I C O N C E R T I 2 0 1 4 - 2 0 1 5 AIMEZ-VOUS BRAHMS? GIANANDREA NOSEDA DIRETTORE ORCHESTRA DEL TEATRO REGIO GIOVEDÌ 16 OTTOBRE 2014 ORE 20.30 TEATRO REGIO Gianandrea Noseda direttore Simon Trpčeski pianoforte Orchestra del Teatro Regio Johannes Brahms (1833-1897) Concerto in re minore per pianoforte e orchestra n. 1 op. 15 Maestoso Adagio Rondò. Allegro non troppo Sinfonia n. 1 in do minore op. 68 Un poco sostenuto - Allegro Andante sostenuto Un poco allegretto e grazioso Finale. Adagio - Più andante - Allegro non troppo, ma con brio - Più allegro Restate in contatto con il Teatro Regio: Concerto per pianoforte e orchestra n. 1 op. 15 Divenuto poi uno dei maggiori sinfonisti del secondo Ottocento, considerato da molti il primo vero erede di Beethoven in questo campo, Brahms si era affacciato alla vita musicale come pianista: fra i suoi primi lavori compiuti ci sono sonate, ballate e altri brani per pianoforte; ed è lui stesso, come pianista, a farsi conoscere e a eseguire in pubblico i propri lavori. Il Concerto n. 1 è il frutto di questo amore per la tastiera e al tempo stesso del desiderio di approdare all’orchestra, come l’amico Schumann lo incoraggiava a fare, vaticinando dalle colonne della sua rivista il talento di Brahms per il sinfonismo. La laboriosità con cui fu portato a compimento questo Primo Concerto ricorda un po’ i tormenti del Concerto di Schumann, ma dà luogo a esiti molto diversi e personali. I primi due movimenti dell’op. 15 derivano da una sonata per due pianoforti del 1854, così densa da esser presto convertita in sinfonia e alla fine ripensata nei termini di concerto, in modo da mantenersi fedele ad alcune idee squisitamente pianistiche dell’originale, arricchendosi però dell’apporto di un’intera orchestra. Per arrivare a questa formulazione definitiva così sofferta si dovette aspettare il 1858, e la prima esecuzione avvenne solo nel mese di gennaio 1859, prima ad Hannover (il 22) poi a Lipsia (il 27), con l’autore al pianoforte. Lipsia era la città più autorevole sotto l’aspetto della vita concertistica (era stata la prima città tedesca ad avere una sala da concerto, il Gewandhaus), e i fischi con cui il pubblico accolse il lavoro contribuirono a tenere Brahms distante dall’orchestra ancora per anni. I critici di Lipsia contestarono a Brahms il fatto di aver «soffocato in una spessa corazza orchestrale» lo strumento solista, il che porta in effetti a dei veri “corpo a corpo” fra i due elementi, che sono paritetici ma non riescono a fondersi. Da qui deriva la sonorità peculiare soprattutto del primo movimento, cupa e irruente, la stessa già sperimentata nella prima delle Ballate op. 10, anch’essa in re minore; e re minore era d’altra parte la tonalità della Nona Sinfonia, di cui Brahms filtra qui gli aspetti più tempestosi. Nel gesto scultoreo e ombroso che scolpisce l’esordio c’è già l’impronta di brani molto posteriori, come Il canto delle Parche (1882); il rullo di timpani fa pensare a quanto narrato dal primo biografo di Brahms, Max Kalbeck, secondo cui questo primo movimento fu concepito in uno stato d’animo di apprensione per il tentato suicidio di Schumann. Nella prima edizione a stampa l’Adagio era preceduto da una frase in esergo, «Benedictus qui venit in nomine Domini», probabile riferimento al motto liturgico che nel romanzo di Hoffmann Pensieri e considerazioni del gatto Murr campeggia sul portone dell’abbazia in cui trova riparo l’estroso musicista Johannes Kreisler – e “Johannes Kreisler” era lo pseudonimo giovanile di Brahms. Il primo tema ha la pacatezza e la regolarità del corale, mentre la sezione centrale si affida a una sorta di divagazione del solista, qui letteralmente solo, a esplorare i reami della fantasia e le possibilità costruttive della cadenza. Dopo le profondità sulfuree del Maestoso e la cantabilità celestiale dell’Adagio, viene l’ora di mettere