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Sentenza n. 331/2013 pubbl. il 22/01/2013
RG n. 7122/2006
N. R.G. 7122/2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
composto da:
dottor Umberto Scotti
dott. Vincenzo Toscano
dott.ssa Maria Cristina Contini
Presidente relatore ed estensore
Giudice
Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta in primo grado al n. 7122 R.G.2006, avente ad oggetto: concorrenza
sleale, promossa da
SOMM s.r.l. in persona del legale rapp.te pro tempore Patrizia Belluzzi, con sede in San Mauro
Torinese, via Emilia 20, ed elettivamente domiciliata in Torino, via Stefano Clemente 22 presso lo
studio dell’avv. Federica Bergesio, che la rappresenta e difende per procura in atti
ATTRICE
contro
SEI ESSE s.r.l. in persona del legale rapp.te pro tempore Domenico Cavallucci, con sede in Santa
Maria degli Angeli, zona industriale, Assisi (PG) ed elettivamente domiciliata in Torino, via Bagetti
31 presso lo studio dell’avv. Adriana Arena, che la rappresenta e difende, unitamente
all’avv.Leonardo Martinelli del Foro di Perugia, per procura in atti,
CONVENUTA
Udienza di precisazione delle conclusioni: 17 ottobre 2012.
CONCLUSIONI PER PARTE ATTRICE:
“Voglia l’Ill.mo Giudice adito
Reietta ogni contraria istanza
IN VIA ISTRUTTORIA
- Ammettersi prova per interpello e testi sui capitoli di prova dedotti nella memoria istruttoria datata 12.3.2007 ;
- Disporsi integrazione della C.T.U. volta a determinare il danno patito da SOMM, per il comportamento illecito
di SEI ESSE, sui dati SOMM, ossia il mancato guadagno alla luce dei dati economici di SOMM (prezzi di
vendita, ricavi, utili,ecc.), ovvero, in subordine, in considerazione dei rilievi di cui sopra, la comparizione del
C.T.U. a chiarimenti.
IN VIA PRINCIPALE
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IL TRIBUNALE ORDINARIO di TORINO
SEZIONE I° CIVILE
SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA di IMPRESE
- Accertare che il comportamento illecito descritto in premessa posto in essere dalla SEI ESSE s.r.l. integra la
fattispecie della concorrenza sleale di cui all’art. 2598 n. I c.c., nei confronti di parte attrice, e conseguentemente
inibire alla società convenuta dal persistere del suddetto comportamento illecito, all’uopo condannando la società
convenuta a cessare la produzione e la commercializzazione delle pensiline de quo nonché a ritirare dal mercato
quelle già commercializzate;
- Accertare che il comportamento illecito descritto in premessa posto in essere dalla SEI ESSE s.r.l. integra le
fattispecie della concorrenza sleale di cui all’art. 2598 n. 2-3 c.c., nei confronti di parte attrice, e conseguentemente
inibire alla società convenuta dal persistere del suddetto comportamento illecito, all’uopo condannando la società
convenuta a cessare la produzione e la commercializzazione delle pensiline de quo nonché a ritirare dal mercato
quelle già commercializzate;
IN OGNI CASO
- Condannare la società convenuta al risarcimento del danno a favore della società attrice nella misura di Euro
350.000,00 o nella veriore somma determinata di giustizia;
- Disporre ex art. 120 c.p.c che l’intestazione e il dispositivo dell’emananda sentenza siano pubblicati a spese del
soccombente sul periodico “La Repubblica”, nonché su altro periodico a tiratura regionale nell’ambito della regione
Umbria, entro il termine di sessanta giorni dal deposito della sentenza.
IN OGNI CASO
Con vittoria di spese ed onorari di causa.”
CONCLUSIONI PER PARTE CONVENUTA
“Affinché il Giudice adito, ogni contraria istanza eccezione e difese reiette voglia
1. In Via Preliminare
a) - Accertare e dichiarare la propria incompetenza per materia in favore della sezione specializzata;
b) - Accertare e dichiarare la propria incompetenza per territorio in favore della sezione specializzata di Firenze;
c) - Dichiarare improcedibile la domanda per difetto di rito.
2. In Via Istruttoria e nel caso di mancato accoglimento delle eccezioni preliminari:
a) - Ordinare alla SOMM S.r.l. ex art. 210 c.p.c. la produzione in giudizio degli originali dei documenti dalla
stessa allegati in copia, contrassegnati con i n. 3-4-5, e contestati in ordine alla loro genuinità e veridicità;
b) - Ammettersi CTU al fine di effettuare un’analisi comparativa tra le due pensiline.
3) Nel Merito e nella denegata ipotesi di mancato accoglimento delle eccezioni preliminari:
Rigettare la domanda d’inibitoria e condanna sia alla cessazione della produzione che di danni in quanto
palesemente infondate per i motivi di cui in narrativa.
Con vittoria di spese ed onorari di causa anche in ordine ed in caso di accoglimento delle eccezioni preliminari.”
BREVE SINTESI DELL’OGGETTO DEL GIUDIZIO
§ 1. La fase introduttiva della causa.
Con atto di citazione notificato in data 23 settembre 2005, la SOMM s.r.l. ha citato in giudizio la
SEI ESSE s.r.l. avanti il Tribunale di Torino, Sezione distaccata di Chivasso, al fine di ottenere
l’accertamento del comportamento illecito di concorrenza sleale di cui all’art. 2598 n. 1
(imitazione servile delle pensiline ombreggianti di sua produzione), nonché 2 e 3 c.c., da questa
posto in essere nei suoi confronti e conseguentemente ottenere l’inibitoria dei comportamenti
illeciti, la condanna a cessare la produzione e la commercializzazione delle pensiline in questione,
l’ordine di ritirare dal mercato quelle già commercializzate, nonché, in ogni caso, la condanna della
società convenuta al risarcimento del danno nella misura di € 350.000,00 (o veriore somma
determinata di giustizia) e infine la pubblicazione ex art. 120 c.p.c dell’intestazione e del
dispositivo dell’emananda sentenza a spese del soccombente sul periodico “La Repubblica”,
nonché su altro periodico a tiratura regionale nell’ambito della regione Umbria, entro il termine di
sessanta giorni dal deposito della sentenza.
