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Capitolo 5
Trasferimenti di energia e
reazioni bimolecolari.
5.1
Urti in fase gassosa.
I processi bimolecolari importanti in fotochimica sono reazioni, trasferimenti di energia, trasferimenti di carica. Perch´e un processo bimolecolare si realizzi, occorre che
i due partner si avvicinino fino ad una distanza opportuna, cio`e avvenga quello che
chiamiamo per semplicit`a un urto o collisione (in fase vapore), o un incontro (in
soluzione).
Per un gas costituito da sfere rigide, la teoria cinetica dei gas permette di calcolare
il numero di urti per unit`a di tempo e di volume:
Nurti = 8
πKB T
mx
1/2
rx2 Cx2
(5.1)
dove rx , mx e Cx sono raggio, massa e concentrazione delle sfere. In una miscela,
gli urti tra sfere di tipo X e di tipo Y sono:
Nurti =
8πKB T
µxy
!1/2
2
rxy
Cx Cy
(5.2)
dove µxy = mx my /(mx + my ) e rxy = rx + ry . In generale, la velocit`a di un processo
bimolecolare (numero di eventi per unit`a di volume e di tempo) si pu`o scrivere come:
V = K C x Cy
K=
8KB T
πµxy
(5.3)
!1/2
σxy (1 + δxy )−1
110
(5.4)
oppure, esprimendo le concentrazioni come molarit`a:
K = 1000 NA
8KB T
πµxy
!1/2
σxy (1 + δxy )−1
(5.5)
Qui NA `e il numero di Avogadro e 1000 `e il fattore di conversione da m 3 a litri.
Il fattore (1 + δxy )−1 = 1/2 compare nel caso X ≡ Y perch´e le coppie collidenti
sono la met`a. La quantit`a σxy (un’area) `e detta sezione d’urto. In questo caso, σxy = π(rx + ry )2 si identifica con un parametro puramente geometrico. Per
processi diversi dal semplice urto di sfere rigide, la sezione d’urto dipende dalle
propriet`a molecolari, dagli stati quantici coinvolti, e dal tipo di processo considerato. Un processo che richieda un’energia di attivazione, o una transizione quantica
poco probabile, avr`a una σ pi`
u piccola di quella desumibile dalla semplice estensione
spaziale delle due molecole. Un processo che richieda interazioni elettrostatiche a
lungo raggio (tra ioni o dipoli) pu`o avere σ molto pi`
u grandi. I trasferimenti di energia rotazionale e traslazionale avvengono praticamente ad ugni urto; le transizioni
tra stati vibrazionali diversi (conversione di energia vibrazionale di X in energia rotazionale e traslazionale di X e Y, o vibrazionale di Y) sono un po’ meno probabili,
perch´e richiedono salti tra livelli energetici discreti e piuttosto distanti. La separazione tra vibrazione e altri moti `e particolarmente efficace quando mancano moti
interni di bassa frequenza: per esempio, il rilassamento vibrazionale di N 2 in He `e
stimato circa 107 volte pi`
u lento di quello rotazionale. Di solito, tuttavia, questi
processi portano rapidamente all’equilibrio termico tra i vari tipi di moto nucleare,
in tempi di ≈ 10−8 s, a temperatura e pressione standard.
5.2
Incontri in soluzione.
In soluzione il processo di diffusione di un soluto `e pi`
u lento del moto di particelle
gassose; d’altra parte, quando due molecole di soluto (identiche o diverse) vengono
a contatto, ci restano in genere per un tempo pi`
u lungo: un incontro in soluzione
equivale a 20-100 urti in fase gassosa. La diffusione `e regolata dalla legge di Fick; il
numero di molecole che attraversano una superficie S per unit`a di tempo `e:
Φ = −D
dN
S
dz
(5.6)
dove N `e la concentrazione (molecole/m 3 ), z la coordinata perpendicolare alla superficie e D una costante caratteristica di soluto e solvente, e dipendente dalla temperatura (coefficiente di diffusione, espresso in m 2 /s). Questa legge `e valida in assenza
di campi di forze che spingano le molecole in una qualsiasi direzione. Bisogna sottolineare che Φ `e un flusso netto, risultante dalla differenza di un flusso nella direzione
z positiva, meno quello in direzione negativa: dei due, prevale quello diretto dalla
regione di maggiore verso quella di minore concentrazione.
111
Consideriamo una molecola Y immobile, mentre le molecole X attraversano una
superficie sferica di raggio r, con centro in Y. Il flusso netto in ingresso attraverso
la superficie `e:
Φ = 4πr 2 Dx
dNx
dr
(5.7)
Qui si assume che nessuna forza attragga X verso Y, oppure li respinga, finch`e non si
arriva a distanze molto corte, di “contatto”; la situazione `e diversa, per esempio, nel
caso di ioni sottoposti al potenziale coulombiano (vedi la teoria di Debye-Huckel per
soluzioni di elettroliti). Φ risulta dalla differenza di un flusso in ingresso Φ in e di uno
in uscita Φout : Φ = Φin − Φout . L’unica ragione per cui si pu`o stabilire un gradiente
di concentrazione di X nei dintorni di Y, `e che le molecole X vengano “distrutte”
quando incontrano Y, ossia reagiscano, oppure cambino stato quantico. La forma
della funzione Nx (r) dipende quindi dall’efficienza del processo bimolecolare, fermo
restando che a distanza di contatto (r ≤ r x + ry ) Nx si annulla. Se non tutte le
molecole di X sono distrutte nell’incontro con Y, ce ne saranno un certo numero
(Φout ) che diffondono verso l’esterno: sia il flusso netto in ingresso Φ, sia il gradiente
dNx /dr, saranno pi`
u piccoli. La velocit`a del processo bimolecolare `e il prodotto
del flusso in ingresso nella sfera di interazione Φ in (rx + ry ), per la probabilit`a p del
processo. assumeremo che Φin non dipenda dalla sorte che avranno le molecole X
quando incontrano Y, ma solo dalla loro concentrazione. Calcoliamo dunque Φ in
facendo l’ipotesi pi`
u semplice, cio`e che ad ogni incontro il processo avvenga con la
probabilit`a del 100%: allora nessuna molecola di X torna indietro, e il flusso netto
si identifica col numero di molecole che entrano nella sfera: Φ = Φ in . Φ non pu`o
dipendere da r, dato che per ogni r `e comunque uguale al numero di molecole di X che
raggiungono Y e vengono “distrutte”; perci`o `e facile collegare Φ alla concentrazione
di X a grande distanza da Y, Nx (∞):
Nx (∞) =
Z
∞
rx +ry
Φ
dNx
dr =
dr
4πDx
Z
∞
r −2 dr =
rx +ry
Φ
4πDx (rx + ry )
(5.8)
Figura 5.1: Concentrazione del soluto X in funzione della distanza da Y.
