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Le prove
La curiosità
TONY MARTIN
RESTA LEADER
DOPO VERBIER
LA SORPRESA
A ZELTWEG
È LA WILLIAMS
CORI DA STADIO,
URLA E BOATI
AD ALTO DECIBEL
A PAGINA 15
MORO A PAGINA 15
Reuters
La corsa
Ti-Press
Losport
9
771660 968900
GAA 6600 LOCARNO –– N. 24
24
Copia in omaggio (in edicola Fr. 2.– / € 1,35)
A PAGINA 29
Il racconto
Domenica
22 giugno 2014
Settimanale di attualità, politica, sport e cultura
Antropologia del tifo
I soldati di ventura
che riaccendono
la fantasia dei tifosi
ELISABETTA MORO *
I
l due a uno all’Ecuador, nonostante sia poi stato seguito dalla
batosta contro la Francia, ha
riacceso i motori del patriottismo
rossocrociato. Che si risveglia puntuale ogni quattro anni, quando i
mondiali di calcio fanno sventolare
la bandiera della nazione. E al primo goal la Confederazione ritrova
la sua unità. Perfino quando i suoi
campioni giocano in club stranieri,
un po’ come gli antichi soldati di
ventura. Eppure, appena la patria
calcistica chiama, tutto cambia. Ci
si dimentica che Behrami e Inler sono centrocampisti del Napoli, Seferovic è un attaccante della Real Sociedad...
segue a pagina 35
Anno XVI • Numero 24
Una comedy
da leggere
e da guardare
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ANONYMOUS A PAGINA 48
TORREFAZIONE
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La crisi allunga
le vacanze
Con lo stesso budget del 2013, tremila franchi,
la settimana al mare diventa di otto giorni.
Voce per voce quanto spenderemo per le ferie
ROCCHI BALBI A PAGINA 13
Sugli spalti
Avere la coscienza
dei propri limiti
MASSIMO SCHIRA
N
Il colmo
del cacciatore
Fabio Regazzi?
Trasformarsi in
gufo ed essere
“impallinato”
da un francese.
Sguardi rossocrociati
René Bossi © ilcaffè
La polemica Le “liste nere” e le conseguenze per i cittadini italiani
Torniamo a vestire
i panni dell’operaio
La cronaca
Un codice
per combattere
il contrabbando
di sigarette
PIERLUIGI TAMI
L
a Svizzera può ripartire dopo la scoppola subita contro
la Francia? La risposta è
senza dubbio sì, ma ci sono delle
condizioni da rispettare. Il primo
aspetto da sottolineare è che la
qualifica agli ottavi, tutto sommato, resta ancora raggiungibile. Ma
per raggiungere il secondo turno
è necessario che la squadra ritrovi i valori mostrati in altre occasioni, che restano senza dubbio
iscritti nel potenziale della Nazionale. La Svizzera deve ritrovare
determinazione, attenzione e
concentrazione per sviluppare il
proprio gioco. Ma in primo luogo
il gruppo deve tornare a vestire i
panni dell’operaio. Proprio l’arma utilizzata dalla Francia per
dominare la partita.
segue a pagina 14
La novità
Ti-Press
Il pizzino
ello sport, ma non solo, una
regola d’oro recita che per
ottenere risultati al di sopra
delle aspettative bisogna prima di
tutto aver ben chiari quali sono i
propri limiti. Individuali e, nel caso del calcio, di squadra. Dopo la
partita contro l’Ecuador - dove il
rocambolesco finale ha nascosto una prestazione molto
modesta - i nodi della Svizzera sono venuti clamorosamente al pettine contro la
Francia. Per la forza dei francesi,
certo, ma anche per la convinzione
dei rossocrociati di essere ormai in
grado di condurre le danze.
segue a pagina 14
Ecco la verità sulle “Black list”
e i progetti delle banche svizzere
Tensioni a Chiasso
all’arrivo del treno
contro le frontiere
A PAGINA 9
CARRION e SPIGNESI ALLE PAGINE 2 e 3
A PAGINA 37
IL CAFFÈ
22 giugno 2014
3
La polemica
Lo scenario
Banche col fiato sospeso,
nell’attesa di conquistare
nuovi mercati economici
La trattativa che porta
dalle odiate black list
alle sospirate white list
Cosa cambierà per gli istituti di credito svizzeri
GIORGIO CARRION
L
a svolta potrebbe avvenire entro
il 2015. Le banche elvetiche, alle
quali non è consentito vendere
prodotti finanziari ai risparmiatori italiani, essendo la Svizzera nella lista dei
paradisi fiscali, potranno finalmente
accedere al mercato bancario e del risparmio oltreconfine. Tutto dipenderà
dall’esito dei negoziati tra Berna e Roma. La questione del libero accesso al
mercato italiano da parte degli istituti
bancari elvetici è stata posta da Berna
sul tavolo dei colloqui sul dossier fiscale con l’Italia sin dall’ inizio, circa
due anni fa. “Attualmente gli istituti
svizzeri senza una stabile organizzazione in Italia non possono né contattare né tantomeno consigliare la propria clientela patrimoniale”, spiega
Franco Citterio, direttore dell’Associazione bancaria ticinese. “La cosiddetta Lps (libera prestazione di servizi),
con un’unica eccezione, vale solo per
le operazioni di retail banking ma non
di private banking”. Come ricorda Citterio, “l’apertura del mercato crossborder o transfrontaliero è impre-
Ecco cosa c’è di vero e cosa c’è di falso
nel negoziato per uscire dalla “lista nera”
T
utti ne parlano, ma pochi sanno cosa sono e
a cosa servono realmente. Perciò, nella maggior parte dei casi si parla a sproposito delle
black list italiane, diventate ormai l’argomento forte, e irresistibile, di chi vuole mostrare i muscoli a
Roma. Premessa: le quattro liste nere non riguardano le aziende svizzere, ma solo le persone fisiche e le società italiane, alle quali sono imposte
una serie di norme per impedire la frode e l’evasione fiscale. Soltanto indirettamente si ripercuotono,
con dei vincoli burocratici, sulle imprese svizzere
in rapporti di affari con aziende italiane. In sostan-
za, si tratta di misure per combattere le famose “società cartiere” specializzate in false fatturazioni o
quelle scatole societarie utilizzate per schermare
capitali in fuga dal fisco. Se è vero che le quattro
black list non contribuiscono a fluidificare le relazioni economiche tra Svizzera ed Italia, altrettanto
vero, però, che non hanno quel devastante effetto
che solitamente gli si attribuisce in Ticino. Tant’è
che il loro impatto economico, secondo gli esperti,
è difficile da quantificare e da differenziare da altri
fattori che incidono negativamente su queste relazioni.
Le quattro black list
1
CHE COS’È
I cittadini italiani che vanno ad abitare all’estero...
in vigore
dal4 maggio
1999
Gli italiani che si trasferiscono
all’estero, e spostano il proprio
domicilio fiscale in un Paese che
figura in una “black list”,
sottostanno all’inversione
dell’onere della prova. In pratica
sono loro che devono
documentare, nel caso di un
accertamento, di avere realmente
cambiato domicilio fiscale. Ciò per
evitare che vengano costituiti
domicili “fittizi” all’estero per
sfuggire alle tasse. Questa norma
non è in contrasto con il diritto
internazionale. Peraltro la Svizzera
utilizza lo stesso strumento
legislativo quando un proprio
contribuente sposta il domicilio in
un altro Paese. Sarà tassato nella
Confederazione sino a quando non
dimostrerà, provandolo, di vivere
effettivamente all’estero.
MAURO SPIGNESI
I
Marco Passalia
La troppa burocrazia
per le nostre aziende
è un ostacolo,
negli ultimi due anni
però molto è cambiato
l nome è brutto: black list. Risuona come un un
avvertimento per tenersi a debita distanza. Presto però la Svizzera potrebbe passare dal nero al
bianco, dalle black listi alle white list. L’Italia lo
ha promesso nelle trattative in corso tra Roma e
Berna, dopo aver tenuto in ammollo la Confederazione considerandola sempre un “paradiso fiscale”, nonostante i passi avanti sul fronte dello scambio di informazioni. Proprio muovendo dal presupposto che
la Svizzera sia un “paradiso fiscale”, l’Italia negli ultimi
15 anni ha approvato una serie di norme (vedi sopra)
contro la frode e l’evasione. Quattro decreti legge, per
quattro liste nere che riguardano sia le persone fisiche
sia le imprese che hanno rapporti economici con la
Confederazione o un qualsiasi altro Paese considerato
un’oasi fiscale. Un antidoto contro il gioco sporco delle residenze fittizie all’estero per sfuggire all’erario, delle“società cartiere” che sfornano
chili di false fatturazioni o delle società fasulle che servono solo a mimetizzare capitali in fuga dal fisco.
Norme che non sono in contrasto
col diritto internazionale, incardinate su criteri usati in parte anche dalla
Svizzera verso altri Paesi, e che sostanzialmente hanno invertito l’onere della prova: sei tu contribuente
che devi dimostrare al fisco italiano
che vivi davvero o che fai realmente
impresa nella Confederazione. Insomma, Roma ha cercato di tutelarsi
anche al costo di complicare i rapporti con i partner economici svizzeri su cui ricade, di
riflesso, un maggior onere burocratico per comprovare la correttezza fiscale delle relazioni d’affari. Vincoli
burocratici che certo non incoraggiano il business. Ma
nonostante queste black list, l’Italia resta sempre uno
dei principali partner commerciali della Confedera-
“Se c’è una incertezza normativa
l’imprenditore ne risente,
perché scoraggia il business”
2
Le imprese dislocate all’estero devono dimostrare...
in vigore
dal 24 aprile
1992
zione con un volume di scambi di oltre 35 miliardi di
franchi, mentre gli investimenti diretti svizzeri nel Paese già nel 2011 ammontavano a 25 miliardi di franchi.
“Noi tempo fa abbiamo fatto un sondaggio tra le aziende sugli effetti delle liste nere - spiega il vicedirettore
della Camera di commercio ticinese Marco Passalia da cui emergeva chiaramente che i disagi maggiori sono dati dalla burocrazia, dalla montagna di documenti
L’esperto
CHE COS’È
Questa legge prevede la non
deducibilità dei costi, oltre altre
limitazioni, nel caso di
operazioni tra una società
italiana e un’altra domiciliata in
un “paradiso fiscale”. La non
deducibilità tuttavia cade se la
società italiana attesta e prova,
con documenti delle autorità
fiscali, che la società estera ha
una effettiva attività
commerciale. La Svizzera fa
parte della lista per le società
non assoggettate alle imposte
cantonali e comunali come le
holding, le società ausiliarie o di
domicilio (a statuto fiscale
privilegiato). Questa misura, che
non sarebbe in contrasto con
diritto internazionale, crea però
incertezza e costi burocratici
alle imprese italiane.
da presentare e dall’incertezza normativa. È pur vero
che molti problemi negli ultimi due anni si sono ridotti, che c’è stata una semplificazione. Ma non basta”. Peraltro la Svizzera è stata già cancellata dalla black list
sugli appalti pubblici. Ora si attende che si chiuda il
negoziato con Roma, che farebbe uscire la Confederazione dalle liste nere, regolerebbe i rapporti per i frontalieri e, caduta l’antipatica qualifica di paradiso fisca-
L’opinione di Joerg De Bernardi, delegato ticinese per i rapporti con Berna
“Oggi si vive questo problema
in maniera molto emozionale”
Q
RAPPORTI
COMPLESSI
Le trattative
tra i vari Stati
membri e non
membri
dell’Ue sono
spesso molto
complessi
uello delle “black list” è un assillo
quasi quotidiano per Joerg De Bernardi, delegato del Ticino per i
rapporti con Berna e gli altri Cantoni. Soprattutto perché di queste liste nere internazionali si parla spesso, ma altrettanto
spesso senza vera cognizione di causa. “È
un argomento diventato molto emozionale - dice De Bernardi-, anche se in realtà rimane complesso capire esattamente
le ricadute di queste decisioni internazionali sull’economia. Di certo c’è un aggravio burocratico, perché spesso capita che
la Svizzera sia inserita in una lista nera e,
quindi, le società che operano a livello
transfrontaliero devono produrre una documentazione che normalmente non viene richiesta”.
Per cercare di semplificare la situazione attuale, De Bernardi offre un esempio
concreto: “La biblioteca cantonale di Bellinzona sta avendo problemi nell’acquisto
di libri dall’Italia. Questo perché esiste
una lista nera in cui la Svizzera è inserita
per il pagamento dell’Iva. Siccome la biblioteca non possiede una partita Iva, non
può acquistare direttamente in Italia.
Non potrebbe produrre la documentazione supplementare richiesta. Questo è certamente un problema per l’editore italiano che vuole vendere i libri nella Confederazione, ma anche la biblioteca svizzera ha qualche difficoltà in più”.
Che a queste difficolta si dia però molto più peso di quello che hanno invece in
realtà, lo dimostrano, secondo De Bernardi, i dati macroeconomici. “Le aziende,
almeno quelle più grandi, il problema
sembrano averlo superato - afferma -. Infatti la bilancia commerciale con l’Italia
cresce anche in modo più veloce e consistente rispetto ad altri Paesi in cui la Svizzera esporta. Il modo di convivere con le
liste nere, insomma, c’è”. I problemi legati
all’Iva, del resto, sarebbero già risolti da
un accordo anti-frode che la Svizzera ha
sottoscritto, ma che l’Italia, al momento,
non applica. “Manca ancora la rattifica da
parte dell’Irlanda, ma altri Paesi già applicano le norme in maniera transitoria.
L’Italia, al momento, si rifiuta di farlo. Un
po’ incomprensibilmente”.
m.s.
3
CHE COS’È
Le società devono avere fuori dai confini una vera attività
in vigore
dal 21 novembre
2001
Gli utili di una società estera in un
paradiso fiscale ma controllata da
una italiana (controlled foreign
company), che li dichiara, vengono
tassati al 100 per 100 come se
fossero prodotti in Italia. A meno che
la società italiana non provi che la
società controllata ha una attività
effettiva in quel Paese, e non solo per
avere un privilegio fiscale. Dal 2009 la
normativa è stata inasprita. Ora la
le, consentirebbe alle banche rossocrociate di lavorare
nella Penisola con le stesse prerogative degli istituti di
credito locali. Possibilità questa molto importante,perché le banche italiane prosciugate dalla crisi non forniscono crediti sufficienti alle imprese, mentre quelle elvetiche invece potrebbero farlo, assicurando pure grazie al loro “know how” servizi mirati e qualificati di
consulenza.
“Io sono fiducioso, il nodo dei rapporti con l’Italia - aggiunge Passalia - è stata l’instabilità. Si sono succeduti
troppi governi, e ogni volta siamo stati costretti a ripartire”. Questo, insieme all’irrigidimento su alcuni punti,
ha trascinato la trattativa per le lunghe. “Ed è stato un
male, perché il problema maggiore per le imprese è
l’incertezza normativa - nota l’economista Paolo Pamini -. Un fattore che alla lunga sfilaccia i rapporti e
scoraggia il business. Se io devo fare affari con una società italiana e ogni volta devo spendere per presentare una montagna di carte o fare attenzione perché
cambiano le regole, alla fine rinuncio e cerco nuovi
mercati”. Un problema che non riguarda, però, soltanto l’Italia. “No - riprende Passalia - problemi simili li
abbiamo con la Turchia o le repubbliche della ex Unione sovietica. Faccio un esempio concreto: per operare
in Europa, cioè per acquistare o vendere beni e servizi,
serve il numero di partita Iva. Dunque, le aziende svizzere devono avere una rappresentanza fiscale. Se la
aprono in Germania hanno garanzie per i tempi del recupero dell’imposta e meno procedure; se devono farlo in Italia hanno tempi lunghi e incertezza”.
Con il nuovo accordo, la situazione potrebbe cambiare. “Se invece, ma io spero di no, le black list rimanessero, alla lunga per noi potrebbero, paradossalmente,
trasformarsi in un vantaggio. Perché - dice Pamini - alla fine un’azienda italiana, come penso sia già successo, si stancherebbe della burocrazia, d’avere sempre il
fiato sul collo dello Stato, e si trasferirebbe definitivamente qui in tutta trasparenza”.
[email protected]
Q@maurospignesi
La “penisola” resta sempre uno
dei principali partner
commerciali della Confederazione
società controllata, per evitare
d’essere tassata sugli utili
interamente in Italia, deve avere un
“radicamento nel territorio” oppure
oltre il 50 per cento dei redditi
devono essere originati dalla gestione
o da partecipazione, crediti e
prestazioni infragruppo. Una prassi
analoga, che non è evidentemente in
contrasto con le norme internazionali,
viene usata da Usa e Inghilterra.
La novità
Sono in arrivo
(comunque)
nuove regole
N
uove regole per le operazioni delle imprese e i cittadini italiani con i Paesi, come la Svizzera, considerati ancora oggi paradisi fiscali. Proprio
questa settimana il governo Renzi ha varato un decreto legislativo
sulle semplificazioni fiscali. All’interno anche nuove norme per quanto riguarda
i rapporti con i Paesi
cosiddetti Blak list. Ciò
significa che - se anche
Svizzera e Italia non dovessero raggiungere nel
medio termine un accordo globale sulle relazioni economiche e finanziarie - i rapporti
d’affari fra le due nazioni sarebbero comunque semplificati.
Sul fronte della comunicazione relativa alle operazioni commerciali con la Svizzera, così prevedono le nuove norme, la documentazione potrà essere fornita
al fisco italiano con cadenza solo
annuale rispetto ad oggi (vedi infografia al centro delle pagine).
Inoltre il nuovo decreto legislativo
innalza la soglia sotto la quale
non vi sarà più obbligo di fornire
una comunicazione alle autorità
italiane: 10 mila euro.
4
vinto che il potenziale di crescita in
Italia, relativo ai capitali dichiarati, sia
ancora enorme nonostante tutti i problemi politici ed economici del Paese”,
riprende Franco Citterio: “I nostri istituti bancari godono di vantaggi concorrenziali che vanno ben oltre il segreto bancario. E questo lo sanno anche le banche italiane che evidentemente faranno di tutto per proteggere
il mercato domestico”.
Secondo altri esperti dei mercati finanziari internazionali, gli accordi bilaterali potrebbero non risultare sufficienti. In futuro, un regime di accesso
armonizzato potrebbe tornare sul tavolo di discussione con l’Ue. La Svizzera dovrebbe iniziare subito i preparativi per l’adozione di una soluzione a
lungo termine. “A breve termine la
Confederazione deve puntare al migliore accesso al mercato tramite la via
bilaterale con i singoli Stati membri
dell’Ue in cui risiedono mercati di riferimento rilevanti per le banche svizzere - scrive Urs Reich, ricercatore e
responsabile affari governativi di Cre-
CHE COS’È
Un’azienda deve “comunicare” i propri scambi
in vigore
dal 30 marzo
2010
Una azienda italiana che
intrattiene scambi commerciali
con un’altra domiciliata in un
Paese che compare nella “black
list” del 1999 e in quella del
2001, deve farlo presente
periodicamente alle autorità
fiscali. La Svizzera non
dovrebbe figurare in questa lista
dato che ha firmato l’Accordo
sulla lotta contro la frode con
scindibile per il nostro settore”. La
piazza bancaria svizzera, e ticinese in
particolare, dopo gli scossoni già subìti e quelli che verranno con la scelta di
Roma di agevolare il rientro dei capitali esteri, attende dunque con ansia
di poter operare liberamente oltre
confine.
Le norme restrittive applicate ai
paradisi fiscali penalizzano le attività
finanziarie svolte crossborder dalla
Svizzera in Italia. In altre
parole, la vendita, per
esempio, di alcuni prodotti finanziari non può
essere effettuata da un
istituto svizzero nella
Penisola. La storia delle
blacklist italiane – come
si spiega nella pagina
accanto - è ormai decennale: “Nonostante
l’Ocse abbia depennato
da tempo la Svizzera
dall’elenco dei paradisi
fiscali, il nostro Paese rimane ingiustamente discriminato. Tipicamente italiana è anche la
confusione della sua
giurisprudenza. La Penisola infatti non dispone di un’unica
e chiara lista nera”, precisa Citterio.
Con la firma di Berna dell’accordo Ocse sullo scambio automatico delle informazioni fiscali, Roma sa di poter
accelerare nella definizione del decreto che obbliga i detentori di capitali all’estero a uscire allo scoperto, svelandosi al fisco. È un tassello importante
della più vasta trattativa tra i due Paesi
che dovrebbe finalmente eliminare la
qualifica della Svizzera come paradiso
fiscale. Con quali effetti per le banche
elvetiche è presto detto: “Sono con-
l’Ue nel 2004. Berna, oltre a
diversi Paesi dell’Ue, si è pure
detta pronta ad applicare
questo accordo dal 2009, e ha
sottoscritto in tal senso una
dichiarazione. L’Italia, che ha
ratificato l’accordo nel 2009,
non vuole anticipare la sua
entrata in vigore visto che la
norma europea è ferma perché
l’Irlanda l’ha ancora ratificata.
dit Suisse sul magazine della banca - .
Nel caso della radicale riorganizzazione delle relazioni bilaterali fra Svizzera e Unione europea, nell’ottica della
piazza finanziaria elvetica va tuttavia
garantito che anche i fornitori di servizi finanziari locali ottengano un accesso indiscriminato al mercato unico
europeo”.
Il risparmio degli italiani, pur nella
crisi, resta uno dei più alti al mondo.
Nel 2012, oltre a disporre
di 3.716 miliardi di liquidità, ha prodotto un reddito complessivo di
1.080 miliardi, con un
rapporto di 3,44 tra risparmio accumulato e
reddito. I dati dei principali Paesi europei mostrano che in Germania
il risparmio vale 4.939
miliardi, reddito 1.697
miliardi, rapporto 2,91;
in Francia risparmio
4.036 miliardi, reddito
1.324 miliardi, rapporto
2,99; in Spagna il rapporto tra risparmio e reddito è molto più basso:
1,37. In relazione al reddito gli italiani hanno, quindi, la miglior propensione al risparmio. Probabilmente – più che negli altri Paesi – ci
sono soldi che non emergono come
reddito e che finiscono direttamente
nei risparmi accumulati (evasione fiscale, corruzione ed economia illegale). Soldi che, senza transitare nei redditi dichiarati, ovviamente non vengono tassati. Permane, però, una bassa
cultura nell’investimento finanziario:
solo l’8% del risparmio famigliare si
avvale di servizi di consulenza bancaria e gestionale.
[email protected]
FRANCO
CITTERIO
Direttore
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IL CAFFÈ
22 giugno 2014
5
mondo
Il Medioriente
LO STATO ISLAMICO DELL’IRAQ E DEL LEVANTE
Area controllata dall’Isis
Area che sostiene l’Isis
Il sigillo dello Stato Islamico
dell’Iraq e del Levante
LE
MAPPE
Fonte: Pti, Hindu BusinnessLine
LUIGI
BONANATE
Resto dell’Iraq e della Siria
Un modello
di Califfato
nei sogni
dei sunniti
Siria
Iraq
I flussi finanziari
tra Siria e Iraq
in mani jihadiste
L’economia di guerra è “cash”
nella nuova area islamica Isis
LORETTA NAPOLEONI
L’ESODO
La popolazione di Mosul in
fuga dopo la conquista della
città da parte dei gruppi
jihadisti dell’Isis; in grande
sopra molti volontari, su
invito delle autorità di
Baghdad, si uniscono alle
forze regolari irachene
La lotta contro il terrorismo e
la crisi economica hanno prodotto una giungla di legislazioni dove diventa sempre più difficile
procedere. Molte banche internazionali sono state duramente
tassate per aver infranto, a volte
senza rendersene conto, le regole
del Patriot Act, la legislazione anti-riciclaggio statunitense applicata dovunque ed a tutte le transazioni in dollari. In materia di riciclaggio ed evasione fiscale, poi,
nazioni come la Svizzera si sono
spesso ritrovate nell’occhio di un
ciclone normativo creato dal legislatore straniero.
Tutto ciò ha rallentato il funzionamento del sistema finanziario ed aperto nuove opportunità per quello bancario informale, costituito da istituzioni ad
hoc che operano al di fuori di
quello tradizionale, tra le quali ci
sono anche gli hedge funds ed i
family office. Ma
soprattutto, l’eccessiva regolamentazione ha
influito negativamente sull’accesso al credito
da parte dei piccoli e medi investitori.
Sotto
questo punto di
vista è giusto affermare che nei
Paesi più colpiti
Reuters
dalla crisi economica, questa ha tagliato le
gambe alla ripresa.
Mentre il mondo era impegnato nel pattugliamento dei
flussi monetari e finanziari, un
gruppo di jihadisti ispirati dalle
gesta di Abu Musad al Zarqawi
creava, nel giro di quattro anni,
un’economia oggi valutata tra
uno e due miliardi di dollari e lo
faceva nella più assoluta illegalità, anzi commettendo reati di indescrivibile atrocità in seno al
conflitto siriano. Tutto ciò è passato inosservato fino a qualche
settimana fa, quando sono state
sequestrate più di cento chiavette usb contenenti le finanze ed i
resoconti militari dell’Islamic
State of Iraq and the Levant, meglio noto come Isis.
Come mai al sistema di controllo è sfuggita l’ascesa spetta-
colare di questa organizzazione?
La risposta è semplice: l’Isis usa
solo contante, solo cash.
Seguendo quasi passo passo
il piano d’azione tracciato da al
Zarqawi, Abu Bakr al Baghdadi,
leader dell’Isis, ha agganciato
l’organizzazione all’economia di
guerra siriana. Con i soldi degli
sponsor ha conquistato territori
strategici lungo il confine con
l’Iraq impossessandosi dei pozzi
petroliferi del governo di Damasco e rivendendogliene alcuni a
caro prezzo. Con i capi delle tribù
locali ha messo in piedi un siste-
Reuters
ma di contrabbando import-export intascando percentuali in
entrata ed in uscita. A questo va
aggiunto il sistema di tassazione
nei confronti di chiunque conduca un’attività economica sul proprio territorio, solo a Mosul questo sistema ha prodotto otto milioni di dollari.
Il modello finanziario è quello classico dello “Stato guscio”, simile alla gestione dell’Olp in Libano, all’enclave delle Farc in Colombia ed alle regioni controllate
dai narco-talebani. Il gruppo armato usa la guerra per arricchirsi
L’intervista
“È un altro fallimento
della politica Usa e Ue”
L’Islamic State of Iraq and the Levant (Isis) non diventerà un nuovo Stato, ma il suo exploit dimostra
l’inesportabilità della democrazia e il fallimento della
politica Usa ed europea. La nuova crisi mediorientale è
giudicata severamente da Paolo Calzini, docente di
Politica internazionale presso l’università Statale di
Milano e alla Johns Hopkins University: “Fortunatamente le forze dell’Isis non hanno alcuna capacità di
‘nation state building’ - spiega l’esperto di geopolitica , incapaci di istituzionalizzare i loro posizionamenti
militari visto che non hanno ideologie, ma interessi tribali, poteri da spartire tra bande locali di sunniti, sciiti,
jiahdisti...”.
Insomma, visto quanto succede in Iraq e in Siria
dobbiamo rimpiangere i regimi dittatoriali?
“Non esageriamo, non si può passare da un estremo all’altro. È vero, però, che l’idea di esportare la democrazia a scatola chiusa, imporla con la forza non solo è fallimentare, ma è ulteriormente destabilizzante in
un’area in cui l’Occidente ha sbagliato tutte le mosse”.
Eppure all’inizio la rivolta siriana contro il regime di Assad sembrava di popolo...
“E lo era! E andava subito sostenuta politicamente
e con vari altri strumenti, inclusi gli agognati missili
PAOLO
terra-aria per contrastare l’arma aerea di Assad. I tenCALZINI
Docente
tennamenti Usa e l’ipocrisia europea hanno dato temdi politica
po a qaedisti e integralisti islamici di trasformarla in
internazionale una guerra per bande”.
alla Statale
È vero, quindi, che nell’area la politica estera di
di Milano
Obama è stata fallimentare?
e alla Johns
“A dir la verità nell’area ha iniziato a sbagliare Bush
Hopkins
e hanno continuato ad inanellare errori di stategia, ma
University
storicamente gli Usa, se non risolvono le crisi velocemente e con la forza, s’impantanano. Ma peggio ha fatto la Ue, che ipocritamente li ha appoggiati incondizionatamente, all’insegna del ‘se va bene siamo stati bravi, se va male è colpa degli Usa’....”.
e.r.b.
e rafforzarsi militarmente ma, a
differenza delle Farc o dei narcotalebani dipendenti dal contrabbando di droghe, le fonti di reddito sono diverse e quindi più solide.
Prima della conquista di Mosul si stima che il fatturato dell’Isis si aggirasse intorno ai 500600 milioni di dollari; dopo il saccheggio della Banca nazionale di
Mosul e degli armamenti abbandonati dall’esercito iracheno si
parla di uno o due miliardi di dollari. Soldi che i jihadisti trasportano in contanti all’interno dello
Stato guscio. Impossibile, quindi
intercettarli con i sistemi di sicurezza a disposizione.
È dall’indomani dell’11 settembre che la Jihad si alimenta
con il contante ed i corrieri del
denaro. Quando nel 2006 al Zarqawi fu avvistato vicino al confine tra Iraq e Siria - crocevia importantissimo per il contrabbando e da almeno due anni in mano
dell’Isis - nella vettura dove viaggiava venne ritrovata una valigetta con più di 300 mila dollari in
contante. Tuttavia, poco o nulla
si è fatto per bloccare questo tipo
di finanziamento, anzi a giudicare dal successo dell’Isis in Siria il
problema è stato rimosso. Oggi
che l’Islamic State of Iraq and the
Levant si trova a meno di cinquanta chilometri da Baghdad e
minaccia la stabilità dell’Iraq, è
praticamente impossibile farlo.
Le conseguenze di una sua, si
spera improbabile, vittoria sarebbero disastrose per l’economia mondiale. Il prezzo del petrolio tornerebbe a salire alle stelle ed i mercati piomberebbero
nel panico come avvenne nel
2003, la fragilissima ripresa economica scomparirebbe e non è
da escludere che la deflazione
potrebbe trasformarsi in depressione. Di fronte a questi scenari
apocalittici è giusto domandarsi
se la lotta contro il finanziamento
del terrorismo islamico ha fallito
perché è stata combattuta su
fronti sbagliati e con strumenti
inadatti, come il Patriot Act che
ha fatto gravitare i costi di sicurezza delle banche con scarsissimi risultati. Domande, queste,
alle quali bisognerà dare una risposta veloce se si vuole evitare
un’altra ondata di terrorismo globale.
Ancora una volta il Medio Oriente è in grandissima
agitazione e molti degli stati
che lo compongono (sovente artificiali, privi di un tessuto storico-sociale solido)
sono in preda alla violenza,
agli scontri armati, alla guerra. Senza freni e senza fine:
ogni qual volta sembra che
una crisi sia stata risolta ne
compare immediatamente
un’altra. Noi occidentali fatichiamo a capire i problemi
del Medio Oriente. Ma dobbiamo sforzarci di evitare
che, con le nostre politiche,
ci attiriamo qualche nuova
responsabilità in tutta questa instabilità, non solo storico-coloniale ma anche attuale. A partire almeno da
quel terribile errore che fu
l’invasione iraquena da parte degli Stati Uniti nel 2003.
Il punto è delicato: nessuno di noi può credere che
il fine di quell’invasione fosse l’esportazione della democrazia in Iraq. Nessuno
può sostenere che si trattasse di punire Saddam per tutto il male che stava facendo,
perché Assad
oggi fa anche
peggio in Siria
e nessuno si
muove. Nello
stesso
tempo
scopriamo in
questi
ultimissimi giorni che gli uomini dell’Isil (Stato islamico
dell’Iraq e del Levante), essendo partiti dalla Siria
(guarda caso) stanno avanzando lungo l’Iraq, conquistando città e pozzi petroliferi e sono prossimi (se già
non ci sono giunti) alla capitale Baghdad. Azioni e programmi politici che, diciamocelo una volta francamente, nulla hanno a che vedere con quel terrorismo a
cui sovente tutto ciò viene ricondotto come se fosse una
parola magica (all’incontrario), e sono vere e proprie
operazioni di conquista.
No, non siamo di fronte a
dei pazzi assetati di sangue,
che agiscono soltanto ed
esclusivamente per odio a
(quasi) tutto il mondo, ma a
un vero e proprio progetto
politico: costruire una nuova
grande comunità, il Califfato
sunnita, fatto da Siria e Iraq
(per ora), a cui resterebbe a
opporsi il solo Iran (ultima
isola sciita), oggi paradossalmente appoggiato da quegli
Stati Uniti che sono stati
odiati da decenni. Ne risulta
una situazione in cui tutti
sono contro tutti: l’Arabia
saudita è contro l’Isil, che è
contro l’Iraq, che era alleato
degli Usa, che erano amici
dell’Arabia saudita e nemici
dell’Iran. Ma forse siamo di
fronte a una immensa novità: in Medio Oriente stanno
sorgendo nuovi orizzonti politici, che non riusciamo a
capire. È in atto una ricomposizione del sistema politico medio-orientale, che concepisce lo Stato come una
grande comunità e non come una struttura organizzativo-burocratica come è stato in Occidente: un modello
diverso dal nostro, ma non è
detto che sia quello del futuro Medio Oriente.
IL CAFFÈ
22 giugno 2014
Ti-Press
6
attualità
Mentre a Berna la destra
giudica “razzista” la soglia
dei liquidi per i pagamenti...
La polemica
IN ITALIA
In Italia il tetto è di mille
euro. Da fine mese
anche i professionisti
dovranno avere il “Pos”
IN FRANCIA
In Francia i cash oltre i 3
mila euro sono vietati.
A breve però il limite
potrebbe ancora calare
IN GERMANIA
In Germania il limite è di
15 mila euro. Da tempo
i socialdemocratici
chiedono di ridurlo
IN SPAGNA
In Spagna il limite,
contro l’evasione, è da
tempo fissato a 2 mila e
500 euro
IN GRAN BRETAGNA
Come in Germania i
pagamenti in contanti
sopra i 15 mila euro non
sono consentiti
NEGLI STATI UNITI
In Usa pochissimi usano
il contante. Il limite
per i pagamenti
è di 10 mila dollari
“La criminalità economica
si batte limitando i soldi cash”
go Andrea Di Nicola - le organizzazioni criminali hanno bisogno di
fare riserve in nero per i loro pagamenti e per creare fondi da accantonare. L’attuale governo italiano,
ma prima ancora quello francese e
spagnolo, sta ponendo una serie di
limiti per arginare l’evasione fiscale proprio limitando i pagamenti in
contanti. Se una persona ha necessità di fare una transazione, la può
fare senza problemi con carta di
credito o per bonifico. Tutto in trasparenza”.
Per Igor Rucci, titolare a Lugano di uno studio fiscale specializzato nel controllo degli investimenti e nell’antiriciclaggio, invece,
“se davvero tutti, e parlo di avvocati, banche, fiduciari, intermediari,
applicassero sino in fondo tutte le
norme di cui disponiamo oggi,
non servirebbero altri provvedimenti come il tetto a 100 mila franchi di contante. Misura che peraltro personalmente non ritengo penalizzante, soprattutto se confrontata con quella italiana di mille euro, che invece mi pare francamente esagerata”.
m.sp.
Nel mondo
Non lascia tracce, permette di
creare fondi neri, di evadere il fisco, è maneggiato dalla criminalità. Il denaro cash è pericoloso, ambiguo. In molti Paesi è quasi proibito, per effettuare certi pagamenti
occorrono assegni o carta di credito. “Perché la tracciabilità, la possibilità di ricostruire il percorso del
denaro, è un segno di trasparenza”,
spiega il criminologo Andrea Di
Nicola, che nella sua attività di ricerca ha scritto diversi saggi proprio sugli strumenti più utilizzati
dalla criminalità economica.
E per porre un freno, e per entrare in sintonia con le raccomandazioni del Gruppo d’azione finanziaria (Gafi), a Berna il tema tiene
banco. In discussione, questa settimana, un pacchetto di provvedimenti per contrastare riciclaggio
ed evasione fiscale. Ma non c’è accordo sul tetto di 100 mila franchi
per i pagamenti nella “vendita di
immobili e beni mobili”. E se la sinistra e i borghesi democratici
chiedono norme restrittive, l’Udc
denuncia l’attacco alla sfera privata, e i partiti borghesi raccomanda-
Il tetto di 100 mila franchi per il contante convince gli esperti
no di non danneggiare la piazza finanziaria, il deputato Christian
Lüscher, liberale radicale ginevrino, sostiene che i ricchi stranieri
hanno l’abitudine di pagare in contanti e dunque “sarebbe in un certo
senso razzista voler impedire le
transazioni sopra i 100 mila franchi
in contanti”.
“Al di là della discussione politica, sulla quale naturalmente non
entro nel merito - spiega Ferdinando Bruno, docente di Fiscalità in-
ternazionale all’Università della
Svizzera italiana - c’è da dire che le
raccomandazioni del Gafi tengono
conto delle norme europee, e non
solo, per la trasparenza fiscale.
Avere leggi più stringenti non è un
fatto negativo di per sé, ma una garanzia per tutti. Nessuno poi potrà
più dire che la Svizzera ragiona come un paradiso fiscale”.
Secondo la consigliera federale Eveline Widmer-Schlumpf, la
soglia indicata per l’uso delle ban-
conote è una soluzione pratica,
perché è pur vero che il Gafi non
indica un limite preciso, ma senza
di esso sarebbe necessario sottoporre tutti i settori agli obblighi
della nuova legge contro il riciclaggio per rispettare i parametri internazionali. La discussione è aperta.
La Commissione affari giuridici
del Nazionale ha allentato diverse
norme del testo già esaminato dal
Consiglio degli Stati. “Sbagliando,
perché – spiega Marina Carobbio,
consigliere nazionale socialista - è
inconcepibile che non si debba
mettere un limite ai pagamenti in
contanti. Qui non si tratta di invadere la privacy delle persone, ma
di porre paletti per evitare che venga aggirato il fisco o che ci siano
operazioni di riciclaggio”. Peraltro
questi provvedimenti sono comuni in molti Paesi, che stanno studiando sistemi per imbrigliare i
passaggi di denaro liquido. “Questo perché - riprende il criminolo-
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IL CAFFÈ
22 giugno 2014
ROSA
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CACTUS
OFFERTI DA
attualità
Piazza Muraccio, Locarno
Tel. 091 751 72 31
Fax 091 751 15 73
una rosa a...
un cactus a...
Manuele Bertoli
Carla Speziali
Da presidente del governo, sta
lavorando alacremente per evitare
una figuraccia istituzionale al
Ticino su Expo 2015. Non tanto
nei confronti degli organizzatori
dell’esposizione, quanto verso il
resto della Confederazione.
Mentre gli altri centri del cantone
pulsano per le emozioni dei Mondiali,
Locarno che fa? Dorme. Nessuna
iniziativa dalle parti di Piazza Grande,
ma solo il consueto “vuoto” in
assenza di concerti e festival. E tante
lamentele tra la gente verso il sindaco.
7
“Da soli non
possiamo risolvere
il problema, che è
sociale e medico, ma
il nostro impegno c’è”
Un colpo di freno delle Ffs
al tragico “treno dei suicidi”
Piano di prevenzione contro le morti sui binari
siamo stati sempre in prima fila
per trovare soluzioni”, fanno sapere alle Ffs. Anche perché il
problema è molto diffuso. Secondo uno studio del Forum per
la prevenzione del suicidio di
Zurigo si calcola che a livello nazionale una persona su dieci abbia tentato di togliersi la vita, tra
il 60 e 90 per cento soffrivano di
disturbi psicologici, in particolar
modo di depressione. Ecco perché gli esperti chiamati dalle ferrovie federali hanno chiarito che
alla base di ogni campagna per
arginare il fenomeno non può
mancare l’aspetto sanitario. Un
discorso chiaro, visto che il problema è sociale. Ma che naturalmente non è competenza delle
Fss che invece deve agire parallelamente ai progetti di assisten-
Ti-Press
La media è impressionante:
un giorno sì e uno no sui binari si
sfiora o si consuma una tragedia.
In altre parole ogni mese quindici persone si buttano sotto un
treno. In Ticino tra quest’anno e
l’anno scorso i casi sono stati
una decina. Solo nel 2005, a livello nazionale, i tentativi erano
stati 90, nel 2013 sono diventati
139. “A questi numeri bisogna
aggiungerne altri. E cioè quelli
dei macchinisti - fa notare Angelo Stoppini, segretario del Sindacato del personale dei traporti
(Sev) - che da queste drammatiche esperienze escono sotto
shock, hanno bisogno di assistenza costante. E rimangono
segnate, portandosi dietro questo trauma per tutta la vita. Una
tragedia dentro la tragedia”. Un
problema che le Ferrovie federali da tempo stanno cercando di
arginare, facendo partire iniziative quasi sottovoce perché “temiamo, vista la delicatezza dell’argomento, - spiega Roberta
Trevisan, portavoce delle Ffs quello che gli esperti chiamano
effetto di emulazione”. Due anni
fa l’azienda aveva riunito a Berna 25 specialisti (psichiari, pisicologi e agenti di polizia) di tutta
la Confederazione per tracciare
una possibile strategia. I risultati
di questi lavoro sono alla base di
un progetto pilota che prevede
innanzitutto il monitoraggio
lungo la linea ferroviaria per
chiudere l’accesso dove è più facile raggiungere i binari, o dove
sono già avvenute tragedie. In
più verranno piazzate telecamere collegate con sale di controllo
nei tratti nevralgici. E, in alcune
stazioni, in collaborazione con
associazioni di volontariato, verranno installati “telefoni amici”
come la linea d’aiuto 143.
