effettuati in territori di pianura hanno dimostrato che in ambienti golenali si raggiungono spesso densità e produttività naturali molto elevate, così come nella pianura a seminativi asciutti, soprattutto se si ritrova una diversità ambientale medio-alta. E’ stato osservato infatti che in presenza di coltivazioni diversificate e in aree ad alto indice di ecotono si ha un aumento del numero medio di giovani per nidiata. Si ritiene quindi, ai fini di ottimizzare eventuali operazioni di ripopolamento con questa specie lungo l’asta fluviale, di intervenire recuperando la frammentazione della maglia poderale delle aree di golena attraverso il ripristino di alcuni elementi fisionomici un tempo comuni al paesaggio rurale (boschetti, siepi, filari di alberi). 74 La creazione o il recupero di boschetti di alcuni ettari di estensione a sviluppo lineare e contornati da arbusti rappresenta una soluzione senz’altro utile al fine di incrementare il numero dei contingenti invernali di fagiani. Al fine di aumentare lo sviluppo delle fasce ecotonali risulta più produttivo realizzare più boschetti piccoli ben distribuiti sul territorio piuttosto che aree boscate di grande estensione. Inoltre sono da realizzare: • il mantenimento ed il recupero delle residue aree non coltivate; • il rispetto e la gestione della vegetazione ripariale che fiancheggia i corsi d’acqua; • La conservazione in campo delle stoppie dei cereali autunno-vernini sino a tutto il mese di agosto e di quelle di granoturco possibilmente per tutta la stagione invernale (in campo rimangono le cariossidi di mais); • La posticipazione dell’aratura; • La informazione ai contadini affinché non attuino la pratica della bruciatura delle stoppie; • La distribuzione sul territorio di dispensatori di granaglie (se ritenuto necessario). 9.2.2 Rotta di Migrazione del Bientina 9.2.2.1 Sintesi delle principali caratteristiche dell’area La zona di protezione ex alveo del Lago di Bientina comprende il SIR-SIC B03 IT5120101 “Ex alveo del Lago di Bientina” per la porzione ricadente in provincia di Lucca. L’area riveste un particolare valore ambientale in quanto si origina dalla porzione più occidentale dell’area lacuopalustre del Lago di Sesto che arrivava ad occupare, in caso di massicce inondazioni, l'intera piana lucchese ed altrimenti si estendeva su un'area più circoscritta, limitata dai Monti Pisani ad Ovest e dal Monte Albano ad Est. Con Decreto del Ministero dell’Ambiente del 21/10/2013 è stata dichiarata zona umida di importanza internazionale ai sensi e per gli effetti della “Convenzione relativa alle zone umide d’importanza internazionale, soprattutto come habitat degli uccelli acquatici”, firmata a Ramsar il 2/02/1971. Dell’area umida non restano ad oggi che alcuni lembi sottratti alla bonifica meccanica realizzata a partire dalla metà del 1800 per poter coltivare estensivamente e intensivamente i terreni. Gli unici lembi di bosco idrofilo rimasti si trovano altresì ricompresi all’interno dell’ANPIL del Bottaccio e della contigua ANPIL del Tanali in Provincia di Pisa. Dell’ontaneta di Villa Ravano non resta che una zona boscata molto degradata, frequentata da cinghiali. Non si hanno quindi che modesti esempi dell’antico bosco misto planiziale di caducifoglie caratterizzato da querce (Quercus sp. pl.), frassino (Fraxinus oxycarpa), ontano (Alnus glutinosa) e salici (Salix sp. pl.) affiancato da un vasto corteggio di specie arbustive che si trovava disposto ai margini dell'ambiente lacustre e nelle aree alle quote maggiori. Si tenga conto che l’area è collocata in prossimità di altri SIR quali i siti: • SIR-SIC 26 IT5120018 Lago di Sibolla (LU) • SIR-SIC 27 IT5120019 Monti Pisani (LU - PI) • SIR-SIC 137 IT5120020 Padule di Verciano – Prati alle Fontane – Padule delle Monache 75 (LU) • SIR-ZPS 64 IT5160004 Montefalcone (PI) • SIR-SIC 63 IT5160003 Le Cerbaie (PI, FI) e, per la sua localizzazione, rappresenta sicuramente un elemento di connettività fondamentale all’interno della rete ecologica della Toscana. In particolare il Bientina rappresenta una "tappa" importante per l'avifauna gravitante fra il Lago e Padule di Massaciuccoli (SIR-SIC-ZPS 25 IT 5120017, LU, PI) ed il Padule di Fucecchio (SIRSIC-ZPS 34 IT 513007, FI, PT). 9.2.2.2 Valutazioni e indicazioni gestionali L’area caratterizzata da terreni di bonifica intensamente coltivati fino ad alcuni anni fa, ha visto, con le modifiche delle politiche agricole e delle modalità di concessione dei contributi in agricoltura, diminuire la pressione dovuta all’utilizzo intensivo dei terreni. Questo effetto è stato incrementato, soprattutto negli ultimi due anni, anche dalle abbondanti piogge che hanno caratterizzato le epoche di semina e che hanno determinato, con il permanere dell’acqua sulle particelle, l’impossibilità di coltivarle. La gestione dell’area viene effettuata direttamente dalla Provincia che, anche nel corso degli ultimi anni, ha cercato di raggiungere gli obiettivi previsti dalla istituzione di tale zona mediante interventi di riqualificazione dell’habitat. Tali interventi hanno riguardato, principalmente, la realizzazione di colture capaci di offrire alimentazione e rifugio per la fauna selvatica e, nel contempo, interrompere l’omogeneità ambientale, per la prima volta dopo anni, dovuta all’abbandono di pratiche agricole su alcune ampie aree. L’abbandono delle pratiche agricole da parte di alcuni proprietari di terreni ha reso possibile la creazione di un’ampia area umida di circa 47 ha che è presto divenuto bacino di attrazione per molte specie di fauna acquatica specialmente durante il periodo autunno – invernale. La presenza di aree a diversa profondità, la possibilità effettuare semine su porzioni che stagionalmente restano all’asciutto e vengono solo parzialmente sommerse a maturazione, rende possibile l’utilizzo dell’area da parte di specie con nicchie ecologiche diversificate. Obiettivo primario da perseguire è il miglioramento della connettività ecologica dell’area attraverso interventi per il mantenimento e potenziamento delle associazioni vegetali di ripa lungo i fossi e canali esistenti e il miglioramento delle qualità chimico-fisiche delle acque. Rimane invece problematica la costituzione di un tavolo coordinato per gli interventi di gestione dell’area tra Provincia di Lucca, Comune di Capannori e Comprensorio di Bonifica per cui gli interventi che ad oggi vengono effettuati risultano fra di loro scollegati e questo incide negativamente non solo sulla protezione dell’area ma anche sulla sua piena valorizzazione 76 9.2.3 Rotta di Migrazione della Versilia 9.2.3.1 Sintesi delle principali caratteristiche dell’area La zona di Protezione della Versilia insieme alla limitrofa Zona di Protezione del Brentino ricadono lungo la rotta di migrazione tirrenica individuata anche dal PTC quale corridoio di migrazione di valenza internazionale per i rapaci. L'ampia fascia compresa tra la linea di costa e le pendici occidentali delle Apuane, nell'entroterra comprende densi nuclei abitati ad alta frequenza turistica (in particolare nei mesi estivi), ma anche due ANPIL (Lago di Porta e Dune di Forte dei Marmi) oltre a zone umide di interesse conservazionistico, la Versiliana e il Lago di Porta, quest'ultimo riconosciuto anche SIR ZPS. 9.2.3.2 Valutazioni e indicazioni gestionali Gli obiettivi gestionali sono volti prioritariamente alla salvaguardia del corridoio ecologico costiero per questo gli interventi gestionali devono garantire la tutela delle aree non edificate e di frangia urbana quali zone marginali di interesse per la fauna stanziale e migratoria. Inoltre è necessario tutelare le aree umide anche residuali e comprese in ambito urbano. Nell'ambito del SIR ZPS "Lago di Porta" gli interventi di miglioramento ambientale devono risultare coerenti con le misure di conservazione previste dalla normativa vigente per il Sito. Promozione di una fruizione sostenibile e consapevole delle aree naturali e seminaturali 9.2.4 Rotta di Migrazione delle ex Cave del Brentino 9.2.4.1 Sintesi delle principali caratteristiche dell’area La zona di protezione lungo le rotte di migrazione dell’avifauna del Brentino è situata nel Comune di Viareggio ed è localizzata tra la zona di protezione ex art. 14 L.R. 3/94 della Versilia e la tenuta del Padule settentrionale e Lago di Massaciuccoli del Parco Regionale Migliarino-S. Rossore Massaciuccoli. L’area è delimitata ad occidente e a sud dalla zona industriale di Viareggio, a Nord e a Est dalla Bretella Lucca-Viareggio. Il confine non coincide con il tracciato dell’autostrada e ricomprende una porzione di cava allagata, una porzione di cava riempita con marmettola e campi coltivati a mais in maniera intensiva. Nel profilo che esce dal presente Piano faunistico, questa rotta di migrazione è andata a comprendere anche dei territori già interdetti alla caccia perché ricompresi all’interno di un fondo chiuso. Tale inclusione si rende indispensabile al fine di assicurare un efficace “cintura” protettiva intorno all’area umida propriamente detta. Gli specchi d’acqua originano dallo stesso bacino del Massaciuccoli e sono funzionalmente collegati ad esso. Purtroppo le attività antropiche, il forte degrado della zona e una massiccia pressione venatoria esercitata anche in anni recenti, determinano un decremento del valore delle ex cave del Brentino quale punto di sosta per l’avifauna acquatica. 77 9.2.4.2 Valutazioni e indicazioni gestionali Risulta necessario attuare interventi di studio volti a conoscere le caratteristiche generali del territorio e l’attuale quadro faunistico con particolare riferimento alle specie ornitiche che sostano, nidificano e transitano nell’area. Nell'ambito di questo studio va considerata innanzitutto la possibilità di rivedere la perimetrazione al fine di ottimizzarne il funzionamento per la tutela delle specie migratrici. Visto il forte impatto antropico circostante gli specchi d'acqua è opportuno monitorare nel tempo, anche con la collaborazione dell'Arpat, la qualità delle acque superficiali. Nei limiti di competenza risulta comunque opportuno contrastare l’abbandono dei terreni attraverso una politica volta ad incrementare, tramite opportuni incentivi, gli interventi di miglioramento ambientale. Sempre nella direzione della conoscenza e del contrasto del degrado, deve essere attuata una attenta valutazione della presenza e dell’impatto delle specie problematiche, nutria (Myocastor coypus) e gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii), ma anche di corvidi con l’eventuale predisposizione di piani di controllo. La creazione di isole e di aggallati con vegetazione palustre nel centro degli specchi d’acqua nonché la rinaturalizzazione delle sponde con vegetazione ripariale, ed interventi quali colture a perdere destinate alla selvaggina costituiscono interventi prioritari e premessa essenziale per una ricolonizzazione dell’area da parte dell’avifauna sia migratoria (ardeidi e limicoli) che stanziale come il fagiano. In questo ultimo caso la presenza dovrebbe essere supportata da interventi mirati di reintroduzione, una volta ricostituito un ambiente adatto ad ospitarlo. Gli interventi sopra descritti dovranno necessariamente conciliarsi con la destinazione d’uso dell’area prevista dalle Amministrazioni Locali. Data l’obiettiva difficoltà a reperire terreni per le pratiche colturali destinate alla selvaggina si potrebbe promuovere l’adozione di pratiche colturali meno impattanti, che non vadano ad incidere su aree umide sensibili provocandone l’interramento e l’eutrofizzazione e una frammentazione del paesaggio agrario con siepi, alberature e colture differenziate, magari anche lasciando alcuni appezzamenti incolti a costituire prati umidi. La vegetazione all’interno e nell’intorno delle scoline potrebbe rappresentare un corridoio ecologico minimo per alcune specie ma le necessità idrauliche e agronomiche non consentirebbero di mantenere in campo tali “microecosistemi” che peraltro possono risultare fonti pericolose di infestanti e sono sottoposte, anche in maniera indiretta, a tutti i trattamenti dati sulle colture. La assoluta omogeneità del territorio, la presenza di reti viarie percorse anche da mezzi pesanti, di insediamenti urbani ed industriali non costituiscono certamente fattori positivi per la vocazionalità del territorio. Infine è importante incrementare la sorveglianza di queste aree che in ragione della presenza di avifauna migratrice in determinati periodi dell'anno possono costituire una illecita attrattiva per atti di bracconaggio. 9.2.5 Nuove Proposte Con questo PFV si istituisce : - la Zona di Protezione del Lago del Bagno (o Prà di Lama), in Comune di Pieve Fosciana. (13 ha) 78 Si tratta di un invaso naturale alimentato da sorgenti termali incluso tra le emergenze geologiche provinciali e nell’elenco delle aree umide di interesse. Lo stesso specchio d’acqua è oggetto della Misura 30 del Piano di Gestione delle Acque del Distretto Idrografico del Fiume Serchio . La motivazione principale è il ruolo rivestito nell’ambito delle principali rotte di migrazione dal lago e dalle zone umide circostanti; la sua posizione è baricentrica rispetto ad altre umide circostanti come i Laghi di Cella, il Lago di Pontecosi, il corso del fiume Serchio e alcune piccole aree appenniniche sia sul versante toscano che emiliano. L'istituzione dell'area protetta oltre a contribuire alla realizzazione di un corridoio ecologico interno lungo la Valle del Serchio, riveste un ruolo importante per la tutela dell' area umida di origine termale e della fascia di bosco igrofilo circostante di elevato valore conservazionistico. Una più approfondita conoscenza delle biocenosi dell'area è condizione imprescindibile ad indirizzare le azioni progettuali necessarie ad implementare il ruolo di "stepping-stone" all'interno della rete ecologica provinciale. - la Zona di Protezione del Lago di Pontecosi , nei Comuni di Castelnuovo Garfagnana e di Pieve Fosciana. (57 ha) La zona ricade nei Comuni di Castelnuovo Garfagnana e di Pieve Fosciana. Si tratta di un invaso ad uso idroelettrico, così come l'art. 14 del lago di Isola Santa, del sistema idraulico strategico del bacino del fiume Serchio che riveste un importante ruolo nell’ambito delle rotte di migrazione dell’avifauna . La realizzazione, lungo l'intorno del lago, di un'area protetta si pone come elemento di connettività tra le aree umide del Bacino del Serchio e può contribuire anche ad incrementare lo sviluppo di un turismo escursionistico e naturalistico lungo le sponde del lago con strutture per il birdwatching - la Zona di Protezione dei Bottacci di Massa Pisana, nel Comune di Lucca. (214 ha) La proposta ricalca quanto già previsto dalla precedente programmazione faunistico venatoria, che prevedeva nell'area la costituzione di una ZRC di estensione maggiore della istituenda zona di protezione. L'istituto previsto dall'art. 14 della L.R. 3/94 "Zona di Protezione lungo le Rotte di Migrazione dell'avifauna" , risponde in modo più coerente alle necessità di conservazione previste per l’area. La zona, infatti, è stata oggetto recentemente di ampi lavori per la creazione di vasche di laminazione delle acque del canale Ozzeri. Le vasche, che si presentano allagate per diverso periodo in seguito ad eventi di pioggia, attraggono, durante le stagioni di passo degli animali, numerose specie acquatiche. Pertanto la realizzazione dell'area protetta contribuisce alla tutela delle specie durante la migrazione e lo spostamento lungo le aree di connettività della Provincia, ponendosi quale nodo all'interno delle reti di connettività ecologica funzionale (in particolare del sistema delle aree umide e dei corsi d'acqua). La Zona ricomprende al suo interno parte del SIR – SIC "Monte Pisano" e pertanto contribuisce alla salvaguardia degli habitat e delle specie che lo caratterizzano. La Provincia per una gestione compatibile dell'area dovrà perseguire la valorizzazione e la gestione delle aree umide anche temporaneamente allagate, dei prati umidi, dei boschi igrofili e della vegetazione ripariale anche mediante la realizzazione di opportuni interventi di miglioramento ambientale e il controllo delle popolazioni di cinghiale e delle specie alloctone invasive anche mediante interventi di controllo ex art. 37 LR 3/94 . 79 9.3 Oasi Le Oasi di protezione esistenti in Provincia di Lucca sono state formalmente istituite ai sensi dell’art. 15 della L.R. 3/94 per il rifugio, la riproduzione e la sosta della fauna selvatica. La Delibera del Consiglio Regionale Toscano n. 342 del 1994, ad oggi soppressa ma della quale giova ricordare per capire la genesi della istituzione di tali istituti, all’art. 7 stabiliva che le Oasi di protezione vengono individuate su superfici idonee o apprestabili al rifugio, alla riproduzione e alla sosta delle specie migratorie, nonché all’insediamento, incremento e irradiamento naturale delle specie stanziali. Qualora le oasi interessino paesaggi con usi agro-silvo-pastorali estensivi, devono rappresentare strumenti per la difesa della natura insieme alla difesa del paesaggio tradizionale. Nel caso in cui interessino paesaggi con utilizzazioni agricole intensive, l’oasi rappresenta una riserva parziale per la salvaguardia e il recupero di determinate componenti naturali (Es: siepi, calanchi, etc). Nelle oasi è vietata la caccia e ogni altra forma di disturbo o nocumento alla fauna selvatica. La suddetta Delibera all’art. 8 stabiliva i principi per l’individuazione e la costituzione delle Oasi: “La Provincia istituisce le oasi tenendo conto della realtà produttiva del territorio, come destinazione d’uso di superfici con peculiarità ambientali e floristiche. Le oasi sono dislocate preferibilmente su terreni di proprietà demaniale e all’interno del sistema regionale delle aree protette, tenuto conto delle linee di migrazione, privilegiando, ve esistenti, le aree già indicate a livello internazionale e in parte già acquisite nel novero degli ambiti da proteggere”. Si riportano di seguito le valutazioni e proposte gestionali relativamente alle tre Oasi esistenti sul territorio provinciale. Per le due Oasi ricadenti all'interno del comprensorio dell'Unione dei Comuni della Media Valle è auspicabile redigere un Piano di Gestione pluriennale che definisca obiettivi e azioni coerenti con la pianificazione faunistico venatoria e con le misure di conservazione dei Siti Natura 2000 ricadenti al loro interno. Il Piano deve definire inoltre un cronoprogramma degli interventi da dettagliare annualmente così da definire uno specifico quadro economico. 9.3.1 Oasi dell'Orrido di Botri e Oasi del Balzo Nero Le due Oasi, seppure bene individuabili geograficamente, vengono trattate insieme essenzialmente per criteri di omogeneità di gestione. Sono state istituite con Delibera G.P. n. 145 del 01/02/1994 e la loro gestione è stata affidata alla Comunità Montana della Media Valle del Serchio (adesso Unione dei Comuni della Media Valle del Serchio). 9.3.1.1 Sintesi delle principali caratteristiche dell’area e linee gestionali Le due Oasi di protezione della Media Valle del Secchio sono assai rappresentative dello stato attuale dell’ambiente agro-silvo-pastorale dell’Appennino Tosco-Emiliano. L’Oasi “Orrido di Botri” si estende per circa 2.162 ha nel territorio dei Comuni di Coreglia Antelminelli e Bagni di Lucca. All’interno di questo territorio sono rappresentati alcuni tipici ambienti montani appenninici, tra cui rivestono un rilevante interesse naturalistico e faunistico gli ecotoni montani. L'Oasi comprende parzialmente le praterie montane del SIR SIC "Monte Romecchio – Monte Rondinaio – Poggione", comprende interamente il canion del Rio Pelago SIR ZPS Orrido di Botri e la omonima Riserva Naturale Statale, coincide per una modesta superficie con 80 il SIR SIC Monte Prato Fiorito - Monte Coronato – Valle dello Scesta". In totale , un terzo della superficie dell'Oasi di protezione è compreso nella Rete Natura 2000. Inoltre lungo il confine con la Provincia di Pistoia, l'Oasi di Protezione confina con il SIR SIC "Alta Valle del Sestaione" e, lungo il confine con la Provincia di Modena , con il SIC ZPS "Monte Rondinaio – Monte Giovo". L’ecotono montano si caratterizza per un’elevata biodiversità strutturale, a cui può corrispondere un’elevata biodiversità floristica e faunistica. Negli ultimi decenni si è assistito ad un notevole decremento della fauna stanziale che trovava qui fonte di rifugio e sostentamento. Tipici segni dell’abbandono delle tradizionali attività agro-silvo-pastorali sono rappresentati dai terrazzamenti attualmente invasi da felci ed arbusti e ormai riconquistati gradualmente dall’avanzamento del bosco, fenomeno che tende a chiudere questi spazi aperti, molto importanti per l’alimentazione della piccola fauna selvatica. L’Oasi di Monte Balzo Nero si estende per circa 907 ha nel territorio del comune di Bagni di Lucca. Racchiude al suo interno un territorio alquanto aspro, che culmina dal punto di vista paesaggistico con il Monte Balzo Nero, che fa parte di un massiccio rupestre di notevole interesse faunistico. Anche questa Oasi ha risentito della drastica riduzione delle tipiche attività agro-silvo-pastorali appenniniche. Qui più che nell’Oasi Orrido di Botri sono necessari interventi di recupero del territorio, tesi essenzialmente a ripristinare tipici ambienti tradizionali di ecotono montano. All'interno dell'Oasi di protezione ricade il SIR SIC "Vette calcaree della Val di Lima e del Balzo Nero" e confina, in Provincia di Pistoia, con il SIR ZPS "Pian degli Ontani". Dal punto di vista del popolamento avifaunistico e teriofaunistico, le due Oasi presentano caratteri comuni che ne fanno un meritevole oggetto di studio e di intervento. Queste zone (riconosciute peraltro all’interno della Rete Natura 2000) sono importanti non solo per la fauna stanziale ma anche per la migratoria. Si ritiene pertanto necessario implementare gli studi sulle specie faunistiche e sugli habitat di interesse conservazionistico ai fini della loro tutela. Sono presenti superpredatori quali l’aquila e il lupo e prede quali la marmotta (soprattutto sul versante Nord del Monte Rondinaio, all’interno dell’Oasi Orrido di Botri) e capre inselvatichite. In considerazione di tale presenza è importante evitare all’interno delle Oasi un eccessivo disturbo antropico. Vi è altresì una discreta comunità di ungulati, a prevalenza di cinghiali ma non mancano i cervidi. Sono da promuovere la conservazione delle praterie montane, dei coltivi di media montagna e dei pascoli quali elementi ecosistemici importantissimi per la fauna e fondamentali per il mantenimento della biodiversità e della connettività del paesaggio. All’interno del perimetro dell’Oasi Orrido di Botri, in collaborazione con la ex Comunità Montana della Media Valle del Serchio nell’ambito di alcuni progetti effettuati nell’ultimo quinquennio sono state posizionate strutture di ambientamento per la starna ed la lepre e sono stati realizzati interventi volti all’incremento degli spazi di pabulazione e delle risorse trofiche disponibili. In corrispondenza di alcuni campi coltivati ed ex coltivi situati ad una altitudine tra gli 800 e i 1200 m s.l.m. a media pendenza, sono stati condotti miglioramenti ambientali con semine a perdere di cerealicole e foraggere, oltre che di piante da frutto selvatiche. La presenza di ampie zone pascolative, l’esposizione a Sud-Est e la presenza, seppur sporadica, di transumanza ovina ha fatto si che la lepre abbia trovato all’interno dell’Oasi un ambiente ideale per vivere e riprodursi. Gli interventi di immissioni della Lepre Italica hanno avuto pertanto un riscontro positivo, per cui si ritiene che non sia necessario per gli anni a venire effettuare ulteriori immissioni , se non in maniera sporadica, salvo proseguire l’attività di controllo e monitoraggio e ampliare i seminativi e i prati pascolo, necessari alla sopravvivenza della specie. 81 L’Oasi del Balzo Nero non è attraversata da strade carrozzabili o trattorabili, si presenta notevolmente aspra e selvaggia, non ricomprende alcun rifugio manufatto riadattabile a ricovero ed è percorribile soltanto su sentieri. Questa scarsa antropizzazione costituisce una delle ricchezze maggiori della zona, da tutelare e promuovere. La morfologia acclive e accidentata e l’isolamento rendono di difficile realizzazione interventi di miglioramento ambientale per i quali sono stati previsti previsti progetti d’intervento articolati su lungo periodo, nell’ambito dei quali sono state realizzate tre strutture di ambientamento con l’immissione di lepri e pernici rosse. La lepre ha una presenza sporadica all’interno dell’Oasi, dovuta all’ambiente impervio caratterizzato da rocciosità affiorante ed alla difficoltà nel mantenere produttivi gli appezzamenti pabulari nella stagione autunno invernale causa la neve. La mancanza di transumanza ovina registrata negli ultimi anni ha fatto si che le aree pascolive siano invase da specie infestanti che ne impoveriscono il valore nutritivo. Di conseguenza l’ambiente adatto alla specie ha subito una riduzione quantitativa e qualitativa notevole portando ad un decremento del numero di soggetti. Il ripopolamento di lepre italica effettuato negli anni 2006 e 2007 è riuscito ad incrementare il numero di lepri nella stagione estiva ma queste sono andate incontro ad una mortalità elevata durante la stagione invernale, quando a causa del manto nevoso le disponibilità alimentari si riducono sensibilmente. Si ritiene per l’Oasi di Balzo Nero importante proseguire con gli interventi volti principalmente ad recuperare le radure e le aree aperte ed incrementare le risorse trofiche con l’apprestamento di aree pabulari. Per le caratteristiche della zona, gli interventi di miglioramento ambientale come pure quelli di immissione dovranno essere localizzati nelle poche aree più pianeggianti, situate nelle porzioni più alte dell’Oasi, nella località “I Piani”. Si ribadisce la necessità di evitare il disturbo antropico all’interno dell’Oasi in considerazione del fatto che questo sito è stato scelto dall’aquila per la nidificazione e sono stati osservati numerosi rapaci diurni e notturni.Come pure proseguire con interventi di ricerca e messa in atto di sistemi di prevenzione dei danni da predazione sul bestiame causati da canidi al fine della mitigazione dei conflitti lupo- pastorizia. 9.3.2 Oasi MonteVecchio Orecchiella 9.3.2.1 Sintesi delle principali caratteristiche dell’area e linee gestionali L’Oasi è stata di fatto istituita con la Delibera di Consiglio Provinciale n°129 del 25 luglio 2002 al termine del procedimento di notifica per pubblico proclamo ai proprietari e conduttori dei fondi che venivano a far parte di detto Istituto. Contemporaneamente è stato approvato il regolamento di gestione che prevede una Consulta, con funzioni di indirizzo sulla gestione, e un Gruppo Tecnico con la funzione di predisporre un piano di gestione generale dell’Oasi e predisporre e dare attuazione ai progetti annuali di attuazione del piano generale. L’oasi comprende, anche parzialmente, i seguenti Siti della Rete Natura 2000: - SIR-ZPS Pania di Corfino - SIR-SIC Parco dell’Orecchiella - Pania di Corfino -Lamarossa - SIR-SIC- Monte Castellino Le Forbici Per tale istituto di protezione è pervenuta il 16/02/2012 una richiesta, da parte del Comune di Villa Collemandina, di nuova delimitazione per quanto riguarda la parte situata tra la località di Pruno e la 82 vetta della Pania di Corfino per circa 88 ha, aprendo il territorio alla attività venatoria. La motivazione addotta per la richiesta è quella di far coincidere il confine dell'Oasi con quello del Parco dell'Appennino Tosco Emiliano attestato più in alto, alla quota di 1200m. Tale zona è situata all'interno del SIR – SIC Parco dell’Orecchiella - Pania di Corfino -Lamarossa e pertanto di elevato valore faunistico. Tra le principali emergenze segnalate per questo SIR -SIC viene elencata l'Aquila reale (Aquila chrysaetos) per la quale il sito è rilevato come uno dei più importanti per la specie in Toscana. La perdita di questa estesa porzione protetta potrebbe comportare un aggravamento delle condizioni di criticità già segnalate per il Sito all'interno della relativa scheda delle "Norme tecniche relative alle forme e alle modalità di tutela e conservazione dei Siti di Importanza Regionale (SIR)" approvate con Del. G. R. n. 644/2004. Si fa presente che le pressioni per la ridelimitazione di tale porzione e la conseguente apertura alla attività venatoria sono molto forti . Nel corso della programmazione faunistica del precedente Piano Faunistico Venatorio si è cercato di continuare il percorso di recupero del territorio attraverso la messa a coltura di alcune particelle agrarie, altrimenti destinate all’abbandono, con essenze appetibili alla piccola fauna stanziale e con l’impianto di piante da frutto e da bacca per le specie di fauna migratrice. Sono stati portati a termine i lavori per la realizzazione di quattro recinti all’interno dei quali sono state previste delle mini voliere di ambientamento per la riproduzione della starna. Successive fasi di immissioni di coppie riproduttive e di nuclei di starne nel corso degli ultimi anni hanno dimostrato la possibilità di ricreare condizioni favorevoli all’ambientamento di questi animali. All’interno di uno di questi recinti è stato realizzato anche un piccolo invaso per migliorare la disponibilità di punti acqua per la fauna specialmente in periodi di siccità. Un altro importante intervento è stato realizzato in una zona caratterizzata dalla presenza di radure acquitrinose a ridosso della zona di crinale. Il progetto di recupero e salvaguardia degli ambienti umidi residuali posti all’interno di ambienti di faggeta è finalizzato al ripristino ambientale, mediante specifici interventi di miglioramento e gestione, dell’habitat della beccaccia (Scolopax rusticola) e di altre specie migratrici. Gli interventi, per quanto riguarda l’ecosistema forestale, sono consistiti nel ripristino di piccole radure per favorire specie vegetali più eliofile, nel mantenimento e nella difesa di specie arboree ed arbustive igrofile e delle specie arboree e da bacca diverse dal faggio così da aumentare la disponibilità e la varietà trofica. Per quanto riguarda i prati e le aree umide si è cercato di ripristinare il reticolo idraulico superficiale arginando, contemporaneamente, l’interrimento dei piccoli invasi presenti mediante l’asportazione parziale dei sedimenti e lo sfalcio di specie erbacee. La Legge regionale prevede che la Provincia gestisca le Oasi per le quali possono avvalersi di associazioni culturali, ambientaliste, venatorie o agricole e se ricadenti in zone di terreno demaniale la gestione avviene d’intesa con la Comunità Montana e/o i Comuni interessati. La compresenza sul territorio dell’Oasi delle Riserve Naturali Statali gestite dal C.F.S. e del Parco Nazionale dell’Appennino, sulla base dell’esperienza della gestione fino ad oggi intercorsa, rende necessario rivedere le modalità di gestione dell’Oasi creando una più stretta collaborazione tra i diversi Enti. Si ribadisce, inoltre, per la fase di attuazione del presente Piano Faunistico, l’opportunità di continuare nelle opere di recupero del territorio onde evitare che le zone umide, i pochi prati e radure ancora presenti, relitto dei seminativi di un tempo, si chiudano definitivamente banalizzando il territorio e impedendo di fatto la presenza di una fauna che non sia solamente costituita da specie ungulate. Vanno mantenute le strutture di ambientamento realizzate, trovando una formula di gestione, 83 eventualmente anche con la collaborazione degli ATC, che permetta di utilizzarle al meglio per progetti di immissione. Si ritiene altresì necessario implementare gli studi sulle specie faunistiche e sugli habitat di interesse conservazionistico ai fini della loro tutela. Come pure proseguire con interventi di ricerca e messa in atto di sistemi di prevenzione dei danni da predazione sul bestiame causati da canidi al fine della mitigazione dei conflitti lupo- pastorizia. E’ necessario monitorare attentamente la presenza dei cinghiali all’interno dell’Oasi. Negli ultimi anni si è infatti registrato un sempre maggior impatto di questa specie sulle fitocenosi e gli habitat presenti e questo potrebbe portare a gravi ripercussioni anche sui popolamenti animali. Qualora si registrassero incompatibili presenze di questo ungulato con le finalità dell’Oasi sarà pertanto necessario valutare la possibilità di attuare quanto previsto dal comma 5 dell’art. 28 bis della Legge Regionale 3/94. 9.4 Zone di Ripopolamento e Cattura Le zone di ripopolamento e cattura sono definite all’art. 10 comma 8 della Legge 157/1992 quali zone “destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale ed alla cattura della stessa per l’immissione sul territorio in tempi e condizioni utili all’ambientamento fino alla ricostituzione e alla stabilizzazione della densità faunistica ottimale per il territorio”. Ai sensi dell’art. 16 della L.R. 3/1994 le Province “istituiscono, in attuazione del piano faunisticovenatorio, zone di ripopolamento e cattura”, con le finalità di cui all’art. 10 della L. 157/1992. Ai sensi dell'art. 21 del DPGR 33/R/2011 la superficie delle zone di ripopolamento e cattura deve essere tale da salvaguardare la possibilità di riproduzione delle popoplazioni animali selvatiche ospitate al loro interno e il mantenimento della qualità dell'ambiente. Inoltre sono istituite anche per la salvaguardia, la sosta durante la migrazione, lo sviluppo e la riproduzione di soggetti appartenenti alle specie migratrici, anche attraverso il miglioramento delle caratteristiche ambientali del territorio. Dati i presupposti che ne determinano l'istituzione, all'interno di questi istituti risulta prioritaria una gestione tecnica mirata all'attuazione di miglioramenti ambientali funzionali sia alla fauna selvatica stanziale, migratoria e alle specie oggetto di ripopolamento a fini venatori. La morfologia del territorio provinciale non consente, in genere, l'attuazione di efficaci interventi di cattura, quindi il valore di queste aree si esplica nella possibilità di irradiamento degli animali nelle aree circostanti. Si rende pertanto necessario che la programmazione degli interventi all'interno della ZRC risulti omogenea e coerente con quanto previsto per il territorio a caccia programmata al fine di potenziare il ruolo di "core-area" nell'ambito delle reti ecologiche funzionali. Qualora i terreni ricadano all'interno dei Siti Natura 2000 (comprendente anche i Siti di Importanza Regionale) gli interventi di miglioramento ambientale devono essere programmati e realizzati in coerenza con quanto riportato nello studio di incidenza del PFV in merito alle "specie" , agli "habitat" , alle "criticità" e alle "misure di conservazione" previste per il Sito stesso. Nel Bando dei miglioramenti ambientali di competenza della Provincia deve essere prevista una specifica premialità per coloro che , all'interno dei Siti, realizzino interventi funzionali alla conservazione della Biodiversità, come da Del. G.R. 644/2004 e da successive normative e regolamenti vigenti in materia. Al fine di individuare gli interventi più idonei, i Piani di gestione dovranno essere corredati da specifica cartografia di dettaglio dell'uso del suolo per la porzione ricadente all'interno del Sito. Nelle ZRC la stima delle densità delle popolazioni animali selvatiche deve essere valutata con 84 l’utilizzo di apposite metodologie indicate nel capitolo "Criteri per il monitoraggio della fauna". Per la gestione delle ZRC, la Provincia potrà avvalersi delle commissioni di verifica e controllo di cui all’art. 16 comma 3 della L.R. 3/1994, come nel caso della ZRC Piazza al Serchio o stipulare specifiche convenzioni con l’ATC competente per territorio, ai sensi del dell’art. 23 comma 1 del D.P.G.R. n. 33/R/2011. Le attività di gestione ambientale e faunistica da promuovere all’interno della ZRC sono rappresentate da: • interventi di miglioramento ambientale consistenti principalmente nella riconversione di aree aperte in aree coltivate con colture cerealicole soprattutto autunno vernine; • realizzazione e gestione di una rete di mangiatoie volte ad incrementare l’offerta invernale e primaverile di granaglie nei confronti delle specie di indirizzo e di nuovi punti acqua ed abbeverata; • realizzazione di almeno un recinto di ambientamento per le specie di fasianidi in indirizzo; • interventi di immissione delle specie di indirizzo e successivo monitoraggio dei risultati; • implementazione di forme di misurazione della produttività reale e potenziale che tengano conto della tipologia e dell’entità economica degli investimenti effettuati; • implementazione di strategie di mantenimento e incremento che favoriscano l’irradiamento nel territori·o circostante anche delle specie di fauna stanziale, non ungulata, diverse da quelle di indirizzo; • piano per la prevenzione dei danni alle colture agricole, mediante la concessione di materiale per la prevenzione danni (recinzioni elettrificate, reti di protezioni antiuccelli, rete di protezione tipo shelter); • piano di monitoraggio e controllo delle specie predatrici ed antagoniste. Le seguenti aree sono state individuate dal Piano Faunistico 2006-2010 in parte sulla base delle idoneità emerse dalla carta delle vocazioni faunistiche, redatta per ogni specie ed in parte rispondendo ad esigenze provenienti dal mondo venatorio. Di seguito si elencano con le principali caratteristiche: Denominazione Superficie Ha Range altitudine mt. 212,8 0 - 200 328 0 - 200 Carraia 266,69 0 - 200 Controneria 135,2 400 - 600 Piazza al Serchio 171,36 400 - 800 Farneta Fagnano - Massa Pisana Di queste zone previste dal precedente Piano con il presente strumento di pianificazione se ne intendono riproporre quattro. Un'area con buone potenzialità per la costituzione in ZRC è la zona denominata "al Cerro" nel Comune di Altopascio. Quest'area potrebbe prestarsi per la costituzione di una zona protetta ove incrementare, con opportuni interventi di miglioramento ambientale, le disponibilità trofiche e ambientali per la fauna selvatica stanziale. 