Press aprile 2014 / no.65 ISSN 2039-540X Professione Economica e Sistema Sociale Press Sommario/aprile WCOA 2014 31 Ifac DIAMO I NUMERI EDITORIALE Greco: “Il concordato preventivo nel letto di Procuste della «transazione fiscale»” 58 Osservatorio economico PROFESSIONE E TEMPO LIBERO L’INTERVENTO 4 8 14 16 18 22 24 Giuseppe Greco Giulio Nicola Nardo Cristina Bauco Franco Michelotti Patrizia Riva Marcello Pollio Emanuele Mattei PRIMO PIANO - Pag. 16 - Pag. 18 Maria Luisa Campise 3 - Pag. 4 Michelotti: “Il commissario giudiziale nel concordato con riserva” Riva: “Attestatore e Pre-Commissario, tra deontologia e auto-riesame” 28 Luca Santi, Luigi Butti 60 Letti per voi Pollio: “Gestire la crisi, non tutto è così semplice” - Pag. 22 Soluzioni alternative alla crisi d’impresa P er più di sessanta anni nel nostro Paese la materia fallimentare è stata disciplinata dal r.d. 267/1942. Una disciplina che ha visto la luce in un momento storico in cui l’impresa agricola e la proprietà terriera costituivano le principali attività a fronte di una ridottissima percentuale di imprese commerciali. In questo contesto il fallimento era improntato ad una prospettiva essenzialmente sanzionatoria: l’azienda in difficoltà era destinata ad essere estromessa dal mercato e l’esercizio provvisorio (art. 90 l.f. ante riforma) era visto in funzione meramente liquidatoria; l’amministrazione controllata ed il concordato erano destinati solo all’imprenditore meritevole e prescindevano da qualunque attenzione per la sorte dell’attività d’impresa nel suo complesso. A livello legislativo, l’attenzione per la “continuità” dell’attività d’impresa, a prescindere dalla sorte dell’imprenditore, emergeva solo con le leggi degli anni ‘70 sui salvataggi industriali e con la legge Prodi del 1979. Si trattava comunque di procedure rivolte alle grandi imprese, con 200 o più lavoratori, il cui recupero mirava principalmente alla salvaguardia dei livelli occupazionali. Solo all’inizio degli anni 2000, si inizia a favorire la continuità aziendale anche per la media e piccola impresa insolvente, per poi arrivare negli anni 2005-2007 alla riforma “organica” delle procedure concorsuali ed alla chiara ed esplicita emersione dell’interesse dell’ordinamento per la conservazione dei valori aziendali. E ciò, non solo nell’interesse generale dell’economia, dei dipendenti e dei collaboratori, ma anche dello stesso ceto creditorio, o almeno della parte interessata alla prosecuzione dei rapporti con l’impresa investita dalla crisi. In realtà, come sappiamo, la riforma, ancorché chiamata “organica”, tale era rimasta solo nel titolo, non trovandosi l’accordo sulle cosiddette “procedure di allerta” e sull’obbligo di segnalare al tribunale i primi sintomi di crisi. In ogni caso negli 2005-2007 venivano introdotti nuovi strumenti - quali gli accordi di ristrutturazione disciplinati dall’art. 182 - bis l.f ed i piani di risanamento previsti dall’art. 67, comma 3, lett. d), l.f, -, e si rafforzava la procedura di concordato preventivo con l’intento di alzare una barriera preventiva al fallimento ed in genere alla disgregazione dei valori aziendali. In realtà negli anni successivi alla riforma, i dati hanno fatto emergere che il concordato preventivo ha continuato a rappresentare uno strumento utilizzato non ai fini del rilancio dell’impresa ma semplicemente quale modalità più rapida, e ragionevolmente più vantaggiosa, del fallimento, mentre si è riscontrata una scarsissima utilizzazione degli accordi ex art. 182-bis e dei piani attestati ex art.67, 3°comma, lettera d, l.f.. A fronte di questa situazione, e del sempre più ampio diffondersi delle crisi aziendali, a metà del 2012 è intervenuto il cosiddetto decreto ‘Sviluppo’, che ha introdotto il pre-concordato (o concordato in bianco, o con riserva), di cui all’art. 161, 6°comma, l.f.. Il legislatore ha voluto in tal modo compiere un altro tentativo di indirizzare le imprese sulla strada, già aperta dalla riforma fallimentare, della tutela della continuità aziendale, nell’intento di contribuire a frenare, “dal basso”, il degrado dell’economia. Ed è proprio alle soluzioni alternative previste dal legislatore per evitare il fallimento e preservare la continuità delle aziende in crisi che abbiamo voluto dedicare questo numero di Press. Maria Luisa Campise Direttore Press 4 Il concordato preventivo nel letto di Procuste della «transazione fiscale» Giuseppe Greco Giudice Delegato ai Fallimenti - Tribunale di Cosenza Con l’attuale disciplina ogni benevolo tentativo del legislatore volto a far uscire dalla crisi l’imprenditore onesto rischia di naufragare a causa dell’incognita fiscale rocuste (in greco lo «stiratore») era il soprannome di Damaste o Polipèmone. Il mito racconta che questi era un brigante che viveva, in Attica, sul monte Coridallo in prossimità del fiume Cefiso ed era il terrore dei viandanti che percorrevano la via sacra che da Eleusi conduceva ad Atene: dopo averli ospitati e lusingati con generose libagioni li sottoponeva ad un atroce supplizio: li costringeva a sdraiarsi su di un letto scolpito nella roccia, dove li uccideva percuotendoli con un martello non prima di averne adattato il corpo al letto di tortura cioè allungandolo se più corto o resecandone gli arti se sporgente dal letto. Subì il contrappasso per opera di Teseo il quale lo pose sul suo stesso letto e lo uccise facendogli fare la fine delle sue vittime. Le cronache di questi anni narrano che l’onesto imprenditore P (absit iniura verbis!) investito dalla crisi iniziata nel 2008 sempre più di frequente, sebbene già sovraccarico per il gravoso fardello di debiti tributari ai quali si sono poco a poco sommati quelli verso i fornitori e da ultimo dei dipendenti, pur di evitare le angustie del fallimento e il sole a scacchi che si accompagna all’eclissi da bancarotta, decide di inerpicarsi sulla strada tortuosa del «novellato» concordato preventivo. La legge sembra particolarmente benevola consentendo, addirittura, di avviare il passaggio lungo i tornanti con un semplice lasciapassare (detto «concordato in bianco») la cui validità è compresa «fra sessanta e centoventi giorni» tutto sommato «prorogabile, in presenza di giustificati motivi» di altri provvidenziali «sessanta giorni» che così ascendono a centoottanta cui sovente se ne può aggiungere qualcun altro dopo la fase in bianco «per apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti» a seconda della magnanimità del Tribunale che potrà prorogare anche più volte la resa dei conti. L’entusiasmo del viaggio scaccia i pensieri nefasti come secondo la nota legge di Gresham «la moneta buona scaccia quella cattiva». La strada è lunga ma il morale è elevato: chi può escludere che la benevolenza del legislatore che ha tanto a cuore il salvataggio del «valore aziendale» non garantirà, strada facendo, qualche altro sconto inaspettato? Perché mai temere che tanto amorevole attenzione per la cultura dell’impresa e per il suo insopprimibile «valore sociale» possa nascondere una insidia inaspettata dalle sembianze di un moderno Polipèmone? D’altra parte, oramai è chiaro, il benigno legislatore ha fatto di tutto per allontanare e disinnescare gli effetti potenzialmente dirompenti di L’intervento quella che la stessa Corte Suprema di Cassazione ha definito, con encomiabile realismo, «incognita fiscale». Il buon giorno si vede dal mattino: se è possibile una «transazione fiscale» vuol dire che su tutto si tratta, si media, si mercanteggia: tacitato l’Erario si andrà avanti senza fatica secondo la massima del condottiero romano «divide et impera» - nella formazione di «classi» nelle quali relegare i creditori più impazienti. Più facile a dirsi che a farsi. Il percorso verso il concordato deve, ahimè, fare i conti con una insidia inattesa che rischia di condurre la proposta dell’onesto imprenditore in un letto di Procuste. L’art. 182-ter l.fall. (ultimo inciso del comma 2) si preoccupa di disciplinare la presentazione della domanda relativa ai «contributi amministrati dall’agenzia delle dogane» (accise ecc.) ma nulla dice riguardo alla procedura di transazione relativamente ai contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie» fatta esclusione, ovviamente, per quelli già iscritti a ruolo e consegnati all’Agente della Riscossione (che l’art. 182-ter, inserito nella legge fallimentare dal decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5 entrato in vigore il 16 luglio 2006, continua a definire impropriamente «concessionario del servizio nazionale della riscossione» benché in precedenza fosse già legge dello Stato - dal 4 ottobre 2005 - l’art. 3 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 recante «misure di contrasto all’evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria», convertito nella legge 2 dicembre 2005, n. 248, il quale il quale aveva, espressamente, soppresso il sistema di affidamento in concessione del servizio nazionale della riscossione conferendo le relative funzioni all’Agenzia delle entrate, che, a sua volta, le esercita mediante la società Riscossione s.p.a.; oggi Equitalia s.p.a. definita «Agente della Riscossione»). La norma dell’art. 182-ter disciplina la procedura relativamente alla «proposta di accordo sui crediti di natura fiscale» (comma 2). Ma per la transazione dei «contributi» quale procedimento dovrà essere seguito? La circolare n. 38/2010 della Direzione Centrale Entrate Coordinamento Generale Legale stabilisce che «la richiesta di transazione ex art. 182-ter, corredata 5 della documentazione di cui all’art. 161 l.fall.» deve essere presentata alla «Sede competente»; ma tale disposizione non può evidentemente integrare la difettosa norma della legge fallimentare. La transazione dei «tributi amministrati dalla agenzie fiscali» determina il «consolidamento del debito fiscale»; ma per quello «contributivo» può parlarsi di un omologo «consolidamento»? In verità è la stessa nozione di «consolidamento del debito fiscale» ad apparire di dubbio significato: a sentire la Suprema Corte si tratterebbe di una formulazione «atecnica» di significato «non ancora univocamente definito». Ma ancor più equivoco deve 6 L’intervento considerarsi l’effetto del richiamato «consolidamento»: secondo la Cassazione con tale espressione (al netto della evidenziata equivocità) si intenderebbe una sorta di «cristallizzazione» della «pretesa tributaria alla data di presentazione della domanda così come quantificata dall’ufficio con esclusione da una parte della facoltà del medesimo di procedere ad ulteriori accertamenti anche se non sia ancora maturata la decadenza e dall’altra di contestare pretese anche se non ancora definitive». Pertanto l’Agenzia delle Entrate non potrebbe effettuare alcun accertamento neppure nel termine dei trenta giorni successivi alla presentazione della domanda di transazione fiscale entro il cui termine essa è tenuta «a procedere alla liquidazione dei tributi risultanti dalle dichiarazioni ed alla notifica dei relativi avvisi di irregolarità, unitamente ad una certificazione attestante l’entità del debito derivante da atti di accertamento ancorché non definitivi». Tale interpretazione appare, ictu oculi, contrastata dalla lettera della norma appena riportata. Ma sul punto, ad ogni evidenza, il Fisco la pensa diversamente: nella pubblicazione dell’Ufficio Riscossione – Settore Controlli e Riscossione della Direzione Regionale della Sicilia (intitolata « Il Fisco a sostegno delle imprese in crisi - La transazione fiscale», aggiornata a novembre 2013) si legge che pur dopo la presentazione della domanda di transazione fiscale «resta salva la possibilità per l’Amministrazione di esercitare attività accertatrice ulteriore relativa ai tributi oggetto di transazione in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi» (pag. 17). D’altra parte a ben vedere, è la stessa nozione di «transazione fiscale» a risultare fuorviante; e che dire del «principio di indisponibilità del credito tributario»? L’art. 182-ter l.fall. allude alla transazione solo nella rubrica: ma è sufficiente tale suggestivo richiamo per ricondurre l’istituto nel paradigma della transazione quale negozio fondato sull’«aliquid datum aliquid retentum»? Non sarebbe stato, forse, più corretto parlare semplicemente di pagamento percentuale del credito tributario? E come ricostruire i rapporti tra la norma sopravvenuta (con l’entrata in vigore del decreto correttivo) del capoverso dell’art. 160 l.fall. che ha esteso la falcidiabilità in generale dei crediti privilegiati e la disciplina speciale dettata per la «transazione fiscale»? E come rendere compatibili i presupposti diversi dettati dall’art. 160 e dall’art. 182-ter? E come porre in consonanza logica la condizione dettata dalla norma da ultimo citata (cioè che la percentuale, i tempi di pagamento e le eventuali garanzie non devono essere inferiori a quelli offerti ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore, ovvero ai soli crediti tributari degli enti locali) e il divieto di falcidia dell’iva e delle ritenute effettuate dal sostituto d’imposta? E quali i rapporti tra «transazione fiscale» e diritto di difesa avuto riguardo alla impossibilità per il contribuente di proseguire il giudizio tributario dopo la omologa del concordato? E come intendere l’ipotesi prospettata dalla Cassazione di «tentativo di transazione fiscale non riuscito» rispetto alla ritenuta irrilevanza di un diniego dell’Ufficio fiscale ai fini della omologa del concordato? E come interpretare la seguente criptica affermazione della Cassazione: «la norma invocata dalla Corte d’appello (art. 160, comma 2) attiene, per contro, unicamente al trattamento aggiuntivo rispetto a quello imposto ex lege (ancorato al valore dei beni oggetto della garanzia) che viene deciso discrezionalmente dal debitore ma che trova appunto un limite nel rispetto del grado di rilevanza attribuito dal legislatore ai diversi crediti in ragione del valore sociale della loro causa. Il vincolo, per contro, non astringe il legislatore che può, come nella fattispecie e per cause discrezionalmente individuate, attribuire un trattamento particolare a determinati crediti come avviene per la prededuzione, senza che ciò incida automaticamente sul trattamento degli altri»? Come rendere intelligibile tale passaggio se non nell’ottica (errata) secondo cui il credito erariale per iva sia un privilegio speciale (come quello di rivalsa ex art. 2758 comma 2 cod.civ.) e non un privilegio generale su tutti i beni mobili del debitore? E cosa vorrà mai dire «trattamento aggiuntivo»? Com’è noto diversi Tribunali e Corti di appello (tra tutte quella di Genova e di Venezia) hanno disatteso quanto statuito dalla Cassazione nelle famose sentenze da cui sono tratte le citazioni sopra riportate (nn. 22931/2011 e 22932/2011). A ben vedere il problema dei problemi che presenta l’attuale disciplina del concordato preventivo è proprio quello connesso alle norme dettate nella c.d. «transazione fiscale», che in questa sede è stato possibile solo accennare, ed è su questo ostacolo che rischia di naufragare ogni «onesto» tentativo di fuoriuscire dalla crisi d’impresa. Vogliamo lavorare per qualcosa, non contro qualcuno. Crediamo che sia giunto il momento di ragionare come una comunità. Servono regole certe, riforme del sistema fiscale e giudiziario. Serve un pensiero tecnico, imparziale, non schierato che affianchi le istituzioni: per lavorare, non più contro qualcuno, ma a favore di tutti. 