Dicembre 2014 - Belluno Magazine

Sommario
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Bellun
a tutti!
Buone Feste
Il periodico gratuito di informazione
ed attualità delle Dolomiti
Dicembre 2014
Anno V n. 23 - Editrice Media Belluno srl
Autorizzazione Tribunale di Belluno
n. 691/2009 del 26/08/09 Iscrizione al R.O.C.
Registro Operatori della Comunicazione n. 21851
05 Editoriale Cavarnere
06 Gelato Il gelatiere, la famiglia, il territorio
08 Alpago Tutti pazzi per l’Alpago
10 Speciale Sport “Crederci sempre e non arrendersi mai”
12 Speciale Sport Corsa in montagna
Direttore responsabile
Andrea Ferrazzi
In redazione
Chiara Reolon
Direzione e amministrazione
Via Monte Grappa, 346 - 32100 Belluno
Editore
Media Belluno srl
Stampa
Tipografia Marca Print - Treviso
Concept ed impaginazione
Intermedia - Ponte nelle Alpi (BL)
Contatti
Tel. 347 6773331
[email protected] - www.bellunomagazine.it
13 Speciale Sport Gli amici delle “Zurle”
15 Musica Ernesto Bellus, cinquant’anni per la musica
16 Salute Via Cavour, la via del benessere
17 Cosmo Missione Rosetta: un grande successo europeo (e italiano)
19 Montagna I rifugi di montagna italiani si mettono in rete,
20 Prospettive Comeliane Una montagna surreale
21 Gioielli Gioielleria Scapin
22 Avventure Dall’oceano Atlantico all’Alaska
24 Moda Patrick Saumade Creation
25 Assicurazioni Parliamo di... polizze assicurative “Casa e Famiglia”
Hanno collaborato a questo numero:
28 Piante Spontanee Il porcino nero per una zuppa appetitosa
29 Storia Marlene e Leni, donne In antitesi
Dario Olivier, Stefania Mafalda, Ilario Tancon, Mauro De
Benedet, Nicola Zardini, Fabrizio Tranquillo, Gabriele Vanin,
Andrea Ferrazzi, Lara Zandonella Piton, Alberto Dalla Corte,
Chiara Reolon, Roberto Dal Pan, Ettore Saronide, Daniele
Tormen, Barbara Meletto, Tomaso Pettazzi, Martina Baracetti, Massimo Della Giustina, Monica Sponga, Franco Cadore,
Eleonora d’Incà, Vasie Naidoo Vincenzo Della Vecchia,
Francesca Busetti, Francesca Casali, Ilaria Della Giustina,
Emanuela Saronide, Enrico Valmassoi, Mago Yami
30 Arte Egon Schiele: l’autoritratto come forma di analisi
Immaginew di copertina:
Foto e Grafica by Creative Menu
36 Salute e benessere Cibi alcalinizzanti ed emozioni armoniche
32 Il Territorio Specificità linguistica Bellunese
33 Belluno Donna Dolomiti Fitness Marathon
34 Giornalista per un giorno Il Senato Veneto per la fortezza di
Serravalle: dall’acquisizione veneziana al 1504
35 Appuntamenti A trichiana una nuova rassegna: “libri sotto l’albero”
37 Organizzazione Efficienza Organizzativa
39 Filosofia Sartre e l’esistenzialismo
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Oppure invia una mail a [email protected]
Per segnalazioni, consigli ed informazioni
scrivi a [email protected]
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www.bellunomagazine.it
è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi
mezzo, dei testi e materiali presenti nel magazine.
© Belluno Magazine
40 English? Yes, please! Autumn in the Dolomites
41 Poesia Istante
42 Biodiversità Più vino o più fagioli?
43 Turismo Renzo Minella: al lavoro per gettare le basi di progetti
futuri a migliorare l’offerta turistica nel bellunese
44 Libri per bambini La Profezia dei Draghi Viverna
45 Infanzia La Casa delle Mamme
46 Trasporti Stazione di Belluno
47 Cucito Torna l’arte del cucito al tempo della crisi
50 Oroscopo Dicembre 2014
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Editoriale
Cavarnere, 450 persone
all’iniziativa della Pro Loco di Trichiana
di Andrea Ferrazzi
M
etti una passeggiata tra prati e boschi sotto un cielo stellato.
Aggiungi panorami suggestivi, profumi, piatti tipici come polenta e formaggio o minestrone, e una spolverata di storie allegre o paurose, raccontate o recitate. Otterrete così la ricetta magica di “Cavarnere, voci e silenzi dei boschi”, la manifestazione organizzata dalla Pro
Loco di Trichiana, in collaborazione con il Comune e il gruppo spontaneo
Nate, che sabato primo novembre ha richiamato nella piccola frazione
450 persone, entusiaste di quest’esperienza davvero suggestiva. Bambini,
adulti e anziani, attrezzati di pile, racchette e zainetti, per una camminata di
circa cinque chilometri davvero insolita. Si parte dalla casera degli Alpini,
un gruppo alle 17,30, l’altro mezz’ora più tardi. Un tratto di strada asfaltata, che subito diventa sterrata e sassosa. Su in salita, sino a sentire una
musica che evoca atmosfere sinistre. Si arriva a una chiesetta e lì, nel prato,
è stato “allestito” un cimitero, con croci di legno e casse da morto ancora
aperte: dentro i corpi che si rivoltano e vorrebbero uscire, nel vedere quel
che resta dopo la loro scomparsa. Figli scapestrati o vedove allegre che
strappano un sorriso e un applauso. Poi via, ancora prati, sentieri e boschi,
tutto perfettamente preparato. Poco dopo, la musica di un flauto traverso
accompagna la lettura due favole. Si procede ancora, sempre in salita, nel
buio appena rischiarato dalla luna. Si arriva così a un gruppetto di case,
dove si mangia, accompagnati da canzonette della tradizione. La tappa successiva è la più suggestiva. E’ il luogo chiamato Cavarnere. Antichi faggi
formano un teatro naturale: lì si assiste allo spettacolo di due attori, che
strappano applausi e risate.
Pochi passi, un thé caldo e poi si scende. Nell’ultima tappa l’archeologo Eugenio Padovan illustra i segreti della famosa chiave dell’VIII secolo
avanti Cristo ritrovata proprio a Trichiana e racconta dei popoli antichi
che hanno frequentato questi luoghi. Si torna così alla casera degli Alpini
di Nate, non prima di aver assaggiato un buon piatto di minestrone caldo.
All’arrivo ad attendere i partecipanti a questa manifestazione ci sono dolci,
castagne e vin brulé. La soddisfazione generale è il riconoscimento più
grande per un’organizzazione praticamente perfetta. L’appuntamento, si
spera, è per il prossimo anno.
5
Gelato
di Dario Olivier
Il gelatiere,
la famiglia,
il territorio
N
ella storia bellunese riguardante gli ultimi 100 anni, una figura sicuramente
presente è quella del gelatiere.
Verso la fine del 1800, alcune famiglie del Cadore e dello Zoldano iniziarono ad interessarsi
a questa professione principalmente in Italia e
nell’ allora Impero Austro-Ungarico.
In particolare, Vienna accolse in gran numero
questi nostri conterranei che ben presto passarono da un commercio ambulante all’apertura
di botteghe dover poter gustare un dolce-freddo innovativo e molto gradevole.
Tra le due guerre ci fu uno sconfinamento verso
Germania e Olanda che, avendo un sistema di
libero commercio, permettevano ai non nativi di
intraprendere attività commerciali di vario tipo.
Dopo la seconda guerra mondiale, si ebbe un
esodo massiccio soprattutto verso la Germania che, distrutta dalla guerra e con necessità di
manodopera reclutava forza lavoro in Italia da
inserire nel processo produttivo di una nazione
da ricostruire.
Il gelatiere bellunese andava in Germania
per mettersi in proprio, così da avere un lavoro
sicuro per sè e per la propria famiglia.
Solitamente si veniva assunti da un familiare
che, per qualche anno, aiutava il novello gelatiere nell’avviare la professione mediante la ricerca
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Gelato
Raggiunto il sogno di una propria attività, tutta la famiglia, dalla
moglie ai figli, in alcuni casi anche i genitori, aveva la possibilità di
poter lavorare ed esprimersi come artigiani gelatieri.
In contemporanea, mentre l’italiano scopriva la Germania come
luogo di lavoro, il tedesco si avvicinava all’Italia come luogo di villeggiatura.
Le gelaterie, presenti in maniera capillare sia nelle grandi città sia
nei piccoli centri, avevano, oltre all’ immagine pulita e laboriosa che
i nostri nonni o padri si erano costruiti, un’importante funzione
sociale e comunicativa tra il popolo italiano e quello tedesco.
Tra gli emigranti italiani arrivati in Germania si era sparsa la voce
che in qualsiasi città o paese tedesco, in prossimità della stazione,
sicuramente un’insegna con la parola Venezia, Dolomiti o Rialto, indicava la presenza di connazionali disponibili a dare le prime
informazioni, concedere una telefonata al paese di origine per rassicurare i parenti, fornire un piatto di minestra calda ed un letto per
le prime ore.
Dopo un periodo di ambientamento, anche il connazionale era raggiunto dalla famiglia che veniva assimilata nel tessuto sociale tedesco
fino a raggiungere la piena integrazione.
In contemporanea, il cliente della gelateria cercava di rivivere i momenti passati nelle spiagge venete e nei luoghi dolomitici di Cortina,
Auronzo, San Vito e Alleghe, con timidi approcci alla lingua italiana,
traduzioni di scritti provenienti dall’Italia, lettere da scrivere in italiano dirette in Italia e racconti di esperienze vissute.
Considerato che mia mamma parlava e scriveva bene il tedesco, la
nostra gelateria svolgeva in modo
particolare questa funzione di collegamento.
Si era creata una rete spontanea
di collegamento tra le gelaterie
e l’Italia e tutto il popolo tedesco
sapeva che i gelatieri venivano da
un territorio situato tra Cortina e
Venezia, dandoci un’identità geografica ben precisa.
Identità che, per un’evoluzione
naturale del mestiere e con l’interessamento di colleghi di altre nazionalità verso la gelateria, stiamo
lentamente perdendo a favore di gelatieri che con la nostra storia ed
il nostro territorio hanno ben poco se non niente in comune.
Addirittura usano come modo di proporsi la nostra bandiera, la nostra lingua, i nostri modi di fare.
Contrariamente a quanto si possa pensare, vivendo in Paesi senza confini e con politiche economiche comuni, abbiamo oggettive difficoltà
a cercare di risolvere questi problemi di approprio di identità.
Il gelatiere bellunese o veneto, deve poter raccontare la propria storia e il territorio da cui proviene. Come tali, stiamo lavorando ad
un progetto molto ambizioso che unisce tutte le singole realtà
mediante un sistema di comunicazione visiva.
I vari scopi del progetto prevedono una presentazione di ogni singolo punto vendita con spiegazione del prodotto-gelato unito alla
promozione del territorio di provenienza che, oltre all’eccellenza del
gelato artigianale propone molte altre specialità sia eno-gastronomiche sia turistiche.
La Regine Veneto nelle persone del governatore Luca Zaia e dell’assessore alla promozione del Veneto Marino Finozzi, ha espresso
entusiasmo per questa iniziativa e vede concrete possibilità di crescita comune.
Con la convinzione che il gelatiere possa aiutare molte famiglie bellunesi ad avere una vita decorosa ed in contemporanea promuovere
il nostro territorio con le tante eccellenze, iniziamo questa avventura
augurandoci un proficuo lavoro di sinergie comuni, così da ricreare
un’identità consolidata da valori sempre condivisi.
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Alpago
di Stefania Mafalda
Tutti pazzi per l’Alpago
L
a sua storia, le sue bellezze naturali, le gustose ricette e le attrazioni paesaggistiche di questa area turistica del bellunese lasciano
incantati turisti e Big della televisione. Un fenomeno mediatico
e una passione per Syusy Blady e Patrizio Roversi che come “Turisti per
caso” hanno prodotto nel 2011 e mandato in onda in Rai una puntata interamente dedicata ai principali incanti dell’Alpago. Sono tanti, non comuni
e tali da rendere questo posto unico e caratteristico. Da scoprire con attenzione e curiosità. Per citarne qualcuno è doveroso ricordare il centro ittiogenico a Baia delle Sirene sul lago di Santa Croce dove si effettua da anni
la spremitura delle uova di coregone per il ripopolamento del lago. E poi il
museo Casa dell'Alchimista con le decorazioni della facciata che mostrano nessi evidenti con il simbolismo alchemico cinquecentesco. Lo hanno
evidenziato alcuni studi commissionati dalla Soprintendenza nel corso dei
lavori di restauro in collaborazione con esperti nel campo dell'alchimia e
della filosofia rinascimentale.Tutto sulla base di un progetto culturale che
implica una specifica ricerca storica sulla presenza degli alchimisti nel contesto veneto e locale. Non solo scienza e cultura; in Alpago si mangia bene
e può confermarlo Massimiliano Ossini, conduttore del programma Rai
Uno “Linea Bianca” in onda a dicembre ed ex conduttore di Linea Verde,
che nel 2009 ha mandato in onda nel suo programma Rai la ricetta dello
chef Renzo Dal Farra della nota Locanda di San Lorenzo a Puos d’Alpago. Un gustoso Cosciotto dell’agnello dell’alpago accompagnato da un
buon Merlot del Piave. Si, proprio lui l’agnello dell’Alpago dalle carni
tenere e delicatamente saporite divenuto presidio Slow Food. Tradizione
culinaria ma anche alta cucina italiana con il giovane chef alpagota una
stella Michelin Riccardo De Prà, membro dei JRE – Giovani Ristoratori
d’Europa – la prestigiosa associazione che riunisce i migliori e i più giovani
rappresentanti dell'alta gastronomia. Orgoglio dell’Alpago e già figlio d’arte, il papà Enzo del ristorante Dolada a Plois ha ottenuto la stella Michelin
più antica d’Italia. Riccardo è stato artefice, inoltre, del recente banchetto
di nozze di George Clooney e Amal a Venezia. La passione per la terra
dell’Alpago continua dunque e il segreto del successo non è un segreto ma
un dato di fatto e un’avventura tutta da vivere.
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9
SPECIALE SPORT
di Nicola Zardini Folòin
“Crederci sempre e non arrendersi mai”
L’annata nera di un Ironman d’Ampezzo
P
ratico il triathlon medio e lungo nell’ormai noto “ironman” che prevede 1,8 km
di nuoto, 90 km di bicicletta e 21 km
di corsa nella migliore delle ipotesi, il doppio
nella distanza lunga quella che da nome al circuito più famoso del mondo. Se si hanno obiettivi ambiziosi, questa disciplina impone volumi
immensi di allenamento, anche per un amatore,
che spesso spaventano solo a leggerli ma che diventano presto la norma quotidiana.
Sicuramente non ci si annoia, passando dall’acqua ai pedali, dai sentieri alla palestra in un alternarsi continuo di sensazioni, tecniche, sforzi e
allenamenti differenti.
Uno sport completo, esaltante e straordinario
per soddisfazione ed emozioni ma dove purtroppo il traguardo non è sempre così scontato ed è uno dei motivi che fanno di queste gare
qualcosa di epico, affascinante e indimenticabile.
Trattandosi di sport di resistenza, di
endurance, piccoli errori provocano
crisi profonde, sfinimento, disidratazione e problemi muscolari sono
sempre in agguato, così come guasti
tecnici, incidenti e infortuni considerando che le performance possono
durare dalle 5 alle 10 ore, partendo
in oceani burrascosi, lungo 180 km di
solitaria bicicletta per terminare con
maratone apocalittiche.
Senza dimenticare la questione
“mentale” che è la vera chiave di volta di questo sport, lì dove tutto confluisce e si risolve, quella che ti porta
alla fine o ti fa mollare tutto a soli pochi metri dal traguardo.
Non bastano quindi due o tre allenamenti al giorno per addomesticare i
muscoli, 25/30 ore settimanali correndo da una all’altra disciplina, tra la
piscina di Belluno, i passi dolomitici e le strade e i sentieri di casa per un
migliaio e mezzo di km al mese, ma bisogna allenare la testa e i pensieri,
con motivazione, positività e coraggio. Questi in definitiva sono gli ingredienti della perseveranza sportiva, fatta di piccoli passi quotidiani per un
obbiettivo decisamente a lunga distanza.
Purtroppo tutto questo comincia a vacillare e infrangersi quando
le cose iniziano a girare storto, perché finché tutto va bene, e non
intendo vincere, ma nel procedere, il gioco è relativamente facile.
Ecco quindi il mio 2014, un susseguirsi di “incidenti” da mettere
in difficoltà persino la Miracolosa Madonna della Difesa, venerata
protettrice di noi Ampezzani, e di così tante “sfortune” da garantirsi l’inferno per il resto dei Santi chiamati in causa.
Malattie, infortuni, guasti meccanici, incidenti, meteo avverso,
bronchiti, forature il tutto prima, durante e dopo, senza limiti di
sorta né pietà, in un circolo vizioso della iella, inseguito in ogni
continente dall’Oceania all’Asia, dalla Nuova Zelanda ai confini
del Canada, dagli Abruzzi alle foreste teutoniche, così come nel
profondo sud degli Stati Uniti, nel bollente Messico, lungo le foreste Caraibiche … il tutto senza parlare di quello che ci si trovava
in casa, nel bellunese, e che tutti abbiamo vissuto, di freddo e di acqua
senza fine, senza speranza, come si direbbe nel triathlon “senza soluzione
di continuità”…ovvero senza tregua!
In quest’annata non si contano le volte che avrei voluto buttare tutto al
fiume, vendere bicicletta e muta da nuoto, cestinare scarpette da corsa e
smetterla con tutte queste fatiche e probabilmente lo avrei fatto se non
fosse stato per il motto del mio coach: “credici sempre e non arren-
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SPECIALE SPORT
derti mai” ripetuto alla nausea ad ogni piè sospinto, ad
ogni partenza, in ogni avversità ad ogni incontro a caratteri cubitali in ogni tabella di allenamento e mail.
Parliamoci chiaro, non sono per l”eroismo sportivo”,
non ci credo più e non ci ho nemmeno più l’età, ci morirei prima! Non sono per il fine ad ogni costo, anzi, credo
ci voglia una dignità anche nel traguardo e questa non
prevede la soluzione di “strisciare” come gesto atletico
estremo.
Questa frase è diventata piuttosto un “mantra” che non
fa altro che ricordarmi perseveranza e disciplina, cuore e
volontà ma anche vicinanza e appartenenza ad un club,
ad un gruppo di atleti, di amici, di sportivi, lo sguardo attento di un allenatore. Una formula magica che non ti fa dimenticare tutto quello che si è attraversato,
percorso, nuotato per arrivare a gareggiare in uno degli sport più straordinari e duri del mondo.
