LOGO DELLA REPUBBLICA ITALIANA LA CORTE DEI CONTI SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA CAMPANIA Pronuncia n.286/2013 composta dai seguenti magistrati: Presidente Dr. Ciro Valentino Consigliere Dr. Silvano Di Salvo Consigliere Dr. Tommaso Viciglione Referendario Dr.ssa Carla Serbassi relatore a seguito dell’adunanza del 12 dicembre 2013, ha adottato la seguente deliberazione : VISTO l’art. 100, comma 2, della Costituzione; VISTA la legge costituzionale 18 ottobre 2001 n°3; VISTA la legge 5 giugno 2003 n°131, recante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001 n°3; VISTO il r.d. 12 luglio 1934, n°1214 e le successive modificazioni ed integrazioni, recante l’approvazione del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti; VISTA la legge 14 gennaio 1994 n°20, recante disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti; VISTO il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, approvato dalle Sezioni riunite con deliberazione n°14/DEL/2000 del 16 giugno 2000 e successive modificazioni; VISTA, in particolare, la deliberazione n°229 del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti, approvata in data 19 giugno 2008 ai sensi dell’art. 3, comma 62, della legge 24 dicembre 2007 n°244; VISTO l’art.1, commi 166 e seguenti, della legge 23 dicembre 2005 n°266, richiamato dall’art. 1, comma 3, del D.L. n°174/2012, conv. in L. 7 dicembre 2012, n°213; VISTA la relazione al bilancio di previsione 2013 trasmessa dall’Organo di revisione economico-finanziaria, nonché dal Responsabile dell’Ufficio Bilancio e Finanze del- 1 la Regione Campania ed acquisita agli atti con il prot. n°3005 in data 28 giugno 2013; VISTA la Legge regionale n. 6 del 6 maggio 2013 (“Bilancio di previsione della regione Campania per l’anno finanziario 2013 e Bilancio pluriennale per il triennio 20132015”); VISTE le richieste istruttorie formulate, con le note n°3191 (in data 24/07/2013) e n°3621 (in data 3/10/2013); VISTI gli atti e la documentazione qui trasmessi a riscontro di dette note; VISTA la richiesta di attivazione della procedura ex art. 1, comma 166, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, richiamato dall’art. 1, comma 3, del D.L. n°174/2012, conv. in L. 7 dicembre 2012, n°213, formulata dal magistrato incaricato, sulla base di specifiche osservazioni; VISTA l’ordinanza del Presidente della Sezione regionale di controllo n° 34 del 21.11.2013 - trasmessa all’Ente, unitamente al contenuto delle predette osservazioni, con nota prot. n° 4068 del 21.11.2013 - con la quale la Sezione è stata convocata in adunanza, ai fini di un’eventuale pronuncia ai sensi dell’art. 1, comma 166, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, richiamato dall’art. 1, comma 3, del D.L. n°174/2012, conv. in L. 7 dicembre 2012, n°213; VISTE le note n° 19604 e 19605 del 29 novembre 2013 (acquisite al protocollo di questa Sezione, rispettivamente, con n°4142 e n°4143 in data 2 dicembre 2013), con le quali il Presidente della giunta regionale forniva le controdeduzioni dell’Ente; VISTA, per quanto di ragione, la memoria depositata in data 12 dicembre 2013, acquisita al prot. di questa Sezione al n° 4211, nella stessa data; UDITI, nell’adunanza del 12 dicembre 2013, il magistrato relatore, nonché, per delega del Presidente della Regione Campania, l’Assessore al Bilancio - Ragioneria e tesoreria Finanze e tributi della Regione Campania, Gen. Dott. Gaetano Giancane e il Capo di Gabinetto, Avv. Danilo Del Gaizo; sentito, altresì, il Presidente del Collegio dei Revisori dei conti della Regione Campania, Dott. Giovanni Gerardo Parente; 2 FATTO E DIRITTO L’Organo di revisione dei conti della Regione Campania, di concerto con il Responsabile dell’Ufficio Bilancio e Finanze, inviavano a questa Sezione, in ottemperanza a quanto stabilito dall’art. 1, comma 166, della legge 23 dicembre 2005 n°266, richiamato dall’art. 1, comma 3, del D.L. n°174/2012, conv. in L. 7 dicembre 2012, n°213, la relazione-questionario sul bilancio di previsione 2013 (assunta al protocollo di questa Sezione in data 28 giugno 2013, al n°3005). In sede di esame del succitato questionario, emergevano elementi critici, in considerazione dei quali venivano trasmesse, al Presidente, al Responsabile dell’Ufficio Bilancio e Finanze ed al Collegio dei revisori della Regione Campania, la nota n°3191, in data 24 luglio 2013, e la nota n°3621, in data 3 ottobre 2013, con le quali venivano richiesti chiarimenti, corredati dell’opportuna documentazione, in ordine a vari aspetti della gestione, come emergenti dalle indicazioni contenute nel suindicato questionario. A riscontro delle menzionate note istruttorie sono qui pervenute la nota n°622281 del 9 settembre 2013 (acquisita, al protocollo di questa Sezione, con n° 3447, in data 11/09/2013), la nota n° 625279 del 10 settembre 2013 (acquisita, al protocollo di questa Sezione, con n°3466, in data 13/09/2013), la nota n°16147 dell’11 ottobre 2013 (acquisita, al protocollo di questa Sezione, con n°3728, in data 14/10/2013), la nota n° 698788 del 10 ottobre 2013 (acquisita, al protocollo di questa Sezione, con n°3730, in data 14/10/2013), la nota n°702566 dell’11 ottobre 2013 (acquisita, al protocollo di questa Sezione, con n° 3729, in data 14/10/2013), la nota n°16356 del 16 ottobre 2013 (acquisita, al protocollo di questa Sezione, con n°3754, in data 17/10/2013), nonché la nota n° 720270 del 18 ottobre 2013 (acquisita, al protocollo di questa Sezione, con n°3789, in data 23/10/2013). Con le predette risposte – con le quali venivano fatti pervenire chiarimenti in ordine alle richieste istruttorie formulate da questa Sezione – si fornivano, in particolare, 3 precisazioni, le quali consentivano di superare alcuni dei rilievi mossi. Tuttavia, permanevano perplessità su taluni aspetti gestionali, in ordine alle quali il magistrato incaricato si determinava a richiedere – a mezzo di specifica proposta di deferimento - l’esame collegiale della Sezione, al fine di verificare, nella pienezza del contraddittorio, le criticità gestionali rilevate, in vista di un’eventuale adozione di specifica pronuncia, ai sensi dell’art. 1, comma 166, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, richiamato dall’art. 1, comma 3, del D.L. n°174/2012, conv. in L. 7 dicembre 2012, posto che esse apparivano, al medesimo magistrato, concretare, nel loro complesso, comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria, suscettibili di incidere negativamente sugli equilibri di bilancio dell’Ente. A seguito dell’emissione, da parte del Presidente della Sezione regionale di controllo, dell’ordinanza n° 34 del 21 novembre 2013 - trasmessa all’Ente, unitamente al contenuto delle predette osservazioni, con nota n°4068 del 21 novembre 2013 – (con la quale questa Sezione veniva convocata in adunanza, ai fini di un’eventuale pronuncia ai sensi dell’art. 1, comma 166, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, richiamato dall’art. 1, comma 3, del D.L. n°174/2012, conv. in L. 7 dicembre 2012, n°213) la Regione Campania inviava a questa Sezione le note n°19604 e n°19605 del 29 novembre 2013 (acquisite, al protocollo di questa Sezione, con n°4142 e n°4143, in data 2 dicembre), con le quali venivano fornite le controdeduzioni (i cui allegati, peraltro, non rispecchiavano fedelmente l’elencazione contenuta nel relativo foliario) dell’Ente di cui infra. Nell’odierna adunanza pubblica – come da verbale - risultavano presenti, per l'Amministrazione regionale e per delega del Presidente della Regione Campania, Dott. Stefano Caldoro : l'Assessore al Bilancio, Gen. Dott. Gaetano Giancane, il Capo di Gabinetto, Avv. Danilo Del Gaizo, il Capo Dipartimento delle Risorse Finanziarie Umane e Strumentali, Dott. Salvatore Varriale, il Direttore Generale per le Risorse Finanziarie, Dott. Bruno Rosati. Erano, altresì, presenti, il Vice Capo di Gabinetto, Vice Prefetto Dott.ssa Paola Spena, 4 nonché il Presidente del Collegio dei Revisori dei conti, Dott. Giovanni Gerardo Parente, e il Dott. Claudio Mallardo, componente del medesimo Collegio. Il Presidente dava la parola al magistrato relatore, il quale, riportandosi integralmente al contenuto delle osservazioni, come accluse all'ordinanza presidenziale di convocazione, faceva presente che, in più punti, le risposte fornite, anche in sede di controdeduzioni, non si potevano ritenere idonee al superamento dei rilievi formulati. Prendeva la parola il Gen. Dott. Gaetano Giancane, il quale faceva presente di aver letto tutte le precisazioni formulate dalla Corte e si soffermava, in particolare precisando di non intendere entrare nei dettagli tecnici ai quali riteneva avessero provveduto i settori interessati nei limiti delle loro possibilità - su vari aspetti dell'attività gestionale della Regione, con riferimento, in particolare, ai derivati, alla spesa del personale, alla riduzione dei residui attivi e passivi, ai fondi allocati in bilancio ed alla previsione di entrata per alienazioni immobiliari, sull'assetto normativo giuscontabilistico vigente nonché di quello de iure condendo, sulla riduzione dei trasferimenti erariali, sull'impossibilità di indebitamento, sul rispetto del Patto di Stabilità Interno, sull'intervenuta necessità di porre la questione di fiducia in ordine all'approvazione della legge di bilancio di previsione 2013, sul disavanzo del settore sanitario. Rappresentava, in particolare, che l'Amministrazione regionale trovavasi da tempo in stato di sofferenza gestionale, rilevata peraltro anche dal Ministero dell’economia e delle finanze, le cui origini si sarebbero dovute ricercare nelle gestioni pregresse a quella in esame, considerato il notevole impegno profuso dal dichiarante e dall'intera struttura amministrativa nell'opera di risanamento economico-finanziario e gestionale dell'Ente, aggiungendo che quest’ultimo stava procedendo secondo le indicazioni fornite dalla Corte. Prendeva la parola l'Avv. Danilo Del Gaizo, il quale depositava, in adunanza, una relazione chiarificativa delle memorie già depositate (la quale, essendo stata depositata nell’odierna pubblica adunanza e, quindi, oltre il termine del 29.11.2013, assegnato da 5 questa Sezione con ordinanza n. 34/2013, potrà essere esaminata limitatamente alla in essa palesata finalità della Regione Campania di “riassumere in modo organico le osservazioni con le quali ha inteso dirimere le criticità poste in evidenza dal magistrato istruttore ...”) e si soffermava, in particolare, sulla spesa del personale, sugli organismi partecipati e sulla relativa disciplina giuridica, sui pignoramenti riguardanti il settore sanitario e sugli interventi legislativi al riguardo. Prendeva la parola il Dott. Giovanni Gerardo Parente, il quale si soffermava, in particolare, sull'attinenza di alcune voci del questionario al bilancio consuntivo e non al previsionale, sulla ritenuta correttezza della gestione delle spese del personale. Tanto premesso, si passano, di seguito, in rassegna le criticità rilevate in conseguenza dell’esame della surrichiamata relazione-questionario relativa al bilancio di previsione 2013, trasmessa dall’Organo di revisione economico-finanziaria, nonché dal Responsabile dell’Ufficio Bilancio e Finanze della Regione Campania ed acquisita agli atti con il prot. n°3005 in data 28 giugno 2013. Al riguardo, va sottolineato che, dall’esame degli atti e documenti acquisiti, sono emerse le irregolarità contabili di cui appresso, che si ritengono non superate dalle risposte fornite. Nello specifico, si osserva quanto segue. PREMESSA Va, innanzitutto, premesso che, nella “Nota preliminare” al disegno di legge “Bilancio di previsione della Regione Campania per l’anno finanziario 2013 e Bilancio pluriennale per il triennio 2013-2015”, pubblicata nel B.U.R.C. n° 24 del 7 maggio 2013, si affermava, con lealtà istituzionale, quanto segue: “In sede di richiesta dei dati per la predi- 6 sposizione del bilancio 2013, nel ribadire ancora una volta che il bilancio regionale versa in una situazione di disequilibrio economico-finanziario di carattere strutturale, è stato ricordato che una delle cause di tale squilibrio è sicuramente rappresentata dalla rigidità della spesa corrente storica, la cui copertura non è più integralmente assicurata dal gettito delle entrate correnti”. Orbene, tale dichiarazione trovava conferma all’esito del controllo svolto da questa Sezione. SEZIONE I DEL QUESTIONARIO – DOMANDE PRELIMINARI Dalla risposta fornita alla domanda 1.1), si evinceva che erano stati approvati i documenti di programmazione economico-finanziaria previsti dallo Statuto e dalle leggi regionali. A tal riguardo, si chiedeva di chiarire, fornendone evidenza documentale, se fossero state osservate le previsioni di cui agli artt. 11 e 19 7 della legge regionale n° 7 del 30/04/2002 e succ. modd., nonché quelle di cui all’artt. 26, comma 4, all’art. 59, all’art. 60, comma 2, e all’art. 61, comma 4, dello Statuto dell’Ente, pubblicato sul B.U.R.C n°13 del 26/02/2009. In particolare, si chiedeva all’Ente di voler chiarire se fossero stati approvati i documenti di programmazione economico - finanziaria previsti dallo statuto e dalle leggi regionali, avendo cura di trasmetterne, in caso affermativo, copia conforme (cfr. note istruttorie n° 3191 del 24/07/2103 e n°3621 del 3/10/2013). Con note di risposta n° 625279 del 10/09/2013, e n°720270 del 18/10/2013, l’Ente confermava la mancata approvazione degli atti de quibus. In sede controdeduttiva, l’Ente non forniva alcun ulteriore elemento di valutazione. E’ di immediata evidenza come tali omissioni, oltre a costituire una violazione di precise statuizioni di legge, arrechino significativi vulnera all’attendibilità delle previsioni di bilancio formulate. Infatti, non può non rilevarsi come la mancata adozione, fra l’altro, del Documento di programmazione economica e finanziaria (Dpef) faccia venir meno l’atto fondamentale di indirizzo programmatico regionale, ovvero del documento grazie al quale l’Ente declina la propria strategia di intervento e fissa le priorità di azione in subiecta materia. Sul punto, è d’uopo, riportare alcuni passi del parere espresso dalle Sezioni Riunite della Corte dei conti - sullo schema del decreto legislativo del 13 aprile 2006, n. 170, recante “Armonizzazione dei bilanci pubblici” - adottato con delibera n. 2/2004/CONS : “... L’adozione di una procedura di bilancio imperniata sullo strumento del D.P.E.F. regionale e sulla legge finanziaria annuale, oltre a garantire maggiore trasparenza nel rapporto tra governi regionali ed organi assembleari – secondo lo schema procedurale disciplinato dall’art. 11 della legge 5 agosto 1978, n. 468 - si pone infatti come uno strumento essenziale alla collocazione delle scelte di politica regionale in un più vasto orizzonte, consenten- 8 do di definire annualmente il quadro di riferimento finanziario e di regolarne le grandezze anche in coerenza con gli obiettivi fissati in sede statale e comunitaria…”. D’altra parte, il comma 2 dell’articolo 59 dello Statuto della Regione Campania, approvato con legge regionale n. 6 del 28 maggio 2009, dettando la disciplina generale del D.P.E.F., stabilisce che il Consiglio regionale approva il documento di programmazione economica e finanziaria entro il 15 luglio di ciascun anno, presentato, dalla Giunta regionale, almeno trenta giorni prima della sua approvazione. Nella citata disposizione statutaria, il D.P.E.F. viene definito come un atto di indirizzo per l’attività di governo della Regione, degli enti, delle aziende e delle agenzie regionali, improntato ai principi della partecipazione, con il quale si definiscono ”... su base annuale, con previsioni triennali, i programmi e gli interventi nelle diverse materie e le relative grandezze finanziarie. …”. Tant’è che, sia la legge finanziaria - ex art. 60 comma 2 - sia il bilancio - ex art. 61 comma 4 – devono rispettivamente tener conto “… delle grandezze individuate dal documento di programmazione economica e finanziaria”… e “… degli obiettivi e delle grandezze finanziarie definiti nel D.P.E.F….”. Di conseguenza, il mancato intervento della deliberazione del documento di programmazione economico-finanziaria viene a configurare, a carico dell’Ente Regione inadempiente, anche la violazione delle prescrizioni statutarie sopra indicate, nonché del generale principio di programmazione, che rappresenta un archetipo cardine ai fini della formazione dei pubblici bilanci. Va, infine, per altro verso, precisato, che, ai sensi dell’art. 8 (rubricato come “Coordinamento della finanza pubblica degli enti territoriali”) della L. 31-122009 n. 196 (“Legge di contabilità e finanza pubblica”), come modificato dall'art. 7, comma 1, L. 7 aprile 2011, n. 39, a decorrere dal 13 aprile 2011, ai sensi di quanto disposto dall'art. 8, comma 1, della medesima L. 39/2011 : “1. Le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali de- 9 terminano gli obiettivi dei propri bilanci annuali e pluriennali in coerenza con gli obiettivi programmatici risultanti dal DEF (cioè “Documento di economia e finanza”, in relazione al quale l’articolo 7 – rubricato come “Ciclo e strumenti della programmazione finanziaria e di bilancio” - della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nel testo sostituito dall’art. 2, c. 1, della LEGGE 7 aprile 2011, n. 39, stabilisce, fra l’altro, che “1. L'impostazione delle previsioni di entrata e di spesa dei bilanci delle amministrazioni pubbliche si conforma al metodo della programmazione. 2. Gli strumenti della programmazione sono: a) il Documento di economia e finanza (DEF), da presentare alle Camere entro il 10 aprile di ogni anno, per le conseguenti deliberazioni parlamentari; b) la Nota di aggiornamento del DEF, da presentare alle Camere entro il 20 settembre di ogni anno, per le conseguenti deliberazioni parlamentari ...”). La risposta alla domanda 1.2) poneva in rilievo il mancato rispetto dei termini previsti dallo Statuto e dalle leggi regionali per il corretto iter di approvazione della legge di bilancio in esame (Legge Regionale n°6/2013), la quale veniva approvata il 6 maggio 2013 e, quindi, oltre il termine (30.11.2012) desumibile dall’art. 20 della legge regionale n° 7 del 30/04/2002. Si chiedeva, pertanto, di comunicare le ragioni del ritardo, assumendo esso, anche in considerazione della sua ripetizione nel tempo, carattere patologico rispetto alle scansioni temporali disciplinate dall’assetto normativo di riferimento e presentandosi, peraltro, prospetticamente non in linea con le disposizioni di cui all’art 18 del D.Lgs. n° 118 del 28/06/2011 (cfr. note istruttorie n° 3191, del 24/07/2103 e n°3621, del 3/10/2013). Orbene, il ritardo nell’approvazione del bilancio in esame veniva dall’Ente attribuito, fra l’altro, alla circostanza che il medesimo aveva dovuto adeguare la propria contabilità al disposto di cui al D.Lgs. n° 118 del 23 giugno 2011, introduttivo delle nuove disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi 10 (cfr. nota di risposta n° 625279 del 10/09/2013). Al riguardo, non può non rilevarsi come l’art. 36 del citato Dlgs. prevedesse una fase di sperimentazione, per l’anno 2012 - cui la Regione Campania si era spontaneamente offerta di partecipare - in relazione alla quale il bilancio de quo avrebbe dovuto essere redatto secondo le modalità applicative di cui al D.P.C.M. del 28/12/2011. E’, dunque, di immediata evidenza, anche alla luce dell’intervenuta ripetizione (nel tempo) di siffatti ritardi, come la risposta fornita dall’Ente apparisse assolutamente inappagante. Peraltro, in sede di controdeduzioni alla proposta di deferimento, l’Ente non replicava alcunché. Orbene, è innegabile che l’approvazione del bilancio previsionale oltre il termine di legge non possa che riverberarsi negativamente sul buon andamento della gestione dell’Ente e sulla trasparenza dell’azione amministrativa nel suo complesso, attesa, peraltro, la particolare natura autorizzatoria di tale atto normativo contabile. SEZIONE II – REGOLARITA’ DELLA GESTIONE AMMINISTRATIVA E CONTABILE Le risposte alle domande 2.1) e 2.2) ponevano, rispettivamente, in evidenza che l’Ente aveva adottato i provvedimenti di cui all’art. 9, comma 1, del D.L. n° 78 del 31/05/2010, ed aveva proceduto ad una riduzione complessiva della 11 spesa di personale rispetto all’esercizio precedente: al riguardo (cfr. note istruttorie n° 3191, del 24/07/2103 e n°3621, del 3/10/2013), si chiedeva alla Regione di volerne fornire adeguata evidenza contabile – documentale, posto che la documentazione qui trasmessa sembrava riferita specificamente alla legge n° 296/2006, art. 1, comma 557 (cfr. nota di risposta 625279 del 10/09/2013, allegato n° 0615778 del 5/09/2013). Orbene, per quel che concerne il rilievo alla domanda 2.1), la risposta fornita non appariva idonea al suo superamento. Infatti, l’Ente affermava che “…..l’Amministrazione, nell’ambito della contrattazione integrativa decentrata, non ha proceduto ad alcun incremento…rispetto all’anno 2010…” (cfr. nota di risposta n° 720270, del 18/10/2013, allegato prot. n°715962, del 17/10/2013); peraltro, tale argomentazione si presentava sprovvista di qualsiasi evidenza contabile. Anche in sede controdeduttiva alla proposta di deferimento la risposta fatta pervenire si appalesava priva della necessaria esaustività. Infatti, l’Ente ribadiva di avere ottemperato al surrichiamato disposto normativo; tuttavia, nessuna idonea documentazione veniva fornita a supporto di tale affermazione. Parimenti insufficiente si appalesava la risposta - al rilievo formulato in ordine alla domanda 2.2) – in quanto afferente al solo bilancio gestionale e non a quello previsionale, nonché priva della necessaria chiarezza (cfr. allegato cit.), e a corredo della quale veniva fornita una documentazione parziale, riferita, in parte, all’esercizio 2012 e, in parte, a quello successivo. Al riguardo, le controdeduzioni non apparivano aggiungere elementi dirimenti, sembrando, nella sostanza, confermative delle argomentazioni già fornite nelle precedenti risposte. In ordine, poi, al disposto dell’art. 1, comma 557, legge n°296/2006, si chiedeva di comunicare, fornendo la relativa codifica SIOPE, quanto appresso indicato. a) L’ammontare delle retribuzioni lorde del personale dipendente con contratto a tempo indeterminato e determinato, aggiornato alla data del 30/09/2013 (inclu- 12 si i comandati in entrata): al riguardo, l’Ente, in sede istruttoria, faceva pervenire un dato privo della necessaria chiarezza, in quanto non si specificava se esso fosse relativo alla spesa complessiva del personale regionale o a quella inerente alle risorse umane di stretta competenza della Giunta Regionale. Anche le argomentazioni svolte in sede di controdeduzioni apparivano insufficienti ai fini del superamento rilievo. Infatti, venivano forniti dati parziali, sprovvisti, peraltro, dell’idonea indicazione di codifica SIOPE. b) Le spese per collaborazioni coordinate e continuative alla data del 30/09/2013 : sul punto, l’Ente non forniva alcuna illuminante risposta; le controdeduzioni non consentivano di superare il rilievo in quanto il dato veniva fornito sprovvisto di idonea indicazione di codifica SIOPE. C) Le spese sostenute per la qualifica dirigenziale, distinte in competenze stipendiali e trattamento accessorio, alla data del 30/09/2013 : al riguardo, l’Ente, in sede istruttoria, forniva una risposta priva della necessaria chiarezza, in quanto non era dato evincerne l’afferenza alla spesa complessivamente sostenuta dalla Regione o a quella di stretta competenza della Giunta Regionale. Anche le successive controdeduzioni si appalesavano prive della necessaria esaustività. Infatti, veniva sostenuto che il dato afferente ai compensi erogati al personale con qualifica dirigenziale fosse compreso in quello fornito in sede di risposta di cui alla lettera a). Inoltre, il dato inerente al Consiglio Regionale afferiva alla annualità 2012. Infine, la documentazione fatta pervenire era sprovvista di idonea indicazione di codifica SIOPE. d) Le spese sostenute per incarichi a dirigenti esterni e per quelli comandati in entrata alla data del 30/09/2013 : sul punto, l’Ente, in sede istruttoria, non forniva alcuna risposta. Le deduzioni svolte, al riguardo, in sede controdeduttiva, non si appalesavano sufficienti. 13 Infatti, veniva fatto pervenire il dato relativo ai dirigenti esterni in servizio presso la Giunta, sprovvisto, tuttavia, della idonea indicazione della codifica SIOPE. Per quel che concerne i comandati in entrata, si affermava la presenza in servizio, presso la Giunta regionale, di n° 13 unità, con precisazione che ciò non comportasse aggravio di spesa per l’Ente, gravando il personale in questione sulle Amministrazioni di appartenenza. Tuttavia, neppure nel caso de quo veniva fornita idonea codifica SIOPE. Con la memoria depositata in adunanza venivano forniti ulteriori dati numerici ed elementi di valutazione. Orbene, a prescindere dalla idoneità o meno (al parziale superamento dei rilievi mossi) delle deduzioni e dei dati aggiuntivi fatti pervenire dall’Ente anche in sede controdeduttiva, resta il fatto che la Regione non ha offerto idonea dimostrazione in ordine al rispetto, oltre che delle altre summenzionate norme restrittive della spesa per il personale (cfr., fra l’altro, le omissioni relative alla codifica SIOPE), anche, e, in particolare, della succitata normativa di cui all’art. 1, comma 557, legge 23 dicembre 2006, n°296, come sostituito dall’art. 14, comma 7, del DL. n.78/2010, conv. in L. n°122/2010, atteso che l’Ente (ferma restando l’incidenza anche degli ulteriori rilievi di cui infra) non ha fornito né dati adeguati in ordine alla spesa per il personale delle società partecipate (relativo all’esercizio 2013), né le succitate codifiche SIOPE, restandone questa Sezione, conseguenzialmente, impedita ad esprimere una sicura valutazione in subiecta materia (con evidenti incidenze anche sul giudizio in ordine al rispetto del patto di stabilità : cfr., anche, infra “SEZIONE V – ORGANISMI PARTECIPATI”, nonché “SEZIONE VI – PATTO DI STABILITA”). Al riguardo, appare appena il caso di ricordare come gli Enti soggetti al Patto di stabilità interno, in ossequio alla surrichiamata disposizione, debbano ridurre le spese per il personale nell’ottica del contenimento della dinamica retributiva ed occupazionale. 14 Invero, l’art. 14, comma 7, del surrichiamato D.L. così recita: “L'art. 1, comma 557, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 e successive modificazioni è sostituito dai seguenti : «557. Ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, gli enti sottoposti al patto di stabilità interno assicurano la riduzione delle spese di personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell'IRAP, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali, garantendo il contenimento della dinamica retributiva e occupazionale, con azioni da modulare nell'ambito della propria autonomia e rivolte, in termini di principio, ai seguenti ambiti prioritari di intervento: a) riduzione dell'incidenza percentuale delle spese di personale rispetto al complesso delle spese correnti, attraverso parziale reintegrazione dei cessati e contenimento della spesa per il lavoro flessibile; b) razionalizzazione e snellimento delle strutture burocratico - amministrative, anche attraverso accorpamenti di uffici con l'obiettivo di ridurre l'incidenza percentuale delle posizioni dirigenziali in organico; c) contenimento delle dinamiche di crescita della contrattazione integrativa, tenuto anche conto delle corrispondenti disposizioni dettate per le amministrazioni statali. 557-bis. Ai fini dell’applicazione del comma 557, costituiscono spese di personale anche quelle sostenute per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, per la somministrazione di lavoro, per il personale di cui all'articolo 110 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché per tutti i soggetti a vario titolo utilizzati, senza estinzione del rapporto di pubblico impiego, in strutture e organismi variamente denominati partecipati o comunque facenti capo all'ente.” Si chiedeva, infine, di voler comunicare, fornendone adeguata evidenza contabile – documentale, se l’Ente fosse in regola con il disposto dell’art. 20, comma 9, del D.L. n°98/2011, convertito nella legge n°111/2011. 