8 La tutela dei creditori nel concordato preventivo Giulio Nicola Nardo Avvocato - Professore Università della Calabria e Università di Bologna A fronte del drastico ridimensionamento dei poteri di controllo del tribunale fallimentare la centralità acquisita dai creditori non rappresenta una soluzione efficace. a tutela dei creditori nelle procedure concorsuali in generale, con particolare riferimento alle cd. soluzioni concordate della crisi d’impresa, non è stata oggetto di approfondita analisi da parte del legislatore della riforma della legge fallimentare. Invero, la tutela del credito viene sacrificata alle esigenze dell’impresa in crisi, e ancora di più nelle ipotesi del cd. concordato in continuità aziendale, per come normato dal nuovo art. 186 bis l.f., sicché a fronte del drastico ridimensionamento dei poteri di controllo del tribunale fallimentare, la centralità acquisita (sia per il voto che per il meccanismo svolto dall’innesco delle eventuali opposizioni nel giudizio di omologazione) dal creditore nella valutazione e controllo della proposta di concordato preventivo, in specie in ragione dei meccanismi di maggioranza nel sistema delle votazioni, non rappresenta una soluzione efficace. Ancora più delicata è la situazione di quei creditori la cui esistenza sia misconosciuta o contestata all’interno della procedura di concordato L preventivo. A differenza del fallimento, la procedura per l’ammissione al concordato preventivo non prevede uno specifico provvedimento giurisdizionale per l’accertamento del passivo, atteso che la prima individuazione dei creditori, del relativo credito e delle garanzie, è fornita direttamente dall’imprenditore che propone il concordato: infatti con la redazione della domanda, in ossequio al disposto di cui all’art. 160 l.f. vengono indicati quali sono i creditori, li raggruppa in classi, ne propone tempi e modalità di soddisfazione. Tuttavia, il debitore deve comunque almeno dare conto anche delle pretese di terzi, che pure ritiene non fondate (e per le quali quindi non prevede alcuna soddisfazione). Del resto, accade non infrequentemente nella prassi che sia lo stesso imprenditore, già nella proposta e nel piano, a proporre prudenzialmente di accantonare le somme che si dovrebbero assegnare a quei terzi se le pretese dovessero rivelarsi fondate, attribuendole altrimenti ai creditori accertati (o a garantire con fideiussione di terzi l’eventuale pagamento dei creditori su cui verte contestazione, onde non deprimere con certezza le percentuali proposte agli altri creditori). Anzi, recenti orientamenti della Suprema Corte sembrerebbero addirittura pretendere l’inserimento dei crediti contestati nel passivo da soddisfare (in una delle classi omogenee previste dalla proposta o in una classe ad essi riservata), in particolare perché altrimenti “il debitore sarebbe incentivato alla contestazione, nei riguardi di crediti non accertati in via definitiva e soprattutto di quelli di maggior peso sul piano delle aspettative di soddisfo, lasciandoli fuori dalla proposta e ponendo i suoi beni a disposizione degli altri creditori, sollecitati all’approvazione proprio dalla circoscritta area delle passività indicate, senza alcuna previsione per quelle controverse”. L’orientamento della Cassazione, seppur condivisibile, va tuttavia contemperato con il rischio, di segno contrario, che se fosse sufficiente per pretendere di essere inseriti nel passivo, nella misura e qualità richiesti, semplicemente affermarsi creditori dell’imprenditore, ciò L’intervento potrebbe in pratica automaticamente precludere in alcune ipotesi all’ammissibilità della proposta di concordato per difetto della fattibilità giuridica, ad esempio, anche se il credito che si pretende di fare valere sia manifestamente inesistente, così all’opposto incentivando comportamenti non commendevoli dei presunti creditori. È dunque preferibile lasciare in situazioni simili caso per caso la valutazione sulla necessità di inserire o no il creditore contestato come creditore non solo al giudice delegato ai fini dell’ammissione o no alla votazione, ma già al tribunale fallimentare ai fini della valutazione sulla ammissibilità della proposta, o sulla omologazione del concordato, come ora si dirà, esclusivamente ai fini della valutazione della fattibilità giuridica della proposta. Nel concordato preventivo, dunque, l’imprenditore redige un elenco nominativo dei creditori (art. 161 l.f.), che il commissario giudiziale deve verificare apportandovi le necessarie rettifiche (e, se ritenga l’omissione di uno o più crediti dolosa, avvertire immediatamente il tribunale fallimentare perché valuti se ricorrano o no le condizioni per provvedere alla revoca 9 dell’ammissione al procedimento ex art. 173 l.f.); i creditori concorrenti ed il debitore potranno poi a loro volta dare indicazioni, ed infine il giudice delegato, che potrebbe anche inserire ex novo creditori che si fossero presentati all’adunanza senza essere presenti negli elenchi rettificati, deciderà quali crediti ammettere ed in che grado, ma ai soli fini del voto. I creditori non ammessi, poi, ex art. 176 l.f. potranno opporsi all’esclusione in sede di omologazione del concordato solo nel caso in cui l’ammissione avrebbe avuto influenza sulla votazione nella maggioranza. Al creditore, naturalmente, rimane 10 L’intervento certo la possibilità di promuovere (o continuare) una comune azione giudiziaria in via ordinaria per ottenere il riconoscimento della sussistenza e della qualità del credito vantato, atteso che la sospensione dell’attività giurisdizionale ordinaria, intervenuta per effetto della proposta concordataria, riguarda, ex art. 168 l.f., esclusivamente le azioni cautelari ed esecutive. In queste ipotesi, tuttavia, se il credito fosse appunto contestato, e il provvedimento giurisdizionale ottenuto in sede ordinaria non ancora definitivo, ai sensi dell’art. 180 l.f. al momento dell’omologazione del concordato sarà il tribunale fallimentare a bloccare il pagamento e ordinare il deposito della somma; ciò non consente una immediata soddisfazione del creditore, permettendo tuttavia altresì di proteggere il credito in contestazione evitando che, nel tempo occorrente al suo accertamento giudiziale, l’attivo concordatario si disperda irrimediabilmente. Un onere, quello del tribunale fallimentare ora descritto ex art. 180 l.f., che verosimilmente potrebbe applicarsi anche ai crediti (per la somma o per il grado) contestati durante il procedimento di ammissione al concordato, pur ancora in assenza di un’incoata azione giudiziaria, che dovrebbe essere iniziata entro un termine prefissato dal tribunale. Accantonamento che il creditore contestato potrà sollecitare già nella fase precedente all’omologazione, o che potrà richiedere, laddove non concesso dal tribunale fallimentare, impugnando per questo aspetto il decreto di omologazione. È pertanto opportuno per il creditore, la cui esistenza sia contestata, partecipare già alla fase precedente l’omologazione, sì da ottenere quantomeno una tutela cautelativa da parte del tribunale fallimentare, che, peraltro, in sede di omologa (ed in realtà già anche nella prima fase di ammissione alla procedura), anche sulla scorta delle richieste di partecipazione alla votazione e di ammissione al passivo concordatario, ben potrebbe procedere ad una nuova e diversa valutazione rispetto a quella del giudice delegato in sede di votazione, e, specie in presenza di opposizioni, valutare se quei crediti contestati debbano o no essere considerati a questi fini verosimilmente ammessi, e se pertanto se ne debba ipotizzare il pagamento (nei termini della classe di appartenenza); e, in questa ipotesi (ed a prescindere dalle ulteriori eventuali conseguenze in tema di raggiungimento delle maggioranze), verificare se questo ampliarsi del passivo nella specifica fattispecie in esame non possa verosimilmente condurre all’impossibilità di riconoscere un pagamento anche se minimo ai creditori chirografari, o ad un abbattimento delle percentuali da assegnare ai creditori tale da determinare la presumibile impossibilità di assicurare ai creditori quel ristoro minimo al di sotto del quale per la Suprema Corte non si manifesta la “fattibilità giuridica” del concordato, con il conseguente e necessario provvedimento di rigetto della proposta di concordato. Valutazioni che potrebbero essere oggetto anche della pronuncia del giudice dell’impugnazione davanti alla quale sia eventualmente reclamato il decreto di omologazione. Molto più difficile, è, invece, individuare ipotesi efficaci di tutela per i crediti che semplicemente non sono stati valutati dal commissario giudiziale e quindi eventualmente compresi nel passivo dal giudice delegato perché egli ne sconosce l’esistenza non essendone stato avvertito dal ricorrente e non avendone comunque trovato altrimenti traccia, in assenza di una spontanea richiesta del creditore (evento non inconsueto, purtroppo alla luce della non sempre efficace pubblicità del decreto di ammissione ex art. 166 l.f.); crediti che il tribunale fallimentare non ha potuto tutelare con il deposito delle somme al momento dell’omologazione ex art. 180 l.f.. Certo, l’impresa in stato di crisi che decida consapevolmente di omettere l’esistenza di uno o più crediti assume su di sé il rischio che ex art. 173 l.f. si proceda alla revoca dell’ammissione al concordato (e, in presenza dei presupposti, alla dichiarazione di fallimento), e questo può certo rappresentare un deterrente a simili comportamenti, che tuttavia possono verificarsi, ed in effetti si verificano nella prassi. Però, non sono previste espresse possibilità di tutela dopo il giudizio di omologazione, tanto che ben si è addirittura ipotizzata l’impossibilità nel far valere “tardivamente” le proprie ragioni creditorie; e d’altro canto, va anche considerato che i creditori che hanno dato l’assenso alla proposta di concordato lo hanno fatto sulla base di una prospettazione della potenziale ripartizione dell’attivo che verrebbe così successivamente modificata se si allargasse la base dei crediti da soddisfare. Tuttavia al contrario, fermo restando il principio generale esdebitatorio dato dalla “falcidia concordataria”, che colpisce anche i creditori che non hanno partecipato alla procedura (art. 184 l.f.), in via L’intervento generale, non si debbono creare ostacoli al proporre un’azione ordinaria di accertamento del proprio credito nei confronti dell’impresa in crisi la cui proposta di concordato preventivo sia stata accolta e omologata (anche perché l’accertamento dei crediti alla base delle determinazioni del giudice delegato in materia di votazioni ed eventuali disposti nel giudizio di omologazione non comporta comunque un giudicato sul punto). E l’eventuale pronuncia di riconoscimento del credito ottenuta dal creditore in sede ordinaria farà effetto anche nei confronti degli organi del concordato, che saranno tenuti a inserire il creditore nel riparto. Inoltre, il creditore estraneo alla fase di omologazione, potrebbe richiedere ed essere ammesso al passivo ed a partecipare già anche agli eventuali riparti parziali a prescindere da una previa pronuncia giudiziale in sede ordinaria laddove non contestato da debitore e altri creditori, e se inoltre la sua richiesta sia positivamente verificata dal liquidatore (nel concordato con cessione dei beni e che tale organo richieda) o dal commissario giudiziale ex art. 185 l.f. (laddove manchi il liquidatore). Questa imprevista ammissione, peraltro, oltre alla partecipazione dunque ai pagamenti insieme agli altri creditori, in alcuni casi potrebbe ben comportare ancora ulteriormente che, particolarmente il liquidatore (nei concordati in cui è previsto) o il commissario giudiziale, sulla base dell’ampliamento dei crediti da soddisfare, potrebbero ritenere verificate ipotesi che pretendono l’immediato annullamento o la risoluzione del concordato preventivo già omologato; ad esempio, se alla luce dei nuovi crediti da soddisfare non si potessero più raggiungere e di molto le percentuali promesse ai creditori, manifestandosi dunque un potenziale inadempimento non di “scarsa importanza” nei confronti della globalità dei creditori tale da obbligare alla risoluzione del concordato preventivo ex art. 186 l.f.. In tutti i casi ora considerati, al creditore ingiustamente pretermesso è comunque garantita una tempestiva e parzialmente efficace tutela. Ma è tuttavia ipotesi ben possibile purtroppo che, al momento dell’accertamento del credito pretermesso, il concordato possa essere già stato integralmente adempiuto; in questo caso, in un concordato con cessione dei beni, il creditore non potrebbe più ottenere nulla. Quando invece il concordato conduca al risanamento dell’azienda con il concordato in continuità ex art. 186 bis l.f., in quest’ipotesi, pur nei limiti percentuali ora individuati, il creditore potrà successivamente fare valere il proprio diritto. La soluzione va precisata quando il concordato preventivo sia garantito da un fideiussore; in caso, su quest’ultimo incombe comunque l’obbligo di garantire il pagamento del creditore pretermesso, pur se nei limiti percentuali previsti per la classe di credito di appartenenza. Va da sé, tuttavia, che, e così sarà nella più parte dei casi, il fideiussore ha il potere di evitare anche questo rischio laddove si specifichi nella proposta di concordato quali crediti egli intende garantire. Una possibilità, quella della delimitazione del rischio, invece non prospettabile dall’assuntore (figura ora espressamente prevista nel concordato preventivo ex art. 161 l.f.), 11 se pure ex art. 124 l.f. oggi invece nel concordato fallimentare il terzo acquirente può limitare gli impegni assunti ai soli creditori che abbiano già chiesto di essere ammessi al passivo del fallimento; l’assuntore nel concordato preventivo pertanto sconterà il rischio di essere chiamato, pur se sempre soltanto nella percentuale concordataria, a rifondere anche il creditore non ricompreso negli elenchi depositati e nelle verifiche del commissario giudiziale. A parte, poi, va considerata la possibilità della tutela dei crediti esclusi per il tramite della risoluzione del concordato preventivo ex art.186 l.f., in ipotesi sollecitata proprio dal creditore pretermesso ma successivamente riconosciuto in sede giudiziale ordinaria, e tuttavia che non abbia trovato più nulla su cui soddisfarsi (e che pertanto chiede che il concordato preventivo sia risolto per inadempimento); si tratta tuttavia di un rimedio per lo più inefficace per il creditore ingiustamente pretermesso (ai fini di una sua soddisfazione economica), specie a ritenere applicabile anche al concordato preventivo il principio dettato dall’art. 140 comma 3 l.f. per il concordato fallimentare, che esclude la ripetizione delle somme ricevute dai creditori in base ad un concordato fallimentare risolto, come ora sembra ricavarsi direttamente dagli art. 111 comma 2 l.f., e 67 comma terzo lett. e). E analoghe considerazioni quanto alla limitata tutela del creditore pretermesso possono essere compiute se si tiene in conto la possibilità che questi agisca per l’annullamento del concordato preventivo sulla base proprio della alterazione prodotta dal doloso occultamento del creditore operato dal proponente; a prescindere 12 L’intervento dalla non piana applicazione della disciplina ad una fattispecie che ha provveduto semmai a ridurre e non ad esagerare il passivo, l’esclusione comunque della ripetizione delle somme già corrisposte agli altri creditori renderà il più delle volte inefficace anche questa misura. Rimane, infine, al creditore pretermesso la possibilità di far valere l’eventuale responsabilità extracontrattuale del professionista che abbia falsamente attestato l’esistenza dei presupposti di fattibilità della proposta concordataria, comunque contribuito consapevolmente all’attuazione del piano in difetto dei presupposti; ma evidentemente, si tratta di un rimedio residuale non certo esauriente. In conclusione, allora, si avverte talora un “vuoto” nel sistema protettivo endoconcorsuale tutte le volte in cui incertezze o contestazioni impongano il ricorso ad una tutela giudiziale ordinaria da parte del creditore estraneo al giudizio di omologazione del concordato preventivo e che solo successivamente sia in condizione di fare valere le proprie ragioni, vuoto che va necessariamente colmato dall’interprete. E che potrebbe essere colmato prospettando, successivamente alla omologa del concordato preventivo, l’esecuzione diretta sui beni del concordato da parte del presunto creditore pretermesso. Ai sensi dell’art. 168 l.f., come è noto, infatti almeno espressamente il divieto di azioni esecutive o cautelari sui beni oggetto della procedura si esaurisce al momento dell’omologazione; di qui le diverse tesi quanto alla possibilità di azione diretta da parte dei creditori almeno su quei beni della procedura destinati alla liquidazione (cosa non scontata, nelle ipotesi di concordato “in continuità”) e senza particolari indicazioni quanto alle forme della stessa liquidazione nel provvedimento di omologa. Una soluzione in via generale non condivisibili, ritenendo che al creditore ricompreso nel passivo concordatario siano già riconosciute sufficienti tutele endoconcorsuali (e ciò anche per il creditore “contestato” almeno quando le somme in teoria loro destinate siano prudenzialmente “accantonate” ex art. 180 l.f.), e che consentire di agire “dall’esterno” renderebbe ancora più difficile il lavoro del liquidatore giudiziale. Ma che, va sottolineato, potrebbero essere diversamente valutate se adottate particolarmente nei confronti del creditore pretermesso, perché appunto privo di una tutela endoconcorsuale, e che tuttavia di una tutela certamente ha diritto; sicché non può non considerarsi con attenzione la possibilità di agire in via di espropriazione forzata individuale, se già dotato di un titolo