la domenica DI REPUBBLICA DOMENICA 17 AGOSTO 2014 NUMERO 493 Cult La copertina. I ragazzi del web sono diventati cattivi Straparlando. Milena Vukotic tra Buñuel e Fantozzi La poesia. Quando Larkin invidiava i Beatles HarryePotter James Bond alla battaglia di Scozia Tra un mese e un giorno il paese dei kilt andrà al referendum La madre del maghetto più letto del mondo e il padre di tutti gli 007 spiegano perché voteranno “no” oppure “sì” all’indipendenza J. K . R O W L IN G e SE A N C O N N E R Y c o n u n a rti c o l o d i E NRI CO FRAN CE S CH I N I L’immagine. Dalle stelle alle star, gli chef lontani dalla cucina Il racconto. In vacanza con la famiglia Daltritempi la Repubblica LA DOMENICA DOMENICA 17 AGOSTO 2014 30 La copertina. Harry Potter vs James Bond STURROCK ARGYLL CARLISLE HOUSTON GORDON J.K. Rowling e Sir Sean Connery non hanno la stessa idea Carta d’identità NOME: JEANNE COGNOME: ROWLING ETÀ: 49 ANNI NATA A: YATE (INGHILTERRA) VIVE A: EDIMBURGO (SCOZIA) PROFESSIONE: SCRITTRICE IL SUO PRIMO “HARRY POTTER” VIENE PUBBLICATO NEL 1997 E N R I C O FR A N C ESCHI NI LONDRA H ARRY POTTER CONTRO JAMES BOND: chi avrà la meglio il prossimo 18 set- tembre? A un mese dal referendum sull’indipendenza della Scozia, con i sondaggi che danno i “no” al divorzio dalla Gran Bretagna in vantaggio (49 a 41 per cento) ma almeno il dieci per cento degli elettori ancora incerti, anche le stelle scendono in campo. Non sono soltanto la scrittrice J.K. Rowling, inglese che vive da anni a Edimburgo (dove ha scritto la maggior parte dei romanzi sul suo fortunato maghetto) e l’interprete del primo agente 007 cinematografico, Sean Connery, scozzese che risiede alle Bahamas ma ha uno “Scotland Forever” (Scozia per sempre) tatuato su un braccio, a dire la loro. Gli attori Ewan McGregor ed Emma Thompson (scozzese il primo, mezza scozzese la seconda) si sono espressi per il “no” all’indipendenza, o più precisamente per il “ni”: il primo afferma di «amare la Scozia ma anche l’idea di una Gran Bretagna», la seconda ammette di capire «il romanticismo dell’indipendenza», concede che «l’Inghilterra si è comportata in modo orribile con la Scozia» ma ammonisce che «erigere nuove frontiere in un mondo globalizzato non è la risposta giusta». La cantante Annie Lennox, la cui canzone Sweet Dreams viene spesso suonata come un inno alle manifestazioni degli indipendentisti, ritiene che una Scozia indipendente farebbe nascere «una società più egualitaria», mentre David Bowie, inglese che non si muove più da New York, ha mandato la top model Kate Moss a ricevere un premio a suo nome facendole leggere una dichiarazione in cui implora la Scozia a «restare con noi». La questione dell’indipendenza coinvolge anche i vip dello sport. Sir Alex Ferguson, mitico allenatore del Manchester United ma ben orgoglioso delle proprie radici a Glasgow, fa campagna attiva per il “no” alla separazione, ma più che altro perché quella è la posizione del partito laburista di cui l’ex-tecnico è attivo militante. E il campione di tennis Andy Murray, abituato a essere considerato scozzese quando perde e britannico quando vince, fu travolto di insulti quando prima dei penultimi Mondiali di calcio, alla domanda per quale squadra avrebbe tifato, rispose: «Chiunque purché non sia l’Inghilterra». Dopo aver vinto la medaglia d’oro nel tennis per il Regno Unito alle Olimpiadi di Londra 2012, non ha gradito quando l’anno scorso il primo ministro del governo autonomo scozzese, l’indipendentista Alex Salmond, è arrivato in tribuna a Wimbledon avvolto in una bandiera scozzese. © RIPRODUZIONE RISERVATA Oh no! I secessionisti? Mi ricordano i Mangiamorte J . K . R O W LI N G M I SONO POSTA di fronte alla questione dell’indipendenza con la mente aperta, consapevole di quanto sia seria la scelta che siamo chiamati a compiere. Non si tratta delle solite elezioni, nelle quali a spoglio avvenuto possiamo sempre prendercela con i risultati e sperare che nel giro di quattro anni le cose vadano meglio. A prescindere da ciò che la Scozia deciderà, probabilmente un giorno saremo chiamati a rendere conto di questa scelta ai nostri nipoti. A scanso di equivoci, ho amici che militano nel fronte “Better Together” (Insieme è meglio, ndt) e altri che invece parteggiano a favore del “sì” all’indipendenza della Scozia. Di entrambe le fazioni fanno parte persone intelligenti e attente. Penso anzi che queste rappresentino la maggioranza. Tuttavia so anche che esiste una frangia di nazio- ARMSTRONG FIDDES ELPHINSTONE nalisti che amano demonizzare chiunque non sia ciecamente a favore dell’indipendenza, e temo che malgrado io abiti in Scozia da ventun anni e preveda di trascorrervi il resto della mia vita mi ritengano “non sufficientemente” scozzese perché la mia opinione possa essere considerata influente. Sono nata nella West Country (regione sud-occidentale dell’Inghilterra, ndt) e cresciuta al confine con il Galles, e pur avendo ereditato del sangue scozzese da parte di madre ho anche degli antenati inglesi, francesi e fiamminghi. Quando qualcuno tenta di determinare la purezza delle nostre origini la situazione assume toni da Mangiamorte. Per domicilio e per matrimonio, ma anche per gratitudine verso tutto ciò che questo Paese mi ha dato, faccio assolutamente il tifo per la Scozia. Il fronte del “sì” promette che se la Scozia si staccherà dal Regno Unito avremo una società più giusta, verde, ricca ed equa, e questa prospettiva appare estremamente allettante. Io non appoggio l’attuale governo di Westminster e sono felice che il decentramento ci abbia risparmiato ciò che sanità e istruzione stanno diventando nel sud del nostro Paese. Ma se spesso l’atteggiamento “londracentrico” dei media, che talvolta trattano la Scozia con sdegno e senza attenzione, mi irrita, mi rendo conto che quando si è trattato di salvare la Royal Bank of Scotland è stata proprio l’appartenenza al Regno Unito a risparmiarci la catastrofe economica. E mi domando anche se sia vero che, come ci assicura sempre il fronte del “sì”, i giacimenti petroliferi nel Mare del Nord possano bastare a sostene- DOUGLAS NAPIER la Repubblica DOMENICA 17 AGOSTO 2014 KERR ABERCROMBIE MURRAY DIANA su quale debba essere il futuro della Scozia Il film più bello? Il mio paese indipendente S E AN CO NNERY ONSIDERANDO che sono più di cinquant’anni che inseguiamo l’indipendenza, credo che tutte le varie argomentazioni siano state abbondantemente valutate e soppesate. La cultura è ciò che definisce un Paese più di ogni altra cosa, fornendogli visibilità internazionale e stimolando l’interesse globale più di quanto la politica, gli affari o l’economia potrebbero mai fare. Con il suo ricco passato, il forte senso di identità, le tradizioni ben radicate e un deciso impegno verso l’innovazione artistica e la tutela di un paesaggio bello e vario, la Scozia è un Paese decisamente fortunato. Tutti questi attributi ne fanno anche uno dei più conosciuti al mondo. Da scozzese che ha trascorso la maggior parte della propria vita lontano dalla Scozia, rimango sempre stupito dall’affetto che le persone nutrono verso la nostra nazione, e dalla conoscenza che ne hanno. Una vittoria del “sì” C 31 ABERDEEN Carta d’identità NOME: THOMAS SEAN COGNOME: CONNERY ETÀ: 84 ANNI NATO A: FOUNTAINBRIDGE (SCOZIA) VIVE A: NASSAU (BAHAMAS) PROFESSIONE: ATTORE È STATO IL PRIMO JAMES BOND NEL 1962 al referendum del 18 settembre catturerebbe l’attenzione del mondo intero. E ciò si tradurrebbe in un rinnovato interesse nei confronti della nostra cultura e della nostra politica. Nessuno si sorprenderà nell’apprendere che sono particolarmente emozionato al pensiero della grande opportunità che una vittoria del “sì” rappresenterebbe per l’industria cinematografica scozzese, incoraggiando nuovi investimenti locali e la promozione a livello internazionale delle nostre suggestive location. Lo sviluppo e il consolidamento dei settori cinematografico e televisivo si tradurrebbero in un afflusso di risorse e nella creazione di nuovi posti di lavoro. Osservando i dati, è chiaro che i vantaggi economici e culturali sarebbero enormi. Nel 2011 le industrie creative della Scozia hanno generato per l’economia del Paese 2,8 miliardi di sterline. Il