A tal fine parte attrice ha allegato:
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di essere la produttrice di un particolare tipo di pensilina ombreggiante, costituente un
modello nuovo e originale, per il quale aveva ottenuto il 2.4.1990, su richiesta del 1988, il
brevetto n.214.171 per modello industriale di utilità;
che i caratteri originali scaturivano dalla particolare combinazione e forma dei pali,
rastremati e curvati sostanzialmente a gomito (90 gradi) in modo da formare un’ossatura
portante, costituita da un tratto di base ad andamento sostanzialmente verticale ed un
tratto ad andamento sostanzialmente orizzontale (traversine), sul quale era appoggiato e
vincolato un telo ombreggiante ed antigrandine;
che successivamente alla concessione del brevetto, la struttura delle pensiline SOMM era
stata modificata rispetto al modello originario;
che la nuova struttura delle pensiline SOMM prevedeva che i pali - l’ossatura portante
della pensilina - avessero un raggio di curvatura superiore a quello indicato nel modello
brevettato, ossia compreso tra 1.700 e 1.900 mm. e comunque superiore ai 90°, in modo
tale da realizzare, con il ramo superiore della copertura, un leggero spiovente;
che tale leggero spiovente richiamava l’immagine stilizzata di un battito d’ali e che tale
forma c.d. “a battito d’ali” costituiva la caratteristica peculiare delle pensiline SOMM;
che le pensiline SOMM venivano commercializzate in moduli di montaggio componibili,
composti da un minimo di due pali, con relativi traversina, morsetti e telo ombreggiante;
che ogni modulo aggiuntivo rispetto al modulo base era composto da un ulteriore palo,
oltre a relative traversine, morsetti e telo;
che nei primi mesi dell’anno 2005, il legale rappresentante della SOMM, eseguendo una
ricerca per prodotti sulla rete internet, aveva trovato il sito corrispondente alla società
convenuta;
che la pensilina ombreggiante riprodotta nel sito internet della società convenuta
riproduceva in modo identico la forma delle pensiline commercializzate dalla SOMM;
che le pensiline prodotte dalla SEI ESSE riproducevano il modello di pensiline SOMM
concretamente realizzato dalla società attrice (con struttura a leggero spiovente) e non
quello brevettato (con struttura ad angolo di 90°);
che i componenti delle pensiline della SEI ESSE sono costituiti da pali portanti
conicamente rastremati e curvati in modo da dare alla copertura, in combinazione con gli
altri elementi, una posizione a leggero spiovente;
che i componenti delle pensiline SEI ESSE erano intercambiabili con i componenti, tanto
che clienti riforniti dalla SEI ESSE avevano acquistato i pezzi di ricambio dalla SOMM;
che il listino SEI ESSE era identico, per prezzi e materiali, a quello SOMM;
che la società convenuta produceva le pensiline ombreggianti sopra descritte sin da
quando la forma delle pensiline SOMM era tutelata dalla normativa sui brevetti;
che il primo contatto tra la SOMM e la società convenuta era avvenuto nell’anno 1995;
che nel 1995 la SEI ESSE aveva posto sul mercato delle strutture a pensilina identiche a
quelle commercializzate dalla SOMM;
che in seguito alla diffida inoltrata dalla SOMM, la SEI ESSE aveva accettato un accordo,
che prevedeva che la SOMM avrebbe rinunciato ad azioni legali nei confronti della SEI
ESSE per la violazione della disciplina brevettuale, e che, di contro, la SEI ESSE avrebbe
interrotto la produzione delle pensiline ombreggianti;
che tale accordo non era stato rispettato, in quanto la SEI ESSE dal 1995 aveva
continuato la commercializzazione delle pensiline;
che la SOMM aveva sostenuto negli anni ingenti spese per l’acquisto di servizi
pubblicitari.
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Sentenza n. 331/2013 pubbl. il 22/01/2013
RG n. 7122/2006
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RG n. 7122/2006
§ 2 La consulenza tecnica d’ufficio ing.Quinterno.
Dopo il deposito delle memorie istruttorie è stata disposta c.t.u., affidata all’ing.Quinterno, volta a
accertare:
1. se le pensiline prodotte e commercializzate dalla SOMM fossero caratterizzate da elementi
individualizzanti, non necessitati da esigenze tecniche e non generalizzati o standardizzati,
e dotati di originalità e capacità distintiva, così da rendere tali pensiline riconoscibili
rispetto a quelle secondo la tecnica anteriore;
2. se, ed in base a quali criteri di valutazione, le pensiline prodotte da SEI ESSE
riproducessero elementi individualizzanti delle pensiline commercializzate nella forma
“battito d’ali” dalla SOMM,
3. comunque se esistesse confondibilità tra esse e di quale grado, tenuto conto della
competenza dei destinatari di tali prodotti.
Il C.t.u. ha accertato che le pensiline SEI ESSE avevano la medesima configurazione generale di
quelle prodotte dalla SOMM, con parametri dimensionali identici e che riproducevano gli aspetti
individualizzanti delle pensiline SOMM “ad ala di gabbiano”, sia in base ad un criterio di
valutazione dell’impressione estetica di insieme, sia in base ad un criterio di valutazione puntuale
dei valori dimensionali .
Sempre secondo il C.t.u. tra le pensiline SEI ESSE e le pensiline SOMM “ad ala di gabbiano” vi
era un marcato grado di confondibilità, tenuto conto che tali prodotti erano destinati anche al
grande pubblico, e dunque a utilizzatori normalmente dotati di una modesta capacità di
discernimento.
All’udienza fissata per disamina della relazione peritali, parte attrice ha chiesto la pronuncia di
sentenza parziale ed il Giudice ha fissato udienza all’11 febbraio 2009 per la precisazione delle
conclusioni.
§ 3. L’istruttoria sul quantum.
Con ordinanza dell’ 8 - 18 maggio 2009, il Collegio, avendo ritenuto necessario procedere al
completamento dell’istruttoria, ha ordinato alla convenuta l’esibizione in giudizio di documenti
attinenti la commercializzazione delle pensiline oggetto di causa a decorrere dal 1998 a quel
momento, e ha disposto disponeva ulteriore c.t.u. contabile volta a accertare il numero dei
prodotti venduti dalla convenuta, a calcolare il fatturato realizzato dalla loro vendita e a
quantificare l’utile da esso derivante.
Con provvedimento del 14 dicembre 2009, il Giudice ha disposto che la convenuta mettesse a
disposizione del CTU tutte le fatture di vendita ed i registri IVA dal 1998 al 2005, nonché tutte le
fatture relative agli acquisti di materie prime e un dettaglio dei costi imputabili al tipo di
lavorazione dedotto in causa per gli stessi anni.
§ 4. La fase decisoria.
Dopo il deposito delle memorie di osservazioni alla perizia, è stata fissata udienza di precisazione
delle conclusioni, poi rinviata per il trasferimento del Giudice incaricato.
Indi la causa è stata ri-assegnata ad altro magistrato della Sezione, che proceduto alla fissazione
di udienza per la precisazione delle conclusioni al 17 ottobre 2012, in cui la causa è stata
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Si è costituita in giudizio la società convenuta, eccependo in via preliminare del Tribunale di
Torino, sezione di Chivasso, a favore della Sezione specializzata, nonché l’incompetenza per
territorio a favore della Sezione specializzata di Firenze e chiedendo, nel merito, il rigetto della
domanda attorea.
A seguito delle eccezioni sollevate da parte convenuta il Giudice della Sezione distaccata di
Chivasso ha disposto la trasmissione del fascicolo al Presidente del Tribunale, che ha assegnato la
causa alla Sezione specializzata in materia di proprietà industriale e intellettuale.
