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Sentenza n. 3597/2013 pubbl. il 28/05/2013
RG n. 16967/2011
N. R.G. 16967/2011
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE ORDINARIO di TORINO
SEZIONE I° CIVILE
SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA di IMPRESA
composto da:
dott. Umberto Scotti
dott.ssa Silvia Vitrò
dott. Francesco Rizzi
Presidente relatore ed estensore
Giudice
Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta in primo grado al n. 16967 R.G 2011, avente ad oggetto: nullità di
marchio, promossa da
O.P.E. FEDERICOLCESE PUBBLICITA’ ESTERNA s.p.a., in persona del legale rapp.te
pro tempore dott.ssa Mariacristina Olcese, con sede in Milano, via Olgiati 26 ed elettivamente
domiciliata in Torino, c.so Duca degli Abruzzi 15 presso lo studio dell’avv. Fabrizio Tarocco , che
lo rappresenta e difende initamente all’avv.Renato Speciale del Foro di Genova, per procura in
atti
ATTORE
PUBLIENNE s.r.l., già O.M.S. OLCESE PUBBLICITA s.r.l. in persona del legale rapp.te
pro tempore Enzo Norbiato, con sede in Quagliano (NA) via F.lli Rosselli 12, ed elettivamente
domiciliata presso la Cancelleria del Tribunale di Torino, rappresentata e difesa dall’avv. Barbara
Bongiorni del Foro di Piacenza per procura in atti
CONVENUTA
Udienza di precisazione delle conclusioni: 20 maggio 2013
CONCLUSIONI PER PARTE ATTRICE:
“Piaccia all’ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis:
1. accertare e dichiarare la nullità del marchio nazionale n. 00011766IT, domanda n. 000222 depositata
l’1.12.2006, registrato in data 10.3.2009 a nome di Olcese Meirana e Scaglia s.r.l., poi divenuta O.M.S. Olcese
Pubblicità s.r.l. e ora Publienne s.r.l., anche ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 12, comma 1, all’art. 14, comma
1, lett. c, all’art. 19, comma 2, all’art. 22, comma 1, all’art. 25, comma 1, lett. a) e lett. b), del D.lgs.30/2005,
ed all’art. 2564 c.c., per i motivi esposti in atti;
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contro
Sentenza n. 3597/2013 pubbl. il 28/05/2013
RG n. 16967/2011
CONCLUSIONI PER PARTE CONVENUTA
non precisate.
Conclusioni di comparsa di risposta
“ Contrariis reiectis, rigettare tutte e singole le domande di merito attrici, con assoluzione della convenuta, con il
favore delle spese di difesa….”
BREVE SINTESI DELL’OGGETTO DEL GIUDIZIO
La società O.P.E. FedericOlcese Pubblicità Esterna s.p.a. (di seguito, semplicemente, O.P.E.), ha
citato in giudizio dinanzi al Tribunale di Torino, sezione specializzata per la proprietà industriale,
la società O.M.S. Olcese Pubblicità s.r.l. (di seguito, semplicemente OMS) per sentire accertare e
dichiarare la nullità del marchio costituito da una bandiera inclinata con ippocampo al centro di
colore bianco, sopra sfondo nero, sotto sfondo rosso, intervallati da una striscia bianca, da essa
depositato il 1°.12.2006, perché identico a quello di fatto utilizzato da O.P.E. dal 1987, e
registrato per servizi e prodotti uguali a quelli oggetto dell’attività aziendale dell’attrice e pertanto
privo dei requisiti della novità e della liceità previsti dal c.p.i.