85 9.4.1 ZRC Controneria Questa zona si estende per 135,2 ha, nella frazione di San Cassiano di Controne (Comune di Bagni di Lucca), dominati da prati e da seminativi, seguiti da boschi di latifoglie e da aree urbanizzate, ad altitudini comprese per lo più tra i 400 ed i 600 m s.l.m.. Per le sue caratteristiche presenta un’elevata idoneità per le specie: lepre e pernice rossa. Questa area è stata oggetto nel corso degli ultimi anni di interventi di immissione di fauna selvatica nell’ottica di rendere la fatura ZRC quanto prima produttiva in termini faunistici. 9.4.2 ZRC Farneta La ZRC denominata “Farneta” ricade all’interno del Comune di Lucca e comprende in parte le località di Farneta, Maggiano e San Macario in Piano per una estensione di circa 212 ha. L’area è caratterizzata in massima parte da seminativi seguiti da boschi di latifoglie, prati stabili ma anche aree urbanizzate. L’area si sviluppa a nord dell’autostrada A11, interessando le frazioni del comune di Lucca Maggiano, Farneta e San Macario in Piano. Quest’area ricade in territori ad elevata idoneità per la piccola selvaggina, in particolare per la lepre, il fagiano e in minor misura per la starna. Le specie in indirizzo sono lepre europea e fagiano. Parte dell’area, facilmente soggetta a fenomeni di permanenza di acqua durante i periodi più piovosi, si presta alla sosta delle specie migratorie, in special modo durante il passo invernale. La principale criticità riscontrata nella zona è rappresentata dalla massiccia presenza del cinghiale per il quale sono da mettere in atto le azioni previste dal Piano di Gestione degli ungulati. 9.4.3 ZRC Carraia La ZRC denominata “Carraia” ricade all’interno del Comune di Capannori e comprende in parte le località di Carraia, Colognora e Casa del Lupo per una estensione di circa 267 ha. Si estende a sud dell’Autostrada Firenze – Mare avendo come confine sud la Sarzanese – Valdera. L’area presenta una buona alternanza di seminativi, prati e formazioni residuali di boschi di latifoglie ed è attraversata da diversi fossi irrigui con buona presenza di associazioni riparie. Insediamenti antropici, per lo più di origine industriale, si trovano soprattutto nella parte ad ovest. La zona ricade in area con buona idoneità per la piccola selvaggina stanziale, in particolare per il fagiano e in misura minore per la starna. Non appare opportuno effettuare in questa zona ripopolamenti di lepri in quanto la presenza di numerose strade soprattutto nella parte ovest potrebbe vanificare in breve tutti gli sforzi. Specie in indirizzo è il fagiano. 9.4.4 ZRC Piazza al Serchio La ZRC denominata “Piazza al Serchio” si estende a nord-ovest e a sud di Piazza al Serchio e ricade nelle frazioni di Sant’Anastasio, Colognola, S. Michele, Castelvecchio e Forcola con un’estensione di cira 190 ha. Ricomprende all'interno la porzione settentrionale del SIR "Rupi basaltiche di Piazza al Serchio e Poggio". L’area presenta una buona alternanza di seminativi, prati stabili e formazioni residuali di boschi di 86 latifoglie. Gli insediamenti antropici sono per lo più concentrati nel fondovalle tra P.za al Serchio e S. Michele. La zona ricade in area con buona idoneità per tutta la piccola selvaggina stanziale. Per questa ZRC a diretta gestione della Provincia, è stata costituita una Commissioni di Verifica e Controllo ai sensi della L.R. 3/1994 art. 16, composta in misura paritetica da rappresentanti dei proprietari o conduttori dei fondi ricompresi nella zona e da rappresentanti dei cacciatori designati dal comitato di gestione dell'Ambito Territoriale di Caccia in cui essa ricade. Le specie di indirizzo sono il fagiano e la lepre europea. 9.5 Zone di Rispetto Venatorio Si propone un quadro sintetico delle attuali Zone di Rispetto Venatorio istituite dalla Provincia su richiesta degli ATC. Tipologia Istituto Atto istituzione Superficie ha Comuni interessati ZRV Cima dell’Omo DelG.P. 75/A del 13/09/2011 29 Barga ZRV La Cava Del G.P. 12/A del 28/06/2011 8,69 Massarosa ZRV Montramito Del G.P. 13/A del 28/06/2011 252,68 Massarosa ZRV Fubbiano Del G.P. 89/A del 04/10/2011 32,77 Capannori ZRV Castello Del. G.P. 10/A del 28/06/2011 5,07 Lucca ZRV Palazzetto Del. G.P. 15/A del 28/06/2011 8,95 ZRV Celli Del. G.P 14/A del 28/06/2011 5,88 Capannori ZRV Campolungo Del. G.P. 11/A del 28/06/2011 9,41 Camaiore ZRV Il Colle Del. G.P. 9/A del 28/06/2011 5,42 Lucca ZRV Ai Venti Del. GP. n. 358 del 3/12/2013 90 Camporgiano Coreglia Antelminelli Le Zone di Rispetto Venatorio rappresentano uno strumento essenziale della gestione faunistica e venatoria. Le motivazioni che ispirano la creazione di tali zone risiedono nella possibilità di consentire l’insediamento e la riproduzione di nuclei di selvaggina di interesse venatorio in aree strettamente afferenti ai comparti di caccia. Ciò permetterebbe, a fronte dell’istituzione di un vincolo all’esercizio venatorio di tipo parziale oppure generale, per una durata sufficiente a consentire un efficace insediamento della popolazione, di poter fruire della produzione così ottenuta. Tali zone possono però svolgere anche un ruolo importante di recupero faunistico a favore della piccola selvaggina all’interno di quelle aree della Provincia dove risulti problematico istituire delle ampie ZRC. Infatti le zone di rispetto venatorio possono avere dimensioni contenute, sebbene tali da consentire in ogni caso lo sviluppo di popolazioni selvatiche capaci di riprodursi in modo naturale. Per tale motivazioni le nuove ZRV non potranno avere superfici inferiori ad ha 20. Al fine di rafforzare il ruolo faunistico delle ZRV, è importante elaborare per ciascuna zona piani di gestione e di miglioramento ambientale. Tali Piani che potranno essere annuali o, meglio, pluriennali dovranno contenere innanzitutto una descrizione attuale dell’area comprensiva delle tipologie di utilizzo agro forestale del suolo, della presenza di aree umide o punti acqua e di eventuali problematiche riscontrate. Dovranno contenere 87 un consuntivo di tutti gli interventi attuati: immissioni, miglioramenti, danni riscontrati, interventi realizzati per la prevenzione dei danni e di tutto quanto possa essere utile a delineare la funzionalità dell’area e da cui si possano trarre le indicazioni per migliorare e calibrare la gestione. Soprattutto devono essere raccolti i dati sulla effettiva sopravvivenza e dispersione degli animali e sulle principali cause di mortalità, provvedendo ad attuare apposite campagne di monitoraggio. Dovranno poi riportare dettagliatamente gli interventi di riqualificazione dell’area che si intendono realizzare all’interno della ZRV specificandone i tempi, le quantità, le modalità di realizzazione e per maggior inquadramento anche quelli da realizzare nelle aree adiacenti e le cui ricadute possono avere influenza sulla ZRV. Dovranno essere previste le eventuali azioni di immissione con un cronoprogramma che tenga conto del periodo di validità del Piano stesso. Si dovrà dare atto della eventuale messa in atto o della prosecuzione di eventuali piani di controllo di specie antagoniste. Soprattutto devono essere raccolti i dati sulla effettiva sopravvivenza e dispersione degli animali e sulle principali cause di mortalità, provvedendo ad attuare apposite campagne di monitoraggio. Qualora i terreni ricadano all'interno dei Siti Natura 2000 (comprendente anche i Siti di Importanza Regionale) gli interventi di miglioramento ambientale devono essere programmati e realizzati in coerenza con quanto riportato nello studio di incidenza del PFV in merito alle "specie" , agli "habitat" , alle "criticità" e alle "misure di conservazione" previste per il Sito stesso. Nel Bando dei miglioramenti ambientali di competenza dell'ATC deve essere prevista una specifica premialità per coloro che , all'interno dei Siti, realizzino interventi funzionali alla conservazione della Biodiversità, come da Del. G.R. 644/2004 e da successive normative e regolamenti vigenti in materia. Questo Piano individua nell’istituzione di Zone di rispetto venatorio lo strumento con cui procedere ad una vasta azione di riequilibrio faunistico a favore della piccola selvaggina, mediante la loro dislocazione principalmente in quelle fasce di territorio nelle quali la piccola selvaggina è andata con il tempo incontro ad un severo processo di rarefazione, lasciando il campo ad una presenza sempre più consistente ed invadente, ecologicamente non tollerabile, del cinghiale. 10. FONDI CHIUSI L ' articolo 25 della L.R. 3/94 definisce e disciplina i fondi chiusi. Nel precedente Piano Faunistico i fondi chiusi esistenti sul territorio provinciale con superfice superiore ai 3 ettari notificati da parte dei proprietari e/o conduttori erano i seguenti: • "Sassina" in Comune di Piazza al Serchio di complessivi ha 3,00 circa ; • "Capanne di Caprignana" in Comune di S.Romano di Garfagnana di ha 3,00 c.a.; • "Puosi" in Comune di Camaiore di complessivi ha 45,00 c.a ; • "Monte Cucco" in Comune di Massarosa di ha 7,00 c.a ; • "Aquilata" in Comune di Massarosa di ha 22,00 c.a ; • "Colle d’Arciana" in Comune di Castiglione Garfagnana di ha 5,00 c.a ; • "Vagli" in Comune di Vagli di Sotto di ha 135 c.a ; • "Zaffora Marco" in loc. S.Macario Comune di Lucca di circa ha 10,00 ; • "Gelsa" in loc. Spianate Comune di Altopascio di ha 3,2 ; • "Az. Agricola “La Fornace" in località Lucignana del Comune di Coreglia Ant.lli 88 ha 21,34 . Ai precedenti si sono aggiunti due fondi istituiti entrambi nell'anno 2010: • "Tenuta dello Scompiglio 1" frazione di Vorno in Comune di Capannori di ha 48,50 c.a ; • "Tenuta Setteventi s.r.l." frazione Badia di Cantignano in Comune di Capannori di ha 26,68 c.a; Complessivamente la superficie territoriale totale dei fondi chiusi superiori ad ettari 3 somma a circa 200 ha con una percentuale sulla SAF pari allo 0,13 %. 11. AREE SOTTRATTE ALLA CACCIA PROGRAMMATA In località Ciocco, Castelvecchio Pascoli è stato istituito con Del. C. P. n. 152 del 30/09/2008, un fondo rustico sottratto alla caccia programmata al fine di tutelare questa zona dove insiste un’importante attività turistico-alberghiera, con la presenza nella porzione più meridionale dell’area di una vasta zona destinata alla ricezione turistico e congressuale del complesso “Il Ciocco” e nella porzione più settentrionale di vaste strutture dedicate all’attività sportiva (stadio, due maneggi e box cavalli, campi da tennis e polivalenti e un’area adibita a galoppatoio utilizzata anche per attività di fuoristrada). Con Delibera di Consiglio Provinciale n. 112 del 10/07/2008 è stata accolta l’istanza di esclusione di circa 111 ha siti sulla collina di San Macario in Monte (LU). L’accoglimento dell’istanza è stata fatta sulla base dell’art. 27 della Del. C.R. 292 del 12/07/1994 che prevede che : “le richieste di esclusione dei fondi rustici dalla gestione programmata della caccia come disciplinato dall’art. 25 della L.R. 3/94 sono accolte qualora non contrastino con l’attuazione della pianificazione faunistico venatoria provinciale” e che “saranno dichiarate ammissibili le richieste di esclusione che riguardino una delle seguenti lettere: a) superfici di terreno di ampiezza e caratteristiche ambientali tali da consentire l’effettivo svolgimento di una azione di tutela e salvaguardia della fauna selvatica e non inferiori a 100 ha . Tale estensione può essere raggiunta con concorso di fondi appartenenti a proprietari e conduttori confinanti: è ammessa la deroga a tale limite solo per territori interessati da ecosistemi di particolare pregio faunistico e naturale, che non siano sostanzialmente alterati dalla presenza o dall’attività dell’uomo; b) superfici .... nelle quali vengano condotti programmi sperimentali di allevamento e coltivazione.........; c) luoghi nei quali vengono svolte attività di rilevante interesse economico e sociale. ...”; L’istanza di esclusione era infatti accompagnata da una “Valutazione ecologica della Collina di San Macario” e da una relazione “Note integrative sullo stato ecologico del settore collinare di San Macario in Monte (LU)” dalle quali si poteva evincere la complessa valenza ecologica della zona. La richiesta di esclusione, inoltre, coinvolgendo terreni confinanti, permette di attuare una efficace azione di tutela e salvaguardia della fauna ivi presente. Un fattore problematico può invece considerarsi la presenza del cinghiale. L’area infatti potrebbe divenire un luogo di rimessa dalla quale poi gli animali possono irradiarsi verso i terreni coltivati adiacenti. Per porre rimedio a ciò, verranno messe in atto forme di contenimento selettivo come 89 previsto dal Piano di Gestione e Controllo del Cinghiale approvato dall'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale con nota acquisita in atti Prot. n. 151010 del 21/07/2014. 12. AREE PER L'ADDESTRAMENTO, L'ALLENAMENTO E LE GARE DEI CANI Le aree addestramento cani presenti nella precedente programmazione sul territorio provinciale, suddivise per tipologia, sono: Aree Addestramento senza sparo • “Bandierini”, all’interno dell’ex lago di Bientina, Comune di Porcari di ha 30 , • “Capanno di ferro”, località Padule, comune di Porcari di ha 30 ; • “Colli”, località Colli, comune di Piazza al Serchio di ha 3 ; • “Combattenti”, loc. “le Piagge del Fontanone”, comune di Coreglia Antelminelli di ha 6,40; • “Il Ciocco”, località “il Ciocco” , nei comuni di Barga e Fosciandora , di ha 198; • “Sant'Ansano”, fraz. Trassilico Comune di Gallicano ha 19,7 . Aree Addestramento con sparo • “Tassignano”, località Tassignano, comune di Capannori di ha 10,60 ; • “La Pieve”, località Piano del Quercione, comune di Massarosa di ha 5,20; • “Santa Maria del Giudice” , località S. Maria del Giudice , comune di Lucca di ha 35 ; • “Bosco Orsetti” , fraz. S.Alessio comune di Lucca di ha 4,80 • “La Rapinata”, comune di Camaiore di ha 11,5 ; • “Celli”, loc. Celli , S. Martino in Freddana , comune di Pescaglia di ha 12 ; • “Il Ciocco”, località “il Ciocco” , nei comuni di Barga e Fosciandora, esclusivamente nel periodo di apertura della caccia su ettari 49,94 (dei 198 ettari complessivi). Aree Addestramento cani su cinghiale • “La Pianella” , località Castagnori, comune di Lucca di ha 36,90 ; • “Monte Volsci” , località Monte Volsci, comune di Castelnuovo di Garfagnana di ha 14 ; • “Gonfiente” , località Gonfiente, comune di Minucciano di ha 10,60 ; 90 • “Groppa”, loc. Groppa , comune di Pescaglia di ha 8,00 ; • “Colle dei Gatti” , loc. Colle dei Gatti in comune di Molazzana di ha 10,30 ; • “Fraia” , loc. Fraia in comune di Barga di ha 12 ; • "Verrucolette" , loc. Verrucolette in comune di Minucciano di ha 10,30 ; • "Lezzoni" , loc .Caprignana Vecchia in comue di S.Romano G/na di ha 3 ; • "Colletto" , fraz. di Magliano in Comune di Giuncugnano di ha 4; Aree Addestramento cani su lepre • “Poraglio”, loc. Poraglio, fraz Pascoso in comune di Pescaglia di ha 10 ; La superficie totale delle aree per addestramento cani somma ad ha 485,30 con una percentuale nei confronti della SAF pari al 0,31 %, molto al disotto del 2 %, limite massimo consentito dalla L.R. 3/94 all'art. 24 comma 6 . L’Amministrazione Provinciale può inoltre autorizzare gare cinofile di carattere transitorio, anche su selvaggina immessa, in territori destinati a libera caccia, purché il richiedente abbia il consenso dei proprietari dei terreni e le manifestazioni siano svolte nel periodo di divieto di caccia. 12.1 Disciplina per la Costituzione e la Gestione delle Aree Addestramento Cani A seguito dell’analisi degli elementi di criticità emersi dallo Studio di Incidenza e da considerazioni circa la tutela delle specie e degli habitat, per le aree addestramento, allenamento e le gare di cani sono state definite specifiche linee guida per la gestione: Art. 1) - le domande di nuova autorizzazione di area, con o senza abbattimento, di addestramento, allenamento e gare di cani devono essere presentate entro 60 gg dalla pubblicazione del PRAF (di cui all’art. 7 della L.R. 3/94) come previsto dal DPGR 33/R del 2011 art. 48 c.6. Si dovrà tener conto che non saranno consentite nuove aree, con o senza sparo, di addestramento, allenamento e gare di cani all’interno dei Siti della Rete Natura 2000 (comprendenti anche i Siti della Rete Ecologica Regionale – SIR) e che tra aree addestramento, allenamento e gare di cani e tra queste e altri istituti deve intercorrere la distanza di almeno 500 m in conformità a quanto previsto dalla L.R. 3/94 artt. 20 e 21 per le Aziende Faunistico Venatorie e le Aziende Agrituristico-Venatorie. La stessa distanza deve intercorrere anche con le zone interne delle aree protette e dei Siti della Rete Natura 2000 (comprendenti anche i Siti della Rete Ecologica Regionale – SIR). Si dovrà, altresì, tener conto che, su tutto il territorio provinciale, non sarà consentita l'immissione della quaglia all'interno delle aree, anche temporanee, con o senza abbattimento, di addestramento, allenamento e gare di cani. Le aree recintate per addestramento, allenamento e le gare di cani su cinghiale non possono avere un'area comunque inferiore a 5 ha. Art. 2) - E’ vietata l’istituzione di aree, con o senza abbattimento, di addestramento, allenamento e gare di cani negli istituti a divieto di caccia provinciali. Art. 3) - Nell'ambito della strategia nazionale che prevede la progressiva sostituzione del 91 munizionamento di piombo, nelle aree, con abbattimento, di addestramento, di allenamento e gare di cani è ammesso l'utilizzo esclusivo di munizionamento atossico. Art. 4) - Ai sensi della Delibera di C. P. n. 209 del 30/12/2009 che approva le Direttive per la disciplina ambientale e urbanistica dell'Area contigua della Riserva Naturale Provinciale del Lago di Sibolla – SIR-SIC 26, nelle Aree contigue di prioritario, elevato e secondario interesse ambientale non è ammessa l'istituzione di aree addestramento, allenamento e gare di cani anche temporanee. Art. 5) - Le aree temporanee per l’attività di addestramento, allenamento e gare di cani non sono autorizzate all’interno degli Istituti faunistico venatori a divieto di caccia e dei Siti della Rete Natura 2000 (comprendenti anche i Siti della Rete Ecologica Regionale – SIR). Inoltre devono essere localizzate a una distanza di almeno 500 m dagli stessi. Stessa distanza deve essere rispettata anche nei confronti delle aree interne delle aree protette. Art. 6) - Le aree, senza abbattimento di selvaggina, per l’addestramento, allenamento e gare per cani, che ricadono all’interno dei Siti della Rete Natura 2000 (comprendenti anche i Siti della Rete Ecologica Regionale – SIR), già in essere nella scorsa programmazione faunistica dovranno presentare specifico studio di incidenza ai sensi della L.R. 56/2000 nel quale devono essere verificate le interferenze anche potenziali e indirette della attività sulle specie di interesse conservazionistico presenti nel sito Natura 2000. L’autorizzazione è concessa a seguito di valutazione di incidenza favorevole. L’esito della valutazione è vincolante ed eventuali prescrizioni devono confluire nel Regolamento di gestione dell’area addestramento cani (previsto dall’art. 49 del DPGR 33/R/2011). Art. 7) - Dal momento che, ai sensi dell’art. 24 c.3 della L.R. 3/94, le aree, con abbattimento di selvaggina, per l’addestramento, allenamento e gare per cani devono essere costituite in territori di scarso rilievo faunistico, non possono essere autorizzate aree addestramento cani con sparo all’interno dei Siti della Rete Natura 2000 (comprendenti anche i Siti della Rete Ecologica Regionale – SIR); nel caso di AAC già in essere nella scorsa programmazione faunistica, esse potranno continuare l'attività di addestramento, allenamento e gare, solamente se senza abbattimento, a seguito delle procedure di cui all'art. 6. Art. 8) - Nelle aree addestramento, allenamento e per le gare di cani localizzate all’interno e in zone contigue ai Siti della Rete Natura 2000 non è consentito l’addestramento e l’allenamento su fauna selvatica naturale . Art. 9) - All’interno di tutte le aree, con o senza abbattimento, di addestramento, allenamento e gare di cani, gli animali immessi devono provenire preferibilmente da allevamenti provinciali e comunque non distanti oltre i 200 km dal luogo di rilascio. Deve essere sempre garantita la qualità sanitaria e genetica dei capi immessi. Art. 10) - L’immissione dell’anatra germanata è vietata in tutte le aree provinciali di addestramento, allenamento e per le gare di cani . Per quanto riguarda la quaglia, le immissioni sono consentite esclusivamente nelle aree, con sparo, di addestramento, allenamento e gare di cani già esistenti nella precedente programmazione faunistica e poste all’esterno dei Siti della Rete Natura 2000, solamente per la durata del presente Piano Faunistico Venatorio. Qualora tali aree siano nuovamente autorizzate quali aree addestramento, allenamento e per le gare di cani le immissioni di quaglia non saranno più ammesse. Art. 11) - Tutte le aree, con o senza abbattimento, addestramento, allenamento e gare di cani, su fauna selvatica naturale presenti sul territorio provinciale devono osservare un periodo di fermo dal 10/04 al 15/07 per salvaguardare la riproduzione delle specie. Art. 12) - L’attività di addestramento, allenamento e gare di cani , con o senza abbattimento, anche in forma temporanea (gare, allenamenti) non può essere svolta su suoli innevati. 92 Art. 13) -Le aree recintate per l’addestramento, allenamento e gare di cani su cinghiale non possono essere inferiori ai 10 ha, salvo nel caso di addestramento di cuccioli di età non superiore ai 18 mesi per cui possono essere autorizzati recinti di superficie inferiore ai 10 ha così come previsto dall’Art. 50 c. 5 del DPGR 33/R del 2011. Art. 14) - Per le aree addestramento, allenamento e gare di cani su cinghiale, già presenti nella precedente programmazione faunistica, di superficie inferiore a 10 ha la muta di cani non può essere composta da più di 3 cuccioli ed è consentita l’immissione di un numero massimo di 1 cinghiale ogni 2 ha. Art. 15) - Nelle aree recintate per l’addestramento, allenamento e gare di cani su cinghiale i capi immessi devono essere dello stesso sesso, devono provenire da allevamenti nazionali e devono essere provvisti di idonea documentazione sanitaria. Art. 16) - Le aree addestramento, allenamento e gare di cani su lepre non possono essere inferiori a 10 ha e dovranno essere recintate; gli animali presenti in tali recinzioni devono essere dello stesso sesso, devono provenire da allevamenti nazionali e devono essere provvisti di idonea documentazione sanitaria. Art. 17) - Per le aree , senza abbattimento, di addestramento, allenamento e gare di cani di superficie superiore a 25 ha deve essere presentato annualmente un piano di attuazione di miglioramenti ambientali, anche attraverso l'adesione al Bando del competente ATC, che interessi almeno il 2% della superficie totale dell’area. Si rimanda al regolamento di gestione la definizione della tipologia di interventi sulla base dello specifico contesto ambientale. Lo stesso regolamento di gestione dovrà essere valutato e approvato dalla Provincia. 13. AZIENDE FAUNISTICO VENATORIE E AGRITURISTICO VENATORIE L’art. 20 della L.R. 3/1994 prevede che il territorio agro-silvo pastorale di ogni Provincia sia destinato nella percentuale massima del 15% ad ambiti privati (centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale, aziende faunistico-venatorie, aziende agrituristico-venatorie). Le disposizioni di dettaglio inerenti le Aziende faunistico - venatorie e Agrituristico - venatorie sono contenute rispettivamente nell’art. 20 e 21 della L.R. 3/1994 nonchè nel Capo VI del Regolamento approvato con DPGRT 33/R/2011 e nel P.R.A.F. . Nella Provincia di Lucca attualmente sono presenti solo due Aziende faunistico venatorie: l’Azienda Faunistico Venatoria “ Tenuta di Forci” e l’Azienda Faunistico Venatoria “Monte Prunese”. Azienda Faunistico Venatoria “Tenuta di Forci” (Delibera di istituzione Del. G.P. n. 1582 del 23/10/1981 e successivi rinnovi): sita in località Pieve Santo Stefano, in comune di Lucca di 410.20.80 ha di cui ha 240 a bosco, ha 50 a pascolo spesso frammisto ad oliveti, ha 13 coltivati a vite, ha 15 ad olivo, e da ha 4 a 6 riservati a colture a perdere, mentre la restante parte (circa ha 90) è costituita da tare e incolti. La specie di indirizzo dell’Azienda è la specie starna (Perdix perdix). La specie di indirizzo risulta presente all’interno dell’Azienda con una densità di 19,5 capi/100 ha. Altre specie presenti in Azienda sono la lepre presente con una densità di circa 5 capi/100 ha ed il fagiano presente con una densità di circa 40 capi/100 ha. Il fagiano è stato oggetto di interventi di immissione nel corso degli ultimi anni. 93 Con nota ns. prot. n. 70001 del 06/04/2012, l’AFV Tenuta di Forci ha presentato, ai sensi dell'art. 29 co. 7 del DPGR 33/R/2011, richiesta di nuova autorizzazione, confermando la specie starna quale specie di indirizzo. Azienda Faunistico Venatoria “Monte Prunese” (Delibera di istituzione: Del. G.P. n. 62 del 11/02/1999): di ha 3887 sita nel comune di Sillano. L'Azienda comprende al suo interno i seguenti siti: IT 5110001 Monte Sillano, Passo Romecchio; IT 5120002 Monte Castellino, Le Forbici; IT 5120003 Parco Orecchiella, Pania Corfino, Lamarossa; IT 5110005 Monte La Nuda, Monte Tondo. La morfologia del territorio è tipicamente montana, con pendenze elevate e quote prevalentemente superiori ai 1000 metri s.l.m.. L’altitudine massima è di m 1782 s.l.m. e coincide con la cima del Monte Tondo, mentre quella minima di m 596 s.l.m. è situata alla confluenza dei due rami del fiume Serchio. L’orografia del territorio è caratterizzata dall’andamento delle catene che si distaccano dalla dorsale appenninica e danno luogo a numerose valli più o meno ampie, nelle quali la pendenza assume spesso valori elevati, ad eccezione di alcune aree nelle quali prevale l’utilizzazione agricola. L’idrografia è complessivamente abbondante per la presenza all’interno dell’A.F.V. del fiume Serchio e dei suoi affluenti principali, in particolare del Fiume a Corte lungo il quale è realizzato l’invaso di Vicaglia. La maggior parte della superficie dell’azienda è costituita da boschi cedui, a prevalenza di cerro, misto a carpino, ornello e roverella o di castagno. Alle quote superiori invece predomina il faggio generalmente allo stato puro, sia a ceduo che in conversione. Le superfici non boscate sono costituite da pascoli cespugliati o cespugliati veri e propri a seconda del grado di ricolonizzazione degli arbusti; le specie sono quelle tipiche di tutte le ex aree coltivate dell’orizzonte collinare: ginestra odorosa, rosa canina, corniolo, essenze importanti durante il periodo invernale per gli ungulati soprattutto per il capriolo ed il cervo. Le restanti aree sono costituite da seminativi e prati permanenti in cui il grado di ricolonizzazione delle specie arbustive è meno marcato e in certi casi assente: sono le aree in cui si devono realizzare interventi di miglioramento ambientale. La vocazione del territorio, visto l’elevato coefficiente di boscosità e la ricolonizzazione marcata di molte aree un tempo coltivate da parte di arbusti e anche essenze forestali, è rivolta alle specie ungulate. La specie di indirizzo dell’Azienda è il cervo. Sono presenti altre specie quali altri ungulati (capriolo e muflone), lepre e pernice rossa. Il cervo, specie in indirizzo, è presente all’interno dell’Azienda con una densità pari 2,2-2,6 capi/100 ha, il capriolo con una densità di 9,5-10 capi/100ha, il muflone con una densità di 4,6-4,8 capi/100ha. Con nota ns. prot. n. 69590 del 06/04/2012 l’AFV Monte Prunese ha presentato, i sensi dell'art. 29 co. 7 del DPGR 33/R/2011, richiesta di nuova autorizzazione, proponendo come nuova specie di indirizzo la pernice rossa. 94 13.1 Linee guida per la Gestione delle Aziende Faunistico Venatorie Art. 1 – Finalità Le Aziende faunistico - venatorie, pur appartenendo agli istituti faunistico – venatori in cui l’attività venatoria si svolge in forma privata, ai sensi della L.R. 3/1994 art. 20 comma 2, devono mirare a favorire l’insediamento sul territorio, la riproduzione naturale e l’incremento numerico delle popolazioni selvatiche che in questi ambienti trovano habitat adatto. Tali obiettivi vanno perseguiti agendo principalmente sul ripristino e il miglioramento quali – quantitativo dell’ambiente naturale, nonché sul ricorso a forme di prelievo programmato sulla base delle consistenze accertate. Art. 2 – Localizzazione Le Aziende Faunistico Venatorie, dal momento che hanno prevalenti finalità naturalistiche e faunistiche, devono essere costituite in territori di rilevante interesse ambientale e di elevata potenzialità faunistica. Il rilascio dell'autorizzazione alla costituzione è vincolato al parere favorevole di ISPRA, ai sensi dell'art. 16 co. 1 della L.157/92. Art. 3 - Piano di assestamento e prelievo Le Aziende Faunistico Venatorie devono presentare ogni anno il piano di assestamento e prelievo ai sensi di quanto previsto all’art. 31 comma 2 del DPGR n. 33/R/2011. Il Piano deve essere presentato alla Provincia entro il 30 marzo per tutte le specie e per gli ungulati, entro il 30 aprile, tenendo conto delle seguenti indicazioni gestionali: Interventi di miglioramento ambientale Nel piano annuale i miglioramenti ambientali devono essere riportati cartograficamente in scala 1:2.000 e 1:10.000 con indicata la localizzazione degli interventi, specificando in legenda le colture in atto e il periodo di coltivazione e dovrà essere fornito specifico cronoprogramma di attuazione anche su base pluriennale. Qualora i terreni ricadano all'interno dei Siti Natura 2000 (comprendente anche i Siti di Importanza Regionale) gli interventi di miglioramento ambientale devono essere programmati e realizzati in coerenza con quanto riportato nello studio di incidenza del PFV in merito alle "specie" , agli "habitat" , alle "criticità" e alle "misure di conservazione" previste per il Sito stesso. L'azienda è tenuta alla pianificazione degli interventi volti alla conservazione di specie e di habitat nel rispetto degli indirizzi forniti dalla Regione Toscana e da strumenti e programmi comunitari e nazionale; è compito del titolare dell'autorizzazione stesso tenere conto degli aggiornamenti in materia adeguando la propria programmazione. Dovrà essere fornita idonea cartografia riguardante l'uso del suolo attuale dell'Azienda; per quanto riguarda le porzioni ricadenti nei Siti, la cartografia dovrà individuare gli habitat presenti e dovrà essere precisato lo stato di conservazione degli stessi evidenziando eventuali criticità. Stima delle specie stanziali presenti Il piano deve riportare la stima delle specie presenti in azienda, con particolare riferimento a quelle in indirizzo, rilevata secondo le modalità definite al Capitolo “Criteri per il monitoraggio della fauna” del presente Piano. Interventi di immissione - Il ricorso agli interventi di immissione deve essere attuato solo nel caso in cui sia necessario 95 fronteggiare situazioni faunistiche a tal punto degradate da rendere problematica la naturale ricostituzione di popolazioni gravemente compromesse. Pertanto questo tipo di interventi devono essere effettuati in maniera mirata e limitatamente al periodo di tempo necessario alla ricostituzione di nuclei stabili di riproduttori. - Le specie che possono essere immesse sono: fagiano, pernice rossa, starna e lepre. - Nel piano annuale deve essere riportata la vocazionalità dell’area per la specie da immettere (cartografia dell’uso del suolo in scala 1:10000) e le zone di immissioni devono essere riportate cartograficamente con l’indicazione del punto di posizionamento delle strutture di ambientamento (cartografia in scala 1:2.000 e 1:10.000). - Le immissioni di galliformi devono avvenire esclusivamente mediante l’utilizzo di recinti di ambientamento a cielo aperto. All’interno di tali recinti possono essere realizzate piccole voliere chiuse da utilizzare nella prima settimana di ambientamento, al termine della quale gli animali dovranno essere liberati. - Gli interventi di immissione dovranno essere dilazionati nel tempo a partire dal 15 maggio fino al 31 luglio, in modo tale che tra i singoli interventi intercorrano almeno 15 giorni di tempo; - Nella scelta degli allevamenti dove reperire la selvaggina si dovrà tenere conto di quanto stabilito dalle “Direttive per le immissioni di fauna selvatica” contenute nel presente Piano. - Le operazioni di immissione dovranno avvenire entro il 31 luglio, comprese quelle effettuate mediante l’utilizzo di strutture di ambientamento. - L’obbligo di immissione di fagiani non sussiste per le AFV che al termine della stagione presentino una densità di 40 capi/100 ha o che decidano di non immettere animali di allevamento per preservare le popolazioni naturali. - Gli interventi di ripopolamento devono essere preceduti da attenti controlli veterinari, come previsto dalle leggi vigenti, sotto il diretto controllo dell’Azienda Unità Sanitaria Locale. - Le modalità di gestione delle specie oggetto di caccia e gli interventi di reintroduzione e/o ripopolamento dovranno comunque essere concordati con la Provincia. – Per quanto non previsto ai punti precedenti si dovrà riferimento alle “Direttive per le immissioni di fauna selvatica” contenute nel presente piano. Esercizio attività venatoria - I piani di prelievo delle singole specie devono essere programmati sulla base delle consistenze accertate, limitati ad un ristretto numero di specie cacciabili presenti con buone densità e fatte oggetto di adeguati interventi gestionali. - Il piano annuale di prelievo non deve in alcun modo compromettere le presenze faunistiche dell’azienda ed in particolare deve salvaguardare la presenza minima di riproduttori delle specie in indirizzo al termine della stagione venatoria. - La quantità dei prelievi non deve comunque essere superiore al 50 per cento dei capi immessi o presenti nel caso previsto all’articolo 33 c.2 del DPGR n. 33/R/2011. – Il piano annuale di assestamento e prelievo deve prevedere il raggiungimento di precisi obiettivi di densità, al termine della stagione venatoria: 96 DENSITA’ AL TERMINE DELLA STAGIONE VENATORIA FAGIANO 40 capi/100 ha STARNA, PERNICE ROSSA, COTURNICE 20 capi/100 ha Densità compatibili con le densità presenti nelle ZRC aventi simili LEPRE caratteristiche ambientali e comunque non inferiori a 7 capi/100 ha - Nel caso di aziende non autorizzate nel precedente periodo di programmazione gli obiettivi di densità devono essere raggiunti al termine del terzo anno, così come previsto dal PRAF. - Per le AFV che dopo il terzo anno dall’autorizzazione non evidenzino una densità della specie in indirizzo, così come stabilito al punto precedente, si prevede un periodo di sospensione dell’attività venatoria di 15 giorni. Se tale situazione si dovesse verificare anche l’anno successivo tale periodo di sospensione verrà applicato per due mesi. Se le densità della specie di indirizzo non dovessero essere nei parametri anche l'anno successivo si procederà alla revoca definitiva. - La caccia di selezione può essere esercitata sulla base di piani predisposti dal titolare dell’autorizzazione previo parere favorevole dell’ISPRA, nel rispetto della normativa vigente - La gestione degli ungulati dovrà essere realizzata in modo conforme e coerente rispetto al territorio circostante, attenendosi alle norme previste nei Regolamenti per la caccia di selezione che, al loro interno, dovranno contenere prescrizioni specifiche per le Aziende. Le tecniche di censimento da utilizzare sono definite al Capitolo “Criteri per il monitoraggio della fauna” del presente Piano. - Ad abbattimento effettuato il cacciatore, prima di rimuovere l’animale dal luogo dell’abbattimento, deve immediatamente apporre su di esso l’apposito contrassegno numerato fornito dall’Azienda. I contrassegni devono riportare il nominativo dell’Azienda, la stagione venatoria ed il numero progressivo. Gli stessi dati sono riportati, con i tempi previsti dal regolamento regionale, nei registri tenuti dall’Azienda. - Entro tre anni dall’approvazione del presente Piano, nell'esercizio della caccia agli ungulati si dovrà provvedere alla definitiva sostituzione del munizionamento di piombo con munizionamento atossico. - Per l'allenamento, addestramento e gare cinofile vale la Disciplina per la costituzione e per la gestione delle aree addestramento cani contenuta nel presente Piano Faunistico Venatorio. Vigilanza interna all’Azienda Il piano annuale deve indicare i nominativi del personale di vigilanza a disposizione dell’Azienda. Art.3 - Nuove autorizzazioni Nuove autorizzazioni di Aziende Faunistico Venatorie che ricadano, anche parzialmente, all'interno o nell'intorno di Siti Natura 2000 (comprendente anche i Siti di Importanza Regionale) vengono rilasciate a seguito di Valutazione di Incidenza. 