C’è da dire che non esistono
basi legali, come ha potuto verificare l’Ufficio federale dei trasporti, per chiedere alle imprese
di trasporto di adottare misure
per prevenire i suicidi. “Ma noi
Ti-Press
Il progetto
I fatti
L’INIZIATIVA
LE STAZIONI
Le Ferrovie federali allarmate
per il numero in crescita dei suicidi lungo
a strada ferrata hanno dato vita
a una task force di esperti riuniti a Berna
che hanno offerto una serie
di indicazioni utilizzate
per una campagna di prevenzione.
La prevenzione comincerà dalle stazioni
con un telefono amico
che verrà installato in collaborazione
con le diverse associazioni di volontariato
che si occupano
di assistenza pisicologica
a persone in difficoltà.
LA SICUREZZA
LA STRUTTURA
LA CRESCITA
Gli incidenti mortali nel settore dei trasporti
pubblici a livello nazionale sono
stati 30.Sette in meno, spiega l’Ufficio
federale dei trasporti, rispetto
a quelli del 2012. Numeri che testimoniano
come la rete sia più sicura
Solo l’anno scorso il personale incaricato
dall’Ufficio federale dei trasporti
ha controllato e verificato diversi snodi
della tratta nazionale. Ha poi verificato
la copertura dei sistemi
di sicurezza di numerosi passaggi a livello
In Ticino lo scorso anno sono stati registrati
52 suicidi. In media negli ultimi dieci anni
sono state 40 le persone che si tolgono
la vita: si va da un picco di 53 casi
a un minimo di 31. A livello nazionale i suicidi
sono circa 750 ogni anno.
Il caso
za sanitaria. “Noi come azienda
ferroviaria non possiamo da soli
risolvere il problema, questo è
chiaro”, spiega ancora Trevisan:
“Ma negli anni abbiamo cercato
di rinforzare quanto più possibile la sicurezza lungo la linea”. Ma
le Ffs controllano solo 3.000 chilometri dei 5.000 della struttura
ferroviaria nazionale, dove dal
2009 a oggi ci sono stati 109 tentativi di suicidio. Complessivamente il triplo rispetto agli incidenti mortali registrati nel settore dei trasporti, dove invece scattano altri fattori come l’attraversamento dei binari, la distrazione o i deragliamenti.
“Come sindacato non possiamo che giudicare positivamente questo progetto pilota
annunciato dalle Ffs - prosegue
Stoppini - anche perché su questo fronte ogni passo in avanti è
importante, ogni vita che viene
salvata è un successo per tutti.
Bisogna anche dire, per la verità,
che l’azienda è sempre stata
molto sensibile. Ai dipendenti
che vivono una esperienza
drammatica come quella di assistenre a un suicidio viene fornita
una particolare assistenza. E
questo accade non soltanto per
il macchinista che davanti a una
persona sui binari tenta disperatamente di frenare e di evitare
una tragedia, ma anche per l’altro personale di bordo che deve
scendere dal treno per i primi,
spesso inutili, soccorsi e deve
poi governare l’evacuazione dei
passeggeri”. Su questo fronte interno le Ferrovie federali lavorano da tempo con giornate di sensibilizzazione per preparare psicologicamente il personale che
dovesse trovarsi a gestire situazioni complicate durante un
viaggio. “Ci sono colleghi - riprende Stoppini - che hanno vissuto davvero male questi incidenti, alcuni addirittura si sono
dovuti confrontare con queste
tragedie anche due volte”.
m.sp.
I sindacati: “I nostri
colleghi vivono una
tragedia nella
tragedia e si portano
dietro il trauma”
Bin Laden tra gli evasori con conti svizzeri
In una lista segreta di capitali nascosti spunta il fondatore di al Qaida
Le indagini
Tutto nasce da un Cd di
clienti delle banche elvetiche
acquistato da un Land,
seguito dal sequestro di due
container di documenti
I dati erano contenuti in un Cd “rubato” da un
funzionario di banca e poi acquistato dal Land
Nord Reno Westfalia. Una lunga lista che quando
è stata analizzata ha fatto sobbalzare dalla sedia i
cacciatori di evasori fiscali tedeschi con conti in
Svizzera. Tra i tanti nomi di imprenditori, professionisti e artisti è sbucato anche quello della famiglia di Osama Bin Laden. Che lo sceicco del terrore avesse relazioni d’affari con la Confederazione,
seppure indirettamente, era risaputo. Lo avevano
fatto emergere indagini a tappeto scattate dopo la
strage dell’11 settembre. Osama Bin Laden era tra
i beneficiari di un conto (numero 575167) aperto
nel 1990 dalla famiglia presso l’Ubs a Zurigo ed
estinto sette anni dopo. Ma che fosse nel mazzo
degli evasori innamorati delle piazze offshore pochi lo sospettavano. Invece la conferma è affiorata
dagli scatoloni di documenti messi sotto sequestro e contenuti in due container nella stazione di
Amburgo, in tutto circa 14mila pagine. Qui, secondo quanto riportato dalla rivista Focus e dal
Welt am Sonntag, c’è la prova: la famiglia di Mu-
hammad Bin Laden, padre dello scomparso capo
di Al Qaida, aveva depositi nella banca d’affari privata Coutts di Ginevra, una filiale di un antico istituto di credito inglese fondato nel diciasettesimo
secolo. Parte dei soldi, a quanto si è capito dalle
poche dichiarazioni ufficiali trapelate in Germa-
Gli ispettori tedeschi scoprono
soldi che da Ginevra arrivano
sino alla piazza delle Cayman
nia, sarebbero stati spostati nelle Isole Cayman.
La banca ha dichiarato che quei documenti
sono relativi “a un processo di riorganizzazione
interna”. In realtà, a quanto sembra, dopo l’acquisto del Cd gli ispettori del fisco e la polizia sarebbero arrivati ai documenti. E una volta analizzati i
nomi dei presunti evasori è spuntato anche quello
dei Bin Laden. Certo, lo sceicco del terrore non era
probabilmente un cliente diretto della banca
Coutts, ma soltanto, formalmente, un beneficia-
rio, uno dei 57 figli (25 maschi) che Muhammad
Bin Laden, il padre, ebbe da 22 mogli diverse. Bin
Laden senior, morto nel 1967 in un incidente aereo in Arabia Saudita, aveva accumulato nella sua
vita un enorme patrimonio valutato parecchi miliardi di dollari. Parte di questi soldi sarebbero finiti a Ginevra. E proprio a Ginevra, fra l’altro, vive
un fratello di Osama Bin Laden, Yeslam, che proprio a causa della parentela ha raccontato d’aver
passato una marea di guai, nonostante non lo vedesse e sentisse dal 1980. “I miei affari - ha spiegato al quotidiano Le Temps - vengono regolarmente passati al setaccio”. Proprio venerdì scorso, inoltre, è emerso a Berna che a causa di una dimenticanza del Consiglio federale, scadrà a fine anno la
disposizione adottata nel 2001 che proibisce l’attività di Al Qaida sul territorio elvetico. Un vuoto legislativo (anche se dal profilo strettamente legale
è comunque punibile la collaborazione con l’organizzazione terroristica) che diversi parlamentari hanno subito chiesto al governo di colmare.
m.sp.
UNA COPPIA INSEPARABILE
Sonia Moron, 34 anni,
di Giubiasco, e il figlio Kirian,
2 e mezzo. Il piccolo
è affetto da una rarissima e grave
patologia genetica che
gli compromette lo sviluppo mentale
e motorio. Per la mamma
è un impegno 24 ore su 24
8
La
storia
IL CAFFÈ
22 giugno 2014
attualità
Porta il nome di un asteroide. Kirian.
Per i suoi genitori è simbolo di vigore
e resistenza. Ma purtroppo
sin dalla nascita il suo destino è stato
segnato da una rarissima patologia
genetica che gli causa crisi epilettiche
e un ritardo psico-motorio.
Le cure, costose e per ora sperimentali,
sono possibili solo all’estero
“Se un giorno mio figlio
potesse sedersi, parlare,
mangiare e sorridere...”
PATRIZIA GUENZI
T
Ti-Press
Ricordi e scatti
dalla quotidianità
Mamma Sonia e il piccolo
Kirian appena nato,
tutt’e due ancora
ricoverati all’ospedale;
sopra, il bambino, oggi 2
anni e mezzo, che siede
in una speciale carrozzina
che gli mantiene tronco
e testa verticali
anto forte e vigoroso durante il
travaglio, quanto fragile e bisognoso di assistenza immediatamente dopo. E proprio la sua voglia di venire al mondo ha spinto
i genitori a chiamarlo Kirian, come l’asteroide scoperto nel 2000.
“Era un bimbo così robusto e resistente che appena nato non abbiamo più avuto dubbi - racconta la mamma, Sonia Moron, 34
anni, di Giubiasco -. Dei tanti
nomi che ancora ci frullavano in
capo, quello ci sembrava il più
appropriato”. Già… invece, il piccolo Kirian, si è rivelato una
creatura gracile, bisognosa di continue
cure e terapie. “Mi
sono accorta presto
che qualcosa non
andava in Kirian, ma
ci è voluto un anno e
mezzo prima di sapere che era affetto
da una gravissima,
quanto rara, mutazione nel gene Fox
G1 - racconta mamma Sonia, la cui gravidanza non lasciava
presagire nulla di tutto ciò -. Le conseguenze: attacchi epilettici, ritardo psicomotorio e impossibilità di deglutire”.
L’unica speranza, per
ora, sono le cure sperimentali, in Spagna
e in America. Ma costano. Ecco perché i
genitori di Kirian si
sono rivolti all’Associazione Dona un
sorriso per un sostegno finanziario che
lo scorso aprile s’è
trasformato in un assegno di ben 4mila
franchi. A sua volta,
l’associazione fa un
appello a tutti i lettori
del Caffè ([email protected]).
Oggi Kirian è un
bambino di 2 anni e mezzo. Non
parla, non gattona né stà seduto.
La mamma si occupa 24 ore su
24 di lui, con un aiuto infermieristico di dieci ore a settimana. “Almeno per darmi il cambio, così
posso uscire per qualche commissione o andare dal medico”,
dice Sonia le cui giornate, inutile
sottolinearlo, sono interamente
scandite dai bisogni del figlio.
Ti-Press
Le tappe
La nascita
Il sospetto
La diagnosi
I pasti
LA GIOIA
LA CRISI
IL GENE
LA DEGLUTIZIONE
LE TERAPIE
Il travaglio è andato
veloce e il bimbo
è stato molto forte.
Appena nato
sembrava
non avere alcun
problema di salute.
A soli 15 giorni
di vita Kirian
ha la prima crisi
epilettica.
Immediatamente
la mamma corre
dal pediatra.
Dopo un anno
e mezzo è stato
possibile fare una
diagnosi precisa.
Il bimbo è affetto
da una grave
mutazione genetica.
Non avendo la
deglutizione, i solidi
Kirian li assume per
bocca, mentre
i liquidi attraverso
un sondino gastrico
più volte al giorno.
Mamma e bimbo
sono appena
rientrati dalla
Spagna. Kirian
si è sottoposto
a un’innovativa
terapia motoria.
Per ora tutto sommato abbastanza gestibile. “Pesa 15 chili e riesco ancora a sollevarlo. Certo,
non so fino a quando, visto che il
bambino non può sedersi, lo devo lavare, cambiare, imboccare e
ha costantemente bisogno di assistenza”. Mentre Sonia racconta,
Kirian la osserva con gli occhi
spalancati. Non parla il bambino, ma la voce della mamma attira la sua attenzione. “Ci sono dei
giorni in cui mi fissa di più, altri
meno, ma in un modo o nell’altro
sento che noi due interagiamo aggiunge Sonia -. E io non smetto di sperare che un domani mio
figlio possa sedersi, mangiare,
parlare e sorridermi”. Purtroppo
contro le crisi epilettiche si può
far poco, sono quotidiane, anche
se meno forti, visto che Kirian è
resistente ai farmaci. E proprio
una di queste crisi è stata il primo segnale che ha messo sull’attenti i genitori. “Aveva solo 15
giorni - ricorda Sonia - e ho nota-
“Con i 4mila franchi
dell’Associazione
Dona un sorriso siamo
andati in Spagna per
una terapia intensiva”
to qualcosa di strano. Il bambino
improvvisamente non respirava
più, era diventato viola in volto...
Sono corsa dal pediatra”.
E da lì per i genitori di Kirian
è iniziato il calvario. “Ci crolla il
Il futuro
mondo addosso, la malattia di
Kirian, dicono i medici, oltre ad
essere rara e?cronica ed altamente invalidante. Il piccolo entra ed
esce dagli ospedali, subisce diverse operazioni, la sofferenza è
tanta”. Il bambino non ha mai
gattonato, mai fatto un passo, è
completamente atonico e deve
essere adagiato e legato su un
passeggino speciale che gli mantiene la testa in posizione eretta.
Da tempo Kirian non può più essere nutrito normalmente, ha
perso la capacità di deglutire; la
mamma ha imparato a preparare pasti speciali che gli dà più
volte al giorno attraverso un sondino gastrico. E poi, fondamentale, è la terapia, che dev’essere
quotidiana per evitare l’atrofia di
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341/BIS
Anonymous
IL RACCONTO
DELLA
REALTÀ
Anonymous
COME FU CHE UN
TUNISINO SPOSÒ
UNA TICINESE
Andrea Vitali
LE PAROLE
DEL 2013
Autori
vari
SAPORI
E MITI
Cenni
Moro
muscoli e nervi, ma che è comunque sempre troppo poca rispetto alla gravità della patologia. “Quando non ha appuntamento dal fisioterapista subentro io, non si può saltare un giorno”, sottolinea Sonia, che ha imparato a fare l’infermiera, la fisioterapista, il medico di pronto
intervento.
È la speranza, infinita, la
benzina che permette a questa
mamma di andare avanti, di affrontare fatiche ed eventi avversi.
Sonia sa benissimo che il futuro
di Kirian sarà costellato da continue visite mediche, ricoveri e terapie per riuscire a guadagnare
scampoli di un’esistenza il più
possibile dignitosa e di qualità.
“Io mi batto e continuerò a farlo,
costi quel che costi, affinché mio
figlio possa avere garantite le migliori cure”, sottolinea Sonia che,
proprio grazie all’assegno di
4mila franchi dell’Associazione
Dona un sorriso, è potuta volare
in Spagna dove Kirian è stato sottoposto a un mese di terapia intensiva. “Senza quei soldi non
avrei certo potuto spostarmi da
casa. È una cura che esiste anche
in Italia, ma siccome ho molti
parenti in Spagna ho preferito
appoggiarmi a loro per praticità.
E i risultati già si vedono. Kirian
ha reagito bene, anche se rispetto a un bambino sano sono miglioramenti minimi. Ma bisogna
insistere, perché queste cure, se
effettuate in tenera età, danno risultati consistenti”.
Un’altra speranza è un viaggio in America, per una full immersion di terapie varie. “Hanno
messo a punto delle cure sperimentali. Niente di sicuro, certo,
ma vale la pena tentare. Per questo tipo di sindromi, così rare,
non ci sono ancora farmaci né
terapie specifiche, quindi bisogna affidarsi anche a metodi alternativi. E io non voglio lasciar
nulla di intentato”.
Ovviamente Sonia e?consapevole che queste cure molto
probabilmente non saranno mai
risolutive per suo figlio, che rimarrà sempre un bimbo speciale. Ma a lei basterebbe che un
giorno Kirian potesse nutrirsi come tutti gli altri bambini, mangiando, masticando e ingoiando,
riuscisse a stare seduto autonomamente, rispondesse agli stimoli esterni e le sorridesse consapevolmente.
[email protected]
Q@PatriziaGuenzi
IL CAFFÈ
22 giugno 2014
9
attualità
Il fenomeno
Il codice elettronico
per combattere
il traffico di sigarette
Le nuove rotte del traffico
delle sigarette contraffatte
Regno
Unito
L’
Pieth e Krista Schefer, che in una
relazione avvertono la necessità
di inserire nella legislazione nazionale strumenti di verifica come il “track and trace”. Ma soprattutto mettono in guardia il
Consiglio federale sull’opportunità di prevedere controlli indi-
pendenti dalle fabbriche di tabacco, le grandi multinazionali
che hanno sede in Svizzera, di
controli indipoendenti, come
peraltro richiesto dall’Oms e
dall’Ue.
E questo perché il contrabbando in Europa sta progressi-
Russia
Polonia
Ucraina
Grecia
vamente prendendo piede. Il
numero di sigarette illegali commercializzate ha raggiunto quota 65,5 miliardi, ed è di 12,5 miliardi di euro (15,2 miliardi di
franchi) la perdita di gettito fiscale nell’intera Unione europea. A livello nazionale, invece,
“Anche da noi c’è stato un aumento”
I
Cina
IL COMADANTE
Mauro Antonini,
comandante
della Guardie
di confine
dai dati raccolti dall’Amministrazione delle dogane, si stima
che il 5 per cento del mercato
delle sigarette consumate sia illegale, o comunque contraffatto.
Ogni anno, come racconta Le
Matin, le maggiori compagnie in
collaborazione con aziende specializzate raccolgono dai rifiuti
5.600 pacchetti gettati via in venti città campione e dai controlli
cercando di capire quanti siano
“regolari” e quando invece no.
Ultimamente le “bionde” di contrabbando arrivano soprattutto
da laboratori clandestini cinesi,
ma le organizzazioni criminali
che gestiscono il traffico si riforniscono anche in Serbia, Lituania e Bielorussia, che hanno
soppiantato i centri di produzione di Russia, Ucraina e Spagna,
dove un tempo si accentrava il
business clandestino.
Ora la Atos, una società europea con sede in Svizzera, ha
sviluppato un software di identificazione del prodotto, per ora
indirizzato a chioschi e uffici doganali, che permette di verificare
la scansione del codice a 12 cifre
stampato sui pacchetti di sigarette. Una versione semplificata,
tra breve, potrà tuttavia essere
scaricara sugli smartphone e
consentirà anche al singolo consumatore di capire se le sigarette
sono di contrabbando.
m.sp.
Fonte: LeMatin Dimanche
Spagna
L’intervista La situazione in Ticino tracciata da Mauro Antonini delle Guardie di confine
n Ticino il contrabbando di sigarette è costante anche se nell’ultimo periodo abbiamo notato un aumento”, spiega Mauro Antonini, comandante delle Guardie di confine.
A cosa è legata la recente crescita?
“Io credo in parte sia legata ai prezzi più bassi delle sigarette praticati in Italia. Anche se bisogna dire che dal primo luglio, con le nuove disposizioni doganali, chi avrà un quantitativo superiore alla franchigia (250 pezzi per persona) dovrà sdoganare l’eccedenza pagandola al pezzo e non più al chilo”.
Da dove arrivano le sigarette degli ultimi sequestri in dogana?
“Un tempo gran parte del contrabbando partiva dai Paesi dell’Est. Oggi vediamo pacchetti con le scritte in cirillico o in altri caratteri e riusciamo a definire che non arrivano dal mercato europeo. Ma
poi stabilire l’origine del traffico è un altro discorso”.
Avete trovato anhche sigarette prodotte in Cina?
“No, non abbiamo notato questo fenomeno. Certo che acquistare
sigarette, che già fanno male, fuori dai circuiti ufficiali è un bel rischio
per la propria salute. Solo questo dovrebbe scoraggiare”.
Nella lotta al contrabbando potrebbero essere importanti
strumenti e tecnologie sulla tracciabilità?
“Tutto serve. Bisognerà capire quali apparecchiature potranno
usare i nostri agenti nei controlli sul traffico turistico”.
Germania
Benelux
Contro il contrabbando di tabacco
si punta su tecnologia e tracciabilità
ultimo caso è di poco più di due mesi
fa. Stavolta le sigarette, 160 pacchetti,
erano nascoste dentro le gomme di un camion fermato per un controllo al valico di
Chiasso. Poca roba, almeno rispetto al sequestro di quasi un
anno fa, quando le guardie di
confine fermarono un’auto con
con diverse stecche e dalle indagini risalirono a un traffico di 1,6
milioni di sigarette, un deposito
in Ticino e sette “pusher” che si
occupavanop di rinvenderle sul
territorio. Il traffico di sigarette è
riesploso, e nel suo bilancio annuale l’Amministrazione federale delle dogane ha stimato una
crescita, dal 2012 al 2013, del più
38 per cento con 4939 casi. Ecco
perché anche a Berna è scattato
il campanello d’allarme e Verena
Diener (Verdi liberali), in occasione ha chiesto che i pacchetti
vengano contrassegnati con codice alfanumerico in modo da
garantire la loro tracciabilità.
E proprio la tracciabilità, anche grazie a software come quello della Atos, sembra la formula
individuata per contrastrare il
contrabbando di tabacco. Lo
hanno spiegato anche un gruppo di esperti nella lotta alla corruzione e nel diritto internazionale, tra i quali i professori Mark
Paesi con fabbriche
di sigarette clandestine
scoperte negli ultimi 10 anni
I controlli
IL MERCATO ILLEGALE
In Svizzera gran parte delle
sigarette vengono acquistate
nei circuiti ufficiali (88,9 per
cento). Soltanto il 5 per cento
del mercato del tabacco,
secondo l’Amministrazione
delle dogane, è contraffatto.
I DAZI EVASI
Nei paesi dell’Unione europea
si calcola che 65,5 miliardi di
sigarette acquistate
provengano dal commercio
illegale. Questo comporta una
perdita di 12,5 miliardi di dazi,
soldi non incassati dagli Stati.
L’ULTIMO CASO
A marzo alla dogana di
Chiasso durante un controllo
dalla gomma di scorta di un
furgone sono spuntati 160
paccehtti di sigarette. Il
proprietario è stato multato per
per il tenato contrabbando.
IL TRAFFICO AUMENTA
Oltre 8.000 stecche in due
anni. È il volume di traffico
scoperto un anno fa. Circa
2.700 stecche, secondo le
indagini, sono state vendute in
Ticino. Il contrabbando in
Svizzera è in crescita del 38%.
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IL CAFFÈ
22 giugno 2014
10
politica
1
Confidenze
estive
tra politica
e attualità
Fiorenzo
L’ALPINISTA
PARLAMENTARE
Fiorenzo Dadò,
43 anni,
editore-alpinista,
capogruppo
parlamentare
del Ppd in
un’elaborazione
grafica di Marco Scuto
per il Caffè
Dadò
“Lassù in Nepal
ho capito i limiti
di questa politica”
Il capogruppo ppd va all’attacco
e contesta il vittimismo ticinese
Il personaggio
Dick Marty è stato
un uomo di grande
autorevolezza, non
solo per questo
nostro cantone,
ma per la Svizzera
La polemica
“A volte rinunciare è l’unica soluzione
per riprovarci”. Fiorenzo Dadò, 43 anni,
l’editore-alpinista, capogruppo parlamentare del Ppd, è ritornato dal Nepal, “sconfitto”
dalla bufera che gli ha impedito di raggiungere la vetta del Dhaulagiri, una delle montagne più alte del mondo, con nuove convinzioni, quasi una filosofia di vita: la consapevolezza del proprio limite. “Quando a 500
metri ho dovuto abbandonare la scalata ho
pensato che la montagna resterà per sempre
lì, e che sarebbe stato un azzardo continuare mettendo a repentaglio la vita: ci riproverò”.
Ma parliamo di Ticino. Che cosa l’ha
scandalizza maggiormente della politica
ticinese?
“Proprio stando lontano da questo cantone, mi sono reso conto della mancanza di
prospettiva e della negatività che impera
nella nostra politica. È qualcosa che non
posso più condividere. La politica deve infondere speranza. Invece da noi si punta
sulla negatività, sugli errori, sugli sbagli.
Proprio vivendo per oltre un mese in Nepal,
fra quelle popolazione povere, mi sono reso
conto che siamo fortunati e che viviamo in
un Paese all’avanguardia su tutto. Un Paese
che merita di più. La politica dovrebbe essere lungimirante, guardare al lungo periodo,
pensare al domani: in verità qui si vive a corto termine. Non si pensa alle generazioni future ma alle elezioni ravvicinate. Non si ri-
sponde ai bisogni su come e dove condurre
la società, ma alle sollecitazioni immediate.
Il tutto in un sistema mediatico che ha raggiunto il parossismo. Più che scandalizzato,
sono rattristato; il Ticino si merita di più e di
meglio”.
Già! Quale politico svizzero degli ultimi anni le è piaciuto di più e perché?
“Per quanto riguarda i ticinesi, uno che
ha certamente avuto un spessore maggiore
rispetto ad altri, ritengo sia stato Dick Marty,
soprattutto per ciò che ha fatto per la giustizia. La mia non è una totale condivisione,
esprimo però l’apprezzamento per quello
che ha rappresentato a livello svizzero e a livello internazionale. Sì, senza dubbio Marty
è stato un politico di grande autorevolezza
per il Ticino e per la Svizzera”.
Come giudica la posizione della Svizzera e degli svizzeri nei confronti dell’Europa e in generale degli stranieri?
“Giudicare è sempre difficile, anche perché l’esito della votazione del 9 febbraio
contro l’immigrazione di massa è dipesa da
molti fattori. Tutto è causato dal fatto che gli
svizzeri sono disorientati da quel che succede in Europa e nel resto del mondo. In questa situazione, caratterizzata da una crisi
globale, è più che naturale che un popolo
cerchi di difendersi. Questo è il senso di
quella votazione. Che può avere, secondo
me, anche risvolti positivi per l’intera Europa. Un’Europa che è assai diversa rispetto a
quello che ci hanno venduto con una serie
di bei discorsi che si son rivelati purtroppo
ben lontani dalla realtà, come mi dicono anche molti miei amici alpinisti italiani. Quanto agli stranieri, la Svizzera è sempre stata un
Paese accogliente, disponibili. Spero che rimanga tale ancora in futuro, cosicché chi ha
davvero bisogno possa contare sulla mano
degli svizzeri”.
Come usa e cosa pensa dei social network?
“Li uso in modo… parsimonioso. Su Facebook mi limito a pubblicare foto di montagne, immagini delle mie escursioni accompagnate da qualche pensiero. Riflessioni private. Il mio è un uso personale, non
politico come fa qualche mio collega. Per
quello, prediligo il dialogo diretto, personale, non mediato dal computer. Mi rendo però conto che è diventato un mezzo utilizzato
da molti politici e che è un fenomeno interessante. Un mezzo di comunicazione da
utilizzare con attenzione, però: non dimentichiamo che quando si scrive su Facebook
si scrive a tutto il mondo”.
Per cosa ha pianto... l’ultima volta che
ha pianto?
“Si può piangere anche per contentezza.
Ma di solito quello del pianto è un momento
privato, triste. Come è stato il mio pianto per
la scomparsa di una carissima amica, molto
giovane”.
c.m.
(1 - continua)
I social network
Uso Facebook in
modo parsimonioso.
Mi limito a postare
foto di montagne,
immagini
delle mie escursioni
L’amnistia fiscale a effetto “zero” sul deficit statale
Il gettito previsto sarà superiore ai 35 milioni, ma è quasi tutto ipotecato
Pareggio di bilancio da dimenticare per il 2015. Da scordarsi che l’entrata straordinaria dell’amnistia fiscale cantonale riesca a “tappare” minimamente il buco nelle casse
dello Stato. Non solo per la
previsione di un “profondo
rosso” del bilancio cantonale:
meno 230 milioni per l’anno
prossimo. Deficit comprimibile con non pochi sforzi a
100 milioni, come anticipato
dal governo dopo il ritiro a
Sasso Corbaro. Ma soprattutto
queste entrate una-tantum
non saranno sufficienti a limare il deficit pubblico, perché dei 35 milioni stimati come gettito dell’amnistia cantonale, 20 sono già stati impegnati per la costituzione di
fondo per l’occupazione. Gli altri 15 milioni andranno invece ai
Comuni, dando loro un po’ di
fiato. Operazione dunque ad effetto zero (o quasi).
“Ricordo comunque che
l’amnistia non era stata pensata
Si attende ancora
la decisione
del Tribunale federale
sul ricorso presentato
dal Partito socialista
per fare cassa per risanare il bilancio dello Stato – osserva il capogruppo del Plrt Christian Vitta – ma come misura innanzitutto per sostenere l’occupazione
oltre a far emergere il sommer-
so. Personalmente ritengo però
che il gettito sarà superiore rispetto alle stime molte prudenti
del governo come ha evidenziato la mini amnistia federale”.
In effetti la misura che per-
mette l’autodenuncia esente da
pena (nota come “mini-amnistia” o “amnistia individuale” federale) in vigore dal primo gennaio 2010, ha fatto emergere in
Ticino cifre nettamente superio-
ri: oltre 850 milioni di franchi i
capitali dichiarati per un gettito
superiore ai 100 milioni. Il che
evidenzia come anche il Ticino
non sia esente dal fenomeno
dell’economia sommersa, che a
livello svizzero viene stimata attorno all’8-10 per cento del prodotto interno lordo (Pil). Per il
cantone almeno due miliardi.
“Certamente l’eventuale eccedenza del gettito rispetto a quello previsto potrà essere utilizzata
per ridurre il disavanzo – continua Vitta - così come lo sarà il
gettito fiscale prodotto da questa
emersione (stimato fra i 4 e i 7
milioni). Ma chiaramente non
sarà sufficiente a far fronte ad un
deficit di bilancio che è strutturale che necessita di misure di
interventi strutturale”. Un pro-
blema non risolvibile in un solo anno, ma da impostare nel
medio periodo. Ragionamento che regge ovviamente a prescindere dal ricorso presentato dai socialisti al Tribunale federale contestando questo
sconto d’imposta per una serie di ragion giuridiche di
principio, di morale fiscale,
ma anche economiche-finanziarie. La capogruppo socialista Pelin Kandemir, proprio
prendendo spunto dalle entrate della mini-amnistia federale, ha ricordato che se ci fosse stata in corso quella cantonale il Ticino ci avrebbe perso
nei soli due anni 2010-2011
“ben 47 milioni. Non propriamente briciole”.
c.m.
IL CAFFÈ
22 giugno 2014
1.
politica
lle settimane
Concentrazione de
de da 6 a 5
di scuola fuori se
61'000.Risparmio fr.
4
Le finanze
2
Cancellazione di corsi
facoltativi (doposcuola opzionale)
Risparmio
3
fr. 210'900.-
I SACRIFICI
ai
Introduzione di una partecipazione
co
asti
scol
ario
dent
izio
costi del serv
Maggiori entrate pari a
fr. 100'000.-
onie estive e invernali
Ridimensionamento delle col
e 7 settimane di corsi.
Da 19 settimane di corsi a
are
c
i
f
i
t
n
a
u
q
a
d
Risparmio
5
7
6
da fr. 3.-- a fr. 8.-- al giorno.
Adeguamento delle tariffe per le settimane verdi, polisportiva
scientifica, per i corsi invernali e per quelli estivi.
- aumento di fr. 20.-- delle tariffe per le settimane di scuola fuori sede
- aumento di fr. 40.-- delle tariffe per i corsi extrascolastici fuori sede
- aumento degli affitti a terzi delle scuole fuori sede
da fr. 170.--/200.-- a fr. 250.-- per 4 notti con il personale a persona.
servizi.
costi per beni e
Diminuzione dei
una diminuzione
contenimento per
astico.
nel settore scol
di fr. 580'000.-
Da Lugano da bere a Città dei tagli
Dopo la “bella vita”dell’era Giudici-Bignasca, è tempo di risparmi dolorosi
CLEMENTE MAZZETTA
‘
Altro che Lugano da bere. Lugano da
tagliare, piuttosto. La capitale economica
del cantone è costretta a stringere la cinghia. Con un indebitamento che supera il
miliardo e una spesa corrente di quasi
mezzo miliardo, Lugano è diventata una
città “troppo cara” da gestire. E così dagli
anni della “grandeur” di Giudici-Bignasca
si è passati alla Lugano delle “vacche magre” di Borradori-Foletti. Fare di più con
meno, il compito impossibile del responsabile delle finanze Michele Foletti (Lega), che ha individuato 194 misure di risparmio. Riduzione di servizi, contenimento di iniziative, tagli, revisione di contributi. Meno spettacoli, meno iniziative,
meno spese. E soprattutto aumenti di tariffe e imposte, a cominciare dal moltiplicatore portato all’80%.
“Purtroppo, dopo ogni storia di megalomania inizia la politica dei tagli dolorosi, in particolare per le fasce della popolazione più deboli”, commenta Raoul Ghisletta, socialista, presidente del Consiglio
comunale, che segnala una serie di misure che penalizzeranno le famiglie. Si
va dalla cancellazione dei corsi, nuoto
e pattinaggio, alla riduzione delle colonie, all’introduzione della partecipazione ai costi del servizio dentario
scolastico, all’aumento delle tariffe
per le settimane verdi, per quelle
sportive, per i corsi invernali ed estivi.
Previsto anche l’aumento della tariffa
delle mense per la scuola dell’infanzia
a orario prolungato da 3 a 8 franchi.
“Altro che politica di sostegno alle famiglie”, chiosa Ghisletta. Gli controbatte
Foletti: “Abbiamo tagliato dove si pensava
di fare meno male – dice al Caffè - senza
toccare la socialità. Anzi abbiamo previsto un aumento delle spese di assistenza.
Abbiamo cercato di operare in modo
equilibrato all’interno delle misure inevitabili da prendere di fronte alla situazione
finanziaria che ci siamo trovati”.
lastici – conferma Foletti -. Un taglio doloroso, giustificato all’interno di una riduzione complessiva, meno pesante che in
altri settori come quello dei servizi urbani, o delle manifestazioni, che hanno subito tagli di oltre mezzo milione”. Non sufficienti comunque a pareggiare il bilancio. “Che la situazione fosse critica il Consiglio comunale lo sapeva fin dal 2010,
quando era stato reso noto il piano strategico-finanziario. Fin da allora si indicava
la necessità di aumentare il moltiplicatore
a partire dal 2011. Se poi, per scelte politiche queste misure di rientro non si sono
prese, è un altro discorso. Ma si fosse intervenuto prima, la manovra sarebbe stata meno incisiva”.
Operazione che non sembra conclusa. Secondo Ghisletta, il Municipio sta
cercando di riorientare un transatlantico:
“Manovra che necessita parecchio tempo
e che darà i frutti solo fra due o tre anni –
aggiunge – credo comunque che il nodo
del moltiplicatore si riproporrà l’anno
prossimo”. Annuncia però una linea morbida per il Consiglio comunale di domani,
lunedì, sul preventivo 2014: “Se passa
Ti-Press l’emendamento che congela le tariffe
delle mense a 3 franchi non credo voteremo contro”. Nonostante i tagli per
16 milioni, il bilancio chiude infatti
con un disavanzo di 37 milioni di
franchi. “Un deficit che non può essere sopportabile a lungo per la città”,
conclude Foletti, annunciando per il
futuro un’altra cura dimagrante: “Capisco la sinistra che ha i suoi cavalli di
battaglia, ma oggi non ci sono più settori intoccabili per nessuno. Non è finita qui. In tutti i settori occorrerà ancora
fare dei sacrifici”.
[email protected]
Q@clem_mazzetta
Ti-Press
Situazione per la quale la Lugano della “bella vita” è stata costretta a chiudere
anche 27 gabinetti pubblici su 52. “Nell’ambito della revisione della spesa abbiamo preso vari provvedimenti, alcuni dei
quali toccano servizi facoltativi parasco-
Ti-Press
Raoul Ghisletta
Putroppo dopo una storia
di megalomania inizia
una “politica doloroso”,
in particolare
per le famiglie
e le fasce più deboli”
‘
Michele Foletti
“Capisco la sinistra che
ha i suoi totem e i suoi
cavalli di battaglia,
ma oggi non ci son più
settori intoccabili
per nessuno”
I candidati plrt
secondo
il presidente
ALEX FARINELLI
Il politico
SOCIALITÀ E SANITÀ
NICOLA PINI
L’argento vivo
EDUCAZIONE, CULTURA,
SPORT E FORMAZIONE
MAURO ANTONINI
L’artista
LA SICUREZZA E IL TERRITORIO
NATALIA FERRARA MICOCCI
CHRISTIAN VITTA
L’entusiasta
ISTITUZIONI E LEGALITÀ
Il navigatore
ECONOMIA, FINANZE E SVILUPPO
Un selfie, più semplicemente un autoscatto, per
racchiudere un messaggio: “Siamo una squadra”. I cinque candidati Plrt al Consiglio di Stato si sono presentati così ad inizio settimana, in questa inedita istantanea pubblicata qui accanto. “Mi pare un bel gruppo”,
sottolinea Rocco Cattaneo, presidente del partito, che
con il Caffè è stato al gioco e si è prestato ad accostare
un aggettivo, una qualità ad ogni candidato. E per
ognuno di essi alcune tematiche da sviluppare in campagna elettorale. Il gruppo riflette l’impronta del presidente, quella sportiva e quella imprenditoriale. “Abbiamo voluto lanciare un segnale di rottura, voltare pagina
- dice - e rischiare, come fa chi fa impresa, ma anche chi
comincia una gara”. Sei mesi di lavoro, di curriculum e
selezione dei candidati da parte del vicepresidente Michele Morisoli. Età media 36 anni, si va da Nicola Pini
(29) a Mauro Antonini (50). E dietro ogni profilo si nasconde una storia. “Antonini, ad esempio, tutti lo conoscono come comandante della Guardie di confine. Uno
- racconta Cattaneo - con grande responsabilità, che si
attiene alle regole, metodico, efficiente. Ma lui, di fatto,
ha una formazione come restauratore. È un artista, un
“Il navigatore,
l’argento vivo...”
così Cattaneo
giudica i suoi
visionario”. Poi c’è Natalia Ferrara Micocci, procuratrice che ha seguito diversi casi di criminalità economica
e sta indagando sugli addentellati ticinesi dello scandalo della Monte dei Paschi di Siena. “Di lei - dice il
presidente Plrt - ho un profondo rispetto: si è pagata gli
studi lavorando, facendo grandi sacrifici. Se dovessi
definirla in due parole direi che è una donna con la gio-
11
Adeguamento delle tariffe per la mensa
e Scuola dell,infanzia ad orario prolungato
ia di sgobbare”. Cattaneo ha grande rispetto anche per
Christian Vitta, “per la sua competenza e rigorosità. Ha
la patente del navigatore, non si perde nelle nebbie della politica”. E competenza ha anche Alex Farinelli, “che
ha lavorato con due presidenti del partito. È giovane,
ma ha già accumulato una bella sensibilità politica”.
Mentre Nicola Pini, “è argento vivo. Non si ferma mai. È
innamorato della politica e te ne accorgi quando parla”.
Cattaneo per raccontare il senso di squadra ha preso in prestito la frase di un commento del Tages Anzeiger: “Il Ticino è un cantone che si blocca da solo”. Insomma, mentre il resto della nazione va avanti, la politica cantonale è frenata “da veti incrociati, non si investe più, mancano i progetti a lungo respiro, l’ottimismo
per il futuro”. Ora c’è la nuova squadra. “Si dovranno far
conoscere per le loro qualità e per il programma. Ma il
messaggio che volevamo lanciare era quello di regalare
un sorriso alla politica, stracciarle via le vesti grigie che
in questi anni le sono state cucite addosso in Ticino.
Spezzare questo ambiente cupo che si è creato. È un rischio, ma senza rischi non si vince”.
m.sp.
IL
PUNTO
CATHERINE
BELLINI
Alain Berset
non vede l’ora
che arrivi
l’autunno
“Se è la sola cosa che vi
interessa…!” Alain Berset
non ha potuto nascondere
un leggero fastidio di fronte
alle domande di un giornalista, che ruotavano tutte attorno all’attitudine del consigliere federale nella futura
campagna contro l’iniziativa socialista per una cassa
malati pubbica e contro il
suo “amico”, Pierre-Yves
Maillard.
Era lunedì scorso. Il ministro della sanità aveva appena presentato la posizione del governo in vista del
voto del 28 settembre, prendendosi cura di non essere
zelante, di mostrare chiaramente di interpretare il proprio ruolo, ossia quello del
politico rispettoso dello spirito collegiale. Nulla di più.
Davanti alla stampa ha
dunque avuto cura di spiegare perché “il Consiglio federale” respingeva l’iniziativa, precisando che “il
Consiglio federale”
è cosciente delle
imperfezioni
del sistema attuale. Ricordando anche di
non essere rimasto inattivo, visto
che ha presentato un
controprogetto, approvato dallo stesso Consiglio federale, poi
abbandonato per mancanza di sostegno.