O.P.E. ha sostenuto inoltre che il marchio contestato era anche affetto da nullità per la
registrazione effettuata in mala fede da parte della convenuta, tenuto conto sia degli stretti
rapporti di parentela (padre e figlio) e societari, che legavano Federico Olcese, fondatore di
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2. accertare e dichiarare che la ditta e denominazione sociale della convenuta è idonea a creare confusione con la
ditta e denominazione sociale dell’attrice e, per l’effetto, ordinare alla O.M.S. Olcese Pubblicità S.r.l., ora
Publienne s.r.l., di apportante le opportune integrazioni o modifiche ai sensi dell’art.2564 c.c.;
3. accertare e dichiarare che l’uso da parte di O.M.S. Olcese Pubblicità s.r.l., ora Publienne s.r.l., del marchio di
fatto di cui è titolare l’attrice, come meglio descritto in atti, e/o di una ditta simile a quella della attrice integrano
atti di concorrenza sleale;
4. inibire a O.M.S. Olcese Pubblicità s.r.l., ora Publienne s.r.l., di fare uso del marchio di fatto di cui è titolare
l’attrice, come meglio descritto in atti, anche ai sensi dell’art. 2598 e ss. c.c. e 124 del D.lgs. 3012005, e inibire la
prosecuzione degli illeciti di cui ai punti 2) e 3) che precedono;
5. ordinare ai sensi dell’art. 124 D.Lgs. 30/2005 il ritiro definitivo dal commercio e la distruzione di tutto il
materiale eventualmente prodotto e/o detenuto da O.M.S. Olcese Pubblicità s.r.l., ora Publienne s.r.l., recante il
marchio di fatto di cui è titolare l’attrice, come meglio descritto in atti;
6. condannare O.M.S. Olcese Pubblicità s.r.l., ora Publienne s.r.l., al pagamento della sanzione pecuniaria non
inferiore a € 700,00 per ogni eventuale giorno di ritardo nella esecuzione della sentenza e non inferiore a €
2.000,00, o alla somma meglio vista e ritenuta, per ogni atto illecito di mancata esecuzione di anche uno solo degli
ordini di cui ai punti 4 e/o 5;
7. condannare O.M.S. Olcese Pubblicità s.r.l., ora Publienne s.r.l., al risarcimento dei danni subiti e subendi
dall’attrice in conseguenza dei fatti oggetto di causa, quantificati in 50.000,00 o nella diversa somma meglio vista
ed accertata, anche in esito all’espletata istruttoria, ed anche in via di equità, ex art. 1226 c.c.;
8. ordinare la pubblicazione a cura della attrice e a spese della convenuta della sentenza sui seguenti quotidiani: Il
Secolo XIX, La Stampa per due uscite consecutive e a caratteri doppi del normale con il nome delle parti in
grassetto e sui siti internet www.assocomunicazione.it e www.audiposter.it. autorizzando l’attrice a ripetere le somme
pagate per la pubblicazione a semplice presentazione della fattura;
9. disporre la trascrizione dell’emananda sentenza all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi ai fini della annotazione
nell’attestato originale di registrazione del marchio di cui in atti;
10. con vittoria di diritti, onorari, compensi professionali e spese del giudizio.
In via istruttoria, si insiste per l’ammissione delle istanze istruttorie dedotte in atti, in particolare, nella seconda
memoria ex art. 183 c.p.c. del 20.1.12.
Si dichiara di non accettare il contraddittorio su domande, istanze ed eccezioni nuove della controparte.”
O.P.E., e Giovanni Olcese, all’epoca dei fatti legale rappresentante di O.M.S., sia della contiguità
degli uffici commerciali delle due società in causa.
Parte attrice ha chiesto altresì la condanna di O.M.S. a integrare o modificare la propria
denominazione per differenziarla da quella attorea, nonché l’inibitoria all’uso del marchio e il
risarcimento dei danni subiti in conseguenza degli atti di concorrenza sleale posti in essere dalla
controparte, da liquidarsi anche in via equitativa.
O.M.S. si è costituita in giudizio e ha chiesto il rigetto delle domande attrici; nel merito OMS ha
ammesso l’esistenza di un preuso del marchio oggetto di causa da parte di O.P.E., contestandone
però la diffusione a livello nazionale, e ipotizzando una sorta di “contitolarità-comunione” del
marchio fra padre (Federico Olcese) e figlio (Giovanni Olcese).
Dopo il deposito delle memorie di cui all’art.183/6 c.p.c., il giudice istruttore con ordinanza
9.3.2012:
ha dichiarato inammissibili le ultime produzioni di parte convenuta;
ha ammesso parte delle prove dedotte da parte attrice, ammettendo la convenuta alla
prova contraria;
ha ordinato a O.M.S. l’esibizione in giudizio ex art. 210 c.p.c. delle fatture emesse per
affissioni pubblicitarie contraddistinte dal marchio oggetto di causa e dei corrispondenti
registri contabili;
ha disposto l’assunzione di informazioni ex art. 121 bis c.p.i., riservando all’esito la
decisione sulla c.t.u. richiesta da O.P.E. per la quantificazione dei danni subiti.
Dopo l’assunzione di alcune deposizioni testimoniali (Mirko Vulcanile, Fabio Vulcanile, Rita
Bertolotti, Giampaolo Siddi, Mauro Burattini) e l’interrogatorio formale del legale rapp.te della
società convenuta, parte attrice ha evidenziato il mancato adempimento da parte della convenuta
all’ordine di esibizione emesso a suo carico dal Tribunale.
Dopo la mancata comparizione del legale rappresentante di O.M.S. per rendere le informazioni di
cui all’art. 121 bis c.p.i. il difensore di O.M.S. ha rinunciato al mandato, venendo sostituito da un
nuovo difensore.
All’udienza del 7.11.2012 parte attrice ha dato atto dell’intervenuto mutamento della
denominazione di parte convenuta in Publienne s.r.l., con trasferimento della sede legale della
società a Quagliano (NA) e poi ha rinunciato rinunciava all’istanza ex art. 121 bis c.p.i., nonché
all’istanza di c.t.u. per la quantificazione dei danni subiti in conseguenza della condotta avversaria,
dichiarando di non voler appesantire il giudizio e allungarne i tempi, considerato anche
l’atteggiamento processuale della convenuta e i mutamenti societari nel frattempo occorsi.
All’udienza del 27.2.2013 la causa è stata trattenuta in decisione, con assegnazione dei termini per
il deposito degli scritti conclusionali (effettuato solo dalla parte attrice).