97 13.2 Linee guida per la Gestione delle Aziende Agrituristico Venatorie Art. 1 - Finalità Le Aziende agrituristico – venatorie (AAV), ai sensi dell’art. 21 c. 2 della L.R. 3/1994, sono finalizzate al recupero e alla valorizzazione delle aree agricole, in particolare di quelle montane e svantaggiate, attraverso l’organizzazione dell’attività venatoria. Art. 2 – Localizzazione Devono essere situate nei territori di scarso valore faunistico e coincidere preferibilmente con il territorio di una o più aziende agricole ricadenti in aree di agricoltura svantaggiata ovvero dichiarate marginali ai sensi di provvedimenti comunitari (L. 157/1992, art. 16, comma 2). Viste le caratteristiche di gestione previste dalla legge, su indicazioni fornite dall’ISPRA, le Aziende Agrituristico Venatorie devono insistere su territori di limitata estensione (alcune centinaia di ettari) e di scarso valore ambientale e faunistico. Non può essere autorizzata la costituzione di Aziende Agrituristico Venatorie che ricadano, anche parzialmente, in Siti Natura 2000 (comprendente anche i Siti di Importanza Regionale) e comunque deve essere rispettata una distanza dagli stessi Siti pari ad almeno 500 metri. Art. 3 - Costituzione Il rilascio dell’autorizzazione è vincolato al parere favorevole dell'ISPRA, ai sensi dell' Art. 16 co. 1 della L. 157/92, e subordinato alla presentazione dei documenti di cui all'art. 39 del DPGR 33/R/2011 tra cui la proposta di programma di ripristino ambientale, dove sono specificati gli obiettivi gestionali e gli interventi di recupero e valorizzazione ambientale (tipologia, estensione, % su area dei miglioramenti ambientali) e di un Piano economico e di gestione. Nel programma di ripristino ambientale gli interventi di miglioramento ambientale devono essere riportati cartograficamente in scala 1:2000 e 1:10.000 con indicata la localizzazione e la tipologia degli interventi Art. 4 – Piano economico di gestione Le AAV devono presentare alla Provincia un piano economico e di gestione di cui all’articolo 21 comma 10 della L.R. 3/1994 che deve contenere l’indicazione delle immissioni da effettuare, i prelievi, le operazioni di miglioramento ambientale nonché il consuntivo dell’attività svolta nella precedente stagione venatoria. Il piano deve essere presentato, ai sensi dell'art. 41, co. 1 del DPGR 33/R/2011, entro il 30 aprile di ogni anno tenendo conto delle seguenti indicazioni gestionali: Interventi di miglioramento ambientale Nel piano annuale i miglioramenti ambientali devono essere riportati cartograficamente in scala 1:2000 e 1:10.000 con indicata la localizzazione degli interventi, specificando in legenda le colture in atto e il periodo di coltivazione. Interventi di immissione - Le uniche specie che potranno essere oggetto di immissione all’interno delle aziende agrituristicovenatorie sono: fagiano, starna, pernice rossa, lepre. - E’ vietata l’immissione di quaglie e germani reali. - Nella scelta degli allevamenti dove reperire la selvaggina si dovrà tenere conto di quanto stabilito dalle “Direttive per le immissioni di fauna selvatica” contenute nel presente Piano. 98 - L’attività venatoria dovrebbe comunque essere indirizzata prevalentemente sul fagiano avendo cura di evitare che le immissioni continue di soggetti di allevamento possano causare concentrazioni di predatori dannose anche ad altre specie di maggiore interesse naturalistico e cinegetico. Esercizio della caccia - L’attività venatoria è consentita esclusivamente su selvaggina proveniente da allevamento, ad eccezione della caccia agli ungulati; - La caccia alla selvaggina migratoria è vietata; - La caccia di selezione può essere esercitata sulla base di piani predisposti dal titolare dell’autorizzazione previo parere favorevole dell’ISPRA, nel rispetto della normativa vigente. Le tecniche di censimento da utilizzare sono definite al Capitolo “Criteri per il monitoraggio della fauna” del presente Piano. -- La gestione degli ungulati dovrà essere realizzata in modo conforme e coerente rispetto al territorio circostante, attenendosi alle norme previste nei Regolamenti per la caccia di selezione che, al loro interno, dovranno contenere prescrizioni specifiche per le Aziende. Ad abbattimento effettuato il cacciatore, prima di rimuovere l’animale dal luogo dell’abbattimento, deve immediatamente apporre su di esso l’apposito contrassegno numerato fornito dall’Azienda. I contrassegni devono riportare il nominativo dell’Azienda, la stagione venatoria ed il numero progressivo. Gli stessi dati sono riportati, con i tempi previsti dal regolamento regionale, nei registri tenuti dall’Azienda. Entro tre anni dall’approvazione del presente Piano, nell'esercizio della caccia agli ungulati si dovrà provvedere alla definitiva sostituzione del munizionamento di piombo con munizionamento atossico. - Per l'allenamento, addestramento e gare cinofile vale la Disciplina prevista per la costituzione e per la gestione delle aree addestramento cani contenuta nel presente Piano Faunistico Venatorio. Vigilanza interna all’Azienda Il piano annuale deve indicare i nominativi del personale di vigilanza a disposizione dell’Azienda. 13.3 Richieste di nuova Autorizzazione Nei termini di legge sono pervenute alla Provincia le seguenti richieste di nuova autorizzazione: - Azienda Faunistico Venatoria “Monte Prunese” in comune di Sillano (richiesta ns. prot. n. 69590 del 06/04/2012); - Azienda Faunistico Venatorio “Tenuta di Forci”, Loc. Pieve Santo Stefano (richiesta ns. prot. 70001 del 06/04/2012); - Azienda Agrituristico-Venatora denominata “Badia” in comune di Altopascio (richiesta ns. prot. n. 70749 del 10/04/2012) - Azienda Agrituristico Venatoria denominata "Caval Bianco" in Comune di Sillano (richiesta ns. prot. n. 69621 del 06/04/2012). Il rilascio dell’autorizzazione potrà verificarsi solo al termine di una specifica istruttoria che valuti la corrispondenza delle suddette istanze ai parametri di Legge e, nel caso di Aziende non autorizzate nella precedente programmazione faunistica, dopo aver sentito l’ISPRA, ai sensi di quanto stabilito dall’art. 16 della L. 157/1992. 99 14. IMMISSIONI FAUNISTICHE La fauna italiana, nella sua attuale configurazione, soprattutto per quanto concerne gli Uccelli e i Mammiferi, è in parte il risultato di trasformazioni storiche e recenti di origine antropica e di azioni indirette quali i mutamenti ambientali o dirette quali le consistenti operazioni di immissione. Con questo termine generico, riferito a tutte le operazioni di trasferimento di un’entità faunistica da una determinata area per il successivo rilascio in libertà in un’altra, vengono indicati tre interventi “introduzioni”, “reintroduzioni” e “ripopolamenti”, con motivazioni, tecniche ed etica tra loro nettamente distinti e con un significato biologico ben definito. Le “introduzioni” debbono essere intese come immissione di specie o razze geografiche estranee alla fauna originaria di una determinata regione. Per molteplici motivi di ordine biologico le introduzioni sono da evitarsi come anche ribadito dalla legge. Particolare attenzione andrà posta anche all’introduzione di specie autoctone per il Paese ma non per determinate regioni (ad esempio il Muflone e la Pernice rossa). Decisamente da evitare è anche l’ulteriore espansione artificiale delle specie esotiche gia naturalizzate in alcune parti del Paese, come il Colino della Virginia e il Silvilago. Le “reintroduzioni” debbono essere intese invece come immissioni di animali in un’area ove la specie di appartenenza era da considerarsi autoctona sino alla scomparsa causata quasi sempre dall’azione dell’uomo. Si tratta di operazioni che rivestono un ruolo positivo nel perseguimento di una strategia di ripristino di zoocenosi il più possibile complete sul territorio nazionale e costituiscono un importante obbiettivo dell’attività faunistica della Provincia e degli ATC. Si tratta di operazioni delicate che debbono essere attuate previa un opportuna conoscenza dell’habitat e della specie oggetto dell’intervento come pure delle cause che hanno portato alla sua estinzione. I “ripopolamenti” debbono essere intesi come immissioni di animali in zone ove la loro specie è già presente con popolazione di cui si vuole incrementare la consistenza. In linea teorica sono operazioni da effettuarsi solamente quando eventi occasionali hanno agito su una popolazione riducendone gli effettivi a tal punto da metterne a serio rischio la vitalità e la capacità di ripresa e non devono essere effettuati quando la o le cause che hanno portato alla riduzione della popolazione sono ancora operanti. In Italia, al contrario, questi risultano la pratica gestionale più diffusa, venendo effettuati in modo ricorrente ogni anno o più volte in un anno, non per ricostituire effettivamente delle popolazioni naturali di animali selvatici, ma per poter permettere un prelievo venatorio che altrimenti non sarebbe giustificabile. In tal senso i ripopolamenti rappresentano la pratica contraria alle più elementari norme di gestione della fauna e per di più possono avere come conseguenza: - gravi squilibri trofici nelle zoocenosi. E’ il caso dell’incremento locale di popolazioni di carnivori poco specializzati, quali la volpe, seguito da massicce e ricorrenti immissioni di fasianidi da allevamento, scarsamente adattati alla vita selvatica, facilmente predabili. - diffusione di malattie infettive e parassitarie quali ad esempio la tularemia in lepri e elmintiasi gastrointestinali in galliformi. - incremento dei danni alle fitocenosi naturali o artificiali, come quelli causati alle coltivazioni dai cinghiali “ripopolati” illegalmente a scopo venatorio. Negli ultimi decenni la pratica dell’importazione di selvaggina stanziale, in particolare lepre,starna e fagiano, ma anche cinghiale e germano reale, appartenenti a razze geografiche estranee al territorio nazionale, ha caratterizzato la gestione venatoria del nostro Paese. La liberazione di massicci 100 quantitativi di animali appartenenti a sottospecie alloctone ha determinato un vero e proprio inquinamento genetico delle popolazioni locali le cui caratteristiche differenziali sono andate perdute. 14.1 Analisi delle Immissioni Nelle tabelle sottostanti sono riportati i ripopolamenti effettuati negli anni 2007-2012 dai due Ambiti Territoriali di Caccia: anno 800 48 500 54 tipo Prov atc atc LU11 atc LU11 atc LU11 atc LU11 lepre 60 atc lepre 28 starna 1180 specie fagiano lepre fagiano 2008 lepre 2007 2009 n° animali ente LU11 prov LU11 atc LU11 Tipo territorio età periodo metodo provenienza Terr. Caccia Program. Terr. Caccia Program. Terr. Caccia Program. Terr. Caccia Program. Terr. Caccia Program. 70-110 giovani 110-180 giovani mag-ago mag-ago mag-ago mag-ago diretta diretta diretta diretta allevam. toscano ZRC giovani Terr. Caccia Program. 70-110 adulti allevam. toscano allevam. toscano allevam. toscano diretta con punti di allevam. toscano alimentazione diretta con punti di allevam. toscano gen-apr alimentazione diretta con punti di mag-ago alimentazione allevam. toscano gen-apr alimentazione 2010 fagiano 300 atc LU11 Terr. Caccia Program. adulti gen-apr fagiano 2000 atc LU11 Terr. Caccia Program. 70-110 mag-ago lepre 12 atc LU11 Terr. Caccia Program. adulti gen-apr lepre 54 atc LU11 Terr. Caccia Program. adulti gen-apr lepre 6 atc LU11 Terr. Caccia Program. adulti gen-apr pernice 400 atc LU11 Terr. Caccia Program. 70-110 mag-ago starna 600 atc LU11 Terr. Caccia Program. 70-110 mag-ago 300 atc LU11 Terr. Caccia Program. adulti gen-apr 2700 atc LU11 Terr. Caccia Program. 70-110 mag-ago 200 atc LU11 Terr. Caccia Program. adulti gen-apr 50 atc LU11 adulti mag-ago 2011 fagiano lepre Terr. Caccia Program. 101 diretta con punti di alimentazione diretta con punti di alimentazione diretta con punti di alimentazione diretta con punti di alimentazione diretta con punti di alimentazione diretta con punti di alimentazione diretta con punti di alimentazione diretta con punti di alimentazione diretta con punti di alimentazione diretta con punti di alimentazione diretta con punti di allevam. toscano allevam. toscano allevam. toscano cattura in afv allevam. toscano allevam. toscano allevam. altre regioni allevam. altre regioni allevam. altre regioni allevam. toscano anno 800 48 500 54 tipo Prov atc atc LU11 atc LU11 atc LU11 atc LU11 lepre 60 atc lepre 28 starna 1180 specie fagiano lepre fagiano 2008 lepre 2007 2009 n° animali ente LU11 prov LU11 atc LU11 Tipo territorio età periodo metodo provenienza Terr. Caccia Program. Terr. Caccia Program. Terr. Caccia Program. Terr. Caccia Program. Terr. Caccia Program. 70-110 giovani 110-180 giovani mag-ago mag-ago mag-ago mag-ago diretta diretta diretta diretta allevam. toscano ZRC giovani Terr. Caccia Program. 70-110 adulti allevam. toscano allevam. toscano allevam. toscano diretta con punti di allevam. toscano gen-apr alimentazione diretta con punti di allevam. toscano gen-apr alimentazione diretta con punti di mag-ago alimentazione allevam. toscano alimentazione 2010 2012 fagiano 300 atc LU11 Terr. Caccia Program. adulti gen-apr fagiano 2000 atc LU11 Terr. Caccia Program. 70-110 mag-ago lepre 12 atc LU11 Terr. Caccia Program. adulti gen-apr lepre 54 atc LU11 Terr. Caccia Program. adulti gen-apr lepre 6 atc LU11 Terr. Caccia Program. adulti gen-apr pernice 400 atc LU11 Terr. Caccia Program. 70-110 mag-ago starna 600 atc LU11 Terr. Caccia Program. 70-110 mag-ago pernice 895 atc LU11 Terr. Caccia Program. 70-110 mag-ago starna 496 atc LU11 Terr. Caccia Program. 70-110 mag-ago fagiano 1000 atc LU11 Terr. Caccia Program. adulti gen-apr fagiano 2780 atc LU11 Terr. Caccia Program. 70-110 mag-ago lepre 120 atc LU11 Terr. Caccia Program. adulti dicem pernice 800 atc LU11 Terr. Caccia Program. 70-110 mag-ago starna 600 atc LU11 Terr. Caccia Program. 70-110 mag-ago 102 diretta con punti di alimentazione diretta con punti di alimentazione diretta con punti di alimentazione diretta con punti di alimentazione diretta con punti di alimentazione diretta con punti di alimentazione diretta con punti di alimentazione alimentazione diretta con punti di alimentazione diretta con punti di alimentazione diretta con punti di alimentazione diretta con punti di alimentazione diretta con punti di alimentazione diretta con punti di alimentazione diretta con punti di alimentazione allevam. toscano allevam. toscano allevam. toscano cattura in afv allevam. toscano allevam. toscano allevam. toscano allevam. Toscano allevam. altre regioni allevam. altre regioni allevam. altre regioni allevam. toscano allevam. toscano anno specie n° tipo Prov atc animali ente Tipo territorio età periodo mag-ago prov LU12 zone di protezione 70-110 40 prov LU12 zone di protezione adulti 7207 atc LU12 Terr. Caccia Program. 70-110 atc LU12 Terr. Caccia Program. 70-110 mag-ago 2648 atc LU12 Terr. Caccia Program. adulti gen-apr 156 atc LU12 Terr. Caccia Program. adulti gen-apr 84 atc LU12 Terr. Caccia Program. adulti gen-apr 50 atc LU12 Terr. Caccia Program. giovani mag-ago 42 atc LU12 Terr. Caccia Program. giovani mag-ago 209 atc LU12 Terr. Caccia Program. 45 atc LU12 Terr. Caccia Program. adulti gen-apr 680 atc LU12 Terr. Caccia Program. 70-110 mag-ago 20 atc LU12 Terr. Caccia Program. 70-110 mag-ago 2595 atc LU12 Terr. Caccia Program. 70-110 mag-ago 55 atc LU12 Terr. Caccia Program. 70-110 mag-ago 2424 atc LU12 Terr. Caccia Program. adulti gen-apr fagiano 5832 atc LU12 Terr. Caccia Program. 110-180 mag-ago 20 atc LU12 Terr. Caccia Program. adulti gen-apr 84 atc LU12 Terr. Caccia Program. adulti gen-apr 100 atc LU12 Terr. Caccia Program. giovani mag-ago 24 atc LU12 adulti gen-apr 20 atc giovani mag-ago 2007 lepre pernice starna 2008 lepre adulti Terr. Caccia Program. LU12 Terr. Caccia Program. 103 provenienza diretta con punti di allevam. toscano alimentazione diretta con punti allevam. toscano gen-apr di alimentazione diretta con punti di allevam. toscano mag-ago alimentazione 60 fagiano 131 metodo gen-apr recinto a cielo aperto allevam. toscano diretta con punti allevamento di di altre regioni alimentazione italiane allevamento di voliere mobili altre regioni italiane allevamento di recinto a cielo altre regioni aperto italiane allevamento diretta toscano allevamento di altre regioni diretta italiane allevamento di altre regioni diretta italiane allevamento di altre regioni recinto italiane diretta con punti di allevam. toscano alimentazione recinto a cielo allevam. toscano aperto diretta con punti di allevam. toscano alimentazione recinto a cielo allevam. toscano aperto diretta con punti di allevam. toscano alimentazione diretta con punti di allevam. toscano alimentazione recinto a cielo allevam. toscano aperto diretta con punti di allevam. toscano alimentazione diretta con punti di allevam. toscano alimentazione recinto a cielo allevam. toscano aperto recinto a cielo allevam. toscano aperto anno specie n° tipo Prov atc animali ente 660 atc LU12 pernice Tipo territorio atc LU12 Terr. Caccia Program. 2500 atc LU12 Terr. Caccia Program. 1536 atc LU12 Terr. Caccia Program. 7075 atc LU12 Terr. Caccia Program. fagiano 12 atc LU12 20 atc 17 atc 50 atc 100 atc LU12 168 atc 32 starna 2009 lepre periodo metodo provenienza diretta con punti Terr. Caccia Program. 40 età 110-180 mag-ago di alimentazione recinto a cielo 110-180 mag-ago aperto diretta con punti 110-180 mag-ago di alimentazione diretta con punti adulti gen-apr di alimentazione diretta senza 70-110 mag-ago punti di alimentazione Terr. Caccia Program. Terr. Caccia LU12 Program. Terr. Caccia LU12 Program. Terr. Caccia LU12 Program. allevam. toscano allevam. toscano allevam. toscano allevam. toscano allevam. toscano adulti gen-apr 70-110 mag-ago voliere mobili adulti gen-apr 70-110 mag-ago Terr. Caccia Program. adulti gen-apr LU12 Terr. Caccia Program. giovani mag-ago atc LU12 Terr. Caccia Program. giovani mag-ago 800 atc LU12 Terr. Caccia Program. 70-110 mag-ago 80 atc LU12 Terr. Caccia Program. 70-110 mag-ago 2250 atc LU12 Terr. Caccia Program. 70-110 mag-ago 400 atc LU12 Terr. Caccia Program. 70-110 mag-ago 2128 atc LU12 Terr. Caccia Program. adulti gen-apr 7380 atc LU12 Terr. Caccia Program. 70-110 mag-ago atc LU12 adulti gen-apr 70-110 mag-ago adulti gen-apr voliere allevam. toscano 70-110 mag-ago voliere allevam. toscano adulti gen-apr pernice starna 2010 fagiano 8 Terr. Caccia Program. Terr. Caccia LU12 Program. Terr. Caccia LU12 Program. Terr. Caccia LU12 Program. 20 atc 32 atc 100 atc 100 atc LU12 81 atc LU12 Terr. Caccia lepre Terr. Caccia Program. giovani Program. 104 voliere mobili recinto a cielo aperto recinto a cielo aperto diretta con punti di alimentazione diretta con punti di alimentazione recinto a cielo aperto diretta con punti di alimentazione recinto a cielo aperto diretta con punti di alimentazione recinto a cielo aperto diretta con punti di alimentazione diretta con punti di alimentazione recinto a cielo aperto recinto a cielo aperto allevam. toscano allevamento toscano allevam. toscano allevam. toscano allevam. toscano allevam. toscano allevam. toscano allevam. toscano allevam. toscano allevam. toscano allevam. toscano allevam. toscano allevam. toscano allevam. toscano allevam. toscano diretta con punti di allevam. toscano alimentazione mag-ago diretta con punti allevam. toscano di anno specie n° tipo Prov atc animali ente Tipo territorio 6 atc Terr. Caccia LU12 Program. 1280 atc LU12 pernice 20 atc LU12 20 atc 1350 atc starna Terr. Caccia Program. 70-110 70-110 atc 60 atc 40 atc 104 atc 1984 atc LU12 72 atc LU12 300 atc 7500 atc alimentazione recinto a cielo allevam. toscano mag-ago aperto diretta con punti allevam. toscano mag-ago di alimentazione recinto a cielo allevam. toscano mag-ago aperto mag-ago voliere 70-110 mag-ago di alimentazione recinto a cielo mag-ago aperto allevam. toscano allevam. toscano allevam. Toscano adulti gen-apr Recinto a cielo aperto allevam. toscano adulti gen-apr Voliere mobili allevam. toscano adulti gen-apr diretta con punti di allevam. toscano alimentazione adulti gen-apr Voliere mobili giovani mag-ago Terr. Caccia Program. giovani mag-ago di Terr. Caccia Program. voliere allevam. toscano allevam. toscano diretta con punti allevam. toscano alimentazione atc LU12 Zona di rispetto venatorio giovani mag-ago voliere 62 atc LU12 Terr. Caccia Program. adulti gen-apr 30 atc LU12 Terr. Caccia Program. giovani pernice 2700 atc LU12 Terr. Caccia Program. adulti starna 600 atc LU12 Terr. Caccia Program. adulti 744 atc LU12 890 atc 310 atc 850 atc 5330 atc LU12 1456 atc LU12 Terr. Caccia 2012 fagiano allevam. toscano mag-ago voliere 400 lepre provenienza 70-110 Terr. Caccia Program. Zona di rispetto LU12 venatorio 2011 metodo 70-110 70-110 LU12 LU12 periodo diretta con punti Terr. Caccia Program. Terr. Caccia Program. Terr. Caccia LU12 Program. Terr. Caccia LU12 Program. Terr. Caccia LU12 Program. 20 fagiano giovani Terr. Caccia Program. Terr. Caccia LU12 Program. LU12 età Terr. Caccia Program. Terr. Caccia LU12 Program. Zona rispetto LU12 venatorio Terr. Caccia LU12 Program. Terr. Caccia Program. Program. 105 diretta con punti di alimentazione diretta con punti mag-ago di alimentazione diretta con punti mag-ago di alimentazione diretta con punti mag-ago di alimentazione allevam. toscano allevam. toscano allevam. toscano allevam. toscano allevam. toscano adulti gen-apr Voliere mobili allevam. toscano 70-110 giugno Voliere mobili allevam. toscano 70-110 giugno Recinto a cielo aperto allevam. toscano 70-110 luglio voliere allevam. toscano 70-110 luglio adulti gen-apr diretta con punti di allevam. toscano alimentazione diretta con punti allevam. toscano di alimentazione anno specie n° tipo Prov atc animali ente Tipo territorio età periodo metodo provenienza 240 atc LU12 Zona rispetto venatorio adulti dicem 80 atc LU12 Terr. Caccia Program. adulti gen-apr 27 atc LU12 Terr. Caccia Program. 70-110 luglio 120 atc LU12 70-110 giugno 260 atc 70-110 giugno Voliere mobili allevam. toscano 180 atc 70-110 luglio Voliere mobili allevam. toscano 2320 atc LU12 70-110 luglio 90 atc LU12 70-110 giugno 270 atc 70-110 giugno Voliere mobili allevam. toscano 40 atc 70-110 luglio Voliere mobili allevam. toscano 460 atc 70-110 luglio diretta con punti di allevam. toscano alimentazione lepre pernice starna Zona rispetto venatorio Terr. Caccia LU12 Program. Terr. Caccia LU12 Program. Terr. Caccia Program. Zona rispetto venatorio Terr. Caccia LU12 Program. Terr. Caccia LU12 Program. LU12 Terr. Caccia Program. Recinto a cielo aperto diretta con punti di alimentazione diretta con punti di alimentazione Recinto a cielo aperto allevam. toscano Allevam. Altre regioni allevam. toscano allevam. toscano diretta con punti di allevam. toscano alimentazione Recinto a cielo allevam. toscano aperto 14.2 Valutazioni Dalle tabelle sopra riportate si evince come in tutto il territorio della Provincia di Lucca vengano effettuati ripopolamenti ricorrenti delle principali specie di selvaggina: fagiano, starna, pernice rossa e lepre. L’impiego di animali “pronta-caccia”, soprattutto dei galliformi, è una pratica in calo, ma ancora diffusa negli ATC Provinciali. I fagiani, pernici rosse e starne vengono principalmente immessi poco prima dell’apertura e, a parte per alcuni quantitativi, senza adottare tecniche di rilascio che consentano una riduzione della mortalità degli animali immessi. A conclusione dell’analisi giova ricordare che, dal punto di vista gestionale e tecnico, i ripopolamenti, così come vengono effettuati, presentano una serie di svantaggi e di effetti negativi importanti: - In primo luogo impediscono il formarsi di una corretta mentalità gestionale nei cacciatori che li porta a credere che si possano non porre limiti al prelievo, poiché si pensa che anche portando una popolazione ai limiti dell’estinzione, si possa sempre rinnovarla ripopolando. - I ripopolamenti ricorrenti richiedono un grande investimento di denaro, che potrebbe essere indirizzato altrimenti, ad esempio nella sorveglianza del territorio e in miglioramenti ambientali. - L’immissione di molti individui crea concentrazioni momentanee che possono danneggiare l’ambiente, richiamare predatori che possono incidere sulle popolazioni naturali e causare esplosioni di epidemie trasmissibili anche agli animali selvatici presenti sul territorio. Ripopolamenti effettuati 106 regolarmente e in modo massiccio in primavera ed estate forniscono di fatto un supplemento di alimentazione e facili prede ai predatori proprio nel momento della riproduzione con conseguente maggiore impatto predatorio su tutte le specie-preda. – Infine i ripopolamenti in genere, tranne situazioni particolarissime, hanno un successo limitato e pochi sono gli individui che rimangono sul territorio di immissione per lungo tempo. Questo fatto è dovuto principalmente alla scarsa adattabilità degli animali utilizzati, se questi sono di allevamento hanno una scarsa attitudine alla vita allo stato selvatico, se sono individui selvatici tendono a disperdersi e vengono decimati da vari fattori di mortalità. 14.3 Direttive per le Immissioni di Fauna Selvatica Le presenti direttive si applicano a tutte le immissioni da effettuarsi sul territorio agro-silvo-pastorale della Provincia di Lucca, con l’esclusione delle aree addestramento ed allenamento cani. Art. 1 - Specie oggetto di immissione E’ vietata l’introduzione e, comunque, l’immissione, anche a scopo venatorio, di specie estranee all’avifauna e alla mammalofauna italiana, nonché la transfaunazione, ovvero l’introduzione di entità che pur facendo parte dell’elenco faunistico nazionale, non comprendono la presente zona entro i limiti del loro areale specifico. Le specie ammissibili per ripopolamenti sono: fagiano, lepre europea, starna, pernice rossa e coturnice. Gli animali, allevati secondo quanto previsto nei disciplinari di qualità riconosciuti e approvati dalla Commissione consultiva regionale di cui all’articolo 10 bis della L.R. 3/1994, dovranno essere reperiti in ordine di priorità presso: · ZRC Toscane o comunque ZRC di regioni limitrofe che non distino più di 200 Km dal luogo di rilascio. · Allevamenti o consorzi certificati a livello regionale come produttori di qualità. · Allevamenti situati in Provincia di Lucca. Qualora non sia possibile reperire il quantitativo necessario a soddisfare il fabbisogno, sarà possibile reperire il quantitativo mancante presso allevamenti di province limitrofe con distanza inferiore a 200 Km dal luogo di rilascio. Gli animali, che comunque non dovranno provenire dall’estero, dovranno essere obbligatoriamente accompagnati da documenti comprovanti la Zona di Cattura o, se provenienti da allevamenti, da documentazione comprovante la provenienza fin dalla nascita (Filiera di produzione). Gli interventi di ripopolamento devono essere preceduti da attenti controlli veterinari, come previsto dalle leggi vigenti, sotto il diretto controllo dell’Azienda Unità Sanitaria Locale, allo scopo di prevenire la possibilità di epidemie. Art. 2 - Tempi di immissione Le operazioni di immissione dovranno rispettare la seguente tempistica: fasianidi : febbraio – marzo per i riproduttori 15 maggio - 31 luglio per i giovani 107 lepre: gennaio – febbraio per gli adulti. 1 giugno – 31 luglio per giovani 60/90 gg preventivamente ambientati per 2-3 settimane in strutture di pre-ambientamento. Sono espressamente vietate le immissioni su terreni innevati. Sono vietate immissioni in data successiva al 31 luglio su tutto il territorio Provinciale a caccia programmata, comprese le strutture di ambientamento, le ZRC, le Aziende Faunistico Venatorie, e le ZRV di dimensioni inferiori a 150 ha . Gli interventi di immissione degli individui giovani di fasianidi dovranno essere dilazionati nel tempo, a partire dal 15 maggio fino al 31 luglio, in modo tale che tra i singoli interventi intercorrano almeno 15 giorni di tempo. Gli interventi di immissione dovranno essere almeno tre nell’arco di tempo sopra menzionato. Questo per utilizzare al meglio le strutture di ambientamento della selvaggina ed evitare, al momento del rilascio, picchi di densità con conseguenti problematiche legate alla disponibilità di risorse trofiche e di idonei siti di rifugio sul territorio, a fenomeni di interferenza con il delicato equilibrio preda- predatore, alla rapida dispersione dei soggetti con un aumento della vulnerabilità degli stessi (si pensi agli elementi di frammentazione come vie di comunicazione o nuclei abitati) . Art. 3 - Modalità di immissione Per i ripopolamenti dovranno essere privilegiate le strutture di ambientamento, costruite nei pressi delle aree di immissione, che, per caratteristiche e posizione, dovranno essere preventivamente autorizzate dall’Ufficio Risorse Faunistiche della Provincia di Lucca e comunque dovranno rispettare le tipologie costruttive previste dall’ARSIA. Dovranno essere privilegiati interventi di ripopolamento là dove siano stati e vengano effettuati interventi di miglioramento ambientale, al fine di migliorare le condizioni ambientali per la specie, in particolar modo all’interno di ZRV e ZRC. Tutti i fasianidi che verranno immessi nelle ZRC e ZRV dovranno essere provvisti di anello colorato riportante l’anno di rilascio. Per quanto riguarda quelli rilasciati sul restante territorio a caccia programmata dovrà essere inanellato (anello non colorato ma riportante l’anno di rilascio) un campione almeno pari al 40 % del quantitativo totale di animali da immettere. Art. 4 - Obiettivi Nel corso della durata del presente Piano Faunistico Venatorio, l’ATC dovrà perseguire: · l’incremento della produzione di piccola selvaggina autoctona attraverso la gestione associata di tutti gli istituti (ZRV e ZRC per i quali la Provincia abbia stipulato apposita convenzione per la gestione con l’ATC competente per territorio) presenti sul territorio dell’ ATC sottratti al prelievo venatorio; · la progressiva riduzione dei capi immessi. Il numero di animali immessi nel 2015 dovrà essere del 30% inferiore al numero di animali immessi nel 2013 (per ciascuna specie) e nel 2017 dovrà essere inferiore del 40%. La riduzione del 30% e 40% dovrà essere applicata su tutti i contingenti immessi durante l’arco dell’anno. · la graduale riduzione del ricorso ad interventi di ripopolamento con soggetti di produzione non locale; · la progressiva riduzione di immissioni con selvaggina pronta caccia a favore di altri soggetti da 108 ambientare sul territorio con l’utilizzo di apposite metodologie. Art. 5 - Piano di immissione nel territorio a caccia programmata Fagiani e lepri L’ATC dovrà presentare all’Ufficio Risorse Faunistiche della Provincia di Lucca entro il 30 marzo di ciascun anno un Piano relativo alle operazioni di immissione di fasianidi e lepri per l’anno in corso e fino al 30 marzo dell’anno successivo che dovrà contenere: · una valutazione dei risultati conseguiti sulla base del monitoraggio da effettuarsi su superfici campione rappresentative, sia per dimensione che per contesto ambientale, utilizzando i criteri definiti al Cap."Criteri per il monitoraggio della fauna" del presente Piano Faunistico Venatorio; · le zone ove si intende immettere gli animali con note sulla vocazionalità per la specie (dovrà essere allegata cartografia, anche digitalizzata, con scala 1:2.000 e 1:10.000 con indicato il punto di posizionamento delle strutture di ambientamento) · gli interventi di miglioramento ambientale previsti al fine di garantire un miglioramento o un ripristino dei requisiti ambientali necessari per la sopravvivenza della specie (con allegata cartografia, anche digitalizzata, con scala 1:2.000 e 1:10.000 con indicata la localizzazione dei terreni, specificando in legenda le colture in atto e il periodo di coltivazione); · numero di animali da immettere per ciascuna zona; · tempi e tecniche di immissione; · valutazioni merceologiche sulla base delle quali saranno ricercati i fornitori di selvaggina. Entro due mesi dal ricevimento, l’Amministrazione Provinciale, valutata l’opportunità del Piano e la corrispondenza alle presenti direttive, comunicherà agli Ambiti Territoriali di Caccia l’esito della valutazione del Piano. L’ATC dovrà comunicare all’Ufficio Risorse Faunistiche della Provincia di Lucca almeno un mese prima dell’immissione degli animali qualsiasi variazione sulla localizzazione delle strutture di ambientamento e sul numero di animali previsti in ciascuna struttura. Dovrà inoltre essere presentata documentazione fotografica delle strutture che verranno utilizzate. Almeno dieci giorni prima dell’effettivo rilascio degli animali dovrà essere data notizia all’Ufficio Risorse Faunistiche e al Servizio Vigilanza della Provincia del giorno, dell’ora e del punto di ritrovo per la consegna degli animali da parte del fornitore. Starne, pernici rosse, coturnici I ripopolamenti con starne, pernici rosse e coturnici potranno essere effettuati solo con la presentazione di un Piano triennale che abbia ottenuto l’approvazione tecnica della Provincia. Le immissioni di queste specie dovranno essere effettuate utilizzando esclusivamente strutture di ambientamento. Il Piano, che dovrà comunque allinearsi alle linee guida fin qui riportate, dovrà indicare: · gli obiettivi che si intendono conseguire, · i soggetti proponenti e il personale che verrà coinvolto, · le zone ove si intende immettere gli animali (cartografia in scala 1:2.000 e 1:10.000) con indicato il punto di posizionamento delle strutture di ambientamento(coordinate 109 geografiche), · la vocazionalità dell’area per la specie (cartografia dell’uso del suolo in scala 1:10000), · gli interventi di miglioramento ambientale previsti al fine di garantire un miglioramento o un ripristino dei requisiti ambientali necessari per la sopravvivenza della specie (cartografia in scala 1:2.000 e 1:10.000 in cui sia evidenziati i terreni oggetto di miglioramento ambientale, specificando, in legenda le colture in atto e i periodi di coltivazione), · origine dei soggetti (soggetti testati geneticamente, proibizione di liberare ibridi e ceppi di provenienza estera) e numero di animali, · tempi e tecniche di immissione, · piano di monitoraggio annuale, da attuarsi secondo i criteri definiti al Cap."Criteri per il monitoraggio della fauna" del presente Piano, per la verifica dei risultati, · piano finanziario per la copertura economica del progetto. Art. 6 - Piano di immissione nelle ZRC e ZRV ZRC Nel Piano pluriennale previsto dall’art. 22 co. 1 del DPGR 33/R/2011 dovrà essere fornita indicazione della specie di indirizzo che l’organismo di gestione intende produrre e le modalità di intervento per assicurare il raggiungimento degli obiettivi di cui all’art. 4 Le immissioni all’interno delle ZRC saranno autorizzate dalla Provincia a seguito della valutazione dei documenti relativi alla gestione della ZRC presentati, entro e non oltre il 30 marzo, come previsto dall’art. 23 co. 4 del DPGR 33/R/2011. Il Piano annuale deve specificare: · i quantitativi di animali immessi per tipologia, · le azioni di monitoraggio intraprese e i risultati ottenuti, · cartografia relativa ad eventuali danni riscontrati e relativa ad interventi prevenzione danni. · quantitativi di animali che si immetteranno con i tempi di immissione che dovranno essere in linea con quanto indicato all'Art.2 delle presenti Direttive, · gli interventi di miglioramento ambientale previsti (cartografia in scala 1:2.000 e 1:10.000 specificando, in legenda, la tipologia di colture e i periodi di coltivazione), · analisi delle catture e/o abbattimenti di specie problematiche effettuate se è in corso un Piano autorizzato di abbattimento. In assenza di dati specifici di vocazionalità, le quantità massime ammissibili di fasianidi è pari ad 1 individuo/ha. La vocazionalità risulta strettamente dipendente dalla disponibilità di habitat e nicchie ecologiche e può essere implementata attraverso idonei interventi di miglioramento ambientale. Nelle ZRC, dove vengono effettuate operazioni di ripopolamento di piccola selvaggina non sono consentiti interventi finalizzati al contenimento della predazione da Volpe. ZRV di superficie inferiore a 150 ha Per le ZRV di superficie inferiore a 150 ha dovrà essere predisposto un Piano di gestione 110 complessivo, di durata almeno annuale, nel quale siano specificati: · i quantitativi di animali immessi per tipologia, · le azioni di monitoraggio intraprese e i risultati ottenuti, · cartografia relativa ad eventuali danni riscontrati e relativa ad interventi prevenzione danni, · quantitativi di animali che si immetteranno con i tempi di immissione che dovranno essere in linea con quanto indicato all'Art.2 delle presenti Direttive, · gli interventi di miglioramento ambientale previsti (cartografia in scala 1:2.000 e 1:10.000 specificando, in legenda, la tipologia di colture e i periodi di coltivazione), · analisi delle catture e/o abbattimenti di specie problematiche effettuate se è in corso un Piano autorizzato di abbattimento. ZRV di superficie uguale o superiore a 150 ha Nelle ZRV di superficie uguale o superiore ad ha 150, il piano di gestione, di durata almeno triennale, dovrà indicare i quantitativi di animali da immettere sulla base di specifiche motivazioni di sostenibilità. Dovrà inoltre specificare: · i quantitativi di animali immessi per tipologia, · le azioni di monitoraggio intraprese e i risultati ottenuti. · cartografia relativa ad eventuali danni riscontrati e relativa ad interventi prevenzione danni, · quantitativi di animali che si immetteranno con i tempi di immissione che dovranno essere in linea con quanto indicato all'Art.2 delle presenti Direttive, · gli interventi di miglioramento ambientale previsti (cartografia in scala 1:2.000 e 1:10.000 specificando, in legenda, la tipologia di colture e i periodi di coltivazione), · analisi delle catture e/o abbattimenti di specie problematiche effettuate se è in corso un Piano autorizzato di abbattimento. In assenza di dati specifici di vocazionalità, le quantità massime ammissibili di fasianidi è pari ad 1 individuo/ha. La vocazionalità risulta strettamente dipendente dalla disponibilità di habitat e nicchie ecologiche può essere implementata attraverso idonei interventi di miglioramento ambientale. Gli interventi di immissione dovranno essere dilazionati nel tempo tenendo conto che: lepre: le immissioni potranno avvenire solo nel periodo in cui la specie non è cacciabile; fasianidi: le immissioni potranno avvenire, oltre che nei periodi indicati all'Art. 2 delle presenti Direttive, anche durante il periodo di apertura della caccia. Per le ZRV, la quantità immessa durante la stagione venatoria non potrà essere superiore al 25% del totale immesso annualmente. Nelle ZRV le immissioni dovranno essere effettuate utilizzando esclusivamente apposite strutture di ambientamento. Nelle ZRV, dove vengono effettuate operazioni di ripopolamento di piccola selvaggina non sono consentiti interventi finalizzati al contenimento della predazione da Volpe. 