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Il torneo
L’incontro
PORTO SEGURO
ACCOGLIE
LA NAZIONALE
SHARAPOVA
TORNA REGINA
DI PARIGI
ULLRICH:
“ILVERO SEGRETO
È LA SQUADRA”
A PAGINA 14
MORO A PAGINA 15
Reuters
I Mondiali
Reuters
Losport
9
771660 968900
GAA 6600 LOCARNO –– N. 22
22
Copia in omaggio (in edicola Fr. 2.– / € 1,35)
SCHIRA A PAGINA 46
La tendenza
Domenica
8 giugno 2014
Settimanale di attualità, politica, sport e cultura
Anno XVI • Numero 22
Una doggy bag
per combattere
lo spreco di cibo
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GUENZI A PAGINA 21
TORREFAZIONE
DI CAFFÈ
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Il commento
Un iume
di soldi sporchi
da Milano a Lugano.
In tre mesi
scoperti decine
di milioni
La politica
è ingovernabile,
il Paese sbanda
LIBERO D’AGOSTINO
F
Il pizzino
CARRION e SPIGNESI ALLE PAGINE 2 e 3
Italia
corrotta,
Ticino
infetto
Il fenomeno
Il segreto del successo della Graphic novel
La polemica
La storia
“Si faccia
trasparenza
sui supersalari
dei dirigenti”
“Ho dieci figli
e insegno loro
la castità”
La comedy noir del Caffè
Da domenica 15 giugno
Malafinanza, malapolitica
e torbide passioni
in un racconto di ventitré
puntate di Anonymous
La Svizzera... tutto d’un tratto,
ovvero la cronaca illustrata
Con una graphic novel
di Marco Scuto
MAZZETTA A PAGINA 10
ROCCHI BALBI ALLE PAGINE 34 e 35
GUENZI A PAGINA 8
René Bossi © ilcaffè
osse possibile, sarebbe meglio votare adesso per rinnovare governo e parlamento, senza estenuarsi aspettando
l’aprile 2015. La campagna elettorale è, difatti, cominciata già da
mesi e nelle ultime settimane si è
pure fatta più dura. Bloccando la
vita politica e amministrativa del
cantone. Di una legislatura in
gran parte persa, resta ormai solo
uno scorcio che non promette
niente di buono. Che non permetterà nemmeno di gestire l’ordinaria amministrazione senza
plateali scontri ad uso elettorale.
La legge sulla prostituzione, al
di là dei suoi congeniti e vistosi
difetti, è stata rispedita al mittente, non fosse altro che per mettere
in difficoltà, con l’apporto determinante del Plrt, il ministro delle
Istituzioni, il leghista Norman
Gobbi. La Lega restituisce subito
il colpo. Schierandosi con i socialisti e l’ala social-sindacale del
Ppd, blocca, alla vigilia dell’arrivo
in parlamento, la legge sugli orari
dei negozi, dopo che la stessa era
stata per tre anni a decantarsi nella sottocommissione della Gestione. Una legge di cui, peraltro,
si discute da almeno un ventennio.
Sul credito da 3,5 milioni per
la partecipazione del cantone
all’Expo 2015, si è innescata una
farsa, degenerata, poi, in un pasticcio istituzionale che ha pochi
precedenti. Sotto le forche caudine del referendum della Lega, che
vuole usarlo come leva elettorale,
il credito è stato dimezzato a 1,7
milioni dal governo, che non sa
però come finanziarlo senza aggirare la volontà referendaria e le
procedure istituzionali. Certo è
che il Ticino sta facendo una miserabile figura con la Confederazione e i tre cantoni, Uri, Vallese e
Grigioni, partner della partecipazione all’Esposizione milanese.
Chissà che ridere oltre Gottardo.
Il quadro è davvero desolante.
La politica cantonale è allo
sbando. Messa fuori carreggiata
da un governo a maggioranza relativa leghista, ma contro cui la
Il presidente del
Lega fa opposizione a tutto camPlrt, Cattaneo,
po, non risparmiandosi clamorofermato dalla
se giravolte. Ma anche da un parpolizia sulla
strada per
lamento che, tra una scaramuccia
Berna. Sulla bici e l’altra, non riesce a fare maggio12 mila firme per ranza. Difficile governare il Paese
disdire l’accordo
in queste condizioni.
sui frontalieri.
Ora che la consigliera federale
Il tasso di
Eveline Widmer Schlumpf ha
“euforia
populista” era
convinto la deputazione ticinese
del 3 per mille.
(leghisti e udc compresi) quanto
sia pericoloso insistere col blocco
dei ristorni delle imposte dei
frontalieri, viene pure meno il diversivo della comune battaglia,
da destra a sinistra, contro i lavoratori d’oltre confine. Un diversivo su cui tutti i partiti, in mancanza d’altro, hanno cercato di conquistarsi visibilità e riconoscibilità politica. Da qui ad aprile se ne
vedranno ancora delle belle.
[email protected]
Q@LiberoDAgostino
IL CAFFÈ
8 giugno 2014
3
RENÈ CHOPARD
Il fenomeno
“È la Svizzera per prima
a combattere il malaffare”
Uno stretto collegamento tra gli ultimi
clamorosi scandali e la piazza finanziaria
per la gestione di fondi neri e tangenti
La difesa delle banche, si spera nell’intesa con Roma
GIORGIO CARRION
I
l direttore del Centro Studi Bancari di Vezia,
Renè Chopard, ricorre ad una metafora: “Installare un antifurto in casa propria non preserva, di per sé, dalla possibilità che qualche
astuto malvivente possa neutralizzare il sistema
e compiere un furto”. Traduzione: anche le norme più sofisticate contro i capitali stranieri di
provenienza illecita possono essere eluse, se alla base della condotta criminale ci sono connivenze. Leggi: mele marce all’interno del sistema
bancario svizzero. Funzionari compiacenti che,
o chiudono un occhio e anche due, o omettono
Italia
corrotta,
Ticino
infetto
L’accordo
M
ilioni, su milioni,
su milioni. La
truffa alla banca
Carige di Genova, le tangenti
per l’Expo di Milano, gli appalti
pilotati del Mose di Venezia. E,
poi, ancora: i conti cifrati dell’ex
ministro dell’Ambiente Corrado
Clini agli arresti domiciliari per
peculato. Solo a guardare gli ultimi due mesi, i più grandi scandali politici ed economici scoppiati in Italia hanno tutti una
sponda ticinese. Decine di milioni con forzieri sicuri sulla locale piazza finanziaria. Altro che
“weissgeldstrategie”, la strategia
del denaro pulito, nel cantone i
soldi sporchi, frutto di mazzette,
truffe e frodi fiscali, continuano
ad arrivare a vagonate. Se l’Italia appare
corrotta più che mai,
il Ticino è infetto.
Andando a ritroso
nel tempo, ma limitandosi solo alle inchieste scattate in
Italia dall’inizio dell’anno, la lista si allunga a dismisura. Va
dalle indagini sul
Monte dei Paschi di
Siena, ai nuovi filoni che portano agli ex manager di Finmeccanica, alla vicenda della clinica
Maugeri, sino alla grande truffa
del Madoff della Bocconi. Un intreccio di malaffare e corruzione, di capitali illegali che transitano da una parte all’altra della
I sistemi
Dai contanti nascosti
nelle cassette
di sicurezza ai conti
cifrati per occultare
soldi che scottano
semplicemente di effettuare accurati controlli
sull’origine di certi capitali e sui profili dei clienti, possono determinare l’acquisizione e la gestione di denaro proveniente da tangenti pagate
in Italia.
“Siamo ormai attrezzati sufficientemente per
evitare che episodi di malaffare possano ripetersi con regolarità”, riprende Chopard. “Semmai,
dice, abbiamo il problema opposto: le regole
contro la finanza criminale sono talmente complesse che creano più di un problema nell’attività quotidiana delle nostre banche”. Il professore
non ci sta, però, a fare di tutta l’erba un fascio.
Singoli casi, quand’anche coinvolgono questa o
quella banca, non possono infangare “…uno dei
sistemi bancari al mondo che, per primo e senza
tema di smentita, ha dato una seria e definitiva
svolta contro il denaro sporco”.
I casi
1
2
3
4
5
6
TRUFFA CARIGE
In ballo ci sono oltre 20 milioni di
euro. Secondo l’accusa soldi
sottratti al patrimonio della banca
genovese e da riciclare con
l’acquisto di un hotel a Paradiso.
Diversi, inoltre, i conti sospetti.
coscienti dei reati commessi in
Italia, molte volte sono ingannati da quel network del malaffare
di varia umanità, spregiudicati
avvocati, pseudo fiduciari, consulenti finanziari d’assalto e
procacciatori di business,
Nell’ultimo scandalo, quello
Carige, per esempio, secondo i
magistrati dell’accusa, a Genova
sarebbero stati sottratti dal patrimonio della banca 22 milioni
di dollari che sarebbero stati trasferiti a Lugano. Per essere investiti in un hotel, riciclati dall’avvocato Davide Enderlin, sostiene ancora l’accusa, per conto di
alcuni importanti dirigenti dell’istituto ligure. Enderlin si pro-
fessa innocente, sostiene di non
aver mai saputo da dove arrivassero quei soldi, di essersi limitato a fare il consulente. Resta il
fatto che diversi personaggi legati alla Carige, come affiora
dalle intercettazioni telefoniche,
si vantavano di avere una montagna di contante in Ticino.
E ancora in due banche ticinesi, attraverso due fiduciarie,
dicono i magistrati italiani, sarebbero transitati i fondi neri
dello scandalo per il gigantesco
appalto del Mose da 5,4 miliardi
di euro, che ha portato all’ arresto del sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, e di altre 34 persone.
Sovrafatturazioni, e trucchi con-
frontiera, da una valigetta a un
conto corrente o a una cassetta
di sicurezza. Non c’è inchiesta,
non c’è interrogatorio, da cui
non sbuchi fuori il Ticino, col
volto di qualche fiduciario, dietro le sigle di società di comodo
o col marchio di qualche istituto
di credito. Il cantone resta sempre, nonostante gli allarmi di
questi anni, la cassaforte del denaro sporco.
Lo dicono i fatti, lo raccontano le carte processuali e i decreti
d’arresto. Le banche, stanche
delle ripercussioni negative per
l’ immagine e sfinite da vecchi e
nuovi guai giudiziari, stanno
cercando in tutti i modi di op-
porre uno sbarramento. Ma non
è facile sbarazzarsi di conti sospetti, di soldi messi al sicuro in
passato, quando le porte erano
spalancate per chi arrivava dall’Italia col suo tesoretto. Non
sempre ci riescono, sebbene negli ultimi tempi ai clienti si chieda senza tanti riguardi origine e
provenienza dei soldi.
È una corsa contro il tempo.
Perché quando gli inquirenti
italiani fiutano puzza di bruciato e risalgono il fiume di denaro,
arrivano immancabilmente allo
stesso capolinea: qualche banca
della piazza ticinese. Non sempre i funzionari degli sitituti sono in qualche modo complici
L’intervista
Bernasconi spiega i ritardi e i punti deboli nella sorveglianza sulle transazioni
L’AVVOCATO
Paolo
Bernasconi,
avvocato
e docente di
diritto penale
dell’economia
“C’è stato un sabotaggio
della necessaria vigilanza
sul crimine economico”
O
‘
I fili della trattativa
sulla fiscalità
e accesso ai mercati
sono ormai ben
intrecciati e solidi
Soldi sporchi da Milano a Lugano,
in tre mesi scoperti decine di milioni
MAURO SPIGNESI
Gli obblighi di diligenza bancaria sono ormai
una vera e propria ‘ossessione’ nella vita quotidiana degli istituti. Il futuro della piazza bancaria ticinese si gioca attorno a due o tre concetti
fondamentali: ‘tax compliant’, lotta ai capitali illeciti, specializzazione e servizi d’eccellenza.
Nella convinzione che probabilmente nelle relazioni con Roma si sta giungendo finalmente
ad un accordo paritario, onorevole per entrambe le parti. “Sono molto fiducioso che entro la fine dell’anno Berna e Roma sigleranno un accordo che risolve molte delle questioni aperte, a
partire dall’uscita della Svizzera dalla black list,
sino alla tassazione regolata dei capitali italiani
rmai, appena scoppia uno scandalo
in Italia si aspetta solo di capire quali
saranno i riflessi ticinesi. È automatico e non mi meraviglio più”, dice Paolo Bernasconi, docente di diritto penale dell’economia ed ex procuratore pubblico.
Come mai la “sponda” Ticino compare
sempre nelle inchieste italiane?
“Perché, evidentemente, i nostri sistemi
di controllo non funzionano. Prendiamo la
vigilanza sui fiduciari. Dal 1985 non è cambiato nulla. Ogni richiesta è caduta, il governo si è sempre rifiutato di intervenire. Questo si chiama sabotaggio alla vigilanza”.
Però nei guai non finiscono solo i fiduciari. Ci sono anche gli avvocati. Perché?
“Vero. Il problema è che se un avvocato
fa da intermediario, cioè ha la firma sui conti
e la gestione di società, deve sottostare all’autorità di vigilanza e alle norme antirici-
claggio. E non sempre accade, anzi”.
Il riciclaggio è uno dei reati più contestati dai magistrati italiani, secondo lei in
Svizzera ci sono strumenti adeguati per
combattere il fenomeno?
“Ci stiamo attrezzando. Con il Centro
studi bancari insieme al Centre de droit bancaire dell’Università di Ginevra stiamo lavorando su uno standard nazionale che tenga
conto delle diverse peculiarità e dell’evoluzione normativa della piazza finanziaria”.
Perché le banche spesso restano invischiate negli scandali pur avendo annunciato la strategia del “denaro pulito”?
“Perché evidentemente anche qui bisogna fare di più. Nelle banche la vigilanza la
devono fare gli uffici di compliance che devono verificare se tutte le operazioni rispettano alla lettera le norme e i regolamenti”.
Perché non succede?
“Evidentemente il sistema di vigilanza
deve essere messo a punto. Come? Con professionisti preparati. Io, assieme al procuratore generale John Noseda e al giudice Mauro Mini, abbiamo dato vita a un master sulla
criminalità economica alla Supsi. Una specializzazione importante che ci consente di
recuperare il tempo perduto”.
Si deve, quindi, andare sempre più verso le specializzazioni?
“Ne sono convinto. Non solo avvocati e
fiduciari devono conoscere bene le norme
contro la criminalità economica, uno dei
reati più diffusi qui da noi, ma anche i magistrati. Anzi, direi che uno dei criteri di selezione deve essere questo. Perché in Ticino
non si devono fare i conti solo con il malaffare ma anche, come ha spiegato la polizia federale, con le diverse mafie che investono
qui i loro soldi sporchi”.
m.sp.
TANGENTI EXPO
Una “cupola” gestiva le mazzette
per l’Expo di Milano, distribuendo
gli appalti agli imprenditori. Le
tangenti venivano, per i magistrati,
da “provviste” di denaro nascoste
in cassette di sicurezza in Ticino
APPALTI MOSE
Due banche, due fiduciari, due
società e otto conti sospetti.
Attraverso questa impalcatura,
secondo l’accusa, sarebbero
passati diversi milioni di euro. Un
vortice di tangenti
SCANDALO CLINI
L’ex ministro Corrado Clini è stato
arrestato con l’accusa d’aver
intascato mazzette per un
progetto del governo italiano in
Iraq. In un conto a Lugano trovati
bonifici per un 1’020’000 euro
MADOFF BOCCONI
Alberto Micalizzi, docente di
finanza aziendale e chiamato il
“Madoff” della Bocconi, è stato
arrestato per una truffa di 600
milioni. Parte passati in Ticino. Un
avvocato ticinese è indagato
CASO FINMECCANICA
Quattro arresti a marzo per fondi
neri e tangenti negli appalti dei
rifiuti. Protagonisti ex dirigenti della
Finmeccanica e imprenditori. Le
tangenti, secondo l’accusa, sono
state pagate a Lugano
tabili, un vortice di tangenti pagate a politici e funzionari pubblici e reinvestite pure in Ticino.
Operazioni estero su estero, apparentemente regolari. Otto, per
ora, i conti sospetti, dove nel
tempo sono affluiti soldi che sono stati persino “scudati” passando da una banca e un’altra.
Più semplice, ma evidentemente efficace, il metodo utilizzato invece dai protagonisti dello scandalo Expo. Gli imprenditori per ottenere gli appalti,
sempre da quanto emerso dalle
carte dell’accusa, avevano già
un tesoretto in Ticino. Gran parte in contante ben custodito nelle cassette di sicurezza. Quando
era necessario pagare una rata
bastava un viaggio da Milano a
Lugano e voilà, il gioco era fatto.
I magistrati fanno l’esempio dell’imprenditore vicentino Enrico
Maltauro bloccato a Brogeda
con 50 mila euro e multato. Ma
pure altri imprenditori, come risulta dalle intercettazioni, avevano fondi nella piazza luganese. Ed anche professionisti che li
gestivano.
L’ex ministro dell’Ambiente
Corrado Clini, invece, utilizzava
un metodo ormai in disuso: il
conto cifrato. Tre sono stati individuati
dagli
investigatori:
Schiavo, Sole e Pesce, quest’ultimo aperto nel 2005 sarebbe
quello riconducibile a Clini, e in
esso sono confluiti, dal 2008 al
2011, otto bonifici per un totale
di oltre un milione di euro.
[email protected]
Q@maurospignesi
Le indagini
Il capolinea del fiume
di denaro è sempre
in qualche ufficio di
delle banche o in
quello di una fiduciaria
detenuti nelle nostre banche”. Chopard invita
all’ottimismo ma anche alla pazienza, perché il
giovane premier Matteo Renzi, pur uscito molto
rafforzato dalle elezioni europee, ha molti nemici: “I fili della trattativa su fiscalità e accesso
ai mercati bancari sono ben intrecciati e solidi.
Non saranno alcuni politici corrotti o appalti
truccati a frenare il processo in corso tra i due
Paesi”. Intanto Roma lavora alla stesura del nuovo decreto che sostituirà la defunta ‘voluntary
disclosure’ per il rientro dei capitali. Dal governo fanno sapere che entro la fine di luglio sarà
resa nota la nuova bozza. Da indiscrezioni raccolte dal Corriere della Sera pare ci saranno
agevolazioni fiscali per le società che intendono
rinvestire a fini produttivi i capitali in rientro
dall’estero.
[email protected]
ALBERTO DI STEFANO
“Ora abbiamo norme severe
ma casi simili sono dannosi”
Grande sconcerto degli operatori dopo le inchieste
“S
ono stupefatto che ancora avvengono episodi corruttivi all’estero che coinvolgono
istituti o operatori della piazza bancaria
svizzera. Certamente sono fatti che ci danneggiano”. Non fa mistero del proprio sconcerto l’economista Alberto Di Stefano, managing director di
Banca Cramer&Cie, ma anche autore del saggio
“Questioni di Piazza. Il futuro del settore bancario e
naggi del nostro settore possa esserci rimasta della
polvere”, precisa Di Stefano, “ma vorrei anche segnalare che in Svizzera questi episodi vengono alla
luce. Siamo certi che in altri settori bancari internazionali non si verifichino?”. No, nessuno ovviamente è certo. Ma resta pur sempre il fatto che nell’arco
degli ultimi mesi ben tre mega inchieste della magistratura italiana (Carige, Expo2015 e Progetto Mose
L’analisi
‘
Non nego la polvere
nei nostri ingranaggi,
ma vorrei segnalare
che gli episodi
qui vengono alla luce
L’ECONOMISTA
Alberto Di
Stefano,
economista
e managing
director di
Banca
Cramer&Cie
finanziario ticinese”, frutto di una riflessione a tutto
campo iniziata con un summit promosso nell’aprile 2013.
Il ripetersi della corruzione e dei ‘giri di mazzette’ in Italia, che poi coinvolgono anche alcuni operatori elvetici, spinge a pensare che le severe norme
contro i capitali ‘sporchi’ e le leggi antiriciclaggio
non siano ancora sufficienti a scongiurare il deposito, quando non la gestione, di denaro frutto di
malaffare. “Le leggi sul sistema bancario e finanziario sono valide e severe – riprende Di Stefano -. Basti dire che un qualunque P.E.P.- persona esposta
politicamente – svizzero o straniero, che voglia
operare con una nostra banca deve essere valutata
dal consiglio di amministrazione della banca stessa”. Eppure, i personaggi politici coinvolti nelle recenti inchieste italiane, che avrebbero in qualche
modo avuto rapporti con il sistema bancario svizzero, sono più di uno. “Non nego che negli ingra-
di Venezia), per non citare altri filoni d’indagine
minori, hanno fatto emergere tangenti transitate su
conti svizzeri. “Attenzione – riprende il manager –
non sappiamo quando le banche sono state investite dalle inchieste o quando hanno comunicato
anomalie al Ministero pubblico. Possiamo dire senza ombra di dubbio che dal 2000 le norme sono diventate più restrittive e che su 200 miliardi di franchi di denaro gestito in Ticino, il giro di denaro riconducibile alle tangenti italiane è di alcune decine
di milioni. Con ciò non intendo minimizzare, sia
chiaro”. Severità e applicazione delle norme antiriciclaggio e di contrasto alla circolazione illecita dei
capitali non possono certamente escludere la malversazione di qualche funzionario di banca corrotto: “Se poi il beneficiario di una tangente è un prestanome dell’uomo politico o dell’amministratore
pubblico, è ben difficile riuscire a intercettare il malaffare”.
g.c.
IL DIRETTORE
René
Chopard,
direttore
del Centro
di studi
bancari
FL?
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IL CAFFÈ
8 giugno 2014
5
mondo
IL CONFRONTO
LE
MAPPE
BERLUSCONI VS. CENTRO-SINISTRA in milioni di voti
16
LUIGI
BONANATE
13
Berlusconi
Obama
e l’Europa
scoraggino
zar Putin
Centro-sinistra
10
7
2014 Europee
2013 Politiche
2009 Europee
2008 Politiche
2006 Politiche
2004 Europee
2001 Politiche
1999 Europee
1996 Politiche
1994 Politiche
1994 Europee
4
Fonte: Ministro dell’Interno italiano, Archivio storico delle elezioni
Quel che rimane
del centrodestra
senza più leader
FILIPPO FACCI
Se è vero che spiegare la
politica italiana appare complicato - anche spiegarla agli
italiani - ogni tanto è vero il
contrario: le
spiegazioni
talvolta sono
così semplici
che i più rifiutano di
accettarle. È il caso della
crisi che
attanaglia il centrodestra, e
che semplicemente coincide
in tutto e per tutto con la crisi
politica e giudiziaria, e purtroppo anche anagrafica, del
leader che per vent’anni ha
primeggiato in tutto e per tutto: Silvio Berlusconi. Lo straordinario successo del giovane
premier Matteo Renzi, infatti,
appare anche una reazione
emotiva a una mancanza di alternative che in Italia vigeva
almeno dal 1994.
Il dato da cui partire, naturalmente, è elettorale: alle Europee la berlusconiana Forza
Italia è scesa al 16 per cento
mentre gli scissionisti del
Nuovo centrodestra hanno
preso un misero 4,38; altre forze come i Fratelli d’Italia non
hanno neanche raggiunto il
quorum
(3,66) e solo
la Lega Nord,
con una chiara campagna
per la fuoriuscita dall’euro, ha racimolato il 6,16. Ricordiamo che
il Partito democratico di
Renzi ha preso il 40 per
cento e il movimento di Beppe Grillo il 21,
mentre dall’altra parte, appunto, sono i voti persi da Forza Italia a impressionare di
più: ne aveva quasi 11 milioni
e ora si sono ridotti a 4 milioni
e 600mila. Tirando le somme:
Forza Italia, il Nuovo centrodestra, la Lega e Fratelli d’Italia danno insieme otto milioni
Reuters
Età, condanne e mancanza di eredi
dietro il rapido declino di Berlusconi
cerca di un “Renzi di destra”
perciò tiene banco da mesi,
come se un leader potesse essere costruito in laboratorio.
Ma è pur vero che Renzi si è
fatto largo coi voti e sgomitando nel Pd - andando dapprima
incontro a sonore sconfitte mentre nel centrodestra non
esiste neanche un percorso interno che possa formare e accrescere un leader: si è sempre
proceduto a nomine dall’alto e
a nessuno è mai venuto in
mente di promuovere un “rot-
di voti, pari al 31 per cento. Tenendo infine conto del crescente numero di astenuti, oggi il partito di Berlusconi rappresenta il 17 per cento del 58
per cento degli italiani, quando ai suoi massimi storici rappresentava il 39 per cento del
75 degli italiani.
Chiaro che la crisi del centrodestra fosse latente da molto tempo. Dopo la condanna
definitiva di Berlusconi per
frode fiscale, non va dimenticato che ora è formalmente un
“pregiudicato” (non ha neanche potuto votare) e che altri
processi lo attendono: difficile
sperare in risalite miracolose a
77 anni di età. È stato premier
per ben quattro volte e bene o
male ha giocato le sue carte, le
sue chance: è arduo anche
credere che qualche invenzione di marketing elettorale possa farlo prevalere su un Renzi
che non ha neppure quarant’anni, e che può vantare il credito e il tempo che Berlusconi
non ha più. La stucchevole ri-
L’intervista
Il politologo Pasquino su origini e soluzioni del fenomeno mazzette
“Per corrotti e corruttori
un passato che ritorna”
SOTTO ACCUSA
L’ex governatore del
Veneto, Giancarlo Galan;
a destra, il politologo
Gianfranco Pasquino
Fotogramma
Sono passati poco più di
vent’anni da quando l’Italia scoperchiava il calderone maleodorante di Tangentopoli con
l’inchiesta “Mani pulite”. Eppure, alla luce dei recenti casi di
corruzione, sembra che poco,
anzi, nulla sia cambiato dopo
quell’esperienza istituzionalmente traumatica. “L’impressione oggi è che da Mani pulite
abbiano imparato più i corrotti
e i corruttori rispetto a chi
è chiamato a combattere
la corruzione – spiega al
Caffè il politologo Gianfranco Pasquino -. Sono
cambiati i giudici, ma non
è affatto cambiato il network della corruzione tra
aziende, affaristi e, evidentemente, politici”.
In che senso corrotti e
corruttori hanno imparato?
“Sono coscienti del tipo di informazioni che i
giudici hanno ricevuto e che utilizzato per smascherare il sistema, e tentano quindi di evitare
che queste informazioni siano
disponibili facilmente”.
Il fatto che casi come quello del Mose di Venezia o dell’Expo di Milano emergano,
non significa che il “filtro”, comunque, funziona?
“In realtà vengono a galla i
casi più importanti e più eclatanti. Purtroppo in Italia c’è una
corruzione di classe che definirei intermedia o anche bassa. E
questa rimane spesso nascosta.
Il classico esempio è la possibilità di acquistare i favori di un
burocrate. Quella che emerge,
per quanto consistente sia, non
è che la classica punta dell’iceberg”.
Cosa devono fare le
istituzioni per combattere davvero alla radice
questo male?
“Colpire il prima possibile e il più a fondo possibile. In politica tagliando metaforicamente la testa a chi è stato anche solo lambito dalla corruzione. E coordinarsi con
aziende, imprenditori,
avvocati, eccetera, affinché corrotti e corruttori
siano cacciati senza tanti
complimenti. Il lavoro per avere
un esito positivo deve essere
congiunto e in profondità. Perché a livello aziendale, la corruzione è la distruzione stessa dei
valori d’impresa. Addirittura incide in modo estremamente pesante sulla capacità di fare mercato”.
m.s.
tamatore” che possa far fuori
chi l’ha nominato. Ecco perché
appare grottesca anche l’ipotesi che a succedere a Berlusconi
sia sua figlia Marina, amministratrice della casa editrice
Mondadori e del tutto digiuna
di politica: sono soltanto i re o
i dittatori che incoronano i figli
- si osserva anche all’interno
del partito - e quindi la figlia
dell’attuale leader potrebbe essere solo il ventriloquo di un
Berlusconi che non si rassegni
al tempo che passa.
Non manca chi sostiene
che Berlusconi dovrebbe semplicemente lasciare la scena:
ma per ora è solo un mormorio in un partito in cui il dissenso non è molto tollerato e
in cui parlare di “correnti” è ritenuto deleterio. Quello del
Cavaliere (ora ex Cavaliere) è
sempre stato uno potere carismatico mai messo in dubbio
da congressi o da elezioni primarie sempre annunciate e in
concreto mai fatte. Ragione
per cui alcuni parlamentari un
paio d’anni fa lasciarono il
partito e dettero vita a Fratelli
d’Italia. Il rischio fortemente
avvertito è che il centrodestra
declini proporzionalmente al
suo leader mentre una sorta di
centro-sinistra-destra guidato
da Matteo Renzi vada progressivamente a occupare ogni
spazio politico, schiacciando
all’estremo tutto il resto.
Il Nuovo centrodestra di
Angelino Alfano, intanto, rimane al governo con Renzi e si
atteggia ad ago della bilancia:
un ostacolo che a destra è ritenuto insormontabile e pregiudica ogni possibile alleanza.
Tra gli scontenti di Forza Italia
invece prende piede l’iniziativa di Raffaele Fitto, forte delle
sue 284mila preferenze prese
alle Europee e in prima fila nel
richiedere quelle elezioni primarie di cui Berlusconi non
vuole neppure sentir parlare.
Ma a fibrillare, in realtà, è tutto
il centrodestra: Fratelli d’Italia, con Giorgia Meloni, ha
aperto al dialogo con la Lega
Nord sui temi di legalità e giustizia. Insomma, qualcosa si
muove: l’unico a rimanere immobile è proprio Berlusconi.
Mentre il calendario internazionale si infittisce di
ricorrenze, eventi e sorprese,
il presidente degli Stati Uniti
Obama corre in Europa a sostenere l’Ucraina, che era
una parte di quell’Unione
Sovietica un tempo al comando delle vicende mondiali insieme agli Usa. Vediamo: la ricorrenza più importante è lo sbarco alleato in
Normandia (6 giugno 1944),
che segna il destino dell’Europa, e quindi dell’Ucraina.
Ma quasi mezzo secolo dopo, il 4 giugno 1989, quel
mondo comincia a disgregarsi: mentre in Polonia,
quasi senza che in Occidente ce ne accorgessimo, si
svolgevano le prime elezioni
politiche libere di tutta l’Europa orientale. A Pechino,
intanto, lo stesso giorno, in
piazza Tien An Men si svolgeva uno dei più impressionanti psicodrammi della storia. Non sappiamo esattamente che cosa successe, ma
l’immagine del giovane che
ferma i carri armati ci ricorda che quel giorno il comunismo storico morì, e una
nuova Cina iniziò il suo
cammino, diverso se non
migliore dal passato.
Ma il 3 giugno scorso si è
verificato un altro evento
drestinato a lasciare il segno,
un brutto segno: si
sono svolte in
Siria le elezioni
cinicamente
volute da Assad per
fingere
di aver
ottenuto una
rinnovata legittimazione dal suo popolo. Verrebbe da dire che le
ha vinte solamente perché i
morti non hanno potuto votare! Non si tratta di un puro
e semplice fatto di politica
interna: queste elezioni sono
la prova dolorosa e drammatica della sconfitta patita dal
mondo civile, che si è rifugiato dietro la maschera della diplomazia per non “sporcarsi le mani” in un conflitto
difficile da dirimere. Lasciando a Russia e Cina il
potere di decidere l’agenda:
e mentre Pechino continua
a limitare i suoi sguardi
sull’Occidente al minimo indispensabile, la Russia vi ha
visto una prova di debolezza
da parte di Obama, il quale
ora da Varsavia rispolvera lo
Scudo spaziale dei tempi di
Bush per spaventare quella
che potremmo chiamare,
per intenderci, l’ex-Urss!
Insomma, in questi giorni il mondo ricorda una serie
di svolte storiche su cui rimeditare o di cui deve ancora comprendere appieno la
portata. Usa e Unione europea ora induriscono le loro
posizioni verso la Russia, ma
quest’ultima, intanto, si associa con Bielorussia e Kazakistan, le cui opportunità
geografiche parlano da sole.
La scelta è tra un mondo democratico e pacifico, e uno
autoritario e violento. Il primo è il modello-Obama, il
secondo, il modello-Putin:
tocca a noi scegliere a quale
fare credito e dare coraggio.
L’Europa Premio Nobel per
la pace dia il buon esempio!
IL CAFFÈ
8 giugno 2014
6
L’allarme
LA MAPPA DEGLI
INCIDENTI NEL 2013
Ti-Press
Gravi
C
ome i ciclisti, sono i
più fragili, i più esposti sul fronte del traffico. Viaggiano su due
ruote, in equilibrio, e
basta un errore, un piccolo errore, per volare via. Il 2014 è iniziato con un motocicilista tedesco
morto nel tunnel del San Gottardo, è poi continuato con tanti altri
sinistri. Per prevenire gli incidenti soprattutto con l’arrivo della
bella stagione la Polizia cantonale, assieme alle Guardie di confine, sta effettuando in queste settimane una serie di controlli su
moto ed equipaggiamenti dei
motociclisti. Errori di guida ma,
spesso, anche un abbigliamento
inadeguato sono la causa di molti
incidenti.
Non sono solo i tunnel, come il
Gottardo, i percorsi più pericolosi: i tratti più a rischio per i motociclisti rimangono gli agglomerati e le strade alpine, dove le velocità sono, paradossalmente, più
ridotte. Su queste tratte 55 persone, di cui sei in Ticino, hanno perso la vita nel 2013 in sella alle loro
due ruote. E in ben 1.181 invece
Mortali
Fonte: Ustra
“Servono regole più severe
per chi viaggia su una moto”
Troppi incidenti per errori e abbigliamento inadeguato
hanno riportato ferite gravi, 115
ancora in Ticino. “È un bilancio
molto pesante, e che noi con i nostri corsi di guida cerchiamo di limitare - spiega Amodio De Respinis, titolare di una scuola guida per i motociclisti -. La maggioranza degli incidenti avviene negli agglomerati, dove c’è una
maggiore densità di traffico e dove la concentrazione dei centauri
è alta. Qui, inoltre, bisogna fare i
conti con le reazioni, a volte davvero imprevedibili, degli automobilisti”. Ottenere la patente di
guida è diventato, se non difficile,
almeno piuttosto complicato.
Negli ultimi anni sono state infatti introdotte nuove regole alle
quali gli aspiranti centauri devono sottostare rigidamente, come
ad esempio un numero accresciuto di ore obbligatorie da trascorrere sotto il controllo di un
maestro conducente.
“Non è un inasprimento fine
a se stesso - precisa De Respinis si tratta piuttosto di un tentativo
di allinearsi con il resto della Svizzera, dove sia la preparazione
all’esame che la prova sono molto più difficili che non da noi. Addirittura quello che in Ticino è
considerato perfezionamento,
quindi da seguire facoltativamente, una volta ottenuta la licenza di condurre, nel resto della
Confederazione è invece compreso nelle formazione pre esame”. Queste differenze affiorano
anche quando si passa all’abbigliamento da indossare se si va in
moto. Con una spesa che si aggira
sui mille franchi ci si può proteggere in maniera adeguata. “Non è
raro vedere persone che spendono più di 10mila franchi per una
moto, ma che trascurano completamente l’aspetto sicurezza
nel vestiario - osserva De Respinis-. Io consiglio di spendere
qualche franco in meno per il
mezzo e usare i soldi per vestirsi
di tutto punto. Fortunatamente
questo discorso sta facendo breccia anche da noi. Sino a qualche
anno fa chi si proteggeva bene
veniva visto quasi come un personaggio stravagante”.
A ricordare le regole elemen-
tari per viaggiare sicuri in moto è
scesa in campo anche la polizia
cantonale con la campagna “Non
lasciare segni sull’asfalto, lasciali
nella tua vita”. “È grazie alla prevenzione che si nota un certo miglioramento nel comportamento
dei motociclisti - precisa il sergente maggiore Alvaro Franchini,
del reparto traffico della polcantonale-, anche se resiste in molti
di loro una mentalità latina che
non vede di buon occhio i corsi
complementari proposti oltre ai
normali corsi di guida”.
Conoscere al meglio la moto,
sapere come comportarsi in determinate circostanze è ciò che
s’impara nelle lezioni. “In particolare si curano gli aspetti di ‘tattica di guida’- aggiunge Franchini
- , come ad esempio affrontare
curve a destra senza visuale o
adottare una guida difensiva”.
Tutti aspetti che i centauri potranno approfondire il 21 e 28 giugno,
quando sui principali passi alpini
si terrà la campagna di sensibilizzazione “Smart Rider”patrocinata
dalle polizie di Uri, Grigioni, Ticino e Vallese.
o.r.
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IL CAFFÈ
8 giugno 2014
7
attualità
La polemica
“Sulla nostra autostrada
non sarà mai possibile
viaggiare a 140 all’ora”
L’intervista
Marco Fioroni dell’Ustra
“Soltanto
a Bellinzona
ammissibile
uno strappo”
Per le associazioni degli automobilisti
il voto per alzare la velocità è inutile
se, in realtà, non vuole andare
più forte o più piano. Ma vuole
un traffico fluido, senza code e
vuol viaggiare in sicurezza”.
Eppure l’idea di portare a
140 chilometri orari il limite di
velocità ha riscosso un grande
consenso. Quando è stata lanciata su Facebook da Marco
Schläpfer, un giovane imprenditore, in pochi giorni è stata
sottoscritta da 100mila utenti.
E in due settimane ha raccolto
15mila firme vere, non solo i
“Mi piace” di Facebook.
Schläpfer ha spiegato d’essere
stato spinto a lanciare la raccolta di firme per il fatto che
sulle strade nazionali ormai si
incontrano una marea di limiti
e restrizioni, mentre gli automobilisti sono frequentemente
chiamati alla cassa. Opinione
approvata anche da diversi
consiglieri nazionali che sono
entrati nel comitato di sostegno per l’iniziativa. Una proposta simile, ma che prevedeva
un limite a 130 km/h, era già
stata presentata dal Partito degli automobilisti. “Chiariamo.
Sull’ultima proposta presentata a Berna da Marco Schläpfer afferma Belemi -, pur non
avendo preso ancora una posizione ufficiale, nutriamo forti
“Il cantone ha
una conformazione
geografica che
non si presta a questo
genere di progetti”
nel concreto, solo una vittoria
di Pirro”.
“Siamo realisti: dove si potrebbe andare sino a 140 chilometri all’ora senza pericoli?
Probabilmente solo da Bellinzona sino a Biasca- fa notare
Balemi -. E mi chiedo, quanto
tempo si potrebbe risparmiare? Due, tre minuti al massimo.
Ma quali sarebbero le conseguenze? Gli incidenti sono in
calo grazie alle misure adottate
in questi ultimi anni. Noi prima
di tutto, come associazione degli automobilisti, dobbiamo
puntare alla sicurezza. Poi viene il resto”.
m.sp.
I limiti
1
2
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“A chi guida interessa
soprattutto avere un
traffico fluido,
senza code e in
completa sicurezza”
rebbe impossibile aumentare
la larghezza, salvo fare interventi strutturali e molto costosi. Come sul ponte diga di Melide o su altri viadotti, oppure
nelle diversi gallerie che si incontrano sino al Gottardo.
“E dunque - riprende Gazzola - al massimo qui si potrebbe andare a 100 km all’ora. A
questo punto mi chiedo se ha
davvero senso un provvedimento del genere, che sarebbe,
dubbi. Soprattutto per il Ticino, dove esiste una conformazione geografica che non si
presta a questo genere di progetti. Questa opportunità dunque non riguarda tutta la rete
autostradale”.
E poi, se anche un domani
l’Ufficio federale delle strade
decidesse si ampliare la rete
stradale e di arrivare alle tre
corsie, da Chiasso a Bellinzona, ci sarebbero tratti dove sa-
LA RICHIESTA
Nel maggio dell’anno scorso
il Partito degli automobilisti
ha presentato una iniziativa
per reintrodurre il limite di velocità
a 130 chilometri all’ora
sulle autostrade e a 100 chilometri
per le cantonali, comunque
fuori dai centri abitati
L’INIZIATIVA
Una seconda iniziativa che ha
avuto un successo su Facebook
è stata presentata da Marco
Schläpfer, un giovane
imprenditore, e in pochi giorni
è stata sottoscritta da 100mila
persone. Si chiede di alzare
il limite a 140 chilometri all’ora
3
4
LE NORME
Sulle autostrade è attualmente in
vigore il limite di 120 chilometri
all’ora, sulle semiautostrade di
100 km/h, sulle strade principali e
secondarie fuori dai centri abitati
di 80 e all'interno
delle località di 50 km/h
LE CAUSE
La rete autostradale è di 382,7
chilometri, poi ci sono 271,4
chilometri di semiautostrade.
Limiti ulteriori, sotto i 120 km/h,
possono scattare
a causa di un sovraccarico
del traffico, di una cattiva qualità
dell'aria o per ragioni di sicurezza.
