XXVIII Convegno SISP Università di Perugia- Dipartimento di Scienze Politiche e Università per stranieri di Perugia- Dipartimento di Scienze Umane e Sociali 11-13 settembre 2014 Quale futuro per la Scozia? L’SNP e il progetto indipendentista nel contesto europeo Autori: Emanuele Massetti, Gediz University Valeria Tarditi, Università della Calabria 1.Introduzione Tra i partiti nazionalisti di prima generazione dobbiamo certamente annoverare il Partito nazionale scozzese (SNP), sorto nel 1934 dalla fusione del Partito Nazionale di Scozia e il Partito Scozzese. All’interno dell’eterogenea famiglia dei partiti etnoregionalisti esso si caratterizza per aver elaborato sin dal principio un nazionalismo di tipo civico in cui temi economici e politici, piuttosto che etnici e linguistici, hanno costituito la base di legittimazione per il perseguimento del suo storico obiettivo territoriale: l’indipendenza della Scozia. In maniera simile agli altri membri della famiglia partitica anche l’SNP ha risposto alle trasformazioni indotte dai processi di globalizzazione e di integrazione sovranazionale, modernizzando ed attualizzando i suoi progetti territoriali, proiettandosi in un contesto più ampio e giungendo ad includere anche la dimensione europea ed internazionale. Ciò non significa però che il partito abbia sempre mostrato entusiasmo per l’integrazione europea. Infatti nella sua evoluzione sono riconoscibili quattro fasi: negli anni Cinquanta si dimostrò favorevole al processo di integrazione europea, per poi avvicinarsi a posizioni euroscettiche tra gli anni Sessanta e Settanta, divenendo a fine anni Ottanta uno dei partiti più europeisti della Gran Bretagna e giungendo infine a moderare il suo europeismo senza però opporsi alla partecipazione nel contesto istituzionale europeo (Massetti 2008; Tarditi 2013). Inoltre l’SNP, a differenza degli altri partiti regionalisti e proprio per la sua natura indipendentista, non si è mai associato ai sostenitori dell’Europa delle regioni, promuovendo invece l’ingresso della Scozia nell’UE come nuovo stato-membro. Proprio quest’ultimo tema è diventato uno dei più Convegno SISP 2014 Massetti- Tarditi controversi nell’attuale dibattito politico britannico riguardante l’imminente referendum per l’indipendenza della Scozia (18 settembre 2014). È evidente quindi come l’analisi della questione territoriale scozzese e dell’SNP non possa prescindere dalle relazioni con la dimensione sovranazionale. Ed è proprio a questo tema che il paper è dedicato. In particolare, dopo aver sinteticamente discusso la letteratura su partiti regionalisti ed integrazione, nei seguenti paragrafi proporremo un’analisi diacronica delle posizioni adottate dall’SNP rispetto all’integrazione europea, esaminando le trasformazioni alla luce soprattutto di fattori ideologici e pragmatici o strategici. 2. Letteratura e quadro teorico/analitico La letteratura su partiti politici ed integrazione europea ha messo in evidenza come il sostegno all’integrazione dipenda anche dalle famiglie partitiche (Hix e Lord, 1997; Hix, 1999), dallo specifico cleavage che ha dato origine ai diversi partiti (Marks and Wilson, 2000) e dal posizionamento dei partiti stessi sull’asse sinistra-destra, con importanti distinzioni tra la componente socio-economica (stato/mercato) e quella socio-culturale (GAL/TAN) (Hooghe et al., 2002). Questi studi, basati su comparazioni sia in forma longitudinale (cross-time) che spaziale (cross-country), sono tutti giunti alla conclusione che i partiti regionalisti sono in genere favorevoli all’integrazione europea. Una conclusione confermata, anche con maggior enfasi e convinzione, da Jolly (2007) ma solo parzialmente (e con importanti distinguo) da altri studi comparativi, specialmente quelli di carattere qualitativo (Lynch, 1996; De Winter e Gomez-Reino, 2002; Elias, 2008; Massetti, 2009; Elias, 2009; Hepburn e Elias, 2011; Tarditi 2013). In particolare questi studi hanno evidenziato quattro punti. Primo, molti partiti regionalisti hanno cambiato la loro posizione sull’integrazione europea considerevolmente durante la loro storia (Lynch, 1996; Elias, 2009). Secondo, nel nuovo millenio l’appoggio verso l’integrazione è sensibilmente diminuito tra i partiti regionalisti (Elias 2008; Massetti 2009; Hepburn and Elias, 2011). Terzo, l’importanza del posizionamento sull’asse sinistradestra si manifesta anche nel caso dei partiti etnoregionalisti, notoriamente eterogenei in questo (Massetti, 2009; Tronconi, 2009), riproducendo la famosa curva ad U invertita: i partiti radicali di sinistra e destra in genere si oppongono all’integrazione europea, mentre i moderati di sinistra e destra tendono a supportarla (Massetti, 2009). Quarto, anche il preciso posizionamento sulla dimensione centro-periferia sembra avere un impatto, soprattuto nel nuovo millennio, con i partiti autonomisti più disposti ad accettare o anche promuovere l’integrazione europea rispetti ai partiti secessionisti (Massetti 2009). Gli ultimi tre punti hanno trovato significative conferme anche in studi quantitativi (Szocsik, 2013; Massetti e 2 Convegno SISP 2014 Massetti- Tarditi Schakel, 2014). Non bisogna per altro dimenticare che la letteratura ha individuato altre importanti variabli, oltre il trio famiglia/cleavage/ideologia (Bartolini, 2005). Alcune hanno un carattere più strutturale, o comunque piuttosto stabile, come il livello di ‘euroscetticismo duro’ diffuso nell’elettorato di alcuni paesi (ad esempio il Regno Unito) ma non di altri (ad esempio la Spagna), o il tempo di adattamento al sistema politico europeo (la data d’ingresso nella CEE/UE, la data di accesso al Parlamento europeo, il tempo avuto per familiarizzare con le istituzioni ed i processi comunitari). Altre sono di carattere congiunturale, come la condizione di partito di opposizione/governo oppure il posizionamento delle altre forze politiche, e possono comportare dei vincoli/incentivi a modulare la posizione verso l’integrazione europea in un verso o nell’altro. La cornice analitica qui presentata sarà usata nell’analisi longitudinale che segue e nel trarre conclusioni nella sezione conclusiva. 