esecutivo (quando il commissario giudiziale o il liquidatore giudiziale rifiutino di inserirlo nei creditori concorsuali da soddisfare), o chiedendo al giudice della causa di cognizione in cui si chiede la condanna e/o il riconoscimento del diritto di credito la concessione di un sequestro conservativo o di un provvedimento d’urgenza che blocchi alcuni dei beni destinati altrimenti alla liquidazione concorsuale. E, tuttavia, sarebbe preferibile una diversa soluzione per tutelare il presunto creditore pretermesso; in alcune situazioni, infatti, laddove il concordato sia assimilabile ad un concordato con cessione di beni ai creditori ed in assenza di garanti, la prossima ripartizione delle somme o dei beni in fase di liquidazione, o comunque la creazione e la distribuzione degli strumenti finanziari a questi fini creati, con distribuzione pertanto precedente all’ottenimento un prodotto giudiziale in sede ordinaria tale da consentire la partecipazione al riparto, rappresenta la classica situazione del (almeno nella gran parte dei casi) “fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente per far valere il diritto in sede ordinaria questo sia minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile”, garantita dall’utilizzo appunto della misura cautelare di cui all’art. 700 c.p.c., con la quale, all’interno (o ante causam) del giudizio ordinario per l’accertamento del credito (con legittimati passivi il debitore ed il liquidatore o il commissario giudiziale), il creditore pretermesso possa richiedere, se naturalmente il suo diritto di credito sia assistito dal fumus, un provvedimento d’urgenza che ordini al soggetto incaricato l’inibizione alla distribuzione agli altri creditori di quella somma o di quei beni che invece spetterebbero a quel creditore se il suo credito fosse riconosciuto, e ne determini la custodia fino alla finale determinazione giudiziale ordinaria. In conclusione, sono queste le complesse dinamiche che meglio consentono di contemperare la posizione del creditore ingiustamente pretermesso e le esigenze generali della procedura di concordato preventivo, all’esito di un faticoso tentativo per l’interprete di assicurare un minimo di effettiva tutela ai creditori nelle procedure di risoluzione delle crisi d’impresa disciplinate dal nostro legislatore. L’ottimismo prevede un duro lavoro. Essere ottimisti oggi non significa credere semplicemente che sarà possibile uscire dalla crisi. Significa piuttosto, trasformare questa crisi in opportunità di cambiamento: non solo in termini di riforme del sistema, ma anche di responsabilità. Chi, come noi, non reputa il lavoro come un diritto acquisito, sa che solo attraverso l’impegno e i sacrifici possiamo lasciarci la crisi alle spalle, senza farla ricadere su quelle dei nostri figli. 14 La domanda di concordato in bianco Cristina Bauco Ricercatore area giuridica IRDCEC Uno strumento che, se utilizzato secondo i canoni di correttezza, consente alle imprese in crisi di risollevarsi dalle difficoltà egli ultimi tempi la materia relativa alla gestione e alla risoluzione delle crisi di impresa ha assunto un ruolo di primo piano nell’ambito degli interventi normativi volti a facilitare l’accesso alle soluzioni negoziali e a definire tempi e modalità precisi e concreti per risollevare le imprese in difficoltà. Nell’ambito di tali interventi, si inserisce l’importante modifica effettuata nel corpo dell’art. 161 l.f. dal d.l. n. 83/2012 e dal successivo d.l.n. 69/2013 e relativa alla presentazione della domanda di concordato in bianco. La c.d. domanda prenotativa di concordato ha registrato nelle prassi dei Tribunali sin dai primi mesi di applicazione della normativa novellata un rilevante impiego: a ben vedere, la domanda in bianco, se utilizzata secondo i canoni di correttezza e non per ritardare la dichiarazione di insolvenza, consente l’emersione tempestiva della crisi, dal momento che si autorizza il debitore a presentare il ricorso al manifestarsi dei primi sintomi e di “confezionare” il piano e la proposta rivolta ai creditori successivamente purché nel N rispetto dei termini che vengono fissati dal Tribunale. A garanzia dei creditori e al fine di evitare possibili abusi, il d.l. n. 69/2013 ha rafforzato i poteri del Tribunale contemplando altresì la possibilità di nominare un commissario giudiziale. In estrema sintesi, e come recita la legge, l’imprenditore che si trova in stato di crisi può depositare il ricorso contenente la domanda di concordato unitamente ai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi e all’elenco nominativo dei creditori con l’indicazione dei rispettivi crediti, riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione a corredo e l’attestazione del professionista indipendente, entro un termine fissato dal giudice compreso fra sessanta e centoventi giorni e prorogabile, in presenza di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni. Nello stesso termine, in alternativa e con conservazione sino all’omologazione degli effetti prodotti dal ricorso, il debitore può depositare domanda ai sensi dell’articolo 182-bis, primo comma. In mancanza, si applica l’articolo 162, commi secondo e terzo. La domanda di concordato va pubblicata a cura del cancelliere nel Registro delle imprese entro il giorno successivo al deposito in cancelleria; da tale data e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore come impone l’art. 168 l.f.. Alla luce di quanto sopra, la vicenda considerata nel sesto comma dell’art. 161 l.f., omettendo le questioni relative alla qualificazione giuridica della medesima, può essere idealmente articolata in diversi momenti. A monte vi è sempre una domanda (in bianco) di concordato che viene presentata al Tribunale tramite un ricorso; a seguire vi è la proposta di accordo con i creditori e la predisposizione del piano di concordato e della documentazione a corredo nonché della attestazione del professionista indipendente (o in alternativa e con conservazione sino all’omologazione degli effetti “protettivi” verso i creditori, una domanda di accordo di ristrutturazione ex art. 182 – bis l.f.). Tra presentazione della domanda e la formulazione della proposta e la predisposizione del piano scorrono i L’intervento termini – da sessanta a centoventi giorni, salvo proroga – fissati dal Tribunale e prorogabili di non oltre sessanta giorni solo in presenza di giustificati motivi. In questo periodo l’impresa è costantemente monitorata dal Tribunale e dal commissario giudiziale se nominato, come peraltro confermato dalle modifiche effettuate tramite il d.l. n. 69/2013. L’ultima novella, infatti, ha: previsto la nomina del commissario giudiziale col decreto motivato che fissa i termini; stabilito le funzioni del commissario e sancito l’obbligo di acquisirne il parere (non vincolante) in particolari occasioni; predisposto obblighi informativi periodici da parte del debitore al Tribunale; previsto una forma di controllo da parte dei creditori che in ogni momento possono essere sentiti dal Tribunale. Nell’ottica di incentivare l’impresa ricorrente ad attivarsi fattivamente nella predisposizione del piano e della proposta, appaiono declinate le previsioni che enfatizzano il ruolo dell’autorità giudiziaria in funzione di vigilanza e che, a titolo esemplificativo, ineriscono all’autorizzazione del Tribunale per il compimento di atti urgenti di straordinaria amministrazione, agli obblighi informativi periodici che il debitore deve assolvere con periodicità almeno mensile, alla possibilità di abbreviare anche d’ufficio i termini previamente concessi nel caso in cui l’attività compiuta dal debitore sia manifestamente inidonea alla predisposizione della proposta e del piano. Dovute ad un’esigenza di immediata vigilanza sul debitore sono le disposizioni che concernono le funzioni del commissario giudiziale. Costui è la longa manus del Tribunale e, come tale, è tenuto a vigilare costantemente l’attività del debitore, ottenendo adeguate informazioni, al fine di accertare la ricorrenza delle condotte di cui all’art. 173 l.f. che deve segnalare immediatamente al Tribunale affinché adotti i provvedimenti che ritenga maggiormente appropriati. In particolare, il commissario è chiamato ad esprimere il proprio parere sull’opportunità del compimento di atti di straordinaria amministrazione che il Tribunale può autorizzare; il commissario è tenuto a vigilare sull’adempimento degli obblighi informativi dovuti al Tribunale da parte del debitore e ad esprimere un parere circa la manifesta inidoneità dell’attività svolta dal debitore per la predisposizione della proposta e del piano, ai fini della 15 valutazione effettuata dal Tribunale circa la riduzione dei termini concessi. Emerge con una certa evidenza, dunque, l’importanza di quest’ultimo intervento legislativo che consente alle imprese in crisi di “prenotarsi” per il concordato in anticipo rispetto alla concreta formulazione di una proposta e alla predisposizione del piano guadagnando tempo prezioso anche per l’attestazione del professionista indipendente. Il favor legislativo per le soluzioni negoziali della crisi trova altresì conferma nelle disposizioni di cui all’art. 182 sexies l.f. e relative alla sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione delle imprese ammesse al concordato preventivo (anche) con riserva: in tal modo si privilegia la riuscita della soluzione concordataria rispetto ai tradizionali strumenti di intervento del diritto societario quali sono la ricapitalizzazione, la liquidazione ovvero la trasformazione. 16 Il commissario giudiziale nel concordato con riserva Franco Michelotti Odcec di Pistoia Una facoltà prevista dal legislatore e non un obbligo, come tale spesso la nomina avviene quando nel ricorso il debitore dichiara di voler proporre ai creditori un concordato in continuità ex art. 186-bis legge fallimentare a legge n. 134/2012 ha introdotto nel nostro ordinamento il cd. concordato con riserva o in bianco o preconcordato, prendendo come riferimento il cd. automatic stay, disciplinato dal noto Chapter 11 statunitense. La suddetta riforma ha avuto un indubitabile successo, in quanto dalla sua entrata in vigore (11 settembre 2012) la gran parte dei concordati presentati hanno avuto avvio con un ricorso ex art. 161, co. 6, l.f., con riserva di deposito della proposta, del piano e della documentazione relativa, ivi compresa la relazione attestativa del professionista. Sennonché, si sono verificati anche abusi, perché in certi casi si è chiesto il termine solo per dilazionare il momento in cui la crisi o l’insolvenza si rendeva palese, senza effettivamente adoperarsi per il raggiungimento di un accordo con i creditori o per la presentazione della proposta e del piano ai creditori. Il tutto con l’aumento delle L prededuzioni, che nelle situazioni più gravi hanno manifestamente recato danno alle ragioni dei creditori, aggravando lo stato di crisi. Nel periodo cd. interinale, che va dalla data del deposito del ricorso ex art. 161, co. 6, l.f. alla data del deposito del decreto di ammissione al concordato preventivo, infatti, l’imprenditore conserva l’amministrazione della sua impresa, dovendo essere autorizzato dal Tribunale solo per il compimento degli atti urgenti di straordinaria amministrazione. Tuttavia, i debiti legalmente contratti in tale periodo godono della prededuzione. In questo contesto, è intervenuto il legislatore che, con il cd. decreto del ‘Fare’, ha ulteriormente modificato la l.f., proprio nell’art. 161, che è stato riformulato al fine di reprimere gli abusi che si erano verificati nel concordato con riserva. Il d.l. n. 69/2013, conv., con mod. dalla l. n. 98/2013, ha adottato delle misure correttive volte a rafforzare i poteri di controllo del Tribunale nella fase del pre-concordato, rendendo più trasparente la gestione dell’impresa in tale delicato periodo interinale. Tra le novità introdotte, oltre all’obbligo del deposito in sede di ricorso con riserva dell’elenco dei creditori e alla fissazione di obblighi informativi mensili circa la conduzione aziendale, spicca il potere di nominare il commissario giudiziale. Si tratta di facoltà e non di un obbligo, per cui tale potere verrà esercitato dal tribunale nei casi più delicati, espressamente motivando le ragioni della nomina. Spesso in pratica la nomina avviene quando nel ricorso il debitore dichiara di voler proporre ai creditori un concordato in continuità ex art. 186-bis della l. fall.. Il momento, a partire dal quale la nomina può essere disposta, decorre dal decreto in cui il tribunale fissa il termine per il deposito della proposta e del piano, ma, in pratica, potrà avvenire anche successivamente, allorché se ne ravvisi la necessità, come per esempio in occasione della richiesta di particolari autorizzazioni. È possibile che, contestualmente alla nomina, il Tribunale disponga il L’intervento deposito presso la cancelleria fallimentare di una somma in denaro per fronteggiare le spese relative al compenso del commissario, in quanto è noto come il ricorso di concordato con riserva non sempre conduca all’apertura di un concordato preventivo, per cui in tali casi il deposito delle spese assicura la remunerazione dell’attività compiuta dal commissario; infatti, lo scioglimento della riserva può avere i seguenti esiti: a. deposito della proposta di concordato completa e conseguente ammissione al concordato; b. deposito di un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis l.f.; c. rinuncia al ricorso, in mancanza di istanze di fallimento, con il ritorno in bonis del debitore; d. deposito di una domanda di fallimento in proprio, nel caso in cui l’impresa versi in una situazione di insolvenza e conseguente dichiarazione di fallimento; e. deposito di un’istanza per la dichiarazione dello stato di insolvenza ai fini dell’amministrazione straordinaria di cui al d.lgs. n. 270/99 e succ. mod. ed int., in presenza dei relativi presupposti; f. eventuale interferenza con le procedure di sovraindebitamento, in caso di insussistenza dei presupposti ex art. 1, co. 2 l.f.. Molteplici e delicate sono le funzioni del cd. pre-commissario. 1. Riferisce al tribunale immediatamente quando rileva che il debitore ha posto in essere una delle condotte di cui all’art. 173 l.f.. Il tribunale, se verifica la sussistenza delle condotte stesse, può dichiarare improcedibile la domanda e su istanza del p.m. o di un creditore avviare l’istruttoria prefallimentare per dichiarare il fallimento, sempreché ve ne siano i presupposti. 2. Vigila sull’assolvimento da parte del debitore dell’obbligo informativo periodico, circa la gestione finanziaria dell’impresa e l’attività compiuta ai fini della predisposizione della proposta e del piano, nonché sul deposito della situazione finanziaria mensile al fine della pubblicazione nel Registro delle imprese. 3. Riferisce al tribunale circa la manifesta inidoneità dell’attività compiuta dal debitore alla predisposizione della proposta e del piano, al fine di eventualmente far abbreviare il termine per lo scioglimento della riserva, completando la domanda. 4. Esamina le scritture contabili dell’impresa che è obbligata a 17 tenerle a sua disposizione. 5. Vigila che non vengano pagati debiti anteriori, al di fuori delle ipotesi di cui all’art. 182, quinquies, co. 4, l. f.. 6. Esprime il parere: a. nel caso in cui il tribunale d’ufficio valuti se abbreviare il termine per lo scioglimento della riserva nella fattispecie n. 3 di cui sopra; b. sulla richiesta di autorizzazione a compiere gli atti urgenti di straordinaria amministrazione. Si tratta di un parere obbligatorio, nel senso che il tribunale è obbligato a richiedere e il commissario è obbligato a esprimere, ma non è vincolante per il tribunale; c. sulla richiesta di scioglimento o di sospensione dei contratti pendenti ex art. 169-bis l.f.; d. sulla richiesta di pagamento dei creditori anteriori strategici o di autorizzazione a contrarre finanziamenti in prededuzione. 