111 15. LINEE GUIDA PER LA GESTIONE DELLE SPECIE PROBLEMATICHE Nell'ambito della strategia nazionale che prevede la progressiva sostituzione del munizionamento di piombo, negli interventi di controllo del cinghiale, ex art. 37 della L.R.3/94, eseguiti all'interno di Istituti provinciali (comprese le ZRV), nei Siti Rete Natura 2000 e nelle Zone Ramsar dovrà essere utilizzato munizionamento atossico. Entro due anni dall'approvazione del presente Piano, le attività di controllo su tutte le specie problematiche sull'intero territorio provinciale dovranno provvedere alla definitiva sostituzione del munizionamento di piombo con munizionamento atossico. 15.1 Cornacchia grigia (Corvus corone cornix) La specie più comune e diffusa sul territorio Provinciale e alla quale vanno imputate le problematiche evidenziate dal mondo agricolo e venatorio relative al danneggiamento delle coltivazioni e alla predazione a carico di uova e pulcini di specie faunistiche di interesse gestionale è la Cornacchia grigia (Corvus coronae cornix). Per poter predisporre piani di intervento finalizzati al controllo della Cornacchia è necessario innanzi tutto acquisire informazioni di base relative alla consistenza delle popolazioni. Il conteggio invernale dei nidi in aree campione e lungo transetti lineari permette la valutazione della densità e il confronto con aree e situazioni di riferimento. Un controllo della popolazione che prescinda da uno studio di popolazione ha dimostrato nel passato tutta la propria inefficacia. Innanzi tutto, infatti, gli individui uccisi vengono rimpiazzati molto velocemente da altri che occupano le aree lasciate libere. A questo si aggiunge che i giovani abbandonano la zona in cui sono nati dopo circa due mesi dall’involo e si disperdono sul territorio circostante. E’ chiaro, pertanto, come il controllo numerico locale non produca, se non momentaneamente, effetti positivi nell’area di interesse e sia quindi necessaria una gestione della specie su un territorio più ampio in relazione alla biologia della specie stessa. Anche la metodologia utilizzata deve essere opportunamente valutata. Lo sparo al nido comporta molte problematiche e non da risultati apprezzabili e duraturi nel tempo. Innanzi tutto infatti solo una percentuale variabile dal 20 al 30% nidifica ogni anno, per cui è ipotizzabile che solo una frazione molto bassa della popolazione potrebbe essere eliminata. Inoltre come detto sopra questi individui nel giro di poco tempo vengono sostituiti per gli effetti di dispersione dei giovani o per ingresso di nuovi individui dai territori circostanti. Oltre a questo è stato evidenziato che nei territori dove la densità dei nidi è più elevata il successo riproduttivo è molto più basso rispetto a quello riscontrato ove la densità dei nidi è medio – bassa e pertanto lo sparo al nido non pare in grado di incidere sul successo riproduttivo globale. Tale tipologia di intervento inoltre comporta elevati rischi di uccisione di rapaci diurni o notturni che utilizzano i nidi vuoti di Cornacchia per nidificare. La cattura di individui di Cornacchia grigia mediante Gabbie-Larsen, e trappole Letter-Box rappresenta un efficace metodo di controllo selettivo ormai sperimentato da anni e che di recente è stato adottato anche sul territorio della nostra Provincia in occasione dell’attuazione del controllo numerico della cornacchia grigia all’interno di una Zona di Ripopolamento e Cattura e di una Zona di Rispetto Venatorio. 112 A questo potrebbe aggiungersi la predisposizione di un piano di prelievo della specie per tutto il territorio provinciale, calibrato in base alla reale consistenza della popolazione, da effettuarsi durante la stagione venatoria. 15.2 Piccione (Columba livia forma domestica) Nel corso degli ultimi anni la distribuzione e la consistenza numerica di popolazioni di Colombo di città hanno conosciuto una generalizzata crescita sia nelle campagne favoriti anche dalla possibilità di trovare posti di rifugio presso edifici parzialmente diroccati o comunque in cattivo stato di manutenzione, sia negli ambiti urbani determinando impatti sotto il profilo produttivo, igienicosanitario e storico-artistico. Dal 2010 si è registrato un aumento dei danni da parte del piccione di città (Columba livia forma domestica) alle coltivazioni cerealicole ed oleaginose. La legislazione regionale toscana (L.R. 3/94) non prevede il risarcimento del danno alle colture qualora sia addebitabile al piccione di città. Ciò non consente una diretta determinazione degli ammanchi ascrivibili al Columbide. La quantificazione del danno è stata fino ad ora stimata non sulla base di apposite perizie ma per approssimazione rispetto alle produzioni degli anni precedenti e alle rese in campo. L’utilizzo esclusivo, anche a rotazione, dei diversi metodi ecologici incruenti, quali dissuasori acustici e visivi, per limitare la presenza degli animali sulle colture e prevenire i danneggiamenti ha dimostrato una scarsissima efficacia. Per questo motivo dal 2010 sono stati redatti Piani di Controllo triennali, al momento vige il Piano 2013-2015, che hanno ottenuto il parere positivo da parte dell’ISPRA e che prevedono una serie di azioni tese ad ottimizzare il controllo. Il piano è finalizzato alla riduzione dell’impatto sulle colture agricole passibili di asporto (semine di cereali autunno-vernini e colture sarchiate primaverili in epoca sia di semina che di maturazione) e alle strutture di allevamento e di stoccaggio su tutto il territorio agricolo della Provincia. Il Piano prevede la messa in opera primariamente dei metodi ecologici incruenti per poi passare eventualmente agli abbattimenti là dove si verifichi l’inefficacia dei suddetti. La seconda fase di attuazione dei Piani di controllo grazie ad un maggior coordinamento tra Associazioni Agricole, ATC e Ufficio Risorse Faunistiche ha permesso di ottenere buoni risultati garantendo efficaci azioni di protezione delle colture. 15.3 Volpe (Vulpes vulpes) Per il territorio della Provincia di Lucca non vi sono specifiche stime di densità di questa specie, i dati ad oggi disponibili si riferiscono ad uno studio effettuato tra il 1996 e il 1997 su tre aree campione utilizzando un indice di abbondanza relativa, ai capi abbattuti o rilevati in occasione di altri censimenti o agli individui rilevati durante sopralluoghi effettuati per vari motivi sul territorio. Da questi dati si può presumere una presenza costante e diffusa della specie che in alcune aree e in alcuni periodi dell’anno sembra più abbondante, probabilmente anche in relazione all’aumentata disponibilità di risorse trofiche che si verifica al momento dell’immissione sul territorio degli individui di phasianidi e lepri destinati ai ripopolamenti. Dagli studi effettuati su territorio nazionale e dalle esperienze di gestione maturate a livello di altre 113 realtà locali risulta che anche laddove si effettui un controllo numerico sulla popolazione la consistenza della popolazione, a parità di risorse impiegate, non diminuisce per molti anni ma si mantiene pressoché stabile evidenziando l’insorgere di meccanismi di compensazione e di autoregolazione del numero di individui. E’ stato quindi necessario affiancare al controllo numerico altri interventi di gestione che utilizzati costantemente si sono rivelati in grado di mantenere calmierato il livello di popolazione. Gli interventi che più si sono mostrati utili sono stati interventi di riduzione o eliminazione delle fonti di approvvigionamento alimentare di origine antropica quali rifiuti abbandonati o facilmente accessibili dagli animali, residui delle lavorazioni agricole e l’abbandono della tecnica di rilasciare centinaia di animali, durante gli interventi di ripopolamento, in poco tempo su una superficie di territorio limitata. Per quanto riguarda il territorio della Provincia di Lucca è opportuno innanzi tutto attuare una raccolta dati protratta nel corso degli anni, tramite gli ATC, sulla consistenza della popolazione che dia conto degli animali abbattuti durante la stagione venatoria, degli animali trovati morti o investiti dal traffico veicolare, degli animali avvistati durante sopralluoghi o censimenti anche non specifici. Contemporaneamente mettere in atto tutti quegli interventi in grado di diminuire la facilità del reperimento di fonti alimentari sul territorio da parte delle volpi. A seguito di ciò gli interventi di controllo numerico effettuati dalla Provincia tramite piani di abbattimento potranno essere eventualmente utilizzati solo ed esclusivamente per risolvere problematiche localizzate all'interno delle ZRV e ZRC e nei CPRFSSN dietro specifica autorizzazione dell’ISPRA ed esclusivamente qualora in tali Istituti non vengano attuati interventi di ripopolamento. In questo caso dovranno essere assolutamente scartati gli abbattimenti effettuati con le battute in periodo primaverile, perché causano disturbo alla fauna selvatica. Le uniche forme di controllo accettabili oltre a quelle eventualmente autorizzate dall’ISPRA sono gli abbattimenti effettuati di notte col faro alogeno e da appostamento. Tali interventi devono essere effettuati durante l’inverno e devono cessare quando le volpi entrano in riproduzione e, in particolare, quando iniziano a nascere le cucciolate. 15.4 Minilepre (Sylvilagus floridanus) Questa specie frutto di introduzioni a scopo venatorio è presente sul territorio Provinciale con alcuni nuclei ai quali non sono comunque fino ad oggi imputabili danni alle produzioni agricole. La presenza della minilepre può avere effetti negativi sulle popolazioni di Lagomorfi autoctoni, in particolare sulla Lepre. Gli effetti negativi possono manifestarsi attraverso competizione per gli stessi habitat di alimentazione e di rifugio e attraverso la trasmissione di malattie e parassitosi. Per quanto riguarda la gestione, pertanto, è necessario innanzitutto, poiché trattasi di fauna alloctona, porre particolare attenzione ad evitare qualunque ulteriore immissione. Secondariamente, oltre a sollecitare le forme di abbattimento previste dalla legge in periodo di caccia aperta, qualora si registrino danni alle coltivazioni da parte dei nuclei presenti o si registrino forme di competizione con nuclei di lepre, potranno essere adottate forme di abbattimento ai sensi dell’art. 37 della L.R. 3/94. 114 16. ANALISI DEI DANNI CAUSATI DALLA FAUNA SELVATICA Secondo quanto stabilito dalla normativa antecedente l'entrata in vigore del P.R.A.F. i proprietari e conduttori di fondi che avevano subito danni arrecati dalla fauna selvatica e dall'attività venatoria alle colture agricole ed alle opere approntate sui terreni coltivati e a pascolo potevano presentare domanda di risarcimento e di prevenzione alla Provincia ed all'ATC secondo le rispettive competenze. Con l'entrata in vigore del P.R.A.F., solo gli imprenditori agricoli di cui all'art. 2135 del Codice Civile, muniti di partita IVA, possono richiedere il contributo per la prevenzione e/o riscarcimento dei danni. 16.1 Indennizzi corrisposti dalla Provincia La Provincia è competente per la determinazione e l’erogazione dei contributi per le opere di prevenzione e per il risarcimento dei danni alle produzioni agricole causati dalla fauna selvatica protetta su tutto il territorio provinciale e dalla fauna selvatica all’interno degli istituti faunistici di cui agli articoli 14, 15, 16, 17 e 17 bis della L.R. 3/1994. La Provincia è altresì competente per la determinazione e l’erogazione dei contributi per le opere di prevenzione e per il risarcimento dei danni alle opere approntate su terreni agricoli (danni non altrimenti risarcibili). Nel corso degli anni 2007 -2012 sono stati riconosciuti dalla Provincia ai proprietari e conduttori di fondi indennizzi per danni alle colture agricole per un importo complessivo di € 48.165,80, come riportato nella tabella sottostante. Mentre i danni alle colture agricole provocati da ungulati, cinghiale e avifauna sono riferiti alle aree a divieto di caccia di competenza provinciale, i danni provocati dall’istrice, essendo una specie protetta ai sensi della L. 157/1992, sono quelli rilevati sull’intero territorio della Provincia di Lucca. La specie che maggiormente ha causato danni alle colture agricole è stato il cinghiale (Sus scrofa). I danni si sono verificati principalmente nelle zone di protezione lungo le rotte di migrazione dell’avifauna dell’ex alveo del Lago del Bientina e del Fiume Serchio dove spesso sono presenti, in maniera estesa, campi coltivati a mais. I danni alle colture di mais sono avvenuti al momento della semina, a causa dell’azione di “grufolare” il terreno del cinghiale (rovesciare) per cibarsi dei semi che in esso sono presenti, ma anche al momento della maturazione della coltura. In questo stadio l’azione di danno è legata sia alla sottrazione delle cariossidi ma anche all’allettamento delle piante di mais (danno indiretto) da parte del cinghiale che abbatte le piante lasciandole per terra senza nutrirsi delle cariossidi, rendendo la coltura danneggiata non più commerciabile e quindi inutilizzabile per l’agricoltore. 115 ANNO 2007 C O LTURA ENTITA' DEL DANNO Produ z ion e Rise min a € pe rsa (Q ) ha 173,88 3.130,00 LO C ALIZZAZIO NE SPEC IE m ais zona di prot ezione Bient ina cinghiale girasole zona di prot ezione Bient ina cinghiale 33,75 pat at e Borgo a Mozzano istrice 1,6 96,00 pom odori zona di prot ezione Serchio avifauna 3 300,00 prodot t i vivaist ici zona di prot ezione Serchio ungulat i n.d. fagioli zona di prot ezione Serchio avifauna m ais zona di prot ezione Bient ina cinghiale m ais zona di prot ezione Bient ina cinghiale fagioli zona di prot ezione Bient ina m inilepre 2 250,00 girasole zona di prot ezione Bient ina cornacchia 15 300,00 girasole e m ais zona di prot ezione Bient ina cinghiale ciliegie zona di prot ezione Serchio st orni m ais ibisco zona di prot ezione Serchio cinghiale 45 m ais zona di prot ezione Serchio cinghiale 309,41 2.475,28 m ais ZRC Farnet a cinghiale 123,5 636,00 pat at e Oasi Bot ri istrice pat at e Loc. varie Media Valle istrice 1.181,25 800,00 1 300,00 TO TALE 2008 5.807,25 2,25 ha 774,36 2,5 ha 1,26 990,00 risem ina 40,54 14.747,33 m ais zona di prot ezione Bient ina cinghiale 0,5 ha m ais zona di prot ezione Bient ina cinghiale e cornacchia 97,5 877,50 m ais zona di prot ezione Bient ina cinghiale 12,6 113,40 m asi ibisco zona di prot ezione Serchio cinghiale 39,2 588,00 prat o ZRC Farnet a cinghiale 3,08 ha 440,00 fagioli a st ringa zona di prot ezione Serchio avifauna 2 400,00 pom odori zona di prot ezione Serchio avifauna 2,5 250,00 m ais ibisco zona di prot ezione Serchio cinghiale 39,2 784,00 uva zona di prot ezione Serchio avifauna 2,88 110,38 m ais zona di prot ezione Serchio cinghiale 84,6 1.324,37 ort o zona di prot ezione Serchio cinghiale m ais zona di prot ezione Bient ina cinghiale e cornacchia 428 6.288,00 girasole zona di prot ezione Bient ina corvidi 12,31 600,00 369,30 10.126,05 girasole zona di prot ezione Bient ina corvidi 11,25 416,25 m ais zona di prot ezione Serchio cinghiale 260,99 4.175,84 ort o zona di prot ezione Serchio cinghiale m ais ibisco zona di prot ezione Serchio cinghiale 58,8 1.352,40 m ais zona di prot ezione Serchio cinghiale 35 pat at e zona di prot ezione Serchio istrice 10,5 m ais zona di prot ezione Serchio cinghiale vivaio fiori di iris zona di prot ezione Serchio istrice TO TALE 2012 140,00 2.158,90 TO TALE 2011 188,00 2.432,00 TO TALE 2010 700,00 165,00 TO TALE 2009 630,00 5.981,05 200,00 560,00 840,00 0,5 ha perdit a di 7200 bulbi 140,00 1.267,20 8.951,69 fragole Oasi Bot ri fragole Oasi Bot ri girasole zona di prot ezione Bient ina girasole zona di prot ezione Bient ina cinghiale 201,87 m ais zona di prot ezione Bient ina cornacchia 504,39 m ais zona di prot ezione Bient ina cornacchia 2.397,17 m ais zona di prot ezione Serchio TOTALE 116 capriolo 354,00 lepre 354,00 cornacchia 201,88 cinghiale 2.361,27 6.374,58 DANNI CULTURE - PROVINCIA 12000 10000 8000 6000 4000 2000 0 2007 2008 cinghiale ungulati n.d. 2009 2010 istrice lepre avifauna capriolo 2011 2012 minilepre Per quanto concerne i danni arrecati alle opere approntate sui terreni coltivati e a pascolo dalla fauna selvatica, la totalità delle pratiche pervenute alla Provincia di Lucca riguarda la specie cinghiale. Questa specie ruspando il terreno, probabilmente alla ricerca di bulbi e piccoli invertebrati, causa la perdita di continuità del cotico erboso, il franamento dei poggi, e la demolizione di muri in corrispondenza delle piane coltivate a vigneto, uliveto e frutteto. Ai sensi della L.R. 157/1992, i danni arrecati alle opere approntate sui terreni agricoli sono definiti anche come "danni non altrimenti risarcibili". Anno Tipo territorio coltura specie importo 2007 2008 2009 2010 2011 2012 Territorio a caccia programmata Territorio a caccia programmata Territorio a caccia programmata Territorio a caccia programmata Territorio a caccia programmata Territorio a caccia programmata uliveti/vigneti/frutteti uliveti/vigneti/frutteti uliveti/vigneti/frutteti uliveti/vigneti/frutteti uliveti/vigneti/frutteti uliveti/vigneti/frutteti cinghiale cinghiale cinghiale cinghiale cinghiale cinghiale 24.023,00 23.680,00 6.352,00 15.000,00 21.391,00 In fase di analisi per quesito normativo 90446 TOTALE 16.2 Indennizzi corrisposti dall' ATC L’ATC è competente per la determinazione e l’erogazione dei contributi per le opere di prevenzione e per il risarcimento dei danni alle produzioni agricole causati dalla fauna selvatica sul territorio a caccia programmata ricadente all'interno del proprio Ambito Territoriale. Nell’ATC Lucca 11, nel corso del periodo 2007-2012, sono stati erogati per il risarcimento dei danni alle colture agricole dalla fauna selvatica un totale di € 160.127,46, come risulta dalla tabella 117 sottostante. La specie maggiormente respondabile dei danni alle colture agricole è stata il cinghiale con percentuali variabili nei vari anni, da un minimo del 62 % nel 2011 ad una massimo del 100% nel 2008. Anno 2007 coltura specie cereali capriolo foraggere capriolo cereali cervo 2009 cinghiale 17.468,00 cinghiale 215,00 foraggere cinghiale 825,00 20.021,00 patate cinghiale 672,00 cereali cinghiale 31.854,00 foraggere cinghiale 628,00 vite cinghiale 748,00 33.902,00 cereali capriolo 554,00 colture orticole capriolo 200,00 foraggere capriolo 36,00 fruttiferi capriolo 8,00 vite capriolo 120,00 cereali cervo 243,00 colture orticole cervo 288,00 foraggere cervo 72,00 fruttiferi cervo 17,00 vite cervo 178,00 cereali cinghiale colture orticole cinghiale 157,00 foraggere cinghiale 6070,00 fruttiferi cinghiale 772,00 vite cinghiale 1341,00 cereali daino vite daino TOTALE 2009 2010 5,00 160,00 cereali TOTALE 2008 2009 1.348,00 colture orticole TOTALE 2007 2008 importo 20.415,00 18,00 40,00 30.529,00 cereali capriolo fruttiferi capriolo 62,00 prodotti vivaistici capriolo 450,00 cereali cervo 3691,00 vite cervo cereali cinghiale 19685,00 foraggere cinghiale 1794,00 vite cinghiale 363,00 cereali corvidi 317,00 fruttiferi daino 62,00 prodotti vivaistici daino 50,00 vite daino TOTALE 2010 118 617,00 108,00 32,00 27.231,00 Anno 2011 2012 coltura specie importo cereali cinghiale 4.583,00 foraggere cinghiale 2.498,00 vite cinghiale 1.084,00 fruttiferi cinghiale 243,00 olivo cinghiale 120,00 colture orticole cinghiale 50,00 altro cinghiale 281,00 vite cervo 1.903,00 cereali cervo 765,00 foraggere cervo 199,00 fruttiferi cervo 113,00 altro cervo 1.001,00 vite capriolo 249,00 cereali capriolo 153,00 foraggere capriolo 82,00 fruttiferi capriolo 40,00 altro capriolo 170,00 cereali cornacchia 482,00 vite fagiano 135,00 cereali tasso 127,00 cereali TOTALE 2011 cinghiale foraggere cinghiale 5062,64 vite cinghiale 323,90 fruttiferi cinghiale cereali cervo 8111,20 foraggere cervo 162,00 fruttiferi cervo 213,00 vite capriolo 126,00 cereali capriolo 1295,86 cereali cornacchia 588,60 vite istrice 147,50 patate istrice 1015,20 cereali istrice 155,25 cereali tasso 74,40 patate tasso 160,80 TOTALE 2012 119 14.278,00 1.6676,80 53,30 34.166,45 DANNI - ATC LU 11 35000 30000 25000 20000 15000 10000 5000 0 2007 2008 cinghiale capriolo 2009 cervo 2010 daino corvidi 2011 fagiani 2012 istrice DANNI CINGHIALE - ATC LU 11 3 5 0 00 3 0 0 00 2 5 0 00 2 0 0 00 1 5 0 00 1 0 0 00 5 0 00 0 2007 cereali 2008 colture orticole 2 0 09 foraggere 2 01 0 vite 20 1 1 fruttiferi 2012 olivo altro Nell’ATC Lucca 12, nel corso del periodo 2007-2012, sono stati erogati per il risarcimento dei danni alle colture agricole dalla fauna selvatica un totale di € 380.954,20, come risulta dalla tabella sottostante. 120 Anno 2007 coltura specie marroni e castagne capriolo 98,00 cereali cinghiale 4563,00 colture orticole cinghiale 193,00 foraggere cinghiale 2258,00 marroni e castagne cinghiale 60,00 olivo cinghiale 131,00 vite cinghiale 1708,00 cereali corvidi 873,00 oleoproteaginose corvidi 462,00 fruttiferi fagiano 59,00 vite fagiano 377,00 vite merlo 137,00 oleoproteaginose passero 1509,00 olivo passero 190,00 cereali storno 3.780,00 fruttiferi storno 5.230,00 oleoproteaginose storno 3.423,00 olivo storno 54,00 storno 10.226,00 TOTALE 2007 35.822,00 vite 2008 importo fruttiferi capriolo 123,00 cereali cinghiale 5.653,00 colture orticole cinghiale 384,00 foraggere cinghiale 7.984,00 fruttiferi cinghiale 539,00 oleoproteaginose cinghiale 9.430,00 vite cinghiale 6.420,00 oleoproteaginose corvidi 2.662,00 vite corvidi 595,00 vite daino 2.247,00 vite fagiano 4.015,00 vite merlo 308,00 cereali passero 467,00 fruttiferi passero 398,00 vite passero 222,00 cereali storno 79,00 fruttiferi storno 3.173,00 olivo storno 113,00 vite storno 9.870,00 TOTALE 2008 54.682,00 terreni cinghiale 2091,00 floravivaistici cinghiale 2191,00 cereali cinghiale 5401,00 121 Anno coltura specie colture orticole cinghiale 351,00 fruttiferi cinghiale 562,00 olivo cinghiale 53,00 vite cinghiale 2.824,00 cereali corvidi 4.916,00 colture orticole corvidi 150,00 colture orticole fagiano leguminose 2009 200,00 lepre 3.908,00 vite passero 5.912,00 cereali storno 416,00 fruttiferi storno 6.302,00 oleoproteaginose storno 361,00 olivo storno 393,00 storno 12.845,00 TOTALE 2009 48.876,00 vite 2010 importo patate cinghiale 192,00 cereali cinghiale 22.774,00 colture orticole cinghiale 5.155,00 foraggere cinghiale 543,00 fruttiferi cinghiale 202,00 vite cinghiale 11.985,00 cereali corvidi 4316,00 colture orticole corvidi 455,00 fruttiferi daino 53,00 vite fagiano 238,00 prodotti vivaistici lepre 4.000,00 cereali storno 3.170,00 fruttiferi storno 14.114,00 oleoproteaginose storno 1.530,00 olivo storno 8.595,00 vite storno 7.500,00 cereali tortora 1.083,00 oleoproteaginose tortora 1.395,00 TOTALE 2010 87.300,00 cereali cinghiale 17.475,98 culture orticole cinghiale 3.222,62 vite cinghiale 3.624,80 prato stabile cinghiale 366,78 fruttiferi cinghiale 1.509,59 vite capriolo 505,38 cereali piccioni 333,28 cereali tortore 1.559,26 oleoproteaginose tortore 472,39 vite fagiani 256,77 cereali corvidi 21.688,13 122 Anno 2011 coltura specie oleoproteaginose corvidi 189,04 cereali storni 796,68 vite storni 8.346,37 oliveto storni 2.314,2 fruttiferi storni 6.978,8 orzo storni 439,44 oleoproteaginose 2012 importo storni 2.277,44 TOTALE 2011 72.356,95 cereali cinghiale 41658,13 colture orticole cinghiale 2495,68 vite cinghiale 15709,19 prato stabile cinghiale 504,28 fruttiferi cinghiale 113,93 terreni cinghiale 441,25 vite capriolo 303,75 cereali anatre selvatiche 551,40 vigneto fagiani 286,03 oleoproteaginose tortore 2114,27 cereali corvidi 1688,20 colture orticole corvidi 372,32 oleoproteaginose corvidi 2444,95 colture orticole storni 487,00 vite storni 3004,88 oliveto storni 5428,03 fruttiferi storni 3606,00 oleoproteaginose storni 707,94 TOTALE 2012 81.917,23 Le specie che maggiormente hanno causato danni alle colture agricole sono state lo storno ed il cinghiale, per i quali sono stati rispettivamente liquidati € 125.560,00 e € 180.774,43 nel corso del periodo 2007-2012. I danni provocati dallo storno, si sono verificati nei comuni di Altopascio, Montecarlo, Capannori, Lucca, Pescaglia, Camaiore, Pietrasanta, Massarosa, Porcari, insistendo per il 43% sulle colture a vigneto e a seguire sulle colture a frutteto (32%) e uliveto (10%). I danni provocati dal cinghiale insistono principalmente sulle colture cerealicole ed a seguire sulle colture a vigneto ed orticole. Per quanto riguarda la specie cinghiale, i danni alle colture agricole nell'ATC Lucca 12 sono risultati superiori nelle aree non vocate rispetto alle aree vocate alla specie. 123 DANNI -ATC LU 12 70000 60000 50000 40000 30000 20000 10000 0 2007 PASSERI CINGHIALE TORTORE 2008 2009 STORNI CAPRIOLI MERLI 2010 2011 CORVIDI DAINI PICCIONI 2012 MINILEPRE FAGIANI ANATRE SELVATICHE DANNI DA STORNO - ATC LU12 16000 14000 12000 10000 8000 6000 4000 2000 0 2007 cereali 2008 fruttiferi 2009 oleoproteaginose 124 2010 olivo 2011 vite 2012 colture orticole DANNI DA CINGHIALE- ATC LU 12 60000 50000 40000 30000 20000 10000 0 2007 2008 2009 2010 AREE NON VOCATE 2011 2012 AREE VOCATE 16.3 Prevenzione dei Danni Nel corso degli ultimi anni, sia da parte della Provincia che da parte degli ATC, è stata garantita la destinazione di una parte delle risorse disponibili per la tutela delle colture agricole ad iniziative di prevenzione dei danni. Nella scelta dei metodi di prevenzione è stato tenuto conto della realtà agricola presente sul territorio da salvaguardare, dell’ammontare dei danni che si sono verificati, delle popolazioni animali presenti e delle caratteristiche dei luoghi. Sono stati messi a disposizione degli agricoltori, da parte degli Enti competenti, diversi sistemi di prevenzione del danno, principalmente recinzioni elettrificate ma anche sostanze repellenti in grado di agire sul gusto e/o olfatto dell’animale come riportato nella tabella sottostante. L’efficacia dei metodi utilizzati in diverse realtà della provincia su colture seminative, come mais e girasole, e su vigneti ed oliveti, ha contribuito a ridurre l’entità dei danni provocati in massima parte dal cinghiale, ma anche quelli derivanti dall’azione dei corvidi e degli storni. A queste misure di prevenzione, ai fini del contenimento dei danni da cinghiali, sono state affiancati anche interventi di foraggiamento dissuasivo che si sono rilevati utili al fine di ridurre le abitudini erratiche della specie ed impedire, per quanto possibile, il suo sconfinamento all’interno delle aree ad essa non vocate.Tali interventi sono stati realizzati in aree limitate dei due Ambiti Territoriali di Caccia, individuate cartograficamente, all’interno delle aree boscose dei distretti di gestione. Questi interventi di foraggiamento sono stati necessari per limitare l’erratismo alimentare del cinghiale che a seguito della scarsa offerta alimentare fornita dal bosco, in particolare per effetto del 125 cinipide sulla fruttificazione del castagno, si è avvicinato sempre di più alle aree agricole e a quelle urbane, esercitando un impatto sulle coltivazioni e sulla popolazione. Tabella: metodi di prevenzione concessi agli agricoltori ATC LUCCA 11 n. domande evase e metodo di Investimento economico prevenzione concesso 2010 36 recinti elettrificati 14.273,25 2011 25 recinti elettrificati 9.894,90 2012 23 recinti elettrificati 8.724,25 2013 19 recinti elettrificati 5.495,53 2010 24 recinti elettrificati 2.156,98 € 2011 15 recinti elettrificati 5.154,92 ATC LUCCA 12 10 sostanze repellenti 2012 5 recinti elettrificati 7.738,89 17 sostanze repellenti 2013 21 recinti elettrificati 14.044,15 43 sostanze repellenti PROVINCIA 2010 10 recinti elettrificati 10.849,59 2011 13 recinti elettrificati 8.761,78 1 dispositivo acustico 1 rete metallica 2012 2 recinti elettrificati 4.138,12 1 rete metallica 2013 8 recinti elettrificati 8.080,49 1 rete metallica 16.4 “Piano Regionale Agricolo Forestale (P.R.A.F.) 2012-2015” Rispetto alla normativa precedente, il P.R.A.F., approvato con D.C.P. n. 3 del 24 gennaio 2012, ha introdotto alcune novità. In particolar modo, il Piano stabilisce che solo gli imprenditori agricoli di cui all'art. 2135 del Codice Civile, muniti di partita IVA, possono richiedere il contributo per la prevenzione e/o riscarcimento dei danni, utilizzando la modulistica unica predisposta a livello regionale. Il Piano Regionale Agricolo Forestale stabilisce espressamente che nella destinazione delle risorse disponibili per la tutela delle colture agricole sia data priorità al finanziamento delle iniziative di 126 prevenzione dei danni, che devono essere attuate dalla Provincia e dagli ATC mediante un’adeguata gestione della popolazione di fauna selvatica e mediante la predisposizione di apposite iniziative di prevenzione. Di seguito sono riportati i criteri che devono essere adottati sia dalla Provincia che dagli Ambiti Territoriali di Caccia, secondo le rispettive competenze, per la prevenzione e il risarcimento dei danni. 16.5 Criteri per la Prevenzione, l'Accertamento ed il risarcimento dei Danni causati alle opere e alle colture agricole e forestali dalla fauna selvatica e dall'attività venatoria Art. 1 - Principi generali e riferimenti normativi Un aspetto determinante per una proficua prosecuzione del rapporto tra agricoltura e caccia su basi di mutua collaborazione è rappresentato dal capitolo relativo ai danni provocati dalla fauna selvatica e agli interventi preventivi di difesa delle colture. I presenti criteri sono finalizzati a favorire l’adozione su larga scala di tecniche e accorgimenti gestionali volti a prevenire, per quanto possibile, l’insorgenza stessa dei danni. Essi sono da applicarsi per gli interventi di prevenzione nonché alle procedure di accertamento e di risarcimento dei danni causati dalla fauna selvatica e dall’attività venatoria alle produzioni agricole e/o alle opere approntate sui terreni agricoli e a pascolo. I principali riferimenti normativi in materia sono rappresentati dalla L. 157/92 (artt. 14 e 26) e dal P.R.A.F. 2012-2015 che disciplinano la prevenzione e l’indennizzo dei danni arrecati dalla fauna selvatica e dall’esercizio dell’attività venatoria alle opere ed alle colture agricole e forestali. Art. 2 - Ambito di applicazione dei presenti criteri I seguiti criteri sono da ritenersi applicabili alla prevenzione, accertamento e risarcimento dei danni alle attività agricole comprese sia all’interno del territorio soggetto alla caccia programmata a diretta gestione degli Ambiti Territoriali di Caccia, sia negli Istituti a divieto di caccia di cui è titolare la Provincia di Lucca. Art. 3 - Sfere di competenza Gli ATC sono competenti per la determinazione e l’erogazione dei contributi per le opere di prevenzione e per il risarcimento dei danni alle produzioni agricole causati dalla fauna selvatica sul territorio a caccia programmata. Le Province sono competenti per la determinazione e l’erogazione dei contributi per le opere di prevenzione e per il risarcimento dei danni alle produzioni agricole causati dalla fauna selvatica protetta su tutto il territorio provinciale e dalla fauna selvatica all’interno degli istituti faunistici di cui agli articoli 14, 15, 16, 17 e 17 bis della L.R. 3/1994. Le Province sono altresì competenti per la determinazione e l’erogazione de contributi per le opere di prevenzione e per il risarcimento dei danni alle opere approntate su terreni agricoli. 