Nx (∞)
caso Φout 6= 0
Nx
caso Φout = 0
5
rx + r y
10
15
20
r, ˚
A
112
25
da cui:
Φ = 4π Dx (rx + ry )Nx (∞)
(5.9)
Tenendo conto che anche Y diffonde, con coefficiente di diffusione D y , il numero di
incontri per unit`a di tempo e di volume `e:
Ninc = 4π (Dx + Dy ) (rx + ry )Nx (∞)Ny (∞)
(5.10)
Se le molecole di Y non estendono la loro influenza su un volume troppo grande
rispetto a quello totale della soluzione, possiamo identificare la concentrazione limite
di X con la concentrazione media o nominale: N x (∞) ' 1000NA [X] (dove NA `e il
numero di Avogadro); analogamente per N y . Se il processo che ci interessa ha la
probabilit`a p di verificarsi ad ogni incontro di X e Y, la sua velocit`a `e:
−
d [X]
= K [X] [Y]
dt
(5.11)
con
K = 4000 π NA (Dx + Dy ) (rx + ry ) p
(5.12)
in l · mole−1 · s−1 . I coefficienti di diffusione dipendono essenzialmente dalla viscosit`a
del solvente e dalle dimensioni del soluto. Una relazione approssimata, dovuta a
Stokes e Einstein, `e:
D=
KB T
6πrη
(5.13)
dove η `e la viscosit`a, espressa in Pa·s (≡ Kg · m −1 s−1 ). Questa formula viene
dedotta nell’ipotesi che il soluto sia una sfera di raggio r, che non si identifica
necessariamente con i raggi di interazione r x e ry ; d’altra parte, anche η `e una
caratteristica intrinseca del solvente puro, di cui il modello di Stokes-Einstein fa
uso, in mancanza di informazioni pi`
u dirette sulle interazioni soluto-solvente. Se i
raggi rx , ry e quelli che entrano nelle formule per D x e Dy non sono troppo diversi,
si trova che la costante di velocit`a dipende solo dal rapporto r x /ry , e se questo
rapporto `e vicino a 1, K risulta indipendente dalle dimensioni dei due soluti:
K=
2000 RT (rx + ry )2
8000 RT
p≈
p
3 η r x ry
3η
Viscosit`a di alcuni solventi a 20 ◦ C (Pa·s).
acqua
0.0010
solventi organici non fortemente associati 0.0002 ÷ 0.0020
glicol etilenico, CH2 OH − CH2 OH
0.0200
glicerina, CH2 OH − CHOH − CH2 OH
1.490
113
(5.14)
La viscosit`a varia rapidamente con la temperatura (per l’acqua, da 0.0013 Pa·s a
10 ◦ C, a 0.00028 a 100 ◦ C); inoltre cresce con le dimensioni molecolari e col grado
di associazione del solvente: solventi capaci di formare legami a idrogeno multipli
(pi`
u d’uno per ogni molecola) sono molto viscosi. Nei solventi pi`
u comuni, abbiamo
K/p ≈ 109 ÷ 1010 l · mole−1 · s−1 . Quando p ' 1, si dice che la velocit`a del processo
`e controllata dalla diffusione.
5.3
Trasferimenti di energia elettronica.
In occasione di un urto in fase gassosa, o di un incontro in soluzione, la “supermolecola” costituita dai due sottosistemi collidenti pu`o cambiare stato elettronico:
uno o entrambi i partner dopo l’evento si trovano in uno stato diverso e solitamente
una parte dell’energia elettronica si trasforma in energia vibrazionale, rotazionale
o traslazionale. Notiamo che, per una singola molecola, l’accoppiamento tra moto
degli elettroni e rotazione complessiva del sistema ha poca importanza in fotochimica; il moto traslazionale `e ancor pi`
u perfettamente separato dagli altri. Durante un
urto o incontro, per`o, le coordinate traslazionali e rotazionali dei due sottosistemi si
trasformano in coordinate interne della supermolecola, e scambiano energia con le
altre coordinate di vibrazione ed anche con gli elettroni.
Figura 5.2: Trasferimenti di energia e livelli molecolari.
quenching
X∗ +Y
quenching/sensitizzazione
X∗ +Y
X+Y∗
X+Y
X+Y
Un processo in cui una molecola elettronicamente eccitata X ∗ viene disattivata dall’incontro con Y, `e detto “quenching” (spegnimento); Y pu`o trovarsi ancora nello
stato elettronico fondamentale, dopo l’evento, ma sia X che Y avranno un eccesso di energia traslazionale, rotazionale e vibrazionale; urti successivi o l’interazione
col solvente potranno disperdere questo eccesso di energia sotto forma di calore. Il
quenching di X∗ senza eccitazione di Y corrisponde all’equazione:
X∗ + Y −→ X + Y
(5.15)
114
Se invece si ha trasferimento di energia elettronica, Y alla fine sar`a in uno stato
elettronico eccitato, e rester`a meno energia traslazionale, rotazionale e vibrazionale
da ripartire tra X e Y.
X∗ + Y −→ X + Y∗
(5.16)
In questo caso abbiamo quenching di X ∗ e sensitizzazione di Y, cio`e eccitazione di Y
tramite trasferimento di energia invece che per assorbimento diretto di radiazione.
I diagrammi di Jablonski per questi processi sono rappresentati in figura 5.2, considerando il sistema X+Y come un’unica molecola, con stati vibrazionali in comune,
ma con l’eccitazione elettronica alternativamente localizzata su X oppure Y.
Non tutte le transizioni elettroniche sono permesse. La simmetria spaziale non ha
molta importanza nei processi bimolecolari, tranne che nei casi pi`
u semplici, cio`e
collisioni atomo-atomo o atomo-biatomica; la ragione `e che, essendo l’orientazione
reciproca dei due sottosistemi X e Y praticamente casuale, la supermolecola risul` invece importante lo stato di
tante non conserva alcun elemento di simmetria. E
spin. La funzione d’onda complessiva si pu`o scrivere come prodotto antisimmetrizzato delle funzioni d’onda dei due sottosistemi, almeno finch´e questi non interagiscono.