MOTIVI DELLA DECISIONE
§ 1. La questione della nullità del marchio registrato da O.M.S.
E’ pacifico in causa che la società O.P.E., costituita in data 28.10.1986 (dapprima sotto la
denominazione sociale Olcese & c. s.r.l.), opera da anni nel settore delle affissioni pubblicitarie e
utilizza dal 1987 il marchio di fatto oggetto di causa, anche quale segno distintivo dei propri
servizi e prodotti.
La convenuta OMS non lo ha mai contestato agli effetti di cui all’art.115 c.p.c. ed anzi ha
impostato la propria difesa sulla diffusione del marchio de quo in una circoscritta area territoriale
(Piemonte, Liguria, Lombardia, essenzialmente il Nord Ovest del Paese: cfr memoria ex art.183/6
n.1 convenuta), inidonea -a suo parere - a impedire la successiva registrazione per tutto il
territorio nazionale da essa effettuata
§ 2. Gli elementi di prova.
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Sentenza n. 3597/2013 pubbl. il 28/05/2013
RG n. 16967/2011
Sentenza n. 3597/2013 pubbl. il 28/05/2013
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§ 3. La tesi della comunione del marchio.
Non può essere certamente presa in considerazione la tesi difensiva introdotta inizialmente dalla
parte convenuta circa una sorta di comunione del marchio di fatto fra Federico e Giovanni
Olcese.
Al di là delle evidenti e insuperabili carenze probatorie, è dirimente il rilievo che parte convenuta
confonde inammissibilmente i rapporti personali fra le persone fisiche e quelli intercorrenti fra
due società di capitali, quali O.P.E. e OMS, in rapporti concorrenziali.
Poiché è dimostrato il preuso del marchio da parte di O.P.E., la qualità di socio di questa in capo
a Giovanni Olcese non giustifica certamente alcun potere di autonoma disposizione e utilizzo del
segno, per giunta a favore di altra società di capitali e in regime di concorrenza.
§ 4. L’estensione territoriale del preuso.
L’unica questione realmente controversa in punto di fatto atteneva all’estensione territoriale del
preuso.
L’istruttoria esperita ha confutato la tesi di OMS di un preuso meramente contenuto in ambito
locale, poiché O.P.E. è riuscita a dimostrare un consistente impiego del marchio in tutto il
territorio nazionale e anche oltre i confini italiani.
Infatti è stato provato che O.P.E. svolge attività di promozione e di pubblicità in tutto il territorio
nazionale a favore di clientela diffusa in tutta Italia e anche all’estero, e che il logo e il marchio de
quibus sono ben noti alla clientela grazie ai contratti e agli ordini di affissione, da almeno un
ventennio (e dunque da epoca anteriore alla registrazione illegittima da parte di O.M.S.).
Parte attrice ha offerto innanzitutto una convincente prova documentale con una massiccia
produzione e di autorizzazioni per affissioni su impianti comunali in varie città italiane (v. doc. 18
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Come già rilevato con l’ordinanza istruttoria del 9.3.2012 dal G.I., la convenuta non ha
contestato le circostanze oggetto dei capitoli 1 e 2 dedotti da O.P.E. nella seconda memoria ex
art. 183 c.p.c., relativi alla realizzazione del marchio da parte dell’agenzia di pubblicità Visuals su
incarico di O.P.E. (allora Olcese & C. s.r.l.) nel 1987 ed alla modifica del marchio al momento del
cambio di forma e denominazione societaria nel 1999.
Tali circostanze sono state anche confermate in causa dal teste Fabio Vulcanile e trovano
riscontro documentali nelle produzioni attoree.
Non è neppure in contestazione il preuso del marchio di fatto da parte di O.P.E., né la sua
validità, distintività e attitudine alla registrazione; la stessa convenuta riferisce in comparsa di
risposta del contrasto fra padre e figlio Olcese circa l’opportunità di provvedere alla sua
registrazione; in ogni caso pare effettivamente dirimente il fatto che la domanda di marchio
avanzata dalla convenuta sia stata accolta positivamente dall’ Ufficio Italiano Brevetti e Marchi.
Parimenti pienamente provate in causa sono la continuità nel tempo e la perdurante attualità
dell’uso del marchio di fatto da parte di O.P.E. dal 1987 ad oggi, anche come segno distintivo
dell’azienda, in ogni attività connessa all’oggetto sociale (attività editoriale, con esclusione della
stampa di quotidiani, ivi compresa quella in forma radiofonica e televisiva, affissioni di manifesti,
la pubblicità esterna e editoriale e qualsiasi forma pubblicitaria, compresa l’attività di gestione di
servizi comunali di pubblicità ed affissione, nonché il servizio di accertamento e riscossione di
tributi comunali).