patrimonio storico ha fruttato più di due miliardi di sterline, dando lavoro a sessantamila persone. Sono cifre di tutto rispetto che potranno diventare persino più ragguardevoli. Da scozzese credo che l’opportunità di ottenere l’indipendenza sia troppo importante per non essere colta. Per dirla in parole povere: non esiste atto più creativo che quello di creare una nuova nazione. © New Statesman 2014 (Traduzione di Marzia Porta) © RIPRODUZIONE RISERVATA Oh yes! re, e addirittura migliorare, la nostra qualità della vita. Alcune delle persone più favorevoli all’indipendenza che io conosco ritengono che la Scozia, destinata com’è ad eccellere, non debba temere di camminare sulle proprie gambe. Questa visione romantica della realtà mi colpisce particolarmente, perché anch’io credo che questo Paese sia eccezionale. La Scozia ha ottenuto dei risultati superiori alle aspettative in quasi ogni settore, e ha sfornato scienziati, statisti, economisti, filantropi, atleti, scrittori, musicisti e addirittura primi ministri di Westminster in quantità che tenderemmo piuttosto ad associare a un Paese ben più vasto. Se esito nel sostenere l’indipendenza non è certo per mancanza di fiducia nello straordinario popolo scozzese. Il fatto è che la Scozia, come il resto del mondo, è soggetta alle pressioni del ventunesimo secolo: deve competere nello stesso mercato globale e procedere a dispetto di una ripresa economica che continua ad apparire incerta. Più ascolto il fronte del “sì”, più mi preoccupo di quanto questo minimizzi, o addirittura neghi, i rischi. Tutte le volte che si affrontano problematiche serie — la pesante dipendenza dal petrolio nel caso diventassimo indipendenti, la valuta da adottare o l’appartenenza all’Ue — ogni ragionevole obiezione viene messa a tacere con l’accusa di “allarmismo”. Si sente dire: “Dobbiamo staccarci, altrimenti ce la faranno pagare”, ma credo piuttosto che se votassimo per rimanere ci troveremo nell’inebriante posizione del coniuge che sul punto di andarsene di casa decide all’ultimo momento di dare un’altra ERSKINE chance al suo matrimonio. I principali partiti ci blandiscono offrendoci maggiori poteri. Credo che se votassimo per restare acquisteremmo una popolarità mai conosciuta prima, e ci troveremmo in un posizione ideale per dettare delle condizioni. Se invece ce ne andassimo non potremmo più tornare indietro. La separazione non sarebbe rapida né indolore: solo degli interventi di microchirurgia potranno districare il groviglio formatosi in tre secoli di stretta interdipendenza. E una volta separati dovremo vedercela con tre vicini maldisposti. Dubito che la Scozia, divenuta ormai indipendente, potrà fare affidamento sui dolci ricordi che i suoi expartner conservano del legame che un tempo li univa. Inoltre, il resto del Regno Unito risentirà della maggiore trasformazione che la Union ha conosciuto in secoli di storia. Se la maggioranza degli scozzesi vuole l’indipendenza, mi auguro allora che il “sì” ottenga un successo clamoroso. E anche se dopo aver letto queste righe alcuni dei nazionalisti più agguerriti volessero portarmi di peso al di là dei nostri confini, io preferirei rimanere e dare il mio contributo a un Paese che mi ha dato più di quanto io riesca a esprimere. A prescindere da quale sarà l’esito del referendum del 18 settembre, la Scozia vivrà un momento storico. Spero con tutto il cuore che non avremo mai motivo di guardarci indietro con l’impressione di aver compiuto un errore di portata storica. © JKRowling.com (Traduzione di Marzia Porta) CLAN E TARTAN DALL’ALTO, IN SENSO ORARIO, ALCUNI TIPI DI TARTAN CHE RAPPRESENTANO I DIVERSI CLAN SCOZZESI © RIPRODUZIONE RISERVATA INGLIS GORDON OF ABERGELDIE FLETCHER KINNAIRD la Repubblica LA DOMENICA DOMENICA 17 AGOSTO 2014 32 L’immagine. Miti d’oggi Dal pianoforte di Gualtiero Marchesi alla passione per l’arte di Heinz Beck Che cosa fanno i grandi cuochi quando sono lontano dai fornelli? Un fotografo ne svela gli hobby segreti e loro volentieri si prestano al gioco IL LIBRO “BEYOND THE CHEF” (SKIRA, 264 PAGINE, 70 EURO) DEL FOTOGRAFO GIANNI RIZZOTTI È IN LIBRERIA NELLA NOSTRA FAMIGLIA C’È UNA VOCAZIONE CHE È QUASI UN KARMA: LA MUSICA. FACCIAMO MUSICA PER NOI E PER GLI ALTRI. LA PRIMA FU MIA SUOCERA GIUSEPPINA SERRA, SOPRANO E INSEGNANTE DI PIANOFORTE DELLA FAMIGLIA FLORIO... GUALTIERO MARCHESI (RISTORANTE TEATRO ALLA SCALA IL MARCHESINO, MILANO) IL TRENTINO È TERRA DI ACCELERAZIONI VERTICALI, VETTE ACCECANTI, NUVOLE VELOCI. IO SONO UN NAVIGANTE DELL’ARIA, HO TRASVOLATO IN PARAPENDIO DALLA VALTELLINA ALL’AUSTRIA, SONO UN APPASSIONATO DEL VOLO IN TUTTE LE SUE FORME... ALFIO GHEZZI (UNA STELLA MICHELIN. LOCANDA MARGON, TRENTO) AMO LA CUCINA PERCHÉ PUÒ FARTI ATTRAVERSARE TERRE INESPLORATE, O RIPORTARTI ALLA STUFA DELLA NONNA. MI RICORDO ANCORA DI QUANDO MI NASCONDEVO SOTTO IL TAVOLO, RESTAVO INEBRIATO DAI PROFUMI DEL BRODO E DELL’ARROSTO... MASSIMO BOTTURA (TRE STELLE MICHELIN. OSTERIA FRANCESCANA, MODENA) MARCO MALVALDI UANDO è che una persona diventa una star? Semplice: quando qualcuno è talmente bravo o rinomato per una sua qualche abilità che i mezzi di comunicazione cominciano a ritenere necessario informarci su tutto quello che tale persona fa quando non fa quello che sa fare meglio. Ci ritroviamo così a sapere tutto sulla passione per l’arredamento di scrittori e giornalisti, sulle capacità che alcuni attori hanno di scalare pareti rocciose di sesto grado e su altre simili minuzie. In alcuni casi, come quando scopriamo le velleità danzanti o canore di Emanuele di Savoia, non è chiaro cosa il personaggio sappia fare bene nella vita reale; altre possibilità, come il parlare dei gusti letterari e filosofici dei calciatori, non vengono inspiegabilmente prese in considerazione. Bene: dopo centrocampisti, veline, modelle, stilisti, registi ed attrici, adesso la parte della star tocca al cuoco. E vediamo in tv cuochi simpatici, scattanti, proattivi e magri, ognuno con una propria caratteristica distintiva e un modo di interpretare la cucina. Quello che è bello, di questo improvviso risorgere dell’interesse nazionalpopolare verso dei tizi che cucinano, è che molti di questi cuochi sono diventati famosi proprio come cuochi, ovvero facendo il loro mestiere. E io, di questa cosa, non posso che essere contento. Il mangiare è un’attività necessaria, che bene o male interessa tutti, perché tutti mangiamo; ed è una delle poche attività umane che coinvolgano tutti e cinque i sensi contemporaneamente. Tutti, anche l’udito: devo ancora conoscere qualcuno a cui non piaccia il rumore di un fiore di zucca che sfrigola in padella. Per noi, esseri del ventunesimo secolo, che leggiamo giornali virtuali e ci stiamo piano piano disabituando a tutti i mostruosi pregi della multisensorialità, mangiare e cucinare può essere un ottimo allenamento per ricordarci tutti i vantaggi del nostro incancellabile status di animali. Mangiare, si diceL’AUTORE va, e cucinare; e soprattutto essere in grado di associare qualcosa che viene mangiato al fatto che prima bisoMARCO MALVALDI È CHIMICO gna cucinarlo, è un punto molto importante, per noi che E SCRITTORE. IL SUO ULTIMO abbiamo passato gli ultimi decenni convinti di poter ROMANZO È “ARGENTO comprare quello che ci serviva, che ci sarebbero sempre VIVO” (SELLERIO 2013, 272 stati i soldi per comprarlo, e che qualcun altro avrebbe PAGINE, 14 EURO ) pulito dopo. Non c’è modo migliore di apprezzare qualcosa se non fabbricandocelo con le nostre manine, il che vale per il cibo come per qualsiasi altra cosa. Ben vengano, dunque, gli chef che dalle stelle della guida vanno verso la consacrazione di stelle della tv e del web. A patto che continuino a dirci come cucinare, e quali sbagli evitare in cucina, senza ammorbarci con le loro squadre del cuore o con la loro presunta abilità nella fotografia subacquea: di questo, mi perdonino, non sappiamo che farcene. Q © RIPRODUZIONE RISERVATA C’è vita oltre lo chef la Repubblica DOMENICA 17 AGOSTO 2014 LO STORICO DELL’ARTE BERNARD BERENSON DICEVA CHE IL VERO AMORE PER L’ARTE È UN DONO NON MENO CHE IL CREARLA. LO STESSO VALE PER L’ALTA CUCINA: CHI CREA E CHI AMA SONO MOLTO MENO DISTANTI DI QUANTO COMUNEMENTE SI POSSA PENSARE HEINZ BECK (TRE STELLE MICHELIN. LA PERGOLA, ROMA) AVEVO DODICI ANNI QUANDO INIZIAI A LAVORARE IN PASTICCERIA. NELLA VITA TUTTE LE ESPERIENZE HANNO UN VALORE, NESSUNA ESCLUSA. QUEL LAVORO SVELÒ A ME STESSO L’AMORE PER IL CIBO. NON HO AVUTO MAESTRI. SONO UN SELF MADE CHEF CICCIO SULTANO (DUE STELLE MICHELIN. DUOMO, RAGUSA) LA MIA STAGIONE PREFERITA È L’INVERNO. QUANDO LA NEBBIA ATTANAGLIA LA PIANURA, NEL PARCO DELL’OGLIO, IN PIENA CAMPAGNA MANTOVANA, MI METTO IN TESTA IL CAPPELLO DA PRETE E IL MANTELLO. È LA RISPOSTA PERFETTA... GIOVANNI SANTINI (TRE STELLE MICHELIN. DAL PESCATORE, CANNETO SULL’OGLIO) 33 LA CUCINA È RICERCA. IL MIO LABORATORIO SI CHIAMA COMBAL.ZERO. I RIFLESSI DEL CRISTALLO IRRORANO LO SPAZIO. SONO IN CONTINUA EVOLUZIONE. AMO LE TAVOLE DEGLI ELEMENTI. L’AMBIENTE È TEATRALE. IL FOOD È DESIGN. PREPARO CYBER EGGS DAVIDE SCABIN (DUE STELLE MICHELIN. COMBAL.ZERO, RIVOLI) QUANDO SONO ARRIVATO IN ITALIA NELLA MIA VALIGIA C’ERA UN CLANDESTINO: LA MIA PASSIONE PER IL CALCIO. ALL’INIZIO DEGLI ANNI NOVANTA A TOKYO HO GIOCATO NELLA NAZIONALE NIPPOBRASILIANA DI CALCIO A CINQUE. L’INTER È IL MIO OPPIO ROBERTO OKABE (FINGER’S, MILANO) MONTEMERANO È UN BORGO MEDIOEVALE DELLA MAREMMA, IN CIMA A UNA COLLINA. BOSCHI, ULIVI, VITI, ACQUE TERMALI. MI SENTO LONTANA DALLE MODE. MI SENTO VICINA ALLE STAGIONI. MI LIMITO A PRENDERE IN PRESTITO I LORO PROFUMI VALERIA PICCINI (DUE STELLE MICHELIN. DA CAINO, MANCIANO) la Repubblica LA DOMENICA DOMENICA 17 AGOSTO 2014 34 Il racconto. Di ferragosto Un faldone zeppo di dépliant e ricevute d’albergo Una fitta corrispondenza. Un padre scrupoloso E un giovane scrittore che un bel giorno sale in macchina e decide di andare a cercarla La famiglia Daltritempi va in vacanza L’AUTORE VALERIO MILLEFOGLIE MACUGNAGA (PIEMONTE) M OLTI anni fa, in un mercatino dell’antiquariato, ho trova- to un vecchio faldone portadocumenti. Aprendolo ho scoperto un’epoca: venti anni di vacanze di una famiglia milanese. Dal 1957 al 1977 il capofamiglia ha raccolto e archiviato la corrispondenza con gli albergatori, le ricevute dei ristoranti e i dépliant pubblicitari che promettevano tramonti da sogno, american bar e bagni in tutte le camere. Per me valeva tantissimo, per il venditore quindici euro. Tornato a casa l’ho letto come fosse un romanzo, appassionandomi a quelle lettere scritte in modo così formale e rigoroso. Da alcuni dettagli si delineava una saga familiare con comparse di suocere, cognati, amici dai nomi fantasiosi come i Sigg. Panico e vacanze da prenotare. A ferragosto si pensava già a dove passare l’ultimo dell’anno. Da una lettera inviata il 18 marzo 1958 all’indirizzo dello Spett.le Albergo Moderno di Macugnaga, località ai piedi del Monte Rosa, vengo a conoscenza dei principali protagonisti di questa storia: “Gradirei sapere se Lei dispone di una camera a due letti con acqua corrente calda o fredda per mia moglie ed il mio bambino di sei anni, dove poter aggiungere una branda per quelle poche notti che io passerò costì”. Il proprietario dell’Albergo Moderno propone la camera 102 specificando che: “Le rendo noto però che in una parete di questa camera passa la canna fumaria delle cucine, nelle giornate fresche ciò è di vantaggio ma in quelle calde può rappresentare una molestia”. Le trattative proseguono per tutto il mese di marzo e si giunge a VALERIO MILLEFOGLIE È SCRITTORE, MUSICISTA E PERFORMER, SONO SUOI “MANUALE PER DIVENTARE VALERIO MILLEFOGLIE” (BALDINI CASTOLDI DALAI 2005), “L’ATTIMO IN CUI SIAMO FELICI” (EINAUDI 2012) E IL DISCO “I MIEI MIGLIORI AMICI IMMAGINARI” (QUIET, PLEASE!/EMI 2011). IL SUO ULTIMO LIBRO È “MONDO PICCOLO” (CONTROMANO LATERZA, 2014) un accordo a fine aprile: la famiglia, che chiameremo la famiglia Daltritempi, pernotterà lì dal 2 al 24 agosto. Di quel mese posso sapere solo i conti dei pranzi e delle cene, ma una lettera di settembre a firma del proprietario dell’Albergo Moderno innesca un giallo: “Gentile Signora, ho guardato subito nella camera 106 da Lei occupata, ma vi erano solo i cuscini normali del letto matrimoniale. Scriverò pertanto al facchino Dante per chiedergli dove lo ha messo, in modo da poterlo isolare e tenerlo poi a Sua disposizione. Intanto Lei dovrebbe informarmi se il cuscino aveva qualche segno o connotato speciale, atto a facilitare la sua identificazione”. In questo tempo ho conservato il raccoglitore in un angolo della casa, e della mente, rimandando per un anno l’idea di ri- la Repubblica DOMENICA 17 AGOSTO 2014 35 IL FALDONE NELL’ALTRA PAGINA IL FALDONE RITROVATO. QUI SOTTO UNA PARTE DEL SUO CONTENUTO percorrere i loro viaggi. Poi, ora che la mia compagna è in attesa e stiamo per diventare anche noi una famiglia, decido di partire per sapere che fine hanno fatto il cuscino, la famiglia e le vacanze di una volta. Parcheggio nella piazza dove un tempo si fermavano le corriere. Ad attendere i turisti c’era un esercito di facchini in uniforme, si riconoscevano dal nome dell’albergo ricamato in oro sul cappello. In un dépliant dell’epoca l’albergo Moderno è ritratto accanto alla chiesa del paese, seguo il campanile nel cielo e mi allontano dal centro. Attraverso prima una “Scuola Asilo”, alle finestre disegni di mani colorate, e poi un edificio abbandonato, che scoprirò essere un altro hotel storico. Di fronte c’era l’albergo Moderno. Al suo posto ci sono un panificio, la rimessa di un artigiano e un condominio. Entro nel panificio per illudermi di entrare nella hall. Faccio il giro del palazzo, più volte durante la giornata. Ogni volta spero di ritrovare l’albergo o d’incontrare un inquilino così affezionato alla camera delle sue estati da aver deciso di acquistare la casa. Nel suo appartamento ha lasciato tutto com’era, compone il numero del centralino e risponde una voce dal ’58. L’emporio qui vicino è rimasto come allora, è di proprietà della coppia più anziana di Macugnaga. «Non ha abbastanza carta per gli appunti», mi dice l’uomo indicando la mia agenda quando gli chiedo se posso fargli qualche domanda. La moglie mi stringe forte il braccio e mi dice: «Siamo vecchi, noi dobbiamo morire». Più tardi vedrò l’uomo seguire con il binocolo la passeggiata della moglie, non potendo star dietro al suo passo, le sta vicino con gli occhi. La famiglia Daltritempi mi ha portato qui e non lo sa, sono venuto a passare le ferie con loro, solo un po’ in ritardo. Ogni persona che incontro mi fa il nome di un’altra persona che potrebbe sapere qualcosa dell’albergo, del facchino Dante e della famiglia che cerco. Elemosino aneddoti e ricordi passando da un volto all’altro, da un bar al salotto di un collezionista di memorabilia del posto: «Mi sono trasferito a vivere qui dopo la morte di mia moglie, per starle più vicino». Mi mostra i suoi tesori: una serie di cartoline del Moderno, un libretto di poesie dedicate a Macugnaga scritto e autoprodotto da Giovanni Testori, alcune lettere che la poetessa Amelia Rosselli aveva scritto da qui al figlio Carlo, come questa datata 7 agosto 1914: “Quando arriva qualche copia del giornale, alle due, tutti corrono e se la strappano di mano l’un l’altro come tanti selvaggi. È una vita di ansia continua. Spero anch’io che succeda quello che speri tu”. Più o meno negli stessi giorni di quell’anno una signora spediva questa cartolina a un’amica: “Carissima, siamo agli sgoccioli, le nostre vacanze stanno per finire. Il tempo è sempre incerto, assai variato, bellissimo e anche bruttissimo in una stessa giornata causa il vento. È piuttosto freddo ma non dà fastidio. Le partenze sono molte e gli alberghi vanno chiudendosi”. All’hotel Le Alpi sono l’unico ospite. In cento anni ha visto feste e gran galà, fuggiaschi e soldati. I primi si nascondevano nelle camere, gli altri s’intrattenevano al bar. Ceno da solo nella sala da pranzo facendomi compagnia con il libro degli ospiti. La notte ho il sonno tormentato. Sogno di due famiglie che vogliono trascorrere insieme le vacanze, ma provengono da epoche diverse e quindi, anche se sono nello stesso albergo, non riescono mai a incontrarsi. Ripenso alle parole e alle informazioni recuperate durante il giorno. Guido Morselli, autore di romanzi postumi come Roma senza Papa e Dissipatio H.G, si suicida di ritorno da una vacanza a