la materia ritrovata - Pambianco Magazine

editoriale
AllA MilAno dei piccoli
serve un’identità dA grAnde
di David Pambianco
L
’ultima settimana delle sfilate milanesi ha confermato l’aria di entusiasmo che
si era respirata nella seconda metà dello scorso anno, in seguito al rinnovo e al
potenziamento della Camera Nazionale della Moda, oltre che a un ritrovato
fronte comune tra gli stilisti italiani, e tra questi e le istituzioni. Si attendeva con grande
curiosità l’esordio del nuovo amministratore delegato di CNMI Jane Reeve, che, con
decisione e convinzione, è stata più che presente e più che ottimista. La strategia di
fondo, ha ripetuto, è quella di “valorizzare le cose che il mondo ci invidia”, anche attraverso la “contaminazione”, ossia la capacità di creare un’alleanza comunicativa tra le
varie anime del made in Italy: moda, design e food.
Tuttavia, una questione più concreta si pone sul tavolo oggi. Lo spunto lo fornisce un’analisi Pambianco pubblicata lo scorso numero e poi ripresa da altre testate: il 53% dei
marchi che ha sfilato a Milano Moda Donna ha un fatturato inferiore ai 25 milioni di
euro e appena nove marchi su 58 superano i 500 milioni di euro di fatturato.
Ecco che allora si capisce come non sia più sufficiente provare a blindare il calendario
collocando in apertura e chiusura i big del settore. A farne le spese, quest’anno, è stato
il generoso Giorgio Armani (generoso perché ha sempre accettato, per il bene della settimana milanese, di collocare la propria sfilata a fine calendario). Re Giorgio, legittimamente, ha esternato il proprio disappunto nel vedere vuoti alcuni posti della sfilata riservati a giornalisti internazionali. Questi stessi giornalisti avevano nel frattempo prenotato
altri posti: quelli del viaggio per Parigi.
Il problema, infatti, non è tanto di calendario, ma è più strutturale. In un mercato globale sempre più dominato dai colossi, quanta attenzione può dedicare – per fare un esempio – un giornalista americano a un marchio che negli Usa vende un milione di euro?
C’entra poco la simpatia, l’invidia e anche la qualità.
Per risolvere questo problema, non si può certo attendere che le aziende italiane crescano e si trasformino in tante piccole Lvmh. Se le dimensioni delle aziende italiane della
moda non sono sufficienti, forse si devono percorrere strade nuove: sicuramente attrarre
anche brand internazionali, ma anche aggiungere alla moda altri elementi di appeal,
quali il design, appunto, e il food.
Si parla da mesi di una nuova identità di Milano che sappia combinare le sue anime e
sia capace di trasmetterne i valori aggregati. Questi valori, sì, potrebbero gareggiare per
dimensione e leadership globale. Trovare questa identità, anche in vista dell’Expo, significa trovare la formula che renda Milano una nuova e vera capitale internazionale.
13 marzo 2014 pambianco magazine 3
SoMMario
paSSerelle
coMunicanti
36
doSSier
Moda, obbligo di Spot
il ceo di camera moda Jane reeve annuncia una svolta in termini di immagine. e parla
di contaminazione tra le diverse eccellenze di Milano. Ma nonostante droni, maxi schermi
e nuovi distretti, il cambio di passo del fashion system sembra fermo alle cariatidi.
vendeSi, chi dice no
versace chiude con Blackstone.
cavalli in ballo con permira. Ma
sono tanti quelli che non cedono.
28
Sfilate donna
Materia ritrovata
i protagonisti dell'A/i 2014-15
sono tessuti, filati e pellami dal
forte impatto tattile e visivo.
4 pambianco magazine 13 marzo 2014
20
attualità
interviSta
eataly, eredi in Scena
nicola Farinetti, pronto all'opening al
teatro smeraldo di Milano, racconta
i segreti del colosso del food italiano.
SoMMario
abbiaMo parlato di...
Franco pianegonda
p. 8
eraldo poletto
p. 10
marco De Vincenzo
6
news dAll’itAliA e dAl Mondo
20
AttuAlità
20 vendesi, ma non per tutti
24 ferré... c'era una volta
28
intervistA
debutto Smeraldo per l'erede di eataly
p. 12
35
dossier
passerelle comunicanti
claus-Dietrich Lahrs
p. 15
christopher bailey
p. 16
36 Moda, obbligo di spot
40 il lusso parla sul web
45 ysl va più forte senza y
Jaques-antoine granjon p. 16
49
nuove Frontiere
department con ospite
51
Mood
56 Sfilate donna: la materia ritrovata
65 Saloni womenswear: diverso è bello
69 paris fashion week: reale e surreale
84
scenAri
Quando il brand è vip
good news
in copertina:
Mamma Andersson/Jockum
nordström - pieces, 2010
color spit bite and sugar lift aquatints
with aquatint and soft ground
etching.
28-1/2 x 22-1/2 ", edition 30
published by crown point press
i cervelli che tornano
in copertina:
rage for color, 1958 © the estate of
erwin Blumenfeld. in mostra presso
galleria carla sozzani, Milano, dal 16
febbraio al 30 marzo 2014
Zegna stanzia 25 milioni su 25 anni
per tamponare la fuga di talenti.
A pagina 88
...ogni giorno sul web
un inSerto oltre il Sito
dopo i feedback positivi dell'online, le news
dell'arredo arricchiranno il magazine, dal
prossimo numero, con una sezione dedicata.
reportage da Sfilate e Saloni
le interviste, le immagini e i momenti
salienti della settimana della moda. le
novità presentate ai saloni degli accessori.
Scarica la nuova
app di paMbianconewS
13 marzo 2014 pambianco magazine 5
italia
Perso un altro pezzo di made
in Italy. Lo storico marchio
fondato da Mariuccia
Mandelli passa a Shenzhen
Marisfrolg.
A
nche Krizia ha ceduto.
Il marchio di ready-towear italiano è infatti
passato sotto l’ala della società cinese Shenzhen Marisfrolg
Fashion Co. Ltd.
La fondatrice, la stilista
Mariuccia Mandelli, dopo sessant’anni di business ha detto
sì al corteggiamento dell’imprenditrice asiatica Zhu
Chongyun, che diventerà presidente del board e direttore
creativo di Krizia.
Il comunicato diffuso dalle
due società parla di “trasferimento della Divisione Moda
di Krizia alla società con sede
a Shenzen, Cina”. “Le pratiche
di ufficializzazione dell’accordo - si legge ancora nel comunicato - sono tuttora in corso
e la formalizzazione è previ-
Anche su KriziA
le mAni dei cinesi
sta entro aprile 2014. Per tale
ragione Krizia Spa e Shenzen
Marisfrolg Co. Ltd in questa
fase non desiderano rilasciare
dettagli sulla transazione”.
La prima collezione della label
debutterà nel febbraio 2015
durante la settimana della
moda monna milanese. Zhu
Chongyun dovrebbe mantenere la sede di Krizia a Milano.
L’acquisizione mira a riportare il brand agli antichi fasti
e a sviluppare un network
retail solido in Cina, con l’apertura nei prossimi cinque anni di flagship store a
Beijing, Shanghai, Guangzhou,
Shenzhen e Chengdu, oltre a
un piano di riapertura graduale
dei punti vendita in Europa,
Giappone e Stati Uniti.
Fondata nel 1993, la Marisfrolg
iL 30% Di nazareno gabrieLLi a iris FunD
Lediberg, società bergamasca fondata da Lindo e Maria Castelli,
ha ceduto il 30% della Nazareno Gabrielli a un gruppo di
imprenditori libanesi aggregati alla Iris Fund e affiancati da un
pool di investitori privati. I Castelli, che restano con una minoranza, nel 2006 avevano ceduto il 42% al fondo Sofipa di Capitalia. I
nuovi soci, come riporta il Messaggero, hanno messo sul piatto 20
milioni di euro di nuovo equity, mentre le banche convertiranno
in equity 40 milioni dei loro crediti, il tutto per una ricapitalizzazione complessiva di 60 milioni più 5 milioni di investimenti.
Inoltre il debito si abbatterà da 140 a circa 85 milioni e i creditori
saranno onorati. Il piano di rilancio prevede nel 2018 un turnover di 209 milioni con un ebitda di 22,7 milioni contro i 167
milioni di ricavi e 12,6 di ebitda del preconsuntivo 2013.
6 pambianco magazine 13 marzo 2014
Fashion è tra le prime 100
società di moda cinesi, con la
più alta quota di mercato nel
prêt-à-porter di fascia alta.
Lo scorso anno ha riportato vendite di 2,56 miliardi di
yuan (pari a circa 305 milioni di euro), proventi derivanti
dagli oltre 400, tra Cina, Corea
del Sud, Singapore e Macau,
dove viene venduto il brand
Marisfrolg.
Krizia è solo l’ultimo di una
serie di brand del made in Italy
che cambia nazionalità. Negli
ultimi mesi, dopo la conquista
francese di Loro Piana, sono
arrivate l’operazione Pal Zileri
(vedi sotto), e le quote cedute
in Gabrielli e Versace.
Al QAtAr lA mAggiorAnzA di PAl zileri
La Forall Confezioni S.p.A, al
quale fa capo il brand Pal Zileri,
è stata acquisita da Mayhoola,
la società di investimento del
Qatar. Quest’ultima in una
nota ha annunciato di aver
ottenuto la maggioranza
del gruppo (il 65% secondo
quanto riportato dal quotidiano
Milano Finanza).
Dopo l’investimento in
Valentino effettuato nel luglio
2012, ancora una volta il
Paese del Golfo Arabico
mette le mani sul settore
dell’abbigliamento made in
Italy di alta qualità.
Forall, oltre a produrre e
distribuire i prodotti Pal Zileri
(Pal Zileri Concept, Pal Zileri
Sartoriale, PalZileri Cerimonia
e Lab), gestisce le licenze
per il menswear de marchi
Moschino e Cerruti 1881.
italia
Luxottica, utiLe a 617 miLioni.
intesa coL Fisco costa 26,7 miLioni
Aeffe stAbile
nel 2013
Il lusso di Gucci perde un po’ del
suo smalto. Il marchio, che vale più
della metà della capitalizzazione
del gruppo Kering, ha subìto un
nuovo rallentamento delle vendite
nel quarto trimestre registrando
una crescita su base omogenea
dello 0,2% dal +0,6% nel trimestre
precedente, contro le attese di
un miglioramento. Anche nel
2013 il marchio della doppia G
ha totalizzato un fatturato di 3,56
miliardi di euro in calo del 2,1%.
Il direttore finanziario di Kering,
Jean-Marc Duplaix, in occasione
della presentazione dei risultati della
compagine francese, ha spiegato
a Reuters che Gucci nel trimestre
ha sofferto di un “minor arrivo di
turisti in Europa” e ha aggiunto che,
per il riposizionamento del brand
upmarket, ci vuole tempo. Gucci ha
infatti iniziato un vasto programma
per rafforzare la sua offerta di alta
gamma. Duplaix ha aggiunto
che Gucci in Cina ha migliorato
nell’ultimo trimestre.
Luxottica archivia il 2013 con
ricavi per 7,3 miliardi di euro, in
crescita del 3,2% rispetto all’anno precedente (+7,5% a cambi
costanti) mettendo a segno una
crescita dell’utile netto adjusted
del 10,3% a quota 617,3 milioni.
Il gruppo veneto di occhialeria
ha conseguito per il terzo anno
consecutivo risultati importanti nei mercati emergenti con un
incremento superiore al +20%
a parità di cambi, con punte
di eccellenza in Cina, Brasile e
Turchia. Le vendite complessive
in Nord America sono cresciute del 3,5% supportate in particolare dalla performance della
divisione wholesale (+6,7%).
Luxottica ha inoltre conseguito in Europa un incremento del
fatturato pari all’11% a parità
di cambi rispetto all’anno 2012.
“Leggermente sotto le attese – si
legge su il Sole-24 Ore – i risultati
del quarto trimestre in cui il giro
d’affari è stato pari a 1,64 miliar-
Aeffe chiude il 2013
senza exploit, ma
punta l’occhio sulle
novità. Il gruppo
romagnolo, che
comprende i marchi
Alberta Ferretti,
Moschino, Pollini, e
in licenza Emanuel
Ungaro e Cédric
Charlier, ha registrato
vendite per 251,1
milioni di euro, in
calo dell’1,2% a
cambi correnti
(+1,2% a cambi
costanti) rispetto al
2012. Le vendite in
Italia di Moschino,
per cui Aeffe ha
ingaggiato Jeremy
Scott alla creatività,
che rappresentano
il 41% del fatturato
consolidato, sono
aumentate del 5,2%
a 104 milioni di euro.
bottegA VenetA suPerA
il miliArdo nel 2013
L’inVerno mite ‘geLa’ moncLer
gucci, PesA il cAlo
dei turisti in euroPA
Bottega Veneta supera il miliardo di
fatturato. Il marchio che fa capo al
gruppo Kering, ha chiuso il 2013 con
ricavi complessivi pari a 1.016 milioni
di euro, in crescita del 13,8% a tassi
di cambio costanti (7,5% a cambi
correnti) rispetto ai 945,1 milioni del
2012. “Siamo cresciuti a doppia
cifra in tutti i mercati - ha dichiarato il
presidente e CEO Marco Bizzarri continueremo la nostra politica di
aperture per mantenere sempre
pieno controllo sull’immagine del
brand e abbiamo appena inaugurato
uno store a Taiwan ed entro l’anno
apriremo un grande monomarca
nel cuore di Londra”. Per quanto
riguarda il 2014, Bizzarri resta
“moderatamente ottimista”, perché
il “lusso senza compromessi di
Bottega Veneta non segue le mode,
ma bisogna comunque tener ben
presente i cambiamenti dei mercati e
la situazione economica”.
Andrea guerra
di rispetto a una stima di 1,67
fissata dal consensus degli analisti
Bloomerg”. Nel quarto trimestre
l’utile netto adjusted è stato pari
a 93 milioni in crescita del 9,1%
rispetto allo stesso periodo del
2012. L’aggiustamento fa riferimento al costo non ricorrente
sostenuto a seguito della verifica
avviata dalla Guardia di Finanza
per l’anno 2007 e che si è conclusa con un rilievo in tema di
transfer pricing che ha implicato
ulteriori oneri di 26,7 milioni.
Ci sono le temperature dei primi due mesi
dell’inverno, stranamente miti, alla base delle
preoccupazioni del mercato su Moncler.
Nonostante i dati preliminari del 2013 siano
positivi (e superiori alle attese degli analisti
con utili in aumento del 17% a 96,3 milioni
di euro, su ricavi per 580,6 milioni, +19%), la
conference call seguita alla diffusione dei risultati ha messo in luce che le vendite nei primi
due mesi del 2014 stanno risentendo dell’inverno mite. Oltre al warning della società un
altro elemento di debolezza è il lock up sui
titoli, fissato in 180 giorni dal collocamento e
che quindi scadrà a giugno.
praDa sotto La Doppia ciFra
Prada continua a crescere, ma nel 2013 resta
sotto la doppia cifra, con una concreta differenza rispetto al 2012. Il gruppo guidato da
Patrizio Bertelli ha chiuso l’esercizio con un
aumento delle vendite del 9% a 3,58 miliardi
di euro. Lo scorso anno, l’incremento era stato
del 29 per cento. Pesa molto l’effetto valutario: a tassi di cambio costanti la crescita sarebbe stata del 13 per cento. Sintomatico quanto
avvenuto in Giappone, dove a tassi costanti
l’incremento dei ricavi sarebbe stato del 24%,
ma a causa dello yen debole la crescita è pressoché azzerata (+1%).
patrizio Bertelli
13 marzo 2014 pambianco magazine 7
italia
sAVio (tessile)
PensA All’iPo
è pronta all’Ipo
l’azienda di
meccanica tessile
Savio. Fondata
a Pordenone nel
1911 la società
che conta 1.400
dipendenti, secondo
il Sole 24 Ore,
potrebbe sbarcare
in Borsa tra fine
2014 e inizio 2015.
Il gruppo sarebbe
la prima matricola
‘manifatturiera’
a Piazza Affari.
Potrebbe arrivare
a valere tra i 500 e
600 milioni (ha un
un fatturato di 460
milioni di euro). Il
progetto di sbarco,
sempre secondo
la ricostruzione de
il Sole-24Ore, è
curato dal fondo
Alpha di Edoardo
Lanzavecchia, sotto la
cui gestione la società
ha creato un polo
delle macchine tessili.
Harmont & bLaine si riprenDe iL marcHio in cina
Harmont & Blaine vince la battaglia legale in Cina
per la concessione del diritto sul marchio. Il dipartimento cinese d’appello dell’Ufficio brevetti ha
dato ragione al marchio del bassotto che, secondo
quanto riferito dal gruppo, “era stato oggetto di usurpazione”. La vicenda aveva portato alla decisione di
chiudere, nel febbraio 2012, in accordo con il distributore locale, le proprie 12 boutique in Cina, frutto
di importanti investimenti dal 2004 in poi. Nello
specifico, l’autorità cinese ha accolto interamente il
ricorso di Harmont & Blaine aprendo così un precedente a favore delle battaglie per l’uso del marchio o
del logo nel Paese.
eFFetto ittierre: aLbisetti cHieDe concorDato. e ikF cerca iL coLpo a isernia
Antonio Bianchi
La Albisetti di Vertemate
(Como), guidata da Antonio
Bianchi, ha chiesto il concordato
preventivo. Lo rivelano diverse
fonti stampa, le quali fanno riferimento a un fardello di 56 milioni di euro di debiti che pesano
sull’azienda. A rischio i posti di
85 dipendenti.
La Albisetti sta probabilmente
pagando il passo fatto nel 2011,
quando aveva rilevato la Ittierre
che, pure, ha chiesto l’ammissione alle procedure concordatarie.
Per la Albisetti, che ha chiuso il
2012, comprendendo i ricavi di
pianegonDa sotto inDagine.“mi scuso, ma niente Da nasconDere”
Gioielli nel mirino della Guardia di Finanza
che ha aperto un’inchiesta sull’orafo vicentino
Franco Pianegonda. I dettagli dell’indagine,
secondo il Giornale di Vicenza, non sono stati
ancora resi noti. L’ipotesi della procura, sempre secondo il quotidiano locale, sarebbe quella della bancarotta fraudolenta, pre-fallimentare a carico dello stesso Pianegonda. In base a
quanto emerso dalle indagini e dalle perquisizioni della scorsa settimana, ci sarebbe, nel
bilancio 2012, un ‘buco’ da 6 milioni di euro.
L’indagine è solo agli inizi, ma il quadro per
gli inquirenti sembrerebbe già molto chiaro.
Franco Pianegonda, interpellato da Pambianco
Magazine, ha dichiarato di “essere determinato
a collaborare attivamente e completamente
con gli investigatori della Guardia di Finanza,
non avendo nulla da nascondere”. Pianegonda
ha sottolineato anche che né le sue aziende precedenti e attuali, né i suoi consulenti
8 pambianco magazine 13 marzo 2014
hanno mai tentato “deliberatamente di trasferire risorse” di alcun tipo o in alcun modo
dalla compagnia per la quale il concordato
preventivo era stato richiesto. “Ripongo totale
fiducia nella Guardia di Finanza e sono certo
che ogni dubbio nei nostri confronti verrà dissipato”, ha aggiunto Franco Pianegonda.
Franco pianegonda
Ittierre, a 158 milioni con una
perdita di 3,5 milioni di euro,
si parla dell’intervento di una
newco che vede Antonio Bianchi
come amministratore unico.
Intanto, l’investment company
Ikf, quotata sull’Aim di Borsa
Italiana, ha bussato alla porta di
Ittierre. Presentando un’offerta
che pare piuttosto a sconto, per
quanto possa garantire un futuro
all’azienda. Ci sarebbe l’interesse
per rilevare la società molisana
con un contratto d’affitto d’azienda, comprensivo di diritto
d’opzione per l’acquisto.
bulgAri PAtteggiA
con il fisco
Bulgari patteggia con l’Agenzia delle
Entrate 42 milioni di euro e chiude
così il contenzioso amministrativo
con il fisco. L’accordo giunge a
fronte di un sequestro di beni e
disponibilità finanziarie per oltre
55 milioni di euro. La maison di
gioielli era nel mirino perchè, nel
periodo 2006-2009, avrebbe
nascosto al fisco circa 3 miliardi
di euro attraverso società estere.
Il contenzioso prosegue sul fronte
penale. è infatti imminente richiesta
di rinvio a giudizio per i 13 indagati,
tra cui Paolo e Nicola Bulgari,
Francesco Trapani e Maurizio
Valentini, accusati di dichiarazione
fraudolenta mediante artifici e raggiri
e di evasione fiscale.
italia
tod’s, ViA Al
nuoVo Polo
dellA Pelle
Diego Della Valle
intende aprire uno
stabilimento di
4.500 metri quadri
a Pontassieve (Fi),
per farne la sede
principale di Tod’s.
Il piccolo borgo,
secondo La Nazione
– Firenze, è destinato
a diventare un nuovo
polo della pelletteria
che darà lavoro a
circa 250 persone.
Il progetto risale a
qualche anno fa,
ma fu sospeso in
seguito alla crisi.
Ora tutto sembra
pronto a partire anche
se nessuno vuole
sbilanciarsi in attesa
delle autorizzazioni
necessarie. Un
primo passo però
è già stato fatto
dall’amministrazione
comunale: la revisione
del regolamento
urbanistico essenziale
per attuare il progetto.
iL gruppo aLbini sFiora i 130 miLioni Di ricaVi
Il Gruppo Albini ha archiviato il 2013 con un fatturato consolidato di 129 milioni di euro, in linea con
il 2012. L’esercizio ha visto un secondo semestre
in ripresa con gli ordini della stagione P/E 2014 in
aumento del 6 per cento. Dato significativo, derivante soprattutto dalla buona ripresa del mercato europeo, Italia compresa.Il gruppo lombardo, maggior
produttore europeo di tessuti per camiceria, esporta
oltre il 70% del fatturato in oltre 80 Paesi. Il 2013,
per l’azienda guidata da Silvio Albini, si è rivelato
fondamentale anche per il piano di investimenti,
in particolare per la nuova tintoria filati ad Albino
(Bg) che partirà nei prossimi mesi.
silvio Albini
FurLa si Fa in Due e cHiuDe iL 2013 a 228 miLioni (+7%)
eraldo poletto
Furla archivia il 2013 con un fatturato di 228 milioni di euro, in
crescita del 7% rispetto al 2012
(+ 14,5% a cambi costanti) e
quindi con un incremento complessivo pari al +45% nell’ultimo triennio. In aumento i ricavi
in Italia (+8%), che pesa per il
24% del turnover, contro un 76%
di export. Per il risultato, si legge
nella nota dell’azienda, è stato
“determinante il potenziamento della distribuzione worldwide”. Nel 2013 Furla ha aperto
97 negozi (51 inaugurazioni e 46
rinnovi). Oggi i monomarca sono
mangano Verso i 25 miLioni neL 2014
In occasione della preview della collezione
P/E 2014, durante Milano Moda Donna,
Mangano ha reso noto il piano strategico per
l’anno in corso. “Abbiamo chiuso il 2013 a
quota 15 milioni di fatturato – ha dichiarato
il titolare Antonio Mangano – in crescita del
30%, e per il 2014 puntiamo ai 25 milioni
attraverso un rafforzamento del team manageriale, un investimento sull’immagine e un
piano di sviluppo concentrato sull’estero”. A
proposito di internazionalizzazione, il marchio di abbigliamento con sede nella provincia di Brescia deve oggi il 40% del giro
d’affari all’export. “In particolare la Russia e
l’Est Europa pesano per un buon 60% dei
ricavi oltre frontiera, importanti però sono
Libano, Sud America e resto dell’Europa.
Per quest’anno puntiamo a sviluppare anche
il Medio Oriente, il Benelux, a consolidare
la joint venture con la Cina e rafforzare la
10 pambianco magazine 13 marzo 2014
Russia, portando l’estero a pesare intorno al
60% del turnover”. Sul fronte retail, Mangano
aprirà a fine marzo uno store con un nuovo
concept a Firenze, in via dei Pecori 17, e riaprirà il negozio di Milano Marittima. “Verso
maggio – ha aggiunto Mangano – inaugureremo anche uno showroom a Milano, in via
Tortona”. Tra gli obiettivi c’è anche lo sviluppo dell’e-commerce, che porta oggi circa un
milione di euro di fatturato all’anno.
Antonio e diana Mangano
344, di cui 164 a gestione diretta,
e generano il 59% del fatturato.
Bene anche il canale e-commerce
(+41%) e il travel retail (+37%).
Nel frattempo, il marchio guidato
dall’AD Eraldo Poletto ha scisso
l’azienda conferendo gli immobili
nella nuova Fc Immobiliare spa.
L’operazione sarebbe parte di un
progetto di riorganizzazione che
punta a raddoppiare il fatturato
del 2012 nel giro di cinque anni.
In questo contesto, Furla starebbe valutando un futuro sbarco
in Borsa, probabilmente a Hong
Kong.
bAsicnet, utili
QuintuPlicAti nel 2013
BasicNet archivia il 2013 con un
utile netto a 8,4 milioni di euro,
risultato più che quintuplicato
rispetto al 2012 e un ebitda di
22,8 milioni, in crescita del 91,2
per cento. Le vendite aggregate
di tutti i marchi del gruppo (tra
cui Kappa, Robe di Kappa,
Superga, K-Way e Sabelt) si sono
attestate a 435 milioni, a cambi
costanti, rispetto ai 434 I mercati
più performanti sono risultati gli
Usa (+22%), il Medio Oriente e
l’Africa (+12%). Le vendite dirette
consolidate realizzate sul mercato
domestico, invece, registrano una
crescita dell’1,5% a 111,7 milioni
(+15,2% con riferimento al solo
quarto trimestre 2013).
italia
istAt, crollAno i consumi
di modA e design
Il commercio al dettaglio soffre
nel 2013. L’Istat ha diffuso i dati
sulle vendite al dettaglio dello
scorso anno: i ricavi sono diminuiti
del 2,1% rispetto al 2012, sintesi
di flessioni dell’1,1% per gli
alimentari e del 2,7% per i prodotti
non alimentari. Si tratta del calo
annuo più forte dall’inizio delle
serie storiche comparabili, ossia
almeno dal 1990. Anche la moda
è in discesa: le flessioni maggiori
riguardano calzature, articoli in cuoio
e da viaggio, in picchiata del 3 per
cento. Male anche abbigliamento e
pellicceria (-2,7%). Non si comporta
meglio l’arredo: mobili e articoli
tessili tra gennaio e dicembre 2013
hanno subìto un calo del 3,2%.
iL tessiLe cHiuDe iL 2013 in caLo (-2,4%)
La 18esima edizione di Milano Unica, il salone italiano del tessile si apre con qualche concreto segnale di speranza, come ha sottolineato il presidente Silvio Albini: “Dopo sei
trimestri negativi, si interrompe il calo nel
terzo trimestre con un più 5% delle vendite”.