i piedi per terra, con l’effervescenza di un Rondò traboccante di temi, non meno di sei. Ricordiamo almeno l’improvvisa irruzione di un corno, che zittisce tutta l’orchestra e lascia che il solista prenda la parola; riconoscente, il pianoforte disegna un lungo cromatismo, come una stella filante, che di colpo ci riporta al clima dei concerti di Beethoven. È solo uno squarcio, un girarsi all’indietro; poi la frenesia del Rondò riprende il sopravvento e ci trascina alla conclusione, sovrapponendo stile brillante e voluti arcaismi nel perdurare delle quinte vuote ai bassi. Sinfonia n. 1 op. 68 La forma sinfonica era nell’Ottocento la pietra di paragone a cui era atteso ogni compositore, specie nella civiltà tedesca, più incline ai generi strumentali che al dramma per musica. Suona quindi quantomeno singolare che uno dei protagonisti indiscussi della vita artistica del secondo Ottocento qual era Brahms abbia presentato al pubblico la sua Prima Sinfonia solo dopo aver ampiamente varcato la quarantina. Singolare, ma comprensibile: l’Ottocento patì per decenni il confronto con l’eredità di Beethoven, che di fatto era ancora da riscuotere; anche le più belle sinfonie di Schubert, Mendelssohn, Schumann davano pur sempre l’impressione di “aggirare” Beethoven e rifugiarsi in singoli aspetti del suo lascito, o addirittura richiamarsi a una fase ancora mozartiana. Brahms, che si presentava ormai agguerrito sia sul fronte cameristico sia su quello di lavori corali impegnativi, primo fra tutti il Deutsches Requiem, si prese tempo per acquisire fino in fondo la padronanza di quei sistemi di derivazione interna e di organicità che solo Beethoven aveva esplorato pienamente, fino a metterli in crisi con lavori come la Nona Sinfonia, in cui già si intuisce la capacità di aprire le derivazioni a vere e proprie digressioni interne che crescono dentro l’organismo complessivo. Per queste ragioni la sua Prima Sinfonia, terminata nel 1876, fu salutata da Hans von Bülow con la celebre battuta: «questa è la Decima di Beethoven», a significare che Brahms aveva introiettato Beethoven nella sua pienezza e non solo per scorci; la somiglianza del tema finale con il tema dell’inno Alla gioia non è che un omaggio aperto («se ne accorgerebbe anche un asino», brontolò Brahms a qualcuno che presuntuosamente si vantava di aver colto la parentela), ma le radici beethoveniane stanno molto più in profondità: nella capacità dell’introduzione di estrarre via via i profili tematici da una materia grezza, nei legami reciproci, nel proiettarsi del discorso complessivo verso il finale, che suona come un approdo. E tuttavia fin dalle prime note la mano brahmsiana è inconfondibile e le soluzioni personalissime: il colore livido di timpani e contrabbassi deriva da certe ombrosità beethoveniane, ma acquista una terribilità epica mai udita prima e senza sbocco, quasi un ricordo del luogo selvaggio dov’erano nati i primi abbozzi del lavoro, l’isola impervia di Rügen. Tutto brahmsiano è il tono dei due movimenti intermedi: il primo costeggia la cantabilità privata e pudica del Lied, fino a culminare sulla tenerezza di un assolo di violino; il secondo, per il quale ci aspetteremmo un minuetto o uno scherzo, evita entrambi per rifugiarsi invece nei toni campestri. Dopo questo alleggerimento lirico, una nuova introduzione prepara al finale: musica che cerca la sua strada, dentro un paesaggio desolato e irto di inciampi; ma ecco farsi avanti un corno solitario, con le sue dorature scintillanti: qui Brahms usa un tema ascoltato in una valle svizzera, semplice, popolare, ma innalzato dal contesto a vera epifania di luce. Da questo bagliore sgorga il tema del finale, ampio e simmetrico come un tema di corale, dunque ancora una volta saldamente radicato nella tradizione tedesca. Elisabetta Fava Elisabetta Fava insegna Storia e critica della musica presso l’Università