Macugnaga perché nessun editore vuole pubblicare i suoi libri. I cavalli ammaestrati entrano nella sala da pranzo del Grand Hotel Monte Moro, l’edificio abbandonato di fronte al Moderno, e ballano al suono dell’orchestra. I bambini giocano con i coriandoli fuori da un dancing. Nella mia testa il raccoglitore della famiglia Daltritempi si popola di altri personaggi. Prendo sonno quando devo svegliarmi. Raggiungo a piedi un’abitazione che si trova dopo un ponticello e parlo finalmente con una donna che ha lavorato come cameriera al Moderno. «Certo che conoscevo il facchino Dante, era un bravissimo facchino. Era di Sanremo e veniva insieme al cuoco, anche lui di lì, avrà avuto cinquant’anni. Il Moderno era di prima categoria. Tutte le posate, le portate e i bicchieri erano in argento. Dopo colazione i turisti andavano a fare le loro passeggiate, tornavano per pranzo verso le dodici e mezzo. Nel pomeriggio un sonnellino e poi altre passeggiate, queste erano le vacanze». In quei giorni, mentre la famiglia Daltritempi era sotto il sole, il primo sottomarino atomico americano era sotto il ghiaccio e raggiungeva il Polo nord. Oltre a questa notizia, un giornale riporta il resoconto di un evento che ha allietato la serata dei villeggianti, “Singolare raduno a Macugnaga. Una giuria femminile ha giudicato i calvi d’Italia. Il vincitore, quarantottenne, ceramista di Varese, sposato, due figli è calvo dal 1925”. La signora Daltritempi si sofferma a leggere divertita l’articolo, le fatture riportano che la mattina del 6 agosto fa colazione pagando 100 lire. Gli altri giorni beve del caffè o del latte semplice per 60 lire. A pranzo e a cena, insieme al marito le poche volte che lui la raggiunge costì, ordinano del vino, 400 lire per brindare a un’altra estate insieme. Torneranno anche l’anno seguente, così come quello dopo e quello dopo ancora. Io invece riparto. In borsa ho il raccoglitore e penso a una lettera del ’67 spedita all’Albergo Sanciani di Sondrio: “Per cortesia che il terzo letto sia di lunghezza normale dato che il mio ragazzo è alquanto cresciuto”. Potrei tornare a casa, o potrei partire per scoprire i letti del boom. Grazie al miracolo economico facevano gli stessi progressi di chi ci dormiva e sognava più in grande. Intanto dispiego la cartina, metto in moto e lascio il 1958. © RIPRODUZIONE RISERVATA LA DOMENICA la Repubblica DOMENICA 17 AGOSTO 2014 36 Spettacoli. Vite da film Fu l’uomo che inventò la “Hollywood rossa” Dagli archivi del Pcus riemerge l’avventura di Francesco Misiano LOCANDINE QUI A DESTRA MISIANO NEL 1930. IN ALTO ALCUNI DEI FILM PRODOTTI DALLA MEZRABPOM: IL FANTASCIENTIFICO “AELITA” DI PROTAZANOV, “TEMPESTE SULL’ASIA” E “LA MADRE” DI PUDOVKIN L’italiano della Potemkin la Repubblica DOMENICA 17 AGOSTO 2014 37 CARICATURA G IANCARLO BO CC H I C OSA CI FACEVANO MARY PICKFORD E DOUGLAS FAIRBANKS, “la fidanzata d’Ameri- ca” e il “Robin Hood a stelle e strisce”, per le strade della Mosca bolscevica del 1926 inseguiti da uno stuolo di cineoperatori tra due ali di folla in delirio? Chi aveva reso possibile quell’evento incredibile che non vedeva i leader della Rivoluzione d’Ottobre ma i due divi simbolo dell’America raccogliere tanto calor di popolo? L’autore di quel miracolo era stato Francesco Misiano, un italiano. Il suo nome, cancellato nel dopoguerra e oggi sconosciuto ai più, suonava invece familiare negli anni ‘20 e ‘30 alle orecchie di Sergei Eisenstein, Thomas Mann, Dos Passos, Maksim Gorkij, Bernard Shaw, Bertold Brecht, Vsevolod Pudovkin, Charlie Chaplin, Albert Einstein. La sua vita straordinaria è indissolubilmente legata alla storia del cinema e in particolare all’“età dell’oro” del cinema russo. Capolavori come La Corazzata Potemkin non sarebbero mai arrivati ad un successo internazionale e epocale senza il suo intuito. Inventore della cosiddetta “Hollywood rossa”, Misiano fu in sostanza il più grande produttore cinematografico dell’Unione sovietica. Riuscì a realizzare quattrocento tra film e documentari. “Sono nato nel 1884 in Calabria. Mio padre era un sarto, mia madre un’istitutrice. Fino a sei anni ho vissuto a Ardore, il mio paese. Quando ne ebbi nove anni mio padre diventò cieco...” scriverà Misiano nel 1930 in un documento finora inedito presentato a sua difesa davanti alla Commissione di epurazione del partito comunista quando le cose per lui e per tanti altri nell’Urss di Stalin cominciarono ad andare male. Ferroviere, a vent’anni Misiano aderisce al Partito socialista. Pacifista e antimilitarista, diserta e raggiunge Zurigo dove conosce Lenin. Poi è a Berlino dove, armi in pugno, è al fianco di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht per difendere la sede del Vorwärts, l’organo del partito socialdemocratico tedesco. Dopo sei giorni d’assedio, finite le munizioni, viene arrestato e rinchiuso in carcere per dieci mesi. Eletto deputato nel ’19 torna in Italia, va a Fiume e subisce la “condanna a morte” di D’annunzio: “Il miserabile disertore tenta di entrare nella città per fare opera di sobillazione. Dategli la caccia e infliggetegli il castigo immediato, a ferro freddo!”. Durante il “biennio rosso” partecipa all’occupazione delle fabbriche e nel 1921, assieme a Gramsci e Bordiga, è tra i fondatori del Partito comunista d’Italia. Viene aggredito da un gruppo di deputati fascisti e nazionalisti che dopo averlo picchiato lo rasano, lo coprono di vernice e di sputi obbligandolo a sfilare con un cartello al collo. Torna a Berlino, dove contribuisce a fondare il Soccorso operaio in- no investe in tutti i generi, ma sempre con un livelternazionale e dove gli viene finalmente proposto lo tecnico elevatissimo, utilizzando sia autori tradi aprire una sede dell’organizzazione in Urss e qui dizionali che innovatori, sia divi del teatro che voldi realizzare film e documentari per autofinanzia- ti ancora sconosciuti. I film della Mezrabpom fanno re l’organizzazione. Ecco dunque Mosca, l’Unione ridere, piangere e pensare milioni di cittadini sovietici. E affascinano le platee di tutto il mondo con Sovietica, il cinema. L’Urss appariva in quegli anni ancora molto le vicende della rivoluzione d’Ottobre, grazie soaperta e tollerante, perfino verso quelle avanguar- prattutto alla Corazzata Potemkin che è proprio Midie artistiche che avevano prodotto i progetti più siano a esportare e distribuire attraverso la Provisionari, la pittura di Rodcenko, di Malevic, il tea- meteus Film fuori dai confini dell’Urss. Ma sul nascere degli anni ’30 gli spazi di libertà tro di Mejerchol’d, il cinema di Dziga Vertov. Quando la Nep, la nuova politica economica di Lenin, co- cominciano a chiudersi. A Mosca si apre l’epoca grimincia a promuovere l’iniziativa privata anche in gia dei piani quinquennali, del realismo socialista, campo culturale, Misiano si lancia nell’impresa di dell’unanimismo, della caccia ai trotskisti e ai “pacreare e dirigere la sezione cinematografica del Soi. cificatori”. L’internazionalismo solidale del SocNasce così la Mezrabpom Film. E si apre per lui una corso operaio internazionale comincia ad apparire nuova stagione, la più frenetica, la più esaltante. un corpo estraneo, perfino ostile, alle strategie staSono anni di continui viaggi in tutta Europa a repe- liniste del “socialismo in un paese solo”. Partono ririre pellicole, a presentare e diffondere i film sovie- petute condanne di “intellettualismo e formalitici e ad importarne dall’occidente, a sovrintende- smo” che coinvolgono le iniziative e le produzioni re a nuove produzioni in Russia, a creare un terre- del Mezrabpom. Quanto ai rapporti con i compagni no d’incontro tra la nuova cinematografia sovieti- di partito in Italia, da alcuni documenti da noi rica e registi come Hans Richter, Erwin Piscator, Jo- trovati negli Archivi riservati sovietici emerge che ris Ivens, intellettuali come Béla Bàlazs, attori, dal nucleo dei comunisti vicini a Togliatti, con cui scrittori, musicisti. La sua malandata Lincoln de- Misiano aveva continuato a mantenere un rapporcappottabile scorrazza per le vie di Mosca con a bor- to problematico, partono attacchi politici e persodo i maggiori protagonisti della cultura progressi- nali più duri che mai. Quando scrive “Hitler andrà sta europea, e il suo piccolo appartamento di Mosca al potere. Il partito comunista sarà distrutto. Per dediviene meta abituale dei più noti cineasti sovieti- cine di anni la classe operaia tedesca sarà vinta” la ci e sede di interminabili dibattiti di estetica. Ma il sua analisi viene etichettata come “prospettiva opsuo cruccio principale è un altro ed è tutto politico: portunistica della disfatta, cavallo di battaglia del la creazione di un fronte antifascista mondiale, il troschismo rivoluzionario”. Agli inizi del 1934, ancor pripiù largo possibile, per tentare di superare i settarismi. “Che diavolo è diventato il nostro partito, che ma dell’assassinio di Kirov suppone dappertutto compagni in atto di far piani e della definitiva resa che danneggiano gli altri compagni e il partito? E dei conti di Stalin con cosa diventerà, se si trasforma in una serie di per- gli oppositori intersone che si sentono perpetuamente minacciate dal ni, Paolo Robotti, coproprio compagno?”