Ti-Press
U
n colpo sull’acceleratore va bene, ma
arrivare sino a 140
chilometri orari
sarà difficile. Praticamente impossibile. Almeno
in Ticino. E così l’iniziativa lanciata da un imprenditore di Zurigo per aumentare i limiti di
velocità su tutta la rete autostradale, e ora sostenuta anche
da diversi consiglieri nazionali
e dai giovani dell’ Udc, se pure
superasse il voto popolare, non
avrebbe effetti da Chiasso sino
al Gottardo. “Perché intanto
non abbiamo tratti a tre corsie
che consentano questa velocità - spiega Renato Gazzola,
portavoce del Touring club -. In
più abbiamo problemi di capacità di smaltimento del traffico,
oltre a diverse gallerie e continue strozzature per i numerosi
cantieri”. Senza dire che per
problemi ambientali, legati allo smog, spesso scatta il limite
di 80 km/h, in particolare nella
tratta autostradale che va da
Chiasso sino a Lugano nord,
dove nelle ore di punta si concentrano anche le maggiori difficoltà. “Il problema - spiega
Gian Marco Balemi, direttore
dell’Automobil club svizzero - è
un altro. L’automobilista ticine-
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“P
ortare la velocità a
140 km all’ora è
praticamente impossibile sull’8% del tracciato
- dice Marco Fioroni, direttore della sede di Bellinzona
dell’Ufficio federale delle
strade (Ustra) -. Forse, ma
non ne sono sicuro, ci potrebbe essere un’eccezione nella
circonvallazione di Bellinzona”.
Un’eccezione dunque è
possibile?
“A Bellinzona c’è un rettilineo. Poi tra la teoria e la pratica bisogna vedere”.
In che senso?
“Perché, ad esempio, i ripari fonici di Bellinzona sono
stati progettati per attenuare i
rumori prodotti a 120 all’ora.
Se la velocità venisse alzata
bisognerebbe rifare il progetto da capo o modificarlo profondamente”.
Ma in nessun altro tratto
è possibile viaggiare più
spediti?
“L’autostrada è stata costruita per reggere una velocità di 120 km/h. Ci sono norme precise che ci danno il
raggio di curvatura e altri
importanti elementi di cui tener
conto
quando dobbiamo intervenire con dei lavori”.
Le due proposte sarebbero
difficili
da
concretizzare in Ticino
con modifiche strutturali dell’autostrada?
“Il problema non è solo la
velocità. Bisogna tenere presente anche altri importanti
aspetti. Le esigenze ambientali vanno rispettate, più velocità vuol dire più rumore e
più emissioni, cioè più inquinamento. Oltre, naturalmente, ai rischi per gli automobilisti e per il traffico”.
Chi ha lanciato l’iniziativa sostiene che in Germania i limiti di velocità
più alti non hanno comportato problemi. Anzi.
“Mi capita di andare spesso in Germania e tra svincoli,
rallentamenti o problemi di
densità di traffico, sono pochi
i tratti dove davvero si possono superare i 120 all’ora”.
Attualmente sulla A2 si
può viaggiare tra gli 80 e
120 all’ora. Resterà sempre così?
“Ecco, questo è un altro
aspetto. Ci criticano perché
fra limiti di 80, 100 e 120,
l’automobilista deve sempre
prestare la massima attenzione. Aggiungere anche il limite
dei 140 vorrebbe dire complicare la situazione”.
IL CAFFÈ
8 giugno 2014
8
IL CLAN
La famiglia Lehner
al completo, con mamma
Cristina in dolce attesa,
a luglio darà alla luce
il decimo figlio
La
storia
attualità
Cristina Lehner, 44 anni,
di Dino, è una supermamma.
Nonna da un mese, dopo
nove gravidanze, a luglio
darà alla luce una bambina.
Tanta fatica, ma nessun
rimpianto per le rinunce
fatte. Un percorso
gratificante.
E se la sciatica, qualche
acciacco e l’anagrafe
non le giocassero contro...
“Ho dieci figli,
ma ai miei ragazzi
insegno la castità”
PATRIZIA GUENZI
H
Ti-Press
Ritratti
di famiglia
Mamma Cristina
con in braccio il
primogenito Giona
da piccolo; in alto,
Giona, oggi 22enne,
ancora con la
madre che aspetta
una bambina
o nove figli, aspetto il decimo,
ma a loro insegno la castità”. Cristina Lehner, 45 anni, di Dino,
spiega così quello che a prima
vista può sembrare un paradosso: “Devono semplicemente
aspettare l’incontro con la persona giusta, come abbiamo fatto io e mio marito. Essere consapevoli del significato di quello
che a tutti gli effetti è un atto
d’amore”. Anche se poi, la vita a
volte ti gioca qualche scherzo
birichino.
“Bè, sì, mia figlia di 20 anni ha
appena partorito una bimba”,
racconta Cristina. E aggiunge
subito: “Ma lo
scorso gennaio
si è sposata, insomma
era
quello giusto.
D’altra parte
non posso pretendere
che
aspettino
le
nozze, anche se
sarebbe il dono
più bello che
due persone si
fanno l’un l’altra. Comunque,
quando mia figlia me l’ha
detto non l’ho certo massacrata di botte, anche se
mi è corso un brivido
lungo la schiena. Ma solo
perché non avrebbe potuto finire l'apprendistato.
Fortunatamente, però, il
datore di lavoro le ha congelato il contratto e promesso che potrà riprenderlo a settembre”.
Quello della famiglia
Lehner è un cammino di fede, portato avanti con convinzione e perseveranza.
Nessun rimpianto per una
mancata carriera: “Lavoravo
in un’agenzia di viaggi e mi
piaceva molto, ma fare la casalinga mi appaga altrettanto”. Per lei e Sacha, il marito
che lavora come impiegato,
ogni figlio un dono di Dio: “Mai
preso precauzioni”. Cristina vive l’ennesima gravidanza con
slancio ed entusiasmo, anche se
questo bambino, come l’ultimo,
potrebbe nascere con qualche
problema di salute. “Sono consapevole di correre questo rischio, ma non voglio fare nessun esame. Tanto per me e mio
marito non cambierebbe nulla,
Ti-Press
La vita
L’infanzia
L’amore
LA FAMIGLIA
L’annuncio
LE REAZIONI
La nipote
LA FEDE
UNA SORPRESA
NIENTE RIMPIANTI
Cristina è nata in
una famiglia molto
religiosa. Un
percorso che ha
condiviso e
proseguito con il
marito Sacha.
Ha già nove figli, il
decimo arriverà a
luglio. Tutti voluti e
accolti con amore,
se non fosse per
l’età, altri ne
seguirebbero.
L’annuncio di una
nuova gravidanza
non sempre viene
ben accolta dai figli.
Anche se poi tutto
rientra nel giro di
pochi minuti.
Quando la figlia
ventenne ha detto a
Cristina di essere
incinta c’è stato un
attimo di
smarrimento. Era
ancora apprendista.
Prima di diventare
mamma Cristina ha
lavorato in
un’agenzia di
viaggi. Le piaceva
molto, ma fare la
mamma di più.
lo terremmo comunque”. L’annuncio del decimo figlio ha causato un piccolo terremoto in famiglia. “Ricordo che quando ho
fatto il test c’erano le mie due fi-
“Spesso mi hanno
detto basta! Siamo
già troppi! Ogni
volta c’era pure
qualche mugugno”
glie, quella che adesso è mamma a sua volta, e l’altra che frequenta il liceo; quest’ultima
non l’ha presa molto bene. Era
preoccupata che il bambino
non nascesse sano. Ma io le ho
risposto: viviamo l’oggi, non viviamo il domani”. Una filosofia
di vita che ha permesso a questa
super mamma di guardare al futuro sempre con ottimismo. E
ad incassare con un sorriso le rimostranze dei suoi ragazzi ad
ogni “nuovo arrivo”.
“Ormai da anni mi dicono
basta, siamo già in troppi!”, confessa. In media ogni due anni la
famiglia è cresciuta, sino a raggiungere 6 maschi e 3 femmine.
“A luglio nascerà un’altra femmina, pareggiamo quasi i conti”,
ride Cristina. Ad allevare nove
figli ha contribuito tantissimo
papà Lehner: “Super presente,
mi ha sempre aiutata, se avesse
potuto avrebbe allattato lui. Ri-
La carriera
cordo che la notte mi diceva:
dormi ancora un po’, io intanto
cambio il piccolo e tu riposi. Altrimenti, non credo proprio sarei arrivata a fare dieci figli”. Tut-
“Non sono per niente
pretenziosi, non
vogliono vestiti
firmati, ma con tablet
e videogiochi...”
tavia, qualche difficoltà c’è stata, sebbene Cristina appaia appagata, tranquilla anche nel suo
continuo correre di qua e di là.
Soprattutto i primi anni, quando ancora non era così allena-
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LE PAROLE
DEL 2013
Autori
vari
SAPORI
E MITI
Carolina
Cenni
APPUNTI
DI VIAGGIO
Giò
Rezzonico
ta... “Il momento più duro è stato con i primi cinque. Allora
non avevo un attimo per me. In
undici anni ricordo di essere
uscita un paio di volte con le
amiche, non di più. Ora è tutto
più soft, c’è sempre un figlio più
grande che può badare ai piccoli. Io e mio marito ogni tanto
riusciamo pure a prenderci
qualche giorno tutto per noi.
Pare assurdo, ma più la famiglia
è aumentata e più la mia fatica è
diminuita”. A non diminuire, invece, i costi per riempire frigorifero e dispensa. “Fatti due conti,
spendiamo tra i 2000 e i 2’500
franchi al mese solo per mangiare. Ma stando bene attenti alle offerte o comperando nelle linee economiche dei supermercati, altrimenti sarebbero molti
di più”. Ma a casa Lehner vige la
regola che non si butta nulla e
tutto si ricicla. Abiti e giocattoli
passano di fratello in fratello: “I
miei figli sono poco pretenziosi,
anche i più grandi non mi chiedono mai niente. È come se non
gli interessassero vestiti o gadget di marca”.
Interessati, e molto, i ragazzi
lo sono invece per tutto quello
che è tecnologico: computer,
iPad, aggeggi elettronici vari,
smartphone. “È dura, chiedono
in continuazione. Ormai abbiamo dovuto cedere un po’. Il telefonino, ad esempio, i cinque più
grandi ce l’hanno, in casa ci sono due computer e, ahimè, tanti
videogiochi, e quando esagerano mi tocca requisirli”.
Disciplina e organizzazione
sono due pilastri fondamentali
per gestire una famiglia di queste dimensioni. Fosse solo per
pianificare i pasti: “Per fortuna
mangiano tutto. Quindi faccio
un piatto unico e via, altrimenti
dovrei stare in cucina 24 ore”. E
poi pulire la casa, lavare, stirare... Eppure, se l’anagrafe non le
giocasse contro, Cristina andrebbe avanti a fare la mamma
ad oltranza. Così, con rammarico, assicura che quest’ultima
sarà la sua ultima gravidanza:
“Il fisico non mi regge più - dice -. Ho la sciatica, faccio fatica, qualche acciacco c’è... Mi
rendo conto che gli anni passano e che il mio è un ruolo sì
gratificante, ma anche tanto faticoso, soprattutto alla mia età.
In fondo non posso chiedere di
più al mio fisico. Mi fermerò a
dieci figli”. [email protected]
Q@PatriziaGuenzi
IL CAFFÈ
8 giugno 2014
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In occasione dei 30 anni di attività
di Sos Ticino, dalla voce della
direttrice arriva un accorato
appello a voler dar segno di
“maggiore umanità” nei confronti
dei richiedenti l’asilo. Che,
spesso, sono in grave difficoltà.
Boccone amaro per l’ex consigliere
di Stato, che si vede costretta dalla
pretura a restituire l’archivio che si
era portata a casa al momento della
sua uscita di scena. Un archivio
che, secondo il pretore, deve ora
tornare a Bellinzona.
La sicurezza
La lotta ai furti
si fa popolare
con l’high-tech
Tra crollo dei prezzi e incentivi
è corsa agli impianti d’allarme
Ormai non guardano più in
faccia nessuno. Ricchi, poveri,
non fa differenza: entrano e rubano. Tanto che i furti nelle abitazioni sono aumentati: 2.328 lo
scorso anno, con un +3.4% rispetto al 2012. E i ladri hanno allargato il raggio d’azione. A venir
visitate, oggi, non più solo le ricche case delle famiglie benestanti, ma soprattutto quelle
della gente comune, costretta a
a far fronte a spese anche per
proteggere l’appartamento. Facendo installare, come primo
passo, un impianto d’allarme.
Impianti che fortunatamente
negli ultimi tempi si trovano a
prezzi più accessibili. Anzi, c’è
chi parla di un crollo dei prezzi,
almeno per i sistemi di sorveglianza più usati. “E questo ci fa
dire che la sicurezza si è democraticizzata - osserva il criminologo Michel Venturelli -. La richiesta sempre più sostenuta ha
fatto progressivamente abbassare i listini. Oggi il costo per la
prevenzione in casa grazie alla
tecnologia, che consente perfino di controllare a distanza la
propria abitazione con l’uso dello smartphone, è alla portata di
tutti”. Insomma, la difesa dell’inviolabiltà domestica si è popolarizzata, e non c’è più bisogno di ricorrere alle ronde degli
agenti privati tra un’abitazione e
l’altra, con una spesa certamente non accessibile a tutti.
Ma il business della sicurezza, generato dall’offensiva dei ladri, ha provocato pure la crescita
di aziende e figure professionali
che si occupano di installare allarmi. Tanti si affidano a società
che offrono un canone e poi
pensano a tutto: dalle telecamere, alla protezione di porte e finestre. Chi vuole, tuttavia, può
anche farne a meno, sistemando
La denuncia
piccole videocamere “fai da te”
che costano meno di 400 franchi. Impianti che migliorano sicuramente la qualità della vita.
O almeno offrono un margine di
tranquillità in più. “Perciò, non
possono più essere considerati
un lusso - nota il granconsigliere
ppd Luca Pagani che recentemente ha sottolineato questo
aspetto con un’interrogazione -.
Ho chiesto al Consiglio di Stato
di prevedere per le famiglie ticinesi la possibilità di dedurre fiscalmente i costi per questo genere di dispositivi. Attualmente,
in base alla legge tributaria non
risultano deducibili fiscalmente,
perché sono considerati migliorie e non costi di manutenzione”.
Va ricordato, però, che oggi molte compagnie di assicurazione
suggeriscono l’installazione di
allarmi. “Gli strumenti anti intrusione nelle case, vista la situazione che si è venuta a creare
soprattutto in certe zone del
cantone dove la media di furti risulta piuttosto alta - aggiunge
Pagani - sono importanti. Certo,
I sistemi
1
IL TRADIZIONALE
È il classico impianto
d’allarme con dei
sensori che, una
volta attivato, fa
scattare una sirena
nel caso in cui
nell’abitazione entri
uno sconosciuto.
Le novità
2
IL SOFISTICATO
È un impianto
collegato con una
centrale. Le società
di gestione affittano il
sistema e lo
installano. In caso di
allarme è l’operatore
che avverte la polizia.
3
IL LOCALIZZATORE
I nuovi sistemi, piccoli
e particolarmente
efficaci, vengono
utilizzati soprattutto
per camion e auto.
Se i mezzi escono da
un perimetro scatta
subito l’allarme.
4
IL FAI DA TE
Esistono sistemi a
prezzi molto bassi.
Una o più telecamere
che vengono
collegate allo
smartphone. E la
casa si controlla in
tempo reale.
Nuove risorse tecnologiche per rintracciare i malviventi, controllare le auto e proteggere gli anziani soli
Basta un’ “App” per localizzare il ladro
La nuova frontiera nella lotta ai furti si chiama localizzazione. E stanno
nascendo nuovi sistemi, alcuni governati da semplici applicazioni di uno
smartphone. Piccole scatoline alimentate da potenti batterie che permettono di sapere sempre dove si trova una
persona, un’auto, una bici o il proprio
telefonino. In alcuni casi, e questa è
una novità, non si paga neppure un canone e non è necessario mettere i dati
della carta di credito online.
Come nel caso di Rock Online che
ha diverse funzioni e può far scattare
un allarme o bloccare un veicolo, oppure, attraverso una carta sim, lanciare
segnali a una centrale operativa. A
questo genere di apparecchiature, che
costano poche centinaia di franchi,
stanno ricorrendo pure molte famiglie
con persona anziane. Soprattutto
quelle che restano molte ore sole in casa sole. È possibile controllarle a distanza e sapere se si muovono o se
hanno bisogno di aiuto. Ma la tecnologia regala sempre nuove soluzioni. Attraverso i sistemi di “geo-fencing” si
può impostare, ad esempio, un perimetro geografico virtuale, una sorta di
confine, e stabilire che se il telefonino
o anche un mezzo come l’auto si muovono scatta un allarme. Inoltre, è appena arrivata un’altra app che scatta una
foto al ladro nel caso si impossessi di
un telefonino. Si chiama Lookout e ha
la funzione “theftie”: nel momento in
cui viene digitato un codice di accesso
errato, oppure si tenta di rimuovere la
carta sim del cellulare rubato, scatta
un’ immagine e contemporaneamente
invia, via email, l’esatta posizione. Dal
sito della società è, poi, immediatamente possibile vedere che faccia abbia il ladro. Un sistema simile è stato
progettato e funziona ormai da molti
anni su Android. Si chiama Cerberus e
ha già 300mila abbonati. L’app nella
versione di prova, prima ancora dunque si essere perfezionata, è stata scaricata da due milioni di utenti.
Contro i ladri di biciclette a noleggio è stata, invece, collaudata una nuova tecnologia: un sistema gps collegato
con le videocamere di sicurezza permette alla polizia di seguire il percorso
del ladro e di fotografarlo ogni volta
che passa davanti a una telecamera.
non sono un rimedio assoluto.
Però, insieme ai controlli di polizia, alla prevenzione, alla collaborazione tra vicini e ad altri accorgimenti, anche gli impianti
d’allarme nel complesso possono rendere il nostro territorio
meno attrattivo ai ladri”.
Un’altra iniziativa, per incentivare l’uso degli impianti
d’allarme, e per adesso unica nel
suo genere, arriva dal municipio di Novazzano dove, dopo
una serie di furti in successione,
si è deciso che le famiglie possono avere un finanziamento. Per
gli “antifurti sussidiati” l’amministrazione ha stanziato 20mila
franchi; il limite massimo che
può essere richiesto è di 500
franchi. “Sino ad oggi - spiegano
dalla cancelleria comunale di
Novazzano - sono arrivate venti
richieste”.
Sempre sul fronte della prevenzione da tempo la polizia
cantonale offre un servizio mirato per le famiglie. Recentemente, poi, nei 47 centri che fanno
parte della regione di polizia comunale III del Luganese, è partita l’operazione “Piazze”, che prevede un calendario di incontri
nei diversi quartieri. Gli agenti
offrono una check-list di sicurezza e suggeriscono i migliori
rimedi contro i furti in casa. In
questi centri nel 2013 c’è stato
un aumento del 25,1% dei colpi
nelle abitazioni. Un’analoga iniziativa è scattata pure a Muralto
e a Minusio, dove la polizia non
si limiterà solo a fornire consigli
utili. Chi vuole potrà fissare un
appuntamento e avere una visita
a casa degli agenti. A loro potrà
indicare sul posto le zone della
casa ritenute vulnerabili, in modo da avere i consigli giusti per
evitare brutte sorprese.
m.sp.
“Io, raggirata solo perché ho dato fiducia”
Decine le vittime del giovane che gestiva lo Skatepark Vanija di Riazzino
“Ci ha rubato un sogno e la
fiducia”. Dragana Kojic Maltecca non serba rancore. Ma vuole giustizia per quello che le è
accaduto, una storia finita con
una denuncia che ha portato
un giovane di Matera in carcere, alla sua condanna e alla
perdita di parecchi soldi.
Prima della vicenda giudiziaria c’è però da fare una premessa. Dragana Kojic Maltecca, coordinatrice di una scuola
di lingue ad Ascona, e impegnata nel sociale, nel 2009 ha
fondato, insieme ad altre persone una associazione “no
profit”: “Statepark coperto
Vanjia”, a Riazzino, in memoria
del figlio scomparso in un incidente nel 2004. Un ragazzo
generoso, che nel giorno del
suo diciottesimo compleanno
aveva donato metà dei soldi ricevuti in regalo a un progetto umanitario in Africa. Quel denaro è
servito a costruire un pozzo d’acqua che porta il suo nome.
Ora l’associazione organizza
eventi e gare sportive di skate e
sostiene inoltre il progetto “Un
bicchiere di latte per i bambini di
Hanga”, in Tanzania. Per mandare avanti questa attività a Riazzino, custodire la struttura e un
negozio interno, Dragana Kojic
Maltecca aveva come collaboratore un giovane di Matera in cerca di un lavoro. “Ci aveva detto
d’essere un esperto del settore racconta la donna - e poi avevamo ottenuto rassicurazioni dalla
famiglia che si era rivolta a noi.
Così gli abbiamo dato fiducia e
gliamento venduto senza corrispondere poi l’incasso”. Insomma una situazione davvero delicata, che Dragana Maltecca ha
tentato inizialmente di risolvere
rivolgendosi alla famiglia del
giovane. Sino a quando non è
La presidente della
società no profit:
“Ho anche scoperto
che aveva rubato
nel nostro negozio”
lo abbiamo ospitato in Ticino, a
casa nostra, per sei mesi. Ma nel
giro di due mesi abbiamo capito
che qualcosa non andava”.
Il giovane gestiva lo spazio
Skatepark coperto e, secondo
quanto racconta la docente, sono stati scoperti pagamenti mai
fatti, problemi con schede telefoniche, “incidenti a ripetizione
con l’auto messa a sua disposizione. Incassi non versati e abbi-
stato scoperto un furto nel negozio d’abbigliamento sportivo all’interno dello Skatepark con un
danno notevole. Ed è partita la
denuncia, l’arresto e la condanna a 90 aliquote giornaliere. “Lo
ricordo ancora, era il giorno di
San Giuseppe dell’anno scorso
- racconta la professoressa quando è stato arrestato dalla
polizia cantonale. Ha fatto un
giorno in cella, poi ha rivelato
il nome del complice, è stato
liberato ed è partito per l’ Italia. Successivamente, dalla
polizia, ma anche attraverso
molte telefonate che abbiamo
ricevuto, abbiamo saputo che
decine di altre persone nel Locarnese erano state raggirate
da questo ragazzo con falsi abbonamenti alle partite, vendita di oggetti rubati e altro”.
Ora la donna ha anche avviato un procedimento civile
in Italia nella speranza di ottenere giustizia.
m.sp.
IL CAFFÈ
8 giugno 2014
10
politica
Mentre le società per azioni
pubblicano le retribuzioni
dei manager, quelle dello Stato
si trincerano sempre dietro
uno strettissimo riserbo
IL
PUNTO
CHANTAL
TAUXE
Chi rimane
e chi lascia
la poltrona
di ministro
L’INCHIESTA
Il Caffè, settimana scorsa,
ha pubblicato un’inchiesta
sulle retribuzioni nei vertici
delle aziende di Stato
“Si rendano noti i superstipendi”
Dai politici il monito per più trasparenza nelle aziende del parastato
1
MARCO
CHIESA (UDC)
“Non vedo
cosa ci sia da
nascondere.
Il fatto di
eccedere in
riservatezza, fa
nascere
sospetti.
L’opacità
nuoce”
L’intervista
Albertini, responsabile della Protezione dati
2
SAVERIO
LURATI (PS)
“L’interesse superiore
può battere la privacy”
“Considero il livello di trasparenza dello Stato, che è fondamentale
per un corretto rapporto tra i cittadini
e le autorità , ad un buon livello in Ticino . Vige il principio base della pubblicità, ma ovviamente non tutto può
essere pubblico. Soprattutto quando
riguarda dati personali”, spiega Michele Albertini, responsabile cantonale della protezione dei dati.
Rendere pubbliche le retribuzione dei vertici, dei direttori
del parastato sarebbe possibile?
“Per poterle pubblicare occorre
che via sia una base legale o il consenso esplicito delle persone”.
“Non solo gli
stipendi dei
manager, ma
tutte le
retribuzioni
dovrebbero
essere note,
anche le paghe
da fame di
certe aziende”
3
“Rendere noti
gli stipendi non
è affatto
trasparenza,
incita solo al
voyeurismo e
stimola invidie.
Il problema è
molto più
ampio”
4
E se non vi è base legale?
“Se non vi è base legale, l’autorità
può pubblicarle soltanto se lo ritiene
giustificato per un interesse pubblico
maggiore”.
La Confederazione pubblicizza
però le retribuzioni dei vertici
della aziende federali, per analogia non si potrebbe fare così
anche in Ticino?
“Come detto, tutto dipende dalla
volontà politica. E dall’interesse pubblico maggiore. Inoltre ci sono vari
modalità per pubblicare i dati. Si
può evitare di entrare nel dettaglio.
Si può pubblicare, ad esempio, una
scala degli stipendi, evidenziando
così che per quella funzione si può
andare da un minimo ad un massimo, senza specificare la cifra sino all’ultimo centesimo”.
L’esperto
Pestoni, dell’associazione Servizio pubblico
“Maggior chiarezza
negli enti cantonali”
GIOVANNI
JELMINI (PPD)
ROCCO
CATTANEO (PLR)
MISTER DATI
Michele
Albertini,
incaricato
cantonale
della
protezione
dei dati
ma è la lottizzazione dei partiti nel parastato”.
Nodo sottolineato da Rocco Cattaneo, presidente
del Plrt: “Per i membri dei Cda delle aziende statali deve valere il criterio della competenza, qualità ancor più fondamentale nella nomina dei dirigenti”, dice Cattaneo, che non vede difficoltà
nel rendere pubblici gli stipendi: “Si tratta di
aziende al 100% dello Stato. Conosciamo la retribuzione dei ministri, e allora dov’è il problema?”.
Appunto.
[email protected]
Q@clem_mazzetta
“Conosciamo
la retribuzione
dei consiglieri
di Stato: non ci
dovrebbe
essere
problema a
rendere note
quelle dei vari
direttori”
5
ATTILIO BIGNASCA
(LEGA)
“I problemi del
Paese sono
altri, inutile
disquisire sulle
retribuzioni dei
dirigenti.
Ma sarebbe
meglio pagarli
con il bonusmalus”
Ti-Press
Non bisogna andare negli Stati Uniti per vedere
pubblicate le retribuzioni dei manager statali. Pure
gli stipendi dei dirigenti del parastato svizzero sono di dominio pubblico. Si sa cosa guadagna il direttore delle Poste, delle Ffs, della Ssr. In Svizzera.
Non in Ticino, però. Qui la trasparenza non pare
una virtù. Ignote quasi tutte le paghe ai vertici del
parastato. E più in generale anche nella pubblica
amministrazione. Mentre in Italia persino per i segretari comunali sono pubblicate le schede con il
dettaglio della retribuzione annuale, in Ticino si
preferisce fare riferimento a classi, scale salariali,
coefficienti di moltiplicazione. Dire e non dire. Così sfogliando leggi e regolamenti, si può dedurre
che un procuratore pubblico può percepire il massimo della 39ma classe salariare dei dipendenti
pubblici moltiplicato per 125% adeguata all’inflazione. Calcolo non certo alla portata del cittadino
comune che vorrebbe saperne di più.
“Il fatto di eccedere in riservatezza, fa nascere
sospetti, che non hanno motivo d’esserci”, osserva
Marco Chiesa, capogruppo Udc, che aggiunge:
“laddove c’è un contributo pubblico credo che non
si intacchi nessuna riservatezza o la privacy se si
pubblica la paga dei manager”. Ma così non è. E
ogni tanto qualcuno cerca di vederci meglio. Gli ultimi, ad esempio, sono stati i consiglieri comunali
luganesi dell’Udc Raide Bassi e Tiziano Galeazzi
nell’aprile scorso. Dalla loro interrogazione si è venuto a sapere che in città ci sono cinque funzionari
che percepiscono più di 200 mila franchi l’anno.
“La trasparenza non va intesa in questo modo.
Rendere noti gli stipendi incita al voyeurismo e stimola invidie – ribatte il presidente del Plrt Giovanni Jelmini –. Trasparenza è sapere se i dirigenti sono all’altezza del loro lavoro, se i tanti uffici che si
sono creati negli anni, anche per fare carriera, hanno ancora un senso”. E Attilio Bignasca coordinatore della Lega avverte che i problemi del Paese sono altri: “Non è così che risolviamo la situazione delle finanze in
rosso, anche se certi manager sarebbe meglio pagarli con il bonusmalus”. Di tutt’altro parere il presidente del Ps, Saverio Lurati: “Non
solo gli stipendi dei manager, ma
tutte le retribuzioni dovrebbero
essere pubbliche, anche le paghe
da fame che versano certe aziende”.
In passato a cercare di squarciare il velo dell’opacità era stato l’ex deputato Donatello Poggi. Ma alla sua interrogazione sulle retribuzioni dei funzionari, gli vennero forniti solo
dati generali. Il numero degli alti funzionari nelle
classi speciali, come il cancelliere, il capo della
polizia, il medico cantonale, il responsabile della
protezione dati, e così via: 35 in tutto. A cui vanno
aggiunti i dipendenti a contratto speciale, altri 72.
Spiccava il dato degli stipendi delle classi A e B del
dipartimento della Sanità e socialità (Dss): oltre 10
milioni. Comprensibile visto che riguarda le retribuzioni dei vari medici e degli psichiatri direttori
all’Osc. Si spiegava che “l’attribuzione di un dipendente ad una classe speciale avviene sulla base dei
compiti che è chiamato a svolgere, delle responsabilità che deve assumere, della delicatezza della
funzione. E non da ultimo, dei salari che per prestazioni analoghe vengono mediamente corrisposti nel settore privato”.
C’è poi la spinosa questione degli enti del parastato, di cui ha parlato il Caffè settimana scorsa.
Con il paradosso della Società elettrica sopracenerina che pubblicizza la retribuzione del suo direttore in quanto società per azioni, mentre l’Azienda elettrica ticinese, che l’ha incorporata, tace.
“Non so se sia un paradosso, di sicuro non c’è ragione per questa riservatezza – sostiene Michela
Delcò Petralli, deputata dei Verdi - . Una maggior
trasparenza in tutti i settori non può che far bene
a condizione che si evitino strumentalizzazioni.
È chiaro che la trasparenza da sola non basta. Nel
parapubblico occorre nominare i vertici per le
competenze, non per meriti di partito. Il proble-
Ti-Press
CLEMENTE MAZZETTA
Ci vuole una trasparenza maggiore nel parastato, a partire dagli
stipendi. Ma non solo. Per Graziano
Pestoni, dell’Associazione servizio
pubblico occorre rafforzare il ruolo
dello Stato sulle sue aziende per indirizzarne le strategia e verificarne
l’operato. “Sono stato per 12 anni
nella commissione parlamentare
per l’energia e mi sono occupato
dell’Azienda elettrica nel dettaglio,
esaminandone i vari rapporti. Ritengo giusto che sia il parlamento,
che verifica e approva i conti delle
aziende, il luogo più opportuno per
determinare dei tetti caso per caso,
senza eccedere nel definire una
norma uguale per tutti”. Ovvero
trattamento differenziato per le varie società, dall’Azienda elettrica, all’Ente ospedaliero cantonale, a Ticino Turismo, da Banca Stato, all’
Azienda cantonale dei rifiuti. Cosa
che avviene già oggi. Solo che le retribuzioni dei vertici sono conosciute soltanto dal Consiglio di Stato e non sono pubbliche.
“Sarebbe meglio che fossero
note per tutti, il che è doverosonell’ottica della trasparenza - osserva Pestoni -. Purtroppo non è così.
Non ritengo giusto che la paga dei
vari direttori superi quella dei consiglieri di Stato, che hanno responsabilità e impegno più elevati. E con
una retribuzioni che non è un granché, a parte il sistema pensionistico,
che li privilegia in modo eccessivo”.
Non è ancora veramente un
tema di discussione a Berna, ma
non dovrebbe tardare a diventarlo con l’avvicinarsi delle elezioni federali dell’ottobre 2015:
chi rimarrà in carica e chi lascerà tra i consiglieri federali?
A priori, la risposta è semplice: nessuno. La decana in governo, Doris Leuthard, è in carica dal 2006 e colleziona quindi
dieci anni di mandato. In generale, i consiglieri federali occupano il posto in media poco più
di dieci anni. Ma dal 2003 con lo
sgretolamento della formula
magica sappiamo come la rielezione dei ministri che, in dicembre chiude il rinnovo delle
cariche federali, non rappresento più una formalità. Sola ppd in
seno al collegio, giovane quarantenne, Doris Leuthard è
sempre molto popolare e non
ha, quindi, alcuna ragione a lasciare la scena. Fa comunque
fatica a concretizzare l’uscita
dal nucleare e si scontra con
forti opposizioni. L’argoviese
potrebbe stancarsi di contrasti
tanto aspri. Di colpo, il suo bilancio personale appare singolarmente deludente, se rapportato alle speranze indotte dalla
sua personalità consensuale e
pragmatica.
Eletta nel
2007 in circostanze poco
chiare, Eveline
WidmerSchlumpf ha già
scavato un
solco più
profondo.
Dopo anni di tentennamenti da parte dei
suoi predecessori alle Finanze,
ha affossato il segreto bancario
e resterà già fin d’ora colei che
ha spinto la piazza finanziaria a
conformarsi agli standard di un
mondo globalizzato, diventato
avido di entrate fiscali rilocalizzate. Il destino politico della ministra che ha preso il posto di
Blocher non è comunque al riparo da un tardivo atto punitivo.
Tutto dipenderà dagli equilibri
nell’Assemblea federale. Una
cosa è certa: l’Udc non la perdonerà mai e gli altri partiti che
l’hanno utilizzata nel 2007 non
si sentono più tanto legati alla
sua figura, come lo erano nel
2011.
Arrivato nel 2008, Ueli Maurer può temere per la sua rielezione. Anche se perdesse velocità, l’Udc avrebbe comunque diritto ad un seggio. Ma è la qualità del suo lavoro ad inquietare.
Il parlamento può davvero permettersi di confermare un ministro tanto incompetente? Sulla
carta, i due liberali-radicali e i
due socialisti non dovrebbero
inquietarsi. Ma un cattivo risultato del Plr potrebbe indebolire
la posizione di Didier Burkhalter e Johann Schneider-Ammann. Si dovesse sacrificare un
nome per i nuovi equilibri
emersi dalle urne, il bernese che non ha convinto - potrebbe
pagare il conto. La sua attuale
aura non rende immune neanche il neocastellano: dovesse
impantanarsi il dossier europeo
di cui si sta occupando, le conseguenze potrebbero essergli fatali. Simonetta Sommaruga e
Alain Berset sono invece troppo
giovani e di nomina troppo recente per essere a rischio. Ma se
la sinistra dovesse attaccare i
seggi borghesi nei primi turni di
voto, potrebbe subire un imprevedibile effetto boomerang.
IL CAFFÈ
8 giugno 2014
“Black list
per chi viola
le regole
sul lavoro”
politica
C
aggiunge Specchietti, soddisfatto
perché l’azione della Mes non ha
trovato proseliti: “Temevamo che
anche altri seguissero il loro
esempio, così non è stato segno
che produce componentistica per
la fabbricazione di motori elettrici, pagava 14,55 franchi all’ora, pari a 2.517 franchi al mese. Ben lontani, quindi, da quel minimo di 22
franchi all’ora dell’iniziativa sui
salari del 18 maggio. “Staremo a
vedere se i datori di lavoro, come
più volte dichiarato in passato
contestando i salari minimi per
L’intervista
Albertoni, Associazione interprofessionale di controllo, chiede norme certe per tutti
tutti, saranno disponibili ad incontrarci per trovare delle soluzioni, per stipulare contratti collettivi. Se così non fosse noi continueremo con le nostre iniziative”,
“Contratti collettivi contro le paghe da fame”
I
GIANNI
ALBERTONI
Presidente
Associazione
installatori
elettricisti
ticinesi
"
È cominciata
la nuova offensiva
sindacale dopo il no
al salario minimo
Ti-Press
ontrolli, denunce, trattative, interventi sul
campo, segnalazioni
alla magistratura. Ecco come i sindacati intendono contrastare quel “mercato parallelo”, quell’economia che
sta devastando il mondo del lavoro ticinese. Una realtà fatta anche
di paghe al di sotto dei duemila
franchi e con una disoccupazione
giovanile elevata.
Il sindacato intende reagire al no
al salario minimo di 4 mila franchi, confermato in Ticino con il
68% dei voti, anche con la pubblicazione di una black list delle
aziende che violano sistematicamente i minimi salariali, e fanno
dumping. Lo ribadisce Enrico Borelli segretario di Unia: “Abbiamo
già documentato i primi sette casi
e li renderemo pubblici nelle
prossime settimane. Purtroppo il
risultato della votazione dello
scorso 18 maggio che ha bocciato
il salario minimo, non permette di
dare una risposta ai gravi problemi del mercato del lavoro del Ticino, alle distorsioni sempre più pesanti e alla fortissima pressione
sui salari”.
Per i sindacati nel cantone ci
sono stipendi più bassi della media svizzera, soprattutto per la
mancanza di contratti collettivi di
categoria e regole rispettate sui
minimi salariali. E ci sono persino
retribuzioni “impossibili”, come
quelle denunciate dal sindacalista
Marcello Specchietti, dell’Ocst:
un frontaliere che aveva firmato
un contratto di lavoro nel Luganese per 1300 euro al mese (pari a
1600 franchi) per dieci ore di lavoro al giorno. “Segnalo anche il caso della Mes di Stabio che ha disdetto il contratto collettivo dopo
37 anni, ma che quest’anno è stata
costretta ad applicare i salari minimi di tremila franchi”. L’azienda
!
!
11
!
!
"
o lo ripeto da tempo: l’unica soluzione contro le paghe da fame e il lavoro nero sono i contratti collettivi
estesi a tutti i settori”. Gianni Albertoni,
presidente dell’Associazione installatori elettricisti ticinesi, della Commissione paritetica di categoria e membro
della Tripartita e dell’Associazione interprofessionale di controllo (Aic), non
ha dubbi.
Il risultato del voto sul salario minimo lascia aperto un problema: i
controlli. Quelli che si fanno sono
sufficienti?
“Contro il dumping si può fare sempre di più. Ma le verifiche si fanno. An-
che noi come associazione, come i sindacati e l’Aic, li facciamo. Poi, è chiaro
che i furbi ci sono e ci saranno sempre”.
Parla di chi assume frontalieri a
basso costo o operai senza il permesso?
“Il lavoro nero riguarda tutti. Compresi padroncini e distaccati, che sono
una grave piaga. E infatti si discute se
pubblicare i nomi di chi li chiama sistematicamente. Ma ripeto: l’unica soluzione sono i contratti collettivi, che sono firmati dalle parti, dettagliati, e che
devono essere rispettati”.
Ma non tutti li vogliono, tanto è
vero che in Ticino il governo ha
imposto numerosi contratti normali, sono strumenti adeguati?
“Personalmente li ritengo la purga
degli imprenditori, e la devono bere coloro che non colgono l’importanza della contrattazione collettiva. Quello normale è un contratto collettivo forzato”.
Nel senso che è obbligato?
“Certo. Come il nostro degli installatori elettricisti. Noi avevamo un contratto cantonale che è stato disdetto dai
sindacati. Ora è stato decretato per forza obbligatoria, cioè sottoposto dalle
parti al Consiglio federale che lo ha reso
appunto obbligatorio. E dunque nessuno più sfugge”.
m.sp.
che abbiamo a che fare anche con
dei datori di lavoro che sanno fare
il loro mestiere”.
Caso Mes a parte, va ricordato
che anche per i dipendenti del
Servizio cure a domicilio (Scudo)
di Lugano è stato disdetto il contratto collettivo di lavoro. Cosa avvenuta pure in un settore storico
per il Ticino, quello del granito.
Perciò Borelli è poco ottimista:
“Siamo di fronte alla completa
mancanza di etica da parte di alcuni datori di lavoro che nei mesi
scorsi avevano ripetuto che non
bisogna agire a livello legale, ma a
livello contrattuale. Li aspetto al
varco. Purtroppo notiamo che
sempre più spesso lo stesso padronato disdice i contratti collettivi. Cosa ne pensano i partiti di tutto ciò? Perchè da 15 anni non siamo avanzati di un millimetro nella contrattazione collettiva, mentre si sono liberalizzati gli orari,
precarizzati gli addetti, intensificati i ritmi”.
Per queste ragioni, il sindacato, sottolinea Borelli, ha istituito
un gruppo di lavoro interno col
compito di studiare altre iniziative
concrete: oltre le black list, la denuncia dei casi di dumping al ministero pubblico, l’intervento sindacale nei posti di lavoro, il pressing a livello contrattuale: “Su tutte queste iniziative che elaboreremo siamo ovviamente pronti a
mobilitare i lavoratori”.
c.m.
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IL CAFFÈ
8 giugno 2014
12
politica
La polemica
1 2
FRANCO ZANTONELLI
Anche i ricchi di sinistra, nel
loro piccolo, piangono. Può capitare quando qualcuno irride
alla loro vita da benestanti, cavalcando il luogo comune che
vorrebbe un’esistenza di stenti,
per chi difende i diritti delle persone più sfavorite. Per intenderci: chi è di sinistra dovrebbe condividere, secondo questo punto
di vista, le stesse ristrettezze degli operai, delle famiglie monoparentali e degli immigrati poco
scolarizzati. Vedendo così le cose un consigliere comunale udc
di Ginevra, Eric Bertinat, dopo
aver scoperto che l’ex consigliera
federale socialista Micheline
Calmy-Rey ha acquistato un appartamento da tre milioni di
franchi, ha pensato bene di rendere pubblica la notizia. “Un socialista senza una villa è come il
sole senza raggi”, ha postato, tagliente, su Facebook.
“Calmy-Rey- ha detto Bertinat a Le Matin -ha predicato bene per tutta la vita e, adesso che
ha lasciato la vita politica, razzola male. Ha sempre denunciato il
L’ADDIO
Nel settembre 2011,
dopo 9 anni di governo
federale e mentre è
presidente della
Confederazione,
annuncia che non si
ripresenterà alle elezioni
di dicembre.