Segnali che però non hanno consentito di
archiviare positivamente l’anno: il 2013 ha
visto un decremento del fatturato del 2,4%
(a 7,8 miliardi di euro) ed esportazioni calo
dell’1,4% mentre le importazioni sono salite
del 3,2 per cento. Tra le esportazioni, nei primi
nove mesi le aree Ue si sono rivelate più favorevoli (-2%) rispetto all’extra Ue (-4,4%).
Anche l’occupazione continua a risentire della
crisi. Secondo un’indagine di Smi, nei primi
nove mesi dello scorso anno l’occupazione nel
settore cotoniero è calata del 7% mentre quella del segmento laniero è rimasta stabile. Nel
corso dell’anno hanno chiuso 500 aziende,
quasi il 3% in più rispetto all’anno precedente.
Questo spiega anche il calo degli espositori di
questo appuntamento, 398 contro i 417 del
2013.
Guardando al futuro, il salone di
settembre,vedrà una rappresentanza di espositori giapponesi frutto di un accordo con l’associazione nipponica Jfw Organization.
a LVmH La minoranza Di De Vincenzo
istituto ganassini Fa sHopping
Marco de vincenzo
L’Istituto Ganassini, società attiva nella formulazione e nella produzione di prodotti dermocosmetici innovativi, ha deciso di ampliare
il suo portfolio con l’acquisizione della maison
de beauté francese Compagnie de Provence.
Quest’ultima è nata nel 1990 grazie a due
marsigliesi, Philippe Boigeol e Pascal Bourelly
che, consapevoli dell’importanza che rappresenta il Sapone di Marsiglia nel patrimonio
culturale e industriale della Provenza, hanno
deciso di aggiornarne la formulazione proponendolo in forme insolite, innovative e avanguardiste a una clientela internazionale.
La Compagnie de Provence si contraddistingue anche per il packaging molto caratteristico e per la bellezza architettonica dei negozi
in Francia. L’Istituto Ganassini manterrà inalterata questa anima e aprirà prossimamente
dei flagship store Compagnie de Provence
nei punti nevralgici del territorio italiano e
spagnolo.
Lvmh entra nel capitale di Marco De
Vincenzo. Da questo momento, dunque, si
rafforzerà il supporto che era già iniziato dalla
scorsa stagione con il contributo da parte di
Fendi, e che diventerà più concreto grazie a
una partnership di minoranza, anche nell’ottica dell’internazionalizzazione della griffe,
come fa sapere uno dei rappresentanti del
colosso del lusso nel backstage della sfilata di
De Vincenzo a Milano Moda Donna.
L’operazione rientra nel progetto di promozione degli emergenti pilotato dal patron
di Lvmh Bernard Arnault, già avviato con
l’acquisto della maggioranza di Nicholas
Kirkwood nel settembre scorso e con il lancio
del premio da 300mila euro per nuovi talenti.
“Finora questo appoggio mi ha dato forza –
ha commentato emozionato lo stilista poco
prima del defilè – ora però avrò una maggiore
serenità anche dal punto di vista produttivo,
perché se sei da solo i rischi aumentano”.
12 pambianco magazine 13 marzo 2014
i Pinco PAllino
in mAno Ai soci cinesi
I Pinco Pallino, dopo il deposito a
novembre 2013 della domanda
di concordato preventivo in
bianco, ufficializza il proprio piano
concordatario di natura liquidatoria,
il quale prevede l’intervento di
Ipp Srl (società riconducibile al
fondo asiatico Lunar Capital, già
socio del brand childrenswear),
quale affittuaria e successiva
cessionaria delle attività di Pinco
Pallino Spa. L’accesso alla
procedura concorsuale dell’azienda
bergamasca giunge al termine di
una fase di ristrutturazione interna
mirata all’ottimizzazione delle risorse
attraverso la neo costituita Ipp,
sulla cui proposta di investimento,
insieme a quella di Pinco Pallino
Holdings Limited, anch’essa facente
capo al Fondo Lunar Capital – si
basa l’ offerta concordataria di
Pinco Pallino. Tale proposta prevede
una prima fase di sostegno da
parte di Ipp delle attività aziendali
attraverso un accordo di licenza
ed un accordo di assistenza alla
produzione, nonché una seconda
fase di affitto d’azienda da parte di
Ipp con impegno all’acquisto della
stessa al buon esito della procedura
concordataria.
italia
KontAtto continuA
A crescere in itAliA
Dopo l’apertura del primo flagship
di Milano, terzo punto vendita
monomarca dopo Bologna e
Milano Marittima, il marchio di
abbigliamento e maglieria da donna
Kontatto prosegue la crescita sul
mercato interno. Obiettivo primario
dell’azienda di fast-fashion per il
2014 sarà infatti il supporto alla
rete vendita italiana. Il primo passo
è stata l’apertura di un nuovo
centro per la vendita all’ingrosso
a Roma, con l’obiettivo di seguire
più capillarmente la clientela,
soprattutto del centro-sud. Inoltre,
per venire incontro alle esigenze dei
propri buyer, sia italiani sia stranieri,
Kontatto ha deciso di ampliare la
propria sede posizionata all’interno
del Centergross di Bologna,
annettendo al magazzino un nuovo
spazio per una superficie di oltre
1.500 metri quadri. Per l’azienda
guidata da Federico Ballandi è
in arrivo, infine, un monomarca a
Firenze, situato in via Panzani.
tucano urbano punta suLL’estero
Il 2014 per Tucano Urbano,
brand di abbigliamento e accessori urban-contemporary, sarà un
anno all’insegna dei cambiamenti. L’azienda, infatti, ha voluto
un restyling del logo che fosse in
linea con il nuovo percorso dell’etichetta, dal 2012 di proprietà del
fondo Consilium SGR (che oggi
ne detiene il 76%), improntato
sull’ampliamento dell’offerta per
creare un lifestyle brand a 360
gradi.
Tucano Urbano, che è passata
dai 38 dipendenti del 2012 ai 58
attuali, inclusi coloro che lavorano nelle filiali estere, ha chiuso
il 2013 con un fatturato di 12
milioni di euro, in crescita del 6%
sull’anno precedente. L’azienda
oggi deve il 40% dei propri ricavi
ai mercati esteri e, più nel dettaglio, a Francia, Paese che assorbe il 20% del fatturato, Gran
Bretagna, Spagna e Svizzera. Le
vendite all’estero sono in crescita: nel 2013, rispetto all’anno
precedente, sono aumentate del
12 per cento. Le previsioni per il
2014 vedono i ricavi dell’azienda
crescere a doppia cifra, complice il rafforzamento internazionale e il lancio di nuovi prodotti.
Ampliando il focus ai mercati
internazionali, l’obiettivo è quello
di costruire una rete di negozi
monomarca a partire dal 2015.
Federico tecilla
messAgerie
lAnciA lineA
donnA
Messagerie debutta
nella donna. Per 20
anni, il marchio di San
Marino ha distribuito
le sue collezioni
uomo in circa 300
multimarca, per metà
in Italia. La donna
è stata presentata
con una sfilata di
circa 70 pezzi total
look, prodotti tra
Marche ed EmiliaRomagna. Il nuovo
progetto si affianca
a quello retail avviato
“con l’apertura, a
novembre, di uno
shop in shop a Tianjin
- spiega il titolare
Patrizio Piscaglia – e
che continuerà con
Shanghai, a breve,
e con Guanghzou a
giugno”.
i proFumi Di santa maria noVeLLa, Dai Frati aLLa cina
Quattro secoli di profumi e non solo: un
mix inebriante di erbe aromatiche e speziate dal sapone vintage. A Firenze, adiacente alla piazza di Santa Maria Novella,
si trova una delle più antiche farmacie del
mondo: l’Officina Profumo-Farmaceutica
di Santa Maria Novella creata dai Frati
domenicani. Nel 1612, quando la fama
della bontà dei loro prodotti raggiunse
anche l’esterno, decisero di aprire la farmacia al pubblico. Da allora ‘tradizio-
ne e innovazione’ sono state i capisaldi
dell’azienda che è riuscita a tramandare
le ricette dei frati rendendole moderne, al
punto da raggiungere oggi ben 105 dipendenti e un fatturato 2013 poco al di sotto
dei 20 milioni. “La cosa più importante
per la sopravvivenza di un’azienda con
una storia così antica è continuare a farla
crescere, rinnovandola, perché è necessario sia aumentare il profitto, sia organizzare un ciclo produttivo più moderno
che ne sostenga la crescita. Abbiamo creato nuovi prodotti più idonei alle abitudini delle clienti di oggi, sempre lasciando
però in produzione quelli che hanno reso
famosa l’Officina”, ha commentato il presidente Eugenio Alphandery, coproprietario insieme a Diana Stefani, quarta generazione della famiglia cui passò l’azienda
nel 1866. Oggi, l’azienda che conta oggi
ben 60 monomarca e 100 corner a livello
mondiale.
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12/06/13 13.14
13 marzo 2014 pambianco magazine 13
Mondo
Il Drago ha acquistato nel
2013 il 47% di tutti i beni
griffati mondiali. In cifre
assolute, è una spesa di 102
mld di dollari su 217 totali.
I cinesi incoronati re dello
shopping di lusso. Secondo una
ricerca del Fortune Carachter
Institute di Shanghai, la Cina ha
acquistato nel 2013 il 47% di
tutti i beni di lusso venduti nel
mondo. I consumatori con gli
occhi a mandorla hanno speso
ben 102 miliardi di dollari lo
scorso anno in beni di lusso
(vestiti, scarpe, borse, gioielleria e orologi fanno la parte del
leone), a fronte di un fatturato
totale, in tutto il mondo, di 217
miliardi.
Il 57% della spesa, circa 74
miliardi di dollari, è stato effettuato dai cinesi durante i viaggi all’estero – New York, Parigi,
Tokyo e Roma – mentre 28
miliardi sono stati spesi direttamente in Cina. l dato è significativo anche perché, come riporta
lo shoPPing di lusso
Per metà è già cinese
l’Ansa, giunge in un momento
caratterizzato da una domanda
che resta debole sui principali
mercati mondiali e mentre è in
pieno svolgimento la campagna
contro la corruzione dei funzionari pubblici lanciata un anno fa
dal presidente Xi Jinping. Zhou
Ting, direttrice dell’istituto di
ricerca di Shanghai, presentando i risultati dello studio precisa
che i massicci acquisti all’estero
da parte dei cinesi sono dovuti al fatto che in questo modo
sono sicuri di non acquistare
beni contraffatti, che sono estremamente diffusi in Cina. Il 23%
della spesa viene fatta attraverso
ordinazioni all’estero e solo il
20% della somma totale viene
spese nei negozi che si trovano
fisicamente nelle città cinesi.
lnoltre secondo lo studio della
società di ricerca specializzata in
retail Verdict le vendite all’interno dei grandi magazzini dovrebbero raggiungere nei prossimi
cinque anni il 30% del totale
delle vendite effettuate in questo circuito distributivo, grazie
all’aumento dei consumi domestici che dovrebbe favorire sia i
retailer locali sia internazionali.
In questo modo l’Asia-Pacifico
dovrebbe arrivare a rappresentare il 49% delle vendite mondiali
realizzate nei department store.
ipo americana per Jumei.com
tAl grouP delocAlizzA in VietnAm
Il retailer online cinese di cosmetici Jumei.com ha pianificato di
debuttare in Borsa negli Stati Uniti. L’Ipo, secondo quanto riportato dal The Wall Street Journal, sarà fatta entro la fine dell’anno,
con l’obiettivo di raccogliere circa 600 milioni di dollari con una
valutazione della società di circa 3 miliardi di dollari. Il retailer con
sede a Pechino, fondato dal CEO Leo Chen, ha stimato un fatturato 2013 di circa 1 miliardo di dollari, dopo aver chiuso il 2012 con
400 milioni di ricavi. Di recente altri e-retailer cinesi hanno manifestato l’intenzione di volersi quotare, tra questi JD.com e Alibaba.
Quest’ultimo, controllato al 24% da Yahoo!, è stato valutato dagli
analisti fino a 190 miliardi di dollari, più della capitalizzazione di
Amazon e quasi il doppio di quella di Facebook.
Produrre in Cina costa troppo.
E cominciano le delocalizzazioni
dei colossi dell’abbigliamento del
Drago. Tal Group, il gruppo con
sede a Hong Kong che, tra i sui
clienti include, tra gli altri, Tommy
Hilfiger, Givenchy e Burberry,
secondo quanto si legge su
China Daily, ha annunciato di
voler investire 200 milioni per
impiantare una fabbrica in Vietnam
per la produzione di tessuti e
capi di abbigliamento. Lo scopo
del gruppo è diversificare la sua
base produttiva, ma soprattutto
far fonte all’aumento dei costi di
approvvigionamento nella terra
del Sol Levante, in un momento
in cui diverse aziende leader del
settore in Cina sono alla ricerca
di nuovi mercati. L’azienda è
specializzata nella produzione di
capi di abbigliamento maschile e
femminile, e destina una camicia su
sei al mercato statunitense.
14 pambianco magazine 13 marzo 2014
Mondo
Vf, ricAVi A 11,4 mld.
VAns secondo mArchio
Vf cresce nel 2013 e Vans diventa il
secondo marchio del gruppo. Se il
brand “The North Face ha superato
i 2 miliardi dollari (pari a circa 1,5
miliardi di euro) nei ricavi globali,
Vans è andato oltre 1,7 miliardi
dollari, diventando il secondo più
grande brand del gruppo”, ha detto
il presidente e chief executive officer
del gruppo Eric Wiseman in una
nota. L’intero anno registra ricavi da
record, in aumento del 5% a 11,4
miliardi dollari rispetto ai 10,9 miliardi
del 2012. Le vendite internazionali
sono aumentate dell’8% guidate
da un +7% in Europa e AsiaPacifico, e un +9% in America.
L’utile netto è cresciuto del 13%
a 1,2 miliardi dollari rispetto al 1,1
miliardi del 2012. Nel 2014 i ricavi
dovrebbero aumentare del 7-8%,
con l’area outdoor & action sports
che dovrebbe crescere a due cifre.
Numeri positivi in vista anche per
i marchi che hanno spiccato nel
2013, Vans e North Face (+12% ),
oltre che per Timberland (+10% ).
PumA,
utile QuAsi AzzerAto
Puma sotto pressione. Il gruppo
tedesco di abbigliamento sportivo
ha chiuso l’esercizio con un utile
netto di 5,3 milioni di euro in calo del
92,4% a causa di voci straordinarie
per 129 milioni legate, tra l’altro, alla
sua ristrutturazione.
Il fatturato è stato pari a 2,98 miliardi
di euro in calo dell’8,7% (-3% a
cambi costanti). A pesare sui conti
è stato anche il quarto e ultimo
trimestre dell’anno che ha totalizzato
una perdita netta pari a 115,2 milioni
di euro, quasi tre volte rispetto
allo stesso periodo dell’anno
precedente.
Puma, che fa parte del gruppo
Kering, resta fiduciosa e si aspetta
una svolta nel 2014. Nonostante i
risultati, l’azienda ha deciso di offrire
ai suoi azionisti un dividendo di 0,50
euro per azione, invariato rispetto
all’anno precedente.
gap premia i DipenDenti e aLza Lo stipenDio.
obama ringrazia per L’esempio
leVi’s corre
A +2%
Gap Inc., cui fanno capo i brand
Gap, Banana Repubblic e Old
Navy, ha deciso di premiare i
dipendenti dopo i risultati positivi del 2013. Infatti, il colosso
a stelle e strisce ha reso noto
che alzerà lo stipendio orario
2014 dei 65mila dipendenti che
lavorano nei suoi punti vendita
negozi in Usa da 7,25 a 9 dollari per arrivare a 10 dollari nel
2015. “Applaudo Gap per aver
annunciato un aumento del
salario a iniziare da quest’anno – ha dichiarato il presidente Obama – e spero che altre
aziende faranno quanto possono
per fare altrettanto nei confronti dei loro dipendenti”. Il presidente, infatti, nel discorso sullo
Stato dell’Unione, come riporta
la Repubblica, aveva fatto appello
alla nazione affinché i dipendenti con un posto fisso ricevessero
un compenso dignitoso e tale da
non dover comunque vivere in
condizioni disagiate. “La società
Levi Strauss & Co.
ha chiuso l’esercizio
2013 con un fatturato
in crescita del 2% a
4,68 miliardi di dollari
(circa 3,43 miliardi di
euro) contro i 4,61
miliardi dello stesso
periodo di un anno
fa. L’utile netto si
è attestato a 229
milioni di dollari (circa
167,8 milioni di euro)
in aumento rispetto
ai 144 milioni del
2012. “Potevamo
chiudere l’anno più
redditizio dal 2008
se non avessimo
ridotto drasticamente
ricavi e utili nel
quarto trimestre.
Non mi aspettavo un
trimestre così difficile”,
ha dichiarato il CEO
Chip Bergh.
paga già di più di quello che è
considerato il salario medio, ma
volevamo fare la cosa giusta
nei confronti dei dipendenti e
della nazione - ha dichiarato a
Bloomberg Jack Calhoun, presidente e responsabile globale di
Banana Repubblic -. Le società
vincenti gareggiano per attrarre
talenti tutti i giorni”.
aDiDas, iL FLagsHip DiVenta staDio
Adidas sta sviluppando il progetto “Home
Court” che consiste nel tramutare alcuni dei
suoi store in una sorta di negozi-stadio con
l’obiettivo di incentivare le vendite nei mercati emergenti. Secondo Reuters, l’iniziativa è
già stata lanciata a Beijing, presso il più grande
flagship Adidas del mondo, e prossimamente
coinvolgerà altre 24 location nel corso del
2014. Tra queste, Rio de Janeiro in Brasile e lo
shopping center Bluewater in Inghilterra che
subiranno il cambio di concept già il prossimo
aprile. L’espansione del progetto, però, riguarderà soprattutto mercati in via di sviluppo
come Russia e Middle East. Il nuovo look dei
negozi sarà caratterizzato da un tunnel, con
tanto di tifo, che fungerà da entrata, proprio
come avviene nei campi da calcio.
Hugo boss, 2013 a +4 %
Hugo Boss ha archiviato il 2013 con ricavi
pari a 2,4 miliardi di euro, in crescita del 4%,
grazie in particolare alle vendite in Europa,
e un ebitda al netto di voci straordinarie in
aumento del 7% a 565 milioni.
I debiti sono scesi a 57 milioni, contro i 73 del
2012, soprattutto grazie a un miglioramento
del free cash flow.
“Abbiamo fatto buoni progressi nel corso
dell’anno, puntando a migliorare la performance della nostra divisione retail e supportare il successo del nostro marchio Boss”, ha
dichiarato il CEO Claus-Dietrich Lahrs.
13 marzo 2014 pambianco magazine 15
Mondo
ebAy AcQuisisce gli
AVAtAr Phisix
eBay ha acquisito la ‘startup’
PhiSix per aumentare la vendita
di abbigliamento online. Infatti da
oggi attraverso modelli 3D sarà
possibile provare i vestiti che l’utente
seleziona comodamente da casa.
L’abito scelto online verrà indossato
da un avatar virtuale creato con le
stesse caratteristiche della persona
reale per capire meglio il fitting del
capo prima dell’acquisto. PhiSix è
stata fondata nel 2012 da Jonathan
Su, un ex di Intel. Secondo Steve
Yankovich, vice president per
l’innovazione e startup di eBay,
“questa shopping experience nel
negozio on-line è convincente tanto
quanto quella reale”.
burberry messaggia su WecHat
Burberry si allea con WeChat, l’applicazione
di messaggistica che in Cina fa la parte di
Whatsapp. In virtù di questa partnership, i
clienti di Burberry potranno ricevere foto,
video, messaggi di testo e audio con le ultime
novità del marchio. Non solo, i clienti hanno
avuto la possibilità di scoprire l’ispirazione
delle collezioni, seguire le sfilate donna della
London Fashion Week A/I 2014-2015 e ricevere le immagini esclusive degli ospiti vip
seduti nelle prime file.
La partnership segue una doppia direzione:
da una parte la spinta di WeChat fuori dai
confini orientali, dall’altra l’affermazione di
Burberry in Cina, oltre che la possibilità di
aprirsi a “un enorme nuovo mondo di opportunità nello spazio digitale”, ha dichiarato il
CEO in pectore Christopher Bailey.
Non è la prima volta che WeChat si allea con
marchi famosi nel mondo. Il primo a farlo è
zaLanDo, VenDite a +50% neL 2013
Zalando accelera le vendite nel 2013.
Secondo le stime preliminari del rivenditore di moda online che veleggia verso l’Ipo,
nell’anno le vendite nette sono state pari a 1,8
miliardi di euro (+50%).
Il fatturato netto ha registrato una crescita a
doppia cifra in tutti i mercati internazionali,
in particolare nella regione Dach (Germania,
Austria e Svizzera), l’area nella quale l’azienda tedesca è più attiva, dove ha superato il
miliardo di euro di vendite nette. Sono stati
registrati risultati positivi anche nei sette mercati in cui il gruppo è entrato nell’estate del
2012, con un aumento di fatturato di oltre il
70% nel primo semestre del 2013.
Un altro dato che salta all’occhio è che nel
2013, per la prima volta nella storia dell’azienda, le vendite di articoli di abbigliamento
hanno superato quelle di calzature.
16 pambianco magazine 13 marzo 2014
stato Starbucks, che ha scelto questa app per
veicolare offerte esclusive ai propri clienti.
Non è un caso, poi, che a fare un accordo con
WeChat sia stata proprio Burberry, una delle
griffe più ‘social’ del momento, che con la sua
scelta potrebbe lanciare la piattaforma come
un nuovo strumento di marketing.
Vente-priVee Fattura 1,6 miLiarDi
Vente-privee ha chiuso il 2013 in positivo. La
società di e-commerce, nella quale è entrato
da poco con una quota di minoranza Qatar
Holding, ha comunicato un fatturato globale
lordo di 1,6 miliardi di euro, con una crescita
del 23% rispetto al 2012. Come spiega la
società in una nota, questi risultati sono stati
raggiunti grazie all’organizzazione di 10.100
vendite-evento (+65% rispetto al 2012) pari
a 70 milioni di prodotti venduti, che attirano
ogni giorno da 2,5 a 3 milioni di visitatori
unici, e che hanno permesso a Vente-privee
di oltrepassare la soglia dei 20 milioni di visitatori negli otto Paesi europei in cui il sito è
presente. In crescita anche il canale mobile,
che attualmente genera il 35% del fatturato
globale.“Nel 2013 Vente-privee - ha commentato Jacques-Antoine Granjon, presidente,
DG e fondatore di Vente-privee - ha superato
le previsioni di crescita. Continueremo ad
innovare investendo nella logistica, nel customer service e nell’immagine del nostro sito”.
bAnAnA rePublic
sulle orme di gAP
Banana Republic sta pianificando
l’espansione in Europa, Medio
Oriente e Africa, con l’apertura di
100 negozi in franchising. Secondo
il settimanale Drapers, giornale
che osserva da vicino il mondo
dei grandi retailer d’Oltreoceano,
il gruppo americano Gap Inc, cui
fanno capo i marchi Gap, Old Navy
e Banana Republic, che ha circa
600 store sparsi nel mondo, ha
in programma di entrare in nuovi
mercati, e di crescere nei Paesi dove
è già presente come Sudafrica,
Asia, Middle East, Russia e Turchia.
“Il business sta andando bene,
quindi è stata presa la decisione di
spingere il brand a livello globale.
Banana Republic seguirà quindi
le orme di Gap”, ha dichiarato
un portavoce dell’azienda. Per
sostenere questa strategia,
la compagine americana sta
cercando un manager che riporterà
direttamente al direttore franchisee
globale di Gap e sarà basato nella
filiale di Londra. Nell’esercizio 2013
il colosso americano Gap Inc. ha
totalizzato ricavi per 16,15 miliardi di
dollari (circa 11,78 miliardi di euro)
in crescita del 2% rispetto ai 15,65
miliardi dell’anno precedente.
Mondo
Kering,
l’utile scende
del 95%
Il gruppo francese
del lusso Kering
ha chiuso
l’esercizio 2013
con un forte calo
dell’utile (- 95.2%),
appesantito da oneri
di ristrutturazione
in particolare della
società di vendite
per corrispondenza
La Redoute e della
controllata Puma.
Nel complesso,
l’utile netto di
Kering nel 2013
si è praticamente
azzerato, crollando
a 50 milioni di euro
da 1,048 miliardi
dell’anno precedente.
Meglio il risultato a
livello di utile operativo
ricorrente, che è
sceso appena del
2,3% a 1,75 miliardi
di euro. Secondo
Reuters, il risultato
operativo è in linea
con le attese del
mercato .
a L’oréaL i marcHi DecLéor e carita
Shiseido, il gigante giapponese della cosmesi, ha
raggiunto un accordo per cedere a L’Oréal i marchi
Decléor e Carita per una cifra di 227,5 milioni di
euro, come già aveva annunciato nel mese di ottobre.
Decléor e Carita sono due brand forti soprattutto
in Europa non solo nel settore della cura dei capelli,
ma anche nella cura della pelle. Shiseido, con questa
mossa, punta a concentrarsi, soprattutto in Asia, nel
settore della cura dei capelli professionale. L’effetto
dell’operazione, compresa la plusvalenza per la vendita, sarà contabilizzata nei risultati della società per
l’anno fiscale che terminerà il 31 marzo 2015.
De beers, utiLe operatiVo oLtre iL miLiarDo
Brilla De Beers nel 2013. Il gruppo dei diamanti, infatti, nell’ultimo esercizio fiscale ha superato il miliardo di dollari di utile
operativo segnando una crescita
del 112 per cento. Questa performance è stata generata grazie alla
crescita dei ricavi che si sono attestati a 6,4 miliardi di dollari (pari
a circa 4,67 miliardi di euro), al
controllo dei costi e alla fluttuazione dei cambi favorevole. Ma
anche a un incremento della produzione del 12% a 31,2 milioni
di carati. La società anglo-americana ha sottolineato che, nel
Hermès, ricaVi 2013 a 3,75 mLD. Frena La peLLetteria
Hermès non delude le attese del mercato e
mette a segno un 2013 in crescita nonostante
l’effetto sfavorevole del cambio, soprattutto
in Giappone. La griffe ha registrato un segno
negativo nella pelletteria e selleria (che valgono metà fatturato), ma ha registrato una
buona performance nella moda e un boom
nei profumi.Il marchio francese del lusso ha
chiuso lo scorso esercizio con un record di
vendite a 3,75 miliardi di euro, in aumento
del 7,8% rispetto allo scorso anno.
