Giugno 2014 - Belluno Magazine

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Anno V n. 21 Editrice Media Belluno srl
Autorizzazione Tribunale di Belluno n. 691/2009 del 26/08/09
GIUGNO 2014
Dolomites
Sport
Speciale
UNESCO
LabFest
• Testa a testa Belluno - Union Ripa La Fenadora - pag. 14
• Union San Giorgio Sedico - pag. 15
• Storico Torneo Agordino - pag. 16
• Alcuni buoni motivi per scegliere il rugby il prossimo anno! - pag. 17
• Football americano a Belluno - pag. 18
• Judo - Campionati europei di Kata - pag. 20
Sommario
Il Pastin, Tradizione Bellunese!
I
l Pastìn, tradizione bellunese e patrimonio che viene dal
passato e vive di presente!
Questa la sintesi di un prodotto della tradizione alimentare bellunese che si tramanda da decenni nelle nostre vallate
sin da quando ogni famiglia allevava un maiale ed al momento della sua macellazione, una vera e propria festa che univa
interi paesi, la carne, più o meno grassa, veniva mescolata
alla carne di una vecchia mucca per poi essere tritata con
l’aggiunta di sale e pepe.
Ancora oggi, con il passare del tempo, nonostante i grandi cambiamenti intervenuti negli stili di vita e l’evoluzione
tecnologica, il Pastìn bellunese ha una propria ben definita
connotazione ed è uno dei prodotti bellunesi maggiormente
apprezzati, conosciuti e consumati.
Ma come si produce il Pastìn nelle macellerie Bellunesi?
Per la riuscita e la bontà del Pastìn è di fondamentale importanza la scelta delle materie prime da parte del macellaio.
Non si pensi infatti che vengano
utilizzati scarti e tagli di qualità inferiore: ciò minerebbe ovviamente il risultato finale!
Il Pastìn è un impasto di carni di
maiale, del quale si utilizza la pancetta e la spalla, e, in percentuale
inferiore, di manzo.
Usi e tradizioni locali, in ogni vallata, determinano le differenze di questo alimento e di come
macellai e ristoratori lo preparano e lo cucinano rendendolo
sempre unico e mai uguale. Di base comunque il Pastìn è
appunto un impasto ben lavorato e, successivamente, salato,
pepato ed insaporito con il vino od altri sapori a seconda
delle località e delle tradizioni valligiane.
Un prodotto così “semplice” che si
presta dunque a varie proposte: possiamo infatti apprezzare il gusto e
l’unicità del Pastìn cucinandolo alla
griglia od in padella sotto forma di
polpette di varia forma e dimensione.
Accompagnato alla polenta o ad atri contorni. Oppure semplicemente consumato nel tradizionale panino caldo facile
da trovare nei bar, nei rifugi, nei punti di ristoro o nelle feste
paesane della nostra Provincia.
Il Pastìn risulta comunque sempre saporito, gradevole e mai
scontato!
Il Pastìn diventa poi protagonista di speciali elaborazioni
nelle mani dei nostri cuochi, sapienti interpreti della gastronomia locale di montagna. Ricette appetitose e fantasiose
che potrete gustare nei ristoranti bellunesi.
Un prodotto antico e moderno, semplice ed allo stesso tempo raffinato. Un prodotto facile da interpretare e per questo
apprezzato da tutti!
Il Pastìn, grazie alle azioni sviluppate da Confcommercio
Belluno in collaborazione con la Camera di Commercio,
l’USL di Belluno e l’Università di Padova, è stato riconosciuto PRODOTTO TRADIZIONALE dal Ministero per
le Politiche Agricole e Forestali, è stato oggetto di approfonditi studi scientifici, di tesi di laurea ed eventi gastronomici
nonché, negli ultimi anni, di azioni di marketing promozionale che ne hanno diffuso e rafforzato l’immagine agli occhi,
e soprattutto al palato, dei nostri turisti.
Gustate il Pastìn,
gustate la
Tradizione Bellunese!
Il periodico gratuito di informazione
ed attualità delle Dolomiti
Giugno 2014
Anno V n. 21 - Editrice Media Belluno srl
Autorizzazione Tribunale di Belluno
n. 691/2009 del 26/08/09 Iscrizione al R.O.C.
Registro Operatori della Comunicazione n. 21851
05 Editoriale Il falso mito della scuola 2.0
06 Dolomiti ISOIPSE e Dolomites UNESCO LabFest
08 Planetario L’uomo e il cosmo
11 Gestione sinistri Incidente...E ora che faccio?
Direttore responsabile
Andrea Ferrazzi
In redazione
Chiara Reolon
Direzione e amministrazione
Via Monte Grappa, 346 - 32100 Belluno
Editore
Media Belluno srl
Stampa
Tipografia Marca Print - Treviso
Concept ed impaginazione
Intermedia - Ponte nelle Alpi (BL)
Contatti
Tel. 347 6773331
[email protected] - www.bellunomagazine.it
12 Cucina Gastronicchia: L’asparago
13 Artigianato artigianamente.it - dall’idea al progetto
14 Speciale sport Testa a testa Belluno - Union Ripa La Fenadora
15 Speciale sport Union San Giorgio Sedico
16 Speciale sport Storico Torneo Agordino
17 Speciale sport Alcuni buoni motivi per scegliere il rugby
18 Speciale sport Football americano a Belluno
20 Speciale sport Judo - Campionati europei di Kata
22 Piante Spontanee Trote all’aglio orsino
Hanno collaborato a questo numero:
Gabriele Vanin, Sebastiano Saviane, Lucia Maracchi,
Nicola Pasuch, Enrico Valmassoi, Mirko Costa, Pietro Gai,
Paolo Vignola, Ettore Saronide, Daniele Tormen, Barbara
Meletto, Tomaso Pettazzi, Cristina Muratore, Paolo Tesser,
Eleonora D’Incà, Vasie Naidoo, Vincenzo Della Vecchia,
Claudia Bernabei, Valentina Gaggiato, Mago Yamil
Foto di copertina: Michele Coppari & Francesca Zannoni di
Cosenude MediaProjects
23 Storia Qui rise l’Etrusco
26 Arte L’universo demoniaco di Hieronymus Bosch
28 Turismo nel bellunese. Una risorsa da reinventare
30 Salute Protezione da sole e insetti
32 Animali Un’estate di agility
33 Bellezza Capelli di sole
35 Filosofia Schopenhauer e Leopardi, il dolore di vivere
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è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi
mezzo, dei testi e materiali presenti nel magazine.
© Belluno Magazine
36 English? Yes, please! Creta beach
37 Poesia Venti e Quarantacinque (1996)
38 Eventi Spazio Zuppani 11
39 Sapori Il Mirtillo nero: buono e salutare
40 Attenti al Pupo SummerTime
41 Infanzia La Casa delle Mamme
42 Oroscopo Giugno 2014
3
Editoriale
Il falso mito della scuola 2.0
di Andrea Ferrazzi
è
davvero sorprendente, e al tempo stesso preoccupante, la superficialità con la quale si è celebrato, alla Scuola Pertini di Ponte nelle Alpi, il progetto “Classi Tablet” avviato quest’anno.
Alla presenza del sottosegretario all’Istruzione Roberto Reggi, è stato
un coro unanime di commenti entusiastici. Forse perché, abituati a
scuole fatiscenti e poco accoglienti, l’immagine di un istituto attrezzato con le nuove tecnologie non può che essere guardato con favore.
Il pressapochismo regna sovrano. Ma rischia di produrre danni significativi sui giovani. Per quanto strano possa sembrare, non sempre la
tecnologia funziona. Anzi. Se prima di avviare progetti che riguardano
l’apprendimento degli studenti si avesse il buon senso di andare a fondo
delle questioni, si scoprirebbe che, negli ultimi anni, il rapporto con le
nuove tecnologie è stato oggetto di un riesame critico, supportato
da ricerche (neuroscienze) e pubblicazioni scientifiche imprescindibili
per chi si occupa di questi temi.
Qualcuno se n’è accorto. A Roma, ad esempio. Alla proposta di trasformarsi in «Cl@sse 2.0» – tutta tablet e tecnologia – la IB dell’elementare
Iqbal Masih ha detto no. Troppa didattica digitale, secondo i genitori,
può essere dannosa. E così hanno motivato i loro timori con citazioni di articoli, studi autorevoli e testimonianze di studenti e insegnanti
che mettono in luce i rischi: dispersività, dilatazione dei tempi di
lavoro, perdita di attenzione e di parte dei contenuti didattici. I
casi citati sono noti tra chi si occupa di cultura digitale. In Corea del
Sud hanno coniato la definizione “demenza digitale”, per mettere in
guardia contro la piaga della dipendenza da Internet. E a Los Angeles,
dopo aver speso miliardi di dollari per informatizzare le scuole, stanno
ora facendo marcia indietro perché si sono accorti che tablet e internet
sono “armi di distrazione di massa”. Intervistato dal Corriere della
Sera, Roberto Casati, filosofo e direttore di Ricerca al Cnrs a Parigi,
ha appoggiato le tesi dei genitori della classe romana, sul rapporto tra
LA TRADIZIONE
RINNOVATA
La finestra in legno-pvc rappresenta
il prodotto più esclusivo e prestigioso
della gamma FINSTRAL.
garantendo un arredare naturale che dura
nel tempo.
Anche da un punto di vista tecnico il nuovo
serramento legno-pvc Lignatec, si conferma
un prodotto innovativo. Lo spessore totale
dell’anta è di 84 mm e può ospitare vetri
basso emissivi da 40 mm con integrato distanziale ad elevato potere termo-isolante
già di serie. Questa caratteristica tecnica,
assicura all’intera finestra elevati valori
di isolamento termico di grande rilievo
Uw= 0,84 W/m²K ed un ottimo isolamento acustico fino a 45 dB. Le caratteristiche prestazionali raggiunte dal serramento
Lignatec lo pongono come riferimento della categoria d’infissi ad alta qualità e con il
più alto risparmio energetico attualmente
sul mercato per questa categoria di serramenti.
Ciò è stato possibile grazie alla moderna
tecnologia ed al nuovo ultramoderno impianto produttivo, realizzato appositamente da FINSTRAL. La nuova finestra in
legno-pvc, sul lato esterno può avere a richiesta un rivestimento opzionale in alluminio, permettendo di avere una finestra
in legno-pvc-allumino.
Maggiori informazioni sulla finestra Lignatec
sono consultabili sul sito www.finstral.com
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© Belluno Magazine
Il nuovo serramento, denominato Lignatec 200 è la sintesi vincente delle varie
emozioni che può offrire il legno naturale e le positive caratteristiche del pvc.
La nuova finestra coniuga entrambi i materiali.
Il legno, materiale nobile e versatile si trova all’ interno del nuovo infisso e conferisce all’ ambiente un’atmosfera confortevole ed in armonia con la natura.
Il lato esterno della finestra è realizzato di
pvc in alta qualità, che permette di offrire
un’elevata protezione dalle intemperie e
poca manutenzione.
E’ possibile realizzare diverse combinazioni tipologie, adatte ad ogni tipo di edificio
sia in fase di ristrutturazione che di nuova costruzione. Anche per le colorazioni
la scelta è molto ampia con a disposizione
molte tonalità che si adattano ad ogni esigenza abitativa.
Proprio per andare incontro all’necessità
di preservare l’espressione di vecchi edifici e conservare lo stile architettonico
originario, il nuovo serramento legno-pvc
di FINSTRAL, offre la possibilità di essere installato anche senza opere murarie.
Questa soluzione che è particolarmente
adatta alle ristrutturazioni di pregio delle abitazioni in provincia di Trento, perché permette di coniugare l’innovazione
tecnologica con la qualità dei materiali,
didattica e tecnologia, illustrando e motivando il proprio pensiero con
la necessità di «esercitare un sano principio di precauzione». «Non è
ancora chiaro – sostiene il ricercatore – il contributo pedagogico che le
nuove tecnologie possono dare». Aggiungendo: «Una delle ragioni più
probabili risiede nel fatto che le tecnologie di oggi sono molto distraenti
e abbassano la soglia dell’attenzione».
Chi esulta di fronte alla grande conquista dell’istituto pontalpino dovrebbe dunque approfondire i rischi delle nuove tecnologie, ad esempio
con Sherry Turkle o di Manfred Spitzer. La prima – una psicologa clinica, membro della Società Psicoanalitica di Boston e docente di Sociologia della Scienza nell’ambito del Programma in Scienza, Tecnologia e
Società presso il Massachussetts Institute of Technology – spiega quali
sono gli effetti nefasti del multitasking sugli studenti: chi studia – o crede
di studiare – mentre aggiorna Facebook, fa acquisti su Amazon, risponde alle chiamate e ai messaggi testuali e alle chat è sistematicamente
incapace di sviluppare un pensiero coerente. Il secondo – già visiting
professor a Harvard e attualmente direttore della Clinica psichiatrica
e del Centro per le neuroscienze e l’apprendimento dell’Università di
Ulm – afferma che, limitandoci a chattare, twittare, postare e navigare su
Google, finiamo per parcheggiare il nostro cervello, ormai incapace
di riflettere e concentrarsi. E avverte: «Molte persone sono orgogliose nel vedere i loro bimbi maneggiare un iPad e li ammirano, mentre
sfiorano lo schermo per girare le pagine. Pensano che questa sia una
grande conquista intellettuale. In realtà non c’è niente di più stupido
che far scorrere una mano su una superficie piatta: il tablet non può che
danneggiare lo sviluppo mentale».
In conclusione: cari insegnanti, abbandonate il progetto, prima che
sia troppo tardi. Fatelo per i vostri studenti. Se volete davvero essere
innovativi, introducete a scuola l’educazione digitale. Per spiegare non
come si usa la tecnologia, ma come la si integra alle nostre vite.
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I
soipse è un gruppo di co-working, formato da professionisti
di vario tipo (architetti, giornalisti, antropologi, informatici,
fotografi, video-maker, scienziati naturali, economisti della
cultura, interpreti...) che hanno scelto di mettere insieme diverse
competenze, linguaggi e metodologie per valorizzare e sviluppare conoscenza sul territorio.
Isoipse nasce dalla consapevolezza che le Dolomiti Bellunesi
hanno bisogno di energie giovani, di approcci locali e di
innovazione. Le Isoipse scelgono di vivere in montagna e cercano possibilità di lavoro in un territorio che amano. Vogliono
farlo insieme, perché insieme si lavora meglio: si sommano conoscenze ed esperienze, si moltiplicano le energie, si dividono
gli impegni.
Isoipse è un gruppo di giovani determinati a immaginare un futuro per il proprio territorio, che vogliono trasformare i sogni e
le idee in azioni.
Come le isoipse sulle mappe geografiche, così le Isoipse vogliono restituire la dimensione tridimensionale della montagna;
vogliono aderire alle esigenze del territorio come le curve di livello aderiscono alla morfologia del terreno; aspirano a mettere
in rete tutto il territorio dolomitico, proprio come fa il reticolo di
informazioni delle isoipse sulle mappe geografiche.
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Dolomites
Dolomiti
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Chi è ISOIPSE?
di ISOIPSE
UNESCO
LabFest
L
’idea di un festival delle Dolomiti è venuta alle Isoipse mentre
imbiancavano il nuovo ufficio. Dopo la pittura, è venuta la levigatura dei pavimenti, e c’è stato tutto il tempo per costruire una
prima bozza di progetto attorno al colpo di fulmine originario. L’idea
isoipsica è diventata, poco dopo, il festival della Fondazione Dolomiti
Unesco.
Il Dolomites Unesco LabFest quest’anno andrà in scena tra La
Val e i prati dell’Armentara, in Val Badia, il 5-6-7 settembre.
Il LabFest è un festival tematico e itinerante: ogni anno cambia filo
conduttore e location, spostandosi tra le cinque province che fanno parte del patrimonio dell’umanità delle Dolomiti.
Il tema di quest’anno è #SFALCI: l’edizione zero del LabFest è perciò dedicata alla gestione dei prati, alla cura del territorio e del
paesaggio – paesaggio, tra l’altro, che è uno dei due pilastri su
cui si è concretizzata
la candidatura Unesco
delle Dolomiti.
I prati dell’Armentara, il
profumo d’erba, musica
in sottofondo, il rumore deciso della falce, la
gente che chiacchiera o
segue uno spettacolo...
Nemmeno chi lo sta organizzando sa con precisione cosa aspettarsi, dal
Dolomites Unesco LabFest: perché è un festival
creato sì per le genti, ma soprattutto dalle
genti delle Dolomiti. Il Labfest sarà diverso a seconda di chi deciderà di parteciparvi, di chi lo vedrà come un’occasione per
esprimersi e per conoscere gli (altri) abitanti del patrimonio Unesco.
Al Labfest si incontreranno esperti, appassionati e curiosi provenienti
da mondi diversi: il biologo della Val di Fassa e il contadino della Val
Badia, l’architetto bellunese, il giovane produttore friulano e il turista di
Siracusa.
Per l’edizione zero, il LabFest ha bisogno dell’aiuto di tutti: nel sito
www.dolomitesunescolabfest.it è possibile donare un contributo per
realizzare il sogno di #SFALCI. Un sogno fatto di concerti, workshop,
incontri, escursioni, cibi tipici, letture sul fieno, sport...
Quella del LabFest è una scommessa un po’ matta, molto ambiziosa:
creare uno spazio di confronto che accolga tutte le diverse realtà culturali, linguistiche, amministrative che popolano le Dolomiti. Far parlare
le Dolomiti.
Il 5-6-7 settembre La Val si riempirà di facce da #SFALCI: facce rugose,
trentine, montanare, facce ladine, facce giovani e sudtirolesi, bellunesi e
friulane, visi alla Heidi e visi che sanno di Turchia, facce sorprese, che
ridono, che si addormentano dopo una giornata piena di cose belle... Il
LabFest aspetta anche voi: tenetevi liberi.
Da qui al primo weekend di settembre, tutte le notizie, i dietro le quinte
e le curiosità relative alla creazione del LabFest saranno su Facebook
(Dolomites Unesco LabFest), Twitter (Dolomites LabFest) e Instagram (dolomiteslabfest).