Partendo così presto
con la campagna, Alain Berset evita anche di far troppa
ombra su quella dei suoi
amici, che inizierà più tardi,
nel corso dell’estate. Del resto i favorevoli alla cassa
unica non hanno i mezzi
dei loro avversari che hanno, tra l’altro, creato un’organizzazione ad hoc, “alliance santé”, che raggruppa
assicuratori, medici e più
della metà dei parlamentari
federali: 124 consiglieri nazionalei e 21 consiglieri agli
Stati.
Da parte socialista, ci si
sforza di trattare con i guanti il compagno Alain. Il suo
presidente, ed amico, Christian Levrat, lo ha sdoganato da subito: “Fa il suo lavoro di consigliere federale”. E
un altro friborghese vicino
al ministro ha rincarato la
dose: “Si è già spinto molto
avanti in quel che poteva
fare”. Tutto ciò non impedisce alla stampa di parlare di
“madre di tutte le battaglie”
per Alain Berset di fronte al
suo partito (Le Temps). O
all’emissione “forum” della
radio romanda di insistere
sul fatto che il consigliere
federale dovrà affrontare il
suo “antico” rivale e grande
conoscitore del dossier,
Pierre-Yves Maillard. D’altronde in campagna incrocerà anche altri due specialisti in Consiglio nazionale:
la ticinese Marina Carobbio
e il vallesano Stéphane Rossini. Cosa accomuna tutto
questo “bel mondo” socialista? Sono stati tutti candidati al Consiglio federale.
Decisamente, nei suoi penseri, Alain Berset deve dirsi:
“Non vedo l’ora che arrivi
l’autunno e che tutto sia
concluso!”
IL CAFFÈ
22 giugno 2014
12
Pollame
economia
Manzo
Evoluzione
del consumo
di carne
pro capite
in Svizzera
Fonte: Proviande/Aviforum
125
120
115
110
105
100
95
90
85
80
75
2000/02
2004
Indice (2000/02 = 100)
I
NUMERI
Equina
LORETTA
NAPOLEONI
Suina
2006
2008
2010
2012
Ti-Press
Vitello
Ovina
La bistecca diventa ancora più cara
protestano consumatori e macellai,
Nel paniere domestico la carne registra aumenti dal 3 al 5 per cento
GIORGIO CARRION
Carne ancora più cara. Le famiglie ne risentono, si lamentano dei prezzi proibitivi, e i macellai protestano perché i margini di guadagno sono ormai diventati irrisori. Qualche esempio: nel marzo scorso una entrecote a fette di manzo costava
70,06 franchi al chilo, contro i
66,63 franchi dello stesso mese
nel 2013; l’arrosto di vitello è rincarato da 37,78 a 39,63 franchi. E
gli aumenti sono pressoché costanti, seppure in percentuale
diversa, per tutti i tipi di carne (i
dati sono dell’Ufficio federale
dell’agricoltura). Nel paniere
domestico la carne, intanto, pesa sempre di più rispetto ad altri
prodotti alimentari. Sebbene
l’inflazione resti assai contenuta, riempire il carrello della spesa oggi costa di più: 331.95 franchi a marzo 2014 contro 320.80
del marzo 2013.
Per la carne di manzo al dettaglio, si registra dal 2010 un aumento costante, complessivamente dal 3 al 5%; anche questo
rincaro riesce a compensare
soltanto in parte l’incremento
dei prezzi della materia prima.
Infatti, pure i macellai al dettaglio si lamentano poiché i margini si sono ridotti sensibilmente. “Nei salumi più venduti, nonostante l’aumento dei prezzi
della carne da salumeria dal 10
al 25%, i prezzi medi al dettaglio
sono rimasti praticamente invariati fino alla fine del 2013 - dice
Ruedi Hadorn, direttore dell’
Unione professionale svizzera
della carne (Upsc) - e mostrano
una tendenza al rialzo soltanto
dall’inizio del 2014”. Le macellerie ticinesi, circa 70 (trent’anni
fa erano 250), soffrono anche di
più: “Si dice che i prezzi al consumo aumentano, ma intanto i
nostri margini sono sempre più
“Si dice che i prezzi
siano rincarati,
ma i margini per noi
sono ormai
diventati irrisori”
irrisori - lamenta Leonardo Palmieri, presidente della Società
maestri macellai e salumieri del
Ticino e Mesolcina -. Concorrenza della grande distribuzione e del commercio oltre frontiera, costo del lavoro, spese fisse di energia e burocrazia stanno soffocando il nostro settore.
Cerchiamo di non aumentare i
prezzi e di mantenere la qualità.
Ma non sempre siamo compresi”.
I conti in tasca al macellaio
“Rilevare o aprire
una nuova attività
ha dei costi
che sono diventati
davvero proibitivi”
dicono di salari intorno ai 4’500
franchi lordi per un diplomato,
contro i circa 2’500 di un collega
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italiano. L’energia, inoltre, sembra essere un costo molto importante: una piccola macelleria consuma oltre 12-15mila
franchi di elettricità all’anno.
“Rilevare o impiantare una macelleria ha costi ormai proibitivi
- riprende Palmieri -, occorrono
investimenti per centinaia di
migliaia di franchi. La carne,
poi, è una merce altamente deperibile e anche la congelazione
non sempre è praticabile”. Dal
2012 in poi i prezzi del bestiame
da macello hanno subito, per diversi motivi, un forte aumento
con effetti particolarmente incisivi soprattutto nel caso dei maiali, con più di un franco di rincaro al chilo e nel caso delle
vacche con oltre 70 centesimi
di aumento per chilo di peso
macellato. A febbraio scorso il
volume di macellazione per le
vacche è stato inferiore di 219
tonnellate rispetto al 2013. “La
minore offerta genera prezzi alla produzione elevati; questi
superano di ben il 14 per cento
il valore dell'anno precedente”,
precisa Hadorn.
Su macellai e consumatori
incombe anche il “Pacchetto
agrario autunno 2014”. Il punto
centrale è il taglio di 37 milioni
di franchi del budget agrario,
che si traduce in una riduzione
di circa 34 milioni di franchi
dei contributi per la sicurezza
dell’approvvigionamento e di
circa 3 milioni di franchi in meno del credito a favore dell’economia del bestiame, nell’ambito dei pagamenti per la produzione e la vendita. “Con il cambiamento del sistema d’importazione - avverte il direttore
dell’Upsc - il parlamento intendeva rafforzare la filiera
della carne. Il taglio dei contributi rischia di vanificare questa
scelta”.
[email protected]
Le cifre
1
2
IL PANIERE
*(/" %#(0&(!, !’ +$-),
LA CARNE
Dal 2010 l’aumento
del prezzo della
carne è costante e
si attesta tra il 3 e il
5% per quella di
manzo venduta al
dettaglio. I prezzi
dei salumi sono
rimasti invece
costanti
3
4
LE MACELLERIE
Cresce il prezzo del
paniere della spesa,
una selezione di
alimentari che viene
utilizzata dalla
statistica per
valutare l’inflazione.
Da 320,80 del 2013
agli attuali 331,95
franchi.
Che quello della
carne sia un settore
in forte difficoltà lo
dimostra anche il
fatto che le
macellerie in 30
anni in Ticino sono
passate da 250 alle
attuali 70 presenti
sul territorio
LA POLITICA
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Anche le scelte
della politica
incidono su
macellai e
consumatori, i 37
milioni di tagli
previsti in autunno
avranno certamente
delle ricadute
negative
I disoccupati
ingrassano
e nessuno
li assume più
Non lavorare fa male
alla salute, queste le conclusioni di una ricerca condotta negli Stati Uniti dalla
Gallup, azienda che si occupa di statistiche ed indagini di mercato. È più probabile che diventi obeso
chi è rimasto disoccupato
per più di un anno che coloro che lo sono per meno
tempo. I numeri parlano
chiaro: chi è senza lavoro
per un massimo di due settimane ha il 22,8 per cento
delle probabilità di diventare obeso rispetto al 31,7
per centro di chi lo è da un
minimo di 52 settimane.
In termini medici la differenza tra la disoccupazione di breve e lungo periodo è considerevole: chi
è senza lavoro da un minimo di 27 settimane rischia
doppiamente di sviluppare
pressione e colesterolo alti
di chi invece lo è per periodi minori.
Esiste dunque una correlazione tra la prolungata
perdita del lavoro, l’obesità
e le malattie cardiovascolari, ma
lo studio della
Gallup non ci dice di che tipo di
natura questa sia,
se, ad esempio, a causare questi
mali è lo
stress relativo alle difficoltà incontrate nella ricerca di un’occupazione o se invece sono i
problemi di salute antecedenti alla perdita del lavoro a rendere particolarmente arduo trovarne un
altro.
I problemi di salute relativi alla disoccupazione
sembrano poi perdurare
nel tempo, perché tendono
a cronicizzarsi. Uno studio
condotto su un gruppo di
operai della Pennsylvania
ha scoperto che tra coloro
che erano stati licenziati
negli anni Settanta ed Ottanta, 20 anni più tardi il
rischio di morte era tra il
15 ed il 10 per cento più alto che tra coloro che avevano mantenuto il proprio lavoro.
Dallo studio della Gallup risulta anche che nel
settore industriale e nel lavoro manuale i datori di lavoro evitano di assumere
personale sovrappeso perché considerato a più alto
rischio di malattie cardiovascolari. Ciò significa che
i disoccupati di lungo termine hanno in media meno possibilità di essere assunti di quelli di breve termine.
C’è poi la questione di
“Obamacare”, il nuovo sistema sanitario introdotto
dal presidente Usa Barack
Obama che impone a tutti i
datori di lavoro di offrire ai
dipendenti l’assicurazione
sanitaria. È chiaro che sotto questo aspetto i disoccupati obesi indirettamente sono discriminati, hanno infatti meno possibilità
di essere assunti perché
più a rischio di malattie di
chi non lo è, e quindi rappresentano un maggiore
costo potenziale per i datori di lavoro.
IL CAFFÈ
22 giugno 2014
13
economia
Con lo stesso
budget del 2013
la settimana
al mare diventa
di otto giorni
L’albergo
in Veneto
Il B&B
in Puglia
IL VOLO
RTO
IL TRASPO
Benzina
a
Da Lugano do 377 km
Li
o
l
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s
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J
a
105.Lido
Da Jesolo
377 km
o
n
a Luga
105.---------210.TOTALE
Un giorno di vacanza in più
Con 3’000 franchi si allungano le ferie della famiglia media
EZIO ROCCHI BALBI
IO
IL PEDAGG
a
Autostrad
no-Jesolo
Como-Mila
lano-Como
Jesolo-Mi - - - - - - - -------60.TOTALE
TAMENTO
IL PERNOT
Hotel ***
bino
i + 1 bam
Due adult la
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Camera tr
mare
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c
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a
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con
sa
u
l
c
one in
1a colazi
-8 notti
- - - - - - - .------1’560
TOTALE
IL MARE
Spiaggia
N
on solo con tremila franchi la famiglia media ticinese si può
permettere una vacanza al mare, ma quest’estate con la stessa
cifra si può godere un giorno in
più sulle spiagge italiane. E questa volta l’effetto “franco forte” non c’entra. È la crisi economica continentale, la concorrenza tra Paesi turistici, compagnie aeree e servizi alberghieri ad avere suggerito tariffe più competitive. Conti alla mano, una vacanza per una
famiglia media - madre, padre e figlio di 14
anni - costa sui tremila franchi “all inclusive”.
Il costo è lo stesso che il Caffè, “prenotando”
analoga vacanza ha rilevato lo scorso anno e
due anni fa. Solo che questa volta, con la
stessa cifra, si guadagna un giorno e una notte di vacanza in più, la località è un filino più
“in” della solita riviera romagnola e - volendo - c’è anche un’alternativa con volo aereo e
auto a noleggio.
Le date scelte sono comunque già da alta
stagione: partenza 2 agosto e ritorno il 10. La
prima opzione vede come meta Lido di Jesolo, la seconda Margherita di Savoia, sotto il
Gargano sulla costa pugliese dell’Adriatico.
Economico, con un’auto famigliare, raggiungere le sabbie finissime della località veneta:
gli 800 km circa tra andata e ritorno costano
270 franchi, 60 di autostrada e il resto in carburante. L’albergo tre stelle che abbiamo
“prenotato”, a duecento metri dalla spiaggia
(convenzionata) in camera tripla con balcone vista mare e colazione continentale inclusa ci costa 1’560 franchi. E la scelta è stata
ampia, puntando al miglior rapporto qualità
prezzo, perché sfruttando lo sconto del 10%
riservato dal sito “trivago” a chi prenota con
60 giorni d’anticipo, le stesse otto notti in un
altro tre stelle meno fashion potevano costarci 544 euro, 665 franchi tasse di soggiorno
incluse! È stato scelto il comfort anche in
spiaggia: due lettini e un ombrellone, com-
L’intervista
i/Bar
Ristorant
ia
Spesa med
ra
e
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a
n
gior
98.ersone
per tre p - - - - - - - ------875.TOTALE
P
AMALIA MIRANTE
Economista alla facoltà di
scienze economiche
dell’Università della Svizzera
italiana
La parola
La formula vacanze
tra riposo e attività
CATTACIN A PAGINA 33
------------TOTALE
-420.-
IL TRASPO
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Autonoleg
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Fiat Pand
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AutoEurop . franchigia
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-------------TOTALE
440.-
IL PERNOT
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Otto nott
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-1’100.-
IL MARE
SpiaggiaLido
Convenzio
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Due letti ta B&B
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brel.
Otto gior
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-------------TOTALE
98.-
L’economista Amalia Mirante spiega le nuove tendenze turistiche tra Svizzera e mercato europeo
“Non si parla più di meta fissa
e l’aereo porta verso la novità”
ni,
Due letti
lone,
l
un ombre
spiaggia,
o
i
serviz
fila
de,ottava
docce cal
8 giorni - - - - - - - - - -----135.TOTALE
I PRANZI
presi tutti gli attrezzatissimi servizi dello stabilimento balneare più vicino e docce calde
a disposizione, 135 franchi per tutta la famigliola. “Nelle file cosidette ‘basse’, più lontane dall’arenile comunque non costava più di
120 franchi, e 150 nelle primissime file spiegano da Jesolo Turismo -. I bagni sono
gestiti dall’ufficio turistico e la nostra politica
è all’insegna della soddisfazione dei vacanzieri, è un servizio cittadino che deve essere
alla portata di tutti. Anche se i nostri turisti tipo sono austriaci, tedeschi e svizzeri, essere
competitivi di questi tempi è indispensabile”.
Al conto, quindi, basta aggiungere le spese per ristoranti e bar. E anche considerando
che in vacanza al mare il pranzo di mezzodì
non è certo pantagruelico, con le tariffe
esposte online dei tanti ristorantini di Jesolo
con 80 euro al giorno (e calcolando nove
giorni) il totale di pranzi, cene, bibite e gelati
non supera gli 875 franchi. Per fare cifra tonda ne aggiungiamo 160 di spese “varie” ed
ecco che la nostra vacanza arriva giusta giusta a tremila franchi.
Un test che, vista la situazione congiunturale favorevole agli svizzeri in vacanza in
Italia (Paese da sempre al primo posto delle
ferie rossocrociate) ci ha spinto a provare
nuovi itinerari e nuove formule. La generazione “easyjet” non ne sarà sorpresa, ma abbiamo scoperto che prenotando con un mese d’anticipo il volo Orio al Serio - Bari, coprire i 1.800 km tra andata e ritorno costa solo
420 franchi con Ryan Air, tasse aeroportuali
incluse! La trasferta fino all’aeroporto bergamasco, con l’auto della nostra famigliola custodita nel parking ParkVia fino al ritorno
prevede 117 franchi di spesa. Tanto vale,
quindi, una volta atterrati a Bari Palese, ritirare la Fiat Panda noleggiata su AutoEurope
un mese prima, con chilometraggio illimitato e pure l’assicurazione supplementare che
prevede il rimborso della franchigia in caso
di danno, inclusi vetri e ruote. Con 440 franchi siamo liberi di scorrazzare in lungo e in
largo a nostro piacimento, cambiando stabilimento balneare ogni giorno. Il solito ombrellone con due lettini, comunque, ci costerà meno di cento franchi per tutta la vacanza.
Ancor più economici, rispetto al nord Italia, i
menù dei ristorantini e pizzerie di Margherita di Savoia: a tutta la famiglia pranzo, cena e
gelati non costeranno più di 675 franchi per
tutto il soggiorno.
Un’ultima variante l’abbiamo testata optando per un Bed & Breakfast, ma di “lusso”,
con aria condizionata, wifi, frigobar e tv lcd
incluso parcheggio e servizio convenzionato
con lido balneare. Tutto per 1’100 franchi per
otto notti. Anche in questo caso, però, per arrivare al nostro budget di 3’000 franchi abbiamo previsto, e aggiunto, 150 franchi di
spese varie. “La concorrenza turistica quest’anno è micidiale - dicono all’Ufficio del turismo pugliese -. I prezzi in Grecia, Portogallo e Spagna sono letteralmente crollati. Ma i
turisti svizzeri e tedeschi sanno che da noi è
tutta un’altra cosa”. Sì, come sanno che hanno guadagnato un giorno di vacanza in più.
[email protected]
Q@eziorocchibalbi
Aereo
Orio al S
erio-Bari
Ryan Air
Andata e
ri
per tre p torno
ersone
iù che essere legate da un
rapporto diretto, per gli economisti crisi e vacanze rispecchiano i cambiamenti d’abitudine dei turisti e del turismo. La
conferma arriva anche dall’analisi di Amalia Mirante della facoltà
di scienze economiche dell’Università della Svizzera italiana.
“Certamente rispetto a 20 anni fa
sono cambiate le modalità di intendere le ferie - spiega -. Non si
parla quasi più di meta fissa e
sempre uguale, ma si viaggia più
di frequente e in modo molto più
semplice”.
Quanto hanno inciso i nuovi
mezzi di comunicazione e di
accesso alle prenotazioni?
“Parecchio, perché hanno
aperto nuove possibilità di viaggio. Ormai si pianifica la visita
delle principali capitali europee
in 14 giorni. Vent’anni fa l’aereo si
prendeva praticamente solo dopo i 30 anni di età. Oggi anche i
bambini sono esperti di checkin…”
Non c’è crisi che tenga, insomma?
“Bisogna fare delle distinzioni. Nel senso che, da un lato, il turismo di lusso non risente mai
delle variazioni congiunturali. E
con esso le strutture che ospitano.
Analogamente, però, sentono poco la crisi anche ostelli e campeggi”.
Il problema sta nel mezzo?
“Esattamente. Le strutture,
per così dire, a metà strada, sono
proprio quelle che subiscono
maggiormente sia il cambiamento di abitudini, sia le fluttuazioni
della situazione economica”.
Con più mete a portata di
mano, scendono anche i costi?
“In generale sì, perché prendendo l’aereo con grande facilità
e a prezzi molto concorrenziali si
raggiungono località turistiche
molto competitive a livello di costi di prenotazione e di qualità
dell’offerta. La mobilità ha profondamente cambiato il turismo
e il modo di fare vacanza”.
Anche il turismo in Svizzera,
però, appare in ripresa.
“L’accesso semplificato a mercati molto vantaggiosi ha un po’
colto impreparata la Svizzera. Anche perché i prezzi sono più alti,
spesso in modo giustificato da salari elevati e altri fattori. C’è poi
stato un periodo di adattamento
delle strutture un po’ più lento rispetto, ad esempio, all’Austria”.
m.s.
ALTRE SPE
SE
Benzina/A
utostrada
/
Parking a
eroporto
Benzina
Autostrad
a A/R
ParkVia
45.18.54.-
-------------TOTALE
117.-
I PRANZI
Ristorant
i/Bar
Due adult
i
al giorno + 1 bambino
75
------- - - - - - - .TOTALE
-675.-
Un podio anche a Jerez
per il ticinese Camathias
Fontana subito eliminato,
Marciello ottimo terzo
Dopo quello conquistato a Portimão,
Joël Camathias raddoppia l’appuntamento con il podio nell’international Gt
Open. Con la Porsche 997 Gt3 di Autorlando Sport il ticinese è arrivato terzo in
gara-1 classe Gts con Matteo Beretta.
Dopo aver ottenuto un grande secondo
posto in qualifica, il ticinese Alex Fontana non ha concluso gara-1 nella
Gp3 Series a Zeltweg. Grande rimonta,
invece, per Raffaele Marciello in Gp2,
con il pilota di Caslano al terzo posto.
Ti-Press
losport
IL
MONDI
ALE
IN
TELE
VISIONE
Domenica 22 luglio
17.30 LA2 / SF2 / RTS2
Belgio - Russia
Mercoledì 25 luglio
21.30 LA2 / SF2 / RTS2
Honduras - Svizzera
Tom Sykes torna in pole
al Gran Premio di Misano
Hingis non allenerà più
la tedesca Sabine Lisicki
Lunedì 23 luglio
21.45 LA2 / SF2 / RTS2
Croazia - Messico
Giovedì 26 luglio
17.30 LA2 / SF2 / RTS2
Usa - Germania
Martedì 24 luglio
17.30 LA2 / SF2 / RTS2
Italia - Uruguay
Sabato 28 luglio
17.30 LA2 / SF2 / RTS2
Ottavi di finale
Il campione del Mondo della Superbike, Tom Sykes, ha conquistato la superpole nel Gp di Misano battendo tutti
gli avversari con la sua Kawasaki. Secondo Davide Giugliano su Ducati e
terzo Sylvain Guintoli su Aprilia.
Le strade di Martina Hingis e Sabine
Lisicki nel tennis si separano, almeno
per quanto riguarda il rapporto tra allenatrice e giocatrice. La causa della
rottura sono i molti impegni di Hingis
in doppio, spesso anche con Lisicki.
Domenica
22 giugno 2014
Antropologia del tifo
Il possesso palla
contro la Francia
Soldati di ventura
che riaccendono
i sogni dei tifosi
La fascia sinistra di Rodriguez e
Mehmedi è stata più propositiva
di quella di Lichtsteiner-Shaqiri
ALLE PAGINE 34 e 35
BRASILE 2
14
6%
16%
7%
12%
30%
5%
5%
13%
La salita di Verbier sorride al colombiano Chaves, ma il tedesco regge
Xherdan SHAQIRI
Uno degli uomini più attesi della
Svizzera si è mosso in modo
troppo “anarchico” sul campo
Granit XHAKA
Reuters
Avrebbe dovuto giocare dietro
le punte, ha corso oltre 11 km,
ma spesso in “zona Shaqiri”
Admir MEHMEDI
segue dalla prima pagina
MASSIMO SCHIRA
Ora torniamo
a vestire
i panni
dell’operaio
PIERLUIGI TAMI
L
a Svizzera, insomma, per
sperare di agguantare gli
ottavi, deve alzare il livello del proprio gioco, che già
contro l’Ecuador aveva mostrato chiari limiti. Ma raggiungere
un livello superiore è possibile
solo se ognuno dei singoli elementi che compongono il
gruppo scende in campo con il
coltello tra i denti. Tirar fuori il
meglio delle proprie possibilità
e metterle al servizio della
squadra. Presi individualmente nelle prime due partite del
Mondiale, nessuno degli svizzeri ha giocato ai suoi livelli migliori. E, soprattutto, è mancato
lo spirito di sacrificio in favore
della squadra. E gli stessi giocatori ne sono consapevoli: così
non si va avanti. Solo ritrovando umiltà e concretezza la Svizzera saprà cogliere l’occasione
contro l’Honduras. Perché non
si tratta di un problema di giocatori, il problema è d’insieme.
Deve quindi essere il gruppo a
ritrovare i suoi valori tecnici,
tattici e fisici per uscire da questa situazione e perseguire i
suoi obiettivi.
Reuters
“Contro l’Honduras vinceremo”, il “day after” della Svizzera
dopo la débâcle contro la Francia
è tutto o quasi nelle parole con
cui Ottmar Hitzfeld ha tuonato
dal ritiro di Porto Seguro. Il tecnico rossocrociato ieri, sabato, ha
tentato di sdrammatizzare la
sconfitta contro i francesi. “Non
abbiamo giocato contro una
squadra qualsiasi - ha detto il selezionatore -, bensì contro una
delle migliori
formazioni in
assoluto.
La
squadra
era
molto delusa,
perché ogni giocatore nutriva
grandi speranze. Credo molto
nella squadra e
so che contro
l’Honduras aumenteremo il
nostro livello du
gioco”.
Lo staff rossocrociato e i
giocatori più
esperti hanno
ora il compito di tenere unite le
“truppe”, soprattutto perché la
qualifica agli ottavi di finale è ancora possibile. Alla luce del 2-1
con cui nella notte l’Ecuador ha
superato l’Honduras, infatti, le
combinazioni di risultato favorevoli ai rossocrociati verso la difficile sfida di Manaus sono parecchie. La più auspicabile è però
quella che passa da un successo
contro la rappresentativa centramericana. Con una vittoria, le
Reuters
Sguardi rossocrociati
Alla partita
con l’Honduras
la Svizzera
deve arrivare
con maggiore
concentrazione
e aggressività
per qualificarsi
agli “ottavi”
possibilità per l’Ecuador di strappare il passaggio del turno si ridurrebbero al minimo, mentre se
i “condor” non dovessero imporsi sulla Francia, alla Svizzera basterebbe anche un pareggio. Ma,
siccome il tempo delle speculazioni è concluso, i rossocrociati
devono fare una cosa e una sola:
imporsi. “Ad un Mondiale è normale che gli obiettivi siano importanti - ha proseguito Hitzfeld
-. Noi vogliamo qualificarci per
Sugli spalti
MASSIMO SCHIRA
segue dalla prima pagina
SERVE COSCIENZA DEI PROPRI LIMITI
M
a sul piano internazionale, ad una fase finale della Coppa
del Mondo, le cose non funzionano così. Non basta trincerarsi dietro una posizione da “top-10” nella classifica mondiale della Fifa. Non basta aver vinto un girone di qualificazione di
scarsissima qualità senza subire sconfitte. Non basta disporre di una
buona generazione di calciatori, anche piuttosto giovani, per permettersi di non conoscere i propri limiti. Questa è una squadra che,
contro le grandi, deve fare il proprio gioco. Ossia difendersi con ordine e ripartire. Una ricetta che ha portato a battere la Spagna - che sarebbe diventata campione - in Sudafrica e a costringere al pareggio
la Francia in Germania, dove i transalpini sarebbero poi arrivati in finale. Nel calcio, oggi - ma forse non è mai stato così - non basta battere il Brasile in amichevole per diventare il Brasile. La Svizzera ha
dei limiti e solo rispettando questi limiti può sperare di superarli ottenedo risultati di primo piano a livello internazionale. La partita
contro l’Honduras di mercoledì non sarà insomma importante solo
per un eventuale passaggio del turno, ma soprattutto per capire se il
gruppo - dopo gli schiaffi contro la Francia - ha capito che aria tira. A
partire dalla panchina che imposta il “piano di gioco”, fino a quei
giocatori chiamati a metterlo in pratica. Bisogna che la Svizzera torni
ad essere prima di tutto la squadra che “ara il campo” per la foga e
l’agonismo che mette nella partita. Due qualità completamente sparite dall’orizzonte rossocrociato, non fosse per i 15 secondi di follia
competitiva di Valon Behrami contro l’Ecuador. Ma se la Svizzera si
limiterà a 15 secondi di “garra”, per dirla coi sudamericani, sui 270
minuti di Coppa del Mondo, non andrà da nessuna parte.
gli ottavi, poi la pressione sarà
tutta sui nostri avversari”. Ma non
sarà facile. Anche perché, c’è da
scommetterci, nel caldo amazzonico di Manaus gli avversari
non concederanno nemmeno
un millimetro agli elvetici, in
modo da concludere in bellezza
l’avventura in Brasile. Del resto,
già quattro anni fa in Sudafrica, i
sogni rossocrociati s’infransero
contro il gioco roccioso e difensivo dell’Honduras. “A Manaus i
nostri avversari avranno certamente un certo vantaggio per le
condizioni climatiche - ha confermato Hitzfeld -, ma sapremo
gestire il caldo, siamo ben preparati. In generale queste particolari condizioni stanno spingendo a
commettere diversi errori a questo Mondiale. Quindi non è una
sorpresa se si vedono molti gol.
Ma è anche il calcio stesso ad essersi molto sviluppato. E questa è
un’altra ragione per il numero di
reti”.
Quello degli honduregni, infatti, anche in Brasile resta un
calcio fatto soprattutto di interdizione e ripartenze. Proprio due
aspetti in cui la Svizzera farà bene a rimboccarsi le maniche dopo le prestazioni certo non esaltanti espresse finora nella costruzione del gioco. Bisognerà
aver pazienza e trovare il pertugio buono per scardinare l’organizzazione difensiva avversaria.
Operazione che non può prescindere da un incremento del
ritmo e da un impegno agonistico decisamente superiore da
parte di tutti quelli che scenderanno in campo. “Devo riguardare con attenzione la partita con la
Francia, non ne ho ancora avuto
il tempo, poi discuterò dei dettagli con i giocatori - ha concluso
Hitzfeld -. Ma di certo sull’ultimo
passaggio non abbiamo lavorato
bene finora. E questo vale sia per
la gara contro i francesi, sia per
quella vinta contro l’Ecuador.
Non voglio però pensare nemmeno un istante che quella di
mercoledì sarà la mia ultima partita su questa panchina”.
Cattive notizie arrivano infine purtroppo dall’infermeria, visto che il calcio al volto rifilato da
Giroud a Von Bergen ha decretato la fine del Mondiale per i centrale difensivo rossocrociato. Il
31enne soffre infatti di una frattura dello zigomo che imporrà
nuovi esami in Svizzera, tanto
che il giocatore è già in partenza
per il rientro in patria in compagnia di uno dei medici della nazionale, il dottor Roland Grossen.
[email protected]
Q@MassimoSchira
Il Tour de Suisse
2-2
Nel pareggio dei tedeschi Tony Martin resta leader
Klose raggiunge Ronaldo e punta al successo finale
6%
Forse il più propositivo in una
serata buia per la Svizzera, lo
conferma la posizione in campo
Oltre il
Mondiale
Germania-Ghana
DIREZIONE DELL’ATTACCO
Tutto
da rifare
15
La sfida tra Germania e Ghana regala ai Mondiali un pareggio
spettcolare, un record eguagliato,
ma non una qualifica certa per gli
ottavi di finale. E, soprattutto, una
Mannschaft certamente forte, ma
non in versione schiacciasassi
come in occasione della gara
contro i portoghesi. Finisce 2-2 e
nel gruppo G tutto resta da giocare. E non sono
escluse anche
sorprese
di
quelle clamorose.
Il primo tempo di Fortaleza si
sviluppa sui binari di un certo
equilibrio. Nel
senso che la
Germania si fa
certamente
preferire sul
piano del gioco
in senso stretto,
con una manovra coordinata
e precisa, oltre ad un maggior possesso palla. Ma il Ghana non sta
certo a guardare, cercando di
sfruttare le sue migliori qualità,
che si riassumono in recupero
palla e ripartenza rapida. Rapidissima. E gli africani trovano anche un paio di conclusioni interessanti, specie con Atsu e Gyan,
ma Neuer si fa sempre trovare
pronto.
Sul fronte opposto, invece, i
pericoli vengono soprattutto dalle rapide combinazioni tedesche,
che, però - a differenza della gara d’esordio contro il Portogallo
- non trovano facile sbocco.
Non è quindi una sorpresa
se i primi 45 minuti terminano a
reti inviolate nonostante una gara piuttosto piacevole.
Un po’ a sorpresa, l’avvio di
ripresa regala un Ghana intenzionato a prendere in mano le
redini dell’incontro. Anche perché gli africani hanno l’obbligo
di vincere dopo la sconfitta contro gli Usa per non tornarsene
anticipatamente a casa. Ed infatti ecco la Germania colpire
per prima. Cross dalla destra di
Özil e Götze si fa trovare pronto
per l’1-0 in mezzo ai centrali
ghanesi. Passano però meno di 5
minuti ed ecco il pareggio, ancora di testa, stavolta con André
Ayew a svettare (!) più alto della
difesa tedesca. La gara si accende.
Ma ad alimentare il fuoco
della partita sono soprattutto gli
africani, che trovano l’inatteso
vantaggio poco dopo l’ora di
gioco, con Gyan abilissimo a
sfruttare un’imprecisione difensiva tedesca. Prima di continuare a mettere pressione approfittando di spazi sempre più larghi. Löw si affida allora alla
“vecchia guardia”: dentro Klose
e Schweinsteiger, con il 36enne
giocatore della Lazio che ripaga
la fiducia quasi immediatamente, con il gol del 2-2. Il suo quattordicesimo alla fase finale di
una Coppa del Mondo; il record
del brasiliano Ronaldo “Fenomeno” è raggiunto. Per quanto
concerne i giochi di classifica
del gruppo G, molto interessante la sfida tra Stati Uniti e Portogallo che va in scena quest’oggi,
domenica, nella partita di mezzanotte a Manaus.
m.s.
Argentina-Iran
1-0
Messi salva l’“albiceleste”
contro un Iran organizzato
Reuters
L’Agentina vince per 1-0 con
l’Iran, ma quanta fatica per avere
la meglio contro l’organizzata
squadra medorientale, battuta
solo da una magia di Messi negli
istanti di recupero. Un match
che, ieri, sabato, come
previsto, ha
visto l’Argentina,prendere
immediatamente in mano le redini
del gioco, con
l’Iran chiuso
nella propria
metacampo a
protezione
dell’estremo
difensore,
dalle folate innescate soprattutto da Di Maria. Una pressione asfissiante quella operata
dalla squadra sudamericana che,
dopo una conclusione scagliata
da Aguero e una deviazione di testa di Rojo, non ha trovato però
nel primo tempo il pertugio giusto per trovare la rete del vantaggio.
Anche nella ripresa l’“albiceleste” ha continuato a macinare
il proprio gioco, non riuscendo
però a rendersi pericolosa. Ad
andare vicino alla rete è stato invece l’Iran con Ghoochanneijhad che, prendendo il tempo a
Fernandez, ha colpito da pochi
passi di testa, impegnado seriamente Romero. Un’occasione
che ha permesso alla compagine
mediorientale di guadagnare fiducia e cercare su angolo di
mettere apprensione all’intera retroguardia argentina e poi
andare ancora molto vicino al
gol con una bella azione creata
da Montazeri e conclusa da Dejagah. L’ultimo assalto argentino
ha poi regalato i frutti sperati,
con Messi che dai sedici metri ha
trovato la rete della vittoria. m.m.
Ti-Press
Tutti si attendevano il primo vero attacco alla maglia gialla del
Tour de Suisse. Ma la salita di ieri, sabato, verso Verbier non ha fatto
per davvero la differenza. E, così, il cronoman tedesco Tony Martin
mantiene le insegne del primato vestite per la prima volta a Bellinzona. La frazione con arrivo nella località turistica vallesana è invece stata vinta da un colombiano, Johan Chaves, che ha approfittato
al meglio della situazione di corsa, giungendo solo sotto lo striscione del traguardo davanti a due potenziali uomini di classifica, Roman Kreuziger e Bauke Mollema. Ma il gruppo della maglia gialla è
transitato pochi secondi dopo.
Evidentemente raggiante il vincitore di giornata, che regala un
altro successo al suo Paese e anche ad una delle
formazioni più vincenti di questa stagione, l’australiana Orica Greenedge. “Ho fatto davvero una
bella salita - ha detto Johan Chaves -, tutta la giornata è stata corsa ad alti ritmi e ci sono stati tanti
attacchi. Ma, complice il caldo, molti corridori sono arrivati un po’ stanchi sul finale. E io ho saputo
approfittarne. Sono contento per il ciclismo colombiano, che dopo le vittorie degli anni Ottanta
si era un po’ addormentato, mentre adesso è tornato al successo”.
A piazzare il colpo a Verbier ci hanno provato
anche alcuni degli elvetici in gara, soprattutto Danilo Wyss e Gregory Rast, inseriti nella fuga di
giornata. Wyss è stato l’ultimo ad essere ripreso
dai migliori dopo essere rimasto tutto solo ad 8
chilometri dal traguardo. Anche l’atteso assalto di
Matthias Frank al podio della generale e alla maglia gialla è stato un po’ ridimensionato da una giornata corsa a tutta. Il corridore della Iam Cycling ha tentato di allungare nel tratto
conclusivo della salita, ma - come successo agli altri pretendenti ai
posti nobili in classifica - non è riuscito a fare la differenza.
E così, quest’oggi, domenica, l’ultima frazione potrebbe incoronare un vincitore di Tour de Suisse per certi versi inatteso, ma potrebbero ancora esserci sorprese. Soprattutto perché il traguardo è
nuovamente in salita e, diversamente dalla tappa di ieri tra Delémont e Verbier, presenta un maggior numero di asperità prima
dell’ascesa conclusiva verso Saas Fee. Il terreno per tendere una vera imboscata a Tony Martin, insomma, c’è. Bisogna invece capire se
le forze in gruppo saranno sufficienti.
m.s.
La Formula 1 La pole position va a Massa davanti a Bott
A Zeltweg è sorpresa Williams
Sorpresa Williams a Zeltweg. Per la prima volta in questa stagione
di Formula 1 non è la Mercedes a conquistare la pole position, bensì
la Williams. La scuderia inglese non si è limitata, ieri, sabato, ad ottenere la partenza al palo con Felipe Massa, ma ha piazzato Valtteri Bottas al suo fianco. “Sono felice per quanto accaduto, devo ringraziare il
mio team, è stato un grande momento per tutti - ha dichiarato Massa
-. È passato molto tempo dall’ultima pole (Brasile 2008), ora dovremo
concentrarci su una gara difficile e molto importante. Spero sia solo
l’inizio di una lunga serie, non solo in qualifica ma anche in gara”.
Buona la qualifica del leader del Mondiale, Nico Rosberg, che ha
terminato al terzo posto. Un risultato che potrebbe diventare importante in ottica Mondiale, visto che Lewis Hamilton ne ha combinate di
tutti i colori, finendo decimo. “Non mi aspettavo due Williams davanti
a me - ha detto Rosberg -, ma hanno fatto un grande lavoro, mentre
per me non è stato tutto perfetto, anche a causa di Lewis, che si è girato davanti a me nel giro veloce”.
m.m.
Il tennis
A Wimbledon il basilese cerca l’ottavo sigillo
Federer torna nel suo “giardino”
Roger Federer torna nel suo giardino preferito, a Wimbledon, dove
va alla caccia dell’ottavo titolo sull’erba londinese. Un inizio agevole
per il basilese con Paolo Lorenzi, prima di puntare agli ostacoli veri, nei
quarti con Stan Wawrinka e in semifinale al cospetto di
Rafael Nadal. “Di solito quando ho giocato bene ad
Halle, poi ho fatto bene anche a Wimbledon - ha
dichiarato Federer -. Questo periodo dell’anno è
stato quello di maggior successo della mia carriera
e mi auguro che la vittoria ottenuta ad Halle continui a portarmi fortuna”. Se per Federer l’inizio non dovrebbe creare problemi, Wawrinka non ha pescato certamente bene,
visto che all’esordio si trova di fronte al portoghese Joao Souza che ad
Halle ha dato filo da torcere al renano. Sono ben quattro le elvetiche,
come al Roland Garros, presenti a Wimbledon con Belinda Bencic impegnata con Rybarikova, Stefanie Vögele con Gajdosova, Romina
Oprandi con Barthel e Timea Bacsinszky con Fichman.
m.m.
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A PAGINA 23
ROSSI A PAGINA 30
traparentesi
ilcaffè
PAUSA CAFFÈ
Animali
22 giugno 2014
Solo la rapidità
salva il cane
dalla ‘piometra’
PASSIONI | BENESSERE | SPORT
BOLTRI A PAGINA 20
L’incubo
delle prove
scolastiche
per scoprire
le proprie
capacità.
Un appuntamento
obbligato
per diventare
adulti. Superabile
con qualche
“trucco”
G
MASSIMO SCHIRA
li esami scolastici rimangono il
primo, vero, rito di passaggio nella nostra vita. E con essi anche le
notti che precedono le prove
scritte o orali, quelle cantate fin
dal 1984 da Antonello Venditti,
rappresentano un momento con
cui fare i conti. Prima o poi. A tutti i livelli, l’essere obbligati ad affrontare una serie di test.
segue a pagina 18
Per cominciare
IL BOSCO INCANTATO
Q
uanta nostalgia. Ricordi e momenti lontani legati ad una
memoria che pensavamo svanita per sempre. Invece, rieccole. Le lucciole sono tornat! Una bella notizia, segno che
l’ambiente non è poi così messo male. Sebbene da un bel po’ erano praticamente sparite, a causa di un’agricoltura che avvelena la
biodiversità di campi e aree verdi.
È indubbiamente una minuscola grande magia vedere quelle
centinaia di piccoli coleotteri fluorescenti che, roteando silenziosi, emano brevi scintillii a intermittenza non appena si fa scuro.