Il gruppo, inoltre, ha annunciato che il suo
margine operativo dovrebbe essere “leggermente superiore” al massimo raggiunto nel
2012, quando era era del 32,1 per cento.
L’incremento delle vendite ha riguardato
anche il quarto trimestre, in cui il giro d’affari
registrato è stato di 1,09 miliardi, in incremento del 4,6% rispetto allo stesso periodo del 2012. I ricavi hanno registrato un
18 pambianco magazine 13 marzo 2014
incremento in Europa (+9,7%), in America
(+3,3%) e nell’Asia-Pacific dove, a eccezione
del Giappone, le vendite sono balzate del 10,7
per cento. Il segno meno ha riguardato solo
il Paese del Sol Levante, in caduta libera del
18,3 per cento.
2013, le vendite di gioielli sono
aumentate in termini di valuta
locale in tutti i principali mercati,
ad eccezione dell’India. “In India,
le condizioni economiche difficili e una svalutazione della rupia
hanno provocato un calo della
domanda”, ha rivelato De Beers
.”Il mercato Usa ha registrato una
crescita positiva, con un buon
andamento del quarto trimestre
grazie alle festività. La Cina ha
continuato a mostrare tassi di crescita positivi, ma a livelli coerenti
con il rallentamento dello sviluppo economico”.
breAd & butter,
il Pubblico restA fuori
Cambio di rotta per la fiera Bread &
Butter di Berlino. Il patron Karl-Heinz
Müller ha deciso di mantenerla
esclusivamente per i professionisti
del settore. Lo scorso dicembre,
invece, si era parlato della possibilità
di prolungare l’evento di due
giornate per dedicarle al pubblico.
Le aziende si sono scherate
contro questo cambiamento
di programma. I “public days”
infatti, pensati dal marketing per
coinvolgere il consumatore finale
si sono rivelati troppo impegnativi
dal punto di vista economico,
logistico e organizzativo.E proprio il
direttore marketing Joey Elgersma,
ha annunciato di voler lasciare
l’incarico.
attualità
IL MADE IN ITALY CHE NON CEDE
vendeSi, ma non per tutti
Versace chiude con Blackstone. Cavalli sembra (sempre) a un passo da Permira.
Ma poi c’è la schiera di quelli che dicono no, rimandano e ci provano ancora.
di Chiara Dainese
V
endere o non vendere?
Questo è il dilemma. Un
dubbio shakespeariano che
sembrava apparentemente
sciolto vista la lunga lista dei
brand del lusso e della moda made in Italy
che hanno risposto ‘vendere’ alle lusinghe
di chi ha bussato alla loro porta. Ultimo
in ordine di tempo, il colpo di Blackstone
che si è aggiudicato il tanto ‘desiderato’
20% di Versace.
20 pambianco magazine 13 marzo 2014
La decisione è stata annunciata dopo mesi
di trattative il 27 febbraio in un comunicato della maison della Medusa. Il fondo
americano, oltre ad insediarsi nel Cda di
Versace, inietterà 150 milioni di euro di
capitali freschi e acquisirà azioni dalla
Givi Holding Spa per ulteriori 60 milioni
di euro (valorizzando la società circa un
miliardo). La società, che rilascerà i risultati 2013 alla fine di marzo prevede ricavi
in crescita di circa il 18% 480 milioni di
euro e un ebitda in crescita a 69 milioni
di euro.
Il prossimo colpo è atteso per Roberto
Cavalli che negli anni ha avviato più volte
discussioni con potenziali compratori per
poi tirarsi indietro smentendo ufficialmente qualsiasi contatto. Nelle ultime
settimane, i rumors sono diventati più
insistenti, ma le trattative paiono assai più
difficili del previsto. Nel corso delle sfilate
la voce era quella di negoziati sempre più
stretti con il fondo Permira. Indiscrezioni
dettagliate sono apparse per ben due
volte sul settimanale il Mondo, in merito
a un’operazione che dovrebbe riguardare
l’ingresso di Permira con il 60%, mentre
il resto, oltre alla direzione creativa, rimarrebbe nelle mani di Cavalli. A complicare
il quadro, l’uscita improvvisa dei mana-
attualità
ger Gianluca Brozzetti (AD) e Carlo
di Biagio (COO) dopo un consiglio di
amministrazione. Si dice per una trattativa ritenuta troppo debole da Cavalli.
La valutazione di circa 460 milioni di
euro incluso il debito, pari a circa 18 volte
l’ebitda 2013 è di gran lunga inferiore a
quello che Cavalli avrebbe richiesto, già
nel 2008 quando aveva considerato la
vendita della griffe e già si era fatto avanti
il fondo Permira.
Ma oggi c’è ancora chi, più o meno intonato, canta fuori dal coro. O meglio, ancora aspetta il ritmo (l’offerta) giusto. Tra
chi ci ha pensato (o si dice ci abbia pensato) nomi come Stone Island, Trussardi,
Missoni, Santoni e Damiani. Ancora,
nulla di fatto. Anche perché sbagliando si
impara, dice un vecchio detto. Infatti, ci
sono alcune aziende che dopo l’acquisizione sono rifiorite, per esempio Bottega
Veneta che dopo l’acquisizione di Kering
ha superato il miliardo di fatturato. Altre
invece cui è andata molto meno bene
come nel caso di Gianfranco Ferré dopo
essere entrato nell’orbita del Paris Group
di Dubai.
conclusa, per cui c’erano diverse opzioni
(“quella che avevo in mente non era una
cessione totale”, afferma Rivetti) e si era
parlato di grandi gruppi come Only the
brave (Otb) e Vf Corporation come principali pretendenti all’acquisto. “C’erano
anche altri nomi – prosegue l’imprenditore – ma nessuna offerta mi ha convinto perché la continuità del brand non
era garantita in modo sufficiente”. “Per
quest’anno le prospettive sono buone”,
conclude l’imprenditore, che per ora
chiude il capitolo cessione. “Per il momento preferisco concentrare le mie energie
sul prodotto. Poi, mai dire mai”.
Questione di feeling …
In tempi di crisi e di globalizzazione
spinta, la vendita di una azienda potrebbe essere puramente una questione di
soldi. Invece, “il prezzo poteva anche
andar bene, ma mi sono fermato prima.
Ci sono altri valori, come la continuità
dell’azienda. E non ho avuto sensazioni
positive”, ha dichiarato a fine gennaio a
Pambianco Magazine Carlo Rivetti, patron
di Sportswear Company commentando
la mancata vendita del suo marchio Stone
Island. Una cessione che era stata data per
ResPinto (PeR oRA) AnCHe il QAtAR
L’indecisione (dei venditori potenziali)
sembra aver fermato anche i reali del
Qatar. Infatti, dopo l’acquisizione di
Valentino, nel 2012, e di Pal Zileri questo
febbraio (al 65%), si dice che il fondo
sovrano del Qatar abbia bussato alla porta
di altre due case di moda made in Italy.
Ma Missoni e Trussardi apparentemente ‘non erano in casa’. Angela Missoni,
infatti, ha dichiarato di non essere interessata alle proposte di vendita e in un’intervista a Il Sole-24Ore ha smentito i
rumours dell’ultimo anno affermando
la forte indipendenza del gruppo “e che
non avrebbe preso neppure un caffè
con gli emissari del Qatar”. Attualmente
il gruppo Missoni è guidato da Luca e
Angela Missoni (figli di Ottavio e Rosita).
In seguito alla scomparsa in un incidente
aereo del fratello Vittorio Missoni, seguita
da quella del padre Ottavio, è difficile
prevedere le mosse future.
Sempre dal Golfo Persico sembrerebbe
essere arrivata un’offerta per la maison
carlo rivetti
Angela Missoni
eva e roberto cavalli.
in apertura, donatella versace.
guido damiani
13 marzo 2014 pambianco magazine 21
attualità
Trussardi. Questa volta, nessun commento dai diretti interessati. Ma, ancora
secondo quanto apparso su Il Sole-24Ore,
i membri della famiglia non avrebbero
volontà di aprire il capitale, impegnati
oggi a far crescere la redditività del gruppo del Levriero, al momento ancora leggermente al di sotto rispetto a quella dei
loro principali competitor.
gioielli di fAmigliA
“Per noi italiani, a differenza degli anglosassoni che sono più distaccati, un’azienda
è come un figlio. Per questo noi a vendere
non ci pensiamo neanche”. Così il CEO
Guido Damiani ha ribadito, in un’intervista a Moda24 lo scorso dicembre, che non
ha intenzione di vendere il marchio che è
rimasto l’unico di gioielleria made in Italy
ancora di proprietà della famiglia. Un
brand guidato dalla terza generazione che
quest’anno ha compiuto i suoi primi 90
anni e ha raggiungo un fatturato di 110
milioni di euro nei primi 9 mesi dell’esercizio 2013-14. Di proposte l’azienda ne
ha ricevute tante e da tanti anni, ma ha
sempre risposto, cortesemente no grazie.
moda. “Cedere a un fondo che, dopo un
paio di anni, venderà le azioni per guadagnarci? Non mi interessa. Passare la mano
a un privato che pensa di poter trattare gli
abiti allo stesso modo delle automobili?
Non mi interessa neppure questo. Ho
avviato una ristrutturazione importante e
l’appoggio esterno di una fondazione consentirà, alle persone designate, di gestire
l’azienda”, aveva detto nel giugno 2012
lo stesso Armani al Corriere della Sera.
Una soluzione per mantenere il controllo
dell’impresa (con un fatturato 2012 di
2,091 miliardi in aumento del 15,9% sul
2011) nelle mani delle persone di fiducia
di Armani. Anche se la Borsa stuzzica
anche Armani. “Ogni volta che qualcuno
va in Borsa e bene, viene lo stuzzichino
anche a me”, ha commentato Re Giorgio
dopo la quotazione del marchio Moncler.
Ma ha precisato che anche se la Borsa lo
invoglia per ora le “bocce sono ferme”.
l’uniCo e solo Re gioRgio
Alla fine ne resterà soltanto uno. E sarà
Giorgio Armani. “La prossima guerra
sarà per l’acquisizione di Armani. È il più
grosso affare degli anni a venire”, aveva
detto qualche anno fa Patrick Thomas, ex
CEO di Hermès, a chi lo interrogava sulle
prossime strategie planetarie del lusso.
Deponga pure le armi, monsieur Thomas
gli aveva risposto con gentilezza il re della
unA boRsA PeR AmiCA, o no?
La Borsa piace anche ad Artemide. Ma
le luci per la quotazione si accendono ad
intermittenza. La società milanese, uno
dei brand di illuminazione tra i più conosciuti al mondo, apre e chiude il dossier
per Piazza Affari, che continua a esaminare dal 2008 ma senza successo. Il patron
di Artemide Ernesto Gismondi però resta
cauto sull’argomento per riflettere ancora
e valutare assieme ai consulenti la reale
stabilità dei mercati finanziari e in particolare del listino di Milano. Così, lo scorso
gennaio, i vertici aziendali hanno deciso
di allungare la time-line e di porre giugno
luca caprai
giorgio Armani
22 pambianco magazine 13 marzo 2014
o al più tardi la fine dell’estate prossima
quale obiettivo temporale per il debutto,
sempre “se le condizioni dei mercati lo
permetteranno”.
Quelli CHe… no gRAZie
Niente Ipo né ingresso di fondi di private equity né di colossi del lusso anche
per le calzature made in Italy di Santoni.
“Stiamo lavorando su noi stessi e vogliamo crescere in autonomia e con le nostre
forze – ha sottolineato Giuseppe Santoni,
amministratore delegato dell’azienda di
famiglia - l’indebitamento è fisiologico
e le banche stanno supportando i nostri
piani. Moncler è stata una Ipo gestita con
maestria, ma finché non avremo un giro
d’affari di 200 milioni non immagino
nulla”.
Dello stesso parere anche Luca Caprai,
fondatore del marchio Cruciani diventato
celebre nel mondo grazie ai braccialetti
di macramè che hanno conquistato le
celebrità. “Riceviamo offerte più o meno
ogni settimana - spiega, a Milano per la
settimana della moda - ma sono chiuse
in qualche cassetto non mio. In questo
momento non abbiamo neppure tempo
di guardarle, siamo impegnati sui nostri
prodotti e non siamo interessati. Anche
perché - rivela - non so quante siano
quelle vere, molte sono ‘fuffa’ e spesso i
fondi le fanno perché non costa niente”.
Lontana anche l’ipotesi di quotazione
perché, dice Caprai, “non siamo all’altezza
della Borsa e oggi sarebbe una perdita di
tempo”.
ernesto gismondi
attualità
IL MADE IN ITALY FINITO NELL’OMBRA
ferré... c’era una volta
È stata la prima fashion week senza la griffe dell’Architetto. Ma non è l’unica
maison italiana il cui destino, dopo il passaggio in nuove mani, sembra segnato.
di Milena Bello
N
el clima euforico della
fashion week milanese il grande assente era
Gianfranco Ferré. Per la
prima volta dal 1978 non
c’è stata alcuna sfilata o presentazione,
alcun appuntamento formale o informale. E d’altra parte, in poche parole,
non c’è più un marchio, né un direttore
24 pambianco magazine 13 marzo 2014
creativo, non c’è più una sede, venduta
pochi mesi fa a Kiton, né una collezione
o uno showroom. Nonostante il marchio
Gianfranco Ferré abbia vissuto già in passato diverse vicissitudini, non c’è alcun
dubbio che a sette anni dalla scomparsa
del grande stilista sia giunto il momento
di celebrare anche quella del suo marchio. Un triste epilogo per uno dei grandi nomi della moda italiana celebrati in
tutto il mondo.
Eppure, sebbene la vicenda di Ferré sia la
più forte in termini mediatici non è l’uni-
ca. Perché gli intrecci tra moda e finanza
o il passaggio sotto il controllo di grande conglomerate asiatiche non sempre
hanno decretato la fortuna dei brand italiani. E se qualche marchio sembra avere
già chiuso i battenti, altri sono da anni in
attesa di un concreto rilancio.
destini inCRoCiAti
Corsi e ricorsi della storia del fashion. Se
ci fosse una trasposizione del film ‘Sliding
doors’ dedicata alla moda ecco che i protagonisti potrebbero essere Gianfranco
attualità
Ferré, Cerruti, Romeo Gigli e Mariella
Burani da una parte e Moncler dall’altra, emblema di due destini opposti del
Made in Italy. Moncler in realtà nasce
francese, ma negli anni Novanta diventa di proprietà italiana sotto le veneta
Pepper Industries. Nel 1998 Fin.part, la
holding guidata da Giancarlo Arnaboldi
e Gianluigi Facchini, si compra l’intero
gruppo Pepper per 17,8 miliardi di lire e
addirittura pensa a una possibile quotazione della società. L’Ipo arriverà quindici
anni più tardi, ma con un assetto del tutto
differente. Nel 2005 la Fin.part annuncia
il fallimento con un crac da oltre 500
milioni di euro. Remo Ruffini si ricompra Moncler nel 2003. Il resto è cronaca
degli ultimi mesi con lo sbarco a Piazza
Affari dopo una vigorosa crescita negli
ultimi anni. Tutt’altra storia per Ferré. Gli
anni Ottanta e Novanta sono il momento
d’oro della griffe che lancia la sua linea
jeans, il profumo, il childrenswear e inaugura palazzo Gondrand ribattezzato poi
palazzo Ferré. Nel 1999 per 161,7 milioni
di euro passa nelle mani di Tonino Perna,
imprenditore molisano con il pallino della
moda (negli anni Ottanta lanciò il marchio Pop 84) che con la sua Ittierre voleva diventare l’alternativa italiana ai poli
internazionali. Alla base della cessione ci
sarebbe un bilancio decisamente poco
brillante: nel 1999 le perdite ammontavano a 15 miliardi di lire a fronte di un fatturato di circa 60 miliardi. Sotto Perna si
vara una strategia di rafforzamento internazionale, ma la voracità dell’imprenditore sul fronte delle acquisizioni comincia
a far scricchiolare il gruppo. Nel 2009
viene dichiarato il fallimento e la cessione
dei diversi asset. Per Ferré la scelta dei
commissari Stanislao Chimenti, Andrea
Ciccoli e Roberto Spada ricade sulla araba
Paris Group, di proprietà dell’uomo d’affari Abdulkader Sankari che, tra le altre
cose, avrebbe dovuto garantire una salvaguardia dell’occupazione e investimenti
per 100 milioni di euro. Ma il passaggio
sotto un importante gruppo mediorientale e specializzato nella distribuzione di
griffe non porta al rilancio della blasonata
etichetta, le cui sorti sono invece avvolte
in un esasperante silenzio. Prima arriva lo
scambio di accuse con i commissari, che
chiedono il sequestro del marchio a fronte di impegni assunti e mai mantenuti, e
poi con gli eredi di Ferré che porta al trasloco dalla sede di via Pontaccio. Il nodo
della questione diventa l’effettiva distribu-
zione del marchio. Per due stagioni, fino al
recente addio degli stilisti a partire dalla
collezione autunno/inverno 2014-2015,
il duo Federico Piaggi e Stefano Citron
lavora su collezioni che però, sembra,
non siano state poi messe in produzione.
Le ultime notizie sembrano confermare
l’ipotesi nell’aria da tempo, ovvero che
l’azienda abbia deciso di disinvestire in
Italia, trasferendo armi e bagagli all’estero,
per concentrarsi solo sulle licenze in essere da tempo. Ma anche le royalties cominciano a diminuire: niente più eyewear
con Allison che non ha rinnovato il rapporto, mentre tra le principali resta quella
del bambino con Mafrat. Cosa resterà di
Ferré lo si scoprirà tra non molto. Senza
stilisti, passerella e strategia comunicativa è difficile che l’eco internazionale del
marchio possa essere tramandato negli
anni a venire.
unA lungA sCiA RossA
Accanto a Ferré, gli ultimi vent’anni
hanno lasciato una scia di marchi apparentemente scomparsi e vittime del crac
dei tre gruppi che avevano l’ambizione
di diventare i poli della moda italiana:
It Holding (Ittierre), Fin.part e Mariella
Burani Fashion Group. Dalla disgregazione del gruppo di Perna, oltre a Ferré,
è rimasto per molto tempo in bilico
anche lo storico marchio di maglieria
deluxe Malo. Rilevato da una cordata di
ex manager Prada riuniti sotto la socie-
in apertura, il ritratto
di gianfranco Ferré
e lo schizzo libellula
per l’A/i 1995.
sopra, il disegno
la ronde di Ferré per la
p/e 1993; sotto, un look
Krizia A/i 2014-2015
e a sinistra sfilata Ferré
per l’A/i 1995.
13 marzo 2014 pambianco magazine 25
attualità
tà Evanthe, dopo tre anni di lavoro sul
fronte stilistico e soprattutto finanziario,
sembra ora finalmente pronto al decollo
internazionale. Sorte diversa per Romeo
Gigli. Perna si innamora del marchio e
lo compra nel 1999 salvo poi venderlo
cinque anni dopo a Pierluigi Mancinelli,
amministratore delegato della Mood. La
cessione trova in disaccordo lo stesso Gigli
che intenta una causa legale, primo passo
di una lunga via crucis che proseguirà,
con diversi interlocutori licenziatari per
oltre un lustro. A rendere ancora più complicata la vicenda c’è il problema della
proprietà del marchio che solo per il 20%
è in mano allo stilista (il resto fa capo alla
lussemburghese Euroholding). La Mood
fallisce nel 2008 ma ormai le strade tra
il designer e il marchio omonimo si sono
separate da tempo. Gigli lancia il progetto
indipendente Io Ipse Idem e nel 2011 ci
riprova con la label XII XII XLIX in liason con l’italiana Fuzzi. Tentativi che non
riescono a trovare il riscontro del pubblico
fino all’ultimo cobranding, la linea Joyce
by Romeo Gigli lanciata in collaborazione con il department store asiatico con
l’autunno-inverno 2012/2013 ma di cui,
dopo un paio di stagioni, non si sa più
nulla.
La storia di Cerruti affonda le radici addirittura nel 1800. Nato come lanificio a
Biella, negli anni Sessanta grazie all’estro
creativo di Nino Cerruti, diventa un marchio di abbigliamento che vanta addirittura boutique a Parigi. L’italiana Fin.
part si compra prima il 51% dell’azienda
mantenendo Cerruti in carica come presidente della società e direttore creativo,
e un anno più tardi prende il controllo
del restante 49% dell’azienda, operazione
che segna il divorzio con lo stilista. Nino
Cerruti prosegue sulla sua strada, torna
al Lanificio Fratelli Cerruti dal 1881,
lo rilancia e lo trasforma anche in una
fucina di collaborazioni con giovani creativi. La storia parallela del marchio che
porta il suo nome è più tortuosa. Dopo
il fallimento della Fin.part il brand passa
sotto il controllo del fondo americano
MatlinPatterson per approdare nel 2010
nelle mani di Trinity group, colosso del
retail che fa parte del gruppo di Hong
Kong Li & Fung e distributore già licenziatario della seconda linea Cerruti 1881.
Di un rilancio di Cerruti dal punto di
vista stilistico si comincia a parlare due
anni fa quando alla direzione creativa del
marchio arriva Aldo Maria Camillo, osan26 pambianco magazine 13 marzo 2014
nato dalla critica per una collezione finalmente tornata agli alti livelli del marchio.
lungo lA ViA dellA setA
Cerruti non è il solo ad aver preso la via
dell’Oriente. Dopo il crac di Mariella
Burani Fashion Group e la frantumazione
dell’impero in mille rivoli, anche ciò che
rimaneva della maison di Cavriago finisce
in mano ai cinesi. O meglio, verso una
finanziaria di Hong Kong che si aggiudica
per poco più di 2 milioni e mezzo di euro
bozzetti, cartamodelli e oltre 1.300 abiti
di sfilata appartenenti al fallimento del
gruppo Mariella Burani. Cosa ne sarà del
marchio? Nulla è trapelato ed è quindi improbabile che possa tornare sulle
passerelle. La scia di icone italiane finite
in mani orientali continua ad allungarsi. L’ultima in ordine di tempo è Krizia
che ha annunciato la cessione alla cinese
Marisfrolg Fashion. Sarà una nuova meteora? Sulla carta sembrerebbe il contrario.
L’acquisizione, spiegano nella nota, mira a
riportare il brand agli antichi fasti inaugurando nuovi negozi a Pechino, Shanghai,
Guangzhou, Shenzhen e Chengdu e riaprendo le boutique nelle principali città
in Europa, Giappone e Usa. Ma il passaggio della proprietà in Cina fa nascere
più di un dubbio. Mariuccia Mandelli,
artefice dei 60 anni di storia del marchio,
lascerà ogni incarico all’imprenditrice
Zhu ChonYun che ricoprirà così il doppio
ruolo di presidente e direttore creativo. Il
nuovo corso della maison sarà svelato con
la sfilata del prossimo febbraio. E solo in
quel momento si capirà dove porta, questa volta, la via della seta.
in alto, la collezione Joyce disegnata da romeo
gigli per l’A/i 2013, sotto un modello della
collezione A/i 2014-15 di Malo.
interviSta
NICOLA FARINETTI RACCONTA
28 pambianco magazine 13 marzo 2014
interviSta
Il 18 marzo apre
lo spazio nell’ex
Teatro milanese.
Il fondatore
Oscar Farinetti ha
consegnato le redini
al figlio. Che svela i
“segreti” del colosso
del food italiano.
Il futuro? Borsa o
partner strategici. Ma
sempre di famiglia.
Anche su www.pAmbiAnco.tv
nicola Farinetti, amministratore delegato
di eataly, ha gestito in prima persona
l’operazione eataly smeraldo, che aprirà
il 18 marzo.
Debutto
Smeraldo
per l’erede
di eataly
di Andrea Guolo
N
atale “Oscar” Farinetti, fondatore e presidente di Eataly,
è uomo capace e senz’altro fortunato. Una delle
sue maggiori fortune è rappresentata dal patrimonio più importante di cui un imprenditore possa disporre:
tre figli altrettanto capaci e già ai vertici
del gruppo. Andrea si occupa della parte
wine, Francesco e Nicola sono saldamente
al comando delle operazioni di Eataly, che
sta per tagliare un traguardo importante: l’apertura del venticinquesimo punto vendita,
forse il più atteso. Si tratta di Eataly Milano
e sorgerà all’interno dell’ex teatro Smeraldo,
nel cuore pulsante del quartiere fashion di
Porta Nuova. Nicola, amministratore delegato della società, sta gestendo in prima
persona l’opening dopo aver condotto brillantemente le operazioni di apertura di
New York e Roma, due realtà che, assieme,
fanno oggi 12 milioni di presenze annue. “A
Manhattan siamo la terza attrazione turistica in assoluto per numero d’ingressi, ci
precedono soltanto Empire State Building
e Metropolitan Museum” afferma con orgoglio l’ad di quella che non ci sta a definire
una “catena”, perché ogni negozio fa storia
a sé, non esiste un Eataly uguale all’altro.
Così anche quello di Milano, la cui apertura
è prevista per il 18 marzo, sarà uno spazio
davvero unico e suggestivo, nel rispetto della
vocazione della location.
Cosa aspettarsi da Eataly Smeraldo?
Stiamo preparando un grandissimo casino
e non vediamo l’ora di cominciare! Sarà
il nostro primo approccio con il mondo
della musica, un Eataly dall’anima “rock”
con tanto di palco e concerti. Qui dentro
si sono esibiti tutti i più grandi artisti della
musica internazionale e continueranno a
farlo. Daremo spazio ad artisti promettenti e
giovani, ma anche ad alcuni piuttosto famosi. Utilizzeremo la struttura non solo per
offrire i prodotti, ma anche per fare cultura
a 360 gradi.
I tempi previsti per l’apertura sono slittati
di quasi un anno rispetto alle previsioni. Per
quale ragione?
Non lo valutiamo come un ritardo.
Abbiamo una mission: recuperare luoghi un
po’ sfortunati, ma molto belli, posizionati
all’interno delle città. Il teatro Smeraldo per
noi è stata un’illuminazione, ce ne siamo
innamorati in un istante, pur essendo contemporaneamente impegnati in altre nuove
aperture. Di conseguenza, abbiamo deciso
di “avanzare lentamente”, superando le difficoltà logistiche e cercando di non creare
troppi disagi ai nostri vicini di casa.
Quanto sarà importante per Eataly questo
store?