I prodotti danno i seguenti risultati:
singoletto
doppietto
doppietto
tripletto
tripletto
·
·
·
·
·
singoletto
singoletto
doppietto
singoletto
tripletto
=
=
=
=
=
singoletto
doppietto
singoletto
tripletto
singoletto
oppure
tripletto
oppure
tripletto
oppure
quintetto
Quando sono indicati pi`
u stati come risultato del prodotto, si intende che esistono
diversi stati elettronici e la supermolecola pu`o trovarsi in uno qualsiasi di essi. Per
esempio, due radicali che si incontrano possono dar luogo ad un tripletto, con un
potenziale prevalentemente repulsivo, e allora non si combineranno; oppure possono
produrre un singoletto, formando un legame chimico. In assenza di forti interazioni
spin-orbita, lo stato di spin si conserva, e quindi dalle regole viste sopra discendono le
regole di selezione per i possibili cambiamenti di stato di X e Y (regole di correlazione
di Wigner). Ad esempio, sono processi permessi:
X(S1 ) + Y(S0 ) −→ X(S0 ) + Y(S1 o S0 )
(5.17)
X(T1 ) + Y(S0 ) −→ X(S0 ) + Y(T1 )
(5.18)
X(T1 ) + Y(T1 ) −→ X(S1 ) + Y(S0 )
(5.19)
Invece `e proibito:
X(S1 ) + Y(S0 ) −→ X(S0 ) + Y(T1 )
(5.20)
Ferme restando le regole di selezione, la probabilit`a che avvenga un certo processo
115
dipende molto dalla forma del potenziale di interazione tra X e Y nei vari stati
elettronici. Considerando, come coordinata pi`
u importante, la distanza tra X e Y,
abbiamo diversi casi limite mostrati in figura 5.3.
Figura 5.3: Trasferimenti di energia e potenziali intermolecolari.
Le linee
tratteggiate indicano possibili percorsi sulle superfici di energia potenziale.
I
II
X∗ +Y
X∗ +Y
X+Y
X+Y
R(X-Y)
III
R(X-Y)
X∗ +Y
IV
X∗ +Y
hν
X+Y
X+Y
R(X-Y)
R(X-Y)
` il caso di due sottosistemi con
I. Curve di potenziale repulsive, quasi parallele. E
scarse interazioni leganti, come avviene di norma quando Y `e un atomo di gas
raro (non ci sono interazioni elettrostatiche, n´e trasferimenti di carica, o legami a
idrogeno). X e Y rimangono a distanza di interazione per un tempo molto breve;
inoltre, una grande quantit`a di energia elettronica deve essere trasformata in energia
cinetica dei nuclei. Entrambi questi fattori, temporale ed energetico, rendono poco
probabile la transizione. Le sezioni d’urto per il quenching elettronico da gas rari
sono piccole, in confronto a quelle per il quenching vibrazionale o rotazionale. Perci`o i gas rari sono spesso usati come gas tampone, che favoriscono l’equilibrazione
termica dei moti nucleari (traslazione, rotazione e vibrazione), senza spegnere gli
stati elettronici eccitati.
II. Curve di potenziale repulsive, che si incrociano o tendono ad incrociarsi (vedi
sezioni 7.6 e 7.7 per un approfondimento sulle intersezioni di superfici energetiche).
116
Come abbiamo gi`a visto, quando le superfici di energia potenziale si avvicinano, le
transizioni elettroniche sono particolarmente probabili (funnel). Se per`o la zona del
funnel si trova ad energia pi`
u alta di quella di partenza, sar`a necessaria un’energia
∗
di attivazione (∆E ); allora la velocit`a del processo conterr`a il fattore di Arrhenius
exp(−∆E ∗ /KB T ).
III. Curva di potenziale attrattiva nello stato pi`
u alto. La presenza di un minimo
di potenziale favorisce un tempo di contatto pi`
u lungo; ci`o `e specialmente vero
per molecole grandi, oppure in soluzione, perch´e allora l’energia cinetica del moto
traslazionale relativo pu`o essere trasferita ad altri moti interni o al solvente, inibendo
cos`ı la dissociazione del complesso XY. Quando un complesso `e legato in uno stato
eccitato, ma non lo `e o quasi nel fondamentale, si chiama un ecciplesso (eccimero,
nel caso X≡Y). Se l’ecciplesso non ridissocia in un tempo troppo breve nello stato
eccitato, pu`o decadere per IC o fluorescenza al fondamentale, e successivamente
dissociarsi. La formazione di ecciplessi spiega l’efficacia del quenching di Hg da
parte di piccole molecole, senza trasferimento di energia elettronica:
254nm
Hg (1 S) −−−−→ Hg (3 P1 )
Hg (3 P1 ) + CO (X 1 Σ) −→ HgCO (3 Σ)
(5.21)
ISC
HgCO (3 Σ) −−−−→ HgCO (1 Σ)
HgCO (1 Σ) −→ Hg (1 S) + CO (X 1 Σ)
Notare che in questo caso l’ISC `e favorito dall’elevato numero atomico di Hg (80).
La formazione di eccimeri `e spesso messa in evidenza da nuove bande di fluorescenza,
con grande red shift rispetto a quelle della molecola isolata, e poco strutturate, dato
che si tratta di transizioni da stati legati ad un continuo dissociativo. Ad esempio,
le soluzioni di pirene a basse concentrazioni mostrano una banda di fluorescenza con
evidente struttura vibrazionale tra 370 e 430 nm; ad alte concentrazioni, appare una
banda continua tra 420 e 550 nm, con λ max = 480 nm.
IV. Incrocio delle curve di potenziale nelle vicinanze di un minimo nello stato eccitato. Questa `e la situazione pi`
u favorevole per il quenching. Un esempio `e dato
da:
Na(3p) + CO −→ Na(3s) + CO
(5.22)
Quando i tre atomi sono collineari (non fa molta differenza se si considera la disposizione Na-C-O oppure C-O-Na), lo stato eccitato di Na con un elettrone nell’orbitale
3p perpendicolare all’asse Na-C-O d`a luogo ad un potenziale attrattivo; infatti, l’elettrone 3p ha un’interazione legante con l’orbitale π ∗ di CO, mentre il doppietto libero
di CO interagisce favorevolmente con l’orbitale 3s vuoto di Na. Al contrario, nello
stato fondamentale l’elettrone 3s di Na e il doppietto di CO si respingono e non c’`e
nessuna interazione legante tra elettroni π. Nello stato eccitato quindi il sistema `e
attratto verso un minimo energetico che corrisponde ad un incrocio con la curva di
117
energia del fondamentale, come mostrato in figura 5.3-IV (vedi sezione 7.7 per un
approfondimento sulle intersezioni di superfici di energia potenziale). Qui la probabilit`a di transizione `e molto alta; Na e CO si allontanano nello stato fondamentale,
con l’energia elettronica trasformata in energia di traslazione relativa nonch´e rotazione e vibrazione di CO. La sezione d’urto `e molto grande, dell’ordine di 20-30
˚
A2 .