di Torino. Tra i suoi lavori ricordiamo le monografie sulle ballate di Loewe (Carl Loewe. Un percorso creativo tra ballate e Lieder, Torino 1996) e sui Lieder di Wolf (Paesaggi dell’anima. I Lieder di Hugo Wolf, Alessandria 2000); all’opera romantica tedesca è dedicato invece Ondine, vampiri e cavalieri (Torino 2006). Il suo ultimo lavoro è Voci di un tempo perduto. Mahler e «Il corno magico del fanciullo» (Alessandria, 2012). Collabora regolarmente con i principali teatri italiani per saggi di sala e conferenze, e scrive recensioni per «L’indice» e «Il giornale della musica». Gianandrea Noseda è considerato oggi tra i più eminenti direttori d’orchestra del panorama internazionale. Tra il 2007 e il 2014 è stato Direttore musicale del Teatro Regio, che ha collocato stabilmente nella mappa dei grandi teatri d’opera e trasformato in un vero ambasciatore musicale per l’Italia, in un momento di cambiamenti epocali. Gianandrea Noseda è inoltre Direttore ospite principale dell’Orchestra Filarmonica di Israele, Laureate Conductor della Bbc Philharmonic, “Victor De Sabata Guest Chair” della Pittsburgh Symphony. È stato per un decennio Direttore ospite principale del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo e ricoperto analoghe cariche presso la Rotterdam Philharmonic e l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai. Gianandrea Noseda ha guidato il Teatro Regio in tournée, residenze all’estero e registrazioni discografiche per le migliori etichette internazionali. Le nuove produzioni di Salome, Thaïs (dvd Arthaus Musik), La dama di picche e La traviata, Boris Godunov (dvd Opus Arte), I Vespri siciliani, Fidelio, Tosca, fino alle più recenti di Evgenij Onegin, Don Carlo, Simon Boccanegra, Guglielmo Tell sono state accolte da unanimi consensi. Dopo le tournée in Spagna, Austria, Germania e Giappone (già due residenze di grande successo nel 2010 e nel 2013), nell’agosto 2014 è avvenuto il trionfale debutto al Festival Internazionale di Edimburgo, mentre nel dicembre 2014 è prevista la storica tournée negli Stati Uniti con il debutto alla Carnegie Hall di New York. In ambito discografico, la registrazione dedicata alle opere sinfonico-corali di Goffredo Petrassi con i complessi del Teatro Regio é stata candidata a miglior disco dell’anno dal «Bbc Music Magazine». Un secondo cd dedicato a Petrassi è atteso per l’inizio del prossimo anno. Con l’Orchestra del Regio ha diretto l’album mozartiano di Ildebrando D’Arcangelo e i due progetti di Deutsche Grammophon per il bicentenario verdiano con Rolando Villazón e Anna Netrebko. Gianandrea Noseda dirige regolarmente le più importanti orchestre sinfoniche del mondo: Chicago, Pittsburgh, Philadelphia, Los Angeles e Cleveland negli Stati Uniti, Wiener Symphoniker, Orchestre de Paris e Filarmonica della Scala in Europa, mentre in Giappone è ospite regolare della NHK Symphony Orchestra. Particolarmente importante negli ultimi anni la collaborazione con la London Sympohony: dopo il successo del War Requiem di Britten, salutato dalla critica americana come uno degli eventi del 2011, nell’estate 2013 ha diretto un emozionante Rigoletto al Festival di Aix-en-Provence e inaugurato la stagione 2013-14 al Barbican di Londra. Nella stagione 2014-15 debutterà con la Filarmonica di Berlino e al Festival di Salisburgo con i Wiener Philharmoniker. Intensa e felice la collaborazione con il Metropolitan di New York dove dirige ogni anno dal 2002 e dove è tornato all’inizio del 2014 con due produzioni, tra cui il nuovo allestimento del Principe Igor. Nello stesso periodo ha realizzato la sua prima tournée americana con la Israel Philharmonic. Dal 2002 Gianandrea Noseda è legato all’etichetta discografica Chandos per la quale ha registrato oltre 30 cd; con «Musica Italiana» ha avviato uno storico progetto dedicato ai compositori italiani del XX secolo, tra cui