18 Attestatore e Pre-Commissario, tra deontologia e auto-riesame Patrizia Riva Odcec di Monza, Professore Aggregato Università del Piemonte Orientale Due figure professionali chiamate a svolgere differenti compiti e la cui coesistenza non può che portare benefici effetti ’introduzione in caso di Concordato Preventivo del ruolo del cosiddetto PreCommissario o Commissario Giudiziale nominato nella fase di concordato in bianco ha comportato la necessità di riflettere sul delicato rapporto che si deve instaurare tra i controllori posti dalla legge fallimentare a presidio di questa fase. Da un lato, infatti, la norma ha sin dall’inizio previsto che l’azienda individui l’Attestatore del piano ossia un professionista indipendente, iscritto all’Albo dei revisori cui sono demandati compiti rilevanti di verifica sulla situazione contabile iniziale e sul piano in corso di definizione da parte dell’azienda, ma al quale non è riconosciuto il ruolo di pubblico ufficiale. Dall’altro, ora la stessa norma ha previsto la possibilità di affiancargli un secondo organo di controllo anticipando, rispetto al momento della ammissione al concordato in bianco, la nomina del Commissario Giudiziale che è pubblico ufficiale e i cui compiti in questa fase possono rivelarsi particolarmente importanti se svolti con equilibrio. Il Pre-Commissario si muove a parere di chi scrive in differenti direzioni. È innanzitutto opportuno che egli prenda contatto direttamente L con l’azienda per verificare quale sia la situazione in cui la stessa versa. Particolare attenzione deve essere posta sulla valutazione della capacità della stessa azienda di muoversi per la composizione del piano verificando se siano o meno al lavoro le figure professionali caratteristiche che in questa fase solitamente la affiancano nella preparazione del piano concordatario e dell’istanza - advisor e legale - ma, soprattutto, assicurandosi che sia stato individuato in tempo utile l’Attestatore. Sempre nei confronti dell’azienda il PreCommissario sarà chiamato a prendere visione delle informative periodiche prodotte e ad esprimersi su di esse. Dovrà inoltre verificare che non siano poste in essere condotte dannose per i creditori che possano indurre, come richiesto dalla legge fallimentare, alla immediata segnalazione al Tribunale e alla formulazione di un giudizio negativo sulla situazione in cui versa l’azienda mediante la redazione della relazione ex art. 173 l.f.. Ci si vuole focalizzare però in questa sede sul rapporto che necessariamente si viene ad instaurare tra il Pre-Commissario e l’Attestatore(1). Il Pre-Commissario dovrà in primo luogo verificare se l’Attestatore scelto possegga i requisiti di indipendenza previsti dalla norma, intervenendo qualora giudichi che i medesimi non sussistano e segnalando le eventuali anomalie riscontrate in primo luogo all’Attestatore stesso, quindi all’azienda e al Tribunale. L’assoluta indipendenza dell’Attestatore in coerenza con gli standard elevatissimi stabiliti dalla normativa rappresenta infatti una importantissima garanzia ex ante per i creditori sulla qualità del lavoro dell’Attestatore. Pare però a chi scrive che nell’interesse del successo delle operazioni di ristrutturazione il compito del Pre-Commissario non possa e non debba essere relegato a quello svolto da un osservatore “fuoricampo” che si limiti a valutare la corretta identità degli attori in scena. La presenza del Pre-Commissario, quando si instauri con l’Attestatore, un rapporto ispirato alla trasparenza, alla deontologia professionale e a rispetto reciproco dei ruoli, rafforza notevolmente le potenzialità di azione dell’Attestatore. Conviene ricordare in questa sede che, prima della introduzione della figura del PreCommissario, l’Attestatore scomodo che fosse giunto a conclusioni non condivise dall’azienda poteva essere e spesso era - semplicemente sostituito(2). La società poteva L’intervento 19 recedere dal mandato, o indurre l’Attestatore al recesso, senza che il lavoro di revisione da questi svolto lasciasse tracce rilevanti se non in sede di eventuale successiva insinuazione al fallimento del professionista. Una tale scelta dell’azienda resta naturalmente ancora possibile, ma comporta sicuramente la necessità di fornire dei chiarimenti nell’ambito delle informative al Tribunale e quindi, se nominato, al Pre-Commissario. Tale comportamento dell’azienda risulta ancor più distonico qualora, come pare auspicabile a chi scrive e pur nella consapevolezza che non si tratti di un orientamento condiviso, il citato Attestatore si sia confrontato con il Pre-Commissario al momento dell’assunzione del proprio incarico o al momento della nomina di quest’ultimo se successiva, illustrando al medesimo l’impostazione delle proprie verifiche e condividendo i principi di riferimento per lo svolgimento del lavoro. In proposito è solo il caso di ricordare che recentemente è stato reso pubblico anche se ad oggi solo in bozza(3) il documento Principi di attestazione dei piani di risanamento(4) che costituisce senz’altro un utile riferimento. È opportuno ricordare che, come ben (1) “Crisis and controls: the italian model”, P. Riva, R. Provasi, in Corporate Ownership and Control, Vol. 11, Issue 1, 2013. (2) Riva P., “Il rischio di selezione avversa sul mercato degli attestatori e i fattori necessari per limitarlo”, in Il Fallimentarista, Giuffrè Editore, settembre 2012. (3) I principi sono pubblicati per commenti sul sito http://www.accademiaaidea.it/g-s-aattivi/consultazione-su-principi-di-attestazione-dei-piani-di-risanamento/. (4) Il documento è stato redatto a cura di AIDEA (Accademia Italiana Di Economia Aziendale), IRDCEC (Istituto di ricerca dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili) ANDAF (Associazione Nazionale Direttori Amministrativi e Finanziari), (Associazione Professionisti Risanamento Imprese), Risanamento delle Imprese). APRI OCRI (Osservatorio Crisi e chiarito nei citati principi, i professionisti chiamati a svolgere questi due delicati compiti operano entrambi - a prescindere dalla provenienza della propria nomina - in situazione di indipendenza dall’azienda, e che ai medesimi la legge fallimentare riconosce compiti differenti. L’Attestatore verifica la situazione di partenza del piano ed esprime il proprio giudizio sulla 20 L’intervento fattibilità del piano come esso è predisposto dalla azienda, ponendo attenzione sul presente e sul futuro, ma prescindendo dall’analisi del passato e dalla valutazione dell’alternativa fallimentare (salvo il caso specifico del concordato in continuità) (5). Il Pre-Commissario che nella maggior parte dei casi coinciderà da un punto di vista soggettivo con il Commissario nominato contestualmente alla successiva ammissione della domanda di concordato - deve spingersi invece oltre svolgendo, stanti per altro i suoi più importanti poteri di indagine in quanto pubblico ufficiale, anche verifiche utili ad apprezzare ai sensi (5) dell’art. 173 l.f., c. 1 se il debitore abbia occultato o dissimulato parte dell'attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode. A tale fine verifica anche i precedenti bilanci e pone l’attenzione sulle situazioni del passato che influenzano la situazione attuale e il piano stesso. Pare a chi scrive che le due figure certamente non possano essere considerate sovrapponibili e che, al contrario, la coesistenza delle stesse non possa che portare benefici effetti. Perché ciò sia possibile è però indispensabile il raggiungimento di un complesso punto di equilibrio: Riva P. “L’attestazione dei piani delle aziende in crisi. Principi e documenti di riferimento a confronto. Analisi empirica”, Giuffrè, 2009. i) in primo luogo rifiutando la più semplicistica logica del conflitto e della contrapposizione tra professionisti anche in nome delle norme deontologiche che vincolano entrambi i soggetti; ii) in secondo luogo impostando i rapporti al sostanziale rispetto dei differenti ruoli assunti nella specifica situazione; iii) infine, avendo presente che la condivisione dei principi di riferimento e dei criteri di impostazione delle verifiche deve rappresentare l’opportunità di un migliore presidio ex ante delle situazioni, ma non deve essere portata al punto di divenire codeterminazione delle scelte operative così da evitare ogni “rischio di autoriesame”. Vogliamo dare una mano al Paese. Anzi centodiecimila. Crediamo nell’utilità sociale del pensiero tecnico e che non sia questo il momento di chiedere, ma di dare. E di mettere al servizio della comunità la competenza, la professionalità e l’esperienza dei Commercialisti Italiani. Possiamo essere utili al Paese perché siamo professionisti, vogliamo esserlo perché siamo cittadini. 22 Gestire la crisi, non tutto è così semplice Marcello Pollio Odcec di Genova La corretta gestione della crisi passa anche da una adeguata applicazione degli obblighi degli amministratori e di controllo dell’operato degli stessi a cura del collegio sindacale ’ampliamento delle soluzioni negoziali della crisi d’impresa e la più facile attivazione dei nuovi strumenti di composizione non deve fare venire meno l’attenzione degli organi societari alle responsabilità gestorie. Il rischio, infatti, è addirittura aumentato con l’introduzione del c.d. concordato preventivo con riserva. Dal 2005 in poi il nostro legislatore ha introdotto molte nuove opportunità per evitare il fallimento e preservare la continuità delle aziende in difficoltà. Le soluzioni sono oggi modulate e modulabili a seconda della gravità della crisi dell’impresa per cui lo stesso legislatore ha ipotizzato vari strumenti alternativi o tra loro combinabili. In base alla profondità della crisi gli strumenti sono: (i) il piano attestato di risanamento stragiudiziale, (ii) l’accordo di ristrutturazione dei debiti, e (iii) il concordato preventivo (sia con continuità aziendale sia di tipo liquidatorio). Con il “decreto sviluppo” (d.l. 83/2012, convertito nella legge 134/2012), poi, è L stato introdotto il meccanismo del “concordato preventivo prenotativo” (o anche detto concordato preventivo in bianco o concordato preventivo con riserva), definito da alcuni il “Chapter 11” all’italiana. Lo strumento permette, con una semplice domanda assai scarna e con allegazioni pressoché minime di chiedere un termine al tribunale per depositare successivamente il piano e la proposta di composizione della crisi del debitore. Con il ricorso ed entro ventiquattro ore dalla presentazione il debitore può ottenere, con poco sforzo e “automaticamente”, tutti gli effetti tipici del concordato preventivo, ovvero: a) il blocco delle azioni esecutive; b) il blocco dei pagamenti dei creditori anteriori alla trascrizione del ricorso al Registro delle imprese; c) il blocco del decorso degli interessi sui debiti chirografari; d) l’inefficacia delle trascrizioni pregiudizievoli per ipoteche giudiziali avvenute nei 90 giorni precedenti; e) il decorso del termine delle azioni revocatorie fallimentari dalla data di iscrizione del ricorso al Registro delle imprese. Inoltre il debitore può beneficiare di altre opportunità che il tribunale può eventualmente concedere su istanza del debitore. I benefici sono evidenti e il larghissimo (e facile) utilizzo del meccanismo del concordato preventivo in bianco è stato dimostrato dalle statistiche rese note da Cerved (si veda in particolare Osservatorio Cerved 11/2013 in www.cerved.it), che tuttavia ha anche messo in evidenza come solo una minima parte delle domande con riserva porti ad una effettiva e fattibile proposta ai creditori. La fase di predisposizione di un piano di soluzione negoziale della crisi ed i tempi per definire la soluzione, infatti, sono spesso complessi e disseminati di insidie. Le difficoltà ed i rischi di insuccesso rendono ancora più pericolosi, talvolta, i tentativi di salvataggio o di raggiungimento di componimenti alternativi al fallimento. In questi contesti, infatti, le responsabilità degli organi sociali devono avere estrema priorità. Una disposizione assai poco messa in luce ed anzi spesso sottovalutata è il L’intervento secondo comma dell’art. 182 sexies della legge fallimentare. La norma dedicata all’ipotesi di riduzione o perdita del capitale delle società in crisi, tuttavia fissa un parametro assolutamente importante e “pericoloso” per tutti gli amministratori di società che devono gestire il periodo di crisi che precede la definizione di una soluzione negoziale con i creditori. Il predetto articolo 182 sexies prevede che, dal deposito della domanda di concordato preventivo o di accordo di ristrutturazione dei debiti e sino all’omologazione dello strumento, non operano le disposizioni del Codice civile che obbligano ad intervenire sul capitale sociale o allo scioglimento della società. Il secondo comma della disposizione, però, enfatizza l’obbligo per gli amministratori di amministrare la società secondo una gestione conservativa e prudente, nell’interesse dei creditori. Infatti, la norma prevede che “resta ferma, per il periodo (1) anteriore al deposito delle domande e della proposta di cui al primo comma, l’applicazione dell’art. 2486 del codice civile”. L’art. 2486 c.c. è la disposizione che stabilisce le modalità di gestione della società in difficoltà (che ha manifestato cioè le cause di scioglimento) sino alla data in cui vengono nominati i liquidatori e quindi cessano dall’incarico gli amministratori. Gestire la crisi dell’impresa, pertanto, ancorché oggi si debba ritenere che sia una specifica responsabilità degli amministratori tentare una composizione negoziale della crisi prima di decidere di portare i libri in tribunale e quindi chiedere il fallimento dell’impresa, comporta innanzitutto un’appropriata conoscenza delle regole e degli obblighi degli organi societari in una fase complessa e rischiosa come quella di cui si discute. La crisi, infatti, può sempre sfociare in una patologia, con il conclamarsi Si veda sul punto il documento delle Linee guida al finanziamento delle imprese in crisi, versione 2014, dell’Università di Firenze, Assonime e Cndcec in www.nuovodirittofallimentare.unifi.it o il principio di comportamento n. 11 del collegio sindacale emanato dal Cndcec. 23 dell’insolvenza e l’emersione di reati fallimentari, quali la bancarotta fraudolenta. Ipotesi che vedono azioni poste in essere in una fase anteriore al fallimento e che in un normale contesto non potrebbero in alcun modo essere qualificate come reati, ma con l’apertura (solo) del fallimento divengono invece fattispecie penalmente rilevanti. Gli organi societari, pertanto, in situazioni di crisi non possono in alcun modo ritenersi sollevati dai rischi o dalle responsabilità della gestione sociale per il solo fatto che sia stato attivato un procedimento di composizione della crisi, quale che sia, anche attraverso le modalità e l’applicazione virtuosa consigliata dalla prassi(1). Gli obblighi di corretta gestione e di conservazione dell’integrità del patrimonio sociale devono, infatti, essere sempre messi al centro e anzi in ipotesi di possibile default occorre ricordare che gli amministratori “conservano il potere di gestire la società, ai soli fini della conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale”, divenendo, in caso di inosservanza, responsabili personalmente e solidalmente dei danni arrecati alla società, ai soci, ai creditori sociali ed ai terzi. La situazione si complica se si pone mente alle limitazioni alla gestione sociale che si verifica in ipotesi di ricorso al concordato preventivo con riserva ex art. 161, sesto comma, l.fall., poiché il regime autorizzativo interinale a tale fase richiede talvolta il preventivo intervento del tribunale. La corretta gestione della crisi passa dunque anche da una adeguata applicazione degli obblighi degli amministratori e di controllo dell’operato degli stessi a cura del collegio sindacale. 