Quenching/sensitizzazione di biacetile tripletto.
composto Y
E(T1 )
K1
K−1
∆E ( cm−1 )
−1
−1
−1
cm
l · mol · s
A
B
"b
"b
b"
b
"
b
"b
"
b"
b"
naftalene
21300
2 · 106
1010
1900
1700
1-cloronaftalene
20600
3 · 107
4 · 109
1000
1000
2,2’-dinaftile
19600
3 · 109
109
-200
0
18900
5 · 109
2 · 107
-1200
-700
1,2-benzopirene
18900
6 · 109
5 · 107
-1000
-700
pirene
17500
8 · 109
2 · 104
-2700
-2500
Cl
"b
"b
"
b"
b
"b
"
b
b"
b"
"b
"b
" b" b
b
"b
"
b"
b"
"b
"b
b"
b
"
"b
"
b
b"
b"
T
P
P"
"b
b
T
fluorantene
T
b
"
b"
T
"b
b
"
"b
"b
"
"b
b
b"
b"
b
"
b
"
"b
b
"b
"
b"
b"
b"
b
"
b"
"b
b
"
"
"b
b
"b
b
"
b"
"
"
"b
b
b
b"
b"
b
"
b"
∆EA = KB T ln(K−1 /K1 )
∆EB = hν(Y ) − hν(X)
Tutti gli esempi precedenti riguardano transizioni da uno stato elettronico di pi`
u alta
energia ad uno pi`
u basso; l’ordine degli stati `e necessariamente questo nel caso del
quenching, e di norma anche nella sensitizzazione l’energia dello stato finale (X+Y ∗ )
`e inferiore a quella dello stato iniziale (X ∗ + Y). In caso contrario, l’evento richiede
un’energia di attivazione, che deve essere fornita dall’ambiente (urti, interazione col
solvente). Se chiamiamo K1 la costante di velocit`a per il processo (5.16) e K −1
118
quella del processo inverso, avremo:
K1
= e−∆E/KB T
K−1
(5.23)
% di isomero trans allo stato fotostazionario
dato che la dipendenza dai parametri di diffusione e da altre caratteristiche di X e Y `e
la stessa per i due processi. ∆E `e la differenza E(X+Y ∗ )−E(X∗ +Y). In tabella sono
riportate le costanti di velocit`a per il quenching/sensitizzazione di biacetile (X =
CH3 −CO−CO−CH3) da parte di alcuni composti Y con energie di T 1 pi`
u alte o pi`
u
basse (per il biacetile, T1 si trova a 19600 cm−1 sopra lo stato fondamentale). Nelle
ultime due colonne sono confrontate le quantit`a K B T ln(K−1 /K1 ) e ∆E misurato
dallo spettro di fosforescenza.
Figura 5.4: Fotoisomerizzazione sensitizzata del piperilene.
80
**
**
75
*
***
hν
hν
70
***
65
60
* *
55
50
50
*
**
** ***** *
*
60
70
80
Energia di tripletto del sensitizzatore (kcal/mol)
La figura 5.4 mostra l’effetto dell’energia di tripletto del sensitizzatore sull’isomerizzazione cis-trans del piperilene. In ordinate abbiamo la percentuale di isomero trans
allo stato fotostazionario, cio`e dopo irradiazione per un tempo sufficientemente lungo. Quando l’energia del sensitizzatore `e inferiore a 53 kcal/mol, non si osserva
nessuna reazione. Tra 53 e 60 kcal/mol si ha una netta prevalenza di trans, mentre
sopra 60 la frazione di isomero trans si stabilizza sul 55%. Questo comportamento
`e dovuto al fatto che l’energia di tripletto del trans-piperilene `e circa 60 kcal/mol, e
quella del cis circa 53. Al disotto di queste energie non `e possibile alcuna eccitazione;
tra 53 e 60 kcal/mol si eccita solo il cis, che si converte a trans con resa quantica
vicina a 0.5; sopra 60 kcal/mol anche il trans reagisce, e il risultato `e determinato
dal rapporto delle rese quantiche, quasi uguali.
I sensitizzatori sono adoperati per popolare lo stato di tripletto di composti con
ISC da S1 a T1 poco efficiente. Un vantaggio supplementare pu`o essere quello di
119
usare lunghezze d’onda pi`
u lunghe di quelle necessarie per eccitare direttamente
il composto accettore di energia (quando i singoletti di quest’ultimo si trovano ad
energie molto alte); inoltre, in certi casi `e conveniente non passare affatto per lo
stato di singoletto, che pu`o favorire reazioni indesiderate. Sono buoni sensitizzatori
molti chetoni, specialmente quelli aromatici (benzofenone, acetofenone, acetone, biacetile); questi composti hanno S1 di tipo n → π ∗ , con energia vicina a T1 e ISC
molto efficiente. In figura 4.6 `e riportato il diagramma di Jablonski del benzofenone,
a confronto con quello del naftalene. La resa quantica di tripletto del benzofenone
`e circa 1. La resa di tripletto del naftalene (in benzene a 29 ◦ C) `e invece ΦT = 0.39
e quella di fosforescenza `e ΦP = 0.03; ci`o significa che circa il 7% delle molecole
che raggiungono T1 emettono un fotone invece che decadere per ISC a S 0 . Quando
si aggiunge benzofenone alla soluzione, la Φ P aumenta; in condizioni ottimali (irradiazione a λ assorbite solo dal benzofenone, eccesso di naftalene in modo che ogni
benzofenone tripletto possa donare energia), Φ P arriva al massimo a 0.07.
Figura 5.5: Diagrammi di Jablonski: benzofenone e naftalene.
benzofenone (77 K)
naftalene
O
C
"b
"
b
b""
S2 (π → π ∗ )
35000 cm−1
"b "b
n n
b" b"
"bb
b" b"
b
b""
S1 (π → π ∗ )
32000 cm−1
≈ 10−12 sec
≈ 10−11 sec
S1 (n → π ∗ )
26000 cm−1
0.060 sec
> 10−7 sec
T2 (π → π ∗ )
T1 (n → π ∗ )
24000 cm−1
T1 (π → π ∗ )
21000 cm−1
0.007 sec
S0
S0
In composti con due cromofori, `e possibile anche il trasferimento di energia intramolecolare. Nei due esempi in figura, le catene alchiliche non hanno quasi nessun
effetto sulle propriet`a elettroniche dei cromofori: la loro funzione `e solo di mantenere
il donatore e l’accettore di energia a distanze ravvicinate, eliminando quindi ogni
120
dipendenza dalla diffusione. Nel composto I, S 1 corrisponde al primo singoletto eccitato del benzofenone e S2 a quello del naftalene; viceversa, T 1 `e il primo tripletto
del naftalene e T2 quello del benzofenone. Eccitando in S 1 si ha ISC S1 → T2 e poi
trasferimento di energia T2 → T1 ; viene quindi emessa fosforescenza, con lo spettro
tipico del naftalene; eccitando in S 2 si ha doppio trasferimento di energia: prima
S2 → S1 , poi seguono i processi visti sopra. Nel composto II, S 1 `e il primo singoletto eccitato dell’antracene: anche se l’assorbimento riguarda uno stato pi`
u alto, con
eccitazione localizzata sul naftalene, la fluorescenza `e quella tipica dell’antracene
(≈ 15000 cm−1 ).