Milano è la città più internazionale d’Italia:
se fai qualcosa di importante qui, lo vedono
in tutto il mondo. Perciò la immagino come
se fosse la nostra New York 2.0. Abbiamo
messo in cinquemila metri quadrati tutto
ciò che abbiamo imparato negli anni, dalla
13 marzo 2014 pambianco magazine 29
interviSta
dove ci siamo insediati, è un po’ fuori dal
centro storico, con tutti i benefici logistici
che ne sono derivati. Milano è un posto
magico. Non ho mai visto una zona come
questa, in cui sia concentrato così tanto,
dal movimento degli uffici alla mattina
a quello della vita serale e notturna: ci
saranno trecento ristoranti attorno a corso
Como e sono sempre tutti pieni. Davvero
non vedo l’ora di aprire!
produzione della mozzarella a vista, alla
pizzeria, dalla cioccolateria alla ristorazione con il contributo di una chef “stellata”,
Viviana Varese, che la stella Michelin l’ha
ottenuta proprio a Milano, con il ristorante
Alice.
eataly new York
è situato al n. 200
della Fifth Avenue.
in alto, il rendering
di eataly smeraldo.
Milano sarà anche la città di Expo 2015,
l’evento più atteso del decennio, fortemente connesso al food. Che cosa vi aspettate
in termini di ritorno, non soltanto economico?
Ci aspettiamo tantissimo. Viaggiando spesso all’estero, noto che metà del nord del
mondo vorrebbe parlare come noi, vestirsi
come noi e mangiare come noi. Expo 2015
sarà una scusa per venirci a trovare in Italia
e per far vedere loro di che pasta siamo
fatti. Eataly avrà un ruolo molto importante
nell’offerta complessiva della ristorazione
milanese: utilizzeremo l’evento per raccontare la grande biodiversità italiana, che poi
rappresenta il nostro terroir e ci differenzia
da qualunque altro Paese. Apriamo con un
anno di anticipo proprio per arrivare pronti
a quel momento.
New York, Roma, Milano: dov’è stato più
difficile entrare?
Se parliamo di difficoltà nelle procedure,
New York è imbattibile, anche perché si
trattava della prima apertura negli Stati
Uniti e quindi abbiamo dovuto imparare come funzionano le cose in America,
ma direi che ci siamo mossi bene. L’Italia
ormai la conosciamo. Roma è stata piuttosto semplice perché la stazione Ostiense,
30 pambianco magazine 13 marzo 2014
Quest’anno per la prima volta presenterete un bilancio consolidato, relativo
al 2013. È possibile anticipare qualche
dato?
In Italia stiamo andando bene e abbiamo
chiuso l’anno con un fatturato di circa
140 milioni di euro; considerando anche
l’estero, con le ultime aperture e i franchising, arriviamo ad un giro d’affari complessivo dell’insegna Eataly e del nostro
gruppo pari a 500 milioni. Ma i numeri
che amiamo di più sono quelli occupazionali. Oggi in Italia abbiamo 1.400 collaboratori e in America 1.300 con due soli
negozi. Lì è molto più semplice e conveniente assumere che da noi, purtroppo!
In tutto il mondo siamo a quota 3.700, di
cui 1.300 creati soltanto nell’ultimo anno.
Una struttura come Eataly Milano in
quanto tempo può arrivare a break even?
Vedremo quanto sapremo essere performanti... Noi però vogliamo essere un
business virtuoso e per farlo occorre guadagnare fin dal primo giorno, condizione necessaria per pagare spazi, fatture
e fornitori. In un negozio come Milano,
data l’entità dell’investimento, ci piacerebbe riuscire ad andare a break even
tra il secondo e il terzo anno di apertura.
Finora, mediamente, gli obiettivi che ci
siamo posti li abbiamo sempre raggiunti, anche perché, essendo piemontesi, ci
sbilanciamo poco e tendiamo a fissare
traguardi raggiungibili. Sono abbastanza
convinto che ce la faremo.
C’è tanto Piemonte tra i prodotti selezionati da Eataly. A Milano darete più spazio
a referenze locali e lombarde?
Puntiamo almeno a un 30-40% di prodotti locali, dove per locali intendo
Lombardia e aree limitrofe. Da noi in
genere ci sono tanti cibi piemontesi perché ci piace lavorare con le aziende del
territorio in cui apriamo un negozio e la
storia di Eataly è iniziata a Torino. Da lì,
interviSta
con le aperture successive, abbiamo incrementato di molto l’offerta di prodotti da
altre regioni.
Quali sono i criteri di scelta dei marchi e
dei fornitori?
Da questo punto di vista siamo molto
fortunati, perché non abbiamo dovuto
inventare nulla. Eataly ha fatto proprio il
paradigma “buono, pulito e giusto” coniato da Carlin Petrini e da Slow Food, che
rappresenta per noi un partner strategico
e un consulente da cui ci facciamo indirizzare nella scelta dei migliori produttori
che operano in un territorio. Partendo da
quella rosa, sono i nostri commerciali a
decidere chi inserire all’interno dei negozi.
Eataly possiede partecipazioni in 19
società produttrici in diversi ambiti del
food, dal vino alla pasta alle bevande.
Potenzierete l’offerta di “vostri” prodotti?
Noi abbiamo fatto questa serie di acquisizioni perché pensiamo sia importantissimo, in quanto distributori di prodotti
italiani di qualità, presidiarne la produzione così da poterla conoscere meglio.
Se diamo spazio ai nostri prodotti è anche
e soprattutto perché ne conosciamo le
caratteristiche. Mediamente questa quota
non supera mai il 20% del fatturato all’interno di un punto vendita Eataly e credo
che ci manterremo su queste percentuali.
Avete intenzione di effettuare nuove
acquisizioni nella produzione?
A noi piace l’idea di continuare a investire in Italia e la produzione del cibo è la
parte più bella di tutte. Se dovesse presentarsene l’opportunità, lo faremo. Anche
perché, nella maggior parte dei casi, le
nostre sono partecipazioni con quote che
vanno dal 20 al 50%: cerchiamo persone
che condividono la nostra filosofia, hanno
bisogno di investimenti per rilanciare la
produzione, ma poi rimangono al timone
delle loro aziende.
Negli ultimi mesi si sono susseguite varie
ipotesi sul futuro di Eataly, dai rumors di
cessione a Coop, che è un vostro partner,
fino al recente annuncio di un progetto
per la quotazione in Borsa entro due-tre
anni. Con quali obiettivi?
Noi oggi siamo Eataly e vogliamo essere Eataly per sempre, mantenendo la
maggioranza di quest’azienda, anche
perché siamo tre fratelli e ci piace quel
che stiamo facendo, potersi esprimere in
qualcosa di così bello come raccontare il
cibo italiano nel mondo. Abbiamo molte
richieste di potenziali acquirenti di parti
dell’azienda e questo ci gratifica, perché
significa che il marchio è stimato. Ma se
in futuro cercheremo un partner, lo vorremo italiano, perché ci piacerebbe rimanere all’interno dei nostri confini e poter
contribuire a sviluppare l’economia del
nostro Paese.
immagini dallo store di
dubai e, in alto, gran
sta, uno degli otto punti
vendita di tokyo.
13 marzo 2014 pambianco magazine 31
interviSta
Dopo Milano, quali sono le aperture principali che avete in programma?
Lo sviluppo continua su due binari,
Italia ed estero. In Italia cominceremo da
Piacenza, apertura che dedicheremo alla
provincia italiana che sta soffrendo, perché tutti si spostano verso le grandi città.
A seguire, due piccoli negozi a Trieste e
Forlì anticiperanno la successiva inaugurazione di un “bestione”, come lo chiama
mio padre, che faremo a Verona proprio
davanti al Vinitaly, là dove il mondo del
vino fa tappa una volta l’anno. All’estero,
invece, il piano dei prossimi due anni prevede aperture a Mosca, San Paolo, Monaco
di Baviera e poi vorremmo provare a Los
Angeles. In cantiere abbiamo anche Parigi,
Londra e un sacco di altre idee.
Una di queste idee, extra Eataly, è Fico, il
primo parco tematico mondiale dedicato
al food, che dovrebbe aprire l’anno prossimo a Bologna e di cui siete tra i principali sostenitori. Quali ricadute pensate
possa avere sul turismo internazionale?
Mio padre, che si è inventato questo
progetto così pazzo, da un paio d’anni
sta ragionando sui numeri del turismo
e dell’export di cibo ed è convinto che
siano talmente piccoli da poter solo
migliorare. Basti pensare ai 30 miliardi di
euro garantiti dall’export agroalimentare
italiano, che sembrano una cifra importante... poi, a ben vedere, sono gli stessi
del Belgio e la metà rispetto all’Olanda. Allora, forse, qualcosa non quadra.
Dobbiamo essere capaci di comunicare
la nostra biodiversità e dobbiamo farlo in
un luogo nel quale la gente lo possa capire
immediatamente. Fico sarà quel luogo,
Bologna sarà il posto perfetto per creare un hub della cultura italiana del cibo.
Mio padre del resto dice: se Orlando non
avesse Disneyworld, chi la conoscerebbe? Invece ogni anno la visitano milioni
di persone. Bologna, da questo punto di
vista, parte decisamente avvantaggiata.
Avete avviato negli ultimi anni una serie
di collaborazioni “on board”, da Italo ad
Alitalia a Msc Crociere. Come stanno
andando?
Su Italo, dove puntavamo a portare la
ristorazione di qualità in treni privi di
vagone ristorante, ero francamente scettico, mi pareva una mezza pazzia... invece
abbiamo fatto un ottimo lavoro, selezionando quelle aziende italiane che avrebbero potuto garantire pasti pronti di qualità consumabili a bordo, e i risultati ci
stanno premiando: oltre al fatto di aver
raggiunto cifre importanti, l’operazione ci
ha aperto un mondo e ci stanno venendo
in mente un sacco di idee. Assieme ad
Alitalia gestiamo, con reciproca soddisfazione, l’area lounge di Fiumicino, con Msc
stiamo raccogliendo risultati incredibili
nella tratta americana, dove il nostro concetto di ristorazione informale ha conquistato la clientela.
Il passaggio generazionale in Eataly
ormai è cosa fatta. E Oscar Farinetti che
cosa farà? Sarà soltanto presidente e
padre “rompiscatole”, come si autodefinisce, o magari lo vedremo, come si è ventilato nelle scorse settimane, in Parlamento,
se non addirittura al Governo?
Oscar Farinetti non può fare solo il presidente e padre rompiscatole, nessuno
eataly new York è la terza attrazione turistica della grande Mela per numero di accessi.
32 pambianco magazine 13 marzo 2014
di noi ci crede quando lo dice, e speriamo possa rimanere al lavoro il più a
lungo possibile; perché, a prescindere
dalla gestione quotidiana del business che
appartiene da tempo a me e ai miei fratelli, la sua creatività e la sua visione del futuro sono doti innate, non le puoi imparare.
Entrerà in politica? Chiedetelo a lui... Io
spero di no, e non perché non mi piacerebbe vederlo aiutare il nostro Paese, ma
perché credo che il nostro modo di essere
imprenditori stia dando già molto al Paese.
Inoltre, abbiamo talmente tante gatte da
pelare tutti i giorni, che se rimane con noi
è meglio!
in vino liBero,
e diffuSo
Il “colpo” a effetto lo ha messo a
segno a metà gennaio, annunciando
una partnership con Ikea, che si
aggiunge a circa un migliaio di
clienti tra enoteche e ristoranti già
in portafoglio. Questa volta non si
tratta di Eataly, ma del wine business
di Farinetti, che ha in Fontanafredda
il brand punta di diamante. E non
si tratta neppure di un’iniziativa
individuale. Il progetto “Vino libero”
riunisce dodici produttori di otto
regioni italiane impegnati a “liberare”
il vino da concimi inquinanti,
diserbanti, eccesso di solfiti, ma anche
packaging, burocrazia, dipendenza
dalle guide di settore. Ogni azienda
coinvolta ha “liberato” alcuni
suoi vini senza per questo cadere
nell’ortodossia di tecniche che li
rendono ostici ed estremi. Il gruppo
dei dodici ha abbattuto di almeno il
40% la presenza di anidride solforosa
rispetto al limite di legge, eliminato
concimi chimici ed erbicidi, ma
soprattutto ha saputo fare squadra
per uscire dalla nicchia e diffondere il
prodotto tra il grande pubblico. Dopo
l’accordo con Ikea, che da gennaio
ha iniziato a inserire “Vino libero” nei
ristoranti e bistrot dei propri centri
in Italia, sono in arrivo cinquanta
corner con Auchan (che per la Gdo si
aggiungono a quelli avviati con Coop
Nord Ovest) e nuove collaborazioni
con librerie, musei, horeca.
a
l
b
.
.
.
a
l
B
Wow
!!
dossier
yeah! gulp!
passerelle
coMunicanti
Alle sfilate di Milano, il CEO di Camera moda
Jane Reeve detta la linea: “Spingere su una
comunicazione di sistema che rilanci l’immagine”.
Ma i modelli ancora scontano un evidente
ritardo. Mentre il web impone nuove regole
stravolgendo il risiko dei media. E, talvolta,
basta una Y per rovesciare il destino di una griffe.
doSSier
TRA DRONI, MAXI SCHERMI, NUOVI DISTRETTI. E CARIATIDI
Moda, obbligo di Spot
Il neo AD di Cnmi predica una svolta di immagine, anche in vista dell’Expo. Ma
il cambio di passo nella comunicazione di sistema e sul web pare ancora lontano.
di Simona Peverelli
è
tempo di ‘contaminazione’. Incrociare la
moda con tutte le eccellenze italiane, come
arte, cibo e cultura,
potrebbe essere la formula giusta per rilanciare la comunicazione di Milano Fashion
Week. A dirlo è Jane Reeve, una che è nata
in Gran Bretagna, ma che in Italia ci vive
e ci lavora da vent’anni. “Abbiamo cose
che il mondo ci invidia - ha affermato il
neo amministratore delegato di Cnmi al
termine delle sfilate - facciamole vedere
e vinceremo”. Così, ‘comunicare necesse
est’ (comunicare è necessario) non è solo il
motto di una donna che arriva dal mondo
del marketing (la Reeve è stata AD della
agenzia pubblicitaria J.Walter Thompson
Italia), ma diventa lo slogan dell’intero
fashion system milanese. Quest’anno, infatti, la vera sfida, al di là delle questioni di
business e di stile, è fare conoscere ancora
meglio le eccellenze del made in Italy al
resto del mondo, in vista di Expo 2015.
“Considero questo come un anno di preparazione a un evento per il quale vogliamo giocare un ruolo di primo piano - ha
detto il presidente di Cnmi Mario Boselli
- per cui la moda sarà una sorta di Fuori
Expo che non sia contro, ma pro Esposizione Universale”. I vertici del fashion hanno capito che non c’è tempo da perdere,
perché Milano veleggia già verso la primavera e il 2014 sarà un anno determinante per iniziare a costruire l’involucro che
scarteranno i 20 milioni di turisti attesi da
tutto il mondo. “Comunicare vuole dire
36 pambianco magazine 13 marzo 2014
un look Moschino A/i 2014-2015
doSSier
in questa pagina dall’alto: un drone di
Fendi, la sfilata e un look di Andrea incontri
A/i 2014-2015
anche parlare con la stampa
straniera - ha spiegato la Reeve organizzare interviste one to one con
i giornalisti che vengono a Milano per i
nostri eventi, i quali apprezzano molto il
piglio anglosassone, più concreto rispetto
a quello che sono abituati a trovare qui in
Italia”. Non solo, secondo il CEO, un punto fondamentale consiste nello “studiare”
le altre fashion week, per scoprire i loro
punti forti e correggere i difetti nostrani.
E poi c’è l’universo del web, in particolare
il progetto che sta più a cuore alla nuova
guida della Camera, la piattaforma digitale, che “non sarà un semplice website - ha
precisato - ma un collettore di informazioni e scambio per tutte le persone che
hanno a che fare con questo settore: soci,
pubblico, giornalisti e anche le piccole e
medie imprese”, un vero e proprio punto
di incontro per tutti, che dovrebbe essere pronto entro la prima metà dell’anno.
Un’altra strategia efficace, infine, potrebbe
essere quella di “organizzare eventi all’estero - ha aggiunto la Reeve - magari fuori
dalle altre settimane della moda, per attirare di più l’attenzione”.
nuoVo Come le CARiAtidi
La settimana delle sfilate di febbraio, dunque, è stata il banco di prova per misurare
la capacità di accoglienza e di dialogare del
fashion system italiano, durante la quale la
moda ha provato a trasformarsi in un bel
prodotto dentro un grande spot pubblicitario. Dando uno sguardo a quello che
è successo sul campo, però, se i sei giorni
appena trascorsi (sono tutti d’accordo)
sono stati più brillanti del solito, questo è
vero soprattutto dal punto di vista della
qualità dei materiali e della creatività saliti
in pedana. Sul fronte della comunicazione, viceversa, c’è ancora tanto da fare. In
passerella c’è stato chi il concetto di spot
lo ha portato sui vestiti,
come il nuovo Moschino di Jeremy Scott, che
ha disegnato sugli abiti da
sera confezioni di barrette al cioccolato, di caramelle, pop-corn e cereali.
In questo caso, è stato lo stile a veicolare un messaggio. Ora, però, è la moda a
dover prendere il posto di snack e leccornie per diventare un prodotto che fa
gola al pubblico. Alcuni tentativi ci sono
stati. Si è vista una nuova campagna di
benvenuto negli aeroporti e alla Stazione
Centrale, con i cartelloni che recitavano
‘Welcome to Milan Fashion Week’ per
accogliere stampa, buyer
e visitatori. Si sono viste le
sfilate in live-streaming sui
maxi schermi nelle vie del
centro (ancora) e vista Duomo
in cima alla Rinascente (per la
prima volta). Si è vista la prima
collaborazione con gli studenti
di una scuola di moda, l’Istituto
Marangoni, accanto alle creazioni
degli stilisti ‘debuttanti’ a palazzo
Giureconsulti. Spazio alle nuove
leve anche nel corso del consueto show Next Generation, anche
se, come le volte scorse, relegato
13 marzo 2014 pambianco magazine 37
doSSier
nell’ultimo giorno di sfilate, quando
la maggior parte della stampa e dei
buyer era già in rotta per Parigi. In
passerella, poi, è spuntato anche un
drone. È stata Fendi a sperimentare
una nuova concezione di defilè, sorvolata da mini elicotteri telecomandati muniti di telecamera che, tra
sbuffi di pellicce e accessori lucenti,
hanno permesso agli spettatori da
casa di scegliere il punto di vista
migliore tra la visione classica e
quella aerea, sul sito della maison e su Youtube. Qualcosa
però è andato storto, quando
uno dei droni ha fatto un atterraggio un po’ brusco, a lato
della passerella. Che sia il segnale che
la moda non è ancora pronta ad abbracciare le nuove frontiere della comunicazione tecnologica? Allora, forse è meglio
puntare sulla cultura nostrana. Così,
alcuni designer, specialmente i più ‘freschi’, come Uma Wang, Francesco Scognamiglio e Stella Jean, hanno mostrato le
proprie collezioni nel bel palazzo della Ragione o nella sala delle Cariatidi di Palazzo Reale, che ha ospitato anche il cocktail
di chiusura di Cnmi. Peccato che, anche
questa, non sia una vera novità, perché le
due location avevano già aperto le porte lo
scorso settembre. La sensazione, dunque, è
che i cambiamenti di questa edizione siano nuovi come cariatidi, appunto.
PuliZie di PRimAVeRA
Dal basso, insomma, ci si aspetta qualcosa di più, un’imbiancatura generale per
rinfrescare l’ambiente. A voler spazzare
via lo spesso strato di polvere non sono
solamente gli addetti ai lavori, ma anche i
cittadini, che a volte dalle sfilate sembrano
quasi infastiditi, costretti a fare lo slalom
tra le orde di fashion addicted e il traffico
di Mercedes. A recuperare il contatto con i
milanesi ci ha provato il Comune che, sul
suo sito, ha lanciato, in via sperimentale,
un calendario unificato degli eventi e degli appuntamenti della moda e del design
organizzati durante la fashion week, che
dovrebbe essere attivo anche a durante il
38 pambianco magazine 13 marzo 2014
Salone del Mobile
del prossimo aprile.
L’iniziativa, che fa parte
del progetto Milano Creativa,
è frutto della rinnovata armonia tra pubblico e privato,
Cnmi, Comune di Milano, Cosmit, Altagamma e Camera di
Commercio Milano, e ha l’obiettivo di diventare un servizio fatto
e finito nell’anno di Expo. A cambiare l’atmosfera, poi, ci ha provato Massimiliano Bizzi, il fondatore
di White. Se ne sarà accorto chi ha
fatto una passeggiata nella zona
alle spalle della stazione di Porta
Genova. Qui, infatti, è nato Tortona Fashion District, un nuovo marchio
lanciato dalla fiera per valorizzare l’area
nella quale va tradizionalmente in scena il
salone contemporary, con la prospettiva di
coinvolgere anche altre location che ospitano eventi legati al mondo del fashion.
Ancora troppo poco, forse, per dire che
le cose stanno davvero cambiando, ma si
tratta comunque di segnali di una nuova
consapevolezza da parte del mondo della
moda. Cosa ne è stato, infine, del calendario di eventi proposto da Cnmi e Altagamma per coniugare moda ed Expo?
Se ne era parlato lo scorso gennaio, poi la
palla è passata al Governo, e da quel momento la questione è rimasta in sospeso.
Sperando che il plico, anche questo, non si
trasformi in una vecchia scartoffia coperta
di polvere.
sopra, Jane reeve durante la
conferenza stampa di Milano
Moda donna. A fianco, un look di
cristiano Burani A/i 2014-15.
doSSier
STRAVOLTI I MODELLI DI COMUNICAZIONE
Il lusso parla sul web
Precipitano gli investimenti pubblicitari ‘patinati’ delle griffe, ma accelerano
sul digitale. E il mondo editoriale deve inventarsi nuovi contenitori giornalistici.
di Vanna Assuma
A
nche il lusso frena.
Almeno, quello dei
patinati tradizionali.
Il mondo delle griffe,
infatti, sta vivendo una
situazione assolutamente nuova: dopo
anni in cui gli investimenti pubblicitari
dell’alto di gamma hanno tenuto, differenziandosi dall’andamento generale
dell’advertising, per la prima volta nel
2013 le aziende luxury hanno sforbiciato
i budget in linea con il calo del mercato.
Secondo i dati Nielsen (elaborati da ZenithOptimedia), da gennaio a novembre
2013 gli investimenti delle aziende lusso
sono scesi del 12,6% rispetto allo stesso
periodo dell’anno precedente, un dato assimilabile al totale mercato che registra -13
per cento. Eppure nel 2011 il lusso totalizzava +9,8% contro un andamento generale del -4%, e questo divario in due anni si
è assottigliato fino a quasi coincidere. “Però
Il 2014 si prospetta positivo – annuncia
Vittorio Bonori, CEO di ZenithOptimedia Italia – e abbiamo già segnali di incremento dell’investimento da parte dei
nostri brand di alta gamma”. Sono nomi
importanti quelli gestiti dal gruppo media
VivaKi, cui fa capo ZenithOptimedia, tra
i quali Giorgio Armani, Gucci, L’Oréal,
Mercedes, Polo Ralph Lauren, Gruppo Richemont. Ritornando ai dati 2013 spicca
la ripida crescita di internet: se in generale
gli investimenti dell’alto di gamma, appunto, calano del 12,6%, balzano in alto
quelli sul digitale con +43,9%, dato ancor
40 pambianco magazine 13 marzo 2014
più significativo se si raffronta con quello
del totale mercato, dove internet cala del
2,8 per cento. Questa crescita è indubbiamente un segnale molto positivo. Finora,
parlare di eccellenze digitali nella moda
significava riferirsi a un ristretto campione
di marchi, per lo più stranieri, mentre la
bandiera tricolore rimaneva al palo. “È importante che le aziende italiane capiscano
– commenta Isabelle Harvie-Watt, CEO e
country manager Havas Media Group –
che internet non è un fenomeno passeggero, diventerà sempre più fondamentale, e
soprattutto che la tecnologia può migliorare e rendere più esclusiva l’esperienza del
consumatore”. A questo proposito, HarvieWatt cita una ricerca, condotta a livello
mondiale su aziende moda e lusso, in base
alla quale oltre il 40% delle imprese non
hanno ancora siti ecommerce, e in questa
percentuale spiccano alcuni marchi noti
italiani. Insomma, di strada digitale ne hanno ancora da fare le aziende del fashion:
come specifica Giorgio Tettamanti, CEO
di Carat Italia, “la quota investita sul web
dalle aziende moda è pari al 5% degli investimenti globali in comunicazione, una
percentuale bassa rispetto alla media italiana che è attorno al 12%”.
e gli editoRi non stAnno A guARdARe
Gli investimenti pubblicitari delle aziende
moda “atterrano” in un mondo editoriale
che sta cambiando, dismette testate storiche (Rcs ne ha chiuse 5 e ne ha vendute
altre 5, Mondadori ne ha soppresse 4 e ceduta una), con una conseguente maggiore focalizzazione sui brand “core”. Dopo
i tagli, però, sono arrivate le prime innovazioni. La prima novità è l’alleanza tra
Condé Nast e Manzoni, concessionaria del
Fedele usai
vittorio Bonori
isabelle Harvie-watt
giorgio tettamanti
doSSier
un’immagine dell’applicazione vanity Fair
confidential, primo quotidiano solo mobile
due screenshot della piattaforma video “live”
di condé nast
il nuovo format di native advertising Multimag,
in collaborazione tra condé nast e Manzoni
Gruppo Espresso, che ha portato al lancio
di MultiMag, una forma di native advertising presente su tutti i siti dei due gruppi
editoriali, che raggiunge settimanalmente
2 milioni di utenti femminili e 3 milioni di
navigatori maschili. Si tratta di un format
interattivo e multimediale con contenuti
editoriali promozionali, cioè sponsorizzati
dagli investitori, ognuno dei quali sostiene
un costo di 40mila euro a settimana, più
15mila euro per la versione mobile. Soddisfatto Fedele Usai, deputy general manager Condé Nast: “Abbiamo realizzato il
più grande network qualitativo di distribuzione digitale. Non c’è in Italia – conclude – una audience sul web così ampia, di
alto livello e mirata, cioè interessata al lifestyle e alle news di qualità”. Condé Nast
quest’anno sfodera gli artigli: in partnership con Rai Cinema e altri soggetti, l’editore ha lanciato settimana scorsa la piattaforma video proprietaria “Live”, forte di
7 canali, tra cui quello sulla moda, con l’obiettivo di raggiungere 5 milioni di utenti
al mese. “Diventeremo – aggiunge Usai – il
primo video-channel in Italia specializzato
in lifestyle. A differenza di YouTube, che
pubblica video generati dagli utenti, Live
seguirà una linea editoriale con contenuti
da noi prodotti”. Infine, per arrivare al canale mobile, ha appena debuttato Vanity
Fair Confidential, primo quotidiano esclusivamente su tablet e smartphone che sarà
distribuito tutti i giorni a 200mila utenti
profilati, esperimento che successivamente coinvolgerà anche Vogue, Glamour,
Wired e GQ, raggiungendo complessivamente un milione di utenti. È chiaro che
le iniziative poste in essere da Condé Nast
vanno in una logica multipiattaforma, tra
web, tv e mobile. “Finalmente gli editori
hanno capito – sottolinea Tettamanti – che
è importante essere presenti, in modo strategico e con una buona massa critica, su
più media. C’è da aspettarsi nei prossimi
anni che alcune testate cartacee sbarcheranno in tv, magari con pillole brandizzate
di 15 minuti”.