Parte attrice ha prodotto in giudizio copia di centinaia di fatture, contratti e corrispondenza varia,
a partire dagli anni ‘80, su carta intestata prima di Olcese & c. s.r.l., poi di O.P.E. Olcese
Pubblicità Esterna s.p.a. e infine di O.P.E. - FedericOlcese Pubblicità Esterna s.p.a.., tutti recanti
nell’intestazione il logo, corrispondente a quello registrato come marchio da OMS (cfr docc.7, 8 ,
9 da 13 a 551)
Anche gli esiti dell’istruttoria orale hanno confermato tali circostanze: univoche in tal senso
suonano le deposizioni dei testi Mirko e Fabio Vulcanile (dal 1987) e Burattini (dal 1994-1995).
– Comune di Bologna; doc. 22 - Comune di Torino, doc. 36/39/40/280 - Comune di Genova,
doc. 37 - Comune di Savona, doc. 278 -Comune di Baveno (VCO), doc. 337 - Comune di Rimini,
doc. 496 - Comune di Milano, doc. 517 -Comune di Tortona) e di fatture emesse nei confronti di
clienti aventi sedi dislocate:
nelle regioni del Nord Italia, ove peraltro non è contestato il preuso del marchio da parte
di O.P.E.,
in quelle del Centro Italia ( ad es.: docc. 32- 43 - 45 - 46 -52- 60 - 62- 69 -7 9 -83 -124-127
-129 -176 -206 -221 -233 -327 -481 - 484-523),
nel Sud Italia (ad es.: docc. 53-56-96-148-162-218-288-297-299-305-312-362-404-418430-503),
nelle Isole (ad es: docc. 55-92-465-549-551),
e pertanto su tutto il territorio nazionale.
La prova orale è pienamente convergente sul punto: i due Vulcanile e il Burattini hanno
confermato che la clientela di O.P.E. era ed è distribuita su tutto il territorio nazionale e anche
che la società attrice intrattiene rapporti commerciali anche con clientela straniera (dislocata in
Svizzera, San Marino, Inghilterra, Spagna).
La clientela di O.P.E., e con essa i rapporti commerciali, il bacino di utenza e l’area di mercato
sono ed erano ampiamente distribuiti su tutto il territorio italiano, senza che rilevi la pur ampia
collocazione territoriale degli impianti pubblicitari per le affissioni prevalentemente dislocati al
Nord e nel Nord Ovest (seppur non esclusivamente).
In ogni caso, come esattamente rileva la difesa attorea, quand’anche l’utilizzo del marchio fosse
effettivamente circoscritto alle regioni del Nord Ovest, Piemonte, Liguria e Lombardia, un simile
sviluppo territoriale in un importantissimo mercato strategico coincidente con un’area essenziale
del Paese non potrebbe comunque configurare un uso meramente locale del marchio di fatto.
Nient’affatto persuasivo appare il tentativo di OMS di dimostrare il limitato bacino di utilizzo
del marchio basandosi sui dati tratti dal sito internet di Audiposter (www.audiposter.it):
sia perché tale sito comunque conferma la notorietà generalizzata del marchio O.P.E.,
includendolo nel novero dei suoi soci,
sia e soprattutto perché, come esattamente sottolinea la difesa attorea, per la valutazione
dell’ambito territoriale di utilizzo del marchio di fatto non ha alcun senso determinare in
quale ambito territoriale siano fisicamente collocati i cartelloni pubblicitari e in quali
comuni venga svolto il servizio di pubbliche affissioni, mentre appare rilevante
individuare l’ambito di diffusione dell’attività commerciale dell’impresa pubblicitaria,
desumibile dalla distribuzione territoriale della clientela.
§ 5. Conseguenze in tema di nullità del marchio.
Tanto premesso in punto di accertamenti di fatto, appare evidente che il marchio registrato da
Olcese Meirana e Scaglia s.r.l. – poi OMS Olcese Pubblicità s.r.l. è da ritenersi nullo per diverse e
concorrenti ragioni.
In primo luogo, il marchio de quo difetta del requisito della novità.
Ai sensi art. 12, comma 1, lett. b) del D.lgs. 30/2005 “non sono nuovi e pertanto non possono costituire
oggetto di registrazione come marchio di impresa i segni che, alla data del deposito della domanda siano identici o
simili ad un segno già noto come marchio o segno distintivo di prodotti o servizi fabbricati, messi in commercio o
prestati da altri, per prodotti o servizi identici o affini, se a causa dell’identità o somiglianza tra i segni e
dell’identità o affinità fra i prodotti o servizi possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico che può
consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni.”
Nel caso di specie, il rischio di confondibilità è assoluto, stante l’identità del segno e del settore
merceologico.
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Sentenza n. 3597/2013 pubbl. il 28/05/2013
RG n. 16967/2011
Sentenza n. 3597/2013 pubbl. il 28/05/2013
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Va quindi accolta la richiesta attorea di accertare e dichiarare la nullità del marchio registrato da
OMS ai sensi dell’art. 25, comma 1, lettera a), del c.p.o., in presenza di un preuso ostativo.
Resta quindi assorbito l’ulteriore rilievo di parte attrice che addebita al marchio una ulteriore
ragione di nullità, ossia la concorrente violazione dei diritti (patrimoniali) d’autore di cui è titolare
per acquisto a titolo derivativo la società attrice.