E nel sito del festival, naturalmente: www.dolomitesunescolabfest.it.
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Q
uando guardiamo il cielo di notte, lontano dalle luci cittadine,
immersi nel buio profondo, è difficile sfuggire al fascino della
volta stellata. Non possiamo non essere consapevoli che
stiamo guardando più o meno
lo stesso cielo dell’uomo di 200
000 anni, quando la nostra specie,
l’Homo sapiens, emerse dalle nebbie del tempo raccogliendo l’eredità degli altri ominidi che l’avevano
preceduta, e certamente lo stesso
cielo di 3000 anni fa, quando civiltà medio orientali e mediterranee,
già molto evolute, disseminarono il
firmamento di storie e costellazioni
di una poesia e di una suggestione
ancora oggi insuperata, e che ancora oggi conosciamo e raccontiamo
senza posa, increduli e riconoscenti,
perché non sappiamo inventarne di
migliori.
Tuttavia quel cielo, negli ultimi secoli, ha sperimentato, nella nostra conoscenza, e nella nostra coscienza,
una trasformazione così sconvolgente, che sembra davvero frutto di un
sogno notturno, di una fola raccontata attorno ai fuochi da campo. Ma
è vera o, meglio, così crediamo che sia.
Tutto ciò che vediamo attaccato lì, nel cielo, Luna, pianeti, stelle, sembra
posto alla stessa distanza da noi, come fosse attaccato ad una cupola
solida. Ma già gli antichi sapevano che non è così: essi ritenevano che
la Luna fosse il corpo
più vicino, a circa 400
000 km di distanza, e
che le stelle fossero
oltre 300 volte più
distanti, a 130 milioni di km. Non male,
vero? Abbiamo idea
di quanti sono 130
milioni di km? No.
È uno spazio troppo
grande, tanto che si
diceva nel Medioevo
che per coprire tutta
questa distanza a piedi e arrivare alle stelle
Adamo avrebbe do-
vuto partire al momento della creazione (assegnato tradizionalmente a
6000 anni fa). Copernico cambiò il quadro dinamico dell’universo, ma
non le sue dimensioni e continuò a ritenere che l’intero cosmo fosse
ridotto al nostro sistema planetario. Keplero triplicò queste dimensioni,
portando la sfera delle stelle a poco meno di 400 milioni di km di distanza da noi, ma il primo a far fare all’umanità un brusco salto, nella fisica
e soprattutto nell’immaginazione, fu Galileo: vedendo che le stelle rimanevano piccole, anzi si vedevano più piccole addirittura, al telescopio,
affermò che quelle
più vicine dovevano
essere a non meno
di sette miliardi di
km, e le più deboli visibili a occhio
nudo addirittura a
50 miliardi di km. E
chissà quelle visibili
solo al telescopio…
Era una follia! Nessuno sano di mente
poteva credere ad
un simile concetto!
Perché diavolo il
mondo doveva essere così grande? A
cosa serviva?
Ma non era che l’inizio. Huygens affermò che la stella Sirio, una delle
più vicine, si trovava a oltre quattro bilioni di km e Newton addirittura
a oltre 140 bilioni. Anche solo prendendo la misura inferiore, si poteva
calcolare che una palla di cannone avrebbe impiegato 700.000 anni ad
arrivarci e la stessa luce ci avrebbe messo più tempo che una nave a fare
il giro del mondo! Ma aveva ragione Newton: quando, alla metà del
XIX secolo, si fu in grado per la prima volta di misurare direttamente le
distanze delle stelle, si vide che Sirio era ad oltre 80 bilioni di km, e che
era una delle stelle più vicine.
Si toccò allora con mano una realtà che grandi filosofi come Cusano e
Bruno avevano già suggerito: il Sole non è che una stella fra tante e
le altre stelle sono come mondi nello spazio, lontanissimi da noi,
attorno ai quali girano sicuramente altri pianeti come i nostri. E già da
circa un secolo Kant, Wright e Lambert avevano intuito che tutte queste
stelle facevano parte di un enorme sistema, la Galassia o Via Lattea, alla
quale gli studi di Herschel, ai primi dell’Ottocento, avevano dato una
prima forma. Nel corso dell’Ottocento si cominciò a capire quanto fosse estesa la Galassia e presero forma le prime ipotesi sulla formazione e
l’evoluzione delle stelle e dei sistemi planetari. La prima stima affidabile
delle dimensioni della Galassia si deve all’astronomo olandese Kapteyn,
intorno al 1915: 380 biliardi di km, ovvero, per esprimerci in termini
più “moderni”, circa 40 000 anni luce (un anno luce equivale a 9,46
bilioni di km). Era un universo almeno un miliardo di volte più grande,
in volume, di quello di Galileo e quattro trilioni di volte più grande di
quello degli antichi.
E nondimeno Kant aveva teorizzato, già nel 1755, che la nostra galassia non era la sola e che molte delle nebulose dalla forma più o
meno regolare che si vedevano al telescopio potevano essere altrettante galassie come la nostra, e che quindi l’universo non poteva ritenersi
confinato alla Via Lattea. Ma tutto ciò richiedeva davvero uno sforzo
mentale al di là di ogni possibile immaginazione. Era davvero possibile
che l’universo, già così grande, potesse essere ancora più grande?
La risposta non tardò a venire: negli anni Venti le prime misure dirette
di distanze di nebulose chiarirono che esse si trovavano almeno a un
milione di anni luce di distanza, e che quindi dovevano essere esterne
alla nostra, il cui diametro fra l’altro, si capì, era maggiore, circa 100 000
anni luce. E, nello stesso periodo, si vide che quasi tutte le nebulose
esterne, che ben presto furono chiamate, giustamente, per similitudine,
galassie, si allontanavano da noi ad una velocità pazzesca, di decine e
centinaia di migliaia di km al secondo, e che questa velocità cresceva con
la distanza, in un modo caratteristico che faceva pensare che l’universo,
tutto intero, fosse animato da un moto di espansione. Ancora, nel 1931
Lemaitre propose che questa espansione fosse partita da uno stato iniziale di estrema contrazione in un punto, l’“atomo primitivo” (teoria
del big bang).
Negli anni Trenta la scoperta dell’energia nucleare permise di capire
come il Sole, che si sapeva esistere da miliardi di anni, poiché questa
era l’età dei più antichi fossili trovati sulla Terra, e quindi le altre stelle,
potevano durare così a lungo senza esaurire il loro combustibile, gas
idrogeno che brucia nel nucleo stellare a temperature di milioni di gradi.
Inoltre si capì che le stelle nascono all’interno delle nubi di gas idrogeno che sono disseminate dappertutto nella nostra galassia ed evidentemente anche nelle altre, e che nascono a grappoli, formando quei
meravigliosi ammassi stellari che si possono ammirare, a centinaia, nei
telescopi. E terminano la loro vita dando luogo ad oggetti esotici come
nane bianche, novae, supernovae, nebulose planetarie, pulsar, stelle di
neutroni e buchi neri.
Col tempo si sono scoperte galassie sempre più lontane e un campionario di oggetti esotici anche fra di esse: galassie spirali normali, spirali barrate, ellittiche,
irregolari, a disco, galassie
attive, nuclei galattici attivi, quasar, BL Lacertae,
Seyfert, e che esse tendono, come le stelle, a raggrupparsi in ammassi, più
o meno numerosi, fino a
migliaia di membri, e più
o meno compatti.
Nel 1965 venne scoperta
da Penzias e Wilson quella che in modo molto poetico fu chiamata “la voce
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L’uomo e il cosmo
di Gabriele Vanin
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dell’universo nascente”, ovvero una radiazione di fondo, peraltro prevista da Gamow, Alpher e Herman, che ci porta, molto diluita dal tempo
e dall’espansione, una traccia dell’epoca in cui avvenne il big bang, circa
13,8 miliardi di anni fa. Nel momento dell’origine il cosmo si trovava
a temperature superiori a un quadriliardo di gradi ed aveva dimensioni
di poche ore luce ma, dopo quasi 14 miliardi di espansione continua, la
temperatura si è diluita fino ad appena tre gradi sopra lo zero assoluto
ed è questa temperatura che le antenne misurano puntandole in ogni
punto dello spazio. Nel 1978 Penzias e Wilson ricevettero per la loro
scoperta il premio Nobel per la fisica.
Mentre nei decenni passati si pensava che l’espansione dell’universo dovesse rimanere più o meno
costante o, al più, decelerare impercettibilmente, nel
1998 Perlmutter, Schmidt e
Riess scoprirono che circa
cinque miliardi di anni fa
invece l’espansione cominciò ad accelerare. Questo
sembra implicare che i tre
quarti del cosmo siano formati non da materia, luminosa ed oscura, ma da una
misteriosa energia oscura
che sfida per ora le interpretazioni più ardite dei cosmologi. Anche questa scoperta ricevette, nel 2011, il massimo riconoscimento dall’Accademia Svedese delle Scienze.
Poiché la velocità di espansione dell’universo ha variato nel tempo, non
è oggi possibile dire quanto distino precisamente gli oggetti più lontani che è possibile fotografare con i telescopi più potenti. Tuttavia una
stima approssimativa è
possibile farla: l’oggetto
più distante conosciuto,
una minigalassia compatta che si allontana
da noi a 296 200 km al
secondo, il 98,8% della
velocità della luce, e la
cui radiazione è partita
quando l’universo aveva
solo 400 milioni di anni,
ovvero 13,4 miliardi di
anni fa, dista circa 32 miliardi anni luce. E possiamo ritenere che l’universo osservabile si estenda fino a circa 47 miliardi di anni luce, ovvero
abbia una dimensione di poco inferiore ai 100 miliardi di anni luce!
Per carità di patria, risparmio al lettore la stima di quanto questo universo sia enormemente più grande di quanto immaginava l’uomo soltanto
400 anni fa. E non vorrei dirlo, ma mi corre l’obbligo di farlo, per completezza di informazione, che la teoria dell’universo inflattivo, oggi accettata dalla generalità dei cosmologi, e messa a punto già fra il 1980 e il
1982 da Guth, Linde, Albrecht, Steinhardt, Bardeen, Hawking, Turner,
Pi, Starobinski, per rimediare ad alcune incongruenze del modello del
big bang, prevede che il nostro universo sia solo uno dei tanti universi
esistenti e che quindi le sue dimensioni siano estremamente “piccole” se
confrontate con quelle dell’intero cosmo.
Eppure, eppure, ogni notte serena sollevo lo sguardo alle stelle e penso che stiamo guardando lo stesso panorama celeste dei nostri lontani
progenitori del fiume Omo, dei sapienti babilonesi, di Ipparco, Galileo,
Huygens, Kapteyn. O no?
Incidente...E ora che faccio?
L
’insidia è sempre dietro l’angolo e nel tran tran quotidiano può
capitare a tutti di rimanere coinvolti in situazioni… Poco piacevoli ! Un incidente stradale, ad esempio, come tanti, troppi
ne capitano purtroppo ogni giorno sulle strade Bellunesi.
Se la sfortuna ci coinvolge in questo spiacevolissimo
inconveniente, come è opportuno reagire ? Quali procedure è importante mettere fin da subito in atto ?
Lo chiediamo a Claudio Dal Borgo, responsabile
dell’ufficio Giesse Gestione Sinistri di Belluno, società specializzata da oltre 20 anni in risarcimento
danni.
«In caso di incidente è fondamentale essere pronti, saper reagire,
non farsi prendere alla sprovvista. Anche perché, già solo psicologicamente, è un momento molto stressante: si viene travolti da un
vortice di tensione ed emozioni. Per questo, a tutti i nostri clienti,
consigliamo di non ritrovarsi proprio in un momento tanto delicato a dover capire come funziona ad esempio la Cai, modulo per la
constatazione amichevole. Mettetevi a tavolino una sera in famiglia,
specie se avete figli in età da patente, ed esercitatevi nella compilazione di un modulo fac-simile. O, meglio ancora, contattate il vostro
assicuratore e chiedete a lui di consigliarvi. La Cai è come un’istantanea dell’incidente: se mal compilato, si rischia la beffa di passare
dalla ragione al torto».
Quali accorgimenti, dunque, è utile adottare subito dopo un
incidente stradale?
«Ci sono due possibilità: compilare la Cai, qualora vi sia accordo tra
le parti sulle responsabilità, o chiamare le forze dell’ordine. In questo
caso, però, è bene sottolineare che si va incontro a possibili sanzioni
e a un inevitabile allungamento dei tempi per il risarcimento».
La Cai, dunque, è sempre più conveniente?
«Assolutamente sì. Non comporta problematiche legate a even-
Figg. 1 e 2. Le stelle nascono all’interno di nebulose gassose come quelle visibili in queste immagini, la Nebulosa Cuore, in Cassiopea (fig. 1) e la Rosetta, in Unicorno,
(fig. 2). (foto Gabriele Vanin, Associazione Rheticus).
tuali sanzioni amministrative (ritiro patente o decurtazione punti)
e accorcia notevolmente i tempi per il risarcimento: le Compagnie
assicurative sono obbligate a risarcire in tempi brevi, 30 giorni, ad
esempio, per i danni dell’auto».
Gestione sinistri
Planetario
di B. C.
Altri consigli utili se si resta coinvolti in un incidente?
«Ognuno di noi, ormai, possiede un cellulare con fotocamera o una
compatta digitale… Fotografate sempre le auto e la scena del sinistro prima di spostare i mezzi: può risultare fondamentale !».
Una volta sbrigate queste procedure, cosa resta da fare?
«Andare subito dal proprio assicuratore a consegnare la Cai. O, qualora siano intervenute le forze dell’ordine, fare denuncia di sinistro.
In caso di dinamica chiara consigliamo inoltre di chiedere al proprio
carrozziere la possibilità di firmargli la cosiddetta “delega”: provvederà egli stesso a concordare il danno con il perito della Compagnia
e a riparare l’auto, recuperando poi le spese sostenute».
E il vostro intervento ? Quando è consigliabile affidarsi a Giesse?
«Quando si subisce un incidente di media o alta gravità, o nel caso
in cui si ritenga di avere dei diritti che non sono stati riconosciuti. In
questi casi ottenere il giusto risarcimento diventa assai più complicato, per questo è bene affidarsi alla nostra esperienza ventennale.
Senza, tra l’altro, costi né rischi per i nostri clienti».
In che senso, non venite pagati per il lavoro che svolgete?
«Solo se otteniamo il risarcimento, ne tratteniamo una piccola percentuale come nostro compenso. Altrimenti tutte le spese sostenute
durante la trattativa, anche quelle per un’eventuale vertenza legale,
restano a nostro carico. è una forma di tutela importantissima che
offriamo a tutti i nostri clienti e chiamiamo “Paghi solo se…”. E
c’è persino un ulteriore vantaggio: dato che il nostro compenso è
proporzionale al risarcimento ottenuto, siamo spinti a perseguire
sempre il massimo. Per qualsiasi nostro cliente».
Figg. 3 e 4. Le stelle tendono a disporsi in ammassi stellari più o meno compatti, chiamati ammassi aperti, come quello doppio di Perseo in fig. 3 (foto Gabriele
Vanin, Associazione Rheticus) e globulari, come M 13 in Ercole, visibile in fig. 4 (foto Francesco Di Cencio, Associazione Rheticus).
Figg. 5 e 6. La nostra galassia, la Via Lattea, se fosse vista dal di fuori si presenterebbe, di profilo, come la galassia Ago, nella Chioma di Berenice (fig. 5, foto
Gabriele Vanin, Associazione Rheticus) e, vista di fronte, più o meno come la nebulosa di Bode (fig. 6, foto Francesco Di Cencio, Associazione Rheticus).
Fig. 7. La Galassia di Andromeda fu la prima di cui fu misurata la distanza, nel 1924, da Edwin Hubble (foto Francesco Di Cencio, Associazione Rheticus).
Fig. 8. La supernova, indicata dalla scritta, apparsa nel gennaio scorso nella galassia Sigaro nell’Orsa Maggiore, è dello stesso tipo, 1a, a cui appartengono le
supernovae il cui studio ha permesso la scoperta dell’accelerazione dell’universo, nel 1998 (foto Francesco Di Cencio, Associazione Rheticus).
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Giesse - Gestione Sinistri è la società leader in
Italia nel risarcimento danni, a tutela delle persone che hanno subìto lesioni lievi, gravi o gravissime. Fondata a Belluno negli anni Novanta
ha gestito con successo più di 40.000 danni, tra
i quali anche noti casi di cronaca italiana e internazionale come il naufragio della Costa Concordia, il disastro ferroviario di Viareggio, la
sciagura del volo «Air France» 447 Rio de Janeiro - Parigi e il salto di corsia sulla A4 a Cessalto
del tir Bartolini.
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11
STORIA E CARATTERISTICHE:
La pianta è formata da un reticolo di rizomi (radici) dai quali in primavera dipartono i “Turioni”, i germogli, cioè la parte commestibile della pianta. Se questi
non vengono colti, diventano veri e propri fusti che raggiungono i 2 metri di
altezza. Risultano commestibili la parte apicale e la parte prossima appunto al
germoglio. Si presentano turgidi, lisci e lucidi, e se il loro aspetto non rispecchiasse tali caratteristiche, vuol dire che la loro freschezza non è certa. Sono piante
che nascono nei boschi o nelle zone selvatiche, e si presentano di colore verde, se
coltivate in assenza di luce (bloccando così la fotosintesi naturale) si presentano
invece di colore bianco. Si possono coltivare in serre (chiamate “asparagiaie”) o
trovare spontaneamente in terreni molto drenanti e senza umidità. Si conoscono
i metodi di coltivazione di questa verdura fin dai tempi
più antichi: fu coltivato nel Mediterraneo già 2000 anni
fa e mentre non sembrano pervenire informazioni
sulle sue coltivazioni dai Greci, dai Romani invece
arrivano manuali interi con esposti metodi di coltivazione e di preparazione. Nei secoli viene poi
coltivato largamente in Francia ed in Inghilterra
per passare poi nel Nord America.