. Così scriveva a Terracini, nel gnato di Togliatti e 1923. Ad un anno da quella lettera, Misiano subirà responsabile del Club il primo processo politico da parte della “Centrale degli internazionali, accusa Misiano di aver sosteitaliana”. L’accusa è di aver gestito inadeguata- nuto in Tenebre, un dramma teatrale d’impronta mente nel 1922 la distribuzione di aiuti durante la pacifista del 1918, “una tesi antileninista” e di aver carestia nelle regioni del Volga. “Il caso Misiano” esaltato “la diserzione dall’esercito borghese”, una viene smontato in poche settimane dalla potente tesi “massimalista quindi antirivoluzionaria”. MiCommissione di controllo del Comintern che an- siano viene pesantemente accusato anche sul giornulla e sconfessa, con grande delusione di Palmiro nale murale del Partito con nove articoli e due viTogliatti, le decisioni prese dalla Commissione del gnette: “Per sei sere abbiamo discusso inutilmente col compagno Misiano per mostrargli i suoi errori. Partito Comunista d’Italia. Messi provvisoriamente a tacere i suoi nemici, Ma inutilmente… Le sue ultime parole sono state Misiano impegna tutte le sue energie intellettuali una sfida contro il collettivo”. Anche la moglie, Mae creative nella Mezrabpom Film. Nel giro di pochi ria, viene presa di mira. Accusata di far “opera di dianni produce centosessanta film e duecentoqua- sgregazione…” è sospesa per un anno dal Club deranta documentari, da grandi capolavori come La gli internazionali. Misiano scrive diverse appassiomadre, La fine di San Pietroburgo e Tempeste sul- nate difese delle sue idee e del suo operato, ma venl’Asia di Pudovkin a pellicole di genere (polizieschi, gono definite dai suoi accusatori “non operaie... comici, sentimentali, commedie) più tantissimi non comuniste… una prova in più della sua mentafilm per bambini, soprattutto cartoni animati lità individualistica piccolo – borghese”. estremamente innovativi, veri gioielli di tecnica e “So bene che nella vita del Partito, una parola mal di creatività. Le sale cinematografiche di tutta la collocata in una Commissione d’inchiesta può ucRussia si riempiono fino all’inverosimile di spetta- cidere un uomo”, annotava Misiano già nel 1923 a tori incantati da storie in cui riconoscono la loro vi- margine della sua prima autodifesa. La profezia si ta di tutti i giorni, come ne La casa in piazza Trub- avvera nel 1936. Viene proposto al partito bolscevaja e ne La ragazza con la cappelliera, o si lasciano vico dell’Urss la sua espulsione. Misiano si ammala trasportare nel mondo fantastico de Le avventure e muore il 16 agosto del 1936 in un sanatorio. Si di Mr. West nel paese dei bolscevichi e perfino in diffonde la voce che sia stato assassinato. Tre giormondi alieni come quello di Aelita di J.A. Protaza- ni dopo, a Mosca, comincerà il primo dei grandi pronov che incita all’insurrezione i proletari del pia- cessi staliniani. neta Marte. La Hollywood rivoluzionaria di Misia© RIPRODUZIONE RISERVATA “FATE LARGO AI BAMBINI!” MISIANO IN UN DISEGNO SATIRICO DEL FAMOSO REGISTA PUDOVKIN (IL SECONDO DA DESTRA) DIVI MOSCA, 1926: DA SINISTRA FRANCESCO MISIANO E GLI ATTORI AMERICANI DOUGLAS FAIRBANKS E MARY PICKFORD la Repubblica LA DOMENICA DOMENICA 17 AGOSTO 2014 Next. Camera con vista Le tappe 367 a.C. ATLANTIDE 1870 LA STORIA DELL’ISOLA LEGGENDARIA SPROFONDATA NEGLI ABISSI COMPARE LA PRIMA VOLTA NE “I DIALOGHI” DI PLATONE. RISCOPERTA IN ETÀ MODERNA ISPIRA MOLTI AUTORI TRA CUI BACONE CON “LA NUOVA ATLANTIDE” MAURIZIO RICCI LU, glu. A incontrar qualcuno, passeggiando là fuori, non sarete in grado di dire di più, lo vogliate o no. Il posto, per giunta, è un po’ umido, la luce diffusa e fioca. In compenso il clima è mite tutto l’anno e il panorama intorno mozza il fiato. Se siete un lupo di Wall Street, con portafogli conseguente, potete farci un pensierino: 300 metri quadri di villa, tre camere da letto, tre bagni, vista sulla barriera corallina, vanno per dieci milioni di dollari, più un milione per la messa in opera. Più o meno, l’equivalente di otto milioni di euro. E allora, ci potete pensare anche se, più modestamente, siete solo un presidente della Regione Lombardia, un po’ disinvolto: la villa di Formigoni in Sardegna vale cinque milioni di euro. Ed è una banalissima costruzione di mattoni che guarda la baia. Questa, invece, è una bolla trasparente, quindici metri sotto il mare, faccia a faccia con polipi e meduse: nessuno dei vostri amici ce l’ha. In verità, al momento, anche se siete un lupo di Wall Street o di Palazzo Lombardia, non potete averla neanche voi. L’idea di vivere sott’acqua attraversa da secoli il nostro immaginario: in fondo, non si è mai ben capito se gli abitanti della sommersa Atlantide vivessero sopra o sotto il pelo dell’acqua. Negli ultimi cinquant’anni, ci si è riusciti davvero, svariate decine di volte. Quasi sempre, però, per sperimentare condizioni particolari, come quelle delle spedizioni nello Spazio. O, comunque, per scopi scientifici. Battistrada, naturalmente, Jacques-Yves Cousteau. Il suo Précontinent fu posato sul fondo del mare poco più di cinquant’anni fa. Permetteva di vivere una settimana, respirando aria compressa, dentro un cilindro d’acciao battezzato con il nome di “Diogene”. Fate un salto di mezzo secolo e anche una persona debole di cuore può seguire le orme di Costeau. In nome della trivialità dei tempi, la scienza è scomparsa e sott’acqua ci si va per mangiare: una galleria trasparente di plexiglass, con tavoli e pavimenti di legno chiaro, dove gustare, fra lo svolazzare di una manta e le evoluzioni di uno squalo balena, un menù di sei portate di cucina europea, caviale compreso. È l’Ithaa, il “ristorante sotto il mare” del Conrad Hilton Hotel di Rangali, alle Maldive (1.400 dollari a notte). Ed è anche l’unica struttura di vita ordinaria sottomarina, sia pure di passaggio, attualmente esistente. G JULES VERNE CON QUASI UN SECOLO DI ANTICIPO NEL ROMANZO DI FANTASCIENZA “VENTIMILA LEGHE SOTTO I MARI” LO SCRITTORE PREVEDE L’UTILIZZO DEL SOTTOMARINO E LA COLONIZZAZIONE DA PARTE DELL’UOMO DEGLI ABISSI Ma, allora, la villa da trecento metri quadri in mezzo ai pesci-palla? Per ora, è solo un progetto. La Us Submarines, che l’ha disegnata, non ne ha costruita neanche una, ma la fattibilità tecnica è a portata di mano. La H2Ome, come l’hanno chiamata, ha tutti i servizi (riscaldamento, condizionatore, ventilazione ecc.) in superficie. Poi, immaginate una scala a chiocciola o un ascensore trasparente che scende fino dentro la casa, a quindici metri di profondità. Potrebbero essere anche 200 ma, oltre al fatto che a quella profondità c’è buio e quasi tutta la vita marina è concentrata nei primi dieci metri dalla superficie, ci sarebbero problemi di pressione. Ci sono, in realtà, anche a quindici metri. Uno dei punti chiave della H2Ome è, infatti, la pressurizzazione dell’ambiente, come su un aereo. Altrimenti, per andare su e giù, bisognerebbe ogni volta passare attraverso la procedura della decompressione. Se la H2Ome aspetta commesse, il Poseidon Undersea Resort, alle Figi, sarebbe già in attività, non fosse, giurano i titolari, per via dei colpi di stato e degli intralci burocratici. Su Internet si può vedere l’animazione in 3D dell’hotel, con le stanze che si snodano sul fondo dell’oceano, a ridosso della barriera corallina dell’isola di Katafinga: legni chiari, mobili sobri e moderni, pareti trasparenti su un brulichio di vita sottomarina tropicale. L’albergo ancora non c’è, ma i prezzi sì: 12 mila euro per una settimana in suite. Poseidon Resort e H2Ome sono solo due dei progetti di vita sottomarina che si vanno accu- 20 leghe sotto i mari Questo è il primo progetto di villettapronta per essere costruita, installata (e abitata) a quindici metri di profondità Sarà sott’acqua il futuro di noi terrestri? 