Ed è così che all’ultima gara dell’anno, proprio quella con cui pensavo avrei chiuso con tutte queste
fatiche improbe, ecco che a Taiwan nella distanza ironman 70.3, un ottavo posto mi aggiudica (per la
seconda volta negli ultimi 3 anni) la qualifica alla finale Mondiale, rimettendo tutto in gioco, rilanciandomi verso un radioso 2015 di nuove competizioni, traguardi e ahimè, sforzi!
Quindi grazie Alberto, mio coach, mio capitano! Hai proprio ragione: “crederci sempre e non arrendersi mai” e alla fine, la ruota gira e si vince anche la propria gara, grazie e grazie ancora…ma ora,
dimmi, cosa gli racconto all’acquirente di bici, muta e attrezzatura varia che mi aveva già versato la
caparra?
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Corsa in montagna
di Ilario Tancon
S
pesso lo sport è elemento identificativo di un territorio, espressione della tradizione, della cultura e della
passione degli abitanti di quello stesso territorio.
Un esempio significativo è dato dalla provincia di belluno relativamente alla corsa in montagna.
Quella che cominciò, a partire dal secondo dopoguerra (ma
ci furono delle esperienze pioneristiche anche dopo il primo conflitto mondiale), come “marcia in montagna”, tra
le dolomiti bellunesi
ha radici profonde:
qui, fin dagli esordi,
il movimento ha trovato uno
degli ambiti di riferimento,
sia a livello organizzativo sia
per quanto riguarda l’aspetto
agonistico. Fin dagli anni ’50
e ’60 la provincia di Belluno
ha dato un contributo fondamentale al settore: in uomini,
idee, progettualità, organizzazione. Dirigenti come Bruno Contiero,
Renzo Mattei, Alfredo Giotto restano pietre miliari e riferimenti perenni.
Poi gli alpini. La Brigata Cadore è stata, senza ombra di dubbio,
l’organizzazione alpina in armi più propositiva e attiva nel settore a
livello italiano. Tre nomi per tutti da ricordare: il mitico colonnello
Gianni Pilla e gli ultimi due comandanti della squadra agonistica, i
colonnelli Battista Piccolin e Luciano Costa. Gli alpini hanno caratterizzato, con la loro partecipazione, tutte le manifestazioni locali e
nazionali. Ma vale al pena sottolineare come siano stati protagonisti
anche all’estero. Negli anni settanta, ad esempio, la Brigata Cadore
partecipò all’incontro internazionale in medio oriente schierando
Carlo Rossi, Celestino Viel ed un certo Ivo Andrich colui che, poi,
diventerà l’emblema della corsa in montagna bellunese fino ai giorni
nostri.
A proposito di emblemi e simboli, non si
può non citare Dino Tadello, talento allo
stato puro che nel 1988, sulle colline britanniche di Keswick, si vestì dell’iride. E
poi, solo per fare qualche nome, Luigino
Bortoluzzi, Maurilio de Zolt, Giulio Pavei,
Gabriele de Nard (campione del mondo
juniores in francia, a gap, nel 1993). Ancora, Marco Agaiardo, l’agordino che per due
volte si è laureato campione europeo ne-
gli anni duemila. A livello
femminile, l’albo d’oro del
campionato italiano donne
nel 1980 a Bressanone fu
inaugurato da Agnese Possamai, la lentiaiese che poi
scrisse pagine importanti
del mezzofondo azzurro.
Attualmente, la tradizione
è portata avanti da Luca Cagnati, atleta agordino diventato in questi
ultimissimi anni uno dei punti di riferimento della nazionale italiana.
Ma ci sono anche i ragazzi del GS Guantin, della polisportiva Caprioli, dell’Atletica Dolomiti.
E poi importanti eventi promozionali come, per fare gli esempi più
importanti, la Transcivetta ad Alleghe e la Camignada poi siè refuge
ad Auronzo. E, ancora, l’emergente mondo trail. Tutti eventi che hanno raccolto l’eredità di eventi che, per mezzo secolo, hanno animato
vallate e paesi: dal Comelico al Cadore, dall’Agordino (con Taibon che
fu una delle culle italiane della corsa in montagna tra gli anni cinquanta
e sessanta) al Nevegal o alla Val Canzoi.
Un patrimonio importante, fatto di uomini, eventi, saperi. Un
patrimonio sportivo, di passione, di cultura. Un patrimonio che meriterebbe di essere valorizzato al meglio e, per usare un’espressione abusata ma comunque efficace, “messo in rete” perché può diventare
anche un importante fattore nel contribuire a far vivere la montagna.
1) ATLETE DELLA DOLOMITI
VINCITICI CAMPIONATO ITALIANO 2O13 CORSA IN MONTAGNA
2) GIULIO PAVEI, ATLETA E PROMOTORE DELLA CORSA
IN MONTAGNA IN PROVINCIA DI BELLUNO
3-4-5) STAFFETTE DELLA - ALDO MORO PALUZZA E DELLE
FIAMME ORO, PROTAGONISTi DI SPICCO NELLE CORSA
IN MONTAGNA NEGLI ANNI ‘70
Foto di GIULIO PAVEI
Gli amici delle “Zurle”
é
la “zurla” il simbolo che ci contraddistingue. Il simpatico
“Gracchio Alpino” è stato scelto come nostra mascotte perché ci è vicino nei momenti di riposo che rappresentano la fine
della salita ed il momento di studio per l’agognata discesa; in quei ristori
le briciole della barretta o del panino inducono il simpatico pennuto ad
una notevole confidenza con lo sci-alpinista. E’ uno dei momenti in cui
lo sci-alpinismo diventa intimità con la montagna, che nella sua veste
invernale o primaverile offre scorci sempre nuovi, perché, se qualcosa
si può dire della neve, è che non è
mai eguale alla volta precedente.
Lo stemma “zurla” lo indossiamo
con orgoglio in quanto rappresenta tutta l’esperienza di esperti
della pratica dello sci-alpinismo,
che portiamo nella nostra attività
volontaristica (ma semi professionale) di avvicinamento ad una
disciplina che è diventata di moda,
ma senza che la massa comprenda
gli infiniti confini che questa permette. La nostra “mission” è proprio questa, esaltare le possibilità
offerte dallo sci-alpinismo, con un
approccio di massima conoscenza e quindi sicurezza, nei confronti dei
comunque presenti pericoli della montagna invernale.
La parte sci-alpinistica della “SCUOLA BELLUNESE DI ALPINISMO E SCI ALPINISMO” del CAI Belluno non è certo nuova
in questo impegno, è infatti
SPECIALE SPORT
di Mauro De Benedet
nata nel 1977 e da allora ha regolarmente
svolto corsi di avvicinamento e di perfezionamento allo sci-alpinismo, potendone vantare fino ad oggi 53; quest’anno abbiamo
quindi in programmazione il 54°, si tratta di un corso “base” (sigla CAI
SA1), quindi adatto al primo avvicinamento alla disciplina, cui seguirà il
55°, corso invece dedicato a chi, disponendo della adeguata preparazione di base data dall’SA1, intende entrare nel mondo dello sci alpinismo
con la A maiuscola (sigla CAI SA2).
Con il corso SA1 si apprendono i fondamentali della disciplina, particolare attenzione viene data all’apprendimento della tecnica, che permette
un sicuro e poco faticoso movimento in salita e discesa, ma la massima
preparazione è data alla conoscenza dei pericoli, con particolare cura a
quelli determinati dal possibile paventarsi del pericolo valanghe, il tutto
comunque condito dal pieno godimento di quanto la montagna invernale offre. Il corso SA2 propone invece l’avvicinamento alla massima
tecnica sci-alpinistica, che, per definizione, trova piena applicazione in
ambienti glaciali di alta montagna o in quelle escursioni dove gli sci, dai
piedi, vengono momentaneamente trasferiti allo zaino, passando all’uso
di ramponi, piccozza… etc.
Chi vorrà partecipare troverà un organico istruttori di prima qualità,
ampiamente collaudato, preparato ed aggiornato, oltre che formato nei
vari livelli previsti dal CAI, i Nazionali (4) i regionali (9) ed i sezionali
(8). Per le informazioni invitiamo al sito www.caibelluno.it a alla mail
[email protected].
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viso e corpo • Epilazione con luce pulsata
Buone Feste!
13
U
n’importante festa provinciale della musica: lo sarà,
lunedì 5 gennaio 2015 (ore
21 al teatro Comunale di Belluno), il
tradizionale Gran Galà organizzato
da Accademia e Fisorchestra “G.
Rossini” di S. Giustina e condotto
da Michela Da Canal con intervento
di Carlo Cassol. Protagonisti in scena Ernesto Bellus e la fisarmonica:
il primo sarà festeggiato per 50 anni
spesi a promuovere gli studi musicali
in provincia di Belluno e a nobilitare
l’impiego proprio della fisarmonica.
Nel 1965 il M° Bellus fondò la
scuola a suo nome a S. Giustina e in
seguito avviò l’iniziativa formativa
di un complesso di musica d'insieme con repertorio classico-leggero.
Nel 1973 aprì una sede a Belluno con corsi per strumenti ignorati dal
Conservatorio - fisarmonica, chitarra (jazz, pop, rock, blues, folk ecc.),
batteria, basso elettrico, tastiera elettronica, mandolino e sassofono - e
programmi personalizzati che, per primi in provincia, consentivano agli
allievi di sostenere in loco esami annuali di fine corso.
Poi i primi successi: fra tutti quello di Ivano Battiston, vincitore nel 1978
del “Trofeo Mondiale C.M.A. di fisarmonica” a Pola (Croazia) e oggi titolare della cattedra di fisarmonica classica al Conservatorio di Firenze.
Dagli anni ’80 in poi la Fisorchestra “G. Rossini” si affermò in concorsi
nazionali e internazionali, comparve a “Uno Mattina” e al “Maurizio
Costanzo Show”, sì esibì in Piazza S. Pietro per Papa Giovanni Paolo
II, suonò spesso per i nostri emigranti in Europa e America, grazie
all’Associazione “Bellunesi nel mondo”.
Nel frattempo la
scuola si espanse in Alto Agordino,
Alpago,
Longaronese-Pontalpino,
Sinistra
Piave, Fonzaso, Segusino (TV), Fiera
di Primiero, Canal
S. Bovo e Castel
Tesino (TN), Ca-
Musica
Ernesto Bellus,
cinquant’anni per la musica
dore e Comelico. Nel 1995 si trasformò in Associazione senza
scopo di lucro con presidente il M°
Fulvio Zanin, direttore artistico lo
stesso M° Bellus e segretario il M°
Alberto Mambrini.
Degna di nota è l’organizzazione di
due eventi annuali:
• il “Gran Galà dell’Epifania”, con
la consegna del Premio “Una vita
per la musica” a chi ha lungamente
onorato la musica pur esercitando
altra professione: per l’edizione
2016 il premio andrà al giornalista
bellunese Dino Bridda;
• il “Festival della fisarmonica”, che,
pur lontano dai circuiti musicali internazionali, propone sempre artisti di altissimo livello.
In 50 anni l’attività del M° Bellus ha offerto una sana cultura musicale
a migliaia di giovani, che hanno potuto studiare nella propria provincia,
ed ha prodotto centinaia di diplomi di teoria e solfeggio, decine tra V e
VIII corso di strumento, una ventina
di diplomi di strumento al Conservatorio nelle cattedre di pianoforte,
organo, chitarra, fisarmonica, clarinetto, flauto, musica corale e direzione di coro.
La scuola privata è così riuscita a
cambiare la mentalità dei Conservatori dove da più di vent’anni si
insegnano fisarmonica, sax e musica
jazz, mentre finalmente in provincia
operano una decina di scuole medie
ed un liceo a indirizzo musicale.
15
Salute
di Fabrizio Tranquillo
Via Cavour,
la via del benessere
L
o scopo di questo articolo è parlare delle problematiche di
cute e capelli partendo da un punto di vista diverso cioè
la cute sana porta capelli sani. Ci tengo a sottolineare
l’importanza dei prodotti perché per molto tempo si sono cercate performance estetiche immediate mediante l’uso di siliconi e i
suoi derivati dal petrolio, apportando sì benefici immediati, ma non
risolvendo o attenuando problematiche a cute e capelli. Questa premessa mi serve per farvi capire che invece si sono create sinergie
di lavoro per migliorare la salute dei capelli partendo dal
terreno dove sono piantati cioè la cute. Sinergie anche di
collaborazioni, per esempio con la Dott.ssa Cristina Muratore, che gestisce una parafarmacia olistica per arrivare
a trattare le problematiche a 360°. Nello specifico i miei
trattamenti consistono nell’uso di prodotti naturali / vegetali certificati creando dei percorsi o cicli di 4/5 sedute
dove si tratta proprio la cute con olii essenziali piuttosto
che trattamenti vegetali atti a migliorare, trattare, lenire, le
problematiche cutanee che si presentano con lo scopo di
allenare, svegliare la cute a rimettersi in moto per continuare il lavoro da sola con un eventuale aiuto nostro ogni
tanto per controllare di non regredire, nello stesso tempo
non perdendo di vista lo stelo del capello che viene di
volta in volta ricostruito e rigenerato. Tutto questo parte
da una consulenza con l’ausilio di una microcamera che ci
permette di capire se si tratta di desquamazione, oppure
di un deposito di sebo (tramite un ottica a ultravioletti),
quindi ci porta ad agire in maniera mirata con un notevole risparmio
di tempo e di conseguenza di denaro. In conclusione lavorando in
questo modo arriviamo a seguire sia il cliente che si vuole dedicare
ai nostri trattamenti con dei cicli, oppure anche con micro trattamenti del momento per apportare un beneficio immediato , e la collaborazione con servizi esterni saranno sempre più concreti perché
riteniamo che così possiamo non far disperdere tempo ed energie
ai clienti.
dott.ssa Cristina Muratore
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Cosmo
di Gabriele Vanin
Missione Rosetta:
un grande successo europeo (e italiano)
I
l 6 agosto scorso, dopo dieci anni di viaggio, la sonda Rosetta dell’Agenzia Spaziale
Europea (ESA), composta da un orbiter
(un veicolo orbitale) e un lander (veicolo di
superficie) ha raggiunto la cometa Churyumov-Gerasimenko (C-G), mettendosi in orbita attorno ad essa. Già cinque comete sono
state finora visitate da sonde della NASA e
dell’ESA, ma finora nessuna si era messa in
orbita attorno ad uno di questi oggetti. Da ciò
si capisce quanto questa manovra sia difficoltosa, eppure è stata coronata da pieno successo. Non solo, ma l’orbiter
seguirà la cometa per circa un anno, monitorandone il comportamento man mano che essa si avvicinerà al Sole. Finora era stato possibile
gettare soltanto alcune occhiate fugaci a nuclei cometari, o in piena
attività o inerti. Questa volta invece si potrà investigare, e con una
risoluzione senza precedenti, come una palla di neve sporca di appena
3 km di diametro, la cui forma ricorda un vecchio scarpone, sotto
l’azione solare si sveglierà e, sublimando i ghiacci superficiali, comincerà a formare una chioma larga migliaia di km e una coda lunga
centinaia di migliaia di km. Le immagini che la sonda ha già raccolto
hanno una risoluzione sbalorditiva,
tanto da distinguere sul nucleo dei
massi larghi appena alcuni centimetri ed è presumibile che le prossime
assomiglieranno molto a quelle viste
solo in film di fantascienza come
Deep Impact e Armageddon, dove fontane eruttive, che sparano nello spazio polveri e gas, promanano in ogni
istante dalla superficie.
Ma non basta: il 12 novembre scorso, dall’orbiter si è sganciato il lander,
Philae, che, dopo una discesa di ben
sette ore è atterrato sulla cometa.
L’atterraggio è stato, come dire, un
po’ movimentato, poiché gli arpioni che dovevano ancorare il veicolo alla superficie hanno avuto un
malfunzionamento. Così, a causa della gravità quasi nulla della C-G,
e a contatto con un suolo molto più compatto del previsto, esso è
FALCADE (BL)
Corso Roma, 76/78
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ALLEGHE (BL)
Piazza Kennedy, 11
Tel 0437 723805
rimbalzato nello spazio, prendendo terra una
seconda volta, ben dopo un’ora e mezza a quasi un chilometro di distanza. Dopo un rimbalzo
più breve, durato circa sette minuti, Philae si è
finalmente fermato ma, ahimé, finendo in una
buca e quindi col problema di essere assai poco
esposto alla luce del Sole. Così, dopo circa tre
giorni, avendo esaurito le batterie primarie, il
veicolo non è stato in grado di ricaricare, tramite i pannelli solari, quelle ausiliarie. In questi
tre giorni, però, tutti gli strumenti hanno funzionato a dovere, i dati sono stati spediti all’orbiter e rilasciati da questo
a terra, dove gli scienziati dell’ESA li stanno analizzando. I tecnici di
missione, tuttavia, sono riusciti a girare un pochino il lander e forse
l’esposizione è leggermente migliorata: per ora Philae è stato posto in
ibernazione ma si spera che, quando la cometa sarà un po’ più vicina
al Sole, vi sarà abbastanza energia in arrivo da ricaricare le batterie e
farlo funzionare ancora per almeno qualche giorno.
C’è anche un bel po’ d’Italia fra i 21 strumenti che trovano posto a
bordo delle due sonde: lo spettrometro VIRTIS, l’analizzatore di polveri e degli impatti da granuli, la componente a grande campo della
camera dell’orbiter, OSIRIS, il trapano che doveva analizzare il suolo
della cometa (non è ancora chiaro, al momento, se l’operazione è riuscita), i pannelli solari.
L’avventura, la più difficile mai tentata finora nel campo della scienza
spaziale, è appena iniziata. Restate
connessi!:
www.esa.int/Our_Activities/
Space_Science/Rosetta
Fig. 1. Immagine del 3 agosto scattata da
OSIRIS, che mostra la stranissima forma
della C-G (cortesia ESA).
Fig. 2. Ripresa ravvicinata della C-G: nessuno finora aveva mai visto una cometa con
questo dettaglio: sembra di guardare una
montagna dolomitica! (cortesia ESA).
Fig. 3. La prima ripresa panoramica effettuata dal suolo da Philae (cortesia ESA).
AGORDO (BL)
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www.dolomitissime.it
17
17
Innovazione e tecnologia
a servizio della sicurezza
L
e origini artigianali della ditta IMAP CASA, radicata nel territorio bellunese, precisamente nel
Comune di Sedico, A PARTIRE DAGLI ANNI ’70, hanno rappresentato il filo conduttore della
storia professionale di questa azienda. Mantenendo le caratteristiche di azienda artigianale, nella
lavorazione e produzione di alcuni dei prodotti trattati, si è evoluta e si evolve in funzione delle esigenze
della sua clientela, che va dal CLIENTE privato agli enti pubblici quali scuole, ospedali comunità, della
ristorazione ed accoglienza, rapportandosi alle innovazioni tecnologiche che i fornitori selezionati via via
propongono.
La sicurezza nelle nostre case ci sembra minata dalle possibili intrusioni che di fatto le notizie ci riportano.