TT
CO
TT
TT
(CH2 )n
TT
TT
TT
TT
TT
I
"b
"b
"b
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b"
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b"
b"
b"
b
"
b
"b
"
b"
b"
b
"b
"b
"
b"
b"
b"
II
Un tipo particolare di quenching di tripletti `e quello dovuto a molecole di ossigeno.
Lo stato fondamentale di O2 `e un tripletto (3 Σ−
g ), mentre i primi due stati eccitati
,
sono singoletti: 1 ∆g , a ∼23 kcal/mol, e 1 Σ+
g a ∼38 kcal/mol. Ne segue che, incontrando una molecola organica in uno stato T 1 , O2 pu`o dare luogo facilmente al
processo:
1
1 +
X(T1 ) + O2 (3 Σ−
g ) −→ X(S0 ) + O2 ( ∆g , Σg )
(5.24)
Per questo, volendo evitare questo tipo di quenching, occorre lavorare con soluzioni
ben degassate. D’altra parte, la sensibilit`a alla presenza di ossigeno indica che un
determinato processo (reazione, emissione) passa attraverso uno stato di tripletto.
I trasferimenti di energia tra singoletti sono meno importanti di quelli tra tripletti
perch´e normalmente `e facile eccitare direttamente una molecola in uno stato di
singoletto, e inoltre perch´e S1 del donatore ha un tempo di vita molto pi`
u breve
di T1 . Approfondiremo in sezione 7.8 i meccanismi di trasferimento di energia tra
singoletti eccitati.
121
5.4
Grafici di Stern-Volmer e cinetica di reazioni
bimolecolari.
Supponiamo che la molecola A, nello stato eccitato, reagisca con un partner B oppure
gli trasferisca l’energia di eccitazione (quenching); in questo caso, la concentrazione
di molecole eccitate A∗ allo stato stazionario `e ridotta, rispetto a quanto si ha in
assenza di B. Ad esempio, se consideriamo il singoletto S 1 avremo:
d[S1 ]
= IA − (KF + KIC + KISC )[S1 ] − KAB [B] [S1 ] = 0
dt
(5.25)
dove KAB `e la costante di velocit`a del quenching o della reazione A ∗ +B→prodotti.
Ne segue:
[S1 ] =
τS−1
IA
+ KAB [B]
(5.26)
τS `e il tempo di vita in assenza di B. La resa quantica di qualsiasi altro processo coinvolgente lo stato S1 ne `e corrispondentemente ridotta. Ad esempio, per la
fluorescenza abbiamo:
ΦF =
τS−1
KF
+ KAB [B]
(5.27)
Analogamente, per un tripletto avremmo:
[T1 ] =
τT−1
IA ΦT
+ KAB [B]
(5.28)
e le rese quantiche di fosforescenza o di altre reazioni implicanti lo stato T 1 sarebbero
diminuite per un fattore (1 + τT KAB [B])−1 (ricordiamo che ΦT `e la resa quantica
di tripletti definita in sezione 2.11).
Conviene riportare in grafico il rapporto delle rese quantiche ottenute senza o con
quencher, in funzione della concentrazione [B]. Notiamo che `e pi`
u facile determinare
i rapporti di rese quantiche, piuttosto che i valori assoluti; infatti, `e sufficiente
misurare l’intensit`a di emissione in una direzione fissata (invece che raccogliere tutti
i fotoni emessi) e non occorre conoscere l’intensit`a di luce assorbita. La funzione da
graficare `e:
ΦF (0)
= 1 + τS KAB [B]
ΦF ([B])
(5.29)
La pendenza della retta di Stern-Volmer, K SV = τS KAB , `e in sostanza un rapporto
di velocit`a: altro non si pu`o ottenere senza compiere misure risolte nel tempo. Se si
confrontano diversi quencher, e i pi`
u efficienti danno circa lo stesso valore di K SV , si
pu`o ragionevolmente supporre che per questi B la costante di velocit`a del quenching
sia determinata dalla diffusione: allora da una stima di K AB (generalmente intorno
122
a 109 ÷ 1010 l · mol−1 · s−1 ), si pu`o ottenere l’ordine di grandezza di τ S .
La linearit`a del grafico di Stern-Volmer pu`o essere alterata da vari processi, come
ad esempio la formazione di complessi col quencher o reagente B nello stato
fondamentale:
→
A + B ← AB
(5.30)
con la costante di equilibrio Keq = [AB]/[A][B]. In molti casi l’eccitazione del
complesso AB non comporta emissione di fluorescenza; infatti, se B `e un quencher
efficiente, avremo pi`
u probabilmente la dissociazione del complesso, con dispersione
dell’energia sotto forma di calore:
hν
AB −→ AB∗ −→ A + B + energia termica
(5.31)
Oppure, se B `e un reagente, si otterr`a l’immediata conversione a prodotti:
hν
AB −→ AB∗ −→ prodotti
(5.32)
In entrambi i casi i fotoni assorbiti dal complesso, invece che da A libero, non danno
luogo a fluorescenza, e la resa quantica Φ F `e ulteriormente diminuita del fattore
moltiplicativo:
Keq ε0
ε[A]
=
1
+
[B]
ε[A] + ε0 [AB]
ε
−1
(5.33)
Il grafico di Stern-Volmer allora non `e lineare, perch´e corrisponde alla funzione:
Keq ε0
ΦF (0)
= 1 + KSV +
ΦF ([B])
ε
[B] +
KSV Keq ε0
[B]2
ε
(5.34)
Si pu`o ottenere un grafico lineare riportando in ordinate: (Φ F (0)/ΦF ([B]) − 1)/ [B].
I valori di pendenza e intercetta permettono di risalire alle costanti K SV e Keq ε0 /ε;
conoscendo ε ed ε0 , o semplicemente lavorando in un punto isosbestico, si pu`o
ottenere la costante di equilibrio. Avremo espressioni pi`
u complicate se anche il
complesso AB emette oppure se si formano ecciplessi.