QuAli business model?
Il motivo di questo fermento nel mondo
editoriale è dovuto al fatto che il vecchio
modello di business, legato ai ricavi editoriali e pubblicitari, non regge più. E, soprat13 marzo 2014 pambianco magazine 41
doSSier
Andrea santagata
Alessandro Bompieri
tutto, questo modello, nato per la stampa,
non è replicabile sull’online. Infatti, difficilmente una testata può compensare il calo
dell’advertising sul cartaceo con la crescita
della pubblicità sul sito web. I budget per
gli spazi commerciali su internet infatti
sono molto più bassi, e il motivo, secondo Andrea Santagata, AD di Banzai Media, è da ricercare nel fatto che il lettore
sulla rete “vale” meno di quello cartaceo.
Quest’ultimo, infatti, sfoglia in media 20
pagine del quotidiano, mentre l’utente
online non fruisce in modo sequenziale
del prodotto, cerca il singolo contenuto,
e quindi la sua potenziale esposizione ai
messaggi pubblicitari è ridotta.
In ogni caso, un business profittevole dovrebbe valorizzare al massimo le audience, e non solo con la pubblicità. Santagata
parla di un modello a “piramide rovesciata” dove, nella parte alta si trova appunto
l’audience complessiva da cui si estrae valore attraverso la pubblicità. Via via questi
contatti si segmentano in fasce sempre più
piccole, che sono profilate con dati più
specifici e alle quali si offrono informazioni convogliandole in altri siti del gruppo
oppure servizi aggiuntivi: “Pensiamo agli
annunci immobiliari – precisa Santagata – ma anche a quelli di vendita di auto
usate, la ricerca del lavoro, così come il
meteo, sono tutti business molto ricchi in
rete, che tra l’altro già appartenevano agli
editori tradizionali. Un tempo sui giornali
anche gli annunci mortuari erano fonte di
revenue”. Alla fine di questa piramide c’è
l’e-commerce, perché, ben conoscendo gli
utenti, gli si offrono i prodotti a loro più affini. Un modello in progress per il Gruppo
Banzai (composto da siti editoriali e siti ecommerce) e che sta funzionando, forte di
160 milioni di euro di ricavi nel 2013, un
I vecchi neMici di carta
diventano alleati online
L
e aziende oggi devono fare
i conti con un mercato
della comunicazione che
sta cambiando a tutti i livelli: nel
mondo delle agenzie pubblicitarie,
in quello delle concessionarie e
nei media. Si va, infatti, verso
una concentrazione sempre più
spinta. Il caso più eclatante è la
fusione, prevista quest’anno, tra due
grandi gruppi della comunicazione
mondiale, Publicis e Omnicom, che
scalzeranno in quota di mercato e
fatturato l’attuale leader Wpp.
Ma fenomeni di concentrazione sono
in atto anche a livello nazionale,
42 pambianco magazine 13 marzo 2014
a cominciare dal mondo delle
concessionarie editoriali: Mondadori
Pubblicità è confluita in Mediamond,
società che gestisce la vendita degli
spazi sul digitale partecipata da
Publitalia, e quest’ultima di fatto
offre pacchetti integrati con tv,
stampa, radio e web; Rcs Pubblicità
ha acquisito la raccolta pubblicitaria
nazionale di La Stampa, Il Giorno, Il
Resto del Carlino, La Nazione, QN,
Giornale di Sicilia, La Sicilia, La
Gazzetta del Mezzogiorno e Gazzetta
del Sud, che si aggiunge chiaramente
a quella del Corriere della Sera, de
La Gazzetta dello Sport e dell’Unione
doSSier
break even raggiunto lo scorso anno e previsioni di crescita a doppia cifra nel 2014.
Sull’e-commerce punta anche il Gruppo
Rcs, però Alessandro Bompieri, direttore generale divisione Media del gruppo,
precisa che i ricavi editoriali dell’azienda
tengono, in quanto la riduzione delle diffusioni è stata compensata con l’aumento
del prezzo dei quotidiani, nonché con la
crescita degli abbonamenti digitali, che per
il Corsera sono più di 100mila. Ciò detto,
si cerca un nuovo modello di profittabilità: “Costruiremo attorno ai nostri power
brand (Corriere della Sera e Gazzetta dello
Sport, ndr) delle verticalità con i periodici,
che riguarderanno il settore moda, turismo, arredamento e beauty, con forme di
ecommerce contestualizzato”.
CoRRieRe AllA modA
Tra poco, quindi, si assisterà alla nascita
di un canale verticale dedicato alla moda
all’interno di Corriere.it, che farà leva sulla redazione del quotidiano, di Io Donna,
di Amica e Style. Successivamente, verrà
lanciato l’e-commerce probabilmente attraverso piattaforme di proprietà, creando occasioni di shopping coerenti con i
contenuti editoriali. “Non si tratterà di un
ecommerce generalista – specifica Bompieri – perché l’utente, leggendo un articolo all’interno del canale verticale dedicato
alla moda, si accorgerà che alcuni abiti di
cui si parla diventano ‘shoppabili’”. Bompieri sottolinea l’importanza che le transazioni online avvengano su siti di proprietà,
per conoscere meglio il cliente e profilarlo.
Va detto che Rcs ha già attivato forme di
vendita su alcuni siti del gruppo, ma se
oggi l’ecommerce pesa ancora poco, qualche milione di euro, l’auspicio è di moltiplicare il fatturato per 10 nel giro di 3 anni.
Google e Facebook valgono da soli metà dell’adv digitale italiano.
A centri media, editori e concessionarie non resta che unire le forze.
Sarda, qualificandosi dunque come
la super-concessionaria nell’area
quotidiani, con i rispettivi siti web. La
febbre da consolidamento si traduce
anche in processi di avvicinamento
nella stessa editoria, al punto che
gruppi da sempre considerati in
competizione cominciano a creare
alleanze. Si pensi agli “acerrimi nemici”
Corriere della Sera e La Repubblica, le
cui concessionarie hanno organizzato
insieme un evento per presentare una
ricerca ad aziende e centri media.
Una vera e propria partnership
strategica è quella siglata tra Condé
Nast e Manzoni, concessionaria del
Gruppo Espresso, che quest’anno
insieme lanceranno nuove iniziative
editoriali, cui fa seguito anche
una partnership tra l’editore di
Vogue e la Rai per la creazione di
un break pubblicitario televisivo
dedicato al lusso. La ragione di
questi avvicinamenti, secondo gli
esperti, è da ricercare nelle nuove
geografie di potere stabilite dal
web. Spiega Andrea Santagata,
AD di Banzai Media: “Google e
Facebook prendono insieme più
della metà dell’adv digitale in Italia,
che nel complesso corrisponde a
1,6 miliardi di euro. Il resto è diviso
tra 80 player”. Da uno scacchiere
così squilibrato, con un’oligarchia di
pochi big che occupa più della metà
del mercato online, è chiaro che la
vera competizione non sarà più tra i
tanti “piccoli” editori che si trovano
nella rimanente parte del mercato,
bensì tra questi e la corazzata dei
grandi. La ragione delle alleanze e
delle concentrazioni in atto nasce
quindi anche da questa necessità.
E c’è da aspettarsi che in questi
anni i players della comunicazione
diventino sempre meno competitors
e sempre più partners. (v.a.)
13 marzo 2014 pambianco magazine 43
doSSier
UN CAMBIO DI LOGO E DI IMMAGINE CHE RILANCIA IL BRAND
ySl va più forte senza y
Hedi Slimane cancella Yves, e Saint Laurent mette la freccia. La griffe del gruppo
Kering stupisce gli analisti e i buyer: “Mai avuta una clientela di fan come oggi”.
di Valeria Garavaglia
A
nche gli analisti più
preparati sul mondo
del lusso ne sono rimasti colpiti. L’effetto shock della virata
di stile e di immagine
voluta da Hedi Slimane, salito al timone creativo di Saint Laurent nel 2012,
ha rilanciato la storica maison parigina.
Nel 2013 Saint Laurent è stata la griffe
del polo luxury di Kering in più rapida
crescita, con un +17,8% dei ricavi che
ha trainato tutta la performance della
divisione. Con Gucci in rallentamento
e Bottega Veneta in rialzo a una cifra
(+7,5%), il brand ha superato le stime
del mercato. E ha dunque decretato il
successo e l’efficacia della cura Slimane.
“La transizione della direzione artistica
a Hedi Slimane - ha dichiarato il patron
del gruppo François-Henri Pinault - è stata un enorme successo. Il ready-to-wear
uomo e donna sono stati particolarmente
ben accolti, in aumento del 53%”, mentre calzature e pelletteria, trainati da nuovi modelli come la borsa Sac du Jour e le
scarpe Paris, hanno pesato per ben il 66%
dei ricavi.
Quello che il designer, nato a Parigi nel
‘68 da un bancario tunisino e una sarta italiana, ha operato sulla maison, va
però oltre un mero rinnovamento del
prodotto. Dalla sua nomina a direttore
creativo è stato artefice di un vero e proprio rebranding, tanto efficace quanto
controverso.
Hedi slimane
13 marzo 2014 pambianco magazine 45
doSSier
RidisegnAto A tutto tondo
Una delle prime mosse di Slimane è stata
l’eliminazione del nome di battesimo del
fondatore, ‘Yves’ dal logo della maison, riscritto in ‘Saint Laurent Paris’ con un nuovo carattere Helvetica ispirato all’insegna
della boutique di Yves Saint Laurent nella
Rive Gauche negli anni Sessanta. Cambiata - tra le critiche, incluse quelle del precedente direttore creativo Stefano Pilati, che
aveva guidato Ysl dal 2004 - l’etichetta,
Slimane ha rivoluzionato anche lo stile
del marchio. Sulle passerelle maschili e
femminili ha proposto un grunge inedito
per Ysl, ma ben noto a chi conosce il forte
legame di Slimane con la musica, in particolare la scena rock e underground. Le sue
prime collezioni hanno suscitato una netta
spaccatura tra gli addetti ai lavori, per metà
inorriditi e per metà innamorati della nuova Saint Laurent by Hedi Slimane. Ma le
vendite gli hanno dato ragione.
Da colossi del retail Usa, come Barneys
New York e Bergdorf Goodman, all’Italia,
il brand ha sbancato. “Nelle ultime stagioni - afferma Daniela Kraler, titolare delle
boutique multimarca Franz Kraler di Cortina e Dobbiaco - Saint Laurent è il nostro
best seller in tutte le categorie di prodotto,
la nuova gestione ha avuto subito un effetto positivo. La ‘rock politic’ di Slimane, il
suo modo innovativo di usare grafismi, di
dare un tocco maschile alla donna e di riproporre canoni dello stile nordamericano
nell’uomo, sono piaciuti moltissimo. Il suo
è lo stile del futuro”.
La donna e l’uomo della nuova Saint
Laurent sono rock, skinny e - nell’età o
nell’animo - giovani. “Slimane ha cambiato l’immagine del marchio a 360 gradi
rendendola più giovane e accattivante, sia
nei capi sia nella comunicazione”, afferma
Rossella De Fano, a capo delle boutique
Cecilia De Fano tra Bari e Trani. “Le vendite sono migliorate notevolmente”. Il designer ha legato l’immagine della griffe a
band di culto come i Daft Punk, ma anche
a personalità ambigue, come Courtney
Love e Marylin Manson, protagonisti di
due campagne. “La rassegna stampa che
riceviamo su Saint Laurent è impressio-
46 pambianco magazine 13 marzo 2014
A lato, dall’alto,
due campagne
saint laurent con
Marylin Manson e
courtney love, e
un look della griffe
dalla collezione A/i
2014-15.
nante”, commenta ancora la Kraler. “Slimane ha lavorato bene con
l’immagine e ha saputo legarsi alle
celebrities ‘giuste’”. Nel sito Ysl.
com, rinnovato sotto la sua reggenza, accanto alle immagini d’archivio
sulla maison ci sono la sezione ‘Music
Projects’, con video e immagini di progetti speciali legati a quest’arte, e le due
sezioni ‘Skinny’ e ‘Selvage’, quest’ultima
dedicata al jeans di lusso targato Saint
Laurent.
La distanza con il mondo di monsieur
Saint Laurent è evidente, eppure lo stesso
Pierre Bergé, storico partner di Yves che
ha fortemente voluto il ritorno di Slimane nella maison (lo aveva già assunto per
la collezione uomo nel ‘96, e Slimane vi
era rimasto fino all’arrivo di Tom Ford nel
‘99), lo indica come il suo erede. “Hedi
doSSier
vuole shockare”, ha dichiarato in un’intervista al New York Times. “Quando sei un
artista, sei obbligato a shockare”.
Il rinnovamento avviato da Slimane ha
riguardato anche lo store concept, ridisegnato da lui stesso, applicato gradualmente
da Kering alla rete retail del marchio, che
include oggi 115 boutique nel mondo.
Ain’t lAuRent WitHout YVes?
Le scelte di Slimane non sono sempre state ben accette dal fashion business. Dalla
modifica del logo e del nome del brand,
alla decisione di installare il suo studio a
Los Angeles, dove vive dal 2007 - quando
dopo otto anni ha lasciato il timone creativo di Dior Homme per dedicarsi alla fotografia - invece che a Parigi. Dalle discusse
campagne con Manson e la Love, allo stile
boho-chic che secondo alcuni ricorda più
Topshop e Primark che Yves Saint Laurent. Dal rifiuto di parlare con i giornalisti e privilegiare le celebrities sue amiche,
come la cantante e modella statunitense
Sky Ferreira e la it-girl inglese Pixie Geldof,
nel seating delle sfilate rispetto alle firme
più autorevoli del settore, all’aver bandito
la nota fashion editor del New York Times
Cathy Horyn dai suoi show per aver scritto che alcuni aspetti del suo stile ricordavano Raf Simons. Fino all’aver interrotto il
rapporto con il prestigioso store parigino
Colette, che durava dal ‘98, reo di aver
messo in vendita una t-shirt con l’ironica
scritta ‘Ain’t Laurent without Yves’.
Eppure, per quanto provocatorio e controverso, lo stilista piace quanto il suo lavoro.
“Slimane ha un suo pubblico che lo segue
e lo ammira”, sostiene Valerio Brighi dei
multibrand Nick & Sons di Milano Marittima, Riccione e Ravenna. “Con lui le vendite di Saint Laurent sono aumentate, la
clientela è cambiata. Oggi è la più bella
che un negozio possa avere, preparata
e appassionata di moda”.
Non è più Saint Laurent senza
Yves? Probabilmente no. Ma forse, per Kering, è anche meglio.
da sinistra, il nuovo
store concept saint
laurent ideato da
Hedi slimane e due
proposte del designer
per donna e uomo.
13 marzo 2014 pambianco magazine 47
nuove frontiere
un interno all’excelsior di Milano
ANTONIA CONQUISTA EXCELSIOR
Department con oSpite
Il format lanciato nel 2011
dal gruppo Coin sembra
funzionare: i piani gestiti dal
negozio milanese crescono il
doppio degli altri. E adesso
si replica con Amedeo D.
I
l gruppo Coin ad aprile svelerà l’ultimo step della propria scuderia di
brand. La compagine veneta oggi
copre un ampio ventaglio di segmenti moda, dall’abbigliamento low
cost di Upim al fashion retailer Ovs, dallo
stile department store di Coin al lusso
di ricerca di Excelsior. Un mix che “nel
2013 – ha spiegato a Pambianco Magazine
il DG di Coin Simone Dominici – ha
registrato un’accelerazione importante
nella seconda metà dell’anno”. Il prossimo mese, la formula del posizionamento
differenziato dovrebbe allargarsi ulteriormente: “In aprile sveleremo un nuovo format, in un Coin di Roma attualmente in
ristrutturazione. In questo modo, copriremo davvero tutti i segmenti”. E si tratterà
di un passaggio che punta a differenziare,
49 pambianco magazine 13 marzo 2014
evidentemente, il livello luxury dall’attuale ‘ricerca’ di Excelsior.
Dominici ha spiegato l’articolata strategia di posizionamento del gruppo veneto,
rilevato nel 2011 da una cordata di fondi
(Bc Partners, Investindustrial e Ontario
Teachers Pension Plan) che circa un anno
fa ha dovuto procedere a una successiva
iniezione di capitale da 54 milioni. Il percorso di Coin è stato “avviato sette anni
fa – ha sottolineato il manager – con il riequilibrio dei marchi interni al department
store: gli house brand sono scesi dal 60%
al 10% dell’offerta”. Grazie al mix proposto (c’è anche il fashion retailer Mango),
“abbiamo affermato un modello che
prima non c’era, raddoppiando la quota
di mercato riferita ai department store in
Italia al 4% (cifra ancora lontana dal 15%
europeo), e ritagliando per le diverse insegne del gruppo un complessivo 8% del
mercato dell’abbigliamento italiano”.
Nella parte alta del mercato, la sperimentazione è stata avviata nel settembre
2011 con Excelsior. “L’idea – ha raccontato Dominici – era quella di creare un
concept store di lusso. Ma per un simile format il gruppo aveva la necessità di
avvalersi di una collaborazione esterna. Si
scelse perciò il team di buyer di Antonia”.
L’accordo prevede una forte visibilità (una
sorta di ‘sponsorizzazione’ dei piani di
Excelsior) per il negozio multimarca di
lusso milanese che si occupa della gestione
dei brand venduti nel department store.
“La collaborazione - ha spiegato il manager - prevede un reciproco guadagno al
successo dell’operazione”. E Dominici non
nasconde la soddisfazione: se Excelsior
è cresciuto del 10% nel 2013, i piani di
Antonia hanno segnato +20 per cento. Il
format è stato replicato nel 2013 a Verona
(con marchi più istituzionali affidati alle
boutique Folli Follie). E “ci stanno chiedendo di aprirne all’estero. L’obiettivo, per
ora, è invece di consolidare”. L’operazione
Antonia ha convinto il gruppo a replicare l’affidamento a buyer esterni anche
in Coin, dove l’operazione è affidata ad
Amedeo D., negozio milanese di tendenza
giovane e sportivo.
Coin non diffonde il bilancio. Ha comunicato a Pambianco Magazine di “aver chiuso
il 2012 con vendite nette sotto insegna
per quasi 1,7 miliardi di euro, in crescita dello 0,5%, con un margine operativo
lordo di 150,3 milioni”. Ma non è stato
possibile rintracciare i documenti contabili
depositati. Sarebbe interessante, invece,
verificare l’effetto sui conti di questa strategia di marketing piuttosto coraggiosa. Se,
cioè, il rischio che l’immagine del marchio
ospite prevalga su quello del department
store, valga davvero la candela. (l.t.)
licenze
SINERGIE NEL SEGNO DEGLI OCCHIALI
gildo Zegna e giovanni Zoppas
A Marcolin l’eyewear
di Zegna e Agnona
Patto tra due realtà made in Italy per una linea di montature da sole e da vista.
Nel mirino lo sviluppo del segmento donna. Con lo “zampino” di Stefano Pilati.
di Rossana Cuoccio
d
opo l’acquisizione della
società americana Viva
International avvenuta qualche mese fa,
Marcolin mette a segno un
altro colpo conquistando la licenza per
l’eyewear di Agnona e di Ermenegildo
Zegna, prima affidata a De Rigo Vision.
L’accordo, che ha durata decennale, prevede la produzione e la distribuzione
mondiale in esclusiva di occhiali da sole
e montature da vista per i due brand del
gruppo biellese, che nel 2013 ha fatturato
1,27 miliardi di euro (stabile sul 2012).
“Marcolin – ha commentato l’AD Gildo
Zegna a Pambianco Magazine – ci ha ‘corteggiati’ con due progetti nuovi, importantissimi per la nostra immagine, che
puntano ad innovare il prodotto e contemporaneamente a sviluppare il segmento donna con il marchio Agnona. Senza
dimenticare che, per quanto riguarda l’a50 pambianco magazine 13 marzo 2014
spetto distributivo, Marcolin è strategica,
in particolare per la sua forza sul mercato americano e sui mercati emergenti”.
Zegna si inserisce nel portafoglio brand
di Marcolin come un marchio uomo tra
i più noti e desiderati al mondo. Agnona,
invece, sotto l’estro creativo di Stefano
Pilati sta vivendo una vera e propria rivoluzione e amplia l’offerta donna. “È proprio su Agnona che la sinergia tra noi e
Marcolin sarà più forte”, ha continuato
Zegna. “Il progetto eyewear va a completare lo sviluppo della linea shoes & bags;
vogliamo che gli accessori rappresentino
un punto di forza”.La figura di Pilati, il cui
contributo sarà presente nelle collezioni
Ermenegildo Zegna Couture e Agnona,
sarà fondamentale. “Anzi - ha aggiunto
Giovanni Zoppas, CEO di Marcolin - sta
già fornendo degli input per trasferire gli
stilemi del marchio sulle linee di occhiali.
Mentre il lancio delle prime collezioni
Zegna (Ermenegildo Zegna e Couture) è
previsto per gennaio 2015, per Agnona,
che entra per la prima volta nel segmento
dell’occhialeria di lusso, stiamo valutando
di realizzare una preview già il prossimo settembre, durante le sfilate donna.
Per Ermenegildo Zegna verranno lanciati
circa 150 modelli, il cui 55% sarà composto da occhiali da vista, mentre per
Agnona i modelli, dedicati a un target
molto alto, saranno una ventina, ripartiti
equamente tra sole e vista”. La distribuzione delle linee è prevista sia attraverso
il retail di Zegna (esclusa la linea vista)
sia tramite il wholesale degli ottici specializzati. “Altri canali importanti saranno
quello del travel retail e dell’online”, ha
aggiunto Zegna. In termini di obiettivi
si prevede una ripartizione omogenea
delle vendite nei tre principali continenti
(20% in Europa, 30% in Asia e 25% in
America). Marcolin ha chiuso il 2013 con
un fatturato di circa 360 milioni di euro.
“Ci aspettiamo un anno di consolidamento, con una crescita particolare su Usa,
Paesi emergenti e Medio Oriente, dove
abbiamo siglato un accordo distributivo
con Rivoli Group. Per il 2015 ci focalizzeremo anche su Cina e Russia con nuovi
partner ”.
mood
Registrazione tribunale di Milano n° 528 del 25/10/2011
Issue 189
Rage for color, 1958 ©The Estate of Erwin Blumenfeld. In mostra presso Galleria Carla Sozzani, Milano, dal 16 febbraio al 30 marzo 2014.
52 Diario di bordo
di Rocco Mannella
74 Upcoming brands
di Valeria Garavaglia
55 Donna A/I 2014-15: La materia ritrovata
di Rocco Mannella
77 Scelti per voi
di Valeria Garavaglia
65 Saloni womenswear: Diverso è bello
di Valeria Garavaglia
80 Art agenda
di Caterina Zanzi
69 Paris fashion week: Reale e surreale
di Enrico Maria Albamonte
www.mood-magazine.com
Diario di bordo
di Rocco Mannella
Sono poco più che ventenni e, nelle prime file delle passerelle più cool, si distinguono per uno studiato look sopra le righe che li rende subito riconoscibili. Sembravano destinati a scomparire in tempi rapidi, ma i blogger di moda,
o almeno i più votati esponenti di questa intraprendente lobby (come Leandra Medine e Bryan Boy), si confermano una presenza influente nel circo
mediatico delle sfilate e non solo. Seguitissimi dalle giovani fashion victim e
criticatissimi da molti addetti ai lavori per la loro inesperienza e scarsa obiettività, hanno avuto il merito di svecchiare i tempi e i modi dell’informazione
di moda, accelerandone i ritmi e amplificandone la fruizione. In un magmatico contesto, come quello attuale, dove tutto si diffonde e si brucia rapidissimamente a colpi di Instgram, Twitter, Tumblr, Flickr. Una rivoluzione senza
precedenti che, se da un lato ha iniettato un democratico soffio di effervescenza nel racconto e nella comunicazione della moda, da un altro, ne ha spesso
banalizzato i contenuti, in favore di una visione superficiale, commerciale e
spettacolarizzata.
Con questa monografia sul womenswear, Mood ha voluto prendere le distanze da questo approccio. Per fornire una lettura “diversa” dei trend e delle sfilate
di cui, senza farci prendere dalla “sindrome di Piero Angela”, riteniamo sia utile
evidenziare le sfumature inedite, i dettagli rivelatori e le ispirazioni culturali.
L’esito di questa “renovatio” è visibile nel reportage su Milano Milano Moda
Donna che abbiamo arricchito con due nuovi focus sulle collezioni presentate
il mese scorso a New York e a Londra. Per necessità imposte dai tempi di uscita, alle ultime collezioni in passerella a Parigi ha invece riservato un trattamento “a part” che, oltre a focalizzare le novità previste per il prossimo autunno/
inverno, ricostruisce l’atmosfera respirata dentro e fuori le passerelle della Ville
Lumière.
52
mood|13.3.2014
Uno sguardo diverso
SFILATE DONNA | A/I 2014-15
1
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3
4
5
6
Burberry Prorsum
Tommy Hilfiger
Marc Jacobs
Giorgio Armani
Prada
Moschino
5
2
3
4
mood|13.3.2014
La materia
ritrovata
di Rocco Mannella
1
Per il prossimo autunno/inverno, gli stilisti di Milano, New York e Londra hanno puntato su silhouette collaudate e rassicuranti. Per dare pieno risalto
al protagonismo di tessuti, filati e pellami dal forte
impatto tattile e visivo. Gli esiti di questa ricerca nei
trend visualizzati nelle pagine del reportage.
6
55
SFILATE DONNA | A/I 2014-15
qui Milano
1
5
Forest calling
Intrecci corteccia, ramage a 3D e
virtuosistiche applicazioni di piume. Creano
una magica atmosfera da bosco incantato dove
Walt Disney incontra Jack London e Tim
Burton dialoga con Rousseau il Doganiere.
