Corte di cassazione, sez, VI, ordinanza 27/10/2014, n. 22789

22789/14
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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SESTA SEZIONE CIVILE -3
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O
Oggetto
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MARIO FINOCCHIARO
- Presidente -
Dott. ADELAIDE AMENDOLA
- Consigliere -
Dott. ANNAMARIA. AMBROSIO
- Consigliere -
Dott. FRANCO DE STEFANO
- Consigliere -
Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA - Rel. Consigliere -
LOCAZIONE - IVA
RIMBORSO
Ud. 02/07/2014— CC
R.G.N. 20133/2013
CLotA.
Rei)"
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso 20133-2013 proposto da:
TAFUTO VINCENZO ETFTVCN42M26F839I(,) elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA SISTINA 121, presso lo studio
dell'avvocato MONETTI FRANCESCO, che lo rappresenta e
difende, giusta procura speciale a margine del ricorso;
- ricorrente contro
GROSSO GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
IVANOE BONOMI 92, presso lo studio del dr. ACHILLE DI
DUCA, rappresentato e difeso dall'avvocato LIVIO PROVTIERA,
giusta procura specie in calce al controricorso;
- contro.ricorrente avverso la sentenza n. 1744/2013 della CORTE D'APPELLO di
NAPOLI del 26.4.2013, depositata il 06/05/2013;
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udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
02/07/2014 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPINA LUCIANA
BARRECA.
Premesso in fatto
E' stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
<<1.Giuseppe Grosso intimava sfratto per morosità con contestuale citazione per la convalida
innanzi al Tribunale di Napoli a Vincenzo Tafuto. Il Tribunale di Napoli emetteva ordinanza di
concessione del termine di grazia ex art. 55 L. n. 392/78, che così disponeva: "concede
all'intimato il termine di giorni 90 da oggi per sanare la morosità mediante il versamento della
somma di E 4.673,16 corrispondente alle causali di cui all'intimazione; euro 5,00 per interessi
legali, euro 70,00 per spese di causa, curo 300,00 per diritti ed euro 110,00 per onorari, oltre
I.V.A. e C.P.A.".
In seguito al mancato integrale pagamento di quanto dovuto alla scadenza del termine concesso,
e in particolare dell'I.V.A. sulle spese di lite liquidate, il Tribunale, ritenendo persistente la
morosità dell'intimato, convalidava lo sfratto.
2. Proponeva appello il Tafuto, contestando unicamente la sussistenza del proprio debito I.V.A.;
riteneva infatti che l'obbligo al pagamento dell'I.V.A. sulle spese legali al difensore non fosse
ancora sorto a suo carico, in quanto sarebbe sorto soltanto nel momento in cui la parte vittoriosa
avesse pagato o, quanto meno, dichiarato la propria intenzione di pagare tale imposta, mediante
corresponsione del compenso al proprio difensore.
La Corte d'Appello di Napoli ha rigettato l'appello, ritenendo sussistente in capo all'appellante
l'obbligo al pagamento dell'I.V.A. ed evidenziando che tale imposta, la cui doverosità, secondo
la Corte territoriale, discende direttamente dalla condanna al pagamento delle spese processuali,
era stata vieppiù espressamente contemplata nell'ordinanza di concessione del termine di
grazia.
3. Il ricorso è proposto con due motivi.
L'intimato resiste con controricorso.
Con il primo motivo di ricorso è denunciata falsa applicazione degli artt. 658 c.p.c., 91 c.p.c. e 18,
conama 1 D.P.R n. 633/1972, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., in quanto la Corte d'Appello di
Napoli non avrebbe considerato che il pagamento dell'I.V.A. si sarebbe dovuto intendere
sottoposto alla condizione della sua effettiva doverosità, scaturente dal versamento, o dalla
dichiarazione dell'intenzione di procedervi, dell'imposta stessa al difensore. Al riguardo, il
ricorrente ha richiamato alcuni precedenti della Cassazione (n.9904/2009, n.6974/2007, n.
2529/2006, n. 9730/2000, n. 2387/1998, n. 74/2001, n. 10336/2009) che, a suo avviso,
confermerebbero la tesi sostenuta.
Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta l'omesso esame di un fatto decisivo per il
giudizio, ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c., per non avere la Corte preso in considerazione il
motivo d'appello relativo alla necessaria effettiva doverosità dell'I.V.A. quale condizione
dell'obbligo di pagamento dell'imposta stessa; in particolare la Corte non avrebbe preso in
esame la circostanza, dedotta in appello, che il resistente non ha mai prodotto in giudizio la
ricevuta del pagamento delle spese legali, la nota spese dell'avvocato, non ha mai dichiarato di
aver versato l'I.V.A. né di avere l'intenzione di procedere al versamento.