3. L’SNP euroscettico (’60- ’70) Originariamente l’SNP aveva mostrato un atteggiamento favorevole all’ingresso della Scozia nella Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) in vista di possibili vantaggi economici e commerciali. Tuttavia in quegli anni non soltanto il Regno Unito non aveva ancora aderito al progetto europeo ma lo stesso SNP mostrava una profonda debolezza organizzativa, che lo rendeva più simile ad un movimento che ad un partito (Lynch 2002), nonché un programma politico incompleto e caratterizzato da proposte politiche poco convincenti. Fu soltanto a partire dagli anni Sessanta che il partito avrebbe acquisito un peso politico maggiore, giungendo ad elaborare delle proposte programmatiche sostanziali e sviluppando una posizione contraria all’ingresso della Scozia nella CEE e alle trattative allora condotte dal governo conservatore (Massetti 2008). Tale posizione era in parte influenzata da considerazioni ideologiche. Se in origine infatti l’SNP poteva essere definito come un partito «liberale di centro» in cui coesistevano varie tendenze ideologiche, nessuna delle quali prevalente (Lynch 2006, 238), a partire dalla fine degli anni Sessanta e soprattutto nel decennio successivo la componente di sinistra avrebbe acquisito un’influenza maggiore sulla linea politica da adottare. Fu nel 1974 infatti che, per la prima volta dalla sua formazione, l’SNP si autodefinì come un partito socialdemocratico orientato ad attuare un programma di giustizia sociale (SNP 1974a). Gran parte del dissenso verso il progetto europeo venne quindi giustificato in termini di opposizione alle politiche di mercato e di libero commercio, tipiche di un’economia capitalistica che, secondo il partito, avrebbe determinato il deterioramento del welfare a favore degli interessi del grande capitale. Allo stesso tempo, però, bisogna ricordare che ancora alla fine degli anni Settanta l’SNP non aveva completato il passaggio a sinistra, 3 Convegno SISP 2014 Massetti- Tarditi presentandosi in alcune zone della Scozia come un partito di centro (Lynch 2002, 239). Non mancavano quindi critiche all’integrazione europea provenienti dagli appartenenti all’ala di destra che, nostalgici dell’impero britannico, auspicavano una Scozia indipendente, legata da rapporti collaborativi alle altre nazioni britanniche appartenenti al Commonwealth (Massetti 2008). Più in generale, però, la principale argomentazione ideologica contro la partecipazione nella Comunità consisteva nell’identificare il Mercato comune come «un esperimento pericoloso in termini di ulteriore centralizzazione» che avrebbe allontanato ancor di più il luogo delle decisioni politiche e di conseguenza reso più improbabile il raggiungimento dell’autogoverno (SNP 1974b, 12). Se l’euroscetticismo mostrato dall’SNP in quel periodo poteva avere una connotazione ideologica (anche se molto confusa) furono soprattutto motivazioni strategiche e pragmatiche a motivare nel 1975, in occasione del referendum confermativo per la partecipazione britannica nella CE, la campagna di opposizione del partito. In particolare l’SNP, adottando gli slogan: No vote, no entry e no-on anyone else’s terms, si pose come il principale difensore degli interessi della comunità territoriale, lamentando l’assenza a livello europeo di canali rappresentativi e di vantaggi economici per la regione. Il partito infatti nei programmi elettorali di quegli anni propose di seguire il modello di cooperazione economica adottato dalla Norvegia, sottolineando poi come le risorse petrolifere del mare del Nord, scoperte a metà degli anni Settanta, trasformassero l’indipendenza scozzese da progetto ideale ad obiettivo politico realista (Maxwell 1975 cit. in Moreno 1995, 191). Proprio il porsi come unico partito contrario all’entrata in Europa e quindi come solo garante degli interessi della regione e delle categorie più esposte alle conseguenze negative del mercato comune rappresentava una chiara strategia volta ad allargare, soprattutto in determinate aree, il suo consenso elettorale. Non è un caso infatti che l’SNP, avendo solide basi elettorali nelle comunità costiere, fosse estremamente critico rispetto alla politica europea sulla pesca. Più in generale la strategia di perseguire i suoi obiettivi territoriali e di ottenere rilevanza politica agendo esclusivamente nel Regno Unito dipendeva dalle caratteristiche istituzionali e politiche sia del contesto europeo che di quello interno. Durante gli anni Settanta infatti il progetto europeo era sostanzialmente un accordo di cooperazione economica tra pochi paesi, dove il ruolo delle regioni e degli enti locali era del tutto marginale e in cui il Parlamento europeo non soltanto esercitava una limitata influenza nel processo decisionale ma era costituito da parlamentari designati direttamente dai governi. Al contrario fu proprio dalla fine degli anni Sessanta che l’SNP vide accrescere il suo consenso elettorale (Tab. 1), riuscendo ad affermarsi tra il 1974 e il 1979 come major player (Lyndsay 2009, 96) nel contesto politico 4 Convegno SISP 2014 Massetti- Tarditi britannico e favorendo la politicizzazione del tema del decentramento territoriale (Tarditi 2013, 90). Tab. 1. Risultati elettorali dell’SNP alle elezioni politiche in Scozia Anno 1945-1959 1964 1966 1970 1974 Feb 1974 Ott. 1979 1983 1987 1992 1997 2001 2005 2010 Voti (%) 0.3 - 1.2 2.4 5 11.4 21.9 30.4 17.3 11.7 14 21.5 22.1 20.1 17.7 19.9 Numero di seggi 0 0 0 1 7 11 2 2 3 3 6 5 6 6 Fonte: Lynch, P. (2006), p. 232. 