Consideriamo adesso brevemente la cinetica della reazione bimolecolare. Assumendo
che si tratti dell’unica reazione che consuma A, e che coinvolga il singoletto S 1 ,
avremo:
d [A]
IA τS KAB [B]
= −KAB [S1 ] [B] =
dt
1 + τS KAB [B]
(5.35)
La resa quantica della reazione sar`a:
ΦAB =
τS KAB [B]
KSV [B]
=
1 + τS KAB [B]
1 + KSV [B]
123
(5.36)
Vediamo che la determinazione di KSV equivale a quella di ΦAB . La resa quantica
cresce con la concentrazione di B e pu`o avvicinarsi a 1 se K SV = τS KAB `e abbastanza
grande.
La velocit`a di reazione non dipende linearmente da [B], tranne che nel limite
τS KAB [B] 1; ricordiamo che, con luce monocromatica, I A = ln10 εA [A] I/hν,
dove I `e l’irradianza della luce eccitante (vedi sezione 1.5); allora la cinetica diventa quella di una qualsiasi reazione bimolecolare con la costante di velocit`a
ln10 εA τS KAB I/hν:
d [A]
ln10 εA τS KAB I
'
[A] [B]
dt
hν
(5.37)
Il limite opposto, ossia τS KAB [B] 1, non sempre `e raggiungibile; comunque, in
questo caso la velocit`a di reazione `e limitata dall’assorbimento di radiazione:
ln10 εA I
d [A]
' IA =
[A]
dt
hν
(5.38)
Le stesse considerazioni valgono per reazioni del tripletto T 1 ; occorre solo
moltiplicare IA (oppure I) per ΦT e sostituire τS con τT .
5.5
Fluorescenza ritardata, tipo P.
Si tratta di un’emissione di fluorescenza con tempo di vita lungo, tipica di molecole
aromatiche come il pirene o il fenantrene, che hanno stati S 1 e T1 di tipo π → π ∗ ,
ben separati in energia. Non `e quindi ipotizzabile un meccanismo di ritorno termico
da T1 a S1 , come nella fluorescenza ritardata di tipo E. L’intensit`a di emissione
2 ; perci`
o la resa quantica
`e proporzionale al quadrato di quella di assorbimento, I A
ΦDF dipende da IA . Questa dipendenza `e caratteristica dei processi che implicano
l’assorbimento di pi`
u di un fotone, da parte della stessa molecola o di molecole
diverse. Il meccanismo della fluorescenza ritardata di tipo P `e schematizzato qui di
seguito.
Processo
Velocit`a
hν
IA ΦT
τT−1 [T1 ]
KX [T1 ]2
KR [X]
KS [X]
KF [S1 ]
S0 −→ Sn → T1
T1 → S 0
T1 + T 1 → X
X → prodotti
X → S 0 + S1
S1 → S0 + hν
X `e un ipotetico stato di eccimero oppure di monomero eccitato con energia pari o
inferiore a quella di due tripletti. I tempi di vita di S 1 e T1 in assenza di processi bimolecolari sono rispettivamente τ S = (KF +KIC +KISC )−1 e τT = (KP +KISC T )−1 ;
124
le rese quantiche di fluorescenza e di tripletto sono Φ F = τS KF e ΦT = τS KISC .
Se la concentrazione di tripletti non `e troppo alta, il processo che produce X avr`a
comunque un’effetto secondario sulla concentrazione stessa; si pu`o sempre realizzare
un esperimento che rispetti questa condizione, se non si usa un’intensit`a di irraggiamento moderata. Allo stato stazionario avremo allora: [T 1 ] = IA ΦT τT ; dopo un
lampo di luce, il decadimento sar`a esponenziale: [T 1 ] = [T1 ]0 e−t/τT . Si assume che
X decada molto rapidamente a S0 + S1 o altri prodotti: al limite, si pu`o considerare
X come la semplice unione momentanea dei due tripletti, in fase vapore come in
soluzione. Vale allora la condizione di stato stazionario per la concentrazione di X,
indipendentemente dalle pi`
u lente variazioni di [T 1 ]:
[X] =
KX
[T1 ]2
KR + K S
(5.39)
L’intensit`a della fluorescenza ritardata sar`a allora:
IDF =
KX KS ΦF
[T1 ]2
KR + K S
(5.40)
Allo stato stazionario per T1 la resa quantica di fluorescenza ritardata dipende
linearmente dall’intensit`a di assorbimento:
ΦDF =
KX KS ΦF Φ2T τT2 IA
KR + K S
(5.41)
Nel caso di eccitazione con un breve lampo di luce, la fluorescenza decade con un
tempo di vita che `e met`a di quello della fosforescenza:
IDF =
KX KS ΦF
[T1 ]20 e−2t/τT
KR + K S
(5.42)
Va tuttavia sottolineato che le condizioni ideali per osservare la fosforescenza e la
fluorescenza ritardata non sono le stesse: infatti, se la fosforescenza `e debole, per
osservarla occorre sopprimere tutti i processi bimolecolari (uso di matrici vetrose
o altri mezzi che bloccano la diffusione), tra cui quelli che causano quenching dei
tripletti, ma anche gli incontri tra due tripletti. L’incontro di due molecole di pirene
nello stato T1 produce direttamente l’eccimero nello stato di singoletto, senza passare
per un intermedio X; in questo caso lo spettro di fluorescenza cambia da quello del
monomero a quello dell’eccimero, aumentando il ritardo rispetto al lampo di luce
eccitante, cio`e passando da tempi dell’ordine di τ S o meno, a tempi dell’ordine di
τT .
I processi di condivisione dell’energia (“energy pooling”) nella fotochimica organica
sono tipici dei tripletti perch´e gli incontri bimolecolari diventano competitivi solo
per stati con lungo tempo di vita. Atomi o piccole molecole in fase vapore danno
luogo a processi analoghi anche per stati con lo stesso spin del fondamentale. Un
esempio ben studiato `e:
125
stato iniziale
E ( cm−1 )
hν
Na(3s) −→ Na(3p)
Na(3p)+Na(3p) → Na(5s)+Na(3s)
Na(3p)+Na(3p) → Na(4d)+Na(3s)
Na(3p)+Na(3p) → Na(4f )+Na(3s)
0
33946
33946
33946
stato finale
E ( cm−1 ) τ (ns)
16973
33201
34549
34587
16
109
83
71
Naturalmente, le costanti di velocit`a dei processi che assorbono energia (gli ultimi
due) mostrano una dipendenza dalla temperatura secondo la legge di Arrhenius. In
generale, le sezioni d’urto sono grandi solo se esistono incroci evitati lungo le curve
di potenziale della molecola Na2 , che permettano transizioni tra gli stati elettronici:
questo normalmente accade solo quando gli stati iniziale e finale non differiscono
troppo in energia.