1
2
3
4
5
6
7
Salvatore Ferragamo
Antonio Marras
Dolce & Gabbana
Kristina T
Alberta Ferretti
Aquilano.Rimondi
Marni
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2
3
“E immersi noi siam nello spirito
silvestre, d’arborea vita viventi”.
Evocano la dannunziana “pioggia
nel pineto” i più scenografici
abiti presentati alle ultime sfilate
milanesi che, come l’Ofelia ritratta
da John Everett Millais (nel
riquadro, a sinistra), suggeriscono
una metaforica fusione con la
natura e rilanciano il tema della metamorfosi caro ai
pittori simbolisti. L’effetto prodotto produce un ammirato
senso di meraviglia e magnifica l’abilità tutta italiana di
avvicinare il prêt-à porter di lusso all’haute couture.
7
56
mood|13.3.2014
Nature fusioN
4
SFILATE DONNA | A/I 2014-15
1
5
Pure chic
2
Un design pulito ed essenziale che
tratteggia un algido ideale di femminilità
senza eccessi e senza incertezze. Con
tagli netti, proporzioni minute, bottoni
massimalisti e stivali da corsara.
1
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3
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7
Versace
Dsquared2
Andrea Incontri
Max Mara
Ermanno Scervino
Marco De Vincenzo
Gucci
mood|13.3.2014
Jackie forever
4
Cambiano i tempi ma lei, la
first lady per eccellenza, rimane
un imprescindibile punto di
riferimento per gli stilisti e le donne
all’inseguimento dell’eleganza.
Jacqueline Lee Bouvier, moglie di
John Fitzgerald Kennedy (a sinistra,
in una serigrafia di Andy Warhol), ha
creato uno stile di culto al quale le
ultime sfilate milanesi hanno tributato l’ennesimo omaggio.
Con una strategica incursione nel guardaroba di Catherine
Deneuve (in Belle de jour) e di Faye Dunaway (ne Il caso
Thomas Crown). Un mix che fonde bon ton e sensualità.
7
57
SFILATE DONNA | A/I 2014-15
1
5
Art gallery
2
Abiti come tele esibizioniste che fondono
e confondono liquide colate di colori vivi e
irregolari tasselli effetto tangram, intricati
grovigli bidimensionali e ingannevoli
giochi di sovrapposizioni.
1
2
3
4
5
6
3
6
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Sportmax
Just Cavalli
Msgm
Les Copains
Missoni
Gabriele Colangelo
Fendi
4
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Forse è anche merito della bella
mostra milanese sugli “irascibili”
pionieri dell’astrattismo made in
Usa, inaugurata lo scorso anno a
Palazzo Reale, se Jackson Pollock
(nel riquadro, un dettaglio del
suo celebre dipinto Number 8),
Mark Rothko, Willem De Kooning
e Hans Hoffman hanno lasciato
abbondanti tracce in molti capi presentati all’ombra
del Duomo. Il risultato di questa fascinazione rilancia
i tessuti stampati che, grazie ai cromatici giochi che li
contraddistinguono, si prestano ad abbinamenti facili e a
combinazioni d’effetto.
7
mood|13.3.2014
effetto Pollock
SFILATE DONNA | A/I 2014-15
1
5
Global village
2
Zanzibar e il Texas, Samarcanda e l’isola di
Wight. Ideali mete di un viaggio della fantasia tra
kimono orientali e gonnelloni provenzali, paisley
indiani e wax africani. Per nuove hippy senza
frontiere.
1
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3
6
7
Blumarine
Agnona
Roberto Cavalli
Marco Rambaldi
Emilio Pucci
Stella Jean
Etro
mood|13.3.2014
GiPsY QueeN
4
Ciclicamente, nella moda, il
fascino degli anni Settanta torna a
far sentire la sua voce. Di questo
decennio molti creativi di scena
a Milano hanno citato la passione
per lo stile folk che ha avuto in Bob
Gibb (a sinistra, un suo capo del
1972, conservato al V&A Museum
di Lodra) uno dei suoi più ispirati
interpreti. I suoi caftani bordati di mongolia, i suoi abiti
overlong da gitana di lusso, i suoi pullover dall’appeal rustico
sono tornati di forte attualità. Come la mitica collezione russa
presentata da Yves Saint Laurent nel 1976.
7
59
SFILATE DONNA | A/I 2014-15
qui New York
1
5
Quiet charme
Quiete, relax e una preziosa nonchalance che
fa sempre la differenza. Li assicurano caban
destrutturati, cappotti-cocoon, round-neck
preziosi e maxi gonne declinati in un’atemporale
gamma di colori polverosi.
1
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Altuzarra
Ralph Lauren Collection
Calvin Klein
The Row
Derek Lam
Diesel Black Gold
Michael Kors
6
2
3
Nelle passate stagioni, a New
York, sono stati Peter Som,
Phillip Lim, Alexander Wang e
Derek Lam, i più convincenti
interpreti del relaxed chic. Per
il prossimo inverno, sono stati
“grandi vecchi” come Ralph
Lauren, storici brand come Calvin
Klein e giovani talenti minimalmodernisti come Christian Siriano (a sinistra, un suo
capo) a firmare le migliori declinazioni di questo stile
squisitamente wasp. Con insistiti richiami all’estetica
“cosy” che esaltano l’appeal delle linee pure e la fluida
tattilità della maglia.
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60
mood|13.3.2014
così…“cosY”!
4
SFILATE DONNA | A/I 2014-15
1
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Wild touch
2
Intarsi multicolori, psichedelici patchwork
e lavorazioni camouflage. Movimentano e
riscaldano blouson e cappotti che salutano il
grande ritorno della pelliccia a pelo rasato o
moderatamente selvaggio.
1
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Anna Sui
Thakoon
Jeremy Scott
Donna Karan
Custo Barcelona
Diane Von Furstenberg
Phillip Lim
mood|13.3.2014
falsi d’autore
4
Hanno un piglio deciso ma nulla a
che spartire con la crudele Wanda
von Dunajew di cui Emanuelle
Seigner ha fatto rivivere le erotiche
gesta nell’ultimo film di Roman
Polanski, La Vénus à la fourrure.
E, forse per distinguersi dalla
“zarina” Anna Wintour (grande fan
di visoni e zibellini), sulle ultime
passerelle di New York, le fur-addicted più cool hanno
scelto modelli smaccatamente “fake”(a sinistra, un gilet
di DKNY). Con buona pace degli animalisti più impetuosi
che, per “sfilare”, hanno dovuto attendere la Milano
Fashion Week.
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SFILATE DONNA | A/I 2014-15
qui Londra
1
5
New romance
Echi rinascimentali e spunti neo-vittoriani
conferiscono una regale allure a pullovere, top,
trench e mini dress che rileggono, con misurato
senso della messa in scena, le armature da parata
e le divise di corte.
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5
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7
6
3
roYal PoWer
Ha nutrito una sfrenata passione per
la moda, Elisabetta I (nel riquadro,
in un calco bronzeo di Domenico
Bracciani), quinta e ultima monarca
della dinastia Tudor. Gli aderenti
corpetti a cono rovesciato, i colletti
a ventaglio e le ampie maniche a
prosciutto delle sue spettacolari
“mise” hanno fatto e fanno ancora
tendenza. La conferma giunge dalla mostra Queens and
consorts (da poco conclusasi alla National Portrait Gallery di
Londra) e dalle ultime fatiche stilistiche dei designer Simon
Rocha, Temperley London e Christopher Kane.
mood|13.3.2014
Courtesy of The National Portrait Gallery
7
J.W. Anderson
Bora Aksu
Simone Rocha
Temperley London
Ktz
Erdem
Christopher Kane
2
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SFILATE DONNA | A/I 2014-15
1
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American life
2
Bomberini in raso, scollature a cuore, jeans
bootcut e abbaglianti felpe da campus in versione
glam. Una divertita e divertente incursione nel
giovanilismo a stelle e strisce. Al ritmo scatenato
di “rock around the clock”.
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3
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Jonathan Saunders
Ashley Williams
Nasir Mazhar
Holly Fulton
Ashish
Tom Ford
House Of Holland
mood|13.3.2014
oh,…haPPY daYs!
4
Non è più una teenager ma
conserva intatta la giovanile
spensieratezza che ne ha fatto
una delle più memorabili sit-com
ambientate negli anni Cinquanta.
Happy days (a sinistra, la cover
del dvd celebrativo) ha da poco
compiuto quarant’anni (la sua prima
puntata risale al 1974) e la sua
eco è rimbalzata su molte passerelle della London Fashion
Week che hanno citato il look di Fonzie, Richie, Potsie
e dell’indomabile Joanie. Un tuffo nella moda a stella e
strisce nell’era dei juke-box e dei primi drive-in, di Bil
Haley e di Sandra Dee.
7
63
SALONI WOMENSWEAR
diverso
è beLLo
di Valeria Garavaglia
mood|13.3.2014
C
lima effervescente a White e Super, saloni del womenswear in
scena a Milano dal 22 al 24 febbraio. Entrambe le kermesse
hanno visto una crescita dei buyer, internazionali e pure
italiani, accorsi a visionare le proposte di marchi affermati ma anche e
soprattutto di ricerca, in un momento in cui i consumatori sembrano
apprezzare sempre più una moda ‘diversa’, fuori dal mainstream dei
nomi più noti. I compratori nelle tre location di White - via Tortona 27,
35 e 54 – sono cresciuti di oltre il 20% rispetto a febbraio 2013. 17.500
i visitatori totali, 463 i brand espositori. “Oltre ai dati che confortano
tutto il sistema moda milanese – ha detto il fondatore Massimiliano
Bizzi – abbiamo percepito una bellissima atmosfera ed una forte
energia, anche del mercato italiano”. Alla terza edizione di Super,
salone di Pitti Immagine e Fiera Milano, i compratori sono stati 6.000
(+18%), di cui 1.200 esteri, in linea con un anno fa. Tra le 235 collezioni
di scena al Padiglione 3 di piazza VI Febbraio anche per la prima volta
quella di Manuel Ritz, la label del gruppo Paoloni che ha da poco
arruolato nel team creativo Kevin James Morley. Il giovane designer
inglese, ispirandosi al Dna maschile del marchio nato alla fine degli anni
70 e alla sua storia, ha proposto pezzi come i ‘germuda’, a metà tra
gonna e bermuda, in velluto a costine, camicie rubate dall’armadio
del fidanzato e denim dal taglio boyfriend. “Se dovessi definire la
collezione A/I in tre parole direi colorata, elegante, maschiaccia.
È rivolta a una donna, non una teenager, dallo stile Tom Boy, o
‘boyish’, elegante ma ironica, con un carattere forte”. Secondo
Morley, che ha espresso qualche perplessità sui saloni
milanesi, cui preferisce il parigino Tranoi, oggi nel panorama
del womenswear si trova “di tutto, marchi più minimal e
più ‘carichi’”.
“Sta a ciascuno - conclude differenziarsi e proporre la
RIchIaMo al
sua tendenza. Noi puntiamo
guaRDaRoba
molto su cappotti e tailleur
MaschIle peR
pantalone, dal tailoring
la Donna
maschile. Vedo una donna
‘boyIsh’ DI
in abito con un cappotto
Manuel RItz
appoggiato sulle spalle,
by kevIn jaMes
abbinato a una clutch e a una
MoRley
scarpa beatle”.
Look Manuel
Ritz A/I 2014-15
65
SALONI WOMENSWEAR
Akkua R’Evolution
Il tocco trendy delle borchie si unisce
ai benefici di una barefoot sneaker
fatta a mano in Italia, che avvolge il
piede come un guanto e, grazie a un
meccanismo brevettato, previene e
corregge gli squilibri posturali.
...visti a White
Made4 Manifattura Italiana
Linee pulite, modellature classiche e textures e lavorazioni
inedite quali sovratinture, microdisegnature e declinazioni
‘two tones’, per questa start-up tutta italiana di camicie. Una
collezione sovrastagionale il cui simbolo è il bottone a triangolo.
5Preview
Alberto Guardiani
Perfetti per una passeggiata ‘lunare,’
i caldi boots del brand marchigiano che,
per il prossimo inverno, propone atmosfere
futuristiche per una donna ‘astronauta’.
66
Aimee Kestenberg
New entry nella sezione ‘talent scout’ di nuove label
Inside White, le soffici borse in pelle della designer
australiana, qui nei modelli shoulder e crossbody.
mood|13.3.2014
Modelli classici, dallo stile unisex, per la collezione
denim made in Italy del giovane brand. Tre i lavaggi
(grezzo, vintage e nero delavé) per i jeans, realizzati
nella tela selvage con le cimose rifinite a telaio.
SALONI WOMENSWEAR
Herno
è proposta in 10 colori la cappa in piuma d’oca
ultralight 200 gr realizzata in cachemire rain
system trattato antipioggia, e con fodera in seta.
...visti a Super
L’ed Emotion Design
Carolina Wyser
Nei luxury leggings Victoria, la stampa
digitale pied de poule in versione punk
è creata da artisti con l’uso della china
e applicata a capo finito a laser.
mood|13.3.2014
Ogni borsa del brand fondato da Sara Giunti ha una
tecnologia di diodi integrata che, aperta, aziona un led
che illumina il contenuto (nelle foto, luce e buio), oltre a
un attacco Usb per ricaricare smartphone, tablet & co.
Giancarlo Petriglia
è ispirata a due signore della moda di Milano e New
York, Anna Piaggi e Diana Vreeland, la nuova collezione
di borse dai dettagli eccentrici e l’anima trasformista.
67
© courtesy of Lucky Red
REPORTAGE | PARIS FAShION WEEK
mood|13.3.2014
Una scena tratta dal film ‘Yves Saint Laurent’, 2014
reaLe e
surreaLe
di Enrico Maria Albamonte
da Parigi
Dalle favole al realismo digitale. A Parigi due scuole di pensiero, conciliate dallo stile di Saint Laurent, incrociano i guantoni. Realisti contro idealisti, esuberanti contro pragmatici. mentre le donne stanno a guardare
in attesa di voltare pagina.
69
REPORTAGE | PARIS FAShION WEEK
Le militanti
È
Lanvin
una stagione controversa
quella che si è appena
conclusa in grande
stile, con il debutto di Nicolas
Ghesquière da Louis Vuitton,
sulle passerelle del ready to wear
parigino per l’autunno-inverno
2014. Come commenta Vanessa
Friedman, la ‘penna della moda’
del Financial Times: “Da una
parte si schierano i realisti come
hermès, Louis Vuitton, Céline
che optano per un’estetica
improntata alla saggezza; dall’altra
invece si allineano gli immaginifici
(come Valentino, Alexander
McQueen, Iris Van herpen, ndr)
che, guidati dal gusto per la favola
creano abiti surreali. Chi vincerà?
Lo decideranno le consumatrici
nei negozi la prossima stagione”.
70
Givenchy
Balenciaga
Una sintesi efficace, come lo stile
del giovane Yves Saint Laurent,
misurato ma già esuberante e
tormentato: un vero esteta, come
lo ritrae il biopic a lui dedicato,
diretto da Jalil Lespert, che ha già
diviso i francesi, gelosissimi dei
loro idoli. Ma per tornare al cuore
della questione, come in tutte
le antinomie nulla è totalmente
bianco o nero perché i realisti
sono dei grandi sperimentatori
(vedi Phoebe Philo per Céline
e Nicolas Ghesquière per Lv) e
gli immaginifici (Peter Copping
da Nina Ricci, Alessandro
Dell’Acqua al suo battesimo
del fuoco da Rochas e così
via) narrano la realtà per poi
‘stilizzarla’ e a volte segnalare vie
di fuga. Una parola, ‘stilismo’,
Balmain
mood|13.3.2014
Come Eva Green in ‘300,
l’alba di un impero’ e Cate
Blanchett in ‘Monuments
men’: donne toste e assertive
si impongono con trench di
nappa, marsine corazzate e
imperiosi paltò d’ordinanza:
è la nuova divisa dello stile.
REPORTAGE | PARIS FAShION WEEK
Le romantiche
mood|13.3.2014
Le quote rosa trionfano
tra abiti fluttuanti da diva,
cappotti di astrakan da first
lady, broccati yé yé e nuove
sfumature di rosa carne che
seducono senza intimidire:
un inno a una femminilità
pervasa dal romanticismo.
Christian Dior
che Miuccia Prada, in passerella a
Parigi con Miu Miu evita come
la peste: “ho la nausea per i
designer modernisti che mirano
a stupire senza un’autentica
riflessione creativa: io sono per la
normalità di una giacca a vento
in toni pastello, di nylon per il
giorno e di broccato lamé per la
sera: nulla di più normale però
ricercato; ho scartato cinquanta
variazioni prima di arrivare
all’imbottitura giusta”. Il risultato
è affascinante: dal funzionalismo
industriale dei cappotti con inserti
antipioggia al coté civettuolo
delle minigonne di pvc ricamate
di pastiglie d’argento e cristalli,
corredate da scarpine rosse con
tacco cinque di metallo a molla.
E da portare a spalla le nuove
Chanel
Valentino
borsette memori 90. “Fare la
spesa? È l’atto più normale che
esista e anche le clienti dell’alta
moda di Chanel lo fanno. Che
c’è di strano?”. Karl Lagerfeld per
la nuova collezione della maison
ambientata in un supermarket
riprodotto ad arte, vede rosa, che
è anche il colore di punta della
palette esibita da Cara Delevingne,
la sua nuova musa. Il kaiser della
moda si diverte a esplorare il
lato ludico della quotidianità:
via dunque a leggings di lurex,
giacche di tweed dalle spalle ad
arco, corpetti strizzati, tailleur
Chanel purissimi e sdrammatizzati
da minicarrelli a gabbia ornati
dalle catene icona della maison.
Nonostante la lussuosa
austerity imperante, indice di
Miu Miu
71
REPORTAGE | PARIS FAShION WEEK
Le irresistibili
Alexander McQueen
understatement, l’opulenza,
meno esibita, non è più un tabù.
Céline mixa le lane double con
i tessuti tecnici, il fil coupé e lo
shearling mentre Alber Elbaz
chez Lanvin reinventa i tweed e i
bouclé della maison. E Moncler
Gamme Rouge disegnata da
Giambattista Valli, accanto ai capi
femminili casual chic, lancia il
nuovo menswear come una vera
e propria collezione organica con
inedite combinazioni di persiano
e neoprene ispirate al workwear
e ai parka, nuovo tormentone
anche da Balenciaga che li
propone spalmati. Non ci sono
parka, ma magnifici chemisier fra
anni 40 e Bauhaus da Givenchy,
dove Riccardo Tisci pensa a una
72
Jean Paul Gaultier
Iris Van Herpen
donna perversa ma sofisticata,
che in un solo cappotto fonde
zibellino, volpe, visone e astrakan.
I francesi che amano il made in
Italy - e spesso hanno direttori
creativi italiani alla guida delle
loro maison - hanno una ricca
cultura sartoriale legata a oltre un
secolo di alta moda: da Charles
Worth nel 1860 fino a oggi. E
quindi per loro, in fondo, come
si legge anche in ‘Shocking
life’, l’avvincente autobiografia
di Elsa Schiaparelli (altra
italiana adottata dalla Francia)
ha ancora senso che la moda
comunichi con l’arte: magari è
un’arte minore, ma pur sempre
una rappresentazione suggestiva
della realtà. Il ruolo della moda è
Saint Laurent
mood|13.3.2014
Aliene, fate ed eccentriche
muse celebrano la moda oltre
la moda dei grandi visionari
dello stile: l’incantesimo non
ha limiti e la sperimentazione
della couture sfida ogni
barriera dell’umanamente
possibile.
mood|13.3.2014
REPORTAGE | PARIS FAShION WEEK
Parigi ombelico del Palco
a Parigi la linfa creativa scorre per le strade. ci sono
mostre come ‘dries Van Noten inspirations’ al musée
des arts décoratifs e quella di david lynch alla maison
de Photographie o balletti con etoile quali benjamin
millepied: tutto un mondo pulsa intorno alle passerelle.
È un en plein il cabaret “Mugler Follies” firmato da
Thierry mugler che descrive la sublimazione della
bellezza attraverso le performance di canto e danza
degne della migliore rivista francese. e a proposito
di palcoscenico rihanna è onnipresente: quasi nuda al
party di balmain sfoggia un montone nero da miu miu.
la popstar è in città forse anche per promuovere lo
spettacolo “ballet revoluciòn” di cui cura la musica
insieme a Usher e Prince. Nel frattempo al bon marché
fino al 22 marzo è di scena la mostra dedicata agli
stilisti americani di Proenza Schouler corredata da
un video e da un’installazione. gli americani a Parigi
sono di casa: lo dimostra il salone di moda “americans
in Paris” dove espone anche george esquivel, stilista
californiano di scarpe che crea accessori cool per il
brand Tumi, e alexander Wang. il direttore creativo di
balenciaga ha anche radici cinesi, come Yiqing Yin, la
nuova designer di leonard.
e.m.a.
© by Neils Rasmus/BF Anyc.com
“raccontare una storia, affrontare
un percorso che ti consente di
dialogare con manifestazioni
culturali eterogenee: altrimenti
è autoreferenziale”. Ben detto.
Pier Paolo Piccioli e Maria Grazia
Chiuri, i due colti e poliedrici eredi
di Valentino seduto in prima
fila ad applaudirli, sanno il fatto
loro. E lo dimostrano con i twin
set di visone arlecchino, gli abiti
variopinti in nappa o organza da
commedia dell’arte attualizzata,
i mantelli di montone reversibile
intarsiati all’interno, gli abiti fluidi
con coulisse in vita ricamati di
farfalle che citano i dipinti di
Carla Accardi e Giosetta Fioroni,
capostipite della scuola romana
degli anni 50 e 60, che anticipò
il ‘68 con il pop italiano, più
intimista di quello a stelle e strisce.
La fantasia sale al potere anche
da Ungaro, dove Fausto Puglisi
dà il massimo in una collezione
glamour e ricca di pizzo laccato,
di gonne a balze e t-shirt di tulle o
felpe di guipure, piume di struzzo
e rose stilizzate e ricamate. Lo
spirito di Yves Saint Laurent
rivive negli abitini rutilanti di hedi
Slimane, giovane e magro come
Yves dei tempi d’oro, e come lui
ammiratissimo per le sahariane di
lamé da nottambula miliardaria
e gli stivali di vernice alla Betty
Catroux: alla sfilata Peter Dundas,
stilista di Pucci, apprezza gli
accessori e i sontuosi ricami.
Applaude anche Gaultier; nel suo
show propone un retro-futurismo
a base di frac trasparenti e tute
di visone grigio perla ispirate a
Sandra Bullock in ‘Gravity’ che
agli Oscar vestiva Alexander
McQueen. Per il marchio di
Kering la stilista Sarah Burton ha
reinventato ‘La bella e la bestia’:
per lei la magia della couture non
ha segreti.
Proenza Schouler Paris-mosphere, dalla mostra dedicata a Proenza Schouler
presso le Bon Marche Rive Gauche a Parigi.
73
NUOVI TALENTI
Upcoming
brands
di Valeria Garavaglia
una creatività cosciente e consapevole, in grado di tradurre l’ispirazione artistica e la ricerca in abiti, o in
gioielli, di impatto ma portabili. una creatività abbastanza matura per saper definire un’identità ben precisa
e per seguirla. senza però dimenticare di innovare, e provare così a lasciare un segno nella moda di domani.
SIMONE ROCHA
Nata a Dublino, classe ’86, Simone Rocha
è tra le giovani stiliste più apprezzate del
momento. Dopo gli studi a Dublino e al
londinese Central Saint Martin’s College,
debutta alla London Fashion Week
presentando le collezioni P/E e A/I 2011 con
i Fashion East. Nel settembre 2011 è scelta
da Vogue Talents Corner e per la prima
volta sfila in solitaria. Premiata ai British
Fashion Awards 2013 e in lizza per l’Lvmh
Young Fashion Prize, oggi è presente con le
sue creazioni ribelli ma chic, frutto di una
creatività sapiente e senza sforzo, nelle più
prestigiose testate e vetrine internazionali,
da Dover Street Market a Colette, da Ikram
a 10 Corso Como.
www.simonerocha.com
74
mood|13.3.2014
“Il volto del fashion
di domani”
NUOVI TALENTI
CATERINA
zANGRANDO
ARTHuR
ARBESSER
“Preziosi incastri
e forme grafiche”
“Sintesi degli opposti”
È il 2004 quando Caterina
Zangrando, allora pr di
una nota griffe, incontra
a Parigi il fashion editor
americano André Leon
Talley, che resta colpito un
gioiello da lei creato. La
30enne veneta decide così
di dar vita alla sua linea e
inizia una ricerca su colori,
luci, forme e materiali.
I suoi gioielli, dallo stile
grafico, sono realizzati a mano in Veneto mescolando
materiali diversi: metalli e pietre preziose con ferro,
rame e plexiglass creano strutture fatte di incastri e
sovrapposizioni. Il brand ha conquistato importanti
store tra cui Luisaviaroma a Firenze, Al Duca D’Aosta
a Padova e Venezia, Le Bon Marché a Parigi, Isetan
a Tokyo e Kirna Zabete a
New York, e celebrities come
Naomi Campbell, Lizzy
Jagger, Scarlett Johansson e
Kate Moss.
Nato e cresciuto a Vienna, Arthur Arbesser
ha studiato al Central Saint Martins College
e lavorato per sette anni da Armani prima
di fondare, un anno fa, il suo brand.
A giugno 2013, cinque mesi dopo il
debutto a Milano Moda Donna, ha vinto il
concorso Who is on Next? di Vogue Italia
e Altaroma grazie alla sua estetica, sintesi
tra correnti di stile in apparenza opposte.
Tale caratteristica ricorre anche nella
collezione A/I 2014-15, presentata durante
la fashion week nella casa dell’architetto
milanese Luca Cipelletti. Partendo da un
amore per il minimalismo maturato negli
studi a Londra, lo combina con il design
italiano del 900, come Portaluppi, Gae
Aulenti e Sottsass, per abiti dalle strutture
solide, linee definite da trasparenze e
tessuti dalla superficie variabile, un mix
di loden austriaco, faux astrakan, organze
di seta, materiali tecnici. Distribuito dallo
showroom Marcona3, oggi Arthur Arbesser
è in vendita da Wait & See a Milano,
Macondo a Verona e Ardecolini a Mosca.
www.caterinazangrando.com
www.arthurarbesser.com
mood|13.3.2014
Crea-tiff Bijoux nasce dall’estro di Tiffany Rowe, laureata in
biologia, amante della moda, dell’arte e della creatività.
