Osservatorio fiscale

Fisco e Società
Sintesi
Osservatorio fiscale
a cura di Massimo Gabelli
LEGGE DI STABILITÀ 2014
DISPOSIZIONI PER LA FORMAZIONE DEL BILANCIO
ANNUALE E PLURIENNALE DELLO STATO
@ Legge 27 dicembre 2013, n. 147 - G.U. 27 dicembre
2013, n. 302
In sintesi, il provvedimento in esame:
- prevede che nel d.P.R. n. 633 del 26 ottobre 1972 venga
aggiunto l’art. 17 bis (Acquisto di pubblicità on line) secondo cui i soggetti passivi che intendano acquistare servizi di
pubblicità e link sponsorizzati on line, anche attraverso centri media e operatori terzi, debbano acquistarli da soggetti
titolari di una partita IVA italiana. Se tali soggetti intendono
acquisire spazi pubblicitari on line e link sponsorizzati che
appaiono nelle pagine dei risultati dei motori di ricerca, visualizzabili sul territorio italiano durante la visita di un sito
internet o la fruizione di un servizio on line attraverso rete
fissa o dispositivi mobili, tali spazi devono essere acquistati
solo attraverso soggetti quali editori, concessionari pubblicitarie, motori di ricerca e ogni altro operatore pubblicitario
titolare di partita IVA. La disposizione si applica anche nel
caso in cui l’operazione di compravendita sia stata effettuata mediante centri media, operatori terzi e soggetti inserzionisti (art. 1, comma 33). La decorrenza inizialmente prevista dal 1° gennaio è differita al 1° luglio 2014 dal decreto
c.d. “milleproroghe” di cui infra;
- dispone l’applicazione, a decorrere dal periodo d’imposta
in corso al 31 dicembre 2014, di maggiori deduzioni IRAP
per l’incremento di base occupazionale per i soggetti passivi IRAP che stipulino contratti di lavoro dipendente a tempo indeterminato, ad incremento d’organico. Il costo del
predetto personale è deducibile per un importo annuale
non superiore a 15.000 euro per ciascun nuovo dipendente
assunto e nel limite dell’incremento complessivo del costo
del personale classificabile nell’articolo 2425, primo comma, lettera B), numeri 9) e 14), del codice civile per il periodo d’imposta in cui è avvenuta l’assunzione con contratto
a tempo indeterminato e per i due successivi periodi d’imposta. La suddetta deduzione decade se, nei periodi d’imposta successivi a quello in cui è avvenuta l’assunzione, il
numero dei lavoratori dipendenti risulta inferiore o pari al
numero degli stessi lavoratori mediamente occupati nel periodo d’imposta di assunzione; la deduzione spettante
compete, in ogni caso, per ciascun periodo d’imposta a
partire da quello di assunzione, sempre che permanga il
medesimo rapporto di impiego. L’incremento della base
occupazionale va considerato al netto delle diminuzioni occupazionali verificatesi in società controllate o collegate ai
sensi dell’articolo 2359 del codice civile o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto.
Per i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera e) del
D.Lgs. n. 446/1997 (vale a dire enti privati residenti in Italia
aventi ad oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale e le società e gli enti non residenti) la base
occupazionale è individuata con riferimento al personale
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dipendente con contratto di lavoro a tempo indeterminato
impiegato nell’attività commerciale e la deduzione spetta
solo con riferimento all’incremento dei lavoratori utilizzati
nell’esercizio di tale attività. In caso di lavoratori impiegati
anche nell’esercizio dell’attività istituzionale si considera,
sia ai fini dell’individuazione della base occupazionale di riferimento e del suo incremento, sia ai fini della deducibilità
del costo, il solo personale dipendente con contratto di lavoro a tempo indeterminato riferibile all’attività commerciale individuato in base al rapporto tra l’ammontare dei ricavi
e degli altri proventi computati nell’imponibile IRAP e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi dell’ente
(art. 10, comma 2, del D.Lgs. n. 446/1997). Non rilevano ai
fini degli incrementi occupazionali i trasferimenti di dipendenti dall’attività istituzionale all’attività commerciale. Nell’ipotesi di imprese di nuova costituzione non rilevano gli
incrementi occupazionali derivanti dallo svolgimento di attività che assorbono anche solo in parte attività di imprese
giuridicamente preesistenti, ad esclusione delle attività sottoposte a limite numerico o di superficie. Nel caso di impresa subentrante ad altra nella gestione di un servizio
pubblico, anche gestito da privati, comunque assegnata, la
deducibilità del costo del personale spetta limitatamente al
numero di lavoratori assunti in più rispetto a quello dell’impresa sostituita (art. 1, comma 132);
- modifica la disciplina dell’aiuto alla crescita economica
(c.d. “ACE”) introdotto dall’art. 1 del D.L. 6 dicembre 2011,
n. 201 conv., con modif., dalla legge 22 dicembre 2011, n.
214, per incrementare la quota di rendimento nozionale del
nuovo capitale proprio deducibile dal reddito imponibile
per il triennio 2014 - 2016. In particolare, l’aliquota viene
fissata ex lege per i primi sei periodi di imposta di applicazione dell’ACE (in luogo dei primi tre), rinviandone la fissazione con decreto ministeriale dal settimo periodo d’imposta di applicazione (in luogo del quarto) dell’agevolazione.