Dalla collaborazione decennale con la ditta SOMFY , produttrice in origine di automatismi per tapparelle,
tende interne, esterne e tecniche, cancelli, porte, serrande e schermature solari, consente all’IMAP CASA
di offrire una gamma completa di prodotti a tecnologia radio avanzata
Protexial io,
il primo sistema d’allarme integrato con l’azionamento delle tapparelle
Somfy propone una gamma completa di prodotti a tecnologia radio avanzata per la sicurezza e
la protezione della casa. Protexial io è il nuovo sistema d’allarme senza fili integrato con i sistemi
d’automazione Somfy installati nella abitazione: tapparelle, porte da garage e di ingresso, cancelli
e luci.
Protexial io interagisce con le tapparelle, che si abbassano automaticamente all’avvicinarsi di un
intruso, ampliando le funzioni di sicurezza attiva e passiva .
Inoltre, garantisce un elevato standard di sicurezza con i suoi sistemi per la rilevazione antiintrusione, pre-allarme, allarme totale, simulazione di presenza e centralizzazione.
Caratteristiche e componenti
Autonomia, facilità di gestione, modularità e versatilità sono le caratteristiche peculiari del sistema d’allarme wireless Protexial io.
La completa autonomia è assicurata dall’utilizzo della tecnologia wireless, dall’alimentazione del sistema con batterie alcaline e dalla trasmissione dati
via GSM (modulo integrato nella centrale)..
La facilità di gestione è garantita dalla possibilità di scelta tra diversi sistemi di comando: tastiera con display LCD, badge, telecomando e in remoto
tramite telefono fisso, smartphone, tablet o computer connesso a internet.
La modularità del sistema consente la configurazione e l’installazione in qualsiasi ambientazione, di volta in volta modificabile in base all’evolversi
delle proprie esigenze, con la possibilità di gestire fino a 50 diversi dispositivi.
La grande versatilità dei componenti, integrabili in qualsiasi contesto abitativo, si sviluppa su un design contemporaneo, che è stato premiato con il
riconoscimento “Observateur design 2010 label”.
Protexial Io è un sistema multifunzionale (avvisa, dissuade, sorveglia, rileva e interagisce) e si compone di diversi elementi: sirena per interno, sirena
per esterno con lampeggiante, telecamera di sorveglianza, rilevatori di movimento da interno ed esterno, rilevatori di apertura, di fumo e allagamento,
telecomando Keytis Home Alarm IO, tastiera LCD+badge.
Tecnologia
Protexial è compatibile con entrambe le tecnologie radio Somfy, Io-homeocntrol® e RTS, Radio Technology Somfy.
TENDE
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Montagna
I rifugi di montagna italiani si mettono in rete,
online un nuovo portale con tutte le informazioni
utili per gli escursionisti
Dalle Alpi agli Appennini, già cinquecento le strutture che hanno aderito all’iniziativa nata a Belluno
su iniziativa di Mario Fiorentini del rifugio Città di Fiume e presentata oggi in Confindustria Belluno Dolomiti
I
rifugi di montagna italiani si mettono in rete per fornire tutte
le informazioni utili agli escursionisti: dalle aperture alle condizioni meteorologiche, dal calendario degli eventi agli itinerari,
dalle difficoltà dei percorsi agli orari dei mezzi pubblici per raggiungere la zona. Nasce con questo obiettivo il portale rifuginrete.com,
uno strumento pensato per essere funzionale alle esigenze di chi vuole
frequentare la montagna, per una semplice passeggiata o per un’escursione più impegnativa. Messo online il 20 giugno dello scorso anno con
una cinquantina di adesioni, prevalentemente del Nordest, il sito conta
attualmente quasi cinquecento rifugi, su un totale di circa mille, sparsi in
tutta Italia, dalle Alpi agli Appennini. L’obiettivo dell’iniziativa, lanciata
da Mario Fiorentini del Rifugio Città di Fiume e presentata mercoledì
5 novembre in Confindustria Belluno Dolomiti, è di arrivare a coinvolgere tutte le strutture che garantiscono ristoro e ospitalità a chi va in
montagna, arricchendo la piattaforma con altre informazioni, ad esempio sulle alte vie attrezzate o sui luoghi di particolare interesse turistico
di un territorio.
«L’idea - racconta Mario Fiorentini - nasce, quasi per caso, dall’incontro
con Luca Stevanato, fisico nucleare, ricercatore all’università di Padova e
appassionato di di meteorologia
e tecnologia webcam. Gestendo il rifugio, con i miei soci, ci
siamo resi conto che i nostri
clienti, cioè gli escursionisti, soprattutto quelli che arrivavano
da oltre confine, trovano a
fatica le informazioni utili
e necessarie per poter pianificare in modo adeguato
la loro vacanza tra i monti.
Informazioni che nel web,
erano disperse in mille rivoli, poco aggiornate, per
non dire vecchie e molte volte imprecise o di difficile interpretazione. Abbiamo così iniziato a pensare a un contenitore in grado
di fornire almeno alcune delle risposte alle mille domande che ci
venivano quotidianamente poste.
In questo modo
è nato rifuginrete.
com».
«Attualmente - aggiunge Mario Fiorentini - Rifuginrete è una vetrina
con quasi cinquecento rifugi al suo
interno, sparsi su
tutto l’arco alpino
da Trieste al Colle
di Cadibona, e poi lungo l’ Appennino, fino all’ Abruzzo. Alle informazioni sui rifugi abbiamo affiancato un calendario eventi, una sezione
dedicata alle Alte vie e ai Trekking e un sistema di ricerca delle strutture
per data di apertura, regione, provincia e itinerario. All’ interno del sito
molta importanza ha anche la sezione webcam, ultima frontiera del webmarketing territoriale . Al momento sono 24 le webcam a marchio rifuginrete.com, installate prevalentemente in provincia di Belluno, ma anche
Trento e Pordenone. Proprio la presenza delle webcam ad alta definizione
ha consentito al sito rifuginrete.com una veloce e ampia diffusione».
«Fa piacere che un’iniziativa così importante di valorizzazione della montagna italiana sia partita dalla nostra provincia - commenta Sandro Da
Rold, componente della
giunta esecutiva di Confindustria Belluno Dolomiti
con delega al turismo - e
sono certo che questo potrà
essere un ulteriore strumento
di promozione efficace, perché pensato per soddisfare
le principali richieste degli
escursionisti e di tutti gli appassionati».
19
Prospettive Comeliane
di Lara Zandonella Piton
Una montagna surreale:
Museo Regianini Surrealismo
C
os’è il Surrealismo? Partiamo da una spiegazione data dal
Maestro Luigi Regianini: “nato più di cinquant’anni fa a
Parigi, per opera di un gruppo di giovani artisti, ebbe il crisma ufficiale con il primo manifesto del 1924 ideato dal poeta André
Breton (Automatismo psichico puro, attraverso il quale ci si propone di esprimere, con le parole o la scrittura o in altro modo, il reale funzionamento del
pensiero. Comando del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla
ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica
e morale) e suscitò, al suo apparire, scalpore,
contrasti e feroci polemiche.
La novità assoluta, rispetto alle altre correnti artistiche del momento, consisteva
nell’indagine profonda e spietata della realtà, non una realtà esteriore, ma nascosta
e al di là delle esperienze quotidiane ed in
particolar modo dell’universo uomo: i sogni, i desideri, le angosce più profonde e
nella scoperta di un mondo mai prima di
allora esplorato: il subconscio.
… Il nuovo messaggio era un inno all’essenza della vita, alla liberta,
ai sentimenti più veri: quasi come una vera religione, mostrava radici
profonde e lontane, un grido dello spirito, a volte triste, struggentemente romantico.
… Il suo dirompente e originale messaggio, sotto certi aspetti profetico, rivela, come uno specchio fedele, le inquietudini più profonde
dell’uomo moderno e si proietta con validità costante verso tempi
futuri.”
Freud, psicanalisi, inconscio. Questo movimento d’avanguardia influenza anche il teatro, il cinema e la letteratura. Tra i principali artisti del Surrealismo: Giorgio De Chirico, Max Ernst, Pablo Picasso,
Man Ray, Joan Mirò, Magritte, Delvaux, Salvador Dalì, Buzzati e
Calvino in letteratura, Fellini nel cinema.
E il Maestro Luigi Regianini. Un monaco che dipinge con le ciglia
dei pipistrelli. Luigi Regianini, scomparso il 27 marzo 2013, nasce
a Milano nel 1930. Diplomato all’ Accademia di Belle Arti di Brera,
egli è pittore e scultore, maestro dell’arte onirica, il “surrealista delle
Dolomiti”, che amava e dipingeva. Il Maestro aveva infatti profonde
radici legate al Comelico, a Santo Stefano di Cadore e Costalissoio.
La sua arte l’ha portato ad essere un artista affermato: esposizioni
personali e collettive, in Italia e all’estero; pubblicazioni in numerosi
testi; le sue opere raccolte in collezioni private e pubbliche. Eppure
– artista di fama internazionale – Regianini era molto affezionato al
Comelico, che frequentava in estate, dove ha lasciato segni significativi: in vari municipi si trovano i suoi dipinti, molti suoi crocifissi si
incontrano lungo le strade poderali nei pressi di Costalta. In parti-
Tanti filati in sconto
colare, la Regola di Costalissoio custodisce il Museo Regianini Surrealismo, una sorpresa incredibile per chi lo visita! Un’esposizione
di opere di un surrealismo dolce e romantico ed altre di tematiche
filosofiche ed esistenziali, audaci ed orride.
Il Museo Regianini Surrealismo è diviso in 3 sezioni: “Local Art”,
“Harmony Art” e “Horror Art”. Lo stesso Regianini spiegava così
la disposizione: “nel primo spazio sono esposte le opere che hanno
come tema la storia del paese, con le streghe buone e cattive (ongane),
i boschi, un memorabile incendio (di Costalissoio nel 1884), la figura
di Andrea Zanzotto, il noto cappellano militare Don Arnoldo, nonché il ritratto di Papa Giovanni Paolo II mentre sosta in un bosco a
Costalissoio. Nel secondo settore, un surrealismo più dolce, con immagini di fiori e interpretazioni della città di Venezia. Infine il terzo
settore ospita le espressioni del mio vero stile, che insiste nell’indagine sull’esistenza: il tema della morte e anche quello dell’orrido”.
Le emozioni e la sorpresa che suscitano le opere del Maestro Regianini non si possono spiegare; la dovizia di particolari dettagli, così
minuscoli e perfetti, da far davvero pensare che siano stati dipinti
con ciglia di pipistrelli, è una sorpresa da scoprire di persona.
Vi consiglio e vi invito a visitare il Museo Regianini Surrealismo
e a lasciarvi affascinare e anche inorridire. Osservate i suoi dipinti
e fatevi trasportare dalle potenti sensazioni e dalle riflessioni che
evocano, perdete volutamente la cognizione del tempo e fluttuate
sull’onda del surrealismo.
Dove e come, certo! Raggiungere il Museo Regianini Surrealismo è
semplice: direzione Comelico – destinazione Costalissoio, Costa del
sole, Costlisëgn, un piccolo paese a quota 1249.
Il Museo è aperto nei periodi luglio-agosto, Natale e Pasqua e si può
visitare anche su prenotazione.
Vi ho incuriositi, sorpresi ed affascinati e magari un poco inorriditi?
Per scoprire di più sul Maestro Luigi Regianini:
Sito ufficiale:
www.regianini.it / www.pittore-regianini.it
www.facebook.com/pages/Regianini-Luigi-Regianini-Ludovica/148183362043
intervista e articolo di Stefano Vietina:
www.dolomitichannelsuyoutube.it/la-cultura/intervista-a-regianini.htm
www.corrierealpi.gelocal.it/cronaca/2011/08/20/news/regianini-tramonti-e-abissi1.1004707
Ufficio Regola - Orari: mar. giov. 9.00 - 12.00, 13.30 -16.00 e sab. 9.00 - 12.00
Tel 0435 62600 - [email protected]
E naturalmente sulla pagina Facebook Terre Alte!
Lara Zandonella Piton
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Buonaeugfeusrate
aperto tutte le domeniche di dicembre
Gioielli
N
el 1993, nella storica città di Feltre, apre la Gioielleria
Scapin. Grazie all’unione delle forze creative e commerciali dei titolari.
Il marito ha una formazione professionale che accresce con corsi
di gioielleria e incastonatura, mentre la moglie si specializza in
gemmologia e si occupa di introdurre nuovi brand con attenzione alle tendenze della moda.
Negli anni successivi anche la figlia entra nel settore dopo aver
conseguito un master del gioiello e diversi corsi di oreficeria a
Vicenza.
L’azienda a conduzione famigliare pone attenzione sia alla vendita che
all’assistenza dei prodotti conquistando così la stima e la fiducia dei
suoi clienti, che anno dopo anno, hanno avuto modo di apprezzare i
servizi e la disponibilità offertagli.
Nel 1999 il negozio si trasferisce in via Liberazione e amplia il suo
assortimento che spazia dall’oreficeria a vari marchi di gioielleria tra i
più rappresentativi del mercato internazionale oltre a un assortimento
di orologeria, oggettistica e bijoux, volti a soddisfare ogni esigenza. Una storia che dura da un ventennio generatrice di sempre nuove
emozioni volte a dare significato alle ricorrenze più belle della
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29/10/14 13:48
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Dall’oceano Atlantico all’Alaska
A
lberto e Fausto, viaggiatori entrambi. Il primo in sella alla sua bici
affronta sfide in solitaria; il secondo, pallina rimbalzina che cammina il mondo perché inebriato dal suo profumo e dalla sua diversità.
Ragazzi, uomini, bambini di 38 e 34 anni che vivono poco lontano l’uno
dall’altro e che come idea di vita condividono la stessa tenda da sempre.
Così l’incontro tra Alberto, Fausto e questo viaggio, a ben guardare era inevitabile.
Quando chiedi loro il perché di tutto questo, ti guardano negli occhi e ti
rispondono che si può anche decidere di sognare per la bellezza, per
le sconfinate combinazioni e l’assenza di vincoli che solo un sogno
può darti.
Così nessun stupore quando quel mercoledì 26 dicembre 2012 sotto il tendone di una sagra paesana i due si avvicinano e in quattro parole, scarne ma
solenni, iniziano a programmare il loro nuovo sogno: Russia. Questo paese
in sé non ha nulla di più di un qualsiasi altro posto, per entrambi è nuovo,
dunque scoperta, stimolo.
Gli occhi sono puntati su Vorkuta, cittadina situata nell’estremo est dell’Europa continentale, a nord dei monti Urali. L’obbiettivo è proprio quello
perchè ad est il progetto di Alberto “Nord-Sud-Ovest-Est”, ovvero raggiungere i 4 punti cardinali dell’Europa continentale, troverebbe il suo compimento ultimo. Infatti, il viaggiatore del Peron, partendo da casa, in solitaria
ha già raggiunto il Nord (Nordkapp), il Sud (Punta Tarifa) e l’Ovest (Cabo
da Roca). Le difficoltà, però, iniziano ancor prima di salire in sella; durante i
mesi trascorsi a pianificare il viaggio trovano nella burocrazia un ostacolo invalicabile, tra impegni promessi e poi dissolti, non c’è stato verso di ottenere
il visto e dopo innumerevoli tentativi e snervanti attese il progetto Russia si
arena a pochi giorni dall’ipotetica data di partenza.
Così invece di demoralizzarsi si rimboccano le maniche e rivolgono lo sguardo oltre Oceano. Il nuovo sogno si
chiama TRANS CANADA. Un
viaggio enorme da organizzare in
poco più di 10 giorni. 9200 km,
da est a ovest, dall’isola di Newfoundland nell’Oceano Atlantico
al cuore dell’Alaska.
Quando la volontà supera le
paure, gli ostacoli diventano piccoli cancelli da scavalcare di slancio!
Così eccoli il 25 luglio 2013 a Venezia. Finalmente la parte più stressante è
finita; preparare, organizzare, impacchettare l’equipaggiamento, i documenti, tutto finito! Ora rimane la parte più bella, l’incognita.
Come i titoli di coda di un film sembra che si siano portati appresso dall’Italia un po’ di imprevisti e sfortune.
Atterriamo all’aeroporto di Saint Johns, in Newfoundland che è notte fonda
dopo oltre 10 ore di volo, siamo stanchi ma eccitati. Siamo nella zona di
smistamento bagagli e guardiamo impotenti il nastro trasportatore consegnare le valigie ai nostri compagni di volo; piano piano la sala si svuota e
rimaniamo solo noi, li, ad osservare senza ricevere nulla. Bagagli e biciclette
sono stati smarriti.
Rimaniamo in aeroporto per due giorni e siamo costretti a campeggiare
muniti del solo kit di emergenza fornitoci dall’ufficio lost & found.
Non ci aspettavamo così tanti contrattempi e per sconfiggere un certo scoramento ci siamo incoraggiati l’un l’altro: anche senza pedalare siamo già
una squadra.
La mattina del 27 Luglio, belli come il sole, vestiti casualmente di giallo siamo al via di una strada che ci vedrà attraversare per intero, da Est a Ovest il
secondo paese più grande del Mondo, il Canada, su su fino alla leggendaria
ed affascinante Alaska, aspra terra ricca di quel selvaggio tanto da renderla
tra le mete più attraenti al Mondo.
Come per magia tutte le tensioni accumulate si dissolvono al primo colpo
di pedale. Partiamo subito letteralmente in salita. Ad aspettarci ci saranno
variabili impegnative ma soprattutto un vento contrario che ci ostacolerà per
ben 38 giorni su 83 effettivi di marcia. L’attraversata del Canada è piuttosto
famosa, molti cicloturisti ogni anno percorrono i 7700 km che dividono
Vancouver, in British Columbia da Saint Johns in Newfoundland. Praticamente tutti compiono il percorso da sinistra a destra del paese perché si
trovano ad avere un forte vento a favore che li spinge alle spalle. Vento che a
noi, avventurieri controcorrente, ci ha preso a schiaffi per giornate intere.
Attraversando 10 delle 12 Province (Newfoundland-Nova Scotia - New
Brunswich - Quebec - Ontario - Manitoba - Saskatchewan - Alberta - British Columbia - Yukon) siamo riusciti a cogliere in ognuna di esse meraviglie e piccole sfaccettature che rendono ogni provincia diversa dall’altra.
Ogni luogo con una o più caratteristiche uniche e diverse, dalle salite
del Newfoundland ai giardini curatissimi della Nova Scotia, dalle impetuose maree del New Brunswich alle maestose foreste di Quebec ed Ontario,
dalle pianure sconfinate di Manitoba e Saskatchewan alle colline ricche di
materie prime dell’Alberta. Per non parlare dell’Alaska Highway, questa leggendaria strada costruita nel ‘42 che collega il British Columbia all’ Alaska
© Belluno Magazine
Avventure
di Alberto Dalla Corte
Damnatio
memoriae
di Daniele Tormen
Avvocato del Foro di Belluno
Quando finisce una storia d’amore, magari in modo tragico e doloroso, può succedere che tutto ciò che ricorda la (ex)
persona amata porti sofferenza e problemi: si cerca pertanto di dimenticare completamente l’intero passato rapporto e
l’oblio è la soluzione di ogni male.