Damnatio
Risotto
agli asparagi
10 asparagi
1 carota
1 scalogno
memoriae
1/2 bicchiere di Prosecco
brodo vegetale q.b.
rosmarino q.b.
sale q.b.
di Daniele Tormen
Avvocato del Foro di Belluno
PROPRIETà NUTRIZIONALI:
il nostro apparato digerente per via del loro contenuto di insulina, una tipologia di carboidrato che giunge
© fuzzbones - Fotolia.com
intatto all’intestino e che rappresenta
una fonte ideale
Gli Asparagi
appartengono
alla stessa famiQuando finisce una storia
d’amore,
madi
nutrimento
per
la
flora
batterica,
con
particolare riglia
delle
cipolle
e
dell’aglio.
Essi
sono
ricchi
gari in modo tragico e doloroso, può suc- Se il soggetto aveva emanato leggi, decreti, comunque scritti
di ogni
ferimento ai lactobacilli. Oltre ad essere un buonissimo
di
fibre,
vitamina
A
e
vitamine
del
gruppo
B.
cedere che tutto ciò che ricorda la (ex) genere, questi erano abrogati e cancellati da qualsiasi raccolta uffiaiuto per la digestione, gli asparagi sono considerati dei
Importanti anche gli elementi minerali come potassio,
persona
amata porti
sofferenza e proble- ciale.
veri distrutte
e propri antinfiamatori
fosforo, calcio, magnesio, sodio in scarse quantità, ferro ed acido folico.
Venivan o poi
le effigie, naturali.
decapitate le statue,
mi:
si cerca
di agli
dimenticare
Un’altra
proprietà pertanto
benefica attribuita
asparagi riguardacomla loro potenziale
ca- i volti dai dipinti e dalle monete.
cancellati
pletamente
l’intero
ESECUZIONE
pacità di aiutare il nostro
cervello apassato
contrastare il rapporto
declino cognitivo.eL’acido
I casifolico
più famosi
in epoca romana furono quelli degli imperatori Nel’oblio
è
la
soluzione
di
ogni
male.
rone e Caligola.
Pelare la carota, lo scalogno e gli asparagi, tagliare il
in essi contenuto, in associazione con la vitamina B12, permette la prevenzioQuesto
non è proprio
soltanto
dellecognitiva
situazionicon
sen-l’avanzamento
Peraltro già molto
prima,
nelprendere
quattordicesimo
secolo
a.c., si
tutto tempo
a pezzettini
fini,
una pentola,
introdurre
ne dei modus
disturbioperandi
che potrebbero
affliggere
la sfera
timentali
ma
è
il
cardine
di
un
istituto
giuridico
–
sociale
antichissiebbe
un
caso
di
damnatio
memoriae
ante
litteram:
il
faraone
il tutto insieme al riso, far rosolare, aggiungere ilAmevino
dell’età.
mo: la damnatio memoriae.
nofis IV, il fautore dell’abolizione del culto politeistico e dell’instaubianco
ed
ultimare
la
cottura
con
del
brodo
vegetale.
Largamente
conosciuti
per
le
loro
proprietà
diuretiche,
sono
spesso
utilizzati
Tale istituto affonda le proprie origini nella notte dei tempi ma è razione dell’unico dio Aton (il Sole), una volta morto, fu completacontro
malattiee come
la gotta,
calcoli
renali
e reumatismi;
invece(oinquasi visto che qualche traccia è comunque rimasta) dalla
stato
codificato
definito
in modo
preciso
in epoca
romana,sconsigliati
repub- mente
VINO
casi diprima
cistiteimperiale
o di infezioni
unufficiale
aliblicana
poi. alle vie urinarie renali. Rappresentano inoltre
storia
egizia. IN ABBINAMENTO
Inmento
sostanza
si tratta di ciò:
quando
un ed
personaggio
cadeva in Anche dopo laProsecco
caduta dell’impero
romano l’istituto, seppur senza i
fermo
estremamente
utile
al cuore
ai muscolipubblico
in genere.
disgrazia
e veniva
deposto
e privatodidelle
cariche
(spesso in
crismidella
della legge, sopravvisse.
Grazie al
loro elevato
contenuto
potassio,
utilissimo
permaniera
la regolazione
cruenta),
anche
dopo lail sua
si stabiliva
di cancellarne
purealla
il prevenzione
Gli esempi piùVARIANTE
celebri furono
quelli diCHEF
papa Formoso, di cui fu proDELLO
pressione
sanguigna,
suomorte,
consumo
è particolarmente
adatto
ricordo.
cessato il cadavere e del doge Marino Falier, del quale fu cancellato il
A cottura ultimata aggiungere gli aghi del rosmarino
delle patologie
cardiocircolatorie,
il buon
funzionamento
Innanzitutto
si vietava
l’uso del nomeoltre
(anziche
delfavorire
prenomen
latino),
poi ritrattodel
dalla sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale.
ed una nocequindi
di burro.
tutto; andremo
sistema
nervoso.
veniva eliminato il cursus honorum del reietto e se ne vietava anche Una piccola consolazione
a tuttiMantecare
gli amanti ilabbandonati
e tra-a
raggiungere
un gusto
un pòopiù
ai topinambur,
gli asparagi
sono
considerati
diInsieme
nominarlo
indirettamente.
Ma le vere
“perle”
di taleparticolarmente
istituto erano benefici
diti cheper
cercano
di dimenticare
un regalo
unarinforzato.
vacanza: la damnatio
la distruzione fisica delle tracce del “dannato”.
memoriae ha una tradizione millenaria ben più tragica!•
MAXI SCHE RMO
pe r ve de re tu tt a la se rie A
e la Ch am pio ns Le ag ue
Su pe re na lo tt o
Bi lia rdo
Serate con mus ica dal vivo
artigianamente.it
dall’idea al progetto
C
INGREDIENTI per 4 persone
Artigianato
(ASPARAGUS OFFICINALIS)
> Storia
L’asparago
Gastronomia applicata:
storia, tradizione e applicazione
hi l’ha detto che in Italia siamo solo “pizza e mandolino”? Il
patrimonio culturale ed artistico del Bel Paese sta prendendo forma da mani esperte di artigiani e interpreti
dell’idea artistica, applicata al design, allo studio dei materiali,
al benessere, che si gusta con gli occhi e si vive addosso, tra
le mura di casa, in viaggio, in compagnia o in adorazione di
sé. Perché un oggetto unico, solo tuo, puoi solo amarlo e viverlo in
modo speciale. Ecco perché Benedetta Costantin, zoldana d’origine
e cittadina del web per adozione, ha deciso che l’artigianato locale e
italiano meritasse un posto comune e di raccolta per esprimersi, farsi
conoscere e offrirsi agli occhi del mondo. Artigianamente.it è una
vetrina che espone e vende l’artigianato di elite, selezionato con
cura nel corso di viaggi virtuali e reali, tra i luoghi più belli dell’Italia.
L’obiettivo? Quello di dare anima ad una passione nascosta tra i ricami della nonna ed il piacere per le cose belle e preziose. Lo racconta Benedetta nel video pubblicato on-line e traspare dalle immagini
della vetrina virtuale, che conservano la poesia del lavoro manuale di
un tempo passato. “Ad un certo punto ho sentito l’esigenza di creare qualcosa che potesse esprimere le mie personali attitudini e dimostrasse che fare impresa non fosse una missione impossibile, ma
un progetto reale, certo
faticoso, dispendioso di
energie e non solo, ma capace di dare grandi soddisfazioni – dice
Benedetta – forse vivere in un paese di montagna, dove la vita raccolta delle persone induce alla condivisione anche intima delle abilità
e alla conservazione delle tradizioni locali, mi ha aiutata a focalizzare
ciò che effettivamente volevo: che il valore di oggetti creati
con perizia e pazienza fosse promosso e
raggiungesse il cuore
di più persone possibile”. La creazione di
un sito internet è stata la soluzione. Messo
on-line soltanto un
mese fa, oggi il sito
interpreta un progetto fortemente voluto
dalla realtà artigiana
“privata”, che ha dimostrato di voler misurarsi anche con l’ecommerce ed il web
marketing, per uscire
dall’anonimato di nicchia e farsi conoscere
ad un target di utenza vasta ed eterogenea. Sperimentare, insomma.
“Vorrei che questa mia iniziativa fosse di stimolo anche per le istituzioni, locali e italiane, che capissero che investire in nuove tecnologie
e start up può segnare il passo all’uscita dalla crisi. Puntare sulle
eccellenze nascoste tra i bellissimi luoghi dell’Italia, dovrebbe
essere una priorità, in un momento in cui la fragilità economica va
a braccetto, purtroppo, con iniziative imprenditoriali spesso contaminate da poca trasparenza e desuetudine”. Insomma, da Zoldo le
idee partono chiare; adesso sta agli utenti scoprire l’oggettistica per
la casa, le borse, la pelletteria e i segreti della lavorazione del legno,
della carta, delle pelli. Dare voce ad un luogo virtuale, che fa volare oltre i confini reali il pregio e l’unicità del Made in Italy.
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13
Testa a testa Belluno - Union Ripa La Fenadora
Le due bellunesi di serie D
C
ampionato e coppa, meglio di così non poteva andare.
L’Union San Giorgio Sedico è stata la squadra che più di ogni
altra, quest’anno, ha portato il nome della provincia di Belluno
in giro per il Veneto. Conquistando, più o meno ovunque, successi e
prestigiosi riconoscimenti sportivi.
E
ra la prima volta nella storia del calcio bellunese che
questa provincia poteva contare due squadre in serie D.
Accanto al Belluno, società veterana di questa categoria e che
in passato ha calcato anche palcoscenici ancora più prestigiosi, quest’anno c’era l’Union Ripa La Fenadora, formazione feltrina dal passato
breve ma che, in pochissimi anni, è salita dalla Prima categoria al calcio
interregionale.
Sia gli uni che gli altri hanno portato a termine un campionato di ottimo
livello. Un po’ di amaro in bocca è restato alla squadra del capoluogo
che, qualificatasi a disputare i playoff, è uscita al primo turno, sconfitta
dalla Sacilese. Grande gioia, invece, ha avuto la compagine neroverde
che, al primo anno in serie D, ha conquistato un sesto posto pieno di
soddisfazioni.
QUI UNION RIPA LA FENADORA – Un avvio disastroso, un
girone di ritorno devastante. La stagione dell’Union Ripa La Fenadora
è partita nel modo peggiore ma, dopo una decina di giornate, ha preso
una piega estremamente positiva. Ci vogliono undici giornate per la
prima vittoria dell’Union. In casa, al Boscherai di Pedavena, contro
la Fersina Perginese, i neroverdi cambiano volto al loro campionato:
vincono 5-1 e si rilanciano in chiave salvezza (in precedenza si erano
registrati soltanto sette sconfitte e tre pareggi). Dopo la prima vittoria,
però, arriva un altro stop, nel derby con il Belluno (2-1). Il risultato – alla
luce di una buona prova – non frena i neroverdi che anzi infilano una
serie di risultati positivi che viene interrotta soltanto quando i feltrini
si trovano ad affrontare le corazzate del girone, Marano, Pordenone
e Sacilese. Nel finale di stagione, vincendo il confronto con i cugini
gialloblu, agli uomini di mister Parteli si apre addirittura la possibilità
di inseguire il sogno playoff. Che restano, effettivamente, soltanto un
sogno, al termine di una stagione strepitosa.
IL CAMPIONATO –
Trenta punti a fine girone
d’andata,
sessantatré
a fine campionato.
La miglior difesa del
raggruppamento
(il
girone D) ed il terzo
miglior attacco. Bastano
i numeri a dipingere
una stagione davvero
memorabile, forse al di
sopra delle aspettative. La squadra era stata costruita in estate per puntare
alle primissime posizioni. Ma si sapeva bene che tante erano le insidie, a
partire da alcune avversarie di caratura notevole, come Carenipievigina,
Passarella 93 e Conegliano che hanno dato filo da torcere fino alla fine.
Dove è stata, dunque, la bravura dell’Union sedicense? Per esempio, nel
vincere quasi tutti gli scontri diretti, senza mai soffrire contro le altre
corazzate del girone. Poi, nel crederci fino all’ultimo, tanto da vincere la
stagione con una giornata d’anticipo, grazie ad una vittoria in rimonta
sulla Miranese.
“A Sedico mi sono trovato benissimo - ha evidenziato mister Bruno
Gava - perché la società mi ha messo nelle condizioni per lavorare al
meglio. Quanto alla prossima stagione, dovremo giocoforza partire dai
giovani, dai cosiddetti fuoriquota. Abbiamo l’esigenza di trovarne un
I DERBY – Tre derby, uno vinto dal Belluno, due dall’Union
Ripa La Fenadora. Si comincia in Coppa. I neroverdi, nel caldo di fine
agosto, la spuntano ai calci di rigore. Poi, in pieno autunno, è la volta
del primo confronto in campionato. Si gioca al Polisportivo di Belluno
e la formazione di casa si impone per 2-1: i feltrini si fanno preferire
sul piano del gioco ma la squadra del capoluogo porta a casa l’intera
posta in palio. Infine, a sei giornate dalla fine, nel derby di ritorno a
Pedavena, il Belluno è costretto ad incassare un pesante poker (4-1).
C’è già grande attesa per la prossima stagione. Entrambe non
vogliono deludere.
www.mazzoranasport.com
certo numero di buoni. E quello è il primo obiettivo da centrare. Una
volta definiti i fuoriquota vedremo di coprire al meglio i reparti”.
LA COPPA – Solo vittorie per il team bellunese che ha chiuso in
bellezza la sua cavalcata superando 3-0 il Loreo nella finale di Martellago.
Davanti ad un numeroso pubblico, i biancorossocelesti hanno realizzato
tre reti nella ripresa (con Ackon, Pilotti e Pontin) e conquistato un trofeo
dal valore non indifferente. Trascinatore della squadra, tanto in coppa
quanto in campionato, bomber
Mattia Simoni che ha toccato
quota venti gol. “Abbiamo
conquistato il campionato
e la Coppa, un trofeo assai
prestigioso – ha commentato
l’allenatore in seconda, Stefano
Chiesa – e per forza di cose
questa stagione entrerà nella
storia. Abbiamo dimostrato
voglia, carattere e la giusta mentalità”.
IL MANCATO TRIPLETE – Alla fine di una grandiosa stagione,
l’Union San Giorgio Sedico, per alcune settimane, ha cullato il sogno
di conquistare uno storico triplete. Oltre al campionato e alla coppa,
i biancorossocelesti avrebbero potuto portare a casa anche il titolo
regionale di Promozione. Sarebbe bastato vincere due gare. La prima,
in effetti, è stata conquistata dai bellunesi che hanno eliminato il Dolo
grazie ad un gol firmato Zanvettor. La seconda, invece, la finale di questo
minitorneo post campionato, si è conclusa ai rigori, e la dea bendata ha
sorriso all’avversaria di giornata, il Sarcedo. Poco male, due trofei ed una
promozione, per una società nata da nemmeno un anno, sono un assai
abbondante bottino.
seguiteci su
© Belluno Magazine
QUI BELLUNO – Con cinquantanove punti in trentaquattro partite,
il Belluno ha chiuso la stagione al quarto posto, segnando un netto
miglioramento rispetto alle precedenti stagioni. L’esordio in campionato
è avvenuto al Polisportivo, con il TrissinoValdagno che ha fermato i
gialloblu sull’1-1. Poi, una serie di risultati (sempre positivi tra le
mura amiche, più variabili in trasferta) che hanno portato la squadra
di mister Vecchiato nelle prime posizioni fin da subito. Nel girone di
ritorno Corbanese (bomber della formazione gialloblu) e compagni si
ritrovano decimati dagli infortuni e i risultati, sia pur in maniera non
decisiva, ne risentono. Il mese di febbraio è quello in cui il Belluno
rallenta maggiormente la sua corsa (con due sconfitte consecutive ad
opera di Sanvitese e Sacilese). Poi la formazione ritrova il ritmo che
aveva acquisito nel corso del campionato e raccoglie alcuni risultati
di prestigio. Poi, un altro momento difficile, con altre due sconfitte
consecutive, prima nel derby con l’Union Ripa La Fenadora, poi nel
match interno con il Pordenone. Nel finale di campionato, tre vittorie
ed un pari portano alla conquista dei playoff. Ma, negli spareggi post
campionato, la Sacilese elimina i bellunesi realizzando in pieno recupero
il gol-qualificazione.
Union San Giorgio Sedico
SPECIALE SPORT
di Nicola Pasuch
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di Nicola Pasuch
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Piazza Vittime di Via Fani • Cavarzano • Belluno
15
Foto della squadra del Gosaldo vincitrice
del torneo amatori 2013
41° CAMPIONATO AGORDINO DI CALCIO
5° Memorial "Denis Tonin"
4° GIORNATA ( 08 giugno 2014 )
Girone Data
Località
Orario Squadra ospitante Squadra ospitata
A
07-giu CENCENIGHE 20.30 CENCENIGHE SAN TOMASO
07-giu LA VALLE
20.30 LA VALLE
LE VILLE
08-giu CANALE
16.00 CANALE
AGORDO 2009
08-giu FALCADE
15.30 ATL. CAVIOLA ALLEGHE
RIPOSA : TAIBON
5° GIORNATA ( 15 giugno 2014 )
Girone Data
Località
Orario Squadra ospitante Squadra ospitata
A
14-giu CENCENIGHE 20.30 CENCENIGHE LA VALLE
15-giu AGORDO (suss.) 15.00 AGORDO 2009 SAN TOMASO
15-giu AGORDO
17.30 LE VILLE
ATL. CAVIOLA
15-giu TAIBON
16.00 TAIBON CANALE
RIPOSA : ALLEGHE
6° GIORNATA ( 18 giugno 2014 )
Girone Data
Località
Orario Squadra ospitante Squadra ospitata
A
18-giu CENCENIGHE 20.30 CENCENIGHE AGORDO 2009
18-giu FALCADE
18.30 ATL. CAVIOLA LA VALLE
18-giu TAIBON
20.30 TAIBON SAN TOMASO
18-giu CANALE
18.30 CANALE
ALLEGHE
RIPOSA : LE VILLE
7° GIORNATA ( 22 giugno 2014 )
Girone Data
Località
Orario Squadra ospitante Squadra ospitata
A
22-giu FALCADE
17.00 ATL. CAVIOLA CENCENIGHE
22-giu TAIBON
16.00 TAIBON AGORDO 2009
22-giu BOSCO VERDE 15.30 ALLEGHE
SAN TOMASO
22-giu AGORDO
16.00 LE VILLE
CANALE
RIPOSA : LA VALLE
8° GIORNATA ( 29 giugno 2014 )
Girone Data
Località
Orario Squadra ospitante Squadra ospitata
A
28-giu CENCENIGHE 20.30 CENCENIGHE TAIBON
28-giu BOSCO VERDE 15.30 ALLEGHE
AGORDO 2009
29-giu LA VALLE
16.00 LA VALLE
CANALE
29-giu AGORDO
16.00 LE VILLE
SAN TOMASO
RIPOSA : ATLETICO CAVIOLA
9° GIORNATA ( 06 luglio 2014 )
Girone Data
Località
Orario Squadra ospitante Squadra ospitata
A
06-lug TAIBON
16.00 TAIBON ALLEGHE
06-lug FALCADE
16.00 ATL. CAVIOLA CANALE
06-lug AGORDO
16.00 LE VILLE
AGORDO 2009
06-lug LA VALLE
16.00 LA VALLE
SAN TOMASO
RIPOSA : CENCENIGHE
Il 14 Giugno 2014 inizierà, il 21° torneo giovanile 2° Memorial Orzetti
Gabriele al quale parteciperanno le seguenti squadre: Alleghe,
Cencenighe, Canale, Vallada, Taibon, Le Ville, Fodom, La Valle.