Sentenza n. 331/2013 pubbl. il 22/01/2013
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trasmessa al Collegio per la decisione, con assegnazione dei termini di rito per il deposito degli
scritti difensivi.
Parte convenuta con la memoria di replica ha lamentato l’irrituale e tardiva produzione a opera
della controparte di numerosi documenti nuovi inseriti nella comparsa conclusionale, e ha chiesto
di dichiarare l’inammissibilità di tali produzioni nonché di valutare l’avversaria condotta
processuale ai sensi dell’art.88 c.p.c.
§ 5. Le eccezioni di incompetenza.
Parte convenuta ha precisato le conclusioni definitive richiamando quelle dell’originaria comparsa
di costituzione e risposta, così, almeno apparentemente, insistendo, in modo tralatizio, nelle
eccezioni processuali a suo tempo proposte.
La prima (incompetenza per materia in favore della sezione specializzata) peraltro, è ovviamente
superata visto che la controversia pende ora proprio dinanzi al Giudice indicato.
La seconda (incompetenza per territorio in favore della sezione specializzata di Firenze) pare
anch’essa il frutto di un mero richiamo in blocco delle originarie conclusioni, poiché parte
convenuta non ha più trattato l’argomento dopo la pronuncia dell’ordinanza “di rigetto” 9.5.2006
da parte del G.I. (per vero non competente in proposito ad emettere una pronuncia decisoria) e
non lo ha più illustrato nei propri scritti defensionali.
In ogni caso, come osservato da questo Tribunale, nella sentenza 7274 del 2011 SOMM-Comfa
“la pubblicizzazione del marchio … sul sito Internet della convenuta comporta la realizzazione dell’effetto dannoso
della condotta asseritamente illecita anche nell’ambito territoriale di questo Tribunale” agli effetti di cui
all’art.120 C.p.i.
§ 6. I richiami documentali eseguiti da parte attrice in comparsa conclusionale.
Parte attrice nelle pagine da 11 a 41 e 43 della sua conclusionale ha inserito la riproduzione
fotostatica di numerosi documenti, definendoli “segnali di riconoscimento e apprezzamento, ricevuti da
semplici cittadini e imprenditori, nonché da grandi Aziende di Prestigio Internazionale e dalle stesse Istituzioni” e
manifestando l’intento di metterli a disposizione del Tribunale.
Parte convenuta ha reagito con durezza in memoria di replica lamentando l’inserimento abusivo e
irrituale di numerosi documenti non esistenti nel fascicolo, e facendo valere l’inammissibilità e
inutilizzabilità di siffatte produzioni, protestando altresì la ravvisata violazione dei doveri di cui
all’art.88 c.p.c.
L’eccezione è chiaramente fondata e accoglibile.
La difesa di parte attrice infatti, ponendo in essere una palese e flagrante violazione delle regole
processuali e dei termini perentori assegnati per le attività istruttorie e le produzioni documentali,
ha cercato, con la tecnica indiretta della riproduzione dei documenti all’interno dello scritto
defensionale (comparsa conclusionale), di introdurre nel giudizio prove precostituite, di cui va
sancita l’inammissibilità e la inutilizzabilità a tutela del contraddittorio e della regolarità del
processo.
La sanzione non può però essere estesa a quei documenti, riprodotti nella stessa conclusionale,
che invece sono stati precedentemente e tempestivamente prodotti in giudizio (cfr pag. da 44 a
54) e il cui inserimento nello scritto difensivo costituisce un mero espediente tecnico di
evidenziazione grafica, da ritenersi legittimo e solamente inopportuno per l’appesantimento
degli atti che inevitabilmente comporta.
§ 7. Le prove orali di parte attrice.
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MOTIVI DELLA DECISIONE
Sentenza n. 331/2013 pubbl. il 22/01/2013
RG n. 7122/2006
§ 8. I principi in tema di concorrenza sleale confusoria per imitazione servile.
La SOMM accusa la convenuta SEI ESSE di concorrenza sleale confusoria per imitazione
servile, ai sensi dell’art.2598, n.1 c.c. per la riproduzione pedissequa delle sue pensiline (e cioè di
quelle effettivamente realizzate e commercializzate, con copertura a leggero spiovente modello,
dette “ad ala di gabbiano”).
E’ quindi doveroso precisare, pertanto, che è del tutto irrilevante in causa la titolarità del brevetto
per il brevetto n.214.171 per modello industriale di utilità, peraltro scaduto, visto che parte attrice
non lamenta la violazione di tale privativa ma deduce piuttosto la pedissequa copiatura dei suoi
prodotti realizzati con significative varianti rispetto a quanto brevettato.
La giurisprudenza in tema di concorrenza sleale per imitazione servile confusoria ex art. 2598 n. 1
c.c. riconosce tutela alle forme aventi efficacia individualizzante e diversificatrice del prodotto
rispetto ad altri simili e per contro nega protezione a quegli elementi formali dei prodotti imitati
che, nella percezione del pubblico, non assolvono ad una specifica funzione distintiva del
prodotto stesso, intesa nel duplice effetto di differenziarlo rispetto ai prodotti simili e di
identificarlo come riconducibile ad una determinata impresa1.
Ad esempio, recentemente nella giurisprudenza di legittimità:
“In tema di concorrenza sleale per confusione dei prodotti, l'imitazione rilevante ai sensi dell'art. 2598, n.
1, c.c. non esige la riproduzione di qualsiasi forma del prodotto altrui, ma solo quella che cade sulle
caratteristiche esteriori dotate di efficacia individualizzante, e cioè idonee, in virtù della loro capacità
distintiva, a ricollegare il prodotto ad una determinata impresa, sempreché la ripetizione dei connotati
formali non si limiti a quei profili resi necessari dalle caratteristiche funzionali del prodotto; ne consegue
che, in caso di utilizzo di confezioni identiche a quelle della impresa concorrente, sussiste l'illecito predetto
se tale comportamento è idoneo ad indurre il consumatore in inganno sulla provenienza del prodotto.
(Cassazione civile, sez. I, 12.02.2009, n. 3478)
“In tema di concorrenza sleale, al fine di accertare l'esistenza della fattispecie della confondibilità tra
prodotti per imitazione servile, è necessario che la comparazione tra i medesimi avvenga non attraverso un
esame analitico e separato dei singoli elementi caratterizzanti, ma mediante una valutazione sintetica dei
medesimi nel loro complesso, ponendosi dal punto di vista del consumatore e tenendo, quindi, conto che,
quanto minore è l'importanza merceologica di un prodotto, tanto più la scelta può essere determinata da
percezioni di tipo immediato e sollecitazioni sensoriali, anziché da dati che richiedano un'attenzione
riflessiva, e considerando altresì che il divieto di imitazione servile tutela l'interesse a che l'imitatore non
crei confusione con i prodotti del concorrente; tale interesse, in riferimento alla commercializzazione di un
gioco di società del quale non sia in discussione la libera produzione, può ritenersi, pertanto, soddisfatto
dalla presentazione del prodotto con contenitori differenti, recanti il marchio del produttore o comunque
una denominazione diversa, senza che abbiano, invece, rilievo gli elementi del gioco posti all'interno delle
confezioni, di natura funzionale e non immediatamente percepibili dai consumatori.”(Cassazione civile,
sez. I, 19.12.2008, n. 29775).