127 Art. 4 - Soggetti beneficiari e danni ammessi a risarcimento Dalla data di entrata in vigore del PRAF, possono richiedere il contributo per la prevenzione e/o per il risarcimento dei danni alle colture agricole e alle opere approntate esclusivamente gli imprenditori agricoli di cui all'art. 2135 del Codice Civile, muniti di partita IVA. Qualora l’imprenditore agricolo abbia subito un danno alle proprie colture, pur avendo adottato le eventuali misure di prevenzione, è previsto il risarcimento a carico del soggetto competente. Sono oggetto di risarcimento esclusivamente le produzioni agricole in campo e le opere approntate su terreni agricoli. Il PRAF definisce quali produzioni agricole e opere approntate sono ammesse a contributo per il risarcimento, soffermandosi in modo dettagliato sui criteri e le procedure da seguire per avere il risarcimento. Art. 5 - Prevenzione dei danni Il PRAF stabilisce che nella destinazione delle risorse disponibili per la tutela delle colture agricole sia data priorità al finanziamento delle iniziative di prevenzione dei danni, che devono essere attuate dalla Provincia e dagli ATC su tutto il territorio di competenza mediante un’adeguata gestione della popolazione di fauna selvatica e mediante la predisposizione di apposite iniziative di prevenzione. Il piano di prevenzione dei danni all’agricoltura deve essere parte integrante del piano di gestione e prelievo degli ungulati, così come previsto dal D.P.G.R. n. 33/R/2011 art. 90 c. 3 lettera b)e deve essere predisposto tenuto conto della realtà agricola presente sul territorio, dell’ammontare dei danni che si sono verificati, delle popolazioni animali presenti e delle caratteristiche dei luoghi. L’A.T.C. competente per territorio, stabilisce ogni anno, ai sensi del D.P.G.R. n. 33/R/2011 art. 90 c. 2 , nel Piano di gestione e prelievo di ciascun Distretto, gli oneri a carico dei cacciatori per il risarcimento di eventuali danni causati dalla mancata realizzazione del piano stesso ed altre eventuali misure conseguenti il mancato raggiungimento degli obiettivi gestionali programmati. Art. 6 - Procedure per l’erogazione dei contributi per le opere di prevenzione Coloro che intendono realizzare opere o attuare accorgimenti atti a prevenire i danni arrecati dalla fauna selvatica alle opere ed alle colture agricole o forestali, possono presentare domanda di contributo all’Ente competente, sulla base di un apposito progetto; Le opere e le colture agricole o forestali oggetto della domanda di contributo devono rientrare nelle tipologie specificatamente previste dai presenti criteri; L’Ente Competente valuta il sistema di prevenzione proposto e se lo ritiene idoneo , in funzione della coltivazione , dell’ambiente e della fauna presente, riconosce al richiedente un finanziamento fino al 100% sull’importo del solo costo dei materiali impiegati; Sono escluse dai contributi le recinzioni permanenti che possono impedire il passaggio delle specie selvatiche non oggetto dell’intervento di prevenzione; Non è consentita, in alcun caso, la trasformazione delle recinzioni oggetto di contributi in fondi chiusi sottoposti a divieto di caccia; tale impegno è assunto mediante scrittura privata tra le parti nella forma di atto unilaterale d’obbligo; I materiali utilizzati nelle opere di prevenzione restano di proprietà dell’Ente competente che li 128 concede agli agricoltori in comodato d’uso gratuito, fatti salvi diversi accordi a livello locale. Sulla base di specifichi accordi a livello locale, nel caso di interventi di prevenzione richiesti alla Provincia, i materiali utilizzati rimangono di proprietà del richiedente. L’imprenditore agricolo dovrà allegare alla domanda un progetto di prevenzione con almeno tre preventivi di spesa. L’assegnazione di contributo sarà effettuata sulla base dell’analisi comparativa dei preventivi presentati e la successiva liquidazione avverrà a seguito di: • comunicazione dell’effettiva messa in opera del metodo di prevenzione riconosciuto, • presentazione della fattura quietanzata comprovante l’acquisto del materiale. L’Ente competente liquiderà l’importo del finanziamento previa verifica dell’effettiva installazione del metodo di prevenzione. Nel caso di ripetute richieste di indennizzo che riguardino danni da fauna selvatica già verificati in precedenza e che abbiano interessato i medesimi terreni coltivati, il rifiuto da parte dell’imprenditore agricolo di adottare i mezzi di prevenzione suggeriti , esonera l’Ente competente dall’obbligo di risarcimento dei danni. Art. 7 - Metodi di prevenzione ammissibili L’azione di prevenzione dei danni può essere esercitata mediante: • recinzioni individuali in rete metallica o "shelter" in materiale plastico, • reti antiuccello, • protezione elettrica con filo percorso da corrente elettrica a bassa intensità, • protezione meccanica con recinzioni perimetrali in rete metallica, purché non sia impedito il passaggio delle specie selvatiche non oggetto dell’intervento di prevenzione o precostituire condizioni idonee alla istituzione di fondi chiusi, • protezione acustica con strumenti ad emissione di onde sonore di ampiezza variabile, apparecchi radio, apparecchi con emissione di grida registrate di allarme o di stress, • palloni predator, dissuasori acustici e nastri riflettenti, • interventi di protezione con sostanze repellenti, tali da non arrecare danni alla salute delle persone e degli animali, che agiscono sul gusto e/o sull'olfatto dell'animale. Oltre alle tipologie suddette le Province e gli ATC possono implementare, anche in via sperimentale, sistemi innovativi di prevenzione. L’azienda agricola che intende richiedere un contributo per l’acquisto di un metodo di prevenzione deve presentare la domanda su apposito modello reperibile presso l’Ente competente, allegando alla domanda i seguenti documenti: • planimetria in scala 1:5.000 o 1:10.000 dei terreni oggetto della prevenzione; • planimetria in scala 1:2000 dei terreni con indicazione delle particelle interessate; • visura catastale relativa alle particelle; • dichiarazione attestante il regime Iva; • relazione esplicativa del metodo di prevenzione e della sua installazione, che per le recinzioni deve comprendere anche un progetto di massima. Nel caso che il richiedente non sia proprietario dei terreni sui quali è presente la coltura danneggiata 129 ai documenti sopra indicati devono essere aggiunti i contratti di acquisto, di affitto o di comodato che attestano il possesso dei terreni. In loro mancanza deve essere presentata una dichiarazione sostitutiva di atto notorio nella quale viene indicata la forma di conduzione (comproprietà, comodato verbale, etc.) gli estremi catastali a cui si riferisce la domanda, il nominativo del proprietario o dei comproprietari. Per le recinzioni dovrà essere prodotta anche una dichiarazione unilaterale nella quale il richiedente si impegna a non utilizzare l’opera di prevenzione per la realizzazione di un fondo chiuso. Art. 8 - Risarcimento dei danni L’imprenditore agricolo che ha subito un danno alle proprie colture, pur avendo adottato le eventuali misure di prevenzione dei danni e che abbia effettuato tutte le normali metodologie di utilizzo per il loro corretto funzionamento, può richiedere il risarcimento all’Ente competente (ATC o Provincia) presentando domanda su modulistica unica predisposta a livello regionale entro 48 ore dalla constatazione del danno in modo tale da dare al soggetto destinatario l’opportunità di adottare tempestivamente tutti i provvedimenti e/o accorgimenti tecnici atti ad impedire, o comunque limitare, un ulteriore aggravamento del danno. Art. 9 - Danni ammessi a risarcimento per le colture agricole Sono ammessi a risarcimento, nel rispetto delle competenze sopra specificate, i danni accertati ed irreversibili, causati dalla fauna selvatica e dall’attività venatoria a carico di: • colture erbacee (frumento, orzo, mais, ecc.), • colture arboree, • rimboschimenti fino a tre anni dall’impianto, • boschi cedui nei tre anni successivi al taglio, • colture vivaistiche. Art. 10 - Procedure per il risarcimento dei danni alle colture agricole Per le procedure per il risarcimento dei danni alle colture si rimanda a quanto riportato nel P.R.A.F. al punto 4.6. Se l’azienda richiedente non è in possesso del fascicolo Artea alla domanda dovranno essere allegati i seguenti documenti: • planimetria in scala 1:5.000 o 1:10.000 dei terreni oggetto del danno; • planimetria in scala 1:2000 dei terreni con indicazione delle particelle interessate; • visura catastale relativa alle particelle danneggiate; • dichiarazione attestante il regime Iva. Nel caso che il richiedente non sia proprietario dei terreni sui quali è presente la coltura danneggiata ai documenti sopra indicati devono essere aggiunti i contratti di acquisto, di affitto o di comodato che attestano il possesso dei terreni. In loro mancanza deve essere presentata una dichiarazione sostitutiva di atto notorio nella quale viene indicata la forma di conduzione (comproprietà, 130 comodato verbale, etc.) gli estremi catastali a cui si riferisce la domanda, il nominativo del proprietario o dei comproprietari. Art. 11 - Danni ammessi a risarcimento per le opere approntate sui terreni Sono considerate opere approntate sui terreni agricoli quelle funzionali all’esercizio dell’attività agricola stessa, in particolare: • impianti aziendali di irrigazione, • opere realizzate a sostegno dei filari delle colture arboree, • piccole opere di sistemazione idraulico-agrarie e di regimazione delle acque, • recinzioni fisse e mobili per gli allevamenti con caratteristiche diverse da quelle previste all’art. 25 della L.R. 3/1994, • attrezzature per l’allevamento zootecnico, • poggi e muretti a secco realizzati su terreni agricoli in quanto opere funzionali all’attività agricola. Art. 12 - Procedure per il risarcimento dei danni alle opere funzionali all’attività agricola Ai sensi di quanto previsto dal P.R.A.F., per il risarcimento dei danni alle opere funzionali all’attività agricola il richiedente dovrà presentare alla Provincia un preventivo per la rimessa in ripristino delle opere danneggiate con prezzi in linea con quanto riportato nei prezzari regionali vigenti per opere analoghe. La Provincia può effettuare apposita perizia attraverso un tecnico incaricato. L’effettiva erogazione del risarcimento è comunque subordinata all’effettiva esecuzione dei lavori e alla presentazione, da parte del richiedente, di fatture e/o ricevute fiscali attestanti le spese sostenute. Qualora gli interventi di ripristino delle opere funzionali alle attività agricole non siano previsti in specifiche voci di prezzario e non sia possibile ricavarne gli importi nemmeno con eventuali procedimenti analogici su voci similari (come nel caso di danni ai poggi realizzati su terreni agricoli), l’imprenditore agricolo può presentare alla Provincia un preventivo per la messa in ripristino delle opere danneggiate sulla base di una specifica analisi-prezzi. La congruità degli importi previsti dovrà essere verificata in sede di esame della richiesta da parte dei tecnici della Provincia. Se l’azienda richiedente non è in possesso del fascicolo Artea alla domanda dovranno essere allegati i seguenti documenti: • planimetria in scala 1:5.000 o 1:10.000 dei terreni oggetto del danno; • planimetria in scala 1:2000 dei terreni con indicazione delle particelle interessate; • visura catastale relativa alle particelle danneggiate; • dichiarazione attestante il regime Iva . Nel caso che il richiedente non sia proprietario dei terreni sui quali è presente la coltura danneggiata ai documenti sopra indicati devono essere aggiunti i contratti di acquisto, di affitto o di comodato che attestano il possesso dei terreni. In loro mancanza deve essere presentata: • una dichiarazione sostitutiva di atto notorio nella quale viene indicata la forma di conduzione (comproprietà, comodato verbale , etc.), gli estremi catastali a cui si riferisce la 131 domanda , il nominativo del proprietario o dei comproprietari; • dichiarazione di consenso dei proprietari o dei comproprietari. Per interventi di ripristino agronomico e forestale di modesta entità che possono essere eseguiti direttamente dagli imprenditori agricoli e forestali e dai loro familiari, comunque ascrivibili alla tipologia degli “interventi in economia”, si potrà procedere alla liquidazione degli importi stabiliti senza la presentazione di fatture o ricevute, secondo quanto stabilito dal Documento Attuativo Regionale del PSR 2007-2013 (DAR) al paragrafo 3.3.3.2.8 “Fornitura di beni e servizi senza pagamento in denaro”. La Provincia per la valutazione dei danni arrecati alle opere, intende continuare ad avvalersi dell’apposito comitato, composto da rappresentanti di strutture provinciali delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale e da rappresentanti delle associazioni venatorie nazionali maggiormente rappresentative, ai sensi di quanto stabilito dalla L. 157/1992 art. 26 c. 2. Art. 13 - Danni per i quali non è ammesso il risarcimento Danni che si sono verificati: • nei fondi chiusi o nei terreni sottratti alla gestione programmata della caccia ai sensi dell’articolo 25 della l.r. 3/1994; • nei fondi comunque recintati in modo da impedire il libero passaggio di animali o persone; • su superfici interessate da istituti o aziende private che abbiano tra le finalità la tutela, la produzione faunistica o l’attività venatoria. Non sono inoltre ammessi a risarcimento: • i danni richiesti non in tempo utile per la verifica in campo del danno da parte dei tecnici incaricati; • i danni alle colture che al momento del sopralluogo siano già state raccolte o comunque manomesse; • i danni alle colture dove non sia in alcun modo tecnicamente accertabile la causa del danneggiamento; • i danni richiesti oltre il normale periodo di maturazione ed il normale periodo di raccolta; • gli impianti di essenze arboree attuati con i contributi comunitari ove non sia stata prevista in progetto alcuna opera di prevenzione, qualora ammessa dalla normativa comunitaria; • i danni provocati da piccioni di città o da altri animali domestici; • i danni alle colture spontanee ottenute in assenza di operazioni agronomiche; • i danni di importo complessivo inferiore a Euro 100. Per quanto non previsto nei presenti criteri si rimanda a quanto disciplinato dal P.R.A.F. 132 17. INTERVENTI DI MIGLIORAMENTO AMBIENTALE La Legge Regionale 3/1994 così come modificata dalla Legge Regionale 2/2010 prevede, all’art. 7 comma 2, che nel Piano Agricolo Regionale (PAR) siano previste risorse per la realizzazione di progetti di valorizzazione del territorio, per l’incremento della fauna e per il ripristino degli equilibri naturali anche in applicazione dell’art. 15, comma 1, della Legge 11 febbraio 1992 n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio). A tal fine la delibera di Giunta Regionale di attuazione annuale del PAR provvede alla ripartizione finanziaria delle risorse disponibili nella misura del 65,5 per cento a favore delle province per il perseguimento degli obiettivi gestionali programmati e per la realizzazione di progetti di cui al comma 2 dell’art. 7. Il 30 per cento di tali risorse deve essere destinato ad interventi sul territorio a caccia programmata che devono essere realizzati attraverso gli ATC. Nel PRAF 2012-2015, uno degli indirizzi per la gestione faunistico venatoria riguarda la conservazione e l’incremento della fauna selvatica, anche al fine di garantirne la coesistenza con le attività antropiche presenti sul territorio, e per far ciò il PRAF prevede di mettere in atto tutte le possibili strategie per tutelare e conservare le specie in quanto parti essenziali della biodiversità della regione. Tale obiettivo è da perseguirsi anche attraverso l’individuazione di sistemi di miglioramento ambientale effettivamente efficaci e sufficientemente economici da poter essere allocate su larga scala. Per far ciò il PRAF prevede l’indispensabile coinvolgimento delle imprese agricole nelle attività gestionali. La Provincia di Lucca, annualmente, approva un Bando di Miglioramenti Ambientali tramite il quale vengono concessi contributi per la realizzazione di interventi volti a migliorare la qualità ambientale e la disponibilità trofica negli istituti faunistici a divieto di caccia. L’ATC similmente concede tali contributi per le aree a caccia programmata. Tali contributi vengono erogati ai proprietari e ai conduttori di terreni agricoli ricadenti nei Comuni compresi negli Istituti di Protezione e Faunistici previsti dall’Amministrazione Provinciale ed individuati nel Piano Faunistico Venatorio Provinciale. Il Bando oltre alle tipologie di intervento ammissibile prevede anche il contributo massimo ammissibile, salvo quanto previsto dal Regolamento CE del 20 dicembre 2007, n. 1535 o altra normativa di riferimento nel caso di Imprese Agricole. MIGLIORAMENTI AMBIENTALI - PROVINCIA ANNO n. di tipologia di intervento pratiche Contributo annuo superficie interessata tipologia di erogato in Euro 5 Colture a perdere 4.236,00 13 Colture a perdere 6 Colture a perdere 15 (ha) istituto 2,6 Oasi 33.900,00 29 Zone art. 14 6.189,00 3,0 Oasi Colture a perdere 29.885,00 25,0 Zone art. 14 9 Colture a perdere 6.760,00 3,0 Oasi 12 Colture a perdere 35.000,00 29,0 Zone art. 14 5 Colture a perdere 5.400,00 3,0 Oasi 15 Colture a perdere 35.568,00 30,00 Zone art. 14 2 Colture a perdere 2.587,00 0,75 Oasi 1 piante 1.000,00 20 (n. di piante) Oasi 2 Colture a perdere 3.917,00 2,7 ZRC 2007 2008 2009 2010 2011 133 n. di ANNO 2012 pratiche Contributo tipologia di intervento annuo superficie interessata tipologia di erogato in Euro (ha) istituto 11 Colture a perdere 29.105,00 25,6 Zone art. 14 2 Allagamento terreni 16.300,00 27,00 Zone art. 14 3 Colture a perdere 1.004,69 0,31 Oasi 1 piante 1.000,00 20 (n. di piante) Oasi 1 Colture a perdere 1.739,20 1,39 ZRC 14 Colture a perdere 30.489,16 24,48 Zone art. 14 3 Allagamento terreni 25.120,00 47,2 Zone art. 14 MIGLIORAMENTI AMBIENTALI - ATC 11 ANNO n. di pratiche tipologia di intervento contributo annuo erogato in Euro superficie interessata (ha) tipologia di istituto 2007 11 Colture a perdere 19.876,00 12 ATC 11 2008 8 Colture a perdere 18.268,00 10 ATC 11 2009 31 Colture a perdere 49.918,00 54 ATC 11 45 Colture a perdere 32.375,00 26 ATC 11 1 Recupero incolti 750,00 0,5 ATC 11 2010 2011 47 Colture a perdere 34.287,00 28 ATC 11 2012 32 Colture a perdere 34590,87 33,7 ATC 11 MIGLIORAMENTI AMBIENTALI - ATC 12 ANNO n. di pratiche tipologia di intervento 77 Colture a perdere contributo annuo erogato in Euro superficie interessata (ha) 69.118,00 tipologia di istituto 69 ATC 12 2007 3 Recupero incolti 82 Colture a perdere 2 Piante da frutto 4 Recupero incolti 66 Colture a perdere 2 3 2010 2011 2008 2009 547,00 1 ATC 12 69.392,00 69 ATC 12 4.000,00 n. piante 80 ATC 12 839,00 0,6 ATC 12 40.192,00 52 ATC 12 Piante da frutto 3.500,00 n. piante 70 ATC 12 Recupero incolti 1.057,00 0,7 ATC 12 75 Colture a perdere 70.047,00 75 ATC 12 55 Colture a perdere 51.443,00 43 ATC 12 35 Colture a perdere 35.555,20 23,61 ATC 12 1 Recupero incolti 123,50 0,07 ATC 12 2012 134 17.1 Criteri di pianificazione La pianificazione di interventi di miglioramento ambientale tesi ad aumentare la biodiversità ambientale e la capacità portante del territorio dovrebbe essere effettuata elaborando progetti pluriennali differenziati per ciascuna tipologia di istituto presente (istituto di gestione venatoria, zona protetta, ecc.). Tale elaborazione dovrebbe basarsi su una valutazione dettagliata della diversificazione ambientale e colturale, individuazione delle particelle sulle quali si intende agire, determinazione della tipologia di intervento che si intende effettuare per le diverse zone nel corso degli anni. E’ inoltre necessario individuare i proprietari delle particelle sulle quali si ritiene opportuno intervenire con i miglioramenti e quantificare i costi degli interventi per la successiva assegnazione dei contributi. Infine bisogna prevedere un momento di verifica dei risultati ottenuti che si porrà come base di partenza per la pianificazione degli anni successivi. Nella realtà molto spesso la programmazione non segue tale successione di eventi, la reale disponibilità dei proprietari o conduttori ad operare interventi di miglioramento e le scarse risorse disponibili sono i limiti fondamentali con i quali doversi confrontare. Nondimeno, specialmente laddove le adesioni ai Bandi di miglioramento ambientale superino l’effettiva disponibilità di risorse, è necessario predisporre criteri che consentano di orientare la pianificazione mediante una opportuna selezione degli interventi. Al fine di procedere alla definizione di criteri di priorità per la programmazione dei miglioramenti ambientali è indispensabile basarsi sull’analisi e la valutazione della diversità ambientale, della frammentazione del pattern di uso del suolo e colturale e della vocazione faunistica del territorio. Strumenti indispensabili di lavoro sono quindi la Carta della diversità ambientale del territorio Provinciale, la Carta della frammentazione dell’uso del suolo e la Carta della vocazione faunistica per le specie di interesse. In particolare è opportuno che gli interventi di miglioramento ambientale siano prevalentemente concentrati nei comprensori che, in base alla distribuzione e ai valori medi assunti dalla diversità ambientale e dall’indice di frammentazione dell’uso del suolo, risultino caratterizzati da una sostanziale monotonia dell’assetto agro-forestale e quindi da livelli inferiori della qualità dell’habitat in rapporto alle esigenze della fauna selvatica. In generale nei territori della fascia pianeggiante caratterizzati da agricoltura intensiva (spesso condotta con tecniche meccanizzate) e da una eccessiva semplificazione del paesaggio, gli interventi di miglioramento ambientale dovrebbero tendere ad incrementare in modo significativo l’eterogeneità ambientale, puntando soprattutto sulla ricostituzione e sul ripristino di zone di vegetazione naturale con elevata complessità strutturale e disposte a mosaico tra le coltivazioni. Un altro obiettivo è quello di aumentare la diversità colturale riducendo le dimensioni dei blocchi monocolturali. Anche il ripristino di elementi a copertura vegetale permanente (siepi, filari) può contribuire in modo determinante ad accrescere la capacità portante del territorio per tutte le specie di fauna selvatica. Nei territori della fascia medio – collinare, caratterizzati da una agricoltura più tradizionale, l’eterogeneità ambientale è marcatamente più elevata di quanto non sia in pianura, a causa della presenza e della buona distribuzione della copertura vegetale permanente costituita da siepi, filari, cespugliati e boschi. I miglioramenti ambientali in questi territori dovrebbero essere mirati, quasi esclusivamente, al mantenimento e, dove necessario, al ripristino dei metodi colturali tradizionali (rotazione cereali-leguminose) e alla riduzione dell’impatto delle lavorazioni agricole sulla fauna (fienagione e relativa distruzione di nidi e giovani). 135 Nei comprensori in cui predominano gli incolti e la forestazione causati dall’abbandono delle attività agricole, e cioè nei territori situati a quote più elevate, è opportuno intervenire con coltivazioni a perdere per incrementare la disponibilità alimentare o con opere di miglioramento forestale dirette ad aumentare la capacità portante del territorio per le specie di Ungulati vocazionali o uccelli silvicoli o, ancora, con il recupero di pascoli abbandonati o sotto utilizzati. Pertanto, sulla base dell’utilità che può essere riconosciuta, a ciascuna categoria, nell’incrementare la diversificazione e la qualità dell’habitat per le specie di interesse nel contesto agro-forestale del territorio considerato, sarà possibile stabilire una definizione preliminare di priorità distinguendo tra categorie d’intervento prioritarie, categorie d’intervento non prioritarie ma significative e categorie d’intervento non particolarmente significative. Una tale definizione di priorità, preliminare e generale, dovrà poi confrontarsi con la vocazione faunistica per le specie di interesse della zona considerata. E’ infatti opportuno che gli interventi di miglioramento ambientale siano preferibilmente programmati e realizzati nei territori aventi valori intermedi di vocazionalità, in quanto più adatti al raggiungimento di condizioni ottimali di quanto non lo siano i territori a bassa vocazione. Infatti sulla base di studi effettuati è ormai appurato che incrementi, anche modesti, dei valori di diversità ambientale e frammentazione dell’habitat, possono produrre effetti significativi sulla vocazionalità, per tutte le specie faunistiche anche laddove i livelli di partenza della qualità dell’habitat sono scadenti. Al contrario interventi effettuati in aree ove vi siano valori elevati di vocazionalità per le specie di interesse, di diversità ambientale e di frammentazione dell’habitat non danno risultati apprezzabili. Livelli intermedi di priorità saranno da prevedere qualora l’intorno del sito interessato dall’intervento risulti caratterizzato da bassa vocazione faunistica per le specie di interesse e/o da livelli intermedi di diversità ambientale e frammentazione dell’habitat. Dovranno essere ritenuti comunque prioritari interventi rivolti a specie di prevalente interesse conservazionistico e/o a territori caratterizzati dalla loro presenza così come pure interventi da realizzarsi su territori su cui vengono realizzati specifici progetti di reintroduzione di specie faunistiche. In questi casi infatti la finalità di eventuali miglioramenti ambientali è, principalmente, di tutelare, migliorare lo status e potenziare le entità faunistiche presenti privilegiando, anche indipendentemente dalla qualità dell’habitat, le situazioni di pregio esistenti. Sarà poi opportuno, all’interno della medesima categoria di intervento, dare priorità a quelli che abbiano dimensioni contenute risultando di gran lunga preferibile un maggior numero di interventi distribuiti sul territorio, piuttosto che la concentrazione dei medesimi in blocchi di grandi dimensioni. Qualora i terreni ricadano all'interno dei Siti Natura 2000 (comprendente anche i Siti di Importanza Regionale) gli interventi di miglioramento ambientale devono essere programmati e realizzati in coerenza con quanto riportato nello studio di incidenza del PFV in merito alle "specie" , agli "habitat" , alle "criticità" e alle "misure di conservazione" previste per il Sito stesso. Nel Bando dei miglioramenti ambientali sia di competenza della Provincia che di competenza dell'ATC deve essere prevista una specifica premialità per coloro che , all'interno dei Siti, realizzino interventi funzionali alla conservazione della Biodiversità, come da Del. G.R. 644/2004 e da successive normative e regolamenti vigenti in materia. Per quanto riguarda i territori a caccia privata, in particolare le Aziende Faunistico Venatorie, comprendenti interamente o parzialmente Siti della Rete Natura 2000, i titolari dell'autorizzazione sono tenuti alla pianificazione di interventi volti alla conservazione di specie ed habitat nel rispetto degli indirizzi forniti dalla Regione Toscana e da strumenti e programmi a livello Comunitario e Nazionale. 136 Il Comitato di Gestione dell'ATC di competenza, d'intesa con la Provincia, nell'assegnazione dei contributi per i miglioramenti ambientali, dovrà privilegiare , ai sensi della Delibera di C. P. n. 209 del 30/12/2009 che approva le Direttive per la disciplina ambientale e urbanistica dell'Area contigua della Riserva Naturale Provinciale del Lago di Sibolla – SIR-SIC 26, gli interventi sui terreni ricadenti all'interno delle Aree contigue di secondario interesse ambientale Complementarietà con altri finanziamenti Poiché i contributi previsti per i miglioramenti ambientali dalla vigente normativa in materia di protezione della fauna e regolamentazione dell’attività venatoria costituiscono una misura complementare ai finanziamenti di origine diversa provenienti dalla legislazione comunitaria, nazionale e regionale nel settore agricolo e nel settore ambientale, sarà necessario, in sede di predisposizione dei Bandi attuativi, prevedere opportuni strumenti amministrativi per accertare che non sussistano sovrapposizioni tra i diversi tipi di finanziamento. Omogeneità di applicazione I criteri esposti in questa sede dovranno orientare la programmazione degli interventi di miglioramento ambientale a fini faunistici dell’Amministrazione Provinciale, degli Ambiti Territoriali di Caccia e degli istituti di gestione privata. Divieti e prescrizioni E' vietato cacciare in prossimità delle colture a perdere attuate nell'ambito del Bando di miglioramento ambientale di competenza provinciale e di competenza ATC. Le colture a perdere devono essere opportunamente segnalate con tabelle di divieto di caccia ai sensi dell'art. 42 della L.3/94 quali "colture in atto". 17.2 Le tipologie di Intervento di Miglioramento Ambientale Nelle pagine seguenti vengono indicati gli interventi di miglioramento ambientale di particolare interesse per il territorio Provinciale. All’Amministrazione e agli Ambiti Territoriali di Caccia spetterà, con bandi annuali per i rispettivi territori di competenza, stabilire per ogni tipologia le condizioni di attuazione. Di seguito indicheremo inoltre i criteri attuativi per la predisposizione dei suddetti bandi, i compiti e le competenze degli ATC e della Provincia. A ) Colture per l'alimentazione della piccola fauna selvatica La finalità dell’intervento è di incrementare le disponibilità alimentari per la fauna selvatica anche in periodi critici dell’anno, interrompere la monotonia ambientale con la creazione di ecotoni e aumentare la biodiversità. Dovranno essere previste semine primaverili o autunnali di graminacee e/o leguminose che verranno lasciate sul terreno per 12 mesi a disposizione della fauna selvatica, privilegiando gli interventi che prevedano la semina di essenze che si diversificano da quelle presenti nell’ambiente circostante non solo per qualità ma soprattutto per epoca di semina. (Per esempio in zone a prevalenza di colture a semina primaverile, saranno privilegiati interventi che prevedono la semina di colture autunnali e viceversa). Sulle colture non potranno essere adottate tecniche pregiudizievoli per l’equilibrio ambientale ma dovranno comunque essere eseguite tutte le pratiche 137 necessarie alla buona riuscita della coltivazione. Le superfici interessate dall’intervento dovranno essere comprese tra i 1.000 e i 5.000 mq non potranno essere contigue e dovranno avere una distanza di almeno 50 mt. da valutarsi in relazione al contesto ambientale e alla conseguente necessità di intervento. Più interventi effettuati su una singola particella (o “presella” v. Bientina) verranno sommati e rientreranno nella categoria di riferimento per il totale di mq lavorati. In particolari contesti ambientali (zone montuose, presenza di terrazzamenti, etc) la dimensione minima del singolo intervento potrà essere inferiore ai 1.000 mq. La distanza dell’intervento da strade asfaltate altamente trafficate dovrà essere superiore a 50 mt., mentre dai fabbricati ad uso abitativo o lavorativo dovrà essere superiore a 100 mt. fatta eccezione per immobili disabitati. Tale distanza potrà essere diminuita, fino a 50 mt., in particolari casi quali: zone montuose o collinari altamente boscate con presenza di pochi nuclei abitativi. Specie di valore gestionale: Phasianidi, Lepre, Cervidi (o anche cinghiale in funzione di dissuadere la frequentazione di colture di interesse o di aree limitrofe ai centri abitati). B ) Recupero incolti e cespugliati Questa tipologia di intervento, finalizzata ad interrompere la monotonia ambientale con la creazione di ecotoni e aumento della biodiversità, mediante la ripulitura di terreni incolti invasi da vegetazione erbacea e arbustiva potrà essere collegata alla successiva realizzazione di colture destinate all’alimentazione della fauna selvatica (Intervento A), E’ previsto il decespugliamento, la trinciatura di stocchi sul campo e/o l’erpicatura con frangizolle a disco e ripulitura salvaguardando le specie arboree e le piante in grado di produrre bacche e frutti appetiti dalla fauna selvatica. L’estensione di ogni singola zona che si intende recuperare non dovrà superare i 5.000 mq e deve essere garantita la non contiguità tra un intervento e l’altro. La distanza da strade asfaltate altamente trafficate dovrà essere superiore a 50 mt., mentre da fabbricati ad uso abitativo o lavorativo dovrà essere superiore a 100 mt. fatta eccezione per immobili disabitati. Tale distanza potrà essere diminuita, fino a 50 mt., in particolari casi quali: zone montuose o collinari altamente boscate con presenza di pochi nuclei abitativi. Specie di valore gestionale interessate: Lepre, Cervidi, Phasianidi. C) Creazione fasce inerbite L’intervento consiste nella realizzazione di fasce inerbite ecotonali, lungo i seminativi e le scoline, con funzione di rifugio per la fauna selvatica. L’estensione della superficie di ogni singola fascia non dovrà essere superiore ai 2.500 mq, la larghezza massima non dovrà preferibilmente superare i 10 metri e la distanza tra le fasce dovrà essere di almeno 150 ml. Non dovrà essere eseguita nessuna lavorazione pregiudizievole per l’equilibrio ambientale. L’utilizzo e lo spandimento di fitofarmaci lungo tali fasce è vietato. Per ogni richiedente l’estensione delle fasce inerbite non potrà superare una soglia percentuale 138 rispetto all’estensione dell’intervento “Colture per l’alimentazione della piccola fauna selvatica” e “Rilascio fasce di prodotto agricolo”. Nel caso il rilascio di fasce inerbite sia realizzato indipendentemente dagli interventi di tipologia A e D l’estensione non potrà superare una percentuale dell’ampiezza dell’unità di coltivazione (particella, presella, ecc..). Specie di valore gestionale interessate: Lepre, Rallidi, Phasianidi. D) Rilascio fascce di prodotto agricolo Con questo intervento si intende incrementare la disponibilità alimentare per la piccola fauna stanziale soprattutto nel periodo invernale e creare aree di rifugio. Lungo il perimetro o all’interno di colture foraggere o cerealicole potrà essere previsto il rilascio di fasce del prodotto esistente di ampiezza non superiore ai 6 ml. La miglior resa dell’intervento si avrà con una buona distribuzione sul territorio evitando di concentrare la presenza in un unica zona. La coltura dovrà rimanere in piedi per semine autunnali fino alla primavera dell’annata successiva alla raccolta, per semine primaverili fino alla primavera successiva alla semina. Questo intervento sarà prevedibile solo in zone con ridotta presenza di terreni coltivati. Specie di valore gestionale interessate: Phasianidi e Lepre. E) Realizzazione e manutenzione di struttre di ambientamento della piccola fauna selvatica Potranno essere concessi finanziamenti, ai proprietari e conduttori dei fondi, per il mantenimento o la realizzazione di strutture di ambientamento della piccola fauna selvatica. Tali strutture dovranno essere prioritariamente realizzate congiuntamente ad un piano di riqualificazione ambientale che preveda la realizzazione di miglioramenti ambientali sul territorio circostante determinando l’aumento della disponibilità trofica dell’ambiente, di siti di rifugio e di nidificazione per la fauna selvatica. Le strutture dovranno essere realizzate secondo le più sperimentate tipologie costruttive che, ad oggi, garantiscono il maggior successo delle operazioni di ambientamento. Dovrà comunque essere previsto un recinto a cielo aperto intorno alla struttura principale dal quale gli animali potranno irradiarsi gradualmente nel territorio circostante. La struttura dovrà essere situata ad una distanza di almeno 500 ml da strade e da edifici destinati ad abitazione o luogo di lavoro. Dovrà essere garantito il funzionamento per almeno 10 anni. Specie di valore gestionale interessate: Phasianidi. F) Piantumazione siepi - Mantenimento e ripristino siepi esistenti Verranno concessi finanziamenti sia per il mantenimento che per l’impianto ex novo di siepi costituite da piante di medio-alto fusto alternate a cespugli. L’intervento permetterà così di ricreare o preservare fasce ecotonali incrementando i luoghi di alimentazione, nidificazione e rifugio. Le siepi potranno essere a fila semplice o doppia e saranno costituite da essenze selvatiche e piante selvatiche da frutto appetite alla fauna. Alla base, per una profondità di almeno 3 metri, dovrà essere 139 mantenuta una fascia libera da coltivazioni agrarie e accuratamente inerbita che potrà essere sfalciata annualmente una sola volta dopo il 20 luglio (salvo proroghe motivate concesse dalla Provincia). Specie di valore gestionale interessate: Fagiano, Starna e Lepre. G) Recupero e realizzazione punti acqua L’intervento consiste nel recupero di vecchi fontanili, vasche di abbeverata per il bestiame e sorgenti al fine di renderli fruibili da parte della fauna selvatica. Per il recupero dovranno essere utilizzati gli stessi materiali con i quali è costruita la struttura, i nuovi interventi dovranno essere realizzati con materiali e tipologie costruttive tradizionali. Il terreno circostante per un raggio di almeno 10 metri dovrà essere liberato da arbusti e quant’altro. I punti d’acqua dovranno avere una alimentazione continua (è vietata qualsiasi captazione o derivazione d’acqua) e non potranno essere ricompresi all’interno di aree recintate non liberamente fruibili alla fauna selvatica. L’intervento sarà ammesso solo previo sopralluogo con esito favorevole tenuto conto della localizzazione e della effettiva capacità di soddisfare le esigenze della fauna selvatica. Specie di valore gestionale interessate: Ungulati Phasianidi H) Valorizzazione agrituristica di percorsi per l'accesso alla natura e alla conoscenza scientifica e culturale della fauna ospite Sono previsti contributi per il recupero o la realizzazione ex-novo (ripulitura, ricostituzione pendenze scolo acque, segnalazione, cartellonistica) di sentieri, vecchi tratturi per trekking, escursionismo equestre o mountain bike al fine di migliorare la fruizione dell’ambiente naturale attraverso percorsi non pregiudizievoli per gli equilibri naturali. Nel caso di realizzazione ex-novo il progetto dovrà aver ottenuto tutte le necessarie autorizzazioni e sarà ammesso solo previo sopralluogo con esito favorevole. I ) Messa a dimora di piante da frutto L’intervento prevede la messa a dimora di specie arbustive da frutto scelte tra le varietà più appetite alla fauna selvatica con l’intento di offrire ad essa una più ampia varietà pabulare. Questa tipologia di intervento sarà da prevedersi preferibilmente in ambienti di collina o montagna. Il vincolo per il beneficiario sarà di almeno 10 anni durante i quali egli dovrà provvedere al mantenimento e all’eventuale sostituzione di fallanze. L ) Allagamento di terreni Realizzazione di zone umide temporanee mediante allagamento dei terreni al fine di ottenere superfici di estensione compresa tra i 3.000 e i 10.000 mq e con profondità tale da garantire una adeguata efficacia nei confronti della fauna interessata. L’acqua dovrà permanere per tutto l’anno su almeno il 50% della superficie. Potranno essere valutati interventi anche di estensioni maggiori qualora siano particolarmente auspicabili per la conservazione. Le specie di valore gestionale interessate sono: Anatidi, Rallidi e Limicoli. L’intervento dovrà permanere almeno per 5 anni. 140 M ) Salvaguardia di piccole aree umide L’intervento ha come obiettivo quello di preservare e/o ripristinare piccole aree umide: torbiere, sfagnete o marcite che per le peculiari caratteristiche di habitat ospitano comunità animali di interesse conservazionistico. L’intervento potrà essere autorizzato là dove ci siano evidenze, accertate da opportuna relazione tecnica stilata da un professionista, che testimonino la natura dei luoghi e l’importanza a fini conservazionistici degli interventi proposti. Potranno essere finanziate anche recinzioni, di altezza non superiore a 110 cm, atte a prevenire l’ingresso di specie ungulate che possano direttamente incidere sulla conservazione dei luoghi. La zona dovrà essere dotata di appositi pannelli informativi recanti indicazioni sull’habitat che viene preservato. Specie di valore gestionale interessate: Specie migratrici, Anatidi, Rallidi e Limicoli, Beccaccia . N) Miglioramento faunistico di aree allagate L’intervento ha lo scopo di migliorare la naturalità delle aree allagate artificialmente anche attraverso opere di ingegneria naturalistica, realizzazione di isolotti semi-naturali, ecc. Le specie di valore gestionale interessate sono: Specie migratrici, Anatidi, Rallidi e Limicoli, Beccaccia . 