Questo modus operandi non è proprio soltanto delle situazioni sentimentali ma è il cardine di un istituto giuridico – sociale antichissimo: la damnatio memoriae.
Tale istituto affonda le proprie origini nella notte dei tempi ma è
stato codificato e definito in modo preciso in epoca romana, repubblicana prima imperiale poi.
In sostanza si tratta di ciò: quando un personaggio pubblico cadeva in
disgrazia e veniva deposto e privato delle cariche (spesso in maniera
cruenta), anche dopo la sua morte, si stabiliva di cancellarne pure il
ricordo.
Innanzitutto si vietava l’uso del nome (anzi del prenomen latino), poi
veniva eliminato il cursus honorum del reietto e se ne vietava anche
di nominarlo indirettamente. Ma le vere “perle” di tale istituto erano
la distruzione fisica delle tracce del “dannato”.
MAXI SCHE RMO
pe r ve de re tu tt a la se rie A
e la Ch am pio ns Le ag ue
Su pe re na lo tt o
Bi lia rdo
Serate con mus ica dal vivo
Avventure
> Storia
talmente concentrato da non accorgersi della nostra presenza. Cieli cavalcati
dalla grande migrazione di oche canadesi, oche delle nevi e centinaia di cigni
chiacchieroni.
Circondati da una ricchissima fauna i nostri occhi sono stati sempre vigili
in direzione della foresta in cerca della buffa e gigantesca alce. Pulcinelle
di mare, balene, bisonti, visti talmente da vicino da poterli toccare con una
mano. L’infinita fierezza delle aquile pescatrici, simbolo del Nord America e
quei lupi che ti ululano tutta la loro forza facendoci sentire degli intrusi.
Le montagne rocciose, e l’Alaska Range bianche di neve.
La provincia, senza alcun dubbio, più dura e difficile dell’intero viaggio, banco di prova per entrambi, è stata il Newfoundland. I suoi 993 km ce li siamo
sudati tutti, dal primo all’ultimo metro ed alla fine di ogni tappa avevamo
gambe durissime attanagliate dall’ acido lattico. Impietoso vento contrario,
tantissime salite, infinite colline più o meno alte da valicare e un sole cocente
a volte oltre i 35° che mai avremmo pensato di trovare qui.
Le emozioni più intense le abbiamo sicuramente vissute in British
Columbia e nello Yukon. Territori montuosi, ricchi di quella fauna selvaggia che ti fa star sempre all’erta, pronto a qualsiasi imprevedibile incontro.
Brividi continuano a scorrere lungo tutta la nostra schiena solo ricordando
quella notte in tenda circondati dai lupi.
Il saluto del Canada non poteva essere migliore perché proprio l’ultima notte prima di entrare in Alaska
una splendida Aurora Boreale ha riscaldato i nostri
cuori e riempiendo il nostro
animo di quell’ infinita gioia
che solo uno spettacolo di
tale imponenza riesce a suscitare.
© fuzzbones - Fotolia.com
Quando il 14 ottobre raggiungiamo
il cartello Alaska
Se il soggetto aveva emanato leggi, decreti, comunque scritti di ogni
siamo
due
amici
genere, questi inseparabili,
erano abrogati e cancellati da qualsiasi raccolta uffinon
ciale.c’è più un segreto tra di
noi,
dall’asilooadpoi
oggidistrutte
ci siaVenivan
le effigie, decapitate le statue,
mo
spifferati ogni
cosa.dai dipinti e dalle monete.
cancellati
i volti
I casi
più 500
famosi
Gli
ultimi
km in
in epoca
territo- romana furono quelli degli imperatori Nerone
e Caligola.
rio
americano
sono solo pacPeraltro
già molto
tempo
prima,leggera…”peccato
nel quattordicesimo
secolo
a.c., si
che
sulle spalle
e polvere
di tristezza
sia già
finita!”.
ebbe
un
caso
di
damnatio
memoriae
ante
litteram:
il
faraone
AmeGioco di prestigio: per il nostro abbigliamento, casualmente giallo, ci siamo
nofis IV, il fautore dell’abolizione del culto politeistico e dell’instausoprannominati
puntini
cittàvolta
d’arrivo
e la sua
porazione dell’unico
diogialli.
AtonFairbanks
(il Sole),è la
una
morto,
fu scritta,
completasta
su un(o
colle,
è tinta
di giallo.
Ai suoi piedi
conèun
gioco di sassi
è disegnato
mente
quasi
visto
che qualche
traccia
comunque
rimasta)
dalla
un
gigantesco
cuore…giallo.
storia
ufficiale
egizia.
Su
questo
colore
si conclude
il nostro romano
viaggio, durato
85 giorni
lungo i
Anche dopo la caduta
dell’impero
l’istituto,
seppure senza
crismi
della
legge,
sopravvisse.
9163
km,
come
se avessimo
pedalato per sette “italie” messe in fila. SapGli esempi
piùabbiamo
celebri fatto
furono
di papa eFormoso,
di cui
fu propiamo
che non
nullaquelli
di incredibile
pur essendo
un viaggio
cessato il cadavere
delqualcuno
doge Marino
del sta
quale
fu cancellato
importante
l’incontroecon
che inFalier,
bicicletta
facendo
il giro delil
ritrattocedalla
sala del Ora
Maggior
Consiglio
di PalazzodiDucale.
mondo
lo sottolinea.
abbiamo
la consapevolezza
essere due uomiUna
piccola
consolazione
quindi
a
tutti
gli
amanti
abbandonati
e trani più forti e più ricchi. A guardare la grandezza del
mondo
ci si rende conto
diti che cercano di dimenticare un regalo o una vacanza: la damnatio
di
quanto minuscoli
siano i nostrimillenaria
pascoli, le ben
nostre
i nostri boschi.
memoriae
ha una tradizione
piùvalli,
tragica!•
Certe cose accadono, altre, come questo viaggio, basta volerle.
Alberto e Fausto
rmazione ed attualità della Provincia di Belluno
passando per le montagne dello Yukon.
Migliaia di km con un punto in comune, un ospitalità disarmante. La fortuna di certi incontri, le serate trascorse nelle case di gente amorevole sono
state la parte più inattesa e commovente del viaggio.
E’ stato un viaggio in assoluta libertà, in sella a due fedeli biciclette, trasportando tutto il necessario per vivere in autonomia. Fiumi e laghi come bagni
lussuosi, la natura come amica e messaggera di paura, tra mirtilli succulenti e
ululati di lupi in una notte di infinita emozione e bellezza.
Man mano che passano i km, giorno dopo giorno la nostra amicizia cresce,
si consolida, un’affinità assoluta tanto forte da rendere le parole superflue. Ci
capiamo con un solo sguardo, con un semplice gesto, ma a volte non serve
nemmeno quello, facciamo e pensiamo esattamente le stesse cose.
Le tante fatiche le abbiamo superate appoggiandoci ed incoraggiandoci l’un
l’altro, alle volte guardando la catena del compagno cambiare velocità a seconda della durezza della strada, altre volte perdendoci nell’infinita e maestosa bellezza di certi luoghi, altre ancora chiacchierando amabilmente.
Innumerevoli sono i ricordi che un viaggio del genere ti lascia, abbiamo pedalato per ore ed ore immersi in un silenzio surreale, chilometri e chilometri
sentendoci padroni della strada, inghiottiti da una natura talmente immensa
da farti sentire una pulce.
Il rumore squarciante della picchiata di un aquila poco sopra i nostri caschetti. Il laborioso castoro, autore di meravigliose dighe, l’inseguimento agli orsi
neri cercando uno scatto d’autore, la testa china del grizzly talmente intento
nella raccolta degli ultimi mirtilli prima del lungo inverno,
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Moda
di Chiara Reolon
Patrick Saumade Creation
F
rancese di nascita ma cittadino del mondo, Patrick Saumade ha
vissuto e lavorato a Parigi, Rio De Janerio, Ibiza, Barcellona e Nimes, per poi fermarsi – non si sa
ancora per quanto - ad Amsterdam.
La sua carriera creativa comincia a vent’anni, a Parigi, dove da autodidatta muove i
primi passi nel mondo del prêt à porter,
comincia a toccare con mano tessuti pregiati e frequenta gli ambienti della moda.
A ventiquattro anni compie quello che
doveva essere un breve viaggio in Brasile:
rapito dalla toda joia - toda beleza di quel
caldo paese, decide inizialmente di fermarsi lì per sei mesi; i sei mesi in realtà finiscono per diventare dieci anni, durante i quali
Patrick, sotto la ala protettrice di Maria Teresa Vieira, affina le sue tecniche
pittoriche e sviluppa l’interesse per l’arte della pittura su tessuto.
Agli inizi degli anni novanta, torna in Europa e, dopo una breve sosta
nella sua terra natia, apre il suo primo negozio a Ibiza - “Pan con Tomate”
- dove espone i suoi capi decorati a mano e comincia a produrre i primi
pezzi di interior design, quali cuscini, tende e complementi d’arredo per la casa.
Presto Ibiza diventa stretta e Barcellona,
città viva e piena di nuove sfide, lo accoglie a braccia aperte. Qui il successo arriva
presto ma come ogni artista che si rispetti,
anche Patrick subisce un calo di creatività
che lo riporta a casa dalla sua famiglia, a
Nimes, dove resta qualche tempo prima
di trasferirsi definitivamente ad Amsterdam.
Una coincidenza o il caso lo portano a
stabilirsi nella vecchia casa di
un pittore olandese, da cui
eredita un atelier di 25 mq,
dove oggi confeziona le sue
creazioni: borse, valigie, cuscini, tappeti, tende, coperte
con tessuti di ogni genere,
tutti rigorosamente pezzi unici, creati a mano e dipinti con
le tecniche più avanzate. Nelle sue creazioni la rigorosità
delle linee rette si fonde con
l’armonia di dipinti e stampe
che sfruttano colori tenui e
fantasie delicate.
Le borse rappresentano il suo core business: adatte a tutti, pratiche e capienti ma allo stesso tempo originali, con stampe uniche abbinate a materiali ricercati. Un grido di ribellione si sprigiona dalla sua capsule collection
“Fuck the crisis”, slogan che Patrick riporta in tutte le sue borse che vanno
dalle tonalità grigio cenere al platino: una vera chicca per i fashion addict.
Le sue collezioni di interior design uniscono il gusto a un mix & match di
tessuti e sono tutte rinvenibili sul profilo facebook (www.facebook.com/
PatrickSaumadeCreation): ad esempio la “Comfort Zone”, recentemente
lanciata, con i toni autunnali di cuscini e copridivani, capaci di rendere
confortevole ogni angolo della vostra casa, oppure la “Orange Dream” ,
con coperte con colori caldi e cuscini in denim e lino, abbinati al paralume
in seta “Comete”, rigorosamente dipinto a mano.
Le creazioni di Patrick Saumade racchiudono tutta la sua personalità curiosa, amante della vita ma soprattutto libera e semplice come il suo sorriso.
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classico ma con gusto
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Parliamo di...
polizze assicurative “Casa e Famiglia”
D
opo le coperture assicurative “obbligatorie”, come la
RC Auto, le polizze sulla casa costituiscono sicuramente la fetta di mercato più importante dell’intero
panorama assicurativo; a questa vasta diffusione non corrisponde
però altrettanta conoscenza dei termini e delle condizioni riportati
nei contratti sottoscritti.
E’ facile comprendere come la necessità di proteggere la propria abitazione, sia essa di proprietà che nel caso di locazione,
venga normalmente avvertita dalla maggioranza delle persone e ad
essa si faccia fronte attraverso la stipula di un contratto di assicurazione che può comprendere una vasta scelta di garanzie, alcune
di base ed altre opzionali.
Occorre subito premettere che le moderne polizze sulla casa sono
strutturate nella formula cosiddetta “All Risk” che differisce dalla
più antiquata formula “a rischi nominati” per la caratteristica di
garantire il risarcimento del danno derivante da tutti i rischi non
espressamente esclusi dal contratto di assicurazione.
Assicurazioni
di Roberto Dal Pan
Il punto di partenza per ogni polizza assicurativa è la stima del valore
dell’immobile che va assicurato, di norma, “a valore intero” ovvero
secondo il valore reale della cosa assicurata, evitando la sottoassicurazione perché in caso di eccesso di sottoassicurazione anche il risarcimento dell’eventuale danno sarà ridotto in proporzione. Per quanto
riguarda il contenuto dell’abitazione, normalmente il valore assicurato
è stabilito “a primo rischio assoluto” e cioè indicando un ammontare che costituirà il massimo possibile risarcimento, prescindendo da
valutazioni ulteriori.
Alle garanzie principali si possono abbinare una varietà di garanzie
accessorie utili a meglio personalizzare il livello di protezione offerto
dalla polizza assicurativa. Una componente molto spesso presente è
quella costituita dalla polizza di Responsabilità Civile per la proprietà o conduzione del fabbricato, garanzia che protegge dalle richieste di risarcimento per danni a terzi derivanti da fatti connessi con
la proprietà o l’utilizzo dell’abitazione.
Tale garanzia può essere estesa anche alla Responsabilità Civile per i
fatti della vita quotidiana (attività del tempo libero, pratica sportiva,
figli minori) ed anche alla Responsabilità Civile per il possesso di
animali (normalmente cani o gatti ma in qualche caso anche animali
di altro genere).
Oltre alla protezione dei danni, ci si può garantire anche per il caso
di furto o rapina in casa (solitamente con determinati vincoli in ordine alle caratteristiche dell’abitazione); ultimamente hanno fatto la
loro comparsa anche le garanzie legati ai cosiddetti danni catastrofali
(terremoti, alluvioni, etc) .
Ultima garanzia da non trascurare, la polizza di tutela legale per il
risarcimento delle spese connesse ad eventuali contenziosi legali originati dal possesso dell’abitazione o dalle normali attività della vita
famigliare, tutt’altro che infrequenti al giorno d’oggi.
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25
Piante Spontanee
Il porcino nero
per una zuppa appetitosa
S
icuramente già nella preistoria, durante quel lunghissimo periodo in cui i nostri progenitori vivevano da cacciatori-raccoglitori,
i funghi venivano consumati come alimento. Quelli delle foreste,
dove gli uomini primitivi si rifugiavano sia per ripararsi dall’intemperie sia per difendersi dagli animali feroci, dovevano aver rappresentato
un’importante fonte di alimentazione, anche se soltanto stagionale e
quindi limitata nel tempo. L’uomo imparò così, a sue spese, a distinguere i tipi buoni da quelli velenosi, quelli più saporiti da quelli insipidi,
quelli più profumati da quelli maleodoranti e quelli più nutrienti da quelli meno pregiati. L’uomo primitivo fu sicuramente attratto anche dalla
forma e dalla grandezza dei funghi e, tra tanti, non può non aver notato
il porcino nero che, per il suo colore bronzeo, i botanici hanno voluto
chiamare aereus, dal latino aes-aeris che significa appunto bronzo. Tale fungo, infatti, può raggiungere dimensioni notevoli, la
sua carne è dura e bianca, il suo odore e
sapore sono molto gradevoli; inoltre è un
eccellente commestibile fra le specie più
apprezzate. Non sappiamo come i nostri
antenati cucinassero i funghi, probabilmente li consumavano crudi; sicuramente
non potevano gustarne l’aroma e il sapore
come ai giorni nostri in cui i funghi, come
il nostro Boletus aereus, vengono preparati in vari modi: alla griglia, al forno, trifolati oppure sotto forma di cotolette, passati
di Ettore Saronide
L’UTILIZZO DELLE PIANTE SPONTANEE E DEI FUNGHI
NELLA CULTURA POPOLARE BELLUNESE
nell’uovo, impanati e quindi fritti. Anche la zuppa che si ottiene
usando questo
boleto è appetitosa: per prepararla, si prenderanno 5 patate di media grandezza che, lavate accuratamente, andranno
poi sbucciate e fatte cuocere in abbondante acqua salata unitamente a
due spicchi di aglio, fino a quando si saranno sfatte completamente. A
questo punto, si toglieranno dall’acqua e, dopo averle divise dall’aglio,
andranno spappolate nel passaverdura, al fine di ottenere un purè molto
denso. Questi andrà rimesso nella stessa acqua nella quale hanno bollito in precedenza le patate, unitamente a mezzo bicchiere di olio di
oliva, sale e pepe; dovrà quindi cuocere fino a quando il tutto si sarà
addensato e amalgamato molto bene. È opportuno, durante questa fase,
mescolare la minestra di tanto in tanto con un mestolo di legno. Poco
prima di servire, si aggiungeranno 200 grammi di porcino nero, pulito
accuratamente e tritato grossolanamente, e una confezione di panna da
cucina. Infine amalgamare ancora per alcuni minuti e quindi servire con
dei crostini di pane, preparati a parte in una pirofila imburrata. Si tratta
di una zuppa molto buona, il cui sapore sarà maggiormente esaltato
con una spruzzata di formaggio grana e con l’accompagnamento di un
bianco secco come il veneto Sauvignon, da servire a una temperatura
di 10-12 gradi.
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Y
Storia
di Daniele Tormen
Marlene e Leni,
donne In antitesi
L
a Germania degli anni trenta ha offerto due esempi antitetici ed
ugualmente suggestivi di donne nel XX secolo, esempi ancor
più emblematici se si pensi che nelle loro lunghe vite, Marlene
Dietrich e Leni Riefenstahl hanno dovuto, tra le altre cose, confrontarsi,
nell’apice delle rispettive carriere artistiche ed umane, con il nazismo.
Marlene Dietrich è nel pieno della sua fama quando prende il potere
Adolf Hitler: nel 1930 è uscito Der Blaue Engel, L’Angelo azzurro e la
sua interpretazione di Lola, la procace ballerina che ammalia il maturo
professor Rath, le ha portato una popolarità mondiale.
Negli stessi anni la Riefenstahl ha iniziato una promettente attività di
regista (e anche di attrice) con films legati agli scenari naturali, in particolare montani, tra i quali citiamo Das Blaue Licht del 1932.
E’ in questo contesto che maturano le scelte contrapposte di due donne
visionarie ed intriganti.
L’una si reca in tournèè America con il suo pigmalione, il regista von
Sternberg, rifiuta le lusinghe del ministro della propaganda nazista, Goebbels, che voleva farne l’icona del regime, e resta negli Stati Uniti dove
non appoggerà mai la propria patria fino a quando la Germania resterà
sotto l’egida della svastica; una patria peraltro amatissima tanto che vorrà essere comunque sepolta
a Berlino.
D’altronde sarebbe stato
difficile, molto difficile per
una come lei, bisessuale,
fumatrice, gran cantante, assoluta padrona delle scene,
prestarsi ad assurgere a fantoccio di chicchessia, men
che meno di Hitler e della
sua cerchia di gerarchi.