Inglese trapiantata a Ginevra, la vulcanica designer
crea personalmente gioielli-sculture, pezzi unici di ‘arte
indossabile’, ispirati all’opera di maestri contemporanei
come Bourgeois, Koons e Calder. Parte della filosofia del
brand è, ove possibile, utilizzare materiali provenienti da
fornitori locali. E, in un continuo gioco creativo, dare seconda
vita a vari oggetti e materiali inusuali nella gioielleria, come
orsacchiotti scovati in una fabbrica abbandonata a Lione,
bambole di porcellana, e perfino cavi elettrici e gusci d’uovo.
Crea-tiff offre anche un servizio bespoke, per gioielli su misura.
Tiffany Rowe
www.crea-tiff.ch
CREA-TIFF BIJOux
“Pezzi unici
di arte indossabile”
75
BUYER’S SELECTIONS | WOMANSWEAR
Un look firmato Dolce & Gabbana.
Allegria e divertimento, con il valore aggiunto di
collezioni “sapientemente artigianali”. Questo,
secondo Magali Ginsburg, Head of Buying
& Category Management di Thecorner.com
e Shoescribe.com, il fil rouge delle fashion
week femminili. Ad attirare la sua attenzione in
particolare Marco De Vincenzo, “che ha dimostrato
maturità creativa - dice - in un alternarsi di effetti
ottici, geometrie olografiche, lurex cangiante
e curvilineo”. La buyer menziona poi Mary
Katrantzou che, messe da parte le iconiche
stampe, “si ha focalizzato su un forte aspetto
narrativo, con lo studio delle uniformi e dei
simbolismi. E ancora la foresta incantata di Dolce
& Gabbana, le loro piccole principesse in abiti
gioiello e cappotti favolosi con gufi, fiori ricamati
e chiavi medievali stampate”. Must-have dell’A/I
per la Ginsburg saranno “clutch, stivaletti e
accessori iper decorati e preziosi”, mentre
domineranno “stampe e grafiche declinate in
diverse varianti: metallo, collage, mix di tessuti,
broccati, pizzi, voiles e applicazioni”. (v.g.)
THE CORNER
www.thecorner.com
SHOESCRIBE
www.shoescribe.com
mood|13.3.2014
Da destra in senso orario: proposte di Marco De
Vincenzo e di Mary Katrantzou; una clutch Bulgari e
una scarpa-gioiello René Caovilla. Tutte le immagini in
pagina si riferiscono alla stagione A/I 2014-15.
77
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NOT TO BE MISSED
di Caterina Zanzi
nel mese di marzo, il bianco e nero dell’inverno si mescola con i colori della primavera. come nella natura,
così nei musei. se a londra e a parigi a farla da padrone sono i ritratti black&white di bailey e cartier-bresson,
a new york e a milano va in mostra l’esplosione cromatica della graffiti-art e di kandinsky.
© © Courtesy of the Museum of the City of New York
A LONDRA TuTTE LE STELLE DI BAILEy
Howard the Duck by Lee Quiñones, 1988.
I GRAFFITI NEWyORCHESI DEGLI ANNI 80
Si intitola ‘Bailey’s Stardust’ l’omaggio della National Portrait
Gallery di Londra all’artista britannico David Bailey che, in
oltre 50 anni di carriera, ha ritratto le stelle della cultura,
del cinema, della musica e della politica internazionale. La
personale del fotografo, ad oggi la più grande mai realizzata
con i suoi 300 ritratti selezionati dallo stesso autore, è
allestita per contrasti, seguendo l’interpretazione del
fotografo per cui siamo e torneremo tutti a essere ‘stardust’,
polvere di stelle. Così i temi della vita e della morte si
intrecciano fino a confondersi, i volti noti si alternano a
facce sconosciute e le immagini di ricchezza a fotografie
che testimoniano alcune tra le aree più povere del mondo.
Accanto alle espressioni di Kate Moss, Jack Nicholson,
Francis Bacon e Mick Jagger, trovano spazio le immagini
dei viaggi dell’artista in Papua Nuova Guinea, in Australia
e nell’Africa devastata dalla carestia. La mostra, che si
chiuderà il 1 giugno, è sponsorizzata da Hugo Boss.
www.npg.org.uk
80
© David Bailey
www.mcny.org
mood|13.3.2014
Negli anni 70 e 80, New York era un museo a cielo
aperto: dovunque ci si girasse, c’erano graffiti. L’artista e
collezionista Martin Wong ne ha raccolti più di 300 nel
suo appartamento e, quasi vent’anni dopo, li ha donati al
Museum of the City of New York che, fino ad agosto, ne
mette in mostra circa la metà.
‘City as Canvas: Graffiti Art from the Martin Wong Collection’,
questo il titolo dell’esibizione, passa in rassegna la graffiti-art
di personaggi di spicco del panorama urbano newyorchese,
da Cey Adams a Leonard McGurr fino a Keith Haring, allora
adolescenti turbolenti alla ricerca di auto-affermazione.
I graffiti, che in un primo momento emersero come forma
di espressione ai limiti dell’illecito sui muri abbandonati o
sui vagoni della metropolitana, col tempo diventarono una
forma d’arte riconosciuta dai collezionisti più importanti di
Manhattan. La mostra ripercorre questa evoluzione grazie agli
album, alle tele e agli acquerelli degli artisti.
Kate Moss by
David Bailey, 2013
© henri Cartier-Bresson/Magnum Photos, courtesy Fondation
henri Cartier-Bresson
NOT TO BE MISSED
L’ASTRATTISMO DI KANDINSKy A MILANO
PARIGI CELEBRA CARTIER-BRESSON
A dieci anni dalla morte di Henri Cartier-Bresson, il
Centre Pompidou di Parigi dedica la prima grande
retrospettiva europea al celebre fotografo francese,
tra i maggiori artisti del XX secolo, teorico dell’’istante
decisivo’, padre del fotogiornalismo e tra i fondatori della
storica Agenzia Magnum. Dal Surrealismo al maggio
‘68, passando per la guerra civile spagnola, la seconda
guerra mondiale e la decolonizzazione: l’esposizione, in
calendario fino al 9 giugno, ripercorre 70 anni di carriera
di Cartier-Bresson attraverso le sue fotografie, disegni,
dipinti e documenti. La mostra è suddivisa in tre sezioni:
gli anni del debutto, il momento dell’impegno politico
e della passione militante e il periodo della fondazione
della Magnum. Immagini intime e fotogiornalismo,
surrealismo e geometrie si fondono senza soluzione di
continuità, a rappresentare la convinzione dell’artista
per cui ‘fotografare è mettere sulla stessa linea di mira la
testa l’occhio e il cuore’.
www.centrepompidou.fr
© Centre Pompidou, MNAM‐CCI / Philippe Migeat / Dist. RMN‐GP
Martine Franck, Paris, France, 1967
C’è ancora poco più di un mese per godersi i capolavori
di Vassily Kandinsky direttamente in arrivo dalla
collezione del Centre Pompidou. La mostra, che si
chiuderà a Palazzo Reale a Milano il 27 aprile, racconta
il viaggio artistico e spirituale di uno dei pionieri
dell’arte astratta. La retrospettiva presenta oltre 80
opere dell’artista russo in ordine cronologico, dagli
esordi tedeschi agli anni in Russia fino alla Parigi della
maturità. Partendo con un tuffo emotivo nel mondo
interiore di Kandinsky grazie a una sala con le pareti
completamente decorate, la mostra prosegue attraverso
i suoi capolavori più importanti: dalla famosa ‘Città
vecchia II’ a ‘Azzurro Cielo’ fino a ‘Giallo-rosso-blu’ degli
anni del Bauhaus. Al termine del percorso, il visitatore
sarà immerso da un ambiente che avrà “il potere di
trasportarlo fuori dallo spazio e dal tempo”.
www.kandinskymilano.it.
Giallo-Rosso-Blu, 1925
La tragicità della scultura di Alberto Giacometti arriva alla
Galleria Borghese di Roma dove, fino al 25 maggio, si
ripercorrono le tappe dell’arte novecentesca dell’artista
svizzero. Il percorso si focalizza sulla visione in divenire dello
scultore nel rapporto con la raffigurazione dell’umano.
Dalle forme sinuose e bianche della ‘Femme couchée qui
rêve’ alla ‘Tête qui regarde’ fino all’’Homme qui chiavire’,
l’esposizione capitolina alla Villa Pinciana - la più grande
personale organizzata in Italia sull’artista - espone una
selezione di 40 opere, tra bronzi, gessi e disegni. Nei
capolavori di Giacometti, la figura umana viene ‘ridotta
all’osso’ e allungata, in modo da trasmettere all’osservatore
un senso di tragica modernità e di dramma. Le proporzioni,
volutamente sbilanciate, offrono l’interpretazione di un uomo
contemporaneo sospeso alla ricerca di sè. A completare la
visita, anche un interessante nucleo di disegni.
© Alberto Giacometti Estate / by SIAE in Italy, 2014
mood|13.3.2014
IL SENSO DI PRECARIETÀ DI ALBERTO
GIACOMETTI A VILLA BORGHESE
Moi me hâtant dans une rue sous la pluie, 1948
www.galleriaborghese.it
81
Grifoni guarda a Oriente
di Paola Cassola
tornare a crescere puntando sull’oriente e portare il fatturato estero al 50%. Questi i progetti dell’azienda veneta che, tra nuovi negozi e una galleria d’arte, è pronta ad esportare
la propria energia creativa.
Dopo dieci anni di vendita diretta Manila Srl, produttrice
delle linee Mauro Grifoni e M. Grifoni, è pronta a cambiare passo per la sua espansione nel mercato orientale.
“Abbiamo deciso – spiega Ilaria Sesso, una dei tre soci - di
siglare una licenza esclusiva con un nuovo partner, il Gruppo Itochu Corporation, per la distribuzione dei nostri due
brand nel mercato giapponese, che partirà con la collezione uomo e donna A/I 2014-15. Abbiamo in programma di
aprire a breve diversi corner, mentre dal 2015 disporremo
anche di uno showroom a Tokyo. Il nostro fitting è, infatti,
adatto al mercato nipponico che è anche molto compe-
in apertura, campagna
Mauro grifoni p/e 2014
con cate underwood
A destra,
Mauro grifoni Amsterdam
tente e attento a prodotti di ricerca come il nostro”. Attualmente il mercato italiano rappresenta il 65% del fatturato,
ma l’obiettivo dell’azienda è di portare l’estero al 50%, grazie ad aperture internazionali. “Da aprile a maggio – prosegue Sesso - apriremo monomarca a Berlino, Mosca e
Dubai. Aumenteranno anche i nostri corner, come quello
di Harrods che abbiamo aperto a novembre”. L’espansione
permetterà all’azienda di tornare a crescere, dopo un calo
di fatturato registrato nel 2013, in seguito alla difficile situazione economica nel mercato italiano. Già da quest’anno
però c’è un’inversione di tendenza con un +20% di ordini
legati alla pre-collezione rispetto all’anno scorso. Ciò non
significa che l’azienda non dedichi attenzione al mercato
domestico dove, nel 2014, è prevista una nuova apertura
a Roma, e l’organizzazione di un doppio evento a Milano
in concomitanza con la fashion week. “Il nostro showroom
milanese di via Santo Spirito ha ospitato la nuova collezione A/I 2014-15 mentre - conclude la manager - la nostra
adiacente galleria d’arte ‘Corridor and Stairs’ ha portato in
scena una monografica su Alvvino che, con la sua personale “One of each, an ongoing family portrait”, ha inaugurato
un ciclo dedicato alla nuova illustrazione italiana che porteremo avanti per tutto il 2014. Vogliamo portare nel mondo
la nostra energia creativa fatta di un’eleganza contemporanea nutrita di design e arte. Il nostro è un team stilistico
visionario, che piace molto anche ai nostri partner”.
13 marzo 2014 pambianco magazine 83
Scenari
I MARCHI DELLE STELLE
Quando il brand è vip
Alcuni hanno costruito
un piccolo business
duraturo, altri hanno
avuto meno fortuna.
Ciò che è cambiato negli
ultimi anni è il modo di
veicolare il messaggio:
dalla tv al tablet.
84 pambianco magazine 13 marzo 2014
di Simona Peverelli
d
ove c’è spettacolo, c’è business, soprattutto quando
si parla di moda. I personaggi famosi sono come
bacchette magiche che, in
un batter di ciglia, trasformano un capo
qualunque in un ‘cult’, un oggetto del
desiderio irrinunciabile per chi è attento,
almeno un po’, allo stile e alle tenden-
ze. Così, da sempre, i very important
people (Vip) diventano modelli perfetti per lanciare marchi, pubblicizzarne
altri già affermati o rilanciarne pescando dal dimenticatoio. Ma c’è chi non
si accontenta di mettere solo faccia e
corpo in progetti di questo tipo, e preferisce andare oltre, investendo mente e
denaro in marchi propri. Tra quelli che
lo hanno fatto oltreconfine, ha fatto centro Victoria Beckham, la ex Posh Spice
che cinque anni fa ha creato una griffe che oggi, contro ogni pregiudizio, è
Scenari
A seguire l’esempio dei colleghi stranieri
ci hanno pensato anche i vip nostrani.
Così, da qualche anno a questa parte, il
mondo dello spettacolo italiano ha sfornato diverse proposte che, in alcuni casi,
si sono rivelate piccoli business redditizi,
in altri solamente meteore. Ciò che fino
ad oggi ha accomunato tutte queste esperienze è la forza attrattiva del personaggio
di turno, che di fatto veste i panni di
imprenditore, stylist e testimoniail, ma
soprattutto fa la parte del miele con le
api.
Ciò che è cambiato negli ultimi tempi, è
il modo di lanciare e pubblicizzare questi
progetti, e cioè il canale di comunicazione attraverso cui veicolare la filosofia del
marchio. Nella prima metà degli anni
Duemila, era ancora il piccolo schermo
la pedana di lancio. Poi, con l’esplosione
del web come punto di riferimento delle
tendenze, la comunicazione si è trasformata in un campo di battaglia a colpi di
tweet e di post su Instagram, su tablet e
smartphone.
riconosciuta come un brand con uno
stile definito, oltre che essere amata da
celebrities, pubblico e critica. Non per
niente, è appena uscito un documentario
prodotto da Skype, intitolato ‘Five Years
The Victoria Beckham Fashion Story’,
che racconta sin dagli inizi la storia e
il dietro le quinte dell’attività della ex
cantante. È stato meno fortunato Robbie
Williams, che lo scorso autunno ha chiuso suo marchio britannico che richiamava il cognome del nonno, Farrell, dopo
appena un anno di attività.
in apertura, una sfilata di imperfect;
sotto, Fabio castelli e Belen rodriguez
dAllA tV…
Fa ancora parte della vecchia guardia, ad
esempio, il marchio di gioielli MyMara,
i ciondoli a cuore e i vistosi orologi del
gruppo Estella che si sono visti per pomeriggi interi al polso e al collo di Mara
Venier, durante le sue trasmissioni televisive. Da un paio di anni, come fa sapere l’ufficio stampa, la conduttrice non è
più testimonial dell’azienda, ma all’epoca
visionava in anteprima i modelli realizzati
dal team stilistico, oltre che aver diritto a
una quota in base al venduto. Passaggio in
tv anche per Simona Ventura, la presentatrice che non ha mai nascosto la propria
passione per lo stile, tanto da creare nel
2007 la linea Star Chic in collaborazione
con Federica De Pompeis, una liaison che
dura ancora oggi e propone una linea di
tute casual in ciniglia colorate impreziosite da dettagli glam. Il transito dal piccolo
schermo è stata una tappa fondamentale anche per Valeria Marini, ideatrice e
modella di Seduzioni Diamonds, il brand
nato nel 2006 che comprende linee di
prêt-à-porter, scarpe, borse, beachwear,
oggettistica e wedding. Oggi il marchio
vende attraverso il suo portale online, nei
monomarca di Milano, Roma e Porto
Cervo, oltre che in alcuni multimarca in
Italia.
13 marzo 2014 pambianco magazine 85
Scenari
…Al tAblet
Se in tutti questi casi le ideatrici del
brand indossavano le proprie creazioni
in tv, con il tempo il ‘product placement’
si è spostato su uno schermo più piccolo, quello del pc, con i siti internet dei
marchi, oppure con la pagina Facebook
dedicata. L’approdo successivo è avvenuto su smartphone e tablet, il vero mare
magnum per chi segue la moda oggi.
Qui, il luogo in cui i social network la
fanno da padroni, la regina della comunicazione a colpi di post si è rivelata, ad
esempio, Belen Rodriguez, dall’alto dei
suoi circa 570mila follower su Instagram
e degli oltre tre milioni di ‘mi piace’ su
Facebook. Sono state queste le vere vetrine di !m?erfect (Imperfect), il marchio
per il quale la showgirl argentina, famosa nello show business italiano, ha deciso di uscire dai panni di mera testimonial per vestire quelli di stilista. Grazie
all’accordo con Five Season, infatti, la
Rodriguez è diventata parte attiva della
linea di abbigliamento in collaborazione con Fabio Castelli, direttore creativo di Five Season, un progetto che l’ha
vista da una parte alle prese con tessuti, stampe e outfit, e dall’altra nel ruolo
di modella, in occasione di una serie di
eventi organizzati a Milano. Diversa,
ma sempre ‘social’, la storia di Alessia
Marcuzzi, che in fatto di numeri non ha
nulla da invidiare alla collega argentina.
In principio fu un fashion blog nato per
gioco, sul quale pochi avrebbero scommesso. Dopo poco più di un anno, ‘La
Pinella’, la piattaforma di stile e tendenze
creata dalla conduttrice, è diventata una
delle più seguite in Italia (oltre ad essere
inserito da Signature9.com, insieme con
altri due italiani, nella classifica dei 50
blog più influenti del mondo) con oltre
un milione di ‘mi piace’ su Facebook e
circa 700mila follower su Twitter. Poi è
arrivato Marks&Angels, il marchio di
borse made in Italy fondato nel 2012
con Laura Angelilli, la quale guida anche
il proprio marchio di pelletteria L’Aura.
Il progetto è nato per caso, quando le
Marcuzzi e Angelilli si sono incontrate
per caso a Ibiza e poi a Parigi. Certo, la
86 pambianco magazine 13 marzo 2014
Bobo vieri e paolo Maldini
laison tra le due ha preso forma quando ancora il blog non aveva i numeri,
ma oggi la comunicazione passa propio
attraverso questa piattaforma. Il target
cui si rivolge il marchio, infatti, donne
dai 25 ai 45 anni, è lo stesso con il quale
dialoga quotidianamente la conduttrice:
“Quando io e Laura ideiamo i modelli,
penso sempre alle mie ‘pinelle’ - racconta
la Marcuzzi - mescolando la mia vena
rock con la sua più romantica”. Non per
niente, per il momento, tutta la comunicazione è affidata al blog e ai social network ad essa legati. I modelli, realizzati
vicino Roma, sono oggi venduti attraverso una rete multibrand, sia in Italia (300
punti vendita) sia all’estero (10 punti
vendita) tra Europa e Giappone, ma già
dalla prossima stagione dovrebbero arrivare sul mercato statunitense, alla ricerca
di altre ‘Pinelle’.
lA modA nel PAllone
La comunicazione, però, non passa solo
dallo schermo, grande o piccolo che sia,
ma anche dai campi da calcio. È il caso
di Sweet Years, il brand fondato da due
icone del pallone italiano, Paolo Maldini
e Bobo Vieri. Sono passati dieci anni da
quando i due sportivi, insieme con Mauro
Russo, hanno fondato ‘il cuore rosso’ di
Sweet Years, che all’inizio sembrava quasi
Alessia Marcuzzi con una borsa Marks&Angels
Scenari
un gioco, e poi si è trasformato in un business che nel 2012 muoveva un indotto
intorno ai 45 milioni di euro. La compagine aziendale è sempre la stessa con i tre
soci azionisti di maggioranza. Il boom è
arrivato quando sono state vendute circa
“tre milioni di t-shirt su cui campeggiava
il cuore, simbolo sul quale abbiamo fondato la nostra forza distintiva”, ha raccontato Russo. Christian Vieri, in realtà, ha
aggiunto un’altra esperienza nel mondo
della moda nel suo curriculum, anche se
con risultati meno felici. Nel 2008, infatti, il calciatore era entrato insieme con
l’ex centrocampista del Milan Cristian
Brocchi in Baci & Abbracci, la società
fondata da Simone Martinelli, Roberto
Adago e Fabio Arcuri nel gennaio 2004,
salvo uscirne insieme con Arcuri nel
2011, per ragioni sconosciute, a quanto
riferisce l’azienda. A quel punto, le quote
degli ex soci sono state acquisite da GCS
Srl di Martinelli, socio di maggioranza di
Baci&Abbracci Collezioni. Alle avventure
imprenditoriali di Bobo legate al mondo
dello stile si deve aggiungere anche quella con Veronica V., la società di cui l’ex
bomber è unico socio che, secondo quanto ricostruito da Il mondo, è stata liquidata
nel luglio 2013. Nata come Immobiliare
Veronica, la società, in realtà, non hai mai
svolto business nel mattone, ma ha acquisito una partecipazione del 16,6% nella
Bivigal, quando Vieri era fidanzato con
Elisabetta Canalis, entrata nell’azionariato
con una quota analoga. Ed ecco il legame
con la moda: sempre secondo Il mondo,
la Bivigal avrebbe dovuto occuparsi della
commercializzazione in oltre 80 negozi
di maglieria e pelletteria griffata con il
marchio Buenas Tardes, anche attraverso
formule di franchising. Ma l’iniziativa,
il cui design era affidato alla ex velina,
non è mai decollata, e così Bivigal è stata
liquidata.
Di meteore ce ne sono altre, come le scarpe della showgirl Alessia Fabiani Shoe
Bijou e gli abiti Never without you di
Francesco Totti e Ilary Blasi. Entrambi i
marchi lasciano pochissime tracce di sé
sul web, e sulle proprie pagine Facebook
Myriam catania
e luca Argentero
valeria Marini per seduzioni diamonds
sono fermi da mesi. Ma i vip non si perdono d’animo e non smettono di lanciarsi
nel settore dello stile. Lo ha fatto anche
Luca Argentero, l’ex gieffino (ora attore) che inseme con la moglie Myriam
Catania ha appena presentato la capsule di abiti/accessori Mia D’Arco. Lui ha
finanziato il progetto attraverso la sua casa
di produzione Inside Productions, lei ha
disegnato i modelli insieme con la sorella
minore Giulia, anche lei alla sua prima
volta nel mondo della moda. Tanto, quando il brand è vip, l’esperienza non conta.
13 marzo 2014 pambianco magazine 87
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88 pambianco magazine 13 marzo 2014
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Woolmark
premia un indiano
e vola a Pechino
di Simona Peverelli
Il concorso che In passato ha premIato Karl lagerfeld
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rahul mIshra. contInua la mIssIone dI promozIone e
commercIalIzzazIone della lana nel mondo attraverso
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dall’alto in senso orario: due look disegnati dal vincitore di iwp 2013-2014 rahul
Mishra, lo stilista che mostra il trofeo e la giuria del premio
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oolmark vira a est in due mosse. L’edizione 2013/2014 dell’International Woolmark Prize (Iwp), il premio organizzato da The
Woolmark Company che in passato ha lanciato Karl Lagerfeld e Yves
Saint Laurent, ha incoronato il designer indiano Rahul Mishra e ha
annunciato che la prossima edizione farà tappa a Pechino.
Lo ha svelato, in occasione della premiazione durante la settimana
della moda milanese, il CEO di Australian Wool Innovation Stuart
McCullough: “Abbiamo pensato a Pechino - ha detto ai microfoni di
PambiancoTv - dove saremo a marzo, sicuri di dare ulteriore visibilità
alla nostra iniziativa”, dopo l’edizione di Londra, che ha rilanciato il premio nel febbraio scorso, e quella di Milano, che aveva ospitato anche
la semi-finale a settembre.
In attesa della prossima tappa, a godersi il premio è Mishra, finalista
rappresentante dell’India e del Medio Oriente, conosciuto nel suo
Paese per l’impegno nella promozione del lavoro dell’Indian Craft
Community (la comunità artigiani indiani) oltre che per essere il
primo stilista non europeo ad aver vinto una borsa di studio all’Istituto
Marangoni. “Questo premio rappresenta per me l’opportunità di cambiare il modo in cui il mondo della moda guarda al mio lavoro e alla
moda indiana”, ha dichiarato il creativo a PambiancoTv.
Dopo una ricerca globale, che ha coinvolto 20 nazioni e 48 designers,
la rosa si era ridotta all’indiano e agli altri quattro finalisti, uno per ogni
continente: iffiXXed per l’Asia,Christopher Esber per l’Australia, Sibling
per l’Europa e Altuzarra per gli Usa. È stata la collezione fatta di ricami
leggerissimi, che richiamano la tradizione indiana in chiave contemporanea, a convincere la giuria, composta da alcuni rappresentanti
del mondo della moda, come Angelica Cheung di Vogue Cina, Frida
Giannini e la top model Alexa Chung.
Ancora una volta, il marchio di fibre tessili fondato nel 1964 che fa
capo a Australian Wool Innovation (Awi), l’azienda no profit di proprietà di oltre 27mila allevatori di pecore Merino, ha messo in atto il suo
piano di promozione dell’industria laniera australiana; così il vincitore
si è aggiudicato il premio finale di 100mila dollari australiani, oltre che
la possibilità di essere presente nei punti vendita partner del progetto
nel mondo, come Harvey Nichols, Saks Fifth Avenue, 10 Corso Como,
Joyce, David Jones, Colette e Mytheresa.com. Lo scopo di questa iniziativa, infatti, è quello di “promuovere la lana e la sua commercializzazione nel mondo - spiega McCullough - e mettere in luce la bellezza
della fibra della lana Merino dando visibilità al lavoro dei migliori stilisti
del mondo”.
13 marzo 2014 pambianco magazine 89
openingS
mAurizio PecorAro,
Primo negozio meneghino
Parte da Milano il progetto retail
di Maurizio Pecoraro. Il designer
siciliano ha inaugurato il suo primo
flagship store in piazza Risorgimento
durante la settimana della moda
femminile. Lo store, disegnato
dallo studio Pierfrancesco Cravel
insieme con Tal Berman, venderà,
oltre alle collezioni del marchio,
anche gli elementi di arredo firmati
da alcuni designer tra cui Giò Ponti,
Lisa Larson e Martin Olsen. Per il
brand, che nel 2013 ha fatturato 5
milioni di euro, parte un progetto di
espansione sia in Italia sia all’estero,
dove ad oggi registra il 95% del
fatturato. Il prossimo obiettivo, dopo
l’opening milanese, sarà un concept
store a Parigi.