1
Nello stesso senso, di individuare quali presupposti dell’imitazione servile l’originalità del prodotto e la sua capacità
distintiva, si vedano anche, per es.: Trib. Torino, Sez. spec. PI, 12.7.2010; 6.5.2009; 3.3.2006 n. 3194.
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Parte attrice chiede nelle proprie conclusioni, in via istruttoria, l’ammissione delle prove per
interpello e testi sui capitoli di prova dedotti nella memoria istruttoria datata 12.3.2007, senza
peraltro argomentare alcunché a sostegno di tale istanza.
Tali prove, peraltro, sono superflue perché vertono essenzialmente sulla descrizione dei prodotti
di parte attrice e sulla contraffazione confusoria praticata dalla convenuta e quindi su temi tecnici
sui quali ha risposto esaurientemente l’effettuata c.t.u., nonché sugli investimenti pubblicitari
eseguiti dalla SOMM (peraltro documentati e non specificamente contestati ex art.115 c.p.c. ex
adverso).
“In tema di concorrenza sleale per imitazione servile, sono tutelabili le sole forme esteriori dei prodotti, che
siano arbitrarie, vale a dire non necessitate dalla funzione del prodotto stesso e distintive, idonee a
ricollegare il prodotto ad una data impresa, non essendo invece rilevante che si tratti di forme non
standardizzate ovvero non volgarizzate, vale a dire divenute caratterizzanti di quel tipo di prodotto in
generale (alla stregua di tale principio, la Suprema Corte ha confermato la sentenza di merito che aveva
escluso la tutela di colonnine per la spillatura della birra a forma di serpente cobra, in quanto non
sufficientemente individualizzanti).”(Cassazione civile, sez. I, 17.12.2008, n. 29522);
“In tema di concorrenza sleale, costituisce imitazione rilevante, ai fini della concorrenza sleale per
confondibilità, la riproduzione di una forma del prodotto altrui, che cada sulle caratteristiche esteriori
dotate di efficacia individualizzante e, dunque, idonee, proprio in virtù della loro capacità distintiva, a
ricollegare il prodotto ad una determinata impresa, imprimendosi nella mente dei
consumatori.”(Cassazione civile, sez. I, 26.11.2008, n. 28215)
La giurisprudenza ha accuratamente sottolineato il riparto degli oneri probatori e la necessità di
una prova rigorosa della capacità distintiva posseduta dalla forma del prodotto:
“In tema di concorrenza sleale, la tutela di cui all'art. 2598, comma 1, c.c., attiene non alla forma del
prodotto in sé, bensì a quegli elementi accidentali o capricciosi che consentono di assurgere a elemento
distintivo della provenienza. Quindi, l'originalità del prodotto e la sua capacità distintiva integrano
entrambi fatti costitutivi della contraffazione per imitazione servile, essendo i medesimi requisiti necessari
non in via alternativa ma in via cumulativa.”(Tribunale Milano, Sez. specializzata PI,
06.05.2011, Banca Dati Juris Data);
“In tema di concorrenza sleale per imitazione servile, la tutela offerta dall'art. 2598 n. 1, c.c. concerne le
forme aventi efficacia individualizzante e diversificatrice del prodotto rispetto ad altri simili, non essendo,
tuttavia, compresi nella tutela medesima gli elementi formali dei prodotti imitati che, nella percezione del
pubblico, non assolvano ad una specifica funzione distintiva del prodotto stesso, intesa nel duplice effetto di
differenziarlo rispetto ai prodotti simili e di identificarlo come riconducibile ad una determinata impresa.
Ed invero, l'originalità del prodotto e la sua capacità distintiva integrano entrambi fatti costitutivi della
dedotta contraffazione per imitazione servile, essendo i medesimi requisiti necessari non in via alternativa,
ma in via cumulativa. Il relativo onere probatorio incombe, quindi, su chi agisce in contraffazione, mentre
incombe sul convenuto in contraffazione l'onere di provare la mancanza di novità del prodotto dell'attore o
la perdita sopravvenuta della sua capacità distintiva, quali fatti estintivi dell'altrui diritto. La protezione
concorrenziale, riguardando gli elementi esterni ed appariscenti, si estende, oltre che alla forma del prodotto
in sé, anche - e soprattutto - alla sua confezione, nella sua funzione distintiva di collegamento dei prodotti
(ivi contenuti) ad una determinata impresa.”(Tribunale Milano, Sezione specializzata PI,
14.04.2011, Banca Dati Juris Data);
“L'art. 2598 n. 1 c.c. tutela esclusivamente le forme che hanno efficacia individualizzante e
differenziatrice del prodotto rispetto a prodotti dello stesso genere per cui non possono essere tutelati quegli
aspetti formali del prodotto imitato i quali, ancorché privi di carattere funzionale e necessario, siano
comunemente adottati per un certo prodotto e non abbiano invece la funzione di diversificarlo dai prodotti
dello stesso genere presenti sul mercato e quindi, al tempo stesso, di identificarlo come proveniente da una
determinata impresa.”(Tribunale Torino, Sezione specializzata PI, 13.06.2011, Banca Dati
Juris Data).
Pertanto costituisce imitazione servile confusoria la ripresa delle caratteristiche estetiche dotate di
efficacia individualizzante (e quindi idonee a ricollegare un certo prodotto a una determinata
impresa), in modo da indurre il consumatore a ritenere erroneamente che il prodotto imitante
provenga dalla stessa fonte produttiva di quello imitato.
Va esclusa però l’imitazione servile quando la ripetizione dei connotati formali si limiti a quei
profili resi necessari dalle caratteristiche funzionali e necessitate del prodotto, in quanto il divieto
di imitazione servile attiene ai caratteri non essenziali, non funzionali, capricciosi o arbitrari e per
tale motivo individualizzanti, con conseguente onere di differenziazione da parte del
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§ 9. Le caratteristiche originali e individualizzanti delle pensiline SOMM.
Nel presente caso, non può revocarsi in dubbio, come già affermato da questa Sezione con la
sentenza 7274/2011, che le pensiline SOMM in esame siano caratterizzate da una combinazione
di elementi individualizzante, non tecnicamente necessitata, nè generalizzata o standardizzata, e
dotata di originalità, come riferito puntualmente nella relazione del C.T.U. ing.Quinterno.