24 Le operazioni straordinarie nella crisi di impresa Emanuele Mattei Odcec di Roma Spetta al ceto creditorio valutare in sede di adunanza le operazioni societarie, non potendo supplire a tale conferma l’attività autorizzativa degli organi della procedura noto come l’espressione testuale “operazioni straordinarie” non sia rinvenibile nel diritto commerciale ove gli istituti ad esse riferibili, la trasformazione, la fusione e la scissione, sono collocati singolarmente nel Capo X del Codice civile senza alcuna definizione o rubricazione comune. In altri settori dell’ordinamento, le discipline economico-aziendali e il diritto tributario su tutti, si fa invece riferimento letterale alla straordinarietà di dette operazioni, individuando in senso ampio una serie di istituti che determinano una variazione del patrimonio societario e/o una modifica degli assetti proprietari (includendo nel catalogo anche altre categorie di atti quali la cessione di beni, il conferimento, le operazioni sul capitale, gli scambi di partecipazione et similia) posti in essere per finalità estremamente differenziate: la composizione di dissidi tra soci, la realizzazione di parte o tutta la propria attività, la riorganizzazione della struttura societaria e/o della catena di controllo È societario, l’individuazione di veicoli societari in grado di attrarre nuovi partner istituzionali e/o finanziari, la ristrutturazione dell’attività esercitata. In effetti il termine utilizzato appare derivare in prima approssimazione dal richiamo a vicende che comportano una modifica, più o meno rilevante, dell’assetto societario, secondo modalità che spesso richiedono maggioranze qualificate in ambito assembleare ed una forma particolare dei relativi atti, ma senza che tale modifica debba necessariamente incidere sull’esercizio dell’attività di impresa, la quale, anzi, diviene l’oggetto dell’operazione finalizzata alla sua continuazione. Oggi tali operazioni, nel mutato contesto di mercato nel quale ci si trova ad operare, potrebbero essere diversamente considerate, facendole intravedere sotto un profilo di ordinarietà, proprio per la loro funzionalità (e ripetitività) sia in occasione di strategie di ristrutturazione industriale, ove ciò che poteva definirsi extraordinarius è decisamente divenuto la regola, sia in riferimento alle iniziative risolutive delle crisi aziendali nelle quali, alcune delle operazioni in parola, divengono sempre più frequentemente le assunzioni principali dei piani di risanamento aziendale. Il cammino per una “ordinarizzazione” delle operazioni societarie è passato innanzitutto attraverso l’elaborazione della dottrina (Nigro) fino a giungere alla conferma normativa della riforma societaria del 2003 culminata nella loro piena compatibilità con la disciplina fallimentare. La giurisprudenza delle Sezioni Unite (Cass. S.U. 8 febbraio 2006, n. 2637) ha compiuto un passo ulteriore in questa direzione definendo le operazioni di fusione e trasformazione come atti configuranti una operazione meramente evolutiva-modificativa del medesimo soggetto giuridico senza la produzione di alcun effetto successorio ed estintivo. Quello che appare maggiormente afferibile infatti alla quasi totalità di dette operazioni è la continuazione dell’attività di impresa, anche sotto una veste sociale che può aver subito modifiche, ma che reca con sé la persistenza dei rapporti in capo alle società che partecipano alla operazione. L’intervento Il diritto della crisi, nei suoi recentissimi innesti, conferma la rilevanza delle operazioni societarie quali strumenti idonei a favorire la soluzione dello squilibrio economico, patrimoniale e finanziario dell’impresa laddove indica, nell’ambito della disciplina del concordato preventivo, nell’art. 160 l.fall., che la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti ben può essere attuata “attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo, o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l’attribuzione ai creditori, nonché a società da questi partecipate, di azioni, quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni, o altri strumenti finanziari e titoli di debito”, disposizione integralmente ripresa anche in tema di concordato fallimentare all’art. 124, secondo comma, l.fall.. Anche l’art. 186 bis della legge fallimentare, definendo la procedura del concordato con continuità, dispone che quando il piano “prevede la prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell’azienda in esercizio ovvero il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società anche di nuova costituzione si applicano le disposizioni del presente articolo”. E anche in questo caso le novità in commento hanno avuto modelli normativi preesistenti ai quali attingere: gli artt. 104 bis e 105 l.fall., ove si regola l’affitto e la vendita dell’azienda o dei suoi rami nonché la cessione di beni o rapporti giuridici 25 individuabili in blocco; l’art. 56 d.lgs. 8 luglio 1999, n. 270, inerente la disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi, che indica come possibile contenuto del programma la “cessione dei complessi aziendali” o “la ristrutturazione dell’impresa” con “previsioni di ricapitalizzazione e di mutamento degli assetti imprenditoriali”; l’art. 4 bis d.l. 23 dicembre 2003, n. 347, convertito con modificazioni nella l. 18 febbraio 2004, n. 39 (c.d. decreto ‘Marzano’) che in tema di concordato straordinario prevede, “la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei creditori (…) anche mediante accollo, fusione o altra operazione societaria” eventualmente prevedendo l’attribuzione ai creditori, nonché a 26 L’intervento società da questi partecipate, di azioni, quote ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni o altri strumenti finanziari o titoli di debito; ed infine l’art. 4 quinquies d.l. 23 dicembre 2003, n. 347, - aggiunto dal d.l. 28 agosto 2008, n. 134 convertito con modificazioni nella l. 27 ottobre 2008, n. 166 (c.d. decreto ‘Alitalia’) – che fa riferimento, onde esonerarle dalla necessità di autorizzazione dell’autorità antitrust, a “operazioni di concentrazione”. La neo dichiarata fisiologia di dette operazioni deve comunque essere ricondotta al principio generale della loro coerenza con gli obiettivi già raggiunti dalla procedura, con quelli ragionevolmente ancora realizzabili e comunque con la loro capacità di assolvere alla massimizzazione del beneficio per i creditori. Le questioni che si pongono, nel concreto e alla luce delle recenti modifiche in tema di concordato c.d. “prenotativo”, divengono quelle della (i) sussumibilità di dette operazioni nel novero degli atti c.d. straordinari di cui all’art. 161, VII comma, l.fall., l’elencazione dei quali viene comunemente individuata all’art. 167 della legge fallimentare, la quale comunque non ne esaurisce il novero, e della (ii) conseguente preventiva autorizzazione del giudice al loro compimento. La questione non appare risolvibile semplicemente attraverso la presentazione al giudice di tutti gli atti che compongono la fattispecie dell’operazione societaria che il debitore intende compiere nell’ambito della strategia volta ad ottenere la soluzione della sua crisi. Le operazioni societarie “straordinarie”, infatti, sono procedimenti a formazione progressiva, composti da una serie successiva di atti senza il cui perfezionamento non si giunge al compimento dell’operazione e alla sua definitiva efficacia: siamo dunque in presenza di una fattispecie complessa la cui compatibilità con le operazioni concordatarie deve essere valutata individuando il momento in cui si dipartono gli effetti dei singoli atti e scrutinando di conseguenza la loro sottoponibilità al sindacato del giudice. Qualora le operazioni in parola debbano produrre i propri effetti nel periodo intercorrente tra il deposito del ricorso ex art. 161, sesto comma, l.fall. e la scadenza del termine concesso dal tribunale per il deposito del piano e della documentazione definitiva oppure tra il deposito di una domanda di concordato pieno, il decreto di ammissione e il decreto di omologazione, sorge il problema della compatibilità di tali atti con le esigenze proprie della procedura concorsuale e la legittimazione degli organi della procedura, ove nominati, ai provvedimenti autorizzativi. L’intervento La questione si interpola infatti con la piena operatività degli organi sociali e la prosecuzione della gestione dell’impresa, ove la autonomia statutaria e le regole civilistiche permangono quali unici modelli ai quali improntare i comportamenti rilevando invece tutti gli atti compiuti dagli organi sociali che possano in astratto determinare un vulnus del patrimonio sociale, suscettibili in sintesi di inficiarne l’integrità. Sono questi ultimi gli atti da sottoporre al vaglio preventivo degli organi della procedura, i quali pur non assurgendo certamente ad organi sociali, devono comunque assolvere ai doveri di controllo in quella fase particolarmente delicata ove ancora l’insuperabile vaglio dei creditori non può ancora avvenire. In materia di operazioni societarie “straordinarie” tale vaglio non appare sempre agevole. Quid iuris infatti in tema di una trasformazione che coinvolga unicamente le posizioni soggettive dei soci e le regole organizzative ove la proposta concordataria non inficia in alcun modo il patrimonio sociale e i diritti dei creditori? Oppure nelle operazioni di fusione o scissione laddove con l’atto straordinario si realizza un quid pluris a tutto vantaggio del ceto creditorio del quale si ha piena disclosure nel piano e nella proposta, che prevedono esplicitamente la stipula dell’atto definitivo sottoposto alla condizione sospensiva dell’avvenuta omologazione del concordato? E che dire sulla compresenza e sulla compatibilità degli strumenti reattivi a disposizione degli interessati nella disciplina civilistica e in quella fallimentare, ove a fronte di un diritto individuale di opposizione alla fusione (o alla scissione) di cui all’art. 2503 c.c. la disciplina fallimentare prevede anche un’opposizione all’omologazione del concordato a favore anche dei medesimi soggetti, a mente dell’art. 180 l.fall.? O ancora in tema di fusione, laddove il piano preveda che l’atto definitivo debba stipularsi prima del procedimento di omologa: occorrerebbe attendere l’esito delle eventuali opposizioni presentate ex art. 2503 c.c., e ritenere applicabile alla fattispecie la previsione di cui al settimo comma dell’art. 161 l.fall. che ritiene prededucibili i “crediti di terzi eventualmente sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore”, (con la conseguenza che andrebbero soddisfatti per intero, senza considerare l’effetto della falcidia concordataria, i crediti dei terzi incorporati dal soggetto proponente). O anche la compatibilità del principio della responsabilità solidale presente nella operazione di scissione con le regole proprie del concordato preventivo laddove la regola della preventiva escussione del patrimonio della società beneficiaria imporrebbe l’iscrizione al passivo della scissa di crediti condizionali a norma dell’ultimo comma dell’art. 55 l.fall., con diritto di voto per l’intero credito, con effetti che ritengo difficilmente superabili in tema di fattibilità del piano. Si tratta quindi di individuare soluzioni compatibili con le diverse discipline giuridiche che debbono continuare a coesistere nel sistema mirando alla tutela di interessi diversi e compresenti. In generale potrebbe affermarsi che laddove l’operazione risulti individuata dal piano quale 27 assunzione finalizzata alla soluzione della crisi dell’impresa e con efficacia postergata e dipendente all’omologazione (sospensivamente condizionata) non occorre ottenere l’autorizzazione al compimento degli atti necessari al perfezionamento dell’operazione stessa (delibera del consiglio di amministrazione per l’approvazione del progetto e delle situazioni economico-patrimoniali, deliberazione dell’assemblea) non avendo tali atti alcuna efficacia e quindi insuscettibili di modificare diritti e situazioni soggettive. In questo caso si è sostenuto che il debitore potrebbe liberamente procedere a compiere gli atti di straordinaria amministrazione previsti dal piano e valutati dal professionista che ne attesta la fattibilità. Ove invece si debba presentare il caso in cui il piano avesse previsto la stipula dell’atto definitivo di fusione/scissione prima dell’omologazione (alla quale non era quindi condizionata), con efficacia immediata, occorrerà munirsi dell’autorizzazione degli organi della procedura: in tal caso, infatti, la situazione patrimoniale della società in concordato (incorporante o incorporanda) non potrà tener conto della falcidia concordataria dei debiti sociali in quanto il concordato preventivo non è stato ancora approvato né tantomeno omologato. L’assunto si fonda sulla considerazione che spetti ai creditori valutare l’operazione societaria dovendo la medesima essere necessariamente prevista nel piano e oggetto di conseguente pronuncia del ceto creditorio in sede di adunanza, non potendo supplire a tale conferma l’attività autorizzativa degli organi della procedura. 28 Primo Piano Mediazione con o senza l’avvocato di Luca Santi e Luigi Butti ODCEC di Verona Il presento commento, squisitamente operativo, vuole fare chiarezza sulla paventata necessità della presenza di un avvocato nella procedura di mediazione. Con la conversione in legge del c.d. “Decreto del Fare” (d.l. 69/2013), entrata in vigore mercoledì 21 agosto (legge 98/2013) viene modificato il d.lgs. 28/2010, di fatto reintroducendo l’obbligatorietà della mediazione a partire dal 20 settembre 2013. Questa ulltima “versione” normativa contiene plurime incongruenze ed inibisce il lavoro del mediatore in quanto prevede l’elemento ostativo della fase informativa, che sembra essere inserito artatamente “ad hoc” per vanificare l’ottenimento di un accordo, tecnicamente chiamato conciliazione. Nulla a che vedere con la prima normazione italiana sulla mediazione (d.lgs. 28 del 4 marzo) che fu apprezzata dalla Comissione europea e ritenuta la migliore d’Europa e modello a cui ispirarsi. Il primo decreto legislativo prevedeva che ci si potesse rivolgere alla procedura di mediazione liberamente, senza la presenza di avvocati, intendendo la mediazione come effettivamente complementare all’attività amministrativa della giustizia. Tuttavia, la Corte Costituzionale italiana ritenne che tale decreto legislativo dovesse ispirarsi ad un diverso diritto naturale. Il diritto naturale, posizionato nell’iperuranio, che ispirò il primo decreto si può sintetizzare nella seguente affermazione “è permesso fare tutto ciò che la legge non vieta”, tale posizione è condivisa da chi scrive. La Corte Costituzionale ha contrariamente ritenuto che il principio ispiratore del nostro diritto naturale fosse diverso e così riassumibile “si può fare solo ed esclusivamente quello che la legge permette”. Riteniamo che tale posizione sia molto vicina al diritto socialista e alla “sharia”, e molto lontana dal nostro diritto e dal diritto romano, posizione assolutamente disgiunta anche dagli ordinamenti di common law. Nell’accettazione del disposto della Corte Costituzionale il legislatore ha reinserito l’obbligatorietà della mediazione con legge parlamentare, ovvero con norma di pari grado gerarchico alla legge delega, fonte italiana della prima normazione sulla mediazione. Quindi, successivamente alla bocciatura dell’obbligatorietà da parte della Corte Costituzionale, il decreto legge prima, e la legge di conversione con modificazioni poi, hanno ripristinato l’obbligatorietà di esperire un tentativo di mediazione in certi specifici campi di provenienza della controversia. Le due norme hanno anche goffamente inserito l’obbligatorietà dell’assistenza di un avvocato nel tentativo di mediazione. Tralasciamo l’approfondimento dei seguenti argomenti: vale a dire il principio ispiratore della mediazione che vorrebbe una procedura elastica, libera, avulsa da formalismi; e l’esperienza diretta sul campo, che vede molto frequentemente l’avvocato su posizioni avversariali ed ostative ad un accordo, soprattutto quando tale accordo esca dal petitum. Si vuole in questa sede esaminare alcuni casi concreti che si possono incontrare e le loro sottospecie. Volutamente escludiamo il raro, ma ipoteticamente possibile caso (ma realmente accaduto a chi scrive), in cui la parte che ha attivato la procedura non si presenti. I casi di seguito esaminati considerano, in ottica di semplificazione, due sole parti, ma qualora si presentassero più parti attivanti e/o più parti che aderiscono alla procedura, le risultanze valgono in dipendenza da come si posiziona la singola parte. 1. Mediazione obbligatoria: la parte attivante si presenta con l’avvocato e la parte convenuta si presenta con l’avvocato. Nel caso in cui si giunga a conciliazione l’accordo che rechi le firme di entrambi gli avvocati ha valore esecutivo. Nel caso in cui non si giunga a conciliazione è stata esperita la condizione di procedibilità e si può quindi adire all’autorità giudiziaria. 2. Mediazione obbligatoria: la parte attivante si presenta con l’avvocato e la parte convenuta si presenta senza l’avvocato o non si presenta. Nel caso in cui si giunga a conciliazione l’accordo necessita dell’omologazione del presidente del tribunale per avere valore esecutivo, in quanto Primo Piano manca la firma del legale di parte convenuta. È comunque stato stipulato un contratto ex art. 1321 c.c.. Nel caso in cui non si giunga a conciliazione è stata esperita la condizione di procedibilità. 3. Mediazione obbligatoria: la parte attivante si presenta senza l’avvocato e la parte convenuta si presenta con o senza l’avvocato o non si presenta. Nel caso in cui si giunga a conciliazione l’accordo necessita dell’omologazione del presidente del tribunale per avere valore esecutivo, in quanto manca la firma del legale di parte istante. È comunque stato stipulato un contratto ex art. 1321 c.c.. Nel caso in cui non si giunga a conciliazione non è stata esperita la condizione di procedibilità. Quindi prima di adire all’autorità giudiziaria necessita un tentativo con l’assistenza del legale. 