3.1 Verso l’indipendenza in Europa Sin dalla fine degli anni Settanta, l’SNP avrebbe gradualmente modificato la sua posizione verso il progetto europeo, convertendosi progressivamente in un partito europeista e giungendo nel 1988 all’adozione della politica di “indipendenza in Europa”. Diversi furono i fattori che spinsero il partito a mutare strategia, attuando la svolta europeista. L’Europa da minaccia per gli interessi economici e produttivi scozzesi, sarebbe quindi diventata l’elemento centrale della sua politica di autodeterminazione (Dardanelli 2003, 10). In primo luogo tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta il contesto politico competitivo britannico era diventato del tutto sfavorevole per il partito. Infatti, nonostante i sondaggi che all’inizio del 1975 sembravano attestare la contrarietà degli scozzesi rispetto al progetto europeo, il referendum sulla partecipazione del Regno Unito nella CEE sancì anche in Scozia la vittoria dei si (58.4%). Inoltre alle elezioni generali del 1979 non soltanto il partito Conservatore risultò vincitore ma lo stesso SNP subì un ridimensionamento sostanziale del suo rendimento elettorale (Tab. 1), perdendo conseguentemente la precedente influenza politica e vedendo dissolversi ogni possibilità di decentramento territoriale. In quegli anni infine il partito presentava una profonda debolezza organizzativa (gli iscritti erano scesi da 85.000 nel 1974 a 28.091 nel 1979) ed era attraversato da profonde divisioni ideologiche e strategiche che contrapponevano i fondamentalisti e i gradualisti (Levy 1990; Lynch 2002). Di fronte a simili 5 Convegno SISP 2014 Massetti- Tarditi difficoltà il partito avrebbe progressivamente mutato la sua politica europea, giungendo ad identificare l’UE come «escape route» (Lyndsay 1991) e come «strumento di rinnovamento» necessario per rendere più credibile il suo progetto territoriale e modificare la sua immagine politica, decostruendo quell’idea di forza isolazionista e separatista che aveva contribuito a ridurre il suo consenso elettorale (Tarditi 2013). Protagoniste di questa conversione strategica sarebbero state alcune figure di spicco all’interno del partito: Gordon Wilson, Jim Sillars e Winnie Ewing. Al congresso del 1983 infatti Wilson, rappresentante dell’ala fondamentalista e tradizionalista, sarebbe riuscito a far passare una mozione relativa alla proposta di un referendum in cui i cittadini scozzesi si sarebbero potuti pronunciare sulla permanenza in Europa. In maniera simile Sillars, esponente dei gradualisti, proveniente dal partito Laburista e generalmente considerato il fautore dello slogan “Indipendenza in Europa” (Nagel 2004, 67), si fece promotore di un «nuovo euronazionalismo» basato sulla condivisione della sovranità tra le nazioni a livello europeo (Lynch 1996, 39). Infine Winnie Ewing, presidente dell’SNP ed unica europarlamentare dal 1979 al 1994 (Tab. 2), divenne uno degli esponenti più europeisti della coalizione dominante. Ewing infatti avrebbe agito come «cerniera tre il partito e le istituzioni europee», facendo conoscere a livello sovranazionale la questione dell’autogoverno scozzese e comunicando al partito le opportunità per la Scozia derivanti dalle politiche europee (Massetti 2008, 105). Più in generale in quegli anni nuovi membri più aperti verso l’integrazione europea aderirono al partito, ridimensionando notevolmente il peso della fazione anti-europeista. Tab. 2 Risultati elettorali dell’SNP alle elezioni europee Anno 1979 1984 1989 1994 1999 2004 2009 2014 Voti 19.4 17.8 25.6 32.6 27.2 19.7 29.1 28.9 Seggi 1 1 1 2 2 2 2 2 Fonte: Lynch (2006); Hassan (2009); www.scotlandvotes.com; www.europarl.org.uk. Fu così che nel manifesto delle elezioni politiche del 1987 l’SNP si dichiarò a favore della permanenza in Europa e per la creazione di un’Europa delle nazioni che avrebbe incrementato i fondi sociali e regionali (SNP 1987) e nel 1988, in occasione del congresso, approvò la proposta “indipendenza in Europa” che sarebbe stata inserita nel manifesto delle elezioni politiche del 1992. Fondamentale nella scelta di «giocare fino in fondo la carta europeista» fu certamente il nuovo leader, Alex Salmond (Massetti 2008, 106), che nel decennio successivo 6 Convegno SISP 2014 Massetti- Tarditi non soltanto avrebbe favorito la prevalenza di una strategia gradualista ma, pur non riuscendo ad eliminare totalmente le divisioni interne, avrebbe garantito una certa coesione del partito in merito alle politiche da adottare (Tarditi 2013, 67). In quegli anni l’avvicinamento verso la sinistra dello spettro politico non determinò il riemergere delle tradizionali critiche ideologiche sul progetto europeo ma, al contrario, contribuì a legittimare la nuova tendenza europeista (ibidem, 47). In quel periodo infatti l’SNP vide la Comunità europea come alternativa al modello capitalistico e liberista perseguito dal governo conservatore della Thatcher (Dardanelli 2003), dove sarebbe stato possibile realizzare un progetto socialdemocratico (Hepburn 2006, 231), utile per la crescita economica della regione. È evidente quindi che la conversione socialdemocratica permise al partito di individuare alcuni aspetti positivi delle politiche europee come, per esempio, quelle sociali. Allo stesso tempo, però, le ragioni principali del cambio di rotta risiedettero nei vantaggi in termini di votes e policy ad esso associati (Massetti 2008; Tarditi 2013). In primo luogo l’SNP poté ribadire senza ambiguità la propria vocazione indipendentista, riconciliando la sovranità con l’integrazione tramite il progetto di un’Europa confederale, dove gli stati nazione avrebbero cooperato al fine di ottenere vantaggi economici, politici e di sicurezza, mantenendo però la loro autonomia (SNP 1989, 2). Queste aspirazioni ben si riconciliavano con l’architettura istituzionale dell’UE in cui, nonostante la crescente importanza delle regioni, gli stati continuavano a costituire le entità fondamentali e dove i paesi di piccole dimensioni godevano di una rappresentanza proporzionalmente superiore rispetto a quella degli altri membri. In relazione a questo tema infatti è bene ricordare che, contrariamente agli altri partiti regionalisti europei, l’SNP non sostenne mai l’idea dell’Europa delle regioni. Il partito infatti ritenne sempre il Comitato delle Regioni come un organo consultivo, privo di efficacia politica e senza futuro (SNP 1994), aderì poi all’Alleanza Libera Europea e all’eurogruppo ad essa legato non in virtù di un’aspettativa entusiastica di collaborazione con le altre minoranze europee quanto piuttosto per una scelta pragmatica, dovuta all’impossibilità di far parte di altri gruppi parlamentari più influenti a causa di ragioni di incompatibilità politica. Non a caso l’SNP si integrò pienamente nella federazione soltanto nel 19911, incontrando non poche difficoltà nella cooperazione con le forze autonomiste (Tarditi 2013, 95). 