38 la Repubblica DOMENICA 17 AGOSTO 2014 1960 1962 TRITON CITY PRECONTINENT 1 LA PRIMA CITTÀ GALLEGGIANTE E AUTOSUFFICIENTE VIENE IDEATA E PROGETTATA NEGLI ANNI ’60 DA BUCKMINSTER FULLER, BRILLANTE E POLIEDRICO ARCHITETTO E DESIGNER STATUNITENSE mulando in questi ultimi anni. Quasi tutti gli altri, però, più che prevedere un vero e proprio trasferimento, presuppongono l’apertura come di una testa di ponte sott’acqua, con un costante via vai tra sopra e sotto, un po’ come nel “ristorante sotto il mare” delle Maldive. Il Water Discus Hotel, allo studio a Dubai, è composto da due dischi — uno sopra e uno sotto l’acqua, collegati da scala e ascensore. Rompendo l’isolamento, tuttavia, il sott’acqua si popolarizza, non è più terreno esclusivo degli straricchi, diventa una ipotesi di massa. Anzi, quasi una città. Il “waterscraper”, il “grattacqua” immaginato da Sarly Adre Bin Sarkum, è un grattacielo rovesciato, ma anche una entità urbana autosufficien- L’AUTO LA LOTUS ESPRIT ANFIBIA È L’ASSO NELLA MANICA CHE PERMETTE ALL’AGENTE 007 DI SFUGGIRE AI SUO INSEGUITORI NEL FILM “LA SPIA CHE MI AMAVA” DEL1977. PECCATO PERÒ CHE NELLA REALTA NON FUNZIONI 1994 © RIPRODUZIONE RISERVATA GIORNO NELLE VILLETTE DEL PROGETTO H2OME È PREVISTA ANCHE UN’AMPIA AREA PER IL PRANZO, PERFETTAMENTE CLIMATIZZATA IN MODO CHE NON SIA NECESSARIO ALCUN TIPO DI DECOMPRESSIONE QUANDO SI RISALE IN SUPERFICIE LA CASA H2OME È L’UNICO PROGETTO ESISTENTE DI CASA SOTT’ACQUA. LA US SUBMARINE, CHE L’HA PROGETTATA, TUTTAVIA ANCORA NON L’HA COSTRUITA AVETE SEMPRE SOGNATO DI DORMIRE SOTTOIL MARE? IL SOGNO (PER POCHISSIMI) PUÒ DIVENTARE REALTÀ QUI A FIANCO UNA CAMERA DA LETTO DA CUI È POSSIBILE VEDERE UN PANORAMA IN CONTINUO MUTAMENTO IMMAGINE DA U.S. SUBMARINE STRUCTURE LLC - INFOGRAFICA ANNALISA VARLOTTA NOTTE IL TRENO IL TUNNEL DELLA MANICA UNISCE LE CITTADINE DI CHERITON NEL KENT A QUELLA FRANCESE DI COQUELLES. È LUNGO OLTRE 50 CHILOMETRI DI CUI 39 SI SNODANO A OLTRE 45 METRI SOTTO IL FONDALE MARINO L’OCEANOGRAFO FRANCESE JACQUES COUSTEAU AL LARGO DI MARSIGLIA INSTALLA UN CILINDRO D’ACCIAIO SOTT’ACQUA. È IL PRIMO A SPERIMENTARE LA POSSIBILITÀ DI CREARE INSEDIAMENTI UMANI SUI FONDALI MARINI te, adatta ad una Terra sovrappopolata (o semisommersa). All’aria c’è una piccola foresta a ricaricare ossigeno e, subito sotto, gli spazi per le colture idroponiche e l’allevamento degli animali. Come in un iceberg, il grosso è sott’acqua, tanti piani come di un grattacielo, dove la gente vive e lavora. Onde, vento, pannelli solari forniscono energia. Un complesso sistema di zavorre consente al “grattacqua” di rimanere dritto e di non rovesciarsi. In Olanda hanno fatto un passo in più e l’esotico sott’acqua si riduce IL MARE a poco più un parco divertimenti con È TUTTO. parcheggio annesso. L’idea è di svuoCOPRE I SETTE tare i canali di Amsterdam, trasfor- DECIMI DEL GLOBO marli in un garage a più piani, giusto TERRESTRE. sotto un po’ di discoteche, e poi far ri- IL SUO RESPIRO fluire l’acqua, guadagnando spazio vi- È PURO E SANO tale alla città, al costo di quindici mi- È L'IMMENSO liardi di dollari. DESERTO Forse, tanto fervore di idee è solo l’ec- DOVE L'UOMO cesso di fantasia e di smania pubblici- NON È MAI SOLO, taria degli architetti. Oppure è il segno POICHÉ SENTE che l’umanità è sull’orlo di una nuova FREMERE LA VITA spinta colonizzatrice, finalmente nelDA “VENTIMILA LEGHE l’ultima regione inesplorata del pianeta. Ma, queSOTTO I MARI” sta volta, senza traccia di eroismi e avventura. A DI JULIES VERNE scorrere i progetti, il dubbio che viene è, piuttosto, il “rischio Calabria”. E cioè che uno arriva a vedere la Grande Barriera Corallina australiana e scopre che la vista è bloccata da una schiera di villette sottomarine. 39 2014 IL RISTORANTE ITHAA, IL PRIMO RISTORANTE SOTTOMARINO , SI TROVA NELLE MALDIVE. A QUATTRO METRI DI PROFONDITÀ. OSPITA 14 COPERTI E CONSENTE UNA VISIONE DELL’AMBIENTE MARINO A 270 GRADI ? L’ALBERGO DEEP OCEAN HA PROGETTATO UN HOTEL COMPOSTO DA DUE DISCHI COLLEGATI TRA LORO, UNO SOPRA E L’ALTRO SOTTO LA SUPERFICIE. IL WATER DISCUS UNDERWATER HOTEL VERRÀ COSTRUITO NEI PROSSIMI ANNI la Repubblica LA DOMENICA DOMENICA 17 AGOSTO 2014 40 Sapori. Exotica DALL’ATAI AL KAVA KAVA, DAL GINGER ALE ALL’AGUA DE COCO, SONO SEMPRE PIÙ DIFFUSE SULLE NOSTRE TAVOLE LE BIBITE TRADIZIONALI DEGLI ALTRI PAESI MA SI POSSONO ANCHE RISCOPRIRE RICETTE DI CASA NOSTRA. COME LA “PREMUTA DI LIMONE” CHE VIENE DA SORRENTO 8 gusti per otto paesi Kava Kava (Polinesia) Black Gulaman (Filippine) Lassi (India) Utilizzata come analgesico e come bevanda rinfrescante, si ottiene aggiungendo acqua al rizoma (tritato a pietra) del Piper Methystic, che cresce spontaneo nelle isole del Pacifico Le alghe benefiche coltivate nelle Filippine, trasformate in gelatina o ridotte in polvere, si mescolano con acqua, latte, o succhi di frutta, regalando gusto e consistenza cremosa Yogurt, acqua, sale, pepe e spezie (cumino, cardamomo, curcuma, coriandolo...) Per la bevanda anti-caldo originaria del Punjab nella declinazione dolce, mango, banana o papaia Lassi e i suoi fratelli. Altre bevande dal mondo per dissetarci in estate LICIA GRANELLO Il libro Si intitola "Formaggi Veg" il libro di Grazia Coccia (Edizioni Macrolibrarsi) dedicato ai latticini vegetali. Partendo da soia, riso, avena, mandorle, orzo, il ricettario spiega come realizzare in casa creme spalmabili e caciotte, sottilette e robiole, in linea con l'alimentazione vegana L ASSI O ACQUA DI COCCO: questo è il dilemma. Nell'estate che arranca, anche il consumo di bibite è meno compulsivo del consueto. Fa caldo, ma non ci si arroventa. Si suda senza disidratarsi. Bere - al di là dei due litri quotidiani di liquidi benefici, ovvero acqua e poco più, al primo posto dei comandamenti del benessere - diventa un piacere senza urgenza, quasi uno sfizio. Non dovendo tracannare e ingollare come reduci da una traversata del deserto, ci si concede il lusso della scelta meno scontata, di una ricetta insolita, di una bevanda che in caso di caldo torrido mai al mondo avremmo scambiato con la nostra bibita preferita.Le bevande degli altri sono apparse sulle nostre tavole insieme alle contaminazioni gastronomiche in arrivo dai quattro angoli del pianeta. Fino a pochi anni fa, l'idea di pasteggiare con un tè (Giappone docet) o di rinfrescarsi con uno yogurt salato ci avrebbe fatto inorridire. E invece, i sapori diversi sbucati negli anni tra lasagne e arrosti hanno allargato la scelta nel nostro personalissimo parco-bevande. Ingredienti inattesi, ma anche temperature che nella nostra storia alimentare mai sono state contemplate nella categoria dissetanti. Il dolcissimo tè alla menta della tradizione araba, per esempio, servito in un bicchierino istoriato e inesorabilmente tiepido, a prescindere dalla stagione. O quello semplice, non zuccherato, che accompagna i pasti in Giappone, alter ego della zuppa bollente, immancabile apertura di pranzo e cena della cucina cinese. Frigorifero bandito, vade retro ghiaccio. La tradizione del bere non freddo anche quando fa molto caldo in realtà poggia su basi scientifiche solidissie mente, come il polinesiano kava kava. Per chi è me, che evidenziano i danni derivati dagli shock allergico alle troppe virtù, certe bibite sanno tratermici subiti dal corpo (e dai reni in particolare) verstirsi da cocktail con l'aggiunta di un brivido alcon l'assunzione di liquidi ghiacciati. colico, a patto di conoscerne le inclinazioni segreE poi il bere sano. Se l'Occidente intero si interte. Battezzarle con un superalcolico empatico diroga sui legami tra bibite industriali e malattie venta una piccola trasgressione