5.6
Cicloaddizioni di alcheni.
L’addizione di due alcheni pu`o produrre un composto ciclico, con due legami σ C-C
in luogo di due dei legami π. La reazione pu`o procedere per via termica oppure
fotochimica. Il caso pi`
u comune `e la reazione “supra,supra”, in cui i due reagenti si
avvicinano faccia a faccia e ciascuno forma i nuovi legami σ utilizzando i lobi degli
orbitali p che si trovano dallo stessa parte rispetto al piano molecolare. Tuttavia,
una delle due molecole pu`o reagire in modo antarafacciale, cio`e formare i due legami
su facce opposte (caso “supra,antara”). La regola stereochimica dipende anche in
questo caso dal numero di elettroni coinvolti, ossia tutti gli elettroni π.
Regola stereochimica per reazioni di cicloaddizione.
numero di
reazione
reazione
elettroni
termica
fotochimica
4n
supra,antara
supra,supra
4n + 2
supra,supra
supra,antara
Per spiegare questa regola, `e possibile procedere tracciando diagrammi di correlazione per gli orbitali, come nel caso delle reazioni elettrocicliche; a questo scopo
la simmetria `e utile nel caso supra,supra, ma non c’`e invece simmetria nel caso
supra,antara. Noi seguiremo un’altra via, pi`
u simile a quella gi`a battuta per l’interpretazione delle reazioni sigmatropiche. Quando si avvicinano due molecole con
numero di elettroni pari, tutti accoppiati in orbitali leganti o non leganti, le due
nuvole elettroniche interagiscono in maniera repulsiva. Tuttavia, ci possono essere
interazioni leganti, grazie alla combinazione di un orbitale occupato del reagente
A con un virtuale del reagente B, o viceversa. Gli orbitali che danno luogo alle
interazioni pi`
u significative sono quelli pi`
u vicini in energia, cio`e HOMO e LUMO
di A e di B (i cosiddetti “orbitali di frontiera”). Come vedremo in dettaglio pi`
u
oltre, dato che in un sistema di orbitali π le propriet`a nodali di HOMO e LU126
MO sono opposte, nel caso delle cicloaddizioni ci sono due possibilit`a: HOMO di
A interagisce favorevolmente con LUMO di B e viceversa; oppure, HOMO di A
con HOMO di B e LUMO di A con LUMO di B (vedi figura 5.6). Due orbitali
che interagiscono in maniera legante formano una coppia di orbitali del prodotto di reazione, con una maggior separazione di energie rispetto alla situazione dei
reagenti. Se contengono 4 elettroni, c’`e solo repulsione, perch´e nel prodotto sar`a
doppiamente occupato anche l’antilegante. Se invece contengono 1, 2 o 3 elettroni,
il risultato sar`a favorevole alla formazione del prodotto. Lo schema 5.6 mostra che
le interazioni leganti HOMO-LUMO favoriscono la reazione termica, mentre quelle
HOMO-HOMO e LUMO-LUMO favoriscono quella fotochimica.
Figura 5.6: Energie ed occupazioni degli orbitali in una cicloaddizione.
Combinazioni leganti HOMO(A)-LUMO(B) e LUMO(A)-HOMO(B)
reagente A
reagente B
reagente A
reagente B
prodotto
prodotto
Combinazioni leganti HOMO(A)-HUMO(B) e LUMO(A)-LUMO(B)
reagente A
reagente B
reagente A
reagente B
prodotto
prodotto
Esaminiamo adesso le interazioni HOMO-LUMO nel caso che partecipino alla
reazione 4 oppure 6 elettroni (al solito, aggiungere altri 4 elettroni, ossia due legami
π, non cambia il risultato). Con 4 elettroni, si tratta della cicloaddizione di due
monoalcheni, che avverr`a normalmente in maniera supra-supra, ossia [2s+2s]:
127
La figura 5.7 mostra che si possono stabilire interazioni leganti (oppure antileganti) simultaneamente su entrambi i centri, con le combinazioni HOMO(A)±HOMO(B) e LUMO(A)±LUMO(B), ma non con
HOMO(A)±LUMO(B) o LUMO(A)±HOMO(B). Perci`o, questa reazione avviene
solo per via fotochimica.
Figura 5.7: Combinazioni degli orbitali nella cicloaddizione [2s+2s].
B
A
HOMO(A)-HOMO(B)
interazione legante
su entrambi i centri
LUMO(A)-LUMO(B)
interazione legante
su entrambi i centri
HOMO(A)+LUMO(B)
interazione legante su un centro
e antilegaante sull’altro
Figura 5.8: Combinazioni degli orbitali nella cicloaddizione [2s+4s].
B
A
HOMO(A)+LUMO(B)
interazione legante
su entrambi i centri
LUMO(A)+HOMO(B)
interazione legante
su entrambi i centri
HOMO(A)+HOMO(B)
interazione legante su un centro
e antilegaante sull’altro
Nel caso [2s+4s], cio`e l’addizione di un diene ad un monoalchene, la figura 5.8 mostra
che le interazioni leganti ad entrambe le estremit`a si stabiliscono tra HOMO(A)
e LUMO(B), e tra LUMO(A) e HOMO(B). La reazione quindi procede per via
termica. Si tratta della ben nota reazione di Diels-Alder, che procede pi`
u facilmente
se l’alchene (“dienofilo”) porta un sostituente elettron-attrattore (-CHO, -COR, COOH, -COOR, etc). Il prodotto `e un cicloesene:
128
Per`o, se una delle estremit`a del diene ruota intorno al doppio legame, in maniera
da interagire con il lobo opposto dell’orbitale p (vedi figura 5.9), tornano ad essere
favorite le interazioni HOMO(A)+HOMO(B) e LUMO(A)+LUMO(B); allora la cicloaddizione [2s+4a] `e una reazione fotochimica. Viceversa, figura 5.10 mostra che
la reazione [2s+2a] avviene termicamente.
Figura 5.9: Combinazioni degli orbitali nella cicloaddizione [2s+4a].
B
A
HOMO(A)+LUMO(B)
interazione legante
su entrambi i centri
LUMO(A)+HOMO(B)
interazione legante
su entrambi i centri
Figura 5.10: Apertura termica di un composto biciclico [2s+2a]: reazione inversa
della cicloaddizione di due doppi legami.