Keystone
LA CARRIERA
Micheline Calmy-Rey nel
1974 entra nel Ps
ginevrino. Nel 2002 è
eletta in Consiglio di
Stato. Dal 2003 al 2011
è responsabile del
dipartimento federale
degli Affari esteri (Dfae).
Anche i socialisti piangono...
sulla casa di lusso da 3 milioni
L’Udc attacca l’ex ministro Calmy Rey e il Ps ribatte duro
capitalismo, l’ineguaglianza e la
distribuzione della ricchezza ed
ecco che, nella sua vita privata, si
comporta come una borghese”.
Le invettive dell’esponente
dell’ Udc hanno infiammato il
web, con commenti di riprovazione per l’ex ministra degli
Esteri ma, anche di denuncia nei
confronti di Bertinat, accusato di
meschineria. “Forse che chi è di
sinistra deve andare in giro vestito come un senza casa e frugare
nei cassonetti, per trovare qualcosa da mangiare?”, chiede, po-
lemicamente, un “internauta”,
schierandosi dalla parte di Calmy-Rey.
Particolarmente indignato è
il consigliere nazionale socialista ginevrino, Carlo Sommaruga. “Insomma - dice - i soldi che
qualcuno ha guadagnato, senza
sfruttare gli altri, non devono costituire un tabù”. Anche se si sta
parlando di tre milioni, una cifra
considerevole. “Ma che Micheline Calmy-Rey ha risparmiato
grazie ai suoi stipendi di consigliera di Stato prima e di consi-
gliera federale poi. Non vedo dove sia il problema”, ribatte Sommaruga. Tuttavia, in un’epoca
in cui i politici non godono di
buona stampa, a causa dell’offensiva populista, viene da
chiedersi se non sarebbe opportuno evitare certe ostentazioni? Sommaruga è categorico:
“Non vedo dove sia l’ostentazione, almeno nel caso di CalmyRey, se tiene conto del prezzo
degli immobili, a Ginevra. Se
proprio vogliamo parlare di
ostentazioni allora ricordiamo i
Lo scontro Ci sarà soltanto una lista unica fra Mps e Partito comunista
74 milioni, spesi dalla figlia del
presidente kazako, per una villa, sulle rive del lago”.Fatto sta
che, ascoltando Sommaruga, il
sospetto che i socialisti abbiano
qualche problema da risolvere
nel rapporto con il denaro, rimane. “Non è assolutamente
così, chi l’ha detto che non si
può essere ricchi e avere idee
progressiste e favorire l’eguaglianza”, afferma un altro socialista, il granconsigliere vodese,
Nicolas Mattenberger. Il quale,
oltre a una bella casa, possiede,
3
L’ACQUISTO
Alla fine di aprile sul
Foglio ufficiale del
canton Ginevra appare
l’acquisto da parte di
Calmy Rey di una casa
da tre milioni di franchi.
l’udc Eric Bertinat la
rilancia su Facebook.
pure, un suv e un consistente
conto in banca. “Che problema
c’è? Faccio l’avvocato e ho un
buon reddito”. Inevitabile ricordare che quando un altro ex ministro socialista, Moritz Leuenberger, è entrato nel Cda di Implenia, è scoppiato un mezzo
putiferio. “Quello era un caso
un po’ diverso, in quanto si intravvedeva il rischio di un conflitto di interessi. Nel senso che
si poteva pensare che Implenia
avesse voluto fare un regalo a
Leuenberger”nota Mattenberger. Meglio, dunque, se i socialisti si tengono alla larga dai consigli di amministrazione. “Assolutamente no. Con la loro presenza possono contribuire a
rendere un’azienda più sociale”,
replica Mattenberger. Tornando a Calmy-Rey, la
notizia dell’appartamento da
tre milioni sembra rivelarsi una
tempesta in un bicchier d’acqua. “Quei soldi li aveva e li ha
spesi, li avesse nascosti sarebbe
stato peggio”, afferma il consigliere nazionale ps di Friburgo,
Jean-François Steiert. [email protected]
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Ti-Press
La sinistra che sogna l’unità
avanza divisa per le elezioni
Senza i Verdi sul fronte “destro” ambientalista, senza i comunisti (Pct) e il
Movimento per il socialismo (Mps) sulla sinistra, il Ps si presenta in perfetta solitaria alle elezioni cantonali del 2015.
Fra la sinistra antagonista e quella governativa, non si riesce a trovare un comun denominatore. “Ed è un peccato,
perché su molti temi c’è stata anche recentemente una collaborazione fra le
forze progressiste, penso alla votazione
sul salario minimo dello scorso 18 maggio - dice la capogruppo parlamentare
del Ps Pelin Kandemir -. Ma non posso
che prendere atto della loro scelta e rispettarla”.
Il fatto che non esista più, a partire
dal 1998, alcuna possibilità di congiunzione fra liste diverse per le elezioni
cantonali, accentua le divisioni. Una
iniziativa per reintrodurla, proposta dal
deputato udc Eros Mellini, è stata bocciata dal parlamento nel giugno del
2013. Prevale così la logica del contarsi,
più che quella del contare. “La scelta di
presentarci con una lista unitaria PctMps per il Consiglio di Stato, oltre che
per il Gran Consiglio, pur essendo al
momento solo un orientamento prevalente, non credo verrà smentita dalle assemblee dei due partiti”, conferma Matteo Pronzini, unico deputato Mps-Pct
eletto nel 2011. E così si assisterà ad una
riedizione del fronte diviso di quattro
anni fa. “Noi rappresentiamo un’altra
sinistra - spiega Pronzini -. La nostra è la
I DEPUTATI
Il deputato
dell’Mps Matteo
Pronzini e,
sotto, il
capogruppo Ps
Pelin Kandemir
Bordoli
sinistra che si è opposta ai bilaterali con
l’Ue, che ha chiesto misure concrete di
tutela per il mondo del lavoro, che combatte contro le leggi “ad personam” del
Fox Town, che interviene denunciando
gli scandali che si sono succeduti a ripetizione negli ultimi anni a BancaStato. Il
Ps si muove invece con un’altra logica, è
un tipico partito governativo”. Una distanza che Kandemir non vede però così profonda: “Come Ps abbiamo sempre
avviato forme di collaborazione in Gran
Consiglio. Lo facciamo regolarmente,
come sul salario minimo o contro il taglio dei sussidi di cassa malati. Quando
si tratta di argomenti precisi, ci sono
molto meno distanze fra di noi. Poi, loro, hanno sicuramente un’impostazione diversa”.
Le congiunzioni, che permettono di
mantenere un propria identità di lista e
garantirsi un risultato elettorale, pur
possibili a livello nazionale, non sono
ritenute uno strumento valido dai Verdi. Nel 2011 per il Nazionale puntarono
tutto sulla deputata Greta Gysin che ottenne un brillante risultato, ma non sufficiente. Perse lei e perse la sinistra che
si trovò con un seggio di meno. Il Ps diede la colpa “all’azzardata strategia elettorale” del coordinatore dei Verdi Sergio Savoia. Ma in verità Gysin non ce
l’avrebbe fatta comunque. Con la congiunzione sarebbe entrato il secondo
candidato del Ps, Raoul Ghisletta.
c.m.
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IL CAFFÈ
8 giugno 2014
13
economia
Il turismo
I
NUMERI
LORETTA
NAPOLEONI
Ti-Press
Bloccare
la deflazione
per evitare
una paralisi
I cinesi bussano in vista di Expo
Sale la richiesta di hotel a Lugano ma il referendum frena le offerte
GIORGIO CARRION
L’indiscrezione proviene da
ambienti di Expo 2015: delegazioni di aziende cinesi, dopo l’accordo di libero scambio che entra in vigore il primo luglio, starebbero “opzionando” camere
per i mesi della kermesse mondiale che si svolgerà a Milano dal
primo maggio 2015. E avrebbero
alberghi ticinesi, in particolare di
Lugano e dintorni, come base logistica. “Non ho notizie precise
circa prenotazioni nei nostri hotel – afferma Elia Frapolli, direttore di Ticino Turismo -, ma non
mi stupirei affatto se ciò avvenisse”. È facile ipotizzare che la delegazione cinese, oltre ai normali
turisti, sarà molto numerosa. La
Repubblica popolare ha deciso
di realizzare nell’area di Rho-Pero ben tre padiglioni (unico Paese a fare tanto), con un investimento di oltre 60 milioni di franchi.
“Non nego che c’è una forte
aspettativa. Siamo molto interessati alla clientela cinese, ed è noto che Lugano, in particolare,
coltiva da anni relazioni con quel
Paese, i suoi organismi economici e culturali”, nota Lorenzo Pianezzi, presidente di Hotelleriesuisse Ticino (vedi intervista in
basso). Ma dati precisi su riservazioni di camere, per ora, non
se ne conoscono. Anche perché
nessuno vuole scoprire le carte
(leggi tariffe) prima del tempo.
“La partecipazione cinese avrà
un grande significato”, dice Wang
Jinzhen, vicepresidente del China Council for the promotion of
international trade (Ccpit), responsabile della presenza cinese
all’evento. Il tema scelto dalla Cina è “Terra di speranza, cibo per
la vita” e incarna l’atteggiamento
di gratitudine e cooperazione
che l’uomo deve avere con la Terra che lo nutre: “Agricoltura, ali-
zhen. I tre padiglioni occuperanno una superficie di 4.590 metri
quadri. Uno sarà istituzionale,
cioè realizzato direttamente da
“Un grande operatore
interessato a 100 posti”
ELIA
FRAPOLLI
Direttore
di Ticino
Turismo
Gli affari
IL COMMERCIO
ESPORTAZIONI
La Svizzera nel luglio
scorso ha firmato un
accordo con la Cina.
Un documento di
1152 pagine che non
riguarda soltanto
l’export effettivo, ma
riporta nel dettaglio
tutte le merci
potenzialmente
commerciabili.
Gli scambi
commerciali tra
Svizzera e Cina
hanno cifre
importanti: 18 miliardi
nel 2012, in crescita
del 20% rispetto al
2011. Le
esportazioni svizzere
hanno superato gli 8
miliardi.
La novità
Pechino a Milano
avrà tre padiglioni
che occuperanno
una superficie di
4.590 metri quadri
Pechino; il secondo sarà della
Vanke, una delle più grandi imprese immobiliari del Paese dei
mandarini; il terzo sarà invece
opera di un consorzio di imprese
cinesi. Il personale impegnato
nella gestione di questi padiglioni è stimato in circa 200-250 persone, che dovranno essere ospitate per mesi. Tra Milano e la Cina, poi, c’è un rapporto di fortissimo interesse, basti dire che la
comunità cinese nel capoluogo
lombardo conta 24mila residenti
e 3mila imprese individuali, che
a loro volta attireranno altri turisti. “Siamo consapevoli che il Ti-
L’intervista L’attesa del presidente di Hotelleriesuisse
I rapporti
L’accordo
mentazione, ambiente, sviluppo
sostenibile sono i punto focali
della partecipazione della Cina a
Expo 2015”, sottolinea Wang Jin-
“C’è un grande operatore turistico italiano che chiede camere per
Expo 2015”. La notizia è di quelle che mettono a rumore il settore dell’ospitalità ticinese. A darla è Lorenzo Pianezzi, presidente di Hotelleriesuisse Ticino.
Le risulta che ci sia un interesse sul Ticino per gli ospiti di Expo 2015?
“Da notizie che mi sono giunte - quindi non confermate al 100% - c’è
un grande tour operator italiano che ha chiesto offerte destinate a quattro persone per camera o appartamento”.
Di quali nazionalità?
“Si presuppone siano potenziali clienti provenienti dalla Cina. Si
ipotizza un centinaio di pernottamenti al giorno generati da aprile ad ottobre 2015. Ci tengo comunque a sottolineare il fatto che si tratta di supposizioni”.
…suffragate da analisi che i tour operator italiani già fanno da tempo. Cosa può rappresentare Expo 2015 per il turismo ticinese?
“Expo 2015 sarà sicuramente un protagonista importante dei pernottamenti dell’anno prossimo. Il nostro cantone si distingue per sicurezza e ambiente mediterraneo. Da parte nostra siamo pronti ad accogliere gli ospiti che desiderano visitare Expo 2015. Siamo già all’opera
per garantire un facile accesso all’esposizione universale di Milano. In
occasione dell’ultimo Salone del mobile di Milano, la nostra categoria,
in collaborazione con l’Ente turistico del Luganese, ha organizzato un
trasporto con due pullman il mattino e due pullman per il rientro in Ticino la sera”.
LORENZO
PIANEZZI
Presidente di
Hotelleriesuisse
Ticino
cino può rappresentare una piattaforma molto favorevole per
partecipare ad Expo. In questi
giorni abbiamo perfezionato alcuni pacchetti turistici che prevedono trasporti alla manifestazione, ticket d’ingresso e pernottamento”, spiega Frapolli. L’offerta è rivolta agli stranieri ma anche agli svizzeri, che potranno
approfittare di una doppia possibilità: soggiornare e visitare il Ticino e recarsi ad Expo. Ma finchè
non sarà sciolto il nodo del referendum contro il finanziamento
per la presenza del cantone all’Expo, i contenuti dei pacchetti
turistici non saranno resi noti.
“L’evento in se stesso dovrebbe generare effetti positivi sul settore turistico e sui settori collegati
- ha scritto l’economista Valentina
Mini nello studio Expo 2015: opportunità e scenari futuri per il Ticino e la Svizzera, realizzato con
Davide Arioldi e Rico Maggi dell’Ire -. È importante notare che il
successo e i maggiori effetti economici e sociali di un’esposizione
universale non sono riferibili direttamente all’evento, ma risiedono nella capacità di attivazione di
processi di miglioramento strutturale delle condizioni quadro del
territorio”.
[email protected]
Vantaggi
Alimenti
MENO DAZI
IL CIOCCOLATO
Quasi il 95% delle
esportazioni svizzere
dirette in Cina con il
nuovo accordo
beneficerà di una
notevole diminuzione
dei dazi doganali. Per
fare un esempio: il
99% per il tessile
(1,3% esportazioni
elvetiche).
L’accordo entrerà in
vigore il primo luglio
di quest’anno e
riguarda anche
l’alimentare. La
Svizzera ha
esportato in Cina
prodotti agricoli per
un valore di 52 milioni
di franchi, 6 milioni
solo di cioccolato.
La “start up” che va a caccia di sentenze
Un motore di ricerca ticinese per setacciare la giurisprudenza
In futuro verrà “motorizzato” per cercare documenti giuridici in 27 lingue diverse. Per ora va a caccia
nella giurisprudenza svizzera. “Cerca fra le sentenze
emanate da qualsiasi tribunale della Confederazione
nelle tre lingue nazionali”, spiega Domenico Basile,
consulente aziendale e specialista in risorse umane,
uno dei tre ideatori (gli altri sono l’esperto in informatica e projet manager Valerio Musso e l’avvocato Costantino Delogu) di NrGlex, un motore di ricerca specializzato in ambito legale, nato da una start-up.
L’idea è di fornire ad avvocati, notai, giuristi, studenti
di giurisprudenza e magistrati, unostrumento agile e
completo, accessibile a tutti. “NrGlex può essere utile
anche ai Comuni, a società fiduciarie, banche e aziende. Ogni giorno inseriamo sentenze firmate dai giudici
dei diversi tribunali e il sistema - spiega Basile - viene
testato da avvocati in tedesco, francese e italiano”. Per
ora la ricerca parte dal 1990 ma l’archivio è destinato a
crescere ancora.
La nuova start-up è tutta ticinese, con sede centrale a Breganzona, e ha anche altri due uffici, a Zurigo e
Ginevra. Ma guarda già oltre i confini nazionali. Re-
LA RICERCA
Il motore
di ricerca
messo
a punto
dal gruppo
di lavoro
di NrGlex
a Breganzona
centemente i suoi ideatori sono stati chiamati ad intervenire in un simposio a Roma, dove hanno suscitato molto interesse raccontando come è stato sviluppato il progetto. Hanno spiegato su quali aiuti economici la loro start-up ha potuto contare Ticino e i prossimi
obiettivi. “Il piano futuro è di allargare i confini della
nostra attività - precisa Basile - per arrivare a com-
prendere 27 lingue diverse arrivando ad altri Paesi. Le
prossime tappe saranno l’Italia (con sentenze anche
della Corte costituzionale e provvedimenti del servizio antimafia) e in Inghilterra”.
NrGlex lavora come motore semantico. Quando si
effettua una ricerca e si inserisce la frase o le parole
da cercare il software non va soltanto alla ricerca di
quei termini. Ma cerca di capire il senso della frase e,
dunque, punta ad escludere in partenza ciò che non
interessa. In pratica con la ricerca semantica viene
analizzato il testo di migliaia di sentenze estraendo
quelle più pertinenti alla ricerca impostata. In questo
modo si evita di dover digitare più combinazioni di
parole nelle mascherine di motori di ricerca prima di
arrivare al documento che realmente si cerca.
Insomma, la giurisprudenza elvetica passata al setaccio con un sistema intuitivo e facile da usare, anche perché una volta che sulla pagina web compaiono i risultati c’è un’ ulteriore possibilità di filtrarli, selezionando sentenze sul piano cantonale, federale e
ad altri livelli.
m.sp.
La grande depressione
degli anni Trenta e l’iperinflazione della Repubblica
di Weimar sono stati i due
fenomeni economici più
tragici del secolo scorso,
tanto che ancora oggi nell’immaginario collettivo
europeo speculazione ed
inflazione rappresentano i
grandi nemici dell’economia. Ma da qualche anno si
profila all’orizzonte europeo un nuovo pericolo: la
deflazione.
Cipro, Slovacchia, Portogallo e Grecia ne sono già
vittime. Ma è in Grecia che
l’erosione economica della
deflazione ha iniziato a
bloccare il funzionamento
dell’economia, innestando
una spirale di aspettative
negative sui prezzi. La deflazione è il rovescio della
medaglia dell’inflazione, in
entrambi i casi l’economia
stalla perché i prezzi si
muovono verso il basso o
verso l’alto troppo velocemente.
Questa settimana i dati
relativi al tasso d’inflazione
dell’eurozona hanno confermato la tendenza di prezzi e costi al ribasso: 0,5
a maggio contro
lo 0,7 in aprile.
Perfino in Germania (0,9 a
maggio) l’inflazione è in
discesa. Secondo la
Banca centrale europea il
tasso ottimale dovrebbe essere vicino al 2 per cento,
ma per quanto piccolo
questo valore possa apparire, e nonostante gli sforzi
della Bce che ha tagliato i
tassi d’interesse all’osso e
pompato moneta nel sistema attraverso le banche, da
almeno quattro anni Eurolandia non riesce a raggiungerlo.
Se la spirale deflazionista non viene bloccata al
più presto i tassi potrebbero scendere sotto lo zero,
come in Grecia, e se ciò avvenisse gran parte dell’Europa finirebbe vittima degli
stessi meccanismi economici che dal 2010 stanno
impoverendo la Grecia.
La deflazione contrae
l’economia e fa aumentare
il valore del debito da pagare, ed infatti in Grecia,
dove l’economia si è contratta in quattro anni del 25
per cento, il rapporto Pil
debito è salito da 130 al 175
per cento.
La riduzione dei salari –
quello medio greco è passato da 17 euro nel 2010 a
13,60 euro l’ora quest’anno
– non comporta maggiore
competitività all’estero per
le imprese, perché per pagare il debito in un’economia sempre più piccola lo
Stato è costretto ad aumentare le tasse. I benefici della
deflazione, dunque, sono
più che neutralizzati dall’aumento della pressione
fiscale.
Unica differenza con
l’inflazione è la velocità
con la quale l’economia si
paralizza, alla deflazione si
accompagna un’agonia più
lenta, ma i risultati sono
molto simili.
Un argento agli Europei
per la biker Jolanda Neff
Guintoli veloce a Sepang
con Sykes ad inseguire
Agli Europei di Mountain bike in corso
a St. Wendel, l’elvetica Jolanda Neff
ha colto un’ottima medaglia d’argento.
Buona anche la prova d’insieme delle
rossocrociate, con Linda Indergand
quinta e Andrea Waldis decima.
Il francese dell’Aprilia Sylvain Guintoli
ha staccato la superpole per il Gp di
Superbike a Sepang in Malesia. Su un
asfalto che ha toccato i 66 gradi, ad
inseguirlo nelle due manche scatta
Tom Sykes su Kawasaki.
losport
IN
TELE
VISIONE
domenica 8 giugno
15.00 LA2
tennis: Roland Garros.Finale m.
giovedì 12 giugno
21.30 LA2
Calcio: Brasile-Croazia
Una caduta a 55 all’ora
per Fabian Cancellara
Rinnovo con l’Aarau
per Gygax e Senger
Un sorteggio “inedito”
per Federer ad Halle
domenica 8 giug
19.50 LA2
F1: Gp del Canada
venerdì 13 giugno
20.40 LA2
Calcio: Spagna-Olanda
giovedì 12 giugno
20.15 LA2
Calcio: Apertura Mondiali
sabato 14 giugno
20.40 LA2
Calcio: Uruguay-Costa Rica
Fabian Cancellara è stato protagonista
di una caduta mentre si stava allenando per la cronometro. “Spartacus” ha
comunque detto di aver “perso” molta
pelle, ma che le conseguenze avrebbero anche potuto essere più gravi.
Daniel Gygax e Dante Senger hanno
rinnovato il loro contratto con l’Aarau
fino al termine della prossima stagione.
L’ex nazionale elvetico ha finora disputato 15 partite, mentre il bomber argentino ha segnato 10 gol in 56 gare.
A Roger Federer al torneo sull’erba di Halle il sorteggio ha riservato un avversario
inedito. Il renano affronterà agli ottavi di finale o il tedesco Jan-Lennard Struff (Atp
62) oppure il portoghese Joao Sousa, due
rivali con cui non ha precedenti.
Domenica
8 giugno 2014
L’automobilismo
Wolfgang Ullrich
“Il team vincente
lavora assieme...
come in famiglia”
In Canada Nico Rosberg
controlla Lewis Hamilton
IL RITIRO
La Svizzera ha
scelto per il ritiro
il “La Torre Resort”
di Porto Seguro,
località nello stato
di Bahia affacciata
sull’Oceano
Atlantico
A PAGINA 46
Ti-Press
Il calcio
FUORI
CAMPO
Reuters
15
Nelle qualifiche a Montréal le Mercedes dominano
PIERLUIGI
TAMI
MASSIMO MORO
Un Mondiale
con un gioco
esuberante
ed offensivo
MASSIMO SCHIRA
Ci siamo. Il conto alla rovescia
può entrare nella sua fase conclusiva. Nella giornata di ieri, sabato,
la nazionale svizzera è atterrata
Porto Seguro dopo aver fatto scalo
a San Paolo ed è quindi iniziata
l’avventura ai Mondiali brasiliani.
Un’avventura che parte in riva
all’Oceano Atlantico, con la fase
d’avvicinamento al match d’apertura di domenica prossima a Brasilia contro l’Ecuador che si svolge
nel ritiro al “La Torre Resort”, elegante ma non sfarzosa struttura
nello stato di Bahia.
Sotto il profilo tecnico-tattico,
nel ritiro brasiliano per la Svizzera
si tratta in primo luogo di ritrovare
brillantezza atletica dopo la fase
di preparazione. E non a caso già
nella serata di ieri la nazionale è
scesa in campo per un allenamento. Nelle amichevoli contro
Giamaica e Perù, infatti, la squadra ha dimostrato di avere buon
“fondo”, ma evidentemente è l’ultima settimana prima del debutto
quella in cui si affina la condizione
fisica. Un aspetto particolarmente
importante già in entrata, perché
tra le caratteristiche dell’Ecuador
c’è certamente un’ottima attitudine alla corsa. Lo si è potuto osservare anche nel 2-2 imposto dai sudamericani all’Inghilterra di Roy
Hogdson.
Oltre ad una forma adeguata
ad un torneo dalle partite ravvicinate come un Mondiale, però, i
rossocrociati di Ottmar Hitzfeld
hanno da lavorare anche sulle opzioni offensive, perché la squadra
ha spesso faticato più del dovuto a
Tutti
in
Brasile
trovare la via del gol. L’aver scovato in Drmic il centravanti che
mancava non ha risolto tutti i problemi, perché la punta va servita
adeguatamente e in questo senso
l’uomo dal passaggio decisivo è
Le partite
1
2
3
4
BRASILE-CROAZIA
Giovedì alle 22 si apre
ufficialmente il Mondiale con il
calcio d’inizio della gara
inaugurale, che vede opposti
padroni di casa e croati.
SPAGNA-OLANDA
La riedizione della finale del
Mondiale 2010 in Sudafrica
apre il girone B. Con i
campioni in carica che sfidano
subito gli olandesi.
INGHILTERRA-ITALIA
Mezzanotte a Manaus, in piena
Amazzonia. Sabato notte si
apre con una supersfida tra
azzurri e inglesi il girone D del
Mondiale.
SVIZZERA-ECUADOR
Si apre domenica a Brasilia
l’avventura dei rossocrociati ai
Mondiali e l’avversaria è di
quelle da prendere con le
pinze. Inizio alle 18.
sovente venuto a mancare. Se
Hitzfeld, come sembra, non vorrà
rinunciare a Xhaka in versione
numero 10, bisognerà trovare altre soluzioni per far arrivare palloni giocabili alle punte. Ad esem-
pio rafforzando il gioco sulle fasce, dove la Svizzera può vantare
con Lichtsteiner e Rodriguez una
coppia di laterali di livello internazionale. In questo senso, lo staff ha
previsto nel programma settima-
Sugli spalti
MASSIMO SCHIRA
VENTIQUATTRO ORE DI SPETTACOLO
“C
reare un team come una famiglia, in cui i più forti capiscono i problemi dei più deboli, in modo da non amplificare le
difficoltà ed avere successo grazie ad una catena senza
anelli deboli”. È la ricetta che il dottor Wolfgang Ullrich, a capo della
squadra corse di Audi nel Mondiale Endurance, confida questa settimana al Caffè in una lunga intervista (a pagina 46), quando manca
appena una settimana a quello che è tornato ad essere il più grande
spettacolo nella stagione dell’automobilismo: la 24 ore di LeMans.
Una sfida al limite dell’incredibile, che vede inanellarsi, di fatto, la
lunghezza di 16 Gran Premi di Formula1 senza soluzione di continuità. E il paragone non è azzardato, perché, oggi, a correre sul leggendario circuito della Sarthe sono bolidi che raggiungono potenze di 1.000
cavalli con motori ibridi e sfrecciano sul lungo rettifilo delle Hnaudières a 340 all’ora. Il tutto con l’obbligo regolamentare di consumare il
30% in meno rispetto allo scorso anno. Ma la 24 ore, oltre che essere
una sfida tecnica ed automobilistica, è anche una sfida tra uomini.
Soprattutto nelle classi meno in vista rispetto alla “Lmp1 ibrida”, dove
va in scena una vera e propria gara d’altri tempi. Dove, a volte, a fare
la differenza può essere anche la qualità del nastro adesivo che spesso mantiene “in vita” le carrozzerie provate dai tanti chilometri…
La Svizzera
accolta
a Porto Seguro.
Inizia così
l’avventura
ai Mondiali
Keystone
È vero. Le statistiche sono fatte per essere smentite. Fatto sta
che i Mondiali giocati in Sudamerica non sono mai stati vinti da
un’europea. E, viceversa, mai una
sudamericana ha vinto una Coppa del Mondo sul vecchio continente. Le condizioni in cui un torneo del genere va in scena, dentro
e fuori dal campo, contano. E devono essere tenute in considerazione quando si riflette su cosa ci
si aspetta dalla competizione.
Una cosa però accomuna queste
grandi manifestazioni indipendentemente dal luogo in cui si disputa: dal punto di vista energetico e mentale, un Mondiale richiede grande preparazione. E grande
esperienza da parte dei suoi interpreti principali.
Detto ciò, ogni grande competizione porta sempre nuovi
spunti di analisi e nuove
situazioni da osservare. Il fatto
che la fase di
preparazione
non ha dato
chiare indicazioni è del tutto normale e comprensibile. Soprattutto perché ciò dipende da variabili
come lo stato atletico dei giocatori, che spesso hanno appena terminato stagioni lunghe ed impegnative. Non sono insomma al
100%. E questo, evidentemente,
disturba l’avvicinamento al Mondiale e determina in parte le scelte delle varie rappresentative.
Le aspettative saranno invece
ben diverse a partire dalla prossima settimana. Quando si inizierà
a fare sul serio. E, dal punto di vista tecnico, mi aspetto un grande
Mondiale, giocato in modo spettacolare nella patria stessa del calcio. Tutte le 32 partecipanti, anche se con sfumature diverse, sono attrezzate per giocare in modo
offensivo ed esuberante, che sono
poi le caratteristiche che il calcio
moderno impone per ottenere dei
risultati importanti.
Ovviamente queste osservazioni portano a trarre alcune conclusioni sotto il profilo delle previsioni di quanto succederà sui
campi brasiliani. Analizzando le
favorite attraverso un filtro esclusivamente razionale, appare chiaro il ruolo preponderante del Brasile che, oltre a giocare in casa, è
la squadra più forte e più completa. Alla Confederations Cup dello
scorso anno, i brasiliani hanno dimostrato di essere una squadra
vera. Per di più composta da individualità di primissimo ordine.
Tutte però al servizio del collettivo. Due fattori che, quando coincidono, portano a tracciare l’identikit della candidata numero uno
al titolo. Ma il Mondiale è lungo e
le situazioni in cui è l’emotività a
giocare il ruolo di protagonista sono al solito molte. Il film di ogni
partita può nascondere colpi di
scena che sorprendono anche gli
elementi più esperti.
nale anche un’amichevole interna, con metà squadra chiamata a
recitare il ruolo (anche tattico)
dell’Ecuador.
Ma, siccome il calcio non vive
di solo Mondiale, dall’Inghilterra
rimbalza intanto anche una notizia di mercato, secondo cui il Liverpool avrebbe pronti 25 milioni
per assicurarsi i servizi di Xherdan
Shaqiri, che potrebbe dunque lasciare il Bayern di Monaco.
Le amichevoli
Parallelamente all’arrivo delle
varie delegazioni in Brasile, prosegue anche il programma di amichevoli di avvicinamento all’inizio del torneo iridato. E dopo il largo, ma sudato, successo della Germania per 6-1 sull’Armenia - in
cui i tedeschi hanno perso Reus,
sostituito da Mustafi -, quello per
1-0 del Brasile sulla Serbia e il 2-0
della Russia sul Marocco (costato
alla squadra di Capello la rinuncia
a capitan Shirokov), partite giocate venerdì, nella notte sono andate in scena altre gare. La Colombia, che sarà priva ai Mondiali della stella Radamel Falcao, ha avuto
la meglio con un secco 3-0 della
Giordania, la Croazia - che aprirà
il torneo con la sfida al Brasile di
giovedì alle 22 - ha invece battuto
l’Australia per 1-0. Interessante
successo al 93’ grazie a Bruno Alves per il Portogallo, che ha avuto
la meglio sul Messico su cui hanno pesato i dubbi sulle condizioni
di Cristiano Ronaldo. Vittorie anche per Giappone (4-3 sullo Zambia) e Grecia (2-1 alla Bolivia). Pareggio 1-1, infine, tra Costa Rica e
Irlanda.
[email protected]
Q@MassimoSchira
In Canada Lewis Hamilton arriva per tentare il sorpasso nella
classifica del Mondiale sul compagno di scuderia Nico Rosberg.
Ma il tedesco della Mercedes, ieri,
sabato, ha comunque conquistato la pole position, che gli permette così di mettere una seria ipoteca per quanto riguarda la vittoria
nel Gran Premio del Canada. Un
successo che gli permetterebbe
così di allungare in testa al Mondiale, visto che già può vantare un
vantaggio di quattro punti sul rivale.
“Come nelle altre gare saremo noi due a giocarci la vittoria ha commentato Hamilton -. Qui
siamo molto forti sui rettilinei, e
lunghi rettilinei come questi di
Montréal si adattano molto bene
alle caratteristiche della nostra
monoposto. Abbiamo una grande erogazione di potenza da parte
della nostra Power Unit Mercedes. Renault e Ferrari dovranno
fare un lavoro eccezionale per
raggiungere i nostri ritmi”.
L’inglese ha conquistato la seconda piazza sullo schieramenti
di partenza. Un risultato che gli
permette così di marcare stretto
Rosberg e cercare di metterlo sotto pressione durante tutta la gara,
sfruttando ogni minimo errore,
sempre in agguato sul tracciato
canadese. Alle spalle del duo
Mercedes si sono piazzati la Red
Bull di Sebastian Vettel e la Williams motorizzata Mercedes del
finlandese Valtteri Bottas. Le Ferrari, dopo le brillanti prime prove
libere si sono dovute accontentare della settima posizione di Fernando Alonso e la decima di Raikkonen.
Continua il momento nero
per la Sauber che anche nelle
qualifiche in Canada non ha certamente brillato, finendo nelle re-
trovie sulla griglia di partenza.
“Stiamo facendo una figuraccia
con tutto il mondo, con i tifosi, le
aziende che sono in Formula 1 o
che vorrebbero entrare - ha sentenziato la team manager della
scuderia elvetica, Monisha Kal-
tenborn -. Anche il mondo del
calcio, che muove più soldi di noi,
molto probabilmente ha trovato
una soluzione e ci sono le prime
squadre a cui sono state inflitte
sanzioni. Servono insomma regole che puntino a ridurre i costi e
introdurre con limiti sui budget
disponibili”. Intanto, gli organizzatori del Gran Premio del Canada hanno confermato di aver trovato un accordo con la Formula 1
per continuare a disputare la corsa fino al 2024. [email protected]
IlGtOpen
Per Camathias
un quinto posto
a Portimão
NICO ROSBERG IL PIÙ RAPIDO
Sul tracciato canadese il tedesco
della Mercedes cerca di difendersi
con la pole dall’attacco di Lewis
Hamilton alla testa del Mondiale
Reuters
Dopo l’inatteso e per certi
versi clamoroso abbandono del
campionato International GtOpen
da parte del team Black Bull Swiss
Racing, Joël Camathias ha dovuto
correre ai ripari per proseguire la
stagione, trovando un accordo
con Autorlando Sport sulla Porsche 997 Gt3 della classe Gts.
Impegnato ieri, sabato, in gara-1
della tappa portoghese a Portimão
in compagnia di Matteo Beretta, il
ticinese ha conquistato il quinto
posto di classe e il decimo assoluto. Un risultato tutto sommato positivo, soprattutto considerando
che Camathias è risalito su una
vettura che, comunque, conosce,
soltanto nella giornata di venerdì.
Quest’oggi, sempre a Portimão,
gara-2, quarta prova del GtOpen
2014.
Il tennis
In una finale contrassegnata da break e controbreak
la siberiana ha la meglio sulla rumena Simona Halep
Maria Sharapova
torna sul trono
del Roland Garros
Maria Sharapova torna sul
trono del Roland Garros. Nella
vera e propria battaglia che si è
disputata ieri, sabato, la siberiana ha superato la rumena
Simona Halep per 6-4, 6-7, 6-4
in tre ore e due minuti di gioco.
Un primo set contrassegnato dai break, con la russa che
ha aperto le danze concedendo il proprio servizio all’inizio
del match. Un’entrata in materia che non ha però scomposto
più di tanto la siberiana, che,
nel quarto gioco, è riuscita a
strappare la battuta alla Halep
portandosi in parità sul 2-2. Un
game che ha permesso così alla Sharapova di ritrovare il proprio gioco, mettendo alle stret-
Reuters
te la rumena che, nel sesto gioco, ha dovuto concedere nuovamente il servizio, lasciando
scappare la russa sul 4-2. La
rumena non si è però persa
d’animo ed è riuscita a sua volta a trovare il controbreak nel
nono game, riportandosi sotto
sul 5-4. A questo punto è stata
l’esperienza di Sharapova a fare la differenza, visto che ha
sfruttato al meglio lo spiraglio
concesso da Halep per far sua
la prima frazione di gioco per
6-4.
Sulle ali dell’entusiasmo
per aver conquistato il primo
set, la siberiana ha continuato
a mettere sotto pressione la rumena, costretta a concedere in
entrata il servizio. La Sharapo-
va, confermata la propria battuta, non è però riuscita a chiudere definitivamente il match,
ma ha permesso alla Halep di
rientrare sul 2-2. Una battaglia
che si è fatta molto dura contrassegnata da un’infinità di
break. Tutto si è deciso nel tiebreak con la Halep che lo ha
fatto suo per 7-5.
Persa la seconda frazione
Sharapova non ha accusato il
colpo e, come successo nei
quarti e in semifinale, ha dato
fondo alle sue ultime energie,
portandosi in vantaggio per
poi farsi recuperare dalla Halep sul 4-4. Tensione alle stelle
con le due che non si sono risparmiate con la siberiana che
lo ha fatto suo per 6-4. m.m.
La tendenza
La musica
Il sesso
LA DOGGY BAG
COMBATTE
LO SPRECO
CON JAMES BLUNT
L’ISPIRAZIONE
NASCE OVUNQUE
COME È DIFFICILE
SPIEGARE L’AMORE
AI RAGAZZI DISABILI
A PAGINA 21
A PAGINA 28
ROSSI A PAGINA 30
traparentesi
ilcaffè
Animali
8 giugno 2014
Anche Fido
gradisce
lo Shiatsu
PASSIONI | BENESSERE | SPORT
PAUSA CAFFÈ
BOLTRI A PAGINA 20
Ora che non
è più considerato
un obbligo,
cucinare
è diventato
un piacere.
Anzi, di più.
Spadellare
è un’autentica
terapia
contro lo stress.
E un ottimo
antidepressivo
S
EZIO ROCCHI BALBI
Se ti metti
ai fornelli stai serena
Per cominciare
PATRIZIA GUENZI
LITIGARE ACCORCIA LA VITA
A
rrivati alla soglia della mezza età è meglio lasciar cadere l’ascia
di guerra. C’è tutto da guadagnarci. Soprattutto, non si corre il
rischio di lasciarci le penne. Secondo uno studio danese, litigare
e discutere di frequente con partner, parenti e amici può addirittura
triplicare il rischio di morire per una causa qualunque. Le donne, ancora una volta, sono meno meno esposte al pericolo rispetto agli uomini; i più colpiti quelli disoccupati. Si sa, il genere femminile ha insita nel dna la voglia di replicare, di discutere più e più volte la stessa cosa, di fare le “pesafumo”. Forse per questo madre natura le ha messe
un po’ al riparo, altrimenti non avrebbero certo mai raggiunto il primato della longevità.
Gli autori della ricerca hanno interrogato circa 10mila uomini e donne, tra 36 e 52 anni, sulla qualità delle loro relazioni sociali quotidiane
e li ha monitorati dal 2000 al 2011, utilizzando i dati del Registro danese delle cause di decesso. È emerso che frequenti conflitti o preoccupazioni causati da partner e figli sono associati ad un aumento del 50100% del rischio di morte per tutte le cause. È lo stress di coppia a “minare” il maschio (più sensibile alle pressioni), oltre all’incapacità di
gestire i conflitti in generale. Gli studiosi suggeriscono di mai discutere
a stomato vuoto, perché la fame rende aggressivi. Ricordatelo.
tai sereno. Uno slogan, più che
un invito, decisamente diffuso
di questi frenetici tempi in cui lo
stress sembra avere il sopravvento su tutto e tutti. Mettersi ai
fornelli, invece, è la risposta
ideale per chi ha scoperto che il
miglior antidepressivo naturale
è nascosto in cucina, tra mestoli
e tegami.
segue a pagina 18
D
ELISABETTA MORO
LA FINESTRA
SUL CORTILE
Storie
di quotidianità
familiare
LA NIPOTE DAL “CONNETICUT”
A PAGINA 48
a angelo del focolare a strega. E
ritorno. Il rapporto con la cucina
è il vero display della condizione
femminile e delle sue mutazioni.
In principio era la donna-ape,
come definivano i greci la perfetta donna di casa. Industriosa e
giudiziosa. Operosa e parsimoniosa. Accudente e previdente. E
soprattutto obbediente. Perché
al tempo che Berta filava ed Eva
spignattava c’era poco da scegliere.
segue a pagina 19
IL CAFFÈ
8 giugno 2014
19
tra
parentesi
Il benessere
L’evoluzione
Il vero display della condizione femminile resta sempre l’“angelo del focolare”
Quando Agatha Christie
abbandonata dal marito
si mise a friggere uova
Stai sereno
e mettiti
ai
ELISABETTA MORO, antropologa
D
fornelli
I testimonial
L’antidepressivo più naturale
è quello nascosto in cucina
a angelo del focolare a
strega. E ritorno. Il rapporto con la cucina è il
vero display della condizione
femminile e delle sue mutazioni. In principio era la “donnaape”, come chiamavano i greci
la perfetta donna di casa. Industriosa e giudiziosa. Operosa e
parsimoniosa. Accudente e
previdente. E soprattutto obbediente. Perché al tempo che
Berta filava ed Eva spignattava
c’era poco da scegliere. Il secondo sesso aveva il duro compito di cucinare. I fornelli insomma erano un destino, una
funzione naturale direttamente legata alla maternità. Erano
la continuazione dell’allattamento con altri mezzi. Per tenere contenti consorte e marito e, nelle famiglie patriarcali,
cui veniva socialmente destinato, cioè nutrizione e procreazione. Come dire che se la società maschilista voleva chiudere la bocca alle donne, queste non la aprivano più, nemmeno per mangiare.