1 Fino al 1989 l’SNP partecipò nell’eurogruppo Alleanza Democratica Europea (RDE), costituito anche dai gollisti francesi RPR e dal partito irlandese Fianna Fail. Le critiche rivolte al partito in merito alla sua collaborazione con una forza di destra come l’RPR lo condussero ad avvicinarsi all’ALE. Esso aderì alla federazione nel 1983 come membro-osservatore, conservando il suo posto nell’RDE e mostrando un certo scetticismo per la capacità dei regionalisti di emanciparsi, formando un gruppo autonomo (Tarditi 2013, 95). 7 Convegno SISP 2014 Massetti- Tarditi Infine, come spiegato in precedenza, la riformulazione in chiave europeista del progetto politico era stato un tentativo di riguadagnare consenso elettorale dopo il rapido declino subìto nei primi anni Ottanta. Tale politica, coniugata con la mobilitazione anti-thatcheriana (e anti-tory) e insieme alla leadership di Alex Salmond, avrebbe costituito un elemento fondamentale della ripresa elettorale degli anni Novanta. Dimostrazione del positivo recepimento della nuova proposta politica da parte dell’elettorato scozzese fu il fatto che i partiti laburista e liberal-democratico furono quasi costretti a contrastare la proposta di indipendenza in Europa, con la controproposta di “Devolution in Europe” (Massetti 2008, 108). 3.2 Un ripensamento strategico (1999-2010) In concomitanza con la realizzazione della riforma della devolution e l’istituzione nel 1999 del Parlamento Scozzese due nuove tendenze potevano riscontrarsi nella politica europea adottata dall’SNP: il ridimensionamento dello spazio attribuito alle questioni europee e contemporaneamente l’incremento delle critiche verso alcuni aspetti del progetto europeo. Ciò era dovuto a diversi fattori. In primo luogo il Parlamento scozzese era diventato per l’SNP un’arena importante nella quale agire per la realizzazione del progetto indipendentista. Proprio nella nuova istituzione infatti il partito avrebbe acquisito una crescente visibilità politica, giungendo nel 2007 a guidare il governo regionale (Tab. 3). Tab. 3 Risultati elettorali dell’SNP al Parlamento Scozzese 1999 2003 2007 2011 Const. Reg % Seggi Const.% Reg.% Seggi Const Reg Seggi Const. % Reg % Seggi % 28.7 27.3 35 23.8 20.9 27 % % 32.9 31 47 45.4 44.0 69 Fonte: Mooney, Scott and Mulvey 2008; Electoral Commission 2011. Sin dall’inizio Holyrood aveva di fatto ridotto la rilevanza sia di Westminster che del PE (Lynch 2009, 633), imponendosi come l’unica istituzione che gli scozzesi avrebbero voluto dotata di maggiori poteri (McCrone e Paterson 2002,1). Da una parte quindi l’istituzione di una nuova assemblea rappresentativa più “vicina” ai cittadini scozzesi e la necessità di dare priorità ai problemi locali avevano ridotto il potenziale di supporto che il partito aveva precedentemente riconosciuto all’UE (Tarditi 2013, 102-103). C’è da dire poi che all’inizio 8 Convegno SISP 2014 Massetti- Tarditi degli anni 2000, in seguito alle inaspettate dimissioni di Salmond e alla nomina di Swinney, erano emersi nuovi conflitti interni all’organizzazione legati questa volta più a contrasti tra personalità che a divisioni ideologiche o strategiche. In particolare alcuni membri del partito avevano criticato la strategia del nuovo leader, considerata più morbida rispetto al progetto indipendentista. Tali contrasti interni avevano avuto ripercussioni anche sulla questione europea, facendo emergere una crescente insoddisfazione in merito al ruolo che la Scozia continuava a ricoprire all’interno dell’UE (Massetti 2008). Questa posizione poi sembrava essere sostanziata dall’evoluzione stessa dell’integrazione europea. L’SNP infatti, pur ponendosi favorevolmente di fronte all’allargamento dell’UE ai Paesi dell’Est, in quanto ulteriore ostacolo per l’instaurazione di un assetto federale, aveva mostrato insoddisfazione per la discrepanza tra i vantaggi economici e politici riconosciuti ai nuovi paesi con dimensioni territoriali ristrette rispetto a quelli offerti alle nazioni senza-stato come la Scozia (SNP 2010). E molto scettico era apparso in riferimento al progetto della “Costituzione europea” non soltanto per il timore di una graduale evoluzione federale ma anche per le crescenti competenze delle istituzioni comunitarie nella regolazione di alcuni settori economici come la pesca o l’energia. Infine il nuovo orientamento del partito rifletteva le posizioni degli scozzesi che, rispetto ai temi europei, apparivano piuttosto in linea con quelle degli altri cittadini britannici. Infatti anche la maggioranza di coloro che si dicevano a favore della permanenza del Regno Unito nell’UE, auspicava una riduzione dei poteri delle istituzioni europee (vedi tab. 4-5) e tra il 2000 e il 2006 soltanto l’1% degli scozzesi si era dichiarato favorevole al maggior coinvolgimento dell’UE nelle decisioni del governo locale (Scottish social attitudes 2000-2006, in Curtice 2008, 221-222). Tab. 4 Opinioni dei cittadini scozzesi sulla membership europea del Regno Unito Pensi che la politica di lungo termine della Gran Bretagna 1999 2000 2003 2004 2005 dovrebbe essere… Lasciare l’UE 9.6 11.4 10.9 13.5 14.4 Rimanere nell’UE, riducendone i poteri 35.9 36.6 29.4 31.1 36.3 Lasciarli come sono 21.5 21.3 24.3 27.3 20.9 Rimanere nell’UE e incrementarne i poteri 14.4 13.4 19.4 12.2 12.6 Un unico governo europeo 8.5 8.9 8.0 6.7 4.9 Non so 10.1 8.5 8.0 9.1 10.7 Campione 1482 1663 1508 1637 1549 Fonte: Scottish social attitudes survey 1999-2005, in Mahendran e McIver 2007, p. 8. 