Ottorino Respighi, Alfredo Casella, Goffredo Petrassi ed Ermanno Wolf-Ferrari. Per Deutsche Grammophon ha inoltre inciso il debutto discografico di Anna Netrebko con la Filarmonica di Vienna. Attento ai giovani musicisti, ha collaborato con il Royal College of Music e con l’Orchestra della Guildhall School di Londra, con la National Youth Orchestra of United Kingdom e con l’Orchestra Giovanile Italiana. Dirige inoltre regolarmente la European Union Youth Orchestra in tournée in Europa. Nato a Milano, dove ha compiuto gli studi musicali, Gianandrea Noseda è ormai una delle importanti figure della cultura italiana e ricopre da oltre un decennio il ruolo di Direttore artistico del Festival di Stresa, storica manifestazione musicale. È Cavaliere Ufficiale al Merito della Repubblica Italiana. Il pianista macedone Simon Trpčeski è uno dei più significativi solisti emersi negli ultimi anni nel panorama internazionale, avendo suonando con le maggiori orchestre e riscuotendo ovunque il plauso del pubblico. Apprezzato per la sua tecnica impeccabile e la finezza espressiva, gli sono riconosciuti anche un temperamento coinvolgente e l’impegno nel rafforzare l’immagine della cultura macedone. Trpčeski si esibisce regolarmente con orchestre come London Symphony, City of Birmingham Symphony, Royal Liverpool Philharmonic e London Philharmonic. Altri contratti lo hanno visto impegnato con Royal Concertgebouw, Orchestra Nazionale Russa, Bol’šoj, Filarmonica di San Pietroburgo, Ndr Sinfonieorchester Hamburg, Dso e Rso di Berlino, Wdr di Colonia, Mdr di Lipsia, Tonkünstler Orchestra a Vienna, Sinfonica Nazionale Danese e poi ancora le compagini di Rotterdam, Strasburgo, Stoccolma, Helsinki e Oslo. In Nord America ha suonato con le filarmoniche di New York e Los Angeles, le orchestre di Philadelphia, Cleveland, Boston, San Francisco, Pittsburgh, Chicago, Toronto e Baltimora. Nella sua geografia sono incluse l’Australia e l’estremo Oriente e tra i direttori con cui ha lavorato citiamo fra gli altri Vladimir Ashkenazy, Gustavo Dudamel, Charles Dutoit, Vladimir Jurowski, Lorin Maazel, Antonio Pappano, Vasily Petrenko (con cui intraprenderà una tournée in Australia e Nuova Zelanda), Robin Ticciati, Yan Pascal Tortelier e Gianandrea Noseda. Impegnato anche come solista e musicista da camera (in particolare con il violoncellista Daniel Müller-Schott), si è esibito nelle principali città statunitensi, nelle maggiori capitali della musica europee e a Tokyo. Le sue registrazioni per la Emi hanno ricevuto unanimi consensi; ha inciso musiche di Čajkovskij, Skrjabin, Stravinskij, Prokof ’ev, Rachmaninoff, Chopin, Debussy. Con l’etichetta Avie, Vasily Petrenko e Royal Liverpool Philharmonic ha registrato in due dischi i quattro Concerti di Rachmaninoff: entrambi gli album sono stati premiati («Diapason d’Or», «Classic FM», «Gramophone»). Di prossima uscita da Onyx Classics un nuovo disco con i primi due Concerti di Čajkovsij. Nato nel 1979 a Skopje, si è aggiudicato concorsi internazionali in Gran Bretagna, Italia e Repubblica Ceca; nel biennio 2001-2003 ha fatto parte del Bbc New Generation Scheme e ha ricevuto il Young Artist Award della Royal Philharmonic Society. Con il sostegno dell’organizzazione KulturOp e del Ministro della Cultura del Macedone, Trpčeski lavora regolarmente per coltivare il talento dei giovani musicisti del proprio Paese. Nel 2009 è stato insignito dell’Ordine di Merito dal Presidente della Macedonia Gjorge Ivanov e due anni più tardi è stato premiato, primo nella storia, con il titolo di Artista Nazionale della Repubblica di Macedonia. L’Orchestra del Teatro Regio è l’erede del complesso fondato alla fine dell’Ottocento da Arturo Toscanini, sotto la cui direzione vennero eseguiti numerosissimi concerti e molte storiche produzioni operistiche, quali la prima italiana del Crepuscolo degli dèi di Wagner e le prime