Inoltre, viene innalzata la misura di detta aliquota per il secondo triennio applicativo: ferma restando l’aliquota del
3% per il primo triennio, la novità introdotta specifica che
per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014, al
31 dicembre 2015 e al 31 dicembre 2016 l’aliquota è fissata, rispettivamente, al 4%, 4,5% e al 4,75%. Viene, altresì,
previsto che i soggetti che beneficiano della suddetta deduzione determinano l’acconto delle imposte sui redditi dovute utilizzando l’aliquota per il calcolo del rendimento nozionale del capitale proprio relativa al periodo d’imposta
precedente (art. 1, commi 137 e 138);
- concede alle società di capitali ed agli enti commerciali
che non adottano i principi contabili internazionali nella redazione del bilancio (c.d. non Ias adopter) la facoltà di effettuare la rivalutazione dei beni d’impresa e delle partecipazioni risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2012. La rivalutazione deve essere eseguita nel bilancio o rendiconto dell’esercizio successivo a quello in
corso al 31 dicembre 2012, deve riguardare tutti i beni appartenenti alla stessa categoria omogenea e deve essere
annotata nel relativo inventario e nella nota integrativa. I
maggiori valori attribuiti alle poste rivalutate si considerano
riconosciuti ai fini delle imposte dirette a decorrere dal ter-
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Sintesi
zo esercizio successivo a quello di effettuazione della rivalutazione. Il riconoscimento fiscale è subordinato al pagamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi,
dell’IRAP e di eventuali addizionali con aliquota del 16%
per i beni ammortizzabili e del 12% per i beni non ammortizzabili. Tale importo andrà versato in tre rate annuali con
le stesse scadenze previste per le imposte dirette e ciò a
partire dalla prima scadenza successiva all’esercizio in cui
è stata effettuata la rivalutazione. Inoltre, viene prevista la
possibilità dell’affrancamento - in tutto o in parte - del saldo attivo della rivalutazione mediante l’applicazione di
un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell’IRAP e
di eventuali addizionali nella misura del 10%. Infine, la disposizione consente, mediante il rinvio all’articolo 14 della
legge n. 342/2000, il riallineamento del valore fiscale dei
beni anche ai soggetti che redigono il bilancio in base ai
principi contabili internazionali (c.d. IAS20) di cui al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del
Consiglio del 19 luglio 2002. In tal caso, possono essere
riallineati anche i maggiori valori relativi alle partecipazioni
che costituiscono immobilizzazioni finanziarie ai sensi dell’articolo 85, comma 3 bis, del d.P.R. n. 917/1986 (tutte le
partecipazioni diverse da quelle detenute per la negoziazione). Per questi soggetti l’importo corrispondente ai maggiori valori oggetto di riallineamento, al netto dell’imposta
sostitutiva, è vincolato ad una riserva in sospensione di imposta ai fini fiscali che può essere affrancata mediante il
pagamento della citata imposta sostitutiva del 10% (art. 1,
commi da 140 a 147);
- estende “a regime” la possibilità, offerta dall’art. 23, commi da 12 a 15, del D.L. n. 98/2011, di affrancamento dei
maggiori valori contabili emersi in seguito ad operazioni
straordinarie anche ai maggiori valori impliciti nelle partecipazioni di controllo, purché tali valori siano iscritti in via
autonoma nel bilancio consolidato a titolo di avviamento,
marchi d’impresa e altre attività immateriali (art. 15, comma 10 bis e 10 ter D.L. n. 185/2008). La Legge di stabilità
introduce “a regime” tale facoltà di affrancamento nel senso che la nuova previsione si applica a tutte le operazioni
effettuate a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31
dicembre 2012. Il versamento dell’imposta sostitutiva del
16% è dovuto in un’unica rata da versare entro il termine
di scadenza del saldo delle imposte sui redditi dovute per il
periodo di imposta in riferimento al quale l’operazione è effettuata. Gli effetti del riallineamento decorrono dal secondo periodo di imposta successivo a quello del pagamento
della imposta sostitutiva. Tali effetti si intendono revocati in
caso di atti di realizzo riguardanti le partecipazioni di controllo, i marchi d’impresa e le altre attività immateriali o l’azienda cui si riferisce l’avviamento affrancato, anteriormente al quarto periodo di imposta successivo a quello del pagamento dell’imposta sostitutiva. L’esercizio dell’opzione
per il riallineamento non è consentito sui valori oggetto delle opzioni per i regimi previsti dagli articoli 172, comma 10
bis, 173, comma 15 bis, e 176, comma 2 ter, del d.P.R. n.
917/1986, e dall’articolo 15, commi 10, 11 e 12, del d.l. 29
novembre 2008, n. 185, conv., con modif., dalla legge 28
gennaio 2009, n. 2, e viceversa (art. 1, commi da 150 a
152);
- reca interventi in materia di impianti fotovoltaici da realizzare in zone colpite da calamità naturali nel corso degli anni 2012 e 2013. Il termine di decadenza, previsto ai sensi
dell’articolo 4, comma 8, del D.M. 5 luglio 2012 per l’ammissione alle tariffe incentivanti degli impianti iscritti nel registro in posizione tale da rientrare nei volumi incentivabili,
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è prorogato di un anno dalla entrata in vigore della Legge
di stabilità per quegli impianti, già iscritti in base a tale
provvedimento ai relativi registri aperti presso il Gestore
dei servizi energetici S.p.A. (“GSE”), da realizzare in zone
che, nel corso degli anni 2012 e 2013, sono state per qualsiasi motivo riconosciute colpite da eventi calamitosi con
provvedimenti normativi o amministrativi. Aggiunge la previsione che, entro il 30 giugno 2014, è aggiornato il sistema di incentivi per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili, determinati, ai sensi dell’articolo 28, comma
2, lettera g), del D.Lgs. n. 28/2011, con decreti del Ministro
dello sviluppo economico (art. 1, comma 154);
- modifica, in parte, le disposizioni di cui al comma 7 bis,
dell’articolo 5 del D.L. n. 69/2013 - che introducono la possibilità ai titolari di impianti di generazione energia elettrica
alimentati da bio - liquidi sostenibili, entrati in esercizio entro il 31 dicembre 2012, di optare tra il mantenimento al diritto agli incentivi spettanti sulla produzione di energia elettrica, come riconosciuti alla data di entrata in esercizio, e
un meccanismo che prevede un aumento degli incentivi
spettanti nei primi due anni e una riduzione negli anni successivi (art. 1, comma 155);
- dispone la riapertura dei termini previsti per la rideterminazione del valore di acquisto di partecipazioni sociali non
negoziate in mercati regolamentati e di terreni edificabili e
con destinazione agricola, posseduti alla data del 1° gennaio 2014, introdotti, per la prima volta, con gli articoli 5 e
7, legge n. 448/2001, previo pagamento di un’imposta sostitutiva. In particolare, viene prorogata dal 1° gennaio
2013 al 1° gennaio 2014 la data di possesso dei beni e fissata al 30 giugno 2014 la decorrenza del termine di versamento dell’imposta sostitutiva, che può essere versata in
tre rate annuali di pari importo (art. 1, commi 156 e 157);
- reca disposizioni in materia di deducibilità fiscale dal reddito d’impresa e di lavoro autonomo dei canoni di beni
concessi in locazione finanziaria in relazione ai contratti stipulati a decorrere dal 1°gennaio 2014. In particolare sono
modificati l’articolo 54, comma 2, d.P.R. n. 917/1986 (concernente la determinazione del reddito di lavoro autonomo)
e l’articolo 102, comma 7, dello stesso d.P.R. n. 917/1986
(dedicato all’ammortamento dei beni materiali per i soggetti IRES) nel senso di prevedere che: (i) per i lavoratori autonomi, la deducibilità dei canoni leasing relativi ad immobili
strumentali, prima esclusa, è ripartita in un periodo non inferiore a 12 anni (in luogo di un periodo compreso fra un
minimo di otto e un massimo di 15 anni); e (ii) per le imprese, il costo dei canoni leasingè deducibile per un periodo
non inferiore alla metà (in luogo dei due terzi) del periodo
di ammortamento del bene oggetto del contratto; in caso
di beni immobili, il periodo è, in ogni caso, non inferiore a
12 anni (in luogo di un periodo compreso tra 11 e 18 anni)
(art. 1, commi 162 e 163). Ai fini IRAP si ricorda che la deduzione avviene invece per derivazione dai dati contabili;
- prevede, in deroga al principio di alternatività IVA/imposta
di registro, l’applicazione dell’imposta di registro in misura
proporzionale (pari al 4%) sulle cessioni, da parte degli utilizzatori, dei contratti di leasing di immobili strumentali,
modificando dunque, il comma 1 bis dell’articolo 40 del
d.P.R. n. 131/1986 il quale già prevede l’applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale (all’1% articolo
5, comma 1, lett. a bis), della Tariffa, parte prima, allegata
al d.P.R. n. 131/1986) alle locazioni di immobili strumentali,
ancorché assoggettate ad IVA. L’imposta di registro si applica sul corrispettivo pattuito per la cessione, aumentato
della quota capitale compresa nei canoni ancora da pagare
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Fisco e Società
Sintesi
oltre al prezzo di riscatto. Il versamento dell’intera imposta
di registro è effettuata contestualmente all’atto di trasferimento (art. 1, comma 164);
- esenta, a decorrere dal 1° gennaio 2014, il riscatto degli
autoveicoli in leasing dall’imposta provinciale di trascrizione
(IPT) di cui al D.Lgs. n. 446/1997 (art. 1, comma 165);
- integra la disciplina delle imposte differite attive o “DTA” Deferred tax assets -, che consente di qualificare come crediti d’imposta le attività per imposte anticipate iscritte in bilancio. In particolare, viene esteso l’ambito applicativo della
predetta disciplina anche alle perdite su crediti ed alle rettifiche di valore nette per deterioramento dei crediti non ancora dedotte ex art. 106, comma 3 del d.P.R. n. 917/1986
(quindi, questo profilo riguarda solo le banche) e viene altresì estesa anche alle DTA ai fini IRAP. Viene, anche, modificato il comma 56 ter del D.L. n. 225/2010 al fine di rendere
applicabile la fattispecie di cui al comma 56 bis 1 ai bilanci
di liquidazione volontaria ovvero relativi a società sottoposte
a procedure concorsuali o di gestione delle crisi, ivi inclusi
quelli riferiti all’amministrazione straordinaria e alla liquidazione coatta amministrativa di banche e altri intermediari finanziari vigilati dalla Banca d’Italia (art. 1, commi da 167 a
171);
- modifica i commi 488 e 489 dell’articolo 1, delle legge n.