15 Come è noto, tale norma stabilisce che “Al comma 7 dell'articolo 76 del decretolegge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 dopo il primo periodo sono inseriti i seguenti: "Ai fini del computo della percentuale di cui al periodo precedente si calcolano le spese sostenute anche dalle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che sono titolari di affidamento diretto di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgono funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale, né commerciale, ovvero che svolgono attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica. La disposizione di cui al precedente periodo non si applica alle società quotate su mercati regolamentari.". Invero, il periodo precedente, cui il succitato comma si richiama, dispone che “E' fatto divieto agli enti nei quali l'incidenza delle spese di personale è pari o superiore al 50 per cento delle spese correnti di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale; i restanti enti possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite del 40 per cento della spesa corrispondente alle cessazioni dell'anno precedente. Ai soli fini del calcolo delle facoltà assunzionali, l'onere per le assunzioni del personale destinato allo svolgimento delle funzioni in materia di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale è calcolato nella misura ridotta del 50 per cento; le predette assunzioni continuano a rilevare per intero ai fini del calcolo delle spese di personale previsto dal primo periodo del presente comma. Ai fini del computo della percentuale di cui al primo periodo si calcolano le spese sostenute anche dalle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che sono titolari di affidamento diretto di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgono funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale, né commerciale, ovvero che svolgono attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministra- 16 tive di natura pubblicistica. Ferma restando l'immediata applicazione della disposizione di cui al precedente periodo, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e dell'interno, d'intesa con la Conferenza unificata, possono essere ridefiniti i criteri di calcolo della spesa di personale per le predette società. La disposizione di cui al terzo periodo non si applica alle società quotate su mercati regolamentari. Per gli enti nei quali l'incidenza delle spese di personale è pari o inferiore al 35 per cento delle spese correnti sono ammesse, in deroga al limite del 40 per cento e comunque nel rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno e dei limiti di contenimento complessivi delle spese di personale, le assunzioni per turn-over che consentano l'esercizio delle funzioni fondamentali previste dall'articolo 21, comma 3, lettera b), della legge 5 maggio 2009, n. 42; in tal caso le disposizioni di cui al secondo periodo trovano applicazione solo in riferimento alle assunzioni del personale destinato allo svolgimento delle funzioni in materia di istruzione pubblica e del settore sociale”. La risposta alla domanda 2.8) poneva in evidenza che era stata disposta l’automatica riduzione dei fondi destinati al trattamento accessorio in proporzione alla diminuzione del personale in servizio, così come prescritto dall’art. 9, comma 2 – bis, del D.L. 78/2010. Al riguardo, l’Ente affermava di aver ottemperato alla suindicata previsione normativa con l’adozione dell’art. 23, comma 7, della legge regionale n° 1/2012. Pertanto, si chiedeva di fornire evidenza contabile – documentale dell’effettiva riduzione dell’importo dei fondi surrichiamati (cfr. note istruttorie citate). Orbene, la risposta fornita dall’Ente, in sede istruttoria, risultava priva delle necessaria esaustività; infatti, in luogo della richiesta dimostrazione, veniva soltanto qui trasmessa una serie di delibere (cfr. nota di risposta n° 720270, del 18/10/2013, allegato prot. n°715962, del 17/10/2013). 17 Si chiedeva, altresì, la trasmissione di copia della nota prot. n° 77080, del 30/06/2011, del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato (richiamata nel citato allegato n°0615778 del 5/09/2013), avente ad oggetto il piano di stabilizzazione finanziaria, ai sensi dell’art. 14, comma 22, del D.L. n° 78/2010. Orbene, neppure in sede controdeduttiva veniva fornita risposta sufficiente, in quanto non veniva fatta pervenire la nota comprovante il rispetto delle surrichiamate disposizioni. Dalla risposta alla domanda 2.9) si evinceva che l’Ente prevedeva di rispettare il limite massimo, stabilito dall’art. 6 del D.L. n° 78/2010, in ordine all’importo della spesa per incarichi di consulenza, così come recepito dalla legge regionale n° 4 del 15 marzo 2011 e succ. modd. Al riguardo, si chiedeva di comunicare, fornendone adeguata evidenza documentale, se l’Ente avesse ottemperato, nel conferimento degli incarichi de quibus, alle disposizioni di cui all’art. 7, comma 6, del D.L.gs. n° 165/2001 e succ. modif., nonché all’art. 15 del D.Lgs. n° 33/2013 (cfr. note istruttorie n°3191, del 24/07/2013, e n°3621, del 3/10/2013). La risposta fornita in sede controdeduttiva si appalesava priva della necessaria esaustività per varie ragioni : a) risultava sprovvista dell’adeguata evidenza contabile; b) aveva ad oggetto unicamente il dato inerente alla Giunta regionale, aggiornato al 30/09/2013, mentre quello afferente al Consiglio risultava privo della necessaria adeguatezza, nonché attualità (cfr., sul punto, anche quanto supra osservato in ordine ai dati forniti con la memoria depositata in adunanza). Inoltre, in ordine al rispetto di quando stabilito dall’art. 9, comma 28, del D.L. n° 78/2010, così come recepito dall’art. 9 della legge regionale n° 38 del 24/12/2012, si chiedeva di comunicare, con corredo della relativa codifica SIOPE, i seguenti dati, aggiornati al 30/09/2013 (cfr. note istruttorie citate): - l’ammontare della spesa per il personale in convenzione; 18 - l’ammontare della spesa relativa ai contratti a progetto; - l’ammontare della spesa per i contratti di formazione lavoro; - l’ammontare della spesa sostenuta per ”altri rapporti formativi”; - l’ammontare della spesa sostenuta per i contratti di somministrazione di lavoro; - l’ammontare della spesa sostenuta per i contratti di lavoro accessorio di cui all’art. 70, comma 1, lett. d), del D.Lgs. n° 273/2003. Orbene, il surrichiamato art. 9, comma 28, stabilisce che “A decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le Agenzie fiscali di cui agli articoli 62, 63 e 64 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, gli enti pubblici non economici, le università e gli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni e integrazioni, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura fermo quanto previsto dagli articoli 7, comma 6, e 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009. Per le medesime amministrazioni la spesa per personale relativa a contratti di formazionelavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro, nonché al lavoro accessorio di cui all'articolo 70, comma 1, lettera d) del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni ed integrazioni, non può essere superiore al 50 per cento di quella sostenuta per le rispettive finalità nell'anno 2009. Le disposizioni di cui al presente comma costituiscono principi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano le regioni, le province autonome, gli enti locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale. Per gli enti locali in sperimentazione di cui all'articolo 36 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, per l'anno 2014, il limite di cui ai precedenti 19 periodi è fissato al 60 per cento della spesa sostenuta nel 2009. A decorrere dal 2013 gli enti locali possono superare il predetto limite per le assunzioni strettamente necessarie a garantire l'esercizio delle funzioni di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale nonché per le spese sostenute per lo svolgimento di attività sociali mediante forme di lavoro accessorio di cui all'articolo 70, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Resta fermo che comunque la spesa complessiva non può essere superiore alla spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009. Per il comparto scuola e per quello delle istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale trovano applicazione le specifiche disposizioni di settore. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 1, comma 188, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Per gli enti di ricerca resta fermo, altresì, quanto previsto dal comma 187 dell’articolo 1 della medesima legge n. 266 del 2005, e successive modificazioni. Al fine di assicurare la continuità dell'attività di vigilanza sui concessionari della rete autostradale, ai sensi dell'art. 11, comma 5, secondo periodo, del decreto-legge n. 216 del 2011, il presente comma non si applica altresì, nei limiti di cinquanta unità di personale, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti esclusivamente per lo svolgimento della predetta attività; alla copertura del relativo onere si provvede mediante l'attivazione della procedura per l'individuazione delle risorse di cui all'articolo 25, comma 2, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98. Alle minori economie pari a 27 milioni di euro a decorrere dall’anno 2011 derivanti dall’esclusione degli enti di ricerca dall’applicazione delle disposizioni del presente comma, si provvede mediante utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dall’ articolo 38, commi 13-bis e seguenti. Il presente comma non si applica alla struttura di missione di cui all'art. 163, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Il mancato rispetto dei limiti di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale. Per le amministrazioni 20 che nell’anno 2009 non hanno sostenuto spese per le finalità previste ai sensi del presente comma, il limite di cui al primo periodo è computato con riferimento alla media sostenuta per le stesse finalità nel triennio 2007-2009” Sennonché, nessuna della suelencate richieste, volte alla verifica del rispetto della surrichiamata diposizione normativa, trovava idoneo riscontro da parte dell’Ente, neppure in sede controdeduttiva (cfr., sul punto, anche quanto supra osservato in ordine ai dati forniti con la memoria depositata in adunanza). Per quel che concerne la risposta alla domanda 2.11), relativa al rispetto delle disposizioni stabilite dall’art. 1, commi 141 – 145, della legge n° 228/2012, in ordine agli obblighi di contenimento della spesa per mobili e arredi, al divieto di acquisto di autovetture e della stipula di contratti di locazione finanziaria aventi ad oggetto autovetture, si chiedeva di far tenere copia conforme della documentazione inviata, alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed al M.E.F., ai sensi dell’art. 2, comma 3, del D.L. 10 ottobre 2012, n° 174 (cfr. nota istruttoria 3621 del 3/10/2013). Tale documentazione non veniva, però, fornita (cfr. nota di risposta n°720270, del 18/10/2013, allegato prot. n°709588 del 15/10/2013), neppure in sede controdeduttiva. La risposta alla domanda 2.12) poneva in evidenza che l’Ente non aveva dato attuazione alla disposizione, di cui al D.Lgs. n° 192 del 9/11/2012, relativa alla previsione dei nuovi termini di pagamento per i beni e servizi. Si chiedeva, dunque (cfr. note istruttorie citate), di comunicare i motivi di tale mancato adeguamento ((sul punto, cfr. anche, infra, quanto osservato in sede di esame delle risposte 7.15), 7.15.1) e 7.15.2)). La risposta fornita dall’Ente non si rivelava appagante; infatti, la mancata ottemperanza al surrichiamato disposto normativo veniva attribuita ad un non meglio specificato ritardo nell’approvazione del bilancio gestionale (cfr. allegato cit.). Neppure in sede controdeduttiva l’Ente forniva risposta esaustiva (essendosi limitata a far riferimento alla riorganizzazione degli Uffici ed alla istituzione 21 di una specifica “UOD”) . SEZIONE III – DATI CONTABILI In sede controdeduttiva, l’Ente svolgeva una premessa di carattere generale in ordine a tutti i rilievi formulati nella presente sezione. Invero, le discrasie tra i dati forniti e quelli presenti nel sistema SIOPE venivano imputati all’esistenza di partite sospese da regolarizzare a fine anno. 22 Orbene, non può non rilevarsi come tale argomentazione renda ancor più perplessa l’attendibilità e la veridicità dei dati contabili, oltre a rivelarsi potenzialmente idonea ad inficiare l’attendibilità dei dati dichiarati dall’Ente in sede di predisposizione del bilancio di previsione. Inoltre, occorre ribadire come siffatta irregolarità contribuisca anch’essa a compromettere (stanti anche le finalità e la natura del sistema SIOPE) la corretta e veritiera rappresentazione dei dati di bilancio. E, invero, detto sistema, che nasce dalla collaborazione tra la Ragioneria Generale dello Stato, la Banca d’Italia e l’ISTAT, in attuazione dell’articolo 28 della legge n. 289/2002, permette la rilevazione telematica degli incassi e dei pagamenti effettuati dai tesorieri di tutte le Amministrazioni pubbliche. Le finalità, cui è ispirato il sistema SIOPE, sono quelle di migliorare, rispetto all’ attuale rilevazione trimestrale dei flussi di cassa, la conoscenza dell’andamento dei conti pubblici, sia sotto il profilo della quantità delle informazioni disponibili, sia sotto quello della loro tempestività. Presupposto essenziale per il funzionamento del sistema è l’obbligo, imposto ai singoli Enti, di codificare ogni incasso e pagamento in maniera corretta e tempestiva, in modo da individuare la natura economica di ciascuna operazione, in termini di uniformità sul territorio nazionale. Al fine di garantire una esatta applicazione della codifica gestionale, il Ministero dell’Economia e delle finanze ha previsto la redazione dei “Glossari dei codici gestionali”, alle cui definizioni gli Enti devono uniformarsi (cfr. decreti MEF del 18/02/2005, del 14/11/2006 e del 5/03/2007). Peraltro, un successivo decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, del 3 dicembre 2009, pubblicato nella G.U. del 10 febbraio 2010, emanato in attuazione dell’art. 77 – quater, comma 11, del D.L. n°112/2008, 2010, ha rafforzato ulteriormente l’obbligo degli Enti di utilizzare in maniera corretta il sistema SIOPE. 23 Infatti, con decorrenza dal 2010, i dati relativi agli incassi, ai pagamenti ed alle disponibilità liquide degli Enti, inviati tramite tale sistema, diventano oggetto di un allegato obbligatorio al bilancio consuntivo. Detta statuizione rende ancor più evidente l’esigenza che i responsabili degli uffici finanziari dell’Ente controllino periodicamente le risultanze dei prospetti SIOPE disponibili presso l’archivio gestito dalla Banca d’Italia, al fine della salvaguardia della coerenza tra le risultanze contabili dell’Ente e le classificazioni delle entrate e delle spese effettuate nel SIOPE. Nondimeno, il citato decreto disciplina anche l’ipotesi in cui i prospetti dei dati SIOPE non risultino coerenti con le scritture contabili dell’Ente. In tal caso, infatti, se tali differenze risultino superiori alla soglia dell’1%, viene fatto obbligo al Responsabile del servizio finanziario dell’Ente di predisporre una specifica relazione - che deve essere inviata alla Sezione locale della Ragioneria dello Stato - la quale contenga l’indicazione delle cause delle discordanze e l’esposizione delle iniziative adottate per eliminare tali discrasie. In sede istruttoria, dalla lettura dei dati inseriti nel prospetto 3.1), si evinceva che l’Ente prevedeva di accertare, in ordine alle entrate dei titoli I, II e III, della gestione di competenza, un importo pari ad € 12.459.042.000. Al riguardo, si chiedeva di comunicare l’effettivo ammontare degli accertamenti alla data del 24 luglio 2013, per ciascuno dei suelencati Titoli, fornendone evidenza contabile, nonché le codifiche SIOPE (cfr. note istruttorie n°3191, del 24/07/2013, e n°3621, del 3/10/2013). La risposta fornita dall’Ente non si rivelava esaustiva (cfr. risposta n° 625279, del 10/09/2013 e n° 720270, del 18/10/2013). E, invero, in primo luogo, dall’esame della documentazione pervenuta, si evinceva che, rispetto agli accertamenti previsti, quelli afferenti alla gestione di competenza, al 6/09/2013, erano pari ad € 5.746.923.423,51, mentre, al 30/09/2013, essi ammontavano ad € 5.933.153.654,61. 