Parallelamente la Riefenstahl
attraverso
la
Zurich pubblicità Bellunomagazine.pdfrappresenta,
1
10/07/13
10:37
funzione visionaria delle immagini, quella che i nazisti e lo steso Hitler
in particolare, ritenevano fosse l’essenza del Reich millenario.
Film come il Trionfo della volontà e soprattutto Olympia (il racconto visivo delle olimpiadi di Berlino del 1936) sono esempi, dal punto
di vista tecnico, della capacità della Riefenstahl di catturare la potenza
dell’immagine.
Lo stesso Fuhrer pare fosse invaghito (non ricambiato) dalla personalità
di questa regista che così rappresentava la spiritualità teutonica.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale entrambe dovettero affrontare l’ostilità della propria patria: l’una perché considerata una traditrice,
l’altra perché compromessa con il nazismo.
Marlene Dietrich calcò le scene fino agli anni 70 quando, per una serie
di problemi fisici dovette ritirarsi e vivere quale icona vivente del suo
mito.
La Riefenstahl si reinventò fotografa realizzando splendidi scorci
dell’Africa, particolare in Sudan dove vivevano i Nuba, popolazione del
continente nero: nemesi storica per chi sarebbe dovuta divenire la cantrice della c.d. razza eletta.
Preso il brevetto subacqueo dopo i 70 anni per poter comandarsi anche
in quel genere di fotografie, sopravvissuta a un incidente di elicottero a
97 anni nel 2000, Leni Riefenstahl morirà nel 2003 a 101 anni rispondendo sempre in modo piccato a chi le chiedeva conto dei suoi rapporti
con il nazismo, rivendicando la sua autonomia di artista e la mancanza
di qualsivoglia legame con al politica.
Marlene l’aveva preceduta nel Wahlalla degli artisti, morendo a Parigi
a 91 anni nel 1992, volendo far incidere sulla sua tomba una frese del
poeta tedesco Korner: “Hier steh ich an der Marken meiner Tage”, Io
sto qui ai confini dei miei giorni.
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29
Egon Schiele:
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l’autoritratto come forma di analisi
“Tutto ciò che sta vivendo è già morto.” (Egon Schiele)
N
el corso della sua breve ma intensa attività
pittorica - morì nel 1918 a soli ventotto anni
- Egon Schiele eseguì numerosi autoritratti,
seguendo un filone molto in voga al volgere del diciannovesimo secolo. Tra la fine dell’Ottocento ed i primi
decenni del Novecento, ogni giovane artista si dedicò
a ritrarre se stesso ricercando nel proprio volto la
testimonianza della propria esistenza come individuo o della propria condizione malata e malsana.
L’insanabile frattura che si era venuta a creare in
quest’epoca tra la cultura oggettiva e quella soggettiva,
che nei valori condivisi aveva smesso di riconoscersi,
aveva prodotto una dissociazione tra il destino individuale dell’uomo e la moderna realtà borghese ed industrializzata. A questa situazione critica, gli artisti reagirono con l’isolamento e la devianza vedendo il più
delle volte in loro stessi le cause del disagio: l’eccesso
di lucidità e la profonda sensibilità sconfinavano in una
sorta di delirio sconvolto.
L’autoritratto venne così
utilizzato come strumento
per indagare nei recessi
delle proprie nevrosi perdendo,
nel contempo, la funzione che
aveva ricoperto nei secoli passati
come autocelebrazione del proprio
status e della propria integrazione
sociale. Non più affermazione di
sé, l’autoritratto divenne lo specchio fedele di una condizione di
esasperazione e di fallimento, di rigetto e di insicurezza generalizzati:
all’artista autoesclusosi dalla società non rimaneva che il ruolo della
vittima o quello del redentore.
L’artista deviato rispetto ai canoni borghesi imposti dalla società, si proclamò come il nuovo messia, colui che portava impresse le stimmate di
una condizione umana drammaticamente scissa e di un mondo dove,
come aveva già detto Nietzche, Dio è morto.
Egon Schiele, nei circa duecentocinquanta autoritratti tra oli acquerelli
e disegni, esplorò il proprio volto ed il proprio corpo con un’esasperata
e spietata autoconsapevolezza; egli si scoprì in modo provocatoriamente esibizionista, sbandierando se stesso come una sorta di ferita lacera
e sanguinante, testimonianza di una dolorosa condizione interiore. Le
sue rappresentazioni, dal segno secco e tagliente, segnarono il passaggio dall’armonioso Jugendstil secessionista all’urlato ed esasperato stile
espressionista.
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di Barbara Meletto
Arte
Nei suoi autoritratti Schiele espose la propria nudità dolente e la propria
ispirata ribellione. Crudele, nevrastenico, contorto, dolorante, scandaloso, impudente, spinoso, irritante, l’artista mise in scena i fantasmi della
sua mente, gettando in faccia al pubblico tutto il peso della propria impotenza e perdizione.
Nell’ossessiva ricerca erotica ed anatomica, l’opera di Schiele racchiude
pulsioni di vita e di morte: il grido disperato di autoaffermazione dell’individuo che non ha più la certezza di essere vivo, minacciato com’è nella
sua integrità ed identità. Ogni autoritratto rappresenta una stazione della
via crucis, ogni posa è la lotta dell’indemoniato contro il demone aguzzino, ogni smorfia è un suicidio mancato.
Il disagio rappresentato da Schiele è il disagio dell’uomo moderno che,
perso ogni appiglio con il proprio Io razionale, è incapace di sopperire
Egon Schiele, Autoritratto con braccio
girato attorno alla testa, 1910
alla perdita di sé nell’era della tecnica e della meccanizzazione: una frattura non più risanabile che diviene forma patologica di alienazione.
Nella Vienna degli incubi e della psicoanalisi, Schiele riuscì a dare corpo
alla follia e alla nevrosi che connotarono il tramonto di un’epoca in bilico
tra tradizione e modernità.
Nella torturata proiezione di sé egli denunciò tutto lo smarrimento della condizione dell’artista: vate incompreso, prigioniero di una coscienza
troppo acuta.
Pervenuto alla consapevolezza della propria grandezza e diversità rispetto
alla norma borghese, all’artista non rimane che la posizione di escluso, di
“esule in terra fra gli scherni” come l’albatro di baudelairiana memoria.
“Il mio cammino conduce nell’abisso.” (Egon Schiele)
Egon Schiele, Nudo virile
(Autoritratto), 1910
Egon Schiele, Autoritratto in ginocchio
con le mani alzate, 1910
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Specificità linguistica Bellunese
C
ontrariamente a quanto comunemente si crede, tale caratteristica non è propria solo della Regione Trentino-Alto Adige/
Südtirol o di altre Regioni a statuto speciale, anzi trova nel
Bellunese una varietà di idiomi altrettanto numerosa. Oltre alla prevalente parlata veneta in Valbelluna, Feltrino, Alpago e Basso Agordino,
è presente la lingua ladina che copre 39 Comuni in Alto Agordino,
Cadore, Comelico, Zoldo e nei tre Comuni “asburgici” (perché appartenenti fino al 1918 all’Austria) di Cortina d’Ampezzo/Anpezo,
Pieve di Livinallongo/Fodom e Colle Santa Lucia/Col, i quali hanno
tuttora stretti rapporti con gli altri Ladini Badioti e Gardenesi dell’Alto
Adige/Südtirol e delle Valli di Fiemme e Fassa in Trentino; si tratta
di quasi 60.000 persone, quindi notevolmente di più che non i Ladini residenti nelle Province di Trento e Bolzano/Bozen. La cultura e
la parlata ladina sono vive e presenti in tutti i Comuni della Ladinia
bellunese e vengono tutelate e propagandate dall’ Istituto Ladin de
la Dolomites, con sede a Borca di Cadore, per mezzo della rivista
“Ladin!”; con opere librarie ed audiovisive, trasmissioni radiotelevisive; in collaborazione con Istituti universitari ed altri Enti organizza corsi di formazione e consulenza linguistica; possiede presso la
propria sede una biblioteca altamente specializzata in lingua, cultura,
folklore, storia e geografia dei paesi ladini. “Va però registrata una
differente situazione di tutela tra il gruppo insediato nella Provincia
di Belluno e quello della Provincia autonoma di Bolzano/Bozen”…
“Pur non giungendo al riconoscimento del bilinguismo, che in Trentino-Alto Adige è limitato alla lingua italiana e tedesca, in base all’art.
99 dello Statuto di autonomia, i ladini della Provincia di Bolzano/
Bozen godono di importanti strumenti giuridici per la valorizzazione e la conservazione della loro identità linguistica ed etnica”. Per il
gruppo bellunese, invece, non può dirsi la stessa cosa… “il legislatore regionale veneto non può spingersi oltre la mera erogazione di
contributi alle associazioni regolarmente costituite” (Trabucco), e
ciò avviene in base alla legge regionale n. 73/1994. Purtroppo tali
contributi vengono decurtati di anno in anno. A chi non conosca
o mal percepisca il senso di appartenenza comunitario dei Ladini,
consiglio la lettura di due libri: “I giorni, la vita in Ampezo nei tempi
andati” di Amelia Menardi Illing, la quale “non [ha] la nostalgia per
un Eden perduto…bensì un desiderio imperioso e quasi puntiglioso
di salvare dall’erosione dell’oblio collettivo un patrimonio culturale
irripetibile”. E ancora “Il lettore che si interessa alle culture contadine troverà in questo libro una infinità di corrispondenze per quanto
concerne modi di vita, tecnologie, costumi, mentalità fra l’Ampezzano e tutte le altre valli del versante meridionale delle Alpi…che si
estendono anche alle valli del versante settentrionale” (dalla presentazione di Umberto Bonapace). Il secondo è “Cortina d’Ampezzo.
1914-1918: dall’Austria all’Italia” di Mario Ferruccio Belli. “Esso
trascrive parte del diario di un Ampezzano”, uomo di buona cultura, partecipe dell’intelligencija locale, “che in quel tempo visse,
giorno dopo giorno, a contato con le autorità e la popolazione...[che]
confermano quanto la memoria collettiva già sapeva o intuiva”. Cioè
che Cortina/Anpezo era profondamente legata ed educata “all’amore per la Patria e l’Imperatore” (naturalmente Austria e Francesco
Giuseppe), pur essendo “tutta di lingua italiana e di religione cattolica”. Cortina/Anpezo era “nelle parole di un Capitano distrettuale,
‘la sentinella avanzata sul confine meridionale’ “ di quella “felix Austria” che di lì a poco sarebbe scomparsa. La stessa dicotomia che
si avvertiva in Pieve di Livinnallongo/Fodom, la cui popolazione,
causa le fasi alterne della guerra, andò profuga nei paesi più sperduti
dell’Impero o dell’Italia sabauda. Il paese poi, trovandosi proprio
sulla linea delle operazioni militari, venne letteralmente distrutto dalle artiglierie degli opposti eserciti.
Vi sono poi una comunità tedescofila a Sappada/Plodn, con una
propria lingua, il “plodarisch” ed infine una enclave cimbra nei
Comuni di Tambre e Farra d’Alpago, limitatamente alla zona del
Cansiglio. Qui essa esercitava fino ai primi del ‘900 l’antico mestiere
degli scatolai, utilizzando l’enorme risorsa del legname della faggeta; di essa esiste oggi una vivace Associazione Culturale, un Centro
Cultura e un Museo etnografico. In definitiva la varietà linguistica è
davvero un tratto caratteristico della nostra Provincia.
Bibliografia
“Cortina d’Ampezzo. 1914-1918: dall’Austria all’Italia”
M.F. Belli, Nuove Edizioni Dolomiti, Venezia, 1993
“I giorni, la vita in Ampezo nei tempi andati”
A.Menardi Illing, Nuove Edizioni Dolomiti, Grafiche Lema, Maniago,1990
“Ladini bellunesi: ingiustificate le disparità di trattamento rispetto al gruppo altoatesino”
D.Trabucco, Editoriale su “Corriere delle Alpi”, 12 febbraio 2012
“La Grande Guerra. Dolomiti”
M.Wachtler,G.Obwegs, Athesia, Bolzano/Bozen, 2012
“Sappada, isola etnica e linguistica. Toponomastica e vocabolario”
G.Piller Puicher, Unipress, Padova, 1997
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Il Territorio
di Tomaso Pettazzi
Dolomiti
Fitness Marathon
“Se si sogna da soli, è un sogno. Se si sogna insieme, è una
realtà che comincia” questo è lo slogan della prima edizione
della che si è tenuta domenica, 9 novembre, al PalaMares di Polpet
con il patrocinio dell’efficientissimo Comune di Ponte nelle Alpi.
14 istruttrici di varie discipline fitness, provenienti da palestre e associazioni di tutta la provincia, si sono alternate sul palco per tenere
lezioni di: zumba fitness, zumba sentao, zumba step, country fitness,
piloxing, hip hop, strike zone, ginnastica posturale e stretching. La
manifestazione, che si è articolata per tutta la giornata, ha registrato un lusinghiero successo: ben 130 partecipanti si sono divertite
insieme. L’evento aveva l’obiettivo di raccogliere fondi a favore di
«Belluno Donna Onlus»: l’associazione che cerca di contrastare la
violenza sulle donne. Secondo Monica Mazzoccoli che ha coordinato e organizzato dell’evento, la «Dolomiti Fitness Marathon»
ha dimostrato che lo sport unisce e non si sono registrate rivalità
dimostrando, ancora una volta un gruppo di donne se, mosso dalla
solidarietà e da un intento bello e forte, riesce a lavorare in modo
compatto ed in armonia. Alice De Francesch, Milena Muscolino,
Evy Lovat, Laura Zidarich, Valentina Amici, Valentina Pante, Serena Esposito, Teresa Colucci, Elisa
Zangrando, Sabrina
Ruzza, Rosa Pompanin, Elisa Da
Belluno Donna
di Martina Baracetti
Vià, Manuela Hofer
e Giuliana Cesco si
sono avvicendate sul
palco ogni mezz’ora
emanando energia e
vitalità. L’obiettivo
che le organizzatrici
si erano prefissate
è stato ampiamente superato: sono
giunti a Polpet partecipanti oltre che
dal Bellunese, anche dalle province
di Treviso, Vicenza, Trento e Ferrara. La «Dolomiti
Fitness Marathon»
è stata la prima esperienza di convention fitness in provincia e le
organizzatrici stanno già pensando ad una seconda edizione più
ricca e rinnovata Inoltre, è stata avviata anche una seconda iniziativa a favore di Belluno-Donna: un calendario per il 2015 dal titolo
«amore di mamma» che contiene istantanee di dodici mamme con
i propri bambini che sono diventati modelli per un giorno.
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Il Senato Veneto per la fortezza di Serravalle
L
o studio si basa su documenti inediti sinora ignorati dagli Storici
locali; in estrema sintesi l’opera si è interessata della gestione veneziana del sistema fortificato di Serravalle, dal 1339 sino alla soglia
degli avvenimenti della Lega di Cambrai. La ricerca ha svelato diversi aspetti
che aiutano a comprendere alcuni punti oscuri che le fonti locali non hanno
permesso di illuminare. Tra questi la fondazione del fortilizio del Montesèl,
rocca controlaterale a quella di Santa Augusta, la giurisdizione sulla fortezza
di Casamatta – sinora ritenuta esclusivamente Bellunese ma per più di 50
anni sotto il controllo del Podestà di Serravalle – e sulla fondazione, e funzione, della Torre di San Floriano.
Proprio questo è forse uno dei punti più interessanti emersi dallo spoglio dei
registri del Senato Veneto conservati presso l’archivio di Stato di Venezia.
La storia del castello di Casamatta, una sorta di chiusa artificiale posta lungo
la sponda sinistra, per chi veniva da Serravalle, del lago di Santa Croce fu con
molta probabilità costruita per il controllo dei traffici lungo la Strada Regia.
Le vicende di questo fortilizio di confine erano note solo a partire dal 1381;
le fonti centrali hanno permesso però di ricostruire nel dettaglio le vicende di
questo castello limitaneo per gli anni 1339-1381, arco di tempo nel quale le
fonti locali, sia serravallesi che bellunesi, tacciono.
Non solo si è avuta notizia dettagliata dei lavori di manutenzione eseguiti in
quel periodo, tra cui anche la costruzione ex novo di una torre, ma i documenti veneziani dimostrano soprattutto, inequivocabilmente, che la giurisdizione
sul castello fosse esercitata dal Podestà di Serravalle. Numerose sono le parti
– nome tecnico usato per le delibere delle magistrature veneziane – del Senato
che lo dimostrano. Difatti il podestà aveva l’obbligo, ogni due mesi, di passare
in rassegna gli undici soldati della guarnigione ed erano le casse del Comune
Serravallese che stanziavano quanto necessario, non solo per i continui lavori
di manutenzione alla struttura, ma anche per il pagamento degli stipendi dei
militari. A riprova della giurisdizione serravallese su questo fortilizio – ritenuto
sinora solo ed esclusivamente di competenza bellunese – il Capitano della guarnigione poteva allontanarsi dalla fortezza
solo una volta autorizzato dal podestà di
Serravalle.
Con l’arrivo dei Carraresi e dei Visconti
poi, la giurisdizione sulla Casamatta fu
esercitata sempre e solo dalla città di Belluno e tale situazione si mantenne con la
conquista veneziana del territorio dopo
la Guerra di Padova nel 1404, resasi definitiva nel 1420 dopo la breve interruzione del 1411-1420.
Alla storia della Casamatta è connessa anche la fondazione della Torre di San
Floriano, in territorio vittoriese, nota – grazie ai dati ricavati dalle fonti veneziane utilizzate in questo studio - a partire dal 1389. Questa, si può ipotizzare,
venne costruita dal Comune di Serravalle proprio a seguito della perdita di
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giurisdizione, e quindi degli introiti, sulla
Casamatta.
Questi nuovi dati pongono nuove domande, soprattutto circa i confini tra le
due giruisdizioni di Serravalle e Belluno,
prima dell’annessione di quest’ultima alla
Serenissima Repubblica.
Lo studio è corredato dalla trascrizione di 138 documenti completamente inediti e da un atlante – allegato non solo per facilitare il lettore ma anche a scopo di censimento – composto da 116 immagini. In
appendice allo studio è presentata la più completa lista dei Podestà
di Serravalle – l’unica sinora compilata risale allo studio del Villanova
del 1977 – la quale è confrontata con quella presente in un manoscritto conservato presso la Biblioteca Nazionale di
Francia; anche questa fonte inedita e completamente sconosciuta agli storici locali.
Materialmente lo studio si presenta come un
volume di 192 pagine, in formato 160x240
mm. Il libro ha le prefazioni di Federico Pigozzo, socio della Deputazione di Storia Patria per
le Venezie, e di Gianni Perbellini, presidente
del Consiglio Scientifico dell’Associazione Città Murate del Veneto. Esce in collaborazione
con il Comune di Vittorio Veneto e diverse
Associazioni del Vittoriese. Ha il patrocinio
dell’Istituto Italiano dei Castelli.