4. Mediazione volontaria: la parte attivante si presenta con l’avvocato e la parte convenuta si presenta con l’avvocato. Nel caso in cui si giunga a conciliazione l’accordo che rechi le firme di entrambi gli avvocati ha valore esecutivo. Qualora almeno un avvocato non firmasse l’accordo è comunque stato stipulato un contratto ex art. 1321 c.c.. 5. Mediazione volontaria: almeno una delle due parti si presenta senza l’avvocato. Nel caso in cui si giunga a conciliazione l’accordo necessita dell’omologazione del presidente del tribunale per avere valore esecutivo, in quanto manca la firma del legale di una delle due parti. È comunque stato stipulato un contratto ex art. 1321 c.c.. Chi scrive ritiene quindi che l’assitenza dell’avvocato sia necessaria esclusivamente per due condizioni. La prima condizione consiste nella necessità di adempiere alla propedeuticità del tentativo di mediazione, chiaramente nelle sole controversie che la prevedono obbligatoriamente. La seconda condizione si connota come la possibilità di avere l’immediatezza dell’esecuzione senza passare dall’omologazione del presidente del tribunale. Analizzando nello specifico la prima condizione, ricordiamo che l’art. 5 d.lgs. 28/2010 detta che chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia in una delle materie stabilite dal decreto, è tenuto, assistito dall’avvocato, preliminarmente ad esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto. Vorremmo sottolineare che la norma detta “assistito” non accompagnato; inoltre, riteniamo che non vi sia la necessità della presenza degli avvocati e che la loro assenza non infici sulla bontà e sull’efficacia della mediazione stessa. Se le parti si trovano in mediazione senza essere accompagnate dal proprio legale e si accordano con un testo scritto che corrisponde ad un contratto (art. 1321 c.c.), l’accordo è vincolante: l’art. 1372 c.c. sancisce che il contratto ha forza di legge tra le parti, non esiste l’obbligo che un qualsivoglia contratto sia sottoscritto o redatto da un avvocato, esso deve rispettare le sole condizioni di validità imposte dalla normativa codicistica. Pertanto la procedura di mediazione può e dovrebbe proseguire anche in assenza dei legali: questione aperta ma sulla quale alcuni organismi delle Camere di Commercio ed organismi privati concordano. Se invece non si addiviene ad un accordo al fine di adire al giudizio, occorre esperire, in presenza delle parti e dei loro legali o anche con i soli legali, il tentativo di mediazione. Relativamente alla seconda condizione, l’articolo 12 del decreto legislativo esprime chiaramente il fatto che nel caso in cui l’accordo venga sottoscritto anche dagli avvocati, lo stesso costituisca titolo esecutivo senza la necessità di eventuale successiva omologazione con decreto del presidente del tribunale. In pratica se l’accordo di conciliazione non viene firmato dagli avvocati (e quindi non acquisisce efficacia esecutiva) e non venisse poi rispettato da una o da entrambe le parti, potrà sorgere il diritto al risarcimento del danno per inadempimento contrattuale disciplinato dagli artt. 1218 e ss. c.c.. Inoltre, la parte che volesse ottenere l’adempimento può ricorrere al tribunale “per ottenere una sentenza che produce gli effetti del contratto (accordo) non concluso”, previa l’esecuzione della propria prestazione. Concludendo si ritiene quindi che la necessità dell’avvocato in mediazione sia molto inferiore a quanto preteso dall’avvocatura, e si limiti a due aspetti. Il primo è la possibilità di andare in giudizio ed il secondo è l’esecuzione immediata in caso di mancato rispetto delle condizioni contrattuali. 29 È tempo di pensare al futuro. Oggi i nostri figli hanno molti dubbi e un’unica convinzione: che in futuro staranno peggio dei loro padri. Il futuro si può, però, ancora cambiare, con regole e scelte che interessino i nostri figli, facendo sacrifici oggi per farne fare meno a loro domani. Trasformando la crisi in opportunità e l’immobilità in ottimismo. Roma, Auditorium Parco della Musica, 10-13 Novembre 2014 XIX CONGRESSO MONDIALE DEI COMMERCIALISTI imperial sponsor & Event App Sponsor col patrocinio di 2020 Vision - Learning from the Past, Building the future Il Congresso Mondiale dei Commercialisti è un’occasione di confronto per tutti i professionisti, promosso dall’International Federation of Accountants, che si presenta ogni quattro anni. Aderiscono all’Organizzazione internazionale 179 organismi rappresentativi della professione. Questo evento richiama circa 4000 commercialisti da tutto il mondo e nel 2014 sarà organizzato a Roma dal CNDCEC. Il leitmotiv delle quattro giornate congressuali sarà quello di costruire una vision condivisa sul futuro capitalizzando le esperienze maturate alle diverse latitudini. La sede Auditorium Parco della Musica Inaugurato nel dicembre del 2002, l’Auditorium Parco della Musica rappresenta una consolidata realtà nel panorama della vita culturale della città di Roma e del Paese. In questi anni, la struttura progettata da Renzo Piano, uno degli architetti italiani più famosi al mondo, è stata scelta come sede per numerosi eventi di portata internazionale. Ci si immerge nello spazio dell’Auditorium attraversando la Cavea per poi giungere al Foyer e alle sale: Sala Santa Cecilia, Sala Sinopoli e Sala Petrassi. Questa struttura imponente, ma al tempo stesso articolata funzionalmente, conta anche spazi per seminari e per incontri, una sala stampa e diverse aree espositive. Queste sue caratteristiche, unite alla vicinanza al centro storico e agli ottimi collegamenti, la rendono la sede perfetta per ospitare il WCOA 2014. Programma generale Sessioni di grande attualità, affrontate con modalità interattive, in cui confrontarsi con oltre 4000 colleghi provenienti da ogni parte del mondo.. DAY 1 Lunedì 09:00 - 16:00 Registrazione partecipanti 10 novembre 16:30 - 20:00 Cerimonia di apertura e cocktail DAY 2 09:00 - 10:30 Sessione Plenaria I Martedì Tecnologia e finanza aziendale - 11 novembre il vissuto e il futuro nell’esperienza multinazionale DAY 3 10:30 - 11:15 Pausa Caffè e networking con delegati ed espositori 11:15 - 12:45 Sessioni simultanee 12:45 - 14:00 Pranzo 14:00 - 15:30 Sessioni simultanee 15:30 - 16:00 Pausa Caffè e networking con delegati ed espositori 16:00 - 17:30 Sessioni simultanee 09:00 - 10:30 Sessione Plenaria II Mercoledì Trasparenza e accountability del settore pubblico - 12 novembre La via verso la crescita economica 10:30 - 11:15 Pausa Caffè e networking con delegati ed espositori 11:15 - 12:45 Sessioni simultanee 12:45 - 14:00 Pranzo 14:00 - 15:30 Sessioni simultanee 19:30 - 23:00 Cena di Gala DAY 4 09:00 - 10:30 Sessioni simultanee Giovedì 10:30 - 11:15 Pausa Caffè e networking con delegati ed espositori 13 novembre 11:15 - 12:45 Sessione Plenaria III Integrated thinking il pensiero integrato come approccio per migliorare la 13:00 - 14:30 performance aziendale e la generazione di valori Sessione conclusiva e Cerimonia di chiusura Sessioni simultanee - Macroaree Macroarea 1 INFORMATIVA FINANZIARIA E APPROCCIO INTEGRATO MIGLIORARE ACCOUNTABILITY E PROCESSI DECISIONALI Società quotate, PMI, enti non profit ed enti pubblici devono tutti confrontarsi con la definizione di un sistema di reporting e con le scelte tecnico-operative che ne discendono. Il dibattito verterà sugli obblighi di reporting previsti per le PMI nei diversi ordinamenti, sullo sviluppo del pensiero integrato e offrirà una panoramica aggiornata sull’adozione degli IFRS e IPSAS a livello globale. 1.1 L’evoluzione dell’informativa finanziaria nelle società non quotate 1.2 Convergenza sugli IFRS - Coerenza e comparabilità a livello globale 1.3 L’informativa finanziaria negli enti non profit 1.4 La contabilità del settore pubblico e il passaggio alla contabilità economico-patrimoniale 1.5 Sostenibilità della spesa pubblica e informativa sulla performance degli enti del settore pubblico 1.6 Reporting integrato: le sfide e opportunità 1.7 Le nuove direttive contabili europee del 2013: prospettive e criticità Macroarea 2 SERVIZI DI ASSURANCE DELL’INFORMATIVA AZIENDALE LA FUNZIONE DELL’INFORMATIVA DI BILANCIO IN RELAZIONE AD ASPETTATIVE CRESCENTI A fronte delle aspettative sempre più complesse dei diversi utilizzatori dell’informativa economico-finanziaria, quali sono i pilastri di una revisione legale di qualità, e quali i trend a livello mondiale? Si discuterà della richiesta di nuovi servizi di attestazione da parte delle PMI, del nuovo modello di relazione di revisione e delle esigenze cui risponde e del ruolo degli organi di controllo e audit committee nei vari ordinamenti. Sessioni simultanee - Macroaree 2.1 Il valore aggiunto dei servizi di attestazione e verifica (assurance) per l’informativa finanziaria delle PMI 2.2 I pilastri di una revisione contabile di qualità 2.3 Il nuovo modello della relazione di revisione – più informazioni più chiarezza? 2.4 Il rischio di fallimento negli istituti finanziari – la limitazione del rischio e la vigilanza prudenziale 2.5 L’audit committee: un elemento cardine della governance nell’interesse pubblico Macroarea 3 ETICA, LEGALITÀ E RESPONSABILITÀ D’IMPRESA COMMERCIALISTI E IMPRESE ALLA RICERCA DEL GIUSTO EQUILIBRIO Una delle sfide quotidiane per i commercialisti è destreggiarsi tra gli obblighi di riservatezza, l’insieme delle responsabilità e la costante tutela dell’interesse pubblico. Intanto le imprese esplorano nuovi modelli di business, alla ricerca di un bilanciamento tra valori sociali e redditività. Un tema di forte attualità che ricomprende i recenti sviluppi nei codici deontologici a livello internazionale, le normative e i meccanismi di vigilanza approntati all’indomani della crisi e le questioni di equità fiscale. 3.1 Valori sociali e redditività nella pianificazione strategica: un connubio possibile? 3.2 Il ruolo del professionista contabile nella lotta alla corruzione e alle frodi – costi e benefici (l’analisi economica della normativa) 3.3 Finanza etica e sviluppo del settore bancario 3.4 Il Codice deontologico: punto di riferimento per la professione 3.5 La cooperazione internazionale nei sistemi fiscali per una maggiore equità e crescita 3.6 CleanGovBiz – Il piano OCSE per la lotta alla corruzione Sessioni simultanee - Macroaree Macroarea 4 FORMAZIONE E SVILUPPO DELLE CAPACITÀ (CAPACITY BUILDING) NUOVI STRUMENTI PER NUOVE ESIGENZE L’innovazione tecnologica continua, con un impiego sempre maggiore di social media, cloud computing, prestazioni professionali da remoto e XBRL, sta modificando le metodologie e le modalità organizzative necessarie ai professionisti per affermare la loro presenza sul mercato globale. In queste sessioni si esamineranno le nuove forme di networking, le nuove tecnologie e i sistemi di mobilità, in un contesto sempre più integrato. 4.1 Le competenze del revisore legale nella prospettiva degli International Education Standard 4.2 Il miglioramento continuo della qualità, convergenza ed evoluzione negli International Education Standard 4.3 The New Generation - La tecnologia e il futuro della funzione finanziaria – II Parte 4.4 Modelli di avvio e sviluppo di un’architettura istituzionale per gli ordini professionali nelle economie emergenti 4.5 I piccoli e medi studi professionali verso il 2020 4.6 OMC, qualifiche professionali e mobilità 4.7 Darwinismo digitale: rischi e opportunità del cambiamento tecnologico Sessioni simultanee - Macroaree Macroarea 5 CONSULENZA AZIENDALE COMPETENZE, SFIDE, SINERGIE E INNOVAZIONE Il commercialista è il consulente di fiducia delle imprese e di quelle di piccole e medie dimensioni in particolare - in termini di soluzioni gestionali, governance, crescita e sviluppo di nuove strategie di mercato, sostenibilità e attenzione alle esigenze di cittadini e consumatori. Si offrirà una panoramica su quali siano, in un mondo sempre più globalizzato, le nuove competenze richieste ai commercialisti e le sfide che si trovano ad affrontare al fianco delle PMI, tra cui le difficoltà nell’accesso al credito e l’internazionalizzazione. Una sessione speciale è dedicata al Made in Italy e alle sfide che i brand italiani affrontano nella competizione su scala internazionale. 5.1 Il contributo dei piccoli e medi studi professionali alla crescita e all’internazionalizzazione 5.2 Sviluppo delle competenze dell’esperto di valutazione a livello globale 5.3 Facilitare l’accesso al credito per le PMI 5.4 Verso una maggiore inclusività - Valori, innovazione e performance aziendale 5.5 Il Made in Italy 5.6 I principi internazionali per la professione: best practices e strumenti per una traduzione di qualità Relatori confermati Sammy Almedal Direttore Generale Jak Cooperative Bank - Svezia Riyad Al Mubarak Presidente dell’Autorità per la Trasparenza di Abu Dhabi Yoseph Asmelash Funzionario Dip. Affari Economici UNCTAD Francesco Bottigliero Chief Digital Officer di Brunello Cucinelli Carol Calandra CFO Global Markets E&Y Global Limited Tony Chanmugam CFO BT Plc Linda De Beer Presidente IAASB-CAG James Doty Presidente PCAOB Paul Druckman Direttore Generale IIRC Julie Erhardt Presidente Comitato 1 - IOSCO Lewis Ferguson Presidente IFIAR Ken Goldman CFO Yahoo Simon Henry CFO Shell Headquarters Gianluca Italia Responsabile del brand FIAT - Fiat Group Automobiles S.p.A. EMEA Region Relatori confermati Vincenzo La Via Direttore Generale del Tesoro - MEF Didier Millerot Responsabile dell’Unità Contabilità & Informativa finanziaria Direzione Generale Mercato Interno della Commissione Europea Grace Perez‐Navarro Vicedirettore del centro per le politiche fiscali e amministrative - OCSE Guy Piolé Corte dei Conti - Francia Jan Sijbrand Comitato Direttivo EBA Gerhard Steiger Direttore generale per le finanze e la sostenibilità, Corte dei Conti - Austria Susanne Stormer Vice Presidente Global Triple Bottom Line Management, Novo Nordisk - IIRC Patricia Sucher Presidente Sottogruppo revisione - Comitato di Basilea Jennifer Thomson Direttore per la gestione finanziaria presso la Banca Mondiale Sir David Tweedie Presidente IVSC Ken Warren Direttore servizi di consulenza contabile per il Ministero del Tesoro della Nuova Zelanda Yu Weiping Vice ministro delle Finanze - Cina ….e naturalmente i Direttori generali degli organismi membri e delle organizzazioni regionali IFAC, presidenti e membri dei comitati e commissioni dell’IFAC responsabili dello standard-setting Quote di partecipazione Attività incluse Tariffa ridotta fino al 31/07/14* Tariffa piena* Paesi sviluppati Tutte € 1.200 € 1.500 Paesi emergenti Tutte € 900 € 950 Sessioni di lavoro Programma sociale non incluso € 600 € 600 Tutte Esclusa la cena di gala € 950 € 1.250 Cerimonia di apertura, spettacoli e cena di gala € 350 € 350 Tutte Esclusa la cena di gala - - Coffee break e pranzi inclusi € 200 € 200 Categoria Speciale giovani studenti Italiani Accompagnatori Stampa Espositori (se oltre 2 persone per stand) N. B.: In considerazione delle possibilità di accoglienza dell’Auditorium, si informa che le iscrizioni saranno chiuse una volta raggiunti i 4.000 iscritti Per iscriversi: www.wcoa2014rome.com (*): IVA inclusa (22%) Opportunità di sponsorship PARTNER ACCADEMICO DEL WCOA 2014! Una serie di pacchetti di sponsorizzazione flessibili per venire incontro alle peculiarità dei nostri potenziali sponsor, offrendo diversificazione ed opportunità a tutti i livelli. Il Comitato Scientifico del WCOA 2014 ha lanciato un’iniziativa inedita in occasione di questo evento Pacchetti completi mondiale: Una pubblicazione - Imperiale accademica dedicata al tema - Colosseo del congresso: “2020 Vision: costruire il futuro della - Cappella Sistina professione - Pantheon capitalizzando le esperienze del passato”. - Partner Digitale Sostieni Opportunità di Sponsorizzazione questa iniziativa diventando Partner Accademico WCOA 2014! indipendenti - Fontana di Trevi > stand espositivo personalizzabile - Italy with You > stand per marchi e prodotti tipici italiani - Premio per la ricerca accademica e pubblicazione scientifica - Project Gallery > Un’area dedicata nella sede del WCOA 2014 in cui gli organismi professionali aderenti all’IFAC possono mostrare e condividere con la comunità internazionale dei commercialisti i loro migliori progetti Tutte le info su www.wcoa2014rome.com Sei interessato a sponsorizzare il WCOA 2014? Contattaci! [email protected] - [email protected] Tel. +39 06 47863307 Roma Vi aspetta Chi conosce bene la Capitale lo sa: non si finisce mai di stupirsi davanti al patrimonio storico e culturale di Roma. Venite a emozionarvi ancora una volta davanti alle meraviglie della Città eterna e a scoprirne gli angoli e i dintorni meno noti, ma non meno ricchi di storia e bellezza. WCOA 2014 significa anche gite indimenticabili e occasioni di incontri