Il C.T.U. ing. Quinterno, dopo aver esaminato con attenzione le anteriorità in materia di pensiline
per auto (pag. 18 e ss.), così conclude (pag. 24):
“La pensilina SOMM presenta, comunque, rispetto alla pensilina Substudio, una propria fisionomia originale
individualizzante, caratterizzata invero dalla specifica combinazione di caratteristiche di forma generale dei suoi
pali, tubolari a rastremazione conica, e della caratteristica di inclinazione della loro parte a sbalzo...La loro
peculiare combinazione attuata nella pensilina SOMM per cui è causa risulta nuova, originale e riconoscibile. Alle
suddette caratteristiche si deve poi aggiungere lo specifico insieme di valori dimensionali delle varie parti componenti
della pensilina SOMM e delle misure relative alle distanze di posizionamento di tali parti e componenti”.
Il C.T.U. ha quindi affermato (pag. 24 e ss.) che lo stato della tecnica anteriore consente di
escludere che la suddetta combinazione di caratteristiche delle pensiline SOMM possa essere
generalizzata o standardizzata.
In particolare, il C.T.U, in sede di valutazione delle caratteristiche della pensilina SOMM, e in
particolare dell’inclinazione della parte a sbalzo dei pali, ha stabilito (pag. 25 -26) che “l’inclinazione
a 10° della parte a sbalzo della pensilina SOMM non si può ritenere strettamente necessitata da esigenze tecniche
e/o funzionali”.
Secondo il C.t.u., anche riguardo alla scelta degli specifici valori dimensionali, sono presenti alcuni
margini di libertà di esecuzione e pertanto “la peculiare combinazione della conformazione generale dei pali,
della inclinazione rispetto all’orizzontale della loro parte a sbalzo, nonché dell’insieme degli specifici valori di
dimensioni/distanze dei vari componenti è originale e non può ritenersi necessitata da esigenze tecniche/funzionali,
né generalizzata o standardizzata”.
Tali conclusioni, logiche e puntualmente motivate, non criticate adeguatamente da parte
convenuta e tantomeno confutate sul piano tecnico e scientifico, ben possono essere recepite dal
Giudice e poste a fondamento della decisione.
§ 10. La capacità distintiva della forma del prodotto.
Occorre poi valutare la sussistenza della capacità distintiva della forma del prodotto, questione
sulla quale la difesa della convenuta ha formulato le più vivaci contestazioni e la stessa parte
attrice (forse anche per effetto del campanello d’allarme rappresentato dalla sospensiva accordata
ex art.283 c.p.c. dalla Sezione Specializzata della Corte di Appello di Torino nei confronti della
2
Cfr.: Trib. Torino, 22.4.2009; Cass. civ., sez. I, 12.2.2009 n. 3478; Cass. civ., sez. I, 19.12.2008 n. 29775; Cass. civ.,
sez. I, 26.11.2008 n. 28215; Trib. Milano 27.3.2007; Cass. civ., sez. I, 16.7.2004 n. 13159; Trib. Torino 22.12.1998;
Trib. Milano 5.3.1992.
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concorrente)2.
In buona sintesi, la giurisprudenza accorda tutela, attraverso la repressione degli atti di
concorrenza sleale confusoria, contro la pedissequa imitazione delle forme del prodotto di un
altro imprenditore, che non siano protette specificamente da un titolo di proprietà industriale
(marchio di forma, modello di utilità) ad una triplice condizione, ossia che la forma del prodotto:
1. sia originale e arbitraria (e quindi elaborata rispetto alle forme comunemente diffuse),
2. non sia necessitata tecnicamente (così evitando di attribuire in via indiretta e surrettizia
monopoli sull’attività e sul prodotto),
3. che sia dimostrata la sua capacità distintiva, ossia la sua attitudine a connotare i prodotti
come provenienti da quello specifico imprenditore (così operando quale segno distintivo
di fatto e meritando protezione a tutela dell’avviamento dell’imprenditore e
dell’affidamento dei consumatori).
parallela decisione n.7274/2011 resa da questa Sezione, in diversa composizione, in causa
SOMM-COMFA) ha avvertito la debolezza del proprio castello probatorio, al punto da tentare
una correzione fuori tempo massimo con la documentazione prodotta con la comparsa
conclusionale, sopra stigmatizzata (cfr § 6).
Occorre cioè pronunciarsi sulla capacità distintiva delle pensiline in esame, cioè circa la loro
idoneità a rendersi riconoscibili, agli occhi dei destinatari dei prodotti, come provenienti dalla
SOMM.
Come sopra accennato, gli elementi formali dei prodotti imitati debbono assolvere ad una
specifica funzione distintiva, non solo differenziandoli rispetto ai prodotti simili ma anche
identificandoli come inequivocamente riconducibili ad una determinata impresa.
Non a caso la dottrina ravvisa nella forma –prodotto tutelata attraverso la repressione dell’attività
concorrenziale confusoria per imitazione servile una sorta di “marchio di fatto”, o quantomeno
un segno distintivo atipico, rientrante nella clausola generale di cui all’art.1 C.p.i. “altri segni
distintivi”), coerentemente ravvisando la competenza delle Sezioni Specializzate ex art.134 C.p.i.,
sul presupposto dell’interferenza con i diritti di proprietà industriale3.
L’elemento della capacità distintiva rappresenta fatto costitutivo della contraffazione per
imitazione servile e il relativo onere probatorio incombe, quindi, su chi agisce in contraffazione.
La convenuta insiste sul fatto che il C.t.u. ing.Quinterno era stato chiamato a pronunciarsi sul
punto se la combinazione originale di caratteristiche della pensilina SOMM avesse acquisito o
meno agli occhi dei destinatari del prodotto capacità distintiva della sua provenienza dalla SOMM
e cioè, nella sostanza, avesse assunto la funzione sostanziale del marchio di impresa.
Al proposito occorre introdurre alcune precisazioni.
Nell’ordinanza del 28.5.2007 il Giudice istruttore ha riservato la formulazione del quesito
all’udienza di giuramento, come ancora la lettera dell’art.191 c.p.c. ante riforma del 2009
astrattamente consentiva.
All’udienza del 6.7.2007 è stata data lettura del quesito, contenuto in un foglio a parte allegato al
verbale, evidentemente nel frattempo predisposto dal Giudice in vista dell’udienza.
Il quesito non contiene affatto una espressa richiesta al C.t.u. di esprimersi sulla capacità distintiva,
perlomeno al di là dell’aspetto prettamente tecnico, giacché nel punto 1) è stato richiesto al C.t.u.
di pronunciarsi solo sull’attitudine degli elementi individualizzanti, non necessitati da esigenze
tecniche e non standardizzati, tali da rendere le pensiline SOMM riconoscibili rispetto a quelle
confezionate secondo la tecnica anteriore.