Resta del pari assorbita l’ulteriore ragione di nullità introdotta da O.P.E. per l’avvenuta
registrazione in malafede del marchio da parte della convenuta.
Ai sensi dell’art.19, comma 2, c.p.i. non si può ottenere una registrazione da parte di chi abbia
proposto la domanda in mala fede.
Tale requisito soggettivo evidentemente sussiste in colui che al momento del deposito della
registrazione sia a conoscenza del precedente utilizzo di un marchio identico o simile da parte di
altri; e nella fattispecie è pressoché impossibile dubitarne, tenuto conto degli stretti rapporti di
parentela e societari fra i signori Federico e Giovanni Olcese, la contiguità degli uffici commerciali
delle due società e l’intera vicenda anteriore al giudizio e soprattutto della sostanziale ammissione
degli intenti perseguiti esposta da parte convenuta in comparsa di risposta.
§ 7. L’inibitoria dell’uso del marchio e i provvedimenti consequenziali.
Parte attrice, tenuto conto anche del pericolo di confusione fra le due attività imprenditoriali,
chiede l’emanazione dell’inibitoria all’uso del marchio in questione, ex art.2598 c.c. e 124 c.p.i.
chiedendo correlativamente l’imposizione di penali dissuasive.
La domanda va accolta poiché la convenuta ha non solo registrato ma anche utilizzato il segno in
questione.
Le somme proposte (€ 2.000 per ogni violazione successivamente constatata e € 700 per ogni
giorno di ritardo nell’esecuzione della sentenza) appaiono congrue e accoglibili.
Parimenti va accolta la domanda accessoria di “ordinare ai sensi dell’art. 124 D.Lgs. 30/2005 il ritiro
definitivo dal commercio e la distruzione di tutto il materiale eventualmente prodotto e/o detenuto da O.M.S.
Olcese Pubblicità s.r.l., ora Publienne s.r.l., recante il marchio di fatto di cui è titolare l’attrice, come meglio
descritto in atti”.
§ 8. La concorrenza sleale.
La condotta dolosa così posta in essere da OMS integra altresì la fattispecie di concorrenza sleale
confusoria per uso di segni distintivi idonei a produrre confusione con i segni distintivi altrui, e
con i prodotti e l’attività di un concorrente, compiuto in violazione delle regole di correttezza
professionale, e idoneo a danneggiare l’altrui azienda, anche con uno sviamento di clientela, ai
sensi dell’art. 2598 c.c..
Sono stati dimostrati alcuni significativi episodi di condotte concorrenziali sleali con effetti
distorsivi nei rapporti con la clientela.
E’ documentalmente provato in causa, oltre che non contestato, che Giovanni Olcese ha ricevuto
un mandato di vendita da parte di O.P.E. dal 31.3.1998 al 31.12. 2009 (v. doc. 552 e capitolo di
prova n.7, non ammesso perché non contestato), che ha successivamente utilizzato unitamente
alla sua parentela con Federico Olcese, per agevolare le relazioni commerciali intraprese a nome di
O.M.S.
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§ 6. La confusione fra le denominazioni.
Parte attrice aveva richiesto al Tribunale di ordinare a OMS la modificazione della sua
denominazione sociale con indicazioni idonee a differenziarla da quella attorea, prospettando un
rischio di confusione, ai sensi degli artt.22, comma 1, c.p.i. e 2564 c.c.
Sul punto la materia del contendere è cessata per effetto della modificazione attuata in corso di
causa della denominazione della società convenuta che ha assunto quella di Publienne s.r.l.
Sentenza n. 3597/2013 pubbl. il 28/05/2013
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§ 9. Il risarcimento dei danni.
Parte attrice prospetta di aver subito ingenti danni, costituiti dalla perdita di clientela che ha
contattato OMS ritenendo di avere a che fare con O.P.E. e dalla perdita di clientela non
soddisfatta dalle attività di OMS e che ritiene O.P.E. facente parte dello stesso gruppo anche in
ragione dell’utilizzo dello stesso marchio.
La concorrenza sleale confusoria e l’abuso dei segni distintivi, come si è visto, è acclarata.
La condotta illecita, già di per sé potenzialmente pregiudizievole, è stata fonte di danno anche in
concreto.
Per un verso, infatti, O.P.E. ha subito la perdita della clientela che ha contattato O.M.S., ritenendo
di avere a che fare con O.P.E., sviata dalla confusorietà dei segni utilizzati, a sua volta aggravata
dall’ambiguità scaturente dalla parentela fra Federico Olcese e Giovanni Olcese, nonché dal fatto
che quest’ultimo aveva anche un mandato di vendita da parte di O.P.E. e dagli specifici
comportamenti distorsivi sopra ricordati.
Sotto altro profilo, parte attrice ha perso la clientela non soddisfatta dalle prestazioni rese da
O.M.S. e che non ha più voluto avere a che fare anche con O.P.E., convinta che le due società
facciano parte dello stesso gruppo e operino con le medesime modalità.