17.3 Criteri attuativi per gli Interventi di Miglioramento Ambientale di competenza della Provincia Priorità Annualmente, per ogni istituto di competenza Provinciale e per ogni zona, potrà essere stabilito un diverso ordine di priorità di accoglimento delle domande tenendo conto del tipo di intervento che si ritiene debba essere attuato e di eventuali progetti di ripopolamento e/o reintroduzione di piccola fauna selvatica che la Provincia intenda realizzarvi. I criteri di priorità potranno inoltre stabilire che: • conduttori di aziende agricole singole e associate abbiano priorità di accesso ai fondi. • per interventi della stessa tipologia sia data priorità a quelli che garantiranno una migliore distribuzione sull’area interessata. L’attuazione delle suddette priorità verrà disciplinata mediante i Bandi annuali di accesso ai finanziamenti. Modalità di accesso ai finanziamenti All’inizio di ogni anno solare saranno predisposti i Bandi di accesso ai contributi per 141 miglioramenti ambientali e di incremento faunistico che dovranno indicare: • i soggetti beneficiari • la modalità di presentazione della domanda • data di scadenza per la presentazione • dati personali dei richiedenti ed estremi identificativi dei terreni interessati • dall’intervento • documentazione da allegare alla domanda • il regime di aiuti • modalità di istruttoria • modalità rilascio autorizzazione • impegni a carico dei richiedenti • accertamento degli interventi • erogazione contributo • decadenza e revoca • eventuali ricorsi 17.4 Criteri attuativi per gli Interventi di Miglioramento Ambientale di competenza degli Ambiti Territoriali di Caccia Annualmente entro il 31 ottobre il Comitato di Gestione dell’ATC propone un proprio Piano Tecnico di intervento relativo ai miglioramenti ambientali che intende attuare nell’anno successivo. Nel Piano dovranno essere indicate: • le valutazioni, fatte per aree, del carico di selvaggina presente; • gli obiettivi che si intende raggiungere attraverso la pratica dei miglioramenti ambientali; • le priorità e le aree di intervento, in accordo con gli indirizzi Provinciali; • una valutazione sul numero di animali per singola specie che si intende immettere nelle diverse aree, in base anche a quanto stabilito nel Piano delle immissioni. L’Amministrazione Provinciale valuta la corrispondenza del Piano con i criteri di programmazione dei miglioramenti ambientali stabiliti all’interno del Piano Faunistico Venatorio e in eventuali altri atti successivi riservandosi di richiedere gli eventuali adeguamenti. Entro la stessa data il Comitato di Gestione invia, anche su supporto informatico per l’inserimento nel sito della Provincia, copia del Bando di accesso per i miglioramenti ambientali che dovrà contenere: 142 Priorità L’ATC nel fissare i criteri ai quali attenersi per formulare una graduatoria per l’assegnazione del finanziamento dovrà dare priorità, rispetto alle altre istanze, nell’ordine a: 1. Il Comitato di Gestione dell'ATC di competenza, d'intesa con la Provincia, nell'assegnazione dei contributi per i miglioramenti ambientali, dovrà privilegiare , ai sensi della Delibera di C. P. n. 209 del 30/12/2009 che approva le Direttive per la disciplina ambientale e urbanistica dell'Area contigua della Riserva Naturale Provinciale del Lago di Sibolla – SIR-SIC 26, gli interventi sui terreni ricadenti all'interno delle Aree contigue di secondario interesse ambientale ; 2. domande contenenti interventi da realizzarsi all’interno di Zone di Rispetto Venatorio; 2. domande presentate da conduttori di aziende agricole singole e associate; 3. domande contenenti interventi che per la stessa tipologia garantiscano una migliore distribuzione sull’area interessata. modalità di presentazione della domanda • data di scadenza per la presentazione • dati personali dei richiedenti • Cognome, nome, luogo e data di nascita; • Residenza e recapito telefonico; • Codice Fiscale o Partita I.V.A. • titolo di possesso dei terreni; • estremi identificativi dei terreni interessati dall’intervento (Comune, foglio catastale e n° di particella; • Descrizione delle colture praticate dall’azienda documentazione da allegare: • cartografia di insieme 1:10.000 e mappa catastale in scala 1:2.000 con evidenziata la zona oggetto dell’intervento (indicare chiaramente se si tratta di particelle complete o porzioni di particelle catastali; in quest’ultimo caso indicarne chiaramente l’estensione specificando le dimensioni); • autorizzazione del proprietario o del comproprietario ad eseguire le opere previste e alla riscossione del relativo contributo. In alternativa dichiarazione sostitutiva di atto notorio sottoscritta dal richiedente. visura catastale aggiornata agli ultimi tre mesi di tutte le particelle oggetto di intervento; • progetto analitico con la descrizione delle opere e degli interventi da realizzare; • ogni altra eventuale autorizzazione o concessione necessaria per le opere da effettuare. Ricorsi I Comitati di Gestione degli ATC eseguono la selezione delle domande pervenute sulla base dei 143 criteri indicati nel bando e in accordo con il piano di intervento, accertano la regolarità tecnica e amministrativa e la completezza dei documenti e, mediante apposito verbale, ammettono la domanda a contributo e danno comunicazione all’interessato. Entro il 31 maggio l’ATC invia all’Amministrazione Provinciale un elenco dettagliato delle domande ammesse a contributo nel quale dovrà essere indicato per ogni beneficiario nome e cognome, comune, tipo di intervento, superficie ammessa a contributo, importo che si presume di liquidare. Il suddetto elenco dovrà essere fornito anche su supporto magnetico. Al fine di consentire alla Provincia l’espletamento di controlli a campione dovrà essere allegata copia delle domande ammesse, complete di tutta la documentazione. L’ATC verifica, mediante sopralluoghi effettuati da tecnici, l’effettiva consistenza degli interventi realizzati e trasmette alla Provincia copia di tutti i verbali dei sopralluoghi di collaudo. Tale invio dovrà avvenire entro e non oltre il 30 giugno per interventi di colture a perdere autunno-vernini ed entro il 31 ottobre per quelli primaverili–estivi e comunque sempre entro il 31 ottobre per tutte le altre tipologie di interventi. L’ATC potrà richiedere la liquidazione degli importi relativi agli interventi collaudati alla scadenza del periodo previsto per la permanenza in campo della coltura allegando un elenco che dovrà contenere per ogni beneficiario: • • • nome e cognome, Comune, interventi realizzati con indicazione delle quantità (ha, ml, ecc.) e degli importi da liquidare, • importo totale del contributo. La Provincia prima della liquidazione potrà effettuare controlli a campione, secondo le modalità previste con apposito atto, al fine di verificare l’esatta corrispondenza tra somme impegnate, lavori eseguiti e fondi richiesti. 18. CRITERI PER IL MONITORAGGIO DELLA FAUNA I presenti criteri si applicato a tutto il territorio della provincia di Lucca. Le stime delle popolazioni animali dovranno essere certificate da personale tecnico qualificato. 18.1 Monitoraggio degli Ungulati Capriolo Censimento in battuta su aree campione per la definizione delle densità del capriolo prima delle nascite. Come da parere ISPRA, la superficie censita annualmente con il metodo dei censimenti in battuta non deve essere inferiore al 10% della superficie boscata presente nell’unità territoriale di riferimento, al fine di garantire una maggiore “robustezza” dei dati ricavati nelle aree campione da estrapolare all’intero territorio cacciabile. 144 All’interno dell’unità territoriale di riferimento, il numero minimo di giornate di censimento in battuta che devono essere effettuate è pari a 2. Al fine di raggiungere la percentuale di superficie censita non inferiore al 10%, possono essere previste ulteriori giornate di censimenti in battuta, rispetto al numero minimo pari a 2, la partecipazione alle quali è comunque obbligatoria per poter accedere alle attività di gestione. Le date dei censimenti devono essere comunicate alla Polizia Provinciale e all’Ufficio Risorse Faunistiche della Provincia in forma scritta almeno sette giorni prima della data dell’effettuazione degli stessi. Il periodo utile per la realizzazione del censimento in battuta è quello in cui la distribuzione dei caprioli tende ad essere meno aggregata e più casuale (mesi di febbraio/marzo e, nelle zone appenniniche, massimo fino alla fine di aprile). Si ritiene quindi necessario, a tutela della riproduzione delle popolazioni presenti sul territorio provinciale e nel rispetto del parere fornito da ISPRA, che le operazioni di censimento in battuta debbano concludersi entro il 30 aprile di ogni anno. Censimento a vista in contemporanea da punti vantaggiosi fissi mappati per il rilevamento dei dati per la struttura di popolazione. Per ciascuna sessione di censimento si deve prevedere l'arrivo al punto di osservazione almeno mezz'ora prima del sorgere del sole (per uscite mattutine) e permanenza nel punto di osservazione per un periodo di almeno due ore consecutive (sia per le uscite mattutine che pomeridiane). I periodi in cui eseguire i censimenti a vista sono febbraio-aprile. All’interno dell’unità territoriale di riferimento, il numero minimo di giornate di censimento a vista da effettuarsi in simultanea da punti vantaggiosi mappati è pari a 2. Le date dei censimenti devono essere comunicate alla Polizia Provinciale e all’Ufficio Risorse Faunistiche della Provincia in forma scritta almeno sette giorni prima della data dell’effettuazione degli stessi. Pellet group count. Generalmente questa tecnica è applicata per ottenere una stima dell’abbondanza dei Cervidi in ambienti caratterizzati da un’estesa copertura di bosco, laddove altre metodologie risultano inapplicabili. Il concetto di base è che la densità dei gruppi di pellet è correlata al numero medio di animali presenti nella medesima area per un dato periodo. Il campionamento dovrà essere condotto su Unità Campione, scelte tramite selezione casualesistematica tra tutte le potenziali Unità Campione, e secondo un criterio di stratificazione con allocazione del numero di aree proporzionale all'estensione dei diversi strati vegetazionali basandosi sulla carta dell'uso del suolo in scala 1:25.000. Per la stima della densità del capriolo possono essere effettuati anche censimenti notturni con faro su percorso campione. Su apposita scheda deve essere annotata l’area illuminata, la distanza percorsa e il numero dei capi avvistati che devono essere riportati anche su di una mappa con l’uso del suolo in scala 1:5000. Il censimento dovrà essere svolto dal 31 gennaio al 15 marzo di ogni anno. Muflone conteggio diretto a vista in contemporanea da punti fissi vantaggiosi mappati per la definizione delle densità e della struttura di popolazione del muflone. I censimenti si svolgono nel periodo 1 marzo - 20 maggio e 1 ottobre – 15 novembre di ciascun anno. Nel periodo 1 marzo – 20 maggio dovranno essere effettuate almeno 2 giornate di censimento, a 145 distanza di non meno di 30 giorni. Nel periodo 1 ottobre – 15 novembre dovrà essere effettuata almeno 1 giornata di censimento . Ogni “giornata di censimento” comprende due sessioni da effettuarsi rispettivamente all’alba e al tramonto con permanenza nel punto di osservazione per un periodo di almeno due ore consecutive. Le date dei censimenti devono essere comunicate alla Polizia Provinciale e all’Ufficio Risorse Faunistiche della Provincia in forma scritta almeno sette giorni prima della data dell’effettuazione degli stessi. Per la stima della densità del muflone possono essere effettuati anche censimenti notturni con faro su percorso campione. Su apposita scheda deve essere annotata l’area illuminata, la distanza percorsa e il numero dei capi avvistati che devono essere riportati anche su di una mappa con l’uso del suolo in scala 1:5000. Il censimento dovrà essere svolto nel periodo 31 gennaio - 15 marzo. Cervo Conteggio al bramito. Il conteggio al bramito prevede la quantificazione dei maschi socialmente adulti attraverso l’ascolto, la rilevazione goniometrica e quindi la triangolazione delle emissioni sonore (bramiti) dei maschi presenti in settori di vaste dimensioni . I criteri per la raccolta di dati di consistenza con questo metodo sono: · individuazione preliminare dei punti di rilevamento (ascolto) su carta topografica 1:10.000, con densità indicativa di 1 punto ogni 100 ha, abbassabile a 1 punto ogni 200-300 ha nelle aree a minore densità; · date di censimento di norma nel mese di settembre; · rilevamento di tre ore comprese tra le 19.00 e le 24.00; · censimento in contemporanea in prossimità del crinale e nelle vallate di confine tra amministrazioni diverse (Province, Parchi); · utilizzo di un quadrante goniometrico per la valutazione della provenienza dei bramiti da orientare prima dell'inizio del rilievo con una bussola di precisione; · registrazione su scheda delle direzioni di provenienza dei bramiti e della distanza indicativa; · determinazione del numero di maschi per triangolazione effettuate da due o più punti; · conteggio dei maschi non triangolati; La consistenza della popolazione viene calcolata a partire dal numero di maschi censiti e dalla frequenza relativa dei maschi adulti nella popolazione. Protocollo operativo per il rilevamento della struttura demografica della popolazione Il rilevamento della struttura demografica della popolazione di cervo costituisce parte integrante del metodo di censimento al bramito. Sono definiti i seguenti criteri per l'analisi della struttura di popolazione: · periodo di raccolta delle osservazioni da luglio a gennaio, devono essere effettuati almeno due uscite in periodo "pre bramito" e altrettante uscite in periodo "post bramito"; · le osservazioni devono essere pianificate in simultanea nelle diverse aree di indagine; · le osservazioni dovranno essere effettuate preferibilmente da appostamento, alla cerca lungo 146 transetto diurno-crepuscolare o di notte con faro alogeno e autoveicolo; · le osservazioni vengono registrate su apposita scheda annotando data, ora, localizzazione, classe di sesso e di età di ciascun individuo osservato; · per i censimenti lungo transetto, questi ultimi devono essere individuati su carta topografica 1:10.000, in modo che sia garantita la copertura totale delle principali aree aperte in prossimità delle strade; · mappatura degli animali osservati su carta topografica 1:10.000. Pellet group count. Generalmente questa tecnica è applicata per ottenere una stima dell’abbondanza dei Cervidi in ambienti caratterizzati da un’estesa copertura di bosco, laddove altre metodologie risultano inapplicabili. Il concetto di base è che la densità dei gruppi di pellet è correlata al numero medio di animali presenti nella medesima area per un dato periodo. Il campionamento dovrà essere condotto su Unità Campione, scelte tramite selezione casualesistematica tra tutte le potenziali Unità Campione, e secondo un criterio di stratificazione con allocazione del numero di aree proporzionale all'estensione dei diversi strati vegetazionali basandosi sulla carta dell'uso del suolo in scala 1:25.000. Censimenti notturni con faro su percorso campione. Su apposita scheda deve essere annotata l’area illuminata, la distanza percorsa e il numero dei capi avvistati che devono essere riportati anche su di una mappa con l’uso del suolo in scala 1:5000. Il censimento dovrà essere svolto nel periodo 31 gennaio - 15 marzo. Dove le condizioni ambientali lo consentono può essere effettuato anche il conteggio da punti vantaggiosi al primo verde. I criteri per la raccolta di dati di consistenza e struttura con questo metodo sono: • individuazione preliminare dei punti di osservazione su carta topografica 1:10.000, in modo che sia garantita la copertura totale delle aree aperte di dimensioni superiori a 1,56 ha; • date di censimento, di norma nei mesi di marzo e aprile; • osservazioni in simultanea su tutta l’area oggetto di indagine; • n. 4 sessioni di conta di cui almeno 2 mattutine; • eventuale mappatura degli animali osservati su carta topografica 1:10.000; • scelta della sessione migliore per l’elaborazione; Cinghiale La raccolta dei dati sulla popolazione deve essere condotta attraverso le seguenti tecniche: Ormature su percorso fisso: finalizzate alla stima delle densità relative in aree con diverse caratteristiche ambientali; i percorsi (almeno 2 per ogni Zona di Caccia) devono essere considerati fissi (almeno 3 anni) e la loro localizzazione e lunghezza deve essere comunicata – tramite dati georeferenziati – all’Amministrazione Provinciale prima dell’inizio dei rilevamenti. Carniere standardizzato: standardizzazione del carniere (numero di capi abbattuti) sullo sforzo di caccia (numero di partecipanti, numero di cani, numero di giornate di caccia) e sull’estensione 147 dell’area di battuta. Osservazioni da punto fisso : (anche tramite l’utilizzo di fototrappole): osservazioni presso appositi siti di foraggiamento (temporaneo, da ripetere per alcuni giorni prima delle osservazioni), per la determinazione della struttura di popolazione in periodo pre-venatorio e postvenatorio; la localizzazione dei punti di osservazione (almeno 2 per Zona di Caccia) deve essere resa nota all’Amministrazione Provinciale prima dell’inizio dei rilevamenti, attraverso dati georeferenziati. Struttura del carniere: analisi della composizione qualitativa del carniere (per classi di sesso ed età). Analisi degli uteri: analisi dell’apparato riproduttivo delle femmine abbattute, tramite esame delle ovaie (numero di corpi lutei) e del contenuto dell’utero (numero di feti). Misurazioni biometriche: misurazione dei principali parametri biometrici (peso, lunghezza testatronco, etc.) di ogni animale abbattuto. Monitoraggio sanitario : il monitoraggio sanitario del cinghiale deve mirare alla prevenzione dei problemi derivanti da patologie eventualmente presenti nelle popolazioni selvatiche, che possano incidere sulla popolazione stessa e/o sull’uomo. In particolare risulta fondamentale il controllo epidemiologico costante della diffusione della trichinellosi sul territorio. A tal fine è già in atto una collaborazione tra gli Ambiti Territoriali di Caccia e l’Azienda Sanitaria locale Lucca 2 a cui è essenziale assicurare la necessaria continuità. 18.2 Monitoraggio della piccola Selvaggina stanziale Lepre Censimenti notturni con faro su percorso campione : per la rilevazione della densità di lepre (a scelta con metodo “area illuminata” o “distance sampling”); dovrà essere fornita una cartografia della viabilità percorsa (transetto) e la copertura del suolo (uso del suolo), dovranno essere annotati su apposita scheda: l’area illuminata, la distanza percorsa, ed oltre alla lepre anche il numero di capi delle seguenti specie: capriolo, muflone, cervo, cinghiale. Gli avvistamenti devono essere annotati anche su una mappa con l’uso del suolo in sala 1:5.000. Il censimento dovrà essere svolto dal 31 gennaio al 15 marzo di ogni anno. I censimenti in battuta : possono rappresentare una buona alternativa al censimento notturno con faro qualora si debba operare in aree caratterizzate da elevato coefficiente di boscosità, morfologia accidentata e con scarsa copertura viaria. Tali censimenti potranno essere svolti nel periodo postriproduttivo (gennaio-febbraio). Pellet group count.: metodica di censimento indiretta basata sul conteggio delle pallottole fecali rinvenute sul territorio per risalire ad un indice di abbondanza o, con l’ausilio di alcune assunzioni, alla densità di una popolazione. Si conteggiano i pellet fecali che si trovano all’interno di aree campione, denominate plot, o lungo transetti percorsi da singolo operatore o da punti di osservazione. I conteggi devono essere effettuati in tre periodi: il primo dopo la chiusura della stagione venatoria, al fine di stimare la dimensione della popolazione prima dei parti e quindi dell’apporto dei giovani, il secondo nel momento di massima densità della popolazione per la presenza dei giovani (produttività), infine il terzo prima dell’apertura della nuova stagione venatoria per poter valutare il tasso di mortalità e la dimensione della popolazione prima degli abbattimenti. 148 Galliformi: Conteggi invernali FAGIANO, PERNICE ROSSA, STARNA, COTURNICE Censimenti diurni in autovettura su percorso campione mediante calcolo dell’IKA (Indice Kilometrico di Abbandondanza), da attuarsi su percorsi che coprano ampie aree dotate di buona viabilità; dovrà essere annotata la distanza percorsa ed il numero di capi delle diverse specie. Il censimento dovrà essere svolto dal 31 gennaio al 15 aprile di ogni anno. Conteggi primaverili e estivi STARNA, PERNICE ROSSA, COTURNICE Conteggio dei maschi territoriali, n. minimo accertato in primavera, mediante l’emissione di richiami registrati (playback). Questo conteggio deve essere effettuato sull’intera unità di gestione, se di limitata estensione (<2000 ha); su aree campione per unità di gestione molto estese (ATC). I criteri di scelta delle aree campione sono: rappresentatività dell’unità di gestione sotto il profilo dell’idoneità ambientale per la specie, l’estensione complessiva pari a circa il 20% delle aree idonee alle singole specie in ciascuna unità di gestione, stabilità di queste aree negli anni per meglio valutare il trend. Modalità di esecuzione del monitoraggio primaverile: • definizione di una serie di transetti percorsi contemporaneamente a piedi da più operatori (coturnice), nell’arco di una o più mattinate, oppure percorsi in auto su strade sterrate (starna e pernice rossa); • da punti fissi preordinati , tra loro distanti 300-500 m, emissione con magnetofono del canto territoriale del maschio (4 emissioni per 20” nelle quattro direzioni, con ascolto per 20” dopo ogni emissione); • dalla levata del sole fino alle ore 10 circa; • si inizia con transetti posti alle altitudini minori e si termina con quelli individuati sui rilievi maggiori; • si evitano i conteggi in giornate con vento forte e/o precipitazioni consistenti. • Sulla scheda di osservazione deve essere annotato: l’orario di ogni osservazione, il numero di esemplari (maschi e femmine), la precisa localizzazione del contatto su mappa (ortofotocarta), tipo di osservazione. Questi censimenti devono essere completati da conteggi a vista effettuati durante le prime due ore che seguono l'alba e nel pomeriggio avanzato, quando gli animali sono all'aperto nei luoghi di alimentazione. Rilievo delle nidiate, mediante il metodo del mappaggio, fissando nell’area interessata un reticolo di percorsi da effettuare in periodo estivo in autovettura. Le nidiate vengono individuate ispezionando con l’aiuto di binocoli i luoghi di alimentazione, al mattino e alla sera. Per ogni censimento deve essere evidenziato su una mappa in scala 1:10.000, il percorso fatto, l’orario di inizio e di fine operazione e tutte le osservazioni di nidiate. Per ciascun gruppo familiare si deve annotare su apposita scheda il numero dei giovani e il loro stadio di sviluppo. 149 FAGIANO Conteggio dei maschi in canto territoriale (aprile- maggio): predisporre un reticolo regolare di punti di ascolto, che copra l’intero territorio da sottoporre a censimento. Il raggio di ascolto sarà di circa 150-300 metri. Si calcola la densità media dei maschi nelle aree circolari, con successiva estrapolazione all’intero territorio. Il censimento al canto deve essere effettuato nelle prime ore del mattino (non oltre le ore 9) e alla sera (non prima delle 17:00) quando è massima questa attività. La consistenza complessiva della popolazione primaverile di fagiano, femmine incluse, potrà essere calcolata verificando il rapporto sessi con osservazioni (dall’auto) in prossimità delle aree di alimentazione (prime ore del mattino e tardo pomeriggio). Rilievo delle nidiate e delle femmine presenti, per valutare il successo riproduttivo, percorrendo in auto itinerari campione ben distribuiti sul territorio (strade sterrate) e perlustrando con il binocolo, i luoghi di alimentazione (prime ore del mattino fino alle 9 e pomeriggio, dalle 18 fino all’imbrunire). Di ogni nidiata deve essere rilevato il numero di giovani, determinata la loro età o in giorni o per classi (classi: 0-30, 30-60, 60-90, >90 gg) dalle dimensione e stato del piumaggio, annotando i dati su apposita scheda. Le femmine vanno distinte tra quelle con o senza prole. Le località di avvistamento devono essere riportate su carte topografiche in scala 1:10.000. 19. GESTIONE FAUNISTICO VENATORIA DEL CINGHIALE Il cinghiale (Sus scrofa) risulta attualmente l’ungulato più abbondante e diffuso nella Provincia di Lucca e anche quello più difficile da gestire. Questa specie è caratterizzata da elevate densità nei territori vocati e consistente presenza, almeno in certi periodi dell’anno, nei territori non vocati dove questa specie arreca elevati danni alle produzioni agricole. Il problema dei danni, oltre che alla densità della popolazione, è legato alle disponibilità alimentari del territorio ed in particolare a quella offerta dalle superfici forestali. A questo riguardo è da tenere presente l’effetto dell’imenottero cinipide Dryocosmus kuriphilus Yatsumatsu sulla fruttificazione del castagno che ha influito in questi ultimi due anni sull’erratismo alimentare di questa specie. Il cinghiale, non trovando risorse alimentari sufficienti nelle aree boscate, si è avvicinato sempre di più alle aree agricole e a quelle urbane, esercitando un forte negativo impatto sulle coltivazioni e sulla popolazione. D'altra parte, il cinghiale rappresenta una specie di grande e crescente importanza venatoria con tutte le conseguenze dirette ed indotte che ciò comporta sul piano faunistico e gestionale. Ad oggi più della metà dei cacciatori della Provincia risultano iscritti al Registro Provinciale della caccia al cinghiale in battuta come risulta dalla tabella sottostante. Questa situazione ha contribuito ad acuire i contrasti tra le diverse categorie sociali (cacciatori, agricoltori, enti pubblici) con interessi divergenti rendendo, unitamente ad alcune obiettive difficoltà di ordine tecnico, la gestione di questa specie particolarmente problematica. 150 Cacciatori iscritti al Registro provinciale di caccia al cinghiale rispetto al totale dei cacciatori Stagione venatoria N° cacciatori N° cacciatori iscritti al Registro % 2001/2002 11.937 3.668 30,72 2002/2003 11.978 3.153 26,32 2003/2004 11.653 3.301 28,33 2004/2005 11.586 3.305 28,52 2005/2006 11.040 5.737 52,00 2006/2007 10.771 5.913 54,89 2007/2008 10.443 6.124 58,64 2008/2009 10.170 6.205 61,01 2009/2010 9.911 6.382 64,39 2010/2011 9.669 6.535 67,89 2011/2012 9.403 6.493 69,05 2012/2013 8.911 6.517 73,13 2013/2014 8452 6492 76,81 19.1 Quadro normativo La gestione della popolazione di cinghiale (Sus scrofa) allo stato selvatico trova il proprio riferimento normativo nella legge 11 febbraio 1992, n. 157, nella L.R. 3/1994 di recepimento della normativa nazionale, nel Decreto del Presidente della Giunta Regionale Toscana 26 luglio 2011, n. 33/R “Regolamento di attuazione della legge regionale 13 gennaio 1994 n. 3. Da un punto di vista giuridico, il cinghiale fa parte della fauna selvatica oggetto di tutela da parte della legge nazionale sopra citata (art. 2, comma 1), ma, ai fini dell’esercizio venatorio, ne è consentito l’abbattimento nel periodo compreso tra il 1 di ottobre e il 31 dicembre o tra il 1 novembre e il 31 gennaio (art. 18, comma 1, lettera d). La Legge Regionale 3/94 all’art. 28 bis prevede che “ La gestione faunistico venatoria degli ungulati interessa l’intero territorio regionale, anche se soggetto a regime di protezione o di vincolo, persegue gli obiettivi indicati nel piano faunistico venatorio provinciale ed è finalizzata al mantenimento delle densità sostenibili, anche interspecifiche, definite a livello locale, tenuto conto degli effettivi danneggiamenti alle coltivazioni agricole e ai boschi.” Inoltre “le province determinano le densità sostenibili di cui sopra, sentiti gli ATC e le organizzazioni professionali agricole”, fino a che queste non siano determinate “la densità regionale è fissata, per il cinghiale, a 2,5 soggetti ogni cento ettari.” Il Decreto del Presidente della Giunta Regionale Toscana 26 luglio 2011, n. 33/R, indica come il territorio agricolo forestale delle Province debba essere suddiviso in aree in cui la presenza del cinghiale sia compatibile con le attività agricole (aree vocate) e in aree in cui detta presenza non è tollerata (aree non vocate). 151 Le indicazioni normative distinguono pertanto le zone in cui la gestione della specie può avere indirizzi di tipo conservativo, individuabili nelle aree prevalentemente boscate, ed in altre dove invece deve essere attuata una gestione non conservativa, finalizzata all’eradicazione del cinghiale con l’obiettivo di ridurre i danni alle coltivazioni agricole. Nelle aree in cui la presenza del cinghiale e degli altri ungulati non è compatibile con lo svolgimento delle attività agricole le province adottano forme di gestione non conservative delle specie. Le province predispongono programmi di gestione e di controllo avvalendosi, per la loro attuazione, dei proprietari e conduttori dei fondi ovvero dei cacciatori di selezione, delle squadre di caccia al cinghiale e dei cacciatori abilitati ai sensi dell’articolo 37 della L.R. 3/94. Durante la stagione venatoria, nelle zone e oasi di protezione, nelle zone di ripopolamento e cattura, nei centri pubblici di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale, nei centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale nelle aree addestramento e allenamento dei cani le province adottano piani di cattura o di abbattimento degli ungulati adeguati a garantire le densità sostenibili di cui al comma 1 dell’art. 28 bis della L.R. 3/1994. Nei parchi regionali e nelle aree protette di cui alla l.r. 49/1995, l’ente gestore adotta piani di gestione degli ungulati che tengono conto delle densità sostenibili di cui al comma 1 e degli effettivi danneggiamenti alle coltivazioni agricole, anche limitrofi ai propri confini, e ai boschi. In caso di inadempienza e in presenza di danni alla produzione agricola, anche nelle aree limitrofe, la provincia interviene ai sensi dell’articolo 37 della L.R. 3/1994. Qualora le forme ordinarie di gestione degli ungulati non consentano di raggiungere o di mantenere le densità sostenibili di cui al comma 2, con conseguente incremento dei danni alle coltivazioni agricole e ai boschi, le province approvano e realizzano piani straordinari di gestione dandone comunicazione alla competente struttura della Giunta regionale. Con regolamento regionale sono indicate le modalità per la caccia al cinghiale e per il prelievo selettivo degli altri ungulati, i criteri per l’abilitazione dei cacciatori all’esercizio della caccia agli ungulati e le modalità di accertamento dei presupposti per l’esercizio del potere sostitutivo di cui al comma 8 dell’art. 28 bis della L.R. 3/1994. La specie può inoltre essere sottoposta a piani di controllo numerico, autorizzati dalle Regioni e dalle Province, qualora si renda localmente responsabile di danni alle coltivazioni agricole o determini problemi di carattere sanitario (L. 157/1992 art. 19, comma 2; L.R. 3/1994 art. 37 comma 2): “Le province, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela di particolari specie selvatiche, per la tutela del patrimonio storico artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia. Tale controllo, esercitato selettivamente, viene praticato di norma mediante l’utilizzo di metodi ecologici su parere dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica.” I piani di controllo possono prescindere dai tempi e dalla modalità di prelievo stabiliti per la caccia, ma debbono essere attuati da personale appositamente autorizzato. (L.R. 3/94 art. 37 comma 3): “Tali piani sono attuati dalle province con la presenza diretta di un’agente di vigilanza di cui all’articolo 51 e sotto il coordinamento del corpo di polizia provinciale. Per la realizzazione dei piani le province possono avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi nei quali si attuano i piani di abbattimento, delle guardie forestali e del personale di vigilanza dei comuni, nonché delle guardie di cui all’articolo 51, purché i soggetti in questione siano in possesso di licenza di caccia. Per interventi di tutela della produzione agricola e zootecnica la provincia può affiancare al proprio personale anche soggetti che abbiano frequentato appositi corsi di preparazione organizzati dalla provincia stessa sulla base di programmi concordati con l’INFS. Tali corsi dovranno fornire una idonea preparazione circa 152 l’ecologia e la gestione delle popolazioni animali selvatiche, la biologia delle specie selvatiche oggetto di controllo nonché sulle tecniche e le modalità con cui effettuare il controllo.” 19.2 Analisi dei danni e interventi di prevenzione L’analisi e il monitoraggio costante dell’impatto della fauna selvatica sulle colture agricole costituisce uno degli aspetti essenziali per una strategia di gestione finalizzata alla riduzione del conflitto tra i diversi soggetti coinvolti. La conoscenza accurata dei danni permette infatti di effettuare interventi mirati di prevenzione e, nel caso, di controllo della specie che ha provocato i danni ai sensi dell’art. 37 della L.R. 3/1994. Nel contempo, la conoscenza del fenomeno “danno”, permette, unitamente al monitoraggio della dinamica delle popolazioni, di definire le densità obiettivo compatibili con le attività agricole. Nella destinazione delle risorse disponibili per la tutela delle colture agricole, deve essere garantita da parte della Provincia e degli ATC priorità al finanziamento delle iniziative di prevenzione danni, secondo quanto stabilito dal P.R.A.F. 2012-2015, che devono essere predisposte tenendo conto della realtà agricola presente sul territorio, dell’ammontare dei danni che si sono verificati, delle popolazioni animali presenti e delle caratteristiche dei luoghi. Oltre ai sistemi preventivi classici (recinzioni elettriche e metalliche, protezioni acustiche, repellenti., etc.) è possibile implementare, anche in via sperimentale, sistemi innovativi di prevenzione. Costituiscono comunque azione di prevenzione tutti gli interventi agronomici, ambientali e selvicolturali in grado di offrire alla fauna selvatica fonti trofiche alternative alle produzioni agricole, per cui laddove possibile, devono essere privilegiati, ai sensi del P.R.A.F punto 4.4., gli interventi di miglioramento ambientale e i progetti di dimensioni comprensoriali, coordinati con specifici interventi complementari, realizzati tramite la collaborazione tra cacciatori ed agricoltori. In questo quadro, nel corso degli ultimi anni, sono stati finanziati agli Ambiti Territoriali di Caccia progetti per attività di prevenzione danni da fauna selvatica alle colture agricole , al fine di ridurre l’impatto esercitato dalle specie selvatiche, in primis il cinghiale, sull’ecosistema agrario. Sono stati pertanto concessi agli agricoltori, da parte degli Enti competenti, diversi sistemi di prevenzione del danno, principalmente recinzioni elettrificate ma anche sostanze repellenti in grado di agire sul gusto e/o olfatto dell’animale. Questi metodi sperimentati in diverse realtà della provincia su colture come mais, girasole, vigneti hanno contribuito a ridurre l’entità dei danni da parte del cinghiale. A queste misure di prevenzione, ai fini del contenimento dei danni da cinghiali, sono stati affiancati anche interventi di foraggiamento dissuasivo che si sono rilevati utili al fine di ridurre le abitudini erratiche della specie ed impedire, per quanto possibile, il suo sconfinamento all’interno delle aree ad essa non vocate.Tali interventi sono stati realizzati in aree limitate dei due Ambiti Territoriali di Caccia, individuate cartograficamente, all’interno delle aree boscate dei distretti di gestione. Questi interventi di foraggiamento sono stati necessari in questi ultimi due anni per limitare l’erratismo alimentare del cinghiale che a seguito della scarsa offerta alimentare fornita dal bosco, in particolare per effetto del cinipide sulla fruttificazione del castagno, si è avvicinato sempre di più alle aree agricole e a quelle urbane, esercitando un impatto sulle coltivazioni e sulla popolazione. 