E la cosa non deve sorprendere perché al Consulente poteva essere legittimamente richiesto di
esprimersi sull’aspetto tecnico sopra accennato e non già di pronunciarsi su di una questione di
fatto, di rilevanza prettamente giuridica, ossia su di un fenomeno collettivo di associazione
mentale fra forma del prodotto e nome dell’impresa nel pubblico mercato di riferimento.
Peraltro l’ing.Quinterno, presumibilmente sulla spinta della trattazione delle parti, si è ritenuto
investito della questione trattata nel punto VIII.3, pag.27, della relazione, e così si è indotto a
pronunciarsi anche sul fatto se sussistessero prove documentali circa il riconoscimento e la
memorizzazione da parte del pubblico dell’immagine delle pensiline SOMM.
A tal proposito, a pagina 28 il C.t.u. ha osservato che:
la presentazione della pensilina SOMM in siti web della stessa società non costituiva di per
sé prova che la pensilina per cui è causa avesse assunto, agli occhi del pubblico,
distintività tale per cui essa fosse di per sé suscettibile di essere riconosciuta come
proveniente dalla SOMM;
le pagine pubblicitarie prodotte in giudizio non mostravano la specifica pensilina SOMM
che ha formato oggetto di analisi e dibattito nel corso della Consulenza Tecnica, bensì
un’altra pensilina SOMM presentante pali di sostegno che, benché aventi un profilo ad
3
Cfr, da ultimo, Cass.civ. 18.5.2010 n.12153.
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Sentenza n. 331/2013 pubbl. il 22/01/2013
RG n. 7122/2006
“ala di gabbiano” erano nettamente diversi da un semplice palo conico curvato;
nella pagina seguente (29) era stata riprodotta una di tali pagine pubblicitarie, nella quale,
in luogo di semplici pali, la pensilina ivi mostrata presentava strutture composite,
comprendenti due correnti a forma di “ala di gabbiano”, interconnessi da un elemento
intermedio;
che inoltre le pensiline di cui alle suddette pagine pubblicitarie presentavano un numero
di tronchi o tubi traversi nettamente diverso da cinque (si direbbe circa una decina);
che in definitiva, la pensilina mostrata nella pagine pubblicitarie in esame non era
sicuramente quella definita nelle memorie tecniche SOMM;
che le fatture per attività pubblicitarie non consentivano di accertare se tali attività
propagandistiche avessero riguardato proprio la pensilina oggetto di c.t.u.
Il C.t.u. ha quindi concluso che al momento non risultavano elementi di prova che consentissero
di affermare che la pensilina per cui è causa avesse effettivamente acquisito carattere distintivo di
prodotto SOMM agli occhi del pubblico destinatario.
La censura della valutazione peritale è stata affidata da parte attrice, oltre che alla documentazione
irritualmente inserita all’interno della comparsa conclusionale, alle argomentazioni svolte alle
pagine 42-54 della sua conclusionale, che essenzialmente vertono sulla rilevanza degli
investimenti pubblicitari effettuati per la propaganda delle pensiline in questione e sull’errore
commesso dal C.t.u. che nel valutare i suoi docc. 17 a 25 (che erano copie di pagine di giornale, di
grosse dimensioni, ripiegate) si era soffermato solo sull’immagine raffigurata nella parte superiore
(relativa alla pensilina a carico portante) trascurando l’immagine raffigurata nella parte inferiore
(relativa alla pensilina ad ala di gabbiano), evidentemente per non aver aperto bene i fogli.
Va dato atto a parte attrice che tale errore commesso dal C.t.u. è effettivamente evidente e balza
agli occhi ove si confrontino i documenti sopra indicati (e ritualmente prodotti da parte attrice),
che raffigurano anche la pensilina ad ala di gabbiano e non solo l’immagine riportata alla pagina
29 della relazione peritale, che riguarda solo la pensilina a carico portante della parte superiore
delle produzioni.
Tale corretta censura non è tuttavia sufficiente a ribaltare l’esito della valutazione del perito e
soprattutto a influenzare decisivamente l’opinione di questo Tribunale.
Il punto essenziale, infatti, è che le campagne pubblicitarie in questione si riferiscono al 2004, a
parte la prima sul Sole 24 Ore che risale al 2002 (doc.17 e fattura doc.29).
E’ poi la stessa parte attrice, in comparsa conclusionale, a riferire che solo successivamente alla
popolarità conseguita e ai successi commerciali ottenuti la SOMM aveva avviato le campagne
pubblicitarie, nel 2001 sui quotidiani (anche se la prima documentazione è del 2002, ut supra
ricordato) e dal 2006 sulle reti televisive nazionali.
Sulla scorta dei principi di diritto illustrati nel § 8, che governano i presupposti della tutela
concorrenziale della forma del prodotto, come segno d’impresa atipico, contro le altrui imitazioni
servili, in difetto di monopolio assicurato da un titolo di proprietà industriale tipizzato, appare
evidente che la verifica dei presupposti della violazione imitativa confusoria va condotta con
riferimento al momento storico in cui vengono immessi sul mercato i prodotti “imitati”.
E’ in quel momento infatti che deve accertarsi se il segno atipico valga o meno a ricondurre
nell’opinione dei consumatori il prodotto imitato all’impresa del produttore che per primo lo ha
immesso sul mercato e che ne avrebbe fatto il vessillo della propria azienda.
Certamente non é agevole la prova diretta di un fenomeno psichico collettivo (ossia l’associazione
mentale prodotto-impresa nella mente del pubblico dei consumatori di riferimento); in difetto di
un’indagine demoscopica e di rilievi statistici, nella fattispecie del tutto mancanti, la prova può
essere fornita anche in via indiziaria e presuntiva, ex art.2729 c.c., ossia mediante la prova di una
serie di indizi, gravi, precisi e convergenti che consentono di ricavare in via induttiva dai fatti noti
il fatto ignoto-obiettivo di prova, secondo quel che normalmente accade nell’ordinario
concatenarsi delle vicende umane.
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Sentenza n. 331/2013 pubbl. il 22/01/2013
RG n. 7122/2006
In questa prospettiva non sarebbero quindi irrilevanti la prova di un massiccio volume di vendite,
di una capillare penetrazione del mercato e di massicce campagne pubblicitarie sui mezzi di
comunicazione di massa, che in adeguato e calibrato concorso fra loro potrebbero autorizzare una
ragionevole illazione circa la sussistenza del fenomeno psichico collettivo.
E allora nella presente controversia è doveroso rimarcare che gli investimenti pubblicitari
provati da parte attrice non possono servire a dimostrare – oltretutto in modo indiretto e
presuntivo - il radicamento nella pubblica opinione dei consumatori di riferimento circa
l’identificazione tra le pensiline ad ala di gabbiano e la SOMM, autrice degli investimenti
pubblicitari, per la semplice e dirimente ragione che la SEI ESSE aveva all’epoca degli
investimenti e della pubblicità già da tempo iniziato a produrre e a vendere la pensilina
“contraffatta”.