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Ulteriori circostanze sono state dedotte a prova in forma specifica e circostanziata da parte attrice
con la seconda memoria ex art.183 c.p.c. , depositata il 20.1.2012, ai capi da 9 a 15.
Tali capi non sono stati specificamente contestati da parte convenuta, come sarebbe stato suo
onere ai sensi dell’art.115, comma 1, ult.parte, c.p.c.; nella sua terza memoria ex art.183 c.p.c.,
depositata il 10.2.2012 la convenuta, infatti, si è limitata a una massiccia indicazione di nominativi
di testi in controprova e ad argomentare circa “le precedenze e il concatenamento di attività istruttorie”,
mentre nel § 5, dedicato alle controdeduzioni in fatto, non ha speso parole significative per
prospettare la sua contro-verità sui fatti dedotti (specifici e propri della parte interessata e quindi
suscettibili di agevole controdeduzione); al contrario parte convenuta si è limitata a riservare
produzioni documentali, poi dichiarate inammissibili perché effettuate tardivamente solo
all’udienza riservata all’ammissione dei mezzi di prova, dopo la scadenza dei termini perentori (cfr
verbale 7.3.2012 e ordinanza 9.3.2012).
E’ solo il caso di aggiungere, per completezza, che la mera richiesta di prova contraria rispetto a
specifiche e articolate deduzioni probatorie contenute nella seconda memoria istruttoria
avversaria, relative a fatti propri della parte (e quindi in ipotesi conosciuti o conoscibili, se veri)
non integra il requisito della specifica contestazione richiesto dall’art.115 c.p.c. , sì come novellato
dalla legge n.69 del 18.6. 2009, perché il fatto de quo possa essere considerato controverso.
Tanto premesso e quindi ribadito quanto affermato nell’ordinanza istruttoria 9.3.2012, non è stata
contestata la circostanza che, nel febbraio 2007 Giovanni Olcese per il tramite dell’agente di
O.P.E., Mauro Burattini, ha contattato la società Delphis di Milano, facendo credere ai suoi
esponenti di agire in nome e per conto di O.P.E., e che la società Delphis abbia, poi, concluso il
contratto per affissioni pubblicitarie con O.M.S., che ha incassato il relativo corrispettivo,
ritenendo di avere trattato con O.P.E. o, comunque con una società appartenente allo stesso
Gruppo (docc. 552-553 e capitoli di prova n. 9-10-11, non ammessi perché non contestati).
Inoltre non è stata contestata è la circostanza (capitoli di prova n. 12-13-14, non ammessi perché
non contestati) che Giovanni Olcese, tramite Mauro Burattini, abbia contattato l’organizzatore
della manifestazione Slow Fish, presso la Fiera Genova nell’aprile 2007, facendogli credere di agire
in nome e per conto di O.P.E., concludendo il relativo contratto ed incassandone i corrispettivi
(doc 555).
Infine non è stato contestato che Giovanni Olcese abbia fatto fatturare e incassare da OMS i
corrispettivi per le affissioni pubblicitarie effettuate da O.P.E. in favore di A.S. Roma s.p.a. nel
luglio 2006, vicenda oggetto anche di un procedimento penale, come risulta dalla documentazione
prodotta sub n. 554 di parte attrice e dal cap.15, non ammesso perché non contestato.
Il danno in questione ben può essere liquidato in via equitativa ai sensi dell’art.125 c.p.i. ( visto
che si verte in materia di violazione del marchio e di concorrenza sleale interferente con la materia
dei segni distintivi) e comunque ex art.2598, 2043, 2600 e 1226 c.c.
Parte attrice nelle sue conclusioni ha richiesto d al Tribunale di “condannare O.M.S. Olcese Pubblicità
s.r.l., ora Publienne s.r.l., al risarcimento dei danni subiti e subendi dall’attrice in conseguenza dei fatti oggetto di
causa, quantificati in 50.000,00 o nella diversa somma meglio vista ed accertata, anche in esito all’espletata
istruttoria, ed anche in via di equità, ex art. 1226 c.c.”.
Una parte della giurisprudenza ravvisa in tale tipo di formulazioni basate sulla richiesta di una
somma determinata, accompagnata da una clausola che considera altresì un importo maggiore o
minore, come mera e ininfluente clausola di stile: “In una causa nella quale l'attore indica con precisione
l'ammontare del suo credito e chiede che quell'ammontare gli sia attribuito dal giudice, la formula che nel gergo
forense si suole aggiungere "o quell'altra maggiore o minore somma che risulterà in corso di causa" ha natura di un
clausola di stile ed è inidonea ad influire sulla determinazione della competenza per valore, sicché quest'ultima resta
delimitata dalla somma specificata, non potendo la controversia essere considerata di valore indeterminabile.”
Cass.civ. 26.7.2011 n. 16318; 30.3.2011 n.7255).