Punti cardinali fantasiosi che (forse) significano, tutto sommato,
una agricoltura dal volto (un po’ più) umano. Se volete ammirare
qualcosa di davvero speciale cliccate su
http://tinyurl.com/m55asgs, Lorenzo Sgalippa, qualche tempo fa
ha catturato le immagini di migliaia di lucciole nella campagna
vicino a Castignano (Ap), un’idea, ha spiegato, che gli frullava in
testa da un paio di anni, ma doveva trovare la location più adatta.
“Dancing Woods”, i boschi danzanti, è il suo progetto fotografico,
scatti fiabeschi in una sorta di “bosco incantato”. Centinaia, migliaia di piccole luci lampeggianti che danzano, sempre più luminose e sempre più numerose man mano che la notte scende.
L
OMAR RAVANI
PATRIZIA GUENZI
La comedy noir del Caffè
Malafinanza, malapolitica
e torbide passioni
in un racconto
di ventitré puntate
di Anonymous
Con una graphic novel
di Marco Scuto
A PAGINA 48
a tremarella, le emozioni, l’adrenalina che sale e le notti insonni.
Anche alcuni personaggi di casa
nostra sono passati per i mille stati
d’animo che caratterizzano le prove di fine anno scolastico. L’importante però è arrivarci consapevoli
di essersi preparati al meglio. “Ho
sempre cercato di ridurre al minimo la percentuale di rischio - racconta Nicola Pini, vice presidente
del Plrt -, studiando tantissimo,
senza tralasciare niente”.
segue a pagina 19
IL CAFFÈ
22 giugno 2014
19
tra
parentesi
La società
ATTENZIONE E DISCIPLINA
Le ore trascorse in classe
sono fondamentali
nell’apprendimento, serve
attenzione e disciplina. Se
rimangono argomenti poco
chiari è sempre meglio
chiedere al docente di
farseli rispiegare
La notte prima
degli
esami
Le testimonianze
“Mi agitavo sino a star male”
“Ero spavaldo e mi buttavo”
L’incubo delle prove scolastiche
che svelano le nostre capacità
LA POPOLAZIONE SCOLASTICA
LE SCELTE
Allievi e studenti nelle scuole pubbliche e private ticinesi,
secondo il tipo di scuola, anno scolastico 2012/13
dell’infanzia
elementari
speciali
medie
medie superiori
Corso pretirocinio
professionali secondarie a tempo pieno
professionali secondarie a tempo parziale
professionali superiori
universitarie professionali
Università
a programma estero
Scelte scolastiche e professionali degli allievi al termine della 4a media,
secondo il sesso, anno scolastico 2012/13 (Ticino)
Scuole professionali
secondarie a tempo pieno
0
2.000
4.000
6.000
8.000
10.000
12.000
14.000
16.000
Scuole professionali
secondarie a tempo parziale
Uomini
Donne
Altre scelte
900
500
100 0 100
Fonte: Stat. allievi inizion anno, Umss; Supsi; Usi
La colonna sonora
è sempre firmata
Antonello Venditti
S
e gli esami hanno una
colonna sonora, questa è indubbiamente
“Notte prima degli esami”,
di Antonello Venditti, pubblicata nel 1984, quasi un
quarto di secolo prima
dell’omonimo film di Fausto Brizzi che ha preso il titolo proprio dalla canzone
del cantautore romano.
Decisamente autobiografica, al punto che lo stesso
Venditti ha rivelato che i
“quattro ragazzi con la chitarra e il pianoforte sulla
spalla” citati nella prima
strofa del brano altri non
erano che lui, Francesco
De Gregori, Giorgio Lo Cascio e Ernesto Bassignano.
Gli stessi del suo primo
“complesso”, come si chiamavano allora le band, “I
Giovani del Folkstudio”.
MASSIMO SCHIRA
G
L
Scuole medie superiori
*Comprese le scuole affiliate ** Bachelor, master, dottorato, excecutive master
La canzone
OMAR RAVANI
Ripetono la 4a media
Corsi preparatori alla
formazione professionale
li esami scolastici rimangono il primo,
vero, rito di passaggio nella nostra vita.
E con essi anche le
notti che precedono le prove
scritte o orali, quelle cantate fin
dal 1984 da Antonello Venditti,
rappresentano un momento con
cui fare i conti. Prima o poi. A
tutti i livelli, l’essere obbligati ad
affrontare una serie di test ravvicinati nel tempo rappresenta un
momento di tensione emotiva,
di indubbia pressione. Da cui
però si esce chiaramente rafforzati nel carattere e nella consapevolezza nei propri mezzi.
“Quello degli esami è certamente un momento utile perché permette di confrontarsi con i propri limiti - sottolinea Fabio Merlini, filosofo e direttore dell'Istituto universitario federale per la
formazione professionale -. Una
situazione che permette pure di
scoprire qualcosa di nuovo a
proposito di sé stessi. Per esempio, la capacità di resistenza, di
reazione, di superamento di un
momento di stress. Condizioni
che risultano poi molto utili nella società di oggi”.
Anche perché, spesso, il momento degli esami rappresenta
la conclusione di un percorso. E
l’avvio di una nuova fase di studio, professionale o semplicemente di vita. “Quello della maturità è un momento importante, che resta molto sentito - conferma Omar Gianora, direttore
del liceo di Bellinzona -. È una
tappa che i giovani percepiscono come l’opportunità di andare
500
900
Fonte: Uosp
finalmente verso una specializzazione. Vedo sovente grande
voglia di cambiamento negli studenti che arrivano agli esami di
maturità e credo che questo momento mantenga un suo valore
particolare”. Un’impressione
confermata anche dal professor
Franco Zambelloni. “La vita forma attraverso delle prove - osserva -. E, in questo senso, gli
esami scolastici sono una delle
rare occasioni per un giovane di
affrontare una vera prova. Che
poi può anche avere un peso tutto sommato relativo nella valu-
Lo psicologo
I consigli di Nicola Carbonetti per prepararsi al fatidico “appuntamento”fiduciosi e sicuri di sè
Resistenza,
abitudine allo
stress e alle
pressioni sono
utili nella vita
tazione globale, ma certamente
è una prova che aiuta a crescere”.
E, naturalmente, quando si
termina un percorso - formativo
in questo caso - si arriva al “traguardo” diversi da quando ci si
presentava ai “blocchi di partenza”. “Nei quattro anni di liceo ve-
“Disciplina, ordine e metodo
per gestire ansia e insicurezza”
C’
“Organizzare
bene il proprio
tempo, inutile
stare sui libri 24
ore su 24”
Alcuni personaggi
ricordano
per il Caffè
come hanno
affrontato test
e verifiche
ai tempi
della scuola
è lo studente che si rende conto di non
aver svolto bene il proprio lavoro durante l’anno scolastico, chi ha un po’ di
ansia da prestazione o si mette in competizione con
i compagni, chi vuole essere all’altezza delle aspettative di mamma o papà o ha un fratello con una media
molto alta e non vuole sfigurare in famiglia e quindi
cerca di dare il massimo, c’è anche chi per la prima
volta si trova ad affrontare qualcosa di grande, una
sfida che è importante superare. Per la maggior parte
degli studenti l’appuntamento con gli esami è un incubo. “Studiare seriamente durante l’anno, gestendo
il proprio tempo, cercare di avere un buon rapporto
con i professori e tenere in ordine il materiale danno
un senso di sicurezza; inoltre, profittare della rete,
internet e youtube possono rivelarsi un’ottima risorsa”, suggerisce Nicola Carbonetti, psicologo e specialista in tutoring per studenti. Mentre ai docenti Carbonetti chiede: “Mai fare ‘sorprese’. Non sottoporre
mai durante l’anno l’allievo a verifiche su argomenti
mai affrontati, non lo aiuta a sentirsi tranquillo e fiducioso”. E ai genitori ricorda: “Siate presenti”.
Insomma, disciplina, ordine, la consapevolezza
che le prove aiutano a crescere e che la paura bisogna imparare a gestirla. Sono tutte tappe fondamen-
tali per diventare adulti. “Occorre metodo, sia in
classe che a casa - insiste Carbonetti -, essere consapevoli che ci si sta impegnando per il proprio futuro,
che non si può scherzare”. Mentre i docenti durante
l’anno devono agire sempre in modo trasparente.
“Non fare test trabocchetto o prove su temi sconosciuti. Anche se fatti in buona fede, non aiutano il ragazzo ad avere fiducia”, sottolinea Carbonetti.
Altro suggerimento importante è quello di non
lasciare indietro argomenti non capiti. Ma pretendere che il docente rispieghi nuovamente. Altrimenti
studiare a casa concetti astrusi, poco chiari, si rivelerà del tutto inutile. “E non farà che aggiungere paura
a paura”, nota lo psicologo, che affronta un altro
aspetto importante nella preparazione ad un esame.
Il fattore tempo. “Organizzare bene la propria giornata di studio, farsi una scaletta precisa degli argomenti e reperire più materiale possibile. Sfruttare
anche internet, che propone riassunti ben fatti. Basta
saper cercare bene, ad esempio scrivendo ‘cellule
pdf’ esce già un documento completo. Ma attenzione a non perdersi nella rete, non andare su Facebook, mettersi a chattare o guardare altro. Infine, fare
delle pause, chini sui libri 24 ore su 24 non serve a
niente”.
p.g.
do i giovani studenti cambiare
davvero molto - aggiunge ancora
Omar Gianora -. A competenze e
conoscenze si aggiungono curiosità, capacità di confronto e
spesso anche senso di responsabilità. E il perché è semplice. Al
liceo gli studenti arrivano dalle
scuole medie ancora ‘accompagnati’ dai genitori e, col passare
del tempo, imparano a camminare con le proprie gambe. Ecco
perché gli esami finali sono ancora percepiti come tappa fondamentale nella carriera di studi
e nella vita”.
Una tappa che, secondo Fabio Merlini, rappresenta anche
un momento di riflessione sociale. In una società in cui l’immediatezza è diventata un’esigenza quotidiana, l’investimento a lungo termine rappresentato dall’impegno scolastico è una
sorta di “unicum”. “È un’esperienza educativa irrinunciabile precisa Merlini -, che va ben al di
là di quanto si apprende con le
singole materie. E gli esami rientrano perfettamente in questa
polarità dialettica, la liberazione
dopo lo sforzo, la gioia dopo il
sacrificio. Un impegno intellettuale e cognitivo che però evolve
con l’esperienza. A livello di studi universitari o nel caso, ad
esempio, dei docenti in fase di
abilitazione all’insegnamento,
l’esame perde quasi del tutto la
sua dimensione di rito di passaggio, per diventare il momento della conquista di una possibilità ulteriore, maggiormente
legata all’universo professionale
o alla specializzazione”.
[email protected]
Q@MassimoSchira
Il film
Il risultato perfetto
era già nelle mani
della bella Scarlett
S
carlett Johansson
non aveva ancora
vent’anni, ma già mirava al punteggio perfetto,
a “The Perfect Score”, come il titolo del film con un
cast di teenager diretto da
Brian Robbins. Un gruppo
di ragazzi, all’ultimo anno
di liceo, che per soddisfare
le aspettative dei genitori
decidono di rubare le risposte dei test. Un furto
che non ha nulla da invidiare, come suspense, alla
rapina del secolo. All’esame, però, rinunceranno,
ognuno per un motivo
proprio, ad utilizzare le risposte. Tutti, presa coscienza delle loro capacità, superano il test brillantemente. Scarlett vincerà
anche il suo primo premio:
il Teen Choice Award.
a tremarella, le emozioni,
l’adrenalina che sale e le notti
insonni. Anche alcuni personaggi di casa nostra sono passati per
i mille stati d’animo che caratterizzano le prove di fine anno scolastico.
L’importante però è arrivarci consapevoli di essersi preparati al meglio.
“Ho sempre cercato di ridurre al minimo la percentuale di rischio - racconta Nicola Pini -, studiando tantissimo, senza tralasciare niente”.
Ciò che però non mette al riparo da
brutte esperienze. “Sapevo bene che
un esame può pure andare male osserva il vice presidente del Plrt -,
ma quel che mi è sempre importato, e mi imNicola Pini
porta tuttora, è avere la “Ho sempre dormito
coscienza a posto. Ho
sonni tranquilli,
inoltre un dono di natuper fortuna ho
ra che mi permette di
saputo dominare
trasformare la tensione
la tensione”
in energia positiva al
momento della prova, un aspetto
che mi accompagna anche nella vita
professionale e politica”.
Insomma, disciplina e metodo,
due elementi che permettono di affrontare con serenità anche gli esami più difficili. Lo sa bene Lorenzo
Quadri, studente modello. “Non mi
è mai capitato di andare nel pallone
- afferma il deputato leghista alle
Camere federali -. Sono sempre stato una persona puntigliosa e, senza
esagerare, preferisco comunque essere sempre preparato. È chiaro che
le sorprese possono caRosy Nervi
pitare, ma non ho mai
“Prima
delle
prove
perso una sola notte con
stavo malissimo, un
l’assillo di fallire una
vero incubo. Dei mal
prova”. Come è chiaro
di pancia che non
che gli stati d’animo soauguro a nessuno”
no a volte difficilmente
controllabili. “Ovviamente non ero mai tranquillo prima
di un esame - nota Quadri -, ma sapevo che avrei potuto cavarmela in
ogni caso. Lo stesso succede oggi,
sia in politica che nella professione,
dove un’adeguata preparazione e
del sangue freddo sono fondamentali”.
C’è poi chi ha vissuto le ultime
ore prima delle prove scolastiche in
totale apnea. “Stavo malissimo, tanto da risentirne fisicamente - confessa Rosy Nervi, animatrice radiofonica -. Le mie notti prima
degli esami erano un inAlain Scherrer
cubo; avevo dei mal di
“Arrivavo sempre
pancia che non auguro a all’ultimo momento.
nessuno”. E quello di riMa questo non mi
guardarsi tutto la notte impediva di riposare
prima è uno scrupolo
serenamente”
che, solitamente, colpisce chi non ha studiato abbastanza.
“Ma non è vero - ribatte piccata Rosy
-! Ero, e sono, una maniaca, o prendevo il massimo dei voti o sennò
tanto valeva restassi a casa e riman-
dare. Mi ricordo ancora distintamente il momento in cui chiamavano il mio nome e io dovevo entrare.
Tremavo come una foglia, ma una
volta dentro partivo a raffica. Ho
sempre amato gli orali, forse è anche
per quello che ho fatto del parlare la
mia professione”.
E una buona dialettica è una caratteristica necessaria a qualsiasi
politico, affinché chi gli sta di fronte,
colleghi o cittadini, possano capire
bene il suo pensiero. “Per la mia
evoluzione sono state fondamentali
tutte le tappe del mio curriculum di
studio - afferma il deputato ppd Alex
Pedrazzini -. Ricordo però in particolare il liceo nell’internato del collegio Papio di Ascona,
una specie di bunker
Lorenzo Quadri
“Sin da piccolo cerco dove si studiava almeno
una decina di ore al giordi essere preparato.
no e nel quale la metoNon ho perso una
dologia faceva sì che
sola notte per paura
non si potesse sgarrare”.
di fallire un esame”
Una rigorosità che ha
permesso di supeare le vere prove
della vita. “Già, e quando ho fatto il
direttore delle carceri ho misurato
quanto siano piccole le nostre paure
di fronte ai veri problemi della vita aggiunge Pedrazzini -. In quei momenti l’insegnamento del Papio mi
è tornato utilissimo”.
C’è invece chi preferisce prendersela comoda, anche a costo di arrivare con l’acqua alla gola alla fatidica scadenza. “Giungevo con affanno agli esami - ricorda Alain Scherrer, municipale plr di Locarno -, ma
non per questo impreAlex Pedrazzini
parato. Mi rinchiudevo
“Al collegio Papio
in biblioteca per ore e
si studiava ore e ore. ore nelle ultime settimaLe notti prima delle
ne e assorbivo come una
prove erano perciò
spugna. Ma ho sempre
molto tranquille”
dormito, pure l’ultima
notte prima della prova”.
Ma le difficoltà ci sono state, inutile
negarlo. “Mi è capitato ad un orale.
Malgrado avessi studiato, mi sono
sentito gelare il sangue perché non
avevo capito una domanda. Poi la
mia eloquenza mi ha salvato, ma
che paura”.
Inutile negarlo, serve anche una
buona dose di fortuna. Oltre a gestire bene lo stress. E chi vive la realtà
sportiva ne è consapevole “Durante
tutto l’anno cercavo di seguire il programma dei miei compagni - dice
Paolo Duca, giocatore di
hockey, capitano delPaolo Duca
l’Ambrì -, poi verso la fi“Per gli esami potevo
anche studiare delle ne dell’anno acceleravo
giornate intere, ma le e passavo giornate intere a studiare. La notte
notti riuscivo a
però l’ho sempre passapassarle bene”
ta a letto, anche a pochi
giorni dalla scadenza. In fondo
l’hockey è come gli studi, bisogna
essere in forma al momento giusto”.
[email protected]
Q@OmarRavani
20
Completo
Sicilia
Pantalone corto in
abbinamento alla
giacca stile safari
per il designer
Ermenegildo Zegna.
tra
Tailleur
Uno squarcio sulle
rovine di templi
anithci per il modello
di Dolce&Gabbana.
Linea morbida per
il bermuda a metà
ginocchio in due
pezzi con giacca
di Giorgio Armani.
animali
lamoda
parentesi
Safari
Il look di John
Richmond che
propone i bermuda
corti abbinati alla
giacca, con un tocco
arancio per il sotto.
Corti o lunghi, bermuda e shorts
sono un must estivo per lui e lei
LINDA D’ADDIO
L
a regola dei cicli e dei ricicli che da anni interessa la moda femminile vale oggigiorno anche per le tendenze al maschile. Il taglio delle giacche, i modelli dei
pantaloni, le maglie, le camicie, i tessuti, i
colori, gli abbinamenti, ritornano. Sempre.
Eppure fra i tanti capi del guardaroba maschile ce n’è uno in particolare che per questa stagione non conosce rivali. È il bermuda, il pantalone corto, al ginocchio, che immediatamente riporta “i maschietti” ai tempi dell’infanzia, il periodo in cui le braghette
corte erano una costante dell’abbigliamento
estivo, complici di giochi e divertimento.
Usati come divisa nei college inglesi fin
dall’Ottocento, indispensabili nel gioco del
golf, prendono il nome dalle isole omonime
dell’arcipelago britannico, dove nascono per
ovviare al divieto imposto alle donne da una
legge locale di mostrare le gambe completamente nude. Quasi subito vengono indossati
anche dagli uomini e in seguito adottati come divisa dall’esercito britannico negli stanziamenti in zone tropicali e nel deserto.
Fu, però, solo alla fine della Seconda Guerra
mondiale che i soldati iniziarono ad indossarli ai tropici per comodità. Nel dopoguerra
divennero la divisa di molti sport, ma fu Elsa
Schiapparelli, che inventò le gonne pantalone, inizialmente portate solo dalle donne
tenniste, a svincolare il bermuda dalla pratica sportiva. Le prime ad indossarli fuori dai
campi furono proprio le sue clienti.
In questa stagione sono protagonisti delle
passerelle maschili e femminili. Un capo
Abbinati alla giacca, ma
pure con magliette polo,
semplici t-shirt o camicie
must have delle giornate calde, da indossare
non solo nei weekend e non solo al mare.
Fra le versioni maschili sicuramente il modello shorts che si ferma sopra al ginocchio
va per la maggiore. In abbinamento alla
giacca attillata nelle occasioni formali, si
porta anche con magliette polo e camicie,
nonché in versione “free” con una semplice
t-shirt in vacanza. Le proposte e le combinazioni sono davvero infinite e spaziano dai
modelli di alta sartoria, per l’ufficio, alle versioni più sportive e casual.
In versione tre pezzi e skinny per lo stilista
Giuliano Fujiwara, modelli ampi e morbidi
per Jil Sander. Ritroviamo uno squarcio di
Sicilia nelle creazioni di Dolce&Gabbana
che propongono immagini di templi antichi
anche sugli shorts. Si ispira al mondo atletico Donatella Versace, alla boxe, al nuoto e al
tennis, per i suoi modelli. Abbina i bermuda
morbidi alle giacche aperte lo stilista inglese
Neil Barrett. In completo con la giacca safari
la proposta di Zegna con risvolto. Rigoroso e
grigio il modello di Ferragamo.
Anche per la donna gli shorts sono di tendenza, sia in versione lunga fino al ginocchio e morbidi, sia in versione più corta per
chi non ha timore di mostrare la gamba.
Molte le varianti griffate come le declinazioni low cost. Bon ton in lino bianco per Chanel, maschile dal taglio vivo per Missoni.
A chi ama il classico consigliano il modello
nero di Vince o la piega centrale di Theory.
In versione tailleur la proposta di Vera
Wang. Rivisitazione del look maschile per
Giorgio Armani che sceglie il grigio fumo di
Londra per i bermuda, da completare con
mocassini a punta e cappello in stile Borsalino.
[email protected]
Scrivete
Inviate le vostre domande al veterinario
del Caffè
[email protected]
Potete scrivergli anche entrando nella
pagina web del sito www.caffe.ch
cliccando sulla rubrica “Qua la zampa”
Per curare la “piometra” del cane
bisogna intervenire con rapidità
La domanda
La risposta di Stefano Boltri
E
L
gregio dottore, sono proprietario
di una femmina non sterilizzata
di circa 9 anni. In tutto questo
tempo, a parte le solite visite di routine, il cane non ha mai presentato problemi di salute particolari. Qualche
tempo fa, a circa un mese dal calore,
sono iniziati i guai, culminati con
una diagnosi di “piometra” e conclusi con un intervento chirurgico. Vorrei chiedere a lei, alla luce delle visite e degli esami effettuati dai suoi colleghi se l’intervento chirurgico era così indispensabile o se era possibile
percorrere altre vie alternative.
Non vorrei che i veterinari siano
stati un po’ troppo precipitosi,
mettendo a rischio la vita della
mia adorata cagnetta!
a patologia diagnosticata al suo cane rappresenta
una condizione molto frequente nelle femmine oltre i sette anni di età. Per “piometra” si intende
un’infezione che colpisce l’utero di eziologia batterica
che se non adeguatamente trattata si può rivelare fatale.
Tale patologia, tanto comune nelle femmine di cane è invece molto più rara nelle micie ed è essenzialmente legata “all’ormone della gravidanza”, ovvero il progesterone. I
sintomi si manifestano in particolari momenti, legati al
periodo estrale e soprattutto in una fase chiamata “diestro”, ovvero dopo il periodo del calore manifesto ed evidente agli occhi del proprietario.
Ovviamente la piometra può anche essere il risultato
di una somministrazione esterna dell’ormone anche se,
fortunatamente, tale pratica è ormai scomparsa. L’azione
normale del progesterone va a stimolare la crescita e la
secrezione di liquido delle ghiandole che si trovano a livello uterino, ma in alcuni soggetti vi può essere una risposta “patologica” all’azione di tale ormone.
Da un punto di vista clinico si possono riconosce-
re due tipi di piometra. Il primo, ed è il suo caso, viene
definito a “cervice aperta” ed è certamente meno grave
ed anche di più facile diagnosi rispetto alla piometra a
“cervice chiusa”; questa ha un decorso più subdolo ed
insidioso. I sintomi presentati dal suo cane sono tipici;
oltre allo scolo vulvare, l’animale è in genere apatico,
inappetente e può presentare un aumento di assunzione
di liquidi, vomito e diarrea. Gli esami di laboratorio e
l’ecografia effettuati dai colleghi non lasciano, a mio avviso, dubbi sulla diagnosi. Il trattamento in tali casi deve
essere pronto ed aggressivo se si vuole salvare la vita all’animale.
Una stabilizzazione delle condizioni è necessaria e
quindi somministrare fluidi ed antibiotici ha rappresentato un valido approccio. Il successivo intervento chirurgico proposto ed effettuato dai colleghi è stato sicuramente corretto in quanto a mio avviso le eventuali terapie mediche hanno come risultato il rimandare l’intervento per poi doverlo magari fare d’urgenza e con la bestiola in condizioni molto più critiche. LA FORMA
DEL DINAMISMO.
IS 300h: CON LEASING LEXUS PREMIUM AL 3,9 %, CHF 443.–*/MESE.
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4 porte) da CHF 62 500.–, dedotto vantaggio di prezzo Lexus Premium CHF 5000.– = CHF 57 500.–. Rata leasing mensile CHF 580.35. New IS 250 impression (2,5 litriV6, 4 porte) da CHF 46 800.–, dedotto vantaggio di prezzo Lexus Premium CHF 5000.– = CHF 41 800.–. Rata leasing mensile CHF 421.60. Acconto 25 % del prezzo netto. 48 mesi, 10 000 km//anno
a . Taasso d’interesse annuo efettivo: 3,,97 %. Cauzione 5 % dell’importo
del finanziamento. Valore residuo secondo le direttive di Multilease AG. Casco totale obbligatoria. La concessione del credito è vietata se causa un eccessivo indebitamento del consumatore. Leasing Lexus Premium e vantaggio di prezzo Lexus Premium valevoli per contratti stipulati tra il 1°.05 e il 30.06.2014 o fino a revoca.
Consumo di carburante misurato secondo le norme della direttiva CE 715/2007/CEE. Media delle emissioni di CO2 di tutti i modelli di vetture immatricolati in Svizzera: 148 g/km.
IL CAFFÈ
22 giugno 2014
21
tra
parentesi
La polemica
Fatti e numeri
Il
gatto
unico?
Ridicolo, eppure...
E
ti pareva! Dopo l’orso… il gatto. Non c’è
solo il plantigrado nel
mirino di chi vorrebbe
il pianeta abitato
esclusivamente da propri simili
(salvo poi prendere prima o poi a
schioppettate pure loro), anche
l’inoffensivo micio è finito sul
banco degli imputati. Di quale
reato si sarà mai macchiato?, vi
chiederete. Se l’orso può indubbiamente incutere paura e, come
è accaduto recentemente, facilmente venire eliminato con una
pallottola perché - hanno spiegato le autorità - era diventato
“problematico”, cos’ha mai combinato il quattrozampe più diffuso nelle case elvetiche dove ne
vivono ben 1,4 milioni? Ecco,
proprio questo, il sovrannumero,
ed essere una grave minaccia per
la fauna. È l’opinione della Protezione animali di Zurigo. Troppi,
secondo loro, e lancia la politica
del gatto unico. Che, ovviamente, per il momento non ha suscitato grandi entusiasmi: “Mi sembra un’iniziativa ridicola”, reagisce Marylène Wassenberg, comportamentalista per gatti e allevatrice a Aubonne (Vd).
Le raccomandazioni della
Protezione zurighese - che dovranno ancora essere discusse
dagli organi locali di tutela della
natura - sono state pubblicate in
un rapporto. A preoccupare, ovviamente, i mici che non se ne
stanno tranquilli chiusi in un appartamento, ma vanno in giro in
perlustrazione, mettendo, questa la tesi, in serio pericolo la fauna, soprattutto piccoli uccelli.
Questi ultimi, però, da poco hanno un ospedale tutto per loro
(vedi sotto). “Il gatto è cacciatore
per natura, ma se curato e ben
nutrito molto difficilmente si
mette a cercare prede”, sottolinea
Wassenberg, contraria anche
per un altro motivo: “Ricordiamoci che un animale non può
starsene tutto solo chiuso in
un appartamento mentre i
proprietari escono a la-
Proteggere
la fauna
limitando
i mici.
Il progetto
zurighese
divide
La novità
Un ospedale su misura
per rondoni e balestrucci
C
hi li caccia e chi li cura. Gli uccelli, quelli selvatici, da qualche mese hanno un luogo tutto a loro disposizione, a
Losone: il Centro per la cura e la riabilitazione degli uccelli selvatici: rondoni, rondini, balestrucci, pettirossi, merli... Di loro si occupa un’equipe di ornitologi specializzati e volontari formati che fa capo a Sos uccelli selvatici, con sede ad Arosio,
con tanto di profilo Facebook: sosuccelliselvatici.
Soccorrere e prendersi cura degli uccelli
selvatici è una reale necessità. I numeri
parlano chiaro: il 2013 è stato un anno da
record con 450 uccelli trovati in difficoltà,
mentre ogni anno le richieste aumentano
in maniera massiccia. I principali motivi
di intervento sono nidiacei caduti dal nido, denutrizione, fase raminga, collisione
e... incontri con un gatto. La riabilitazione,
ovviamente, comporta tempi lunghi. Il processo di cura comprende analisi cliniche, procedure terapeutiche, mediche ed eventualmente chirurgiche. Un insieme di interventi che mirano a restituire all’animale le condizioni di vivere nuovamente autonomamente in libertà.
L’associazione, inoltre, promuove attivamente la protezione delle
colonie di rondini e rondoni attraverso la posa di nidi artificiali, incoraggiando pure proprietari e inquilini a fissare queste strutture e restando sempre a disposizione per una consulenza. Per cercare di
compensare la carenza di spazi adatti alla nidificazione, sono infatti
stati concepiti dei nidi artificiali, del tutto simili a quelli naturali ma
più resistenti, insensibili agli influssi atmosferici e robusti. Sono uccelli particolarmente protetti e la rimozione dei nidi è vietata e sanzionata dalla legge.
Rondini e rondoni si nutrono principalmente di insetti volanti,
come zanzare e mosche; inoltre, compiono una funzione ecologica
molto importante nell’ecosistema come insettivori, dando un considerevole contributo alla lotta biologica contro i parassiti.
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8
LA POPOLAZIONE A QUATTROZAMPE
Si stima che in Svizzera vivano 1,4
milioni di gatti, 500mila cani e circa
4,5 milioni di pesci. Nel 2011, i rifugi
accoglievano circa 23.400 animali,
tra cui 13mila gatti e 4mila cani.
vorare la mattina e rientrano soltanto la sera. O ha la compagnia
di un suo simile o deve poter
uscire e socializzare”.
La biologa Claudia Kistler,
coautrice dello studio della Protezione animali di Zurigo, dalle
colonne de Le MatinDimanche
insiste nel dire che il problema
esiste e va affrontato. In alcune
città, come appunto Zurigo, s’è
calcolata una densità di 430 gatti
per chilometro quadrato, rispetto a sole 10-15 volpi
per la stessa superfi-
cie. Bisogna assolutamente agire
per stabilizzare, ovvero diminuire, questa popolazione e preservare la
fauna, ha spiegato.
Intanto, la
Protezione
svizzera degli
animali
(Psa)
ha
preso le
di-
LA CAPOFILA
Nel 1861 nasceva l’Associazione
centrale svizzera per la protezione
degli animali, ribattezzata poi,
nel 1980, Protezione svizzera
degli animali (Psa).
stanze dall’iniziativa della Protezione zurighese, definendola assurda e spiegando che l’influenza del gatto sulla fauna è minima. Piuttosto, occorre attivarsi
per diminuire i gatti non sterilizzati in circolazione per cui la Psa
e le sue affiliate spendono ogni
anno 600mila franchi. Favorevole al gatto unico, invece, François
Turrian, direttore romando
dell’Aspo/BirdLifge
Suisse:
“Smettiamola di prenderci in giro: il gatto è un grande predatore
- reagisce -. Uccide gli uccelli, i
piccoli mammiferi, le libellule,
orbettini, anfibi... Un recente
studio Usa spiega che sono
miliardi gli animali uccisi
da questo felino, senza
dire di tutti gli altri
pericoli cui devono
sfuggire. Inoltre,
per un maggior
controllo sul loro
numero anche i
gatti dovrebbero
avere il microchip, proprio come i cani. E magari farli uscire
solo la notte, per
limitare i danni, io
faccio così”. Ma la
comportamentalista Wassenberg
non ci sta e relativizza: “Ho otto gatti e solo due ogni
tanto pigliano dei
topolini”.
p.g.
L’ACCOGLIENZA
Nel 2010 tutti i rifugi delle settanta
sezioni della Protezione svizzera
degli animali ha accolto quasi
28mila bestiole. Negli anni il loro
numero è aumentato.
“NON SONO COSE”
Nel 2000 lancio dell’iniziativa “Gli
animali non sono delle cose”, ritirata tre anni dopo perché il parlamento migliora lo statuto giuridico
degli animali domestici.
LE APP
Sempre più numerose le App a
quattrozampe: Pose A Pet, ad
esempio, riproduce suoni per
avere l’attezione di cani e gatti
verso il cellulare e far loro una foto.
LA LEGGE
La nuova legislazione riconosce e
tutela la dignità degli animali. Per
punire una persona che trascura
un animale non è più essenziale la
gravità, basta l’averlo trascurato.
MEGLIO UN GATTO
Secondo un recente studio Usa
che ha sottoposto 600 studenti
universitari a un test, chi possiede
un gatto è più intelligente
rispetto a chi ha un cane.
LE RAZZE
Si contano all’incirca una
cinquantina di razze differenti
di gatti riconosciute con
certificazioni. Dall’American
Wirehair al Scottish Fold.
22
tra
parentesi
leauto
SULLE STRADE DEL MENDRISIOTTO
Liutai e cera persa
viaggiando comodi
in versione Style
Guida e comfort della nuova Kia
testate da Lugano a Mendrisio
L
a Sportage è sempre stata un modello apprezzato. E la nuova version convince soprattutto per l’affascinante linea della carrozzeria, la versatilità e la ricchezza dell’equipaggiamento che riprende i parametri che già
accompagnano gli altri modelli della
gamma Kia. Nella versione meglio accessoriata, Style, sono compresi nel
prezzo anche la trazione integrale, il servosterzo regolabile nella funzione comfort/normale e sportiva, il volante riscaldabile, i comodi sedili in pelle e altro ancora.
Tra le opzioni speciali, disponibile
nella versione da noi testata, il pacchetto
Style con sistema di navigazione con telecamera per le manovre di retromarcia,
le luci posteriori Led, l’ampio tetto in vetro panoramico e la funzione che parcheggia automaticamente la vettura
(4’500 franchi). Così come si presenta il
modello sorprende piacevolmente anche con il motore turbodiesel due litri da
184 cavalli e una coppia massima già da
1.800 giri al minuto. Abbinato al cambio
automatico a sei rapporti è un ulteriore
La scheda
KIA Sportage 2 CRDi AT Style
Motore
4 cilindri
Cilindrata (ccm)
1995
Cambio
autom. a 6 rapporti
CV
184
Coppia max. 392 Nm a 1800 g/min
0-100 km/h (s)
9,8
Velocità massima (km/h)
195
Consumi (l/100 km)
7
Prezzo (vettura test)
44'950.–
T
valore aggiunto alla comodità di guida.
Sempre a proposito di comodità, ecco le
due proposte, vicine dal punto di vista
chilometrico e con la possibilità di fare
scoperte interessanti. Da Lugano ci mettiamo in marcia verso Mendrisio e qui la
prima novità: l’incontro con abili e provetti artigiani. Nel centro storico in via
Stella 7, infatti, ci conquista l’arte di Daniela Solcà, giovane liutaia diplomata a
Cremona (foto in alto), che ci fa conoscere l’arte della lavorazione del legno
per la produzione, il restauro e la messa
a punto di strumenti antichi e moderni.
Violini in particolare, che si distinguono
per l’eccellente fattura e per l’accurata
cura nella ricerca dei materiali.
Elementi di qualità che si ritrovano pure
nella Kia Sportage, che recentemente ha
soddisfatto gli esigenti clienti della Germania. Ha infatti conquistato il primo
premio J.D. Power 2014 nella categoria
Compact Suv che analizza il
livello di soddisfazione dei
proprietari d’automobile.
Se quindi siete interessati a
soddisfare il vostro desiderio di
percorrere la strada tra arte e
artigianato, fate un salto alla
Perseo, in via Vignalunga 15 a
Mendrisio. Dalla sua fondazione,
nel 1952, è sempre stata frequentata
da aristi di importanza mondiale. La visita della fonderia permette di conoscere le più antiche tecniche di fusione
di grande pregio di questa società leader in Svizzera. Ad esempio, le sculture
in bronzo sono realizzate con un processo generalmente noto come “cera
persa” o meglio “cire perdue” in termini artistici. Questo prestigioso metodo
ha le sue radici nell’antichità e risale al
5.000 a.C.
s.p.
Ampia offerta di motori offre la casa tedesca Opel per aumentare l’interesse sulla categoria delle automobili “scoperte”
STEFANO PESCIA
P
er aumentare l’interesse
verso l’ultima nata tra le
cabriolet di Opel, la Cascada amplia la sua offerta dei motori a benzina a tre varianti. Con
la versione da 200 Cv del 1.6 Ecotec Direct Injection Turbo e, grazie alla funzione Overboost, il
gruppo motore è in grado di offrire una coppia massima di 300
Nm. Questo propulsore fa parte
della nuova linea di motorizzazioni della casa tedesca a quattro
cilindri benzina con iniezione
diretta di nuova concezione.
Una nuova variante, con un
prezzo di partenza di 38’500
franchi che rappresenta il vertice
della gamma di motori da 1,6 litri di Opel. Nonostante le sue
prestazioni elevate (velocità
massima 235 km/h), questa cabriolet di classe media (lunghezza circa 4,70 m) consuma, in ciclo combinato, circa sette litri di
carburante ogni cento chilometri.
La più potente Cascada accentua il suo elegante aspetto anche
attraverso nuovi colori. Pure vernice ad effetto perlato verde
smeraldo e tinta metallizzata a
doppio strato blu diamante.
Opel presenta un allestimento
ulteriore anche per la capote che
si apre, premendo un pulsante,
in diciassette secondi con il veicolo in marcia fino a 50 km. In
tessuto premium è in grado
di offrire un isolamento termico e acustico superiore
grazie all’uso di uno speciale pile di poliestere tra
lo strato esterno e il rivestimento interno.
Per un risparmio in termini di peso, nella struttura
del tetto sono integrati componenti in magnesio. Su richiesta è
disponibile nella chiara tonalità
Una “Cascada” di... novità
su una cabrio da smartphone
Chino, garantendo un aspetto
luminoso anche a capote chiusa.
Quattro i colori della capote.
Per ingrandire il vano di carico o per trasportare oggetti
particolarmente lunghi, la Cascada dispone del sistema FlexFold che abbatte elettricamente
gli schienali dei sedili posteriori
(50:50). Questa caratteristica,
che non può essere offerta da
una cabrio con hard top, aumenta incredibilmente il vano
di carico. Si possono
così trasportare bagagli fino a un volume di 750 litri e
oggetti lunghi fino a 1,81 metri.
Con il sistema IntelliLink di Opel,
la tecnologia ultramoderna di
Infotainment fa il
suo ingresso nell’abitacolo della Opel
Cascada, insieme ad
un sistema di navigazione veloce e facile da
usare, con controllo vocale. Lo schermo a colori da
sette pollici ad alta risoluzione
visualizza anche le immagini
della telecamera posteriore, è disponibile su richiesta e garanti-
sce inoltre un facile utilizzo. Allo
stesso modo è possibile fare telefonate via Bluetooth e approfittare di funzioni simili di streaming audio. La variante di livello
più elevato, 950 Navi Europa IntelliLink, dispone di carte stradali di tutta Europa; ulteriori aggiornamenti possono essere scaricati semplicemente grazie alla
connessione Usb. Il conducente
inoltre può sfruttare la funzione
di lettura ad alta voce degli Sms
in entrata. Oltre al controllo vocale via IntelliLink, il nuovo sistema Opel è compatibile con la
funzione di riconoscimento vocale degli smartphone, integrandola tra le proprie funzionalità.
Lo stesso motore benzina a inie-
zione diretta da 200 Cv è proposto anche per la Opel Astra Gtc
Sport (da 32’150 franchi). Oltre
alle avanzate tecnologie sotto il
cofano del motore e al telaio con
sospensioni HiPerStrut ad alte
prestazioni sull’asse anteriore, la
Astra Gtc Sport comprende anche la moderna tecnologia di Infotainment, presente su tutti i
modelli Gtc.
I
C
I
N
O
Tragitto
20 km
Lugano
Mendrisio
In breve
La Subaru
Per i contratti
conclusi entro il 15
luglio la Impreza 4x4
è disponibile già per
22’900 franchi.
Anche i modelli Xv
4x4, Forester 4x4,
Legacy 4x4,
Outback 4x4 e Brz
beneficiano di
allettanti premi
di vendita.
La Mercedes
La Cascada
dispone del sistema
FlexFold che
abbatte
elettricamente gli
schienali dei sedili
posteriori. Così il
vano di carico
aumenta
fino ad un volume
di 750 litri.
Lo schermo a
colori da sette pollici
ad alta risoluzione che
visualizza anche le
immagini della
telecamera posteriore,
disponibile su
richiesta, è semplice
da utilizzare.
Glispazi
Latecnologia
Da settembre
2014 la
famiglia della
Classe C
Mercedes-Benz
si arricchisce
della nuova
station-wagon
che offre una
capacità di carico
maggiore rispetto al
modello precedente.
Debuttano a bordo
anche i servizi
Mercedes
Connect Me.
Opel presenta un allestimento
ulteriore anche per la capote
che si apre, premendo un
pulsante, in 17 secondi con il
veicolo in marcia fino a 50 km/h.
Lacabriolet
IL CAFFÈ
22 giugno 2014
23
tra
parentesi
Lo studio
Rivalutiamo
l’olfatto.
Il profumo,
più di vista e udito,
è in grado di
stimolare
la nostra memoria
La novità
Quelle scie
odorose,
intriganti,
rilassanti e...
personalizzate
V
Ricordo che...