228/2012 (legge di stabilità 2013), con cui è stata modificata
la disciplina IVA delle prestazioni socio sanitarie ed educative a soggetti svantaggiati rese da cooperative e loro consorzi, ripristinando, in vista della riforma dei regimi IVA speciali
dell’Unione Europea previsti dalla Direttiva 112/2006/UE, l’aliquota IVA agevolata del 4%, in luogo di quella del 10% per
le sole cooperative sociali (art. 1, comma 172);
- proroga dal 31 dicembre 2014 al 31 dicembre 2016 il termine entro cui le società cooperative, di cui al capo I del titolo VI del libro V del codice civile, esistenti alla data del 1°
gennaio 1996 e le cui azioni non siano negoziate in mercati
regolamentati, che concedono finanziamenti sotto qualsiasi forma esclusivamente nei confronti dei propri soci possono continuare a svolgere la propria attività senza l’obbligo di iscrizione nell’albo degli intermediari di cui all’articolo
106 (albo intermediari) del Testo Unico Bancario (art. 1,
comma 176);
- prevede che le società che operano nel settore della raccolta di pubblicità on line e nei servizi ad essa ausiliari, nella determinazione del reddito d’impresa relativo alle operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato che
direttamente o indirettamente le controllano o ne sono
controllate, devono utilizzare indicatori di profitto diversi da
quelli applicabili ai costi sostenuti per lo svolgimento della
propria attività. È fatto salvo il ricorso alla procedura di ruling di standard internazionale di cui all’art. 8 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, conv., con modif., dalla legge 24 novembre 2003, n. 326. che, per le imprese con attività internazionale, consente, con la sottoscrizione di un accordo
con l’Amministrazione finanziaria, di fare riferimento al regime dei prezzi di trasferimento, degli interessi, dei dividendi e delle royalties(art. 1, comma 177);
- prevede che l’acquisto di servizi di pubblicità on line e di
servizi ad essa ausiliari deve essere effettuato esclusivamente mediante bonifico bancario o postale, dal quale devono risultare i dati del beneficiario, ovvero di altri strumenti di pagamento idonei a consentire la piena tracciabilità delle operazioni e a veicolare la partita IVA del beneficiario. Si demanda ad un provvedimento dell’Agenzia delle entrate la definizione delle modalità di trasmissione all’Agenzia delle informazioni necessarie per i controlli (art. 1, comma 178);
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- reintroduce l’estensione delle rettifiche da transfer pricing
anche ai fini IRAP per i periodi di imposta successivi a
quello in corso al 31 dicembre 2007. In particolare, prevede
che alla determinazione della base imponibile IRAP, per i
periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2007, sia applicabile la disciplina in materia di transfer
pricing ordinariamente prevista per le imposte sui redditi
nell’ambito delle operazioni di cui all’art. 110, comma 7,
del d.P.R. n. 917/1986. Inoltre, dispone che alle rettifiche
così effettuate non si applicano le sanzioni ordinariamente
previste dalla legge per l’ipotesi di dichiarazione di compensi, interessi ed altre somme inferiori a quanto accertato
(dal 100% al 200% dell’importo delle ritenute non versate
riferibili alla differenza). La disapplicazione delle sanzioni è,
tuttavia, limitata ai periodi d’imposta successivi a quello in
corso alla data del 31 dicembre 2007 e fino al periodo
d’imposta per il quale, alla data di entrata in vigore della
norma in esame, siano decorsi i termini per la presentazione della relativa dichiarazione (per le imprese con periodo
d’imposta solare quindi fino al 2012 compreso). È fatto, comunque, salvo il caso in cui la sanzione sia già stata irrogata con provvedimento divenuto definitivo anteriormente alla data di entrata in vigore della Legge di stabilità (art. 1,
commi da 281 a 285);
- autorizza la spesa nel limite massimo di 2 milioni di euro
per l’anno 2014 e 5 milioni di euro a decorrere dall’anno
2015, al fine di estendere la riduzione dell’accisa sul gas
metano per gli utilizzatori industriali, termoelettrici esclusi,
con consumi superiori a 1.200.000 metri cubi per anno
(prevista dal D.L. n. 356/2001) alle reti e ai consorzi di imprese utilizzatori a fini industriali di gas ed energia, i quali
abbiano almeno per una percentuale pari all’80% la propria
unità produttiva ubicata nei distretti industriali così da considerarli utente unico, anche se con punti di fornitura multipla. Le modalità attuative saranno individuate entro novanta giorni tramite decreto del Ministro dell’economia e delle
finanze, d’intesa con il Ministro dello sviluppo economico
(art. 1, comma 324);
- introduce un nuovo limite nel regime della compensazione tributaria esterna, riferito ai crediti relativi alle imposte
sui redditi
(e le relative addizionali), alle ritenute alla fonte, alle imposte sostitutive delle imposte sul reddito e all’IRAP. Nello
specifico, è stabilito che i contribuenti che utilizzano in
compensazione mediante modello F24 i crediti risultanti
dalle dichiarazioni fiscali per importi superiori a 15.000 euro annui hanno l’obbligo di richiedere l’apposizione del visto di conformità di cui all’art. 35, comma 1, lett. a), del
D.Lgs. n. 241/1997 relativamente alle singole dichiarazioni
dalle quali emerge il credito. In alternativa, la dichiarazione
è sottoscritta dal soggetto che esercita la revisione legale
di cui all’art. 2409 bis del codice civile (la legge di stabilità
parla ancora impropriamente di controllo contabile). In caso di visto di conformità infedele, si applica la sanzione
amministrativa da 258 a 2.582 euro (art. 39, comma 1, lett.
a) del D.Lgs. n. 241/1997). In caso di ripetute violazioni, ovvero di violazioni particolarmente gravi, è effettuata apposita segnalazione agli organi competenti per l’adozione di ulteriori provvedimenti (art. 1, comma 574);
- prevede la deducibilità ai fini del reddito d’impresa e di lavoro autonomo dell’IMU versata (criterio di cassa) per gli
immobili strumentali, nella misura del 20% a partire dal
2014, e del 30% (in via transitoria) per l’anno d’imposta in
corso al 31 dicembre 2013 (art. 1, commi 715 e 716).
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DECRETO MILLEPROROGHE 2013
PROROGA DI TERMINI IN SCADENZA E ALTRE DISPOSIZIONI
DI CARATTERE FINANZIARIO INDIFFERIBILI
@ Decreto Legge 30 dicembre 2013, n. 150 - G.U. 30
dicembre 2013, n. 304
In data 27 dicembre il Consiglio dei Ministri ha approvato
un decreto legge di proroga di termini e scadenze e altre
disposizioni indifferibili di carattere finanziario (cd. decreto
milleproroghe).