sociali e professionali in una delle cornici più belle del mondo. Basilica di San Pietro Un viaggio nel cuore della cristianità alla scoperta dei capolavori artistici ed architettonici di grandi artisti, come Michelangelo e Gian Lorenzo Bernini. Castel Romano Outlet Fashion victim? L’Outlet di Castel Romano è il posto giusto per rifarsi il guardaroba! Potrete trovare capi delle più prestigiose griffe con uno sconto dal 30 al 70 %. MAXXI MAXXI, il Museo nazionale delle arti del XXI secolo, è la prima istituzione nazionale italiana dedicata alla creatività contemporanea pensata come un grande campus culturale e progettato da Zaha Hadid, donna architetto di fama mondiale. Mercati Traianei e la Casa dei Cavalieri di Rodi - Apertura in esclusiva L’esclusiva visita guidata si concentra sulla Casa dei Cavalieri di Rodi, uno splendido castello medievale del XII secolo incastonato parzialmente nel Foro di Augusto, risultato di una plurisecolare stratificazione di monumenti sull’area che, durante l’età imperiale, ospitava il Foro di Augusto. Musei Vaticani & Cappella Sistina I Musei Vaticani costituiscono una delle raccolte d’arte più grandi del mondo. Tra le opere collezionate nei secoli dai Papi, spiccano capolavori di fama mondiale, come la Cappella Sistina e gli appartamenti papali affrescati da Michelangelo e Raffaello. Roma Vi aspetta Ostia Antica Il tour permette di assaporare ciò che resta dell’antica città portuale di Ostia Antica, che nel momento di massima espansione raggiunse i 100.000 abitanti. La città romana - il cui nome latino “Ostium” significa “Bocca del fiume”, a indicare la sua posizione alla foce del Tevere - conserva tutt’oggi i resti di monumenti pubblici, ma anche di numerose strutture private, che restituiscono l’immagine della vita quotidiana nell’epoca imperiale. Palazzo Colonna - Apertura in esclusiva Questo tour esclusivo in uno dei palazzi patrizi più maestosi del mondo porterà alla scoperta di una galleria che non ha nulla da invidiare ai grandiosi saloni di Versailles. Si inizia con la visita dell’appartamento della Principessa Isabella, proseguendo per il Giardino degli aranci (interno al Palazzo), per poi raggiungere la Galleria Colonna, autentico gioiello del barocco romano. Roma del Caravaggio Questo tour consentirà di apprezzare l’opera pittorica del Caravaggio, attraverso l’analisi dettagliata dei suoi capolavori: da Santa Maria del Popolo, proseguendo con la Chiesa nazionale di Francia e San Luigi dei Francesi, per terminare con la Chiesa di Sant’Agostino. Roma Imperiale Il tour prevede la visita al cuore archeologico della città eterna: e quindi non può che iniziare dall’Anfiteatro Flavio, meglio noto come Colosseo, simbolo allora, come oggi, della città di Roma. Si prosegue fino all’Arco di Costantino, per proseguire poi con la visita del Foro Romano, centro politico e religioso durante l’intera storia di Roma. La visita terminerà sul colle del Campidoglio dove è possibile godere la suggestiva vista sul Foro Romano e sul Palatino. Roma Sotterranea Visita guidata alla Basilica di San Clemente, un complesso di edifici radunati intorno ad una Chiesa cattolica romana del XII secolo dedicata a Papa Clemente I. Il sito racchiude secoli di storia dal punto di vista architettonico, politico e religioso, a partire dall’epoca paleocristiana fino al Medioevo. tour Pre & Post WCOA 2014 VENEZIA Dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, Venezia è una delle città più affascinanti e romantiche al mondo. Uno di quei posti da visitare almeno una volta nella vita. La sua natura lagunare crea una suggestiva atmosfera di mistero, la quale si coniuga in maniera squisita con l’architettura rinascimentale e gotica che caratterizza la città. A Venezia sono nati e cresciuti artisticamente pittori come Tintoretto e Tiziano: la maestria delle loro opere vi lascerà a bocca aperta durante questo tour che di sicuro sarà indimenticabile. Siamo certi fin da ora che Piazza San Marco, la Chiesa di San Marco, il Palazzo Ducale, il Ponte dei Sospiri, le Prigioni, Rialto e le mille altre attrazioni della “Serenissima” vi rimarranno nel cuore. FIRENZE Firenze è la culla del Rinascimento italiano. Gli amanti dell’arte affollano il suo centro storico, tracciato sulle vecchie mura medievali, per ammirare famosi dipinti, affreschi e statue di artisti del calibro di Raffaello, Tiziano e Michelangelo. Piazza del Duomo con la sua Cattedrale, Piazza della Signoria, Ponte Vecchio e la Galleria degli Uffizi sono solo alcune delle attrazioni della città che non potrete dimenticare. NAPOLI Napoli è come i suoi abitanti: solare e piena di vita. E’ facile rimanere affascinati dal questa città per il suo labirinto di stradine - come Spaccanapoli o San Gregorio Armeno - che caratterizza il centro storico (protetto dall’Unesco dal 1995); per il suo bellissimo lungomare dove si erge Castel dell’Ovo, che domina il panorama del Golfo, insieme al Vesuvio; o per gli altri castelli, come il famosissimo Maschio Angioino e il Castel Sant’Elmo. Ma non solo: durante il tour sarà piacevole fermarsi per assaggiare il più buon caffè d’Italia, assaporare la pizza lì dove è nata, oppure sorseggiare un limoncello ad Amalfi, gioiello dell’omonima costiera. Gli Hotel Potrete scegliere tra una vasta gamma di hotel a 3, 4 e 5 stelle, situati in alcuni dei quartieri più belli della Città Eterna. Le strutture che abbiamo selezionato per voi sono state scelte in base all’alta qualità del servizio offerto e alla loro posizione. Hotel* * * * * Aldovrandi | www.aldrovandi.com Palace | www.palace-roma.boscolohotels.com Aleph | www.aleph-roma.boscolohotels.com Gran Melia Rome | www.granmeliarome.com Parco dei Principi | www.parcodeiprincipi.com De Russie | www.hotelderussie.it Hotel* * * * Regent | www.hotelregentrome.com Ritz | www.hotelritzrome.com Clodio | www.hotelclodio.it Claridge | www.hotelclaridgerome.com Cicerone | www.hotelciceronerome.com Polo | www.polohotel.it NH Vittorio Veneto | www.nh-hotels.com Borromini | www.hotelborromini.it NH Giustiniano | www.nh-hotels.com Milton | www.hotelmiltonroma.com BW Universo | www.hoteluniversorome.com BW Royal Santina | www.hotelroyalsantinarome.com Visconti Palace | www.viscontipalace.com Hotel* * * Medici | www.hotelmedici.com Astrid | www.hotelastrid.com Relais dei Papi | www.hotelrelaisdeipapi.it Adriano | www.hoteladriano.com Alexandra | www.hotelalexandraroma.com Per prenotazioni: www.wcoa2014rome.com - sezione Registration Contatti utili Rappresentanti di oltre 150 organismi professionali e organizzazioni, nazionali ed internazionali, arriveranno a Roma da tutto il mondo per partecipare alle riflessioni più innovative e ai dibattiti più vivaci sul futuro della professione economico-giuridico-contabile. Partecipare al WCOA 2014 significa condividere un’esperienza unica per la professione. Per saperne di più www.wcoa2014rome.com Informazioni generali [email protected] Sponsorship & Project Gallery Virginia Di Marco [email protected] +39 06 47863307 Segreteria relatori e Ricerca scientifica Deborah Baratelli [email protected] +39 06 47863329 Iscrizioni, Logistica e Hotel Adriapoint +39 0541793018 layout > [email protected] Trasferimenti, gite ed escursioni Bianca Molinas - Triumph Group [email protected] - [email protected] +39 06 35530313 Per delegazioni numerose che desiderino noleggiare un bus dedicato per il trasporto verso/da la sede del WCOA 2014 si prega di indirizzare le richieste ad Adriapoint via email. Organizzatori Sponsor Imperiale & Sponsor Event App TM Sponsor Colosseo Sponsors Pantheon Special Exhibitor Partner Accademico Congress Srl www.congresseventi.it Adriapoint Srl www.adriapoint.it Triumph Group www.triumphgroupinternational.com Rappresentiamo una minoranza del 99,9%. In Italia le PMI sono il 99,9% della forza economica, eppure vengono trattate come una minoranza. Il mondo produttivo e le istituzioni funzionano solo grazie alle libere professioni, eppure queste ultime non vengono prese in considerazione dai poteri forti. Essere utili al Paese significa cambiare anche questi squilibri, ma soprattutto lavorare per le cose che contano. Guida al controllo della qualità nei piccoli e medi studi professionali Traduzione della terza edizione inglese 180 pp. - in brossura – ISBN: 978-1-60815-097-7 Prezzo 18,00 euro (IVA e spese di trasporto incluse) La pubblicazione della traduzione italiana della terza edizione della “Guida al Controllo della Qualità nei piccoli e medi studi professionali” completa un progetto che ha impegnato, per oltre tre anni, l’ufficio traduzioni del CNDCEC e la commissione tecnico-scientifica che ha revisionato i lavori. La versione originale in lingua inglese della Guida ha incontrato in tutto il mondo un grande successo, completando l’offerta di strumenti di supporto all’attività degli studi professionali predisposti dal Comitato Piccoli e Medi Studi Professionali (Small and Medium Practices Committee) di IFAC (International Federation of Accountants). Questa pubblicazione rappresenta un valido aiuto per i professionisti che intendono affrontare l’attività di revisione legale in maniera conforme ai principi internazionali ISA, consentendo di implementare le prescrizioni internazionali in materia di controllo della qualità dell’attività di revisione in maniera semplice ed efficace, anche nella realtà dei piccoli e medi studi. Al fine di garantire la qualità del lavoro di revisione, i Principi Internazionali di Revisione ISA richiedono infatti l’adozione da parte del revisore di un sistema di qualità equivalente alle prescrizioni dello standard ISQC1; questa Guida consente di realizzare un sistema di qualità conforme ad ISQC1, in maniera proporzionata alle esigenze ed alle risorse di studi professionali di ridotta dimensione. L’esposizione della materia, semplice ed efficace, è riferita alle caratteristiche degli studi professionali piccoli e medi; la Guida è inoltre corredata da pratici modelli di manuali di controllo qualità, pensati per le esigenze di studi professionali anche composti da un solo professionista. La traduzione in lingua italiana giunge in un momento in cui la nostra professione si sta preparando all‘introduzione dei Principi Internazionali di Revisione ISA su scala europea e può costituire un prezioso supporto per la strutturazione di un’attività di revisione legale pienamente conforme ai Principi ISA. Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili compie così un ulteriore importante passo nel consentire alla professione italiana di adeguarsi ai migliori standard internazionali e continuare nella tradizione di qualità e competenza. Principi Internazionali di Revisione e Controllo della Qualità Edizione Italiana 2011 862 pp. - in brossura - ISBN 978-88-97361-00-8 Prezzo 50,00 Euro (IVA e spese di trasporto incluse) La versione italiana 2011 dei principi internazionali (edizione inglese 2009), contenuta nel presente volume, è il risultato di un complesso progetto di riscrittura, attuato da IFAC, per effetto del quale i 36 principi di revisione ed il principio sul controllo di qualità sono stati completamente riorganizzati in sezioni distinte e parzialmente modificati nei contenuti. I principi così aggiornati sono ampiamente migliorati, sia in termini di comprensibilità che in termini di semplificazione applicativa e sono destinati a divenire comune bagaglio professionale per tutti i colleghi impegnati nell'attività di revisione legale dei conti. La nuova struttura dei principi, mantenendo invariato l'originario approccio basato su regole generali, è ampiamente compatibile con i principi di revisione nazionali in vigore dal 2002. L'attività di revisione legale dei conti continuerà ad essere svolta sulla base di una preliminare identificazione e valutazione dei rischi di errori significativi nel bilancio, sulle cui risultanze verranno configurate le procedure di revisione più appropriate. Quindi non controlli casuali, che ripercorrono indistintamente tutte le operazioni contabili, ma verifiche mirate a quelle aree di bilancio che il revisore ha identificato come maggiormente problematiche e dalle quali può derivare un rischio concreto e significativo di errore nel bilancio. La fase transitoria del federalismo municipale Aspetti quantitativi, contabili e fiscali delle nuove entrate comunali 126 pp. - in brossura - ISBN 978-88-97361-01-5 Prezzo 15,00 Euro (IVA e spese di trasporto incluse) Il volume intende offrire un contributo al dibattito sul federalismo municipale effettuando un'analisi dei profili quantitativi, contabili e fiscali della riforma. A tal fine, il lavoro: espone i risultati di un'analisi quantitativa finalizzata a valutare gli effetti di gettito prodotti dall'adozione del modello federale di cui al D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23; illustra le modalità di rappresentazione nei bilanci degli Enti locali delle nuove entrate disciplinate dal medesimo decreto; nonché effettua un'analisi della normativa di riferimento, tesa a verificare l'effettiva capacità di realizzazione del principio vedo, voto e pago. La ricerca è rivolta ai professionisti impegnati nell'attività di revisione degli Enti locali, ma offre interessanti spunti di riflessione anche alla componente politica e amministrativa, proponendo una prima simulazione dell'impatto che la riforma in senso federale avrà sulle entrate degli Enti locali. Guida all’utilizzo dei principi di revisione internazionali nella revisione contabile delle piccole e medie imprese Volume I: Concetti fondamentali 242 pp. - ISBN 978-88-97361-02-2 Prezzo 25,00 Euro (IVA e spese di trasporto incluse) Volume II: Guida pratica 328 pp. - ISBN 978-88-97361-03-9 Prezzo 25,00 Euro (IVA e spese di trasporto incluse) Giunta alla terza edizione, la “Guida all’utilizzo dei principi di revisione internazionali nella revisione contabile delle piccole e medie imprese”, elaborata dallo Small and Medium Practices Committee dell’International Federation of Accountants (IFAC), è stata suddivisa in due volumi: Concetti fondamentali e Guida pratica. Nata da un’idea originale del 2005, la Guida è stata la prima di una fortunata serie di pubblicazioni del Comitato Piccoli e Medi Studi Professionali di IFAC (SMP Committee), che comprendono oggi anche la Guida al controllo della qualità nei piccoli e medi studi professionali e la Guida alla gestione dei piccoli e medi studi professionali. Tradotta nelle principali lingue e nota nel mondo come “ISA Guide”, la Guida è nata dall’esigenza di aiutare i professionisti ad utilizzare correttamente gli ISA - International Standards on Auditing - nella revisione contabile delle piccole e medie imprese, una necessità oggi di grande attualità, nel momento in cui l’adozione degli ISA nella revisione si profila come una concreta possibilità nell’ambito della riforma della regolamentazione della revisione in ambito europeo. Il primo volume presenta i fondamenti teorici dei principi ISA che più frequentemente trovano applicazione nella revisione delle PMI, con una tecnica espositiva che fa ampio uso di schemi e diagrammi e facilita la comprensione e l’apprendimento; il risultato è un testo che può essere utilizzato sia come manuale didattico, sia come riferimento operativo nell’attività professionale quotidiana. Il secondo volume presenta invece un approccio pratico alla revisione delle PMI, accompagnando il lettore attraverso tutte le fasi dell’incarico, e svolge completamente due casi pratici che illustrano la revisione di una microimpresa e di una piccola impresa. Guida alla gestione dei piccoli e medi studi professionali Traduzione della seconda edizione 2012 570 pp. - in brossura - ISBN 978-88-97361-05- 3 Prezzo 50,00 Euro (IVA e spese di trasporto incluse) Cinque anni di lavoro, una decina di autori, un comitato di redazione di oltre trenta persone sparse in tutto il globo, più di cento revisori provenienti da una ventina di paesi in tutti i continenti, oltre cinquanta teleconferenze per le riunioni del comitato di redazione, che hanno collegato gli angoli più remoti del pianeta nell’arco di due anni; un’opera che, nella versione originale in lingua inglese, è in testa alle classifiche dei download dal sito di IFAC, con traduzioni realizzate o in corso in sette tra le principali lingue del mondo. Queste cifre danno un’idea dell’impegno che lo Small and Medium Practices Committee di IFAC ha profuso nella realizzazione di quest’opera e della ricchezza di contributi che è stato possibile raccogliere in queste pagine. L’edizione italiana della Guida è una traduzione fedele della seconda edizione inglese, che ne riporta integralmente i contenuti. Con questa nuova edizione si è voluto aggiornare le sezioni sulle letture