La cicloaddizione fotochimica pi`
u comune `e la [2s+2s]. A riprova che la reazione
`e concertata, nei prodotti si conserva la geometria (cis o trans) dei reagenti. Per
esempio:
129
Oltre ai prodotti di cicloaddizione, si forma l’isomero geometrico del reagente e quello risultante dallo shift [1,3]. Questi prodotti possono riconvertirsi fotochimicamente
al reagente, oppure addizionarsi a loro volta, producendo un buon numero di ciclobutani variamente sostituiti. La cicloaddizione del reagente iniziale `e favorita, rispetto
alle isomerizzazioni, aumentando la concentrazione. Quindi, per evitare di produrre una miscela difficilmente separabile di ciclobutani isomeri, conviene irradiare
il butene puro e accontentarsi di una bassa percentuale di conversione.
La cicloaddizione pu`o anche avvenire con un reagente nello stato di tripletto, ma
in questo caso non `e una reazione concertata. Per esempio, usando opportuni
sensitizzatori:
I prodotti della fotolisi diretta possono differire da quelli ottenuti con sensitizzazione:
Nell’addizione di un alchene nello stato di tripletto ad uno nello stato fondamentale,
si forma un diradicale, che poi si chiude ad anello in seguito ad ISC. Quando si
possono produrre diversi diradicali, prevale il pi`
u stabile:
130
Non sempre il sensitizzatore si limita a trasferire energia; un’altra possibilit`a, con
i chetoni, `e la cicloaddizione al doppio legame (reazione di Paterno-B¨
uchi). L’esito
pu`o dipendere dall’energia del sensitizzatore:
5.7
Reazioni di astrazione di idrogeno nei chetoni.
CNello stato n → π ∗ , un composto carbonilico ha un solo elettrone in uno degli
orbitali non-leganti dell’atomo di ossigeno. Ha quindi la possibilit`a di formare un
legame σ con un altro atomo e tende a strappare un idrogeno da un’altra molecola,
oppure intramolecolarmente; nel secondo caso, invece che una coppia di radicali si
former`a un diradicale:
131
Come per la reazione di Norrish type 1, anche qui il bilancio energetico `e cruciale.
Occorre un donatore di idrogeno che possa formare un radicale abbastanza stabile.
Gli alcani non sono molto adatti; invece `e facile l’astrazione di atomi di H vinilici e
benzilici, oppure in posizione α rispetto a gruppi -OH o -OR. Perci`o alcool ed eteri
non sono adatti come solventi per la fotochimica di composti carbonilici, a meno che
non si voglia proprio l’astrazione di H.
Nel caso intermolecolare, i due radicali che si formano possono disproporzionare,
scambiandosi un altro atomo di H e portando alla riduzione del composto carbonilico. Se il riducente `e un alcool (spesso si usa isopropanolo), i due radicali
sono strutturalmente simili e possono procedere verso i prodotti finali (un alcool
derivato dal chetone iniziale ed acetone), come pure tornare ai reagenti. Inoltre
anche l’acetone pu`o essere eccitato e partecipare alla reazione di astrazione, quindi
entrambi gli step della reazione sono reversibili. Per spingere lo stato fotostazionario
verso i prodotti desiderati, occorre usare un eccesso di isopropanolo e irradiare ad
una lunghezza d’onda assorbita pi`
u dal chetone da ridurre che dall’acetone.
Se il chetone reagente pu`o formare radicali particolarmente stabili, se ne possono
produrre due per ogni fotone assorbito (ossia la resa quantica pu`o avvicinarsi al
valore 2); l’esito `e l’accoppiamento dei radicali a formare un pinacolo:
La resa di pinacolo dipende dalla concentrazione del chetone di partenza; in
soluzioni diluite, il radicale inizialmente prodotto si ricombiner`a con quello derivante
dall’alcool, invece che attaccare un’altra molecola di chetone:
Per essere sicuri di produrre il pinacolo, basta usare come donatore l’alcool
corrispondente al chetone reagente:
132
Questo accorgimento funziona anche quando la coppia di radicali prodotti tende a
disproporzionare; infatti ci`o significa solo un ritorno ai reagenti, il che abbassa la
resa quantica di pinacolo ma non impedisce che questo si accumuli irreversibilmente:
Nei chetoni con catene laterali abbastanza lunghe, si ha di preferenza l’astrazione di
idrogeno intramolecolare, a carico di un H in γ (posizione 4). Lo stato di transizione
`e a sei centri e porta alla formazione di un diradicale, rivelato mediante flash fotolisi
e spettroscopia di assorbimento a bassa temperatura. Il diradicale pu`o ciclizzare
oppure frammentarsi ulteriormente; nel secondo caso abbiamo la reazione di Norrish
type 2. L’intermedio enolico `e stato anch’esso rivelato negli esperimenti di flash
fotolisi.
Se passa solo attraverso lo stato di singoletto S 1 , la reazione di Norrish type 2 `e
molto rapida e quindi stereoselettiva. Se invece passa attraverso il tripletto T 1 si
perde la stereoselettivit`a. Per esempio:
133
L’astrazione di idrogeno non avviene esclusivamente in molecole con H in posizione
4; nell’esempio che segue, la possibilit`a di formare un radicale allilico rende molto
reattiva la posizione 5:
Negli enoni e altri composti carbonilici coniugati, l’astrazione di idrogeno `e reversibile termicamente (shift [1,5] supra). Nell’esempio che segue, il diolo tautomerizza ad acido carbossilico non coniugato. Per incrementare la resa quantica e
quindi la resa nel prodotto finale, conviene velocizzare la tautomeria con l’aggiunta
di una base debole. Inoltre, come al solito, bisogna irradiare con una lunghezza
d’onda assorbita dal reagente e non dal prodotto.
L’astrazione di idrogeno intramolecolare reversibile in benzofenoni sostituiti viene
sfruttata per la fotoprotezione di polimeri ed altri materiali. In pratica, si introducono nella mescola dei composti che assorbono nell’UV senza alterarsi e senza generare radicali o altri prodotti aggressivi verso il materiale da proteggere.
Quest’ultimo assorbe quindi una minore dose di UV. Il metilbenzofenone si converte
in un intermedio che ritorna al reagente iniziale restaurando l’aromaticit`a; tuttavia
l’intermedio pu`o essere intercettato da un dienofilo (reazione di Diels-Alder), per
confermare il meccanismo:
134
I coloranti chinonici nello stato eccitato attaccano le fibre a base di cellulosa (cotone,
lino, etc), degradandole. L’attacco consiste in un’astrazione di idrogeno, che lascia
un centro radicalico sul polimero e causa rottura della catena. Per evitare questi
danni, `e sufficiente introdurre nella molecola di colorante un sostituente in posizione
tale da favorire l’astrazione di idrogeno intramolecolare, con ritorno termico come
visto sopra.
135