Poi è arrivato il femminismo che ha ribaltato lo stereotipo degli angeli del focolare in
quello delle streghe. Per di più
senza paiolo. Con il risultato di
desertificare la cucina. Complice l’industria alimentare che
aveva tutto l’interesse a cavalcare la protesta. Nel lontano
1927 la Horn&Hardart a New
York pubblicizzava i suoi piatti
pronti con slogan del tipo Less
work for mothers, meno compiti per le madri.
È l’inizio di una rivoluzione
che ha le sue eroine in pensa-
Bersaglio dei primi
movimenti delle
donne nell’800
fu proprio il ruolo
delle casalinghe
Dopo un divorzio,
un licenziamento,
sono sempre di più
quelle che cercano
altre consolazioni
anche padri e cognati.
Insomma, una marea di
bocche da sfamare e per di più
senza gloria. Magari senza
nemmeno potersi sedere a tavola, come succedeva alle nostre bisnonne, soprattutto nel
mondo contadino. “La mamma
è un albero verde che tanti frutti dà. Quanti più gliene chiedi
tanti più te ne darà”, recitava un
adagio che ha condizionato generazioni su generazioni. Assieme alla regola aurea del matrimonio, secondo cui il marito
va preso per la gola. E non per
strangolarlo, of course.
Le sacre scritture del sacrificio quotidiano erano libri come “Il talismano della felicità”,
una summa culinaria per giovani spose. Immolate come
tante Ifigenie sull’altare delle
virtù muliebri.
Non a caso i primi movimenti femminili nell’Ottocento
hanno come bersaglio proprio
il focolare domestico. Un celebre esempio è quello delle cosiddette fasting girls, le ragazze
inappetenti che nell’Inghilterra vittoriana trasformarono il
digiuno in un gesto di contestazione dell’ordine patriarcale. Una ribellione alimentare
che svuotava il loro corpo per
renderlo inadatto alle funzioni
trici come Simone de Beauvoir,
Betty Friedan e ancor prima in
Virginia Woolf. Che quando
scrive “Una stanza tutta per sé”,
non pensa di certo alla cucina.
Oggi invece, per un singolare testacoda della storia, molte
donne si rimettono ai fornelli.
Non per amore ma per dolore.
Non per passione ma per delusione. A volte per depressione.
Dopo un divorzio, un licenziamento, un tradimento, un abbandono sono sempre di più
quelle che cercano una sorta di
consolazione in cucina. All’ombra di una domesticità rassicurante. E curano il loro male, spesso vissuto come un fallimento, trasformando torte e
soufflé in occasioni di rivincita.
Per ristabilire un equilibrio con
la sorte, uscendo vittoriose dalla prova del cuoco.
Successe anche ad Agatha
Christie che, abbandonata dal
marito per la dattilografa, si
rinchiuse in una cucina a friggere uova ininterrottamente
per dieci giorni. Una terapia
d’urto che colorò di giallo i suoi
racconti. E dalla quale la scrittrice uscì vittoriosa rimettendosi a scrivere alla grande. C’è
da augurarsi che la terapia dei
fornelli funzioni anche per le
nostre cuoche di ritorno.
PATRIZIA PESENTI
Cucino soprattutto per gli
ospiti, in un ambiente aperto
che mi permette di non
isolarmi, creando un amabile
senso di affiatamento
A
desso che non è più considerato un “obbligo”, cucinare è diventato un piacere. Anzi, di più, darsi da fare tra pentole e tegami è una vera e propria terapia contro lo stress e, soprattutto, il miglior antidepressivo naturale. La serenità si ritrova ai fornelli,
proprio lì - come ricorda l’antropologa Elisabetta Moro - dove le
donne l’avevano smarrita, costrette fin dagli albori dei tempi a confinare il loro piccolo regno personale. Abbinare ingredienti, affettare
alla julienne e mescolare intingoli è considerato terapeutico anche
dalla nutrizionista Barbara Naldi. Preparare il cibo influenza, e non
poco, la predisposizione d’animo e la percentuale d’autostima. E
anche cinema d’autore, romanzi e riviste scientifiche hanno ribadito questo concetto negli ultimi tempi. Soddisfazione, senso di appagamento, relax e momenti di benefica convivialità con partner o
amici, sono certificati anche dai “testimonial” del Caffè, da Patrizia
Pesenti a Giorgio Giudici, che lo slogan “stai sereno” l’hanno applicato comodamente nella cucina di casa loro.
EZIO ROCCHI BALBI
I libri
1
2
3
4
S
tai sereno. Uno slogan,
più che un invito, decisamente diffuso di questi frenetici tempi in cui
lo stress sembra avere il
sopravvento su tutto e tutti. Mettiti ai fornelli, invece, è la risposta ideale per chi ha scoperto
che il miglior antidepressivo naturale è nascosto in cucina, tra
LA CUCINA
mestoli e tegami. Adesso che,
CURATIVA
Curarsi mangiando per i più, la cucina non è più vissuta come un luogo “obbligatonon è un utopia
nel libro Phasar
rio”, per il mero soddisfacimento
di Alessandro
di un primario bisogno fisiologiMontedoro
co (mangiare), si scopre che pre(Phasar)
parare manicaretti influenza in
modo positivo anche lo stato
d’animo. Terapia d’urto ideale
dopo una crisi sentimentale,
una malattia, una situazione di
disagio.
L’atto del cucinare comporta
un’investimento di energie ed
emozioni, istilla senso di dedizione e forte generosità, e - in
poche parole - alimenta l’autoLA DIETA
stima, garantiscono gli esperti. E
MEDITERRANEA
non son poche le donne ad amMito e storia di
mettere di avere ricominciato,
uno stile di vita,
grazie ad un piatto ben guarnito,
visti
a credere in se stesse. Lo ha condall’antropologa
Elisabetta Moro
fessato, ad esempio, la più famoper il Mulino
sa “food writer” americana Laurie Colwin: “D’accordo, per quasi tutti uscire, andare in giro è
CUCINA CHE CURA
l’attività più antidepressiva La “bibbia” del
scrive nel suo best seller “Home
guarire a tavola
cooking” -. Per me, invece, è
i mali della
moderna società, starmene a ciondolare nella mia
cucina, magari provando una ridi Martin Halsey
e Robert Michel
cetta”. Una confessione che, a
posteriori, s’è concessa anche la
HOME COOKING
Di Laurie Colwin,
la prima scrittrice
in cucina a
riconoscere
gli effetti
antidepressivi
dei fornelli
regista Nora Ephron che, nel libro “Heartburn-Affari di cuore”,
trasformato in film da Mike Nichols, ha affidato alla preparazione di leccornie la reazione al
fallimento del suo matrimonio.
Una cucina antidepressiva come
metodo salutare, al punto che la
stessa Ephron passata dietro la
cinepresa, ha raddoppiato la le-
L’esperta
I
ndubbiamente terapeutico.
Stare ai fornelli, scegliere gli
ingredienti più adatti, il grado di cottura, gli abbinamenti, i
colori e disporre il tutto nel piatto può sicuramente essere un
toccasana per la
mente. Ma anche per il corpo,
per chi non ha
una grande dimestichezza
con
calorie,
grassi, carboidrati. “Insegnare l’abc di ogni
BARBARA
singolo alimenNALDI
to è fondamenNutrizionista
tale per una persona che ha problemi di peso conferma la dottoressa Barbara
Naldi, nutrizionista -. Non solo
Corbis
GIORGIO GIUDICI
Mi piace vedere la
trasformazione dei cibi,
mi rilassa. E i miei piatti, se
apprezzati, mi regalano
delle belle soddisfazioni
zione con due donne in crisi salvate dai fornelli: Julia Child e Julie Powell, protagoniste, tagliere
alla mano, di “Julie & Julia”.
Che indossare il grembiule e
spignattare influenzi positivamente è pure supportato da presupposti scientifici. Uno studio
della psicologa Kelly McGonigal,
docente alla Stanford Universi-
ty, recentemente pubblicato da
Psychology Today certifica che
tutti, in particolare le donne,
“sono più felici dopo essersi dedicati a preparare dei piatti”.
Ma l’effetto benefico non è
un appannaggio solo al femminile; dedicare a se stessi o ad altri
un po’ di tempo in cucina allontana stress, tensioni, noia, tri-
stezza. Inoltre, cucinare solo per
se stessi ci restituisce un po’ di
sano egoismo, realizzare dall’inizio alla fine una ricetta è anche gratificante. Basta scorrere
sul web i tanti blog dedicati alle
“ricette antidolore” e a come il
cucinare abbia effetto salvifico,
per scoprire quanto sia “curativo” programmare una ricetta,
“Scegliere il cibo, la cottura,
gli abbinamenti è terapeutico”
per chi deve dimagrire, ma anche per chi deve ingrassare, è
importante capire gli abbinamenti giusti, le scelte più adatte,
le cotture e i condimenti più sani, per riuscire a stare meglio”.
“Insegnare l’abc
di ogni singolo
alimento è ideale
per chi ha
problemi di peso”
Una scelta salutare non solo
fisica ma che aiuta pure il morale. Contro la depressione, infatti,
non solo farmaci, ma anche una
corretta alimentazione può sicuramente contribuire a stabilizzare il tono dell’umore. Via, quindi, ad alimenti a basso contenu-
to glicemico, così come ad alcuni nutrienti quali magnesio, triptofano, acido folico e altre vitamine del gruppo B. Utili, per alcune forme di depressione, gli
acidi grassi omega3, contenuti
nei pesci, come salmone, sgombro, merluzzo, sardine, pesce
spada e crostacei, nei cereali,
nelle noci, nelle mandorle, nei
kiwi e nei legumi. Invece, un’eccessiva quantità di zuccheri può
provocare sintomi simili a quelli
della depressione, come sonnolenza e apatia. Infine, non va dimenticato che un eccesso di
grassi saturi riduce le capacità di
concentrazione e la memoria.
Insomma, unire il piacere alla necessità di imparare a nutrirci in maniera più sana e adatta
alla nostra persona. Se il nostro
corpo sta bene, se ci sentiamo in
forma anche la mente funziona
meglio. Un piacere che chi soffre
di qualche disturbo del comportamento alimentare non conosce più. Va, quindi, aiutato a ri-
“Non perdere la
manualità, sentire
gli odori può già
essere un concreto
percorso di cura”
scoprirlo. “Un lavoro che facciamo, ad esempio, con i soggetti
anoressici - riprende la nutrizionista -. Alcuni di loro cucinano
volentieri per la famiglia, ma poi
non assaggiano nulla. Tuttavia, il
fatto di stare ai fornelli è comunque una sorta di benefico pallia-
SILVIA TORRICELLI
Il vero toccasana per me e
per la salute è sedermi a
tavola, ma servita e riverita
come una regina. Il tutto
preparato da altri
BRENNO CANEVASCINI
Pensare di partire da un
qualcosa di crudo e arrivare
a farlo diventare il godimento
del palato mio
e di altri mi manda in visibilio
tivo per mantenere il contatto
con il cibo, non perdere la manualità, sentire gli odori… ecco
già questo può rivelarsi un concreto aiuto in un percorso di cura”. Un gesto d’amore verso se
stessi, insiste Naldi, che però va
supportato da esperti. Ma a proposito di cucina va ricordato
che, secondo l’equipe della
Commonwealth Scientific and
Industrial Research Organization di Adelaide in Australia, è
sempre la dieta mediterranea la
migliore garanzia di buonumore
e allegria. La più indicata per ridurre il rischio di cadere in depressione. Le diete con bassissimo contenuto di carboidrati, a
lungo andare possono, infatti,
influire negativamente sull’umore.
p.g.
selezionare con cura gli ingredienti, manipolarli, dedicare attenzione a cotture e a sapori. E
come il metodo, così naturale
nel liberare la propria creatività,
sia pure un ottimo antidoto alla
solitudine. Cucinare, infatti, fa sì
che anche chi è da solo - abituato solitamente a servirsi in tavola
la prima pietanza che gli capita a
tiro- apprezzi i pregi del prendersi cura di sè. Insomma, a seguire un piccolo rituale per stare
bene prima di tutto con se stessi
e poi con gli altri. E l’effetto antistress potrebbe essere duplice se
il piacere ai fornelli è condiviso
con il partner.
Dato per scontato, infatti,
che cucinare i cibi è indispensabile per la sopravvivenza della
specie, farlo in coppia non è solo
un efficace antidepressivo (sempre ammesso che non si litighi
sull’uso o meno dell’aglio o dello
scalogno), stare insieme spignattando aumenta difatti la
complicità del rapporto. Senza
dimenticare che, dalla notte dei
tempi, il cibo è un’alleato in più
per sedurre il partner.
La “cucina-terapia” risulta
un autentico toccasana per chi,
oltre alla vita frenetica che ci fa
ritrovare tutti sempre sotto
stress, soffre di intolleranze alimentari. Sperimentare, prestando attenzione ai profumi e alle
sensazioni, alle ricette compatibili con i propri bisogni alimentari, serve pure a capire che il cibo può aiutare a vivere meglio.
Anzi, a sentirsi meglio.
[email protected]
Q@EzioRocchiBalbi
I film
1
AFFARI DI CUORE
Una crisi
matrimoniale
superata
(o almeno
vendicata) in
cucina nel film
di Mike Nichols
2
POMODORI VERDI
FRITTI
La cucina ruota
intorno a quattro
donne, quattro
storie e due
generazioni
a confronto
3
JULIE & JULIA
Diretto da Nora
Ephram con
la food blogger
Amy Adams e
la mamma delle
ricette in Usa
Meryl Streep
4
CHOCOLAT
Il più sensuale dei
film “al cucchiaio”
è di Lasse
Hallström con
Juliette Binoche
e Johnny Depp
20
La camicia
Quella di Kiton è famosa ovunque.
Nelle boutique si può scegliere fra
tre vestibilità ed infiniti dettagli.
Only for men
Gucci ha potenziato il suo
servizio su misura per uomo
(abiti, camcie e calzature).
La maglieria
Zegna propone maglieria su misura della
collezione Personalized premium cachemire
nel global store in via Montenapoleone.
Le scarpe
Su misura quelle di Louis Vuitton
nel negozio di via
Montenapoleone a Milano.
tra
animali
lamoda
parentesi
Quel capo “made to measure”
che fa impazzire gli uomini
LINDA D’ADDIO
N
ell’era della globalizzazione in cui tutto viene omologato e replicato in serie,
una parte della moda, parliamo di griffe ma non solo, va controtendenza con linee e
spazi di vendita dedicati al “su misura”.
Gli uomini, in realtà, hanno sempre avuto
una passione per il capo “made to measure”.
Che fosse l’abito, la giacca, la camicia o le
scarpe, da sempre, e non ne hanno mai fatto
segreto, hanno cercato di mantenere intatta la
loro identità estetica e la loro predilezione per
la tradizione e per i prodotti artigianali orientandosi verso il “su misura”.
Uno dei capisaldi storici di questo genere
è sicuramente la camicia. Che sia un prodotto
firmato, molte griffe del pret-à-porter si sono
convertite al made to order, o un artigiano/camiciaio, poco importa: è il risultato che vale e
per la camicia si coniuga con vestibilità, tessuto e dettagli. Se si tratta di camiciai, inoltre,
esiste un vera e propria ossessione per l’esclusività che conduce, inevitabilmente, verso
l’atteggiamento omertoso di mantenere l’assoluto segreto sul nome del sarto.
Consapevoli di questa passione ed in par-
te anche del ritorno verso i capi esclusivi e su
misura, i brand più importanti della moda si
sono attivati immediatamente per rispondere
a questa “nicchia” crescente di clientela. Le
griffe hanno dunque ampliato e valorizzato
l’offerta del capo “fatto apposta” e, oltre al capospalla, hanno puntato proprio sulle camicie.
Kiton, ad esempio, espressione della
grande tradizione sartoriale napoletana, nelle
Abito, giacca, camicia,
scarpe, il “su misura”
conquista le griffe
sue boutique fa provare i capi-campione con
tre diverse vestibilità: ampia, fitting (smilza) e
regolare. E quando il cliente ha scelto il modello si passa alla personalizzazione: il tessuto e i dettagli, dal cannoncino al taschino passando per i polsi e il colletto. Inghirami consente di scegliere la propria camicia fra seicento varianti di tessuti e un’infinità di dettagli. E le griffe fanno altrettanto. Da Armani si
sceglie fra due modelli, quattro tipi di polsini,
tredici tipi di colletti e un centinaio di varianti
per i tessuti. Due modelli anche per Salvatore
Ferragamo, duecento tessuti, otto colli, quattro polsi e due tipi di bottoni, con o senza logo
inciso. Da Ermenegildo Zegna la scelta spazia
da un centinaio di tessuti che cambiano due
volte all’anno, alcuni continuativi per chi desidera una camicia in lino anche in pieno inverno, ai dettagli, dove regna l’imbarazzo della scelta e della personalizzazione.
Proprio il “su misura”, nell’abbigliamento
e negli accessori, sarà il leit-motiv dell’uomo
negli anni a venire. Lo dimostra anche il crescente interesse per il settore dei brand. Vuitton con il servizio di personalizzazione “made to order shoes” a Milano in via Montenapoleone. Gucci ha potenziato il servizio sartoriale su misura per uomo (abiti, camicie e calzature).
Zegna con la maglieria della collezione
Personalized premium cachemire nel global
store sempre in via Montenapoleone. Ferragamo con le sue scarpe Tramezza, Special
Edition, realizzate a mano. Dolce&Gabbana
con il negozio in Corso Venezia di calzature
“solo per uomo” e la linea in coccodrillo made
to measure. Ed è solo l’inizio!
[email protected]
Scrivete
Inviate le vostre domande al veterinario
del Caffè
[email protected]
Potete scrivergli anche entrando nella
pagina web del sito www.caffe.ch
cliccando sulla rubrica “Qua la zampa”
Per l’artrosi del vecchio Fido
lo shiatsu è un ottimo rimedio
La domanda
La risposta di Stefano Boltri
E
gregio dottore, spero nella
sua comprensione e nella sua
risposta. Il mio cane, come
qualsiasi altra bestiola, col passare degli anni inizia ad avere
qualche problema di mobilità. Il mio veterinario, dopo avere effettuato una radiografia ha notato solo una lieve artrosi spiegabilissima con i suoi 12 anni. Ma un
mio conoscente mi ha proposto
una terapia alternativa, ovvero un
trattamento “shiatsu” che pare
funzioni anche sugli animali e mi
ha indicato anche un operatore
preparato in questo settore. Prima
di avventurarmi su questa strada
vorrei sentire cosa ne pensa lei e
qual è la sua esperienza al proposito.
I
nizio questo articolo parlando della mia esperienza
personale. Qualche anno addietro, causa esercizio fisico intenso e molto probabilmente errato, mi sono
ritrovato i muscoli della schiena fuori uso. Parlando con
un amico, ho accennato al mio problema e mi ha consigliato di rivolgermi ad un arzillo vecchietto di 80 anni
che praticava shiatsu da decenni. Con il solito scetticismo mi sono recato da lui e dopo un’ora di lavoro mi ha
semplicemente congedato dicendomi: “Lei non ha più
bisogno di me!”. Fermamente convinto di avere buttato i
soldi dalla finestra, ho ringraziato e me ne sono andato.
Dopo 30 anni i miei muscoli funzionano direi ottimamente nonostante l’età.
Cosa è dunque lo shiatsu? È una tecnica messa a punto
in Giappone, riconosciuta fin dal 1955 dal ministero
della Sanità, che unisce il massaggio tradizionale a fisioterapia, osteopatia e chiropratica. Oggi
si sa che la maggior parte dei punti di riferimento dello shiatsu erano gli stessi dell’agopuntura.
Vengono esercitate pressioni sul corpo, lente e
prolungate, con i pollici, i palmi delle mani o i pugni. Infatti la parola shiatsu deriva da “shi”(dita) e “atsu” (pressione) e la dottrina parte dal presupposto che schiena e
collo rappresentano lo “specchio” dell’organismo. Su di
essi, infatti, si riflette anche lo stato degli organi interni.
Schiena e collo sono le prime zone valutate dall’operatore. Egli va a cercare vertebre sporgenti o evidenti, asimmetrie muscolari o punti “vuoti” nei quali l’energia è
bloccata o carente.
Una volta stabilite le caratteristiche dello squilibrio si
darà inizio alla tecnica di tonificazione o di dispersione,
a seconda del caso in esame. Il trattamento e molto rilassante anche se a volte i nostri “amici” non sempre sono
molto collaborativi e necessitano di una pazienza maggiore da parte dell’esperto. Ma è certo che tramite le
pressioni esercitate si induce un benefico “drenaggio”
che coinvolge l’intero organismo. Devo dire che non conosco operatori che esercitano tale pratica sugli animali,
però viste anche le caratteristiche del soggetto sarei propenso a sottoporlo a questa terapia.
ID
9
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IL CAFFÈ
8 giugno 2014
21
tra
parentesi
Gli apripista
USA
È consuetudine
che, al termine
del pranzo,
il cameriere
confezioni
ciò che
non si è
consumato.
La tendenza
ITALIA
Il bon ton di
antica memoria
lo proibirebbe,
oggi lo si fa
senza problemi,
come fece
nel 2009
Michelle Obama.
Da sapere
Anche la doggy bag
1
combatte lo spreco,
e Fido se la sorride
Chiedere i resti al ristorante è trendy
PATRIZIA GUENZI
I
n una società in cui tutto
si spreca e si sciala, la
doggy bag è un altro ottimo sistema per evitare di
riempire di cibo ancora
commestibile il sacco dei rifiuti. In fondo, anche quella scatoletta in cui riporre gli avanzi
del pranzo al ristorante, per
portarli al quattrozampe di famiglia, può nel suo piccolo
combattere la brutta abitudine
di gettare via gli alimenti. Proposta da decenni negli Stati
Uniti, in tutti i tipi di ristoranti,
lentamente la doggy bag è una
realtà pure in Europa. Anche in Svizzera, da Ginevra a Berna sino al Ticino,
nessuno più si stupisce
della richiesta. Superata la
vergogna da parte del
cliente di voler fare economia pure con gli avanzi, quasi ovunque è ormai un’ovvietà
chiedere al cameriere di impacchettare quel che è restato
nel piatto. Anche perché a Fido
ci pensiamo costantemente,
sopratutto quando siamo lontani, magari ricoverati in un
ospedale. E, al proposito, è
più che apprezzabile la decisione del San Giovanni di
Bellinzona che consente ai
malati terminali di condividere la giornata con il proprio quattrozampe (vedi articolo a lato).
Alcuni ristoratori, stanchi
di gettare via il cibo, si sono
spinti più in là: chi lascia
qualcosa nel piatto paga una
multa. Apripista in Ticino, il
Patrizietta di Losone. Meglio
quindi chiedere la doggy bag.
In Italia ancora oggi tutti ricordano Michelle Obama
che a Roma, in occasione
del G8 2009, con disinvol-
INGHILTERRA
La regina Elisabetta
sollecitò gli invitati a
portarsi via gli
avanzi della torta
di nozze del
nipote
William.
tura portò via la carbonara
avanzata al ristorante. In Cina
è normalissimo dire “dabao” a
fine pasto, che più o meno significa “mi faccia un pacchetto”. Anche in Francia si esce dai
ristoranti stellati con la borsettina.
Le iniziative antispreco trovano un convinto alleato in
GastroTicino, federazione che
raggruppa esercenti e albergatori. Una scelta che ha contagiato anche gli chef stellati. “In
realtà i nostri piatti vengono ripuliti per bene – osserva soddisfatto José De La Iglesia, chef
della Fattoria Moncucchetto di
Lugano -. Ma non avremmo
niente in contrario”. A volte capita di lasciare qualcosa non
tanto perché il cibo non è gra-
dito, quanto perché l’appetito
è scarso. “Alcune persone, soprattutto anziane, non abituate a mangiare molto mi chiedono gli avanzi per poterli
consumare il giorno dopo”, dice Trevor Appignani, chef Alla
Cantina di Tegna.
Qualche anno fa è partita in
Italia la prima rete di ristoranti
anti spreco, oggi presente in
tutto il Paese, “Il buono che
avanza”. Tra i primi promotori
anche lo chef Pietro Leeman,
del Joia, locarnese trapiantato
a Milano. Mentre per Expo
2015, il consorzio Comieco
ha promosso un concorso riservato a studenti universitari, architetti e designer per
la miglior doggy Bag da offrire
in occasione dell’evento. Un
premio in denaro andrà alle tre
idee migliori a condizione che
rispettino le caratteristiche di
facile riciclabilità, funzionalità e soprattutto ecosostenibilità.
Intanto, non si placa
la polemica sollevata
dal ristorante più costoso al mondo, Sublimotion, da poco aperto a Ibiza,
nell’hard Rock Hotel: 1600
euro a testa per una cena. Lo
chef Pablo Roncero ha lavorato con Ferran Adrià e ci sa tanto che nessuno oserà mai chiedergli una doggy bag. Un’esperienza unica e irripetibile (visto il costo!): ambiente personalizzabile, tecnologie da realtà virtuale, proiezioni di immagini, musica, giochi di luce
e diffusione di profumi. La sala
si trasforma in una foresta incantata o in un luogo hightech. Bè, anche a costo di fare
la scarpetta neanche una
briciola resterà nel piatto.
[email protected]
Q@PatriziaGuenzi
NEL SECCHIO
In Svizzera si gettano
via 289 kg di cibo a
testa l'anno lungo la
filiera alimentare, un
terzo dei quali
direttamente dai
consumatori. In una
famiglia di 4 persone,
si buttano 2mila
franchi l'anno di cibo
2
NEL FRULLATORE
Ogni volta che
prepariamo un
centrifugato con
frutta e verdura, gli
scarti si depositano
nel cestello. Ricette
gustose trasformano
questo scarto in una
risorsa da riutilizzare
in cucina.
3
LE BUCCE E LO SCRUB
Le bucce di frutta e
verdura, soprattutto
se biologiche, sono
un ottimo scrub del
viso efficace, al 100%
naturale. Prendete dei
pezzetti di bucce
d’arancia o melograno;
bucce di banana
come esfoliante.
4
LE PULIZIE DI CASA
Ottime le bucce dei
limoni per eliminare il
calcare dal bollitore,
dai tappi dei lavandini
e dagli erogatori della
doccia. Immergerli
per un’ora in un
contenitore con
acqua bollente e
scorze di limone.
5
IN CUCINA
Le foglie di ravanello
sono perfette per
un pesto alternativo.
Coi ciuffi delle carote
si prepara un ottimo
patè da spalmare sui
crostini e con le
bucce delle mele una
salsa per verdure
grigliate.
6
PROFUMI LOW COST
Le bucce di mandarini
e limoni unite a fiori
come la lavanda o a
spezie come la
cannella o i chiodi di
garofano, possono
essere riutilizzate per
la preparazione di
colorati pout-pourri
profumati.
CINA
Dire “dabao”
al cameriere a
fine pasto è
normale. Più
o meno
significa “mi
faccia un
pacchetto”.
L’iniziativa
Quattrozampe
in camera
e la degenza
va meglio
A
vere un animale domestico e non poterlo vedere è doloroso. Soprattutto se si è ricoverati all’ospedale, lontani da casa e dal
proprio amico a quattrozampe. Se negli anni case per anziani e istituti di cura a poco a
poco sono diventati più elastici, permettendo di tanto in
tanto una capatina di Fido o, a
volte, anche una presenza
quotidiana, in un ospedale
tutto ciò, a giusta ragione, è
molto più complicato. Eppure, con un po’ di impegno si
può ovviare alle difficoltà. Ci
ha provato l’ospedale di Bellinzona che da qualche tempo permette ai pazienti soli,
che non hanno nessuno, la vicinanza del proprio animale
domestico negli ultimi giorni
di vita. Per questo il nosocomio della capitale è stato insignito dalla Protezione animali di Bellinzona come “Istituto
amico degli animali”.
Gli effetti benefici della
presenza di un cane o di un
altro animale al letto del malato sono oggi scientificamente dimostrati, il loro contributo è prezioso nella cura di
molte patologie. Coccole e carezze possono rendere più sostenibile il periodo più difficile, quello della malattia. Ma
anche nella vecchiaia, mantenere i contatti con un animale
è un’ottima terapia. Ecco perché, all’interno di alcune case
per anziani del cantone, è ormai consuetudine ospitare almeno un gatto che si aggira
tra le camere e fa compagnia
agli ospiti. Così come, una
volta la settimana, un animatore entra nell'istituto con il
proprio cane per praticare la
pet therapy. Si sa, soprattutto
con pazienti che hanno patologie neurologiche, come chi
ha subito un ictus, la presenza
di Fido può far molto.
Non solo cure mediche e
pasticche dunque, ma anche
attività complementari, che
fanno leva sulla sfera emotiva
e psico-relazionale, possono
contribuire in maniera sostanziale a migliorare la qualità di vita di una persona.
22
T I
C I
N O
tra
parentesi
leauto
tragitto
20.6 km
Bissone
Cabbio
SULLE STRADE DEL MENDRISIOTTO
Alla scoperta del “paesaggio dell’anno”
A bordo della Hyundai a trazione integrale tra le bellezze della Valle di Muggio
C
on un veicolo tutto fare come l’ Hyundai ix35 vi proponiamo un itinerario culturale tutto ticinese da Lugano alla Valle di Muggio, eletta recentemente “Paesaggio dell’anno”
dalla Fondazione Svizzera per la tutela del paesaggio (Sl-Fp). A
bordo della nostra xi35 Style il tetto panoramico in vetro (+1500
franchi) è garanzia di un ulteriore piacere per meglio ammirare la
natura in una trasferta che prevede fermate a Bissone, Mendrisio,
Castel San Pietro e Cabbio. Il percorso misto tra autostrada, strade cantonali e di montagna vi permetterà di apprezzare la comodità e la dinamica del compatto Crossover, lungo 4,41 m.
Un veicolo con il nuovo motore turbodiesel due litri da 136 cavalli
che è disponibile sia con la trazione anteriore, sia nella versione
4wd. La prima tappa ci porta probabilmente ai tempi dei longobardi con la visita a Bissione della Chiesa di San Cristofero che risale al 1148. Nel XVII sec. subì una completa trasformazione con
l’aiuto di locali benefattori. Risaliti in automobile rimaniamo sulla strada cantonale che costeggia il lago e andiamo in direzione
Mendrisio. Nell’itinerario culturale del Magnifico Borgo le suggestioni non mancano e neppure la possibilità per un gustoso pran-
Il nuovo modello di casa Jeep è proposto
in diverse versioni e vari allestimenti
zetto in uno dei diversi grotti della regione. Ma prima di tutto una
fermata a Palazzo Torriani. Inserito in un nucleo del 13 esimo secolo si caratterizza per i suoi 74 locali divisi su quattro piani. Interessante è anche la sua facciata rivolta alla vecchia torre medieva-
La scheda
Hyundai ix35 4WD
Motore
Cilindrata (ccm)
Cambio
CV
Coppia max.
0-100 km/h (s)
Velocità massima (km/h)
Consumi (l/100 km)
Prezzo base (Chf)
4 cilindri
1995
automatico a 6 rapporti
136
392 Nm a 1800 g/min
9.8
195
6,9
36’490.–
le, con le sue ampie finestre seicentesche a inferriata, impreziosita da un portale del cinquecento sormontato dallo stemma di famiglia. Saliamo verso Castel San Pietro dove ci attende una curiosità: la facciata della Chiesa Rossa che risale al 1599. La notte del
Natale del 1390 la chiesa fu teatro di un grave fatto di sangue. Dopo un po’ di chilometri si apprezza l’ottimo compromesso del
nuovo motore turbodiesel, anche per il suo razionale consumo di
carburante. La cura per i dettagli della ix35 si può notare anche
nella qualità del cambio automatico a 6 rapporti (+ 2500 franchi).
Per l’ultima tappa la meta è Cabbio dove con Casa Cantoni abbiamo l’opportunità di vedere uno degli edifici più significativi della
Valle di Muggio. Nel suo salone, una settecentesca caminiera di
stucco che si affianca alle pregiate decorazioni pittoriche riprodotte sul soffitto. Quello che invece ci convince a bordo della
Hyundai ix35 è la ricca dotazione per la sicurezza (5 stelle Euro
Ncap) di serie, assistenza alla partenza in salita e in discesa compresi. Apprezzabile è pure la possibilità di adattare, con la pressione di un pulsante, il servosterzo in tre modalità, di marcia differenti.
s.p.
GLI SPAZI
La funzionalità è una
delle caratteristiche
principali degli interni
della nuova Jeep
Cherokee, dove non
mancano gli scomparti
utili a custodire oggetti.
L’EQUIPAGGIAMENTO
La nuova Cherokee è
equipaggiata di serie
sui modelli Limited e
Trailhawk, con il
sofisticato sistema
Uconnect con
touchscreen da 8,4”.
In breve
La Ssangyong
La serie speciale
Korando “Sixty Edition”
in Cosmic Blue
metallizzato e motore
ecodiesel 2.0l da 149
CV (da 29’440 franchi
e 31’940 franchi per la
versione 4wd) si
presenta con un
potenziato allestimento
di serie.
La Skoda
STEFANO WINGEYER
C
on l’introduzione della nuova generazione Cherokee, il marchio
Jeep conferma la cura del design
a 360 gradi. Lo si apprezza anche nell’abitacolo, comodo e accogliente. La
funzionalità è una delle caratteristiche
principali degli interni della nuova Jeep
Cherokee, dove non mancano gli scomparti utili per custodire oggetti. Uno
scomparto nascosto è situato nella parte superiore della consolle centrale, al
di sopra della strumentazione. Inoltre,
il sedile del passeggero anteriore abbattibile offre al proprio interno un comodo contenitore cui si accede ribaltando
verso l’alto la seduta.
Gli interni della nuova Jeep Cherokee si
contraddistinguono per i tre diversi al-
Passione per l’avventura
con il marchio Cherokee
lestimenti. Posizionato sul quadro strumenti davanti al conducente, il sofisticato schermo a visualizzazione multipla a colori da 7” (da 3,5” monocromatico sulla versione Longitude) completamente riconfigurabile permette di
personalizzare l’esperienza di guida e
di ricevere informazioni e feedback dal
veicolo nel formato preferito. Tutto ciò
mantenendo sempre le mani sul volante e lo sguardo sulla strada.
La gamma prevede il nuovo motore turbodiesel Multijet II da 2,0 litri da 140 e
170 Cv e il Pentastar benzina da 3,2 litri
da 272 Cv di potenza. La versione da
170 Cv e quella da 272 Cv sono abbinate
al nuovo cambio automatico a nove
rapporti.
Il sistema Jeep Active Drive I dispone di
una unità di trasmissione della potenza
(Ptu) completamente automatica che
assicura un funzionamento continuo a
qualsiasi velocità, sia nella modalità a
trazione integrale, sia in quella a due
Capacità “on” e “off”
road per un Suv a 360
gradi e senza limiti
ruote motrici. La nuova Jeep Cherokee
è inoltre equipaggiata di serie sui modelli Limited e Trailhawk, con il sofisticato sistema Uconnect con touchscreen da 8,4”. Questo sistema è disponibile
di serie sui modelli Limited e Trailhawk, e permette di visualizzare chiara-
mente e direttamente tutte le informazioni necessarie per la guida e il comfort a bordo. Inoltre, sempre all’insegna
della massima sicurezza e semplicità
d’uso, il sistema Uconnect consente al
conducente di regolare impianto audio,
climatizzatore, sedili riscaldati/ventilati e altre funzionalità della vettura sia attraverso lo schermo touchscreen, che
utilizzando i comandi situati sulla console centrale al di sotto dello schermo, o
attraverso comandi vocali.
La nuova generazione di Jeep Cherokee
è stata progettata per garantire capacità
on e off-road di riferimento in qualsiasi
condizioni di utilizzo. Tutti i sistemi 4x4
sono abbinati al sistema di gestione
della trazione Selec-Terrain del mar-
Da luglio la Citigo si
arricchisce con
una versione
più sportiva e completa
Monte Carlo (da
16’800 franchi). Sarà
disponibile con il
motore benzina tre
cilindri da 60 e 75 Cv e
nella verisone G-Tec
(gas naturale) 1.0 Cng
da 68Cv.
chio Jeep che dispone di quattro modalità (cinque per la versione Trailhawk
che aggiunge la modalità Rock alle
quattro già di serie: Auto, Snow, Sport e
Sand/Mud). Il modello è in listino a
partire da 42’500 franchi. Con l’attuale
promozione di 3’000 franchi, il nuovo
Cherokee viene venduto a meno di 40
mila franchi con incluso lo Swiss Free
Service (10 anni/100.000 km). Coloro
che acquisteranno il Cherokee nelle
versioni Limited o Trailhawk con Technology Package e vernice metallizata
riceveranno il tutto per 3000 franchi, invece che a 3’450 franchi. La versione
top di gamma (Cherokee Limited con il
motore V6, Awd e cambio automatico a
9 marce) costa 59’550 franchi.
IL CAFFÈ
8 giugno 2014
23
tra
parentesi
La tendenza
E vissero tutti
nel
disordine
felici e contenti
C
hiamiamolo
pure
“creativo”, ma sempre
disordine è. E per
quanto le moderne
tecnologie ci permettano di conservare tutto, persino
nei pochi centimetri di spazio di
uno smartphone, c’è chi non rinuncia a circondarsi di una marea d’oggetti (spesso inutili) come se vivesse in una sorta di capsula del tempo da tramandare ai
posteri. Dopo anni di arredamento minimalista, di feng shui
domestico, di stile sobrio, pratico ed essenziale come da filosofia Ikea, forse è venuto il momento di riabilitare il disordine.
Il bello è che, a quanto pare ,questa fatica a separarci dalle cose
che accumuliamo sulla scrivania, in salotto, in tutta la casa
non è più considerata il risultato di un eccesso di consumismo
(anche perché in tempi di crisi
non è il caso), ma una sorta di
elisir di eterna giovinezza.
La confusione è giovane, è
fresca, è il rinnovarsi di eterne illusioni adolescenziali, sostengono non pochi psicologi inclini a
non penalizzare questa sorta di
sindrome di Peter Pan. Poco importa se a volte le scrivanie e le
camere di professionisti stimati
assomigliano a quelle di un qualunque teenager. “Ma è così, anzi
sono dell’idea che anche una
scrivania sia un po’ la metafora
della nostra vita”, è l'opinione divertita dell'antropologo Marino
Niola che si schiera tra i “disordinati creativi”. Indipendentemen-
I famosi
SALVADOR DALI
Chi ha visitato la casa
museo di Dali a Port
Lligat si è trovato nel
regno del “trovarobato”
DORIS LESSING
La scrittrice britannica,
Nobel 2007, esibiva il
disordine casalingo
come esercizio di stile
te dal fatto che il disordine sia
volontario o involontario, finisce
per rappresentare una sorta di
stratificazione ideologica di chi
lo vive. “Fateci caso, nello strato
superiore delle carte, inevitabilmente galleggiano le cose più
importanti in quel momento-
Niola: “Volontario
o meno, il caos
che ci circonda in
fondo finisce per
rappresentarci”
FRANCIS BACON
Lo studio del pittore
irlandese, conservato
com’era, è diventato
addirittura un’opera d’arte
osserva Niola -. Sotto, invece, finiscono quelle dimenticate. E
nella maggior parte dei casi meritano di essere dimenticate".
E senza scomodare grandi
artisti del passato e del presente,
da Salvador Dalì a Doris Lessing,
dal pittore irlandese Francis Ba-
L’intervista
STEPHEN KING
Lo scrittore americano
parla di “disordine
controllato”: appunti
e libri sparsi ovunque
con al re del brivido Stephen
King, bisogna ammettere che il
caos ha un suo fascino. Una sorta
di dichiarazione d’indipendenza, di emancipazione dalle regole che vedono elevato l’ordine a
virtù, un soffio di anarchia che ci
spinge a circondarci anche di co-
JOHN LASSETER
Lo studio del genio
dell’animazione Pixar
sembra un negozio di
giocattoli e souvenirs
se magari inutili ma che amiamo
o abbiamo amato. Cose che parlano di noi e di cui non ci vergogniamo affatto. Anzi, ci si sente
un po’ come dei faraoni dell’antico Egitto, sepolti nelle loro piramidi con tutte le loro cose. Ma
attenzione, avverte lo psicologo
L’opposto della meticolosità vista dallo psicologo Luigi Gianini
“Lasciarsi un po’andare è creativo”
O
rdine e disordine sono le due facce della
stessa esigenza: ritrovarsi. A patto, secondo
lo psicologo Luigi Gianini, specializzato in
psicoterapia cognitivo-sociale, che non si trasformi
in un disturbo. “Sia l’ordinato che il disordinato
adottano un metodo per arrivare ad altri fini. Il primo si ritrova solo se tutto è al suo posto, il secondo
spesso crea disordine intorno a sè per trovare l’habitat ideale, e a volte anche per porsi un risultato finale: rimettere tutto in ordine”.
E quale vive meglio?
“Entrambi, se raggiungono i loro scopi. Certo, il
caos può essere un modo per concedersi alla creatività, il disordine nel momento che serve, per lasciarsi andare alla complessità delle cose”.
Ma vivere nel disordine totale, circondati da
tante cose, non è un sintomo pericoloso?
“Solo nei casi estremi, quando diventa patologi-
co, ai limiti della disposofobia, il bisogno ossessivo
di non buttare via niente. Ma anche il troppo ordine, l’eccesso di meticolosità può provocare disturbi
ossessivi”.