Alcuni buoni motivi per scegliere il rugby il prossimo anno!
S
arà perché è uno sport appassionante che ci trasmette
emozioni forti...
Sarà perché recentemente lo
abbiamo visto in televisione in
occasione del “ Sei Nazioni” ...
Sarà perché alcune tecniche del
rugby ce le ritroviamo sul luogo
di lavoro...
Sarà perché ancora non è molto
conosciut…...
Sarà...sarà...
Certo è che il rugby come sport
ci comunica valori importanti
come la forza, la collaborazione,
la condivisione e il rispetto
degli avversari. Spesso, infatti,
l’approccio alla vita tipico del
rugby è utilizzato in ambito
lavorativo, perché ritenuto utile
nella formazione del personale
e delle equipe di lavoro. Inoltre
il rugby come sport è spesso utilizzato come versatile metafora in
campo educativo e formativo perché è intriso di concetti che “formano
alla vita”, che si rifanno alla forza interiore e fisica per affrontare le
difficoltà. Il rugby è uno sport in cui sì vince con modestia e si perde
con leggerezza, dove il cervello e il cuore contano più del fisico, dove
quattordici uomini lavorano tutti uniti per dare al quindicesimo mezzo
metro di vantaggio”.
Ma... Che cosa imparano i bambini frequentando il campo di
rugby?
1. Imparano a relazionarsi con altri. Il rugby è uno sport di squadra
in cui sono necessarie la condivisione e la cooperazione di tutti
per ottenere un risultato. I bambini imparano a relazionarsi con i
compagni di squadra, con l’allenatore e con gli avversari attraverso
il gioco, con esercizi in allenamento mirati a favorire un clima di
coesione interno alla squadra e di rispetto degli avversari.
2. Rispetto delle regole: con gli allenamenti e con il confronto con la
squadra, il bambino impara a rispettare le regole, che nel rugby e nella
vita sono molto importanti perché servono a confrontarsi lealmente
con gli avversari e a tutelare l’integrità fisica di tutti.
3. Capacità di affrontare le difficoltà: l’aumentare dell’intensità
degli allenamenti sul campo in base all’età, fa sì che gradatamente
i ragazzi imparino ad affrontare la fatica, mantenendo lucidità e
concentrazione per ottenere dei risultati sia come squadra sia come
individui. La capacità di affrontare le difficoltà sul campo si acquisisce
con calma e tempo e via via forma il bambino ad affrontare la vita
che sta fuori dal campo con maggior determinazione.
Senza contare che nel corso del tempo si rafforzano
l’autodisciplina e l’assunzione di responsabilità, qualità
che nella vita ci consentono di ottenere i risultati che
ci prefiggiamo.
4.Un opportunità per tutti: a rugby possono
giocare tutti! Alti, bassi, robusti e magri, veloci e lenti,
non occorre avere doti particolari ne essere campioni!
I nostri figli hanno diritto di potersi divertire senza
doversi sentire a 12 anni inadeguati.. non idonei..!
L’educazione sportiva e motoria è alla base di questo
sport.
E per i genitori quali sono i benefici?
• Inostribambini(enoigenitoricheliaccompagniamo!)
hanno la possibilità di svolgere una sana attività
all’aria aperta: per la maggior parte dell’anno gli
allenamenti si svolgono il giovedì e il sabato presso il
campo di Rugby di Villa Montalban. Cè è una breve
interruzione invernale in cui gli allenamenti si svolgono
in palestra per consentire di mantenere l’allenamento
quando il campo ghiacciato non è praticabile. Gli spogliatoi e la club
house sono stati recentemente costruiti per aumentare la qualità del
servizio offerto!
• Per i bambini e per gli adulti con gli allenamenti, le partite e le varie
iniziative proposte dal club come cene e occasioni d’incontro si
creano automaticamente vere e sane occasioni di socializzazione
dove bambini, famiglie, tecnici, allenatori e tifosi respirano a pieni
polmoni l’aria genuina dello sport. Condividiamo anche noi genitori
il bello di questo sport!
• Gli allenamenti si svolgono il giovedì dalle 17.30 e il sabato alle ore
15.00 … allo stesso orario per tutte le squadre dall’U6 all’U12! Il
che significa che se abbiamo due figli di età diverse non dobbiamo
correre avanti e indietro per accompagnargli ad allenamento! Inoltre
le partite fino all’under 12 Sono concepite e concentrate tutte nella
stessa parte della giornata e nello stesso luogo, in genere la domenica
mattina dalle 10 alle 12.
• Inizia dal 9 giugno 2014 il Centro estivo! Volete che i vostri figli
passino più tempo all’aria aperta? Non sapete come organizzarvi
per questa estate quando asili e scuole interrompono il servizio?
Chiamateci e vi spiegheremo com’è articolato il nostro centro
estivo (resp. 331/4952522 dalle 17 alle 19 oppure scrivete a
[email protected] )
Per il contributo psicologico alla stesura di quest’articolo si
ringrazia la dott.ssa Elena Vescovi, psicologa-psicoterapeuta,
mental trainer.
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SPECIALE SPORT
A
nche quest’anno, domenica 18 maggio, è iniziato lo
“Storico Torneo Agordino” di calcio amatoriale, ormai giunto alla 41° edizione, intitolato a Denis Tonin
compianta giovane promessa del calcio agordino.
Alla manifestazione, indubbiamente considerata una delle più
importanti in assoluto in Provincia di Belluno, partecipano 17
squadre in rappresentanza di altrettanti Comuni. Nell’ordine:
Nuova Agordo 2009, U.S. Alleghe, Polisportiva Canale
d’Agordo, A.C. Caprile, F.C. Atletico Caviola, U.S. Cencenighe, Polisportiva Focobon, U.S. Fodon, G.S. Frassenè,
A.S.D. Gosaldo, A.S.D. La Valle Calcio, U.S. Le Ville,
A.S.D. Calcio Rivamonte, F.C. San Tomaso 1082, G.S. Taibon, Polisportiva Vallada Agordina, Polisportiva Voltago
Agordino. Anche quest’anno, il “Comitato del Torneo Agordino”, composto dai Rappresentanti delle squadre partecipanti ha
affidato l’organizzazione del Torneo, visti i buoni riscontri della
passata edizione, all’ A.I.C.S. Comitato Provinciale di Belluno che
si avvale della collaborazione dell’Associazione Arbitri A.I.C.S.
Belluno. La presentazione del Torneo ha avuto luogo giovedì 17
aprile a Taibon Agordino in occasione della “Sagra de Pasca”
così come la costituzione dei gironi e il sorteggio delle gare. Il
Sorteggio è stato un momento di grande interesse e divertimento in quanto, emulando i “Grandi Eventi Sportivi”, per la composizione dei gironi sono stati utilizzati tabelloni luminosi e il
concorso di “Simpatiche Tifose” delle squadre partecipanti che
hanno proceduto alle estrazioni. L’impeccabile organizzazione
del G.S. Taibon e gli “effetti speciali” ideati da Radio più, il tutto
con l’abile regia di Marco Gaz e Mirko Mezzacasa, hanno determinato il successo dell’evento. Attendiamo tutti gli appassionati
a seguire la manifestazione che nella passata edizione ha visto,
grazie alla sportività
espressa in campo e
sugli spalti, un successo di pubblico e
di critica che ci auguriamo possa ripetersi
anche nell’edizione
2014.
di Mirko Costa
Orari
(su appuntam
ento
)
martedì
8.00 - 17.0
0
mercoledì
8.00 - 17.0
0
giovedì
8.30 - 15.0
0
19.00 - 22.0
0
venerdì
8.00 - 17.0
0
sabato
8.00 - 16.3
0
© Belluno Magazine
SPECIALE SPORT
Storico Torneo Agordino
di Enrico Valmassoi
17
I
l football americano in provincia di Belluno, ha una tradizione oramai quasi trentennale. Certo, i periodi di buio, con squadre sciolte o sospensione d’attività son stati complessivamente
più lunghi e numerosi di quelli di attività. Ma cercare di fare sport
alternativi in una provincia piccola, dove le risorse economiche e
umane sono monopolizzate o quasi dal calcio e trovare anche solo
un terreno su cui allenarsi è impresa improba, non è sicuramente
semplice. Il volontariato e la passione possono molto, ma, quando
ci si trova di fronte vere e proprie barriere fatte di pregiudizi, l’entusiasmo viene scemando e si arriva ad un punto di non ritorno.
Sembrava fosse successo a titolo definitivo, dopo tanti anni di impegno massimo e risultati scarsi. L’esperienza di serie C con gli
allora Snowcats Belluno, nella seconda metà degli anni ’80, in pieno football boom, poi l’oblio, il ri-
torno con i Rangers Rasai (frazione ai piedi del Monte Grappa)
ed il campionato ad 8 giocatori Fiaf, l’esperienza Grifoni Belluno,
poi trasformatisi in squadra statunitense con organico quasi completamente appartenente alla base Nato di Aviano, La strada del
Flag Football, con la nascita dei Celtics (e della seconda squadra,
gli Stones), la crescita di nuovi giovani per ridare vita all’avventura,
abortita dopo un unica’esperienza organizzando il torneo “Fiveman” a cinque giocatori proprio a Feltre...il tutto, mentre, a riprova
che il materiale umano non mancava, i giocatori si disperdevano ai
quattro venti, militando un po’ in tutto il nord Italia (Dai Fighters
Pordenone ai Draghi Udine, dai Dogi Venezia ai Saints Padova ai
Giants Bolzano, dalle Aquile Ferrara ai Cavaliers Castelfranco, Ultimamente dai Thunders Trento ai Giaguari Torino).
Avventura finita, dicevamo. Con tanto di chiusura della società. Invece...invece, proprio nei momenti che appaiono peggiori, talvolta
si sviluppano le condizioni per riuscire a ricreare qualcosa che si
credeva perduto, in chiave del tutto nuova. Un ragazzo che chiede
al padre di allenare lui ed i suoi compagni di scuola, il primo gruppetto, poi, nuovi arrivi, qualche vecchio compagno che si unisce
all’avventura...e la barca è di nuovo fuori dalle secche, sulla giusta
rotta.
Con la rifondazione ufficiale sotto
il nome, questa volta di Dolomiti
Celtics, in occasione della riunione
per l’ultimo Superbowl, la fase sperimentale si può dire completamente superata. Ora c’è un direttivo,
uno staff tecnico, una linea guida da
perseguire e, soprattutto, un organico in costante crescita. Per la prima
volta, la società ha la possibilità di
poter contare su un proprio campo
di allenamento, senza spiacevoli intrusioni o limitazioni poste dalle società calcistiche, proprio a due
passi dal centro di Feltre.
A presiederla, Emanuele Marcon, running back storico delle varie
avventure feltrine e bellunesi nei vari campionati, affiancato da Vittorio Munerol, pietra miliare di questo sport in provincia di Belluno, dagli altri ex giocatori Michele Donà. Luca Frangini e Piero Gai
e, in rappresentanza dell’attuale settore atleti, da Manolo Feltrin, al
suo debutto nel mondo della palla ovale Usa, ma appassionato da
una vita.
Ad occuparsi del settore tecnico, oltre a Munerol nelle vesti di head
coach, di Frangini e Gai, ci sarà un’altra figura a dir poco mitica: Giorgio
Biasutti, il primo atleta bellunese a calcare il palcoscenico della massima serie nazionale quando, conclusasi l’esperienza Snowcats, militò tra
le fila dei Fighters
Pordenone, di cui vestì con onore la maglia per molte stagioni).
L’esperienza non manca. La volontà c’è, l’entusiasmo sta ritornando, man mano che le fila del roster segnalano qualche nuovo ingresso. Il percorso tecnico sarà indubbiamente lungo, ma sin da ora si
potrebbe guardare al futuro con un certo ottimismo. Fondamenta-
le sarà completare le fila con qualche linemen sia d’attacco che di
difesa; al momento, infatti, mentre il backfield si sta potenziando
progressivamente, le frontlines restano abbastanza sguarnite, cosa
improponibile in vista della partecipazione ad un campionato a
nove giocatori come la società sta valutando.
In fase embrionale, la squadra ha già disputato alcuni match. Contro
la under 20 ed una selezione senior dei Saints Padova e una mista
dei Redskins Verona nel corso del secondo torneo Fivemen a cinque giocatori, memorial Luigi Gai, organizzato e disputato a Feltre,
e, nel mese di dicembre, a Gorizia, contro i locali Sentinels, questa
volta con la formula a nove giocatori. Tutti passi che servono a
fornire i ragazzi della necessaria sicurezza e di quell’esperienza che
solo il confronto diretto con avversari più smaliziati può fornire.
L’ultimo impegno, contro i Pitbulls Viterbo, ma palesato, se ancora ce n’era bisogno, che l strada intrapresa è quella giusta. Partita
persa per 12-6 in casa laziale, ma dominata dai nostri portacolori,
privati della vittoria solo per un po’ d’inesperienza e per l’assenza in
campo di una crew arbitrale ufficiale. Molte aspettative sono rivolte
all’arrivo della bella stagione, quando sicuramente nuovi arrivi completeranno un roster con una particolarità veramente singolare: la
sua multietnicità. Due giocatori sono di origine dominicana, tre marocchina, uno brasiliana, uno cubana, uno moldava ed uno ucraina.
A dimostrazione di come l’amore per uno sport cancelli veramente
qualsiasi tipo di barriera, creando un gruppo compatto, pronto a
sostenersi in ogni passo di quest’avventura tanto inaspettata quanto
entusiasmante.
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Judo - Campionati europei di Kata
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MEZE
La medaglia d’oro al judoka di origine bellunese Enzo Calà - Lignano 24 e 25 maggio 2014
A
lla decima edizione dei campionati europei di Kata, tenutisi a Lignano il 24 e 25 maggio scorsi, il judoka di origine
bellunese Enzo Calà, cintura nera 4° dan, ha conquistato
la medaglia d’oro nella specialità “Kodokan Goshin Jitsu”, il
kata della difesa personale moderna, in coppia con l’atleta friulano
Fabio Polo, cintura nera 3°. Enzo Calà è judoka fin dalla tenera età
e si è formato alla scuola del padre, il maestro di judo Salvatore
Calà, cintura nera 5° dan di judo e 2° dan di jujitsu, fondatore e
presidente del Judo Belluno.
Oggi Enzo vive in Friuli, dove svolge la professione di maresciallo
dei Carabinieri, ed insegna judo a San Vito al Tagliamento.
L’oro conseguito dall’atleta corona un pluriennale impegno a livello internazionale con ben 14 presenze nella squadra agonistica
italiana dal 2009, consolida la sua autorità tecnica nello scacchiere
europeo e si aggiunge
ad un medagliere di
tutto rispetto: l’oro
nel Gran Prix nazionale 2013, i quattro
bronzi agli europei
di Praga 2011, gli
altri bronzi agli europei di Koper 2012,
Malta 2013 (sia in
categoria che negli
open) e quelli alla
Coppa Europa 2012,
2013, 2014, oltre al brillante sesto
posto ai mondiale 2012. Il nostro
conterraneo, al quale il Coni ha
conferito di recente la medaglia di
bronzo al valore atletico, ricopre
incarichi di rilievo nella Federazione nazionale di judo (FJILKAM - Coni), è istruttore di judo,
arbitro e responsabile Kata del
Friuli Venezia Giulia.
Grande gioia ha espresso il maestro bellunese Salvatore Calà che
segue da vicino il percorso agonistico del figlio: “l’affermazione
continentale di Enzo premia il lavoro di un grande atleta e deve
essere di stimolo a quanti si avvicinano al judo nella nostra Città
dove viene praticato da oltre un trentennio”.
Il successo di Enzo coinvolge emotivamente tutti i judoka bellunesi che si riconoscono nella scuola promossa e sostenuta con
tenacia e passione dal maestro Salvatore ed indica la strada verso
la quale sviluppare e diffondere anche nel nostro territorio questa affascinante disciplina che è, indubbiamente, molto più di un
semplice sport.
±3+YWXqXE+YWXqXE
‘’O Augustina, Augustina,
an cin a la ólta
un po’ alla volta
XIXMVEV{HzHEPETSWXqXE³´ ti tirerò
giù dal tuo posto”.
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“O Piave, o Piave,
se non la smetti,
una buona volta
ti chiuderò il respiro’’.
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A Belluno il Judo viene praticato presso la palestra piccola
della Scuola Media Ricci il lunedì e il giovedì - tel. 0437 30290 335 8249263 - [email protected].
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Il ristorante è aperto a tutti
Da 25 anni Christian Savi ed il suo personale vi coccolano con le dolci delizie della pasticceria la Tour Eiffel.