Disponibile in tutte le librerie di Vittorio Veneto e la libreria Campedel di Belluno (a breve).
Massimo Della Giustina - Nato a Vittorio Veneto (1986). Laureando
in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Trieste. Socio del Circolo Vittoriese di Ricerche Storiche dal 2008.
Si interessa di storia veneta, in particolare degli aspetti politico-economici legati al
commercio del sale nella Terraferma Veneta. Ha recentemente pubblicato in collaborazione con Irene Spada, per i tipi della Compiano Editore, “Il Sale in viaggio
da Venezia al Cadore”, ricerca inerente il commercio del sale tra Venezia e il
Cadore attraverso le vicende dei magazzini cadorini di Portobuffolè e Serravalle.
Foto di Antonio Salvador e Massimo Della Giustina
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Buone feste
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Giornalista per un giorno
di Massimo Della Giustina
A Trichiana una nuova rassegna:
“Libri sotto l’albero”
S
i chiama "Libri sotto l'albero" la rassegna voluta dall'amministrazione comunale di Trichiana per sensibilizzare la cittadinanza alla
lettura e a regalare libri per Natale. Si tratta della prima azione
che la nuova giunta di Fiorenza Da Canal intende attuare per rilanciare
il brand "Paese del Libro" a livello nazionale, con iniziative mirate alla
promozione del libro quale strumento fondamentale e irrinunciabile per
la trasmissione di cultura e conoscenze. Il ciclo natalizio prevede la presentazione di tre volumi, in collaborazione con altrettante case editrici:
Laterza, Guanda e Bollati Boringhieri.
Si comincia mercoledì 10 dicembre alle 20,30 nella sala conferenza di
Palazzo Tina Merlin (in piazza a Trichiana) con lo storico Alberto De
Bernardi, che ha appena pubblicato un testo sugli ultimi trent'anni del
nostro Paese. «Un paese in bilico», questo il titolo, racconta le vicende
italiane più significative dal 1979 al 2011 e l'influenza che alcuni grandi
cambiamenti avvenuti sul piano internazionale hanno avuto sul nostro
paese. È nel contesto internazionale infatti che la storia italiana è inserita
e solo al suo interno sono intellegibili le azioni dei suoi attori politici e sociali. Attraverso questa nuova chiave interpretativa, Alberto De
Bernardi rilegge gli ultimi trent'anni della storia italiana al di fuori di
stereotipi e luoghi comuni usurati, in larga parte fondati sul mito della
perenne eccezionalità del nostro paese. Su uno sfondo internazionale,
le trasformazioni spesso drammatiche che hanno attraversato l'Italia ci
appaiono per quello che effettivamente sono state: processi concreti di
adattamento critico ai mutamenti planetari, secondo dinamiche e fenomeni che sono riscontrabili in molti paesi occidentali.
Domenica 28 dicembre (sempre alle 20,30 a palazzo Tina Merlin)
toccherà a un giovane scrittore napoletano, molto apprezzato anche da
Roberto Saviano. Il suo nome è Stefano Piedimonte. Ha scritto «L'assassino non sa scrivere», ambientato in un piccolo paese perso nella
campagna che finalmente conquista i suoi quindici minuti di celebrità: è
ora di festeggiare? Non proprio, se la fama improvvisa è dovuta a un efferato serial killer, per di più l'unico al mondo a essere totalmente privo
di metodo e con l'abitudine di lasciare biglietti sgrammaticati sui cadaveri delle sue vittime. La gente del posto è divisa tra il terrore e l'imbarazzo,
in balia del caos mediatico e nelle mani di difensori ben poco efficaci.
Oltre ai carabinieri, capitanati da un maresciallo scacchista incerto sul-
Appuntamenti
di Andrea Ferrazzi
la partita che sta
giocando, si sono
infatti gettati sulle
tracce del mostro
un cronista cinico
e navigato, il suo
variopinto drappello di amici e
Siusy, la barista dal
cuore spezzato.
Eroi sgangherati che, tra inseguimenti, maledizioni ed equivoci, scopriranno come dietro il modus operandi apparentemente assurdo dell'assassino si nasconda una figura del tutto inattesa...Con questo sorprendente romanzo, Stefano Piedimonte ci regala una galleria di personaggi
stralunati e vivi, nella cornice di un nuovo genere narrativo: un thriller
originale, una favola nera abilmente giocata tra ironia e tensione.
Giovedì 15 gennaio (stessa ora, stessa sede) si parlerà del valore del
libro nel Paese del Libro con un intellettuale che ha scritto un libro
che si intitola. «Il libro». Lui è Gian Arturo Ferrari. Direttore dei Libri
Mondadori nei primi anni novanta, è stato dal 1997 al 2009 direttore generale della divisione Libri Mondadori, che comprendeva, oltre a
Mondadori, Einaudi, Electa, Sperling&Kupfer, Edumond e, più tardi,
Piemme. Dal 2010 al 2014 ha presieduto il Centro per il libro e la lettura, presso il Ministero dei Beni e delle Attività culturali. Dal 2012 è
editorialista del «Corriere della Sera». «Dobbiamo molto al libro - scrive
Ferrari - La vita intellettuale degli uomini ha avuto nel libro il suo utensile più versatile e insieme il suo emblema più glorioso. La vita emotiva,
interiore, degli uomini ha trovato nei libri quella comprensione, quel
colloquio, quell'intima rispondenza a sé che non sempre gli altri uomini
sono stati in grado di offrire. Un simile riconoscimento che confina con
la riconoscenza non ci autorizza però né a perseverare nelle illusioni né
ad avvolgere noi stessi e il libro in una nebbiosa retorica. Al contrario,
possiamo usarlo - lui, il libro - per fare quello che gli è sempre riuscito
meglio. E cioè indagare, ricercare, discernere e, alla fine, capire, conoscere. E preservare, salvare. Questo, infatti, è stato il suo ufficio, la sua
fortuna e la sua gloria».
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Salute e benessere
di Monica Sponga
Cibi alcalinizzanti
ed emozioni armoniche
S
alute del corpo significa avere cellule, tessuti e organi liberi
da acidi, tossine e scorie ed avere allo stesso tempo integre
le riserve di sostanze vitali e di sali minerali. Se queste riserve si conservano quanto più a lungo possibile intatte, ci sono
i presupposti per rimanere a lungo sani e belli. Quando tutte le
cellule , tutti i tessuti e gli organi dispongono di un sufficiente
potenziale di sostanze vitali, allora sono in grado di rigenerarsi
continuamente e di respingere ed espellere le sostanze nocive.
Il presupposto fondamentale per una salute ed una bellezza durature è ridurre, o meglio evitare le abitudini di vita nocive, che
comportano troppo stress, così come le abitudini alimentari acide o acidificanti, come per esempio un eccesso di proteine, grassi
animali, zucchero e dolciumi, fast food e prodotti pronti preparati con additivi, nonché caffè, sigarette e alcol.
Un’altra componente fondamentale per preservare l’equilibrio
acido-basico del corpo è creare dentro di noi emozioni positive.
Ogni cellula e ogni organo del nostro corpo sono pervasi dalle nostre emozioni. Quando queste sono positive, trasmettiamo
amore e subito il nostro corpo “scoppia” di salute. Quando le
emozioni sono negative, la tensione prodotta induce la chimica vitale dell’organismo ad alterarsi e di conseguenza la salute
del corpo si indebolisce. La malattia è semplicemente il risultato
di un disagio interiore protratto, dovuto ad emozioni negative,
come stress, preoccupazioni e paure. Le emozioni influiscono su
ogni cellula. Pensiamo e sentiamo di avere un problema, le cellule
ricevono queste informazioni e di conseguenza mantengono il
corpo con quel problema. Per stare bene, dobbiamo imparare a
creare dentro di noi emozioni positive e armoniche, giorno dopo
giorno.
(da “Guida ad una lunga salute e bellezza”, Verlag Peter Jentschura)
Efficienza Organizzativa
L
e Organizzazioni in genere ed in particolare le Imprese hanno
l’esigenza, nell’attuale congiuntura economica, di essere estremamente efficienti, particolarmente la piccola e media impresa
italiana. Spesso le aziende confondono efficacia con efficienza, o pensano che basti la prima per avere successo e per stare sul mercato. Errato!
L’efficacia delle strategie, dei comportamenti, e degli strumenti utilizzati
è assolutamente necessaria per ottenere gli obiettivi prefissati, ma non
necessariamente per rimanere nel mercato. Per stare nel mercato bisogna essere concorrenziali e si devono combattere gli sprechi e per fare
ciò non basta essere performanti, vale a dire raggiungere lo scopo, ma
bisogna farlo con metodo ed è proprio qui che sta la differenza tra un
processo efficace ed uno efficiente, il secondo sarà opportunamente
programmato, verrà poi eseguito seguendo la programmazione e seguirà poi la giusta e corretta verifica. Essere quindi efficaci non equivale
ad essere efficienti. Si può essere efficaci ed uscire dal mercato perché
troppo spreconi di risorse fisiche, psicologiche ed economiche.
L’efficienza invece permette all’azienda ed all’organizzazione di poter
raggiungere e propri scopi con il giusto sforzo e quindi poter godere di
un margine di profitto. Per fare ciò bisogna però attrezzarsi e soprattutto darsi un metodo nel fare le cose.
Voi pensate che le vostre aziende siano efficienti?
Vi piacerebbe poter misurare l’efficienza delle vostre
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questionario strutturato che permette di raccogliere in modo veloce e
preciso una quantità enorme di informazioni, senza bloccare o fermare
l’organizzazione. Si tratta quindi di un pit stop, rapido e veloce!
Il servizio prevede oltre alla raccolta delle informazioni presso l’azienda,
l’analisi di indicatori e l’incrocio di dati per la stesura puntuale di una relazione completa e dettagliata della situazione complessiva e dei singoli
reparti dell’organizzazione. Verranno poi sottolineati i
punti di forza e di debolezza della struttura e saranno
anche indicate le possibili manovre di miglioramento
e di soluzione alle problematiche esistenti.
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Sartre e l’esistenzialismo
(L’esistenzialismo è un umanismo); in questo senso l’individuo si caratterizza
per essere un auto progetto, in quanto è ciò che vuole essere. Tutto ciò,
filosoficamente parlando, significa che l’esistenza precede l’essenza, ma
allora, che cosa esiste in prima istanza? Probabilmente esiste una realtà
capace di definire la sua propria essenza: in effetti, sostiene Sartre, gli esseri
umani hanno una sorta di natura comune, vale a dire che sono essi stessi
che si fanno essere quelli che diventano: “Secondo noi ciò che gli uomini
hanno in comune non è una natura , bensì una condizione metafisica
con la quale intendiamo il complesso della costrizioni che li limitano a
priori, la necessità di nascere e di perire; quella d’essere finito e di esistere
al mondo in mezzo agli altri uomini” (L’esistenzialismo è un umanismo); se
ne conclude che, in linea con il filosofo francese, l’uomo è libero essendo
il risulta tondi una libera scelta e quindi ciò che egli diventerà dipende
interamente da lui. L’essenza dell’uomo risiede, dunque, nella sua capacità
di autodefinirsi, per tanto la libertà nega che quest’essenza sia qualcosa di
già dato a priori.
Una simile visione filosofica, lungi da ciò che i detrattori di tale pensiero sostengono, prospetta un certo “ottimismo”, nel senso che restituisce piena fiducia all’uomo, riconsegnandoli la totale padronanza di sé e
del proprio destino, ed è importante, a questo proposito, ricordare che
all’interno della concezione sartriana, una simile libertà è parallela ad una
responsabilità del soggetto nei confronti sia del mondo, sia del proprio sé:
“Sono io che decido del coefficiente delle cosa e perfino della loro imprevedibilità, decidendo di me stesso (L’essere e il nulla, 1943); la responsabilità
quindi deriva da ogni scelta individuale, sia di fronte a sé che di fronte agli
altri. Di nuovo la responsabilità produce una condizione di angoscia che
accompagna l’uomo che si assume in modo consapevole il duplice “peso”
della propria e dell’altrui esistenza: “Il primo passo dell’esistenzialismo è
di mettere ogni uomo in possesso di quello che egli è e di far cadere su di
lui la responsabilità totale della sua esistenza. Ma ciascuno di noi, scegliendosi, sceglie per tutti gli uomini. […] Questo significa: l’uomo che assume
un impegno ed è consapevole di essere non soltanto colui che sceglie di
essere, ma anche un legislatore che sceglie, nello stesso tempo, e per sé e
per l’intera umanità, non può sfuggire al sentimento della propria completa e profonda responsabilità” (L’esistenzialismo è un umanismo).
Inevitabilmente una simile condizione comporta una certa angoscia: nello
specifico, Sartre chiama in-sé il mondo delle cose (che non possiedono
la proprietà di crearsi da sole) e chiama, invece per sé la coscienza che
caratterizza l’uomo, quest’ultimo tende a fuggire dalla sua libertà (angosciosa poiché da essa deriva, come già descritto in precedenza, una certa
responsabilità) per rifugiarsi nel mondo più stabile dell’in-sé, liberandosi,
così, dalla condanna a inventare se stesso e i valori ed i significati. L’uomo
tenta di scacciare la sua angoscia immaginandosi di essere inserito in un
mondo giustificato da fini futuri e da valori trascendenti, tuttavia questo
è “malafede”. L’uomo deve invece accettare l’angoscia, riconoscendo altresì che il mondo è privo di senso e che proprio per questo spetta a lui il
compito di dargliene uno.
PARRUCCHIERA CLAUDIA
e
Feste
Buon
© Belluno Magazine
I
n seguito alla Seconda Guerra Mondiale, l’esistenzialismo invade ogni
campo: tale termine è infatti utilizzato per descrivere i vari aspetti
“negativi” e “limitanti” la condizione umana e rappresenta, altresì,
intellettualmente parlando, un ‘accentuata sensibilità nei confronti della
finitudine umana. Da questo punto di vista, il contesto storico-sociale di
delusione, amarezza sviluppatosi in relazione ai conflitti mondiali, genera
uno sconforto generale che determina, a sua volta, una delusione culturale
degli ideali e delle correnti di pensiero antecedenti agli eventi bellici.
In origine il movimento esistenzialista è prettamente filosofico e Jean
Paul Sartre (1905-1980) ne è il motore ideologico affiancato dallo scrittore franco-algerino Albert Camus (1913-1960); con lo shock della guerra
mondiale e l’abominio dell’olocausto, l’esistenzialismo mira a definire una
solidarietà umana che permette di opporsi all’ideologia nazista: ed effettivamente, secondo Sartre, “l’esistenzialismo è un umanismo, una filosofia
dell’azione, dello sforzo, della lotta e della solidarietà” (L’esistenzialismo è un
umanismo, 1946).
In tutte le opere del filosofo francese, la scrittura è infatti da dallo stesso
concepita come un vero e proprio lavoro, dal momento che la letteratura
può essere un mezzo per combattere e lo scrittore deve essere al centro
della realtà in cui vive (si veda il saggio Che cos’è la letteratura, 1945), in tutte
le opere emergono domande inerenti a come sfuggire all’assurdo
dell’esistenza, a come cercare
di conoscere a fondo il proprio
sé per tentare di instaurare con
quest’ultimo un rapporto quanto più veritiero possibile e come
rapportarsi e potere poi raccontare l’altro. Proprio per questo
Sartre utilizza il termine umanismo, definendo il suo esistenzialismo nell’accezione di centralità
del valore dell’uomo tanto nella
realtà quanto nella cultura, cosa,
questa, che, sia a causa dei fatti tragici inerenti la Guerra, sia
a causa dell’omologazione globale e della conseguente
dispersione-spersonalizzazione dell’individuo, si stava perdendo o per lo
meno dimenticando, ma soprattutto sottolinea la libertà di cui il singolo
dispone nel progettare la propria esistenza, per “farsi quale ha voluto essere” (L’esistenzialismo è un umanismo). Ciò significa che, nel pensiero sartriano non esiste una natura umana predefinita, ma è l’uomo stesso ad
essere concepito come libertà in modo così radicale che è egli stesso a ad
inventarsi: “L’uomo non è altro che ciò che si fa…l’uomo in primo luogo
esiste, è in primo luogo ciò che si slancia verso un avvenire e ciò che ha coscienza di progettarsi verso l’avvenire. L’uomo è dapprima un progetto”
DI SALET CLAUDIA
Via Don Natale Carli, 4
Paderno
di San Gregorio Nelle Alpi (Bl)
Tel 0437806210
[email protected]
DELICATA COME I TUOI CAPELLI
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Insegnante di inglese madrelingua
e autrice del libro “Laugh and learn”.
A
utumn is the most picturesque season in the Dolomites,
When nature sparks off her fire-coloured light
Trees, blazing red, orange, yellow, green and brown
Cover the dolomite landscape all around
While wandering around the mountain pass,
A scenic beauty impossible to outclass
The sight of the landscape with coloured trees and leaves,
Dancing harmoniously to the gentle breeze.
Illuminated by the morning sun so bright,
Giving the woods the most magnificent light.
So while driving through the passes you are struck by this beauty,
Really making you forget every problem and duty!
However the Autumn is not only famous for its sights,
The taste of fall is even a greater delight.
The delicious, big brown chestnuts that grow in the pre-alpi bush,
When roasted is all the reason to hurry and push!!
The genuine pumpkin, potatoes and cabbages that grow in the dolomite zone
Are cooked and prepared in different ways from home to home.
Pumpkin soup, dumplings, cakes and even ice-cream
In fact prepared in so many ways you can never dream!
The colours of the vegetables and fruit-apples, pears and the rest of all,
Blend harmoniously with the fire-coloured fall.
Enjoy not only the sight and taste, but also the sound
Of dry crackling leaves and sticks while walking around,
The mating verses of wild animals in the woods,
Sound only by animals can be understood.
So, if you ask me which season I like best of all
I can certainly say, the fire-warm colours of the Dolomite Fall.
Da 25 anni Christian Savi ed il suo personale vi coccolano con le dolci delizie della pasticceria la Tour Eiffel.
Situata accanto alla stazione di Ponte nella Alpi, la Pasticceria la Tour Eiffel, è un ottimo
punto di riferimento per un cappuccino & cornetto da guastare prima della partenza del
treno o anche solo per assaggiare una delle deliziose pastine e scambiare due chiacchiere
in un ambiente rilassante e amichevole.
Cannoncini alla crema, mousse, bignè e le tradizionali eclair francesi via aspettano in
questo piccolo angolo dedicato a Parigi, città dove Christian è nato e vissuto tredici anni
prima di arrivare a Ponte nelle Alpi.
In questo piccolo caffè non potevano mancare le opere d’arte di artisti locali, che si
susseguono esponendo le loro opere, durante tutto il corso dell’anno. Cultura e palato si
fondono così un unico luogo.