ROSELINA SALEMI
Gaby Malacrida
portavoce per il Ticino
di Hotelplan Svizzera e Italia
Quando mi capita di aprire
un vasetto di spezie torno
immediatamente con il
ricordo a un luogo a me
molto caro, il souk di
Marrakech
do 22 giugno
ti
enti
amen
tam
nta
unt
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gli ap
degl
nda de
gend
’ age
L’a
L
L’
lia!
iglia
famig
la fa
ta la
ttta
tutt
er tu
er
pe
p
TRA ANTICO
E MODERNO
A sinistra, uno
dei profumi
più “storici”;
in alto, uno
dei tanti
diffusori
di Oikos
Fragrances
lu 23 giugno
EVE NTO
EVE
NTO
Walking Ball
Dal 12 al 28 Giugno
Dalle ore 9’30
Walkingball, il nuovo villaggio dei
Mondiali dove tutti i bambini potranno
correre e divertirsi all’interno di
magiche sfere trasparenti.
Al Centro Lugano Sud a Grancia
granze che fanno pensare all’infanzia e ai giorni
di festa, come lo zucchero filato (vanillina più
etilmaltolo) o il caramello (fava del tonchino,
vanillina, meti-ciclopentenolone). “Migliorando la conoscenza - dice ancora Faruolo - possiamo utilizzare le essenze per influenzare i nostri stati d'animo stimolando l'attenzione, il rilassamento o l'allegria.”
Secondo le ultime ricerche sulla neuroplasticità del cervello, l'odorato è la sfera sensoriale con maggiori possibilità di espansione. Patrick Süskind nel suo romanzo “Il Profumo”,
l’aveva già capito con la potenza intuitiva degli
scrittori: “Colui che domina gli odori, domina il
cuore degli uomini”, scriveva. Inevitabile che i
profumi siano così legati alla seduzione, alla bellezza e alle immagini delle star. Richiamano luoghi e atmosfere, sogni. “Un Bateau pour Capri”,
di Sebastian Alvarez Murena è un
omaggio nostalgico all’hotel Le Sirenuse, frequentato negli anni ’50 e ‘60
da irraggiungibili star come Liz, Jackie e Grace. Peonia, fresia, pesca.
Gelsomino sambac, rosa centifolia,
eliotropio. “Pensate a Grace Kelly o
Jackie Kennedy in un luminoso mattino
d’estate, occhialoni scuri e un foulard di seta
sulla testa, a bordo di un motoscafo: sentirete il
profumo di “Un Bateau pour Capri”, sostiene
Murena, che ha trovato l’ispirazione nelle riviste dell’epoca ed è contento del risultato, l’odore di una diva sotto un firmamento di stelle.
Possiamo anche andare oltre, nel cuore
dell’Afghanistan, dove cresce il più prezioso papavero da oppio del mondo. “Herat” è maschile
e femminile, è intenso, sa di deserti e di preghiera: hashish afghano, tabacco e gelsomino si
mescolano con mirra del Madagascar e incenso
dell’Oman. Per oltrepassare l’ultimo confine c’è
Nu_be, come le nebulose responsabili della formazione dei pianeti, e come new being, cioè
“nuovo essere”. Ogni profumo porta il nome di
un elemento (idrogeno, ossigeno, elio carbonio,
litio: gli ultimi arrivati sono zolfo e mercurio) e
suggerisce l’idea di un’astronave lanciata nello
spazio, alle origini del cosmo e della vita.
C
COR
OR S
SO
O
“Le merende estive”
La Junior Chef School Lugano offre
divertenti e gustosissimi corsi di
cucina per bimbi dai 3 anni in su.
Attraverso i nostri corsi i piccoli chef
mettono alla prova la loro pazienza,
manualità e creatività.
A Pazzallo
sa 28 giugno
EVE
EVE NTO
NTO
NATU
NATU RA
RA
I licheni del Monte Baro
Una passeggiata in montagna alla
ricerca degli "eroi di sopravvivenza".
Alberto Spinelli, appassionato
lichenologo, ci condurrà, attraverso
diversi ambienti, alla scoperta di questi
affascinanti organismi.
Iscrizione obbligatoria.
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Kids Pardy Parade Jazz Ascona
La oramai tradizionale parata musicale
dei bambini a JazzAscona
18.00 - 19.00
Parata dei bambini con The Original
Pinettes Brass Band – New Orleans,
17.30 Ritrovo al Muncipio di Ascona
L'emozione di suonare, ballare e sfilare
in parata sul lungolago di Ascona
insieme a una fantastica brass band
da New Orleans e in compagnia della
simpaticissima mascotte Pardy! Un
divertimento per bambini da 5 a 13
anni. Durante la parata è prevista una
rinfrescante pausa. ad Ascona
,B
e l li n z ona
Paolo Attivissimo
divulgatore informatico
Quando vado in Inghilterra
l’odore dell’erba mi riporta
alla mia infanzia. Sono nato lì
e lì ho pure vissuto. A volte
mi capita di sentirlo anche
qui, ma non è lo stesso
P
rofumo di donna. Di mare. Di erba tagliata, di primavera, di latte, di infanzia. Odori come immagini, e anche
più potenti. Edmond Roudnitska,
creatore di Eau Sauvage di Dior, componeva le sue fragranze non con gli odori “ma
con il loro ricordo”. Il profumiere Giovanni Padovan ha presentato quest’anno “Dallandra”
una particolarissima composizione olfattiva,
pensata per anni, che evoca Lucio Dalla e la sua
musica.
Il più primitivo e trascurato dei sensi (la civiltà contemporanea è appiattita sulla coppia
“vista-udito”) ci può far riscoprire la fisicità che
il mondo digitale tende a smaterializzare. Per
questo assistiamo a una rivalutazione del profumo, dai fiori all’incenso, dallo studio degli oli
essenziali alla neurogastronomia. E si allarga la
nicchia del “su misura”, da Fragrance Designer
ad Artisan parfumeur. Spiega Francesca Faruolo, direttrice di Smell-Festival: “I ricordi olfattivi, durano di più nel tempo, come hanno dimostrato gli studi della Rockfeller University”.
In sostanza, nel breve periodo siamo in grado di ricordare
l'1% di ciò che abbiamo
toccato, il 2% di quanto
abbiamo sentito, il 5% di
quanto abbiamo visto, il
15% di ciò che abbiamo
assaggiato e ben il 35% di
ciò che abbiamo annusato. La nostra memoria
registra un odore e lo lega a un numero maggiore di dettagli. Il profumo
della legna che brucia
nel caminetto porta con
sé l'idea del tepore della
casa, degli affetti. Per questo le memorie legate
a odori resistono anche nei casi più gravi di amnesia. In ”Profumi”, Philip Claudel fa un inventario sentimentale degli odori di una vita e ricorda che “i mondi possono stare dentro una
boccetta”.
Jean Claude Ellena, leggendario “naso” di
Hermès e chimico straordinario, ha ricreato fra-
gn
Valeria Bruni
giornalista Rsi
Qualche giorno fa sono
stata catapultata indietro, in
un’epoca in cui ero molto
più spensierata. Ho sentito
Shalimar, un profumo che
usavo da adolescente
si
Mario Camani
ex capo Sezione acqua e aria
Ogni tanto mi capita di
tornare bambino quando
sento l’odore dello stesso
yogurt che mi facevano
mangiare perché, dicevano,
mi faceva bene
Dominare i ricordi
con gelsomino, hashish,
fresia, sambac e rosa
i piacerebbe scegliere la
tonalita?dell’aria dei vari
locali della vostra casa?
Combinare tra le diverse fragranze affidandovi al vostro gusto personale? Non è fantascienza. Si può. Un gioco intrigante,
che sfugge alla retorica delle
imitazioni. Oggi il mercato offre
di tutto: diffusori elettrici, sprai
automatici, gel, oli essenziali,
pot-pourri, candele, stick’up. Oltre a particolari apparecchi che
rilasciano gradualmente, e in
modo permanente, fragranze
piacevoli e delicate.
Addirittura, è possibile profumare ogni vano in modo diverso. Living, camere da letto, ufficio, salotto, cucina, bagni, ripostiglio e disimpegno possono essere caratterizzati da fragranze
personalizzate che cambiano
con l’umore di chi vi abita, le stagioni e le occasioni. “Si chiama
domotica olfattiva, apre nuovi
orizzonti alla profumazione
d’ambiente ed è al centro di una
rivoluzione copernicana che utilizza la tecnologia per un habitat
profumato su misura - spiega
Silvia Verderio, di Oikos Fragrances -. In sostanza, all’aromaterapia,
antica
forma di medicina alternativa che
sollecita sensazioni ed emozioni
attraverso le vie
olfattive, recentemente si è sostituito il concetto di
aromacologia.
Ovvero, la scienza
(aroma più fisiopsicologia) che
studia la capacità
del profumo di
accrescere il nostro benessere, fisico e mentale”.
E quanto un ambiente piacevolmente “odoroso” aiuti a stare
meglio lo dimostra la crescente
richiesta da parte di alberghi per
di “fragrance on demand” per
proporre agli ospiti un ricco menu di sensazioni olfattive. Su misura. Saranno loro, infatti, a scegliere quelle preferite. “Un software ideato in esclusiva da Oikos - aggiunge Verderio -, permette di gestire in modo versatile le fragranze combinando fra
di loro otto note profumate di
base, proprio come nelle scale
musicali. Sistema utilizzato molto durante le sfilate di moda”.
Tutto ciò, ovviamente, è fattibile
anche sui mezzi di trasporto, aerei, treni, metropolitane, non
luoghi che portano con sé un
sentore di vacanze, appuntamenti di lavoro o altre destinazioni. Una filosofia che va ben
oltre il concetto di ridurre o eliminare i cattivi odori.
p.g.
Stellin
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IL CAFFÈ
22 giugno 2014
25
tra
parentesi
La tendenza
Frutta e verdura malfatta,
ma altrettanto appetitosa
C
i sono persone belle e persone
brutte. Un dato oggettivo. Ci sono animali belli e animali brutti.
Questione di gusti. Ma non finisce qua. Da un po’ il giudizio
estetico si è spostato anche su frutta e verdura. Mentre in questo caso il criterio
dovrebbe esclusivamente riguardare il
buono, non il bello. Perché una pera
maculata, una mela piccola e storta e
una carota biforcuta saranno pure
brutte a vedersi, ma mantengono comunque tutte le proprietà nutritive. “Purtroppo la gente non la pensa così – osserva Roberto Mozzini, commerciante di verdura al
dettaglio sul Piano di Magadino -. Le vedo
quando osservano e la cura che mettono per
scegliere il prodotto più bello. E questa è una
tendenza in atto da qualche anno, da quando
anche nei grandi magazzini vendono solo
merce bella e ben fatta. E a me non rimane che
gettare il prodotto di seconda scelta nel compostaggio”.
Già, i prodotti di seconda scelta non vengono nemmeno presi in considerazione. “Faccio fatica a piazzare la prima categoria, figuriamoci quella scadente - replica Renato Oberti,
agricoltore di Sant’Antonino -. Lo spazio per
noi ‘piccoli’ produttori è sempre più ridotto al
minimo. Ma l’agricoltura nostrana merita di
essere sostenuta. Non costringerci invece ad
eliminare, a volte, anche generi di ottima qualità”.
Tuttavia, secondo le associazioni di categoria, la quantità di frutta e verdura che finisce
al macero poca. “Non c’è quasi spreco – dice
Paolo Bassetti, segretario della Federazione
orto Frutticola Ticinese (Foft) -. So come lavorano i nostri contadini e posso assicurare che
fanno tutto il possibile affinché al macero ne
finisca il meno possibile. Per fare ciò la produzione non di primissima qualità viene utilizzata per la vendita alle associazioni di aiuto come ad esempio il Tavolino Magico o per la pro-
Gli esempi
I POMODORI
Da soli rappreesntano la metà
della produzione ortofutticola
cantonale. Ve ne sono
di varie forme e tipi
LE INSALATE
Altro prodotto fondamentale
per l’agricoltura ticinese.
Caratterizzano la produzione
autunnale e primaverile
LE ZUCCHINE
Sono molto ricercate, anche
per la loro duttilità in cucina
e l’utilizzo che se ne fa nella
dieta mediterranea
LE MELANZANE
Molto apprezzate in cucina,
per il loro gusto intenso che
assumono una volta cotte
e perché facilmente abbinabili
I CETRIOLI
Sono un prodotto molto usato
nella cucina ticinese. Il loro
gusto viene esaltato quando
sono preparati in insalata
duzione di marmellate e succhi. Per il resto si potrebbe anche valutare
l’idea di rifornire
mense aziendali, scolastiche o gli ospedali
con merce che non è
proprio perfetta da vedere ma che è comunque di
qualità al cento per cento e
ottima da consumare”.
Intanto, a giusta ragione, da più parti si denuncia
l’atteggiamento di alcuni
consumatori, incapaci di valutare il reale valore di frutta e
verdura e quando comperano si
affidano invece solo all’estetica
del prodotto. “Non dimentichiamo
che la frutta e la verdura che finisce sugli scaffali dei supermercati deve prima sottostare a
precisi criteri fissati in collaborazione tra produttori e
dettaglianti – sottolinea
Bassetti -. Ma questo non
vuol comunque dire che non
vi sia un certo margine di
manovra,
tutt’altro.
Spesso capitano esigenze
particolari da parte del dettagliante e allora aumentiamo la produzione e, di conseguenza, adattiamo il prezzo. Come può accadere che per un surplus di produzione dobbiamo vendere della merce a prezzi ridotti.
Ma è la legge del mercato e ciò dimostra comunque che tra i vari attori il rapporto è
ottimo e di assoluta collaborazione”.
Insomma, di spreco in Ticino sembra non essercene granché. Ma sarebbe
comunque bene che tutti imparassero
ad apprezzare anche quella frutta e
quella verdura malfatta, ma altrettanto sana e buona. Perché... vale il detto:
l’apparenza inganna.
o.r.
L’esperta L’Associazione delle consumatrici contro il diktat dell’estetica che mira a vendere prodotti perfetti
“Non comperate solo con gli occhi”
P
oca flessibilità da parte dei negozi. Ecco a cosa
può essere ricondotta la “dittatura del bello”
esercitata da chi vende frutta e verdura. “I distributori impongono delle condizioni troppo rigide ai
produttori – afferma Laura Regazzoni Meli, segretario
generale dell'Associazione consumatrici della Svizzera italiana (Acsi) -. Questi ultimi, quando vedono che i
loro prodotti non sono in regola, rinunciano a girarli
ai negozi”.
Un vero peccato, anche perché parte di
questi alimenti andrà buttata. Almeno sino a quando sul podio non si faranno
salire solo miss zucchine, cetrioli, ciliege e colleghe dalle misure altrettanto perfette ed esteticamente
splendide. “Il consumatore si è ormai abituato a comperare utilizzando la vista – osserva Regazzoni
Meli -, quando in realtà dovrebbe
servirsi anche degli altri sensi, l’olfatto tanto per cominciare. D’altronde, l’uniformità dei prodotti
sugli scaffali non lo aiuta ad essere
più critico, sono tutti uguali”. Qualcosa però sembra muoversi: il pro-
getto “Ünique”, promosso da Coop Svizzera, intende
commercializzare anche i più “brutti”, vendendoli a
un prezzo molto interessamnte. “Benvengano iniziative di questo tipo – aggiunge Regazzoni Meli -. Uno stimolo per ‘rieducare’ i consumatori, dimostrando che
il prodotto meno bello non è certo meno buono. Anzi,
a volte è vero il contrario”. Ma la strada verso la riconversione del “meno bello” è ancora lunga.
Difficile infatti poter confrontare la qualità di
differenti tipi di prodotti quando il mercato
scarta a priori quelli meno validi dal punto
di vista estetico.
Insomma, basta con il diktat della
perfezione di zucchine, carote, pere,
mele e simili e che spinge gli importatori a commercializzare solo
frutta e verdura perfette. “Alcuni
tipi di cornetti provenienti dall’Egitto fanno impressione - nota ancora Regazzoni -. Sembrano finti, li devi proprio toccare
per accertartene. Viene quasi
da pensare che crescano assieme alle scatole dentro le quali
vengono messi in commercio”.
INSERZIONE PUBBLICITARIA
INSERZIONE PUBBLICITARIA
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30
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JazzAscona 2014
Ed è subito FESTA!
Omaggi ad Armstrong,
Duke Ellington e Ray Charles
Fino a sabato prossimo 240 concerti. Entrata gratuita da oggi a giovedì
DAVINA & THE VAGABONDS
19 – 26.6
FOUR OF A KIND PLUS ONE
20 – 23.6
Accolti con entusiasmo al loro
debutto nel 2012, tornano a
JazzAscona Davina & the
Vagabonds, con il loro gioioso
mix di blues, jazz di New Orleans, ragtime, soul. Spicca
nella formazione lo straripante talento e carisma di Davina
Sowers, pianista e cantante à
la Amy Winehouse
Una vera e propria All-St
jazzisti italiani ed olande ar Band di grandi
zione 2004 di JazzAscon si aveva scosso l’edismo, capacità di improv a. Timing, virtuosivisare e sorprendere,
gioia nel suonare: a 10 ann
of A Kind plus One tornani di distanza, i Four
ta la loro forza dirompen o a riunirsi, con tutMax Ionata (sax) e Dado te. Fra i musicisti
Moroni (piano).
13 di
t Kings 20
Bull Stree inettes sono
ed
R
el
d
i
Vincitric ns, The Orginal P ente femminile
New Orleass band esclusivam composta da
l’unica braFondata nel 1991 end è molto poal mondo!a di musiciste, la ba uella di Ascona
una decin la Città del Delta. Qin Europa.
polare nella prima esibizione
è
KARIMA SINGS BACHARACH
20 - 28.6
EMMA PASK
24 - 28.6
KERMIT RUFFINS
& THE BBQ SWINGERS
20 – 28.6
The Original Pinettes
Brass Band
20 – 28.6
Giovane promessa, ormai certezza
della musica italiana, la cantante
Karima con la sua presenza scenica e la sua potente voce dalle tinte
black, rende omaggio a Burt Bacharach, pianista e compositore
che ha fatto sognare il mondo con
“I’ll Never Fall in Love Again” e
“I Say A Little Prayer”.
Il festival ospita in esclusiva europea, uno dei mu
sti più amati e popolari siciOrleans: il trombettista, di New
cantante e
compositore Kermit Ruffin
s. Nato e
cresciuto nel Tremé, Kerm
nisce in sé tutte le miglior it riuratteristiche di una città i casa, rilassata e swingante gioio!
Portata su un palmo di
mano dal suo coach
Ricky Martin nello
show televisivo The
Voice of Australia
2013 Emma Pask ha
appena firmato per la
Universal ed è oggi la
cantante jazz più popolare d’Australia. Accanto lei una superband con Dado Moroni e altri grandi musicisti europei ed americani.
Hello Dolly è la celebre canzone con cui esattamente 50
anni fa Louis Armstrong scalzò dalla vetta delle classiiche
americane i Beatles, all’apogeo della loro gloria. Genio
musicale che continua a ispirare milioni di fans e musicisti, Satchmo funge da “nume tutelare” di questa 30. edizione. A lui sono dedicati diversi concerti, a cominciare da
quello davvero imperdibile di giovedì 26 giugno, quando
al Jazz Club Torre si avrà modo di ascoltare l’omaggio in
suo onore di cinque grandi trombettisti: il vincitore di un
Grammy Award Nicholas Payton, Leroy Jones, Wendell
Brunious, Leroy Jones, Gregg Staford e il leggendario
Marcus Belgrave. I biglietti per questo unico ed irrepetibile Trumpet Summit sono in prevendita presso ticketcorner e l’Ente turistico Lago Maggiore.
Biglietti in prevendita anche per un altro attesissimo concerto, quello che vedrà protagonista (lunedì 23 giugno) la
Duke Ellington Orchestra, formazione creata dal leggendario pianista e compositore che sarà ad Ascona a celebrare la musica del maestro a 40 anni dalla sua scomparsa.
Inine, altra icona e leggenda della musica afroamericana,
Ray Charles sarà celebrato, nel decimo anniversario della
sua morte dalla iglia Sheila Raye Charles (il 27 e 28 giugno), cantante strepitosa che sarà per la prima volta in
Svizzera e si esibirà assieme al cantante e pianista Uros
“Perry” Perich. Hit the Road Jack!
THE ELLA LOUIE TRIBUTE BAND
20 - 28.6
La storia e la musica di Ella Fitzgerald e Louis Armstrong rivivono in uno spettacolo che viene presentato ad Ascona in prima mondiale, prima di diventare, forse, un musical. Protagonisti sono il giovane e versatile trombettista di New Orleans
Leon “Kid Chocolate” Brown, vincitore di un Grammy nel
2010 con l’orchestra di Irvin Mayfield ed Eileina Dennis,
cantante gospel inglese felicemente approdata al jazz dopo una notevole carriera come vocalist di Zucchero.
MARTIN LECHNER BAND
26 – 28.6
Finalista allo Swiss jazz Award 2012, dotato di un senso innato
del ritmo e del fraseggio e di una splendida voce, graffiante e
romantica nel contempo, Martin Lechner è un autentico talento del soul-jazz. Al suo fianco come special guest uno dei migliori chitarristi jazz svizzeri: Sandro Schneebeli.
Bollani e Irene Grandi inaugurano stasera gli Specials
THE NEW BREED BRASS BAND FEAT. TRUMPET BLACK
19 – 29.6
Influenzati da funk
Orleans, i nove gio , R&B, hip-hop, soul e dalla tradiz
sono cresciuti suonvanissimi membri della New Breed ione di New
Brass Band
ando nelle marching
tasi nel 2012, è chiar
band scolastic
Orleans. Finalista amente una delle migliori nuove he. FormaTravis “Trumpet al Red Bull Street Kings 2013, è gu band di New
gino di “TrombonBlack” Hill, trombettista prodigio diidata da
e Shorty”.
28 anni, cu-
Telesforo ed Arbore al festival per tre giorni
C’è grande attesa per i concerti speciali di JazzAscona, che si aprono stasera al Jazz
club Torre con il recital della cantante Irene Grandi in coppia con Stefano Bollani
al pianoforte. Il concerto inizia alle 21.30 e sarà preceduto (come per tutti i cinque
concerti speciali) da un gruppo di spalla a partire dalle 20.15. Dopo la Duke
Ellington Orchestra (domani sera), la tenda del festival ospiterà (martedì 24) Gegè
Telesforo e Renzo Arbore. I due artisti italiani sono degli autentici campioni del
mondo dell’intrattenimento. Da anni collaborano assieme e il loro spettacolo, per
dirla con Telesforo, promette “Swing, sorrisi, gioia, energia. Ma solo un attimo
prima di salire sul palco - precisa Gegè - capiremo cosa fare. Perché come dice
Arbore…dobbiamo prima annusare il Teatro!“. I due artisti saranno peraltro un po’
i mattatori dei primi giorni del festival. Domani, lunedì, alle 18.00 incontreranno i
loro fans al Beach Lounge (entrata gratuita) mentre Telesforo si esibirà con la sua
fantastica Sound Zero Band anche mercoledì sera. Oltre alla Duke Ellington
Orchestra (lunedì 23 giugno) e all’omaggio dei trombettisti a Louis Armstrong (il
26 giugno), gli Specials riserveranno un altro grandissimo momento mercoledì 25
giugno con il cantante e pianista Craig Admas & he Voices of New Orleans. Gli
amanti del gospel e del soul sono avvisati!
La prevendita per questi concerti è in corso presso l’Ente Turistico Lago maggiore
e ticketcorner.
IL CAFFÈ
22 giugno 2014
27
tra
parentesi
La musica
Il cartellone
di
Moon & Stars 2014
10 LUGLIO
Laura
Pausini
Negramaro
11 LUGLIO
Udo
Lindenberg
raccontati
dai Sinplus
12 LUGLIO
Bligg
14 LUGLIO
Dolly
Parton
“Ricordo il brano di Sanremo
che mi fece saltare sulla sedia”
www.sinplus.net
I
più grandi interpreti della
musica internazionale
concorderanno nel dire
che gli anni più duri di
una carriera sono quelli
iniziali, della gavetta insomma,
a suonare in locali anonimi e
senza guadagnare una lira. Se la
parabola dei Negramaro, sul
palco di Moon & Stars il 17 luglio prossimo, non è stata esattamente questa, poco ci manca.
Definiti come uno dei gruppi
emergenti più innovativi della
scena italiana, i ragazzi leccesi
sono in realtà sulla breccia già
da ben quindici anni. Un periodo sufficiente per formarsi una
propria identità e per dare vita
ad una carriera che può già essere definita di tutto rispetto.
Un po’ il percorso fatto dai Sinplus, i fratelli Gabriel e Ivan
Broggini. Pure loro hanno ingoiato un po’ di polvere prima di
conoscere i fasti della notorietà,
arrivata sul palco dell’Eurosong
2012, vincitori della selezione
svizzera al loro secondo album.
Chi meglio dei due giovani musicisti ticinesi, quindi, può “raccontare” i Negramaro.
“La gavetta è un’esperienza
fondamentale per la carriera di
ogni artista - spiegano -. Costituisce una base solida, è la pre-
“Senza gavetta
non si avranno
mai le basi per
costruire una
solida carriera”
“Sperimentazione
e curiosità sono
due elementi
cardine che
ci accomunano”
messa per costruire una struttura che duri del tempo -. Il valore
dell’attesa è inestimabile”. Basti
vedere come la maggior parte
dei ragazzi che escono dai vari
reality show spariscono in nonnulla dopo avere fatto fuoco e
fiamme per una sola stagione,
ma spesso neanche questo).
“Non importa quale sia la platea davanti alla quale si è chiamati ad esibirsi - aggiunge Gabriel -. Bisogna comunque e
sempre dare il massimo, perché
ogni occasione è buona per migliorarsi e farsi conoscere”. “Già
- riprende Ivan -, ogni occasione è preziosa per sperimentare,
allargando il proprio bagaglio
musicale”. Proprio grazie alla
voglia di conoscere nuove tendenze musicali i giovani locarnesi hanno svoltato. Un percorso che li accomuna ai Negramaro. Quella voglia di scoprire
mondi nuovi, di andare avanti a
muso duro. E proprio come i
Negramaro anche i nostrani
Sinplus devono il loro successo
ad influenze che arrivano un
po’ da tutto il mondo musicale:
U2, 30 seconds to Mars, e Bob
Marley per citare i più importanti. “E pure un po’ di Negramaro - confessano Gabriel -. Ricordo perfettamente di essere
sobbalzato sulla sedia dopo
avere sentito ‘Mentre tutto scorre’, la loro canzone che vinse il
premio della critica nel 2005 a
Sanremo”.
Se i pugliesi sono già famosi
in tutta Italia e riempiono gli
stadi con il loro rock sperimentale, i Sinplus sono reduci da
una serie di concerti di successo e da una doppia tappa a Riga,
in Lettonia, che ha fatto registrare il tutto esaurito. E ricordando Eurosong, dicono: “Unbreakable, il brano che ci portò
a partecipare alla kermesse,
Vinci10x
nacque quasi per caso. Avevamo appena terminato di registrare il nostro album Disinformation quando ci siamo accorti
che stavamo covando qualcosa
di bello. Ci siamo rimessi in sala
di registrazione e qualche settimana dopo trionfavamo a Kreuzlingen proprio con quella canzone”.
Tuttavia, la strada del
successo è infinita. Proibito sedersi sugli allori.
“Siamo ancora in un periodo di crescita e trasformazione - ammettono
Gabriel e Ivan -, dobbiamo studiare e imparare molto.
Fondamentale, poi, ascoltare
tutte le opinioni e fare tesoro
dei consigli di chi frequenta da
tempo il mondo delle sette note”.
Esperienza, sperimentazione, gavetta e... modestia: ecco
gli ingredienti necessari per
raggiungere il successo, che si è
fatto attendere qualche anno,
ma che ha finalmente incrociato la strada dei Sinplus e dei Negramaro. Questi, li potremo ammirare a Locarno la sera del 17
luglio. E chissà se fra qualche
anno non potranno esserci pure
i due fratelli ticinesi sul palco di
Piazza Grande.
o.r.
15 LUGLIO
Jack
Johnson
16 LUGLIO
James
Blunt
17 LUGLIO
Negramaro
18 LUGLIO
Backstreet
Boys
19 LUGLIO
Sunrise
Avenue
10x
Partecipa al concorso del Caffè
e vinci 10 biglietti per assistere al concerto di Jack Johnson e 10 biglietti per assistere al concerto dei Negramaro
Per essere estratti basta inviare una e-mail a [email protected]
indicando i propri dati (nome, cognome e indirizzo completo) entro venerdì 27 giugno
LEGUIDE
&GLIITINERARI
La forza della natura
e il bello del centro
Pagina a cura di
AutoPostale Svizzera SA
Gita a Stein am Rhein
per la visita alle cascate
e alla cittadina
d’impronta medievale
Uno spettacolo della natura da vedere
con gli occhi e da gustare con tutti i sensi
tra sfavillio di luci e di colori, profumi e
goccioline d’acqua che rimbalzano dalla
cascata più estesa d’Europa e scendono
giù fino al corso del fiume.
Benvenuti a Stein am Rhein, luogo incantevole, caratteristico paese che, oltre
alle cascate, offre un centro storico da
scoprire come si fa con un libro di favole: ogni pagina è una sorpresa. La cittadina si trova sulla riva destra del Reno,
vicina alla foce dell’Untersee (bacino
occidentale del lago di Costanza). Ha
conservato le sue atmosfere e il suo
aspetto medievale ed è una delle località
più pittoresche della Svizzera. La città
vecchia appare non appena si attraversa
il ponte sul Reno: si allineano belle case
a graticcio con le fondamenta nell’acqua, la piazza del municipio e la via
principale con le fontane fiorite, le case
con bovindi e facciate dipinte da motivi
che riprendono le insegne (albergo del
sole, casa del pellicano, casa dell’aquila
bianca). Questo insieme costituisce un
mix dalla forte carica attrattiva. Percorrere i vicoli, entrare nella piazza, ammirare gli affreschi ha un fascino tutto particolare.
Dopo il pranzo in ristorante, ci si lascia
alle spalle questo paradiso e si parte per
le cascate. Da bellezza si passa a bellezza, a stupore si aggiunge stupore. La gita
Informazioni e prenotazioni:
AutoPostale Svizzera SA
Regione Ticino
Viaggi e Vacanze
6501 Bellinzona
Tel. +41 (0)58 448 53 53
fax +41 (0)58 667 69 24
[email protected]
www.autopostale.ch
Il magico fascino
della Norvegia
In Norvegia con AutoPostale, dodici giorni tra orizzonti
sconfinati sul mare e città da vivere fino in fondo. Dal 26
luglio al 6 agosto c’è tutto il tempo per vedere una capitale come Oslo, ricca di locali e di vita, oppure Bergen,
connubio tra fiordi e natura. Ma prima di arrivare in
Scandinavia ci sono le tappe tedesche ad Hannover, capoluogo della Bassa Sassonia e Kiel, città di mare, dalla
quale parte la traversata in traghetto fino a Oslo con
spettacolare arrivo nella capitale norvegese, percorrendo la lingua di mare che entra in città tra profonde insenature e coste frastagliate. Oslo accoglie i turisti con i
suoi locali e i suoi negozi sul Karl Johanes Gate, cuore
pulsante di una città in cui spicca la fortezza trecentesca
di Akershus. Da Oslo si parte per Dombas con sosta a
Lillehammer, famosa per aver ospitato le Olimpiadi invernali nel 1994. A sud-est della città sorge il museo
all’aperto più importante della Norvegia, a Maihaugen. A
chi, invece, piace l’Art Nouveau, c’è Alesund dove il centro è stato ricostruito in questo stile dopo l’incendio del
1904. Man mano che ci si addentra nella Norvegia, lo
scenario si fa sempre più particolare, dal ponte Kylling-
Natura spettacolare e città
da scoprire grazie
al viaggio di AutoPostale
in battello sul Reno permette di vedere
molto da vicino il salto dell’acqua e di
ammirarne la sua particolarità e potenza.
Si rimane estasiati di fronte a un simile
spettacolo che dimostra la forza della
natura e ne celebra la bellezza. Le Ca-
Il programma
Stein am Rhein
Data: 27 luglio 2014
Prezzo: Chf 190.– per persona
Partenza:
Partenza: 6:00 Chiasso Ffs, 6:10 Mendrisio Ffs,
6:40 Lugano Ffs (lato buffet),
6:40 Locarno Ffs, 7:10 Bellinzona Ffs
scate del Reno di Sciaffusa, le più grandi
d’Europa, sono larghe 150 metri e alte
23, riversano sulle rocce 700 metri cubi
d’acqua scrosciante al secondo e rappresentano una delle amenità principali della Svizzera, meta di turisti che arrivano
da ogni parte.
AutoPostale organizza una gita in giornata proprio qui, nel momento in cui la
frescura dell’acqua diventa un elemento
in più che cattura e fa stare bene. La gita,
infatti, è in programma il 27 luglio, il periodo giusto per godere di questo spettacolo, unico nel suo genere e straordinario per caratteristiche e scenario. La meta perfetta per un’estate da vivere alla
grande.
Bro alla cascata Vermafossen, dalla parete scoscesa di
Trollveggen al porto di Andalsnes. Con il traghetto, allora, non resta che dirigersi verso Capo Ovest con proseguimento in direzione di Hellesylt e poi al Sognefjord, il
più lungo del Paese e secondo dopo quello della Groenlandia. Natura incontaminata fino a Bergen tra panorami
stupendi e tipiche case con il tetto spiovente. Ma è il
momento di partire per il viaggio di ritorno passando per
la Danimarca e per la Germania con tappe ad Amburgo
e Wurzburg, fino all’arrivo in Ticino.
Il programma
Norvegia
Data: 26 luglio - 6 agosto 2014
Prezzo: Chf 2’995.–
per persona in camera doppia
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LEGENDA
IL CAFFÈ
22 giugno 2014
29
1
2
3
4
5
6
7
8
9
Circa 44
decibel
come un
leggero
sfogliare
di libro
Circa 50
decibel
come una
musica
soft
alla radio
Circa 70
decibel
come
il rumore di
un’aspirapolvere
Circa 85
decibel
come
il rombo di
un tagliaerba
a benzina
Circa 95
decibel
come la
musica forte
in discoteca
(nei limiti)
Circa 105
decibel
come
il clacson
delle
automobili
Circa 115
decibel
come il
rumore di
una pressa
idraulica
Circa 121
decibel
come il
rombo di un
aereo. Molto
disturbante
Circa 130
decibel
livello
doloroso
anche dopo
pochi secondi
tra
parentesi
8
Fonte: Die Zeit / Disegno di Lido Contemori per il Caffè
8
Il capo tifoso
con il megafono
8
Il tifoso
con il tamburo
I canti dei tifosi
sugli spalti
9
La festa per la rete
con musica e canti
5
2
Le chiacchiere
dei giocatori
5
3
Il “battimani” per la
sostituzione
L’annuncio
dall’altoparlante
Il fiatone prima del
calcio d’angolo
5
L’impatto della palla
contro il palo
7
4
L’allenatore
molto arrabbiato
6
L’annuncio del goal
per la squadra di casa
Il tiro in porta
6
Il fischio d’inizio
dell’arbitro
3
Il giocatore
che sputa
1
6
Estrarre
il cartellino
Tre giocatori che
discutono
animatamente
6
Il goal nel “public
viewing” per 25mila
persone
7
Il fischio
con due dita
La curiosità
A
nche allo stadio, con i cori
della curva che esulta,
canta e suona i tamburi
dopo un goal, si possono
raggiungere livelli di
guardia per quanto riguarda l’udito. Lo
testimonia pure una ricerca germanica
pubblicata dal settimanale “Die Zeit”, in
cui si indica un livello massimo registrato di 130 decibel, che diventa pericoloso
già dopo un’esposizione di pochi minuti. In generale, però, allo stadio o in un
“public viewing” particolarmente fre-
Un Mondiale
di
rumori
quentato, si rischia più che altro di avere
a che fare con un livello di emissioni sonore paragonabile ad un aereo in fase di
decollo, circa 120 decibel. “In generale,
per quanto riguarda soprattutto manifestazioni musicali, il livello base è fissato
a 93 decibel sulla media oraria - spiega al
Caffè Alfio Moro, dell’Ufficio cantonale
5
Il goal mancato per
25mila spettatori
Anche i cori e i boati
allo stadio o sulle piazze
sono ad “alto decibel”
della prevenzione dei rumori -. Fino a
questo livello non è indicata nessuna
precauzione. Ci sono poi due eccezioni
concesse dalla legge. Un livello medio
tra i 96 e i 100 decibel fino a tre ore e uno
oltre le tre ore. In entrambi i casi a disposizione del pubblico devono esserci i
tappi protettivi, gratuiti e con una distribuzione ben visibile nell’area della manifestazione”.
Analogamente, il pubblico è costantemente sensibilizzato sull’importanza
di proteggere il proprio udito. Lo confer-
Domenica d’estate...
Una gita sul Lago Maggiore
In viaggio dalle valli al lago
Lago Maggiore Express è un viaggio indimenticabile in ferrovia e in battello, tra monti, valli
e laghi. Partendo da Locarno con la Centovallina, in un’ora e mezza circa si attraversa il territorio selvaggio e romantico delle Centovalli e
della Valle Vigezzo, in cui si alternano ponti
vertiginosi, corsi d'acqua, vigneti, boschi e villaggi montani. Altre tre ore sono dedicate alla
navigazione sul Lago Maggiore, tra rive affascinanti con borghi pittoreschi e le incantevoli
Isole Borromee.
Da Locarno il treno raggiunge in pochi minuti
Ponte Brolla, per poi addentrarsi nelle Terre di
Pedemonte attraversando i villaggi di Tegna,
Verscio (sede del Teatro Dimitri) e Cavigliano,
prima di giungere a Intragna, dove si trova il
campanile più alto del Ticino. Qui inizia il tratto
nelle Centovalli, un zona incantevole e selvaggia, in cui si alternano ponti vertiginosi e specchi d'acqua spettacolari. A Camedo si attraversa il confine e si entra in Valle Vigezzo, nota
anche come valle dei pittori.
In breve si arriva a Re, dove si trova l’imponente santuario dedicato alla Madonna del Sangue, che ricorda un miracolo avvenuto nel
1494. Il paesaggio si fa in seguito più ampio e
1
si giunge a S. Maria Maggiore, una graziosa
località di villeggiatura frequentata soprattutto
dai milanesi che ospita il museo dello spazzacamino.
Giunti a Domodossola, si prosegue per Stresa,
dove inizia il percorso in battello.
Stresa conserva un pregevole nucleo storico,
ma è celebre soprattutto per le isole Borromee
che si trovano proprio di fronte al lungolago.
Prendono il nome dalla nobile famiglia Borromeo di Milano, alla quale appartenevano già
nel XVI secolo. Con il loro delizioso insieme di
appariscenti palazzi, fantasiosi giardini e pittoresche case, costituiscono una meta classica,
considerata imperdibile da tutte le principali
guide turistiche.
Il battello prosegue in acque italiane, con fermate in diversi romantici villaggi che si affacciano sul bordo del lago, come Laveno, Cannero e Cannobio. Una delle immagini più suggestive è costituita dalle rovine dei cinquecenteschi castelli di Cannero, arroccati su due
isolotti. Rientrati in territorio elvetico, altre due
affascinanti isole ricche di storia si offrono allo
sguardo del turista: si tratta delle Isole di Brissago, con il loro prezioso parco botanico.
ma ancora Moro. “Questi livelli sono stati studiati a partire dalla ricerca medica.
Appena si può, è meglio proteggersi. Gli
organizzatori degli eventi, poi, sono obbligati per legge a segnalare il superamento del livello di 93 decibel con cartelli, spot o annunci audio”. A differenza
di quanto succede per strade, ferrovie o
industrie, non esistono invece leggi che
regolano il disturbo fatto dalle manifestazioni. “Il limite viene valutato caso
per caso, ma non si può certo fare quel
che si vuole…”, conclude Moro.
m.s.
ALTRE INFORMAZIONI SU
T I C I N O | T O P | T E N. C H
IL CAFFÈ
22 giugno 2014
30
tra
parentesi
I SINTOMI
BenEssere
In trent’anni negli Usa la diagnosi
precoce ha consentito di evitare
500mila casi di cancro del colon
I sintomi del tumore del colon sono
comuni a molte altre patologie
intestinali e possono comprendere:
sensazione di evacuazione incompleta
dopo lo svuotamento dell’intestino
alterazioni dell’alvo con comparsa
di diarrea e/o stitichezza
Quello screening
all’intestino
che ti salva la vita
dolore
o dolenzia
presenza di sangue
e/o muco nelle feci
perdita di peso
inspiegabile
ANTONINO MICHIENZI
P
iacevole non lo è di certo. Ma lo screening per il cancro
del colon retto salva la vita. Se ce ne fosse ancora bisogno, un’ulteriore conferma arriva da uno studio pubblicato sulla rivista Cancer che ha contato, uno per uno, i casi di cancro al colon che si sono evitati grazie allo screening
negli Stati Uniti: cinquecentomila!