9 Convegno SISP 2014 Massetti- Tarditi Tab. 5 Opinioni dei cittadini britannici sulla membership europea del Regno Unito Pensi che la politica di lungo termine della Gran Bretagna 1999 2000 2003 2004 2005 dovrebbe essere… Lasciare l’UE 13.5 17.3 15.4 18.1 16.5 Rimanere nell’UE, riducendone i poteri 42.6 38.3 31.8 38.2 35.7 Lasciarli come sono 20.3 19.5 26.9 22.9 23.8 Rimanere nell’UE e incrementarne i poteri 10.6 9.9 11.1 7.4 10.2 Un unico governo europeo 6.1 6.9 6.3 5.1 4.5 Non so 6.6 7.8 8.4 8.1 9.2 Campione 1060 2293 2293 3199 4268 Fonte: British Social Attitudes survey 1999-2005, in Mahendran e McIver 2007, p. 8, con adattamenti. A partire dal 2007, con l’inizio del primo governo a guida nazionalista, l’SNP avrebbe usato il tema europeo come fattore aggiuntivo per giustificare la necessità dell’indipendenza. In quegli anni, infatti, il partito aveva lanciato la cosiddetta National Conversation, una sorta di consultazione popolare fatta di incontri, forum e discussioni sul futuro costituzionale della Scozia. Le opzioni proposte erano tre: il mantenimento dello status quo, l’incremento dei poteri devoluti alla Scozia e l’indipendenza. La necessità di agire in Europa con “voce propria”, utilizzando i vantaggi derivanti da un mercato più ampio, ma tutelando autonomamente i settori strategici dell’economia scozzese, costituiva uno dei temi a sostegno dell’indipendenza. L’UE quindi da supporto esterno per l’indipendenza ne era divenuta un’ulteriore ragione per il suo perseguimento. 4. Il referendum per una Scozia indipendente Il 2011 ha costituito una tappa fondamentale per l’affermazione del nazionalismo scozzese. Proprio in quell’anno, infatti, in occasione delle elezioni regionali l’SNP ha ottenuto una maggioranza schiacciante (Tab. 2), divenendo l’unico partito di governo e acquisendo così la legittimazione necessaria per proporre il referendum sull’indipendenza. È così quindi che, dopo anni di negoziazioni, nel 2012 i governi scozzese e britannico hanno siglato il cosiddetto Edinburgh Agreement che ha consentito all’SNP di approvare lo Scottish Independence referendum Act in base al quale il 18 settembre 2014 gli scozzesi saranno chiamati a rispondere alla domanda: “la Scozia dovrebbe essere uno stato indipendente?”. Sin dal 2012 il dibattito referendario ha visto la formazione di due fronti opposti: la Yes Campaign guidata prevalentemente dall’SNP, insieme al Partito Socialista Scozzese e ai Verdi, e Better Together, formata dal Partito Conservatore, dal Partito Laburista e dai Liberal10 Convegno SISP 2014 Massetti- Tarditi democratici. In questo dibattito il tema europeo, accanto a quello dell’economia e del modello sociale scozzese, ha assunto un’importanza centrale, divenendo una delle questioni più controverse non soltanto tra i due schieramenti ma anche all’interno del fronte del Si. 4.1 Crisi economica, indipendenza e UE La crisi economica che sin dal 2008 ha investito i paesi europei, soprattutto quelli appartenenti all’eurozona, non è stata priva di conseguenze politiche nemmeno in Scozia. Precedentemente all’avvento della crisi infatti la Scozia aveva registrato una rapida crescita economica, dovuta certamente ai trasferimenti provenienti da Londra e all’aumento della spesa pubblica del governo britannico, ma anche a uno sviluppo endogeno, fondato prevalentemente sull’industria petrolifera e il settore finanziario. Tali caratteristiche economiche della regione costituivano quindi un ulteriore elemento per sostenere la fattibilità del progetto indipendentista. Infatti, come si evince sia da precedenti ricerche (Gourevitch, 1979; Van Houten, 2001) che dalla diffusione e dalla radicalizzazione delle domande secessioniste in altre regioni europee, superiori livelli di sviluppo economico costituiscono uno dei fattori alla base delle domande di autogoverno. Il verificarsi della crisi economica potrebbe quindi essere considerato come un ostacolo per l’SNP e l’avanzamento della causa indipendentista. Tuttavia è necessario sottolineare che la situazione economica scozzese rispetto a quella del resto del Regno Unito non è poi cambiata molto. La Scozia infatti rimane la terza regione più ricca nel Regno Unito, dopo Londra e il Sud-Est. Proprio in virtù di queste caratteristiche, durante la campagna referendaria, l’SNP ha più volte sottolineato la solidità dell’economia e della finanza scozzese, nonché la presenza di notevoli risorse naturali cui attingere. Alle politiche economiche d’austerità introdotte dal governo britannico e descritte come controproducenti per l’economia scozzese, perché centrate sui bisogni e gli interessi dell’Inghilterra, l’SNP ha contrapposto uno sviluppo sostenibile grazie alla commistione di elementi di mercato e intervento pubblico (Scottish Government 2013a). In questo progetto il riferimento del partito all’UE è ancora una volta espressione di un atteggiamento strategico, fondato su una valutazione costi-benefici per il futuro economico della Scozia e finalizzato ad accrescere il consenso per l’indipendenza. Infatti sebbene in Scozia non si possa riscontrare un diffuso europeismo (nel 2012 soltanto il 26% dei cittadini aveva espresso fiducia nell’UE e nel 2013 il 40% della popolazione auspicava una riduzione dei poteri delle istituzioni europee (European Commission, Flash Eurobarometer 356, 2012; Scottish social attitudes survey 2013)) non è nemmeno possibile parlare della prevalenza di un euroscetticismo forte, coincidente con il rifiuto di partecipare all’interno del contesto 11 Convegno SISP 2014 Massetti- Tarditi europeo. Nel 2013 la maggioranza sia dei sostenitori che degli oppositori all’indipendenza si è espressa a favore della partecipazione della Scozia in UE (67% e 70%) (Scottish Social attitudes survey 2013). In sostanza, sebbene il legame