APERTI TUTTI I GIORNI: Dalle 7.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 19.30
© Belluno Magazine
English? Yes, please!
Autumn in the Dolomites
di Vasie Naidoo
Istante
Poesia
di Vincenzo Della Vecchia
Come un battito di luce
pizzicato sangue tende.
Risveglio di trame invade
gemello battito attende,
tra due vite già contese.
Bacio in volo, giro e salto
scandito arpeggio d’incanto.
Distacco vago il ricordo
chiocciole spirali schianto,
l’asfalto, terra e cobalto.
Freddo giace là il respiro
calpestato, frantumato.
Briciole di vento fiero
sospiro atteso, scovato,
linfa di cuore animato.
Sole capriole d’istante,
danze di gioia cadente
ora trapassate e risorte.
Spettri ambra Sole lucente,
noi, umani come le foglie.
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Biodiversità
di Francesca Busetti
Più vino o più fagioli?
Quando la biodiversità passa dal locale
I
l Bellunese non è terra di vigneti. Quando parliamo di Belluno, nell’immaginario
collettivo si aprono scenari di montagne, vette innevate, piccoli paesi con le case di
legno e i gerani alle finestre. Ma la provincia è grande e la Valbelluna, che da nord a sud
si sviluppa lungo il fiume Piave per un’estensione di 50 km, è in realtà un’ampia vallata fatta
di un’alternanza di prati, boschetti, piccoli campi coltivati.
Da qualche anno la Valbelluna si va popolando di vigneti e di meleti, propaggini
agricole delle province confinanti di Treviso e di Trento che qui stanno portando le proprie
coltivazioni. Il tutto avviene in sordina. Ma a un certo punto qualcosa cambia.
All’inizio è un brusio sommesso. Poche, isolate parole che riecheggiano sulle pagine dei
giornali locali e si diffondono grazie a qualche blog. Voci di protesta contro l’uso dei pesticidi nei pressi delle case. Manifestazioni di persone per le quali la questione dei meleti del
Trentino importati in Valbelluna è qualcosa che le riguarda da vicino. È il 2009.
25 aprile 2014. Un video inizia a diffondersi sulle pagine di Facebook grazie a un passaparola. Parlano di Belluno, di terreni sottratti, di concimi chimici, di fagioli e di mais.
Si fanno chiamare i “Guerrieri della biodiversità” e protestano contro le monocolture
intensive che annullano le peculiarità territoriali. Fa loro eco, dalle pagine del proprio blog,
“Coltivare condividendo”, un gruppo bellunese informale e autofinanziato che sostiene l’importanza della valorizzazione della propria terra e punta al recupero delle
tipicità locali.
Quello che pareva una manciata di rivoli isolati si va ingrossando, acquista forza, fa rumore.
Iniziative, manifestazioni, conferenze si susseguono in un crescendo, mentre sempre più
familiari diventano parole come “biodiversità” e “sostenibilità”. Ma cosa sta succedendo
nella provincia di Belluno?
Lo chiediamo a Stefano Sanson, insegnante all’Istituto Agrario di Feltre (BL) e sino a pochi
mesi fa Consigliere Nazionale Slow Food.
“Il Bellunese negli ultimi anni è divenuto una sorta di terreno di conquista per le province
di Treviso e di Trento. Le nostre terre costano pochissimo e possiedono un’altissima
fertilità, perché non sono ancora state sfruttate. Per questo gli imprenditori agricoli limitrofi le stanno acquistando per realizzarvi vigneti e meleti, portando con sé metodologie e
sistemi culturali e colturali propri”.
Perché la gente sta protestando? Di cosa ha paura?
“Questo modello di agricoltura intensiva è potenzialmente ad alto impatto ambientale.
Colture come quelle che si prospettano richiedono un elevato numero di trattamenti antiparassitari effettuati con sostanze chimiche”. Il problema dell’inquinamento ambientale
è sollevato da tutti gli abitanti della Valbelluna, ma in particolare da chi vive a ridosso dei
campi coltivati, esposti in maniera diretta ai trattamenti.
Ma c’è dell’altro. “Una coltura dovrebbe essere sostenibile da vari punti di vista: economico,
sociale, ambientale”. Se consideriamo l’aspetto economico queste colture, riproposte con
i modelli da cui derivano, portano interessanti benefici solamente a chi le produce: basso
costo all’acquisto dei terreni, manodopera e mezzi tecnici provenienti dall’esterno, alta produttività e buon ricavo. Ma di questa ricchezza al Bellunese resta poco, se non una negativa
impronta ecologica. “Ad esempio se, come si vorrebbe, il marchio di riferimento sarà il famoso prosecco, questo sarà sempre legato al territorio trevigiano, anche se viene prodotto
da noi. La Valbelluna non ne riceverebbe adeguato ritorno né in termini di visibilità, né di
valorizzazione del territorio, invece tutte le parti coinvolte dovrebbero trarne beneficio”.
Questo è il concetto di sostenibilità sociale. Dal punto di vista ambientale, invece, oltre alla
questione dell’inquinamento bisogna considerare il valore dell’aspetto paesaggistico. “Le
colture intensive cambiano il nostro territorio e la nostra diversità. In altre zone d’Italia
i filari di vite costituiscono una peculiarità, e perciò sono considerati belli. Ma le nostre
bellezze sono altre, ed è fondamentale preservarle”.
Sinora tutte le forme di protesta contro le colture intensive nel Bellunese sono partite, per
così dire, dal basso. Che ruolo hanno le amministrazioni locali nella mediazione con gli
imprenditori agricoli?
“Le amministrazioni locali hanno pochi strumenti, di cui il più importante è la stesura di
adeguate regole di polizia rurale e l’applicazione concreta delle recenti direttive che regolamentano le caratteristiche dei nuovi impianti, cioè metodologie, tempi e distanze dei
trattamenti antiparassitari, in particolare rispetto ai luoghi pubblici, alle abitazioni e a siti
ambientali da proteggere. Il tutto ovviamente a tutela della salute dei propri cittadini e della
conservazione dell’ambiente. Ovviamente la compravendita di terreni, e dunque la cessione del territorio, resterà sempre una trattativa tra imprenditori agricoli e privati cittadini”.
Ma la protesta non è l’unica forma di dissenso espressa dai bellunesi. Diverse cooperative
e piccole associazioni, tra cui la Cooperativa agricola “La Fiorita”, di cui Stefano Sanson è
amministratore, stanno lavorando per recuperare quella che
è la tradizione agricola locale e fornire così un’alternativa alle
colture intensive.
“Il Bellunese è da sempre un distretto lattiero-caseario, dove
tutto è funzionale all’allevamento per la produzione di latte e
derivati; questo settore di storica e grande vocazione, anche
culturale, resterà il cardine dell’economia agricola locale. Ma
in questo contesto esistono anche altre opportunità complementari. Possiamo esprimere una grande potenzialità, rappresentata dallo straordinario patrimonio in agro-biodiversità
che abbiamo preservato e che, se reintrodotto in maniera
professionale e innovativa e con approccio eco-compatibile,
può dare grande soddisfazioni, anche economiche. Ci si chiede perché anche il Bellunese debba omologarsi alle tante altre
aree agricole venete, quasi tutte caratterizzate dalla produzione di vino, e non possa esprimere la propria cultura e identità.
È la tradizione che ci insegna cosa fare. Produzioni orticole e frutticole tradizionali di eccellenza, di cui conserviamo
ancora l’antica varietà rappresentata dai tanti tipi di fagioli,
patate, zucca, mais per polenta, farro, orzo, noci, castagno,
mele, pere, attendono una meritata e adeguata valorizzazione. E con le nostre varietà locali abbiamo la possibilità di costruire una rosa originale di prodotti, complementare alla già
ottima offerta casearia e fortemente attrattiva e connessa al
mondo turistico”.
Piccole produzioni e recupero di una biodiversità che parla
la lingua del nostro passato. In che modo questo patrimonio
viene fatto conoscere al di fuori del Bellunese?
“Noi produciamo e vendiamo all’interno della provincia
di Belluno. Tra i prodotti ci sono anche due presidi Slow
Food, il fagiolo gialét e l’orzo bellunese, che conoscono
un mercato anche a livello nazionale e, in certi casi, europeo.
Tuttavia la nostra scelta è proprio quella di mantenere una filiera corta, che porti qui il consumatore e gli faccia conoscere
anche le nostre bellezze naturali”.
Le diversità locali, specchio di peculiarità territoriali e di tradizioni antiche di secoli, riflettono la nostra cultura. Accanto
al mercato globale, costruiamo pertanto un binario parallelo
volto al recupero di un patrimonio vario come le infinite contrade d’Italia. Buona sostenibilità a tutti!
Turismo
di Francesca Casali
Renzo Minella
Al lavoro per gettare le basi di progetti futuri a migliorare l’offerta turistica nel bellunese.
Partita la stagione invernale. Riaperta la seggiovia Capanna Bill - Passo Padon
B
elluno 15 novembre 2014 – Se l’argomento è il turismo nel Bellunese non si può non parlare del nuovo Consorzio di Imprese
e del DMO Dolomiti (l’acronimo sta per Destination Management Organization). Questi enti di recente formazione sono voluti
dalla legge regionale 11 del 14/06/2013 sullo sviluppo e la sostenibilità
del turismo in Veneto. Le novità apportate si concretizzeranno a breve,
come sostiene Renzo Minella, presidente regionale di Anef (Associazione Nazionale Esercenti Funiviari), e come tale presente in Consorzio.
“L’appuntamento per il primo CDA del Consorzio è in calendario a dicembre di
quest’anno – afferma Minella - Si cercherà di gettare le basi per progettazioni future
che sono ormai necessarie. Il lavoro del Consorzio di Imprese, con la rappresentanza di
tutti i consorzi di valle e quattro associazioni di categoria, tra cui Confindustria, sarà
quello di “fare rete”, avvalorare progetti condivisi e contribuire alla nuova organizzazione DMO Dolomiti. Sul tavolo il rinnovamento dell’offerta turistica sul territorio
e, in particolare, la riqualificazione alberghiera e il recupero dei posti letto. La partecipazione in DMO di rappresentanze pubbliche come la Provincia, i quindici comuni
turistici bellunesi e la Camera di Commercio, la rendono l’unico soggetto riconosciuto
dalla Regione Veneto che abbia i titoli necessari per concorrere alle opportunità di
finanziamento previste dalla programmazione europea 2014-2020.”
Tante quindi le speranze per lo sviluppo del turismo in provincia di
Belluno. Un rinnovo effettivo potrebbe avverarsi già nei primi mesi del
2015. Ma la stagione invernale è già avviata e come sempre ci si aspetta
molto dal periodo che in genere meglio risponde alle richieste turistiche
sul territorio bellunese. È previsto un incremento della presenza straniera
proveniente dall’est europeo. Polonia, Repubblica Ceca, Croazia e Ungheria. I russi sono clientela esclusiva di Cortina. Al momento si hanno
già sentori di crescita rispetto allo scorso anno con la speranza che l’offerta neve possa rispettare le aspettative. “Per quanto riguarda gli impianti di
risalita, – continua Minella - posso dire che il grande impegno attuale è stato quello
di ripristinare e mettere in sicurezza gli impianti e le piste che l’inverno scorso hanno
subito gravi danni a causa delle avversità metereologiche. La stima dei disagi subiti
nella parte alta della provincia bellunese è di circa 10 milioni di euro e pesa gravemente
sull’offerta turistica. Per il momento la buona notizia è che nel territorio del Consorzio
Turistico Dolomiti Stars è riaperta dall’inizio di dicembre la seggiovia “Capanna
Bill – Passo Padon” che collega sci ai piedi la Marmolada con la zona di Arabba e
del Sellaronda.”
Belluno - Via Matteotti
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Li per bambini
di Ilaria Della Giustina
La Profezia dei Draghi Viverna
T
erribili serpenti stringevano d’assedio la città di Belluno, finchè un
giorno cinque bambini coraggiosi … inizia così “La profezia dei
Draghi Viverna”, un’avventura in rima tutta da leggere e da guardare,
popolata da draghi e personaggi della tradizione dolomitica. Il libro, 41 pagine
in cartonato, è stato scritto e illustrato per le Edizioni DBS da Paola Zambelli
ed Alessia Saracini, che si sono divertite a reinventare la storia della loro città
in chiave fantastica.
Un libro tutto bellunese. Paola, da dove nasce l’idea di scrivere “La
Profezia dei Draghi Viverna”?
Il libro nasce dalla necessità e dal desiderio di strutturare, in un linguaggio
adeguato ai bambini fatto di parole ed immagini, un racconto che raccogliesse
le risposte alle domande che, in tanti anni di insegnamento, proprio questi piccoli ma attenti esploratori mi hanno posto relativamente alla città di Belluno,
ai suoi monti, ai suoi monumenti, ai suoi simboli, in particolare allo stemma
cittadino.
Insomma i bambini e la loro curiosità come forma di ispirazione?
La curiosità dei bimbi è insita in loro e spesso è scaturita dal “vedere”, dal
guardarsi attorno, dall’esperienza empirica.
è stato entusiasmante guardare fuori dalla finestra con loro e sentirsi
chiedere:”Maestra, che montagna è quella? Perché è fatta così?” oppure girare per
la città con il naso rivolto all’insù e sentire quelle vocine interessate che domandavano: “Maestra, chi è quel signore sopra la fontana? Perché sullo stemma ci sono i
draghi?” o leggere in classe delle nostre tradizioni e venire interrotte perchè vogliono sapere chi è il Mazarol, dove vive e cosa fa. Come si può immaginare, risposto
ad una domanda è subito pronta la successiva.
Di cosa narra il libro?
I protagonisti sono personaggi realmente vissuti oppure elementi del patrimonio culturale e folkloristico delle Dolomiti: i santi protettori della città,
Ezzelino da Romano, il Mazarol. Le loro vicende si intrecceranno durante la
ricerca di chi possa scacciare le serpi dalla città: tra un’antica profezia, un anello con una frase magica e draghi liberati da antichi sortilegi, abbiamo voluto
accompagnare i nostri giovani lettori alla scoperta di luoghi e personaggi della
storia di Belluno. Il viaggio si conclude con la narrazione, anch’essa in chiave
fantastica, di come nacque lo stemma della città.
Mi hai parlato di bambini e scuola: avete una precisa progettualità in
merito, vuoi parlarcene?
Ad inizio anno scolastico 2014-2015, abbiamo proposto un progetto ai docenti dei tre Istituti Comprensivi cittadini, in cui diamo la nostra disponibilità
ad intervenire nelle classi per raccontare ai bambini come è nata questa avventura. Ora, nelle classi che ci invitano, faremo una presentazione ricca di foto
della nostra città e di informazioni sul testo e sulle illustrazioni ma, soprattutto,
porteremo con noi una misteriosa valigia piena di libri antichi e moderni, disegni e bozzetti. È un piacere osservare quanto siano entusiasti i bambini nello
scoprire com’è stato costruito il libro e sentire i loro commenti, tra i quali il più
promettente per noi è:”Anch’io voglio scrivere un libro da grande”.
Inoltre quest’anno il libro è stato inserito nel Progetto “Lettura Pensata”, promosso dall’Ufficio Scolastico Territoriale di Belluno, nella sezione rivolta agli
alunni della Scuola Primaria, che da anni si pone l’obiettivo di contribuire alla
diffusione della lettura fra i bambini ed i ragazzi, attraverso percorsi di stimolo suscitati da libri
appositamente selezionati.
Alessia, perchè la scelta di un
libro così riccamente illustrato?
I bambini sono curiosi, visivi,
creativi e, proprio per questo,
volevamo parlare loro con il linguaggio della fantasia e dell’immaginazione: avevamo il desiderio di provare a muoverci in una dimensione
visiva e fantastica.
Quando ho letto per la prima volta il testo, non ancora nella versione definitiva, ho immediatamente visualizzato e creato nella mia mente alcune immagini. Solo dopo, rileggendo il racconto, ho realizzato e focalizzato quanti elementi vi fossero contenuti, quanto fosse ricco di suggestioni e quanto questa
storia ci appartenesse.
Nelle successive fasi di studio e progetto, sostenuta dalla mia immaginazione e
da tanta curiosità, un pò come i piccoli alunni di Paola, ho iniziato a riguardare
la nostra città, i nostri luoghi e i nostri simboli, a riosservare i dettagli e così le
suggestioni del racconto si sono tradotte in sequenze e disegni.
Nella “Profezia dei Draghi Viverna” le illustrazioni sono numerose e volutamente descrittive del testo. Questo nasce dalla precisa volontà di poter raccontare la nostra storia a tutti, soprattutto ai bambini più piccoli. Abbiamo
desiderato fortemente che anche coloro che non sono in grado di leggere la
lingua italiana (bambini ed adulti) potessero sfogliare il nostro libro e comprendere lo sviluppo del racconto attraverso il linguaggio naturale dell’uomo:
l’immagine.
Quando avete presentato il libro?
Il libro è stato presentato domenica 5 ottobre, in occasione di “Domenica di
Carta: la voce della storia e dei libri”, evento promosso dal Ministero dei beni
e delle attività culturali e del turismo. L’Archivio di Stato di Belluno ha aperto
le sue porte per accogliere nell’antica chiesa di Santa Maria dei Battuti tutti i
bambini curiosi di scoprire le fantastiche avventure dei personaggi, potendo
poi riviverle attraverso dei laboratori di creatività promossi dall’Associazione
“Il Margine”.
Per finire dove possiamo trovare il vostro libro?
Se desiderate la copia del libro personalizzata e con la nostra dedica, potete
contattarci: saremo felici di rendere il nostro libro un regalo speciale. Inoltre
il libro è in vendita nelle migliori librerie di Belluno e di Feltre oppure nel sito
on-line della DBS Edizioni: www.dbszanetti.it.
Come vi possiamo contattare?
Siamo presenti su facebook sia con il profilo personale Viverne Paola E Alessia sia come pagina La Profezia dei Draghi Viverna dove potrete trovare ulteriori interessanti informazioni su di noi e sul libro. Inoltre potete scriverci una
mail al seguente indirizzo: [email protected].
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FELTRE (BL) - Via Carlo Rizzarda, 4
Tel. 0439 89313 - Fax 0439 847049
[email protected]
Buone Feste
La Casa delle Mamme
F
orse molti dei lettori di BM hanno sentito parlare del Flash Mob allattamento andato in onda a Belluno, Feltre, Agordo e Vittorio Veneto ma
anche in altre centinaia di Piazze italiane il 4 ottobre 2014. La Casa delle
Mamme ne è stata ideatrice e grazie al MAMI (Movimento Allattamento Materno
Italiano) l’evento è stato esteso in tutto lo stivale.
In contemporanea centinaia di mamme si sono ritrovate per compiere “il gesto”
antico quanto l’essere umano: hanno allattato i proprio bambini. L’iniziativa ha
avuto un gran successo a livello mediatico permettendo di portare l’attenzione su
questo tema che, paradossalmente oggi, ha bisogno di essere promosso, protetto
e sostenuto. Un tema che fa vibrare corde profonde genera, ovviamente, reazioni diverse e molti sono stati
i commenti dei media e delle
persone.