24 Peraltro, l’Ente non forniva le relative idonee codifiche SIOPE, né alcuna idonea evidenza contabile . In sede controdeduttiva, le argomentazioni svolte non apparivano soddisfacenti. Invero, va sottolineato, in primo luogo, che gli accertamenti, al 30/09/2013, non risultavano più essere pari ad € 5.933.153.654,61 ma ad € 5.748.991.288,83, con indubbio aggravio delle perplessità in ordine alla correttezza della previsione iniziale. Inoltre, non venivano fornite le idonee codifiche SIOPE a supporto dei dati comunicati. Al riguardo, cfr., anche, infra, esame della risposta 3.5). Anche le informazioni afferenti alla gestione sanitaria si rivelavano inappaganti : infatti, esse non davano idoneo conto delle effettive codifiche SIOPE, della indicazione dei titoli pertinenti di entrata, né erano accompagnate da alcuna idonea evidenza contabile , al di là di un mero schema riassuntivo. Al riguardo, in sede controdeduttiva, non veniva fornita alcuna idonea risposta. Dalla lettura dei dati inseriti nel medesimo prospetto 3.1), si evinceva, poi, che l’Ente prevedeva di accertare, in ordine alle entrate del titolo IV, della gestione di competenza, un importo pari ad € 1.507.025.000. Al riguardo, si chiedeva di comunicare l’effettivo ammontare degli accertamenti alla data del 24 luglio 2013, per il surrichiamato Titolo, fornendone idonea evidenza contabile, nonché le codifiche SIOPE(cfr. note istruttorie citate). Anche in ordine a tali aspetti la risposta fornita dall’Ente si rivelava insufficiente (cfr. note n° 625279 del 10/09/2013 e n° 720270 del 18/10/2013). Invero, l’Ente si limitava ad affermare che, al 6/09/2013, gli accertamenti de quibus erano pari ad € 39.728.464,57, mentre, alla data del 30/09/2013, essi ammontavano ad € 226.769.326,52; tuttavia, neppure in questo caso venivano fornite le richieste idonee codifiche SIOPE, né alcuna idonea evidenza contabile. Anche in sede controdeduttiva, la risposta fornita dall’Ente si rivelava inappagante. Infatti, veniva formulata una nuova previsione degli accertamenti de 25 quibus in forza della quale essi si riducevano da € 226.769.326,52 ad € 225.727.916,83. Peraltro, i dati forniti erano sprovvisti sia di idonee codifiche SIOPE, sia di idonea evidenza contabile . In sede istruttoria, dalla lettura del citato prospetto 3.1), si evinceva, altresì, che l’Ente prevedeva di impegnare, in ordine alle spese dei titoli I, II e III, della gestione di competenza, un importo pari ad € 15.385.545.000. Al riguardo, si chiedeva comunicarsi l’importo degli effettivi impegni di competenza, alla data del 24 luglio 2013, per ciascuno dei suelencati Titoli, fornendone evidenza contabile, nonché le codifiche SIOPE (cfr. note istruttorie citate). Sul punto, l’Ente comunicava il solo dato numerico pertinente alle spese de quibus, indicato in € 7.767.351.000, senza tuttavia fornire alcuna idonea evidenza contabile, né l’indicazione delle relative idonee codifiche SIOPE (cfr. nota di risposta n°625279 del 10/09/2013). Successivamente, con risposta n° 720270, del 18/10/2013, l’Ente affermava che gli impegni di competenza, afferenti al titolo de quo, erano pari ad € 9.640.233.678,05. Tuttavia, tale affermazione non risultava suffragata da alcuna idonea evidenza contabile, né accompagnata dalla relativa idonea codifica SIOPE. Neppure in sede controdeduttiva venivano fatte pervenire risposte esaustive. Infatti, l’Ente faceva pervenire un nuovo prospetto dall’esame del quale si rilevava che, al 30/09/2013, le spese de quibus erano pari ad € 8.345.020.957,38; mentre l’importo relativo alle spese correnti era pari ad € 7.026.427.420,46. Sul punto cfr., anche, infra, rilievo afferente alla risposta 3.5). Dalla lettura degli ulteriori dati inseriti nello stesso prospetto 3.1) si evinceva che, in merito alla gestione di competenza, non venivano indicati gli importi relativi agli accertamenti pertinenti alle entrate della gestione sanitaria, nonché quelli relativi agli impegni della medesima gestione; si chiedeva, pertanto, all’Ente, di comunicare i dati afferenti agli accertamenti de quibus (cfr. note istruttorie citate). Sennonché, le risposte fornite non risultavano soddisfacenti 26 (cfr. risposta n° 625279, del 10/09/2013 e n°720270, del 18/10/2013). Infatti, alla data del 30/09/2013, detti accertamenti venivano indicati come pari ad € 5.163.001.423,55. Tale dato appare, tuttavia, notevolmente discordante da quello fornito dal sistema SIOPE (€ 9.409.842.047,48), il che, pur tenendo nella debita considerazione la natura di mera cassa rivestita dai dati relativi a detto sistema, non appare certamente di poco conto. Inoltre, non può non suscitare perplessità il dato inerente agli “incassi da regolarizzare” che, nella gestione de qua, così come si rileva dal sistema SIOPE, è pari ad € 3.727.208.643,14 : al riguardo, cfr. anche, infra, i rilievi afferenti alle risposte 3.2) e 3.3). Neppure in sede controdeduttiva venivano fornite argomentazioni appaganti. Infatti, l’Ente faceva pervenire una serie di prospetti non conferenti rispetto a quanto richiesto. In sede istruttoria, sempre dalla lettura del prospetto 3.1), veniva rilevato uno squilibrio della gestione di competenza, in conto capitale, pari ad € 948.149.000. Sul punto, si chiedeva all’Ente di meglio specificare se, alla data del 30/09/2013, fossero state adottate misure volte al ripiano di tale squilibrio, avendo cura di trasmetterne, in caso affermativo, adeguata evidenza contabile – documentale (cfr. note istruttorie citate). Tuttavia, l’Ente non forniva alcuna risposta. Si chiedeva, altresì, di meglio illustrare i motivi per i quali la quota del “…disavanzo pregresso sanità…” (cfr. nota di risposta n°625279 del 10/09/2013) fosse stata considerata come spesa in conto capitale. Al riguardo, la risposta fornita dall’Ente non consentiva il superamento del rilievo formulato, atteso che essa faceva derivare la surrichiamata affermazione da una serie di osservazioni fornite all’Ente da un non meglio specificato “…GDL…” (cfr. nota di risposta n° 720270, del 18/10/2013. La risposta fornita in sede di controdeduzioni non appariva idonea al superamento dei motivi del rilievo. Infatti, l’Ente si limitava a replicare quanto affermato nella nota n°720270, del 18/10/2013. 27 A tal riguardo, cfr. infra, rilievo alla risposta 3.5). Dalla lettura dei dati inseriti nel più volte menzionato prospetto 3.1) si evinceva che l’Ente prevedeva di incassare, in ordine alle entrate dei titoli I, II e III, della gestione di cassa, un importo pari ad € 14.013.644.000. Al riguardo, si chiedeva di comunicare l’importo delle riscossioni, in conto competenza ed in conto residui, alla data del 24 luglio 2013, per ciascuno dei suelencati Titoli, fornendone evidenza contabile, nonché le codifiche SIOPE (cfr. note istruttorie citate). A tali richieste, l’Ente ottemperava in misura parziale, fornendo il mero dato numerico pertinente alle entrate de quibus, non assistito da alcuna idonea evidenza contabile e sprovvisto, peraltro, delle relative idonee codifiche SIOPE (cfr. nota di risposta n°625279 del 10/09/2013). Infatti, la Regione comunicava di aver incassato, alla data del 6/09/2013, un importo pari ad € 6.896.912.417,12, così suddiviso : € 1.151.985.866,88 in conto residui ed € 5.744.926.549,34 in conto competenza. In sede di successiva istruttoria, si ribadiva la richiesta di comunicare le codifiche SIOPE de quibus. Con la risposta n°720270, del 18/10/2013, l’Ente forniva un dato, corredato dell’indicazione dei codici SIOPE, che indicava in € 7.088.534.487,39 l’importo relativo ai surrichiamati incassi, alla data del 30/09/2013. Tuttavia, tale importo appariva contemplare anche gli incassi afferenti alla gestione sanitaria, i quali, però, nel sistema SIOPE, trovano contabilizzazione separata. Orbene, un tale modus operandi risultava, come é ovvio, non solo indice di una gestione non immediatamente trasparente dei dati contabili, ma disvelava ulteriori discrasie. Infatti, dalla sommatoria dei dati SIOPE, afferenti alle entrate de quibus ed a quelle della gestione sanitaria, si ricavava un importo totale pari ad € 7.040.662.042,80 (come tale, inferiore a quello comunicato dall’Ente). Infine, da controlli effettuati a campione, aventi ad oggetto gli importi, forniti dalla Regione, inerenti ai singoli capitoli delle surrichiamate entrate, emergono 28 significative discordanze con gli omologhi dati SIOPE; sul punto, cfr. anche infra. In sede controdeduttiva, l’Ente non forniva risposta esaustiva, avendo fatta pervenire una serie di prospetti SIOPE che non apparivano conferenti con quanto richiesto. Sempre dai dati inseriti nel prospetto 3.1) si evinceva che l’Ente prevedeva di pagare, in ordine alle uscite dei titoli I, II e III, della gestione di cassa, un importo pari ad € 19.688.688.000. Al riguardo, si chiedeva di comunicare l’importo dei pagamenti, in conto competenza ed in conto residui, eseguiti alla data del 24 luglio 2013, fornendone evidenza contabile, nonché le codifiche SIOPE (cfr. nota istruttoria n°3191 del 24/07/2103). Sennonché, l’Ente, non fornendo alcuna idonea evidenza contabile né le richieste idonee codifiche SIOPE, si limitava ad affermare che “…Per quanto riguarda i pagamenti già effettuati con riferimento ai Titoli I. II e III della spesa si riporta il dato alla data del 6 settembre 2013 elaborato in relazione alla nuova struttura di bilancio, evidenziando che proprio per effetto della stessa nell'elaborazione della tabella era stata erroneamente omessa la previsione di € 49.018.936.81 relativa al nuovo Titolo III. “incremento di attività finanziaria” (cfr. nota di risposta n°625279 del 10/09/2013). Pertanto, con la successiva nota istruttoria si chiedeva nuovamente all’Ente di voler comunicare le codifiche SIOPE de quibus, nonché di meglio specificare la natura e la genesi della voce “incremento di attività finanziarie” (cfr. nota istruttoria n°3621 del 3/10/2013). La risposta fornita dalla Regione (cfr. risposta n°720270, del 18/10/2013) rivelava un incremento delle previsioni de quibus da € 19.688.688.000 ad € 19.737.707.000. Inoltre, l’Ente forniva un importo, corredato delle codifiche SIOPE, che appariva contemplare sia la gestione istituzionale, sia quella sanitaria, e che, alla data del 30/09/2013, veniva indicato come pari ad € 29 10.418.186.203,89. Tuttavia, tale importo non trovava conferma negli omologhi importi presenti nel sistema SIOPE, nel quale, come supra evidenziato, le due gestioni sono contabilizzate in via separata. Infatti, in tale sistema, l’importo afferente alla gestione istituzionale risultava pari ad € 1.522.381.689,49, mentre quello inerente alla gestione sanitaria pari ad € 7.803.118.557,76, per un importo totale pari ad € 9.325.500.247,25. Neppure in sede controdeduttiva l’Ente forniva risposta soddisfacente, essendosi limitato a far pervenire una serie di prospetti SIOPE non conferenti rispetto a quanto richiesto. Per quel che concerne i dati e le informazioni riportati nei prospetti 3.2) e 3.3), aventi ad oggetto le cosiddette “contabilità speciali”, in sede istruttoria si chiedeva all’Ente di chiarire se, all’interno di tali contabilità, esistessero capitoli aventi finalità di sistemazione contabile di somme riscosse, in conto sospesi, in attesa di imputazione definitiva. Inoltre, si chiedeva di voler chiarire il motivo dalla mancata corrispondenza tra gli importi relativi alle entrate ed alle spese pertinenti a tali contabilità relative alla gestione di cassa (cfr. note istruttorie citate). Nelle risposte fornite (cfr. risposta n° 625279, del 10/09/2013 e n° 720270, del 18/10/2013) l’Ente si limitava a confermare la presenza, nel proprio bilancio, delle contabilità de quibus, non illustrandone, in maniera soddisfacente, le ragioni; lo stesso accadeva in ordine agli altri rilievi formulati. Orbene, era di immediata evidenza come tale modus operandi, peraltro ripetuto nel corso del tempo – come più volte rilevato da questa Sezione (cfr. Delib. N° 234/2013, N° Delib. 321/2012) – apparisse violare precise statuizioni di legge ((cfr. fra le altre, allegato 1, art. 3, nonché art. 7, lett. b) del D. Lgs. n. 23/06/2011 n. 118)), nonché norme tecniche applicative (cfr. allegato n°2 al D.P.C.M. 28/12/2011). Infine, non ci si poteva esimere dal rilevare che, in virtù della propria natura e delle proprie finalità, i “servizi per conto terzi” non potessero non determinare, 30 a carico della contabilità dell’Ente, entrate e spese che afferissero, contemporaneamente, ad un credito e ad un debito. Invero, nella gestione di tali poste contabili, l’Ente non agisce per il conseguimento di propri fini istituzionali o per la realizzazione di un proprio interesse diretto. In sede controdeduttiva, la Regione confermava la fondatezza del rilievo, tanto che veniva espressa la volontà di addivenire alla costituzione di un’apposita unità dirigenziale deputata alla cura della materia de qua. Da tutto quanto sopra si deve necessariamente inferire che il modus operandi dell’Ente appare contrastare con le disposizioni contabili di riferimento (nonché, in particolare, con fondamentali ed ineludibili principi quali, tra gli altri, quelli di veridicità, attendibilità, correttezza e comprensibilità del bilancio), tra le quali, non possono non ricordarsi quelle contenute nei già menzionati art. 1 del surrichiamato decr. MEF n° 0017114 del 5 marzo 2007, nonché nel punto 7 dell’allegato n°2 al D.P.C.M. 28/12/2011. Orbene, questa Sezione è più volte intervenuta per segnalare criticamente tali anomalie contabili ed evidenziarne le conseguenze gestionali; vedasi, ad esempio, la deliberazione n° 234/2013, ove può leggersi che : “…Sotto il profilo contabile, (escluso il caso in cui la regolarizzazione arrivi nel corso dell’esercizio finanziario, in cui si avrebbe solo asimmetria temporale tra il momento dell’accredito e quello dell’analisi della natura dell’entrata), vista la impossibilità di permanenza, a fine anno, di sospesi di entrata presso il tesoriere, si provvede, in sede di rendiconto, a registrare provvisoriamente le somme che non si è riusciti ad imputare correttamente, attraverso un incasso cumulativo su capitoli di entrata delle partite di giro; contestualmente, per poter successivamente procedere alla loro sistemazione contabile nel corso degli esercizi successivi, vengono adottati degli impegni di spesa cui imputare i mandati da commutare in quietanza di entrata ai pertinenti capitoli di entrata che si andranno ad identificare…..Ciò determina l’inevitabile accumulo di residui passivi sulle contabilità 31 speciali nella misura in cui l’amministrazione ritarda la regolarizzazione degli anzidetti sospesi di cassa; per converso, genera l’anomalo rallentamento dello smaltimento dei residui attivi ed accentua la misura del saldo negativo della gestione di cassa dei residui (solo in parte controbilanciato dal saldo positivo dei flussi di cassa della gestione di competenza). Il fenomeno trova origine nella mancanza di vincoli di destinazione all’utilizzo dei flussi di cassa relativi alle risorse in questione. Infatti, la riscossione in partite di giro di somme che rimangono per molto tempo in attesa di definitiva imputazione agevola l’utilizzo improprio delle giacenze di cassa per le molteplici finalità contingenti di spesa. Laddove, poi, l’utilizzo per cassa di dette somme si correla ad economie vincolate (incassate ma non ancora impegnate), la loro devoluzione a finalità di spesa diverse da quelle originariamente previste obbliga, altresì, la regione a dover ricostituire, per cassa, le disponibilità vincolate (già utilizzate) a fini di copertura dei corrispondenti impegni di spesa presi in bilancio o ancora da assumere. Tale pratica contribuisce ad aggravare la situazione di cassa nella misura in cui i residui attivi di più remota provenienza non si trasformano in riscossioni. ..”