assolute di Manon Lescaut e Bohème di Puccini. Nel corso della sua lunga storia ha dimostrato una spiccata duttilità nell’affrontare il grande repertorio così come molti titoli del Novecento, anche in prima assoluta, come Gargantua di Corghi e Leggenda di Solbiati. L’Orchestra si è esibita con i solisti più celebri e alla guida del complesso si sono alternati direttori di fama internazionale come Roberto Abbado, Ahronovič, Bartoletti, Bychkov, Campanella, Gelmetti, Gergiev, Luisotti, Oren, Pidò, Sado, Steinberg, Tate e infine Gianandrea Noseda, che dal 2007 al 2014 ha ricoperto il ruolo di Direttore musicale del Teatro Regio. Ha inoltre accompagnato grandi compagnie di balletto come quelle del Bol’šoj di Mosca e del Mariinskij di San Pietroburgo. Numerosi gli inviti in festival e teatri stranieri; negli ultimi cinque anni, in particolare, è stata ospite con il maestro Noseda in Germania (Wiesbaden, Dresda), Spagna (Madrid, Oviedo, Saragoza e altre città), Austria (Wiener Konzerthaus), Francia (al Théâtre des Champs-Elysées di Parigi). Nell’estate del 2010 ha tenuto una trionfale tournée in Giappone e in Cina con Traviata e Bohème, un successo ampiamente bissato nel 2013 con il “Regio Japan Tour”: nove date a Tokyo con Tosca, Messa da Requiem, Un ballo in maschera e un Gala Rossini. Dopo le prime tournées a San Pietroburgo ed Edimburgo, i prossimi appuntamenti internazionali vedranno il debutto negli Stati Uniti con quattro concerti a Chicago, Toronto, Ann Arbor e New York (Carnegie Hall). L’Orchestra e il Coro del Teatro figurano oggi nei video di alcune delle più interessanti produzioni delle ultime Stagioni: Medea, Edgar, Thaïs, Adriana Lecouvreur, Boris Godunov, Un ballo in maschera e I Vespri siciliani. Tra le incisioni discografiche più recenti, tutte dirette da Gianandrea Noseda, figurano due cd dedicati a Verdi con Rolando Villazón e Anna Netrebko e uno mozartiano con Ildebrando D’Arcangelo per Deutsche Grammophon; per Chandos Quattro pezzi sacri di Verdi e Magnificat e Salmo XII di Petrassi. Teatro Regio Walter Vergnano, Sovrintendente Orchestra Violini primi Sergey Galaktionov • Marina Bertolo Claudia Zanzotto Edoardo De Angelis Fation Hoxholli Marcello Iaconetti Elio Lercara Carmen Lupoli Miriam Maltagliati Alessio Murgia Daniele Soncin Giuseppe Tripodi Francesca Viscito Roberto Zoppi Violini secondi Marco Polidori • Tomoka Osakabe Bartolomeo Angelillo Silvana Balocco Paola Bettella Anna Rita Ercolini Angelica Faccani Silvio Gasparella Ekaterina Gouliagina Ivana Nicoletta Paola Pradotto Valentina Rauseo Viole Armando Barilli • Gustavo Fioravanti Andrea Arcelli Rita Bracci Claudio Cavalletti Maria Elena Eusebietti Alma Mandolesi Roberto Musso Claudio Vignetta Giuseppe Zoppi Violoncelli Jacopo Di Tonno • Giulio Arpinati Fabrice De Donatis Amedeo Fenoglio Alfredo Giarbella Armando Matacena Marco Mosca Paola Perardi Contrabbassi Davide Botto • Atos Canestrelli Alessandro Belli Fulvio Caccialupi Michele Lipani Stefano Schiavolin Flauti Federico Giarbella • Maria Siracusa Trombe Ivano Buat • Paolo Paravagna Oboi Luigi Finetto • Stefano Simondi Tromboni Vincent Lepape • Enrico Avico Marco Tempesta Clarinetti Alessandro Dorella • Luciano Meola Timpani Raúl Camarasa • Fagotti Gabriele Gombi • Sabrina Pirola Controfagotto Sergio Pochettino Corni Ugo Favaro • Natalino Ricciardo • Evandro Merisio Fabrizio Dindo Eros Tondella • Prime parti Si ringrazia la Fondazione Pro Canale di Milano per aver messo i propri strumenti a disposizione dei professori Sergey Galaktionov (violino Giovanni Battista Guadagnini, Torino 1772), Marco Polidori (violino Alessandro Gagliano, Napoli 1725 ca.), Marina Bertolo (Violino Carlo Ferdinando Landolfi, Milano 1751) e Tomoka Osakabe (violino Bernardo Calcanius, Genova 1756). © Fondazione Teatro Regio di Torino Prezzo: € 1
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