È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto mille proroghe recante Proroga di termini previsti da disposizioni legislative.
Si segnala che il decreto prevede, inter alia, che l’entrata in
vigore della cd. web tax (introdotta dall’art.1, comma 33
Legge di stabilità 2014) - ovvero la tassa per chi si occupa
di raccolta pubblicitaria e per imprese o professionisti che
acquistano pubblicità on line- venga posticipata al 1° luglio
2014. Inoltre, viene previsto che, dall’entrata in vigore del
decreto milleproroghe, con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, possono essere stabilite modificazioni, nella misura massima dello 0,7%, delle aliquote di
accisa e di imposta di consumo che gravano sui prodotti
da fumo e loro succedanei.
IMPOSTA SOSTITUTIVA
DESTINAZIONE ITALIA
@ Decreto Legge 23 dicembre 2013, n. 145 - G.U. 23
dicembre 2013, n. 300
Il Decreto Legge 23 dicembre 2013, n. 145 pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, del 23 dicembre 2013,
ha previsto, all’art. 12, comma 4, che, a decorrere dal 24
dicembre 2013, nei contratti di finanziamento bancario a
medio/lungo termine che l’imposta sostitutiva di cui all’art.
17 e ss. del d.P.R. n. 601/1973 in misura pari allo 0,25%
sia applicabile solo su opzione.
In particolare, è stato modificato il testo del comma 1 dell’articolo 17 del d.P.R. n. 601/1973 che recita ora: «Gli enti che
effettuano le operazioni indicate negli artt. 15 e 16, a seguito
di specifica opzione, possono corrispondere, in luogo delle
imposte di registro, di bollo, ipotecarie e catastali e delle tasse sulle concessioni governative, una imposta sostitutiva».
Si tratta di un provvedimento che in alcune situazioni alleggerisce il peso fiscale sui finanziamenti a m/l termine, per
esempio in assenza di garanzie o di alcune garanzie soggette ad imposta di registro in misura fissa. Di regola invece l’imposta sostitutiva resta conveniente nei casi di garanzie ipotecarie, che comporterebbero l’applicazione dell’imposta ipotecaria con l’aliquota del 2%.
DECRETO IMU
DISPOSIZIONI URGENTI CONCERNENTI L’IMU,
L’ALIENAZIONE DI IMMOBILI PUBBLICI E LA BANCA
D’ITALIA
Le Società 2/2014
@ Decreto Legge 30 novembre 2013, n. 133 - G.U. 30
novembre 2013, n. 281
Il Decreto Legge 30 novembre 2013, n. 133, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 281 del 30 novembre 2013 Serie
Generale (“Decreto IMU”), ha disposto, all’art. 1, l’abolizione della seconda rata dell’IMU per il 2013 sulle abitazioni
principali (e relative pertinenze) non di pregio. L’esenzione
non riguarda, dunque, gli immobili appartenenti alle categorie catastali A/1, A/8 e A/9 vale a dire le abitazioni di tipo
signorile, ville, castelli e palazzi storici.
Inoltre, viene disposta l’abolizione dell’IMU per le unità immobiliari delle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale dei soci assegnatari; gli alloggi
assegnati da IACP o da enti di edilizia residenziale pubblica; la casa coniugale assegnata a seguito di provvedimento di separazione legale o divorzio; l’unico immobile posseduto e non locato dagli appartenenti alle Forze armate, alle
Forze di polizia, al Corpo nazionale dei vigili del fuoco e alla
carriera prefettizia; per gli immobili che i Comuni hanno
equiparato all’abitazione principale (ad esempio, le unità
immobiliari concesse in comodato a parenti in linea retta
entro il primo grado, che vi stabiliscono la dimora abituale
la residenza anagrafica).
Viene prevista, anche, l’esenzione per i fabbricati rurali a
uso strumentale e per i terreni agricoli, nonché quelli non
coltivati, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli
imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza
agricola.
Tuttavia, nonostante l’abolizione della seconda rata IMU, i
contribuenti dovranno concorrere al recupero dell’eventuale differenza tra l’IMU risultante dall’applicazione dell’aliquota - e della detrazione - deliberata (o confermata) per
ciascuna tipologia di immobile dai comuni di appartenenza
per il 2013 e quella che risulta dall’applicazione dei parametri standard fissati dalle norme statali. Resta, invero, a
carico dei contribuenti il 40% di tale differenza che dovrà
essere versato entro il 16 gennaio 2014.
IMPOSTE INDIRETTE
IMPOSTA DI REGISTRO VERSATA IN ECCESSO: IL NOTAIO
NON PUÒ CHIEDERE IL RIMBORSO
@ Risoluzione Agenzia delle Entrate 11 dicembre 2013,
n. 90/E
L’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 90/E (la “Risoluzione”) ha fornito chiarimenti in ordine alle modalità di
recupero dell’imposta di registro versata in eccesso. In particolare, nella Risoluzione viene affermato che il notaio,
estraneo al rapporto tributario, ma responsabile del versamento dell’imposta, non è legittimato a chiedere il rimborso dell’imposta di registro pagata in eccesso in sede di
autoliquidazione degli atti telematici redatti per conto del
proprio cliente.
Nel caso oggetto della Risoluzione l’Agenzia delle Entrate
risponde alla richiesta di consulenza giuridica posta da un
ufficio territoriale in relazione all’istanza con la quale due
notai avevano chiesto di conoscere le modalità di recupero
(mediante istanza di rimborso sulla base di quanto previsto
dall’art. 77 del d.P.R. n. 131/1986 oppure mediante la
“compensazione” ai sensi dell’art. 3 ter del D.Lgs. n.
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463/1997) delle imposte di registro versate in sede di autoliquidazione degli atti telematici redatti per conto dei loro
clienti, ma non dovute in base ai chiarimenti interpretativi
forniti dall’Agenzia con la circolare n. 44 del 2011. Si ricorda, in proposito, che, nella summenzionata circolare n.
44/2011, l’Agenzia delle Entrate ha esaminato la corretta
tassazione, dal punto di vista dell’imposta di registro, degli
atti plurimi, e, nello specifico, degli atti che contengono più
disposizioni, prive di contenuto patrimoniale. Inoltre, la circolare n. 44/2011 ha disposto che deve essere pagata una
sola imposta fissa di registro per il verbale assembleare
che apporti molteplici diverse modifiche allo statuto della
società (purché tutte prive di contenuto patrimoniale).
Nella Risoluzione, l’Agenzia delle Entrate, dopo avere puntualizzato che il diritto al rimborso dell’imposta pagata in
eccesso deriva dal pagamento di imposte indebite dal punto di vista sostanziale e non certo dall’efficacia di un documento di prassi (come invece ipotizzato dall’ufficio territoriale) posto che i documenti di prassi non sono atti generali
di imposizione ed hanno efficacia unicamente interna, osserva che ai sensi dell’art. 3 ter del D.Lgs. n. 463/1997 i notai possono compensare tutte le somme versate in eccesso
in sede di autoliquidazione con le imposte dovute per atti
di data posteriore, con conseguente esclusione della possibilità di richiedere il rimborso. Tale disposizione si applica
però solo alle somme versate in eccesso in sede di autoliquidazione, che sono automaticamente evidenziate dal sistema informativo, per cui non può trovare ingresso nella
diversa fattispecie in esame.