DR A K O L A N D
Situata accanto alla stazione di Ponte nella Alpi, la Pasticceria la Tour Eiffel, è un ottimo
punto di riferimento per un cappuccino & cornetto da guastare prima della partenza del
treno o anche solo per assaggiare una delle deliziose pastine e scambiare due chiacchiere
in un ambiente rilassante e amichevole.
Cannoncini alla crema, mousse, bignè e le tradizionali eclair francesi via aspettano in
questo piccolo angolo dedicato a Parigi, città dove Christian è nato e vissuto tredici anni
prima di arrivare a Ponte nelle Alpi.
In questo piccolo caffè non potevano mancare le opere d’arte di artisti locali, che si
susseguono esponendo le loro opere, durante tutto il corso dell’anno. Cultura e palato si
fondono così un unico luogo.
© Belluno Magazine
SPECIALE SPORT
di Paolo Vignola
APERTI TUTTI I GIORNI: Dalle 7.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 19.30
21
«...Habbiamo anchora aggiunto qui...dell’aglio
chiamato orsino. Ma non ha­vendo fin hora certezza
nessuna delle virtù di questo,...non ho che dirne per
hora più lun­gamente...”
Questo è quanto asserisce il medico senese Mattioli nel XVI
secolo a testimonianza di come la pianta, chiamata anche
allora aglio orsino, fosse pressoché sconosciuta per il suo
utilizzo sia in medicina, sia in cucina. Si sa solo che Plinio gli
attribuì il nome di Allium ursinum, senza specificarne però
i motivi. Probabilmente il grande naturalista fu influenzato dal fatto
che si tratta di una pianta che ama addensarsi nei boschi ombrosi e
umidi, di preferenza vicino ai
corsi d’acqua, habitat naturale e
tipico degli orsi. A parte queste
considerazioni marginali, si
tratta comunque di un aglio e
sicuramente dei più singolari,
tanto che le popolazioni
montane lo utilizzano da
sempre come succedaneo del
più conosciuto e usato Allium
sativum. A scopo alimentare,
infatti, si usano le sue parti
aeree sia per unirle alle insalate
miste, sia per insaporire le
minestre, nonché per aromatizzare le frittate.
Inoltre, le foglie giovani e perfino i fiori vengono utilizzati per dare
sapore ai piatti di pesce, formaggi teneri e patate lessate. Anche gli
Storia
di Daniele Tormen
Qui rise l’Etrusco
L’UTILIZZO DELLE PIANTE SPONTANEE E DEI FUNGHI
NELLA CULTURA POPOLARE BELLUNESE
speziali adoperano questa liliacea
per le sue proprietà ipotensive,
depurative,
antielmintiche,
stimolanti e antisettiche. Molti
amanti della cucina popolare
usano a scopo alimentare persino
il bulbo; deve, però, essere raccolto
all’inizio della primavera prima
che la pianta fiorisca e poi fatto
seccare nor­malmente come l’aglio
comune. Decisamente originale è come la nostra gente contadina
lo adoperi per insaporire il burro che, opportunamente pre­parato,
può accompagnare con successo diversi piatti come, ad esempio, le
trote alla griglia. La sua preparazione è molto
semplice: basta “scottare” per qualche minuto
in acqua bollente 50 grammi di bulbi pelati
di aglio orsino, che verranno poi scolati,
asciugati e pestati in un mortaio. Si prenderà
poi un etto di burro e lo si monterà fino a
ren­derlo sufficien­temente cremoso, tanto da
permettergli di incorporare la purea di aglio.
Al tutto si aggiungerà poi un po’ di sale,
qualche goccia di succo di limone e un po’ di
basilico tritato. Il burro così preparato servirà
come salsa di accompagnamento a 4 o 5 trote
cucinate alla griglia e presentate in un piatto
da portata guarni­to con alcuni spicchi di
limone. Il vino che suggeriamo è il verdicchio
da servire a 11-12 gradi.
U
n recente viaggio tra Lazio, Toscana e Umbria ha offerto lo
spunto per una rapida e suggestiva analisi su un popolo che ci
ha lasciato svariate vestigia, molte di più rispetto a quante sono
generalmente conosciute.
La citazione del titolo è di Vincenzo Cardarelli, nativo di Tarquinia,
una delle più fulgide lucumonie etrusche, strutture che di quel
mondo costituivano la base fondante. Ci soffermiamo proprio sulla
suddivisione della “natio” estrusca e in particolare sulla struttura di
dodici lucumonie indipendenti che si riunivano periodicamente presso
Velzna (romanizzata poi in Volsinii) presso la sede del dio Voltumna.
La natura delle lucumonie, speculare a quella delle polis greche costituì
la forza ma anche, in ultima analisi, la principale causa della scomparsa
della loro civiltà. La divisione senza alcun vincolo unificante permise alle
singole città di sviluppare in modo autonomo, pur mantenendo tutte
alcuni elementi fondanti, specifici tratti distintivi.
Così si poteva passare da Populonia, una moderna Piombino ante litteram, a Veio o Vulci, cittadine fiorenti e bellicose, per arrivare alla citata
Velzna, tempio sacrale dell’identità etrusca.
Caratterizzati dal culto dell’aldilà ma sensibili ai piaceri terreni, gli Etruschi
furono una civiltà antesignana per quanto riguarda la condizione della
donna e anche per questo, successivamente al loro tramonto, vennero
dipinti dalla letteratura dei vincitori (romani) come lascivi e corrotti,
Gran parte delle conoscenze in tema di edilizia e culti divinatori (si pensi
al famoso “fegato di Piacenza”) sono diretta eredità del patrimonio
etrusco. Camminare tra i luoghi che hanno visto fiorire ed evolversi
questa civiltà rappresenta ancora oggi un suggestivo momento di
riflessione sulla storia e il senso delle cose. Paradigmatico a questo
proposito la vicenda di Velzna sede, come abbiamo detto, della lega dei
dodici popoli: fu proprio in quella assise che a fronte dello scontro tra
Veio e Roma, le lucumonie decisero di non intervenire e lasciare che
Veio affrontasse da sola la nascente rivale, ritenendo che l’autonomia
delle singole lucumonie fosse un valore assoluto da preservare.
Ciò portò dopo dieci anni, nel 396 a.c., alla distruzione di Veio da
parte di Roma. La decisione presa in quell’occasione fu nefasta per la
causa etrusca: da quel momento in poi le singole lucumonie caddero,
in modo diverso e spesso cruento, nell’orbita romana fino ad esserne
completamente assoggettate.
Si arriva così al 264 a.c. quando, chiamati dagli stessi maggiorenti della
città per domare una rivolta servile, i romani occupano e radono al
suolo Velzna, massacrano gran parte della popolazione e deportano i
sopravissuti fondando una nuova Velzna (o Volsinii).
La nuova Volsinii viene riedificata in prossimità del lago di Bolsena,
dove ancora oggi si possono visitare la rovine.
Molto più discussa dagli storici la localizzazione della vecchia Volsinii:
la maggioranza ritiene che sorgesse dove ora si trova Orvieto e alle sue
pendici si trovasse il fanum Voltumnae, il santuario di Voltumnae; resta forse una traccia nell’origine stessa del nome Orvieto, urbs vetus, a
ricordo dell’antica Velzna.
E con questo ultimo, malinconico avvenimento gli Etruschi escono
dalla storia ed entrano nella leggenda: non ci resta che accompagnarli,
passeggiando con loro nei luoghi che li hanno visti sorridere.
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mani esperte di uno staff sempre pronto a curare - nei più minimi
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soli, nemmeno a opera conclusa, offrendo ai propri clienti, per qualsiasi dubbio o problema il servizio gratuito d’assistenza post-vendita.
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i pianeti e i satelliti sono i nostri designer, gli architetti d’interni, gli
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Arte
Arte
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L’universo demoniaco di
Hieronymus Bosch
“
Che significa, o Hieronymus Bosch, quel tuo occhio
attonito? Quel pallore del volto? Come se tu stessi
guardando i lemuri e gli spettri dell’Inferno svolazzarti davanti. Potrei credere che ti si siano spalancate le porte
dell’avido Dite e le dimore del Tartaro poiché la tua destra
ha potuto dipingere tanto bene tutto quello che il più profondo recesso dell’Averno contiene.” (Dominicus Lampsonius, 1575)
L’arte antica e medioevale è ricca di rappresentazioni fantastiche
e mostruose: combinazione tra parti umane e parti animali, tralci da cui
spuntano volti, teste montate su gambe, demoni, draghi, ippogrifi, gnomi
e chimere. Simili invenzioni si troveranno, nel repertorio figurativo,
fino al Rinascimento per poi interrompersi durante il periodo della
Controriforma.
L’immaginario Barocco, infatti, sarà pervaso solo da figure paradisiache
ed il demonio verrà raffigurato, come prescritto dai dettami ecclesiastici,
attraverso un normale modello antropomorfico senza eccessi di
terrifica invenzione e spaventosa fantasia. La concezione meravigliosa e
terribile della realtà verrà sostituita da una visione
più razionale e scientifica della natura delle cose:
tutto ciò che è strano e singolare non incute
più timore e stupore, ma diviene
l’oggetto di un’indagine accurata e
minuziosa.
Il mostro trovò un interprete
esemplare ed unico nell’artista
fiammingo Hieronymus Bosch:
nell’opera di Bosch non vi è nulla
di naturalistico o di scientifico,
tutto prende forma attraverso la
sua immaginazione allucinata
e portentosa.
Di questo misterioso pittore
ignoriamo la formazione ed i
maestri, sappiamo che nacque ad
Hertogenbosch nel 1453, un paese che si
trova già in terra olandese, un fiammingo,
dunque, ma non completamente. Quello
che è comunque certo è che la sua pittura
risente fortemente dell’influsso di artisti
fiamminghi quali Jan van Eyck e Rogier van
der Weyden: pittori di una nitidezza visiva
assoluta, adamantina, pittori della realtà
specchiata e non della surrealtà. Da questi autori Bosch prese le mosse
per condurre una sua personale ricerca che lo portò a sprofondare in
quell’abisso di mondo ancora non noto, sommerso entro le superstizioni
ed i pregiudizi del medioevo: la limpidezza della visione posta al servizio
delle tenebre più arcane ed impenetrabili.
Nella vasta produzione artistica ispirata al demoniaco, i demoni di Bosch
hanno un posto a sé stante: immagini sconcertanti che mescolano e
fondono mondo animato e realtà inanimata; deformazioni anatomiche
che trasformano uomini ed animali in esseri incongrui e grotteschi;
fantasie raccapriccianti che non trovano un diretto ed univoco riferimento
culturale. Le immagini che ne derivano destano turbamento misto a
disgusto: esseri inquietanti che paiono incarnare l’intera esperienza
umana del male.
La sua pittura così ricca e la libertà nell’interpretazione dello spazio
prospettico, ci risultano meno strani, o straordinari, se consideriamo un
dato importante, spesso trascurato, della sua educazione artistica: Bosch
nacque come miniatore e, come tale, egli trasferì sul più ampio spazio
pittorico l’ispirazione articolata e minuziosa tipica della miniatura. Ecco
che allora un’opera
come i Sette peccati
capitali, che ci appare
così singolare per la sua
impostazione, ci risulta
più comprensibile se
la immaginiamo ideata
per la dimensione della
miniatura:
attorno
all’occhio centrale con
il Cristo si irradiano
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freccia che sembrano muoversi come delle gambe, stringendo fra loro la
lama di un coltello; gli strumenti musicali degradati ad oggetti insensati
o mezzi di tortura, come l’arpa dove vi è un uomo crocefisso sulle sue
corde, o come l’essere umano legato al liuto che è esposto all’attacco di
un drago; l’uovo-albero al centro della composizione, dove molti studiosi
hanno visto l’autoritratto di Bosch, che sul cappello regge una zampogna
e nel tondo ventre ospita una bettola.
Una rappresentazione estremamente complessa, dallo sterminato
proliferare di particolari, pullulante di simboli e di enigmi, dove nessuno
è centro, dove nessuno è protagonista, dove tutto ruota attorno ad un
sette episodi, corrispondenti ad nucleo provvisorio come a testimoniare la perdita di centralità ed il totale
altrettanti vizi, perfettamente degrado dell’essere umano.
inquadrati in una prospettiva Un’umanità frammentata, terremotata, convulsa e distorta, posseduta dal
maligno e dal senso del peccato, che pare riacquistare una sua centralità in
logica ed organizzata.
Bosch si dimostrò così un’opera come l’Ecce Homo.
perfettamente figlio del suo La mostruosità dell’essere umano
tempo, ins erendosi in quel qui è messa in evidenza
filone di ricerca spaziale senza l’uso di visioni
portato avanti dai suoi illustri astruse o di invenzioni
ma
predecessori
fiamminghi: abominevoli,
solamente
attraverso
dentro il suo tempo, ma estraneo per singolarità di visione.
Nel celebre Trittico delle Delizie Bosch eliminò l’unità dello spazio l’animalesco realismo di
giustapponendo delle scene dotate di loro autonomia di azione e che, volti plebei deformati
messe assieme, determinano una voluta composizione disordinata e dall’ira e dalla crudeltà.
disarmonica: il caos che nasce dalla volontà di sperimentare uno spazio La dimensione del
demonio si rivela, così,
che va oltre la realtà e la storia.
In questa tavola Bosch diede prova di tutta la sua grandiosa inventiva in tutta la sua orrenda
onirica: un’elaborazione totalmente fantastica dell’universo nella quale realtà terrena: l’umanità
possiamo scorgere elementi riconoscibili stravolti, però, attraverso bestiale che dileggia e
irride il divino che è dentro ognuno di noi.
l’occhio deformato del pittore.
Lo sportello con l’Inferno musicale, ad esempio, pur essendo un Mago, occultista, alchemico e stregone, la
esplicito omaggio al mondo demoniaco, appare totalmente assurdo e figura di Bosch è ancora avvolta nel mistero, certo è che nessuno dei
privo di senso: le enormi orecchie trafitte da una contemporanei lo accusò di eresia: il suo tempo si limitò ad ammirarlo
per la sua straordinaria potenza espressiva che continua,
tutt’oggi, a catturare lo sguardo esterrefatto ed attonito
dello spettatore.
La grandiosa opera di Bosch non offre certo spazio ad
interpretazioni inequivocabili od esaustive; il pensiero
dominante è la certezza che il male ed il mostruoso sono
ovunque e sono connaturati all’uomo e alle sue opere:
salvarsi è difficile seppure non impossibile.
L’umanità è malvagia ed ingannevole, incapace di
compassione e di carità, eppure emergono, come fiori rari,
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Turismo nel bellunese.
Una risorsa da reinventare
A
differenza dei monti, dell’acqua, delle foreste, il turismo non è
una risorsa naturale, tangibile, ma può considerarsi la possibilità
di usufruire con appagamento di aspetti legati alle diversità, alle
specifiche se non uniche risorse ambientali ed alle loro peculiarità, alla
storia, alla cultura, alle tradizioni sviluppatesi in un luogo. La sua promozione porta inoltre allo sviluppo di numerose altre aree economiche
(il commercio, l’ospitalità alberghiera e non, il settore del divertimento,
l’industria, ecc.).
Siamo ancora in grado, proprio per la relativa arretratezza in cui si trova
questo nostro comparto, di costruire un turismo destagionalizzato,
responsabile, attento alla salvaguardia del nostro territorio, alla tutela e
promozione dei prodotti locali ed al mantenimento di un ecoambiente
integro e salutare. In quest’ottica importante è l’iniziativa dell’albergo
diffuso (o turismo di comunità), che già trova significativi esempi a Lamon, Sovramonte, Bolzano Bellunese e, con la denominazione “Villaggio dell’Alpinismo”, a Forno di Zoldo, Zoppè e Cibiana di Cadore. Oppure il progetto “Mille camere” per la Valbelluna: duemila posti letto per
centinaia di migliaia di presenze in più, che diano un’integrazione di reddito per le famiglie. L’inclusione delle Dolomiti, da parte di UNESCO,
nella Lista del Patrimonio Mondiale, con la caratteristica di “fra i più bei
paesaggi montani che vi siano al mondo”, non può che essere di stimolo
allo sviluppo di queste attività. Ma ciò non sarà sufficiente, se non vi sarà
contemporaneamente una presa di coscienza della nostra popolazione,
delle Istituzioni, pubbliche e private, degli operatori economici sull’ urgenza di una nuova disponibilità ad intraprendere attività turistiche, con
una rinnovata forma mentis verso l’altro, l’accettazione del confronto,
la massima predisposizione all’accoglienza. Facendo pure una sana autocritica sulle nostre manchevolezze e sull’incapacità di fare squadra per
approfittare dell’ opportunità di cogliere supporti economici, nazionali
ed europei, che pure ci sono, adeguati e finalizzati ad un confronto a tutto
campo in una competizione globale. I risultati di questi scompensi sono
noti a tutti: siamo passati da 5.210.651 presenze del 2004 a 3.987.658
dello scorso anno, con un crollo vicino al 25%; gli arrivi invece sono
rispettivamente aumentati da 789.232 a 845.794 (dati: Provincia di Belluno, ufficio statistica, servizio turismo e sport). Si tratta quindi (al di là del
calo fisiologico della permanenza media) di un turismo prevalentemente
mordi è fuggi che poco lascia sul territorio.
Purtroppo il confronto con l’apparato turistico delle contermini Province autonome è doppiamente deprimente. In primo luogo per la disparità
di budget a disposizione per le attività di marketing e propaganda (la
sola Provincia di Bolzano/Bozen ha destinato per il 2012, 2013 e 2014
una spesa annua di oltre 60 Mil€). Poi perché esse hanno una visione
totalizzante verso il prodotto montagna, mentre il turismo montano è
inteso in Veneto come una fetta, pure minoritaria, di una torta ove i numeri più importanti sono dati dai settori balneare, artistico e lacustre. Se
aggiungiamo che le disponibilità a ciò destinate dall’ ente Provincia erano
già state decurtate in questi ultimi anni (con conseguente chiusura degli
uffici Iat) e che i trasferimenti sono stati ulteriormente ridotti di un terzo
per il 2012 ed altrettanto nel 2013 e 2014, il quadro appare nella sua totale desolazione. A tal fine ricordo anche l’importanza di conoscere i dati
più recenti sull’economia e sulla dinamica demografica provinciali, per
rendersi conto dell’impellenza di un urgente cambio di approccio anche
delle patate, qui giunte ed affermatesi dopo il Congresso di Vienna; la
carne coi crauti; i canederli; cacciagione di montagna cotta con la birra in
abbinamento a marmellate di piccoli frutti, ecc.