Però è vero che molti accumulano oggetti e
cose senza averne un’esigenza specifica.
“È abbastanza tipico nel mondo occidentale,
dove si ha una grossa difficoltà a ‘lasciare andare’ le
cose. È un attaccamento materiale, che ha a che fare col potere, col possesso”.
Se è comprensibile per le persone più anziane, che hanno vissuto privazioni, oggi come si
spiega?
“In fondo questa sorta di ‘collezionismo’ è un
modo per esorcizzare una perdita, una parte di sè,
qualcosa che è tuo. Paradossalmente anche chi
butta tutto esorcizza, a modo suo, la paura di perderlo”.
e.r.b.
(vedi intervista sotto), il disordine va bene, ma a patto che non si
trasformi in mania compulsiva.
Una parola difficile, “disposofobia”, per descrivere un disturbo
psichico, che ti porta a morire
letteralmente sepolto da quanto
accumulato.
Come descrive benissimo lo
scrittore americano Edgar Lawrence Doctorow nel suo romanzo “Homer & Langley”. Ispirata a un famoso fatto di cronaca
della New York del primo Novecento, quando i ricchi fratelli
Collyer, nel corso dei decenni,
trasformarono il loro palazzo in
un delirante ricettacolo di ciarpame, dove vivranno come reclusi fino a rimanere annientati
dalla spazzatura da loro stessi
accumulata. Se questi personaggi tragici ed emblematici - che
hanno perfino dato il nome alla
“sindrome di Collyer” - diventarono metafora di un mondo, e di
un lungo periodo della storia
americana, i nostri disordinati
contemporanei si accontentano
di vivere in un microcosmo caotico ma rassicurante. Forse è
proprio sapere che tutte le loro
foto, appunti, filmati e documenti starebbero comodamente in un tablet che li spinge a
reagire, a ribellarsi ad uno stile
di vita ormai definibile come
“conformista”. Insomma, all’insegna del vissero tutti felici, disordinati, e contenti. Del resto
come diceva qualcuno, il disordine non è altro che un ordine
non compreso
e.r.b.
Nonostante
la comodità
della tecnologia
non ci separiamo
dagli oggetti, anzi
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IL CAFFÈ
8 giugno 2014
27
tra
parentesi
La scienza
Le differenze
1
2
3
A LUNGO TERMINE
La memoria a lungo termine
(abbreviata in Mlt) è definita come
quella memoria, contenuta nel
cervello, che ha una durata variabile
da qualche minuto a decenni
A BREVE TERMINE
È quella parte di memoria in grado
di conservare una piccola quantità
di informazioni chiamata span (tra
i 5 e i 9 elementi) per una durata
di 20 secondi circa
I DANNI
La sindrome di Down, il morbo di
Alzheimer e la perdita di memoria
correlata all’età avanzata sono
esempi delle molte malattie che
danneggiano la memoria
4
LE CONSEGUENZE
i disturbi della memoria
contribuiscono anche
all’insorgenza di disordini
psichiatrici: la schizofrenia, la
depressione e gli stati d’ansia
I TRUCCHI Cosa fanno gli smemorati per non dimenticare
Bisogna ricordarsi
di ricordare...
ecco come fare
59%
51%
50%
46%
38%
18%
17%
Fanno la lista
delle cose da fare
o da acquistare
Lasciano
biglietti
in giro per casa
Usano agende
per segnare gli
appuntamenti o
un cellulare che
trilla e li avverte
degli impegni
Mettono le cose
a portata
di mano
per non
dimenticare
di prenderle
Pianificano
bene la giornata
in anticipo
Ripetono
mentalmente
le cose da fare
e gli oggetti
da non
dimenticare
Cercano di fare
associazioni tra
nomi e cose
ed eventi
o persone
da ricordare
Il neurologo
“L’ippocampo registra ogni cosa,
ma già a 23 anni perdiamo colpi”
L
Piccole, banali o frequenti amnesie
sono normali e si evitano facilmente
N
on c’è niente da fare. Che sia scritto
nel nostro Dna, che
sia a causa della
stanchezza, che sia
l’inevitabile neurogenesi del lobo temporale del cervello o semplicemente lo stress, la nostra
memoria va in tilt. E, stando alle
statistiche, fa difetto soprattutto
nei casi di “smarrimenti seriali”.
Ognuno di noi, mediamente,
ogni giorno è vittima di almeno
nove piccole amnesie. Smarrimenti di memoria provvisori che
vanno dal luogo in cui si è posteggiata l’auto a dove sono stati
riposti occhiali, chiavi di casa, la
pratica di lavoro, il documento o
semplicemente il numero di telefono che fino a ieri componevamo a menadito.
Non a caso sta riscuotendo
un certo successo l’agile libretto
“How to Find Lost Objects”, scaricabile gratuitamente sul sito
dell’autore, l’americano Michael
Solomon, con tutti i trucchi (vedi
infografia in alto) cui dovrebbero
ricorrere gli smemorati per ritrovare gli oggetti perduti. Se vogliamo, invece, essere tranquillizzati sul fatto che dietro queste
piccole amnesie momentanee
non siano annidate patologie
mentali di una certa gravità (un
principio d’Alzheimer, per esempio) corre in nostro soccorso la
scienza. Una ricerca tedesca, infatti, sostiene che tre persone su
quattro hanno una variante del
gene “dopamina D2” che incide
sulla precisione dei ricordi. Ma
visto che il problema riguarda un
po’ tutti, e non necessariamente
è legato all’età avanzata, si sono
pronunciati pure filosofi, neurologi e psicologi.
Il Wall Stret Journal nei mesi
scorsi ha dedicato diversi articoli
al “potere della memoria”, recensendo anche gli studi più importanti sul tema, pubblicati da accademici di prestigiose università, da Bonn a Princeton, fino alla
Washington University. Daniel
Schacter, docente di psicologia
Dimenticare a
volte dona sollievo
al nostro cervello,
non più costretto a
tenere a mente tutto
all’università Harvard, noto per
le sue ricerche nel campo della
memoria, non esita a definire
“peccati” le anomalie che generano le amnesie improvvise.
Anomalie che non devono preoccuparci più di tanto, anzi. Infatti, riassume Schacter nel suo
The Seven Sins of Memory, se
apparentemente risultano dannosi, in realtà questi aspetti producono “un sollievo per il cervello, non più costretto a ricordare tutto di tutto, compresi i
dettagli più inutili, ma libero di
ricordare solo le informazioni
più importanti”. È anche vero che
non pochi elementi estranei
contribuiscono ad alimentare la
nostra distrazione, soprattutto
l’abitudine di fare troppe cose alla volta, magari vantandoci di essere “multi-tasking”.
Insomma la spiegazione del
fenomeno potrebbe essere frutto
del funzionamento “standard”
del cervello, che rifiuta di memorizzare tutti i gesti ripetitivi e più
banali di ogni giorno. Come appoggiare gli occhiali o le chiavi
da qualche parte quando non li
usiamo. Spiegazioni più scientifiche sono altrimenti, e sempre,
scientificamente confutabili. Attivare la memoria per codificare
un gesto banale per Schacter significa “attivare l’ippocampo
che compie l’equivalente di un
IL CAOS
Negli uffici
degli oggetti
dimenticati
tantissime
“cose” in
attesa del
proprietario
breve scatto fotografico e poi immagazzina l’immagine in una
serie di neuroni, che in una fase
successiva possono essere riattivati facilmente”. Ipotesi contestata dal neurologo Arnaldo Benini
(vedi intervista) che ritiene queste definizioni “più utili a filosofi
e psicologi per descrivere un
concetto, che non agli scienziati
per dimostrarne l’attendibilità”.
E poi, come ricorda lo stesso
Benini, di che memoria stiamo
parlando, visto c’è quella del
movimento, quella visiva, quella
legata alle sensazioni del momento... Ecco, forse è meglio approfondire l’argomento. Ricordiamocelo!
e.r.b.
Il professore Benini spiega i processi che sono alla base della memoria
ARNALDO
BENINI
Docente di
neurochirurgia
all’università
di Zurigo
a psicologia suggerisce che, se dimentichiamo facilmente dove abbiamo lasciato gli occhiali o le chiavi, è perché non “attiviamo la
memoria” per codificare un gesto banale e ripetitivo. Risposta inesatta per il neurologo Arnaldo Benini, docente di neurochirurgia all’università di Zurigo. “Non è così semplice capire cosa faccia un neurone per depositare un ricordo - spiega l’autore de
La coscienza imperfetta -. Cosa ricordiamo di un
fiore rosso? Il colore, il profumo, la sensazione legata al momento, il clima attorno? E già se il fiore è
quello giallo può cambiare tutto”.
È comunque il cervello depositario dei nostri
ricordi e responsabile delle nostre smemoratezze.
“Certo, avviene tutto sicuramente nel cervello,
ma come tutti gli stati della coscienza, anche i motivi che ci fanno ricordare o dimenticare una cosa
piuttosto che un’altra sono inintelleggibili”.
Quindi non basta, attivare una parte del cervello, come l’ippocampo, per registrare un
gesto quotidiano?
“Ma no. È vero che ha il compito di ‘conservare’
la memoria, ma la neurogenesi dell’ippocampo
porta già a diminuire le sue funzioni dai 23-30 anni”.
Allora anche l’età ha la sua responsabilità
nelle nostre piccole amnesie quotidiane?
“Molto prima di quanto si creda, visto che il
cervello raggiunge il suo massimo volume a 23 anni, e già da lì inizia la discesa delle sinapsi, neurotrasmettitori di segnali sensoriali al cervello”.
Quindi è normale che la memoria vada facilmente in tilt ad una certa età...
“Diciamo che ne prendiamo coscienza quando
il 40 per cento delle sinapsi se ne è già andato. Peccato che questo processo cominci già attorno ai 45
anni...”.
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IL CAFFÈ
8 giugno 2014
28
tra
parentesi
La musica
James
Blunt
raccontato
da Marco
Zappa
IL MENESTRELLO
Dalla durissima
esperienza della
guerra nei Balcani
alla testa delle hit
parade. Sotto, il
cantautore ticinese
Marco Zappa
C
’è chi non sembra nato
per deliziare la sensibilità altrui con le note di
una composizione sul
pentagramma. Il destino pare assegnarlo ad altre molto
meno romantiche imprese. È il caso di James Blunt, uno dei primi
ufficiali dell’armata britannica ad
entrare nel disastrato Kosovo durante la guerra dei Balcani. Ma
qualche anno dopo è di nuovo al
centro dell’attenzione. Abbandona il fucile per la chitarra ed è subito un successo clamoroso: balza in
testa alle classifiche di mezzo
mondo con il singolo “You’re beautiful” e da quel momento la notorietà non lo abbandonerà più.
Autore di struggenti ballate e di romantiche serenate, il 40enne suddito di sua maestà - in Piazza
Grande a Locarno sul palco di Moon&Stars il 16 luglio prossimo - ha
compiuto una virata di 180° e ora
pensa solo all’amore. Un percorso
inverso di quello sperimentato
dallo sfortunato giovane protagonista di “C’era un ragazzo”, che negli anni Sessanta fece di Gianni
Morandi un’icona del pacifismo e
dell’anti interventismo in Vietnam. Guerra e amore, due concetti così lontani, ma che nell’arte
“L’ispirazione può arrivare
dai momenti più drammatici”
sembrano portino fortuna a coloro che riescono a farle convivere.
“Non è sempre evidente riuscirci,
ma la storia della musica è piena di
cantautori che traggono la loro
ispirazione dai momenti più
drammatici”, spiega il musicista ticinese Marco Zappa a cui il Caffè
ha chiesto di “racontare” James
Blunt.
Anche l’artista locarnese nel
suo piccolo ha potuto sperimentare quanto la vita militare sia foriera
di ispirazioni. Dopo una scuola reclute da fuciliere, riesce a diventa-
re il postino di truppa. Levatacce
nel cuore della notte, ma poi giornate intere destinate a soddisfare
una verve particolarmente prorompente. “Ricordo il mio periodo
in grigioverde con grande piacere,
perché era in quei momenti che la
mia creatività mi permetteva di
dare il mio meglio”, dice Zappa.
La produzione di James Blunt
lontano dalla grande musica di
protesta contro le guerre può
ugualmente essere definita figlia
del periodo bellico. “Non è certo
accostabile ai grandi della musica
di protesta come Bob Dylan ad
esempio, ma con lui ha sicuramente in comune la cupa musa
ispiratrice - precisa il cantautore
ticinese -. Temo però che sia già
stato assorbito dall’industria della
musica, come capita spesso alla
maggior parte dei cantautori
quando iniziano a guadagnare
troppo e a perdere la vena creativa”.
Ma non sempre è così. In Italia, ad esempio, c’è chi ancora può
permettersi di produrre musica di
alta qualità senza dipendere dal-
l’industria musicale. “Già, come
Adriano Celentano - nota Zappa -.
Il suo fiuto è eccezionale e gli permette di appioppare ad ogni momento storico un sigillo musicale”.
Come non ricordare Il ragazzo
della via Gluck o Svalutation, tanto
per citare i brani più celebri legati
a momenti sociali di cui il molleggiato ha sempre saputo cogliere l’
essenza.
Pure Blunt è abile nel saper cogliere l’attimo. Lo testimoniano i
18 milioni di album e i 20 milioni
di singoli venduti in tutto il mondo. Con la sua “You’re beautiful”,
suo brano d’esordio aveva raggiunto la vetta delle classifiche statunitensi, un’impresa fino a quel
momento riuscita solo ad Elton
John con “Candle in the wind”,
canzone ri-arrangiata in occasione dei funerali di Lady D. Per l’inglese sarà la seconda volta a Locarno, una delle tappe del suo tour
mondiale, che lo ha portato tra l’altro anche in Cina. Sarà ancora in
Piazza Grande, dunque, e c’è da
scommetterci che riuscirà a far
cantare i cuori dei numerosi spettatori che accorreranno per apprezzare le qualità artistiche del
giovane inglese.
o.r.
Il cartellone
di
Moon & Stars 2014
10 LUGLIO
11 LUGLIO
12 LUGLIO
14 LUGLIO
15 LUGLIO
16 LUGLIO
17 LUGLIO
18 LUGLIO
19 LUGLIO
Laura
Pausini
Udo
Lindenberg
Bligg
Dolly
Parton
Jack
Johnson
James
Blunt
Negramaro
Backstreet
Boys
Sunrise
Avenue
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IL CAFFÈ
8 giugno 2014
29
tra
parentesi
La tendenza
I più richiesti
1
AUMENTO DEL SENO
Tra gli interventi più richiesti in
assoluto c’è la mastoplastica
additiva, l’aumento della taglia
del seno. Costo, dagli 8 ai
12mila franchi
Palestra, dieta,
interventi
estetici.
Per lui e per lei
l’aspetto fisico
conterà
sempre di più
2
SOLLEVAMENTO DEL SENO
Dopo l’aumento del seno è il
sollevamento l’intervento più
richiesto dalle donne, quando
se lo vedono svuotato o
cadente. Dai 6 ai 10mila franchi
3
RIDUZIONE DEL SENO
Il terzo intervento è la
mastoplastica riduttiva, la
riduzione del seno, causa
spesso di problemi alla schiena.
Costo dagli 8 ai 14mila franchi
Belli
LINDA D’ADDIO
A
ttività fisica e palestre,
alimentazione sana e
“misurata”,
creme,
prodotti di bellezza e
centri beauty, medicina e chirurgia estetica. Sono lo
specchio di una società sempre
più centrata sull’aspetto fisico e
sulla spasmodica ricerca di ossequiare il diktat: “mantenersi belli, in forma e sempre giovani”. Per
piacerci, certo, ma più spesso per
piacere. Agli altri. Lo dimostrano
i numerosi “selfie” che traboccano dai social network, in cui i protagonisti si autoscattano nella
posa migliore e aspettano con
trepidazione tanti pollicini alzati
o altrettanti cuoricini. Perché si
sa, l’autostima va di pari passo
con i “mi piace”.
Oggi, chi più chi meno, si sta
più attenti a non “sgarrare” con le
calorie, a fare attività fisica, a restare giovani il più possibile, a
volte anche a costo di modificare
il nostro aspetto per rallentare i
segni naturali dell’invecchiamento. Un fenomeno che tocca
in modo trasversale donne e uomini, giovani e adulti. Non per
niente, palestre, saune e centri fitness sono frequentati da maschi
e femmine, di ogni età e professione, mentre gli studi estetici sono vieppiù affollati, anche dal
“sesso forte”, visto che gli interventi di medicina e chirurgia
estetica sono ormai alla portata
di, quasi, tutte le tasche. “In una
società dove il ruolo dell’immagine sta diventando sempre più
preponderante, l’ego di molti vive e si nutre dello sguardo altrui osserva lo psicologo Michele
“Il ruolo
dell’immagine
aumenterà
d’importanza
nella società”
4
LIFTING VISO E COLLO
Il ritocco a viso e collo si piazza
al 4° posto. Mira a ringiovanire
la pelle colpita dai segni del
tempo e dalle maledette rughe.
In media 7mila franchi
Si vuole piacere a tutti i costi
agli altri più che a noi stessi
Spaccarotella -. Nel 2013 l’International Society of Aesthetic Plastic Surgery confermava infatti
che la chirurgia estetica maschile
rappresentava circa il 30% del totale. La tentazione di ambire alla
perfezione ha ormai contagiato
pure gli uomini.”Mentre c’è chi
sostiene che il futuro ci riserverà
un genere umano nettamente diviso tra belli e brutti (vedi articolo
sotto).
Un dato certo è che negli ultimi anni è cambiato il concetto di
bellezza, sia per la donna che per
l’uomo. Il nostro corpo è diventato una sorta di scatola chiusa, esiste solo il fuori, che consegniamo
APPARIRE È FONDAMENTALE
Lo dimostrano l’enorme
numero di palestre, centri
fitness, estetici e cliniche di
medicina e chirurgia,
ricostruttiva ed estetica
al Dio dell’estetica nella speranza
che ce lo migliori. “Non ci identifichiamo più col nostro fisico e
perciò lo dobbiamo, come dire,
ricostruire (in palestra, dall’estetista, dal chirurgo) secondo quei
canoni collettivi di bellezza che
fanno del nostro corpo un manichino”, nota ancora lo psicologo.
Non per niente trasmissioni come quelle che ti rifanno il look,
ma anche gli occhi, il sorriso, il
seno e le cosce sono seguitissime.
E a “Come mi vorrei”, programma
condotto dalla bellissima Belen
Rodriguez su Italia1, schiere di
donne si sono iscritte per cambiare la loro immagine e sentirsi
più belle. Vorrà pure dire qualcosa?!
Sempre in tema di estetica,
un recente studio ha dimostrato
che i due sessi hanno una visione
della bellezza sostanzialmente
differente. Lei predilige l’armonia
del corpo, mentre lui si contraddistingue nella ricerca di caratteri
di richiamo più marcati; ecco
perché preferirebbe la donna formosa. Ma tutti, pur di piacere, si
stendono sul lettino del chirurgo
La ricerca
Alti e slanciati o brutti e sgraziati
ecco il genere umano del futuro
S
e oggi viviamo in una società in cui la
bellezza è determinante e in un certo
senso discriminante, cosa ci riserva il
futuro, in termini di evoluzione della specie? L’umanità sarà divisa tra belli e brutti.
A dirlo, un recente studio che sostiene come in un futuro non così prossimo però,
l’evoluzione della specie porterà ad una selezione del partner che dividerà in modo
netto il genere umano, anche se con l’ingegneria genetica questa evoluzione, se così
vogliamo chiamarla, potrebbe facilmente
essere pilotata.
Insomma, in futuro la nostra specie si
dividerà in due sottospecie: una geneticamente superiore ed una inferiore, sostiene
il teorico dell’evoluzione Oliver Scott Curry, dell’Istituto di antropologia dell’evoluzione e delle facoltà cognitive dell’Università di Oxford. Nella prima, individui alti,
slanciati, sani e intelligenti; nella seconda,
quelli imbranati, brutti e sgraziati. Una
classe geneticamente superiore e una inferiore. In sostanza, dopo un prevedibile pic-
co tra molti anni la specie umana subirà
una rivoluzione estetica. La causa non sarà
tanto in un processo di selezione naturale,
quanto piuttosto la dipendenza sempre più
marcata dalla tecnologia. Inoltre, la contrazione demografica renderà gli individui
vieppiù esigenti e selettivi nella scelta del
partner. L’aspetto fisico risulterà sempre
più giovanile, scompariranno gli zigomi
Diventeremo pure più
aridi, meno empatici,
egoisti e individualisti
perché cambierà l’alimentazione.
Non solo. Il futuro, sempre secondo il
teorico dell’evoluzione Curry, ci vedrà più
aridi ed egoisti, meno empatici e predisposizione ad andare incontro alle esigenze altrui. Insomma, una prospettiva poco allettante, che tutto sommato non ci fa rimpiangere il fatto che noi non ci saremo.
Tuttavia, il professor Edoardo Bonci-
nelli, in un suo recente articolo sul Corriere
della Sera, spezza una lancia a favore di
questa evoluzione apparentemente poco
rosea: “Non penso che subiremo passivamente gli esiti dell’evoluzione biologica,
ma saremo invece in grado di ‘dirigere’ la
nostra evoluzione su una base culturale,
cioè tramite le conquiste della scienza. È
noto che saremo presto capaci di modificare, se lo vorremo, il nostro genoma. Se ciò
accadrà, e non c’è motivo per dubitarne,
sarà la prima volta che una specie dirige direttamente e consapevolmente la propria
evoluzione biologica sulla base dei risultati
portati dal proprio progresso culturale”. E
ancora: “Mi sembra difficile che la specie si
dividerà in due in futuro, non avendolo fatto nel passato, quando c’erano molte più
condizioni che potevano favorire tale evento, come le diversità fisiche e le drammatiche differenze di classe sociale. Ma staremo a vedere. In fondo ogni ipotesi teorica è
fatta per essere confermata o smentita dai
fatti”.
estetico. E per fortuna che negli
anni gli interventi sono diventati
sempre meno invasivi. “Consentono risultati molto simili a quelli
chirurgici con un downtime
(tempo di recupero) decisamente ridotto, costi inferiori e rischi
praticamente nulli rispetto al
passato - precisa il dottor Riccardo Forte, dell’equipe specialisti
dell’Academia Day Clinic di
Chiasso -. Una richiesta in forte
ascesa, visto che l’aspetto esteriore è diventato il nostro principale
biglietto da visita”.
Insomma, piacere... piace a
tutti. Certo, oggi si predilige un
aspetto sano e curato alla narcisistica espressione di perfezione e
giovinezza. “Un modo di lavorare, per noi professionisti, più etico e gratificante con risultati eleganti e armoniosi, lontani anni
luce dalle enfatizzazioni grottesche di una volta, ma che purtroppo ancora capitano”, osserva
Forte. Per chi non vuole affrontare il bisturi, né per un intervento
vero e proprio né per una sistematina più soft, la palestra è
un’ottima soluzione. Lo conferma l’afflusso di clientela e un’offerta sempre più ampia. “Uomini
e donne anche non più giovanissimi praticano attività fisica in
maniera costante e con ottimi risultati - spiegano al Centro Fitness California di Chiasso -.
Quello che è cambiato è soprattutto il concetto di forma fisica legato alla salute e al benessere più
che alla sola potenza muscolare.
Un trend che ha diversificato ed
ampliato la gamma della nostra
offerta”.
[email protected]
“È cambiato il
concetto di forma
fisica, più legato
al benessere
psicofisico”
IL CAFFÈ
8 giugno 2014
30
tra
BenEssere
parentesi
L’efficacia di esercizi e manipolazioni
dipende molto dal tipo di paziente,
ma anche dall’entità della malattia
LA PATOLOGIA
Per i guai all’anca
prima del bisturi
meglio la ginnastica
Artrosi secondaria
Artrosi primaria
Insorge a causa
del normale processo
di invecchiamento
Malformazioni, frattura
articolazione, reumatismi,
deformazioni
CRISTINA GAVIRAGHI
Q
uando è l’articolazione dell’anca a fare cilecca la
mente corre subito alla triste prospettiva di una mobilità sempre più scarsa e all’ipotesi di dover subire
un impegnativo intervento chirurgico: l’impianto di una
protesi che sostituisca la giuntura malandata. Gli esperti però consigliano di non essere precipitosi e che prima di arrivare in sala operatoria tanto si può fare per rallentare la progressione dell’artrosi all’anca e alleviare i fastidi che provoca.
In prima fila ecco le terapie fisiche, cioè esercizi, manipolazioni, massaggi, ultrasuoni e dispositivi per aiutare a camminare come bastoni o scarpe speciali, a queste seguono le
cure farmacologiche e solo in ultima istanza il ricorso alla
chirurgia ortopedica. Ma le terapie fisiche servono?
La diatriba sulla loro efficacia è controversa e combattuta a
suon di studi, nessuno dei quali però è arrivato a una conclusione certa. Una recente ricerca apparsa sulla rivista Jama ritiene l’efficacia delle terapie fisiche per l’artrosi all’anca
sovrapponibile a quella ottenuta con trattamenti placebo.
Alcuni esperti dell’università di Melbourne hanno sperimentato questo tipo di cure su un centinaio di ultracinquantenni con questa patologia articolare, sottoponendoli per tre
mesi a esercizi e manipolazioni o a ultrasuoni fittizi. Dopo
13 e 36 settimane gli esperti hanno valutato nei pazienti il
dolore e la funzionalità articolare e hanno riscontrato lievi
miglioramenti, senza particolari differenze, sia nel gruppo
che aveva ricevuto le reali terapie fisiche, sia in quello che
era stato sottoposto a trattamenti fasulli, cioè il gruppo placebo. “Dai dati raccolti”, spiega Kim Bennell ricercatrice
presso l’ateneo australiano, “sembrerebbe che vedere un fisioterapista basti a ottenere qualche piccolo beneficio, indipendentemente dal trattamento effettuato”. Niente miracoli
Secondo diverse ricerche mediche
le terapie fisiche sono più adatte
per i meno anziani e gli obesi
dalle terapie fisiche dunque per chi soffre di artrosi all’anca,
nonostante molti studi ne abbiano sostenuta una certa efficacia, tanto da renderle la prima opzione terapeutica nelle
linee guida dell’American College of Rheumatology per la
cura dell’artrosi. “Il ricorso a questi trattamenti andrebbe attentamente valutato visto i suoi grandi costi a fronte di
un’utilità non sempre provata”, conclude l’esperta. Anche
perché, lo studio australiano ha rilevato un 41 per cento di
effetti collaterali, seppur lievi, nei pazienti sottoposti a terapie fisiche contro il 14 per cento registrato nel gruppo place-
Questo
amore
nostro
La lettera
Mi spaventa spiegare la sessualità
a disabili poco più giovani di me
H
o diciotto anni e ‘da grande’ voglio fare
l’educatore. Ho già iniziato facendo il monitore in una colonia per handicappati e
l’esperienza è stata interessante e mi è piaciuta
molto. I professionisti di questo campo ai quali ho
espresso il mio forte interesse per tale lavoro mi
hanno incoraggiato a seguire
questa strada. Una cosa mi
Scrivi a LINDA ROSSI
spaventa: gli handicappati
psicoterapeuta e sessuologa
adolescenti, alcuni di loro perlomeno, sono in piena fase or- Posta: Linda Rossi – Il Caffè
Via Luini 19 - 6600 Locarno
monale. Questo significa che
l’educatore dovrà spiegar loro
E-mail:
come e quando si vive la [email protected]
sualità. Ad esempio deve spiegare al giovane ragazzo che in
pubblico non se ne parla, non ci si tocca né si toccano gli altri. A me questo aspetto del lavoro ha
spaventato, poiché mi pare molto difficile pensarmi intento a parlare di come si gestisce la sessualità in generale, in società in particolare, con uno
di questi ragazzi che ha poco meno della mia età.
Mi potrebbe aiutare?
iXaXeWúú
9
DF DJ
La risposta di Linda Rossi
Si dia il tempo per imparare
e un giorno saprà educare
L
a sua scelta professionale è
molto apprezzabile poiché
esprime il desiderio di rendersi
utile alla società, in particolare alle
persone meno fortunate di noi a
causa di un deficit. Il desiderio di intraprendere la strada dell’operatore
sociale, l’educatore in particolare, si
è consolidata dopo l’esperienza fatta
quale monitore in una colonia per
disabili. I suoi futuri colleghi però,
oltre che ad incoraggiarla a non desistere dal suo progetto, l’hanno
messa in guardia sulla dimensione
ormonale dei suoi futuri giovani
utenti, quando si trovano in fase
adolescenziale. Non bastando questo avvertimento le hanno già attribuito un compito non evidente per
lei. È comprensibile il suo sbigottimento di fronte a questa incombenza a cui si domanda come potrà rispondere. Sappia che per ora è al riparo da questo ruolo, visto che non
ha ancora seguito la necessaria preparazione a svolgere il suo futuro lavoro. Durante tale formazione, suppongo, avrà la possibilità di ricevere un opportuno e adeguato insegnamento in materia. Comunque, è giusto quanto le hanno
detto di spiegare al giovane di-
("# $ *,(!)*+$.$’&!0
7<5==235
*77B4?*3.4?5
bo. La verità però, come spesso accade, sta nel mezzo e dipende da molti fattori. L’esercizio fisico aiuta a perdere peso
e nei pazienti con un girovita abbondante diminuire i chili
che gravano su un’articolazione la cui cartilagine si va sempre più deteriorando, fino a consentire lo sfregamento delle
ossa, è sicuramente un vantaggio. Senza contare che movimento e massaggi possono diminuire ansia e depressione
correlate a una patologia debilitante come l’artrosi, migliorando la qualità della vita. Molto dipende poi dallo stadio
della malattia, dall’età e dall’entità del dolore del paziente.
Più questo è giovane e la sua anca non ancora troppo compromessa, più trarrà beneficio da terapie fisiche e potrà
aspettare a ricorrere a farmaci come antinfiammatori e
iniezioni di corticosteroidi o interventi chirurgici, più appropriati per anziani con un’articolazione più danneggiata.
A volte poi per alleviare il dolore basta l’uso di un bastone o
di scarpe più adatte che alleggeriscono il carico sull’anca.
Non c’è un’unica ricetta per curare una patologia debilitante che riguarda fino al 10 per cento degli adulti e che non si
può guarire, ma solo rallentare e cercare di gestire al meglio.
Ogni paziente dovrebbe decidere con il proprio ortopedico
il suo specifico percorso terapeutico prendendo il bene che
ogni tipo di cura, fisica o no, può dare.
sabile quello che similmente si trasmette al bambino quando gli si insegna che l’attività sessuale si pratica nell’intimità. Per non limitare il
messaggio alle sole proibizioni, cioè
su quello che non si deve fare, la invito a parlare loro della sessualità in
positivo, come di qualcosa di piacevole. Inoltre, se sarà il caso, può dare
loro indicazioni sul come realizzarla
senza procurarsi sofferenza o problemi. Si è osservato, più sovente fra
i disabili, una pratica masturbatoria
fatta in modo inadeguato, poiché si
fa spesso ricorso a gesti bruschi che
possono provocare ferite e quindi
dolori. Ovviamente non si tratta di
fare dimostrazioni in vivo, né sul
proprio corpo né su quello del giovane utente. Si tratta piuttosto di
mostrare il gesto con la mano ricorrendo a un oggetto in forma allungata.
Certo si possono presentare altri tipi
di problemi, ma sono certa che sin
dall’inizio lei beneficerà di una supervisione per poter discutere delle
situazioni che la confrontano a una
difficoltà come questa o di altra natura. Si dica che questa scelta lavorativa la interessa e motiva. Si appresti
dunque ad affrontarla passo dopo
passo e in modo costruttivo.
IL CAFFÈ
8 giugno 2014
31
tra
parentesi
Il fenomeno
1
RESPIRAZIONE
Cantare all’unisono pezzi
con una struttura regolare
fa accelerare e decelerare
simultaneamente i cuori dei
cantanti. Produce una
respirazione profonda e
regolare che provoca
benefici cardiovascolari.
2
RILASSA
In qualunque momento
sentite il bisogno di
rilassarvi, cantate. Il suono
può essere prodotto pure
con dei vocalizzi a bocca
chiusa che danno gli stessi
risultati.
3
MUSCOLI
I movimenti compiuti durante
il canto sono salutari per il
corpo. Ai muscoli, al cuore e
alla zona addominale.
Spingono poi a raddrizzare la
schiena e ad assumere una
postura più corretta.
4
MORALE
Mette di buonumore e dà
forza allo spirito. John Lee,
grande bluesman, ha detto:
“Si canta per sollevare lo
spirito. Se le avversità della
vita non stanno colpendo
me, stanno colpendo
qualcun altro”.
5
PAURA DEI GIUDIZI
Con un po’ di buona
volontà si supera la paura
di cantare in libertà.
Educare sin da piccoli al
canto è un’ottima terapia
per diventare adulti meno
condizionati dai giudizi.
Oltre settanta
i gruppi canori
in Ticino, dal leggero
al polifonico, dal
gospel al religioso.
Passando dal folk
C
anta che ti passa, recita
un vecchio adagio, eppure cantare fa davvero bene, fa passare cattivi pensieri e nervosismo. Una terapia a costo zero. E
farlo con gli altri è ancora meglio.
È probabilmente questa la spinta
che fa del Ticino un cantone con
una miriade di cori, gruppi ed ensemble canori. Dal leggero al polifonico, dal religioso al folcloristico
e poi quelli gospel, in dialetto, moderni... Basti dire che solo nella
Federazione ticinese società di
canto (Ftcs), che ha appena festeggiato i novant’anni di attività, si
contano una settantina di gruppi;
qualche settimana fa hanno aderito tre nuove forze: Vos da Locarno,
Coro del Mendrisiotto e Coro delle
Rocce.
Quella del canto è una passione
trasversale, che attrae studenti,
pensionati, casalinghe e professionisti, condividono il tempo libero e si diveretono. “Abbiamo coristi di ogni età - spiega Flaminio
Cantare e gorgheggiare...
una terapia a costo zero
Esibirsi nei cori fa bene all’anima e al corpo
Matasci, presidente della Ftcs –, il
nostro è un movimento che conta
oltre 2500 persone”.
Numeri non da poco che confermano una passione anche tra
più piccoli. Nove le formazioni
esclusivamente composte da mini
interpreti che si cimentano su pezzi tutt’altro che facili, dalla musica
leggera all’etnica. Un ideale trampolino per un futuro canoro. Anche se, nota deluso Matasci, al
momento di entrare in un gruppo
adulto molti ragazzi rinunciano,
probabilmente stanchi di dover
mantenere un impegno costante.
Alcuni vanno fuori cantone o all’estero a studiare o a perfezionarsi”. Quindi addio canto.
Vere punte di diamante il coro
della Turrita, il Calicantus e il Clairière. “Ovunque si esibiscano ottengono sempre tantissimi applausi, anche all’estero”, nota soddisfatto il presidente. Certo, un alto livello che costa grossi sacrifici.
Momenti rubati allo svago e alla
famiglia. “È il destino di chi non
riesce a farne una vera professione
– osserva Matasci -. In Ticino non
si può vivere di musica, quindi ci si
arrabatta come si può”.
Intanto, ci si diverte e la salute
ci guadagna. Cantare dilata i vasi
sanguigni e previene ictus e infarti. Mica poco! Tiene a bada la pressione arteriosa e combatte il dolore cronico, assicurano ancora gli
specialisti. Alcuni studi hanno
evidenziato che i pazienti che non
rispondono alle terapie farmacologiche, potrebbero trovare nel
canto una valida alternativa, e priva di effetti collaterali. Venti minuti di canto manterrebbero bassa la
pressione per diverse ore.
La Ftcs, intanto, si prepara ad
alcini importanti appuntamenti.
Infatti, già sta lavorando ad alcuni
grossi eventi: il 25 ottobre di
quest’anno si festeggeranno i
cent’anni del Coro maschile luganese, con un Concerto di Gala - Oh
Happy Day, al padiglione Conza di
Lugano; dal 14 al 17 maggio 2015,
invece, a Disentis/Mustér si terrà il
5° Festival svizzero di cori giovanili
e di bambini. Tutti gli appuntamenti per apprezzare l’attività della Federazione ticinese società di
canto si possono visionare sul sito
www.ticinocori.org/agenda_i.ht
ml. Insomma, entusiasmo e progetti non mancano. Il futuro dei
cori in Ticino ha tutta l’aria di essere più che vibrante.
o.r.
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LEGUIDE
&GLIITINERARI
Pagina a cura di
AutoPostale Svizzera SA
Stramangiada,
la passeggiata
del gusto
Lo splendore
della natura
nell’Oberland
Bernese
Il programma
Oberland Bernese
Data: 12 - 13 luglio 2014
Prezzo: CHF 360.- per persona
in camera doppia
Partenza:
06.00 Chiasso Ffs, 06.10 Mendrisio Ffs,
06.30 Lugano Ffs (lato buffet), 06.30 Locarno
Ffs, 07.00 Bellinzona Ffs, 07.30 Biasca Ffs
L’incanto della natura nel cuore della
Svizzera, questo è il viaggio nell’Oberland Bernese che AutoPostale
organizza il 12 e 13 luglio. Subito
grandi emozioni con la visita delle gole del fiume Aar a Meringen. È qui che
il corso d’acqua crea una serie di suggestivi e pittoreschi scenari scavando
Viaggio di AutoPostale
alle gole dell’Aar
e al Brienz Rothorn
nelle rocce calcaree del massiccio che
attraversa la Halslital. Lo spettacolo è
impressionante attraverso i 1.400 metri del percorso che permettono di ammirare la gola profonda, che s’inoltra
nella roccia per ben 200 metri.
Estasiati da questa straordinaria esperienza naturalistica, si prosegue per
Interlaken, città situata tra il lago di
Brienz e quello di Thun dominata dal
massiccio della Jungfrau. Il pomeriggio è dedicato interamente alle attività
individuali e allo shopping.
Il giorno seguente ci si imbarca per
Informazioni e prenotazioni:
AutoPostale Svizzera SA
Regione Ticino
Viaggi e Vacanze
6501 Bellinzona
Tel. +41 (0)58 448 53 53
fax +41 (0)58 667 69 24
[email protected]
www.autopostale.ch
concedersi una mini-crociera fino a
Brienz godendo di un panorama incantevole. Il paesaggio circostante, infatti, è quello nato dal risultato dell’ultima glaciazione. Il lago di Brienz è
collocato nell’area di nord est e ha una
forma allungata e stretta. Le sue acque
defluiscono verso il poco più grande
lago di Thun, situato leggermente più
a sud. La storia turistica di questi bacini è molto antica visto che i battelli
che partono dai vicini porti iniziarono
la loro navigazione a Brienz nel 1839
e oggi sono specializzati con una flotta il cui fiore all’occhiello è un famoso
battello a vapore finemente restaurato,
il Lötscherg. Da vedere, in particolare,
ci sono le celebri cascate del Giessbach, le cui acque scendono con diversi salti successivi di circa cinquecento metri e si tuffano nel lago.
Ma il viaggio delle meraviglie non è
ancora finito visto che è prevista
un’altra indimenticabile esperienza.
Dalla località di Brienz si risale con
una ferrovia a cremagliera che dispone
di una locomotiva a vapore, fino al
Brienz Rothorn: 1.500 metri di dislivello e circa un’ora di viaggio. Il panorama è vario: le Alpi bernesi, il Lago di Brienz, la regione del Grimsel,
ma anche il Pilatus o l’Hogant. In vetta, a quota 2.350 metri, ecco il ristorante dove trascorrere rilassanti momenti in uno scenario che non ha
eguali. Una bella passeggiata è la migliore conclusione di una gita che prevede il rientro con il trenino a Brienz e
la ripartenza per il viaggio di ritorno in
Ticino.
Te
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sttate
e il SUV 4x
4x4 più pulito:
4x4
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il nuov
vo Outla
ander PHEV co
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trazion
ne ibrida
a plug-in
n 444 g A
Tutti consigliano di fare moto se si vuole mantenere sia
la linea, sia una condizione fisica sempre perfetta.
Consiglio raccolto, tanto più se si ha intenzione di fare
una scorpacciata di prelibatezze gastronomiche, innaffiate da buon vino, condite con tanto divertimento e
sport.
Sono questi gli ingredienti principali della Stramangiada, la celebre passeggiata eno-gastronomica che trasforma la Valposchiavo nel regno del bengodi. Il nome
della rassegna è tutto un programma e per la nona
edizione, quella di quest’anno, sono previsti spettacoli,
sorprese e, naturalmente, un menù da leccarsi i baffi.
AutoPostale organizza un viaggio in questo fantastico
regno delle leccornie il 6 luglio, data di svolgimento
della manifestazione. Il tutto avviene nella regione di
Le Prese lungo un sentiero di sette chilometri pianeggiante che si rivela una vera e propria esperienza dei
sensi grazie alle dieci tappe in cui vengono offerte specialità locali accompagnate dai vini della
Valtellina. Ad esempio si gusteranno,
oltre ai salumi e ai
formaggi della zona, gli immancabili capunet (gnocchetti conditi con burro e formaggio). Ogni tappa è studiata su misura per la gioia del palato e per la delizia
della gola, visto che ogni piatto viene accompagnato
da vini locali, rinomati per qualità e gusto. Insomma,
sono i sette chilometri più saporiti e divertenti che si
possano immaginare in un clima di festa perché si ritrovano qui le bande e i complessi folkloristici e musicali della zona per allietare i partecipanti in quella che
ormai è conosciuta come la passeggiata eno-gastronomica più golosa e allegra della Svizzera.