4. I motivi di ricorso pongono sotto i differenti profili della violazione di legge e del vizio di
motivazione, la stessa questione, che, per come risulta anche dai motivi d'appello, non involge
la questione della rilevanza del pagamento dell'IVA ai fini della qualificazione in termini di
morosità del comportamento del conduttore, onde procedere alla convalida di sfratto, ma
esclusivamente l'aspetto della sussistenza in capo all'appellante, odierno ricorrente, del debito
corrispondente nei confronti del locatore, già appellato, oggi resistente.
I motivi, per come proposti, sono manifestamente infondati.
Nel nostro ordinamento vige la presunzione della doverosità del pagamento dell'I.V.A., come
correttamente affermato dalla Corte d'Appello di Napoli, ed è onere di chi contesta che tale
prestazione aggiuntiva sia dovuta, per insussistenza dei presupposti di legge, superare la
suddetta presunzione. I precedenti giurisprudenziali citati dal ricorrente, infatti, riguardano casi
in cui tale imposta non era dovuta in quanto il soggetto destinatario dell'I.V.A. era soggetto
passivo I.V.A. e, quindi, portava l'imposta in detrazione o rimborso.
Ric. 2013 n. 20133 sez. M3 - ud. 02-07-2014
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Nel caso di specie, al contrario, il ricorrente non deduce di essere in possesso dei requisiti che
consentono l'esenzione dal pagamento dell'I.V.A.; il Tafuto, infatti, non prospetta che il
vincitore di causa abbia titolo ad esercitare la detrazione dell'imposta in quanto soggetto
passivo I.V.A., né che la vertenza inerisca l'attività di impresa del resistente.
Gli argomenti avanzati dal ricorrente, contrariamente a quanto lamentato con il denunciato vizio di
motivazione, sono stati presi in considerazione dalla Corte d'Appello, la quale, tuttavia, ha
concluso per la loro irrilevanza in virtù dell'enunciato principio di diritto per cui "il soggetto
soccombente in giudizio, condannato al pagamento degli oneri, à tenuto al pagamento
dell'imposta a questi relativa; unica eccezione si ha nell'ipotesi in cui il vincitore di causa abbia
titolo a esercitare la detrazione dell'imposta stessa, in quanto soggetto passivo d'imposta, e la
vertenza inerisca all'esercizio della sua attività di impresa".
In conclusione, si propone il rigetto del ricorso. ».
La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensore.
Non sono state presentate conclusioni scritte. Parte ricorrente ha depositato
memoria.
Ritenuto in diritto
A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il
Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione.
Con la memoria depositata prima dell'adunanza parte ricorrente, sostiene
dovrebbe essere esclusa la presunzione dell'obbligo del pagamento dell'IVA a
carico della parte soccombente in favore di quella vincitrice. Cita, a sostegno
del proprio assunto, i precedenti costituiti da Cass. n. 2474/12 e n. 13659/12.
Aggiunge che, per di più, nel caso di specie, la corresponsione dell'IVA era
stata disposta non in favore dell'avvocato distrattario, ma in favore della parte e
che vi potrebbero essere numerose ipotesi per le quali quest'ultima non
dovrebbe corrispondere l'IVA al suo procuratore in giudizio.
Le osservazioni non colgono nel segno.
Per come già detto nella relazione, spetta a colui che pretende di non pagare
l'IVA dimostrare che si verta in ipotesi in cui la controparte non dovrà
sopportare il costo corrispondente. In tale senso sono i precedenti sopra citati,
nei quali era acclarato che il cliente dell'avvocato, fosse soggetto passivo di
IVA, abilitato a detrarre l'imposta. Siffatta eventualità, nel caso concreto,
avrebbe dovuto essere dimostrata dall'odierno ricorrente. Questi, invece, anche
in memoria, fa delle mere <<ipotesi>> di non debenza dell'IVA da parte
dell'odierno resistente, senza tuttavia nemmeno affermare che una di tali ipotesi
ricorra effettivamente e che tale circostanza di fatto sia emersa e sia stata
oggetto di dibattito processuale nei gradi di merito.
L'ulteriore questione posta nella memoria, per la quale lo sfratto non avrebbe
potuto essere convalidato per la sola ragione che il conduttore, cui era stato
concesso il termine di grazia, non avesse pagato l'IVA, non è stata posta in tali
termini con i motivi del ricorso, per come già rilevato con la memoria; né
risulta che, negli stessi termini, sia stata oggetto di uno specifico motivo
d'appello. La novità la rende perciò inammissibile.
Il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a
norma del comma 1 bis dell'art. 13 del D.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
Ric. 2013 n. 20133 sez. M3 - ud. 02-07-2014
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La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di cassazione, che liquida nell'importo complessivo di E 5.200,00, di
cui € 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali ed accessori come per
legge.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d. P.R. n. 115 del 2002, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso, a nonna del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il giorno 2 luglio 2014, nella camera di consiglio della
sesta sezione civile —3 della Corte suprema di cassazione.
Il Presidente
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Ric. 2013 n. 20133 sez. M3 ud. 02-07-2014
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