. Per quel che concerne il prospetto 3.4), afferente al risultato di amministrazione, si chiedeva di chiarire i motivi della sua mancata compilazione, nonché di voler provvedere a quest’ultima (cfr. note istruttorie citate). Al riguardo, la risposta fornita dall’Ente non appariva soddisfacente, contenendo essa un mero rinvio alla “…. L.R. 6 maggio 2013, n. 6 di approvazione del bilancio di previsione della Regione Campania per l'anno finanziario 2013 e bilancio pluriennale per il triennio 2013/2015” (cfr. nota di risposta n°625279 del 10/09/2013). Neppure la successiva risposta, fatta pervenire dall’Ente, consentiva di superare il rilievo formulato (cfr. nota di risposta n°720270, del 18/10/2013). La risposta fatta pervenire in sede controdeduttiva non appariva esaustiva in quanto fondata su di una deliberazione - la 464/2013 – non rispondente a 32 quanto richiesto. In sede istruttoria, dalla lettura coordinata delle risposte alle domande 3.5) e 3.6) si evinceva che l’Ente aveva destinato l’avanzo di amministrazione presunto (per € 419.628.419,48) relativo all’esercizio 2012, a “...rifinalizzare risorse già spettanti alla Regione con vincolo di destinazione in applicazione dell’art. 1, comma 143, della legge n° 220 del 12/12/2010” (cfr. questionario - relazione per il Collegio dei revisori dei conti sul bilancio di previsione delle regioni per l’anno 2013, prot. n°3005 del 28/06/2013). Nella risposta alla nota istruttoria n°3191 del 24/07/2013, la Regione sembrava affermare che le risorse de quibus, come determinate in forza di una prima ricognizione, derivassero dallo svincolo degli importi collegati con la cessione di “…spazi finanziari, validi ai fini del patto di stabilità interno…” (cfr. nota di risposta n°625279 del 10/09/2013) e, in particolare, che “…Da una prima ricognizione risultano svincolabili risorse per complessivi euro 419.628.419,48…” (cfr. nota di risposta citata). Pertanto, si chiedeva all’Ente di comunicare, fornendone adeguata evidenza contabile – documentale, lo “stato dell’arte” dell’attività ricognitoria di cui alla nota di risposta citata (cfr. nota istruttoria n°3621 del 3/10/2013). Nella nota di risposta n° 720270, del 18/10/2013, l’Ente si limitava ad affermare che, “... al momento non sono emerse ulteriori risorse svincolabili ...”. In sede controdeduttiva veniva, parimenti, fornita, dall’Ente, risposta sostanzialmente confermativa delle precedenti. Inoltre, nella memoria depositata, in sede di adunanza, il giorno 12 dicembre 2013, e protocollata, in pari data, al n°4211, l’Ente chiariva che la somma di € 419.628.419,48 rivenisse dallo svincolo di risorse collegate con la cessione di spazi finanziari, alla stregua della normativa di settore, precisando, in particolare che “...le risorse spettanti alla Regione Campania con vincolo di destinazione e svincolate ai sensi dell'articolo 1, comma 143, della legge n. 220/2010, pari ad euro 419.628.419,48, sono state reiscritte in termini di competenza nel bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2013 per essere 33 riassegnate, sempre in termini di competenza, per il finanziamento di spese di investimento, ai sensi dell'articolo 1, comma 15, della L.R. 6 maggio 2013, n. 6 di approvazione del bilancio di previsione della Regione Campania per l'anno finanziario 2013 e bilancio pluriennale per il triennio 2013/2015 e sono state dettagliatamente distinte nel prospetto allegato sotto la lettera A alla medesima norma regionale. Con successiva nota prot.n. 720270 del 18/10/2013 si è, altresì, specificato che, seppur potendo svincolare ancora risorse per euro 236.091.726,61 (euro 655.720.146,09-euro 419.628.419,48), allo stato non sono emerse ulteriori risorse svincolabili”. Tuttavia, non veniva chiarita la ragione per la quale detta somma di € 419.628.419,48 fosse stata imputata, nella risposta alla domanda 3.6), all’avanzo di amministrazione presunto 2012. Peraltro, nella medesima memoria, con riferimento alla domanda 3.1), veniva riprodotta una tabella già contenuta nella nota di risposta prot. n° 625279 del 10/09/20123. Orbene, in ordine tale prospetto, veniva dichiarato quanto segue: “Lo squilibrio della gestione di competenza, pari ad euro 948.299.000,00, trova giustificazione così come di seguito indicato: una quota pari ad euro 419.628.000,00 è stata finanziata rifinalizzando risorse statali assegnate alla Regione Campania; una quota pari ad euro 465.148.000,00 risulta coperta da entrate correnti, trattandosi di disavanzi pregressi sanità che, in base alla nuova riclassificazione prevista dal decreto legislativo n. 118/2011, vengono considerati spesa in c/capitale; Una quota pari ad euro 63.523.000,00 risulta coperta dal saldo positivo di parte corrente (528.671.000,00 — 465.148.000,00)”. Orbene, con riferimento a tale dichiarazione veniva a disvelarsi una importante situazione di criticità. E, infatti, in sede controdeduttiva, l’Ente aveva fatto pervenire un nuovo prospetto dall’esame del quale emergeva che gli accertamenti correnti, alla succes- 34 siva data del 30/09/2013, erano pari ad € 5.748.992.288,83; mentre l’importo relativo alle spese correnti era pari ad € 7.026.427.420,46 (cfr. prot. 4142 e 4143, del 2/12/2013). Sicché, contrariamente a quanto affermato nella richiamata memoria prot. n.° 4211, risultava che, alla data del 30/09/2013, l’Ente presentava uno squilibrio di parte corrente pari ad € 1.277.436.131,63. Appariva, pertanto, inverosimile che la Regione potesse coprire, come invece sostenuto, parte del disavanzo della gestione in conto capitale (€ 483.151.000,00) con entrate correnti. Tale conclusione assume maggiore pregnanza alla luce delle incongruenze già rilevate in precedenza (cfr. supra, SEZIONE DATI CONTABILI). Per cui, dall’esame delle risultanze acquisite, appare evidente come, alla data surrichiamata (30/09/2013), l’Ente presentasse uno squilibrio di parte corrente pari ad € 1.277.436.131,63, nonché uno squilibrio della gestione in c/capitale di importo pari ad € 528.671.000,00. Dalle risposte alle domande 3.12) e 3.13), si evinceva che l’Ente aveva iscritto in bilancio un fondo svalutazione crediti, per un importo complessivo di € 5.185.000,00 e che l’incidenza percentuale del fondo, rispetto all’ammontare dei residui attivi correnti, risultanti dall’ultimo rendiconto approvato, aventi anzianità superiore a 5 anni, era pari al 2,27%. Al riguardo, si chiedeva di comunicare, fornendone analitica documentazione contabile, la natura nonché le tipologie dei crediti considerati per la determinazione del fondo de quo (cfr. nota istruttoria n°3191 del 24/07/2013). In risposta, l’Ente sosteneva che “… in attuazione del principio contabile generale della competenza finanziaria cd potenziato enunciato nell'allegato 1 del DPCM…….. Con lo stanziamento del Fondo svalutazione crediti si mira a coprire non solo le perdite di inesigibilità già manifestatesi, ma anche quelle non ancora manifestatesi che l'esperienza e la conoscenza dei fatti di gestione conducono a far ritenere come probabili….” (cfr. nota di risposta n°625279 del 10/09/2013). 35 Orbene, in primo luogo, non poteva non rilevarsi come il modus operandi dell’Ente apparisse, per un verso, non in linea con la ratio che ispira le disposizioni per l’appostamento a bilancio del fondo de quo (cfr. nota istruttoria n° 3621 del 3/10/2013). Infatti, avendo tale posta contabile natura squisitamente prudenziale, in quanto destinata a fronteggiare, in chiave prospettica, i rischi di perdite future, essa non doveva essere utilizzata ai fini della copertura contabile di perdite verificatesi anteriormente. Inoltre, si imponeva la necessità che l’Ente specificasse meglio il significato della locuzion e “crediti di natura tributaria” (cfr. nota di risposta citata), esclusi dal co mputo delle poste utilizzate ai fini della creazione del fondo. Infine, appariva ineludibile specificare, con supporto di adeguata documentazione, se, al fine della creazione del fondo in questione, l’Ente avesse considerato la media tra gli incassi e accertamenti degli ultimi cinque esercizi, per ciascuna entrata (cfr. punto n. 3, All. n. 2. del DPCM 28.12.2011). Alle suelencate richieste la Regione non replicava in modo esauriente; infatti, veniva data risposta solo all’ultimo dei quesiti formulati. Al riguardo, l’Ente faceva pervenire una tabella dimostrativa delle modalità utilizzate per la creazione del surrichiamato fondo, le quali, però, si presentavano informate ad una ratio non rispondente ai dettami del principio contabile richiamato nel rilievo formulato. Neppure le argomentazioni svolte in sede controdeduttiva apparivano esaurienti. Infatti, veniva fatta pervenire, fra l’altro, una tabella riepilogativa che, tuttavia, si rivelava insufficiente ai fini del superamento dei rilievi formulati nella materia de qua, in quanto essa sembrava non prendere in considerazione tutte le entrate delle quali, in ossequio alla surrichiamata disposizione normativa, si doveva, invece, tener conto. Orbene, l’incongrua previsione afferente agli accantonamenti de quibus non appare sottrarsi alla compromissione del rispetto dei principi di integrità, veridicità, attendibilità, significatività, congruità, prudenza e coerenza desumibili 36 da statuizioni di legge e da norme tecniche applicative (cfr. in particolare, allegato 1 di cui all’art. 3, comma 1, del D.Lgs. n° 118/2011), cui l’Ente doveva improntare le risultanze contabili della propria gestione. Inoltre, essa riverbera i propri effetti anche sulla determinazione dell’avanzo di amministrazione. Infatti, il punto 3.3, dell’allegato 1 del D.P.C.M. 28/12/2011 “Sperimentazione della disciplina concernente i sistemi contabili e gli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali ed organismi di cui all’art. 36 del D.Lgs. n° 118/2011”, stabilisce che “Sono accertate per l’intero importo del credito anche le entrare di dubbia e difficile esazione, per le quali non è certa la riscossione integrale, quali le sanzioni amministrative al codice della strada, gli oneri di urbanizzazione, i proventi derivanti dalla lotta all’evasione, ecc. Per tali crediti, è effettuato un accantonamento al fondo si svalutazione crediti, vincolando a tal fine una quota dell’avanzo di amministrazione…”. Dalla risposta alla domanda 3.14) si rilevava che l’Ente non aveva dato attuazione all’obbligo di copertura dei residui perenti, così come invece disposto dalla sentenza 70/2012 della Corte Costituzionale. Al riguardo, veniva sostenuto che tale pronuncia consentiva di posporre il prescritto adempimento ad una data successiva all’approvazione del rendiconto. In realtà, il modus operandi dell’Ente non solo non sembrava coerente con la menzionata pronuncia del Giudice delle Leggi, ma appariva vulnerativo dei principi generali (o postulati) e delle norme tecniche di redazione dei bilanci, cui l’Ente è sottoposto : fra tutti, ad esempio, quelli previsti dall’allegato 1, dell’art. 3, comma 1, del D.Lgs. n°118 del 23/06/2011 (cfr. nota istruttoria n° 3191 del 24/07/2013). Pertanto, in sede istruttoria, si chiedeva all'Ente di voler chiarire se, ed in quale misura, esso avesse successivamente ottemperato al disposto del Giudice delle leggi, avendo cura di trasmettere, al riguardo, in caso affermativo, adeguata evidenza documentale (cfr. nota istruttoria n° 3621 37 del 3/10/2013). Sul punto, l’Ente non forniva alcuna idonea risposta. Analoga criticità sembrava profilarsi dalla risposta fornita alla domanda 3.16), avente ad oggetto la determinazione degli stanziamenti destinati a fronteggiare i residui perenti da effettuarsi in modo da consentire il puntuale adempimento delle richieste di pagamento avanzate dai soggetti in possesso di adeguato titolo giuridico (cfr. nota istruttoria n° 3191 del 24/07/2013). Infatti, la risposta fornita appariva assolutamente inappagante, posto che essa si limitava a dichiarare la volontà di destinare somme, di entità non meglio specificata, in misura proporzionale “…ai debiti in scadenza reclamati dai creditori…” (cfr. questionario - relazione per il Collegio dei revisori dei conti sul bilancio di previsione delle regioni per l’anno 2013, prot. n°3005 del 28/06/2013). Pertanto, si chiedeva di comunicare, fornendone adeguata evidenza contabile – documentale, l’ammontare complessivo dei residui perenti utilizzato quale base di calcolo per la determinazione degli stanziamenti destinati a fronteggiare tali poste, nonché la consistenza, alla data del 30 settembre 2013, del fondo residui perenti (cfr. nota istruttoria n° 3621 del 3/10/2013). La risposta fornita dall’Ente non risultava soddisfacente, in quanto si limitava ad esporre il mero dato quantitativo relativo al fondo de quo (€ 136.353.237,82), sprovvisto di adeguata evidenza contabile - documentale. E’ appena il caso di sottolineare, altresì, che la mancata idonea risposta al rilievo formulato in ordine alla domanda 3.14), non permetteva di attribuire sufficiente attendibilità al dato fornito dall’Ente. Infine, si chiedeva di meglio specificare il senso della seguente affermazione: “Media dei pagamenti, al netto delle sistemazioni contabili, 290 milioni di euro” (cfr. nota di risposta n°625279 del 10/09/2013). Al, riguardo, l’Ente non forniva risposte esaurienti; invero, veniva sostenuto che “…tale affermazione era tesa a meglio precisare la modalità di calcolo utilizzata…”’ (cfr. nota di risposta n° 38 720270, del 18/10/2013). In sede controdeduttiva, le risposte fornite non apparivano soddisfacenti in quanto, da un lato, esse risultavano confermative delle precedenti e, dall’altro, in ordine all’ultimo quesito, (cioè quello afferente alle cd “sistemazioni contabili”), la risposta fornita risultava priva della necessaria chiarezza. Peraltro, neppure le argomentazioni svolte, al riguardo, con la memoria n°4211 del 12/12/2013, consentivano di superare il rilievo. Infatti, veniva, fra l’altro, sostenuto che “…in applicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 70/2012, sono stati iscritti in bilancio i residui perenti alla data del 31/12/2012, correlati ad entrate con vincolo di destinazione già accertate, nelle more della definitiva approvazione del rendiconto generale per l'anno 2012 da parte del Consiglio Regionale, utilizzando una quota dell'avanzo vincolato al 31/12/2012…”. Orbene, le deduzioni dell’Ente non appaiono aver dato sufficientemente conto dell’intervenuta effettiva adozione dei criteri e delle metodologie richiamate, fra l’altro, anche nella surrichiamata sentenza, dal Giudice delle leggi, il quale ha sottolineato, in particolare, che : “...La perenzione amministrativa – come è noto – consiste nell’eliminazione dalla contabilità finanziaria dei residui passivi non smaltiti, decorso un breve arco temporale dall’esercizio in cui è stato assunto il relativo impegno. Essa, fino alla decorrenza dei termini per la prescrizione, non produce però alcun effetto sul diritto del creditore, la cui posizione è assolutamente intangibile da parte dei procedimenti contabili. Per questo motivo l’amministrazione deb itrice deve essere sempre pronta a pagare secondo i fisiologici andamenti dell’obbligazione passiva: le somme eliminate, ma correlate a rapporti obbligatori non quiescenti, devono quindi essere reiscritte nell’esercizio su ccessivo a quello in cui è maturata la perenzione per onorare i debiti alle relative scadenze ... Poiché dette operazioni compensative sono collegate – nel caso dei residui perenti – a rapporti obbligatori passivi già strutturati, è 39 di tutta evidenza che una percentuale di copertura così bassa tra risorse destinate alle reiscrizioni e somme afferenti ad obbligazioni passive pregresse orienta la futura gestione del bilancio verso un inevitabile squilibrio ...”