Passando, poi, a valutare la possibilità per il notaio rogante
di richiedere il rimborso sulla base dell’art. 77, comma 1,
del d.P.R. n. 131/1986, l’Amministrazione finanziaria ricorda che la giurisprudenza, al termine di una complessa evoluzione, è giunta ad affermare l’estraneità del notaio al rapporto tributario e quindi carenza sotto il profilo soggettivo
di chiedere il rimborso (cfr. Cass. 30 ottobre 2007, n.
22918). Secondo tale orientamento, infatti, il notaio va
identificato con il responsabile di imposta.
L’Agenzia delle Entrate ha, conseguentemente, concluso
che il diritto a richiedere il rimborso dell’imposta di registro
pagata in eccesso, nel limite del termine di tre anni, spetta
solo alle parti contraenti.
IMPOSTE IN GENERE
ACCERTAMENTO DELLA VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI
COMPETENZA DEI COSTI: LE REGOLE PER EVITARE LA
DOPPIA IMPOSIZIONE IN CASO DI MAGGIORE PERDITA
@ Risoluzione Agenzia delle Entrate 28 novembre
2013, n. 87/E
L’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 87/E (la “Risoluzione”) ha fornito alcuni chiarimenti riguardo alla disciplina applicabile nel caso in cui, in seguito ad attività di accertamento, vengano recuperati a tassazione costi dedotti in
un periodo di imposta in violazione del principio di competenza e il periodo di imposta di corretta imputazione si
chiuda con una perdita fiscale. In tale circostanza, per l’Agenzia delle Entrate, il contribuente conserva la possibilità
di vedersi riconoscere la maggiore perdita ovvero la maggiore imposta versata, nel caso in cui operando corretta-
242
mente la deduzione di un costo la base imponibile diventi
negativa.
Preliminarmente si osserva che in base alla disposizione
normativa contenuta nell’articolo 109, d.P.R. n. 917/1986,
le imprese sono tenute alla determinazione del reddito secondo il principio di competenza. Il principio di competenza è inderogabile, come è stato confermato più volte dalla
Corte di Cassazione (ex pluribus con la sentenza del 24
gennaio 2013, n. 1648), non essendo consentito al contribuente di “scegliere” il periodo d’imposta in cui dedurre un
costo ovvero tassare un determinato ricavo.
L’Amministrazione Finanziaria, conformandosi all’orientamento giurisprudenziale, ha individuato, con le circolari n.
23/E del 2010 e n. 31/E del 2012, le modalità operative da
seguire per il recupero delle maggiori imposte versate in
un esercizio erroneo (per imputazione del ricavo o non imputazione di un costo di competenza), così evitando una
doppia imposizione.
Con l’ultima circolare che tratta l’argomento, vale a dire la
circolare n. 31/E del 24 settembre 2013, l’Agenzia delle Entrate è intervenuta nuovamente sull’argomento, fornendo
chiarimenti interpretativi in merito al trattamento fiscale da
applicare per la correzione di errori contabili nel caso di
mancata imputazione di componenti negativi o positivi nel
corretto esercizio di competenza. In tale sede, l’Agenzia
delle Entrate ha dato indicazioni utili in merito al recupero
dei costi relativi ad annualità non più emendabili ai sensi
dell’art. 2, comma 8 bis, d.P.R. n. 322/1998. Nel citato documento di prassi, infatti, l’Agenzia delle Entrate ha affermato il diritto del contribuente di vedersi riconosciuto il
maggiore versamento di imposta nell’ipotesi in cui la correzione della mancata imputazione di componenti negativi o
positivi nel corretto esercizio di competenza, concretizzi
una perdita o incrementi la perdita dichiarata nell’anno.
La predetta possibilità trova applicazione, secondo quanto
precisato dall’Agenzia delle Entrate, anche nell’ipotesi nella
quale l’omessa imputazione del componente negativo riguardi un’annualità per la quale, a seguito della corretta imputazione fiscale del componente negativo, si verifichi una
perdita o si incrementi la perdita già dichiarata. Così come la
possibilità predetta riguarda anche l’ipotesi nella quale, a seguito di accertamento, vengano recuperati dei costi dedotti
in violazione del principio di competenza e la corretta imputazione non influisca sul versamento dell’imposta, ma determini un incremento della perdita dichiarata.
Al fine di individuare le modalità di recupero della perdita fiscale, la Risoluzione richiama i principi espressi nella citata
circolare 23/E del 2010, con cui è stata riconosciuta al contribuente la possibilità di dedurre nel periodo di imposta di
effettiva competenza i costi indebitamente dedotti in periodi
diversi, pertanto oggetto di recupero da parte dell’ufficio.
Per evitare la doppia imposizione negli esercizi in cui ha
versato imposta in conseguenza della mancata utilizzazione della maggior perdita, il contribuente potrà evidenziare
la maggiore perdita presentando, non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al
periodo d’imposta successivo, una dichiarazione integrativa di quella in cui avrebbe potuto utilizzare la maggior perdita.
Qualora, per decorso del termine, ciò non sia possibile, la
maggior imposta versata non tenendo conto della maggiore perdita potrà essere richiesta a rimborso ai sensi dell’articolo 38 del d.P.R. n. 602/1973, entro quarantotto mesi dal
versamento eccedente, ovvero, scaduto anche tale termine, entro due anni dalla data in cui si è reso definitivo l’ac-
Le Società 2/2014
Fisco e Società
Sintesi
certamento per violazione del principio di competenza, ai
sensi dell’articolo 21 del D.Lgs. n. 546/1992.
L’Agenzia delle Entrate ha, infine, precisato che, qualora
negli esercizi precedenti a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo non vi è stato reddito imponibile, la maggiore perdita può essere inclusa nella dichiarazione dell’esercizio in cui l’accertamento è divenuto definito e portata
a riduzione del reddito da tale esercizio.
ELUSIONE FISCALE
DISPOSIZIONI ANTIELUSIVE E TRASFORMAZIONE
SOCIETARIA
@ Risoluzione Agenzia delle Entrate 27 novembre
2013, n. 84/E
L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 84/E del 27
novembre 2013 (la “Risoluzione”), in risposta ad un’istanza di interpello ordinario presentata ai sensi dell’art. 11 della legge n. 212/2000, ha fornito alcuni chiarimenti in relazione alla corretta interpretazione dell’art. 37 bis del d.P.R.
n. 600/1973, recante disposizioni antielusive, con specifico
riferimento al caso di trasformazione societaria, e, per la
prima volta, anche in relazione al regime fiscale applicabile
successivamente alla definitiva applicazione della norma
antielusiva. In particolare, nella Risoluzione è chiarito che
nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria abbia considerato elusiva l’operazione di trasformazione in società semplice ai sensi dell’art. 37 bis del d.P.R. n. 600/1973, questa
conserva gli effetti di trasformazione ai fini civilistici, ma
sconta le imposte cui è soggetta una società di capitali.
Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate aveva ritenuto
elusiva, ai sensi del suddetto articolo 37 bis, un’operazione
di ristrutturazione societaria che contemplava, tra l’altro, la
trasformazione della società istante da società a responsabilità limitata in società semplice, provvedendo inoltre alla
(ri)attribuzione d’ufficio della partita IVA senza soluzione di
continuità. L’Ufficio aveva disconosciuto, con avviso di accertamento e successivo atto di adesione, gli effetti fiscali
della trasformazione e, conseguentemente, aveva rideterminato il reddito imponibile ai fini IRES ed IRAP, applicando il regime tributario proprio delle società di capitali e non
più quello delle società semplici.