tra maggiore indipendenza o autonomia ed europeismo non sia scontato, esiste comunque un potenziale mercato elettorale per una politica filoeuropea (Keating 2011). Ciò si deve al fatto che la membership europea è strettamente connessa con il futuro economico della regione e quindi con la preoccupazione principale dei cittadini. Non è un caso che molti attori appartenenti alla società civile e rappresentanti la comunità imprenditoriale - la Confederation of British Industry (CBI), l’Institute of Directors (IoD), la Scottish Financial Enterprise (SFE) e la Scottish Chamber of Commerce – i settori agricolo e peschiero – la National Farmers’ Union of Scotland and la Scottish Fishermen’s Federation - e i lavoratori - the Scottish trade union Congress – pur rimanendo piuttosto distaccati dalla campagna referendaria e, per certi versi, piuttosto passivi abbiano espresso, tramite dichiarazioni formali o più spesso informali dei loro membri, perplessità proprio sui temi della membership europea e della moneta che un futuro stato scozzese dovrebbe adottare. I due fronti contrapposti quindi si sono concentrati non tanto sulle caratteristiche e i poteri europei, quanto piuttosto sulle possibilità e le procedure che una Scozia indipendente dovrebbe seguire per aderire all’UE. Rispetto a questo tema quindi i due fronti hanno elaborato differenti narrative sulla base di interpretazioni divergenti e partigiane delle norme europee. 4.2 La Scozia come nuovo stato-membro dell’UE? L’SNP ha esplicitato la sua posizione sulle tematiche europee tramite la pubblicazione nel 2014 del paper “Scotland in the European Union”. In questo documento il partito, partendo dalla premessa dell’assenza di una normativa specifica, riconosce la necessità di negoziare i termini e le condizioni della membership scozzese con le istituzioni e gli altri stati europei, prevedendo la conclusione del processo entro i 18 mesi compresi tra la celebrazione del referendum e la formalizzazione dell’indipendenza nel marzo 2016. In particolare è l’art. 48 del TUE ad essere identificato come la base legale per la formalizzazione dell’adesione della Scozia. Esso prevede la possibilità di modificare i trattati europei tramite la procedura di revisione ordinaria e il consenso di tutti gli stati-membri. La procedura dovrebbe essere iniziata dal governo britannico con l’assistenza di quello scozzese, prima della realizzazione effettiva dell’indipendenza. Per l’SNP inoltre non soltanto la Scozia non può essere esclusa in quanto parte dell’Unione sin dal 1973 ma, sulla base del principio della “continuità dell’effetto”, la transizione ad uno 12 Convegno SISP 2014 Massetti- Tarditi status di membro indipendente dovrebbe consentire la conservazione degli obblighi e dei diritti di cui la Scozia attualmente gode come parte del Regno Unito (Scottish government 2014, 12). Ciò significa che la Scozia potrà decidere di non entrare nell’eurozona e nell’area Schengen, rimanendo parte della Common Travel Area con il resto del Regno Unito e l’Irlanda. È proprio con riferimento alla questione della moneta che in questi ultimi mesi Salmond e il suo partito hanno ricevuto numerose critiche dagli avversari politici. A dire il vero già in passato la possibile adozione dell’euro aveva suscitato non poche divisioni tra i nazionalisti, rimanendo una delle tematiche residuali nei discorsi del partito. Più di recente, quindi, in concomitanza della crisi dell’eurozona e di fronte alle riserve dei cittadini, il partito ha annunciato il mantenimento della sterlina per un decennio successivo all’indipendenza. Quest’ipotesi è parte di un progetto di trasformazione delle relazioni tra Scozia e Regno Unito, volto alla realizzazione di una “partnership of equals – a social union” che dovrebbe sostituire l’unione politica esistente2. Soltanto in futuro la popolazione potrebbe essere chiamata ad esprimersi sull’introduzione dell’euro. È evidente però che l’ipotesi del mantenimento della sterlina è in contraddizione con la completa autonomia fiscale di un nuovo stato. Come evidenziato da Murkens e Jones (2013, 3) Salmond appare essere contemporaneamente “un nazionalista scozzese, un federalista europeo e un unionista britannico”. L’intero documento preparato dall’SNP è quindi volto a dimostrare la linearità del processo d’adesione, sottolineando i vantaggi derivanti dalla transizione allo status di stato-membro. In particolare il partito, ricordando la profonda influenza già esercitata dalle normative comunitarie sulla politica e l’economia scozzese, enfatizza la necessità di partecipare come paese indipendente al fine di contribuire al superamento della crisi economica in Europa e di beneficiare del più ampio framework europeo, promuovendo allo stesso tempo gli interessi della Scozia. Infine l’SNP, richiamando la proposta lanciata un anno fa dal Primo Ministro Cameron in merito ad un futuro referendum sulla membership europea del Regno Unito che potrebbe essere proposto ai cittadini qualora venisse rieletto un nuovo governo conservatore, indica l’indipendenza scozzese come unica strada di cui la Scozia dispone per rimanere nell’UE. Effettivamente quest’ultimo tema, insieme al tradizionale euroscetticismo degli Inglesi, 2 “Indipendenza significherà una forte e nuova relazione tra la Scozia e il resto del Regno Unito. Essa creerà una collaborazione tra eguali – un’unione sociale per sostituire l’attuale unione politica. Questo significa che dal giorno dell’indipendenza non avremo più un governo Conservatore, ma la regina sarà il nostro capo di stato, la sterlina sarà la nostra moneta e voi continuerete a guardare i vostri programmi preferiti sulla BBC. In quanto membri dell’UE continueranno ad esserci le frontiere aperte, diritti condivisi, libero mercato ed estesa cooperazione” (http://www.snp.org/vision/better-scotland/independence). 