Un’altra parte della giurisprudenza esclude qualsiasi automatismo nell’apprezzamento della natura
di stile della clausola, da valutarsi in concreto e caso per caso: “La formula "somma maggiore o minore
ritenuta dovuta" o altra equivalente, che accompagna le conclusioni con cui una parte chiede la condanna al
pagamento di un certo importo, non può essere considerata, di per sé, come una clausola meramente di stile quando
vi sia una ragionevole incertezza sull'ammontare del danno effettivamente da liquidarsi; ove, invece, l'ammontare
dell'importo preteso sia risultato, all'esito dell'istruttoria compiuta anche tramite consulenza tecnica d'ufficio,
maggiore di quello originariamente chiesto e la parte, nelle conclusioni rassegnate, si sia limitata a richiamare quelle
originarie contenenti la menzionata formula, tale principio non può valere, perché l'omessa indicazione del maggiore
importo accertato evidenzia la natura meramente di stile della formula utilizzata.”(Cassazione civile, sez. II,
16.03.2010, n. 6350).
Nella fattispecie la richiesta di parte attrice è contenuta nelle conclusioni definitivamente precisate,
a istruttoria conclusa, in uno specifico “foglio” di istanze finali e non è stata quindi redatta per
relationem con riferimento ad atti precedenti; pertanto l’indicazione della somma non può
ritenersi meramente indicativa e la successiva riserva non può ritenersi efficace.
Il Tribunale ritiene quindi di doversi attenere all’entità della somma di denaro indicata da parte
attrice, ossia € 50.000.
La O.P.E. ha dimostrato di aver sofferto un danno almeno pari all’ammontare così richiesto.
Il pregiudizio esiste certamente, anche se difficilmente determinabile con precisione.
Nella presente controversia parte convenuta si è sottratta all’ottemperanza dell’ordine di
esibizione di tutte le fatture emesse per affissioni pubblicitarie contraddistinte dal marchio per cui
è causa e i corrispondenti registri contabili, come pure all’invito in extremis ribaditole dal Giudice
prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni.
Parte convenuta ha prodotto un numero ridotto di fatture, in fotocopia, relative ai soli anni 20072009 e non ha depositato i registri contabili rendendo impossibile il procedere ai controlli circa la
corrispondenza fra le fatture prodotte e le registrazioni.
Riesce pertanto assai disagevole basarsi come criterio di liquidazione sull’utile realizzato
dall’autore della contraffazione.
Parte attrice peraltro rileva che dalla documentazione depositata da parte convenuta in parziale
adempimento dell’ordine di esibizione si desume che O.M.S., nella sua attività di affissionistica
pubblicitaria con il marchio in contestazione, ha fatturato almeno € 75.549,60 nell’anno 2007 e
almeno € 153.548,40 nell’anno 2008, realizzando, dunque, un fatturato medio nei due anni in
questione di € 114.549,00=.
Moltiplicandolo tale valore per il numero di anni di attività della O.M.S. (dal 2006 al 2012
compresi, per un totale di sette), si ottiene un fatturato medio realizzato utilizzando
nell’affissionistica pubblicitaria il marchio di O.P.E., pari a circa € 800.000,00=.
pagina
http://bit.ly/OcRJXT
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Firmato Da: SCOTTI UMBERTO Emesso Da: POSTECOM CA2 Serial#: f16e7
Sentenza n. 3597/2013 pubbl. il 28/05/2013
RG n. 16967/2011
Sentenza n. 3597/2013 pubbl. il 28/05/2013
RG n. 16967/2011
Calcolando un utile medio di impresa pari al 20% del fatturato, si potrebbe ipotizzare un danno
da lucro cessante stimato sulla base degli utili illeciti ipotizzati di € 160.000,00=; anche riducendo
al solo 10% il margine di utile, il danno dovrebbe essere calcolato in € 80.000,00=.
Il Tribunale ritiene tale ragionamento corretto, tenuto conto del comportamento processuale
della parte convenuta che ha ottemperato solo parzialmente all’ordine di esibizione e ha ignorato
anche l’ultimo invito formulato dal Giudice istruttore, elementi tutti che opportunamente
considerati ex art.116 c.p.c. inducono a presumere che gli elementi di prova intenzionalmente
occultati al contraddittorio non potessero essere certamente più favorevoli di quelli palesati.
La domanda attorea va pertanto accolta e parte convenuta va quindi condannata a pagare
all’attrice la somma di € 50.000,00= a titolo di risarcimento dei danni, avendo parte attrice
dimostrato di aver subito un danno almeno di tale entità.
§ 10. La pubblicazione della sentenza.
Parte attrice chiede altresì al Tribunale di “ordinare la pubblicazione a cura della attrice e a spese della
convenuta della sentenza sui seguenti quotidiani: Il Secolo XIX, La Stampa per due uscite consecutive e a caratteri
doppi del normale con il nome delle parti in grassetto e sui siti internet www.assocomunicazione.it e
www.audiposter.it. autorizzando l’attrice a ripetere le somme pagate per la pubblicazione a semplice presentazione
della fattura”.