153 19.3 Delimitazione delle aree vocate e non vocate Le aree vocate alla presenza del cinghiale corrispondono sostanzialmente alle superfici interessate da boschi. Sulla base di quanto stabilito dal Piano Regionale Agricolo Forestale (P.R.A.F.) 2012-2015, le superfici massime vocate al cinghiale in ciascuna Provincia non possono essere superiori a quelle definite nel piano faunistico venatorio regionale 2007-2011 che per la provincia di Lucca ammontano a ha 118.553. Nelle aree vocate la caccia al cinghiale è effettuata in battuta secondo quanto previsto dall’art. 98 del D.P.G.R. 33/R del 2011. I cacciatori sono riuniti in squadre composte da almeno quaranta iscritti e le battute si possono effettuare con la presenza di almeno diciotto iscritti alla squadra. Sono escluse dalle aree vocate alla presenza del cinghiale le zone in cui la specie si è radicata di recente e le zone interessate da attività agricole o arboricoltura da legno. Nelle aree non vocate alla presenza del cinghiale (che per quanto riguarda la Provincia assommano ad un totale di 40.080 ha) sono previste forme di gestione non conservative della specie, cioè tendenti alla densità zero. Qualora le forme ordinarie di gestione non abbiano consentito il raggiungimento degli obiettivi di densità programmati o siano evidenti situazioni di criticità, anche a livello locale, devono essere approvati ed efficacemente implementati piani straordinari di gestione o piani di controllo della specie. Nelle aree non vocate, secondo quanto previsto dall’art. 88 del D.P.G.R. 33/R del 2011, le modalità di caccia sono fissate dalla Provincia all’interno del Programma di Gestione e di Controllo. Fino ad oggi nelle aree non vocate la caccia al cinghiale è stata svolta in forma singola senza che da parte dell’ATC siano state messe in atto forme di controllo del numero di capi abbattuti. La suddivisione del territorio in aree vocate e non vocate al cinghiale è stata recentemente revisionata, come riportato nella cartografia allegata al presente Piano. 19.4 Gestione del cinghiale nelle Aree Vocate In base al D.P.G.R. n. 33/R 2011 art. 87 “Regolamento di attuazione della legge regionale 13 gennaio 1994 n. 3” la Provincia individua nel Piano Faunistico Venatorio Provinciale per la gestione degli ungulati i territori vocati, la cui gestione è attuata individuando un’unità di gestione per ogni popolazione presente sul territorio. L’unità di gestione può comprendere i distretti di gestione, definiti dagli ATC. I Comitati di gestione degli ATC , sentiti i cacciatori di cinghiale iscritti, individua, per ogni Distretto, zone di caccia o aree di battuta. Nella tabella sottostante sono indicati i dati principali relativi ai distretti di caccia al cinghiale per ciascun Ambito Territoriale di Caccia della Provincia nel periodo 2009-2013. 154 Dati principali relativi ai distretti di caccia al cinghiale per ciascun Ambito Territoriale di Caccia della Provincia nel periodo 2009-2013. ATC LUCCA 12 STAGIONE VENATORIA AREA VOCATA ha AREA DISTRETTI ha N. DISTRETTI 2009/2010 2010/2011 2011/2012 2012/2013 71.684 71.684 71.684 71.684 60.294 60.294 60.294 60.294 12 12 12 12 N. N. ANIMALI N. SQUADRE CACCIATORI ABBATTUTI 2.474 2.548 2.542 2.513 53 53 52 52 2.493 2.632 3.325 3.313 ATC LUCCA 11 STAGIONE VENATORIA AREA VOCATA ha AREA DISTRETTI ha N. DISTRETTI 2009/2010 2010/2011 2011/2012 2012/2013 44.897 44.897 44.897 44.897 28.079 28.079 28.079 28.079 7 7 7 7 N. N. ANIMALI N. SQUADRE CACCIATORI ABBATTUTI 993 1.004 993 1.015 21 21 20 20 854 1.216 1.342 1.695 La Provincia, ai sensi dell’art. 28 bis comma 3 della L.R. 3/1994, predispone il piano annuale di gestione e prelievo degli ungulati, che deve garantire il raggiungimento e il mantenimento delle densità sostenibili, anche interspecifiche, definite a livello locale, tenuto conto degli effettivi danneggiamenti alle coltivazioni agricole e ai boschi, perseguendo gli obiettivi indicati nel piano faunistico venatorio provinciale. Nel piano annuale di gestione sono specificati gli obiettivi di medio termine da perseguire e le modalità operative previste. La relazione sull’attività svolta, che deve essere allegata al piano annuale di gestione, deve contenere un report sulle densità di ungulati presenti su tutto il territorio provinciale con specifico riferimento alla situazione esistente nelle aree a divieto di caccia (aree protette, istituti faunistici ecc….). Il report deve riportare gli esiti delle verifiche annuali dei risultati raggiunti. Nella tabella sottostante sono riportate le densità-obiettivo indicative per aree a diversa vocazione per il cinghiale: 155 VOCAZIONE CARATTERISTICHE AM B IENTALI DENSITA’ DENSITA’ OB IETTIVO POTENZIALE Aree non vocate Aree ad alta prevalenza di colture agricole con scarsa presenza di bosco e territori naturali o seminaturali Basse 0 ind./Km2 Aree con alta frammentazione del bosco e Basse (normalmente Aree a bassa degli altri ambienti naturali Sino ad elevate vocazione e semi-naturali, fortemente inferiore a 3 ind./Km2) interdigitati con aree coltivate Medio-elevata (indicativamente Aree a scarsa frammentazione degli Aree ad alta ambienti naturali e semivocazione naturali, con prevalenza del bosco Da media ad elevata comprese fra 3 ind./Km e 10 ind./Km2). a condizione che non si registrino danni sensibili al patrimonio agro-forestale o alle altre componenti delle zoocenosi terrestri. In questi casi la densità può essere fissata anche a densità < 3 ind/Km2 Aree solitamente Aree protette caratterizzate da alta naturalità Da media ad elevata Qualsiasi densità che non provochi danni sensibili al patrimonio agro-forestale o alle altre componenti delle zoocenosi terrestri. La densità agricola e forestale individuata per ciascun distretto potrà essere modificata anche annualmente a seguito dell’acquisizione di ulteriori informazioni circa le diverse tipologie di colture presenti sul territorio e sulla consistenza delle popolazioni di cinghiale. La gestione del cinghiale che si propone non può che essere una gestione “adattativa” intendendo con essa l’attuazione di una serie di azioni e soluzioni tecniche che consentano di risolvere in maniera dinamica i vari aspetti del problema “presenza cinghiale” che di volta in volta si possono porre per raggiungere l’obiettivo prefissato: il conseguimento di una densità di popolazione che mantenga i danni al patrimonio agricolo al livello più basso possibile, per renderli socialmente ed economicamente accettabili. Il piano deve altresì contenere: gli interventi per la prevenzione dei danni e le atre azioni utili al controllo della presenza e della localizzazione del cinghiale, fissando, per ogni distretto, gli oneri a carico dei cacciatori per il risarcimento di eventuali danni causati dalla mancata realizzazione del piano stesso ed altre eventuali misure conseguenti il mancato raggiungimento degli obiettivi 156 gestionali programmati. Per la realizzazione del piano di gestione e prelievo la provincia stabilisce un contributo a carico dei cacciatori iscritti alle squadre di caccia al cinghiale. 19.5 Monitoraggio della popolazione di cinghiali Al fine di ottenere una adeguata conoscenza della risorsa da gestire, devono essere raccolti – in modo continuativo nel tempo – dati sui principali parametri della popolazione di cinghiali, sia attraverso il controllo dei capi abbattuti, sia attraverso i rilevamenti di campo . L'analisi dei dati sulla popolazione deve essere condotta secondo le tecniche definite nel Capitolo "Criteri per il monitoraggio della fauna" e deve essere contenuta nel piano annuale di gestione. Al fine di verificare l'efficacia delle densità obiettivo fissate annualmente dall'ATC, nel rispetto delle attività socio-economiche , delle caratteristiche del patrimonio agro-forestale e di eventuali emergenze naturalistiche, sarà necessario provvedere ad un costante monitoraggio degli effetti negativi del cinghiale . 19.6 Gestione e controllo del cinghiale nelle Aree non Vocate L’esperienza degli ultimi anni ha posto in luce come difficilmente gli interventi di riduzione numerica nelle zone non vocate alla presenza del cinghiale, applicati attraverso la caccia, abbiano sortito da soli gli effetti voluti. In particolare, il ruolo dell’ ATC sui cacciatori iscritti risulta in queste particolari aree assai depotenziato. Infatti, come detto, la caccia nelle aree non vocate si è svolta, fino ad oggi , esclusivamente in forma singola senza alcun controllo sui capi abbattuti se non, eventualmente, la semplice lettura dei tesserini regionali. Pertanto i Comitati di Gestione degli ATC non si sono dotati di strumenti operativi diretti per poter verificare l’entità dei prelievi in queste aree né potevano condizionare le attività incrementandole a seconda delle esigenze. Negli ultimi anni infatti si è registrata nella nostra Provincia una presenza abnorme di cinghiali che ha turbato il relativo equilibrio soprattutto in quei Comuni dove ancora si pratica una agricoltura di complemento del reddito legata a tradizioni familiari e a proprietà talora di modestissima estensione. Le coltivazioni prevalenti di viti, olivi, e piccoli appezzamenti orticoli o a mais hanno subito assalti ricorrenti da parte dei cinghiali che oltre al danno diretto alle produzioni e ai fondi agricoli hanno distrutto scoline, sistemi di ritenzione dei terreni, muretti a secco, poggi e opere dirette a controllare il deflusso delle acque. Il risultato di questa situazione si concretizza in un progressivo abbandono di territori finora coltivati nonostante la relativa marginalità con una compromissione della qualità del territorio. Inoltre questa “presenza anomala” in contesti spaziali dove l’incompatibilità è manifesta, oltre a provocare danneggiamenti alle colture e ai suoli, crea anche una condizione di insicurezza indotta negli abitanti di aree dove fino ad ieri questi animali non erano presenti e che pertanto non sono abituati a convivere con selvatici di stazza come i cinghiali. Vi è poi da considerare anche l’aspetto degli impatti di queste presenze sugli spazi funzionali correlati come ad esempio la viabilità principale e secondaria, le pertinenze delle abitazioni, i giardini, etc. Da un punto di vista “economico” è da tenere in considerazione che le norme del Piano Regionale 157 Agricolo Forestale che prevedono l’indennizzo ai soli agricoltori professionali non lasciano emergere a livello di quantità di indennizzi la reale situazione dei danneggiamenti estesi alle piccole colture familiari tanto più rilevanti quanto non soggette ad alcun ristoro economico. 19.6.1 Indicazioni gestionali Risulta evidente come sia del tutto inadeguata la funzione ed il ruolo sinora avuto dagli Ambiti Territoriali di Caccia sulla gestione delle aree cosiddette non vocate alla presenza del cinghiale soprattutto se posto in raffronto ad una serie di indicazioni normative relative ai compiti assegnati agli ATC che si indicano pur senza pretesa di esaustività : L.R. 3/94 art. 12 comma 1) lettera d) “svolge i compiti relativi alla gestione faunistico –venatoria degli ungulati”; DPGRT 33/r/2011 art. 89 comma1 lett. b) “organizza per ciascuna specie (di ungulati ndr) censimenti o stime annuali delle popolazioni; lettera e) individua modalità, localizzazione e tempi di effettuazione dei prelievi (di ungulati ndr), nel rispetto della normativa vigente. E' necessario, quindi, ritagliare un ruolo di maggior protagonismo dei Comitati di Gestione degli ATC nella gestione delle zone ove la presenza del cinghiale non è compatibile con le attività agricole. Si ritiene pertanto che gli ATC della Provincia di Lucca debbano introdurre un regime particolare di gestione delle aree non vocate che passi attraverso la previsione di una razionalizzazione del prelievo venatorio per quanto riguarda la caccia al cinghiale, facoltà a loro assicurata dalla vigente normativa ai sensi di quanto previsto dall’art. 12) comma 1) lettera C) del Regolamento approvato con DPGRT 33/r/2011. Tale particolare regime opportunamente regolamentato dagli ATC deve essere aperto a tutti gli iscritti e realizzato in territori delimitati riferibili alle aree non vocate alla caccia al cinghiale così come individuate nel Piano Faunistico Venatorio. Esso dovrà prevedere i tempi e le modalità di svolgimento nonché le rispettive aree dove possano essere esercitate sia le forme di caccia singole che quelle in battuta. A tal proposito si prevede espressamente, ai sensi dell’art. 98 comma 1) del Regolamento approvato con DPGRT 33/R/2011, che il regime di razionalizzazione del prelievo introdotto dagli ATC nelle aree non vocate escluda esplicitamente la caccia in battuta in tutte quelle aree ove le condizioni ambientali non consentano di operare in sicurezza evitando anche solo potenziali pericoli alla incolumità delle persone avendo specifico riguardo alle particolari dinamiche di interazione che vengono a crearsi durante le azioni di caccia “in braccata”. Per questa tipologia di caccia sono da evidenziarsi anche problematiche di carattere conservazionistico all'interno dei Siti Rete Natura 2000 e dell'Area Contigua della Riserva Naturale Provinciale del Lago di Sibolla. In particolare, data la presenza di avifauna migratoria, è consentita la caccia esclusivamente in forma singola nel mese di gennaio di ciascun anno all'interno dei SIR SIC ZPS "Lago e Padule di Massaciuccoli" , SIR SIC "Padule di Verciano, Prati alle Fontane, Padule delle Monache ", SIR SIC "Lago di Bientina" e SIR SIC ZPS "Lago di Porta". Infine le forme di razionalizzazione del prelievo introdotte dagli ATC debbono espressamente prevedere le modalità di monitoraggio dei risultati conseguiti e particolari disposizioni relativi alla sicurezza delle attività di caccia. A tal scopo dovrà essere predisposta una apposita modulistica ad uso dei cacciatori e riservata al monitoraggio di dette attività e i Comitati di Gestione dovranno altresì introdurre l’obbligo di apposizione sui capi abbattuti di fascette inamovibili o marcature auricolari o l’utilizzo di altri dispositivi comunque denominati e destinati ad un controllo dei prelievi. 158 Sul tema della sicurezza si prescrive che tutti i soggetti operanti all’interno del regime particolare di gestione indossino nell’esercizio delle attività di caccia al cinghiale indumenti ad alta visibilità. Entro il 31 marzo gli ATC hanno l’obbligo di far pervenire alla Provincia di Lucca i dati riepilogativi relativi sia alle attività di caccia singola che di quelle in battuta riferiti a ciascuna area individuata e ogni altro dato utile a definire i risultati conseguiti dalle azioni di razionalizzazione del prelievo anche con riferimento allo sforzo di caccia applicato. La regolamentazione del regime particolare di gestione e razionalizzazione del prelievo introdotto ai sensi dall’art. 12) comma 1) lettera C) del Regolamento approvato con DPGRT 33/r/2011 dovrà essere sottoposto a preliminare presa d’atto del Dirigente del Servizio competente della Provincia di Lucca che ne verificherà la corrispondenza alle indicazioni del presente Programma di Gestione. 19.6.2 Controllo diretto ex art. 37 della L.R. 3/94 L’analisi dei risultati ottenuti attraverso l’applicazione del Piano di Controllo del cinghiale contenuto all’interno del Piano di Gestione e Prelievo degli ungulati fino ad ora vigente evidenzia l’ utilizzo principalmente delle seguenti metodiche: tipologia 2012 abbattimento n. 2013 n. animali n. n. animali interventi abbattuti/catturati interventi abbattuti/catturati Braccata 5 12 9 21 Girata 1 1 4 16 Tiri selettivi notturni 32 4 6 4 Trappola 1 2 -- -- Totale 19 41 2012 COMUNE LUCCA CASTELNUOVO S.ROMANO CAMPORGIANO N. ANIMALI 16 1 2 N. BRACCATE N. GIRATE 2 2 1 1 159 n. interventi di TIRO singolo 32 GABBIA 1 2013 COMUNE LUCCA PIETRASANTA BORGO A MOZZANO MINUCCIANO S.ROMANO MASSAROSA N. ANIMALI 34 4 1 N. BRACCATE N. GIRATE 5 2 4 n. interventi di TIRO singolo 1 1 2 GABBIA 1 1 2 2 L’applicazione di tale Piano prevedeva, dove vi fosse segnalazione di danni da cinghiale, l’applicazione in primis di metodi ecologici. A tal fine, oltre all’utilizzo dei metodi di prevenzione del danno fino a qui richiamati, venivano realizzati, ove possibile, in relazione al contesto circostante, alla presenza di strade altamente trafficate o, comunque, di barriere naturali o artificiali difficilmente valicabili, interventi di allontanamento dei cinghiali verso aree contermini non passibili di danneggiamento accompagnando tali operazioni con la realizzazione di punti di foraggiamento artificiale per mantenere in loco gli animali. Tali azioni quasi mai hanno ottenuto l’effetto sperato se non per pochi giorni. La Provincia, nel tentativo di mettere in campo tutte le metodiche possibili al fine di attenuare la pressione dei cinghiali sul territorio, ha inoltre coinvolto alcuni dei Comuni interessati maggiormente da episodi ricorrenti e puntuali di presenza della specie che hanno emanato ordinanze ingiuntive di pulizia ai privati proprietari dei terreni, incolti e ricoperti da vegetazione arbustiva in abbandono, spesso in vicinanza di abitazioni, venivano utilizzati quali “rimesse”dai cinghiali. L’attuazione degli interventi di controllo diretto è prevista durante tutto l’anno a seguito di specifiche richieste da parte degli agricoltori e di verifica da parte del personale tecnico della Provincia e/o degli ATC della reale necessità dell’intervento. Gli interventi potranno essere realizzati su tutto il territorio provinciale ove sia presente il cinghiale, a partire dalle così dette “aree problematiche” individuate dalla Regione Toscana con Delibera n. 373 del 05/05/2014. L’attività di controllo è volta a mitigare puntuali situazioni di emergenza. Tali situazioni, per le quali le azioni di contenimento ecologico non abbiano dato risultati efficaci saranno verificate puntualmente dal personale tecnico. L’Ufficio della Provincia autorizzerà gli interventi necessari al fine di ridurre o prevenire localmente i danni alle produzioni agricole anche non professionali o alle opere approntate sui terreni agricoli. Negli istituti di cui all’art. 6 bis comma 4 lettere a), b), c), d), e g), della L.R. 3/94, qualora la densità del cinghiale risulti non compatibile con lo svolgimento delle attività agricole o con le finalità per le quali le aree sono state istituite, si potrà prevedere la realizzazione di azioni di contenimento del cinghiale in concomitanza con la realizzazione degli abbattimenti nei distretti adiacenti . Pertanto dal 1 novembre al 31 dicembre si potranno prevedere azioni di scaccio verso le contermini aree di battuta nelle aree in cui queste operazioni siano compatibili con il contesto e attuabili in condizioni di sicurezza. Ove tali azioni non siano realizzabili si procederà con azioni di abbattimento localizzato 160 adottando le tipologie della girata, dei tiri selettivi notturni e il trappolaggio . Durante tutto il rimanente periodo dell’anno, dovranno essere valutati tipologia di danno, (coltivazioni agricole, soprassuolo boschivo, altra fauna selvatica) anche con riferimento ai territori contermini e, ove necessario, messe in atto azioni di abbattimento localizzato. L’Ufficio provvederà ad autorizzare tutti gli interventi di cui sopra con appositi atti nei quali saranno indicati i tempi e le modalità di attuazione tenendo conto della eventuale presenza di emergenze comprese in Siti della Rete Natura 2000 ed eventualmente riservandosi di attuare, in tali aree, abbattimenti nella forma del tiro selettivo notturno con ausilio del faro su zone di pasturazione . 19.6.2.1 Obiettivi · Attuare una gestione consapevole e coordinata della specie tra i diversi attori presenti sul territorio comprese le Aree Protette Regionali e Statali. · Mettere in sinergia le diverse forme di azione al fine di ottenere densità sostenibili dei cinghiali · Investire nella sperimentazione e diffusione delle migliori tecniche per la prevenzione dei danni da cinghiale. · Monitorare costantemente i risultati e i dati provenienti dal territorio per affinare le metodiche di intervento così da aumentare l’incisività e limitare il disturbo alle altre specie di fauna. 19.6.2.2 Metodi Per l’effettuazione del controllo diretto saranno adottati i seguenti metodi: tiri selettivi notturni con ausilio del faro su zone di pasturazione; girata; trappolaggi. Il metodo della "girata" si attua con un massimo di 12 operatori oltre ai conduttori di due cani. Il metodo della “braccata” verrà utilizzato, esclusivamente, in situazioni di comprovata necessità ed eccezionalità previa acquisizione di parere favorevole ISPRA su ogni singolo intervento e valutazione di incidenza qualora ricadente all'interno dei Siti della Rete Natura 2000. L’individuazione della modalità di attuazione dei singoli interventi di contenimento, verrà effettuata in accordo con la Polizia Provinciale, dopo una accurata valutazione dei danni registrati e attribuibili ai cinghiali e della pressione di questi, sul territorio anche circostante e del contesto ambientale nel quale si dovrà operare. L’Ufficio autorizzerà i singoli interventi e il personale coinvolto con il coordinamento della Polizia Provinciale. Per ogni zona, negli atti autorizzativi dei singoli interventi, verrà fissato il contingente massimo di cinghiali abbattibile. Per ogni capo abbattuto dovrà essere verificato il sesso, la classe di età, peso pieno e vuoto, lunghezza totale, circonferenza torace e collo, altezza al garrese, lunghezza del garretto, numero e lunghezza di eventuali feti presenti. 19.6.2.3 Personale All’esecuzione degli interventi di controllo saranno autorizzati i soggetti previsti dal comma 4 161 dell’art. 28 bis nonché dal comma 3 dell’art. 37 della L.R. 3/94, alla presenza diretta di un agente di vigilanza di cui all’art 51 della L.R. 3/94. Tali soggetti per gli interventi sul territorio a caccia programmata potranno essere individuati tra gli iscritti alle squadre di caccia al cinghiale della ATC competente per territorio su coordinamento della Polizia Provinciale che sovraintenderà alle operazioni ai sensi degli articoli sopra richiamati o verranno individuati direttamente dall’Ufficio. Qualora la Polizia Provinciale lo ritenga opportuno potrà attuare direttamente gli interventi di controllo. Ci si potrà anche avvalere di altri soggetti in possesso di abilitazione di cui all’art. 37 della L.R. 3/94 diversi da quelli iscritti nelle squadre di caccia al cinghiale. In tal caso ci si dovrà avvalere in primis dei proprietari o conduttori dei fondi nei quali si attuano i piani di abbattimento e successivamente in ordine di importanza decrescente dei: · residenti all’interno dell’area in cui viene attuato il piano di controllo; · residenti in aree contigue all’area in cui viene attuato il piano di controllo; · residenti nel Comune all’interno del quale ricade l’area in cui viene attuato il piano di controllo; · altri soggetti abilitati residenti in Comuni limitrofi. Nel caso di interventi di caccia in battuta (braccata), specificatamente autorizzati da ISPRA, si avrà riguardo a far intervenire squadre operanti nel territorio del Distretto di caccia al cinghiale interessato o in Distretti limitrofi nel caso di zone non vocate o a divieto di caccia, fatta eccezione per particolari esigenze che consiglino una scelta diversa in funzione del risultato atteso . 19.6.2.4 Sicurezza Dovranno essere adottate tutte le misure precauzionali, necessarie per la salvaguardia della pubblica incolumità compreso l’obbligo di allontanare le persone estranee alle operazioni. La Polizia Provinciale potrà impartire tutte le disposizioni che riterrà opportune al fine della sicurezza delle operazioni di abbattimento ivi compresa la sospensione delle stesse qualora lo ritenga necessario per ragioni organizzative e/o di sicurezza. Il personale di vigilanza intervenuto, dopo ogni operazione, dovrà redigere un apposito verbale con indicata la località di intervento, il numero dei capi osservati e quelli abbattuti dagli autorizzati; il verbale redatto dalla vigilanza volontaria dovrà essere controfirmato dalla Polizia Provinciale. Tutti i soggetti intervenuti alle operazioni di controllo del cinghiale dovranno indossare indumenti ad alta visibilità. 19.6.2.5 Destinazione capi abbattuti I capi abbattuti durante le azioni di controllo saranno destinati ai proprietari e conduttori dei fondi che abbiano subito danno da cinghiale negli ultimi due anni fatti salvi eventuali soggetti già indennizzati o per i quali siano in corso le procedure di indennizzo. La quota non utilizzata per rifondere i danni sarà destinata ai partecipanti alle azioni di abbattimento a copertura dei costi di organizzazione degli interventi. Qualora i capi non siano utilizzati per rifondere i danni o per rimborsare i costi sostenuti per l’intervento, dovranno essere inviati, come previsto dall’art. 37 comma 6 ter della L.R. 3/94, ai centri di lavorazione abilitati ai sensi del regolamento emanato con decreto del Presidente della Giunta Regionale 1 agosto 2006 n. 40/R. 162 19.6.2.6 Munizionamento utilizzabile Nell'ambito della strategia nazionale che prevede la progressiva sostituzione del munizionamento di piombo, negli interventi di controllo ex art. 37 della L.R.3/94 del cinghiale, eseguiti all'interno di Istituti provinciali, nei Siti Rete Natura 2000 e nelle Zone Ramsar dovrà essere utilizzato munizionamento atossico. Entro due anni dall'approvazione del presente Piano, le attività di controllo sul cinghiale sull'intero territorio provinciale dovranno provvedere alla definitiva sostituzione del munizionamento di piombo con munizionamento atossico. 20. GESTIONE FAUNISTICO VENATORIA DEL CAPRIOLO Le origini delle popolazioni di capriolo in Provincia di Lucca possono essere fatte risalire a reintroduzioni fatte ad opera dell’ ex Azienda di Stato delle Foreste Demaniali (oggi Ufficio per la Biodiversità del Corpo Forestale dello Stato di Lucca) negli anni 1960 e 1970. Dalle Foreste Demaniali dell’Alto Serchio e dalla Riserva Naturale dell’Orecchiella, dove sono stati introdotti alcuni esemplari, questa specie è andata gradualmente espandendosi. La presenza e la diffusione di questa specie è stata favorita dalle trasformazioni ambientali avvenute negli ultimi decenni, tra i fattori che maggiormente hanno contribuito all’espansione delle popolazioni nel territorio provinciale ricordiamo in particolare: • l’aumento delle aree boscate e cespugliate, in grado di offrire rifugio ed alimentazione; • la presenza di aree protette; • la diminuzione dell’antropizzazione in ampie aree appenniniche; • la presenza comunque di fattori selettivi naturali in grado di incidere in maniera modesta sulle popolazioni. 20.1 Territorio vocato Il territorio vocato alla specie interessa 32 comuni ed è caratterizzato per il 70,9% da boschi di latifoglie, per il 5,8% da praterie, pascoli ed incolti, per 4,7% da praterie di crinale e per il 4,2% da castagneti da frutto. 163 Carta della vocazione del capriolo in Provincia di Lucca. 164 20.2 Analisi danni Gli indennizzi per danni arrecati dal capriolo alle colture agricole sul territorio a caccia programmata sono riportati nella tabella sottostante. Nelle aree a divieto di caccia di competenza provinciale è stato registrato un unico danno da capriolo nel 2012 per l'importo di € 354,00. Danni arrecati dal capriolo alle colture agricole rispetto al totale dei danni indennizzati nel corso degli anni 2008-2013 Importo ATC LU 11 ATC LU 12 danni Importo danni totali Importo danni Importo danni totali capriolo (€) €) capriolo (€) €) 2008 - 33.902,00 123,00 54.682,00 2009 918,00 30.529,00 - 48.876,00 2010 1.129,00 27.231,00 - 87.300,00 2011 694,00 14.278,00 505,00 72.357,00 2012 1.422,00 34.166,00 304,00 81.917,00 2013 390,00 22.121,00 - 26.506,00 Totale 4.553,00 162.227,00 2.147,00 371.638,00 20.3 Gestione faunistico venatoria L’esercizio della caccia di selezione nella Provincia di Lucca è iniziato nella stagione venatoria 2001/2002 successivamente all’effettuazione di corsi di formazione per cacciatori di selezione al capriolo, daino e muflone, ed attualmente riveste un ruolo importante nel panorama della gestione faunistica dell’interno dei due A.T.C. In Provincia di Lucca all’interno dell’area vocata alla specie attualmente sono presenti quattro distretti per la caccia di selezione al capriolo, tre ricadenti all’interno del territorio dell’ATC Lucca 11 (Distretto A, B, C) e uno all’interno del territorio dell’ATC Lucca 12 (Distretto Bagni di Lucca). Distretti A Comuni interessati Piazza al Serchio, S. Romano, Sup. Totale Sup. Boscata ha % Villa 4.946,80 50 Collemandina B Castiglione G., Pieve Fosciana, Fosciandora C Camporgiano, Careggine, 4.503,30 71 Castelnuovo 2.940,30 54 5.887,00 77 Garfagnana ATC LU 12 Bagni di Lucca 165 La tabella sottostante riporta la consistenza minima accertata del capriolo nei tre Distretti di Caccia di selezione dell'ATC Lucca 11 e nel Distretto dell'ATC Lucca 12 nel corso degli ultimi anni. Distretti 2009 2010 2011 2012 A 920 730 780 760 B 1.370 1.060 820 820 C 0 0 300 500 ATC LU 12 770 960 1.190 231 Nei grafici che seguono viene riportato l’andamento degli abbattimenti del capriolo (n. capi abbattuti e % di abbattimento rispetto ai capi assegnati) nei vari distretti di gestione dell’ATC Lucca 11 e Lucca 12, a partire dalla stagione venatoria 2009/2010. ATC LU 11 - CAPI ABBATTUTI n. capi abbattuti 10 0 95 90 74 80 70 60 76 66 64 55 52 53 50 40 40 26 30 20 10 0 20 0 9/2 01 0 DIST RET T O A 2 0 10 /2 01 1 20 11 /2 01 2 DIST RET T O B 166 2 01 2 /20 1 3 DIST RET T O C ATC LU 11- % ABBATTIMENTO 100 % abbattimento 90 88 83 90 87 76 80 70 59 62 57 52 60 50 50 40 30 20 10 0 2009/2010 2010/2011 DISTRETTO A 2011/2012 2012/2013 DISTRETTO B DISTRETTO C DIS TRETTO ATC LU 12 - CAPI ABBATTUTI 70 62 60 53 n. capi abbattuti 49 50 38 40 30 20 10 0 2009/2010 2010/2011 2011/2012 167 2012/2013 DIS TRETTO ATC LU 12 - % ABBATTIMENTO 57 ,6 60 4 9,6 4 9 ,4 % abbattimento 50 38 ,4 40 30 20 10 0 2 00 9 /2 0 10 2 01 0 /2 0 11 20 1 1/2 01 2 2 0 12 /2 01 3 20.4 Disciplina per la Gestione Faunistico Venatoria del Capriolo 1. Gli obiettivi gestionali che si intendono perseguire per la durata del presente Piano Faunistico Venatorio sono: · la conservazione delle popolazioni di capriolo ed il mantenimento della loro struttura; · la definizione ed il monitoraggio nel tempo, con metodi omogenei e comparabili, della densità e degli altri parametri di popolazione; · il raggiungimento e/o il mantenimento di densità locali di popolazione compatibili con le attività agro-silvo-pastorali. 2. All’interno dei distretti di gestione la presenza del capriolo deve essere monitorata annualmente secondo i seguenti metodi di stima: · censimento a vista da punti vantaggiosi mappati, finalizzato alla raccolta di dati di struttura; · censimento in battuta in aree campione per la definizione della densità e consistenza; 3. Per calibrare il prelievo in funzione delle densità riscontrate localmente, i censimenti devono essere pianificati al fine di attuare un monitoraggio rappresentativo dell’intero distretto di gestione anche mediante la rotazione, su diversi anni, delle aree di campionamento utilizzate. 4. Al fine di individuare aree il più possibile omogenee e di semplice identificazione e di conseguenza più facilmente gestibili, i confini dei distretti devono assestarsi su elementi topografici certi . 5. I periodi in cui eseguire i censimenti a vista sono febbraio-aprile. All’interno del distretto di gestione, il numero minimo di giornate di censimento a vista da effettuarsi in simultanea da punti vantaggiosi mappati è pari a 2. Per ciascuna sessione di censimento a vista da punti vantaggiosi mappati si deve prevedere l'arrivo al punto di osservazione almeno mezz'ora prima del sorgere del sole (per uscite mattutine) e permanenza nel punto di osservazione per un periodo di almeno due ore consecutive (sia per le uscite mattutine che pomeridiane). 168 6. I dati disponibili relativi al soccorso /recupero degli animali in difficoltà sul territorio provinciale evidenziano la presenza di nuovi nati già negli ultimi giorni del mese di aprile. Questo risponde alle caratteristiche biologiche della specie per cui anche ISPRA suggerisce di effettuare i censimenti in battuta nei mesi di febbraio/marzo e, nelle zone appenniniche, massimo fino alla fine di aprile. Al fine della tutela della riproduzione delle popolazioni presenti sul territorio provinciale, e nel rispetto del parere fornito da ISPRA , le operazioni di censimento in battuta devono concludersi entro il 30 aprile di ogni anno. 7. Come da parere ISPRA, la superficie censita annualmente con il metodo dei censimenti in battuta non deve essere inferiore al 10% della superficie boscata presente nel Distretto di gestione, al fine di garantire una maggiore “robustezza” dei dati ricavati nelle aree campione da estrapolare all’intero territorio cacciabile. 8. Fermo restando quanto riportato al punto 7., in ogni Distretto di Gestione, il numero minimo di giornate di censimento che deve essere effettuato è, in totale, pari a quattro, di cui 2 a vista e 2 in battuta. Il numero dei censimenti necessari è strettamente correlato alla dimensione del distretto, al rispetto della superficie minima del 10 %, alla necessità di estrapolare dati rappresentativi. 9. Per poter accedere alle attività di gestione del Distretto, il selecontrollore, ogni anno, deve obbligatoriamente effettuare almeno n. 2 giornate di censimento a vista e n. 2 giornate di censimento in battuta. 10. Al fine di raggiungere la percentuale minima di superficie censita pari al 10%, l’ATC può prevedere ulteriori giornate di censimenti in battuta, rispetto al numero minimo pari a 2, la partecipazione alle quali è comunque obbligatoria per poter accedere alle attività di gestione del Distretto. 11. Le date dei censimenti, a vista ed in battuta, devono essere comunicate alla Polizia Provinciale e all’Ufficio Risorse Faunistiche della Provincia in forma scritta almeno sette giorni prima della data di effettuazione degli stessi. 12. Per valutare la possibilità di apertura alla caccia di selezione di un nuovo distretto all’interno del territorio vocato alla specie devono essere attuati almeno due anni di monitoraggio, con censimenti a vista ed in battuta effettuati con le modalità sopra riportate, al fine di ottenere dati sulla struttura e densità della popolazione. L’apertura del nuovo distretto sarà possibile a seguito di verifica tecnica positiva dei risultati ottenuti. Le date dei censimenti, devono essere comunicate alla Polizia Provinciale e all’Ufficio Risorse Faunistiche della Provincia in forma scritta almeno sette giorni prima della data di effettuazione degli stessi. 13. Il periodo della caccia di selezione al capriolo non potrà essere superiore a mesi 2, nel rispetto dell’art. 18 della L. 157/1992, e dovrà essere individuato nell’arco di tempo riportato nella tabella sottostante: Classe sociale Tempi di prelievo Maschi classe I e II 1 giugno- 15 luglio 15 agosto- 30 settembre Femmine classe I e II 1 gennaio- 15 marzo Piccoli 1 gennaio – 15 marzo 169 14. I piani di prelievo del capriolo, redatti dagli Ambiti Territoriali di Caccia, una volta esaminati dai Tecnici della Provincia, dovranno essere trasmessi all’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale al fine di acquisire un parere in merito. 15. Al fine di garantire un prelievo bilanciato tra le diverse classi di sesso ed età, i Comitati di Gestione degli ATC devono porre in atto i necessari monitoraggi e controlli in tempo reale sull’attuazione del piano di prelievo della popolazione di capriolo all’interno dei distretti di gestione, adottando, se del caso, conformemente alle proprie competenze, gli opportuni correttivi. 