La società istante, in sede di interpello, ha chiesto chiarimenti riguardo agli effetti fiscali che potrebbero derivare
dalla eventuale trasformazione della società in società a responsabilità limitata, onde riallineare la forma giuridica al
regime fiscale definito.
L’Agenzia delle Entrate ha sottolineato che l’accertamento
dell’elusività di un’operazione non comporta contestazioni
riguardo alla validità, in termini civilistici, degli atti posti in
essere dal contribuente, ma ha una valenza esclusivamente sul piano fiscale, determinando il disconoscimento di
vantaggi fiscali e la richiesta di versamento della maggiore
imposta dovuta.
In aggiunta, gli atti posti in essere dal contribuente divengono inopponibili nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, ma tale inopponibilità determina un’inefficacia relativa e non di portata generale. Gli atti contestati, infatti,
mantengono piena rilevanza effettuale sotto tutti gli altri
profili tributari diversi da quelli che riguardano il fenomeno
elusivo, ad esempio, per quanto riguarda le imposte indirette.
Le Società 2/2014
Nel caso dell’operazione di trasformazione posta all’attenzione dell’Agenzia delle Entrate, quindi, la società istante,
pur essendo tenuta a versare l’imposta oggetto di accertamento come se fosse una società a responsabilità limitata,
rimane soggettivamente una società semplice.
Se la società istante volesse mantenere la forma della società semplice, dovrebbe, comunque, determinare il reddito imponibile secondo le regole proprie delle società a responsabilità limitata, utilizzando i relativi modelli (modello
Unico SC). La società istante dovrebbe, inoltre, provvedere
alla tenuta dei libri e delle scritture contabili previste ai sensi dell’art. 14 del d.P.R. n. 600/1973.
Nel caso in cui, invece, la società semplice istante decidesse di trasformarsi nuovamente in società a responsabilità limitata, questa trasformazione non farebbe che ripristinare
la situazione originariamente preesistente e, pertanto, sarebbe fiscalmente irrilevante: dovrebbe, pertanto, avvenire
in neutralità fiscale, senza generare minusvalenze o plusvalenze e senza generare due periodi di imposta distinti nello
stesso esercizio.
Per quanto riguarda le imposte indirette, l’operazione di
trasformazione entro il 31 dicembre 2013 dovrebbe essere
considerata come fuori campo di applicazione dell’IVA, per
carenza del requisito oggettivo dell’imposta. Non essendo
soggetta ad IVA, l’operazione di trasformazione sarà assoggettata all’imposta di registro nella misura fissa di 168
euro (art. 4 della Tariffa, parte I, allegata al d.P.R. n.
131/1986). Infine, nel caso in cui il patrimonio della società
trasformanda comprenda dei beni immobili, l’atto di trasformazione non comporterebbe né il trasferimento della
proprietà dei beni, né la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, e pertanto, le imposte ipotecarie e catastale sarebbero dovute nella misura fissa di 168 euro.
Con la trasformazione da società semplice in società a responsabilità limitata sarà altresì possibile l’accesso, ricorrendone gli ulteriori requisiti, sia al regime del consolidato
fiscale nazionale sia alla liquidazione IVA di gruppo; infatti
si tratta di regimi che non possono essere applicati ad una
società semplice ancorché soggetta ai fini IRES e IVA al regime proprio di una s.r.l.
Da ultimo l’Agenzia delle Entrate ha precisato che, a prescindere da una nuova trasformazione in società a responsabilità limitata, il valore fiscale del patrimonio di proprietà
dovrà essere determinato riducendo il valore fiscale originario, esistente alla data della prima trasformazione, dell’ammontare degli ammortamenti fiscali riconosciuti in deduzione dal reddito imponibile accertato.
IMPOSTE INDIRETTE
IVA NELL’ANNO CON ESIGIBILITÀ ORDINARIA
@ Cassazione civile, sez. VI - T, 10 dicembre 2013, n.
27597 - Pres. M. Cicala - Rel. A. Cosentino
La Corte di Cassazione nella sentenza n. 27597 del 10 dicembre 2013 ha chiarito che in caso di mancata apposizione sulle fatture della dicitura “IVA ad esigibilità immediata”, la volontà di un contribuente, fornitore di un ente pubblico, di usufruire del regime di esigibilità ordinaria - e non
differita - dell’IVA può desumersi dalla contabilizzazione
dell’IVA sulle fatture nell’anno di relativa emissione invece
che nell’anno di incasso degli importi fatturati.
243
Fisco e Società
Sintesi
Il caso oggetto della sentenza de qua origina da un avviso
di accertamento IVA 2003 emesso dall’Agenzia delle entrate nei confronti di un fornitore di un ente pubblico di servizi
ambientali nel quale veniva ripresa a tassazione l’IVA sulle
fatture da questi emesse nei confronti di un comune nel
2002 ma riscosse nel 2003, ritenendo applicabile il regime
di esigibilità differita dell’imposta previsto a favore dei fornitori di enti pubblici (ossia il regime dell’esigibilità al momento del pagamento invece che a quello, antecedente,
dell’emissione della fattura).
Il fornitore aveva impugnato l’avviso di accertamento osservando di aver contabilizzato la fattura con la dicitura
“IVA ad esigibilità immediata”, quindi liquidando l’imposta
già nel 2002. La Commissione tributaria regionale, a conferma della decisione del giudice di prime cure, annullava
l’avviso di accertamento, affermando che il fornitore si era
avvalso del regime di esigibilità ordinaria, sicché le fatture
andavano conteggiate nel volume d’affari 2002, non del
2003, a nulla rilevando l’omissione, meramente formale,
dell’apposizione sulle fatture della dicitura “IVA ad esigibilità immediata”. L’Agenzia delle entrate ha interposto ricorso alla Suprema Corte di Cassazione che la stessa ha respinto.
Infatti, la Corte di Cassazione ha osservato che «l’argomento che la contribuente aveva contabilizzato l’Iva sulle fatture in questione nell’anno della relativa emissione (2002) invece che nell’anno di incasso degli importi fatturati (2003)
è autonomamente sufficiente - a prescindere da qualunque
accertamento sull’effettivo versamento dell’IVA nel 2002 a sorreggere il convincimento della Commissione Tributaria
Regionale che la contribuente si fosse avvalsa della facoltà
di applicare il regime di esigibilità ordinaria, anziché differita di tali fatture». Inoltre, tale argomentazione, ad avviso
della Suprema Corte, non risulta in alcun modo «inficiata
dal rilievo della difesa erariale che, per il cd. principio di derivazione di cui all’art. 83 TUIR, le risultanze di bilancio rilevano ai fini della determinazione dell’imposta sui redditi ma
anche dell’IVA».
In conclusione, secondo gli Ermellini è, quindi, corretto il
ragionamento seguito dalla Commissione tributaria regionale dal momento che la liquidazione dell’IVA sulle fatture
in questione già nell’anno d’imposta dell’emissione costituisce comportamento concludente idoneo a manifestare
la volontà della contribuente di esercitare la facoltà di avvalersi del regime di esigibilità ordinaria.
ELUSIONE, IVA INDETRAIBILE SE L’IMPORTO FATTURATO È
IVA nei confronti di una società a cui veniva contestato
l’importo fatturato in relazione a prestazioni professionali ricevute in quanto ritenuto sproporzionato ed eccessivo rispetto alla prestazione ricevuta. Conseguentemente, l’Ufficio riduceva la prestazione fatturata (da 250 milioni di lire a
venti milioni di lire) e contestava alla società l’indebita detrazione del credito IVA - corrispondente alla misura eccedente i corrispettivi che sarebbe stato congruo pattuire - risultante dalla dichiarazione IVA.