Il programma
Stramangiada
Data: 6 luglio 2014
Partenza:
Prezzo: Chf 145.– per persona
Partenza: 06.15 Biasca Ffs, 06.15 Locarno Ffs,
06.45 Bellinzona Ffs, 07.15 Lugano Ffs,
07.45 Mendrisio Ffs, 07.55 Chiasso Ffs
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Il fenomeno
Lo studio
L’incontro
LA GRAPHIC NOVEL
DÀ L’ANIMA
ALLA NARRATIVA
LA PUNTUALITÀ
FA CRESCERE
PERSINO IL PIL
ULLRICH:
“LAVORO E FAMIGLIA
IL MIO SEGRETO”
ROCCHI ALLE PAGINE 34 e 35
SPIGNESI A PAGINA 40
SCHIRA A PAGINA 46
travirgolette
ilcaffè
RIFLESSIONI D’AUTORE
Oltre il cibo
8 giugno 2014
Chiara e fresca,
le mille forme
dell’acqua
SOCIETÀ | TENDENZE | PROTAGONISTI
UNA SETTIMANA
UNA PAROLA
MORO A PAGINA 36
Reuters
Monarchie
Non esiste più
il potere regio
“assoluto”
ma soltanto
“costituzionale”.
Conforme
agli standard
democratici
degli Stati
contemporanei.
Analisi delle
“corone”
del Vecchio
Contintente dopo
l’abdicazione
di Juan Carlos I
di Spagna
LUIGI BONANATE
L’
avreste detto che un quarto degli Stati
europei è ancora una monarchia? E
non pensiamo tutti, più o meno, che
quella forma di governo sia obsoleta e
inadeguata ai tempi? Eppure, già nel
XVI° secolo c’era chi - i “monarcomachi” - riteneva
che non bastasse essere dei reali per aver salva la
pelle, quindi: se un re non governava bene, poteva
ben essere ucciso! Se ne dovette accorgere Luigi
XVI°, ghigliottinato nel 1793 in quanto rappresentante di una concezione dello Stato che si reggeva
sull’assolutezza del potere regale: mentre la monarchia simboleggiava il fatto che lo Stato appartiene
al sovrano, in una repubblica lo Stato appartiene
(almeno a parole) al popolo - una bella differenza.
Ammonite dall’esempio di Luigi XVI, le monarchie successive si adeguarono un po’ per volta al
Sette dei 28 membri dell’Unione
Europea sono regni, senza che ciò
incida sulla vita comunitaria
modello democratico che andava affermandosi nel
mondo. Così oggi non esistono più monarchie “assolute”, ma soltanto “costituzionali”, adeguate cioé
ai normali standard istituzionali degli Stati contemporanei, e l’unica loro prerogativa resta l’inamovibilità. Sette dei 28 membri dell’Unione europea sono monarchie (Belgio, Danimarca, Gran
Bretagna, Lussemburgo, Olanda, Spagna, Svezia)
senza che ciò abbia mai inciso sulle vicende della
politica comunitaria. Va detto semmai che, di queste sette, almeno un paio però stanno barcollando
e potrebbero anche cadere. È già successo, nel
1974, in Grecia, dove un referendum optò per la repubblica; potrebbe succedere ora in Belgio, in Spagna e in Scozia (tutti regni). E dove non ci sono problemi, compaiono però, di tanto in tanto, piccoli
scandali, imbarazzanti matrimoni, avventure sen-
timentali più o meno biricchine. Prendiamo il Belgio, che - non lo dimentichiamo - è uno Stato artificiale, inventato a tavolino nel 1830 dalle grandi potenze del tempo, formato da due gruppi di popolazione, fiamminga e vallone, che di tanto in tanto
minacciano la secessione, il che farebbe perdere
senso a una corona che si era costituita proprio sul
progetto di coesistenza e collaborazione tra le sue
due metà, e che invece di scongiurare uno smembramento sembra preferirlo. Nulla di grave, neppure in quest’ultima ipotesi, se non fosse che - data la
conformazione istituzionale dell’Unione europea una separazione o una modificazione territoriale
impone la presentazione di una domanda di adesione da parte degli eventuali nuovi Stati sovrani
(senza sovrano). E non è detto che le procedure di
ammissione avrebbero esito positivo, e certamente
non immediato.
Ancora più imponente, per le conseguenze che
potrebbe avere, il caso spagnolo, che con quello
scozzese si radica in forti sentimenti di egoismo
economico. Gli scozzesi aspettano che il governo
indica il referendum; in Spagna, dove la discussione più che politica è mondana, dietro l’angolo riappare il secessionismo catalano (insieme a quello
basco), pronto ad approfittare del declino dell’immagine regale per dare una spallata all’intero sistema istituzionale. Re Juan Carlos rischia di essere
l’ultimo re di Spagna perché l’occasione offerta alla
società spagnola è ghiotta: se un re si comporta
male come il chiacchieratissimo Juan Carlos I negli
ultimi anni (dopo che nella difficile fuoriuscita dalla dittatura di Franco si era mosso con correttezza e
spirito democratico), l’intera istituzione che egli
rappresenta diventa oggetto di ironia e di scherno.
Ne sa qualche cosa anche la regina della monarchia più solida della storia, Elisabetta II d’Inghilterra, che sta per superare il record della regina
Vittoria, essendo entrata nel suo sessantatreesimo
anno di regno(!), e che di scandali mondani (quan-
te “avventure” in famiglia: tutti i suoi parenti, a incominciare dalla sorella Margaret, che fu la pietra
dello scandalo a Corte, vi ci sono buttati), ne ha visti, e subiti, a bizzeffe, senza averne mai causati ella
stessa!
La decisione di Juan Carlos I di porre fine alle
critiche e ai pettegolezzi sulla sua persona che circolano da anni - a cui sono andati poi ad aggiungersi gli scandali finanziari della figlia Cristina - e di
abdicare a favore del figlio Filippo, che diventerà
Felipe VI°, è quanto le forze anti-monarchiche
aspettavano per dare una spallata definitiva all’unità del Paese. Da tempo la Catalogna proclama
il suo buon diritto a lasciare la Spagna per costituirsi in Stato autonomo. L’esito delle ultime elezioni
europee mostrerebbe la frammentazione esistente
nel Paese che non saprebbe esprimere una solida e
L’unico “trono” al mondo che
conserva ancora il potere
totale è la Città del Vaticano
concorde difesa dell’unità: forse il momento migliore per Juan Carlos I di andarsene, e per la Catalogna di proclamare l’indipendenza.
Le monarchie nordiche pochissimo chiacchierate, anche se ogni tanto qualche cronaca mondana ci fa sorridere, mostrano quanto il problema istituzionale sia, in sé, ormai del tutto superato: sovrani che non governano non danno fastidio a nessuno e nello stesso tempo sono liberi da ogni sorta
di preoccupazione: re o presidente, dunque, poco cambia. Juan Carlos ha fatto appello alle nuove generazioni affinché innovino lo Stato. Giusto,
e a proposito di innovazioni: in realtà, una monarchia assoluta al mondo c’è ancora, è lo Stato
della Città del Vaticano; il vento di innovazioni di
papa Francesco farà forse cadere anche quest’ultimo tabù.
Domenica
LIBERO D’AGOSTINO
LA MALATTIA
SENILE
DELLA POLITICA
H
a ragione Jürgen Habermas, a preoccupare non
deve essere l’avanzata
delle forze nazional-populiste
nelle ultime elezioni europee.
Per l’Ue potrebbe, anzi, essere
uno scossone salutare. Secondo
il filosofo tedesco, deve invece
preoccupare l’impatto che
avranno questi movimenti, a cominciare del Fronte nazionale
francese, sulla situazione interna
dei singoli Paesi.
Il populismo si manifesta ormai sempre più come la malattia
senile della politica. Ossia, l’impotenza dei partiti tradizionali di
eleborare un nuovo progetto di
società ai tempi della globalizzazione, che ne esorcizzi i rischi e
ne sfrutti le opportunità. Dunque, per Habermas il vero pericolo è che gli altri partiti, per
non essere spazzati via, si lascino intimidire dai trionfanti movimenti populisti e scelgano di
adeguarsi ad essi o addirittura di
scopiazzarli. Quello che è successo in Ticino in questi ultimi
anni è la dimostrazione esemplificativa di quanto siano fondati i
suoi timori.
IL CAFFÈ
8 giugno 2014
La Svizzera vista da…
35
Lido
Contemori
Il Caffè ha chiesto a tre illustratori, Lido
Contemori, Armando Boneff e
Corrado Mordasini, di raccontare in una “striscia”
un fatto, un episodio, un fenomeno...,
o meglio, semplicemente come loro vedono
e riassumono “a tratti” la Svizzera
tra
virgolette
Il fenomeno
Il 65enne
disegnatore
satirico e
illustratore
aretino, da anni
pubblica sul
Caffè i suoi
“editoriali”
disegnati
La graphic novel
e il suo irresistibile
impatto narrativo
Armando
Boneff
Granconsigliere
ppd, il 60enne
titolare di uno
studio grafico
da quasi
trent’anni è
vignettista
per il Giornale
del Popolo
EZIO ROCCHI BALBI
I
La cronaca
Ormai da anni il Caffè accompagna
il racconto di alcuni episodi
di cronaca con la ricostruzione
della disegnatrice Simona Denna
LA FEROCIA
DI DARO
Ricostruiti con le tavole
disegnate i retroscena e
la ferocia del delitto di
Daro avvenuto nel 2011
DELITTI
E MISTERI
L’inchiostro a china
descrive il tragico mistero
delle gemelline Schepp e
l’assassino della 36enne
di Castel San Pietro
Suscitarono clamore
le tavole che sul Caffè
accompagnavano i
servizi di cronaca
sui fatti più cruenti
pagnò i suoi servizi su alcuni
cruenti fatti di cronaca con delle
realistiche tavole di graphic novel.
Servizi che suscitarono clamore,
soprattutto per l’impatto dei disegni, che rimasero fortemente impressi nella memoria collettiva,
anche se, in realtà, le scene raffigurate contenevano gli stessi, se
non meno particolari di quelli
contenuti negli articoli. Certo, si
trattava dei più gravi casi di cronaca nera registrati nella regione negli ultimi anni, ma l’attenzione suscitata dalle tavole disegnate da
Guido Rosa, autore di analoghi resoconti illustrati per il Corriere
della sera, sia nel crudo bianco e
nero di Simona Denna, tra le migliori matite di Bonelli editore, era
stata notevole.
Forse la graphic novel non costituirà l’innovazione più importante della letteratura in questa
parte del terzo millennio, ma restando al livello della comunicazione giornalistica, dell’informazione, non resterà certo relegata
alla cronaca nera. Non richiede
rigide caratteristiche tecniche,
non risponde a formati o a regole
sintattiche prestabilite; la graphic
novel ha solo un punto di osservazione: la percezione del lettore. E
ancora una volta sarà il Caffè, con
la “comedy noir” a puntate
“341bis” (vedi riquadro in pagina), a suggerire con le tavole dise-
gnate da Marco Scuto un’ulteriore
e diversa forma di lettura di una
storia. Niente di esclusivo nell’uso
del romanzo grafico, per carità,
anzi è forse utile ricordare che lo
L’intervista
L’analisi della responsabile del corso di laurea in comunicazione visiva della Supsi
Corrado
Mordasini
Il 47enne
grafico e
illustratore
asconese,
anima de “Il
Diavolo”
dedica ad una
polemica
Svizzera la sua
short story
stesso termine graphic novel venne coniato dagli americani alla fine degli anni Settanta semplicemente perchè non avevano un
termine per definire i romanzi di-
segnati d’autore. E non potevano
certo inserirli nel genere “comics”,
i fumetti pubblicati a strisce sui
quotidiani o le produzioni seriali
di supereoi. Parola, come spesso
“Un solo e veloce livello di lettura,
all’immediatezza basta uno sguardo ”
L
LAURA MORANDI
Responsabile
Comunicazione
visiva della Supsi
Boicottato per anni e anni
il vecchio, caro fumetto
è diventato adulto e d’autore
Dallo svago per i ragazzi al genere letterario
È
Il racconto disegnato s’impone
sul mercato e nei premi letterari
codici di lettura sono gli
stessi del fumetto, ma la graphic novel sta conquistando
uno spazio inedito nel mondo della comunicazione.
Perché si può raccontare una storia disegnandone solo una striscia, come dimostrano Lido Contemori, Corrado Mordasini e Armando Boneff, invitati dal Caffè a
‘raccontare’ per immagini un fatto
svizzero. Perchè si può integrare
un reportage di cronaca o un racconto lungo, come quel “341bis”
che sarà pubblicato a puntate da
domenica prossima su questo
giornale. Perché la graphic novel è
giovane, fresca e piace. E non è solo il mercato editoriale a registrare
incrementi di vendita a due cifre,
visto che il “romanzo grafico” ormai compete col mondo letterario, quello degli scrittori tradizionali. Al punto che, a quasi settant’anni dalla creazione di un
prestigioso premio letterario, la
graphic novel “Una storia” di Gipi,
editore Fandango, si ritrova per la
prima volta assoluta in finale allo
Strega. In competizione con scrittori “veri”. Come del resto accadde
al romanzo a fumetti di Art Spiegelman “Maus”, ambientato nella
seconda guerra mondiale, che si
ritrovò in lizza nel 1992 coi reporter americani per il premio Pulitzer. Che vinse.
Ma dove lo stile della graphic
novel, indipendentemente dal
successo editoriale, ha indubbiamente lasciato il segno negli ultimi anni è nel mondo dell’informazione. Molte testate giornalistiche, infatti, hanno adottato le
“strisce” disegnate, le tavole illustrate in sequenza per visualizzare
servizi e reportage. L’impatto sul
pubblico è stato immediato, decisamente superiore a quello della
tradizionale fotografia. “È un altro modo
di ‘raccontare’, con
un alto tasso di funzionalità comunicativa - spiega Laura Morandi, esperta di comunicazione visiva
alla Supsi (vedi intervista a fianco -.
L’obiettivo, dichiarato, è quello di raggiungere con immediatezza l’attenzione del lettore”. E l’attenzione dei lettori è stata sicuramente
ottenuta dal Caffè quando accom-
La tendenza
a “graphic novel” non rientra formalmente nelle materie della Comunicazione visiva della
Supsi, che pure abbraccia competenze mutuate dall’area grafica tradizionale, dai nuovi media e
dalle discipline audiovisive. “Ma questo non ha impedito di avere tesi di laurea dedicate proprio a questo mezzo di comunicazione - premette Laura Morandi, responsabile del corso di laurea in Comunicazione visiva della Supsi di Lugano -, che pure non è
giovanissimo, come il nostro corso che, in fondo, è
un aggiornamento delle Arti applicate del Bauhaus
che risalgono agli anni ‘30”.
Come spiega il successo, sia editoriale, sia nel
mondo dell’informazione delle graphic novel?
“È sicuramente tra le forme più immediate della
comunicazione, con un’alta funzionalità comunicativa grazie al potere delle immagini disegnate, alla
loro ambiguità che le rende immediate, veloci da interpretare”.
Non è strano che un genere, derivato dal fumetto, funzioni in un mondo digitale così ricco
di strumenti come la fotografia, l’animazione,
l'audiovideo e l’informazione online?
“Forse è proprio questo bombardamento di informazione scritta e per immagini, di filmati che finisce per rendere più efficace l’uso della storia disegnata. È sicuramente un altro modo di ‘raccontare’
una storia, un fatto, un evento; così come le cosiddette infografie hanno la capacità di condensare e semplificare, anche se superficialmente, una mole incredibile di dati e numeri”.
È da considerare, quindi, un mezzo di comunicazione immediato e popolare.
“Immediato sicuramente, visto che il suo scopo è
proprio quello di raggiungere velocemente l’attenzione del lettore. Una velocità di fruizione che ha il
vantaggio di essere a colpo d’occhio, senza stratificazioni, livelli di lettura alternativi. Efficace e popolare
come i ‘fotoromanzi’ di una volta, che pure si è cercato di riprodurre in altre forme negli anni ‘80 e ‘90”.
Uno stile grafico destinato, quindi, ad imporsi?
“Ricordando che la graphic novel non è certo
una novità assoluta, direi piuttosto che può rappresntare una tendenza. Nel mondo della comunicazione visiva il ciclo di vita è comunque più corto rispetto
ai generi diventati ‘classici’”.
accade, reimportata dal Vecchio
Continente che non aveva saputo
valorizzare - magari con un termine appetitoso per il marketing - i
maestri del romanzo disegnato
che, negli stessi anni, erano già
autori di culto: da Crepax ad Hugo
Pratt, da Enki Bilal a Jean GiraudMoebius, da Sergio Toppi a Dino
Battaglia. Ancor più doveroso
rammentare che anche la contaminazione tra disegni, fumetti e
narrativa ha precedenti d’autore
decisamente illustri.
Basta citare, infatti, il “Poema
a fumetti” di Dino Buzzati, pubblicato nel lontano 1969 dalla casa
editrice Arnoldo Mondadori. Dieci anni prima, quindi, di “Contratto con Dio” il romanzo grafico
dell’americano Will Eisner, che gli
valse il titolo di primo autore di
graphic novel. Il famoso scrittore
italiano, autore di “Un amore” e “Il
deserto dei tartari”, aveva avuto
solo il torto di aver anticipato i gusti dei lettori e le tendenze del
mercato editoriale. Ecco, per raccontare questa storia, l’ideale sarebbe proprio una graphic novel.
[email protected]
Q@EzioRocchiBalbi
Lo scrittore Dino
Buzzati ha anticipato
i gusti dei lettori
e le tendenze del
mercato editoriale
La novità
passato più di un secolo dall’apparizione del primo derata “letteratura” era pur sempre la sua forma più po“fumetto”, quel “Little Nemo” di Winsor McCay che polare, una cultura usa e getta ai confini dell’isolamento
sorprese, con le sue strisce domenicali, i lettori culturale. Uscire dal target “letture per ragazzi” non è staamericani. Un genere di lettura che, nonostante il cre- to facile, fino a quando - appunto - Will Eisner col suo “
scente successo planetario, pur avendo contribuito non Contratto con Dio” rifiutò di essere inserito, nei cataloghi
poco a creare l’immaginario collettivo di non poche ge- di vendita, alla voce “comics”, fumetti. A conferire defininerazioni, non è mai stato pienamente “sdoganato”. Anzi, tivamente dignità letteraria al nuovo formato editoriale
almeno fino agli anni Settanta è stato decisamente boi- pensò “Maus” di Art Spiegelman, un romanzo a fumetti
cottato, bollato come subcultura, se non addirittura noci- autobiografico, con topi antropomorfi come protagonisti
vo alla capacità d’apprendimento.
coinvolti nella tragedia dell’Olocausto. Una storia rifiutaGiusto ai ragazzini la lettura dei “comics” era ammes- ta da 23 editori, ma che gli fece vincere il premio Pulitzer.
sa, e solo come divertimento. Già da adolescente la cosa Un premio mai assegnato prima ad una storia disegnata.
era vista con sospetto, apertamente osteggiata dal monUn salto di qualità che non sfuggì al pur fecondo setdo scolastico. La scuola bandiva i fumetti, le biblioteche tore italiano, dove i fumetti si vendevano in milioni di copie al mese, dal mitico Tex di Boe le case editrici più importanti
nelli a Diabolik, da Topolino fino
(serie) li snobbavano a prescindere. Il consiglio ai giovani, anzi
al sorprendente fenomeno dei
personaggi soft-core: Jacula, Zola regola da seguire, era di abra, Naga che seguivano passo a
bandonare il fumetto a favore di
passo lo stesso successo dei film
letture più consone.
erotici all’italiana vietati ai minori
Fortunatamente, anche se aldi 14 anni.
lora non si chiamavano ancora
I fumetti d’autore, fortunata“graphic novel”, fu proprio negli
mente, trovarono dei validi sponanni Settanta che il fumetto disor intellettuali come Oreste Del
ventò adulto. Il papà di Corto
Buono - anima della Milano Libri,
Maltese, Hugo Pratt li chiamava
di Linus, AlterAlter - o critici at“letteratura disegnata”, Will Eitenti come il semiologo Umberto
sner - cui la leggenda attribuisce
Eco, fino al regista Federico Fellila paternità del genere - li definì
ni. Una riscossa culturale iniziata
“romanzo grafico”, di fatto era nanegli anni Ottanta e che continua
to il fumetto d’autore. Anche se le
tutt’ora, che ha aiutato poi la grastesse case editrici avevano poca
phic novel a raggiungere un pubcoscienza del passaggio al nuovo
blico indifferenziato, e a non
modello di lettura, e mescolava- MAX FRIDMAN
identificare più il fumetto come
no un po’ le cose senza cogliere la Il romanzo illustrato di Vittorio Giardino
mero prodotto di intrattenimendifferenza tra fumetto di genere e
graphic novel. “Personalmente mi sono sempre conside- to. Il fumetto “generalista”, intanto, continuava la sua corrato un autore, il tempo che dedicavo a ideare, scrivere e sa, anche grazie al consumo sempre più intenso del fudisegnare una mia storia era esattamente quello di un li- metto made in Japan, supportato da dosi massicce di sebro, perchè considerarlo un prodotto diverso? - racconta rie tv. Attirando anche un pubblico nuovo, come quello
al Caffè Vittorio Giardino, uno dei più importanti autori femminile, che dal fumetto si era sempre tenuto lontano.
italiani, creatore delle storie del ginevrino Max Fridman - Mercato aperto, questo, anche per le storie d’autore, co. Solo la Francia, allora, che aveva una solida cultura del- me - per fare un esempio - “Julia” di Giancarlo Berardi,
l’immagine disegnata, riconosceva alle ‘bande dessinée’ considerato il miglior sceneggiatore italiano. “Il pubblico
uno status narrativo autoriale. Capitava così che il mio delle graphic novel, indipendentemente dalle politiche
‘Rapsodia ungherese’ venisse recensito, esattamente co- di marchio e di marketing, ha apprezzato soprattutto teme un libro, da riviste letterarie come ‘Lire’. Nel 1979 ‘La mi legati alla denuncia sociale, alla realtà contemporafoire aux immortels’ di Enki Bilal venne considerato il mi- nea, alle rivisitazioni di periodi storici trascurati - concluglior romanzo francese dell’anno. E allora non si parlava de Giardino, che ha contribuito a questa arte con il pluriancora di ‘graphic novel’, anche se le storie di Pratt, Cre- premiato “No pasaran” dedicato alla guerra civile spagnola -. Basta pensare a ‘Persepolis’, dell’iraniana Marjapax, Micheluzzi già lo erano”.
Effettivamente il fumetto non è mai stato considerato ne Satrapi, che da graphic novel è diventato film d’animaun medium di nicchia. Al contrario, quand’anche consi- zione e ha vinto il premio della Giuria a Cannes nel 2007”.
La nuova “comedy noir” intreccia i fatti e i misfatti più scottanti della recente cronaca quotidiana
C
on lo stile della graphic novel le
tavole di Marco Scuto accompagneranno, dalla prossima settimana, il nuovo romanzo breve di Anonymous: “341bis”. Una “comedy noir”
che i lettori del Caffè potranno seguire, puntata
dopo puntata, colpo di
scena dopo colpo di scena,
per una ventina di settimane. Una storia semplice,
apparentemente ordinaria,
alla quale - come spesso capita nella realtà - basterà un
irrilevante imprevisto per
trasformarla in un’altra storia, senza via d’uscita.
Un racconto naturalmente inedito, sia per il contenuto, sia
per la forma e destinato a trasformarsi
in e-book gratuito dopo la pubblicazione online in uno spazio dedicato sul sito www.caffe.ch.
Una storia che forse sfugge alle caratteristiche di un genere ben preciso,
ma che in ambito cinematografico sarebbe probabilmente etichettata come
“comedy noir”: gli elementi del giallo
che si stemperano nella commedia. O
forse è meglio considerarla una commedia che, man mano che si svolge, in-
Colpi di scena
a puntate
sulle pagine
del Caffè
volontariamente assume i contorni del
giallo.
Un giallo “casalingo”, perché
“341bis” - che pure non ha nessuna delle particolarità del thriller - nasconde
tutti gli ingredienti più scottanti della
cronaca quotidiana. Un po’ come succedeva nella serie di racconti “La finestra sul cortile”, sempre di Anoymous,
che il Caffè sta pubblicando da mesi trasformando in protagonisti gli inquilini
di un condominio ticinese, con il vecchio e saggio Lüis a fare da fil rouge, se
non da impiccione nelle vite degli altri.
Anche quella serie di racconti, che
si concluderanno con l’edizione della
prossima domenica, pescavano nei fatti e misfatti, avvenimenti e persone, descritti profusamente dai media negli
ingredienti necessari. Ingredienti che
s’accompagnano a quelli rituali, banali,
che tutti noi troviamo spesso miscelati
con la vita di tutti i giorni. La vita nostra
o quella di parenti, amici, conoscenti.
Insomma, quei particolari generalmente inosservati che, una volta inanellati in una serie di fortuite circostanze, si ritrovano a comporre un puzzle
dai contorni inizialmente inimmaginabili. Elementi che, anche una volta
emersi in tutti i loro aspetti e conseguenze, manterranno intatto l’effetto
sorpresa finale.
Puntata dopo puntata, colpo di scena dopo colpo di scena, constatando
quanto sia veritiero il proverbio “l’apparenza inganna”, faremo conoscenza
con tutti i protagonisti coinvolti in
“341bis”. A partire dal protagonista, il
nome scritto a caratteri più grossi in
cartellone, l’irreprensibile 55enne
Franco Remondini, che riassume su di
sè pregi e difetti di un’intera categoria
professionale.
Si potrebbe dire che il nostro bancario luganese, sulla carta, ha le physique du röle che spesso caratterizza chi
si mantiene con eleganza in equilibrio
tra vizi privati e pubbliche virtù. Un
equilibrio che, com’è noto, basta un
nonnulla per diventare instabile...
IL CAFFÈ
8 giugno 2014
36
tra
virgolette
Trasparente, fresca,
chiara o agli aromi,
la forma dell’acqua
L
audato si’, mi’ Signore, per sor’aqua, la quale
è multo utile et humile et pretiosa et casta.
Nessuno come San Francesco ha saputo trovare parole così semplici e alte per descrivere l’essenzialità vitale del più liquido degli elementi.
Umile e utile, preziosa e poeticamente pura. Di
fatto l’acqua è la parte liquida dell’essere, non a caso la sua trasparenza diventa simbolo di verità.
Come le chiare, fresche e dolci acque di Francesco
Petrarca.
È stata la prima bevanda della storia. Ed è
tutt’ora la più consumata al mondo. Eppure non
ha nessun sapore. O forse proprio perché è insapore va bene a tutti. I chimici la riassumono con
la stringatissima formula H2O. Ed è affascinante
pensare che due atomi di idrogeno e uno di ossigeno siano l’algoritmo della vita dell’uomo e del
pianeta. Noi stessi, del resto, siamo fatti in buona
parte d’acqua. Che è la base invisibile di quasi tutto quello che beviamo, dal vino alla birra, dal chinotto al succo di pomodoro, dal tè al caffè. Ma oggi che abbiamo tutti sempre più voglia di natura-
lità, la bevanda trasparente sta tornando prepotentemente di moda. Meglio se aromatizzata con
fiori e frutta. Perché basta una manciata di menta,
della scorzetta di limone, un cucchiaio di miele e
qualche fiorellino di finocchio selvatico per dissetarsi fino alla settima generazione. Oppure una
lacrima di anice, che è la base di tutti gli aperitivi
che profumano di Mediterraneo, dall’ouzo greco
al pastis del Midi francese fino al mistrà dell’Adriatico. E poi ci sono gli sciroppi di amarene,
cedro, menta, orzata che ci riportano in un sorso
alla meglio età. Quando per invogliarci a bere,
mamme amorose e zie premurose ci preparavano
bicchieroni color arcobaleno.
Ancora più invitanti se appannati dal ghiaccio. Che dell’acqua è la sublimazione solida. Dissetante e conservante, rinfrascante e stuzzicante.
Il cristallo da bere è il simbolo del refrigerio estivo. Cocktail e aperitivi si servono sempre on the
rocks. E quell’allegro tintinnio dei bicchieri pieni
di colori e di aromi è la campanella della ricreazione della società liquida.
di
CAROLINA
Ingredienti per 4 persone
- 2 pesche
- 2 albicocche
- 1 rametto di rosmarino
Al sapore
di pesche, albicocche
e rosmarino
ELISABETTA MORO
LA RI ETTA
oltreilcibo
La prima bevanda della storia, la più
consumata al mondo. È l’algoritmo
della vita dell’uomo e del pianeta
Riempire di acqua naturale
un’apposita caraffa. Lavare
accuratamente la frutta e il
rosmarino. Tagliare la frutta
a fettine e denocciolare.
Mettere la frutta e il
rametto di rosmarino nella
caraffa. Lasciare la caraffa
in frigorifero per un paio di
ore almeno (oppure
preparare la sera prima),
senza né mescolare né
agitare. Togliere dal frigo
solo al momento di servire.
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IL CAFFÈ
8 giugno 2014
37
tra
virgolette
Il fenomeno
Il casinò online
è di nuovo legale,
giovani a rischio
Gli esperti: “Necessari controlli
sui pericoli dell’azzardo in Rete”
L
a minaccia viene ancora dal web. Qui la ruota
della fortuna gira senza soste, senza controllo e senza precauzioni,
in una zona franca dove è molto
facile perdere dei soldi e rovinarsi. I giochi d’azzardo on line
sono in crescita, l’offerta ormai è
molto diversificata e soprattutto
i giovani e giovanissimi, che usano sempre più internet, potrebbero restare pericolosamente
impigliati nei pericoli della Rete.
Soprattutto con la novità che affiora dal nuovo progetto di legge
presentato dal Consiglio federale che punta a regolamentare il
gioco d’azzardo, ma che reintroduce, dopo averli severamente
vietati, i giochi su internet. “ Sarà
importante ora mettere in piedi
un efficace sistema di controllo”,
spiega lo psichiatra Tazio Carlevaro, specialista in gioco patologico (vedi intervista a lato).
“C’è da dire che per ora il fenomeno del gioco on line, visto
dal nostro osservatorio, è circoscritto, soprattutto nel nostro
cantone”, spiega Anna Maria Sani, psicologa e psicoterapeuta
coordinatrice del “Gruppo azzardo Ticino”. Ma in futuro il pericolo potrebbe diventare molto
più concreto. Secondo la nuova
normativa, che ora dovrà passare alle Camere federali, le concessioni per i giochi su internet
potranno essere assegnate alle
aziende che garantiranno di avere le necessarie capacità tecniche. Quindi i casinò, ma non solo. E, secondo le prime indicazioni che arrivano da Berna, a livello nazionale ci sarà spazio per
due, tre gestori.
“Il problema, però, non riguarderà tanto chi giocherà sui
circuiti ufficiali - avverte Sani -,
cioè nei siti delle aziende che otterranno una normale concessione, e dove i giocatori sono
identificabili e dunque controllabili, quanto invece in quelli illegali, che attraggono di più. In
Francia una tendenza di questo
tipo si è già notata”. Ma anche in
Italia, da dove arriva pure un’altra minaccia: le slot. Quelle
macchinette che in Svizzera sono state eliminate da una legge
federale e sono permesse soltanto all’interno dei casinò dove
c’è un controllo adeguato, ma
che si ritrovano appena si passa
la dogana. E il quadro è allarmante. Soltanto nella provincia
di Como, seconda soltanto a Pavia per le giocate pro capite all’anno (quasi 2000 franchi) è stato calcolato dal servizio dipendenze dell’Azienda sanitaria, ci
sono circa ottomila giocatori patologici e 15 mila problematici.
“Quando incontriamo i colleghi italiani - spiega Sani - ci
raccontano vicende tristissime e
drammatiche che toccano sempre più i giovani. Storie di sofferenze dove le prime vittime sono
spesso i bambini, i più fragili.
Fortunatamente i dati della realtà ticinese sono incoraggianti.
Noi nel nostro consultorio abbiamo avuto in un anno 53 richieste d’aiuto, e il nostro sito in
sei mesi è stato vistato 32 mila
volte. Chi si è rivolto a noi, direttamente o attraverso i familiari,
ha ottenuto le prime due visite
gratuite e in forma anonima, a
loro, abbiamo spiegato la natura
della patologia e i meccanismi
del gioco d’azzardo che è per sua
natura imprevedibile e incon-
La prevenzione
1
GLI AIUTI
Nel 2013 al servizio del
Gruppo azzardo Ticino,
anche con un numero verde
sono arrivate 56 richieste
d’aiuto. E 32 sono state le
consulenze individuali.
2
3
I GIOVANI
Sono 334, secondo un recente
studio realizzato dalla Supsi, i
giovani fra i 14 e i 17 anni che
rientrano nella categoria dei
giocatori patologici o a rischio.
LA FREQUENZA
I giochi più popolari restano in
Ticino le lotterie a numeri,
il poker e le scommesse sportive.
Molti poi i giovani dai 18 ai 25 anni
che frequentano i Casinò.
4
I PROGRAMMI
Solo in Ticino l’anno scorso i
programmi di prevenzione hanno
toccato 150 studenti e 101
professionisti che hanno
partecipato a corsi di formazione.
“Ma il problema vero
resta quello dei siti
illegali, in Francia
questa tendenza
è già stata notata”
trollabile”.
Il Ticino la proporzione di
giocatori a rischio e patologici
nella popolazione di giovani fra i
14 e 17 anni , come è emerso da
un recente studio della Supsi, è
pari al 2.5 per cento. “Ciò significa - è scritto nella ricerca - che la
prevalenza attuale del fenomeno interessa circa 334 adolescenti”. Per questo il “Gruppo
d’azzardo Ticino” punta molto
sulla prevenzione, l’anno scorso
ha incontrato 150 studenti per
spiegare i rischi ai quali vanno
incontro.
Poi ci sono gli adulti. Che
vengono risucchiati da un’ autentica giostra che va dai gratta&vinci alle scommesse sporti-
ve, alle tombole sino ai dadi. E
ora dalle corse di cavalli, visto
che pure in Ticino nei bar dotati di televisori, messi a disposizione da Swisslos, si può adesso
scommettere in diretta con i
principali ippodromi europei E
la vincita può arrivare sino a 400
mila franchi. Nella Svizzera francese questo genere di “puntate”
è molto popolare. “Per questo conclude Sani - è importante
continuare a lavorare e a monitorare la situazione”.
m.sp.
L’intervista
Lo psichiatra Tazio Carlevaro
“L’obbligo
di registrarsi
favorirà
le verifiche”
“L
o spazio, secondo gli
esperti, è di due o tre società per il gioco on line,
non di più”, dice Tazio Carlevaro,
psichiatra e psicoterapeuta, specializzato in disturbi ansiosi e in
gioco patologico, che ha seguito
da vicino i diversi passaggi della
nuova legge.
Lei diceva che ci saranno,
due, tre mandati al massimo. Significa altrettanti circuiti di scommesse?
“Questi saranno i circuiti legali. All’infuori il gioco online resterà proibito esattamente come
adesso”.
Il gioco online ha elementi
di pericolo?
“Partiamo intanto da una
considerazione. Oggi il fenomeno
è molto circoscritto. È chiaro che
ogni apertura a un nuovo gioco
può incentivare l’attività di persone fino a quel momento estranee,
ma credo che l’intendimento del
Consiglio federale fosse piuttosto
quello di reindirizzare chi già gioca in internet, verso siti svizzeri,
per ragioni di sicurezza (misure di
prevenzione) e per ragioni economiche (è denaro che va all’estero)”.
Sarà così anche in futuro?
“Intanto, con la nuova legge
chi avrà la concessione dovrà offrire una serie di garanzie. In secondo luogo il gioco online è più
controllabile perché devi iscriverti alla piattaforma. Inoltre, sono
previste misure per permettere
alle persone di poter smettere.
Certo, poi qualcuno magari entrerà in un sito illegale, ma questo
lo può già fare”.
Dunque, le preoccupazioni
sono minime?
“Affatto. Sono grosse. Perché
una volta detto sì alla legge bisognerà mettere in piedi, costruire il
sistema di controllo e di osservazione. Ma esistono già programmi informatici che permettono di
capire se un giocatore sta esagerando, se è arrivato alla soglia”.
Nell’online che giocatori ci
sono?
“Penso che giocatori di casinò
(ossia, che ricercano un certo ambiente sociale) e giocatori solitari
in internet siano strutturalmente
diversi, nel senso che cercano anche altre sensazioni, e inquadrano il gioco in un altro modo, nel
loro vissuto. In un certo senso, è
più facile avere sotto controllo un
giocatore che gioca in internet
con una carta di credito”.
IL CAFFÈ
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38
tra
Il politically correct
ammazza il cinema
momento all’altro ci aspettiamo
che per motivi morali – dove sono
i personaggi positivi? – tolgano
dai programmi scolastici anche
Shakespeare e il suo “Macbeth”.
Ci stiamo arrivando, per la verità. Un mese fa il New York Times
riferiva che in certe università
americane gli studenti vorrebbero essere avvertiti, in caso di contenuti controversi. Per esempio,
delle scene di misoginia contenute in “Il Grande Gatsby” di Francis
Scott Fitzgerald. La nostra edizione doveva essere purgata, di misoginia non c’era traccia. C’era invece una ragazza corteggiata a
suon di soldi e attenzioni.
Ha fiutato l’aria anche la ditta
IL CLASSICO
“Il Grande
Gatsby” un
classico del
cinema, ma
contestato
nelle
università
americane
per la sua
presunta
misoginia
Walt Disney, che in “Maleficent”
di Robert Stromberg rifà i connotati alla strega cattiva di “La
bella addormentata nel bosco”.
Fuori, Angelina Jolie ha gli zigomi taglienti e le corna trattenute
da una fascia in pelle di serpente. Dentro, non è cattiva come la
disegnano (impressionante, comunque, la somiglianza con il
vecchio film a disegni animati).
Ha solo avuto, in gioventù, una
grande delusione d’amore. Prima manda maledizioni e poi si
addolcisce. Per forza poi i bambini non capiscono più nulla, e
invece di imparare la morale
della favola finiranno per fidarsi
di chiunque.
MARCO BAZZI
IL TEMPO
DEGLI
ASSASSINI
Henry Miller
(Feltrinelli)
“Ed ecco il grande
Arthur Rimbaud”
C
os’hanno in comune Henry Miller e Arthur
Rimbaud? Moltissimo, stando all’autore di
Tropico del Cancro, che nel suo saggio Il
tempo degli assassini traccia un magistrale ritratto
di quello che considera un suo fratello di sangue.
Entrambi maledetti, girovaghi, entrambi capaci di scandalizzare e di sconvolgere le regole della
letteratura e della poesia. In secoli e continenti diversi, anche se proprio Parigi fa da sfondo al capolavoro di Miller.
Lo scrittore americano rivendica alla poesia il
compito di risvegliare le coscienze assopite da tecnologia e modernità.
“Poniamoci, prima di tutto, questa domanda.
Chi è che oggi fa sentire la propria voce, il poeta o
lo scienziato? Stiamo pensando alla Bellezza, anche se amara, o all’energia atomica? E qual è il
principale sentimento oggi ispiratoci dalle nostre
grandi scoperte? Il terrore! Conoscenza senza
sapienza, comodità senza sicurezza, credenze
senza fede: ecco quello che abbiamo. La poesia della vita è espressa unicamente in termini
di matematica, di fisica, di chimica. Il poeta è
un paria, un’anomalia. È avviato all’estinzione”.
E scrive: “Adesso tutti gli uomini debbono
essere risvegliati, e senza indugio, se no si perisce. Ma l’uomo non perirà, questo è garantito.
Periranno una cultura, una civiltà, un modo di
vivere. Quado questi morti si desteranno, e si desteranno, la poesia sarà propriamente la sostanza della vita. Possiamo permetterci di perdere il
poeta se si tratta di salvare la poesia”.
I poeti e i veggenti, afferma Miller, “hanno continuato per intere generazioni ad annunziare quel
nuovo mondo, ma noi ci siamo rifiutati di prestar
fede. Noialtri, quelli delle stelle fisse, abbiamo respinto il messaggio dei vagabondi del cielo. Li abbiamo considerati pianeti morti, spettri fuggitivi,
sopravvissuti di catastrofi da tempo dimenticate”.
Ancora un’immagine folgorante: “Il poeta è simile a un prodigioso, sconosciuto uccello infognato nelle ceneri del pensiero”. Il resto è il racconto
delle peripezie, delle odissee, dei tormenti del
grande Rimbaud.
PUBBLIREDAZIONALE
PUBBLIREDAZIONALE
one sul numero 5, portata a termine con
Vincitori su tutta la linea: grazie alla sua missi
ha imparato una lezione di vita.
successo, questa classe di Oberdiessbach (BE)
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5555 fr.
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Vincitori solidali:
l'insegnante Röthlisberger mostra il Congo.
In questo Paese sostengono attivamente, con la donazione
di mucche, un progetto d'aiuto per famiglie povere.
I cinque passi verso la felicità
Se 16 scolari festeggiano insieme al
loro insegnante, l’ambiente si fa rumoroso. Ma quando i 16 scolari della 2a
media di Oberdiessbach (BE) festeggiano con il loro insegnate Friedrich
Röthlisberger, tremano le pareti. La
loro gioia è incontenibile: nel concorso
di anniversario Lidl hanno infatti ottenuto il primo posto e quindi vinto il
premio principale di 5555 franchi grazie a una storia sul numero 5. Congratulazioni!