Insomma, mezzo milione di persone si sono risparmiate
il calvario di una diagnosi di cancro, un intervento chirurgico molto invasivo, un altrettanto pesante ciclo di chemioterapia, con tutti gli effetti collaterali che ne conseguono: stanchezza, nausea, vomito, perdita di appetito, diarrea, stipsi,
dolore, infezioni, perdita di capelli, tanto per citare i più comuni. Per non parlare, poi, di quella metà di essi (250 mila)
che non sarebbero sopravvissuti più di 1.500 giorni dal momento della diagnosi. Perchè oggi questo è il cancro del colon: una malattia che nonostante i grandi progressi compiuti
dalla medicina strappa alla vita poco meno della metà di
quanti ne vengono colpiti.
Nonostante ciò, continua ad aleggiare il sospetto intorno
agli screening oncologici, accusati da alcune parti di inutilità o, addirittura, di produrre più danni che benefici. Come
nei casi in cui svelano la presenza di tumori a crescita lentissima che nessun danno avrebbero arrecato alla persona, ma
che la costringono comunque a subire tutti i trattamenti necessari dal momento che nessuno sa se quello che si ha davanti è un tumore aggressivo o uno innocuo (quella che viene definita dai tecnici sovradiagnosi).
Lo studio americano, ora, pare smentire queste critiche
mostrando quanto grandi sono i benefici dello screening.
Per giungere a questa conclusione, un gruppo di ricercatori
americani del Yale Cancer Center hanno passato al setaccio
I test hanno consentito di
individuare e rimuovere alterazioni
quando erano semplici polipi
un database del National Cancer Institute che conteneva i
dati delle diagnosi di cancro dal 1976 al 2009.
Il primo fenomeno osservato dai ricercatori è stato che,
al crescere della diffusione degli screening, in questo lasso
di tempo si è ridotto il numero di nuovi casi di cancro del colon retto. Per dirla con i numeri, si è passati da 118 nuovi casi
di tumore ogni 100mila persone con più di 50 anni a 74 casi
per 100mila. I tumori allo stadio iniziale sono passati da 76 a
67 casi ogni 100 mila persone. Come è possibile? Ebbene, in
quegli stessi anni la quota della popolazione che si sottopo-
Questo
amore
neva allo screening è raddoppiata passando dal 35 al 66 per
cento. Significa che i test precoci hanno consentito di individuare le alterazioni dell’intestino quando erano semplici
polipi e intervenire prima che si potessero trasformare in tumori più aggressivi.
Probabilmente nella comunità scientifica arriveranno
critiche allo studio, ma i ricercatori sono convinti della bontà dei loro dati: “Questi numeri rappresentano i pazienti reali e le famiglie che hanno risparmiato il trauma di una diagnosi e trattamento del cancro - ha detto il coordinatore dello studio, James Yu -. Lo screening per la diagnosi precoce
del cancro del colon-retto è uno dei maggiori successi nella
lotta contro il cancro”.
Un messaggio che è arrivato forte e chiaro anche in Svizzera dove, dal primo luglio dello scorso anno, lo screening è
inserito nell’elenco delle prestazioni a carico dall’assicurazione di base. Per le persone tra i 50 e i 69 anni viene infatti
rimborsato un esame delle feci ogni due anni (e viene rilevato sangue, anche il costo per la conseguente colonscopia) e
una coloscopia ogni dieci anni. Purtroppo, non esiste ancora un programma nazionale per il riconoscimento precoce
del cancro intestinale, anche se in alcuni cantoni se ne sta
discutendo attivamente.
La risposta di Linda Rossi
I figli, si sa, assorbono energie
cerchi di capire e di pazientare
nostro
L
a sua storia, ancora una volta,
ci dice che c’è una grande differenza tra l’uomo e la donna
nel desiderio sessuale e che tale fenomeno può creare tensioni e sofferenze. Questo succede a maggior ragione dopo l’arrivo dei figli che, giustamente, richiedono del tempo per essere accuditi e cresciuti adeguatamente e nelle migliori condizioni
possibili. Ha una moglie
molto giovane e insieme vi
ritrovate già genitori di due
bimbi. Questi, essendo ancora piccoli, necessitano
molteplici attenzioni e
quindi l’impegno della
mamma è molto intenso,
anche se è fortunata ad
avere un marito che la sa capire.
Tuttavia, sarebbe utile che almeno una volta, quando i bimbi dormono o sono dai nonni, vi sediate
l’uno di fronte all’altro e lei, uomo, si
faccia raccontare dalla sua donna
come ha trascorso la giornata. La lasci pure andare nei dettagli quando
le racconta di come si è occupata dei
figli e di tutte le faccende di casa,
spesa inclusa. Posso immaginare
che questo le possa far capire ancora
La lettera
Prima delle gravidanze mia moglie
aveva sempre voglia, ora non più
T
rentatré anni e sposato da quattro con una ventinovenne. Abbiamo due bambini, il primo di quattro
anni e la seconda di due. Durante i parti mia moglie
ha avuto dei problemi. Nel primo caso la placenta non si
staccava, nel secondo una lieve depressione post parto.
Qui le scrivo perché il suo desiderio sessuale è a livello
minimo. Lei dice che ci sono altre priorità oltre al sesso. La ca- Scrivi a LINDA ROSSI
pisco perfettamente, ma se psicoterapeuta e sessuologa
penso al desiderio che aveva
prima di restare incinta e a Posta: Linda Rossi – Il Caffè
quello che prova ora, direi che Via Luini 19 - 6600 Locarno
il cambiamento è totale.
E-mail:
Se mi avvicino per toccarla [email protected]
e provocarla, la maggior parte
delle volte dice di non averne
voglia e sembra infastidita. Lo facciamo sì e no due o tre
volte al mese ed è stupendo. Ma io vorrei farlo qualche
volta in più. Ha consigli da darmi per far aumentare la frequenza dei nostri rapporti sessuali? Ho un’altra domanda. A me piace molto il sesso anale, mi eccita parecchio
praticato su di lei e su di me. A lei però non interessa. Che
cosa posso fare affinché le piaccia?
meglio l’entità del lavoro giornaliero
della sua desiderabile signora. Nel
contempo a sua moglie farà piacere
sentirsi ascoltata e compresa dal
proprio amato, interessato e comprensivo marito. D’altro lato se voi,
in questo contesto, riuscite ad avere
quasi un rapporto settimanale, e per
di più soddisfacente, direi che può
ritenersi fortunato. Per il suo bisogno eccedente, perlomeno fin quando non vi è una maggiore frequenza
dei vostri incontri erotici, lei ha sempre la possibilità di ricorrere alla
sessualità personale. I bambini crescono più in fretta di quanto non si
pensi e voi, progressivamente, potrete recuperare spazi vostri, che
permetteranno di nutrire la coppiaamanti. Certo non è il caso di attendere che escano dal nido familiare,
oramai adulti, perché a quel momento potrebbe essere tardi per ritrovare una soddisfacente complicità sessuale.
Per la seconda domanda le dirò
che, pur ricorrendo alle dovute precauzioni (olio di mandorle e limitato
ricorso a tale pratica), il sesso anale
difficilmente dà piacere a qualcuno
che non lo gradisce. Eventualmente
può tentare con qualche fantasia
coinvolgente, ma nulla è garantito.
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Offerta esclusiva per i lettori del Caffé
Il Caffè è lieto di poter offrire ai suoi lettori due biglietti
al prezzo di uno per il concerto Moon & Stars di
Laura Pausini (giovedì 10 luglio 2014) e per il concerto
dei Negramaro (giovedì 17 luglio 2014).
Per approittare di questa esclusiva azione occorre
introdurre il codice promozionale al momento
dell’acquisto sul sito Ticketcorner. Per i lettori del
Caffè il codice promozionale è: MS2014. Vi auguriamo
due serate musicali indimenticabili sotto le stelle
sulla stupenda Piazza Grande di Locarno.
I Negramaro sono una band di sei elementi
che viene da Lecce. Grazie ad innumerevoli
spettacoli live il gruppo è riuscito presto
a sfondare in Italia sulla scena del rock
alternativo. I Negramano si sono esibiti
tra l’altro al mega concerto per la Festa
del Lavoro a Roma e ad Arezzo al Wave
Love-Festival. Come un’incoronazione, a
questi concerti sono seguite innumerevoli
apparizioni – da tutto esaurito - nei migliori
club d’Italia. A luglio entusiasmeranno il
pubblico a Moon & Stars a Locarno.
Laura Pausini ha iniziato la sua carriera venti
anni fa. Nel novembre 2013 ha pubblicato
un album con tutte le sue canzoni più note,
insieme a alcuni nuovi brani e duetti internazionali. Dopo tutti questi anni di successo
continuo e una carriera senza eguali, si
esibirà martedì 10 luglio 2014 sul palco in
Piazza Grande a Locarno.
Giovedì 10 luglio, ore 20.30
Giovedì 17 luglio, ore 20.00
Laura Pausini
Negramaro
Gio
10.7.
Ve
11.7.
Sa
12.7.
Lu
14.7.
Ma
15.7.
Me
16.7.
Gio
17.7.
Ve
18.7.
Sa
19.7.
Biglietti
2 x1
tbd
Laura Pausini
Udo Lindenberg
Bligg / Sido
Piazza Grande Locarno
Dolly Parton
ore 20.30
Kodaline
Jack Johnson
James Blunt
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Negramaro / Jessie J ore 20
Rebecca Ferguson ore 20
Backstreet Boys
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La società
La cultura
L’incontro
IL TIFO È DIVENUTO
UN FENOMENO
MULTICULTURALE
LA PROVOCAZIONE
A REGOLA D’ARTE
È TATTICA ANTICA
NICOLAS GILLIET:
“SONO IL FIGLIO
DEL FESTIVAL”
ALLE PAGINE 34 e 35
A PAGINA 43
A PAGINA 46
travirgolette
ilcaffè
Oltre il cibo
22 giugno 2014
Un rito espresso
ormai
diventato globale
SOCIETÀ | TENDENZE | PROTAGONISTI
RIFLESSIONI D’AUTORE
UNA SETTIMANA
UNA PAROLA
MORO A PAGINA 36
Vacanze/1
Dovremmo
riflettere all’idea
di introdurre
anche una
“holiday-life
balance”. Una
combinazione
tra riposo
e attività anche
durante le ferie
SANDRO CATTACIN
sociologo
D
ove vai in vacanza? A questa domanda scontata si ricevono, oggigiorno,
delle risposte tutt’altro che scontate.
Chi aspetta solo il momento delle vacanze, chi non le ama, chi ne prende
poche, chi tante. E poi c’è chi gira il mondo, chi va
nei luoghi più sperduti a rischio di rapimento, chi
viaggia tutto l’anno per lavoro e le vacanze preferisce farle a casa, chi si ritrova per camminare, per
immergersi, o si ritira in una fattoria o in un convento. E c’è anche chi le vacanze proprio non le fa,
o per scelta, o perché non se le può permettere.
Le vacanze rispecchiano le tendenze della società. Altro che tutti al mare, incolonnati nelle lunghe code di ferragosto! Le vacanze si sono differenziate e fanno parte di quelle attività che permettono alle persone di sentirsi uniche. Non solo rispecchiano quindi l’individualizzazione, ma sono anche la risposta economica alla società degli individui alla ricerca di unicità: la flessibilizzazione e la
liberalizzazione delle regole che governano il mercato del lavoro e l’impiego. Si lavora in maniera
sempre meno ordinata e standardizzata e non sono più così numerose le fabbriche che chiudono e
aprono in momenti definiti. In particolare, il lavoro
precario fa si che, per tanti, una lunga vacanza sia
sinonimo di ricerca di lavoro e quando, finalmente,
il lavoro c’è, non si può fare altro che rinunciare alle
vacanze per non perderlo. E chi fa le pulizie o si occupa dei bambini dovendo lavorare in nero lo sa
benissimo: la vacanza è un lusso perché, in quel
periodo, il salario smette di essere pagato.
La flessibilità significa anche che le vacanze restano attribuite a settimane, ma che è difficile e raro poterle prendere tutte. Qualche giorno si spreca
perché si è stanchi, perché il tempo libero richiede
un impegno più importante o perché si desidera
fare tante cose diverse distribuite su tutto l’arco
dell’anno. E quando si auspica una vacanza lunga,
succede che il lavoro, gli impegni presi e il timore
di un giudizio negativo sulla propria performance
lavorativa (incluse, ovviamente le conseguenze sul
salario) si presentano come ostacoli insormontabili.
E quindi ci si abitua, anche in vacanza, alla presenza costante del lavoro – e si chiede se in barca
c’è un accesso ad internet e se la stanza d’hotel nel
Grande Nord propone la connessione wifi.
L’economia flessibile, però, non crea solo precarietà, ma anche ricchezza. E, contemporaneamente, c’è chi non si può quasi permettere le vacanze e chi, per contro, ne fa una celebrazione del-
C’è chi non se le può permettere
e chi, per contro, ne fa
una celebrazione dello sperpero
lo sperpero. Ginevra per esempio, durante le vacanze estive, si trasforma in una colonia saudita. Si
incrociano Rolls Royce decapottabili con targhe
saudite ed i negozi di lusso, in particolare quelli
che vendono gli orologi, modificano le loro etichette e scrivono i prezzi in arabo. Nello spesso tempo,
il sistema alberghiero e turistico risponde presente
e si adatta a questi clienti ricchissimi.
In effetti, non è solo il turista che si adatta a
questo nuovo mondo dell’individualismo e della
flessibilità, ma anche l’operatore turistico, se vuole
vivere del proprio lavoro, è obbligato a comportarsi
di conseguenza e adeguare le proprie stanze ai gusti più diversi, proporre pacchetti specifici per an-
Vacanze/2
La prossima settimana un intervento
dell’antropologa Elisabetta Moro
ziani, giovani o famiglie con cani e offrire una cucina che si adatta ai vegetariani come a coloro che
decidono di mettersi a dieta proprio durante le vacanze.
Il business del turismo è in linea con i tempi; i
turisti vogliono essere trattati come re e le città non
sono più deserte in estate, ma diventano mete di
un turismo che ricerca urbanità e nuove esperienze.
Ma ritorniamo ai nostri turisti e cerchiamo di
capire come le scelte delle vacanze entrano nelle
scelte individuali. Se le vacanze fanno parte dell’identità, esse non sono più indipendenti dal resto
della vita, dal lavoro, dalla rete di amici. La vacanza
si trasforma in un tempo libero prolungato, dove
Facebook, o WhatsApp sono onnipresenti e propongono foto di avventure, piatti sorprendenti, e
dove i messaggi twitter ci informano, minuto per
minuto, su quello che succede, sempre al fine di dimostrare quanto giusta fosse la scelta fatta e quanto il sogno promesso dalle agenzie o dai racconti
degli amici sia realmente realizzabile.
Vacanza? Momento di riposo, scoperta, momento di crescita, paradiso? La vacanza si è trasformata in una fetta di tempo libero e un’opzione in
più, per mostrare agli altri chi si è. La decelerazione
tanto auspicata e ricercata si trasforma così una attività in più, da integrare nella corsa della vita verso
un benessere che non si raggiunge mai.
Non è certo questo il luogo per dare consigli, è
chiaro; ma prendendo sul serio la voglia di vivere
meglio, di essere maggiormente in armonia con se
stessi, sarebbe magari opportuno riflettere anche
su come fare le vacanze. In ambito lavorativo si
parla tanto, oggi, di work-life balance: cioè di una
relazione più coerente tra lavoro e vita. Dovremmo, forse, riflettere all’idea di introdurre anche una
holiday-life balance: una combinazione cioè tra riposo e attività anche durante le vacanze.
Domenica
LIBERO D’AGOSTINO
L’EMERGENZA
VERA SONO
I CONTI STATALI
S
ui banchi del parlamento è
arrivato il bilancio consuntivo 2013: 180 milioni di deficit, 15 in più di quanto previsto.
Un disavanzo che conferma semplicemente una tendenza negativa ormai strutturale. Il Cantone
ha oggi un capitale proprio negativo per 351 milioni di franchi, vale a dire che ha eroso le sue riserve finanziarie; di questo passo alla fine della legislatura si arriverà
a mezzo miliardo e nel prossimo
quadriennio si potrebbe sfondare
la soglia del miliardo. Si erode il
capitale proprio e aumenta il debito pubblico che ha già raggiunto la bella cifra di 1,8 miliardi di
franchi. In tutti questi anni le forze politiche hanno bellamente
ignorato i ripetuti allarmi del ministro delle Finanze Laura Sadis. I
politici di ogni partito hanno preferito inseguire, per tornaconto
d’immagine, e di cassa elettorale,
lo spauracchio dei frontalieri e
dei padroncini, mentre sotto i loro piedi si stava aprendo una voragine finanziaria. Ci vuole un rigurgito di onesta reponsabilità
verso il Paese, per capire che è
questa la vera emergenza.
IL CAFFÈ
22 giugno 2014
35
tra
virgolette
La società
L’analisi
GLI SPETTATORI NEL 2013
Presenza media a partita
Totale spettatori per stagione
I motori patriottici
riaccesi dai moderni
soldati di ventura
% della popolazione totale
NFL football americano, Stati Uniti
68.401
17.3 milioni
5,5
BUNDESLIGA calcio, Germania
41.914
13.0 milioni
15,9
PREMIER LEAGUE calcio, Inghilterra
35.903
13.7 milioni
24,4
AFL football australiano, Australia
32.163
6.9 milioni
30,1
MLB baseball, Stati Uniti e Canada
30.514
74.0 milioni
21,1
CFL football canadese, Canada
27.005
1.9 milioni
5,5
NPB baseball, Giappone
25.518
22.0 milioni
17,4
LA LIGA calcio, Spagna
25.464
11.5 milioni
24,6
IPL cricket, India
23.763
1.4 milioni
0,1
SERIE A calcio, Italia
23.300
8.4 milioni
13,8
SUPER LEAGUE calcio, Cina
19.777
4.5 milioni
0,3
MLS calcio, Stati Uniti e Canada
18.594
6.0 milioni
1,7
NBA basketball, Stati Uniti e Canada
17.721
21.3 milioni
6,1
NHL hockey, Stati Uniti e Canada
17.348
12.8 milioni
3,7
Fonte: Fifa; Sporting Intelligence; United Nations; The Economist
Organizzazione
Il sostegno per i giocatori di casa
è il termometro tra popolo e Paese
&
ELISABETTA MORO
antropologa
Tifo tifosi
La vetrina globale dei Mondiali
rimescola il concetto di supporter
1
IL CONFLITTO
Insanabile la rivalità sportiva tra
Inghilterra e Argentina che è stata
acuita definitivamente dal conflitto
bellico scatenato per l’attribuzione
delle isole Malvinas che battono
bandiera inglese come Falkland
2
3
4
5
IL GEMELLAGGIO
Curioso il gemellaggio tra la
squadra Liverpool del Regno
Unito e la scozzese Celtic
Glasgow che hanno lo stesso inno
“You'll Never Walk Alone”
IL CONFINE CENERI
Inimmaginabile nell’hockey che un
tifoso dell’Ambrì Piotta faccia il tifo
per il Lugano e viceversa, qualsiasi
altro team le rispettive compagini
incontrino in una partita
IL MAR DEL PLATA
Sono due rioni della stessa città,
Buenos Aires, ma tra Boca Junior
e River Plate ogni incontro rischia
di trasformarsi in guerra per bande
e non di rado con vittime
LA SVIZZERA
In qualsiasi competizione sportiva
le veda coinvolte, i francofoni
non tifano per la Francia, gli
svizzero tedeschi per la Germania
e i ticinesi per l’Italia
EZIO ROCCHI BALBI
S
arà che la mobilità totale è il tratto peculiare di questo inizio di terzo millennio,
ma persino il tifo calcistico sta assumendo caratteristiche multiculturali e
multietniche inimmaginabili anni fa. La
vetrina globale dei Mondiali in Brasile, Paese già
multirazziale di suo, sta rimescolando il concetto
di opposte tifoserie, lasciando immutata l’accezione sportiva del termine “tifo”, quella derivata
dal greco antico “typhos”, che sta per febbre.
L’impegno previsto, parlando di tifo e tifosi,
sarebbe quello di sostenere con il dovuto entusiasmo la vittoria della squadra del cuore in una
qualsivoglia disciplina sportiva. Anche perché,
con buona pace di Pierre de Frédy, barone di
Coubertin, conosciuto per essere stato il fondatore dei moderni Giochi
olimpici, abbiamo capito
tutti da lunga pezza che
l’importante non è partecipare ma vincere.
Anzi, paradossalmente
per non pochi “tifosi” l’importante è perdere. E a perdere non basta che sia la
squadra antagonista alla
propria (cosa che sarebbe
del troppo ovvia), ma
un’altra squadra, un’altra
Nazionale anche se non in
campo con la nostra. È il
fenomeno del “tifo contro”, quello in cui non ci si
limita a sgolarsi per incitare i propri beniamini,
ma lo si fa per qualsiasi squadra a patto che batta, neglio ancora umilii, la compagine che proprio non sopportiamo. “Sport e sportività devono andare a braccetto, e faccio un po’ a fatica a
capire il ‘tifo contro’ - commenta la presidente
dell’Hc Lugano Vicky Mantegazza -. Devo anche
constatare, però, che nella Svizzera di oggi, che
pure ha elvetici in tutto il mondo, qualche problemino di identità non manca. Mi sta bene
qualche elemento di tifo contrario, che fa anche
colore, ma quando si arriva a bruciare le bandiere in piazza, beh, non parliamo più di tifosi per
favore, parliamo di stupidi”. Fenomeno facilmente riscontrabile in Svizzera dove molti francofoni sono disposti a supportare chiunque a
patto non sia la Francia, molti svizzero-tedeschi
Sostenere i colori del cuore in
qualsiasi sport è una passione che
sconfina spesso nell’irrazionalità
tutti ma non la Germania e molti ticinesi in non
avrebbero dubbi su chi sostenere anche in
un’eventuale quanto improbabile match tra azzurri italiani e Botswana.
Un atteggiamento non molto sportivo, è vero,
ma il tifare contro non è certo una prerogativa
rossocrociata. E se per gli elvetici il rapporto di
L’intervista
MULTITIFOSI
In Svizzera
molti tifano la
Nazionale
elvetica e quella
del Paese
d’origine
amore-odio è alimentato da un’imprecisata “logica della frontiera” nei confronti di Paesi confinanti che parlano la stessa lingua, i motivi possono essere infiniti, dall'ostilità tribale atavica a
conflitti militari mai dimenticati. “Sono tanti i
motivi, e spesso certe situazioni sono vissute con
più intensità e trasporto del dovuto - aggiunge
La sociologa Morena La Barba auspica un futuro con campionati interraziali
“Il senso d’appartenenza
si concede più opzioni”
P
I PRESIDENTI
Vicky
Mantegazza,
presidente
dell’Hc Lugano;
a sinistra,
Angelo Renzetti,
presidente del
Lugano Calcio
Partecipazione femminile
in forte crescita a conferma
di una febbre planetaria
Ci sono squadre entrate
nell’immaginario collettivo
che superano i confini
nambuco a Bahia, da Rio a San Paulo il
grido della torcida brasileira diventa
un unisono planetario che arriva fino
in Svizzera dove la comunità carioca è
numerosa.
Anche in Gran Bretagna la nazionale viene prima di tutto, nella buona
come nella cattiva sorte, perché nelle
gesta dei Three Lions risuona l’eco
delle imprese di Riccardo Cuor di Leone. Esattamente come i Galletti di
Francia sono gli eredi calcistici di Vercingetorige e di Asterix. E sugli spalti
tedeschi il grido Deutschland über alles risuona possente, qualunque sia il
risultato della Mannschaft, cioè la
squadra per antonomasia. È un po’ diverso il caso dell’Italia,
dove il patriottismo è ad assetto variabile, e la passione è sempre sub condicione. Niente cambiali in bianco,
niente passione cieca, niente amore
sviscerato. Tutti sentimenti riservati al
club del cuore, quello che fa “piangere
abbracciati ancora”, come nella canzone di Venditti. Gli Azzurri infatti l’affetto del loro pubblico devono conquistarselo partita dopo partita. E a ogni
perché proprio non ce la fanno ad essere distaccati e bipartisan. In fine ci son quelle squadre che
accendono la fantasia di tutti. Perché
appartengono alla mitologia del pallone. È il caso dell’Argentina, amata per i
suoi giocatori-artisti, dal geometrico
Alfredo Di Stefano, al funambolico
Omar Sivori, all’ineguagliabile Diego
Armando Maradona, ovvero la mano
de Dios. E sopra tutti il mitico Brasile.
Con il suo calcio bailado e con i suoi
fuoriclasse sambisti che hanno fatto
del Maracanà la Terra promessa del
futebol. Dallo sconcertante Zizinho,
capace di fare quaranta metri fra gli
avversari palleggiando di testa, al
claudicante Garrincha che aveva fatto
della sua finta irresistibile uno sberleffo alla sorte che lo aveva reso poliomelitico. Fino a sua Maestà Edson Arantes do Nascimiento, meglio conosciuto come Pelé. Per tutti semplicemente
O’ Rey. Supercampioni assunti nell’Olimpo dello sport. Che va al di là dei
confini delle patrie storiche e geografiche per diventare una regione dell’anima.
I
Un fenomeno
multiculturale
I rivali di sempre
l due a uno all’Ecuador, nonostante
sia poi stato seguito dalla batosta
contro la Francia, ha riacceso i motori del patriottismo rossocrociato.
Che si risveglia puntuale ogni quattro
anni, quando i mondiali di calcio fanno sventolare la bandiera della nazione. E al primo goal la Confederazione
ritrova la sua unità. Perfino quando i
suoi campioni giocano in club stranieri, un po’ come gli antichi soldati di
ventura. Eppure, appena la patria calcistica chiama, tutto cambia. Ci si dimentica che Behrami e Inler sono centrocampisti del Napoli, Seferovic è un
attaccante della Real Sociedad, Shaqiri
fa la mezza punta nel Bayern, Mehmedi gioca nel Friburgo. Perché quando
vestono la maglia rossa fanno battere
forte il cuore dei quattro Cantoni. E a
quel punto nessun traguardo sembra
impossibile. Ottavi e non solo.
Lo stesso accade ai padroni di casa
che spargono talenti in ogni angolo
del mondo, ma quando indossano la
casacca verdeoro della Seleçao da Per-
mondiale sono costretti a ricominciare daccapo per riuscire a convincere
gli italiani a fare e tifare l’Italia. A suon
di risultati. Come se la patria rimanesse la maggior parte del tempo in panchina e scendesse in campo solo ogni
quattro anni.
In questo senso il tifo per la nazionale è il termometro del rapporto che i
popoli hanno con la loro nazione. E il
delirio calcistico diventa un succedaneo dell’amor patrio, una sua versione
ludica. E in fondo il calcio è la versione
ritualizzata della competizione tra i
diversi Paesi. A metà fra un torneo cavalleresco e una guerra giocata. E la
febbre non risparmia nessuno. Basta
scorrere i dati sulla partecipazione
femminile, per rendersi conto che la
par condicio del tifo è ormai un risultato acquisito.
C’è anche chi, trasportato dal clima
acceso del Mundial tifa per più di una
squadra. Come fanno tanti migranti
che hanno due patrie nel cuore. Quella del Paese di origine e quella della
terra che li ha accolti. E ci sono quelli
che a ogni match sentono l’impulso di
schierarsi con l’uno o con l’altro team,
atriottismo ritrovato, logiche nazionaliste, concetti antisportivi
e utopie di Mondiali interraziali futuri. Nel fenomeno del tifo la
sociologa Morena La Barba, dell’università di Ginevra riesce
anche a trovare elementi inediti. “Sì, in una recente ricerca sulle giovani generazioni di migranti, ad esempio, si è rilevata una ‘multiappartenenza’ evidenziata proprio durante le competizioni sportive spiega La Barba al Caffè -. Non è poi così inusuale vedere tifosi con
due maglie sovrapposte, due bandiere, pronti ad esultare nel caso
che una della ‘proprie’ squadre vinca. Proprio di fronte alla finesta
del mio studio vedo un balcone sia con la bandiera rossocrociata, sia
italiana. E sono soprattutto le generazioni più giovani a manifestare
questa pluriappartenenza, perché lo vivono già nella quotidianità”.
Non è curioso che tutti si riscoprano fratelli, anche nei Paesi
più divisi, quando scende in campo la Nazionale?
“Il nazionalismo in questi casi può avere dei semplici contorni ludici, ma può anche rappresentare il più comodo dei rifugi per palesare un’appartenenza. Evidente in Svizzera, dove già l’identità è stata
molto costruita sul mito, sulla ‘spiritualità’”.
Il concetto sportivo del ‘vinca il migliore’, dove viene applaudito indipendentemente dalla nazionalità il campione, non è
più di moda?
“L’ammirazione del campione è tutta un’altra cosa, quella è la figura del supereroe, che può essere patrimonio di tutti. Ma non vale
per i giochi di squadra, perchè già il termine ‘squadra’ comporta uno
schieramento identitario, e le logiche nazionalistiche sono molto
semplici”.
Al punto di tifare contro una squadra a prescindere dalla propria?
“Avrei voglia di dire che il tifo è antisportivo per definizione, materia atavica. Nel caso della Svizzera nei confronti di Italia, Francia,
Germania, c’è sempre l’elemento di vicinanza-distanza: scatta il desiderio di distanziarti, che è già la prova che ti senti troppo vicino visto che già parli la stessa lingua del Paese confinante. Vale anche per
altri Paesi, dove non si esce dalla logica della frontiera”.
E ad ogni Mondiale il fenomeno è destinato a rimanifestarsi?
“Temo di sì, almeno fino a quando non arriveremo a dei campionati interraziali totali, con valori diversi, con etnie mescolate e nuove
forme di appartenenza. O forse, anche in quel caso, finiremmo per riprodurre le stesse gerarchie...”
e.r.b.
MORENA
LA BARBA
Docente al
Dipartimento
di Sociologia
dell’università
di Ginevra
Angelo Renzetti, presidente del Lugano Calcio -.
In fondo, e lo dico un po’ con rassegnazione, tifo
e tifosi spesso non fanno altro che riflettere, come uno specchio, la società intorno a
noi. Non dimentichiamo mai, però,
che il tifo sano è la parte più bella
dello spettacolo, la prima ad intregrarsi con la competizione, una manifestazione di entusiasmo pacifico
che dagli spalti si riversa nelle piazze. E basta seguire le partite di questi
Mondiali, vedere maglie di diverso
colore appaudire vicine per capire
che fenomeno di partecipazione offre il tifo. Quello bello”.
La febbre, la passione, l’entusiasmo che si scatena sugli spalti dei
nuovissimi stadi carioca offre in mondovisione un’immagine a dir poco desueta delle tifoserie. È vero che i fan
delle squadre nazionali in campo si distinguono per gli stessi colori indossati
dal team o dalla bandiera, ma è anche vero che
mescolati festosi in mezzo a loro ci sono migliaia
di supporter brasiliani che, pur non sfoggiando
lo stesso passaporto dei tifosi “titolari”, indossano le stesse maglie e intonano gli stessi incitamenti. Ma ancora più curioso è notare, sparsi qui
e là, moltissimi altri spettatori con i colori delle
più disparate squadre e Nazionali di calcio del
pianeta. Una sorta di Onu del football non pianificato, non programmato, ma che pure ha una
sua ragione di essere. “Ma il tifo, quando non
sconfina nel fanatismo e nella violenza, è un
auntentico contagio d’emozioni se viene vissuto
in forma ludica, come un gioco - commenta lo
psichiatra Geo Martignoni, psicoterapeuta delle
problematiche della famiglia -. In questa società,
poi, dove ho la sensazione che tutto si viva molto
superficialmente, il tifo ha un grande potere aggregativo di coinvolgimento. Se vissuto con la genuinità dei bambini, con passione ha non pochi
elementi positivi: è unificante e integra senza distinzioni di classe, censo, cultura, ti fa sentire accettato e parte di un clan, una famiglia”.
Nessun quadretto idilliaco, s’intende, anche
perché il tifo nasconde tanti di quei retaggi ancestrali che, come buona parte di quelle passioni
che sconfinano nell’irrazionalità, non è facile definire i confini del fenomeno sociale.
[email protected]
Q@EzioRocchiBalbi
Paradossalmente c’è chi “tifa
contro” un team quando scende in
campo contro qualunque équipe
Il video
La lotta quotidiana
delle “Garotas”
in tutto il Brasile
C
on l’esplosione del fenomeno “Garotas de programa”, ossia delle prostitute,
che coinvolge anche i minori un
po’ in tutto il Brasile, si scopre
l’altra faccia del grande Paese sudamericano che ospita il Mondiale di calcio. Una delle grandi
contraddizioni di una realtà economicamente in forte crescita,
che fa da sfondo a vicende di lotta per la tutela dei diritti delle
donne e alla ricerca di nuove leggi per regolamentare il mercato
del sesso e proteggere, per quanto possibile, ragazze, ragazzi e
transessuali. Il video realizzato
da Giuseppe Bizzarri per il Caffè
(visibile su www.caffe.ch/publisher/webtv/section/) testimonia delle battaglie spesso impopolari che queste persone “ai
margini” della società sono costrette a condurre per riuscire a
vivere in modo almeno dignitoso. Parole, volti, realtà quotidiane che si susseguono in una rapida carrellata d’immagini che documentano la vita delle “Garotas
de programa” brasiliane.
IL CAFFÈ
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virgolette
Un rito espresso
ormai diventato
sempre più globale
I
l caffè è prezioso per coloro che vogliono risparmiare tempo. Lo diceva Linneo, il più grande dei
naturalisti. Ma non è meno prezioso per coloro
che hanno bisogno di recuperare vigore ed energia.
Gli arabi lo sapevano ben prima che venisse scoperta
la caffeina. Dal momento che attribuiscono alle bacche di kawa il merito di aver restituito lo slancio dei
vent’anni niente meno che a un Maometto un po’
agé. La leggenda vuole che al profeta ne sia bastata
una tazza per rendere felici quaranta donne.
Arrivata in Occidente la tazzina diventa virale anche grazie a eventi fortunati e personaggi capaci di
cogliere al volo le occasioni. Come Georg Kolschizky,
un polacco che nel 1683 salva Vienna assediata dai
Turchi. In cambio ottiene i sacchi che gli Ottomani
hanno abbandonato nella fuga e apre la prima caffetteria nella centralissima Dômgasse, la celebre Zur
Blauen Flasche, dove serve la bevanda con un velo di
latte per farla meglio apprezzare ai clienti poco inclini
ai gusti amari. E in più offre panini dolci a forma di
mezzaluna per solennizzare la vittoria sui nemici. Di
fatto l’intraprendente Georg inventa gli antenati del
cappuccino e del cornetto. E con loro la colazione
moderna.
Da allora la tazzina fumante diventa simbolo del
dinamismo e della velocità di una società che ha bisogno di correre sempre più forte. E che sta ancora
correndo freneticamente. E continua a bere espressi,
cappuccini, macchiati, corretti, marocchini, mocaccini, caramelmacchiati, shakerati, brasiliani, frullati,
frappè. Ghiacciati e spumati. Al ginseng e al guaranà.
Cambiano le preparazioni, le miscele, le proporzioni
e le temperature, ma a farla da padrone sono sempre
i profumatissimi chicchi tostati a manto di monaco.
Di cui non possiamo fare a meno.
Forse non è un caso che a Napoli, una delle capitali mondiali dell’espresso, sia nato un rito come
quello del “sospeso”, diventato globale grazie alla rete.
Si beve una tazzina e se ne lascia una pagata per chi
non può permettersela. Poi ci pensa il barista ad attribuirla. Come dire che si tratta di un bene primario, alla stregua dell’acqua e del pane, dal cui godimento
nessuno deve essere escluso. Un bellissimo esempio
di generosità e di solidarietà in nome del piacere.
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di
CAROLINA
Ingredienti per 4 persone
- ½ kg di gelato al gusto
di vaniglia o cioccolato
- 4 caffè espresso
- panna montata q.b.
- gocce di cioccolato
Affogato al caffè
ELISABETTA MORO
LA RI ETTA
oltreilcibo
La tazzina fumante del caffè è ormai
simbolo del dinamismo e velocità
di una società che ha bisogno di correre
Preparare il caffè con una caffettiera
da 4 tazze e lasciarlo raffreddare
qualche secondo. Nel frattempo,
disporre in quattro bicchieri o coppe
individuali due o tre palline di gelato.
Versare il caffè amaro sul gelato,
decorare con qualche ciuffo di
panna montata e qualche goccia di
cioccolato. Servire subito.
F
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IL CAFFÈ
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tra
virgolette
L’allarme
Agenzia Fotogramma
MAURO SPIGNESI
È
la catastrofe umanitaria più
grave dalla Seconda guerra
mondiale. Un intero popolo,
quello siriano, devastato: 4
milioni di rifugiati, famiglie
che, nel giro di poche ore, hanno dovuto
abbandonare la propria casa e fuggire
dalla morte, reinventarsi una vita. “Per
questo noi garantiremo sicuramente un
maggior impegno – afferma il consigliere di Stato Paolo Beltraminelli, direttore
del Dipartimento della sanità e della socialità – nel caso in cui dovessero arrivare più profughi. Quella siriana è oggettivamente una situazione difficile, ma come Cantone ne abbiamo affrontate altre. E dunque faremo la nostra parte, ci
prenderemo le nostre responsabilità, in
collaborazione con la Confederazione”.
In Svizzera sino a oggi sono stati accolti
circa 2500 profughi. Ma l’emergenza
non cessa. Anzi. Ne sono coscienti anche a Berna dove, dopo il sì del Consiglio nazionale, il Consiglio federale ha
accolto un postulato, sostenuto da una
petizione firmata in Ticino da mille persone,
Il fatto
dove s’impegna a studiare con i Paesi europei misure per offrire
maggior aiuto.
E ora un gruppo di deputati di diversi partiti,
dai Verdi, ai liberali, sino al Ppd, chiede se
non sia il caso di indire
con urgenza e prima
delle ferie estive una
conferenza cantonale
“per far fronte compatto all’emergenza profughi in Siria”. Ma
Beltraminelli non crede sia necessario.
“Direi di no, perché ormai da noi l’emergenza è continua: prima c’erano gli eritrei, ora i siriani. In tutto abbiamo oltre
1.200 richiedenti l’asilo di varie nazionalità e questo la dice lunga sul senso di
La solidarietà
si infiltra
tra le pieghe
dello Stato
LA LUNGA ATTESA
Famiglie di profughi
siriani alla stazione
centrale di Milano
e, qui accanto, il Centro
asilanti di Chiasso
tiere ticinesi, circondati da passatori e
sfruttatori”. Attualmente Sos Ticino e altre associazioni stanno sistemando diverse famiglie di profughi appunto nelle
abitazioni private. La Croce Rossa sta
invece lavorando attraverso i suoi centri
d’accoglienza. Ma intanto, i dodici granconsiglieri hanno stilato una lista d’impegni indirizzata al Consiglio di Stato.
Vanno dalla richiesta di mezzi finanziari
a Berna, alla ricerca d’interpreti (anche
volontari), sino all’assistenza medica e
alla facilitazione per l’integrazione scolastica. E nella settimana in cui si celebra la Giornata mondiale del rifugiato a
Bologna in una conferenza l’Italia cerca
nuove strategie per reggere l’impatto
devastante dell’arrivo di migliaia di persone (solo quest’anno oltre 20 mila) che
sbarcano nelle coste siciliane.
“Ripeto - aggiunge Beltraminelli - noi
siamo pronti a fare la nostra parte. E anche Berna ci ha riconosciuto questo impegno”. Dall’inizio della guerra civile in
Siria, tre anni fa, sino a oggi ci sono stati
150 mila morti. Un numero contenuto nel
Un convoglio che attraverserà l’Europa contro le restrizioni dell’asilo fa tappa in Ticino
rapporto dell’Osservatorio siriano dei diritti
dell’uomo, dove si spieconfine. Tutti “simbolicamente” hanpartito da Milano, la sua prima
ga poi che un terzo delle
no chiesto l’asilo. Sono seguite trattappa è stata ieri, sabato, a
vittime sono civili, tra
tative. Alcuni avvocati legati all’assoChiasso. Il “No Border Train”, il
loro 8 mila bambini.
ciazione Meltingpot che ha organiztreno che vuole “abbattere le frontie“Quello in Siria è uno
zato l’iniziativa, hanno discusso con
re” e che attraverserà l’Europa per ridei conflitti più brutali
le autorità la situazione dei richiedenvendicare il diritto all’asilo, finirà la
degli ultimi anni - spiesua corsa a Bruxelles, dove il 26 e 27 molti eritrei e senegalesi alla stazione ti l’asilo. Ma i manifestanti hanno
ga Matteo Pronzini,
l’Ue deciderà le nuove politiche sulla di Chiasso sono stati accolti da un chiesto di non essere separati dagli
granconsigliere del Momigrazione. Manifestanti e migranti, centinaio di poliziotti e guardie di asilanti.
vimento per il socialismo e firmatario delcentri d’assistenza per molte famiglie dalla verde Michela Delcò Petralli e da l’interrogazione - ma anche più sanguiaccampate alla stazione Centrale. Nel altri 11 deputati. Perché adesso “si tratta noso. È in atto una strage infinita e anfrattempo la solidarietà cresce con la di esaminare misure che consentano di che i tentativi di distensione come le ulnascita di una nuova associazione, accogliere in Europa e in Svizzera un time elezioni farsa dovrebbero spingere
numero nettamente più elevato di rifu- la comunità internazionale, e noi sviz“Azione posti liberi”.