La società presentava ricorso avverso l’avviso di rettifica
davanti alla Commissione tributaria provinciale che, dopo
aver espletato una consulenza tecnica d’ufficio (CTU) da
cui risultava che il valore delle prestazioni professionali non
ammontava a 250 milioni di lire ma a circa 122 milioni di lire, accoglieva in parte il ricorso e confermava il recupero
effettuato dall’Ufficio del credito di imposta per la differenza. In sede di appello, i giudici di secondo grado confermavano il valore delle prestazioni professionali così come determinato da CTU. Il contribuente ricorreva in cassazione.
La Suprema Corte ha ricordato che in tema di accertamento
dell’IVA, il ricorso al metodo induttivo è consentito e ammissibile anche in presenza di contabilità formalmente regolare
(ai sensi dell’art. 54 del d.P.R. n. 633/1972), quando tuttavia
l’attendibilità della stessa risulti inficiata da presunzioni contrarie, anche semplici, purché gravi, precise e concordanti,
va evidenziato che vi è la possibilità di espletare, con accertamento insindacabile in sede di legittimità, una CTU per valutare il reale valore delle prestazioni professionali.
Inoltre, ad avviso degli Ermellini, nel giudizio tributario, una
volta contestata dall’erario l’antieconomicità di una operazione posta in essere dal contribuente che sia imprenditore
commerciale, diviene onere del contribuente stesso dimostrare la liceità fiscale della suddetta operazione, e il giudice tributario non può, al riguardo, limitarsi a constatare la
regolarità della documentazione cartacea. In tal senso, trova conferma l’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 11599 del 18 maggio 2007.
IMPOSTE IN GENERE
LA CARTELLA ESATTORIALE EMESSA IN ESITO ALLA
LIQUIDAZIONE AUTOMATICA NON DEVE ESSERE MOTIVATA
SE L’IMPORTO COINCIDE O È INFERIORE RISPETTO AL
REDDITO DICHIARATO
TROPPO ALTO RISPETTO ALLA CONSULENZA
PROFESSIONALE
@ Cassazione civile, sez. VI, 3 dicembre 2013, n.
27098, ord. - Pres. M. Cicala - Rel. A. Cosentino
@ Cassazione civile, sez. trib., 4 dicembre 2013, n.
27199 - Pres. M. Adamo - Rel. M. Meloni
La Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 27098 del 3 dicembre 2013 ha statuito che la cartella esattoriale emessa
all’esito della procedura di liquidazione automatica ex artt.
36 bis del d.P.R. n. 600/1973 e 54 bis del d.P.R. n.
633/1972 deve essere specificamente motivata in ragione
delle pretese dell’Ufficio eccedenti gli importi enunciati nelle dichiarazioni del contribuente, ma non richiede specifica
motivazione in relazione a pretese inferiori a detti importi.
In tal caso, infatti, opera il principio secondo il quale la pretesa tributaria scaturisce dalla pura e semplice obbligazione di pagamento delle imposte determinate nella dichiarazione del contribuente.
Il caso oggetto della ordinanza de qua origina dal ricorso
presentato da una società avvero la cartella esattoriale
emessa a suo carico dall’Ufficio in esito alla procedura di li-
La Corte di Cassazione nella sentenza n. 27199 del 4 dicembre 2013 ha chiarito che non è detraibile l’IVA se il valore delle prestazioni professionali fatturato è troppo alto rispetto alla prestazione professionale ricevuta; peraltro,
l’Amministrazione finanziaria può ridurre, mediante ricorso
al metodo induttivo, l’importo della prestazione professionale. Una volta contestata dall’Erario l’antieconomicità di
una operazione posta in essere dal contribuente (imprenditore commerciale) è questi che deve dimostrare la liceità fiscale dell’operazione stessa.
Il caso oggetto della sentenza in parola origina da un avviso di rettifica notificato dall’Agenzia delle Entrate - Ufficio
244
Le Società 2/2014
Fisco e Società
Sintesi
quidazione automatica ex artt. 36 bis d.P.R. n. 600/1973 e
54 bis d.P.R. n. 633/1972 sulle imposte IVA, IRPEG e IRAP
per l’anno 2012. La società, invero, lamentava che la suddetta cartella riportava, senza alcuna motivazione che sarebbe stata poi fornita solo in sede di contenzioso, una
somma inferiore rispetto al dichiarato e che, peraltro, la
stessa cartella non riportava alcuna indicazione circa il responsabile del procedimento.
La Suprema Corte ha confermato la sentenza dei giudici di
merito di primo e secondo grado dal momento che, a suo
giudizio, non si rileva alcuna irregolarità nella procedura seguita dall’Ufficio.
Invero, perciò che concerne l’omessa indicazione del responsabile del procedimento, gli Ermellini hanno ribadito
l’indirizzo secondo cui la cartella esattoriale “muta” - ovvero che omette di indicare il responsabile del procedimento
- se riferita a ruoli consegnati agli agenti della riscossione
in data anteriore al 1° giugno 2008, pur essendo in violazione dell’articolo 7, comma 2 lett. a) della Legge n. 212/200
(“Statuto del contribuente”), non è affetta né da nullità né
da annullabilità, poiché, essendo la norma statutaria priva
di sanzione, e non incidendo direttamente la violazione in
questione sui diritti costituzionali del destinatario, trova applicazione l’articolo 21 della L. 241/1990, «il quale, allo scopo di sanare con efficacia retroattiva tutti gli eventuali vizi
procedimentali non influenti sul diritto di difesa, prevede la
non annullabilità del provvedimento adottato in violazione
di norme sul procedimento o sulla forma degli atti, qualora,
per la natura vincolata del provvedimento, come nel caso
di cartella esattoriale, il suo contenuto dispositivo, non
avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato» (in senso conforme, Cass. civ., sentenze nn.
17251/2013, 4516/2012 e sez. un. n. 11772/2010).
Per ciò che concerne, invece, i profili legati alla motivazione della cartella esattoriale, la Corte di Cassazione ha chiarito che la cartella esattoriale emessa all’esito della liquidazione automatica ex artt. 36 bis d.P.R. n. 600/1973 e 54 bis
d.P.R. n. 633/1972 deve essere specificamente motivata in
ragione delle pretese dell’Ufficio eccedenti gli importi
enunciati nelle dichiarazioni del contribuente, ma non richiede specifica motivazione in relazione a pretese inferiori
a detti importi, operando, in tal caso, il principio che la pretesa tributaria scaturisce dalla pura e semplice obbligazione di pagamento delle imposte determinate nella dichiarazione del contribuente.
Spetta, eventualmente, a quest’ultimo, in relazione ai principi generali in tema di onere della prova, dimostrare di
avere effettuato in tutto o in parte i versamenti richiesti, in
adempimento dell’obbligo in questione.
TRATTAMENTO DI FINE MANDATO
ACCANTONAMENTO DEL TRATTAMENTO DI FINE
MANDATO: NON RILEVANO LE DISPOSIZIONI LEGISLATIVE
APPLICABILI AL TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO DEI
LAVORATORI SUBORDINATI
@ Comm. trib. reg. Milano, sez. 22, 29 novembre 2013,
sentenza n. 132/22/13 - Pres. N. Franciosi - Rel. G. Chiametti
La Commissione tributaria regionale di Milano nella sentenza n. 132/22/13 del 29 novembre 2013 ha chiarito che
Le Società 2/2014
per gli accantonamenti del trattamento di fine mandato
(TFM) non esiste una specifica previsione legislativa concernente i parametri di determinazione dell’indennità e,
conseguentemente dei relativi accantonamenti annuali, e,
quindi, occorre ritenere che questi siano deducibili in conformità alle previsioni contenute negli atti costitutivi del diritto, quali le deliberazioni assembleari.