16. Entro il mese di settembre, i Comitati di Gestione degli ATC devono produrre alla Provincia una relazione sull’andamento del Piano di prelievo. Sulla base dei dati di attuazione del piano di prelievo, la Provincia si riserva di apportare a quest’ultimo correzioni al fine di garantire un prelievo bilanciato della popolazione. 17. Data la particolare conformazione del territorio della Provincia, data la presenza simultanea all’interno dei Distretti di altre forme di caccia in alcuni periodi dell’anno (caccia di selezione al cervo) e l’elevata fruizione delle zone da parte di escursionisti in alcuni mesi in cui la caccia di selezione è aperta (mesi estivi), questa è consentita unicamente da postazione fissa, preferibilmente da altana, adeguatamente segnalata. Gli spostamenti all’interno del Distretto devono avvenire con arma scarica ed in custodia ed in ogni caso devono essere unicamente finalizzati a raggiungere il punto sparo prefissato. 18. All'interno delle "macro-aree" individuate per ciascun distretto devono essere definite "sottozone" di dimensioni non inferiori a 50 ha. All'interno di ciascuna "sottozona", non sono collocabili più di cinque postazioni fisse da comunicare, prima dell'inizio della caccia, alla Polizia Provinciale fornendo cartografia in scala adeguata e coordinate geografiche di riferimento in Gauss-Boaga. La distanza tra le postazioni deve essere di almeno 250 metri. 19. All'interno di ciascuna "sottozona", per ogni postazione fissa è possibile individuare due "postazioni complementari" nell'intorno dei 100 metri da raggiungere con arma scarica e in custodia: la localizzazione di tali postazioni deve essere comunicata contestualmente alle postazioni di cui al punto precedente. 20. E’ espressamente vietato condurre con sé cani durante l’esercizio della caccia di selezione (art. 100 comma 2 del DPGR 33/R/2011). 21. L’accesso al Distretto di Gestione è ammesso a cani da traccia qualificati in prove di lavoro riconosciute dalle associazioni competenti esclusivamente per il recupero di capi feriti . I soggetti ammessi al recupero dei capi feriti sono esclusivamente quelli previsti dall’art. 95 comma d) del DPGR 33/R/2011, individuati dalla Provincia. L'attività di recupero deve essere esercitata da un soggetto diverso da colui che ha effettuato l'abbattimento e deve essere preventivamente comunicata alla Polizia Provinciale. 22. Al fine di diminuire l’utilizzo di munizioni con piombo è opportuno prevedere nel regolamento provinciale e in quelli degli ATC forme premiali per coloro che durante la caccia di selezione usano munizioni atossiche. Il Regolamento per la caccia di selezione al capriolo deve fissare il termine entro il quale si dovrà provvedere alla definitiva sostituzione del munizionamento di piombo con munizionamento atossico. Tale termine non potrà essere superiore a due anni dall'approvazione del Regolamento stesso. 23. Possono accedere all’assegnazione dei capi in abbattimento coloro che sono in possesso di idonea certificazione di un poligono di tiro autorizzato rilasciata nell’anno solare di riferimento. Si considera tarata correttamente un’ arma con la quale il cacciatore riesce a centrare con 4 colpi su 5 un bersaglio di 10 cm di diametro posto a 100 metri di distanza . Il cacciatore che intende utilizzare 170 più di un’arma deve presentare un certificato di poligono per ciascuna di esse. 24. Durante la caccia di selezione, in tutto il territorio provinciale, ogni cacciatore è obbligato ad indossare, sopra agli altri capi d’abbigliamento, un capo ad alta visibilità di colore arancione. Questo accessorio deve essere indossato per tutto il periodo dell’azione di caccia . 25. Il regolamento per la caccia di selezione al capriolo dovrà obbligatoriamente essere adeguato entro e non oltre un anno dall'approvazione del presente Piano recependo integralmente quanto previsto dalla presente "Disciplina". 21. GESTIONE FAUNISTICO VENATORIA DEL CERVO Il cervo è stato reintrodotto in Provincia di Lucca a partire dall’anno 1967 ad opera dell’ ex Azienda di Stato delle Foreste Demaniali (oggi Ufficio per la Biodiversità del Corpo Forestale dello Stato di Lucca) con un totale di 6 animali provenienti dal Tarvisio e da La Mandria. Dopo un periodo di ambientamento nei recinti della Riserva naturale dell’Orecchiella, nei primi anni 70 alcuni dei cervi presenti furono liberati nel territorio del Parco dell’Orecchiella, dando origine gradualmente alla popolazione attualmente presente. In questi ultimi anni, il cervo ha rioccupato parte dell’areale potenziale e le prospettive di espansione naturale dei nuclei presenti appaiono discrete. Permangono tuttavia aree ad alta vocazione ove la specie non è ancora stabilmente presente. Il bracconaggio, l’attività venatoria e il disturbo antropico sono probabilmente i fattori critici che più di altri ritardano la colonizzazione di questa specie. Il cervo si presenta come una specie di grande valenza ecologica e biologica ma decisamente problematica a causa della necessità di disporre, per ospitare una popolazione autosufficiente, di una superficie forestale non inferiore ai 5000-10000 ha. Nel caso del cervo, specie caratterizzata da esigenze spaziali di vaste proporzioni, l’unità di gestione non può pertanto essere di piccole dimensioni. Per ciascuna popolazione presente sul territorio, ai sensi del DPGR n. 33/R/2011, viene individuato un comprensorio geografico e amministrativo di gestione corrispondente all’areale distributivo complessivo della popolazione stessa. In Provincia di Lucca la gestione del cervo viene attuata all’interno del Comprensorio ACATER Occidentale, all’interno dei quali ricadono tutti i comuni dell’ATC Lucca 11 e i comuni di Barga, Coreglia, Borgo a Mozzano, Bagni di Lucca e Villa Basilica dell’ATC Lucca 12. Il resto del territorio provinciale risulta non vocato o scarsamente vocato alla specie. 21.1 Analisi danni Gli indennizzi per danni arrecati dal cervo alle colture agricole sul territorio a caccia programmata sono riportati nella tabella sottostante. I danni sono stati riscontrati unicamente sul territorio a caccia programmata dell'ATC Lucca 11. Le colture danneggiate da cervo sono state prevalentemente i cereali (mais). Di scarso rilievo i danni a foraggere e orticole. L'importo dei danni accertati alle produzioni agricole mostra un andamento crescente fino al 2012, mentre nel 2013 si registra una brusca inversione di tendenza. 171 Danni arrecati dal cervo alle colture agricole rispetto al totale dei danni indennizzati nel corso degli anni 2008-2013 ATC LU 11 Importo danni cervo Importo danni totali € € 2008 - 33.902,00 2009 - 30.529,00 2010 3.799,00 27.231,00 2011 3.982,00 14.278,00 2012 8.298,00 34.166,00 2013 1.082,00 22.121,00 Totale 17.161,00 162.227,00 21.2 Gestione faunistico venatoria In Provincia di Lucca all’interno dell’area vocata alla specie sono presenti due distretti per la caccia di selezione al cervo . Estensione dell'areale complessivo, distributivo, e riproduttivo nel cervo Superficie distretto (ha) Areale distributivo (ha) Areale riproduttivo(ha) DG LU 11 34.725 26.800 11.300 DG LU 12 32.021 16.500 2.100 TOTALE 66.746 43.300 13.400 172 Aree di gestione dei distretti della provincia di Lucca 173 La metodologia impiegata per la definizione della consistenza e l'estensione dell'areale riproduttivo del cervo è il conteggio al bramito, mentre il conteggio notturno con faro viene effettuato per ottenere i dati di struttura della popolazione e per l'estensione dell'areale distributivo (presenza/assenza della specie nelle maglie chilometriche). Il conteggio primaverile notturno con faro da automezzo ha evidenziato in tutti gli anni di applicazione alcune criticità : – un'anomala proporzione tra maschi e femmine. – la percentuale di maschi adulti nella popolazione è risultata inferiore a quanto noto per la specie in ambiente appennico; questo probabilmente in ragione del fatto che in periodo primaverile i maschi adulti sono più difficili da contattare e lo stadio di sviluppo del palco non sempre consente un'attribuzione certa alla classe di età. – Il conteggio notturno con il faro ci può dare delle indicazioni certe di presenza/assenza della specie nei distretti di gestione e la possibilità di definire indici di abbondanza, ma una relativa difficoltà di riconoscimento delle classi di età solitamente meglio identificabili con i monitoraggi diurni. La popolazione di cervi è stata pertanto stimata assumendo che la percentuale di maschi adulti sia il 17% . Densità calcolata nei distretti della Provincia di Lucca nell'anno 2013. N. cervi Densità sul distretto Densità su distributivo (capi/100 ha) (capi/100 ha) DG LU 11 547 1,57 2,06 DG LU 12 65 0,2 0,39 TOTALE 612 0,92 1,42 Densità calcolata nei distretti della Provincia di Lucca nell'anno 2014. N. cervi Densità sul distretto Densità su distributivo (capi/100 ha) (capi/100 ha) DG LU 11 594 1,71 2,22 DG LU 12 53 0,16 0,32 TOTALE 647 0,97 1,49 La caccia di selezione al cervo nella Provincia di Lucca è stata avviata nella stagione venatoria 2013/2014 in ambedue i distretti di gestione. Nel primo anno di gestione venatoria del cervo sono stati prelevati 31 capi su 40 con una percentuale di realizzazione del piano di prelievo del 82,5 %, in particolare il distretto DGLU11 ha raggiunto tassi di attuazione molto alti con 23 capi prelevati su 25 pari al 92%, mentre nel DGLU 12 la percentuale di realizzazione del piano di prelievo è stata del 50%. Nel distretto DGLU11 i prelievi risultano distribuiti uniformemente in tutte le Aree di Gestione del distretto, mentre nel distretto DGLU12 tutti i prelievi salvo uno sono stati effettuati nell'area di gestione AG2. 174 Nella tabella sottostante è riportato il resoconto degli abbattimenti nella stagione venatoria 2013/2014. DISTRETTO CAPI ASSEGNATI CAPI PRELEVATI ATC LU 11 DC LU 11 25 23 ATC LU 12 DC LU 12 10 5 A.F.V. Monte Prunese DC LU 11 5 3 40 31 TOTALE ATC LU 11 PIANO PRELIEVO CAPI ABBATTUTI % Piccoli 8 8 100 Femmine giovani 3 2 66,6 Femmine adulte 5 5 100 Maschi giovani 3 3 100 Maschi subadulti 4 4 100 Maschi adulti 2 1 50 TOTALE 25 23 92 PIANO PRELIEVO CAPI ABBATTUTI % Piccoli 3 1 33,3 Femmine giovani 1 0 - Femmine adulte 3 2 66,6 Maschi giovani 1 1 100 Maschi subadulti 1 0 - Maschi adulti 1 1 100 TOTALE 10 5 50 ATC LU 12 175 21.3 Disciplina per la Gestione Faunistico Venatoria del Cervo Art. 1 - Finalità La gestione faunistico venatoria del cervo appenninico è finalizzata a garantire il mantenimento della specie in buono stato di conservazione, in un’ottica di sostenibilità nei confronti delle attività agricole, della gestione forestale e delle altre competenti della biocenosi. In particolare all’interno del comprensorio si perseguono i seguenti obiettivi: 1. Orientare la popolazione verso i valori di densità obiettivo a livello di comprensorio e possibilmente di Provincia. 2. Assecondare l’espansione territoriale del cervo nelle porzioni vocate del comprensorio ove questo è attualmente assente, incrementare la consistenza della popolazione ove si osservino valori di bassa densità e contenerne la presenza nelle aree meno vocate o particolarmente conflittuali. 3. Migliorare la capacità recettiva del territorio. Gli obiettivi di cui sopra dovranno essere perseguiti attraverso programmi e metodi che considerano in modo unitario la popolazione, nonostante le suddivisioni amministrative del territorio occupato. Gli strumenti di gestione della popolazione di cervo sono rappresentati dal piano poliennale e dal programma operativo annuale di cui all’art. 105, 106, 107 del DPGR n. 33/R/2011. Art. 2 - Monitoraggio della popolazione 1. Al fine di garantire l'omogeneità della raccolta dei dati, i censimenti devono essere svolti in simultanea su tutta l'area oggetto di indagine. Metodi di stima La stima della consistenza del cervo può essere effettuata ricorrendo ad una o più delle seguenti tecniche: • conteggio da punti vantaggiosi al primo verde; • conteggio notturno con faro da automezzo; • conteggio al bramito; • distance sampling; • pellet count; • altre tecniche di conteggio purché di riconosciuta validità scientifica. 2. In Provincia di Lucca la stima della consistenza del cervo deve essere attuata principalmente tramite i seguenti protocolli operativi: a) - Protocollo operativo per il conteggio al bramito I criteri per la raccolta di dati di consistenza con questo metodo sono: • individuazione preliminare dei punti di rilevamento (ascolto) su carta topografica 1:10.000, con densità indicativa di 1 punto ogni 100 ha, abbassabile a 1 punto ogni 200-300 ha nelle aree a minore densità; • date di censimento di norma nel mese di settembre; 176 • rilevamento di tre ore comprese tra le 19.00 e le 24.00; • censimento in contemporanea in prossimità del crinale e nelle vallate di confine tra amministrazioni diverse; • utilizzo di un quadrante goniometrico per la valutazione della provenienza dei bramiti da orientare prima dell'inizio del rilievo con una bussola di precisione; • registrazione su scheda delle direzioni di provenienza dei bramiti e della distanza indicativa; • determinazione del numero di maschi per triangolazione effettuate da due o più punti; • conteggio dei maschi non triangolati; La consistenza della popolazione viene calcolata a partire dal numero di maschi censiti e dalla frequenza relativa dei maschi adulti nella popolazione. b) - Protocollo operativo per il rilevamento della struttura demografica della popolazione Il rilevamento della struttura demografica della popolazione di cervo costituisce parte integrante del metodo di censimento al bramito. Al fine di mitigare le criticità evidenziate dai Piani Annuali Operativi del Comprensorio ACATER Occidentale degli anni 2013-2014 e 2014-2015 in merito al conteggio primaverile notturno con faro da automezzo, sono stati definiti i seguenti criteri per l'analisi della struttura di popolazione: • periodo di raccolta delle osservazioni da luglio a gennaio, devono essere effettuati almeno due uscite in periodo "pre bramito" e altrettante uscite in periodo "post bramito". • Le osservazioni devono essere pianificate in simultanea nei distretti di gestione provinciali. • le osservazioni dovranno essere effettuate preferibilmente da appostamento, alla cerca lungo transetto diurno-crepuscolare o di notte con faro alogeno e autoveicolo; • le osservazioni vengono registrate su apposita scheda annotando data, ora, localizzazione, classe di sesso e di età di ciascun individuo osservato; • per i censimenti lungo transetto, questi ultimi devono essere individuati su carta topografica 1:10.000, in modo che sia garantita la copertura totale delle principali aree aperte in prossimità delle strade; • mappatura degli animali osservati su carta topografica 1:10.000; Per il rilievo della presenza/assenza della specie e quindi per incrementare le conoscenze relative all'areale distributivo del cervo risulta necessario considerare i dati relativi ai capi rinvenuti in difficoltà o feriti, ai capi trovati morti per cause diverse dal prelievo venatorio, alla localizzazione ed entità dei danni. Art. 3 - Attivazione del prelievo Così come da disposizioni del Piano di Gestione Poliennale del Cervo nel comprensorio ACATER Occidentale, la forbice di densità entro la quale assestare la popolazione di cervo è 1- 4 capi/100 ha. L’estremo superiore dell’intervallo è auspicabile in aree a bassa vocazione agricola e forestale, quello 177 inferiore rappresenta il riferimento per zone con presenza diffusa di coltivazioni vulnerabili. Il raggiungimento del valore minimo dell’intervallo di densità (individuato in 1 capo/100ha) non costituisce condizione comunque sufficiente per attivare il prelievo nei distretti, così come il superamento del valore massimo (4 capi/100 ha) non comporta scontatamente il ricorso a piani di abbattimento non conservativi della popolazione. Al fine di assicurare il rispetto di quanto di quanto riportato sopra e di quanto previsto all'art. 1 delle presente Disciplina , ossia assecondare l’espansione territoriale del cervo nelle porzioni vocate del comprensorio ove questo è attualmente assente, incrementare la consistenza della popolazione ove si osservino valori di bassa densità e contenerne la presenza nelle aree meno vocate o particolarmente conflittuali, valori di densità inferiori ad 1 capo / 100 ha non permettono di attivare il prelievo venatorio all'interno del distretto di gestione. Ai fini della sostenibilità del prelievo e per garantire la reale espansione della specie nelle aree ritenute vocate è necessario che i parametri di densità, di cui tener conto ai fini dell'attivazione del prelievo, devono essere riferiti al singolo distretto di gestione e non al territorio provinciale. Art. 4 - Esercizio della caccia a) - Possono accedere alla assegnazione dei capi in abbattimento coloro che: • sono iscritti all’ATC dove intendono esercitare l’attività; • sono in possesso di abilitazione per l’esercizio della caccia al Cervo dell’ Appennino; • sono iscritti alla graduatoria del distretto di cui al successivo articolo 18; • hanno partecipato ai censimenti annuali di cui all'art. 2 della presente disciplina ed alle eventuali altre prestazioni d'opera nelle quantità decise annualmente dall'A.T.C. su indicazione della Commissione Tecnica; • sono iscritti all’ Albo Provinciale dei cacciatori del Cervo dell’Appenninico esclusivamente nella provincia di Lucca; • sono in possesso di idonea certificazione di un poligono di tiro autorizzato rilasciata nell’anno solare di riferimento. Si considera tarata correttamente l’arma che è in grado di centrare con 4 colpi su 5 un bersaglio di 10 centimetri di diametro posto a 100 metri di distanza. Il cacciatore che intende utilizzare più di un’arma, deve presentare un certificato di poligono per ognuna di esse; • hanno esercitato la gestione alla specie capriolo da almeno tre anni in un distretto della Provincia di Lucca. b) - Durante l’esercizio della caccia di selezione è espressamente vietato condurre con sè cani. L’accesso al Distretto di Gestione è ammesso a cani da traccia qualificati in prove di lavoro riconosciute dalle associazioni competenti esclusivamente per il recupero di capi feriti. I soggetti ammessi al recupero dei capi feriti sono esclusivamente quelli previsti dall’art. 95 comma d) del DPGR 33/R/2011, individuati dalla Provincia. L'attività di recupero deve essere esercitata da un soggetto diverso da colui che ha effettuato l'abbattimento e deve essere preventivamente comunicata alla Polizia Provinciale . c) - Al fine di diminuire l’utilizzo di munizioni con piombo è opportuno prevedere nel regolamento provinciale e in quelli degli ATC forme premiali per coloro che durante la caccia di selezione usano munizioni atossiche. Il Regolamento per la caccia di selezione al cervo deve fissare il termine entro il 178 quale si dovrà provvedere alla definitiva sostituzione del munizionamento di piombo con munizionamento atossico. Tale termine non potrà essere superiore a due anni dall'approvazione del Regolamento stesso. d) - Durante la caccia di selezione, in tutto il territorio provinciale, ogni cacciatore è obbligato ad indossare, sopra agli altri capi d’abbigliamento, un capo ad alta visibilità di colore arancione. Questo accessorio deve essere indossato per tutto il periodo dell’azione di caccia. Art. 5 – Regolamento per la caccia di selezione al cervo 1. Il regolamento per la caccia di selezione al cervo dovrà essere obbligatoriamente adeguato entro e non oltre un anno dall'approvazione del presente Piano recependo integralmente quanto previsto dalla presente "Disciplina". 22. GESTIONE FAUNISTICO VENATORIA DEL MUFLONE Il muflone (Ovis aries) è una specie originaria di alcune grandi isole mediterranee, quali Corsica, Sardegna e Cipro. La sua presenza in diverse zone dell’Italia peninsulare è dovuta ad introduzioni effettuate a partire dal XVIII secolo. Nella provincia di Lucca le origini della popolazione di muflone si possono far risalire ad interventi di reintroduzione effettuati a cavallo degli anni 60 da parte dell’ex Azienda di Stato delle Foreste Demaniali. Nel Parco Regionale delle Alpi Apuane questo bovide è stato introdotto con intenti venatori all’inizio degli anni ’80 del XX secolo, antecedentemente all’istituzione dell’area protetta che risale al 1985; gli esemplari provenivano dal Parco Naturale dell’Orecchiella (LU), situato sul vicino Appennino Lucchese e complessivamente 16 capi furono rilasciati nel territorio del Comune di Stazzema (LU), in due riprese: nel 1981 (6 capi) e nel 1982 (10 capi). A partire da questo nucleo, il muflone si è affermato sul territorio manifestando una presenza sempre più diffusa e numerosa. La popolazione apuana dal 2003 è oggetto di progetti di monitoraggio sul territorio del Parco curati dall’Ente Parco. Da cinque anni gli Ambiti Territoriali di Caccia hanno iniziato il monitoraggio nelle aree circostanti il Parco utilizzando le stesse tecniche di censimento, ovvero osservazioni in contemporanea da punti di vantaggio e a partire dalla stagione venatoria 2011/2012 è stata avviata la gestione faunistico venatoria di questa specie. Il nucleo principale si colloca lungo il crinale appenninico dei comuni di Sillano, S.Romano e Villa Collemandina a Nord, mentre scendendo verso Sud, interessa i comuni di Castiglione Garfagnana, Pieve Fosciana, Fosciandora e Barga, nelle loro porzioni più elevate. Altro nucleo importante è quello apuano nel quale la presenza del muflone è concentrata in un area compresa tra i rilievi del Monte Freddone a nord ovest e del Monte Croce a sud-est, dove frequenta svariati ambienti, dai fondovalle alla vetta della Pania della Corce (1858 m), cima più elevata del territorio in questione. 22.1 Territorio vocato Il territorio indicato come vocato al muflone interessa 23 comuni è caratterizzato per il 70,0% da formazioni arboree di latifoglie, per il 9,5% da praterie di crinale, per il 9,2% da affioramenti rocciosi e per il 6,2% da prati-pascoli. 179 Carta della vocazione del muflone in Provincia di Lucca. 180 22.2 Analisi dei danni Nel corso degli anni 2008-2012 non sono stati presentate domane di risarcimento danni a colture agricole a carico di questa specie. 22.3 Gestione faunistica venatoria A seguito di alcuni anni di monitoraggio effettuato dai due Ambiti Territoriali di Caccia è stato appurato che una consistente porzione della popolazione originatasi dai primi individui immessi all’interno del Parco Regionale delle Alpi Apuane è ormai stabilmente presente all’esterno dei confini del Parco, per cui è risultato possibile, anche in considerazione delle caratteristiche di alloctonia della specie, avviare la gestione faunistico venatoria del muflone all’interno dei territori a caccia programmata a partire dalla stagione venatoria 2011-2012. In Provincia di Lucca sono stati individuati due distretti di gestione per la caccia di selezione al muflone, uno ricadente nell’Ambito Territoriale di Caccia dell’ATC Lucca 12 e uno nell’Ambito Territoriale di Caccia Lucca 11. Comuni interessati Sup. Totale ha Distretto ATC Lu 11 Molazzana, Vergemoli, Gallicano, Careggine, 3.867,35 Castelnuovo Garfagnana Distretto ATC Lu 12 Stazzema, Seravezza, Camaiore, Pescaglia, 2.536,90 Barga La gestione venatoria del muflone è attuata all'interno dei Distretti di gestione previa esecuzione dei censimenti annuali ed accertamento dell'esistenza di una densità minima compatibile con il prelievo. Nelle tabelle sottostanti sono riportate le caratteristiche dei distretti, la consistenza minima accertata ed i capi abbattuti nei due distretti di gestione a partire dalla stagione venatoria 2011/2012. Sup. Totale Sup. utile alla specie Consistenza minima Consistenza minima (ha) (ha) accertata accertata (SUS) 2011 2012 Distretto ATC Lu 11 3.867,35 3.832,87 235 318 Distretto ATC Lu 12 2.536,90 2.508,13 595 299 ATC LU 12 ATC LU 11 2011/2012 2012/2013 2011/2012 2012/2013 Totale capi Totale capi % di M A MG abbattuti assegnati prelievo 16 24 66,7 5 4 36 45 80 9 9 .43 54 80 10 3 53 75 71 15 4 181 F piccoli 5 12 23 22 2 6 7 12 22.4 Disciplina per la Gestione Faunistico Venatoria del Muflone 1. La gestione venatoria del muflone è attuata all’interno dei Distretti di Gestione previa esecuzione dei censimenti annuali ed accertamento di una densità minima compatibile con il prelievo. 2. Il metodo di censimento per la definizione delle densità e della struttura di popolazione del muflone è il censimento a vista in simultanea da punti vantaggiosi mappati da effettuarsi all’interno del Distretto di Gestione. I censimenti si svolgono nel periodo 1 marzo - 20 maggio e 1 ottobre – 15 novembre di ciascun anno. Nel periodo 1 marzo – 20 maggio dovranno essere effettuate almeno 2 giornate di censimento a distanza di non meno di 30 giorni. Nel periodo 1 ottobre – 15 novembre dovrà essere effettuata almeno 1 giornata di censimento . Ogni “giornata” di censimento comprende due sessioni da effettuarsi rispettivamente all’alba e al tramonto con permanenza nel punto di osservazione per un periodo di almeno due ore consecutive. 3. Il numero minimo di censimenti a vista obbligatori per accedere alle attività di gestione del Distretto è pari a 3. 4. E’ comunque auspicabile un coordinamento delle date di censimento, per quanto possibile, tra l’Ente Parco Regionale delle Alpi Apuane e l’ATC. Le date dei censimenti devono essere comunicate alla Polizia Provinciale e all’Ufficio Risorse Faunistiche della Provincia in forma scritta almeno sette giorni prima della data di effettuazione degli stessi. 5. L’ATC può, in ogni caso, per una migliore definizione della densità e struttura della popolazione, prevedere ulteriori giornate di censimento rispetto a quanto riportato sopra, la cui partecipazione è comunque obbligatoria per poter accedere alle attività di gestione del Distretto. Di tali censimenti aggiuntivi viene data notizia alla Polizia Provinciale e all’Ufficio Risorse Faunistiche della Provincia in forma scritta almeno sette giorni prima della data di effettuazione degli stessi. 6. Per valutare la possibilità di apertura alla caccia di selezione di un nuovo distretto all’interno del territorio vocato alla specie devono essere attuati almeno due anni di monitoraggio, con censimenti a vista effettuati con le modalità sopra riportate, al fine di ottenere dati sulla struttura e densità della popolazione. L’apertura del nuovo distretto sarà possibile a seguito di verifica tecnica positiva dei risultati ottenuti. Le date dei censimenti, devono essere comunicate alla Polizia Provinciale e all’Ufficio Risorse Faunistiche della Provincia in forma scritta almeno sette giorni prima della data di effettuazione degli stessi. 7. I piani di prelievo del muflone, redatti dagli Ambiti Territoriali di Caccia, una volta esaminati dai Tecnici della Provincia, dovranno essere trasmessi all’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale al fine di acquisire un parere in merito. 8. Al fine di garantire un prelievo bilanciato tra le diverse classi di sesso ed età e rispettoso del Piano di Prelievo, i Comitati di Gestione degli ATC devono porre in atto i necessari monitoraggi e controlli in tempo reale sull’attuazione del piano di prelievo della popolazione di muflone all’interno dei distretti di gestione, adottando, se del caso, conformemente alle proprie competenze, gli opportuni correttivi. 9. La caccia di selezione al muflone è consentita unicamente da postazione fissa, preferibilmente da altana, adeguatamente segnalata. Le postazioni dovranno essere comunicate alla Polizia Provinciale prima dell'inizio della caccia fornendo cartografia in scala adeguata e coordinate geografiche di riferimento in Gauss-Boaga. 10. Al termine del primo mese dell’attività di selezione, si richiede che venga prodotta alla scrivente 182 Amministrazione una relazione sull’andamento del Piano di prelievo. 11. E’ espressamente vietato condurre con sé cani durante l’esercizio della caccia di selezione. 12. L’accesso al Distretto di Gestione è ammesso a cani da traccia qualificati in prove di lavoro riconosciute dalle associazioni competenti esclusivamente per il recupero di capi feriti . I soggetti ammessi al recupero dei capi feriti sono esclusivamente quelli previsti dall’art. 95 comma d) del DPGR 33/R/2011, individuati dalla Provincia. L'attività di recupero deve essere esercitata da un soggetto diverso da colui che ha effettuato l'abbattimento e deve essere preventivamente comunicata alla Polizia Provinciale. 13. Al fine di diminuire l’utilizzo di munizioni con piombo è opportuno prevedere nel regolamento provinciale e in quelli degli ATC forme premiali per coloro che durante la caccia di selezione usano munizioni atossiche. Il Regolamento per la caccia di selezione al muflone deve fissare il termine entro il quale si dovrà provvedere alla definitiva sostituzione del munizionamento di piombo con munizionamento atossico. Tale termine non potrà essere superiore a due anni dall'approvazione del Regolamento stesso. 14. Possono accedere all’assegnazione dei capi in abbattimento coloro che sono in possesso di idonea certificazione di un poligono di tiro autorizzato rilasciata nell’anno solare di riferimento. Si considera tarata correttamente un’ arma con la quale il cacciatore riesce a centrare con 4 colpi su 5 un bersaglio di 10 cm di diametro posto a 100 metri di distanza . Il cacciatore che intende utilizzare più di un’arma deve presentare un certificato di poligono per ciascuna di esse. 15. Durante la caccia di selezione, in tutto il territorio provinciale, ogni cacciatore è obbligato ad indossare, sopra agli altri capi d’abbigliamento, un capo ad alta visibilità di colore arancione. Questo accessorio deve essere indossato per tutto il periodo dell’azione di caccia. 16. Il regolamento per la caccia di selezione al muflone dovrà essere obbligatoriamente adeguato entro e non oltre un anno dall'approvazione del presente Piano recependo integralmente quanto previsto dalla presente "Disciplina". 23. GESTIONE FAUNISTICO VENATORIA DEL DAINO L’ origine della popolazione che occupa attualmente la Provincia di Lucca è molto controversa. Ciò è dovuto al fatto che la vicinanza del Parco di Migliarino – S. Rossore – Massaciuccoli ha messo a disposizione di Comuni, Comunità montane e privati molti animali che sono stati introdotti nel passato in numerose località che hanno costituito centri importanti di irradiazione sul territorio della Provincia. A causa dell’alto numero di introduzioni effettuate, la distribuzione del daino appare oggi molto frammentata. Essendo una specie molto plastica dal punto di vista comportamentale, il daino, in alcuni ambienti protetti, ha dato vita in pochi decenni a popolazioni numerosissime che hanno arrecato, come nel caso della tenuta presidenziale di San Rossore, gravissimi danni al soprassuolo arboreo ed arbustivo: danni tali da precludere la possibilità di rinnovazione alla foresta stessa. In virtù del suo comportamento gregario e della relativa confidenza che instaura con le attività antropiche è una delle specie a più alto impatto sulle attività agricole e sulla selvicoltura. Dal punto di vista dell’interazione con altre specie, questo cervide si pone in forte competizione alimentare con il cervo e con il capriolo; competizione, che, date le sue maggiori capacità di adattamento, si risolve quasi sempre a vantaggio del daino. Sebbene la presenza del daino sia ancora sporadica e frammentata, sarebbe auspicabile prendere in 183 esame la necessità di un avvio di monitoraggio di questa specie sul territorio provinciale, anche per valutare l’impatto che esercita sul contesto faunistico in cui si trova. 184 INDICE PAG 1 ANALISI DEI RISULTATI DEL PIANO FAUNISTICO VENATORIO 2006 - 2010 1 2 SINTESI DEGLI OBIETTIVI 4 2.1 OBIETTIVI SPECIFICI 5 2.2 LA DECLINAZIONE DEGLI OBIETTIVI SPECIFICI IN AZIONI 6 IL TERRITORIO PROVINCIALE 46 3.1 VALLE DEL SERCHIO 47 3.2 PIANA DI LUCCA 48 3.3 VERSILIA 49 AGRICOLTURA DELLA PROVINCIA DI LUCCA 49 4.1 VALLE DEL SERCHIO 50 4.2 PIANA DI LUCCA 50 4.3 VERSILIA 51 4.4 CENSIMENTO AGRICOLTURA 2010 53 5 LA SAF DELLA PROVINCIA DI LUCCA 57 6 IL QUADRO DEI VINCOLI 59 7 I SITI NATURA 2000 61 8 IL TERRITORIO A CACCIA PROGRAMMATA 62 8.1 I COMPRENSORI 62 8.2 LA PRESSIONE VENATORIA 63 8.3 SICUREZZA NELL'ESERCIZIO CONTROLLO FAUNISTICO 8.4 APPOSTAMENTI FISSI DI CACCIA 66 8.5 AREE IN CUI NON SONO COLLOCABILI APPOSTAMENTI FISSI DI CACCIA 66 GLI ISTITUTI - VALUTAZIONI E PROPOSTE 68 CENTRI PUBBLICI PER LA RIPRODUZIONE DELLA FAUNA SELVATICA ALLO STATO NATURALE 69 "CENTRO PUBBLICO PER LA RIPRODUZIONE DELLA FAUNA SELVATICA ALLO STATO NATURALE ""COLLE FOBIA" 68 9.1.1.1 Valutazione 69 9.1.1.2 Indicazioni gestionali 70 ZONE DI PROTEZIONE LUNGO LE ROTTE DI MIGRAZIONE DELLA AVIFAUNA 71 ROTTA DI MIGRAZIONE LUNGO L'ALVEO DEL FIUME SERCHIO 71 9.2.1.1 Sintesi delle principali caratteristiche dell'area 71 9.2.1.2 Valutazioni e indicazioni gestionali 72 ROTTA DI MIGRAZIONE DEL BIENTINA 75 9.2.2.1 Sintesi delle principali caratteristiche dell'area 75 9.2.2.2 Valutazioni e indicazioni gestionali 76 ROTTA DI MIGRAZIONE DELLA VERSILIA 77 Sintesi delle principali caratteristiche dell'area 77 3 4 9 9.1 9.1.1 9.2 9.2.1 9.2.2 9.2.3 9.2.3.1 185 VENATORIO E NELLE OPERAZIONI DI 65 9.2.3.2 Valutazioni e indicazioni gestionali 77 ROTTA DI MIGRAZIONE DELLE EX-CAVE DEL BRENTINO 77 9.2.4.1 Sintesi delle principali caratteristiche dell'area 77 9.2.4.2 Valutazioni e indicazioni gestionali 78 NUOVE PROPOSTE 78 OASI 80 OASI DELL'ORRIDO DI BOTRI E OASI DEL BALZO NERO 80 Sintesi delle principali caratteristiche dell'area e linee gestionali 80 OASI DI MONTEVECCHIO ORECCHIELLA 82 Sintesi delle principali caratteristiche dell’area e linee gestionali 82 ZONE DI RIPOPOLAMENTO E CATTURA 84 9.4.1 ZRC CONTRONERIA 86 9.4.2 ZRC FARNETA 86 9.4.3 ZRC CARRAIA 86 9.4.4 ZRC PIAZZA AL SERCHIO 86 ZONE DI RISPETTO VENATORIO 87 10 FONDI CHIUSI 88 11 AREE SOTTRATTE ALLA CACCIA PROGRAMMATA 89 12 AREE PER L'ADDESTRAMENTO, L'ALLENAMENTO E LE GARE DEI CANI 90 DISCIPLINA PER LA COSTITUZIONE E LA GESTIONE ADDESTRAMENTO CANI 91 9.2.4 9.2.5 9.3 9.3.1 9.3.1.1 9.3.2 9.3.2.1 9.4 9.5 12.1 13 DELLE AREE AZIENDE FAUNISTICO VENATORIE E AGRITURISTICO VENATORIE 93 13.1 LINEE GUIDA PER LA GESTIONE DELLE AZIENDE FAUNISTICO VENATORIE 95 13.2 LINEE GUIDA PER LA GESTIONE DELLE AZIENDE AGRI TURISTICO VENATORIE 98 13.3 RICHIESTE DI NUOVA AUTORIZZAZIONE 99 IMMISSIONI FAUNISTICHE 100 14.1 ANALISI DELLE IMMISSIONI 101 14.2 VALUTAZIONI 106 14.3 DIRETTIVE PER LE IMMISSIONI DI FAUNA SELVATICA 107 LINEE GUIDA PER LA GESTIONE DELLE SPECIE PROBLEMATICHE 112 15.1 CORNACCHIA GRIGIA (Corvus corone cornix) 112 15.2 PICCIONE (Columba livia forma domestica) 113 15.3 VOLPE (Vulpes vulpes) 113 15.4 MINILEPRE (Sylvilagus floridanus) 114 ANALISI DANNI CAUSATI DALLA FAUNA SELVATICA 115 16.1 INDENNIZZI CORRISPOSTI DALLA PROVINCIA 115 16.2 INDENNIZZI CORRISPOSTI DALL'ATC 117 16.3 PREVENZIONE DEI DANNI 125 16.4 PIANO REGIONALE AGRICOLO FORESTALE (P.R.A.F.) 2012-2015 126 16.5 CRITERI PER LA PREVENZIONE, L'ACCERTAMENTO ED IL RICONOSCIMENTO DEI DANNI CAUSATI ALLE OPERE ED ALLE COLTURE AGRICOLE E FORESTALI DALLA FAUNA SELVATICA E DALL'ATTIVITA' VENATORIA 127 14 15 16 186 17 INTERVENTI DI MIGLIORAMENTO AMBIENTALE 133 17.1 CRITERI DI PIANIFICAZIONE 135 17.2 LE TIPOLOGIE DI INTERVENTO DI MIGLIORAMENTO AMBIENTALE 137 17.3 CRITERI ATTUATIVI PER GLI INTERVENTI DI MIGLIORAMENTO AMBIENTALE DI COMPETENZA DELLA PROVINCIA 141 17.4 CRITERI ATTUATIVI PER GLI INTERVENTI DI MIGLIORAMENTO AMBIENTALE DI COMPETENZA DEGLI AMBITI TERRITORIALI DI CACCIA 142 CRITERI PER IL MONITORAGGIO DELLA FAUNA 144 18.1 MONITORAGGIO DEGLI UNGULATI 144 18.2 MONITORAGGIO DELLA PICCOLA SELVAGGINA STANZIALE 148 GESTIONE FAUNISTICO VENATORIA DEL CINGHIALE 150 19.1 QUADRO NORMATIVO 151 19.2 ANALISI DEI DANNI E INTERVENTI DI PREVENZIONE 153 19.3 DELIMITAZIONE DELLE AREE VOCATE E NON VOCATE 154 19.4 GESTIONE DEL CINGHIALE NELLE AREE VOCATE 154 19.5 MONITORAGGIO DELLA POPOLAZIONE DI CINGHIALI 157 19.6 GESTIONE E CONTROLLO DEL CINGHIALE NELLE AREE NON VOCATE 157 19.6.1 Indicazioni gestionali 158 19.6.2 Controllo diretto ex art. 37 della L.R. 3/94 159 18 19 20 161 19.6.2.2 Metodi 161 19.6.2.3 Personale 161 19.6.2.4 Sicurezza 162 19.6.2.5 Destinazione capi abbattuti 162 19.6.2.6 Munizionamento utilizzabile 163 GESTIONE FAUNISTICO VENATORIA DEL CAPRIOLO 163 20.1 TERRITORIO VOCATO 163 20.2 ANALISI DANNI 165 20.3 GESTIONE FAUNISTICO VENATORIA 165 20.4 DISCIPLINA PER LA GESTIONE FAUNISTICO VENATORIA DEL CAPRIOLO 168 GESTIONE FAUNISTICO VENATORIA DEL CERVO 171 21.1 ANALISI DANNI 171 21.2 GESTIONE FAUNISTICO VENATORIA 172 21.3 DISCIPLINA PER LA GESTIONE FAUNISTICO VENATORIA DEL CERVO 176 GESTIONE FAUNISTICO VENATORIA DEL MUFLONE 179 22.1 TERRITORIO VOCATO 179 22.2 ANALISI DANNI 181 22.3 GESTIONE FAUNISTICA VENATORIA 181 22.4 DISCIPLINA PER LA GESTIONE FAUNISTICO VENATORIA DEL MUFLONE 182 GESTIONE FAUNISTICO VENATORIA DEL DAINO 183 21 22 23 19.6.2.1 Obiettivi 187
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