da sera d’estate: metaboliche come obesità e diabete, ormai clasil succo di fico d’India con la tequila, il gin con il fiosificate alla stregua di epidemie già a livello inre d’ibisco del karkadè. Se non avete ancora scelfantile, in Oriente succhi e infusi sono ancora ben to la meta vacanziera e cogliere i cocchi dalle palpresenti nella quotidianità sociale. Miscele di erme è fuori dalla vostra portata, regalatevi qualche be, che sembrano uscite da manuali di fitoterapia. giorno sulla costiera sorrentina ed eleggete la Beveroni a base di frutti essiccati, polverizzati, “premuta di limone” a bibita dell'estate. Il lassi lo dolcificati con miele o stevia. Dissetanti che vanberrete a settembre, nel ristorante indiano sotto no oltre il loro compito primario, regalando enercasa. gia come il mate sudamericano o rilassando corpo © RIPRODUZIONE RISERVATA Il cocktail Rum, tequila, gin, ma anche whisky e vodka si sposano con il ginger ale in decine di cocktail internazionali, a partire dal Moscow Mule Il ginger ale "golden", assimiliabile alla ginger beer - fermentata con zucchero di canna - regala invece un gusto più spiccato La ricetta Ravino cactus cocktail La specialità Acqua calda e foglie di erba mate per la bevanda nazionale uruguaiana (Mate) Utensili indispensabili: matero (contenitore derivato dalla zucca porongo), thermos d’acqua e bombilla (cannuccia di metallo con filtro). Gli argentini aggiungono miele o zucchero, in Paraguay si beve freddo INGREDEIENTI: 1/8 PAPAYA, 1/4 MARACUJA, 1/2 DI SUCCO RAVINO JUICE (CONCENTRATO ALLE ERBE E FRUTTI DI CACTUS), FOGLIE DI MENTA PIPERITA, FOGLIE DI SATUREJA VIMINEA (MENTA MESSICANA), ACQUA TONICA ettere nello shaker Papaya, Maracuja e succo di Cactus . Pestare il tutto con un muddler (pestello da barman), aggiungendo metà delle foglie di menta. Shakerare e versare come fondo in un bicchiere da long drink largo, con molto ghiaccio. Aggiungere il restante delle foglie di menta e acqua tonica a piacere. Per la versione alcolica, aggiungere un quid di Tequila (liquore a sua volta ricavato da un'agave). In entrambi i casi, miscelare girando con attenzione, per non perdere l'effetto frizzante M GLI CHEF GIUSEPPE D’AMBRA E SUO FIGLIO LUCA SONO I PATRON DEI GIARDINI RAVINO DI ISCHIA, AL CUI CAFÉ SI SERVONO BEVANDE AI FRUTTI DI CACTUS, COME QUELLA IDEATA PER REPUBBLICA Cocktail Ai frutti esotici, dal cocco alla carambola D’estate è il mix più apprezzato la Repubblica DOMENICA 17 AGOSTO 2014 41 Bibitone d’America a qualcuno piace freddo VITTORIO ZUCCONI Agua de coco (Brasile) R Nel cuore cavo del cocco, si trova il liquido ricco di vitamine B, E, fibre, sali minerali e potassio da bere con la cannuccia Sorrel Juice (Giamaica) Gli sgargianti petali dell’Hibiscus Sabdariffa colorano la tisana fredda conosciuta come Carcadè nei paesi nordafricani Nella ricetta caraibica, anche zucchero di canna e zenzero UZZOLANDO GIÙ DALLA BOCCA DI PLASTICA, pezzi di ghiaccio come enormi diamanti riempiono bicchieroni di carta nelle mangiatoie dei fast food. Cold, Ice Cold, deve essere gelida come un iceberg, la bibita che aiuta a deglutire l’hamburger, le “frites”, l’hot dog, l’anestetico del palato al quale il consumatore americano anela, come alla sua contropartita opposta, il caffè piping hot, bollente e fumante, che svolge la stessa funzione preventiva: evitare che si senta il sapore di quanto si mangia o si beve. Non è certamente una prerogativa solo americana quella di pretendere enormi vasi ricolmi di cubi di ghiaccio. Ma nella nazione del tutto “più”, dove ogni cosa deve essere la più grande del mondo e si venera semischerzosamente anche il Grande Cocomero, anche il freddo della bibita, o il caldo del caffè, devono essere più intensi che nel resto del pianeta, per essere davvero americani. Non importa neppure che quella cascata di ghiaccio rovesciata dai bocchettoni automatici nel fast food costituisca una truffa commerciale, vendendo al consumatore acqua in proporzione ben superiore alla bibita. Il costo del bicchierone, è stato calcolato, supera largamente il costo del contenuto il che incoraggia il paradosso del super size: più grande è il contenitore, più piccolo il contenuto. I produttori di birre in serie pubblicizzano le loro ice cold beer, birre gelate, come se la temperatura della bevanda fosse una qualità intrinseca indipendente dal luogo dove è conservata. Altri costruiscono lattine che, come il termometro, avvertono cambiando colore quando il liquido è abbastanza freddo per essere golosamente tracannato. Tutto ritorna al principio fondamentale di ogni società costruita sul consumo, sia esso di gazzose o di automobili: la instant gratification, la gratificazione istantanea. Freddissimo, Caldissimo, Grandissimo. E subitissimo. © RIPRODUZIONE RISERVATA Tristi tropici addio cocco crudele STE F A NO MA L A TE STA Atai (Marocco) Si bolle insieme all’acqua il tè verde importato dalla Cina, addizionato con abbondante zucchero e foglioline di menta fresca, prima di essere servito in bicchierini di vetro Ginger Ale (Canada) Rooibos (Sudafrica) Creata a fine ’800 dal farmacista canadese John McLaughlin, è popolare in Nordamerica Nella ricetta casalinga, zenzero, succo di limone, zucchero e acqua gassata È battezzato in lingua afrikans, il dolce infuso di foglie rossastre dell’omonima pianta leguminosa, dalle virtù antiossidanti, ad alto potere dissetante D A RAGAZZO, TRA I TANTI MITI CHE MI AFFLIGGEVANO, non so se più scemi o ingenui, provocati dall’eccessiva lettura di libri di geografia e romanzi, c’era quello della noce di cocco, allo stesso tempo bevanda e pasto. Questa infatuazione mi passò anni dopo durante un viaggio nell’Oceano Indiano. Ero rimasto un mese alle Seychelles per prendere un cargo e raggiungere Aldabra, ma il cargo non si materializzava mai. Stanco di aspettare e di vedere passare il governatore in Rolls-Royce decapottabile, mi imbarcai su una sgangherata goletta indiana che raggiungeva l’Isola des Noeufs per raccogliere una parte dell’immensa quantità di uova lasciate dalle Sooty Tern che venivano a nidificare. Fu un viaggio che partì male e continuò peggio. Ho sempre sofferto il mal di mare, ma in forma leggera. Ma su quella goletta il fetore delle tartarughe rovesciate sul carapace per evitare che si buttassero a mare si fondeva con il puzzo della copra che saliva dalle cantine. Il mio alloggio era una cuccia dentro la cucina frequentata da una quantità di pidocchi e altri insetti innominabili. Inoltre la barca ballò per tutti e sette i giorni del viaggio. Non riuscivo a mandare giù nulla. Al secondo giorno mi ricordai di aver visto imbarcare una notevole quantità di noci di cocco e chiesi un machete per aprirne qualcuna e berne il liquido. Ma prima mi tagliai un piede e poi mi accorsi solo troppo tardi che erano avariate come le tartarughe. Quando sbarcai sull’isola ero un “ecce homo”: reggevo con la mano sinistra una busta di plastica dove avevo infilato la testa per proteggerla dallo sterco lanciato in quantità inaudite dalle Sooty Tern e nella destra una radiolina che improvvisamente fece sentire una canzone che diceva “viva la pappa col pomodoro”. Rita Pavone mi risvegliò dal coma in cui ero finito, ma da quel giorno non ho mai più potuto bere il succo di cocco che aveva cambiato sapore con quello dello sterco. © RIPRODUZIONE RISERVATA la Repubblica LA DOMENICA DOMENICA 17 AGOSTO 2014 42 L’incontro. Sognatori IL GRAPHIC NOVEL NON MI INTERESSA. HA FATTO RIDIVENTARE L’IMMAGINE UN SUPPORTO AL SERVIZIO DELLA STORIA DOVREBBE ESSERE IL CONTRARIO. SONO LE IMMAGINI A FARCI TOCCARE SENSAZIONI IRRAGGIUNGIBILI CON LE PAROLE Da Parigi, la città in cui vive da quindici anni, i suoi fumetti e le sue illustrazioni tra libri, riviste e ora anche film hanno fatto il giro del mondo. Eppure nella capitale francese si sente ancora uno straniero: “Forse è per questo che quando penso a nuove storie da disegnare mi vengono in mente personaggi emarginati,viaggiatori, emigranti, persone che vivono isolate nella loro bolla, un po’ come me. Non ho mai avuto il mito della cultura francese, ma è vero mittenti ci sono il New Yorker, Le Monde e tanti altri), manifesti, quadri, libri viaggio. Senza dimenticare le incursioni nel