La sentenza in esame origina da quattro ricorsi presentati
dall’Agenzia delle Entrate avverso quattro sentenze pronunciate dalla Commissione tributaria provinciale di Milano
che hanno accolto quattro ricorsi (parzialmente un ricorso
ed integralmente gli altri tre) promossi da una società che
partecipa - in qualità di consolidante - a un consolidato fiscale nazionale di cui agli articoli 117 e seguenti del d.P.R.
n. 917/1986 per l’annullamento degli avvisi di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate ha rideterminato il reddito
complessivo della consolidante ai fini del consolidato, accertando maggiori imposte IRES e IRAP. Inoltre, negli avvisi di accertamento l’Agenzia delle Entrate ha rilevato che la
società aveva deliberato con verbale dell’assemblea, oltre
che la nomina dell’amministratore unico, anche il compenso di fine mandato, compenso ritenuto eccedente i limiti
quantitativi deducibili.
I giudici di secondo grado hanno confermato le sentenze
emesse dai giudici di prime cure, ritenendole, prima facie,
complete ed esaustive tanto da non dover essere riformate.
In particolare, per ciò che riguarda gli accantonamenti del
trattamento di fine mandato i giudici di secondo grado
hanno affermato che non esistono parametri analoghi a
quelli previsti in materia di rapporti di lavoro subordinato
(TFR), né sotto il profilo fiscale né sotto quello civilistico;
dunque, non esiste una specifica previsione legislativa concernente i parametri di determinazione dell’indennità e,
conseguentemente dei relativi accantonamenti annuali. Ne
consegue che gli accantonamenti sono deducibili in conformità alle previsioni contenute negli atti costitutivi del diritto, quali le deliberazioni assembleari, precedenti all’accantonamento e trascritte sui libri societari, tenuti e conservati secondo quanto previsto dall’art. 2421 del codice civile.
IMPOSTE DIRETTE
AMMISSIBILITÀ DEL RECLAMO PRODOTTO ANTE TEMPUS
@ Comm. trib. prov. Milano, sez. 40, 3 dicembre 2013,
n. 324 - Pres. F. Lapertosa - Rel. G. Chiametti
La Commissione tributaria provinciale di Milano nella sentenza n. 324 del 3 dicembre 2013 ha chiarito che in caso in
cui il contribuente si avvalga della procedura di reclamo/mediazione di cui all’art. 17 bis del D.Lgs. n. 546/1992, il
reclamo/ricorso depositato in giudizio ante tempus (ovvero
prima del decorso del termine di novanta giorni dalla sua
presentazione al competente ufficio) è ammissibile, tuttavia, il ricorso è improcedibile - e, dunque, non può essere
discusso nel merito - perché non spirato il predetto termine.
Il caso oggetto della sentenza de qua origina dal ricorso
presentato da un contribuente avverso una cartella di pagamento relativa all’IRAP per l’anno d’imposta 2007 emessa a seguito della procedura automatizzata di liquidazione
di cui all’art. 36 bis del d.P.R. n. 600/1973. In particolare, il
245
Fisco e Società
Sintesi
contribuente contestava la cartella esattoriale ed il relativo
ruolo ed eccepiva l’inesistenza giuridica della notifica della
cartella in quanto la stessa non era stata notificata al destinatario e la notifica era avvenuta a mezzo posta e non, invece, tramite l’agente della notificazione. Inoltre, il contribuente eccepiva l’assoluto difetto di motivazione della sentenza impugnata e contestava la nullità della sua iscrizione
a ruolo poiché effettuata in violazione degli artt. 36 bis,
comma 3, del d.P.R. n. 600/1973 e 54 bis del d.P.R. n.
633/1972 nonché dell’art. 6 della legge n. 212/2000 (Statuto del contribuente) in quanto non preceduta dal relativo
“avviso bonario”.
L’Agente della riscossione, costituitosi in giudizio, ribadiva
la regolarità della notifica, avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento e nel luogo di residenza risultante
dall’Anagrafe tributaria.
Si costituiva in giudizio anche l’Agenzia delle Entrate che,
con specifico riferimento alla presunta violazione dell’art.
36 bis del d.P.R. n. 600/1973, eccepiva l’infondatezza dell’eccezione sollevata dal contribuente, dal momento che
questi aveva optato in sede di dichiarazione dei redditi per
l’invio dell’avviso telematico all’intermediario (conformemente a quanto previsto dall’art. 2 bis del D.L. n.
203/2005), dunque, a quest’ultimo avrebbe dovuto rivolgersi, in caso di mancato ricevimento dell’avviso bonario. Inoltre, l’Agenzia delle Entrate evidenziava come l’invio dell’avviso bonario non fosse obbligatorio nel caso di specie, dal
momento che la cartella di pagamento era scaturita dal
semplice riscontro dell’omesso versamento delle imposte
dovute sulla base dei dati dichiarati; inoltre, chiedeva che
la Commissione tributaria provinciale di Milano dichiarasse
l’inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 17 bis
del D.Lgs. n. 546/1992 tenuto conto che il contribuente
aveva esperito il procedimento di reclamo costituendosi in
246
giudizio prima del decorso del termine dei novanta giorni
previsti dalla normativa.
I giudici milanesi hanno rigettato la domanda di inammissibilità del ricorso, evidenziando che l’aver depositato in giudizio il ricorso prima del decorso del termine di novanta
giorni non inficia in alcun modo la procedura di reclamo e
mediazione di cui all’art. 17 bis del D.Lgs. n. 546/992, diversamente verrebbe tradita la ratio di tale strumento deflativo del contenzioso.
Nel dettaglio, i giudici di prime cure hanno sottolineato che
nel caso in cui un ricorso venga depositato dinanzi la Commissione tributaria prime del decorso dei novanta giorni,
questo è da considerarsi improcedibile finche non decorre
il termine che consente al reclamo di acquisire, ex lege, la
portata del ricorso. Invero, al riguardo, l’art. 17bis, comma
9, del D.Lgs. n. 546/1992 stabilisce che il reclamo produce
gli effetti del ricorso o dopo che siano trascorsi novanta
giorni dalla sua proposizione senza che esso venga accolto
o allorquando si concluda la mediazione o antecedentemente se l’Agenzia delle Entrate notifichi il rigetto totale o
parziale del reclamo stesso. Inoltre, secondo i giudici milanesi l’aver depositato il reclamo/ricorso prima del decorso
dei novanta giorni determina la sua improcedibilità ovvero,
seppure si tratta di un ricorso a tutti gli effetti, questo non
può essere ancora discusso, in quanto non è spirato il termine dei novanta giorni. In altri termini, l’udienza di trattazione deve essere celebrata solo dopo che sia decorso il
summenzionato termine.
Per ciò che concerne, infine, l’eccezione sollevata in merito
alla notifica della cartella, la Commissione tributaria provinciale ha ritenuto inesistente, in quanto priva dei requisiti
fondamentali per rendere la comunicazione una vera e propria cartella esattoriale, la cartella di pagamento in quanto
notificata a mezzo posta da soggetti non abilitati.
Le Società 2/2014