Basta? No, secondo un’interrogazione giati”. Insomma, i profughi sono alle no- zeri, a fare di più”. [email protected]
presentata al Consiglio di Stato e firmata stre porte, “attendono da mesi alle fronQ@maurospignesi
L’impegno di Bellinzona
per le famiglie dei siriani
È
Ti-Press
solidarietà dei ticinesi che, inizialmente, magari si mettono sulla difensiva, ma
poi si aprono dimostrando la loro generosità”. Una generosità mostrata anche
recentemente con associazioni che si
sono impegnate, portando indumenti
sino a Milano, dove sono stati allestiti
Tensioni a Chiasso
all’arrivo del treno
contro le frontiere
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IL CAFFÈ
22 giugno 2014
38
tra
Un romanzo “biblico” che segnò
il Rinascimento americano, nella
magistrale traduzione di Cesare Pavese
Il mito della balena bianca
tra follia, caccia e sciagura
MARCO
BAZZI
HERMAN
MELVILLE
Scrittore,
poeta e critico
letterario Usa,
autore
nel 1851 di
“Moby Dick”
Il musical dei musical
che ha retrodatato
il passaggio del cinema
muto al sonoro
Si cantava
e la pioggia
si allungava
con il latte
MARIAROSA MANCUSO
“C
hiamatemi Ismaele”. L’inizio del romanzo è
folgorante. Ed è già un riferimento biblico,
perché nella Genesi Ismaele è figlio di Abramo e della schiava Agar, e con la madre viene cacciato
nel deserto. Per il protagonista-narratore di Moby Dick
il deserto è l’oceano: “Avendo pochi o punti denari in tasca e nulla di particolare che m’interessasse a terra, pensai di darmi alla navigazione e vedere la parte acquea
del mondo”.
Moby Dick, o la Balena è un romanzo enciclopedico
e fantastico, che contiene riflessioni filosofiche, riferimenti letterari e biblici, note etimologiche sul termine
balena, antropologiche
sulla vita dei balenieri e
scientifiche sui capodogli.
Il capolavoro di Hermann Melville è un romanzo che chi ama leggere non può non leggere.
Non da ultimo per la magistrale traduzione di Cesare Pavese.
La storia affonda le radici in due fatti di cronaca,
il primo accaduto al largo
di Nantucket, l’isola del
Massachusetts da cui, al
comando di Achab, salpa la baleniera Pequod, “un veliero cannibale, che si ornava delle ossa cesellate dei
suoi nemici”.
Trent’anni prima della pubblicazione di Moby Dick,
una baleniera venne affondata da un enorme capodoglio
a 3’200 miglia dalla costa. E dieci anni dopo nelle acque
del Cile venne catturato un capodoglio albino, Mocha
Dick, che si narrò avesse una ventina di ramponi conficcati nel dorso e attaccasse le navi con inaudita ferocia.
Al comando del Pequod c’è il vecchio Achab, con la
sua gamba di legno che risuona lugubre sul ponte. Un
pazzo, ci racconta Ismaele: “La pazzia umana è sovente
cosa scaltra e astutissima. Quando voi la credete passata, può darsi ch’essa si sia soltanto trasfigurata in una
“V
isto uno, visti tutti”.
Parliamo di film naturalmente. La comparsa giovane e carina gela così
l’attore Don Loockwood, che
l’ha portata a visitare un set per
sedurla. Sono Debbie Reynolds
- che mette insieme il pranzo
con la cena facendo la ragazza
che sbuca dalle torte di compleanno - e Gene Kelly, in “Cantando sotto la pioggia”. Il musical
dei musical, diretto nel 1952
dall’unico ballerino che poteva
rivaleggiare con Fred Astaire (a
quattro mani con Stanley Donen). Colpo di genio: l’ambientazione retrodatata al passaggio
dal cinema muto al sonoro, che
lasciò parecchie vittime sul
campo.
Come ricorda “The Artist”
di Michael Hazanavicius, splendida sorpresa al Festival di Cannes 2011 e cinque premi Oscar
nel 2012, non tutti gli attori sopravvissero al passaggio. Molti
rifiutarono per principio la nuova diavoleria tecnica, altri non
avevano la voce adatta. È il caso
di Lina Lamont, star assieme a
Don Loockwood del film in costume “Il cavaliere spadaccino”.
A nulla servono le lezioni di
SINGING
IN THE RAIN
Nella scena finale
del fim diretto da
Stanley Donen e
Gene Kelly, Debbie
Reynolds svela che
la voce della
gracchiante diva
Jean Hagen è la sua
forma ancor più sottile”.
Il capitano è ossessionato dalla Balena Bianca, e per
cacciarla ha radunato la ciurma del Pequod: “Tutto il
sottile demonismo della vita e del pensiero, ogni male,
per l’insensato Achab era visibilmente personificato in
Moby Dick”.
Se Ismaele e Achab sembrano i protagonisti del romanzo, il vero protagonista è il leggendario capodoglio,
che appare e scompare sull’orizzonte del mare.
“Non era tanto il suo non comune volume che lo distingueva da tutti gli altri capodogli, quanto (…) una
particolare fronte rugosa, bianca come la neve, e un’alta, piramidale gobba bianca”.
Quando, durante la
terza e ultima giornata di
caccia, dopo tre anni di inseguimento, Moby Dick
affiora, Ismaele racconta:
“Un basso suono di terremoto si fece udire, un
rombo sotterraneo; e poi
tutti tennero il fiato, mentre impacciata di cavi pendenti, di ramponi e di lance, una grande forma balzava per il lungo ma obliquamente sul mare. Sfumata da un sottile velo cadente
di nebbia, si librò un istante nell’aria iridata e poi piombò sprofondando nell’abisso”.
È Achab stesso la Balena Bianca? Il suo doppio? È la
morte, che nel cerchio chiuso della vita ci insegue e di
cui, correndo per sfuggirle, finiamo col diventare inseguitori? I significati sono molteplici e contribuisco alla
grandiosità del romanzo. Sappiamo che la Balena trionferà. E che trascinerà negli abissi il Pequod, la sua ciurma e Achab, allacciato alla gola dalla cima di un rampone conficcato nel corpo del mostro. Sopravvivrà solo
Ismaele, aggrappato a una bara. Nell’ultima pagina
Melville cita ancora la Bibbia, il Libro di Giobbe: “E io
solo sono scampato, a raccontartela”.
(1 - continua)
dizione, impartite da un’insegnante con la crocchia che usa
come materiale didattico gli
scioglilingua: “Moses supposes
that toes are roses, but Moses
supposes erroneously”. In
quell’occasione imparammo
che il plurale di “toe” – alluce –
va pronunciato
facendo rima
con “roses”. Poi,
sempre a vantaggio del nostro inglese, arriverà la filastrocca con cui
il
professor
Higgins in “My
Fair Lady” toglie l’accento
cockney alla
fioraia Audrey
Hepburn: “The
rain in Spain
says mainly in
the plain”. Nell’adattamento italiano, quando i doppiaggi erano
fatti con amore e senso del ritmo: “La rana in Spagna gracida
in campagna”.
Miss Lamont gracchia come
un microfono difettoso, non riesce a chiudere le “e” che vanno
chiuse e ad aprire le “e” che
lacinetecadelmondo
lalibreriadelmondo
virgolette
vanno aperte. Le macchine da
presa, a quei tempi piuttosto
fracassone, andavano isolate in
un gabbiotto. Le collane e i
braccialetti se ne tornavano nei
cassetti del reparto costumi. Bisognava imparare a parlare
dentro i microfoni (quando lo
cuciono nel fiore che orna la
scollatura, il battito del cuore
sovrasta la voce non impostata).
Poiché il cinema non è arte –
somiglia di più a una forma di
artigianato dove vige la legge di
Murphy, “tutto quello che può
andar male andrà male” – e poiché a Hollywood non si butta
via niente, “Il cavaliere spadaccino” viene riciclato in un musical “Il cavaliere della danza”. La
sera della prima, Lina Lamont
viene doppiata in diretta da
Debbie Reynolds nascosta dietro le quinte. Il sipario si alza e
svela l’inganno, lanciando la
carriera della ragazza. Ricordiamo i suoi polpaccetti, le gambe
sexy negli anni erano più carnose. Ricordiamo le scarpe di Gene Kelly nelle pozzanghere. E la
pioggia, allungata con il latte
perché fosse più visibile sullo
schermo.
(1 - continua)
IL CAFFÈ
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39
tra
virgolette
La polemica
L’incerto Ticino
sotto la lente
della Svizzera
EXPO GATE
All’ingresso
di Milano,
in Piazza
Castello, da
alcune
settimane due
strutture
in metallo
e in vetro
rappresentano
la porta
d’ingresso
all’esposizione
mondiale
che si aprirà
fra circa
un anno
I tentennamenti di Bellinzona
criticati dai cantoni partner
M
IL PADIGLIONE SVIZZERO
Il progetto di padiglione intitolato
“Confooderatio Helvetica”,
firmato dalla società di architetti
Netwerch, è stato selezionato da
una giuria di esperti tra 103
proposte. La Svizzera è stato
il primo Paese ad aderire e a
firmare il contratto di
partecipazione a Expo 2015 ed
anche il primo ad aver presentato
ufficialmente
il progetto del suo spazio
espositivo
entre l’economia
privata supplisce
alle mancanze della politica, ferma a
tentennare tra il sì e
il no al finanziamento per la presenza del Ticino a Expo 2015, il Sud delle Alpi si ritrova nelle veste di “osservato speciale” dal resto della Confederazione. Nei giorni scorsi gli ambienti finanziari ed economici - l’Associazione bancaria, i “Grandi distributori” (Disti) e l’imprenditore
Silvio Tarchini - si
sono detti pronti a
sostenere concretamente il progetto per Milano. Ciò
ha convinto il governo ticinese a
confermare
la
presenza del Cantone nonostante
la spada di Damocle del referendum voluto dalla
Lega.
I soldi raccolti finora ammontano
a più di 400mila
franchi. Per raggiungere la cifra necessaria, mancherebbe un milione,
visto che si sono ridotti i programmi. La cifra andrebbe a carico del
Fondo Swisslos. In totale il programma “San Gottardo” costerà ai
quattro cantoni alpini 8,2 milioni di
franchi.
Rimane però viva l’attenzione al 28
settembre, quando i ticinesi saranno chiamati ad esprimersi sul referendum contro il credito di 3,5 milioni per la manifestazione italiana.
La consultazione suscita una certa
curiosità nei Grigioni.
“Non mi fascio la testa prima di essermela rotta – premette al Caffè l’ex
consigliere di Stato Claudio Lardi,
delegato grigionese per l’Expo -. La
decisione che fa testo è quella del
parlamento e del governo che si sono espressi favorevolmente. Fino al
“Per il momento
conta la decisione
politica. Fino ad
allora non serve fare
altre ipotesi”
momento della votazione quindi,
tutto procederà come da programma”.
Ma se a settembre i ticinesi dovessero votare “No”, il segnale sarebbe
molto forte. “Il progetto comprende
la partecipazione di tutti e quattro i
cantoni: Grigioni, Ticino, Uri e Vallese – continua Lardi –. Quindi fino
all’autunno non cambierà niente.
Certo, ci sarà una votazione che potrebbe complicare un po’ la situa-
zione, ma non c’è un piano B, qualora le cose non dovessero andare
come previsto”. La situazione, comunque, sembra mettere il Ticino
con le spalle al muro. “I Cantoni del
Gottardo sono un’unità - aggiunge
l’ex ministro -, e senza uno dei suoi
elementi non sarebbe lo stesso. Ricordo, però, che il progetto è stato
studiato per andare avanti tutti assieme”. E il segnale mandato dal
Consiglio di Stato è lì a dimostrarlo.
I Grigioni non rimettono in discussione i vantaggi dalla presenza
in comune del padiglione. “È una
possibilità unica - conclude Lardi -.
Vogliamo fare passare l’idea di una
Svizzera che vuole staccarsi dai suoi
cliché. I visitatori smetteranno di
considerarci un Paese burbero e dove tutto costa caro. Mostreremo che
la Confederazione, e in particolare i
cantoni dell’arco alpino che noi rappresentiamo, sono ospitali e simpa-
Il progetto
Rilanciare i territori
a ridosso delle Alpi.
Una sfida che si chiama
“Gottardo 2020”
Un’idea comune per Milano
I
l 3 maggio scorso i Cantoni del San Gottardo,
Grigioni, Ticino, Uri e Vallese, si sono presentati ai milanesi con un ricco programma di attività che hanno spaziato dall’artigianato, alla musica, dall’enogastronomia alla cultura, dalla storia
al turismo.
Nella loro presentazione, che ha fatto da preludio alla presenza dei quattro cantoni dell’arco
alpino all’Expo 2015, è stato cementato lo spirito
che unisce il territorio alpino, che ha come punto principale in comune il massiccio del San
Gottardo. Si è voluta mostrare una parte della
Svizzera molto vicina, non solo geograficamente, all’Italia. E per fare ciò si è dato spazio a personaggi che eccellono nel campo dell’arte, della
cultura e dell’artigianato. Tutto questo nell’idea
di promuovere nel migliore modo possibile il
progetto “Gottardo 2020”, nato per promuovere
lo sviluppo della regione del San Gottardo.
Nell’arco che va da Fluelen fino a Bellinzona
e da Briga fino a Flims, si vorrebbe formare uno
spazio che possa offrire alla popolazione residente, alle ditte e ai turisti un territorio pieno di
attrazioni. “San Gottardo 2020”, grazie alla sua
unicità e al suo carattere ambizioso, può godere
del sostegno della Confederazione, che lo ha in-
serito nel programma della Nuova politica regionale.
I quattro cantoni hanno studiato una strategia, chiamata “Visione 2020”, per sostenere realizzazioni e sviluppo dell’arco alpino, abbattendo le barriere geografiche, politiche, linguistiche
e culturali, trasformandole anzi in punti di unione.
Il punto di partenza è stata la coscienza di
avere interessi in comune. Le quattro regioni interessate, la Valle dell’Urseren e il resto di Uri, le
Tre Valli in Ticino, la Surselva grigionese il Goms
vallesano, sono tutte zone con scarse infrastrutture e che devono assistere al fenomeno dello
spopolamento. Sono infatti aree discoste che,
prese separatamente, hanno prospettive ridotte.
Queste regioni sono unite grazie ai passi alpini e
convergono sul San Gottardo. I loro sbocchi però
sono differenti e geograficamente divergono
senza poter avere possibilità di incontrarsi.
Lo scopo della collaborazione è di lanciare
un ideale ponte che unisca le peculiarità delle
quattro vallate, che dalla collaborazione potranno trarre giovamento in diversi settori, non da
ultimo quello economico, vero tallone d’Achille
di tutte le zone in questione.
tici e che abbiamo molto da dare ai
nostri visitatori”.
Una vetrina che nel Vallese vorrebbero fosse il più sfavillante possibile. “Il 2015 per noi sarà un anno
speciale- conferma Helmut Ritz,
delegato di Expo per il cantone -.
Celebreremo il 200mo dell’entrata
nella Confederazione e la nostra
partecipazione alla kermesse milanese è parte integrante dei festeggiamenti”. Il Gran consiglio vallesano, tra l’altro, ha confermato recentemente il pieno appoggio finanziario votando il credito di 1,8 milioni
per la realizzazione del padiglione.
“L’immagine e l’attrattività del Vallese ne trarrà grande giovamento continua Ritz -. La nostra presenza
farà nascere l’interesse del grande
pubblico, dei media e di potenziali
partner commerciali. Tutto questo
lascerà un’impressione duratura
generando nuove opportunità per
l’economia vallesana”.
Sul voto di fine settembre il
commento è laconico: “Fino a quel
momento non cambia assolutamente nulla. Dovessero spuntarla
gli oppositori, si tratterà di analizzare la situazione. Ma fino ad allora
non voglio nemmeno pormi la questione”.
Anche nel canton Uri la situazione è osservata con attenzione, e
anche se la prudenza la fa da padrona nessuno vuole affrontare eventuali imprevisti fino al momento del
voto “Semplicemente non la riteniamo d’attualità, settembre è ancora lontano - dice Emil Kaelin, delegato urano per Expo , escludendo
qualsiasi dubbio sull’importanza
dell’Expo -. Abbiamo una manifestazione di dimensioni mondiali
sulla porta di casa. È una possibilità
unica per promuovere al meglio le
bellezze e le peculiarità della regione del Gottardo. L’eco si propagherà
ben aldilà dei confini dell’esposizione, sia temporali che geografici”.
o.r
“Non c’è nessun piano
B. Le regioni del
Gottardo sono
un’unità e vanno
avanti tutti assieme”
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IL CAFFÈ
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41
tra
virgolette
Il personaggio
Clinica Sant’Anna
NOVECENTO PARTI L’ANNO
Ti-Press
Keystone
Sorge a Sorengo ed è
un polo di riferimento per
la maternità, con quasi 900
parti all’anno. Inoltre,
offre discipline legate
alla salute femminile,
oncologia, medicina
interna, chirurgia generale,
plastica e medicina
preventiva
Clinique de Genolier
Clinica Ars Medica
L’AMMIRAGLIA
DALLA DIAGNOSI ALLA RIABILITAZIONE
Situata a Lugano, è il polo di
referenza in Ticino per la chirurgia
ortopedica e la traumatologia
dell’apparato locomotore. Sotto lo
stesso tetto diagnosi e riabilitazione
Ti-Press
La Genolier è la clinica ammiraglia.
La terrazza privata, sopra Nyon,
offre un panorama che ricercano le
teste coronate e i milionari del
pianeta in cerca i cure privilegiate
La rivincita del re delle cliniche svizzere
Ecco chi è il vallesano multimilionario, patron anche di Ars Medica
L
a struttura che ospita la clinica privata di Genolier, nel canton Vaud, è di prim’ordine e tra i suoi
pazienti vanta teste coronate e ricconi di tutto il
mondo. La vista è mozzafiato e spazia dal Monte
Bianco al “jet d’eau” di Ginevra. Lusso, calma e
discrezione la fanno da padroni. Il proprietario
di questa miniera d’oro e di altre del genere in
Svizzera, come l’Ars Medica di Gravesano o il
Sant’Anna di Sorengo, è il vallesano Antoine
Hubert. Camicia aperta, capelli al vento e una figura imponente riflettono perfettamente la sua
immagine di imprenditore avventuroso e che
adora sfiorare i limiti. Una specie di bulldozer.
Il romando è partito dal nulla alla fine degli
anni 80. Il suo primo fallimento, dopo qualche
anno di vita avventurosa, ha rischiato di farlo affondare. Poi però è tornato a galla, questa volta
con successo. Da una quindicina d’anni dirige il
secondo gruppo di cliniche private della Svizzera dietro al leader indiscusso, la zurighese Hirslanden, che ha una cifra d’affari di 1,2 miliardi
l’anno. Quella della Aevis Holding di Hubert è
434 milioni e in continua crescita in tutta la
Confederazione.
Già proprietario di 14 stabilimenti, lo scopo
dell’imprenditore è di arrivare a una ventina entro pochi anni. Ma i suoi interessi l’hanno già
portato ad essere stato azionario del giornale
economico “L’Agefi” e a cercare di entrare in
possesso del quotidiano “Le Temps” finito poi
nelle mani del gruppo Ringier.
In campo sanitario l’outsider è diventato
una figura di primo piano, guadagnandosi anche una certa fiducia delle élites politiche e economiche del Paese. È infatti riuscito, dopo
un’aspra lotta, a controllare il gruppo bernese di
hotel di lusso Victoria Jungfrau Collection, che
comprende quattro palazzi emblematici nel panorama turistico nazionale a Interlaken, Berna, Zurigo e Lucerna.
Un uomo che si è fatto da solo, un po’ come l’imprenditore francese Bernard Tapie, con cui condivide alcune
caratteristiche: è avventuroso, sa parlare e quindi affascinare i suoi interlocutori. Come l’ex presidente dell’Olympique di Marsiglia non è di certo nato con la camicia. I suoi
genitori erano degli insegnanti.
La storia di Hubert inizia a 17 anni, quando si ribella e
smette di studiare per iniziare un apprendistato di elettricista, durante il quale saltuariamente fa anche il sindacalista. Nel 1989 crea la sua prima attività “L’univers du cuir” e
subito dopo sposa Géraldine Reynard, che da subito diventa sua socia d’affari. Hanno tre figli e detengono in parti
uguali la Hr Finance, un’holding privata che possiede la
maggior parte del loro patrimonio oltre a un terzo del capitale della Aevis Holding. I loro affari privati sono gestiti
da un’altra società, la Global Consulting & Communication.
Hubert non si fa di certo mancare nulla. Ama le ville
soleggiate, gli yacht e gli elicotteri ed è stato in prigione, come Tapie. Alla fine degli anni 90 ha fatto visita per un mese
alla galera di Sion, a seguito del fallimento dell’“univers du
cuir”. Dopo i 30 giorni di fermo preventivo, è poi stato condannato a due anni con la condizionale per truffa e gestione infedele. Guadagnava, come anche sua moglie, 25'000
franchi al mese, usando tra l’altro le carte di credito della
ditta quando la società era già gravemente indebitata.
Questa condanna avrebbe potuto mettere definitivamente fine alla sua carriera nel mondo degli affari, ma riesce a tornare. “Fallire a 30 anni ti fa pensare. E ti fa diventare più furbo”, ha recentemente dichiarato Hubert. Subito
dopo la sua uscita dalla prigione, si lancia nell’immobiliare. In qualche anno compra e rivende una trentina di co-
ANTOINE HUBERT
Multimilionario vallesano, 48 anni, ha fatto di
Genolier il secondo gruppo svizzero delle
cliniche private. Partito dal niente negli Anni
80, oggi sotto il nome d’Aevis Holding il suo
impero conosce una sorprendente crescita in
tutte le regioni del Paese
struzioni, soprattutto a Vaud e Ginevra. “Dopo la crisi degli
anni 90 le banche si sbarazzavano a poco prezzo di numerose case che avevano ricevuto come garanzie di crediti
non onorati. Si poteva rivenderle facendo degli ottimi guadagni”. Nel 2002 la svolta che lo dirige verso il settore della
salute. Una banca si sbarazza di un nosocomio di Genolier
e l’imprenditore l’acquista, dopo qualche tentennamento.
In fondo il gruppo Hirslanden, fortissimo in
Svizzera tedesca, non è molto presente in Romandia e c’è un buono spazio di manovra.
Chiede aiuto ad altri due investitori e si lancia
nell’affare. Quattro anni dopo fonde Genolier
con una piccola società quotata in borsa, l’
”Agefi Groupe”, che pubblica il quotidiano economico “L’Agefi”. Il risultato è il Genolier Swiss
Medical Network (Gsmn).
Applicando un metodo molto liberale, Hubert e soci diventano i portabandiera della medicina privata, non lesinando critiche alle strutture pubbliche. Per diventare credibili mirano a
rendere i costi delle loro cliniche più bassi rispetto ai nosocomi pubblici. Con lui si schiera
anche Raymond Loretan, ex diplomatico e già
presidente della Ssr che gli apre molte porte anche a Palazzo federale. (...)
Hubert, come detto, non ha un buon carattere e perciò i suoi soci in affari si coalizzano
per farlo fuori. Nel 2010 il tentativo fallisce e
Hubert riesce a entrare in possesso del 70% del
capitale azionario di Gsmn. Poi cerca di ottenere dei risarcimenti per diversi milioni di
franchi dai suoi ex soci, che gli rimproverano
uno stile di vita troppo dispendioso. E in effetti
non hanno tutti i torti. Il vallesano possiede tre
elicotteri che usa per i suoi spostamenti, ha
una tenuta a Saint Prex, sul lago Lemano e risiede in uno chalet da mille e una notte a
Crans-Montana. Ha inoltre numerose case di
vacanza in Francia e una ai Caraibi, nei quali
vivono i suoi figli. (...)
La furbizia però non gli fa difetto. Negli scorsi mesi ha
ricavato 3 milioni di franchi di dividendi di Aevis, risultato della dissoluzione di una provvigione, sfuggendo così
all’imposta sul reddito. Poi è sospettato di essere in contatto con un’agenzia a Londra, che farebbe la corte ai parenti di malati facoltosi, per convincerli a venire a curarsi
in una delle sue strutture. Una pratica non illecita, ma almeno discutibile. Non è facile seguirlo nei suoi raid di lavoro e questo dà fastidio a molti. Ha pure tentato di entrare in possesso della totalità del pacchetto azionario di
Gsmn. Invano. Anche se Hubert può determinarne da
solo le sorti, grazie alla forza di Aevis.
Ma non è finita qui. Nel 2011, per riuscire a eliminare
definitivamente dei partner scomodi, si allea con Michel
Reybier, francese residente a Ginevra, uno che ha fatto
fortuna nell’agroalimentare. È uscito dal giro a metà degli
anni 90, quando vende il suo impero per una cifra ben
superiore al miliardo di franchi. Nel frattempo si diletta
con l’immobiliare, dal quale ricava una fortuna stimata
sui 550 milioni di franchi. Il transalpino però non si lascia
mettere in piedi in testa e esige la parità di trattamento
con Hubert. La nuova entità cresce a un ritmo vertiginoso, tanto che il sospetto di pratiche illecite, smentite dal
romando, cresce a dismisura. Oggi di Aevis si occupa
Ubs, mentre fino a qualche tempo fa a interessarsi erano
solo piccole banche come la Neue Helvetische Bank o la
Valartis, entrambe zurighesi. L’operazione è stata un successo, soprattutto per l’immagine. Reybier ha contribuito
a stabilizzare una struttura che rischiava di cedere sotto
l’ambizione smodata di Hubert, troppo indipendente per
essere messo sotto tutela. La sua saggezza è ciò che è
mancato a Tapie, andato con le gambe all’aria. E il vallesano lo sa e se lo tiene ben stretto.
Keystone
YVES GERNIER, L’Hebdo
LE CLINICHE DI “AEVIS”
8
6
7
9
10
11
5
12
1
2
4
3
13
Luogo
1. Genolier (Vd)
2. Losanna (Vd)
3. Glion (Vd)
4. Ginevra
5. Neuchâtel
6. Soletta
7. Rothrist (Ag)
8. Basilea
9. Zurigo
10. Zurigo
11. Winterthur (Zh)
12. Friborgo
13. Sion (Vs)
14. Lugano (Ti)
15. Gravesano (Ti)
15
Istituzione
14
Clinique de Genolier
Clinique de Montchoisi
Clinique de Valmont
Centre médical des Eaux-Vives
Hôpital de la Providence
Clinique Obach
Clinique Villa im Park
Schmerzklinik Basel
Pyramide am See
Clinique Bethanien
Clinique Lindberg
Clinique générale Ste-Anne
Clinique del Valère
Clinica Sant’Anna
Clinica Ars Medica
No. impiegati
350
75
85
30
250
125
124
110
127
210
150
150
180
220
175
Fonte: L’Hebdo
Organizzazione
4-5 ottobre
Centro sportivo
nazionale di
Tenero
Gianetti
Day 2014
Pedalata e
gara popolare
aperta a tutti
Sabato 4 ottobre - Mini Gianetti Day
Domenica 5 ottobre - Pedalata popolare
Informazioni, iscrizioni e abbigliamento sul
sito www.gianettiday.ch
Percorso famiglie 13 km
Percorso classico 52 km
(Tenero - Claro - Tenero)
Percorso medio fondo 107 km
(Tenero - Soazza - Claro - Tenero)
IL CAFFÈ
22 giugno 2014
43
tra
virgolette
La mostra
La storia
LA GENESI
GLI INIZI
LE AFFLUENZE
I NUMERI
IN TRASFERTA
Nel Cinquecento
La rassegna Art
Basel è nata nel
1968, come
replica alla fiera
dell’arte
moderna di
Colonia. L’idea è
partita dai
galleristi e
curatori d’arte
Trudl Bruckner,
Ernst Beyeler e
Balz Hilt.
Alla prima
edizione del
1970 vi
presero parte
30 galleristi e
90 artisti
provenienti da
dieci nazioni.
Il costo fu di
5,8 milioni di
franchi, gli
spettatori più
di 16mila.
Nel 2013 la
kermesse
basilese ha
contato
70mila
visitatori. Per
l’edizione
attuale gli
organizzatori
ne attendono
quasi 20mila
in più,
circa 90mila.
Gli espositori
oggi sono
4mila,oltre
300 le gallerie.
E si fanno
affari. Un
autoritratto di
Andy Warhol è
stato venduto
da una galleria
di New York
per 37 milioni
di franchi.
Art Basel è
stata anche
“esportata”.
Nel 2002
l’esposizione
era a Miami, in
Florida, e nel
2013 ha
debuttato “Art
Basel Hong
Kong”, una
primizia in terra
asiatica.
“Leda e i cigno” del Correggio,
ancora nel Settecento era
considerata un’opera licenziosa, e fu
sfregiata per questo motivo dal figlio
del Duca d’Orléans.
La cultura
Fenomenologia della provocazione
dal Cinquecento ad oggi, dopo
la performance di Moiré ad Art Basel
La Cappella Sistina
Anche il capolavoro di Michelangelo
fu oggetto di “censura” sulle nudità
del Giudizio universale, dopo il
Concilio di Trento, un artista venne
incaricato di coprirle dal Vaticano.
Tanti
L’origine
du monde
a regola d’arte
L’opera ottocentesca del francese
Gustave Courbet venne nascosta
per decenni sul retro di un altro dipinto, dopo il fallimento del suo
committente. Oggi è a Parigi.
scandali
EZIO ROCCHI BALBI
N
Keystone
on è dato sapere se la 31enne
conceptual artist svizzera Milo
Moiré, che s’è presentata completamente nuda all’ingresso di
ArtBasel, avrà lo stesso successo di Marina Abramovic, l’artista serba divenuta una superstar dell’arte contemporanea, che nel 1977 si piazzò, nuda, all’ingresso della Galleria d’arte moderna di Bologna,
obbligando il pubblico a sfiorarne il corpo.
Quello che è noto, invece, è che arte e provocazione vanno a braccetto, proprio come i
valori estetici, che vanno di pari passo con
gli usi e i costumi di un popolo.
E in un mondo che non si scandalizza
più di niente, dove forma estetica non è più
il “bello”, ma il nuovo, il mai visto, la ricerca
ossessiva del diverso rischia di essere fine a
se stessa. “O di trasformarsi, come spesso
accade, in un messaggio eclatante che, come qualsiasi altro prodotto da vendere,
cerca di ottenere il massimo risalto mediatico - dice al Caffè la storica dell’arte basilese Jacqueline Burckhardt, curatrice ed
esperta di arte contemporanea -. Personalmente preferirei che fosse un’opera, con la
sua forza provocatrice a fare scandalo, che
lo choc non sconfini nel voyerismo. Del resto l’arte, e non da oggi, è forma
espressiva, comunicazione. Il
problema, semmai, quando è lo scandalo in sè a
trasformarsi in operazione culturale,è definire cosa possa considerarsi arte”.
Dalla “Fontana” di Marcel Duchamp, nata per concentrare l’attenzione sull’arte
spazzatura, e che è diventata essa stessa
opera d’arte ai teschi costellati di pietre preziose di Damien Hirst, che ha aggiunto scandalo con la sua installazione di farfalle vere,
che hanno trovato la morte a centinaia alla
Tate Modern di Londra. Oppure ancora l’artista costaricano Guillermo Habacus Vargas,
che aveva esposto a mo’ d’opera d’arte un
cane legato a una corda e destinato a morire
di fame. Basta una breve escursione nell’arte
contemporanea per constatare come gli artisti di rottura siano sempre in aumento, come il mercato li chiami a sé alzando sempre
di più il tiro. L’arte deve essere provocatoria
per vendere e ogni provocazione può diventare arte. “Ma l’arte è provocazione per definizione - è l’opinione del critico Vittorio
Sgarbi, che come curatore ha subito la censura e la cancellazione della sua mostra “Arte e omosessualità” a Milano e a Campione . Se un artista rinunciasse alla provocazione
vanificherebbe la sua impresa, ma bastano
poche voci di falsa indignazione per bollare
come scandalo e provocazione qualsiasi
proposta”. Difficile, però, far finta di nulla di
fronte alla Madonna che tiene tra le braccia
un Hitler-Bambin Gesù realizzata da Giuseppe Veneziano ed
esposta dallo stesso Sgarbi. Come è ancor
oggi incomprensibile il “caso Thomas Hirschhorn” e lo scandalo di quella famoso foto
con Blocher, nel 2004, al Centro culturale
svizzero di Parigi nell’esposizione “SwissSwiss Democracy”, che costò un taglio di un
milione di fondi a Pro Helvetia.
È vero che l’arte ha anche il compito di
scuotere, risvegliare sensazioni e creare una
frattura con la vita reale. Ma è anche vero
che sempre più spesso la sensazione è che
l’opera non sia solo l’oggetto artistico, ma
che insieme ad esso sia costituita anche da
tutto il mormorìo che gravita intorno alla tela, alla scultura, all’installazione o alla performance. “Certo il rischio è che attori più
l’attenzione l’egocentrismo che l’idea dell’artista - commenta da Berlino Alex Dorici,
dove il 35enne autore luganese d’Urban Art
ha appena inaugurato una sua personale -.
Un’opera d’arte contemporanea è decisamente più scenografica, ma deve comunque essere legata ai sentimenti dello spettore, che deve avere la sensazione di ‘viverci’
dentro. Quando è concettuale non ha bisogno di provocare, soprattutto
sessualmente, ma nel caso
delle performance la visibilità della provocazione sì,
ci può stare”.
[email protected]
Q@EzioRocchiBalbi
La Merda d’artista
Manifesto della contestazione sul
ruolo degli artisti che diventano
personaggi, la famosa scatoletta di
Piero Manzoni ha fatto discutere
intere generazioni.
La “firma” di Cattelan
Il “dito medio”, il “cavallo Inri” o il
“Papa travolto” sono opere capaci di
provocare anche in un’epoca in cui
la sensibilità verso molti argomenti
scottanti è diventata molto minore.
Infastidisco
ergo sum
fin dai tempi
dei Gonzaga
N
el tracciare il rapporto tra arte e provocazione, la Storia
riporta indietro nel tempo
almeno fino al Cinquecento italiano. Un periodo in cui, uscendo da
un’epoca dove l’iconografia era dominata da immagini sacre, l’innovazione nei soggetti provoca scalpore. Tanto per citare un primo
esempio, “Leda e il cigno” di Correggio, dipinto negli anni 30 del Cinquecento su commissione del Duca
Federico Gonzaga di Mantova, ancora duecento anni dopo suscitava
reazioni per certi versi clamorose.
Come quella del figlio del Duca
d’Orléans che, ritenendolo troppo
licenzioso, lo sfregiò con un coltello.
Ma non vanno neppure dimenticati
gli interventi sulle nudità del
“Giudizio universale” di Michelangelo nella Cappella
Sistina che seguirono il Concilio di Trento.
Con un salto temporale
di un altro paio di secoli, si
arriva ad una delle opere
forse più significative tra arte e provocazione. Anche se
realizzata su commissione, “L’origine du monde” di Gustave Courbet
riesce a colpire pure l’osservatore
moderno. L’olio su tela conservato
oggi al Musée d’Orsay di Parigi, ritrae infatti provocatoriamente solo
gli organi genitali di una modella, in
primo piano. Un dipinto considerato “pornografico” anche in tempi recenti.
Non si può poi dimenticare la celeberrima “Merda d’artista” dell’italiano Piero Manzoni, autentico manifesto di contestazione nei confronti
di tutto quanto considerato arte non
per valore o qualità, ma per la fama
del suo autore. D’altra parte, altri artisti contemporanei hanno fatto della provocazione o della ricerca dello
scandalo a tutti i costi una sorta di
“firma”. Basti pensare a Maurizio
Cattelan, autore di opere come il “dito medio” posto oggi davanti alla
Borsa di Milano, del cavallo morto
indicato dal cartello “Inri” o, ancora
di una statua di Papa Wojtyla travolto da un meteorite. Come Cattelan,
anche il fotografo Oliviero Toscani
ha spesso sfidato la “pubblica morale” con le sue graffianti campagne
pubblicitarie, oppure lo “scultore di
corpi umani” Guther Van Hagens
con i suoi cadaveri sezionati ed
esposti con la tecnica della plastinazione. Per concludere con le “performance”. Come quella dello svizzero
Thomas Hirschhorn, che al Centro
culturale svizzero di Parigi, nel 2004,
mise in scena una rappresentazione con un attore che urinava come un cane su
un’immagine
del politico
Christoph
Blocher.
m.s.
Pagina a cura di
GastroSuisse
e GastroTicino
LARISTORAZIONE
& L’ALBERGHERIA
&
GastroNews
Regole sui congedi maternità
QR-Code
Tornano gli eventi gastronomici al Ristorante Vetta
GastroDiritto
Emozioni serali sul San Salvatore
Sono riprese le aperture serali prolungate al San Salvatore, con la
nuova formula di corse crepuscolari durante i
fine settimana (venerdì e
sabato sera).
La
nuova
strategia è
stata voluta
per permettere agli ospiti
di godere del magnifico panorama
anche dopo il tramonto del Sole,
per un periodo prolungato durante
Settimana dopo settimana
l’analisi di tutti i temi, gli studi,
gli argomenti, i problemi
e le norme dell’offerta
di ristoranti e alberghi.
Una pagina indispensabile
per gli operatori del settore
Dal 1° luglio 2005 l’articolo 24 del Contratto collettivo
nazionale di lavoro (Ccnl) inerente i congedi di maternità
è stato sostituito dalle norme della Legge federale sulle
indennità di perdita di guadagno (Lipg).
La legislazione prevede una durata di 14 del congedo di
maternità. Viceversa, l’articolo 336c CO prevede un periodo di protezione di 16 settimane durante il quale non è
possibile licenziare una donna che ha avuto una gravidanza. Questo significa che, con l’inizio della 15° settimana
dal parto, la dipendente è tenuta a presentarsi al lavoro ma
non il rapporto di lavoro non è disdicibile. Se la dipendente non si presenta e non giustifica la propria assenza,
tornano applicabili le usuali norme dell’assenza arbitraria
e della possibilità di ventilare anche la rescissione immediata del contratto di lavoro.
m.g.
tutta la stagione. A complemento
del nuovo piano di esercizio della
funicolare, il Ristorante Vetta San
Salvatore propone una serie di serate a tema iniziate a maggio con i
“Sapori del Ticino” e che continueranno con le serate toscane,
con gusti e sapori tipici delle terre
del Chianti.
Per chi cena al Ristorante Vetta,
funicolare a soli 9.- franchi. Prenotazioni allo 091 993 26 70.
Informazioni sugli orari e sulle offerte ed eventi, su montesansalvatore.ch e a lato in GastroNews. Per dare risalto alle notizie dei soci e a quelle che
possono incuriosire clienti e lettori, ecco un nuovo
sistema di comunicazione. Scaricando con un
qualsiasi smartphone un’applicazione per la lettura
dei QR-code e facendo la scansione del QR-code che vedete in
questo articolo, sarete indirizzati sul sito di GastroTicino. Troverete il simbolo del QR-code e
potrete cliccare sulla notizia per
leggere questa settimana:
> Tutto il programma degli eventi serali sul San
Salvatore
> Sapori mediorientali allo Splendide Royal di
Lugano
GastroSuisse
Locarno: riapre in Piazza Grande
Riconoscimento
il “Gran Caffè Verbano”
per il Ticino
all’assemblea
federale di Flims
dove Casimir
Platzer è diventato
presidente centrale
ALESSANDRO PESCE
Durante l’assemblea sono stati affrontati dossier decisivi per la ristorazione svizzera. Su tutti la votazione sull’iniziativa di GastroSuisse,
che aveva raccolto oltre 119mila firma: “Basta con l’Iva discriminatoria per la ristorazione”. Un’Iva che
discrimina anche i clienti degli esercizi pubblici, che per lo stesso prodotto, in un ristorante
pagano tre volte di più
di Iva rispetto a un negozio d’asporto: l’8%
invece che il 2,5%. La
campagna è iniziata e
punta a dimostrare
quanto la ristorazione
sia importante per l’economia e la
società in generale, sotto il punto di
vista economico, occupazionale,
formativo, turistico e sociale. All’assemblea dei delegati sono intervenuti il sindaco di Flims,
Adrian Steiger, il consigliere nazionale Heinz Brand e il Presidente di
Hotrec, Kent Nyström. La sera, la
sezione ospitante GastroGraubünden, che quest’anno festeggia il
centesimo anniversario, ha offerto
una cena di gala all’Hotel Waldhaus
Flims.
Suter nel Consiglio
Importante riconoscimento per la ristorazione e albergheria ticinese.