Tenuto conto delle circostanze tutte accertate appare equa misura compensativa, idonea a
contribuire alla riparazione del danno la pubblicazione di un estratto con l’intestazione e il
dispositivo della sentenza sul quotidiano “La Stampa” e sui due siti internet citati.
§ 11. Le spese.
Le spese, secondo il principio generale, seguono la soccombenza, cui non vi è ragione di derogare,
liquidate, come da nota spese, nella somma di € 9.610,94=, di cui € 110,94 per esposti= e €
9.500,00= per compensi professionali (così ripartito per fasi: € 2.600 per studio, € 1.400 per
trattazione, € 2.500 per istruttoria, € 3.000 per decisione), oltre accessori fiscali e previdenziali di
legge sulle quote imponibili.
Il Tribunale di Torino, sezione specializzata in materia di imprese,
definitivamente pronunciando;
respinta ogni diversa istanza, eccezione e deduzione;
1. accerta e dichiara la nullità del marchio nazionale n. 00011766IT, domanda n. 000222
depositata il 1°.12.2006, registrato in data 10.3.2009, a nome di Olcese Meirana e Scaglia
s.r.l., poi divenuta O.M.S. Olcese Pubblicità s.r.l. e ora Publienne s.r.l.;
2. dichiara cessata la materia del contendere, quanto alla richiesta di ordinare alla O.M.S.
Olcese Pubblicità S.r.l., ora Publienne s.r.l., di apportare le opportune integrazioni o
modifiche ai sensi dell’art.2564 c.c.;
3. accerta e dichiara che l’uso da parte di O.M.S. Olcese Pubblicità s.r.l., ora Publienne
s.r.l., del marchio di fatto di cui è titolare l’attrice integra atti di concorrenza sleale ex
art.2598 c.c.;
4. inibisce a O.M.S. Olcese Pubblicità s.r.l., ora Publienne s.r.l., di fare uso del marchio di
fatto di cui è titolare l’attrice, come meglio descritto in atti, anche ai sensi dell’art. 2598 e
ss. c.c. e 124 del D.lgs. 30/2005, e la prosecuzione degli illeciti di cui al precedente punto
4);
5. ordina ai sensi dell’art. 124 D.Lgs. 30/2005 il ritiro definitivo dal commercio e la
distruzione di tutto il materiale eventualmente prodotto e/o detenuto da O.M.S. Olcese
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http://bit.ly/OcRJXT
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Firmato Da: SCOTTI UMBERTO Emesso Da: POSTECOM CA2 Serial#: f16e7
P.Q.M.
Sentenza n. 3597/2013 pubbl. il 28/05/2013
RG n. 16967/2011
6.
7.
8.
9.
10.
Pubblicità s.r.l., ora Publienne s.r.l., recante il marchio di fatto di cui è titolare l’attrice,
come meglio descritto in atti;
dispone a carico di O.M.S. Olcese Pubblicità s.r.l., ora Publienne s.r.l., il pagamento della
sanzione pecuniaria non inferiore a € 700,00= per ogni eventuale giorno di ritardo nella
esecuzione della sentenza e non inferiore a € 2.000,00= per ogni atto illecito di mancata
esecuzione di anche uno solo degli ordini di cui al precedente punto 5;
dichiara tenuta condannare O.M.S. Olcese Pubblicità s.r.l., ora Publienne s.r.l., in
persona del legale rapp.te pro tempore a pagare a O.P.E. FedericOlcese Pubblicità Esterna
s.p.a. la somma di € 160.000,00= a titolo di risarcimento dei danni con gli interessi
legali dalla data della presente sentenza al saldo effettivo;
ordina la pubblicazione a cura della attrice e a spese della convenuta di un estratto della
presente sentenza con l’intestazione e il dispositivo della sentenza sul quotidiano “La
Stampa” , a caratteri doppi del normale e con il nome delle parti in grassetto, e sui siti
internet www.assocomunicazione.it e www.audiposter.it., autorizzando l’attrice a ripetere
le somme pagate per la pubblicazione a semplice presentazione della fattura;
dispone l’annotazione della presente sentenza nell’attestato originale di registrazione del
marchio de quo ai sensi dell’art.122, comma 5, c.p.i., da parte dell’Ufficio Italiano Brevetti
e Marchi, mandando alla Cancelleria di provvedere alla debita comunicazione ai sensi del
comma 8, dell’art.122 c.p.i;
dichiara tenuta e condanna O.M.S. Olcese Pubblicità s.r.l., ora Publienne s.r.l., in
persona del legale rapp.te pro tempore a pagare a O.P.E. FedericOlcese Pubblicità Esterna
s.p.a. la somma di € 9.610,94= oltre accessori fiscali e previdenziali di legge sulle quote
imponibili, a titolo di rifusione spese processuali.
Così deciso in Torino il 24 maggio 2013 nella camera di consiglio della sezione specializzata in
materia di imprese
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http://bit.ly/OcRJXT
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Firmato Da: SCOTTI UMBERTO Emesso Da: POSTECOM CA2 Serial#: f16e7
Il Presidente relatore ed estensore
dott.Umberto Scotti.