mondo del cinema e le collaboprestigiose, come quella con Lou Reed per The Raven. Insomma, a poco che è qui che ci sono gli editori più adirazioni poco Mattotti è diventato un artista a tutto campo. «Artista è una parola che mi fa paura, forse perché le attribuisco un valore troppo grande. È però vero che, nel mio piccolo, mi sento in qualche modo legato alla tradizione dei aperti. Fosse stato per me sarei ri- ovviamente grandi artisti italiani del Rinascimento, soprattutto per via dell’aspetto artigianale del mio modo di lavorare e per l’importanza della committenza nella evoluzione». Quando gli si domanda se veramente non si senta un artista, masto per sempre a Udine: per mia dopo un po’ ammette: «Forse sì, qualche volta, quando mi sembra che le mie immagini riescano dar corpo a misteri più densi e complessi delle semplici appaMi è accaduto tanti anni fa con Fuochi e più di recente con Oltremai, ocquelli che vivono in provincia in- renze. casioni nelle quali ho esplorato direzioni che non conoscevo». La sperimentazione è da sempre un tratto caratteristico dei suoi disegni magici, nelle cui forme e colori si alternano sogni poetici, melanconie metafisiche ventarsi un mondo è quasi una ne- e incubi angoscianti. «Mi piace confrontarmi con problemi nuovi e da ogni lavoro imparo sempre qualcosa, nella ripetizione mi annoio». Da qualche anno ha però l’impressione di essere meno libero di un tempo: «Ho sempre cercato di cessità” esplorare nuovi linguaggi e nuove forme, oggi però gli editori mi domandano di Lorenzo Mattotti F AB I O G AM B AR O PARIGI d’immagini. È forse questa la miglior definizione per Lorenzo Mattotti, l’artista italiano trapiantato a Parigi i cui fumetti visionari sono noti in tutto il mondo. Da sempre alla ricerca di nuove sfide e di nuove strade da percorrere, l’autore di Fuochi, Stigmate e Il rumore della brina, lavora in un luminoso atelier affacciato su un quartiere colorato e multietnico nel cuore di quella capitale francese a cui — malgrado vi abiti ormai da quindici anni — in fondo non si è mai veramente abituato. «La prima volta che arrivai in questa città mi parve subito fredda e ostile, volli scappare via», racconta mentre si muove tra tavoli ingombri di disegni, schizzi, matite, pastelli e colori: «Mai avrei pensato che un giorno sarei venuto a viverci». E ancora oggi, nonostante i molti successi professionali, nella ville lumière si sente straniero e fuori luogo: «Forse è per questo che, quando penso a nuove storie da disegnare, mi vengono in mente personaggi emarginati, viaggiatori, emigranti, persone che vivono isolate nella loro bolla, un po’ come sono io». Ma se alla fine ha deciso di venire a vivere sulle rive della Senna, è perché in Francia esiste da sempre quell’attenzione al fumetto d’autore che in Italia invece spesso e volentieri è mancata nonostante il mercato sia in crescita: «Non avevo il mito della cultura francese, ma qui gli editori hanno subito apprezzato il mio modo di raccontare storie, dimostrandosi aperti alla mia creatività. Fosse stato per me, sarei rimasto a Udine, anche perché, per disegnare fumetti, è meglio vivere in un cittadina tranquilla e senza distrazioni. La calma e la lentezza della provincia creano quel tempo un po’ sospeso che mette in mo- U N ESPLORATORE C’È TUTTA UNA CORRENTE FANTASTICA DELLA CULTURA ITALIANA SPESSO TRASCURATA O DIMENTICATA. CON I MIEI DISEGNI VORREI FARLA RIVIVERE DANDO CORPO A UN IMMAGINARIO CHE NON SIA NÉ QUELLO AMERICANO NÉ QUELLO GIAPPONESE to la fantasia e spinge a sognare ad occhi aperti. Per chi vive in provincia, inventarsi un mondo e un immaginario è quasi una necessità vitale: è così che sono nate le mie prime storie». Non a caso, da quando vive nella capitale francese, a mano a mano che la sua notorietà internazionale è cresciuta, Mattotti ha progressivamente allargato il campo delle ricerche, dedicando sempre meno tempo al fumetto che ormai non può più essere considerato la sua attività principale anche se resta la più amata. In compenso, tra i risultati del suo lavoro figurano illustrazioni per giornali e riviste (tra i suoi com- rifare lo “stile Mattotti”. Di conseguenza, quella che una volta poteva essere invenzione e rivoluzione ora sta diventando convenzione e costrizione. Forse è per questo che mi tengo più a distanza dal fumetto». Non è neppure interessato al graphic novel, tendenza emergente degli ultimi anni: «Il graphic novel ha spostato l’attenzione dall’immagine al testo, tanto che l’immagine sembra essere ridiventata un semplice supporto al servizio della storia. Io invece sono convinto da sempre che la storia debba essere al servizio delle immagini, le quali consentono di toccare realtà e sensazioni irraggiungibili con le parole. Grazie alla potenza visionaria delle immagini, il fumetto deve portarci in un altro mondo. Se diventa troppo realista non m’interessa più. Il mondo, le persone, i drammi, gli amori, tutto deve passare attraverso il filtro della memoria e delle emozioni. Ed è lì, in fondo a quel pozzo interiore, che bisogna andare cercare la materia delle immagini». Di recente, forse perché ha compiuto sessant’anni, Mattotti ha sentito il bisogno di mettere un po’ d’ordine nel suo lavoro, classificando e archiviando una parte delle sue molte opere. Così, dopo Works, in cui ha raccolto i suoi pastelli, a settembre pubblicherà Works 2 (Logos), un volume con tutte le illustrazioni dedicate al mondo della moda. Da poco è anche disponibile un libro stupendo con i disegni nati da un viaggio in Vietnam (Louis Vuitton Travel Book), ultimo tassello di una riflessione sullo spazio e il paesaggio che ha già dato luogo a volumi affascinanti dedicati a Venezia, Patagonia e Cambogia: «Le ricerche sui luoghi mi hanno permesso di arricchire molto il mio linguaggio», spiega il disegnatore che negli ultimi anni si è sempre più avvicinato al cinema, un ambito dove sta per affrontare la sua sfida più ambiziosa. Dopo aver collaborato a Eros (il film a episodi di Soderbergh, Wong Kar-wai e Antonioni), al Pinocchio di Enzo D’Alò e al film collettivo Peur du noir, si è infatti lanciato nella realizzazione di un film d’animazione tratto dalla Famosa invasione degli orsi in Sicilia di Buzzati: «È una storia bellissima, c’è tutto quello che fa per me: poesia, fantasia, leg- AMO ESPLORARE NUOVI LINGUAGGI. E PERÒ SEMPRE PIÙ SPESSO MI SI CHIEDE DI FARE COSE IN “STILE MATTOTTI”. COSÌ QUELLA CHE UNA VOLTA POTEVA ESSERE UNA RIVOLUZIONE DIVENTA CONVENZIONE gerezza. È un esempio di quella corrente fantastica della cultura italiana troppo spesso trascurata o dimenticata. Ecco, con i miei disegni vorrei farla rivivere, dando corpo a un immaginario che non sia né quello americano né quello giapponese. Insomma, un immaginario italiano, dove siano presenti il nostro universo e i nostri paesaggi, che poi sono quelli che io so disegnare». Fare un film è però un lavoro di lunga lena che consente nei tempi morti di dedicarsi ad altro. È così che Mattotti ha appena terminato una serie d’immagini ispirate all’Orlando Furioso per una mostra collettiva intitolata Un’incantata inquietudine. Sulle orme d’Ariosto e dell’Orlando Furioso, che si terrà dal 27 settembre alla Fondazione Palazzo Magnani di Reggio Emilia. «Ho sempre sognato d’illustrare un Orlando Furioso, come pure avrei sempre voluto fare un Flauto Magico», confessa. E intanto coltiva un segreto progetto sulle sue radici, nel paese dei nonni, bassa padana, vicino Mantova. «La mia attività può anche sembrare disordinata e senza un centro ma, se guardo meglio, mi sembra di vedere una coerenza: la ricerca costante dell’immagine che non descrive ma illumina, un’immagine che ci apre le porte di un mondo segreto. Poi, certo, io sono uno che sconfina sempre, da un genere all’altro, da una tecnica all’altra, ma proprio questo movimento in molte direzioni mi ha permesso di esplorare il mondo delle immagini in piena libertà. Senza dimenticare che disegnare per me è anche un modo per appropriarmi di quegli istanti della vita che di solito fuggono via velocissimi. Disegnare quindi è un modo per vivere intensamente. E questa, naturalmente, è una grande fortuna». © RIPRODUZIONE RISERVATA
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