Vi è un altro tipo di cacciagione che potrebbe essere utilizzata e valorizzata
come nostra peculiarità: la carne di cinghiale. Proprio quel cinghiale raffigurato nel sarcofago di Flavio Ostilio, ricco possidente bellunese, vissuto
nella prima metà del III secolo d.C. Egli volle impressa sul suo sarcofago,
a perenne memoria del suo amore per il paesaggio bellunese, una scritta
greca, tradotta dal Piloni in latino:“Vigila, vale, montium sempre memor”
(Stai attento ed in buona salute, …e ricorda sempre i tuoi monti!). Il sarcofago è ora custodito nel cortile interno del Centro culturale bellunese
della Crepadona.Il cinghiale da anni ha ripopolato vaste zone della nostra
Provincia, provocando addirittura problemi di varia natura. Perché non
creare un contesto, supportato da una forte azione di marketing, in cui
questo animale divenga un’icona che serva ad identificare il nostro territorio, rendendolo unico? I ristoratori potrebbero sbizzarrirsi in ricette
con l’utilizzo della sua carne, proponendo settimane dedicate, confronti
culinari, curiosità, ecc.. Gli artigiani potrebbero avviare una produzione di
oggettistica in legno, pietra o metallo sul tema specifico. Ci sarebbe l’opportunità di eseguire souvenir a tema raffigurando parti dell’animale, ecc.
Idem i pasticceri con piccoli dolci o medaglioni di cioccolato. “Per una
volta il cibo [assumerebbe] la funzione di “medium” in grado non solo
di comunicare cultura materiale, tradizione, emozione, sapori, profumi,
ma anche di generare valore nel territorio, innescando addirittura germi
di imprenditorialità” (Paolini). Gli esempi di azioni analoghe già realizzate
sono molteplici; ricordo Montalcino (brunello), Acqualagna (tartufo),
Zibello (culatello) e all’estero Chamonix (camoscio). Nel nostro caso il
collegamento culturale avrebbe addirittura una datazione plurimillenaria
ed andrebbe ad aggiungersi all’agnello dell’Alpago ed agli altri ungulati,
sui quali già esiste sufficiente specifica letteratura.
Turismo
sul problema turistico. Ma la scomparsa della Provincia porterebbe pure
all’eliminazione dell’ufficio statistica, con conseguente impossibilità di
conoscere tali numeri in tempo utile per essere correttamente utilizzati.
E pensare che il Bellunese nella sua complessità come nelle sue particolarità è ricco di potenzialità turistiche inespresse, dei veri e propri
atout che, se ben giocati, darebbero sicuramente impulso alla nostra
economia. Ne faccio un breve accenno. Le Alte Vie delle Dolomiti (le
prime in Italia), itinerari di più giorni all’interno di un ambiente incontaminato. Il Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi, uno dei parchi
italiani più facilmente raggiungibili e contemporaneamente più integro,
ricco di offerte declinabili per frequentatori dai target più disparati. Lo
scialpinismo, sport tra i più ecologici, diversificabile dal severo ambito
dolomitico a quello più dolce delle Prealpi Bellunesi. Il Lago di Santa
Croce, regno di windsurf e kitesurf, direttamente collegato con l’autostrada alla pianura. Il parapendio, che ha in Alpago una delle scuole
più attive. Le piste ciclabili extraurbane; per ora ha un certo rilievo
solo la Calalzo-Dobbiaco/Toblach, ma importante sarebbe realizzare
quella della Valbelluna, a portata di tutti, alternativamente sulla sinistra e
destra Piave, a diretto contatto coi centri abitati, e quella, più tecnica, che
percorrere Alpago e Prealpi bellunesi fino a scendere a Valdobbiadene;
per entrambe ci sarebbe la possibilità dell’affiancamento col trasporto
ferroviario delle biciclette. Per ora purtroppo si assiste ad un proliferare di iniziative dei singoli Comuni, per lo più scollegate una dall’altra,
chiaramente prive di un coordinamento a livello provinciale, il che ne
penalizza una valida offerta alla vasta platea di utilizzatori, specie esteri,
in continua crescita. Il trekking a cavallo, che potrebbe svilupparsi
ovunque nel dolce territorio dal Feltrino alla Valbelluna. Gli itinerari culturali, che offrono variegate proposte alla scoperta delle nostre
vallate, seguendo filoni provinciali (ad ex. Tiziano, la via degli Ospizi, i
Tesori d’arte religiosi, le nostre particolari ville venete, i fortini e le testimonianze della Grande Guerra, di cui quest’anno ricorre il centenario
dell’inizio), o locali (le fontane di Belluno, i murales di Cibiana, i capitelli
devozionali in Alpago, ecc.). La riscoperta delle tradizioni del XVIII e
XIX secolo, i macchinari ad uso agricolo, le attrezzature artigiane nel
campo dei metalli e del legno, l’arredamento, l’abbigliamento, gli usi e
costumi etnologici e religiosi; tutte particolarità raccolte e rivitalizzate nei
musei etnografici sparsi nel territorio provinciale, o riproposte durante le
manifestazioni folkloristiche locali. Ma la recente notizia della possibile
dismissione del Museo di Serravella da parte della Provincia per evidenti
difficoltà finanziarie va nella direzione opposta. Gli stessi alberghi, in occasione di auspicabili, improcrastinabili restauri, dovrebbero riproporre
l’ambiente rustico, caldo ed accogliente, dei secoli scorsi, rigettando la
moda uniformante e fredda degli arredamenti moderni. Belluno tra le
capitali della “Qualità della Vita”, titolo che ci contraddistingue da anni e
che dovrebbe quindi essere trasformato in un must da spendere in ogni
occasione, convegni, fiere o incontri turistici.
Infine la specificità gastronomica, sulla quale mi soffermo più diffusamente. Il nostro territorio, posto storicamente a cerniera tra ambiente
mediterraneo e germanico, ne condivide molti aspetti, tra i quali quello
gastronomico. Ecco quindi la pasta coi fagioli ma con l’abbinamento
Bibliografia
“Dolomiti Patrimonio mondiale
Unesco”
“Dolomiti, Universo Bellunese”
“Guida insolita delle Dolomiti”
“I giorni, la vita in Ampezo nei tempi
andati”
“I luoghi del gusto”
“La grande cucina bellunese”
“La Via degli ospizi”
“Tesori d’Arte nelle chiese del
Bellunese”
“Tiziano. L’ultimo atto. Present and
past itineraries in Belluno for a harmonious tourist development”
“Un Parco per l’uomo”
“Val Belluna. Case nella campagna”
“Viaggio alla montagna veneta”
brochure Fondazione Dolomiti Unesco, Tipografia
Alcione, Lavis, 2011
M. De Biasi, ed. Magnus, Udine, 1986
D. Dibona, Newton Compton Editori, Roma, 2010
A.Menardi Illing, Nuove Edizioni Dolomiti, 1990
D.Paolini, Baldini & Castoldi editore, Milano, 2002
G.Rorato, Dario De Bastiani Ed., Godega di
S.Urbano, 2006,
T.De Nardin, G.Poloniato, G.Tomasi, Parco
nazionale Dolomiti Bellunesi, Duck Edizioni, Santa
Giustina Bell.se, 2002
Collana edita dalla Provincia di Belluno, volumi vari,
2003 e seguito.
di Marta Pettazzi, Tesi di Laurea, Università degli
Studi di Trento, 2008.
a cura Fondazione Giovanni Angelini-Centro Studi
sulla Montagna, Cierre edizioni, Verona, 2004.
A. Alpago Novello, Tipografia P. Castaldi,
Feltre,1964
R.Boschi, E. Turri, D. Zumiani; Fond.ne Cariverona, EBS Editoriale Bertolazzi Stei, Verona, 2006
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Turismo
di Tomaso Petazzi
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Salute
di Cristina Muratore
Protezione da sole e insetti
è
molto importante proteggerci da scottature e altri danni solari, ma dobbiamo anche ricordare che la luce naturale è essenziale per l’organismo tanto quanto l’aria che respiriamo o l’acqua
e il cibo. La vitamina D è nota anche come “Vitamina del Sole” perché è
grazie al sole che il nostro corpo, attraverso la pelle, è in grado di sintetizzarla e produrla. Ecco perché, col drastico cambiamento di vita che l’intera popolazione ha subìto nel corso degli anni, vale la pena riscoprire o far
conoscere questa vitamina, alleato prezioso del nostro organismo. È una
sostanza essenziale che si assume attraverso l’esposizione alla luce solare
e la dieta e, in determinati casi, anche con l’uso di supplementi farmacologici. Esponendosi al sole in modo corretto, la nostra pelle produce circa
l’80% del suo fabbisogno. La vitamina D, se da un lato si può considerare
una vera e propria vitamina (infatti circa il 20% del suo fabbisogno viene
assunto con l’alimentazione: uova, latte, pesce, favorito da un ambiente basico!), dall’altro, una volta trasformata nella sua forma attiva, agisce come
un ormone, in grado di regolare diverse funzioni del nostro organismo. Il
suo ruolo principale è quello di aiutare il calcio a fissarsi nelle ossa. D’altra
parte bisogna anche considerare i possibili rischi, come i danni provocati
dalle lunghe esposizioni al sole: scottature, rossori, bruciori, ustioni solari causate dalla radiazione ultravioletta (UV), che danneggia le strutture
molecolari delle cellule, anche quelle del DNA. Tuttavia, la maggior parte
delle protezioni solari in commercio contiene, tra gli ingredienti, sostanze
chimiche pericolose e, anche se svolgono la loro azione di schermatura
contro i raggi UV, la loro composizione ha effetti negativi sulla pelle. Le
creme solari, per svolgere il loro ruolo di protezione dalle radiazioni UVA
e UVB, contengono al loro interno dei filtri solari che possono essere sia
schermi fisici (ovvero minerali che riflettono i raggi solari impedendone la
penetrazione) sia filtri chimici (ovvero sostanze chimiche che assorbono
le radiazioni solari). Nota: le sostanze chimiche = filtri; le sostanze fisiche
= schermi. Mentre i raggi uvb causano scotatture, sono quelli uva a provocare le rughe, ed entrambi i raggi possono portare al cancro. 1) I filtri
chimici sono sostanze chimiche molto complesse (non naturali, sono
sostanze estranee all’organismo, di sintesi) che hanno la proprietà (per la
loro struttura molecolare) di catturare su di sè l’energia degli UV evitando
il danno alle cellule cutanee, anche se ancora oggi non sono chiare fino
in fondo tutte le implicazioni di questo processo. In genere hanno nella
loro molecola degli “anelli aromatici”; questi anelli hanno la proprietà di
“assorbire” gli UV su di sè, bloccandone l’energia.
Trattandosi appunto di sostanze chimiche complesse non è escluso che la
pelle le interpreti come “nemiche” e scateni una reazione allergica; inoltre
ciascun filtro si comporta in maniera diversa rispetto a ciascuna banda
di raggi solari e alcuni, una volta colpiti, liberano radicali liberi o si destabilizzano perdendo o falsando il loro potere filtrante. Molti filtri chimici
possono degradarsi (non usare mai un prodotto dell’anno precedente), la
crema ha lo stesso aspetto e profumo ma può proteggere meno, o, peggio, può scatenare una reazione allergica. Le sostanze chimiche usate in
questo tipo di filtro sono generalmente derivate dal petrolio, e sono molto
pericolose perché, come già accennato precedentemente, i filtri chimici
vengono assorbiti dalla pelle. La combinazione degli ingredienti di queste
creme riesce ad assorbire bene i raggi del sole, ma allo stesso tempo crea
un surriscaldamento dell’epidermide causato dalla dispersione del calore
provocata appunto da questi filtri. Solitamente tali filtri vengono utilizzati
nelle creme solari proprio per via del loro costo ridotto, essendo creati in
laboratorio, e per la loro peculiarità estetica in quanto risultano trasparenti
una volta applicati. Sfortunatamente però, la loro complessa composizione fa si che la pelle reagisca alle sostanze chimiche, e possono verificarsi allergie e altri problemi cutanei più o meno gravi. Addirittura, ci sono agenti
chimici che sono in grado di interferire con l’attività di alcuni estrogeni.
2) I filtri solari fisici, invece, sono sostanze molto più semplici: si tratta
di minerali polverizzati (o micronizzati), che riflettono i raggi solari, a prescindere dalla loro intensità o lunghezza d’onda. Le creme con soli filtri
solari fisici riporteranno in etichetta SPF più bassi, ma proprio grazie alla
natura di questi filtri, sarà sufficiente spalmarsi la crema solare più spesso
e in dosi più generose per avere sempre una protezione ottimale (indipendentemente dal numero di SPF scritto). Meno prodotto si usa, e più si
dirada la frequenza di applicazione, più raggi solari passano.
I Filtri solari fisici differiscono da quelli chimici perché, come sappiamo,
usano sostanze più naturali come:ossido di titanio;ossido di zinco;talco.
Questi schermi di tipo minerale producono un effetto specchio che riflette indifferentemente i raggi del sole impedendo che questi raggiungano
l’epidermide. I raggi quindi non vengono assorbiti dalla cute, come avviene per i filtri chimici, ma vengono quasi completamente respinti, evitando
che l’epidermide si surriscaldi. I filtri solari fisici sono senza dubbio più sicuri di quelli chimici proprio perché sono composti da semplici ingredienti
e non hanno una struttura chimica complessa, dunque sono più tollerabili
a livello cutaneo. Il difetto dei filtri fisici è che lasciano una patina bianca
sulla pelle e sono difficili da spalmare, e questo lo rende meno appetibile
agli occhi della gente che preferisce una protezione trasparente e quindi
più estetica, ricorrendo a filtri chimici. Inutile dire che i filtri fisici sono da
preferire a quelli chimici, tra l’altro sono questi i tipi di schermatura usati in
prodotti bio-ecologici e quindi certificati dall’AIAB e dall’ICEA. 3) Altri
accorgimenti: la prima regola fondamentale è di evitare le ore più calde
della giornata e di bere sempre molta acqua per reidratare i liquidi persi.
Per evitare le allergie da sole è necessario preparare la pelle al sole, la salute
nell`estate viene anche dall`interno: una delle cose migliori da fare è proteggere e nutrire la pelle anche dall’interno, mangiando carote o meglio
ancora bevendo succo di carote (rigorosamente biologico), e mangiando
abbondanti quantità di frutta di stagione(avocado, pesche, banane, albicocche, meloni e tutte le bacche). Queste forniranno una grande quantità
di Vitamina C, betacarotene e minerali, che agiscono come antiossidanti.
Anche i pomodori maturi sono ottimi, grazie al pigmento licopene, un
altro potente antiossidante. Evitare i cibi pesanti che affaticano l’apparato
digestivo (carne rossa, insaccati, zucchero bianco, le fritture e “cibo spazzatura”…) e ridurre l’assunzione di alcool per evitare un surriscaldamento
interno, in quanto l’alcool aumenta il processo di ossidazione, producendo radicali liberi e danneggiando così la pelle dall’interno.
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H
obby Zoo vi dà appuntamento con due avvenimenti per
l’estate: domenica 6 luglio si terrà l’ottavo “Trofeo di
agility Hobby Zoo”, la gara si svolgerà a partire dal mat-
tino presso gli impianti sportivi di Pian dei Longhi in Nevegal.
Sabato 12 luglio presso il punto vendita Hobby Zoo di Sedico ci sarà
un’ originale Festa Bavarese con divertimento e birra offerti dall’azienda
Rebo (Happy Dog e Happy Cat). Durante la giornata ci sarà anche una
dimostrazione di agility a cura dell’Athletic Dog di Feltre.
L’Agility è una disciplina sportiva che si può praticare sia a livello
agonistico sia amatoriale, semplicemente per rafforzare il piacere
di interazione fra proprietario e cane. Non c’è nessuna discriminazione: TUTTI i cani possono praticarla sia meticci sia di
razza, sia di taglia grande sia piccola. A seconda dell’altezza
del cane, infatti, vengono adattati gli ostacoli.
Lo scopo di una gara è far affrontare al proprio cane una sequenza
di salti, tubi, slalom in un’ ordine definito dal giudice, il quale va-
Bellezza
Capelli di sole
Un’estate di agility
luterà la presenza di errori durante lo
svolgimento della prova. Il cane vincitore sarà quello che svolgerà
il percorso nel minor tempo possibile e senza errori.
Domenica 6 luglio in Nevegal avrete la possibilità di assistere ad
una gara di agility valevole per le qualificazioni alla finale del Torneo Master 2014. L’obiettivo dell’organizzazione è quello di riconfermare i 130 cani iscritti alla gara tenutasi a maggio. Un record di
concorrenti, con presenze
importanti come i membri della Nazionale Italiana, che parteciperanno ai prossimi Campionati Europei e Mondiali. Sono attesi
partecipanti da tutto il Nord Est, che garantiranno uno spettaco
lo al pubblico dando la possibilità di trascorrere una giornata piacevole e di relax.
Vi aspettiamo numerosi! !
Come proteggere i vostri cani
Cogliamo l’occasione per ricordarvi di proteggere i vostri amici a
4 zampe da pulci, pidocchi, zecche e zanzare. Le zecche in particolare sono vettori di numerose malattie che possono colpire sia
l’uomo che gli animali, le più diffuse in Provincia sono la malattia
di Lyme (nota anche come morbo di Lyme o Borreliosi) e la
TBE (Encefalite trasmessa da zecche). Ora potete difendere i
vostri cani e gatti in modo naturale grazie ai prodotti della Linea
Protection di Orme Naturali a base di olio di Neem, che risulta
sgradito a parassiti ed insetti. Questa linea offre una protezione
naturale e senza controindicazioni; molto pratica, rapida ed efficace. Tra i maggiori vantaggi troviamo la possibilità di utilizzare
questi prodotti in tranquillità e sicurezza su cuccioli, animali anziani, malati, in convalescenza, in gravidanza e in allattamento,
che fino ad oggi non potevano essere trattati con prodotti chimici. I prodotti della Linea Protection sono particolarmente indicati
per animali che vivono a stretto contatto con bambini.