13 Convegno SISP 2014 Massetti- Tarditi potrebbe apportare alcuni vantaggi alla Yes-campaign. Infatti, come già evidenziato da alcuni studiosi e commentatori, l’indipendenza della Scozia e l’uscita britannica dall’UE sono strettamente interconnesse. Secondo un sondaggio Panelbase del maggio 2013 nell’eventualità di un ritiro del Regno Unito dall’UE il 44% dei cittadini scozzesi voterebbe per l’indipendenza della Scozia e il 44% contro di essa. Tuttavia nello stesso sondaggio la percentuale dei sostenitori dell’indipendenza scende al 36% quando nessun riferimento è fatto alla dimensione sovranazionale (Panelbase poll, 10-16 May 2013). All’interno del fronte indipendentista la posizione dell’SNP non è però condivisa dagli altri attori partitici come i Verdi e i Socialisti. Questi ultimi, infatti, assieme ai militanti appartenenti ai sindacati, ai movimenti contro il nucleare e ai repubblicani, hanno dato vita alla Radical Independence Conference (The Independent 24/11/2012) che ha stabilito obiettivi molto più radicali per il futuro scozzese: una Repubblica scozzese non allineata ed esterna alla NATO e all’UE. Queste ultime infatti sono definite come «istituzioni inventate dal capitale globale per eludere le volontà dello stato-nazione» (RIC 2012). Negli ultimi mesi poi sia il Partito socialista che i Verdi hanno più volte espresso perplessità rispetto al modello di sviluppo prospettato dall’SNP. Secondo questi ultimi infatti, nonostante alcune proposte volte a ridurre le disuguaglianze sociali, il progetto dell’SNP non costituirebbe un’alternativa credibile al capitalismo e alle politiche di austerità. È per questa ragione che essi contrappongono al modello dei paesi dell’Europa del Nord, richiamato più volte dall’SNP, e al mantenimento della sterlina, la realizzazione di uno sviluppo incentrato sui principi socialisti e l’introduzione di una moneta indipendente, legata alla sterlina soltanto nella prima fase di transizione. È evidente quindi che tra gli indipendentisti la convergenza sul futuro economico, sociale e monetario di uno stato scozzese sia molto lontana. Tali divisioni non sono però necessariamente negative per il fronte del Si, in quanto la presenza di posizioni eterogenee può allargare la base di sostegno. Soprattutto in un periodo di crisi economica, infatti, la tematizzazione delle questioni sociali e la presenza di proposte alternative possono contribuire ad accrescere il consenso popolare. Ancora differente poi è la tesi elaborata dal governo britannico nel documento “Scotland analysis: EU and international issues” del 2014. Due sono infatti i punti essenziali del documento: la complessità del processo d’adesione e gli svantaggi per l’economia scozzese. Diversamente da quanto sostenuto dall’SNP, il governo britannico ha indicato l’art. 49 del TUE come la base legale per l’ammissione della Scozia. In quest’ultimo caso gli stati hanno bisogno del supporto unanime del Consiglio Europeo e devono procedere all’adesione tramite un nuovo Trattato ratificato da tutti gli stati-membri. Quest’ultima procedura quindi non 14 Convegno SISP 2014 Massetti- Tarditi soltanto è molto più complicata del processo di revisione ordinaria, ma non assicura il mantenimento delle particolari e vantaggiose condizioni di cui la Scozia attualmente gode come regione britannica. Infine nel documento si sottolinea come la Scozia abbia sempre beneficiato della “UK’s strong voice in Europe”, ottenendo una serie di benefici rispetto ai contributi fiscali, ai fondi per l’agricoltura e la pesca e a quelli strutturali. Naturalmente nel documento non c’è alcun riferimento alla proposta del Primo Ministro rispetto al referendum sulla membership europea del Regno Unito. Quest’ultimo infatti è in aperto conflitto con le argomentazioni usate per giustificare il mantenimento dell’unione. 4.3 L’UE da sostegno a potenziale ostacolo La Yes campaign e Better Together hanno elaborato due diverse narrative, usando la membership europea come una tematica propagandistica al fine di ricevere il supporto dei cittadini. Ma qual è la reale procedura per l’ammissione di un’eventuale Scozia indipendente? Effettivamente il precedente Presidente della Commissione Europea, Barroso, sembrava aver confermato la prospettiva del campo del No, affermando che qualora una parte di uno statomembro fosse diventata indipendente i Trattati non sarebbero più stati applicati su quel territorio. In maniera simile il Ministro degli Esteri spagnolo e il Ministro irlandese per gli Affari Europei hanno mostrato una certa sicurezza rispetto al lungo percorso che la Scozia dovrebbe intraprendere per acquisire la membership europea3. Nonostante simili dichiarazioni, però, è bene sottolineare che non esiste un’unica interpretazione della questione e che molti commentatori e studiosi hanno proposto soluzioni differenti a questo scenario inusuale, dimostrando la rapidità o al contrario la lentezza del processo. Indipendentemente dalle procedure giuridiche è certo che l’eventuale ingresso della Scozia dipenderà dall’accordo tra i 28 stati-membri. Come evidenziato da Avery (2014), da un punto di vista la situazione scozzese è molto differente dai paesi non comunitari, in quanto la regione ha implementato le normative comunitarie per 40 anni. Tuttavia il caso scozzese può costituire un precedente importante e problematico per gli altri stati-membri in cui il conflitto centroperiferia è ben radicato. La rapida annessione della Scozia potrebbe dar vita ad un «effetto imitazione», contribuendo a legittimare le richieste indipendentiste e di autogoverno di altre regioni europee. Al momento nessuno stato si è opposto esplicitamente all’adesione della Scozia. Tuttavia, considerando le tensioni esistenti tra regioni come la Catalogna e i Paesi 3 ‘Join the queue’ for EU membership, Spain tells Alex Salmond, in “The Guardian” 24th October 2012, www.theguardian.com/politics/2012/oct/24/scotland-eu-membership-spain; S. Johnson, Ireland: independent Scotland faces lengthy wait for EU membership, in “Daily Telegraph”, 26th January 2013. 