Proprio questo era uno dei
risultati desiderati: l’opportunità di parlare e sviscerare
preconcetti e punti di vista.
Da chi si stupiva del bisogno
di proteggere e promuovere
l’allattamento, data la naturalità del fato, a chi si interrogava sull’opportunità di farlo
“all’aria aperta”, a chi metteva
in campo i sensi di colpa delle mamme che non avessero
potuto allattare.
La Casa delle Mamme desidera fare, al di là di quanto
riportato dai vari giornali e
dai singoli intervistati, alcune
considerazioni e porre degli
spunti di riflessione riguardo
il significato di questa iniziativa e sui temi che ha sollevato.
Temi che dimostrano ampiamente come, se si vuole che l’allattamento torni ad
essere la norma culturale, una buona parte del lavoro vada fatta sulla società. Ne
sono esempio i tassi di allattamento nei paesi nordici dove, da quando sono state
attuate una serie di azioni pratiche, politiche e culturali (anche con una massiccia
campagna pubblicitaria nei media nazionali), l’allattamento è scelto e praticato da
tutte le famiglie (i tassi delle donne che non riescono ad avere una produzione
sufficiente si attesta nello 2/5 % a differenza dell’Italia e del resto d’Europa dove
il “non avere latte sufficiente” è piuttosto frequente).
Iniziamo con il dire cosa non era questo Flash Mob:
- Non era una forma di esibizionismo ne di auto- referenzialismo. Le mamme del FM non si ritengono certamente migliori di quelle che non allattano. In
nessun luogo questo è stato detto o fatto intendere. Molte delle mamme del FM
non hanno allattato il primo figlio ma proprio grazie ai gruppi d’aiuto tra mamme
(attivi anche alla Casa delle Mamme) vi sono riuscite con i successivi . Erano quindi in piazza a manifestare a favore del sostegno all’allattamento, all’importanza di
una cultura amica dell’allattamento ed in segno di solidarietà con le donne che non
hanno potuto allattare a causa di consigli errati o pressioni sociali fuorvianti.
-Non era una forma di provocazione. Il FM è una pratica moderna di manifestazione, usata compiendo un gesto rappresentativo, nel nostro caso l’allattamento. Isabella ha detto” Se avessi voluto provocare, il FM sarebbe lo avrei fatto
in topless!!”
-Non si sono viste donne con il seno al vento. Chi allatta lo fa solitamente
con disinvoltura e discrezione e quando il bambino poppa si vedono si e no due
cm. di pelle perché la maggior parte del seno è coperta dalla testolina del bimbo e
dalla maglietta della mamma. Come ha scritto simpaticamente Sara, una mamma
partecipante al FM, “Si vedeva più seno nelle mie scollature del sabato sera!”
- Non era una protesta contro i servizi sanitari. Le associazioni aderenti al
FM sono consapevoli del grande sforzo in atto negli Ospedali in cammino BFH
(Ospedali amici del bambino), della dedizione degli operatori sanitari impegnati
nelle prime fasi di avvio dell’allattamento. Sono però consapevoli anche del fatto
che tale sforzo è vano se una volta rientrata nella società la madre è subissata
da info scorrette e pratiche non amiche di mamme e bambini. Auspichiamo che
sempre più Ospedali intraprendano il percorso BFH e che molte Amministrazioni comunali si adoperino per divenire BFC (Comunità amiche del bambino), in
un’ottica di protezione dell’allattamento.
- Non era un modo per alimentare i sensi di colpa di chi non ha allattato. Ogni donna decide se sentirsi in colpa o meno, non sono le azioni degli altri
che determinano il senso di colpa, ma come una persona vuole vivere una data si-
Infanzia
di Emanuela Saronide
tuazione. Ci sono molte donne che sono passate dal senso di colpa per non essere
riuscite ad allattare alla rabbia per la consapevolezza di non esser state aiutate e sostenute adeguatamente. Ecco, il FM intendeva favorire una cultura più a sostegno
dell’allattamento in cui le interferenze all’allattamento siano azzerate. Sappiano che
in altro contesto culturale le donne riescono ad allattare, basti guardare i tassi di
allattamento di Norvegia e Svezia contro quelli italiani. Non è quindi “colpa” della
donna ma della cultura circostante. Testimonianza ne sono le decine di mamme che hanno partecipato all’iniziativa perché consapevoli che con più aiuto le
cose sarebbero andate diversamente. In generale sul senso di colpa diciamo che
la “colpa” non è delle persone o delle scelte che compiono ma, di quei fattori che
facilitano l’uno o l’altro comportamento, ed è responsabilità di noi tutti modificare
questi fattori per rendere più facili i comportamenti “giusti”.
Cos’era quindi questo Flash Mob?
Era un modo per festeggiare la SAM, Settimana Mondiale per l’allattamento, che
quest’anno invitava a: -Illustrare i progressi fatti fino ad oggi e le lacune strategiche per l’allattamento
e l’alimentazione infantile.
-Richiamare l’attenzione sull’importanza di rafforzare le azioni per proteggere, promuovere e sostenere l’allattamento come un intervento chiave negli OSM
e nell’era post 2015. -Stuzzicare l’interesse dei giovani e delle giovani affinché possano comprendere la
rilevanza dell’allattamento nel mondo che cambia di oggi.
Abbiamo identificato come lacuna e interferenza social all’allattamento il
fatto che questo gesto, antico come la donna, con il passare degli anni stia
diventando sempre più raro da vedere. E come potremo tornare ad una
cultura dell’allattamento se è più frequente vedere un bambino con ciuccio
e biberon che non allattato al seno? Come faranno le nostre figlie cresciute
con bambole al biberon, che difficilmente han visto un bimbo allattato, a
ritenere naturale l’allattamento?
Chi allatta, magari un bimbo di più di 3 mesi, sa bene quanti suggerimenti, quanti
consigli, quante considerazioni non richieste, e la maggior parte delle volte assolutamente assurde, ci si sente dire. Ecco tutte queste considerazioni “Ma allatti
ancora?” “Ma è solo un vizietto” “Ti usa come un ciuccio” “E’ furbo” “Ma il
tuo latte sarà nutriente?” “Io ho smesso perché il mio era acqua” ecc. sono la
prova che c’è ancora molto, moltissimo, da fare perché le donne allattino a lungo
e serenamente.
In una cultura dove il seno è usato per vendere ogni cosa il suo “uso” in
contesto non pubblicitario e sessuale fa discutere. Diversi sono stati i forum dove si è detto che è un gesto da fare in privato od addirittura un’oscenità. Chi reputava l’allattamento un gesto intimo tra madre e figlio ha ragione, ma ha
colto un solo aspetto della questione. La donna di ieri e di oggi non è una madre
che ha solo la cura del bebè cui pensare. Il lavoro (tipiche le foto delle donne
sud americane che allattano tra la loro mercanzia al mercato), la spesa da fare,
altri bimbi da portare all’asilo, riunioni, dentisti, parenti...e dall’altra parte c’è un
allattamento che, per non rischiare di entrare a far parte della schiera di mamme
che “non aveva abbastanza latte”, è preferibile gestire “a richiesta”. E la richiesta
del bebè non è prevedibile. Il seno si usa anche per soddisfare la sete, il bisogno
di rilassarsi per dormire, la paura, ecc. e quindi le poppate sono frequenti. Ricordiamo anche, a chi vorrebbe che le donne allattassero solo in casa, che la migliore
prevenzione della depressione post parto è data dai contati sociali, quindi perché
recludere le donne in casa per compiere un gesto sano, naturale e dolce? A chi invita le donne ad andare ad allattare in un bagno pubblico Rosa risponde” Andare
a mangiarci voi un panino in un wc pubblico prima di invitare i nostri bambini a
farlo!” C’è sempre la macchina ribatte qualcuno… .”Io uso il tram ed allatto in
tram, appunto….” Sottolinea Francesca. Se fuori piove la Casa delle Mamme
ha istituito una serie di negozi che offrono, senza obbligo di acquisto, una
sedia per allattare…
Per quanto riguarda l’aspetto “sessuale” dell’allattamento, non si vede un
granché quando una donna allatta... chi desidera vedere un pò di seno è
meglio accenda la tv o dia un occhio ai cartelloni pubblicitari...troverà più
soddisfazione! Fa comunque riflettere il fatto che 50 anni fa la OMSA “che gambe”, famosa ditta di calze e collant, per pubblicizzare i propri prodotti mostrasse
due cm. di pelle nuda della caviglia...le donne a quei tempi allattavano tranquillamente ovunque ..ai mercati di paese, nei campi dove si faceva il fieno, al filò la
sera...Oggi la OMSA “che gambe” per vendere collant mostra una donna
nuda...ma le donne non possono allattare all’aperto perché è scandaloso! Siamo felici che questo FM abbia contribuito ad accendere il dibattito sui social
network e per le strade...solo parlandone, confrontandoci con i diversi punti di
vista degli altri possiamo crescere e contribuire a costruire una cultura di accettazione delle scelte degli altri, qualunque esse siano.
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Trasporti
di Enrico Valmassoi
Stazione di Belluno
S
tazione di Belluno. Un nerboruto Locomotore a gasolio si rivolge ad una vecchia Locomotiva- “caspita! …. nel 1975 correvi
più veloce di me!” e la Locomotiva di rimando “certo! … ed io
allora... pure fumavo!” Possiamo cavarcela con una battuta ma la realtà
ferroviaria bellunese è proprio questa!. I collegamenti da e per Venezia o Padova hanno tempi di percorrenza anacronistici e poi
ci si stupisce se i cittadini non utilizzano il treno. Dopo le “scellerate
potature” degli anni ’60, la Calalzo di Cadore - Cortina d’Ampezzo Dobbiaco e la Bribano - Agordo che oggi sarebbero tanto utili da un
punto di vista turistico, nulla di concreto si è fatto per sviluppare un
progetto ferroviario che facesse della Provincia di Belluno un “corridoio ferroviario” di collegamento tra l’Adriatico e l’Europa (sbocco a
nord) o, in alternativa, meta di un turismo ferroviario così come, altri
paesi europei, quali la Svizzera, l’Inghilterra, la Francia e per ultima,
la Slovenia, hanno con lungimiranza imprenditoriale realizzato. Le
ferrovie del bellunese sono le ultime tratte venete di montagna
e non vengono minimamente considerate come un’opportunità turistica. Quest’anno ricorre il centenario dell’arrivo del Treno a
Calalzo di Cadore (1914 - 2014) ma i festeggiamenti sono stati organizzati in modo talmente dimesso da indurre perfino gli organi d’informazione ad evidenziarlo apertamente. Spiace,
ma non si è voluto
coinvolgere il “Mondo dell’Associazionismo e del Volontariato” che tanto si è
speso, in questi anni,
sul tema “Il Treno”.
Professionalità
ed
energie per organizzare un “Grande
Evento” che facesse
giungere appassionati e turisti c’erano
e potevano essere
attivate senza nulla togliere alle iniziative “prettamente politiche”, sicuramente importanti,
ma turisticamente ed economicamente ininfluenti. Bastava posticipare
i festeggiamenti e si sarebbero potuti organizzare, in un fine settima-
na, una serie di eventi
quali: un Treno Storico (la tratta ferroviaria, come è noto,
è rimasta chiusa per
lavori per molti mesi
del 2014); un annullo
filatelico per promuovere l’evento (le Poste
Italiane emettono un
bollettino a carattere
nazionale che preannuncia
l’emissione
degli annulli); mostre
fotografiche; un mercatino di scambio;
presentare i Libri che
sono stati realizzati,
nel corso dell’anno, in
occasione del centenario quali il bellissimo
“1914 – 2014 BELLUNO – CALALZO
Una ferrovia tra le
Dolomiti del Cadore”
di Roberto Tabacchi –
Tiziano Edizioni e “1914 – 2014 Belluno – Calalzo di Cadore Una
Ferrovia nel cuore delle Dolomiti” copia anastatica di un raro libro
pubblicato nel 1915 dal C.I.F.I. (Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani)
- Momenti AICS Editore. Si sarebbe potuto proiettare, per far conoscere ed apprezzare le bellezze della linea ferroviaria Belluno – Calalzo
e il territorio attraversato, il DVD “1914 – 2014 Cento anni di Ferrovia nel Cadore “ - Momenti AICS Editore, quest’ultimo, presentato il
12 aprile 2014 preso l’Ente Fiera di Longarone in occasione della decima edizione della manifestazione “Il Treno nelle Dolomiti” ormai
diventata uno degli appuntamenti a tema ferroviario più importanti
del Nord Italia. Peccato! è stata persa, ancora una volta, un importante
occasione per promuovere la nostra Provincia. Un’evidente incapacità
di “fare squadra” che ci rende tutti “perdenti”.
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Cucito
di Chiara Reolon
Torna l’arte del cucito
al tempo della crisi
L
a società consumistica, ci ha insegnato a eliminare con facilità tutto ciò che non è più attuale o che semplicemente si ha
stufato.
In un territorio, come il nostro, composto da persone che hanno nel
loro dna l’arte del fare e del reinventarsi ad ogni difficoltà, la crisi economica ha dato un nuova spinta al saper arrangiarsi e adattare con le
proprie mani ogni problematica, anche nel campo del cucito.
Negli ultimi anni c’è stato un aumento di richieste di corsi di taglio e
cucito per diverse ragioni.
Necessità emersa con la crisi e cioè l’opportunità e la convenienza a
riadattare e riciclare capi d’abbigliamento dismessi che, ‘rivisitati e corretti’, possono riacquistare una nuova vita. In pratica, un esperimento
per trarre vantaggio anche dalla terribile recessione economica che ci
sta attanagliando, un’azione mirata contro lo spreco.
D’altro canto i corsi vogliono essere un’occasione per socializzare, per
recuperare un mestiere che sta scomparendo, in particolare la crisi del
ricambio generazionale si avverte soprattutto per i mestieri artistici
tradizionali. In realtà i mestieri artigianali sono molto
creativi e danno ottime soddisfazioni professionali. Un
prodotto artigianale si distingue sempre per la qualità
e l’unicità del pezzo, caratteristiche per le quali ci sarà
sempre richiesta di manufatti di questo tipo.
Il cucito a due facce quindi: utile ma anche creativo e ricreativo. Merito anche delle nuove macchine
sempre più tecnologiche, ma al contempo più semplici
nell’utilizzo e proposte in diverse fasce di prezzo, che
danno l’opportunità di dare libero sfogo alla propria
creatività e fantasia.
Ne è l’esempio la richiesta sempre maggiore di macchine con la possibilità anche di ricamare e poter creare
autonomamente diverse forme di arte legate al cucito:
lavori ad intaglio, ricami che ricreano l’effetto pizzo,
bijoux in filo come orecchini o braccialetti che hanno
fatto innamorare donne e ragazzine, personalizzazione
di capi e complementi di arredo con ricami degli personaggi dei cartoni animati e film per i più piccoli. In più
regalare qualcosa di personalizzato, creato da sé, è sempre un presente più gradito, sicuramente più apprezzato
e, sapendosi ingegnare, anche molto economico.
Per chi vuole cimentarsi in questo ramo con una macchina semplice,
con poche funzioni, potrà trovare ora in mercato anche nuove macchine robuste, con pochi punti e con la possibilità effettuare le regolazioni necessarie in autonomia, in modo che anche le profane di questo
mondo possano immediatamente approcciarsi senza molte difficoltà.
Meccaniche, elettroniche, con più o meno punti e atte al cucito di
materiali leggeri o anche robuste, insomma per tutte le esigenze e per
tutte le tasche.
Considerare il cucito come cura per la crisi forse è azzardato, ma
sicuramente un’arte che può dare differenti opportunità, dal trarne
un piccolo guadagno cucendo anche per gli altri, all’utilizzo per un
contributo al risparmio nell’economia domestica, all’utilizzo per chi
pensa, in controtendenza, che le cose possono avere nuova vita e che
il riciclo non è solo un modo per risparmiare, ma anche un principio
per la salvaguardia dell’ambiente in cui viviamo, e infine la visione del
cucito semplicemente per divertirsi a creare quello che più ci piace per
noi e i nostri cari.
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impegno, date il massimo e i risultati arrivano.
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a costo di rimandare impegni complessi.
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facile, ma fuggire non risolve alcuna situazione, cercate l’incontro e non lo scontro. LAVORO: La metodologia può esservi di concreto
aiuto in questo periodo, non siate presuntuosi
ma ricontrollate il vostro operato. SALUTE:
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così come stanno, senza ostinarsi in comportamenti poco razionali. LAVORO: Possibile
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buon fine un progetto, anche la mancanza
di presupposti stabili contribuiscono all’insuccesso. SALUTE: Attività fisica si, ma con
moderazione, in particolare se le articolazioni
sono messe sotto stress.
AMORE: Trovate il modo di avere più fiducia
in voi per trasmetterla a chi vi sta a fianco,
e scoprirete che l’ insicurezza era nascosta
anche dall’altra parte. LAVORO: A volte i rapporti personali, in ambito professionale, non
sono facili e sembrano prevalere sul lavoro
ben svolto. Evitate di intestardirvi. SALUTE:
Date più spazio allo svago, magari trascorrendo piacevoli serate con amici.
AMORE: Il vostro comportamento potrebbe venir frainteso, chiarite con onestà le
vostre opinioni. LAVORO: A volte bisogna
sottostare a direttive apparentemente inutili da parte dei superiori, fateglielo notare
con calma pur eseguendo quanto disposto.
SALUTE: Irritabili davvero, basta poco per
farvi scattare e dirvi di contare fino a 10
serve poco.
AMORE: Confidarsi con una persona amica per
cercare di chiarire difficoltà di coppia va bene,
ma le vostre responsabilità dovete affrontarle.
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cui fidarsi e il vostro intuito saranno di felice
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aperta, magari in contatto con la natura, per un
miglior equilibrio psicofisico.
AMORE: I malintesi possono essere in agguato, capita. Evitate però di chiudervi in voi
stessi. LAVORO: Prestate molta più attenzione a quello che fate, a volte la superficialità
crea problemi. SALUTE: Un po’ di moto vi
giova certamente, la palestra è un valido
suggerimento.
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in amore quindi, e se il vostro partner ve
lo fa notare meglio rimediare. LAVORO: Le
difficoltà non mancheranno, ma se agite
con giusta ed equilibrata determinazione
supererete ogni ostacolo. SALUTE: Attenzione a non strafare, cercate di recuperare
energie. Con le difese abbassate sarete più
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vedete con occhi differenti. LAVORO: Non è
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chiedere aiuto da chi è ben più preparato di
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fastidi in agguato, proteggetevi meglio.
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voi però dovete accettare le critiche. LAVORO: I nuovi progetti possono essere oggetto
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Oroscopo
Dicembre 2014
di Mago Yamil
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