Cinque passi per raggiungere la felicità. Primo: si sono issati un obiettivo
comune, la vittoria. Secondo: si sono riuniti e hanno lavorato duramente per
raggiungere l’obiettivo. Insieme hanno
cercato il numero 5 nella loro vita quotidiana trovandolo dappertutto.
Cinque giorni di scuola, cinque lezioni
al giorno, pause di cinque minuti, natu-
Vittoria! Con fantasia e unione 16 scolari di
Oberdiessbach (BE) hanno raggiunto un
obiettivo comune: nel grande concorso di
anniversario Lidl, si sono piazzati al 1° posto.
ralmente cinque dita dei piedi e delle
mani, cinque continenti e anche le
cinque rose come simbolo dell'amore.
Röthlisberger: «Questo numero è semplicemente geniale!» Terzo: fare opera
di convincimento, ad esempio con la
bellissima foto di classe nei cinque colori delle Olimpiadi. Quarto: aspettare il
risultato.
A volte i 14-16enni si chiedevano se
avrebbe veramente funzionato. Andrea racconta dove trovavano la motivazione in quei momenti: «Abbiamo
ottimizzato l’obiettivo! Invece di tenere
il denaro per la nostra gita in Vallese, ci
siamo accordati per regalare una mucca alle persone povere in Africa.» Röthlisberger: «Il progetto d’aiuto sostiene
famiglie in Congo, abbiamo già creato
il contatto e siamo ieri che funzioni!»
Quinto: mantenere i nervi saldi nella
fase inale. E guarda un po’, ha funzionato.
Scolari che superano se stessi,
perseguono chiari obiettivi e riescono
a essere uniti; tutto merito dell’inse-
gnante? «Ehm», aferma Sandro, «beh,
il signor Röthlisberger sa essere super
motivante!» Sascha annuisce e aggiunge: «A lui sta molto a cuore anche
l'umanità, l'onestà e il coraggio di essere fedeli a se stessi.» Sono lezioni di
vita che permettono di afrontare il futuro ben preparati.
Per l'insegnante, il fatto che la classe si
sia aggiudicata il primo posto ha un
valore molto maggiore dei 5555
franchi: «Racconto sempre di quanto
sia importante avere degli obiettivi
nella vita e di come bisogni perseguirli
con tenacia. Questa vittoria è la prova
più bella che si può ottenere quasi tutto.»
Chi vede la felicità nei volti dei vincitori
non può fare a meno di gioire con loro.
Lidl non avrebbe davvero potuto augurarsi vincitori più meritevoli.
Foto: Adrian Bretscher (3), Geri
N
ulla è più inedito della carta stampata”, diceva Ennio
Flaiano. Nulla è più attuale di una polemica vecchia di decenni. Torna fuori a intervalli regolari – ogni volta che una nuova
serie oppure un nuovo film offrono l’appiglio al giornalista collettivo, quasi mai specialista della
materia – e lascia il tempo che trova. Nel senso di lì a pochi mesi
verrà ritirata fuori senza neanche
una spolveratina e discussa come
se fosse lo spunto più originale
del mondo.
Tra le top ten – assieme ai
danni della tv e alla solitudine dei
giovani d’oggi sempre con gli auricolari nelle orecchie – c’è il lamento sui film e sulle serie che
propongono personaggi negativi.
Èaccaduto con “The Wolf of Wall
Street” di Martin Scorsese, sta accadendo di nuovo con la serie tv
“Gomorra” in onda su Sky, tratta
dal reportage romanzesco di Roberto Saviano. Già Matteo Garrone ne aveva tratto un film, levando di mezzo le denunce che azzoppano la narrazione. I messaggi si mandano per posta, diceva il
saggio produttore Samuel Goldwyn, e noi siamo convinti che le
denunce vadano depositate in tribunale.
Non importa se non l’avete vista la serie, si era fatto lo stesso
identico discorso per la serie tv “I
Soprano” (un mafioso adorabile
che butta un cadavere in discarica e poi va da una psicoanalista a
farsi prescrivere il Prozac?). Da un
Depurare i film
e le serie tv
dai cattivi,
alla fine è pure
diseducativo
schermi
MARIAROSA MANCUSO
libri
virgolette
Lidl ringrazia
Si è così concluso il grande
concorso d’anniversario
In occasione dei suoi 5 anni in
Svizzera, Lidl cercava le più belle
storie sul numero 5. I lettori hanno
scelto il vincitore del premio
principale del valore di 5555 franchi.
Lidl ringrazia di cuore
per l’enorme partecipazione!
IL CAFFÈ
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39
virgolette
tra
Il dibattito
L’intervista
Cassis dedica metà tempo alla “cosa pubblica”
Parlamentari
“Questo incarico
è diventato
più impegnativo”
29ore
per
1
Il lavoro extra
Sette parlamentari su dieci
hanno risposto alla “Schweiz
am Sonntag” di avere un’attività
accessoria a quella politica,
mentre il 30% vive delle sole
entrate della carica
2
La provocazione
Secondo Christoph Blocher,
50mila franchi l’anno sarebbero
sufficienti per l’attività a Berna. Il
70% dei parlamentari, invece,
sostiene che non coprirebbero
a sufficienza le spese.
3
La percentuale
Anche se molti parlamentari
lavorano ben più delle normali
42 ore, le 29 ore settimanale, in
media, dedicate alla politica
rappresentano un potenziale del
70% del tempo totale lavorativo
per i 246 deputati alle Camere.
4
L’impegno a Palazzo
I parlamentari che hanno
risposto al sondaggio hanno
dichiarato di dedicare, in media,
il 63% del loro tempo lavorativo
totale all’attività di parlamentare
sotto la cupola di Palazzo.
La settimana tipo
del politico a Berna.
È occupata al 70%
con un onorario
da 131mila franchi
Ti-Press
Il sondaggio
Q
IGNAZIO
CASSIS
Medico,
siede al
Nazionale
dal 2007
V
entinove ore settimanali dedicate all’attività politica come parlamentare federale. Sarebbe un impegno di circa il
70% su una settimana lavorativa “normale” da 42 ore. Ed è la media rilevatada un sondaggio che il settimanale “Schweiz am
Sonntag” ha condotto tra i 246 deputati all’Assemblea federale dopo la provocazione di Christoph
Blocher, che durante la sua ultima sessione ha
puntato il dito contro i compensi dei parlamentari. Com- IL FOGLIO PAGA
pensi che, secondo il leader- Remunerazione dei membri delle camere federali
dell’Udc, dovrebbero avere
Spese
un tetto fissato a 50mila fran- Entrate
chi, ossia il 30% dell’attività
Salario base 1
26’000
Risarcimento forfait 33’000
totale, mentre il restante 70%
dovrebbe essere guadagnato
Gettone presenza
35’500
Spese pasti
9’800
al di fuori dalla politica. “La
Rimborso trasferte 2
470
Pernottamenti
10’000
quota di 29 ore è certamente
plausibile - spiega il politoloMalattia, infortuni
460
Viaggi (2/3) 2
900
go Nenad Stojanovic -, anche
se bisogna capire innanzitutRisarcimenti 3
10’100
Spese auto
4’640
to cosa s’intende con ‘lavoro
Totale 72’530
Totale 58’340
parlamentare’. Quello di base
è costante ormai da anni. Ci Reddito medio totale
130’870
sono le tre sessioni in parlamento e la presenza in alme- Spese
no una commissione. Questo
impegno non credo sia in creCollaboratori
15’000
scita”.
Manutenzione, ristorazione
18’000
Ma l’occupazione di un
deputato federale non si limiSpese di partito
12’000
ta certo alle discussioni e alle
votazioni sotto la cupola delSpese d’uffico
15’000
Palazzo. Perché l’impegno è
Campagna elettorale
8’100
anche legato all’attività dei
singoli partiti. “Sono certa- Spesa media totale
68’000
mente da tenere in considerazione le sedute dei gruppi 1. Vacanze non compensate 2. 2/3 non tassate 1/3 tassate 3. Senza Lpp, 2º pilastro
Fonte: Schweiz am Sonntag
parlamentari - osserva Stojanovic -. E spesso i partiti costituiscono anche dei sottogruppi. Senza poi dimenticare la presenza delle lobby a Berna. I gruppi
d’interesse molto spesso organizzano incontri e
attività a cui i parlamentari partecipano. Che que-
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sto tempo sia da considerare come impegno parlamentare, per la verità, è piuttosto dubbio”. L’ipotetico 70% dei parlamentari raggiunto dal sondaggio, dimostra però che la distanza tra il concetto di
politico di milizia e politico professionista è sempre più sottile. “Siamo in effetti molto vicini ad un
impegno professionale - conferma Stojanovic -. E
il professionismo, di regola, s’imporrebbe anche
per un parlamento come quello svizzero”. Che,
poi, la base di calcolo ideale non sia quella delle 42
ore (vedi articolo a lato) è molto probabile, soprattutto per i molti liberi professionisti che siedono
sugli scranni bernesi.
D’altra parte, anche il compenso riservato ai
parlamentari di milizia svizzeri non è molto lontano da un discreto livello di professionismo. Tra i
120 e i 130 mila franchi l’anno per un impegno di
29 ore settimanali (ovviamente in media). “Secondo me è una base d’entrata accettabile anche se il
politico non ha un’altra attività - nota Nenad Stojanovic -. Pur non trattandosi di una cifra enorme,
soprattutto in rapporto all’economia privata e al
fatto che stiamo pur sempre parlando della ricca
Svizzera. Un diplomato universitario con un’età
attorno ai 40 anni guadagna almeno il doppio se
svolge un’attività nel settore privato. Ci sono comunque diversi fattori da tenere in considerazione”. Non da ultimo il fatto che circa un terzo dei
parlamentari che hanno risposto al sondaggio dichiara di non avere altra attività oltre la politica. Il
che conferma che con questa carica, in realtà, si
può vivere anche in Svizzera.
La provocazione di Blocher, insomma, ha ben
poche possibilità di trovare terreno fertile a Palazzo. Visto che anche alcuni suoi colleghi udc hanno
dichiarato che con 50mila franchi l’anno sarebbe
difficile coprire tutte le spese necessarie per la
presenza a Berna. “È vero, da un lato, che molti deputati sono benestanti o hanno attività che garantiscono a loro guadagni aggiuntivi - conclude Stojanovic -. Ma bisogna considerare che la carriera
politica è aperta anche ai cittadini comuni, che
non hanno chissà quali altre entrate, e nulla impedisce che siano eletti”.
m.s.
uello del parlamentare
federale è un lavoro stimolante, ma che negli
anni è diventato più intenso.
Che richiede perciò tanta energia e molto tempo. Lo conferma
Ignazio Cassis, medico di professione, che al Consiglio nazionale
siede dal 2007. “L’impegno è però molto diversificato tra i parlamentari - osserva -, per cui è difficile calcolare percentuali precise sul tempo dedicato alla politica. Anche perché non sono pochi i colleghi che lavorano 70-80
ore la settimana. Di sicuro a Berna sono in pochi a fare orari
d’ufficio. Ed è giusto che sia così
per l’importanza della funzione
che siamo chiamati a ricoprire”.
Ci sono differenze in base
all’estrazione politica?
“Direi che più si va a sinistra,
più la politica viene vissuta come attività principale, a se stante. Mentre andando a destra è
più accessoria”.
Dalla sua esperienza, come
sta evolvendo il “mestiere”
di parlamentare a Berna?
“Col passare degli anni ho visto l’impegno in ore e in tempo
in generale aumentare molto. Se
questo lavoro lo si fa bene, l’impegno è notevole”.
Perché è aumentato?
“Innanzitutto per una crescita netta dell’attività di regolamentazione. Siamo un Paese
che sta molto bene e quindi la
tendenza è quella di voler regolare tutto nei minimi dettagli.
Spesso, purtroppo, anche in modo eccessivo”.
Vede altre ragioni?
“Due. La pressione e le eisgenze mediatiche sono esplose
con l’aumento dei mezzi d’informazione. Non tanto i giornali,
ma soprattutto tv private e portali internet. Ci sono giornate in
cui rispondo più e più volte alla
stessa, identica, domanda. C’è
poi un’evidente spettacolarizzazione della politica. A livello ticinese, ma anche nazionale. Siamo passati dal classico ‘cogito,
ergo sum’ all’attuale ‘appaio, ergo sum’. In una società dove l’immagine è tutto, sovente anche i
politici vengono scelti per l’immagine. Indipendentemente
dalle loro reali qualità”.
Lei quanto tempo dedica
all’attività parlamentare?
“Circa la metà. Per il resto sono medico, ma mi occupo di salute pubblica, non sono un medico clinico”.
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IL CAFFÈ
8 giugno 2014
40
tra
virgolette
Lo studio
La
I costi
economici
e sociali
dei ritardi
nel saggio
di un manager
e di un musicista
puntualità
è una virtù
e fa crescere il Pil
U
no gioca sul ritmo del tempo per far andare avanti le aziende. L’altro il tempo
lo usa per imbastire le note delle partiture musicali. Insieme, però, hanno
scoperto che la puntualità è una virtù. E
quando manca, quando non viene considerata importante, i danni possono essere devastanti. Ad
esempio solo in Italia i ritardi fanno perdere all’economia 22 miliardi di euro all’anno, in pratica dall’1,5
per cento al 2 per cento del Pil nazionale. A questa
ed altre conclusioni sono arrivati Andrea Battista,
dirigente d’azienda e presidente di Ypo, un’associazione che riunisce presidenti e amministratori delegati under 45 anni, e Marco Ongaro, musicista e paroliere (ha vinto il premio Tenco 1987), nel loro saggio “Elogio della puntualità”, (Giubilei Regnani Editore).
Un titolo che rilancia un concetto che in Svizzera da secoli è il dato acquisito di un valore sociale
che ormai fa parte dell’iconografia nazionale. E che
ha origine a Ginevra nel 1541, quando Calvino lo legò all’orologio, come ricorda Oliver Scharpf nel suo
“Lo chalet e altri miti svizzeri” (Capelli editore). “Io
credo che la puntualità, che si coniuga con l’affidabilità, sia innanzitutto un fatto culturale - spiega
Battista - e non dato dal dna: non si nasce ritardatari, si diventa. In Svizzera, ad esempio, sarebbe ridondante parlare di puntualità, in Ecuador dove i ritardi sul posto di lavoro sottraggono il 4.3 per cento
del Pil invece no”. Ed è inutile provare a leggere, o
giustificare, il fenomeno riportandolo all’organizzazione degli Stati, al funzionamento di treni, mezzi
pubblici, poste. “No, perché - aggiunge Battista - se
uno sa che il bus, ad esempio, parte spesso in ritardo
I profili
Sistematico Ossessivo
CI PROVA SEMPRE
VA IN SOFFERENZA
È il profilo di chi
vorrebbe arrivare
sempre in orario, ci
prova e ci riprova,
ma per un motivo
o per un altro non
riesce. E finisce
per “bucare” gli
appuntamenti
accumulando
sensi di colpa.
È colui che fa della
puntualità non solo uno
stile di vita ma una
caratteristica, una
peculiarità
personale. Dunque
cerca sempre una
motivazione per
arrivare puntuale
e non sopporta chi
invece è in ritardo.
o che troverà una coda in autostrada, parte prima.
Non si può fare una lettura di sistema. Molto dipende dall’educazione, dal rispetto verso gli altri. Ed è
un fatto individuale che poi in alcune realtà diventa
collettivo”.
In Svizzera con la puntualità sul lavoro, e questo
si sa, non si sgarra. “I ritardi da noi strutturalmente
non esistono - spiega Domenico Basile, esperto nella gestione di risorse umane e docente dei corsi per
gli esami federali -. Ma non solo. In Svizzera interna,
L’intervista
dove lavoro spesso, vengono considerati quasi un disonore. Diciamo però che negli ultimi anni l’organizzazione del lavoro e la flessibilità sono venuti incontro al lavoratore. Molti oggi possono operare da casa,
è cambiato il concetto: non importa dove tu sia, l’importante è che svolga la tua attività e realizzi gli obiet-
L’obbligo contrattuale visto dall’esperto in diritto del lavoro
“Chi non rispetta gli orari
rischia se poi va in giudizio”
L’
IL LEGALE
L’avvocato
Costantino
Delogu,
specializzato in
diritto del lavoro
anno scorso in Svizzera, come
ha calcolato l’Ufficio federale di
statistica, il numero totale di ore
lavorate ha raggiunto quota 7,665 miliardi, segnando un lieve aumento dello 0,2% rispetto al 2012. “Ma la produttività non è più quella di venti anni fa.
Comunque regge bene il confronto con
gli altri Paesi”, dice l’avvocato luganese
Costantino Delogu, specializzato in diritto del lavoro che ha seguito numerose e importanti vertenze.
Avvocato, quanto conta la puntualità nei rapporti di lavoro?
“Parecchio, è un aspetto importante della catena produttiva”.
È una caratteristica che viene ancora apprezzata e osservata nelle
aziende?
“Assolutamente sì. Anche nei colloqui per le assunzioni. Essere precisi, rispettare i tempi, è un valore aggiunto.
Mentre il ritardo, se diventa sistematico, ha un suo peso”.
Ed è mai stato un motivo di licenziamento?
“Francamente non ho mai seguito
cause di licenziamento scatenate unicamente per questo motivo”.
Segno che il problema, almeno in
Ticino, non è poi così grave?
“È probabile. Però, va chiarito, il ritardo è uno dei motivi che concorrono,
insieme ad altri, per un licenziamento.
Questo succede quando i rapporti tra
azienda e dipendente si deteriorano irrimediabilmente e si finisce in giudizio”.
L’azienda tira fuori tabelle e orari
non rispettati?
“Nella discussione emerge magari
che un dipendente ha sforato l’orario,
un elemento apparentemente poco
importante ma che concorre, se correlato ad altri aspetti negativi del comportamento di un dipendente, ai motivi che portano alla disdetta del rapporto di lavoro”.
A controbilanciare i ritardi, tuttavia, spesso ci sono gli straordinari
fatti e non pagati?
“Capita anche questo. Durante le
cause molti lavoratori sostengono di
aver lavorato oltre il normale orario
questo sì, capita”.
Dunque meglio sempre essere
puntuali, rispettare gli orari?
“Certo, quando si firma un contratto ci sono delle ore di lavoro da fare e
gli accordi vanno rispettati”.
tivi. Questo, naturalmente, non vale per chi lavora ad
uno sportello o ha a che fare quotidianamente con la
clientela”. Quando Basile comincia le sue lezioni il
primo concetto che spiega è proprio quello della
puntualità: “E calcolo anche il tempo perso se si comincia oltre l’orario presabilito. L’efficienza di una
azienda parte da qui, tutti e non solo i capi devono
dare l’esempio. C’è da dire però che ormai faccio corsi
anche in Lombardia e la cultura sta cambiando: trovo
anche qui professionisti sempre più responsabili”.
Stando a talune chiavi di lettura più si va a sud e
più il concetto di tempo è relativo. Secondo il fisico
Edward Teller il clima rigido del nord e le ore di luce
trasformano lo scorrere delle ore in un bene da non
sprecare. Nella cultura mediterranea, invece, si bada più ai legami sociali: se mentre si va a un appuntamento si incontra un amico si preferisce accumulare ritardo piuttosto che salutarlo velocemente e lasciarlo bruscamente. Poi, come ha sottolineato Jorgen Weibull, sociologo dell’Alta scuola di economia
di Stoccolma, se anche gli altri non sono puntuali
psicologicamente non si faranno sforzi per arrivare
prima all’appuntamento.
E questo porta ad una domanda oggi ricorrente:
vive meglio chi corre sempre per essere puntuale
con l’agenda sottobraccio o chi dà al tempo un valore più flessibile? Nel loro saggio Battista e Ongaro
per rispondere a questo interrogativo tratteggiano
quattro profili: l’ossessivo, il sistematico, l’indifferente e il cialtrone. “Io credo - spiega Battista - che
l’ideale sia la puntualità equilibrata. Quella di chi
calibra i tempi, ma capisce anche i ritardi, ad esempio, di una mamma che ha molto da fare. Non è ossessivo, ma realista”.
m. sp.
Cialtrone Equilibrato
SENZA INTERESSE
SA PERDONARE
Il cialtrone tra i quattro
profili tracciati nel libro
è colui che
assegna al
tempo un valore
molto relativo,
quasi inesistente.
Non ha motivazioni
e nè interesse
nell’organizzarsi per
arrivare all’ora stabilita.
È chi vuole e fa di
tutto per rispettare i
tempi prestabiliti,
dall’inizio delle
riunioni agli altri
appuntamenti. Ma
capisce anche gli
altri se arrivano in
ritardo, perché è
ragionevole; non è un
“talebano” del tempo.
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tra
virgolette
Lo studio
Il sociologo
L’opinione di Sandro Cattacin
“Si manifesta
una tendenza
decisamente
pericolosa”
La tutela dei diritti umani
non può essere à la carte
OMAR RAVANI
L
a Svizzera non può permettersi dei diritti dell’uomo “à la carte”. È la
conclusione di uno studio di Walter Kälin, direttore del Centro svizzero di competenze per i diritti umani, e da
Stefan Schlegel, assistente di diritto pubblico all’università di Berna. Secondo lo studio, ad incrinare
l’immagine della Confederazione
in questo delicato campo del diritto internazionale sono state le votazioni popolari per l’espuslione
dei criminali stranieri e quella per
vietare ai pedofili di lavorare con i
fanciulli. In poche parole o la Svizzera si adegua alla Convenzione
europea dei diritti dell’uomo (Cedu), oppure deve lasciare il Consiglio d’Europa. “Non c’è altra possibilità – spiega al Caffé Andrea Huber di humanrights.ch, membro
del gruppo ‘Dialogo Cedu’-. La
Svizzera non ha alcuna probabilità di spuntarla. La Convenzione è
uguale per tutti e va accettata così
com’è. Non può essere contestata
o peggio denunciata, essendo vincolante per tutti i Paesi”. Come
non è possibile anteporre il diritto
nazionale a quello internazionale.
La conseguenza di una tale scelta
sarebbe che la protezione dei diritti umani in tutta Europa verrebbe messa in grave pericolo. “Siamo davanti ad un principio base
del diritto internazionale – aggiunge la ricercatrice-. Un contratto di questo tipo funziona solo se è
rispettato da tutti gli Stati che
l’hanno sottoscritto. Altrimenti
saremmo di fronte ad una flagrante violazione, che il Consiglio
d’Europa, di cui la Svizzera fa parte da 40 anni, punirebbe pesantemente. Se è vero che non tutto
funziona a meraviglia, la Svizzera
deve, però continuare ad attivarsi
per le riforme nel campo dei diritti
dell’uomo”.
La Confederazione non può,
quindi, unilateralmente denunciare quello che non va, altrettanto scontato che deve accettare
certe decisioni anche se non le
piacciono. Altrimenti si rischiano
sanzioni da parte del Consiglio
d’Europa e, inoltre, si metterebbe
pure in pericolo la ragione stessa
dei diritti dell’uomo. “Saremmo
davanti ad un pericoloso effetto
domino precisa Huber -, che intaccherebbe alle radici la Convenzione stessa e il Consiglio d’Europa. Se, come vogliono alcuni partiti populisti di destra, si concedesse alla Svizzera un’eccezione
del genere, allora anche altri Paesi
potrebbero richiederla, con le
conseguenze che possiamo immaginare.” Ritenere che l’istituzione stessa sia pronta a farsi male
da sola è assolutamente impensabile. C’è anche chi propone che la
Crisi da voto popolare per l’immagine svizzera
Svizzera denunci la Cedu per poi
ridiscuterla, ma ciò è giuridicamente impossibile avverte lo studio: “Una decisione in questo senso porterebbe all’espulsione della
Svizzera dal Consiglio d’Europa –
precisa Huber-. L’unico Paese
che ne era stato escluso fu la Grecia dei colonnelli…”. Questa strada
è dunque assolutamente impraticabile per la Confederazione,
poiché indebolirebbe troppo la
politica di difesa dei diritti dell’uomo. Inoltre, gli svizzeri stessi
perderebbero la garanzia di un diritto fondamentale per ogni cittadino. Difatti ogni svizzero può rivolgersi al Consiglio d’Europa
quando si sente leso e quindi
sfruttare quella che l’ex senatore
Dick Marty ha definito: “Una polizza sulla vita per ciascuno di
noi”.
[email protected]
Q@OmarRavani
Gli organismi
1
2
3
4
5
CEDU
Convenzione europea
dei diritti dell’uomo.
Istituita nel 1950, ratificata
da Berna nel 1974. Tutela
le libertà fondamentali.
CONSIGLIO D’EUROPA
Promuove la democrazia e i
diritti dell’uomo. Fondato
nel 1949, può contare su 47
membri, fra cui la Svizzera,
che ne fa parte già dal
1953.
DIALOGO CEDU
È composta da 85
organizzazioni elvetiche
e comprende esperti
indipendenti appartenenti
a diverse Ong tra cui
Amnesty e Humanrights.ch.
CSDU
È il Centro svizzero di competenza per i Diritti Umani.
Promuove e facilita l’attuazione degli obblighi internazionali della Svizzera nel
campo dei diritti umani.
HUMANRIGHTS.CH
È un progetto che
s’impegna dal 1999 per
assicurare e potenziare il
rispetto dei diritti umani in
Svizzera. Coordina e redige
rapporti d’analisi sul tema.
La comedy noir del Caffè
Da domenica 15 giugno
Malafinanza, malapolitica
e torbide passioni
in un racconto di ventitré puntate
di Anonymous
Con una graphic novel
di Marco Scuto
N
on usa i toni drastici
della ricerca del professor Kälin, tuttavia il sociologo Sandro Cattacin avverte che la tendenza a cui si sta
assistendo oggi nel Paese non
può che preoccupare: “Non arriverei a dire che la Svizzera
potrebbe dover lasciare il Consiglio d’Europa, ma di sicuro il
successo d’iniziative come
quelle contro i pedofili o per
l’espulsione dei criminali stranieri stanno peggiorando l’immagine della Confederazione”.
Un’immagine che è stata
costruita in decenni nei quali
la Svizzera era riuscita a conquistarsi un ruolo internazionale importantissimo come
Paese d’accoglienza. “Ma non
solo. Anche la lunga tradizione
elvetica di Paese mediatore potrebbe subire un colpo durissimo”, osserva Cattacin.
A tutto questo si aggiunge
una debolezza del sistema giuridico: “Dal profilo costituzionale c’è troppa arrendevolezza
- continua il sociologo -, il che
porta ad una debole difesacontro gli attacchi alle minoranze e ad un sistema giudiziario indipendente. Quando la
politica si sostituisce ai giudici
non è mai un buon segno per
una democrazia”.
In tema di diritti dell’uomo, in realtà, la Svizzera non
ha mai dovuto farsi troppo
bacchettare. “Probabilmente
l’unica volta in cui si è registrato un certo disagio è stato per il
voto alle donne che tardava ad
arrivare - ricorda Cattacin-, poi
però tutto è rientrato nell’ordine, quando è caduto l’ultimo
baluardo di Appenzello Interno”. Di conseguenza il pericolo
di andare a fare compagnia alla
Bielorussia, l’unica nazione
che non ha aderito alla Convenzione sui diritti umani, è remoto.
Resta, però, il problema di
trasformare in legge la volontà
popolare per le misure sui pedofili e l’espulsione dei criminali stranieri. “La difficoltà
principale riguarda proprio
questo punto - conclude il sociologo -, anche se credo tutto
finirà con un’applicazione
blanda sia dell’iniziativa contro i pedofili che di quella sull’espulsione dei criminali stranieri. Il diritto internazionale è
assolutamente chiaro.
Un’eventuale attuazione
alla lettera di quanto chiedono
ledue iniziative, andrebbe a
collidere fortemente con ciò
che prevedono le norme internazionali sottoscritte anche
dalla Svizzera”.
Pagina a cura di
GastroSuisse
e GastroTicino
LARISTORAZIONE
& L’ALBERGHERIA
Settimana dopo settimana
l’analisi di tutti i temi, gli studi,
gli argomenti, i problemi
e le norme dell’offerta
di ristoranti e alberghi.
Una pagina indispensabile
per gli operatori del settore
&
GastroNews
Consegnati i diplomi di esercente Gerenze irregolari a posteriori
QR-Code
Premio miglior media a Heike Greco Löffler di Gordola
GastroDiritto
È Heike Greco Löffler di Gordola - che dal 5 giugno assume con
il marito Giuseppe la gestione
dell’Antica
Osteria
dell’Enoteca
di Losone l’allieva alla
quale è andato il premio Swica
per la miglior media
(5.8), durante la cerimonia di
consegna dei Diplomi cantonali
di esercente o dell’attestato per
È andata bene all’esercente (poco trasparente) che nel
2010 non aveva segnalato un cambiamento di contratto
con il gerente, il quale si sarebbe occupato dell’esercizio
solo per 3-4 ore e non più a tempo completo. Non era
dunque una gerenza fittizia ma comunque irregolare. Il
giudice l’ha infatti prosciolto da ogni addebito penale e
questo in particolare grazie ad una lacuna della vecchia
Lep che risultava ancora essere applicabile. L’articolo 15
Lep e il rispettivo regolamento non imponevano infatti a
lui di segnalare il cambiamento contrattuale.
Se i fatti si fossero svolti con la nuova Lear (Legge sugli
esercizi alberghieri e della ristorazione), in in vigore dal
1° aprile 2011, le cose sarebbero andate diversamente. Il
caso ha permesso di dimostrare che la Lear è diventata
più efficace nel combattere contro alle gerenze fittizie o
irregolari. Chi bara rischia oggi molto di più.
m.g.
chi è in attesa di maturare o completare il prescritto periodo di
pratica di 8 mesi. Alla cerimonia,
svoltasi l’8 maggio in GastroTicino, hanno partecipato diverse
autorità, tra le quali Marco Huber
(presidente uscente di GastroTicino), il direttore dei corsi Gabriele Beltrami, il direttore aggiunto della Dfp Gian Marco Petrini, il presidente della Commissione d’esame Ing. Ermanno De
Marchi e il responsabile ristorazione della Swica, Antonio Petrucci. Il sunto dei discorsi a lato
in GastroNews. “Internet novità”...
Ecco le nuove
regole che
consentiranno
ai soci di apparire
sui siti della
Federazione
e di Ticino Turismo
Promuovere il proprio locale su internet è diventato ormai fondamentale per non correre il rischio di affogare nel mare dell’anonimato.
Sempre più clienti, turisti e appassionati di eno-gastronomia, si affidano al web, ai tablet e ai telefoni
di ultima generazione per orientare
le proprie scelte. Non avere un sito
internet o essere presenti nella
grande rete in modo sbagliato o
inadeguato, crea perdite economiche e di immagine. Ecco perché da
un decennio i soci di GastroTicino
sono inseriti gratuitamente su ristoranti.ch, il motore di ricerca ufficiale degli esercizi pubblici ticinesi, sul sito di Ticino Turismo (ticino.ch) e su quelli dei partner.
Su internet, però, si invecchia presto. Per questa ragione GastroTicino sta rifacendo i propri siti, aggiungendone uno dedicato alla formazione professionale. In questa
occasione occorre dare maggiore
professionalità all’immagine e alla
presentazione dei ristoranti. Vediamo quindi le nuove prescrizioni da osservare. Oggi figurano con
le proprie schede nelle sezioni dedicate alla ristorazione dei siti ristoranti.ch e ticino.ch, solo i soci
foto di buona qualità. Per questo
motivo, in futuro sul sito di Ticino
Turismo e ristoranti.ch (qui solo i
soci), saranno visualizzate solo le
schede dei locali che invieranno a
GastroTicino:
> almeno 3 foto in buona risoluzione, delle quali una esterna;
> una descrizione del locale tra i
400 e i 1.000 caratteri, in italiano,
tedesco, francese e inglese;
> indirizzo completo (indirizzo,
telefono, e-mail, sito internet,
ecc.);
> il formulario compilato in ogni
sua parte; formulari incompleti, illeggibili o non firmati, non saranno presi in considerazione.
Salvo eccezioni che valuterà GastroTicino, sui siti in esame saranno presenti solo i locali che hanno
una valenza turistica; vale a dire
che, per esempio, non figureranno
le mescite aziendali o locali che
non hanno servizi di ristorazione.
La federazione valuta di caso in
caso se i criteri per essere presenti
sono rispettati. Se un locale rispetta tutte le disposizioni in esame,
ma non è presente, basta che contatti l’Ufficio Stampa & PR di GastroTicino.
con GastroTicino
che hanno risposto alle periodiche
comunicazioni di iscriversi ai portali (newsletter, articoli su Il Caffè,
assemblee sezionali, ecc.). Chi
non lo ha fatto, non è presente con
una scheda o lo è solo con l’indirizzo. La prima cosa da fare, quindi, per
Sui nuovi siti
solo con
foto di
buona
qualità e
testo multi
lingue
essere visibili sui nuovi siti, è di
contattare l’Ufficio Stampa & PR
di GastroTicino (091 961 83 11) e
richiedere il formulario per l’iscrizione o scaricarlo dal sito della federazione.
Ma c’è di più. Oggi occorre essere
presenti con un testo multilingue e
Il 14 e 15 giugno ai Giardini Estensi di Varese per promuovere la ristorazione e i prodotti del nostro Cantone
Ticino a Tavola protagonista a InsubriadiGusto
Merlo - Hotel Cereda, Sementina (per Ticino
a Tavola); Silvio Salmoiraghi - Acquerello,
Fagnano Olona; Davide Brovelli - Il Sole di
Ranco, Ranco; Marco Sacco - Piccolo Lago,
Verbania; Mario Capitaneo - Il Salumaio di
Montenapoleone, Lugano; Paola e Piero
Bertinotti - Pinocchio, Borgomanero; Mauro
Marcello - Al Böcc, Vico Morcote; Pietro
Baldi - Fabbrica Pizza, Castronno. A corollario delle proposte gastronomiche, anche la
presenza del club di auto storiche Nicolaromeo Classic che presenterà alcuni modelli di
Alfa Romeo d’annata e l’organizzazione di
alcuni interessanti “workshop”.
Informazioni: insubriadigusto.com.
polenta
piacere
soddisfazione
tradizione
büscion
gusto
verdura
NORANCOcaseificio
barbera
fiducia torta di pane
nocino
salumeria
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GASTRONOMIA
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CULTURA promozioni
busecca castagne
PARTNER
qualità
PROFESSIONISTI
vigneti
cortesia
formaggino
successo.
Sotto il proprio gazebo, ciascun ristoratore
proporrà tre piatti, tutti dello stesso costo: 6
euro l’uno. Il pubblico potrà accedere al parco, acquistando il biglietto d’ingresso (12
euro compresa la consumazione di un piatto
per gli adulti e gratis per i bambini sotto i 12
anni) che sabato e domenica dà diritto a
compiere il percorso gastronomico, dalle
10.00 alle 24.00. All’interno del percorso si
potranno anche scoprire altri prodotti dell’Insubria, gustando, tra l’altro, il vino dalla
Cantina Sociale di Mendrisio.
Ma ecco gli chef protagonisti: Gianluca Lesti e Guido Sassi - Sass Café, Lugano; Luca
Quattro chef svizzeri, quattro italiani e una
proposta di pizza gastronomica saranno il
cuore pulsante di InsubriadiGusto, la kermesse eno-gastronomica che avrà luogo il 14
e 15 giugno all’interno del meraviglioso parco dei Giardini Estensi, in via Sacco 5, a Varese. InsubriadiGusto nasce da un’idea di
Fulvio Cavadini, fotografo appassionato di
gastronomia e profondo conoscitore delle
prestigiose proposte gastronomiche che questa particolare regione è in grado di offrire.
L’incontro con Antonio Latella dello studio
Nexus Design di Manno ha permesso nel
2012 di organizzare a Malnate la prima edizione di InsubriadiGusto che riscosse ampio
TICINESE
pepe della vallemaggia
promuoviamo da 50 anni il territorio
noranco - Losone
www.ipppergros.ch
Per dare risalto alle notizie dei soci e a quelle che
possono incuriosire clienti e lettori, ecco un nuovo
sistema di comunicazione. Scaricando con un qualsiasi smartphone un’applicazione per la lettura dei
QR-code e facendo la scansione del QR-code che vedete
in questo articolo, sarete indirizzati sul sito di GastroTicino. Troverete il simbolo del
QR-code e potrete cliccare
sulla notizia per leggere questa settimana:
> Il sunto dei discorsi alla cerimonia di consegna
dei Diplomi cantonali di esercente
> I corsi professionali di GastroTicino: arriva
il nuovo libretto
Ristoranti promossi e valorizzati
con la “Settimana del vino svizzero”
Dopo il successo dello scorso anno con la partecipazione di oltre 120 ristoranti , torna anche quest’anno,
dal 20 al 30 novembre, “Settimana del vino svizzero”. Un evento voluto da Swiss Wine Promotion in
collaborazione con l’Associazione Vinea, per riunire i ristoranti e le cantine così da sensibilizzare i
clienti sulla qualità e diversità dei vini svizzeri. Gli
altri obiettivi dell’iniziativa sono quelli di aumentare
le vendite dei vini svizzeri nella ristorazione, e di dare visibilità sui media ai ristoratori e ai produttori.
Per 10 giorni, i ristoranti iscritti proporranno tre abbinamenti gustosi Swiss Wine & Dine. In particolare
un bicchiere di vino svizzero scelto tra le sei regioni
viticole principali della Svizzera: Vallese, Vaud, Ginevra, Ticino, Svizzera tedesca e regione dei Tre Laghi. Il ristoratore dovrà scegliere tre regioni. Ogni
vino sarà abbinato a un piatto che metta in valore
l’etichetta selezionata. Per facilitare il compito del
ristoratore, è consigliato contattare un produttore e/o
commercianti per collaborare all’evento. La lista dei
ristoranti e tutte le informazioni si possono ottenere
sul sito www.swisswineweek.ch, dove nella sezione
“horeca” ci si potrà iscrivere sino al 31 ottobre.
presenta:
SCEF 045
Si avvicina la fine del calendario dei corsi professionali di GastroTicino. Il nuovo opuscolo arriverà
nelle case ad agosto. Chi avesse richieste formative particolari, è pregato di contattare Valentina de
Sena a GastroTicino (091 961 83 11).
GT22052014
Vendesi Antica Osteria in casa d’epoca del ‘600
con grande camino, terrazza esterna e due sale,
circa 70 posti a sedere. Grande parcheggio e
comoda accessibilità ad un chilometro e mezzo
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Eventuali interessati potranno contattarci
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INFORMAZIONI TELEFONICHE
IL CAFFÈ
8 giugno 2014
45
tra
virgolette
Le mostre
CLAUDIO GUARDA
T
ra le mostre in cartellone per
l’estate, una ci riguarda particolarmente: quella che Palazzo Reale
di Milano dedica a Bernardino
Luini, l’artista che nel 1529 ha affrescato il grandioso tramezzo di S. Maria
degli Angeli a Lugano e l’Ultima Cena, oggi
sulla parete di sinistra. Un’occasione per tornare a rileggere quei capolavori, e cominciare ad entrare nello spirito del Lac il cui spettro temporale, anche fisicamente, legherà
quella chiesa e la sua storia al moderno, per
Tradizionenaturalistica
Un’invitante estate
nel cartellone
arte
dell’
esempio di Arp e Licini nella bella rassegna,
distante pochi passi, presentata domenica
scorsa. Quanto al Ticino, a profilarsi artisti-
camente oggi è soprattutto il Locarnese con
due antologiche di rilievo: quella per i 100
anni dalla nascita di Dobrzanski, nelle due
Bernardino
Luini
Palazzo Reale, Milano
Fino al 13 luglio
sedi della Fondazione Matasci, e l’altra dedicata ad Hans Erni a Casa Rusca; cui vanno
aggiunte le due Fondazioni, Alten e Ghisla,
venute ad arricchire il panorama artistico
della regione. Le accomuna un fatto: sono
entrambe il frutto prezioso e privato di due
imprenditori di successo che, grazie anche
all’aiuto delle loro mogli, hanno maturato
l’interesse per l’arte, acquistando tante opere fino al punto da creare una collezione che
adesso vogliono condividere con la collettività.
Ghisla Art
Collection
Via Ciseri 3
Locarno
Collezionemoderna
La bottega
tutta lombarda
del Luini
Un cubo rosso
per una ventata
di grandi novità
M
ilano mette agli onori di un’importante rassegna un artista che è anche nostro: Bernardino Luini e la sua bottega. Nostro per le radici lombarde, è nato a Dumenza sopra Luino, ma anche perchè ha lasciato nelle nostre terre alte testimonianze della sua arte. Come la straordinaria Crocefissione
che copre l’intero tramezzo di Santa Maria degli Angeli a Lugano, la Madonna con il Bambi-
Tante testimonianze ticinesi,
come le tavole di S. Caterina
e San Bernardino a Magadino
no e San Giovannino nella prima cappella a destra, che in origine fungeva da lunetta sopra la
porta tra il chiostro e il refettorio nel quale si
trovava l’Ultima cena (oggi purtroppo irrimediabilmente scempiata) collocata ora sulla parete di sinistra della chiesa. Ma chi visiterà l’importante rassegna milanese troverà anche altre
testimonianze ticinesi: come le due splendide
tavole con S. Caterina e S. Bernardino nella ca-
sa parrocchiale di Magadino.