La linea Protection offre un’ampia gamma di prodotti per i vostri amici a 4 zampe, venite a trovarci in negozio per maggiori
informazioni nelle giornate di Martedì, Venerdì e Sabato la linea
Protection viene supportata dalla Dott.sa Barbara Piaia.
E
ccoci pronti per l’estate, aspettando e sognando il bel tempo,
sole, belle temperature e, soprattutto, vacanza, tanta vacanza...
Estate in bellezza, da vivere bene possibilmente con il corpo
in ordine, capelli compresi. Cosa diciamo di importante per preparare i
capelli in estate 2014??
Come sempre è fondamentale prestare
attenzione alla loro cura, proteggendoli
il più possibile da agenti esterni, fonti di
calore in eccesso, esposizione al sole,
acqua di mare, piscina e vento.
Fluidi idratanti, oli protettivi, creme
barriera: tutto ciò che possa ridurre
l’usura della struttura del capello è utile
e benvenuto.
Oltremodo importante il trattamento
di rigenerazione: maschere ad
alto contenuto proteico sono direi
obbligatorie. E come portiamo i
capelli per questa estate? Quali gli stili
consigliati? Quale la tendenza?
Individualità e personalizzazione le
parole d’ordine, i binari su cui correre!!
Questa stagione stilistica si sta particolarmente distinguendo dalle
precedenti per un forte ritorno allo style, al design, alla forma, alla
colorazione creativa, dove la personalità individuale diventi l’anima
dell’immagine.Una forte riscoperta dei capelli come segno distintivo del
proprio modo di essere. La riscoperta del viso aperto, dopo parecchio
tempo di volumi avvolgenti, sta riportando il piacere di vivere i capelli
con maggior libertà espressiva e creativa, esprimendo così una immagine
di se stessi decisamente più interessante.I contrasti di volumi e la ricerca
della forma riprendono motivi di ispirazione passata, direi senza precisi
riferimenti datati, essendo ormai la storia un insieme di stili ed idee,
un melting-pot di elementi da prendere e sviluppare sulla base di un
contemporaneo gusto. Ecco la differenza: il gusto!!
Se ieri si parlava di moda, oggi io parlerei di gusto, di interpretazione,
di lettura estetica dove dentro i motivi correnti si riesca a trovare il
giusto equilibrio. Ed a tale scopo è fondamentale l’opera competente
dello stylist, del professionista capace di leggere, proporre e realizzare
tutto questo. Per quanto riguarda le indicazioni di massima sugli stili
più frequentemente utilizzati in questa stagione, rimane sempre molto
attuale la forma asimmetrica, con prevalenza di settori molto corti,
anche rasature, nelle zone laterali e della nuca.
Come pure c’è una prevalenza delle lunghezze medie e corte, nella nuca
in particolare, con ciuffi frontali fascianti e laterali lunghi a discrezione.
La frangia geometrica, più o meno corta, sta avendo un buon ritorno,
mentre il capello molto lungo rimane parcheggiato tra le linee più
classiche. A dare completamento e valorizzazione allo style si inserisce
il mondo della colorazione, e niente più della colorazione oggi riesce ad
esprimere la caratteristiche creative dello stylist.
La colorazione dei capelli si è progressivamente evoluta negli ultimi
trenta anni, passando da uno strumento soprattutto finalizzato alla
copertura dei capelli bianchi al make up più importante, inteso come
massa colore che si riflette innanzitutto nel viso, illuminandolo o
spegnendolo, un ritocco fondamentale a correzione e completamento
delle caratteristiche naturali (pelle, occhi, lineamenti).
La cresciuta consapevolezza e capacità di lettura dei punti di un viso,
dei lineamenti come singoli pezzi di un puzzle che si chiama fisionomia,
della tonalità calda o fredda di una carnagione, permette oggi di
costruire un vero make up dei capelli, passando della soluzione più
semplice a naturale a quella più creativa e particolareggiata. L’evoluzione
tecnologica e scientifica hanno permesso lo sviluppo di sostanze e
materiali innovativi intese a formulare nuovi prodotti di colorazione a
maggior tutela del consumatore. Oggi la colorazione si propone in varie
soluzioni cosmetiche, ammoniacali e non ammoniacali, totali o parziali,
ossidanti o pre-ossidate, permanenti o fugaci: un’ampia possibilità
di scelta per la giusta soluzione ad ogni persona. E per l’estate quale
colorazione si consiglia? L’estate è una stagione in cui l’esposizione
all’aria aperta ed al sole, agli agenti atmosferici in genere è maggiore, per
cui si deve considerare il naturale sbiadimento che qualsiasi colorazione
subisce. La colorazione quindi va direzionata verso tonalità naturali,
meno pigmentanti e soprattutto composte, non uniformi.
Da non dimenticare inoltre l’importanza del mantenimento della
colorazione: maschere tonalizzanti e pigmentanti che ripristinano
la tonalità di partenza e la ricostruzione del capello sono oggi molto
apprezzate e sfruttate. Grande spazio alla colorazione composta,
a miscele di tonalità. I contrasti di colore più o meno classici hanno
lasciato il posto a velature tonali e schiariture sulle lunghezze verso le
punte, attraverso tecniche variamente denominate (shatush, punti luce,
luminage, ecc.) ma tutti aventi lo scopo di aumentare la luminosità della
colorazione soprattutto verso il viso.
Senza dimenticare l’aspetto psicologico che la colorazione riveste, come
strumento di espressione caratteriale ed affermazione della personalità.
Infatti se si considera che l’unico “abito” veramente naturale ed esclusivo
che l’individuo possiede è la capigliatura, è facile affermare come l’uso
di questo “abito” venga sfruttato per coprirsi come per mostrarsi, per
uniformarsi come per distinguersi, per eccedere come per rimanere
semplici e naturali. Ad ognuno il proprio style quindi, e soprattutto un
ottimo percorso dentro lo sviluppo della propria personalità.
Buona estate in
bellezza!!!!!
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Animali
di Paolo Tesser
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33
Filosofia
di Eleonora D’Incà
Schopenhauer e Leopardi,
il dolore di vivere
INNOVAZIONI
DA ABITARE
N
onostante i molti “luoghi comuni”, i due pensatori in questione
sono il risultato di due espressioni intellettuali molto diverse, maturate in distinti contesti storico-culturali; ciò, tuttavia,
non esclude che esistano, tra loro, dei punti di contatto: infatti, proprio Arthur Schopenhauer manifestò grande considerazione nei confronti dell’
“italiano” che seppe rappresentare in maniera “profonda” il dolore.
L’intersezione tra i due pensieri, avviene nella concezione del piacere:
per entrambi gli autori, difatti, esso si configura come una semplice cessazione di dolore, dal momento che, come sosteneva il filosofo polacco, perché ci sia piacere è necessario che precedentemente sia stata presente una condizione di tensione o di dolore, precisando, altresì, che un
simile procedimento non “gode della proprietà commutativa”, ovvero
non può essere adattato al dolore. Il piacere, in questi termini, si costituisce come una funzione derivata dal dolore, che vive a spese di esso, tant’è
vero che il piacere è in grado di vincere il dolore solo a patto di annullarsi:
nel momento in cui cessa lo stato di tensione proprio del desiderio, cessa
anche il godimento: “Che ogni felicità sia di natura negativa soltanto,
e non positiva ne abbiamo una prova anche in quello specchio fedele
dell’essenza del mondo e della vita che è l’arte, soprattutto nella poesia.
Ogni poesia epica o drammatica può in ogni caso rappresentare soltanto
uno sforzo, un’aspirazione attiva, una lotta per la conquista della felicità,
e non mai la felicità stessa durevole e compiuta. Essa conduce il suo eroe
attraverso mille difficoltà e pericoli sino alla meta: non appena questa è
raggiunta, subito lascia cadere il sipario. Null’altro, infatti, le resterebbe, se
non mostrare che la luminosa meta, nella quale l’’eroe sognava di trovare
la felicità, ha beffato anche lui, di modo che, quando l’ha raggiunta, egli
non si trova meglio di prima” (Il mondo come volontà e rappresentazione).
Accanto al dolore, all’interno del sistema schopenhaueriano, c’è la noia,
la quale subentra nel momento in cui scema il desiderio; il dolore, quindi si costituisce come il fondamento della vita, e ciò che distingue i casi e le situazioni umane è soltanto il diverso modo o le diverse
fasi in cui esso si manifesta. Dato che, nella visione
del filosofo polacco, la volontà di vivere, il Wille,, è
un desiderio costantemente inappagato, il dolore investe ogni creatura: tutto soffre, dall’uomo alle creature
vegetali e animali, e se l’uomo soffre di più degli altri
esseri è perché egli possiede una maggiore consapevolezza e quindi percepisce in modo più accentuato
la spinta della volontà e conseguentemente patisce
maggiormente l’insoddisfazione del desiderio e i mali;
tutto ciò vale, ancora di più, se ci si riferisce al “genio”,
il quale avendo una sensibilità non comune, soffre di
Tutte le novità in fatto di finestre e molto altro ancora.
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finestra per tutti quelli che già oggi
pensano al domani.
più rispetto agli altri uomini: “chi aumenta il sapere, moltiplica il dolore”,
“più intelligenza avrai, più soffrirai” (L’Ecclesiaste).
Un simile “pessimismo cosmico”, è presenta anche all’interno del
pensiero leopardiano, infatti, nell’ottica del poeta, la causa della dilagante infelicità umana risiederebbe proprio nella vita stessa, la quale, nella
sua organizzazione universale è orientata esclusivamente a perpetuare
l’esistenza senza tenere in minima considerazione il desiderio di piacere
proprio di ciascun individuo. Tuttavia, sostiene Leopardi, l’uomo è in
grado, grazie alla civiltà, di smascherare la verità relativa alla propria condizione, recuperando, così, almeno la dignità della coscienza; ma la civiltà presenta un altro
lato, quello dell’artificiale e dell’inautentico: la società
“moderne” ospiterebbero, al loro interno, una lotta di
“tutti contro tutti” (come certifica anche Hobbes), al
fine di stabilire l’affermazione individuale.
Anche nel pensiero di Schopenhauer, nella vicenda irrazionale che rappresenta la vita stessa, l’uomo risulta
essere solamente uno strumento, un mezzo adatto alla
specie, per essa, fuori a dalla quale egli non possiede
alcun valore, quindi, al di là del “breve sogno” dell’esistenza individuale, l’unico fine di natura per l’uomo è
quello di continuare al vita e con essa il dolore.
Unica via d’uscita a questo “triste destino” potrebbe
derivare del suicidio, ma entrambi i due pensatori rifiutano categoricamente tale istanza; Schopenhauer adduce due motivi
di fondo: il primo risiede nel fatto che un simile gesto non rappresenta
una negazione della volontà, ma semmai esso è, invece, una sua fortissima
affermazione, in quanto “il suicida vuole la vita ed è solo malcontento
della condizioni che gli sono toccate” (Il modo come volontà e rappresentazione)
quindi egli non nega la volontà, ma la vita; la seconda motivazione consiste nel fatto che il suicidio sopprime unicamente l’individuo, vale a dire
una manifestazione fenomenica della volontà di vivere (Wille), la quale
pur morendo in un individuo, rinasce in altri.
Leopardi rifiuta il suicidio perché lo ritiene un errore in quanto arreca
ancora più dolore nei supersiti e anche perché questo sforzo deve essere
compiuto verso la vita, non contro di essa: gli uomini, in altre parole,
devono prendere atto dell’infelicità della loro condizione e stabilire tra
loro un rapporto di solidarietà al fine di combattere la Natura, “nemica
comune” (La Ginestra).
In conclusione, oggi, più di altre epoche, dovremmo rivalutare le riflessioni di questi due pensatori, cercando di attualizzarne gli insegnamenti,
capendo che il dolore, per quanto sia difficile ammetterlo, è parte della
vita stessa, e solo accettandolo veramente potremmo aspirare ad uno
spiraglio di felicità autentica.
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Aerodinamiche scintillanti valigie sfidano sogni amaranto.
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Flebili echi di motivanti personalizzate colonne sonore.
Danza di foulard e nuvole di tabacco fuso.
Occhi fissi, posto finestrino, bagaglio a mano.
Venti e Quarantacinque.
Stanchi monologhi raramente incontrano la sinfonia del tuo viaggio.
Neri panorami percuotono l’indomani, la cabala ci salverà.
Posti dispari. Finalmente.
Due occhi grandi come mille città.
Devo corrodere l’ultima pagina, la penultima a dire il vero.
Potrei depositare la mia anima in quello scrigno mascherato da posacenere.
E l’ho fatto!
Ipnotizzati dallo scorrere dell’inchiostro quegli occhi grandi come pianeti non hanno resistito.
Hanno rovistato in quel sarcofago e hanno letto quello che avrei voluto sussurrargli alla vista del loro ultimo tramonto.
“Solitario profumo d’estate che muore sii guardiano del nostro tempo!”
Il mio testamento ancora oggi banchetta in qualche tasca o cassetto.
Tasca.
Scesi venti stazioni prima e quegli occhi vagano ancora oggi indisturbati in qualche tomba.
Enjoy the view”, is the name of the local, so elegant,
Brushed by the sea- breeze and air so fragrant,
Three of us sitting in the middle of the pier,
The cliffs, ancient buildings and scattered, white rocks so near.
Everything seems so quiet and at peace,
Except the splishing and splashing of the beach.
Deep blue, ripples reflected by the splendid sky
Magnificent nature that one cannot buy!!
Enjoying an appetizer and a drink,
Without any stress or worry to think,
Red wine, greek wine and frappe,
The appetizer of this sunny, breezy day.
Greek music in the background,
Epressing a culture so ancient and profound.
Crystal and esmerald coloured water,
I feel like remaining here even after!!
Centro abbronzatura, estetica, sauna.
Poesia
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37
EstateJutland
2014 1916
U
n’estate all’insegna dell’arte quella di Spazio Zuppani 11, luogo eclettico
del centro città, che da un anno promuove gli artigiani e artisti della provincia di Belluno e non solo.
di Daniele Tormen
Il mese di giugno vedrà protagonista la giovane illustratrice agordina Eleonora Carmodo
a intuire
le intenzioni delle nemico e, oltre
-RQSHSKIVKEPIPEQEVMREXIHIWGEGLMEQEZEXEPI
Nel
lasso“Lost
di tempo
tra
gnel
conbreve
la sua personale
in color”: un
excursus
di tutte
le sperimentazioni,
GLIPIWUYEHVIHMMRGVSGMEXSVMQIXXIMRREZMKE^MSRI WMXYE^MSRI²;YVWXOIWWIP² JSVRS S GEPHEME HIPPI
MP e
QEKKMS
I MP idee
le ispirazioni
che spaziano
dal KMYKRS
pattern designHE7GETE*PS[P´MRXIVE+VERH*PIIX
al collage, fino all’illustrazione. Luglio, invece, WEPWMGGI
PE WSQMKPMER^E
PI REZM MRdelle
½PE
vedrà loHEXE
Spazio
Zuppani XVE
11 riempirsi
GSRWYQ{
RIP2014
QEVI
0Icon
¾SXXI
WIR^E
WETIVI IWEXXEQIRXI indiana e il rotolo di salsicce da inserire nel forno.
La
mostra WM
aprirà
venerdì 27 giugno
alle 19.00
unoREZMKERS
showcase
di Rosita
opere della pittrice Silvia De Bastiani, già conosciuta per la sua
HSZIWMXVSZEP´EZZIVWEVMSEPP´ITSGERSRIWMWXIZE 0E ,SGLWII¾SXXI VMIWGI EH IZMXEVI PE JYRIWXE
deleNord,
una musicisti
tra le newyorkesi
più granKèss
Richard Julian,
che hanno
collaborato
alcuni
dei IWEXXEQIRXI
partecipazione
Oltre le Vette
2012,Uche
la sua
perMP VEHEV
I ER^M con
WIR^E
WETIVI
PE aTVSWTIXXMZE
EXXVEZIVWS
YIPPEinaugurerà
GLIPEHSXXVMRE
QMPMXEVI
di battaglie
(forse
XIYXSRMGE
GLMEQE
PE ±+IJIGLXWOILVX[IRHYRK²
musicisti
più influenti navali
al mondo come
NorahlaJonesGSRWMWXIR^EHIPP´EZZIVWEVMS
e Susan Vega, che ritornano a sonale “Tree - Logia”
giovedì
10
luglio
2014
alle
19.00.
più grande in assoluto) della nostro
KMSVREXE WM WZMPYTTE GSR YR GSRXMRYS GIVGEVWM GMSrYREZMVEXEWMRGVSREHM„GLITIVQIXXIEPPE
Belluno dopo tre anni dal loro primo concerto nel 0E
capoluogo.
I WJYKKMVWM UYEWM GSQI YR JYKKIZSPI
VETTSVXS
¾SXXEHMGEQFMEVIMPWIRWSHMHMVI^MSRIIHIZMXEVI
L’artista
usa l’acquerello
per raccontare la natura, poiché l’acstoria.
H´EQSVIWSPSGLIMRZIGIHIMFEGMIHIPPIVSWIMR
appunto il taglio della T.