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Vinicio, mAxi store
dA 1.200 mQ A legnAno
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inicio celebra i trent’anni di attività aprendo un
concept store da 1.200
mq nel centro di Legnano, al 2
di piazza Gianfranco Ferré. Il
negozio, in una posizione strategica tra l’aeroporto di Malpensa
e Milano, è stato progettato da
Parisotto+Formenton Architetti
e ha visto un investimento di
oltre 12 milioni di euro in 18
anni. Aperto 7 giorni su 7, ospita le più importanti griffe, tra
cui Valentino, Dolce&Gabbana
e Fendi, un angolo dedicato al
su misura per l’uomo e un bar.
“Un progetto di tali dimensioni e prestigio – racconta Vinicio
Ravagnani – vuole essere un polo
di attrazione per i turisti internazionali. È una grande operazione
di comunicazione a 360 gradi”.
biLLionaire couture sbarca in asia
Billionaire Couture si espande in Estremo
Oriente. Il marchio di abbigliamento maschile
di lusso ha aperto il suo primo monomarca
asiatico a Macao. Lo spazio di 160 metri quadrati si trova all’interno di The Shoppes at the
Four Seasons uno dei più prestigiosi shopping
mall della città. Oltre all’abbigliamento, ci sarà
uno spazio dedicato agli accessori, comprese scarpe e valigie. Inoltre, la boutique offre
una Vip suite privata per un’esperienza di
shopping esclusiva. Nel futuro del marchio
ci saranno nuove aperture internazionali. Ad
oggi Billionaire Couture conta 27 monomarca
e circa 60 multibrand sparsi nel mondo.
Prima boutique
monomarca per
Elisabetta Franchi
in Belgio. La
location prescelta è
Schuttershofstraat, la via
del lusso di Anversa.
Lo spazio di 110 metri
quadri è giocato su linee
essenziali armonizzate
agli elementi storici
dello spazio, i vetri fumé
alternati a superfici
trasparenti, tessuti,
metallo, luci soffuse
hanno lo scopo di
evocare un ambiente
intimo e femminile.
rePlAy, A milAno il
multi-exPerience store
10 location
nella prestigiosa
cornice del Quadrilatero
contact 18 Montenapoleone
toPshoP ArriVA
A mAnhAttAn
Topshop è pronta a inaugurare a
New York un megastore di 3.700 mq
all’incrocio tra la Fifth Avenue e la 49th
Street. La location, attualmente occupata
da Lacoste sarà il secondo negozio
per grandezza del brand dopo quello
londinese di Oxford Circus. Lo spazio, che
ospiterà anche il marchio Topman sempre
parte del gruppo inglese Arcadia, rientra
nell’obiettivo del gruppo di raggiungere
1 miliardo di dollari di fatturato dai due
marchi negli Stati Uniti. Il gruppo prevede
già quattro nuove aperture a San Diego,
Houston, Atlanta e Washington.
90 pambianco magazine 13 marzo 2014
lA frAnchi
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AnVersA
Il futuro e la crescita di Replay,
brand che fa capo a Fashion Box,
passano dal nuovo concept retail
multi-experience che il brand
lancerà a Milano a settembre.
“Questo progetto – ha dichiarato
Matteo Sinigaglia, amministratore
delegato dell’azienda trevigiana – ha
l’obiettivo di offrire agli appassionati
del marchio esperienze emozionali
che vadano oltre la tradizionale
esperienza d’acquisto. Un luogo
in continua evoluzione, dove poter
assistere a mostre d’arte oppure
intrattenersi nel corner fine food and
beverage”. “Oggi i negozi tendono
a essere tutti uguali e questo
determina uno scarso interesse
da parte dei consumatori – ha
proseguito il manager – perché la
collezione viene già vista online.
Viceversa, il negozio deve tornare
a essere un punto di incontro con
il consumatore. Per attrarre i clienti
avevamo bisogno di sviluppare
le nostre idee in uno spazio
adeguato, come quello di 1.500
metri quadrati trovato in piazza Gae
Aulenti, considerabile la nuova area
all’avanguardia della città”.
openingS
VaLLi, neL quaDriLatero La prima boutique itaLiana
Dopo l’apertura delle due boutique
in Passage de la Madeleine a Parigi,
Gianbattista Valli ha scelto Milano per
aprire la sua prima boutique italiana, in
via Sant’Andrea 12.
Il punto vendita si trova all’interno
della corte del palazzo storico. Una
volta attraversato il cortile, si varca la
soglia dei 130 mq disposti su due piani,
costruiti in continuo gioco di angoli sporgenti e specchi dall’architetto
h&m riAnnunciA
che APrirà in indiA
Sembra l’anno giusto per il
passaggio in India di H&M. Il
colosso svedese ha annunciato
che aprirà il primo store nello Stato
dell’Asia Meridionale entro la fine
del 2014. Già lo scorso aprile, il
gigante svedese del fast-fashion
aveva reso noto di voler aprire
50 negozi nel subcontinente
indiano attraverso una filiale
interamente controllata, per la quale
aveva previsto un investimento
complessivo di 100 milioni di euro.
Solo alla fine dell’anno, però, ha
ottenuto il via libera definitivo da
parte del governo. Non è ancora
chiaro in quale città avverrà il
debutto.
“Siamo molto felici del debutto in
India, un mercato con così tanto
potenziale”, ha fatto sapere il CEO
Karl-Johan Persson. Ma il 2014 non
sarà solo l’anno dell’India: vedranno
la luce i primo store a insegna H&M
nelle Filippine e in Australia.
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Luigi Scialanga, già autore dei due spazi
parigini. La novità “nasce dalla voglia
di aprire delle maison Valli nel mondo
– ha detto lo stilista – ognuna dedicata
allo stile e alla cultura del luogo, per
accogliervi nuovi amici che vogliono
condividere la mia visione”. Il negozio
ospita a piano terreno le collezioni della
maison Giambattista Valli prêt-à-porter
e accessori mentre il livello superiore
sarà dedicato ai camerini.
in corso como iL bon ton Di momonì
Tutto è iniziato in Francia, ma l’origine è italiana. Maison
Momonì, il concept del gruppo Nyky, fondato a Treviso nel
2009 da Alessandro e Michela Biasotto, è nato a Parigi circa
tre anni fa, e adesso sbarca a Milano. Dopo le aperture di
Padova, Verona, Bologna e Vicenza, i due marchi del gruppo, Momonì e Attic and Barn, saranno venduti nel negozio
di Corso Como, accanto a una scelta di brand francesi già
distribuiti in Italia, Mes Demoiselles, Laurence Doligè e
Leon & Harper. Nel punto vendita ci sarà anche una selezione di accessori di marchi di nicchia da tutto il mondo, che
comprendono scarpe, borse, candele, profumi e bijoux.
neW york inDustrie riparte sotto La maDoninna
New York Industrie, marchio di prêt-à-porter italiano nato alla
fine degli anni 70, riparte da Milano, la città in cui, nei due decenni successivi, nessuna donna si faceva mancare il pantalone Beirut,
stretto con lo spacco alla caviglia, tra i capi più riconoscibili del
marchio. Quei pantaloni torneranno in un monomarca a Milano
entro la fine del 2014. Lo afferma Fabrizio Lenzi, titolare di Paci,
azienda veneta cui fa capo il marchio omonimo e che da circa tre
anni ha rilevato New York Industrie. Sul fronte estero, dopo l’accordo stretto con la Sanki per il Giappone, le ipotesi sono “trovare
partner diretti nei singoli Paesi - dice Lenzi - o affidarci a un grande showroom con sedi in Francia e in Italia”.
27/02/2014 15:39:17
13 marzo 2014 pambianco magazine 91
caSa & deSign
nido, A sofiA il nuoVo
showroom
Apre a Sofia il nuovo showroom di
arredamento Nido uno dei maggiori
negozi di arredamento della
Bulgaria, reinterpretato da Mirko
Tattarini con Lagos Design Studios.
Il nuovo spazio, 500 metri quadri
caratterizzati da un’architettura
in vetro e acciaio dal gusto
modernista, è una struttura nella
struttura: una successione di
casette in legno dal tipico tetto
a due falde, che ricostruiscono
all’interno dello showroom un
villaggio rurale. Il visitatore scopre,
passando di scala in scala, diversi
ambienti e nicchie che si aprono
all’interno delle casette, in una
particolare esperienza di “retail
esplorativo”, ritmata dalle luci a
sospensione calate tra i tetti.
Il nuovo layout è stato sviluppato
come progetto low budget:
l’impiego di legno lamellare,
una scelta in linea con la ricerca
di un’estetica essenziale, ha
infatti permesso un importante
contenimento del budget.
gessi cresce in indiA
con il contrAct
Gessi, azienda di rubinetteria,
arredo-bagno e private wellness
fondata e guidata da Gian Luca
Gessi, si è aggiudicata una
commessa per la fornitura di circa
2mila componenti per l’arredo
bagno delle Imperial Towers di
Mumbai, i due grattacieli residenziali
più alti dell’India.
In ambito alberghiero, inoltre,
si occuperà delle forniture per i
prossimi tre anni dii componenti per
i due primi hotel cinque stelle lusso
del Paese, il Ritz Carlton e l’ITC
Gardenia Sheraton di Bangalore.
Le nuove commesse fanno
prevedere all’azienda un incremento
del turnover in quest’area e un
aumento del fatturato estero
complessivo dagli attuali 80 milioni a
90 milioni di euro (+12,5%).
Per il 2014 il gruppo prevede di
raggiungere 147 milioni di euro di
fatturato, +11% rispetto al 2013.
92 pambianco magazine 13 marzo 2014
Ai sAloni 2014 estero
e ArchitetturA
Tutto è pronto per il Salone del
Mobile 2014 di scena in Fiera
Milano Rho dall’8 al 13 aprile
prossimi. Gli espositori saranno
1.749 più 650 designer emergenti
che esporranno al SaloneSatellite,
su una superficie totale di
340mila metri quadri. L’edizione
di quest’anno prevede le biennali
dedicate alla cucina e al bagno.
“Il Salone del Mobile – ha spiegato a Pambianco Magazine il
presidente di Cosmit, Claudio
Luti – ha anche lo scopo di
internazionalizzare le piccole e
medie imprese. All’estero dobbiamo capitalizzare i nostri sforzi nell’innovazione dei prodotti
con la distribuzione, il marketing
e la comunicazione. Tutti abbiamo chiaro che per sopravvivere
in futuro dovremo creare brand
internazionali con i quali andare
alla conquista dei mercati stra-
nieri”. Evento focus sarà la mostra
“Dove vivono gli architetti” che
si terrà al padiglione 9, e vedrà
protagoniste le installazioni di
8 case di archistar internazionali: Shigeru Ban, Mario Bellini,
David Chipperfield, Massimiliano
e Doriana Fuksas, Zaha Hadid,
Marcio Kogan, Daniel Libeskind e
Bijoy Jain/Studio Mumbai.
Veneta cucine, 2013 a 140 miLioni
Il gruppo Veneta Cucine continua a crescere.
Nel 2013 l’azienda specializzata in cucine ha
registrato un incremento complessivo del 7%
attestandosi a 140 milioni, in controtendenza
rispetto a un mercato delle cucine componibili sul territorio nazionale che, secondo i dati
Swg, perde ancora il 9%. A giocare in favore
delle buone performance è stata l’attenzione
focalizzata su due versanti: brand e distribuzione. In questo senso, l’apertura dello spazio
nel cuore di Milano dedicato al dialogo con
gli architetti e agli amanti del design si è rivelato un passo importante nello sviluppo del
gruppo.
consolA nuoVo
dc itAliA di
ArAn cucine
E’ Pasquale Consola
il nuovo direttore
commerciale Italia di
Aran Cucine, azienda
abruzzese attiva nel
settore delle cucine.
Consola proviene
da numerose
esperienze nel settore
dell’arredamento
dove ha ricoperto
ruoli analoghi. Dal
2007 al 2013 ha,
infatti, esercitato la
posizione di country
manager Italia, Grecia
e Portogallo per
il Gruppo Natuzzi
S.p.A. e dal 2011
allo scorso ottobre
ha ricoperto il ruolo
di regional manager
Italia, Francia e Paesi
dell’area del Sud-Est
del Mediterraneo per
la stessa azienda.
boromei aL marketing Di eLica
Il Gruppo Elica, protagonista del settore
cappe ha nominato Francesco Boromei nuovo
chief of marketing.
In questo ruolo, in cui risponde direttamente
a Giuseppe Perucchetti, AD della società,
Boromei avrà la responsabilità di definire e
attuare la strategia di marketing e comunicazione a livello globale nel lungo periodo, con
particolare attenzione ai bisogni dei clienti e
dei consumatori dei mercati di riferimento.
Avrà inoltre la responsabilità dell’area innovazione. Boromei proviene da Groupe Seb, dove
ricopriva il ruolo di direttore marketing Italia
per i brand Krups, Rowenta, Moulinex e Tefal.
caSa & deSign
un museo Per
i 60 Anni di del
tongo
Il 2014 rappresenta un
traguardo importante
per l’azienda di
cucine componibili
Del Tongo, il
raggiungimento dei
60 anni di attività.
Per festeggiare
l’occasione il brand
aretino ha deciso di
inaugurare un nuovo
showroom a Milano e
di dare vita al museo
Del Tongo Story.
“All’interno del
museo – spiega a
Pambianco Magazine
l’AD Laura Del Tongo
– verrà ricostruita,
parallelamente alla
storia aziendale,
quella del design
e delle innovazioni
tecnologiche. Un
percorso scandito dai
cambiamenti tecnici e
stilistici, per ricostruire
i passaggi dello
sviluppo storico della
cucina modulare e di
Del Tongo”.
paLazzetti, 60 anni Di innoVazione
La storica azienda di caminetti Palazzetti festeggia i
60 anni portando avanti la mission di sempre: perseguire l’’evoluzione tecnologica nel rispetto delle
esigenze di risparmio energetico e di eco sostenibilità. Con 75 milioni di euro di fatturato l’azienda
di Pordenone possiede tre stabilimenti, per una
superficie totale di oltre 150mila metri quadri, con
oltre 300 addetti. Tra le innovazioni introdotte figurano la tecnologica ermetica che non brucia l’aria
dell’ambiente ma si alimenta dall’esterno; il progetto
O2Ring, il primo sistema in grado di eliminare oltre
l’80% delle polveri sottili prodotte dalla combustione della legna e, infine, una app per la domotica.
FLos ‘mette in mostra’ L’arcHitecturaL LigHting
È un catalogo fuori dagli
schemi quello realizzato da
Flos Architectural per presentare le sue novità in campo
di prodotti illuminotecnici,
tanto da trarne una mostra
fotografica ‘Architectural
Lighting’ firmata dal giovane
talento svedese Carl Kleiner.
Le foto sono state scattate da
Kleiner nel 2013 quando l’art
director di Flos Architectural
Omar Sosa ha invitato il giovane artista di fotografia e
moving image a giocare con
le forme e i dettagli delle
DaL FuorisaLone Di brera un inVito aL Design: be District
Anche quest’anno protagonista del
Fuorisalone del mobile sarà il Brera Design
District (BDD) giunto alla sua 5° edizione.
Durante la Design Week l’area che va dai
Bastioni di Porta Nuova a via Broletto, da via
Legnano fino a lambire via Montenapoleone,
includendo palazzi storici come l’Accademia delle Belle Arti, il Piccolo Teatro e la
Basilica di San Simpliciano, si popolerà di
eventi dedicati al design. Se nel 2013 BDD
ha incentrato il focus sul ‘Fare Artigianale e
Pensare Industriale’, nel 2014 propone il tema
‘Be District: creare connessioni e comunicare innovazione’. “L’obiettivo – secondo le
parole di Paolo Casati, ideatore del progetto
BDD – è dare spunti attuativi alle aziende,
essere distretto significa innanzitutto creare
connessioni”. Già 70 gli eventi confermati, nel
2013 furono 96 con un’affluenza di 130mila
persone. La manifestazione ha il patrocinio
del Comune di Milano. “Il BDD è un’operazione di marketing territoriale atta al rilancio
commerciale dell’area - prosegue Casati - è
un luogo dove nascono le tendenze grazie
all’intreccio tra arte e moda con la più alta
densità di aziende di design”. Headquarter del
distretto sarà la Mediateca di Santa Teresa in
via della Moscova 28 che ospiterà gli incontri
“Lezioni di design”.
ultime novità presentate da
Flos nel settore architetturale.
Con il suo peculiare metodo
di lavoro, il fotografo ha realizzato sorprendenti composizioni astratte, allineando in
griglie geometricamente perfette elementi illuminanti e
materiali diversi dalle intense
cromie, come carta abrasiva,
marmo, legno, ottone e carta
colorata. Tre settimane di
lavoro a Stoccolma per creare
un catalogo dinamico lontano dal tradizionale ‘catalogo
tecnico’.
chAlhoub grouP
si AmPliA con l’home
Il Gruppo Chalhoub punta anche
al mondo del design e inaugura
TDesign, uno spazio poliedrico con
uno showroom dedicato alle limited
edition su misura, oggetti di design
di lusso e pezzi unici realizzati ad
hoc, ma anche un luogo d’incontro
e di confronto per i clienti di tutto il
mondo, designer, architetti e insider
del settore lifestyle, situato sotto il
celebre grattacielo Burj Khalifa, sulla
famosa via Sheikh Mohammed
Bin Rashid Boulevard, nel centro
di Dubai. “TDesign è nato per
mostrare e far vivere un’esperienza
senza precedenti nel campo del
design d’interni”, ha detto Patrick
Chalhoub, Co-CEO del Gruppo
Chalhoub.
13 marzo 2014 pambianco magazine 93
giro poltrone
AmAzon nominA un
direttore creAtiVo
Amazon ha nominato Juliet
Warkentin direttore creativo e brand
director della divisione fashion per
l’Europa. La manager, co-fondatrice
dell’e-shop Stylistpick, è stata scelta
per aumentare la credibilità del
gigante americano come retailer
di moda. Il ruolo, infatti, è stato
inaugurato proprio con la nomina
di Warkentin e mette in luce le
ambizioni dell’e-tailer britannico nel
segmento del fashion. Warkentin
riporterà al vicepresidente di
Amazon Fashion Europa,
Sergio Bucher.
Juliet warkentin
rAlPh lAuren, hermAnn
A cAPo del lusso
Ralph Lauren cambia la governance
della divisione lusso del suo impero
da 7 miliardi di dollari. Il gruppo
ha creato la nuova posizione di
presidente di Ralph Lauren Luxury
Collections. A ricoprire questo ruolo
è stata chiamata Valérie Hermann,
già presidente e CEO di Reed
Krakoff. La Hermann, a partire
dal prossimo 7 aprile, riporterà
direttamente allo stesso Lauren,
presidente e CEO di Ralph Lauren
Corp. “Lei sarà la presidente e si
occuperà di tutto ciò che ha a che
fare con il lusso”, ha detto Lauren
alla stampa internazionale.
Precedentemente la Hermann ha
ricoperto il ruolo di CEO di Yves
Saint Laurent a Parigi, ancora prima
aveva lavorato in Lvmh come
presidente della John Galliano e
direttore del ready-to-wear
donna di Dior.
94 pambianco magazine 13 marzo 2014
uel cAmilo e nAVArrA,
unA mAnAger Per due
U
el Camilo, marchio fondato nel 2012 dall’omonimo giovane stilista brasiliano, ha nominato Paola Emilia
Monachesidirettore commerciale
e marketing. La Monachesi ha
collaborato tra gli altri con Emilio
Pucci, Mila Schoen e Versace ed
è già general manager di Gaetano
Navarra. Ora ricopre quindi due
ruoli contemporaneamente, in
un’operazione definita nella nota
stampa Uel Camilo “co-branding
commerciale wholesale per la
prima volta in Italia”. Per la prima
volta, in effetti, due marchi si
spartiscono la stessa rete vendita (oltre alla Monachesi il team
commerciale si compone di un
sales manager e tre area manager
per i mercati russo, mediorientale
ed europeo) che, secondo quanto
fa sapere il marchio, “lavora per la
stessa fascia di mercato, ma per
un consumatore finale diverso”.
A fine gennaio è stato altresì
inaugurato un nuovo showroom commerciale (anch’esso in
comune) di 300 mq a Milano,
in via del Vecchio Politecnico 5,
dedicato alle campagne vendite
ed eventi speciali. L’headquarter
creativo e l’atelier Uel Camilo
rimarranno però in Passaggio
degli Osii, nello spazio aperto a
settembre.
herz AllA
creAtiVità
di dVf
Diane Von
Furstenberg ha scelto
Michael Herz come
direttore artistico
della sua griffe. Herz,
ex direttore creativo
di Bally in coppia
con Graeme Fidler,
arriva dopo più di
un anno dall’uscita
di Yvan Mispelaere
(passato a Roberto
Cavalli). Il nuovo
stilista coordinerà
la promozione, la
direzione e il design
del brand oltre a
supervisionare
tutte le collezioni
di abbigliamento
e accessori, le
licenze, le campagne
pubblicitarie, il
concept dei negozi e
gli special project.
paola emilia Monachesi
cascianini a HeLen marLen group
riccardo cascianini
Riccardo Cascianini lascia il gruppo Weda,
uno dei più importanti distributori in Russia,
per intraprendere un nuovo percorso all’interno del gruppo ucraino Helen Marlen Group,
uno dei tre principali retailer nel Paese.
All’interno della realtà ucraina, Cascianini
è stato chiamato in qualità di responsabile
sviluppo, commerciale e retail con l’obiettivo,
si legge nella nota ufficiale, di “implementare
con successo la nostra strategia, che si concentra sulla riorganizzazione, sullo sviluppo e sul
rafforzamento delle nostre collaborazioni”.
graeme bLack Disegna Les copains
Les Copains ha nominato Graeme Black
nuovo direttore creativo, a partire dalla collezione A/I, che ha sfilato a Milano il 21 febbraio. Il contratto con lo stilista è stato firmato
per due anni. Black ha iniziato la sua carriera
nel primi anni Novanta, lavorando per John
Galliano e Zandra Rhodes. Si è poi trasferito
da Giorgio Armani, progettando la collezione Black Label. Nel 2005 ha lanciato la sua
etichetta, che oggi ha interrotto. Ha anche
lavorato per la collezione Boss donna. Black
oggi continuerà a essere direttore creativo del
marchio di lusso cinese Erdos 1436.
graeme Black
Wine Lovers
i vigneti circondano Abbazia di novacella, la più settentrionale delle
aziende italiane del vino. A lato, l’Ad urban von Klebelsberg
Abbazia di Novacella, i vini
del convento conquistano gli Usa
C
he Abbazia di Novacella sia una realtà unica tra le aziende italiane del vino
lo testimonia la figura del suo legale rappresentante: si tratta, a tutti gli effetti, di
un abate. È la più antica tra le cantine dello Stivale, essendo stata fondata nel 1142.
La più settentrionale, perché oltre Bressanone non esistono produttori significativi,
e tra quelle con i terreni vitati posti alla maggior altitudine, fino ai 900 metri nella
particolarissima conca della Valle Isarco, protetta dalle correnti fredde, dove l’uva può
maturare anche al di sopra dei canonici 650-700 metri. È un know how enologico secolare quello
acquisito dai monaci agostiniani che operano all’interno dell’abbazia, dove producono il vino da
quasi novecento anni, ottenendo successi e riconoscimenti anche dalle maggiori guide del settore:
tre bicchieri del Gambero Rosso al Praepositus Sylvaner 2011, cinque grappoli Bibenda al Riesling
2010 e premio rapporto qualità/prezzo de L’Espresso al Vertliner 2011. L’eccellenza del loro lavoro
passa attraverso l’attenzione per l’ambiente e la sostenibilità. “Siamo stati i primi in Alto Adige a
creare, nel 1992, una centrale interna a biomasse con teleriscaldamento”, racconta l’AD Urban von
Klebelsberg, “che alimentiamo con i residuati del legname da taglio. Questo ed altri investimenti
hanno reso l’abbazia CO2 free e ci hanno permesso di eliminare un consumo di gasolio che alla
fine degli anni ‘80, pur tra mille accortezze, già superava i 350 mila litri”.
Abbazia di Novacella produce annualmente 750 mila bottiglie. La vendita diretta, potendo contare
su un formidabile patrimonio di 50 mila visitatori l’anno, garantisce circa il 15% del venduto, a cui
si aggiungono un 10% di mercato locale (provincia di Bolzano) e un 50% di nazionale. Aumenta
intanto l’export, con gli Usa principale destinazione grazie alla presenza negli States di un’agenzia
direttamente controllata, e a seguire Austria e Svizzera. In crescita Australia, Paesi scandinavi,
Gran Bretagna e perfino l’Ucraina, dove sta entrando con un prodotto veramente di nicchia: il
vino da Messa, di cui produce tremila bottiglie destinate esclusivamente alle parrocchie e a prezzo
calmierato. Un altro mercato “estero” nel quale Novacella gode di ottime entrature è chiaramente
il Vaticano... “Ma siamo presenti in quaranta Paesi del mondo, comprese le Maldive” sottolinea
von Klebelsberg. Il vino sostiene l’abbazia, poiché con gli introiti della vendita si coprono le non
poche spese di una struttura enorme (“Abbiamo due ettari di tetto” precisa l’AD) più quelle
derivanti dall’attività educativa. Tra le sfide, ottenere una vendemmia tardiva di Kerner, varietà
particolarmente resistente al clima invernale. “Finora le piogge autunnali ci hanno impedito di
raggiungere la qualità che ci siamo posti come obiettivo, ma non demordiamo”.
di Andrea Guolo
Praepositus Kerner,
il vino delle nevi
I bianchi dell’Abbazia di Novacella
provengono da terreni coltivati in
Valle Isarco, mentre le varietà dei rossi
prosperano più a sud, nella zona di
Appiano. Tra i bianchi, l’Abbazia è
conosciuta particolarmente per Sylvaner
e Riesling, tuttavia sta compiendo
un lavoro “certosino” per diffondere e
valorizzare un vitigno, il Kerner, ricavato
da un incrocio tra Schiava e Riesling,
particolarmente resistente al gelo. Il
risultato è un Praepositus Kerner di cui
sta uscendo in queste settimane l’annata
2013: vendemmia a inizio ottobre,
gradazione di oltre 14 gradi, è considerato
dal produttore “un Valle Isarco da
manuale” per mineralità ed eleganza, con
un potenziale di invecchiamento di trequattro anni. Il 2012 profuma di agrumi,
mela verde e pesca gialla, in bocca è
sapido e succoso con finale rinfrescante.
In vendita all’Abbazia a 10,2 euro.
13 marzo 2014 pambianco magazine 95
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96 pambianco magazine 13 marzo 2014
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13 marzo 2014 pambianco magazine 97
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