Si veda in proposito la relazione del C.t.u. dott. Pagliero, pag.15 e seguenti e la documentazione
richiamata, da cui risultano le vendite effettuate già nel 1998 (12), nel 1999 (15), nel 2000 (25) e
nel 2001 (43).
Della predicata rapida e capillare diffusione della pensilina SOMM sin dal 1988 non è stata fornita
prova convincente; tantomeno è stata fornita prova di quell’effetto psicologico collettivo di
associazione fra prodotto e impresa che solo potrebbe giustificare la tutela richiesta, effetto, si
ripete, che doveva essersi realizzato prima che la SEI ESSE iniziasse a sua volta a produrre il
manufatto, non coperto da un titolo di proprietà industriale che ne assicurasse il monopolio al
primo produttore.
Le considerazioni al riguardo svolte da parte di questo Tribunale nella sentenza n.7274 del 2011,
opportunamente e doverosamente rimeditate, non appaiono idonee a motivare un diverso
convincimento.
L’originalità in sé delle pensiline SOMM costituisce solo un indizio e comunque non è stata
fornita la prova dell’inizio di produzione della pensilina ad ala di gabbiano e dei volumi venduti,
prima dell’inizio dell’attività da parte di SEI ESSE
La visibilità assunta dalle pensiline in seguito all’esposizione sul sito della SOMM è anch’essa solo
un elemento indiziario. Non vi è comunque prova dell’attivazione del sito (peraltro improbabile
anche alla stregua di nozioni di comune esperienza circa la diffusione di massa del fenomeno
Internet in Italia) e di campagne pubblicitarie prima dell’inizio delle vendite da parte di SEI ESSE
nel 1998.
Il sito web di SOMM è documentato nel 2002 e nel 2005.
Le fatture relative a inserzioni pubblicitarie eseguite dalla SOMM risalgono per la quasi totalità al
periodo 2002 -2004 (salvo la fattura 32 del 2001 – doc.26).
Le inserzioni pubblicitarie su quotidiani nazionali partono dal 2002 e poi dal 2004, come sopra
osservato.
Per quanto sopra esposto deve ritenersi che la SOMM non abbia fornito la prova, che le
incombeva, circa la capacità distintiva del prodotto nella mente dei consumatori, perlomeno con
riferimento all’epoca rilevante in cui la SEI ESSE ha iniziato la produzione.
Al momento in cui SEI ESSE ha iniziato l’attività denunciata non spettava a SOMM alcun
monopolio o alcuna privativa, né in forza di titolo di proprietà industriale inesistente, né in forza
di un uso di fatto della forma del prodotto in funzione distintiva che non si era radicato
nell’immaginario collettivo.
Appare inoltre irrilevante che in epoca successiva il massiccio volume degli investimenti
pubblicitari effettuati da SOMM abbia rafforzato il collegamento fra prodotto e impresa, non
potendosi applicare i principi in tema di secondary meaning al campo della concorrenza sleale
confusoria, in difetto di un titolo di proprietà industriale convalidabile ( cfr art.13 C.p.i.).
In ogni caso non v’è prova dell’ipotizzato rafforzamento, per acquisizione della distintività nel
tempo sulla base dell'uso reiterato, prova oltretutto che dovrebbe essere fornita in modo
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Sentenza n. 331/2013 pubbl. il 22/01/2013
RG n. 7122/2006
Sentenza n. 331/2013 pubbl. il 22/01/2013
RG n. 7122/2006
§ 11. Le relazioni intercorse fra le due società.
Parte attrice ha sostenuto in citazione che nel 1995 le due società erano venute a contatto poiché
SOMM si era accorta della collocazione sul mercato da parte di SEI ESSE di pensiline
contraffatte e l’aveva diffidata, minacciando l’esperimento dell’azione per violazione del brevetto;
SOMM aggiunge che le parti erano addivenute ad un accordo con la rinuncia da parte sua alla
proposizione di azioni legali e l’impegno di SEI ESSE ad interrompere la produzione,
Parte convenuta al riguardo ha sostenuto (cfr in particolare memoria ex art.184 c.p.c. del 7.3.2007)
che all’avversaria diffida, inviata peraltro dallo studio brevettuale Aprà, essa aveva risposto il
7.6.1995 (non 2005, come indicato erroneamente), fornendo chiarimenti circa la diversificazione
delle pensiline prodotte dalle due aziende, che avevano soddisfatto la SOMM.
Il Tribunale reputa ininfluente tale profilo.
La lettera 26.5.1995, prodotta come doc.1 allegato alla memoria istruttoria da parte convenuta (e
diversa dalla copia prodotta come doc.16 di parte attrice, perché non risulta sottoscritta anche dal
legale rapp,.te SOMM, ma solo dallo Studio mandatario) è stata predisposta dello Studio Aprà per
conto SOMM con l’inequivocabile riferimento al brevetto per modello industriale di utilità n.
214.171, richiesto il 19.2.1988 e concesso il 2.4.1990, allegato alla missiva con gli annessi disegni.
Nella lettera SOMM afferma di aver progetto, sviluppato emesso in opera, nonché brevettato
“una struttura a pensilina avente l’originale aspetto esteriore e la caratteristica struttura, quale risultante dal sopra
indicato brevetto”; lo Studio Aprà ha quindi addotto la violazione dei diritti rivenienti dal brevetto
(pur prospettandoli, cumulativamente, anche come atti di concorrenza sleale) e ha assegnato un
termine alla controparte per dar assicurazione della cessazione della produzione.
Ha risposto in data 7.6.1995 la SEI ESSE, riconoscendo di produrre pensiline ma escludendo
qualsiasi illiceità della sua condotta per la completa diversità del suo prodotto rispetto a quello
SOMM, quanto a caratteristiche estetiche, materiali usati e modo di assemblaggio.
Tutta la vicenda è ininfluente, secondo il Tribunale, e non solo perché SEI ESSE non ha
ammesso alcunché ed anzi ha contestato l’avversaria pretesa, mentre l’inerzia successiva di
SOMM, che pur fruendo della consulenza di uno studio specializzato, non ha dato corso alla
minaccia di azioni cautelari, farebbe piuttosto pensare ad una spontanea desistenza indotta dalle
risposte di SEI ESSE più che a una transazione di cui non v’è la benché minima traccia
documentale (necessaria ad probationem ex art.1967 c.c.).
Soprattutto appare dirimente il rilievo che SOMM ha in quell’epoca allegato la produzione della
pensilina oggetto di brevetto e non di quella diversa, modificata, che ha posto nella sua valenza
distintiva di forma-prodotto a fondamento della presente azione giudiziale (cfr punto 4 atto di
citazione).
§ 12. La concorrenza sleale per appropriazione di pregi e atti contrati alla correttezza
professionale.
Parte attrice ha altresì prospettato la commissione da parte della SEI ESSE di concorrenza sleale
per appropriazione di pregi (art.2598 n.2.) e atti contrari alla correttezza professionale (art.2598
n.3).