7MEQS RIP TMIRS HIP TVMQS GSR¾MXXS QSRHMEPI I
querello
stesso
utilizza
per
vocazione la grammatica della natu(M GSRXVS KPM MRKPIWM JSVXM HIPPE PSVS QEKKMSV
RSRWMrERGSVEQEMZIVM½GEXSYRSWGSRXVSHMVIXXS questo caso ci sono le cannonate e i siluri.
ra:
si
declina
sotto
la
forza
dell’acqua, ha una sintassi fluida, si
XVEPIHYIQEKKMSVMTSXIR^IREZEPMHIPQSQIRXS 2IP QSQIRXS TM€ GVMXMGS HIPPE FEXXEKPME UYERHS ZIPSGMXk GSWXVMRKSRS M XIHIWGLM E GSRXMRYI
PI
VMWTIXXMZI
EZERKYEVHMI
WM
JVSRXIKKMERS
KMk
HE
QERSZVI
HMJIRWMZI
MQTIHIRHS
PSVS
TSXIV
arrende
docile
alla
porosità
del
terreno,
si aggruma.
O HM
scorre,
in
HEYRPEXSPE+VERH*PIIXPE¾SXXEMRKPIWIHEWIGSPM
P´EQQMVEKPMS esercitare appieno la temibile potenza di fuoco.
TEHVSRE HIM QEVM HEPP´EPXVE PE ,SGLWII¾SXXI PE EPGYRI SVI M GSQERHERXM MR GETS rivoli,
in
fiumi,
tracciando
nervature,
tentacoli,
intrecci.
0E FEXXEKPME WM TVSXVEI ½RS EPPI TVMQI SVI HIP
¾SXXEH´EPXSQEVIXIHIWGEHMVIGIRXIGSWXMXY^MSRI Jellicoe per gli inglesi, il contrammiraglio Scheer
TIV M XIHIWGLM E FSVHS VMWTIXXMZEQIRXI HIPPI KMYKRS E UYERHS PE ¾SXXE XIHIWGE VMIWGI E
I½SVIEPP´SGGLMIPPSHIP/EMWIV+YKPMIPQS--
Questa
l’estate
dello
Spazio Zuppani 11 che si conferma anco2SRSWXERXI PE TSHIVSWE I VETMHE IZSPY^MSRI PE GSVE^^EXI -VSR (YOI I *VMIHVMGL HIV +VSWWI KYEHEKREVI PE ZME HM ;MPLIPQWLEZIR ZIRIRHS
ra
una
volta
lo
spazio
ideale
per la promozione dell’arte e dell’arQYSZSRSPI¾SXXIWIGSRHSMHIXXEQMJSRHEQIRXEPM
accolta
in trionfo.
marina tedesca è comunque numericamente
In realtà lo scontro si conclude in un
tigianato bellunese.
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l mirtillo è un piccolo arbusto: cresce spontaneamente
nel sottobosco montano di Alpi e Appennini tra i 900 e
i 1800 metri di altitudine, ma può essere coltivato anche
in collina o pianura.
In origine le popolazioni nordiche usavano il mirtillo nero
come colorante per le loro vesti e per ricavarne un’acquavite
di sapore gradevole, tradizione ancora viva: anche ai nostri
giorni la grappa di mirtillo è un liquore molto apprezzato.
I frutti del mirtillo hanno particolari proprietà terapeutiche: hanno spiccate virtù antiossidanti, grazie alla presenza
delle vitamine A, B e C e di sali minerali, che inibiscono la
formazione dei radicali liberi responsabili dell’invecchiamento
cellulare.
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Il mirtillo ha anche capacità blandamente antinfiammatorie e
diuretiche ed è utile nel trattamento della cellulite, della ritenzione idrica, delle emorroidi e delle vene varicose.
Si ritiene che le antocianine contenute nel mirtillo migliorano
la vista, soprattutto in condizioni di scarsa luminosità: si racconta che durante la seconda guerra mondiale, infatti, i piloti
della RAF (Royal Air Force britannica) facevano largo uso di
marmellata di mirtilli, allo scopo di affinare la capacità visiva
durante le missioni notturne.
Sempre queste sostanze conferiscono al mirtillo un effetto
antisettico, utile nel trattamento di diarrea e cistite, nonché
antiaggregante, vasodilatatorio ed antiossidante, proprietà che
costituiscono un vero toccasana per l’intero sistema cardiovascolare: per problemi di circolazione, è infatti consigliabile
bere un bicchiere di succo di mirtillo al mattino a stomaco
vuoto, un rimedio naturale e piacevole al palato.
I frutti del mirtillo
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Summertime
Il pupo, manifeGiugno: mese di esami.
stando crescente
Ma anche mese delle prime vacanze.
diffidenza, accettava di essere acDate le seguenti premesse:
compagnato sul
1 mamma e papà hanno immolato ogni sabato mattina nel periodo bagnasciuga solo
compreso tra ottobre e aprile al corso di nuoto del pargolo;
a patto di rima2 il soprannome del pupo è Paguro, animale marino per eccellenza;
nere tutto il tem3 ad abundantiam, l’infante è nato sotto il segno dei pesci.
po in braccio al
padre, onde non
Indichi il candidato lo scenario realmente verificatosi nell’ultimo
rischiare il miniweekend trascorso al mare, scegliendo tra i due proposti nella traccia.
mo contatto con
il proprio nemico
ACome da programma, alle ore 16 in punto la famiglia giungeva in
naturale, cioè l’acspiaggia con passo leggiadro, recando seco un contenuto bagaglio
qua; ad ogni tentad’impronta minimal-chic.
tivo di avvicinarlo a meno di mezzo metro dall’infido Adriatico,
Il pupo, trattenendo a stento l’eccitazione, si tuffava in acqua con
egli mostrava di possedere l’acquaticità di un cucciolo di gatto e
la sicurezza di un cucciolo di delfino sotto lo sguardo vigile e fiero
tentava di sfuggire alla tortura scuoiando vivi i genitori e produdei genitori, teneramente abbracciati sul bagnasciuga.
cendosi in alti lai.
I pochi turisti presenti, rapiti dalla sobria eleganza del terzetto, ave
Richiamate dalle grida disperate del pargolo, le truppe tedesche
vano la sensazione di essere trasportati come per incanto dal Lido
assiepate sulla spiaggia additavano lo sciagurato trio, alternando in
di Jesolo ad una bianca spiaggia degli Hamptons.
egual misura disapprovazione e scherno.
L’idilliaco pomeriggio si concludeva a bordo piscina, ove il pargolo dava nuovamente sfoggio delle proprie abilità natatorie, men- I nostri battevano, dunque, un’umiliante ritirata, riparando nella
piscina condominiale; là, tuttavia, con l’imprudenza del vero ditre padre e madre, attingendo da un grazioso cestinetto di vimini,
lettante, lasciavano il pargolo privo di pannolino per 30 (trenta)
allestivano un prelibato aperitivo da gustare pieds dans l’eau, col
secondi, durante i quali l’impunito provvedeva a defecare abbontramonto sullo sfondo.
dantemente sulle pregiate assi di teak del bordo vasca.
Costretti nuovamente dagli eventi ad una disonorevole quanto leBNonostante il programma, la famiglia riusciva a varcare la soglia di
sta fuga, i tapini concludevano la serata in un infame chioschetto,
casa praticamente al crepuscolo, essendosi attardata nella preparaove consumavano un numero imprecisato di americani annacquazione delle masserizie indispensabili per la gravosa trasferta; chiuti, mentre il loro erede, trionfante, s’ingozzava di laide patatine
deva la carovana la madre, con un coccodrillo galleggiante sotto ad
fritte, bersagliando gli avventori del locale con la verdura della meun braccio ed un contenitore con la verdura per la merenda sotto
renda, molto opportunamente tagliata a julienne.
all’altro.
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di Valentina Gaggiato
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La Casa delle Mamme
N
el numero precedente ci siamo lasciati con un neonato che,
appena fuori dal ventre materno, quasi “gattona” sino al seno
della mamma, ricordate? Mamma e bambino sono saturi di endorfine, le pupille sono dilatate, gli sguardi intensi, tutti i sensi all’erta…si
stanno innamorando. Non disturbare! Imprimono nella mente ogni sensazione, ogni odore…le endorfine sono una potente droga che crea reciproca dipendenza. Da questo momento mamma e bambino sono fatti
per stare l’uno accanto all’altro e la separazione genera ansia e allarme. è
stato fatto un eloquente esperimento…un cotone impregnato dell’odore
materno e uno con l’odore di un’altra donna sono stati posti nella culla del
bambino che, immancabilmente, strisciava sino al batuffolo giusto!
In lui ogni cellula lo spinge a cercare il contatto e la vicinanza della madre.
Ovvio, il cucciolo d’uomo è un mammifero che dipende in tutto e per
tutto dalle cure materne. E’ un cucciolo che non ha altre risorse di sopravvivenza (scappare, mimetizzarsi, ecc.), un cucciolo che ha bisogno di contatto, calore, contenimento, latte e
rassicurazione per stare tranquillo.
A volte, nella nostra cultura, si può
essere sopraffatte da tanta “dipendenza”- Si è visto che un buon
“bonding” (termine inglese che
significa “cementare”, “saldare”)
si ottiene non separando mamma
e bambino nelle ore dopo il parto
e non interferendo in alcun modo
nel processo. Un buon bonding
permette una più elevata espressione degli istinti materni, minore
senso di fatica nella cure parentali,
maggiore durata dell’allattamento, meno depressione post parto e migliore risposta ai bisogni primari del bambino. Quindi un bambino più sereno,
tranquillo e facile da “gestire”. è importante comprendere la fisiologia
del cucciolo d’uomo, l’evoluzione della specie “uomo” nei millenni e la
necessità di un periodo di eso-gestazione per i nostri neonati per vivere
più serenamente i primi mesi con il bambino, senza timore di viziarlo...
Eso-gestazione sta a significare un periodo di gestazione fuori dalla pancia della mamma. Gli Antropologi infatti sostengono che da quando siamo diventati bipedi, l’assetto del nostro bacino è cambiato e dobbiamo
partorire, prima di quanto non succedesse in passato, i nostri bambini.
Questi neonati, però, per continuare uno sviluppo fisiologico richiedono
e ricercano le condizioni il più simili possibile a quelle uterine ovvero:
contenimento e calore, movimento, rumore e cibo. Tutti sanno che un
bambino si calma quando viene preso in braccio (contenimento e calore e movimento tutto assieme!), quando l’aspirapolvere è in funzione (si
crede ricordi al bebè il suono dell’aria che entrava ed usciva dai polmoni),
quando è posto sul petto vicino al cuore (dare colpetti ritmici sul sederino
del bambino ha potere rilassante perché gli ricorda il battito cardiaco ma-
Infanzia
Attenti
terno). Sarebbe tutto semplice se…non vivessimo in una cultura che vede
nel bisogno di contatto del bambino un vizio, le mamme vivrebbero con
meno senso di fatica i bisogni dei bambini! Pensiamo alle culture dove
i bambini da appena nati vengono tenuti in fascia, portati per tutto
il girono dalla madre, dalle nonne, dai fratelli. Dove il sonno è solo
condiviso. Ebbene queste culture dovrebbero mostrarci un branco
di bamboccioni capricciosi…invece chi ha avuto la fortuna di fare
un giro per Africa, India, Sud America può testimoniare che non si
evidenziano problemi particolari di morbosità o dipendenza, anzi!
In queste culture per permettere alla madre di lavorare (dopo la quarantena, il periodo di riposo post parto che esiste in tutte le culture del mondo!)
viene fatto largo uso delle più disparate tipologie di fasce per portare addosso i bambini garantendo loro la dose di contatto necessaria.
Portare un bambino addosso con qualche supporto non è una moda del
momento ma una pratica antica che mette insieme molteplici vantaggi di
natura diversa per mamma e bambino. Da una parte la comodità di avere
le mani libere, nessun passeggino da aprire, chiudere, caricare e scaricare
dal bagagliaio, dall’altra uno stretto contatto corporeo con tutte le sue implicazioni positive a livello psico-fisico. La mamma ha meno probabilità di
incorrere in depressione post partum, gode di maggiori livelli di prolattina
utili per l’allattamento, vive un maggior coinvolgimento emotivo. Il bambino ritrova un ambiente simile al ventre materno, tutto questo lo aiuta ad
adattarsi alla vita “fuori” dalla mamma, pian piano, senza stress inutili. Il bambino portato frequentemente in fascia riduce i momenti di
pianto del 43% durante il giorno e del 51% nelle ore serali rispetto ai
bambini non portati. Inoltre usualmente i bambini portati in fascia sono
più tranquilli anche una volta messi giù, dormono di più e soffrono meno
di coliche. Si pensa che la posizione verticale nella fascia (da preferire a quella a culla che è meno fisiologica), unita al massaggio continuo che esercita
la mamma con il suo corpo su quello del bambino, favorisca l’espulsione
di aria dal pancino. Inoltre l’uso della fascia scherma il bambino dai troppi
stimoli che si suppone siano una delle cause delle coliche serali. Nella nostra cultura tenere un bambino molto in braccio viene visto negativamente.
E’ difficile per la mamma circondata da una cultura che spinge al distacco
precoce, che fa dell’indipendenza infantile un cavallo di battaglia, riuscire
a vivere serenamente il bisogno del bambino di stare in braccio. Sembra
sia molto più faticoso proprio perché manca il sostegno della comunità, il
riconoscimento per il grande lavoro che la madre (assieme al padre) svolge.
Incontrarsi con altre mamme può rivelarsi molto piacevole ed utile per vivere serenamente questi preziosi primi mesi con il bambino. Alla” Casa delle
Mamme”, le mamme si incontrano per condividere un pezzo di maternità,
imparano ad usare la fascia per non rinunciare alla libertà ed al movimento
in società, ricostruiscono quel cerchio di solidarietà e sapere femminile che
per millenni ha aiutato le donne a svolgere il loro lavoro di madri. Alla Casa
delle Mamme le donne sentono di potersi fidare dei segnali del bambino e
delle loro risposte intuitive, si sganciano dalle pressioni culturali che sentono non appartenere loro e trovano il loro personale stile genitoriale.
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41
Giugno 2014
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AMORE: Possibili tensioni con il partner, trascorrere del tempo con gli amici va bene, ma
non scaricate su di loro i nervosismi di coppia. LAVORO: Prima di prendere decisioni su
nuove opportunità, ascoltate i suggerimenti
di persone amiche, ma poi la scelta spetta
a voi. SALUTE: Voce del verbo “relax” la
conoscete? Ma se pensate che mantenere
costante la tensione vada bene….
AMORE: Piccole tensioni da superare,
fatelo senza dar troppo peso alla cosa,
ma trovando nuove proposte costruttive.
LAVORO: Siete chiamati a prendere decisioni, fatelo senza troppi indugi, anche se
la questione è importante. SALUTE: Attenzione all’alimentazione, potrebbe causare
disturbi cutanei
AMORE: Siete accattivanti e magnetici,
ottimo periodo per i single. Per gli impegnati è importante manifestare i vostri
sentimenti. LAVORO: Cercate di chiarire le
vostre strategie operative condividendole,
ma ascoltando quelle degli altri e trovate il
modo di mediare. SALUTE: Periodo buono,
ma non è il caso di esagerare con ritmi
sostenuti.
AMORE: Se in questo periodo siete ostinati a
non modificare la situazione, sappiate anche
che le conseguenze non gradite arrivano. Un
ridimensionamento all’orgoglio molte volte aiuta. LAVORO: Siete chiamati ad avere
pazienza, anche se l’ambiente di lavoro e
colleghi vi rendono la vita difficile. SALUTE:
Abbastanza bene, solo un po’ di attenzione a
problemi circolatori per chi già ne soffre.
AMORE: Attenti, è un mese difficile per voi,
mettete da parte la superbia anche se pensate di avere ragione. LAVORO: Ottime intuizioni che risolveranno problemi importanti,
non importa se qualcuno non sarà pienamente in sintonia con voi. SALUTE: In qualche notte è possibile non riuscire a prendere
sonno, problemi passeggeri ma cercate lo
stesso di rilassarvi di più
AMORE: Alcuni rapporti già delicati potrebbero chiudersi, certo non è piacevole,
ma chiusa una porta si aprono migliori
opportunità. LAVORO: La fretta non è mai
buona consigliera, in particolar modo negli affari. SALUTE: Alimentazione da tener
sotto controllo, ma nulla di particolare.
AMORE: Le certezze in amore possono essere molto ridimensionate, anche in senso positivo e fatti imprevedibili possono manifestarsi.
LAVORO: Le ambizioni vi stuzzicano, e prima
di accettare una nuova sfida è preferibile valutare bene la proposta. SALUTE: Lo stress
può essere motivo di inappetenza, non preoccupatevi è solo un periodo passeggero.
AMORE: A volte ci sono fasi di stanca
anche nei rapporti, date tempo al tempo
prima di prendere decisioni affrettate. LAVORO: Le buone idee non mancano e siete
sulla buona strada, attenzione però a non
agire d’impulso. SALUTE: Cercate di stare
di più all’aria aperta, una gita ristoratrice
è suggerita.
AMORE: Il suggerimento è di affrontare
la situazione per quella che è, le questioni non risolte rischiano di degenerare.
LAVORO: Non volete ascoltare nessuno,
ma è invece il caso di dare ascolto per
evitare errori. SALUTE: Probabilmente vi
sentirete un po’ stanchi, ma nulla di importante.
AMORE: Intenzione e comprensione non
vanno di pari passo, dialogo e saper ascoltare è il suggerimento delle stelle. LAVORO: Le
malelingue non fanno mai piacere, chiarite
la situazione anche in presenza di altri, farete uscire allo scoperto il vero colpevole. SALUTE: Già siete famosi peri vostri alti e bassi
d’umore, ma questo periodo vi mette a dura
prova e l’entusiasmo dovete metterlo voi.
AMORE: Siate il più possibile voi stessi nei
chiarimenti col partner, serve per allontanare
qualche nuvola passeggera. LAVORO: Nelle
collaborazioni non sempre troverete la lealtà
che vi aspettate, ascoltate il vostro intuito e
proseguite. SALUTE: Bene sia nella forma
fisica che mentale, divertitevi.
AMORE: Se il vostro partner vi sembra più
sfuggente del solito, abbiate pazienza. Potrebbe avere sue situazioni da risolvere e
non desidera coinvolgervi. LAVORO: I miglioramenti non stanno arrivando, ponderate con pazienza. Per le decisioni importanti non è il momento. SALUTE: Attenzione
all’aria condizionata, almeno utilizzatela
con moderazione.
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