15 Convegno SISP 2014 Massetti- Tarditi Baschi e il governo spagnolo, è difficile pensare che non ci sarà alcun tipo di pressione contro un precedente significativo in Europa. È evidente quindi come il tema dell’Europa sia diventato piuttosto spinoso per l’SNP. Se da una parte l’UE, nonostante la crisi economica, ancora una volta offre un potenziale supporto esterno per il raggiungimento dell’indipendenza, dall’altra però esistono problemi di non facile risoluzione. Paradossalmente quindi proprio adesso che l’indipendenza sembra essere più vicina, l’SNP rischia di perdere quella garanzia esterna fondamentale per ampliare il consenso popolare in questi ultimi giorni (Tarditi 2013, 119). 5. Discussione Il caso dell’SNP, per quanto peculiare nella sua manifesta, chiara e costante ricerca dell’indipendenza (rispetto ad altri partiti regionalisti che si accontentano di una qualche forma di autonomia o più’ ondivaghi su prospettive separatiste), rappresenta un caso di studio estremamente rilevante sia da un punto di vista teorico che per gli sviluppi politici correnti. Da un punto di vista teorico, i cambi effettuati nel tempo sia rispetto al posizionamento sinistra-destra che rispetto all’integrazione europea permettono una interessante comparazione longitudinale, arricchita anche dalle trasformazioni istituzionali (devolution) intercorse. Quasi tutti i fattori evidenziati nella cornice analitica contribuiscono a spiegare l’euroscetticismo degli anni ’60-’70: il naturale sospetto di un partito indipentista verso nuove entità potenzialmente accentratrici (vedi casus belli della politica della pesca); la denuncia della CEE come una creatura sostanzialmente di destra (libero-scambista e militarista pro-NATO); il ruolo marginale dell’SNP nella politica britannica (che si esauriva a Westminster) e, di conseguenza, lo scarso controllo esercitato nel processo di accesso; la convergenza prointegrazione di tutti i partiti britannici durante il referendum del 1975, che lasciava la nicchia euroscettica libera e disponibile per aumentare la visibilità; l’estraneità pressoché totale rispetto alle istituzioni europee. Gli anni ’80-‘90 presentano un quadro molto diverso. Innanzi tutto, il processo d’integrazione stesso cambia parzialmente il suo carattere. Si afferma il modello sociale europeo; vengono creati i fondi per la coesione che sono attribuiti alle regioni relativemante povere (tra cui la Scozia); si intensifica grandemente la legislazione europea per la tutela dell’ambiente; sembra prendere slancio l’idea dell’Europa delle regioni che, seppur non conforme ai piani indipendentisti dell’SNP, offre possibilità per una pragmatica adesione all’integrazione di carratere tattico. L’emergere di certe politiche di sinistra nell’ambito del processo di integrazione rimescola le carte nella politica interna, dove non c’è più una convergenza di tutti 16 Convegno SISP 2014 Massetti- Tarditi i partiti. Gli odiati (dall’SNP) governi conservatori (1979-1997) si pongono decisamente come forza euroscettica e, indirettamente, contribuiscono all’ulteriore europeizzazione dell’SNP. Inoltre, dal ’79, l’SNP entra nelle istituzioni europee (ALE, parlamento, Comitato delle Regioni, etc.) familiarizzando con esse e stringendo rapporti con altri attori, soprattuto regionalisti. Lo scenario cambia ulteriormente nel nuovo millennio. Adesso (dal ’99) la Scozia ha un parlamento autonomo con diversi poteri e, dal 2007 l’SNP è il partito di governo. La prospettiva dell’indipendenza diventa molto più concreta e il processo costituzionale europeo, iniziato con la convenzione di Nizza e approdato al Trattato di Lisbona (dopo il fallimento del cosiddetto tratto costituzionale), mal si concilia con le ambizioni dell’SNP. In particolare, il partito teme che un’ulteriore spinta all’integrazione europea, basata rigidamente sugli statimembri esitenti come le parti costituenti della nuova entità sovranazionale, comporti notevoli ostacoli per l’estrazione della Scozia dal Regno Unito e la sua immissione come nuovo membro costituente dell’UE. La questione diventa estremamente rilevante, da un punto di vista politico ancor prima che teorico, nel contesto del referendum per l’indipendenza della Scozia e si intreccia con l’attuale crisi economica dei paesi dell’Euro, che ha spinto l’SNP ad abbandonare (nel 2009) il proposito di entrare nell’area Euro e di affrontare il referendum con una posizione apparentemente contraddittoria, vale a dire il mantenimento dell’unione moneteria con Londra. D’altra parte, la prospettiva di un referendum britannico sulla permanenza dell’intero Regno Unito nell’UE, spinge l’SNP ad usare argomenti pro-UE per convincere gli elettori scozzesi a votare per l’indipendenza. Non si può escludere che, in caso di vittoria del ‘no’, l’opposizione al progetto conservatore di staccare il Regno Unito dall’UE possa spingere il partito verso un europeismo più convinto rispetto all’ultimo decennio. Per valutare gli sviluppi del rapporto tra Scozia/Regno Unito ed UE, e quindi tra l’SNP e l’UE, occorre aspettare almeno il risultato del referendum scozzese. 17 Convegno SISP 2014 Massetti- Tarditi Bibliografia Avery, G., 2014, Could an independent Scotland join the European Union?, European Policy Centre Bartolini, S., 2005, Restructuring Europe. Centre Formation, System Building and Political Structuring between the Nation-State and the European Union, Oxford: Oxford University Press. Curtice J., 2008, How firm are the foundations? Public attitudes to the Union in 2007, in Devine T. M., (a cura di), Scotland and the Union 1707-2007, Edinburgh University Press, Edinburgh, pp. 210227. Dardanelli P., 2003, Ideology and Rationality: the Europeanisation of the Scottish NationalParty, 8th EUSA International Conference, Panel Session 10D, «Europeanisation from an Actors’ Perspective», Nashville, Tn USA, 27-29 march, pp. 1-23. Elias, A., 2008, From Euro-enthusiasm to Euro-scepticism? 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