Massimo Suter, neo-presidente di
GastroTicino, è stato eletto oggi
membro del Consiglio di GastroSuisse. Massimo Suter ha ottenuto
la fiducia dei delegati riuniti in assemblea a Flims. Con questa nomina il Ticino rientra nel “Consiglio”
di GastroSuisse, organo decisionale
nel quale ha lavorato con impegno
Marco Huber dal 2005 al 2012. Ed
è stato proprio Huber a presentare
Suter ai 221 delegati. “Anche il Ticino risponde presente e vuole con
onore, spirito confederale e associativo poter dare il suo contributo in
seno al Comitato centrale della nostra GastroSuisse”. Chiedendo di
sostenere il candidato ticinese, Huber ha aggiunto che “Massimo,
vuole essere il nostro e vostro contatto al sud delle Alpi, per far sentire
la nostra voce e poter contribuire alla soluzione dei problemi che attanagliano il settore ai quattro angoli
della nostra amata Svizzera”. A fine
votazione, il presidente di GastroTicino è stato eletto al primo turno con
la stragrande maggioranza dei voti
(182 su 221), segno di una condivisione di ideali e soprattutto di vicinanza al nostro Cantone. Vicinanza
espressa anche da Casimir Platzer patron del Belle Epoque Hotel Vittoria di Kandersteg - eletto nuovo
presidente di GastroSuisse, al posto
di Klaus Künzli che ha terminato il
suo mandato dopo 12 anni. “Il setto-
Il nuovo
“Consiglio”.
Nella foto
piccola
Suter
(a sinistra)
con Platzer
re, e quindi anche GastroSuisse, devono affrontare delle grandi sfide”,
ha detto il 52enne Casimir Platzer,
che assumerà la carica il 1° luglio.
Platzer vuole battersi con determinazione contro le condizioni quadro
in continuo peggioramento per il
settore e ritiene, pertanto, che pubbliche relazioni e lobbying politico
debbano essere rafforzati.
Nel piccolo grotto di Omar Mazzoleni a Lamone, elogio della semplicità di gusti e accoglienza genuina
All’Elvezia corre solo il vento della pace e del gusto
APPARECCHIARE
futuro
che cerca i sapori autentici: minestrone, trippa, salumi della regione e della
Mesolcina, formaggini freschi e formaggio dell’alpe. Poi la torta di pane e
le “giambelle”. Il tutto accompagnato
da vini ticinesi e da un barbera vivace,
serviti anche nel tazzino e boccalino.
Il venerdì gnocchi fatti in casa da Matteo (al pomodoro, gorgonzola o burro
e salvia), mentre il giovedì sera griglia
in funzione con puntine, luganighe,
luganighette e collo di maiale, con insalata di patate. All’Elvezia corre solo
il vento… della pace e del gusto!
a.p.
Stemperare %
Asciugare
delizie
Impastare Ridurre
vapore trifolare
impegno Dadolata Scottare
sbollentare
sgocciolare
Arrostire
caramellare
Frollare
Nappare
TEAM Sbattere
Bagnomaria
Chiarificare
BRACE
gusto
amalgamare
mantecare
Lardellare Sabbiare
Imburrare
Torrefare Fondere
IncorporareJulienne
Brunoise
Emulsionare
GASTRONOMIA
%
mixare
Dorare
Scaloppare
affettare
esperienza
Sbucciare
Bollire
Dressing % Bardare
Decantare
Freddarearomatizzare
Marinare Mondare
Omogeneizzare
velare
per i grotti. Facilitato dalla predisposizione per i contatti umani e da un carattere gioviale e aperto, Omar ha col-
sfilettare
to al volo l’opportunità di occuparsi
del grotto All’Elvezia, apportando
giorno dopo giorno, quei miglioramenti che ne hanno fatto una vera e
propria oasi di tranquillità dove la fretta è bandita; tanto che nella terrazza
ombreggiata dai platani con i nuovi tavoli in pietra naturale, campeggia un
cartello che la dice lunga: “Qui, corre
solo il vento”. Ma sediamoci a tavola.
Nella piccola e rustica saletta al piano
superiore (30 posti) o nelle terrazze
(60 posti), si gustano i piatti propri
della tradizione dei grotti. Pochi, ma
di soddisfazione per il buongustaio
Mantecare
La sua età è incerta, ma ha almeno 120
anni e li porta bene. Parliamo del
Grotto All’Elvezia di Lamone dove un
pranzo o una cena di lavoro, con la famiglia o con gli amici, si trasformano
in gustosi e piacevoli momenti di serenità, lontani dalla fretta quotidiana. Lo
sa bene Omar Mazzoleni, che con la
moglie Monica e il figlio Matteo, gestisce questo piccolo gioiellino di
semplicità. Sì perché Omar ha scelto
alcuni anni orsono di abbandonare la
sua carriera bancaria, per trasformare
in lavoro una passione che ha sempre
nutrito: quella per la cucina nostrana e
%
Brasare
glassare affumicare
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Una grande vetrata affacciata su Piazza Grande,
spazi differenziati dallo stile classico ma innovativo, un’offerta variegata e molto curata con un occhio di riguardo ai prezzi, un servizio efficiente e
cordiale diretto dal gerente Danilo Camossi. Dopo
un importante restyling di tipo conservativo il Bar
Verbano si presenta ai locarnesi con un nuovo arredo e una nuova gestione, pronta ad accogliere la
vecchia e la nuova clientela.
Alle 05.30 del mattino il Verbano apre con i giornali freschi di stampa e il profumo di cornetti e
brioches appena sfornati da consumare con caffè,
té e cappuccini. In settimana, dalle 12.00 alle 14.00
in cucina vengono proposti un piatto e un menu del
giorno che privilegiano la territorialità; in alternativa vi è una carta menu semplice ma variata che si
rinnova secondo stagione, oltre ad una selezione di
tapas, panini, focacce, bruschette, ecc. Nella saletta discosta ci si può intrattenere durante il pomeriggio sorseggiando tè o cioccolata con i pasticcini
dolci e salati da scegliere nella vetrina del bancone.
Durante l’happy hour, la zona lounge sul soppalco
diventa il luogo ideale per l’aperitivo classico o per
un calice di vino al bicchiere servito con appetitosi
stuzzichino.
La cultura del bere è altresì valorizzata da un’offerta di vini ticinesi, esposti in vetrine termoregolate,
a cui si affiancano alcune etichette svizzere, italiane, francesi oltre a birre artigianali di pregio da gustare in compagnia attorno allo “Stammtisch”. Vini e birre sono disponibili anche per l’asporto, ad
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L’itinerario
IL CAFFÈ
22 giugno 2014
1° giorno
3° giorno
4° giorno
Locarno – Milano Malpensa - Denver
Denver - Scotts Bluff
- Denver – Grand Lake 164 km
- Attraversamento e visita Rocky Mountains
- Parco – Torrington 279 km
- Torrington – Fort Laramie 32 km
- Fort Laramie – Scotts Bluff 84 km
Scotts Bluff - Wounded Knee
- Scotts Bluff – Pine Ridge
- Pine Ridge – Wounded Knee Massacre
2° giorno
Visita di Denver
45
tra
virgolette
Le mete
GIÒ REZZONICO
A
ttraverso il mitico Far West. Quello
delle sterminate praterie, punteggiate
di mandrie di bovini sorvegliate dai
cowboys. Quello delle lunghe carovane che emigravano da est a ovest,
spinte dalla speranza di un futuro migliore. Quello delle tribù indiane dei Sioux e degli Cheyenne,
che convissero pacificamente con l’uomo bianco
fino a quando i visi pallidi non minarono nel profondo la loro vita e le loro tradizioni distruggendo gli equilibri naturali che garantivano cibo e attività vitali. Quello delle epiche e tristi battaglie
tra il Settimo Cavalleggeri del generale Custer e i
pellerossa guidati da Cavallo Pazzo e Toro Seduto. Quello dei rodei, che costituiscono ancora oggi una delle principali attrazioni non solo turistiche.
È attraverso questo West, caratterizzato da
paesaggi indimenticabili, che si sviluppa il nostro itinerario. Un percorso che intreccia pagine
di storia degli Stati Uniti, a noi note perché narrate in capolavori cinematografici dedicati alla
F
AR WEST
Nelle terre degli indiani d’America
IL
Sulle tracce dei cow boys, del generale Custer
e di Toro Seduto, dei Sioux e degli Cheyenne.
A Wounded Knee “dove morì il sogno di un
popolo”. Nelle sterminate praterie
Seattle
segnate dai solchi lasciati dalle
carrozze delle carovane dei pionieri
S
T
drammatica lotta tra poveri per la sopravvivenza:
da una parte gli indiani diseredati del loro territorio e dall’altra centinaia di migliaia di coloni alla ricerca della terra promessa.
A
T
I
Dio abbia creato l’uomo a est - ha scritto un pioniere sul suo diario - per farlo emigrare a ovest”.
Dove la roccia diventa collina è possibile vedere
ancora le “Oregon Trail Ruts”, cioè i solchi scavati dalle migliaia di carri che transitarono
Glacier
in quel luogo. Poco distante, in un luogo
noto come “Register Cliff”, si possono osservare un centinaio di nomi incisi nella
Mount
morbida roccia dai coloni in viaggio. A
Billings Rushmore
Scott’s Bluff, distante un’ottantina di
chilometri verso est, si sale su una
Yellowstone
montagna rocciosa da cui si gode una
spettacolare vista sulle sterminate e
Rapid
Grand Teton
brulle pianure attraversate dalle caCity
rovane. Il silenzio del luogo fa galoppare l’immaginazione.
Denver
U
A DENVER, CAPITALE DEL COLORADO
Il nostro viaggio inizia da Denver, capitale
dello stato del Colorado, collegata con voli aerei
diretti da Londra e da altre capitali europee. Come molte altre città che visiteremo in seguito è
stata fondata nella seconda metà dell’Ottocento
sulla spinta della corsa all’oro. Oggi conta circa
mezzo milione di abitanti ed è una delle otto città
americane con squadre che militano in serie A
nei quattro sport nazionali: baseball, basket,
hockey e football. Durante l’annuale National
Stock Show&Rodeo, uno dei maggiori spettacoli
del genere, riesce a unire la tradizione del West ai
tempi moderni. Denver è oggi un centro specializzato in servizi e alta tecnologia e, dopo Washington, è la seconda città americana con vocazione amministrativa. Il suo Civic Center ospita
un campidoglio molto simile, sebbene in versione ridotta, a quello della capitale. Propone due
interessantissimi musei che introducono alle tematiche storiche del nostro viaggio. Il Denver Art
Museum ha due splendide sedi: una realizzata
dall’italiano Giò Ponti, ispirata a una fortezza, ed
un’altra, recentissima, di Daniel Libeskind, che
interpreta un fiore in titanio, granito e vetro.
Espongono straordinarie collezioni di oggetti dei
nativi americani ed una mostra di opere d’arte
dedicate al periodo della conquista del West. Il
Denver History Museum presenta invece, sotto
un profilo meno artistico ma più storico-didattico, la vita dei cowboy, degli indiani e dei colonizzatori.
I NEMICI
Qui sopra, un’immagine di Toro
Seduto; a destra, il generale
George Armstrong Custer
VERSO LE MONTAGNE
Lasciamo la città il mattino di buon’ora, perché la tappa che ci attende è lunga e impegnativa, per dirigerci dapprima verso le montagne che
hanno reso celebre lo stato del Colorado, noto
per le sue rinomate stazioni di sport invernali.
Prima di giungere ad Aspen, la località più in voga, svoltiamo a destra verso il Rocky Mountain
National Park, attraversato da una strada panoramica (Trail Ridge Road) di circa 80 chilometri,
che sale fino a 3700 metri e attraversa un paesag-
gio montano con 100 vette sopra i 3000 metri. La
strada, intervallata da idilliaci laghetti alpini, che
si possono ammirare dai numerosi View Points,
scende poi ripida verso le estese pianure del
West, dove si trova Fort Laramie: il nostro primo
importante incontro con la storia (si legga l’articolo in penultima pagina). Sede del mitico Settimo Cavalleggeri del generale Custer, il forte si
compone di una dozzina di costruzioni sopravvissute al tempo, dove si possono visitare le resi-
SAN FRANCISCO
N
I
T
I
IL DRAMMA DELLA CIVILTÀ INDIANA
Il quarto giorno del nostro intenso
itinerario è quasi interamente dedicato
al dramma della civiltà indiana. Ci dirigiamo verso la Pine Ridge Reservation,
una delle più vaste riserve indiane degli Stati
Uniti. Ed abbiamo l’impressione di entrare in
un altro mondo: case abbandonate, auto scassate. Non ci vuole molto per rendersi conto, come
scrivono le guide turistiche, che questa è una
delle zone più arretrate degli Stati Uniti. Un chia-
per saperne di più
Usa ovest
La Guida Verde Michelin, Milano 2010
Wyoming
Edimar Editrice, Milano 1995
denze dei comandanti, degli ufficiali e dei soldati: qui tutto è rimasto intatto, manca solo il sibilo
della trombetta che chiamava i militi all’adunata.
A pochi chilometri dal Forte si visitano due
altri luoghi suggestivi, che riconducono il visitatore alla seconda metà dell’Ottocento, quando su
quei territori scorrevano lunghissime carovane
di coloni dirette verso la terra promessa dell’Oregon: 400 mila persone, tra il 1841 e il 1869, si avventurarono da est a ovest. “Sembra quasi che
ro segno che il problema dell’integrazione dei
nativi americani, a distanza di un secolo e mezzo
dalla conquista del West, non è ancora stato risolto. A pochi chilometri da Pine Ridge si visita il
luogo in cui avvenne il massacro di Wounded
Knee, che pose la parola fine alla conquista del
West. Il 29 dicembre del 1890 il Settimo Cavalleggeri intercettò un gruppo di indiani in fuga dalla
riserva e accampati in una valle. Intimò loro di
consegnare le armi, ma durante un’ispezione
partì accidentalmente un colpo dal fucile di un
indiano e si scatenò il finimondo: 250 nativi americani, comprese donne e bambini, vennero massacrati dall’artiglieria appostata sulle colline.
Le parole finali di questa triste vicenda vennero scritte molti anni dopo da Alce Nero, il grande uomo sacro dei Sioux. “Non sapevo in quel
momento che era la fine di tante cose. Quando
guardo indietro, adesso, da questo alto monte
della mia vecchiaia, vedo ancora le donne e i
bambini massacrati, ammucchiati e sparsi lungo
quel burrone serpeggiante. Nitidamente come li
vidi con i miei occhi da giovane. E posso vedere
che con loro morì un’altra cosa, laggiù, nella neve
insanguinata, rimasta sepolta sotto la tempesta.
Laggiù morì il sogno di un popolo. Era un bel sogno”.
1 - continua
IL CAFFÈ
22 giugno 2014
46
tra
l’incontro
virgolette
Chi è
Figlio d’arte,
il 43enne ex musicista
alla batteria, dopo
aver collaborato
con il Marians’
Jazzroom ed il Festival
internazionale
di Berna dal 2003
è direttore artistico
di JazzAscona
“Sono il figlio adottato dal festival”
EZIO ROCCHI BALBI
A
nche mentre risponde alle domande non resiste alla tentazione di agitare le bacchette della
batteria. Nessuna grancassa, rullante, timpani o piatti a disposizione. Al 43enne Nicolas
Gilliet basta agitarli su un tamburo che esiste
solo nella sua fantasia, o al limite provocare un leggerissimo ticchettìo sul tavolo che ha di fronte. Un momento
di relax per il direttore artistico di JazzAscona, in pieno
svolgimento con un’edizione speciale, quella del trentesimo anniversario, che deve convivere con tanto di maxischermo sul lungolago con i Mondiali di calcio. “Questo
non è un problema, anzi capisco come il pubblico sia
combattuto nelle scelte serali; in fondo anch’io sono
mezzo brasiliano - ride Nicolas, pensando alla sua “metà
brasiliana”, la moglie Luciana e alla piccola Elenoire che
ad agosto compirà quattro anni -. Non a caso abbiamo,
tra i gruppi in cartellone, la big band ‘Funk Como Le Gusta’ con una serie di caldi ritmi carioca a fare da sottofondo. Insomma, tutto rimane in famiglia”.
Non si capisce mai, parlando con Nicolas, a quale famiglia faccia effettivamente riferimento. Ma è subito evidente che per lui non c’è molta differenza. Quando venne
scelto, nel 2003, come direttore artistico della kermesse,
dopo aver lavorato per il Marians’ Jazzroom e per il Festival internazionale del jazz di Berna, gli fu subito chiaro
che non si trattava di una chance, ma di un vero e proprio
matrimonio. Indissolubile. “Potrei dire che era tutto calcolato, sentivo che sarebbe stato per sempre, ma non lo
considero un matrimonio visto che mi ritrovavo già in famiglia - commenta divertito, ricordando che prima di es-
Nicolas
sere ingaggiato partecipava ogni anno al Festival come
musicista nelle più svariate formazioni musicali -. Mi
sento figlio di questo evento, un figlio adottato fin dalla
tenera età. Forse sono stato il più giovane in assoluto ad
esibirmi ad Ascona, visto che il mio ‘debutto’ avvenne
quando avevo otto anni. Che onore affrontare la mia prima volta come batterista, e con Sammy Price di New Orleans! A scanso d’equivoci è meglio confessare che mio
padre era pianista e suonava con Hannes Anrig, il fondatore del Festival, quindi prima ho partecipato in veste di
‘ascoltatore’ privilegiato, poi ho avuto la mia grande occasione alla batteria. Intendiamoci, avevo tutto da imparare, per fortuna non dovevo dimostrare cosa sapevo fare... Comunque era così evidente la mia passione, il mio
coinvolgimento che cinque anni dopo, a 13 anni, qualcuno scherzando mi disse che un giorno sarei diventato il
direttore di JazzAscona. L’ho preso sul serio”.
Quella che, invece, Nicolas non ha preso sul serio è
una carriera di suonatore jazz professionista. Una scelta
che, forse, avrebbe dovuto prendere prematuramente,
appena terminato il liceo. E il giudice più severo delle
proprie capacità artistiche ha finito per essere proprio lui:
“Ad essere sincero diventare un musicista professionista
mi sarebbe piaciuto eccome, ma ho giudicato con realismo il mio talento. Forse troppo realismo”. Così, dopo gli
studi universitari in Economia e la scuola alber-ghiera.
Ma il jazz è jazz e la passione di Nicolas indelebile. Si ritrova così a collaborare con il concert club bernese Marians’ Jazzroom prima di approdare al Festival internazionale del jazz della capitale svizzera. A soli 32 anni, comunque, non si può certo dire che fosse un azzardo ingaggiarlo per la kermesse asconese. La competenza inter-
Gilliet
nazionale artistica l’aveva già dimostrata a Berna, sia con
le stelle di prima grandezza, sia con le giovani leve del
jazz ansiose di cogliere l’opportunità di dimostrare il proprio talento. Anche la giovane età, alla fine, è diventata
una carta vincente per una manifestazione di successo,
sì, ma ancora ancorata ad una formula tradizionale. “Premesso che non ho certo svolto il ruolo di ‘salvatore’ di JazzAscona, che era comunque già un buon festival allora,
serviva linfa nuova, nuovi stimoli e impulsi - spiega senza
falsa modestia -. La formula era un po’ troppo ancorata al
concetto classico ‘New Orleans’ e l’obiettivo prioritario
accapparrarsi soprattutto le star della città simbolo della
Louisiana e del jazz. Bisognava ‘svecchiare il pubblico e il
cartellone, quindi ho integrato maggiormente il blues e il
soul e, soprattutto, ho dato la caccia ai migliori giovani
musicisti di talento in tutto il mondo. E la carta migliore,
per loro, era proprio Ascona che facilmente si trasformava in un’ideale piattaforma di lancio per la loro carriera
nel Vecchio Continente”.
Il tutto senza tradire lo spirito originario della kermesse. Infatti New Orleans è rimasta una tappa obbligatoria per Nicolas Gilliet, che ogni anno lo vede in “pellegrinaggio” almeno per una decina di giorni. È il target, però, che è cambiato. Perché se è facile conoscere tutti i musicisti che potrebbero entrare nel programma asconese (e
il loro caché), cosa è diversa è muoversi nella capitale
mondiale del jazz a caccia delle stelle di domani, seguire
i loro progressi e ingaggiarle al momento giusto. “È proprio così, infatti Sasha Masakowski l’avevo già messa nel
mirino cinque anni fa - confida Nicolas che ha inserito in
cartellone la sensuale 27enne americana con il suo Masakovski Family Trio, col padre Steve alla chitarra e il fratello Martin al basso -. Sasha era già bella, giovanissima ed
era subito chiaro che sapeva cantare eccome. Forse un filino scatenata, con troppa voglia di sperimentare e improvvisare. Quando è ‘maturata’ accostandosi al tradizionale, seppure in veste moderna, le ho spiegato che era
pronta per Ascona”.
Infatti, per quanto il repertorio di stili musicali rappresentati ad Ascona sia diventato molto più ampio rispetto al passato, Nicolas sa fin troppo bene che chi vuole
avere successo con il jazz deve ricordarsi sempre cosa ha
di bello da offrire. E soprattutto cosa si aspetta il pubblico
da questo genere musicale. In una parola, lo “swing” giusto. “Basta notare il motto di questa edizione: ‘Hello, Dolly!’, esplicito omaggio al grande Louis Armstrong - spiega
-. Il solo capace di rubare il primo posto in classifica, mezzo secolo fa, ai Beatles nella hit parade americana. E
quando il jazz era da lungo tempo scomparso dai podii
delle vendite. Tutto proprio grazie al suo ‘swing’ unico, alla sua passione contagiosa, al suo modo di interpretare la
musica che ancora oggi scatena reazioni ad ogni ascoltatore. Resto dell’idea che fare musica sia la capacità di trasmettere, con stile, gioia e piacere. Ecco, nonostante il repertorio musicale di Ascona sia nel frattempo diventato
molto più ampio del passato, penso che non ci sia stato
un solo musicista negli ultimi trent’anni che non sia stato
legato, per un verso o l’altro a Louis Amstrong”.
Dal nulla, nelle mani di Nicolas, appare un nuovo paio di bacchette. Le soppesa, le tiene in equilibrio, le fa roteare nel vuoto. Non producono alcun suono, ma il direttore di AsconaJazz sembra seguire un ritmo che sente solo lui. “Da quando si è sparsa la voce che mi piacciono ne
ho un po’ ovunque: in ufficio, a casa, in auto - conclude
divertito -. Mi piace testarne di ogni tipo, tecnicamente,
ma ho finito per averne una vera collezione. Incluse quelle, usate e a volte spezzate, dai grandi della storia del jazz.
Non lo dica a mia moglie, ma in garage ho nascosto anche
dei piatti e delle pelli di tamburo autografati dai numero
uno...”.
[email protected]
Q@EzioRocchiBalbi
IL CAFFÈ
22 giugno 2014
47
leopinioni
La conquista del West da parte dei visi
pallidi ai danni degli indiani, il lento scorrere delle carovane che si spostavano da
est verso ovest attratte dalla speranza di
una vita migliore, gli epici scontri tra la tribù dei Sioux e il Settimo cavalleggeri del
generale Custer, la corsa all’oro tanto gravida di conseguenze, fanno da sfondo storico all’itinerario nel nord ovest degli Stati
Uniti che descriviamo a pagina 45. Due popoli, due culture, si sono affrontati e scontrati: da una parte guerrieri sobri
e ascetici, scolpiti dal vento, figli dei monti
e delle praterie, dall’altra l’avanzare del
progresso, laico, borghese, mercantile, industriale e democratico, forgiato e scolpito
nell’acciaio e animato dal carbone. Persero
i pellerossa che concepivano una vita dipendente e sottomessa alla natura, ritmata
dalle stagioni e da tradizioni secolari. Vinsero gli uomini bianchi, che volevano dominare e sfruttare il territorio: con ogni
APPUNTI
DI
VIAGGIO
GIÒ
REZZONICO
mezzo e ad ogni costo. Quando la ferrovia
portò il progresso e l’ordine sociale venne
imposto dai tribunali che applicavano le
leggi dell’uomo bianco, gli ultimi guerrieri
indiani furono rinchiusi nelle riserve. Ri-
serve destinate ai nativi americani che esistono ancora oggi. Quando ci si inoltra in questi territori
si entra in un altro mondo: povero, caratterizzato da auto sgangherate, da abitazioni
trasandate, da persone emarginate. Segno
che a distanza di un secolo e mezzo da
quel confronto impari, l’integrazione degli
indiani nella civiltà americana non è compiuta.
I rapporti tra l’uomo bianco e i nativi
americani per lungo tempo furono pacifici.
Questo avvenne fino a quando i visi pallidi
erano rappresentati da un numero contenuto di esploratori, “trapper” o “mountain
man” (uomini sensibili alla natura come
gli indiani), pacifici missionari (“black rober”, vesti nere), artisti in cerca di ispirazione. Ma quando il numero di emigranti iniziò ad aumentare a dismisura e, soprattutto, quando le terre sacre degli indiani furono invase da cacciatori di pellicce e da cercatori d’oro senza scrupoli, le relazioni
amichevoli si trasformarono in ostilità; dopo il 1860 le tribù indiane iniziarono ad attaccare le carovane di pionieri che si diri-
RENATO
MARTINONI
LIDO CONTEMORI
Europa a porte aperte
ma ad occhi chiusi
Ma quanto fanno schifo
quelle partite di calcio
Parecchi anni fa un atleta inglese, laureato in scienze tecniche, vinse alla grande una gara olimpica, o i campionati del
mondo, chissà, forse correndo i cento metri, forse i duecento.
E appena tagliato il traguardo, prima ancora di esultare, si
soffiò il naso con le sole dita. Per l’occasione un grande giornale italiano intitolò in prima pagina, sotto la foto della vittoria: “Ingegnere, un fazzoletto!”. Contava sì la medaglia d’oro.
Ma non si potevano neanche ignorare le vecchie e buone
maniere del galateo. Altri tempi, altra educazione, verrebbe
da dire. Vero è che uno sportivo degno di questo nome deve
avere i muscoli che funzionano al top e quelle motivazioni
che gli permettano, come si sente dire fino alla noia, di “fare
la differenza”. A contare, lo sanno anche i paracarri, sono insomma soltanto i risultati. Tutto il resto è contorno. Ma guardare una partita di calcio, specie alla tivù, con la telecamera
capace di inquadrare ogni dettaglio, ammettiamolo, non è
troppo esaltante.
Bello vedere i passaggi intelligenti, le giocate geniali, i goal spettacolari. Bello esultare tutti insieme. Bello, per chi sa
farlo, leggere fra le righe le finezze tattiche degli allenatori.
Però, in realtà, le soffiate di naso con le dita e gli sputi sull’erba sono di gran lunga più numerosi dei momenti esaltanti.
Per non dire delle bugie urlate o mimate che fioccano di continuo durante una partita. L’attaccante stoppa la palla con il
petto: e tutti i difensori alzano il braccio per denunciare un
fallo di mano che non c’è. Un centrocampista, neanche sfiorato dall’avversario, rotola per terra come se a investirlo fosse
stato un toro. Un difensore si dimena sull’erba come se soffrisse le pene dell’inferno: e cinque secondi dopo eccolo
sgambettare più svelto di una lepre.
Che dire poi degli abbracci, dopo una rete, che sembrano
amplessi d’amore? E delle parolacce e degli insulti (“quella
mignotta di tua sorella!”) che solo il tifo dello stadio riesce a
non far sentire? Oddio, il “fotbal”, si sa, è un gioco maschio.
Non una scuola per educande. Perciò non è consentito fare
troppo gli schizzinosi. Si può anche capire che la tensione va
scaricata in tutti i modi possibili e immaginabili: compresi i
rituali, le danze, gli esorcismi, le proteste e la gioia tribale. Ma
un po’ di ritegno, diamine!, non sfigurerebbe di certo. Non
sono mica soli, i giocatori e lo stadio non è lo spogliatoio.
“Fare la differenza” non vuol dire fare sul campo quello che
di solito non si può fare nella vita di tutti i giorni. Anzi, semmai la “differenza” va fatta con i risultati e con un comportamento perlomeno decente. Non con le scatarrate sul vecchio
Galateo.
Caro Diario,
sull’Europa si sta riversando da due anni e mezzo l’emergenza immigrati. Nessuno può dire quanto durerà ancora.
Ogni giorno sono ondate di disperati, in fuga dagli orrori della guerra, dall’incubo della fame e della violenza. Dai primi
sbarchi di centinaia di migranti quotidiani, soprattutto dalle
coste libiche, il flusso è salito a migliaia. Una moltitudine eterogenea, onnicomprensiva, uomini e donne che si privano di
tutto, che mettono insieme chissà come alcune centinaia di
dollari, a volte anche più di mille e, al colmo della spoliazione di se stessi, partono verso una speranza, quale che sia.
Siamo alle amare pagine di Osvaldo Soriano in “Ben presto
un’ombra sarai“, dove i protagonisti si privano anche dei ricordi. Schiere di scafisti, gonfie di criminali senza scrupoli,
traghettano vendendo promesse e buttando letteralmente a
mare tutto ciò che diventa “ingombrante“.
QUASI TUTTI I BARCONI sovraffollati di uomini, pigiati
vergognosamente come merce, fanno rotta sull’Italia. Da mesi Roma ha varato l’imponente operazione di soccorso “Mare
Nostrum“, con navi che pattugliano il Mediterraneo e corrono
a salvare folle di derelitti, protagonisti-vittime di esodi in
moltiplicazione selvaggia e incontrollabile. È una missione
umanitaria in nome della dignità, della solidarietà, anche per
conto di chi sta a guardare. Una volta sbarcati su qualche costa della Sicilia, della Calabria o della Puglia, gli immigrati
proveranno a sciamare verso ogni dove, dal Ticino ai Paesi
scandinavi, evitando ogni identificazione, così da avere i piedi liberi. Assente ingiustificata e inguardabile è l’Unione Europea, con la sua cinica e beffarda indifferenza. Fa la tirchia
elemosiniera. A quando il risveglio da questo letargo, con assunzione delle sue responsabilità?
LA CLASSE POLITICA di Bruxelles non può continuare a
fare la bella addormentata. Salvare vite umane è un obbligo,
ma poi bisogna pronunciarsi sui modi dell’accoglienza: dove
e a quanti. Fin qui si tampona; non basta più. Si parla di popoli in fuga, centinaia di migliaia pronti a mettersi in mare
dall’Africa e dal Medio Oriente. Il ponte navale italiano ha
avuto come effetto collaterale la moltiplicazione di partenze
e sbarchi di migranti. Non si può chiudere gli occhi e illudersi
che il fenomeno rientri come un fiume torna a letto dopo
un’alluvione. Che cosa può accadere se ogni Stato si organizza e legifera in proprio, visto l’inqualificabile sonno Ue? La
sociologia è un bell’esercizio per élites di intellettuali, la carità cristiana è un esercizio di virtù, ma la politica è chiamata
ad affrontare e gestire ordine, legalità e giustizia.
La libertà quando è malintesa
prima o poi presenta il conto
DOMENICA
IN
FAMIGLIA
MONICA
PIFFARETTI
ilcaffè
Settimanale di attualità, politica, sport e cultura
gevano verso ovest. Era lo scontro tra due
civiltà: una radicata da secoli nel territorio
e profondamente attenta alle leggi della
natura, l’altra preoccupata soprattutto di
conseguire guadagni senza preoccuparsi
della distruzione di quegli equilibri naturali che per secoli avevano garantito cibo e
attività vitali agli indiani.
La svolta decisiva fu rappresentata dal
“Gold Rush” (la corsa all’oro); il governo
degli Stati Uniti, che in un primo tempo
cercò di contenere l’aggressività dei cercatori d’oro, nel 1875 decise di voltare le spalle agli indiani rimangiandosi importanti
promesse fatte. Questo portò alla vivace
reazione dei pellerossa che decimarono il
Settimo Cavalleggeri a Little Big Horn
(1876) e alla successiva vendetta dell’uomo
bianco, che culminò quattordici anni dopo
nel massacro di Wounded Knee, dove, come scrisse più tardi il condottiero Alce Nero “morì il sogno di un popolo”.
FOGLI
IN
LIBERTÀ
COLPI
DI
TESTA
GIUSEPPE
ZOIS
rilasciata al Tages-Anzeiger in margine ai disordini post finale di Coppa a
Berna. Frase che mi è parsa interessante. Il suo senso profondo va infatti
ben oltre il tema degli hooligans e ciò
che con lo sport non ha più nulla a
che vedere. Più in generale, la libertà
è oggi spesso intesa, predicata e vantata (anche fra i giovani che si stanno
costruendo e sono attratti da chi è
leader) come libertà senza limiti, selvaggia, prevaricante. Che, nella fattispecie, rifugge oltretutto anche l’educazione familiare, vista come una catena da cui liberarsi. Il pendolo, an-
Direttore responsabile Lillo Alaimo
Vicedirettore
virgolette
Nelle terre dell’emarginazione
degli indiani del nord America
IL
DIARIO
“Mi sembra che il rispetto dell’altro e il rispetto verso la proprietà altrui sia diminuito. Metto questo in
relazione con il crescente individualismo. In due parole: la ‘Io-Sa’. Ovvero
la percezione secondo la quale gli
imperativi o le leggi valgono per gli
altri, ma non per la propria persona,
che non ci si lascia dire niente da
nessuno. Si tratta di una concezione
della libertà completamente sbagliata”. Una frase estratta da una lunga
intervista, rilasciata da Markus Mohler, esperto di sicurezza, già procuratore e capo della polizia di Basilea,
tra
Libero D’Agostino
Caposervizio grafico Ricky Petrozzi
che quello sociale, oscilla da un
estremo all’altro. Tolta di mezzo
un’educazione con regole ferree,
convenzioni assurde, ingessate e ge-
Tante regole che non si
accettano, convivenze
sociali che non funzionano
nitori autoritari invece che autorevoli, ecco il rischio di cadere nell’opposto, ovvero nel ‘laissez-faire’ totale.
Non tanto per motivi ideologici di
Società editrice
2R Media
Presidente consiglio d’amministrazione Marco Blaser
Direttore editoriale
Giò Rezzonico
DIREZIONE, REDAZIONE E IMPAGINAZIONE
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convinzioni genitoriali, quelli risalgono caso mai ai tempi del Sessantotto, quanto per motivi di difficoltà
(anche grosse) che portano ad abdicare al ruolo di genitori. Come se la
società fosse lei la colpevole e portasse i ragazzi verso lidi lontani e
sconsiderati che la famiglia non riesce più a raggiungere, finendo per
rassegnarsi. Prodotti di questa tendenza sono: regole che non si accettano, convivenze sociali che non funzionano e che si piegano davanti ad
un Io smisurato. Finché poi qualcosa,
nel percorso di crescita va storto e la
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costruzione crolla seppellendo quell’
‘Io-faccio-quello–che-mi-pare-e-piace’ che non è capace di inserirsi nel
tessuto sociale. Tessuto che, se anche
imperfetto e sempre prefettibile, è
comunque un sistema che esiste e
che è il nostro, prodotto di tanti compromessi, sforzi, errori, correzioni,
storia passata e storia recente. Risultato: sicuramente anche le botte da
orbi e i vandalismi post finale di coppa di chi non conosce il rispetto, ma
anche tanti fallimenti personali. Perché la libertà malintesa primo o dopo la fattura te la presenta. Salata.
STAMPA
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La finestra sul cortile
Gli eBook del Caffè
Il Paese nel racconto popolare
… prese la sua 24 ore, non la lasciava mai,
le chiavi della Mercedes, baciò la moglie
e uscì…
… il marito, tipico modello per una scultura
di Giacometti? Insomma, al Franco
piacevano veramente le donne in carne?
La comedy
noir del Caffè
341/bis
di ANONYMOUS, Illustrazioni di Marco Scuto per Il Caffè
Una serie di colpi di scena
settimana dopo settimana
La storia
“341bis” è un romanzo
breve cui non è facile
attribuire un genere.
Fosse un film potrebbe
essere definito una
“comedy noir”. Elementi di
giallo che si stemperano
nella commedia, o meglio
ancora, una commedia che
assume involontariamente
i contorni del giallo. Una
serie di fortuite
circostanze, che
compongono un puzzle
dai contorni
inimmaginabili.
Il riassunto
Il 55enne manager
bancario luganese Franco
Remondini viene
convocato, a sorpresa, dai
Carabinieri di Intra.
Località che, in realtà,
frequenta spesso.
All’insaputa della moglie
Iris. Per lavoro, del resto,
il Remondini spesso si
trova fuori casa in
trasferta, anche per due o
tre giorni di fila. Un
abitudinario, regolare fino
alla banalità, un cittadino
esemplare...
E non poteva divorziare
caffe.ch/comedy
Tutte le puntate oline
D
L’e-book
Tutte le puntate di
“341bis”, corredate dalle
illustrazioni di Marco
Scuto, possono essere lette
online sul
sito caffè.ch nelle pagine
web dedicate alla serie.
Come tutti i racconti
pubblicati dal Caffè, anche
“341bis” alla fine della
serie diventerà un e-book
gratuito (il primo
pubblicato in Ticino con
testo scritto e graphic
novel d’autore).
onna saggia, razionale, concreta. Ma negata per i numeri e per i soldi. L’esatto contrario del Remondini, di cui comunque la Iris
s’era follemente innamorata ventidue anni
prima. Era un ragazzo d’oro. Anche perchè
- forse è difficile da capire per chi non frequenta l’animo umano e le sue passioni fisiche - il Franco era... “alto, slanciato, snello...”. E a lei - non grassa, ma in verità con
qualche rotondità di troppo - gli uomini
come lui, non poteva farci niente!, le erano
sempre piaciuti.
Era così anche per lui, il marito, tipico
modello per una scultura di Giacometti?
Insomma, al Franco piacevano veramente
le donne in carne? E no, non gli piacevano
affatto, ma Iris... era figlia di un direttore
generale, il responsabile dell’intera regione
della Svizzera italiana di una grande, grandissima banca. E ventidue anni prima quando s’erano conosciuti e lui era agli inizi della carriera - beh..., per un simile suocero, su qualche rotondità di troppo si sarebbe potuto anche soprassedere. Ed è ciò
che fece. Sebbene qualche anno dopo, cinque o sei, a carriera ben avviata e matrimonio celebrato, il Remondini se ne pentì. Ma
non per... le abbondanti forme (su quelle
avrebbe potuto anche chiudere un occhio),
ma per qualcosa di molto più importante e
profondo, per cui - come si vedrà - non riuscì mai a darsi pace.
Nonostante quei bei fianchi e quell’ampio bacino, la Iris non poteva mettere al
mondo figli. Una malformazione, scoperta
però troppo tardi. Una vera croce per lui
che amava i bambini. Lei se ne fece un problema nei primi tempi, ma più per lui, per
la delusione del Franco, che per un suo
piccolo e ben risposto desiderio di maternità.
Ma che ci posso fare, pensava, lasciare
la Iris, divorziare? Suo padre me la farebbe
pagare, eccome se me la farebbe pagare!
Ha ancora una grande influenza sulla Piazza luganese. Era addirittura stato per lungo
Nonostante i bei fianchi e
l’ampio bacino, la Iris non
poteva mettere al mondo figli
tempo presidente dell’Associazione bancaria. Una parola e la mia carriera, pfff!, sarebbe finita in quattro e quattr’otto. No,
non ne vale la pena!
“Allora ciao Iris, ci vediamo questa sera”. Il Remondini prese la sua 24 ore, non la
lasciava mai, le chiavi della Mercedes, baciò la moglie e uscì.
La strada la conosceva perfettamente.
E sapeva che per andare... a Intra - sì, proprio a Intra, in Italia - sarebbe stato meglio,
nonostante i chilometri, evitare il traghetto
e passare dal confine di Brissago.
Quel tragitto lo faceva almeno una volta a settimana. Spesso due. Andata e ritorno. Raccontando ogni volta alla Iris, a giustificazione degli immancabili ritardi, che
il viaggio da Bedáno a Vercelli era stato un
inferno. O che l’autostrada da Torino in su,
verso la Svizzera, era bloccata da un incidente. O che la coda alla dogana di Chiasso, tornando da Genova, era interminabile... Ogni volta una bugia. O meglio: una
mezza bugia, perché a Vercelli, a Torino o a
Genova il Remondini ci andava veramente.
Ma tutt’al più per mezza giornata o qualche ora in più. Il resto del tempo, gli altri
due o tre giorni li trascorreva a Intra, sulla
sponda piemontese del Lago Maggiore.
Quel 19 giugno, che opportunamente
s’era lasciato libero da ogni impegno, non
aveva il benché minimo appuntamento a
Lugano. Niente commissioni in centro,
nessun pranzo al Movenpick con gli amici.
Franco Remondini doveva, questa volta assolutamente e per solo una giornata, andare a Intra in Via Generale Dalla Chiesa 1.
L’appuntamento - dal maresciallo Carletti
in persona e cioè il responsabile del locale
comando dei carabinieri - era per le quattordici in punto. Così stava scritto su quel
foglio che teneva da giorni segretamente
sempre con sé.
2- continua