. Sicché, in assenza di una espressa previsione normativa al riguardo, occorre tener conto di quanto stabilito dalla Corte dei conti, Sezione delle Autonomie, nella delibera n°14/2006, secondo la quale una sufficiente garanzia in ordine all’assolvimento delle obbligazioni assunte verrebbe a realizzarsi qualora il fondo de quo avesse una consistenza pari ad almeno il 70% delle somme cancellate dalle scritture contabili per tale causale (perenzione amministrativa). Orbene il complesso delle deduzioni dell’Ente, in subiecta materia, non appare aver dato sufficientemente conto dell’intervenuta adozione dei criteri indicati dalla surrichiamata deliberazione. La risposta alla domanda 3.17) poneva in rilievo che l’Ente aveva iscritto in bilancio fondi per “oneri latenti”, per un importo complessivo pari ad € 20.922.510,42. Tali fondi erano così suddivisi: fondo “spese impreviste”, fondo “spese obbligatorie”, fondo per “debiti fuori bilancio”. Al riguardo (cfr. note istruttorie citate), si chiedeva di illustrare adeguatamente le modalità utilizzate per la quantificazione di detti fondi, avendo cura di precisare se, nella determinazione di tali poste contabili, l’Ente avesse tenuto in debita considerazione i principi generali che presiedono alla redazione del bilancio, con particolare riferimento ai postulati della competenza e della prudenza (cfr. l’allegato 1, previsto dall’art. 3, comma 1, del D.Lgs. n°118 del 23/06/2011). A tali richieste l’Ente non forniva risposte esaurienti, essendosi limitato a comunicare l’importo afferente a ciascuno dei surrichiamati fondi, alla data del 18/10/2013 (cfr. nota di risposta n°720270, del 18/10/2013). In sede controdeduttiva, l’Ente confermava la fondatezza del rilievo affermando che, dall’annualità 2014, sarebbero state prese in considerazione le osservazioni 40 formulate, sul punto da questa Sezione. Con riferimento al prospetto 3.18), “Entrate e spese correnti di natura straordinaria e/o aventi carattere non ripetitivo”, si chiedeva di fornire indicazioni più specifiche sulla natura della voce di spesa “altre” (€ 91.987.000) (cfr. note istruttorie citate). Anche in tal caso la risposta fornita dall’Ente si rivelava inappagante, nonché priva della necessaria chiarezza. Infatti, con essa veniva affermato che “Per quanto riguarda la natura della voce di spesa “altre” (euro 91.787.000,00), si conferma che il gettito di entrata connesso al recupero dell’evasione è stato utilizzato per far fronte a quota parte delle spese libere dell’ente” (cfr. nota di risposta n°720270, del 18/10/2013). La risposta fornita nelle controdeduzioni non appariva esauriente in quanto confermativa delle precedenti risposte. Dalla lettura delle risposte alle domande 3.22) e 3.23) si evinceva che, in materia di prevenzione e contrasto all’evasione ed all’elusione fiscale, l’Ente non aveva intensificato e rafforzato i rapporti di collaborazione con la Guardia di Finanza e con l’Agenzia delle Entrate siglando nuove convenzioni e protocolli di intesa, così come non aveva assunto iniziative per il coordinamento del sistema tributario regionale e locale. Al riguardo, l’Ente rinviava alla risposta fornita alla domanda 3.26), che, però, appariva assolutamente inconferente con i surrichiamati temi, in quanto essa faceva riferimento ad un non meglio specificato “archivio regionale delle tasse automobilistiche che deriva dall’archivio rilasciato da SOGEI all’epoca del trasferimento delle funzioni alla Regioni a S.O.”. Pertanto, si formulava richiesta di opportuni chiarimenti (cfr. note istruttorie citate), che, però, restava sostanzialmente insoddisfatta. Invero, l’Ente confermava che “…Non sono stati formalizzati protocolli d’intesa con la Guardia di Finanza, né stipulate convenzioni ulteriori con l’Agenzia delle Entrate…” (cfr. nota di risposta n°720270, del 18/10/2013). Neppure in ordine a tale questione, la risposta fornita nelle controdeduzioni appariva soddisfacente, in quanto, anch’essa sostan- 41 zialmente confermativa delle precedenti risposte. In sede istruttoria (cfr. note istruttorie citate), si rilevava che l’Ente, in sede di adozione del piano delle alienazioni e delle valorizzazioni immobiliari, di cui all’art. 58 del d.l. n° 112/2008, convertito nella legge n° 133/2008, prevedeva di acquisire introiti pari ad € 13.000.000,00 (cfr. risposte 3.28 e 3.29). Pertanto, si chiedeva di voler meglio indicare i criteri, le metodologie e gli strumenti di analisi adottati per la determinazione dei valori, nonché le tipologie di investimenti cui si intendevano destinare tali risorse, avendo cura di meglio specificare se, ed in quale misura, tali importi fossero stati, alla data del 3 ottobre 2013, effettivamente incassati, non senza trasmetterne, in caso affermativo, evidenza contabile. Al riguardo, la risposta fornita dall’Ente non si rivelava esaustiva in quanto, fra l’altro, non sufficientemente esplicativa dei criteri, delle metodologie e degli strumenti di analisi richiesti in sede istruttoria (cfr. nota di risposta n° 720270, del 18/10/2013; allegato prot. n°709588 del 15/10/2013). In sede di controdeduzioni, l’Ente forniva risposta meramente confermativa di quelle già fornite in precedenza. Inoltre, non poteva non rilevarsi la scarsa attendibilità della previsione formulata nella materia de qua. Infatti, a fronte di una previsione di entrata pari ad € 13.000.000,00, l’Ente sosteneva di aver effettivamente incassato l’importo di € 139.105,00 (cfr. allegato n°623076 del 10/09/2013 alla nota di risposta n°625279 del 10/09/2013). Peraltro, la scarsa attendibilità della previsione formulata nella materia de qua veniva, in sede di risposta, insoddisfacentemente attribuita al fatto che “…il portafoglio immobiliare da immettere sul mercato nel corso del 2013, comprendeva anche il fabbricato cielo – terra in Napoli alla piazza S. D’Acquisto del valore stimato in 19 Mln…..” (cfr. allegato cit.). Inoltre, non veniva fornita adeguata evidenza contabile in ordine agli importi effettivamente incassati. Le controdeduzioni prodotte non offrivano nuovi elementi, essendo meramente 42 confermative di quanto già comunicato in sede di risposta alle note istruttorie. Infine, per quel che concerne le tipologie di investimenti destinatarie di tali risorse, si chiedeva, senza ottenere risposta, di chiarire, con supporto di adeguata documentazione, se esse fossero in linea con quanto disposto dall’art. 33, comma 8 – ter, del D.L. n° 98 del 6 luglio 2011. Anche rispetto a tale richiesta, l’Ente non forniva risposta, neppure in sede di controdeduzioni. Orbene, tale modus operandi appare non aderente allo spirito della norma succitata, in base alla quale “Per procedere al riordino, gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di Regioni, Province, Comuni e altri Enti locali, nonché di società o Enti a totale partecipazione dei predetti enti, ciascuno di essi, con delibera dell'organo di Governo individua, redigendo apposito elenco, sulla base e nei limiti della documentazione esistente presso i propri archivi e uffici, i singoli beni immobili ricadenti nel territorio di competenza, non strumentali all'esercizio delle proprie funzioni istituzionali, suscettibili di valorizzazione ovvero di dismissione. Viene così redatto il piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari allegato al bilancio di previsione…”. Il successivo comma 3 dell’art. 58, peraltro, stabilisce che “Gli elenchi di cui al comma 1, da pubblicare mediante le forme previste per ciascuno di tali enti, hanno effetto dichiarativo della proprietà, in assenza di precedenti trascrizioni, e producono gli effetti previsti dall'articolo 2644 del codice civile, nonché effetti sostitutivi dell'iscrizione del bene in catasto”. Si è, dunque, in cospetto di una norma che demanda agli Enti de quibus il compito di redigere gli elenchi in questione sulla base di valutazioni affidate agli Enti medesimi, con lo scopo di favorire, su tutto il territorio nazionale, l’ individuazione di immobili suscettibili di “valorizzazione ovvero di dismissione”. Tutto ciò nella prospettiva di permettere il reperimento di ulteriori risorse economiche e, quindi, di incrementare le entrate locali. Pertanto, nella ratio dell’art. 58 - in quanto finalizzato alle alienazioni e valorizzazioni del patrimonio immobiliare degli enti sul territorio nazionale - sono ravvi- 43 sabili anche profili attinenti al coordinamento della finanza pubblica. SEZIONE IV – SOSTENIBILITA’ DELL’INDEBITAMENTO E RISPETTO DEI VINCOLI 44 A) Le risposte alle domande 4.8) e 4.9) ponevano in evidenza l’intervenuta stipula, da parte dell’Ente, di contratti di finanza derivata. Al riguardo (cfr. note istruttorie citate), si chiedeva di voler trasmettere, per ciascun contratto in essere, quanto appresso indicato, avendo cura di tenere, per l’effetto, nella dovuta considerazione i principi generali previsti per la redazione del bilancio, con particolare riferimento ai postulati della veridicità, attendibilità, correttezza e comprensiblità (cfr. l’allegato 1, dell’art. 3, comma 1, del D.Lgs. n°118 del 23/06/2011): una esaustiva e documentata relazione del Responsabile del settore economico - finanziario dell’Ente in ordine alle esigenze finanziarie ed alle motivazioni, in termini di riduzione del costo finale del debito e di tutela dall’esposizione ai rischi di mercato, che avevano indotto l’Ente alla rinegoziazione dei mutui precedentemente stipulati ed al ricorso ad operazioni di finanza derivata, nonché in ordine alle modalità di selezione e di scelta dell’Istituto di credito contraente, all’osservanza delle disposizioni che stabiliscono, al riguardo, obblighi di attestazione e di comunicazione, anche preventivi (cfr., in particolare: art. 1 comma 381 e seguenti della legge 24/12/2007 n° 244; Decreto dirigenziale 3 giugno 2004 applicativo dell’art. 1 comma 1 del DM 1 Dicembre 2003 N° 389) ed a qualsiasi altro aspetto dell’operazione che poteva averne giustificato l’ attivazione (sul punto, in sede controdeduttiva, non veniva fornita alcuna idonea risposta); un prospetto, aggiornato alla data del 3 ottobre del 2013, dei flussi finanziari derivanti da ciascuna operazione, sotto il profilo dei vantaggi ottenuti e/o delle perdite subite, a partire dalla data di stipula del contratto e con proiezione degli stessi sino alla data di scadenza del contratto medesimo; orbene, la risposta fornita dall’Ente, in sede di controdeduzioni, non appariva soddisfacente in quanto sostanzialmente sprovvista di una congrua proiezione dei vantaggi e delle perdite sino alla data di scadenza del contratto; 45 un prospetto esaustivo concernente la rappresentazione in bilancio dell’ operazione, a partire dalla data dell’1/1/2009, con specificazione dell’allocazione dei flussi differenziali positivi, degli oneri maturati a carico dell’Ente, nonché dell’istituzione di appositi fondi a copertura delle eventuali passività derivanti dall’operazione (al riguardo, le controdeduzioni fornite dall’Ente apparivano solo parzialmente soddisfacenti atteso che la Regione affermava di non aver creato alcun fondo per la copertura di eventuali passività) : tale omissione assume significativa rilevanza, atteso che detta posta contabile è funzionalizzata a fronteggiare il rischio derivante da eventuali differenziali negativi connessi con l’utilizzazione degli strumenti di finanza derivata; eventuali considerazioni integrative e/o di aggiornamento, da parte dell’Organo di revisione, in rapporto al monitoraggio interno dell’operazione. In sede controdeduttiva, l’Ente non forniva, al riguardo, alcuna risposta. Inoltre, dall’esame della documentazione fatta pervenire, si evinceva che l’Ente aveva sottoscritto, fra gli altri, un contratto di finanza derivata previsivo dell’impiego di un cosiddetto “sinking fund”. Orbene, questa Sezione ha già più volte evidenziato i rischi connessi con tale modus operandi), ponendo, con la Deliberazione n°234/2013, in rilievo come l’operazione de qua si fondi su una emissione obbligazionaria che prevede il rimborso ad una scadenza prefissata, (bullet), del totale debito contratto. Invero, l’Ente riceve un finanziamento dagli investitori istituzionali (che acquistano il bond), che esso si impegna a restituire in unica soluzione, alla scadenza stabilita. La succitata deliberazione aggiunge che, per evitare di scaricare sulle generazioni future l’intero onere del rimborso, l’art. 41 della legge 448/2001 “ha imposto l’obbligo di costituire un fondo di ammortamento nel quale l’ente deve accantonare le risorse finanziarie utili al rimborso del prestito agli investitori; a tal fine viene stipulato un contratto derivato tra l’ente e 46 la banca, attraverso il quale il primo si impegna a versare – secondo un piano di ammortamento concordato – periodicamente delle somme di denaro per tutta la durata del prestito, e la seconda si impegna a restituirgliele alla scadenza del bond (onde permettere la restituzione del capitale, da parte dell’ente, ai sottoscrittori delle obbligazioni). Il fondo (sinking fund) viene gestito dalla banca, la quale lo investe in titoli vari, scegliendoli all’interno di un ventaglio predefinito, e l’ente locale garantisce la banca, generalmente, contro il rischio di default dei titoli acquistati, incassandone la perdita, mentre la banca incassa l’eventuale extra rendimento”. Si chiedeva di comunicare, altresì, se, in conseguenza dell’operazione in atto, si fosse prodotto un allungamento del periodo di ammortamento. Neppure su tale punto le controdeduzioni fatte prevenire fornivano esaustive risposte. Infatti, con esse, si affermava – senza il supporto di idonea documentazione – che l’allungamento del periodo di ammortamento si fosse verificato solo in relazione ad uno dei contratti de quibus. Infine, si evidenzia che non veniva fatta pervenire, a questa Sezione, la “… nota relativa ai contratti di finanza derivata stipulati dalla Regione….” (cfr. nota di risposta n°720270, del 18/10/2013). A riprova della necessità di disporre di dati esaurienti in ordine alle caratteristiche ed alle vicende dei contratti de quibus si ritiene di dover far menzione di quanto emerge dalla lettura della deliberazione di G.R. n. 379 del 24/09/2013, la quale, al riguardo, dà conto dell’esistenza di un contenzioso giudiziario, in subiecta materia, specificando che, con ricorso notificato in data 16.09.2013, la Banca Dexia Crediop S.p.A. ha citato la Regione Campania innanzi alla Corte suprema di Giustizia, divisione Queen’s Bench