Duecento opere ricostruiscono tappe o
aspetti della carriera del Luini e della sua bottega, lungo un cammino ricco di confronti e di
stimoli, dove mette a fuoco la sua poetica e matura il suo linguaggio. Una sintesi complessa tra
tradizione naturalistica lombarda (bellissimo
l’affresco con le ragazze al bagno di Villa Pelucca) e senso del colore veneto (la sua formazione si compie anche tra Treviso e Verona), cui
unisce la rivoluzione dello sfumato leonardesco e la grazia di Raffaello.
Finiti gli anni dello sperimentalismo, cristallizza il suo stile in un’immagine nobile e
chiara, ben organizzata e leggibile, di classica
compostezza ma non distaccata, vicina anzi alla devozione e al sentimento popolare. Per
questo il cardinale Federico Borromeo lo amava e ne collezionò l’opera, indicandolo come un
modello per gli artisti post-tridentini. Ma le cose
stavano velocemente cambiando: come dimostrano le opere nell’ultima grande sala della Cariatidi, sottolineando la discontinuità di generazione tra Bernardino e quella dei suoi figli.
l graphic
Heinz Waib
r
designe
Chiasso
m.a.x.museo, lio
g
lu
Fino al 20
Rivoluzionegrafica
Sessant’anni
di raffinatezza,
ritmo e design
I
n continuità con le sue mostre, il m.a.x. museo di Chiasso presenta l’opera di Heinz
Waibl, importante figura di grafico e designer, nato a Verona nel 1931 da madre tedesca e
da padre altoatesino. Trasferitosi a Milano nel
‘45 inizia ad interessarsi di grafica, frequenta la
facoltà di architettura, che lascia quando incontra Max Huber ed entra a far parte del suo team.
Siamo nei primi anni ‘50 e questo gli dà subito la
possibilità di inserirsi ad alto livello progettando
manifesti per la Standa o la Rinascente e soluzioni grafiche editoriali.
Finita la guerra, l’Italia, e Milano in particolare, vivono un grande slancio creativo, sostenuto da una forte ripresa economica che si sarebbe
ancor più evidenziata nel diffuso benessere degli anni ‘60. È su quello sfondo di rinascita e in
quella voglia di modernità che va letto il rilancio
generale della grafica alla ricerca di una sua
nuova identità ed efficacia. Waibl si distingue
presto per la messa a fuoco di un linguaggio
pubblicitario essenziale, spigliato ed innovativo
che lo qualifica in un ambiente dove operano
personaggi come Castiglioni, Ballmer, Munari,
I
l cubo rosso di Via Ciseri, a Locarno, non
può passare inosservato: un monolite ricoperto da una sorta di maglia di ferro, in lamiera rossa traforata, senza finestre nè porte.
Affascina e incuriosisce, un’opera d’arte pensata per opere d’arte. Lo ha progettato l’architetto Franco Moro, ma a volerlo sono stati Pierino e Martine Ghisla come involucro della loro collezione. Bisogna però entrarci per vivere
le scoperte più sorprendenti, la qualità e varietà delle opere esposte, che portano più di
una ventata d’aria fresca dentro il panorama
culturale e artistico della regione.
Grazie a loro, l’arte del ‘moderno’ nel Locarnese fa un salto non da poco e approda nel
contemporaneo con artisti e opere di portata
mondiale. Bastino i nomi di Christo, Sol LeWitt, Frank Stella, Kounellis, Rotella, Rauschenberg, Appel, Arman, Basquiat, Lucio
Fontana, Piero Manzoni. Accanto a loro, anche una nutrita schiera di artisti giovani ed
emergenti, sconosciuti ai più, ma che aprono
prospettive nuove, come i belgi Arne Quinze e
Wim Delvoye, l’irlandese Claire Morgan, gli
Germaniatra’800e’900
Le movenze
impressioniste
nel Castello
O
Sambonet, Fronzoni. La sua storia continuerà
negli Usa ed in Sud Africa, fino al suo rientro a
Milano nel 1971 e la costituzione dello Studio Signo assieme a Laura Micheletto, in un crescendo di attività e di riconoscimenti che arriva fin
dentro il 2000. Sessant’anni di feconda operosità.
L’esposizione, 120 pezzi tra manifesti e locandine, bene evidenzia gli strumenti del suo
spitata nel restaurato Castello San
Materno di Ascona, la collezione di
Kurt e Barbara Alten è un pregevole
spaccato in 40 pezzi della storia dell’arte tedesca tra fine ‘800 e primi decenni del ‘900.
Dalle movenze impressioniste di Max Liebermann e Lovis Corinth, ai membri della
colonia di Worspwede (tra cui Fritz Overbeck, Otto Modershon e sua moglie Paula
Waibl è considerato uno dei
maestri della comunicazione
visiva dell’intero Novecento
Uno spaccato della storia
dell’arte tedesca a cavallo tra
due secoli in quaranta pezzi
linguaggio che, attraverso la grafica svizzera, si
ricollega all’impostazione Bauhaus: rarefazione
degli elementi, ritmo, raffinatezza ed eleganza,
uso combinatorio e libero di scrittura e immagine, di disegno fotografia e colore, armonia ed efficacia, anche sorpresa e stupore. Perciò è considerato uno dei maestri della comunicazione visiva del ‘900. La mostra proseguirà poi per il
Centre de design dell’Universitè del Quèbec.
Becker), agli espressionisti con Kirchner,
Heckel, Pechstein e Nolde fino al Blaue Reiter de Macke e Jawlensky.
Non trattandosi di una collezione acquisita in funzione museale, ma strettamente
privata, ritrova la sua misura in quelle stesse
stanze del Castello dove a lungo visse la danzatrice Charlotte Bara della quale conservano più di una testimonianza: come la sala da
italiani Francesca Pasquali e Paolo W. Tamburella.
A caratterizzare complessivamente l’intera collezione non è solo il nome degli artisti,
ma la caratura delle loro opere esposte trattandosi in genere di pezzi di alta qualità e dalle
dimensioni museali, inseguiti dai due coniugi
sull’arco di un trentennio frequentando artisti
e gallerie, visitando le principali manifestazio-
Christo, Rotella e Basquiat
fanno da apripista ad una
schiera di artisti emergenti
ni del settore: dall’Art di Basilea alla Biennale
di Venezia. Con l’inaugurazione della galleria
Locarno si arricchisce di un eccezionale ventaglio di presenze assolutamente inedito nella
regione: con artisti che in più di un caso hanno marcato in maniera indelebile la storia
dell’arte dei nostri giorni. Un valore aggiunto
per l’intera collettività non solo locale che, ci si
augura, saprà beneficiarne.
Fondazione
per la Cultura Ku
e Barbara Alten rt
Castello San Materno
, Ascona
lettura o da concerto in cui riceveva amici ed
ospiti tra cui il celebre poeta Rilke.
La sottolineatura non è casuale, perchè
l’interesse della collezione, più che nella
rappresentatività delle singole opere, sta nel
sistema di fili a cui rimanda e a cui si ricollega: ponendosi come un’ulteriore tessera che
relaziona un importante momento di storia
europea con quella del territorio asconese.
Non solo perchè Charlotte Bara, prima di
giungervi, ha frequentato la colonia di Worpswede - dove si è formata e ha stretto amicizia con gli artisti che vi operavano e con l’architetto Weidemeyer che poi le costruirà il
pregevolissimo teatro oggi San Materno -,
ma anche perchè molti di quegli artisti hanno poi frequentato Ascona o vi si sono trasferiti, attratti anche dal richiamo del Monte
Verità. Che aveva molteplici affinità con lo
spirito della colonia di Worpswede, nella comune volontà di ritornare ad una vita genuina e autentica, in opposizione alla vita frenetica e alienante della civiltà meccanizzata e
capitalistica.
IL CAFFÈ
8 giugno 2014
46
tra
l’incontro
virgolette
Chi è
Viennese, 63 anni,
è il capo corse dell’Audi
nel campionato
del mondo “Endurance”.
Di formazione ingegnere
automobilistico, ha vinto
per 12 volte la mitica
24 ore di Le Mans
“Il segreto è lavorare in famiglia”
C
MASSIMO SCHIRA
Reuters
on il passare degli anni, nel mondo delle corse
automobilistiche è diventato una sorta di guru.
Con la sua “maschera” impenetrabile anche
dopo 24 estenuanti ore di gara (che spesso segue tutte in piedi…), ma soprattutto con la forza di chi ha letteralmente rivoluzionato l’automobilismo,
trionfando, dal 2000, per 12 volte alla 24 ore di LeMans e
contribuendo ad introdurre novità a dir poco clamorose
sulle monoposto. Wolfgang Ullrich, il dottor Wolfgang Ullrich, le Audi che disputano il campionato del Mondo endurance (Fia Wec) in realtà non le guida. Almeno non
dall’abitacolo. Perché lui è il “boss” di Audi Motorsport.
Un vero e proprio direttore d’orchestra con le cuffie al posto della bacchetta.
“Il segreto del nostro successo è nella squadra - spiega Ullrich -. Il ‘key factor’, il fattore chiave, è lavorare come una
famiglia. Perché l’ottenimento di un risultato si basa sull’anello più debole della catena. Ma se si lavora assieme
per essere tutti forti, per non avere l’anello debole, ecco
che il team diventa vincente. Dico come in famiglia, perché tutti devono poter esprimere al massimo le proprie
potenzialità, dai piloti agli ingegneri, dai meccanici ai tecnici. Ma soprattutto saper capire se il compagno ha difficoltà ed aiutarlo a superarle. Questo concetto di reciprocità è per me fondamentale. Ci lavoro parecchio durante la
pausa invernale in termini di ‘team building’”. Una famiglia in cui s’inserisce a meraviglia anche il pilota elvetico
Marcel Fässler, che Ullrich descrive come “ una personalità molto positiva, che lavora molto al nostro concetto di team. Disponibile e aperto, come pilota non ha certo bisogno di elogi. È semplicemente uno dei migliori nel mondo
dei prototipi. Posso essere contento di averlo in squadra”.
Di formazione ingegnere automobilistico, il 63enne
viennese racconta al Caffè la nascita di una passione che,
col tempo, è diventata una professione. E che professione.
“Se guardo nel mio retrovisore direi che ci sono due figure
che forse mi hanno portato a determinate scelte: mio nonno e mio zio - ricorda -. Al nonno piacevano tanto i motori
elettrici, mentre mio zio aveva sempre l’auto ultimo modello, che per quei tempi era una cosa abbastanza unica.
Con lui ho iniziato ad interessarmi al motore a scoppio.
Però, ripensandoci col senno di poi, nel contempo devo
aver mantenuto una certa ‘sensibilità’ anche verso i veicoli
elettrici, perché a Vienna tra il 1950 e il 1960 circolavano
già camioncini della posta al 100% a batteria. Per farla breve, in fin dei conti sono arrivato all’università dove mi sono concentrato sullo sviluppo del motore a combustione
per le automobili”.
Fin dai tempi degli studi, per lui l’obiettivo era però
chiaro: l’efficacia del motore è la chiave da migliorare per
avere successo. Una strategia che porterà col tempo l’ingegnere austriaco a traguardi inattesi: “Per una compagnia
americana all’università realizzai uno studio per introdurre l’iniezione diretta per i motori diesel. Era una strada
all’apparenza incredibile da percorrere, perché quella tecnologia per ridurre i consumi era applicata solo ai camion.
Wolfgang
Ullrich
Lavorando, qualche anno dopo, per la Porsche, mi sono
occupato anche dell’iniezione diretta per motori a benzina. Due realtà che ho poi ritrovato nel mondo delle corse.
In pista efficacia significa andare più veloce degli altri consumando meno degli altri, mentre sulle strade significa tenere almeno il passo degli altri, però consumando meno”.
Nel 1993, quando arriva la chiamata da Ingolstadt, il
mondo delle corse è in realtà molto diverso da quello che
si vede oggi. “Lavoravamo essenzialmente sulle vetture
superturismo, il che significava concentrarsi relativamente poco sullo sviluppo dei motori, che per regolamento restavano abbastanza simili a quelli di serie - spiega Ullrich
-. L’interesse era soprattutto nel portare in pista auto a trazione integrale cercando di ridurre al minimo il loro peso”.
Per circa cinque anni la sfida del “dottore” è di mandare in
pista un gran numero di vetture. Ma, improvvisamente,
ecco aprirsi un’altra porta. “È il 1997 e la Federazione internazionale dell’automobile (Fia) ci comunica che la trazione integrale non sarà più accettata per regolamento in
pista. Era da un po’ che riflettevamo in quale direzione andare per sviluppare il rapporto tra auto da corsa e miglioramento di quelle stradali. Ma, in quel momento, serviva
una decisione rapida. In tre mesi il progetto di partecipare
alla 24 ore di Le Mans, la corsa più difficile e più dura al
mondo, un mix straordinario di estrema velocità e resistenza, era varato”.
E il team guidato da Wolfgang Ullrich non solo accetta
la sfida, ma spinge subito sull’acceleratore dello sviluppo
estremo e dell’innovazione più spinta possibile. “Il primo
challenge è stato quello di correre con un motore a benzina ad iniezione diretta - racconta -. Non lo aveva mai fatto
nessuno, ma tra il 2000 e il 2001 abbiamo ridotto i consumi
in pista del 10% mantenendo invariate le prestazioni. È
stato un successo tale che, in breve tempo, tutte le vetture
di serie del gruppo Volkswagen sono state dotate di questa
tecnologia”. Scalino dopo scalino, la sfida si fa sempre più
ardua ed estrema. Ma i successi proseguono. “Era da un
po’ che riflettevamo sull’introduzione del motore diesel
nel campionato endurance, perché già nel 2005-2006 per
la casa madre il mercato di questi motori rappresentava il
50% del totale delle vendite, quindi era la grande chance
per per spingere lo sviluppo del comparto in una nuova
direzione. Per la squadra corse ha significato raggiungere
per primi un vantaggio tecnologico ancora una volta decisivo sugli avversari”. Step tecnologico finale, e siamo agli
ultimi anni e al futuro prossimo, l’utilizzo di forme energetiche alternative. L’ibrido alla 24 ore di Le Mans. Una
scommessa che, solo qualche anno fa, sarebbe parsa pura
fantasia. “Ancora una volta si è trattato di lavorare sull’efficacia, recuperando l’energia che fino ad allora andava
perduta. E, di nuovo, siamo stati i primi a percorrere la
strada del motore elettrico sull’asse anteriore. Reintroducendo, seppure part time per questioni regolamentari, la trazione sulle quattro ruote. Una tecnologia che
molto presto arriverà anche sulle strade di tutti i giorni.
Così come i fari al laser che abbiamo introdotto sulla
R18 di questa stagione. Tutti gli anni abbiamo corso a Le
Mans pensando al fil rouge corsa-strada,per portare
uno o due anni dopo le novità sulle auto di tutti i giorni”.
Immerso ogni giorno nel suo appassionante lavoro,
il dottor Ullrich si rammarica solo di una cosa: il tempo
per la famiglia. “Purtroppo non ce n’è mai abbastanza conclude -. Ma è importante sapere che a casa c’è qualcuno che capisce l’intensità richiesta dal mio lavoro. E
direi che, tutto sommato, le cose vanno piuttosto bene
pure in quest’altra ‘squadra’ di cui faccio parte. A 63 anni, poi, alla pensione bisogna pur pensarci. Ma senza
forzare le cose. Perché il mio mestiere mi piace ancora
davvero molto”.
[email protected]
Q@MassimoSchira
IL CAFFÈ
8 giugno 2014
47
leopinioni
La Comunità del Sacro Cuore festeggia domenica prossima 15 giugno gli ottant’anni di Padre Callisto, che in questi
ultimi tre decenni ha animato il quartiere
nord di Bellinzona con un’esperienza comunitaria modello fondata sul volontariato. Mi ha sempre colpito l’efficienza e la
determinazione con cui Padre Callisto riesce a gestire un centinaio di collaboratori
che propongono nel corso dell’anno varie
iniziative, non solo di stampo religioso,
dando un’identità a questa parte della città priva di un centro d’incontro ad eccezione della parrocchia e del centro laico
Spazio Aperto, frutto anch’esso dell’intraprendenza di questo frate francescano. Il
piccolo miracolo di Bellinzona nord non è
comunque il solo realizzato da Padre Callisto, che ha lasciato il segno ovunque sia
stato: al convento di Bigorio, alla Salita dei
Frati a Lugano, alla Madonna del Sasso.
Ad avvicinarmi a lui, oltre 30 anni fa,
FUORI
DAL
CORO
GIÒ
REZZONICO
fu un altro suo piccolo capolavoro: Comunità Familiare, un movimento interpartitico a cui approdarono, dopo il Sessantotto,
persone aperte con differenti riferimenti
ideologici accomunate dal desiderio di
valorizzare il ruolo della famiglia intesa
come insostituibile momento di formazione nella vita umana.
Fu in un momento di grande difficoltà
personale che mi avvicinai a Padre Callisto, consigliato da un amico comune. Non
ero e non sono né praticante, né credente,
ma quella figura di frate cappuccino mi
piaceva e mi dava fiducia. Forse perché si
ispirava a San Francesco, un’immagine
che va oltre i valori religiosi. Padre Callisto
era un frate, ma seguiva corsi di psicoanalisi a Milano; mi sembrava la persona giu-
sta a cui raccontare il mio malessere. Le
mie speranze non furono deluse, Callisto
mi indirizzò a un altro psicoterapeuta che
lavorava per Comunità Familiare. In seguito diventammo amici. Non era la fede
religiosa a unirci, ma la fiducia comune
nell’uomo, nel progresso e nel mutamento sociale nonché l’orrore per l’ipocrisia.
Io ho sempre rispettato la sua fede profonda, lui la mia lontananza soprattutto
dalla Chiesa come istituzione. Abbiamo
collaborato assieme a vari progetti ed ho
imparato molto dalla sua capacità orga-
RENATO
MARTINONI
LIDO CONTEMORI
Certi comportamenti
si meritano un calcio
Se il Ticino è Ticino
lo deve pure ai “züchitt”
Non si parla mai degli svizzeri tedeschi che vivono nel Ticino. Quasi non esistessero. Benché siano in tanti. Lo si è fatto in
epoche lontane, solo per criticare il loro isolamento. I “crucchi”
avevano le loro scuole, le loro chiese e i loro giornali. Più tardi,
negli anni del boom, si è poi temuta una “tedeschizzazione” economica e linguistica del Cantone subalpino: vero è che in un paio di scuole dell’infanzia si parlava schwytzertütsch. Così c’era
chi andava dicendo che il nostro era l’unico Cantone profumato
della Svizzera. Perché sapeva di colonia. E i ticinesi venivano
presentati come dei pellerossa asserragliati nella loro riserva. In
realtà le proteste erano frutto di un timore un poco isterico. Mai
l’italiano, nel Ticino, è stato messo in discussione dalla germanofonia.
I primi svizzeri tedeschi giunti da noi erano anzi dei poveracci. Vagabondi e straccioni che vivevano di elemosina: difatti il
dialetto li ha chiamati “matlòsan” (da “Heimatlos”, cioè “senza
patria”). Poi, mentre il Monte Verità si riempiva di eccentrici “balabiott”, sono comparsi i primi albergatori e i giardinieri. Pronti a
mettere a frutto la loro imprenditorialità protestante in un ambiente climaticamente più favorevole. In seguito sono arrivati in
molti: chi per vivere in un’isola felice, chi per fuggire da qualche
posto, chi per fare affari. Non si può ignorare che, con i turisti,
sono scesi anche i palazzinari e gli immobiliaristi che hanno dato la loro bella mano nel rapallizzare il Paese: ecco il rovescio
della medaglia. È vero: gli svizzeri tedeschi che abitano nel Ticino vivono spesso in combutta fra di loro. Fanno però lo stesso
molti italofoni che stanno nella Svizzera tedesca. Da noi si dice
che hanno la testa un po’ dura: per questo li chiamiamo “züchitt”. Loro dicono che amiamo la dolce vita: e ci chiamano
“Tschingg”. Qualche volta, tanto noi siamo poco affidabili, tanto
loro sono convinti che la ragione stia esclusivamente dalla loro.
A volte sono irritanti, nel sentirsi più bravi, così come noi lo siamo con la nostra sgarbatezza. Ma basta questo per ignorare, come facciamo troppo spesso, la loro presenza? E per emarginarli?
Gli svizzeri tedeschi ci hanno portato molti soldi, specie attraverso il turismo, e soprattutto hanno arricchito il Ticino con le loro
conoscenze e cultura, con la loro idea della vita e la loro etica del
lavoro. E tuttavia noi svizzeri italiani non cessiamo colpevolmente di guardarli con sospetto. Come fossero dei “diversi”. Un dialogo più serio con la Svizzera potrebbe proprio cominciare da una
migliore conoscenza dei confederati che abitano da noi. Forza,
allora, rimbocchiamoci le maniche. C’è solo da guadagnarci.
Caro Diario,
il popolo del pallone si appresta a vivere le sue notti magiche. È la volta del Brasile, leader per titoli mondiali con le
sue 5 coppe elevate al cielo. Si arriva all’evento con i contorni di sempre; il regolare tiro alla fune tra fautori e contrari,
chi ci vede un investimento d’immagine e chi si indigna per i
colossali sprechi. Certo è che la fame in quel subcontinente
è seduta a un tavolo d’oro. La sanità fa acqua, ci sarebbe bisogno di alloggi popolari, scuole, lavoro, infrastrutture, ecc.
Ma non è questione d’oggi. Bisognava pensarci prima. Il calcio moderno, più che mai, è business, una macchina di interessi vertiginosi e in questa torrida vigilia si sono già allungate le ombre provenienti dal Qatar, con il ballo delle mazzette per l’assegnazione dei mondiali 2022. Uno scandalo
nello scandalo, dopo una scelta che nessuno riesce ancora a
capire, in un Paese dove si dovrebbe giocare in stadi chiusi e
con l’aria condizionata. Possiamo scommettere: quei mondiali finiranno altrove. Gli interessati sono già una colonna.
A DARE IL CALCIO d’inizio sarà un ragazzo paraplegico,
che indosserà un “esoscheletro“, termine nuovo per i più, che
sta ad indicare un apparecchio cibernetico, capace di potenziare le caratteristiche fisiche dell’utente. Lo sport, per certi
riti, ama fare ricorso a figure significative o simboliche e questo è senz’altro lodevole (il pensiero corre in automatico a
Muhammad Ali, già Cassius Clay e alle sue Olimpiadi cinesi).
Ci vorrebbe però continuità: l’attenzione sulla condizione dei
disabili deve essere normale. Aspetteremo la prossima volta.
COME AD OGNI MONDIALE e come ad ogni partita, ci
imbatteremo nei soliti rituali all’arrivo in campo, con molti
campioni che si fanno rapidi segni di croci, più scaramantici
che di convinta adesione, poi le strette di mano, poi le promesse di rispetto... Sarebbe meglio che alle ostentazioni
mediatiche fossero preferiti comportamenti coerenti nel
gioco. Che dire poi dei frati del Convento di Assisi come
magi da Prandelli, portando in dono agli azzurri il tau e la
lampada di San Francesco “per illuminare e proteggere il
loro cammino“?
HELDER CAMARA, un brasiliano schierato con i poveri,
disse che gli angeli raccolgono le gocce di sudore che cadono dai vestiti degli umili come fossero brillanti. Questi mondiali dovrebbero aprirci spazi di appartenenza e condivisione: altro che far vestire la maglia azzurra all’icona dei poveri!
Quel concentrato di varia umanità
visto dalla sala d’aspetto del medico
DOMENICA
PER
PENSARE
FRANCO
LAZZAROTTO
ilcaffè
Settimanale di attualità, politica, sport e cultura
nizzativa, basata sulla concretezza e sulla
razionalità e ispirata dalla consapevolezza dell’obiettivo da raggiungere.
Ma in particolare mi ha sempre colpito che non facesse mai differenza tra
praticanti e non praticanti, tra credenti e
non credenti. La sua fede è uno strumento di unione e non di separazione da chi
è ‘diverso’ perché non condivide la sua
esperienza religiosa. E questo lo ha sottolineato in tutti i suoi ultimi scritti, che nel
sottotitolo precisano “Per i non credenti,
i dubbiosi e chi è in cerca”. Anche nella
sua ultima fatica letteraria, che verrà presentata domenica prossima. È intitolata
“Chi cercate? Maestro dove abiti?” e parla di un Cristo umano vicino a noi tutti,
indipendentemente dal nostro credo religioso o politico. Mi sembra sia questo il
fulcro del messaggio profondo che Padre
Callisto ha voluto seminare in questi ottant’anni di vita.
FOGLI
IN
LIBERTÀ
COLPI
DI
TESTA
GIUSEPPE
ZOIS
stesse sono solitamente un’accozzaglia
di odori “spaccanaso” dove anche Coco
Chanel sarebbe sicuramente andata in
crisi d’identità. L’appuntamento con la
visita medica porta infatti tutti a un almeno periodico quanto utile avvicinamento alla potabile acqua, ma poi, invece di fermarsi alla classica saponetta, tutto viene rovinato da immondo spargimento di più essenze ovviamente mal
miscelate e che già nel tragitto porta-sala
creano nei pazienti già presenti scambi
oculari di tassativa bocciatura. Segue a
ruota il rito legato alla scelta della sedia.
Le prime ad essere strategicamente occupate, anzi, assaltate sono quelle d’angolo per cui dopo quattro pazienti ti
sembra di essere sulla scacchiera di Marostica durante una partita di scacchiumani.
Direttore responsabile Lillo Alaimo
Vicedirettore
virgolette
Una festa in onore di Callisto,
un frate anche per i non credenti
IL
DIARIO
L’avanzare anagrafico e quindi la relativa necessità di periodico riassetto e
manutenzione della umana carrozzeria,
mi porta con maggiore frequenza a sedermi in “sala d’aspetto”, luogo oltremodo interessante per veloci quanto spassosissime analisi comportamentali degli
astanti. E già l’entrata in materia ne è fulgido esempio, poiché anche il più incallito dei ritardatari si presenta con almeno
quindici muniti di anticipo nella speranza di guadagnare qualche posizione. Ma,
non avendo ancora gli studi medici copiato il modello organizzativo delle salumerie, gli stessi non sono muniti della
macchina “sputa numero” che ti toglie
forse identità, ma evita coronariche alterazioni per fregatura di turno. E delle salumerie, le sale d’aspetto non hanno
nemmeno il delicato profumo. Anzi, le
tra
Libero D’Agostino
Caposervizio grafico Ricky Petrozzi
E vi è persino chi, in visita per un’otite e persa la mirata sedia, finge lancinanti
dolori dorsali pur di non accomodarsi,
anzi, incastrarsi fra due profumi. Ogni…
seduta è comunque preceduta da una
meticolosa scelta della gratuita rivista d’
intrattenimento, messa di regola in bella
mostra su di un - chissà poi perché - bassissimo tavolino provocante nel sceglierla improvvisi abbassamenti di pressione.
Per mostrare raggiunta saggezza e vasta
cultura, i più se ne vanno comunque al
posto con pubblicazioni di ordine metascientifico che mai avrebbero comperato
all’edicola, ma che portano il vicino a
pensare di aver accanto uno degli autori
di Wikipedia. Sfogliatane la metà con supersonica velocità, la rivista stessa viene
poi abbassata a livello naso per permettere di almeno osservare sul tavolino e da
Società editrice
2R Media
Presidente consiglio d’amministrazione Marco Blaser
Direttore editoriale
Giò Rezzonico
DIREZIONE, REDAZIONE E IMPAGINAZIONE
Centro Editoriale Rezzonico Editore
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sopra gli occhiali l’intrigante copertina di
Grazia, Amica, Donna Moderna o Novella 2000 (meglio se 3000) solitamente mai
portabili a domicilio poiché a rischio
mattarello. Poi, presa un po’ di confidenza con la sala, vi è chi inizia a sciorinare il
perché della sua presenza. Ed allora - ma
qui Wikipedia ha fallito - vi è chi comunica urbi et orbi di essere lì solo per un ketchup (il check-up lo mangerà la prossima volta), subito seguito da una signora
fiera di avere con una sana alimentazione evitato l’“iptus”. Un altro, inviperito,
molla rivista e scienza per confermare
che all’ospedale è stato vittima di un infermieristico “qui quo quo” che lo ha fatto andare in “cure immense”.
Improvvisamente la sala si zittisce,
arriva la dottoressa che fissa il prossimo
paziente intimandogli un perentorio:
RESPONSABILE MARKETING
Maurizio Jolli
Tel. 091 756 24 00 – Fax 091 756 24 97
DISTRIBUZIONE
Maribel Arranz
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Fax 091 756 24 97
“Prego”. Mancava solo l’aggiunta di un
“per lei” e la diagnosi preventiva era già
fatta. Ma, chiusa la porta, vi fu un immediato digrignar di denti (o loro simili)
poiché due si erano visti tolta la precedenza ed erano stati sorpassati. Subito
arrivò però la frase consolatoria : “Che lì
al stà pegio da mi!” Poi s’ode finalmente
il liberatorio annuncio, modello premiazione olimpica, del proprio cognome. Un
dolce suono che pone fine all’attesa, talmente snervante da far subito sballare i
dati del primo quanto classico atto della
visita semestrale ovvero la misurazione
della pressione. E per evitarlo, che ne direste allora se sotto la classica indicazione “sala d’aspetto”, qualche nostro bravo
camice bianco ne mettesse una seconda
con un consolatorio….” non so però dirvi
quanto”?
STAMPA
Ringier Print - Adligenswil AG - Druckzentrum Adligenswil
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Lettori (dati Mach ‘12-’13)
106’000
Abbonamento annuo Fr. 59.– (prezzo promozionale)
Se non avete mai avuto un telefono
fisso non potete capire. Si passavano i
pomeriggi a guardare l’apparecchio,
aspettando la telefonata tanto attesa del
moroso o di chi avremmo voluto come
tale. Si alzava la cornetta per sentire il
suono di “libero” e per accertarsi che la
linea ci fosse (gesto ripetuto molte volte). Si usciva solo in caso di estrema necessità, temendo di perdere la chiamata. O di sentire lo squillo mentre salivamo le scale, da qui la ricerca affannosa
delle chiavi nella borsetta, fino a che il
telefono tristemente taceva.
Nei casi più gravi, ci si armava di coraggio e si chiamava noi, con futili scuse. La prima: “Salendo le scale ho sentito il telefono che squillava, non ho fatto
in tempo a rispondere: eri tu?”. La seconda scusa era uguale alla prima, solo
con la doccia al posto delle scale. Di solito, lo diciamo per dovere di cronaca, il
Che tenerezza la sindrome
che colpiva col telefono fisso
CITOFONARE
MANCUSO
MARIAROSA
MANCUSO
moroso - o quello che avrebbe potuto
diventarlo - diceva “no, io no, non ero
io”. Noi con un po’ di vergogna smettevamo di importunarlo almeno per il resto del pomeriggio.
Abbiamo detto “telefono fisso” per
riassumere altri spiacevoli dettagli della
vita prima dello smartphone. Non c’erano le segreterie telefoniche, non c’era la
possibilità di conoscere il numero del
chiamante prima di alzare la cornetta,
dalla cabina servivano i gettoni o le monete, le telefonate interurbane costavano di più (e a volte, da genitori e nonni,
venivano fatte con voce più alta, perché
i parenti lontani sentissero meglio).
Quando arrivarono le segreterie telefoniche, il segno della solitudine – in
qualsiasi film che si volesse contemporaneo – non era più il gatto con la sua
scatoletta di cibo inacidito. Era una voce artificiale che scandiva “Zero. Messaggi.”
Nessuna nostalgia, per carità. Ma fa
tenerezza leggere – in un articolo di Annalena Banini uscito su Il Foglio – di un
App per smartphone che si chiama “Cloak”. Cloak come cappa o mantello, di
quelli che procurano l’invisibilità. Funziona così: quando siete in un posto, localizza i vostri amici di Facebook, Twitter
e altri social network assortiti. Non per
farveli incontrare, a questo servono tutte
le altre App. Per farveli evitare.
Sappiamo che amici e conoscenti
sono nei paraggi. La nuova moda è tenerli a distanza di sicurezza (sai che noia la reperibilità continua...). Controllando le loro mosse: “pallino in avvicinamento... pallino in allontanamento”.
Usando un pallino che sullo schermo
registrava la posizione del mostro a bordo dell’astronave Nostromo, Ridley
Scott costruì una delle scene più spaventose di “Alien”.
Da “Cloak” alla chiamata “per sapere se mi hai chiamato” il passo è breve.
E forse neanche si tratta di un passo all’indietro. È puro Nanni Moretti: “Mi si
nota di più se me ne sto a casa (senza
che nessuno lo sappia) oppure se mi
presento alla festa e non parlo con nessuno?”
8 giugno 2014
Il Paese nel racconto popolare
www.caffe.ch
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Il romanzo della realtà
Gli eBook del Caffè
La finestra sul cortile
39 / Storie di quotidianità familiare
ANONYMOUS
I fatti
e le persone
narrati in
queste storie
sono di pura
invenzione.
Anche le cose pensate
o sottintese
non hanno
alcun legame
con la realtà.
Ma così non
sempre è per
i luoghi, le
circostanze
e gli episodi
da cui prendono
le mosse
i racconti.
Pensionato, vedovo
e piacione. Ama le
enciclopedie. Sua figlia,
Giulia, divorziata, ha un
bimbo di 6 anni, Nathan.
Non ama gli stranieri.
Illustrazione Guido Rosa per Il Caffé
Ragazza madre svizzero
tedesca. Precisa e
rispettosa di ogni norma.
Trentacinquenne, impiegata
in un’agenzia immobiliare.
Suo figlio Gabriel ha 11anni.
La nipote dal “Connecticut”
S
Quarantacinquenne,
divorziata da un medico.
Impiegata in un grande
magazzino. Bella, elegante
e... con molti amanti.
Maestro elementare. Sua
moglie, in casa tutto il
giorno, è una patita di
music pop. S’è ingrassata
a dismisura.
Il figlio Nick ha 6 anni.
Arrivano dalla Croazia.
Fanno tutti e due gli
assistenti di cura. Lei è
disoccupata, oltre che
molto sexi.
ONLINE
La raccolta
dei racconti
caffe.ch/citofoni
i era piazzato davanti al televisore dopo aver infilato un dvd. Era uno di quelli collezionati con la
rivista Ciak. Il Lüis aveva la mania delle enciclopedie, dei dizionari, dei confanetti con intere serie di film..., sì, quelle cose lì, regalate dai quotidiani e dalle riviste.
Il vedovo, con Alberto Sordi. Proprio come
lui. Vedovo e piacione. Solo che Sordi nel film
vedovo lo è solo per un giorno. Il Lüis Vosti, settantaduenne operaio in pensione, vedovo lo era
da qualche anno. E non per finzione cinematografica. Era vedovo e... quasi solo. Una figlia, la
Giulia, e un nipotino che amava più di se stesso,
il Nathan. Per il resto nessuna parentela importante, se non un fratello e una sorella della defunta moglie, con relativi figli, che però abitavano da sempre in America. Lui quei ragazzi, due
maschi e una femmina, li aveva visti quand’erano..., mah, avranno avuto sei o sette anni, proprio come il suo Nathan. Erano venuti in Svizzera una volta a Natale e un’altra in estate. Poi basta. Solo qualche contatto telefonico. I fratelli
della moglie non erano nemmeno venuti al funerale. Troppo anziani per affrontare quel lungo
viaggio. Addirittura dal “Connecticut”, che il Lüis
pronunciava proprio come si scrive e che non
sapeva minimamente dove si trovasse nella sterminata America. Ma gli sarebbe piaciuto andarci. Un sogno, perché sua moglie proprio non ne
aveva mai voluto sapere.
Eccoci alla scena clou, quella che per il Lüis
era irresistibile. E ogni volta anticipava di qualche millesimo di secondo la battuta che lo faceva morir dal ridere. Sordi, un incapace imprenditore romano a Milano, esce dal suo ufficio, saluta la segreteria e... suo malgrado incontra un
creditore: «Ragionier Lambertoni, ma cos’u fa chi
a Milan con ‘stu cald?». Irresistibile, quasi quasi
torno indietro col telecomando, pensò il Lüis,
ma... Squillò il telefono e mise in pausa il film.
«Pronto»
«Pronto zio, sei tu?».
«Ma chi è, chi è che parla?».
«Non mi riconosci. Sono tua nipote...».
«Ma chi la..., la cosa...».
«Sì sono io, certo».
«La Lore..., la Loren...!».
«Lorena, sì. Come stai zio?».
«Ma dimmi te chi mi doveva telefonare oggi!
Sono veramente contento. Non ci vediamo
da ... Boh, vent’anni, no?! Ma come mai Lorena?
E tua..., tua mamma come sta?».
«Insomma! Ormai ha i suoi anni».
«Eh certo, ma è più giovane di me, anche
della tua povera zia . Avrà, avrà sessantasette sessantotto anni, no?, più o meno».
«Ci siamo, sì sì zio, quasi sessantasette».
«Ma sei qui in Svizzera?»
«Eh, eh... certo, certo qui...».
«Sei venuta con chi dal Co-nnec-ti- cut? Ho
detto bene?».
«Benissimo. Hai detto bene zio. Sono... sola,
sì, sola».
Il Lüis che - sì, si divertiva come un bimbo
davanti alle battute di Sordi e sebbene la testa
iniziasse a fargli qualche scherzetto - ancora non
era... rimbambito. Tutt’altro. E così, il tono della
voce, i tentennamenti, le esitazioni di sua nipote
Lorena lo stavano mettendo in allarme.
«Ma c’è qualcosa che non va Lorena? Mi
sembri..., mi sembri un po’ strana».
«Eh sì zio, scusami, scusami tanto. È che mi
trovo a Lugano e..., mi hanno rubato tutto. Documenti, carte di credito, il portafogli...».
“Zio, scusami, scusami tanto.
È che mi trovo a Lugano
e..., mi hanno rubato tutto”
«Oh signùr, ma cosa mi dici!? Vedi che avevo
capito...».
«Adesso un mio amico da casa sta cercando
di sistemare le cose con i documenti, soldi..., ma
ci vuole qualche giorno».
«Eh immagino. Dalla Svizzera in America!».
«Ecco zio, mi domandavo se nell’attesa tu
non potresti prestarmi, ma solo per qualche
giorno eh!, non potresti prestarmi qualcosa».
«Ma qualcosa cosa...?».
«No, solo per un giorno due. Poi passo da te
appena ricevo i documenti nuovi e ti restituisco
tutto».
Il Lüis cominciò ad agitarsi. Non che fosse
un tirchio, ma, santo cielo, questa qui non la vedo da vent’anni almeno e mi viene a chiedere dei
soldi?!
«Tutto?! Mi restituisci tutto cosa Lorena? Io
sono un pensionato, capisci!?».
«Zio, guarda... mi bastano..., cinquemila
franchi, ma se non puoi anche di meno. Sai l’albergo, il consolato, qualche vestito, il biglietto
per il ritorno, sono due giorni che non mangio...
Mi hanno rubato anche la valigia, capisci? Mi sono fatta prestare un telefono per chiamarti. Ma ti
restituisco tutto in un giorno o due, tranquillo!».
«Ma come faccio a darti questi soldi. Mica
posso farteli mettere su un conto, no?!».
«E no! Zio mi faccio dare un passaggio sino
da te e... Se tu vai in banca ci vediamo dopo. Non
so, fra un’ora o due?».
«Va bene Lorena, ma... io sono un pensionato capisci? Sono soldi, tanti soldi per me. Mi raccomando!».
«Ma zio, sta tranquillo. Anche la mamma ti
ringrazierà molto. Per ora però non dirle niente,
sai com’è lei... Poi si preoccupa! Ti chiamo appena arrivò così ci incontriamo».
Il Lüis spense la tv. Saranno state sì e no le
due. Agitatissimo andò a infilarsi le scarpe, un
maglione e un giaccone. Già pensava a cosa le
avrebbe detto sua figlia Giulia se solo fosse venuta a saperlo. Per carità! E che ’sta Lorena mi restituisca subito i soldi!
Uscì di casa, incontrò sul ballatoio la Milka,
la giovane croata dell’appartamento 5, che ritornava a casa e vestita proprio come piaceva a lui,
con quei pantaloni stretti stretti che ne esaltavano il sedere...., ma non si fermò a fare il piacione
come al solito. Aveva fretta.
In banca andò ad un sportello. Era libero
proprio quello del Markus, il figlio di un suo ex
collega in fabbrica. Si conoscevano da sempre.
«Markus ciao, senti..., ho bisogno che tu mi
dia cinquemila franchi...., lì riporto domani o
dopo».
«Sì certo, sono... i suoi, può fare quel che
vuole. Ma, non pensa sia un po’ pericoloso uscire in strada ora..., con tutti questi soldi in tasca?».
«Sì, ma... Sai, è una storia lunga. Devo darli a
mia nipote, sai quella dell’America... È qui, ma
domani me li riporta, poveraccia...?».
«Sua nipote? Ha ricevuto per caso una telefonata?».
«Sì, è a Lugano. Le hanno rubato tutto. Ora
sta venendo qua...».
«Ma lei l’ha mai vista?».
«Beh sì! Venti, venticinque anni fa. Lorena, si
chiama Lorena».
Il Markus convinse il Lüis a seguirlo dal direttore. Gli spiegarono che con ogni probabilità
stava per subire una truffa. Nonostante qualche
sua resistenza, chiamarono la polizia e... Cosa
accadde quel pomeriggio lo si lesse sui giornali
qualche giorno dopo: Pensionato ottantenne
(“porca vacca, i soliti giornalisti, di anni ne ho
settantadue”) sventa una truffa ai suoi danni. Al
telefono c’era il ‘falso nipote’!