consigliate e le risorse reperibili nel sito IFAC, presenti alla fine dei moduli, nonché effettuare qualche miglioramento nella presentazione. Organizzata in otto moduli indipendenti, la Guida si propone di fornire ai piccoli e medi studi professionali una serie di principi gestionali ed alcune best practice in merito a numerose aree, tra cui pianificazione strategica, gestione delle risorse umane, rapporto con il cliente e passaggi generazionali. Per aiutare gli organismi membri e gli studi professionali ad utilizzare al meglio la Guida, lo Small and Medium Practices Committee ha elaborato la Companion Guide, Guida alla Gestione dei Piccoli e Medi Studi Professionali: Indicazioni per l’uso (www.ifac.org/publications-resources/guide-practice-management-small-and-medium-sized-practices-userguide), che fornisce indicazioni su come sfruttare al massimo la Guida. Le note bibliografiche sono state arricchite con i documenti più recenti editi dal CNDCEC e alle appendici del Modulo 1 sono state aggiunte le “Linee guida per l’introduzione di sistemi di gestione documentati negli studi dei dottori commercialisti ed esperti contabili”, redatte da una commissione del CNDCEC ma fino ad oggi ancora inedite. I volumi sono acquistabili unicamente on line sul sito “Press Store”all’indirizzo www.press-store.it oppure www.commercialisti.it > PRESS & INFORMA > Press Store Press S.r.l. - Società unipersonale soggetta all’attività di direzione e coordinamento del CNDCEC 00185 ROMA - Piazza della Repubblica, 59 C.F., P.Iva e N. Iscr. R.I. 09257291006 58 Diamo i Numeri Osservatorio economico di Tommaso Di Nardo, IRDCEC Migliora progressivamente il trend di crescita globale sostenuto dall’andamento positivo delle economie avanzate, mentre prosegue il rallentamento della crescita nelle economie emergenti, in particolare quella brasiliana. Migliora gradualmente il clima economico nell’area dell’euro ancora trascinata dalla Germania che mostra una ripresa più decisa dell’attività economica. Permane debole la crescita economica in Italia che continua a soffrire il calo dei consumi legato all’aumento della disoccupazione e la forte restrizione del credito alle imprese che impedisce una più veloce ripresa degli investimenti privati. Prodotto interno lordo. Il DEF 2014 stima la crescita dell’anno in corso a +0,8% con una revisione di -0,3 punti rispetto alle previsioni formulate in autunno. In valore nominale, il Pil 2014 è stimato pari a 1.587 miliardi di euro, 27 miliardi in più del livello 2013, +1,7% di crescita nominale. Anche la crescita 2015 è stata rivista al ribasso (-0,4 punti rispetto alle stime autunnali). Nelle valutazioni del Mef ciò è dovuto al ridotto impatto stimato dalle misure strutturali approvate nel 2012 e nel 2013, anche in considerazione dei ritardi di attuazione. La crescita economica italiana, sempre secondo il DEF 2014, accelererà progressivamente nel corso del triennio 2016-2018 sulla base di ipotesi di un livello più contenuto dei tassi di interesse sui titoli di Stato e del differenziale di rendimento rispetto alla Germania e, soprattutto, dell’impatto positivo degli interventi programmati per la riduzione del cuneo fiscale (aumento delle detrazioni Irpef e riduzione dell’Irap). Pressione fiscale. La pressione fiscale ufficiale nel 2013 è risultata pari a 43,8% ed è prevista stabile nel 2014 con una crescita nel 2015-2016 al livello del 44%. La pressione fiscale reale, calcolata al netto del sommerso, nel 2013 è risultata pari al 52,2%, mentre è prevista al 52,4% nel 2014. Debito Pubblico. 2.089,5 miliardi il debito pubblico a gennaio (+20,5 mld. rispetto a dicembre 2013 e +99,9 mld. rispetto a dicembre 2012). Il rapporto debito/pil 2013 sale a 132,6% dal 127% del 2012 e continuerà a salire nel 2014 fino a raggiungere il 134,9% del Pil. Clima di fiducia. Prosegue anche a febbraio il miglioramento del clima di fiducia dei consumatori già segnalato in crescita a gennaio. In particolare, cresce sensibilmente il clima di fiducia corrente (+4,2%), mentre risulta in calo il clima di fiducia economico (-1%). Cresce anche il clima di fiducia delle imprese (+3,6%) trascinato in modo particolare dalle imprese dei servizi (+9,4%), mentre nel settore manifatturiero si registra un calo (-0,5%) e nel settore delle costruzioni un calo ancora più forte (-6,9%). Cresce anche il clima di fiducia delle imprese del commercio (+3,1%). Da segnalare, tra le variazioni rispetto allo stesso mese del 2013, la forte crescita del clima di fiducia economico dei consumatori (+29%) e del clima di fiducia delle imprese del commercio (+17%). Congiuntura. A gennaio 2014, il tasso di inflazione è aumentato dello 0,2% lasciando invariato il tasso tendenziale a +0,7%. Il dato rafforza le aspettative di un’inflazione sempre più bassa e alimenta il rischio di deflazione. La produzione industriale a dicembre ha subìto un nuovo calo che in termini congiunturali è pari a 0,9% e in termini tendenziali a -0,7%. La produzione nel settore delle costruzioni è aumentata a dicembre dell’1,3%, mentre in ragione d’anno il tasso è -8,8%. Negativo anche il commercio al dettaglio che a dicembre presenta un tasso negativo di -0,3% con un andamento tendenziale di -2,6%. Unico dato positivo di rilievo da segnalare la crescita delle esportazioni verso l’area Euro a dicembre con un tasso di +3,5% e +7,9% in termini tendenziali. Sale, infine, a gennaio il tasso di disoccupazione di 0,2 punti percentuali, +0,3 punti il tasso di disoccupazione giovanile che raggiunge il 42,4%. Finanza pubblica. Il DEF 2014 fissa il nuovo obiettivo programmatico del rapporto deficit/pil a -2,6%, 0,1 punti in 59 più rispetto alle previsioni formulate in autunno. Il rapporto deficit/pil si ridurrà progressivamente negli anni successivi sulla base di una correzione prevista, rispetto ai valori tendenziali contenuti nel DEF, di 0,3 punti di Pil nel 2015 e 0,6 punti di Pil nel 2016. Entrate tributarie. Nel mese di dicembre 2013 le entrate tributarie complessive sono aumentate del 51,6% a causa dello slittamento dei termini di versamento fiscale per Tabelle Tabella 1. Indicatori congiunturali INDICATORE Mese Indice/ Valore/Tasso Var. Cong. FIDUCIA DEI CONSUMATORI FIDUCIA DELLE IMPRESE TASSO DI INFLAZIONE (NIC) PRODUZIONE INDUSTRIALE (INDICE)* PRODUZIONE COSTRUZIONI (INDICE) COMMERCIO AL DETTAGLIO (INDICE)* ESPORTAZIONI AREA EURO (VALORE)* ESPORTAZIONI EXTRA UE (VALORE)* TASSO DI DISOCCUPAZIONE TASSO DI DISOCCUPAZIONE (15-24) FEB. FEB. GEN. DIC. DIC. DIC. DIC. GEN. GEN. GEN. 98,0 86,8 107,4 91,3 71,5 94,9 18.393 MLD. € 15.288MLD. € 12,90% 42,40% 1,7% 3,6% +0,2 -0,9 +1,3 -0,3 +3,5 -1,1 +0,2 +0,3 Var. Tend.^ 13,8% 8,5% +0,7 -0,7 -8,8 -2,6 +7,9 -2,7 +1,1 +4,0 * Dato mensile destagionalizzato; ^Dati corretti per gli effetti di calendario o dati grezzi Quadro Macroeconomico 2013-2014 (aggiornato al Def 8 aprile 2014) INDICATORE PIL DEBITO ENTRATE (ENTRATE FISCALI) USCITE (INTERESSI) DEFICIT VALORE 2013 % SUL PIL 1.560* 2.069^ 752* 683* 799* 82* 132,6 48,0 43,8 51,0 5,2 -47* -3,0 2014 VALORE % SUL PIL 1.587^ 2.142^ 134,9 * Istat 2 marzo 2014; ^Def 8 aprile 2014 ANNO DEBITO PUBBLICO (GENNAIO)* VARIAZIONE SU DICEMBRE VARIAZIONE DA INIZIO ANNO (DIC.) VARIAZIONE SU ANNO PREC. (DIC.) 2013 2014 2.089,5 +20,5 -+99,9 2.023,5 +46,1 -+127,9 ** Fonte: Banca d’Italia, 14 marzo 2014 Andamento mensile del Debito Pubblico Maggio 2011 - Gennaio 2014 EMBED Excel.Chart.8 \s Entrate Tributarie - Dati mensili MEF – Valori in milioni di euro ENTRATE IMPOSTE DIRETTE IMPOSTE INDIRETTE TRIBUTI LOCALI TOTALE DICEMBRE 2013 42.204 24.501 21.759 88.464 VAR. % 100,7% -1,6% 75,4% 51,6% GEN.-DIC. 2013 232.308 191.077 64.979 488.364 VAR. % 1,4% -2,2% 1,7% 0,0% * Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze, Gennaio 2014 Partite Iva - Nuove attività - Dati mensili ENTRATE GENNAIO 2014 VAR. % GEN.-GEN. 2014 VAR. % PERSONE FISICHE SOCIETÀ DI PERSONE SOCIETÀ DI CAPITALI NON RESIDENTI ALTRE FORME GIURIDICHE TOTALE 62.154 4.828 11.868 165 240 79.255 328,2% 119,0% 50,7% 22,2% 40,4% 218,3% 62.154 4.828 11.868 165 240 79.255 -9,4% -22,7% 2,7% -5,2% 5,3% -8,7% * Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze, Marzo 2014 l’autoliquidazione Irpef e Ires. Da inizio anno, l’andamento è invariato rispetto al 2012. L’andamento positivo delle imposte dirette (+1,4%) e dei tributi locali (+1,7%) ha compensato il calo delle imposte indirette (-2,2%). Rispetto all’andamento complessivo del 2013, sono da segnalare il calo (0,7%) delle ritenute dei dipendenti del settore privato, a fronte dell’aumento delle ritenute dei dipendenti del settore pubblico (+2,7%) e, soprattutto, il calo delle ritenute dei lavoratori autonomi (-5,3%) che, evidentemente, hanno sofferto maggiormente della crisi economica. Da segnalare, inoltre, il forte aumento del gettito Ires (+9,3%), dell’imposta di bollo (+24,7%) e delle imposte sostitutive (+30,3%), mentre l’imposta di registro ha subìto un calo del 5,4% e l’Iva si è ridotta del 2,7%. Se, invece, si considera solo il gettito dell’Iva da scambi interni si vede come il calo è più contenuto (-0,4%). Sul fronte dei tributi locali, si segnala la crescita a due cifre del gettito dell’addizionale comunale all’Iperf (+20,3%). In linea con i trend della crisi economica anche il calo del gettito dell’imposta di fabbricazione sugli oli minerali (4,5%) e dell’imposte sull’energia elettrica e addizionali (-23%). Partite Iva. Nel mese di gennaio, le nuove partite Iva sono aumentate del 218,3% rispetto al mese di dicembre 2013, mentre sono diminuite dell’8,7% rispetto al mese di gennaio 2013. Tralasciando le variazioni mensili che sono soggette a fattori stagionali, le variazioni annuali mostrano un calo molto accentuato delle nuove partite Iva di società di persone (-22,7%) associate a un aumento più contenuto delle nuove partite Iva di società di capitale (+2,7%). Sono calate, invece, del 9,4% le nuove partite Iva di persone fisiche. 60 Letti per Voi AMMINISTRATORE GIUDIZIARIO Sequestro - Confisca - Gestione dei beni - Coadiutore dell’ANBSC Tempo libero Paolo Florio, Gianmichele Bosco, Luca D'Amore (Ipsoa, 2014) La sirena Aggiornato con le recenti modifiche introdotte dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147 al cd. “Codice Antimafia”, attraverso un’approfondita analisi di dottrina, prassi e giurisprudenza, il volume affronta in maniera completa le tematiche relative a: sequestro; confisca; gestione dei beni; funzione del Coadiutore dell’Agenzia Nazionale Beni Sequestrati e Confiscati (ANBSC). La rinnovata grafica, caratterizzata dalla presenza di approfondimenti, riepiloghi, check-list, schemi esemplificativi, tabelle, dati dell’esperienza, casi concreti, supporta il lettore nella consultazione del testo, rendendola maggiormente agevole e fruibile. Il CD-ROM allegato contiene formule, utilizzabili con qualunque sistema di videoscrittura e adattabili al caso concreto. Il volume, primo titolo della nuova collana “Manuali per la professione”, rappresenta uno strumento indispensabile per i professionisti che già svolgono la delicata funzione di amministratore giudiziario e per coloro che desiderano intraprendere questa attività. Camilla Läckberg (Marsilio, 2014) IL NUOVO MANUALE DELL'IVA 2014 Commentario al D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 Nicola Forte (Maggioli, 2014) Il nuovo manuale dell’IVA 2014 rappresenta un’esposizione ordinata, esaustiva e brillante dell’imposta più incisiva e discussa, anche nell’ordinamento comunitario, del nostro tempo. Ai capitoli, destinati al commento dei singoli articoli, si affiancano le analisi e gli approfondimenti di numerosi casi di studio. La trattazione risulta corredata da riferimenti normativi, di prassi e di giurisprudenza, oltre che da frequenti schemi e tabelle riepilogative, che rendono più facilmente assimilabili i contenuti esaminati. Inoltre, l’opera si caratterizza per l’impostazione che consente due diversi “livelli di lettura”: il primo livello interessa coloro che sono alla ricerca di un testo semplice e di agevole comprensione, pertanto è idoneo ad un primo approccio per il lettore neofita; il secondo livello è rivolto agli operatori più esperti, che cercano nel manuale la risoluzione dei casi più complessi. Gli approfondimenti sono stati effettuati anche con un esame completo della giurisprudenza nazionale e comunitaria e con numerosi riferimenti agli studi della Commissione Tributaria del Consiglio Nazionale del Notariato di cui l’Autore fa parte. Il sesto thriller della Läckberg è ambientato a Fjällbacka, un ex borgo di pescatori di aringhe dell’estrema provincia svedese. Una narrazione mozzafiato che porta il lettore alla soluzione di un caso di forte contenuto psicologico, in un finale imprevedibile sino alle ultimissime pagine. Mindset Cambiare forma mentis per raggiungere il successo Carol Dweck (Franco Angeli, 2013) Un libro straordinario per la chiarezza della scrittura e per il suo messaggio. Con esempi ed autoesercitazioni mostra come ciascuno può agire su se stesso e trasformarsi. E se per primi cambiamo noi stessi, genereremo impatti positivi e cambieremo anche tutti gli altri intorno a noi. La Fragile bellezza del giorno IMMOBILI E TERRENI Pierpaolo Ceroli, Paola Paoletti, Sonia Pucci, Silvio Ruggieri (Giuffré, 2014) Il volume illustra attraverso quadri sinottici, tabelle, schemi di sintesi esemplificativi, le differenti tematiche e criticità in materia, risaltandone gli aspetti inerenti il possesso, la locazione, il leasing, l’accertamento, le società immobiliari, i trasferimenti, le successioni e donazioni e, non ultimo, le tutele finalizzate a preservare la proprietà mediante strumenti quali il trust. Completano il quadro, infine, le agevolazioni e le esenzioni, i tributi locali sugli immobili e il relativo contenzioso, con l'enunciazione degli obblighi dichiarativi e di versamento. L'opera tiene conto delle novità, tra cui la IUC (Imposta unica comunale), introdotte dalle principali disposizioni fiscali emanate a fine dicembre 2013 (legge di Stabilità, decreto Milleproroghe e decreto "Destinazione Italia"). TUIR 2014 Alessandro Blasi e Giorgio Minnucci Giorgio Montefoschi (Bompiani, 2014) Come gestire l’opposizione fra il ricordo e l’onda della vita che conosce soltanto il presente? Il nuovo romanzo di Montefoschi, forse il suo più intimo e universale, è tutto proteso a cogliere le intermittenze del cuore, quelle che ci costringono a sfidare, ogni volta di più, il tempo. Sesto potere La sorveglianza nella modernità liquida (Maggioli, 2014) Zygmunt Bauman, David Lyon (Laterza, 2014) L’opera, giunta alla VI edizione, analizza tutti gli argomenti oggetto del Tuir (DpR 22 dicembre 1986, n. 917 e successive modifiche e integrazioni), accompagnando la disamina con un approfondito commento degli autori. La trattazione è corredata di numerosissime annotazioni, che fanno riferimento alla più recente prassi amministrativa, alle più significative pronunce giurisprudenziali ed alla principale normativa collegata: l’obiettivo è quello di fornire al lettore tutti gli strumenti indispensabili per avere una visione completa ed esaustiva di ogni singolo argomento. Il volume si presenta come un supporto operativo e di consultazione di rara completezza ed utilità pratica, nonostante il numero di pagine relativamente contenuto. Questa edizione è aggiornata con la legge di Stabilità 2014 (L. 27 dicembre 2013 n. 147) e con il decreto Milleproroghe (d.l. 30 Dicembre 2013, n. 150). Siamo costantemente controllati, messi alla prova, valutati, giudicati nei più piccoli dettagli della vita quotidiana. Gli Autori si confrontano con un tema che ogni giorno acquista potere sulle nostre vite: cosa significa essere osservati e di continuo osservare… A cura di Maria Pia Parenti Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili Press Professione economica e sistema sociale Rivista del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili Direttore Responsabile Maria Luisa Campise Capo Redattore Enrico Zanetti Comitato di Redazione Alessio Berardino Alessandro Cotto Marcello Febert Umberto Lombardi Marilena Nasti Gianfrancesco Padoan Segreteria di Redazione Maria Pia Parenti Editore PRESS Srl Piazza della Repubblica, 59 00185 Roma Tel 06.478631 Progetto grafico e art direction Giuseppe Antonucci Impaginazione Hedrarte sas di Angelo Mastria Piazza della Repubblica, 59 00185 - ROMA Tel +39 06.47863322 Fax +39 06.47863640 Sito internet: www.commercialisti.it e-mail: [email protected] Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 408/2006 Ogni articolo firmato esprime esclusivamente il pensiero di chi lo firma e pertanto ne impegna la responsabilità personale
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