4
Legittima in quanto, per definizione, nell’ipotesi in considerazione la forma- prodotto del primo produttore non
aveva acquisito capacità distintiva prima dell’inizio della produzione da parte del concorrente.
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particolarmente rigoroso in una situazione di legittima4 compresenza delle varie forme-prodotto
sul mercato.
In tale ipotesi la prova della promozione pubblicitaria di uno dei prodotti di analoga forma
compresenti ha ovviamente molto minor valore indiziario e presuntivo ai fini della dimostrazione
dell’acquisizione di capacità distintiva ed emblematica, rispetto alla situazione in cui il prodotto
pubblicizzato massicciamente sia l’unico del genere offerto ai consumatori..
Tanto basta al rigetto della domanda attorea.
A tal proposito va radicalmente esclusa la sussistenza delle altre forme di concorrenza sleale
lamentate dalla parte attrice, in primo e dirimente luogo, perché SOMM prospetta tali violazioni
sostanzialmente sulla base degli stessi elementi di fatto posti a fondamento della denunciata
violazione dell’art.2598 n.1.
Secondo SOMM, SEI ESSE si appropria dei pregi dei suoi prodotti e svolge concorrenza
parassitaria semplicemente perché imita servilmente i suoi prodotti, e così clona la domanda
principale sotto differenti cortine giuridiche; il che ingenera un palese difetto di deduzione delle
norme asseritamente violate, che considerano comportamenti dell’imprenditore diversi dalla mera
imitazione servile dei prodotti del concorrente.
In secondo luogo, è evidente che la tesi di SOMM sta e cade con il cadere dell’accusa di
imitazione servile, visto che si basa sugli stessi elementi costitutivi e probatori.
Comunque, anche a prescindere dall’inadeguata allegazione sopra stigmatizzata, non è provata una
condotta di appropriazione di pregi, considerato che la SEI ESSE non risulta avere mai attribuito
espressamente ai propri prodotti qualità possedute solo dalle pensiline SOMM.
Infatti la concorrenza sleale per appropriazione di pregi ricorre quando un imprenditore, in forme
pubblicitarie o equivalenti, attribuisce ai prodotti della propria impresa pregi, quali riconoscimenti
o virtù, da essi non posseduti, ma appartenenti ai prodotti o all’impresa del concorrente (cfr per
es.: Cass. civ., sez. I, 21.11.1983 n. 6928).
Nel presente caso non risulta che la convenuta, al di là dell’imitazione servile, comunque esclusa
ut supra, abbia compiuto specifici atti (pubblicitari o meno) diretti ad attribuire ai propri prodotti
qualità dei prodotti attorei, ad accostare in modo suggestivo i propri prodotti a quelli attorei e a
ingenerare nel pubblico la convinzione che i propri prodotti abbiano le stesse qualità di quelli
dell’attrice.
Non risulta neppure una condotta di concorrenza parassitaria, non essendo stato allegato e
comunque provato che la convenuta abbia posto in essere una imitazione sistematica e protratta
nel tempo di tutte le iniziative della concorrente, in un cammino costante sulle sue orme.
§ 13. Conseguenze.
In conseguenza di quanto esposto le domande tutte di parte attrice, di accertamento dell’illecito,
di inibitoria e di condanna al risarcimento dei danni, come pure le richieste accessorie, vanno
rigettate.
§ 14. Le spese processuali.
Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese processuali, tenuto conto del
precedente difforme di questa stessa Sezione Specializzata, reso in caso analogo, nonché del
tenore dell’ordinanza collegiale 8-18.5.2009, che, dando ingresso alla consulenza tecnica sul
quantum, ha ulteriormente rafforzato il convincimento di parte attrice circa la ritenuta fondatezza
delle proprie pretese.
I costi delle due consulenze tecniche esperite rispettivamente dall’ing.Giuseppe Quinterno e dal
dott. Ivano Pagliero vanno posti in via definitiva a carico di parte attrice, così come liquidate nei
decreti in atti, senza pregiudizio per le ragioni del C.t.u. scaturenti dai predetti decreti, secondo la
regola generale della soccombenza.
§ 15. La richiesta ex art.88 c.p.c.
Parte convenuta con la memoria di replica, dopo aver lamentato l’irrituale, tardiva e inammissibile
produzione ad opera della controparte di numerosi documenti nuovi inseriti nella comparsa
conclusionale, ha chiesto al Giudice di valutare l’avversaria condotta processuale ai sensi
dell’art.88 c.p.c., che, come è noto, impone alle parti e a loro difensori il dovere di comportarsi in
giudizio con lealtà e probità e in caso di mancanza dei difensori a tale dovere prevede il dovere
del Giudice deve riferirne alle Autorità che esercitano il potere disciplinare su di loro.
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Sentenza n. 331/2013 pubbl. il 22/01/2013
RG n. 7122/2006
Sentenza n. 331/2013 pubbl. il 22/01/2013
RG n. 7122/2006
Il Tribunale non ritiene che il difensore di parte attrice abbia violato il dovere di condotta
secondo lealtà e probità sancito dalla norma invocata; l’infrazione infatti non è ravvisabile per il
solo fatto della violazione di norme processuali, ancorché presidiate da decadenze e preclusioni, se
essa non avviene con modalità di per sé sleali, in quanto idonee a trarre in inganno la controparte
o il Giudice.
Nella fattispecie, producendo tardivamente i documenti, parte attrice ha solamente tentato di
modificare inammissibilmente il materiale probatorio, ma non si è sottratta alla reazione
avversaria nel contraddittorio (proposta in modo puntuale e tempestivo) e al controllo del
Giudice (che sarebbe scattato anche d’ufficio), né ha cercato fraudolentemente di contrabbandare
i documenti tardivi come già prodotti in giudizio.
In sintesi, secondo il Tribunale, non vi è una condotta sleale ma solo una condotta
processualmente irregolare adeguatamente sanzionata con la declaratoria di inammissibilità.
Il Tribunale,
definitivamente pronunciando;
respinta ogni diversa istanza, eccezione e deduzione;
respinge tutte le domande proposte da parte attrice;
dichiara compensate fra le parti le spese processuali;
pone, in via definitiva, a carico di parte attrice il costo delle due consulenze tecniche esperite
rispettivamente dall’ing.Giuseppe Quinterno e dal dott. Ivano Pagliero, così come liquidati nei
decreti in atti, senza pregiudizio per le ragioni del C.t.u. scaturenti dai predetti decreti;
respinge la richiesta di trasmissione degli atti ai sensi dell’art.88, comma 2, c.p.c.
Così deciso in Torino il 18 gennaio 2013, dalla Sezione Specializzata in materia di Imprese del
Tribunale di Torino, nella composizione prevista per la camera di consiglio dell’11 gennaio 2013.
Il Presidente (relatore ed estensore)
dott.Umberto Scotti.
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P.Q.M.