Division Commercial Court, di Londra per il mero accertamento dell’asserita validità ed efficacia del contratto derivato di Interest Rate Swap, stipulato tra le parti, nell’ottobre 2003 e della 47 pretesa legittimità della condotta dell’intermediario finanziario. Pertanto, con detta deliberazione, la Giunta ha conferito allo Studio Legale Associato Cedrini Urbinati Zamagni (già identificato con decreto n. 42 del 22/7/2013 quale soggetto qualificato in materia di contratti finanziari su strumenti derivati) ed allo Studio Legale Seddons Solicitors di Londra (con cui - come si evince dalle premesse della delibera n. 379 - il primo, nel curriculum presentato per la selezione, ha dichiarato di intrattenere rapporti di pluriennale collaborazione in materia), apposito mandato limitato, in delibera, all’atto urgente di costituzione in giudizio – imputando, a loro favore la spesa presunta rispettivamente di € 1.500,00 e di £ 5.000,00, con istituzione, all’uopo, di un nuovo capitolo di spesa (cap.476). B) Della legge regionale n°6 del 6/05/2013, “Bilancio di previsione della Regione Campania per l’anno finanziario 2013 e Bilancio pluriennale per il triennio 2013-2015”, si segnalava all’Ente il seguente passo : “... La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 70/2012, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 246, della L.R. n. 4/2011, come sostituito dall’art. 1, comma 1, della L.R. n. 21/2011, argomentando che la copertura assicurata da fondi straordinari per attività già perfezionate - contributi sui mutui contratti dagli enti locali al 31/12/2010 – era stata effettuata in assenza di apposita norma di riferimento. Tale censura è intervenuta su operazioni già concluse nell’anno 2011 (pagamento contributo annualità 2011), mentre ha posto problemi di copertura finanziaria relativamente al bilancio 2012, trattandosi di una norma di spesa pluriennale. Stante tale situazione, si è provveduto con una apposita manovra finanziaria effettuata con L.R. n. 27 del 9 agosto 2012 (Disposizioni urgenti in materia di finanza regionale e L.R. n. 28 del 9 agosto 2012 (Variazione al Bilancio di previsione della Regione Campania per l'anno finanziario 2012) ad apportare i necessari correttivi, individuando un’altra copertura finanziaria per il pagamento 48 dei contributi sui mutui contratti dagli enti locali al 31/12/2010. Per l’anno 2013 si provvederà in parte con fondi ordinari di bilancio ed in parte con le risorse statali rifinalizzate in applicazione del comma 143 dell’articolo 1 della legge 220/2010. Sono state, altresì, avviate le seguenti azioni per la riduzione del debito in questione…”. Al riguardo, si chiedeva di comunicare lo “stato dell’arte” delle misure intraprese nell’esercizio 2013 e come esse fossero state contabilizzate nel bilancio de quo (cfr. note istruttorie citate). L’ente non faceva pervenire alcuna idonea risposta. Sul punto, né le controdeduzioni, né la memoria depositata in adunanza contenevano elementi tali da consentire il superamento del rilievo. Invero, le prime non fornivano alcuna indicazione circa le modalità di contabilizzazione afferenti alle misure adottate nell’esercizio 2013. Mentre, dalla lettura della memoria depositata in adunanza, si evinceva che “Per quanto riguarda lo "stato dell'arte" delle misure intraprese nell'anno 2013 a seguito dell'illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 246, della L.R. n. 4/2011, come sostituito dall'art. 1, comma 1, della L.R. n. 21/2011, si precisa quanto segue. Il rimborso del contributo agli enti locali ex .R. n. 51/78 ha trovato le s eguenti coperture: -Anno 2013 — capitolo 600, denominato "Contributi sui mutui contratti da enti locali per la realizzazione di opere pubbliche" iscritto nella Missione 18 del Programma 01 del bilancio gestionale 2013/2015 approvato con D.G.R.C. n. 170 del 3/6/2013, stanziamento euro 180.000.000,00, di cui euro 58.818.514,58 finanziati mediante il ricorso alla rifinalizzazione di fondi statali, in applicazione dell'art. 1, comma 143, legge 220/2010, ed euro 121.181.485,42 finanziati con risorse libere dell'ente; -Anno 2014 - capitolo 600, denominato "Contributi sui mutui contratti da enti locali per la realizzazione di opere pubbliche" iscritto nella Missione 18 del Programma 01 del bilancio gestinale 2013/2015 approvato con D.G.R.C. n. 170 del 49 3/6/2013, stanziamento euro 175.000.000,00, la cui copertura è assicurata da risorse libere dell'ente; Anno 2015 - capitolo 600, denominato "Contributi sui mutui contratti da enti locali per la realizzazione di opere pubbliche" iscritto nella Missione 18 del Programma 01 del bilancio gestionale 2013/2015 approvato con D.G.R.C. n. 170 del 3/6/2013, la cui copertura è assicurata da risorse libere dell'ente…”. Orbene, è di immediata evidenza come, data la situazione di squilibrio della gestione di parte corrente supra rilevata ((cfr. SEZIONE III - DATI CONTABILI – esame della risposta alla domanda 3.5)), le dichiarazioni fornite nella materia de qua rischiano di non poter andare al di là di mere affermazioni di principio. SEZIONE V – ORGANISMI PARTECIPATI Con riferimento alle risposte fornite alle domande 5.1), 5.2), 5.5), 5.7), 5.8) e 5.9), si invitava l’Ente a dar corso agli adempimenti di cui appresso (cfr. note istruttorie citate). 50 Si chiedeva, innanzitutto, di voler far tenere un elenco, aggiornato alla data del 30 settembre 2013, di tutti gli organismi partecipati dall’Ente de quo, nel quale venissero indicati, per ciascuno di essi, la rispettiva quota di partecipazione dell’Ente medesimo, il risultato di esercizio relativo all’ultimo rendiconto approvato, il tipo di attività svolta, il patrimonio netto, nonché l’importo e la tipologia di spesa, eventualmente sostenuta dalla Regione, a favore dell’organismo partecipato. Orbene, le risposte dell’Ente non si rivelavano esaurienti (cfr. nota di risposta n°625279 del 10/09/2013, nonché nota di risposta n° 720270, sottofascicolo allegato “SEZIONE V – ORGANISMI PARTECIPATI”). Invero, veniva fatto pervenire un elenco mancante della necessaria comprensibilità e chiarezza in ordine agli importi ed alle tipologie di spesa sostenuta dall’Ente a favore di ciascun organismo partecipato. Inoltre, non potevano non rilevarsi ulteriori elementi di criticità : su un totale di 30 organismi partecipati, il 40% non forniva dati di bilancio aggiornati al 31/12/2012, mentre il 50% presentava risultati di esercizio negativi. Si chiedeva, altresì, di chiarire, la discrasia esistente tra l’elenco allegato alla risposta citata e quello presente sul sito istituzionale dell’Ente. Neppure a tal riguardo, la risposta fornita dall’Ente si rivelava soddisfacente : infatti, veniva affermato che “…la mancata corrispondenza tra gli elenchi è…originata dal diverso universo di riferimento cui le norme citate afferiscono…” (cfr. allegato citato). Le risposte fornite in sede controdeduttiva non consentivano di superare i rilievi formulati. Invero, l’Ente si limitava a far tenere un elenco inerente alle sole partecipazioni dirette, confermando, altresì, i risultati negativi di gestione già evidenziati, nonché la mancanza di dati aggiornati, circostanza, quest’ultima, che rivela, fra l’altro, la non efficace attività di controllo sulle società de quibus. Si chiedeva di comunicare se, a seguito della dedotta attività di ricognizione in corso (cfr., alla nota di risposta citata, l’allegato n°624961 del 10/09/2013), fosse stata adottata la delibera di ricognizione delle società partecipate - ai fini 51 dell’attuazione del disposto dell’art. 3, commi 27-28-29, della Legge n. 244/2007 – avendo cura di trasmetterne, in caso affermativo, copia conforme (cfr. note istruttorie citate). Sennonché, nella risposta veniva citata una delibera di G.R. (la n. 752 del 21/12/2012) il cui contenuto si appalesava inconferente rispetto alla ratio della succitata disposizione normativa (cfr. allegato cit.). Neppure con riferimento a tale rilievo veniva fornita, in sede controdeduttiva, risposta sufficiente. Infatti, l’Ente confermava la mancata adozione della delibera de qua, omissione, questa, idonea ad esercitare inevitabili ripercussioni sulla correttezza dell’operato della Regione in subiecta materia. Invero, tale adempimento appariva indispensabile al fine della effettuazione di una congrua valutazione in ordine ai costi ed ai benefici dell’affidamento del servizio al soggetto partecipato, in termini di efficienza, efficacia ed economicità della gestione. Al riguardo, la documentazione fatta pervenire non si rivelava esauriente in quanto non evidenziava né le partecipazioni che non necessitavano di dismissione, né, tantomeno, la loro riconducibilità al soddisfacimento di funzioni fondamentali. Mancavano, altresì, valutazioni di “stretta necessità” agli effetti del perseguimento delle finalità istituzionali dell’Ente medesimo. E’, dunque, di immediata evidenza come l’adempimento degli obblighi prescritti dalle surrichiamate disposizioni avrebbe, in primo luogo, favorito l’adozione di più articolate ed approfondite motivazioni, a sostegno della volontà di mantenere le singole partecipazioni, idonee a meglio lumeggiare le ragioni della ritenuta loro stretta inerenza ai fini istituzionali dell’Ente (a tal riguardo, cfr. anche Corte dei conti, Sezione Regionale di controllo Lombardia, PRSE n° 208/2011 e PRSE n° 284/2011; Sezione Regionale di controllo Campania, Delib. n°248/2012), nonché della sussistenza del requisito della “indispensabilità”, con riguardo alle finalità perseguite ed ai risultati raggiunti dalle società. 52 Peraltro, dalla documentazione fatta pervenire, non emergevano idonei riferimenti alle perfomances passate ed alle prospettive future delle partecipazioni possedute, né ai costi sostenuti, né alla comparazione tra la scelte effettuate e le possibili soluzioni alternative; raffronto, quest’ultimo, imprescindibile per la formulazione di una valutazione in termini di efficienza, efficacia ed economicità della gestione degli organismi partecipati, in ossequio, innanzitutto, al principio di buon andamento della P.A. sancito dall’art. 97 della Costituzione. Infine, non può non rilevarsi come le omissioni de quibus assumano particolare significato alla luce della circostanza che, dall’esame della documentazione acquisita, l’Ente risulta possedere, con percentuali diverse, partecipazioni in almeno 30 organismi societari e consortili, di varia natura. Peraltro, non varrebbe evocare, come sostitutiva della mancata attuazione delle disposizioni dell’art. 3, commi 27-28-29, della Legge n. 244/2007, l’ intervenuta adozione di provvedimenti di stabilizzazione ex art. 14, c. 22 del DL n. 78/2010, conv. in L. n. 122/2010, riguardanti società partecipate : trattasi, infatti, di interventi sicuramente dotati di una certa incisività - cfr. Sezione Autonomie, Deliberazione N. 20/2013, nella quale, fra l’altro, si legge che ““... Una revisione del sistema delle partecipazioni è stato anche avviato dalla Regione Campania, prevedendo "drastiche riduzioni delle partecipazioni di controllo nonché revisione/dismissione delle partecipazioni di minoranza non corrispondenti alle funzionalità dell'ente": al riguardo, cfr. Sezione di controllo Regione Campania, deliberazione n. 20/2012/FRG (pag. 71 e 72)...””; tuttavia, la medesima deliberazione fa menzione di “... alcune Regioni che hanno adottato delibere di ricognizione previste da leggi regionali che hanno, in qualche misura, Calabria (L.r. n. 19/2009), Emilia Romagna (L.r, n. 13/2010), Lazio (L.r, n. 3/2010), Toscana (L.r. 20/2008), Umbria (L.r. n. 8/2007 e L.r. 1/2009) e Veneto (L.r. n. 22/2007)” - ma chiaramente specifici (cui, peraltro, appare, in qualche modo, sfuggita la vicenda della “Sma Campania spa”, di cui infra), non 53 assistiti dal sopra illustrato carattere ricognitivo generale richiesto dalle citate disposizioni dell’art. 3, commi 27-28-29, della Legge n. 244/2007. Ed è, al riguardo, appena il caso di precisare che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 148/2009, ha sostanzialmente ritenute astrette all’osservanza di tali norme anche le Regioni. Infatti, in detta pronuncia, si legge, fra l’altro, che “...le norme censurate, come già accaduto in passato con disposizioni di contenuto omologo, che pure hanno costituito oggetto di scrutinio da parte di questa Corte (sentenza n. 326 del 2008), definiscono il proprio ambito di applicazione esclusivamente in relazione all'oggetto sociale delle società e mirano, da un canto, a rafforzare la distinzione tra attività amministrativa in forma privatistica (posta in essere da società che operano per una pubblica amministrazione) ed attività di impresa di enti pubblici, dall'altro, ad evitare che quest'ultima possa essere svolta beneficiando dei privilegi dei quali un soggetto può godere in quanto pubblica amministrazione. Questa essendo la finalità delle norme, la disciplina in esame va ricondotta alla materia «tutela della concorrenza», attribuita alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lettera e, Cost.), anziché, come sostenuto dalla ricorrente, alla materia dell'organizzazione e del funzionamento della Regione, ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost. (sentenza n. 159 del 2008). Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la prima di dette materie comprende, infatti, «le misure legislative di tutela in senso proprio, che hanno ad oggetto gli atti ed i comportamenti delle imprese che incidono negativamente sull'assetto concorrenziale dei mercati e ne disciplinano le modalità di controllo, eventualmente anche di sanzione» e quelle «di promozione, che mirano ad aprire un mercato o a consolidarne l'apertura, eliminando barriere all'entrata, riducendo o eliminando vincoli al libero esplicarsi della capacità imprenditoriale 54 e della competizione tra imprese, in generale i vincoli alle modalità di esercizio delle attività economiche» (sentenze n. 63 del 2008 e n. 430 del 2007). Ed è questo lo scopo delle norme censurate, le quali, in considerazione del loro contenuto, sono appunto dirette ad evitare che soggetti dotati di privilegi svolgano attività economica al di fuori dei casi nei quali ciò è imprescindibile per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, ovvero per la produzione di servizi di interesse generale (casi compiutamente identificati dal citato art. 3, comma 27), al fine di eliminare eventuali distorsioni della concorrenza, quindi sono preordinate a scongiurare una commistione che il legislatore statale ha reputato pregiudizievole della concorrenza (sentenza n. 326 del 2008). Inoltre, esse mirano a realizzare detta finalità con modalità non irragionevoli, siccome il divieto stabilito dalle disposizioni censurate e l'obbligo di dismettere le partecipazioni possedute in violazione del medesimo non hanno carattere di generalità, ma riguardano esclusivamente i casi nei quali non sussista una relazione necessaria tra società, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche, e perseguimento delle finalità istituzionali. Ricondotte le norme in esame all'ambito della tutela della concorrenza, il legislatore statale aveva titolo a porre in essere una disciplina dettagliata (sentenze n. 411 e n. 320 del 2008); inoltre, in virtù del criterio della prevalenza, è anche palese l'appartenenza a detta materia del nucleo essenziale della disciplina dalle stesse stabilita (sentenze n. 411, n. 371 e n. 326 del 2008), con conseguente infondatezza della denuncia di violazione del principio di leale collaborazione”). Sulle implicazioni delle omissioni rilevate nella materia de qua, cfr. anche, supra, “SEZIONE II – REGOLARITA’ DELLA GESTIONE AMMINISTRATIVA E CONTABILE, nonché infra, SEZIONE VI – PATTO DI STABILITA’. Si chiedeva di meglio specificare, fornendone adeguata evidenza documentale contabile, se fossero state attuate operazioni di ricapitalizzazione, indicando, in 55 caso affermativo, l’elenco dei soggetti beneficiari, nonché le motivazioni di tali interventi. Orbene, l’Ente chiariva che era stata effettuata una sola operazione di ricapitalizzazione, avente come destinataria la società “Sma Campania spa”, per un importo, peraltro, non specificato. Ad ogni modo, l’Ente affermava che l’operazione de qua fosse intervenuta “… all’interno del bilancio societario utilizzando riserve, capitale ed utili pregressi non distribuiti, senza produrre effetti in termini di trasferimenti dal bilancio regionale o di indebitamento…” (cfr. sottofascicolo allegato alla risposta n°720270 del 18/10/20139, “SEZIONE V – ORGANISMI PARTECIPATI”). Al riguardo, non può non rilevarsi, che lo svolgersi dell’operazione de qua, in tutte le sue fasi, è stato ricostruito da questa Sezione sulla base dell’esame della documentazione inserita nella banca dati “Telemaco” - Registro imprese (dati ufficiali della CCIAA di Napoli), e solo in minima parte adoperando quella fatta pervenire dall’Ente, che si rivelava pertanto essere caratterizzata da una palese insufficienza. All’esito dei controlli effettuati, l’operazione de qua appariva affetta da varie criticità. In primo luogo, dall’esame della relazione illustrativa del CdA della Società, redatta con riferimento al periodo temporale 1/1/2012 - 30/04/2012, si ricavava che l’operazione di ricapitalizzazione non era avvenuta senza impatto sulle finanze dell’Ente. Invero, va subito sottolineato che l’impiego di “…riserve, capitale ed utili pregressi non distribuiti…” (cfr. risposta cit.), già di per se stesso, non si rivelava, sufficiente a ripianare le perdite societarie che, al 31/12/2011, raggiungevano € 10.860.412,00. Ebbene, di tale ammontare, l’Ente, originariamente socio di minoranza, era chiamato a coprire, in una prima fase, un importo pari ad € 2.882.353,00, sotto forma di rinuncia a dividendi maturati. Inoltre, alla data del 30/04/2012 – in corrispondenza della quale gli Organi societari si trovavano nella condizione di dover sottostare al combinato disposto degli artt. 2446 – 2447 del codice civile - permaneva, non coperta, una perdita pari ad € 56 110.177,00. Pertanto, in data 08/06/2012, veniva convocata un’assemblea straordinaria, nel corso della quale, ed in modo contestuale, veniva disposto l’azzeramento del capitale sociale per perdite pregresse, nonché la sua successiva ricostituzione in un importo pari ad € 400.000,00. Non può non rilevarsi che, nella surrichiamata assemblea, l’Ente, divenuto socio unico, sottoscriveva la propria quota nonché quella lasciata inoptata dall’ex socio di maggioranza “S.M.A. SpA”. Contemporaneamente, il capitale societario veniva ridotto ad € 289.823,00, al fine della copertura della succitata perdita pregressa (pari ad € 110.177,00). E’ di immediata evidenza, dunque, come l’esborso complessivo che l’Ente sosteneva per fronteggiare l’operazione di ricapitalizzazione fosse, in realtà, pari ad € 3.282.353,00, così suddiviso: € 2.882.353,00 a titolo di rinuncia a dividendi maturati ed € 400.000 a titolo di rinuncia a crediti vantati verso la società. Peraltro, l’operazione de qua proiettava i seguenti ulteriori profili di criticità sulle finanza dell’Ente. Dall’esame delle documentazione si rilevava che, alla data del 31/12/2012, la società risultava essere creditrice di un importo complessivo, pari ad € 1.594.890,00, nei confronti dell’ex socio di maggioranza “S.M.A. SpA”, organismo facente capo al gruppo “Intini SpA” - che esercitava un’attività di controllo, direzione e coordinamento sulla “S.M.A. Campania” - nonché nei confronti di altre società collegate a tale gruppo, per un importo pari ad € 11.240.344,00. Orbene, l’Ente afferma che “…in occasione della redazione della proposta di bilancio per l’esercizio 2011……….il CdA di SMA Campania…….ha ricevuto comunicazioni dal Gruppo Intini spa in cui il medesimo riferisce di trovarsi in uno stato di incapacità di adempiere alle proprie obbligazioni……..”(CFR. DELIBERA GR 331/2012). Inoltre, dalla lettura della “Nota integrativa al bilancio al 31/12/2012”, afferente alla società de qua, si evinceva che, rispetto all’importo complessivo del credito vantato, a diverso titolo, dalla società “S.M.A. Campania” verso il gruppo “Intini spa”, veniva stimato un presumibile valore di realiz- 57 zo pari ad € 700.000. Peraltro, con sentenza n° 40/2013, emessa dal Tribunale di Bari, la “S.M.A. SpA” veniva dichiarata fallita. Per di più, dalla lettura dei dati forniti dalla Regione, nonché da quelli presenti nella banca dati “Telemaco”, si evinceva che il personale della società de qua, alla data del 31/12/2012, era composto da 363 unità, per un costo complessivo di € 17.669.986; peraltro, dall’esame del Piano economico e finanziario della società, si ricavava che l’esborso complessivo previsto per le annualità 2013-2015, per compensi ad organi societari, consulenze e prestazioni professionali, ammontava ad € 369.536,00. Infine, profili di perplessità destava l’affermazione dell’Ente per la quale la partecipazione nella “S.M.A. Campania” - divenuta, nel frattempo, società in house, fosse - “…motivata dall’ interesse della Giunta regionale nelle attività della società…”(cfr. allegato cit.). Orbene, non può non rilevarsi come l’operazione de qua sia avvenuta in vigenza di uno statuto societario - successivamente modificato a far data 5 agosto 2013 – dalla cui lettura si evinceva che detta società operava “…nel mercato della meteorologia applicata, del monitoraggio ambientale e della protezione del territorio attraverso lo sviluppo, la commercializzazione e la fornitura di componenti, sistemi e servizi anche informatici. La società potrà inoltre operare nel campo della: -esecuzione di lavori e servizi di sistemazione forestale, idraulica ed agraria; -esecuzione di lavori e servizi connessi al miglioramento dei boschi; -esecuzione di lavori e servizi legati alla difesa del suolo; -esecuzione di lavori e servizi legati alla valorizzazione ambientale e paesaggistica; -realizzazione di attività di prevenzione e difesa dei boschi e del territorio dagli incendi; -realizzazione di attività connesse alle emergenze derivanti da calamità naturali; 58 -erogazione di servizi di raccolta ed elaborazione di dati ai fini antisismici… La società potrà compiere tutte le operazioni che risulteranno necessarie o utili per il conseguimento degli scopi sociali; a titolo esemplificativo potrà porre in essere operazioni immobiliari, commerciali, industriali, ivi comprese la fornitura di impianti e la realizzazione di fabbricati ed altre opere edili, nonché operazioni finanziarie e bancarie attive e passive e quindi qualunque atto che sia comunque collegato con l’oggetto sociale. La società potrà infine assumere partecipazioni ed interessenze in altre società o imprese, sia italiane che straniere, aventi ad oggetto analogo, affine o complementare al proprio o a quello delle società alle quali partecipa, e potrà prestare garanzie reali e/o personali per obbligazioni sia proprie che di terzi, comprese fidejussioni”. Successivamente, come già supra evidenziato, dalla data del 5 agosto 2013, tale Statuto veniva variato nei termini di cui appresso: “La società è operativa nel campo del monitoraggio, della protezione e del recupero ambientale e del territorio. A titolo esemplificativo la società può: - Svolgere attività di prevenzione e difesa attiva dei boschi e del territorio dagli incendi; - Effettuare lavori e servizi: 1. Di sistemazione forestale, idraulica e agraria; 2. Connessi al miglioramento dei boschi e alla cura delle aree verdi non forestali del demanio regionale; 3. Legati alla difesa del suolo e alla bonifica idraulica del territorio; 4. Legati alla valorizzazione ambientale e paesaggistica; - Svolgere attività connesse alle emergenze derivanti da calamità naturali; - Attuare servizi di protezione civile e di messa in sicurezza del territorio, con particolare riferimento alla pulizia degli alvei; 59 - Realizzare interventi finalizzati alla utilizzazione di fonti energetiche rinnovabili e di biomasse vegetali, trasformate e non, anche ai fini di produzione energetica; - Svolgere attività di monitoraggio dei rischi ambientali; - Programmare e attuare formazione nelle materie di interesse per le attività sociali. La società potrà compiere tutte le attività e le operazioni, anche di presidio e servizio a carattere generale, utili, strumentali o necessarie per il conseguimento degli scopi sociali”. Va aggiunto che, neppure gli elementi forniti dall’Ente in sede controdeduttiva consentivano il superamento dei rilievi formulati, atteso che l’Ente ribadiva che la suddescritta operazione non avesse avuto effetti sulle proprie finanze; affermazione, questa, sprovvista di qualunque idonea evidenza. Peraltro, l’Ente precisava che il personale impiegato nella società in questione raggiungesse addirittura il numero di 663 unità in luogo delle 363 rilevato da questa Sezione. In sede istruttoria, si chiedeva di chiarire, con supporto di adeguata documentazione, se fosse stato osservato il disposto dell’art. 6, comma 19, del D.L. n° 78/2010. Al riguardo, l’Ente sosteneva di non essere soggetto, in via diretta, alla norma de qua, alla quale, comunque, aveva dato attuazione con legge regionale n°4/2011. Come è noto, la surrichiamata disposizione stabilisce che “Al fine del perseguimento di una maggiore efficienza delle società pubbliche, tenuto conto dei principi nazionali e comunitari in termini di economicità e di concorrenza, le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non possono, salvo quanto previsto dall'art. 2447 codice civile, effettuare aumenti di capitale, trasferimenti straordinari, aperture di credito, né rilasciare garanzie a favore delle società partecipate non quotate che abbiano registrato, per 60 tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali”. Sennonché – contrariamente a quanto sembra affermare la Regione - è di immediata evidenza come l’Ente sopportasse i costi economici della ricapitalizzazione contestualmente all’assunzione della qualità di socio unico, a fronte di perdite, erosive del capitale sociale, già verificatesi. Infine, non può non rilevarsi come l’operazione de qua abbia ricostituito il capitale sociale ben al di là del minimo legale (€ 120.000,00) cui invece l’Ente avrebbe dovuto, per elementari ragioni prudenziali, ancorare il proprio intervento. Neppure a tal riguardo le controdeduzioni fornite consentivano il superamento dei rilievi formulati, in quanto le medesime si limitavano alla non condivisibile affermazione che la ricapitalizzazione de qua non fosse sottoposta alla surrichiamata disposizione normativa. Si chiedeva – senza ottenere risposta - all'Ente di voler specificare i motivi per i quali non fossero state predisposte forme di consolidamento dei conti con le aziende, società o altri organismi partecipati, ad esclusione di quella effettuata con riferimento alla società ARLAV. Neppure in sede controdeduttiva l’Ente forniva, al riguardo, alcuna risposta. E’ di immediata evidenza come tale omissione è idonea alla compromissione delle finalità recate da precise statuizioni di legge, nonché da norme tecniche applicative; fra tutte, il punto 1 dell’allegato 3 al D.Lgs. n° 118/2011, il quale impone “…l’adozione di un sistema contabile integrato che garantisca la rilevazione unitaria dei fatti gestionali…al fine di…permetter l’elaborazione del costo consolidato di ciascun’amministrazione pubblica con i propri enti e organismi strumentali, aziende, società e altri organismi controllati”. Sul punto, cfr., anche, infra. Si chiedeva di comunicare l’importo complessivo della spesa per il personale 61 delle società partecipate dall’Ente in via totalitaria, quello relativo alle società c.d. “in house”, nonché quello relativo alle società controllate ai sensi dell’art. 2359 del codice civile. Inoltre, si chiedeva di comunicare l’ammontare della spesa, in ordine agli incarichi di collaborazione esterna, conferita da Enti regionali, società ”in house”, società partecipate in via totalitaria, nonché società controllate. La risposta fornita dall’Ente non appariva esauriente, in quanto priva della necessaria completezza ed attualità (cfr. allegato cit.). Neppure in sede di controdeduzioni l’Ente forniva risposte soddisfacenti. Infatti, i dati fatti pervenire apparivano parimenti privi della necessaria attualità, completezza e chiarezza. Ad ogni modo, non può non rilevarsi come, ferme restando tali carenze, il dato della spesa (relativo, peraltro, alla annualità 2012), riferito al solo personale inerente alle società sulle quali l’Ente ha fornito informazioni, ammonti alla cifra di € 212.185.197,00. Si chiedeva di comunicare, fornendone evidenza contabile – documentale, se l’Ente avesse ottemperato a quanto disposto dall’art. 9, comma 1, del D.L. n° 95/2012 - così come richiamato dall’art. 2, comma 1, lett. I, del D.L. n° 174/2012 - nonché dall’art. 13 della legge regionale n° 38 del 24/12/2012. Come è noto, tale disposizione così recita: “ Al fine di assicurare il coordinamento e il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, il contenimento della spesa e il migliore svolgimento delle funzioni amministrative, le regioni, le province e i comuni sopprimono o accorpano o, in ogni caso, assicurano la riduzione dei relativi oneri finanziari in misura non inferiore al 20 per cento, enti, agenzie e organismi comunque denominati e di qualsiasi natura giuridica che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, esercitano, anche in via strumentale, funzioni fondamentali di cui all'articolo 117, comma secondo, lettera p), della Costituzione o funzioni am- 62 ministrative spettanti a comuni, province, e città metropolitane ai sensi dell'articolo 118, della Costituzione” Al riguardo, l’Ente non faceva pervenire alcuna idonea risposta, neppure in sede controdeduttiva. Peraltro, dalla lettura delle memorie depositate in sede di udienza, veniva affermato che “…In relazione al settimo punto è stato chiarito che le società a totale partecipazione regionale diretta e indiretta, non risultano censite nell'elenco nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, quindi soggette alle limitazioni di cui ai commi 7 e 8 dell'articolo 1 del DL 95/2012. Con riferime nto al rinvio all'articolo 13 della LR 38/2012, l'attuazione delle predette disposizioni va condivisa e definita nell'ambito dell'azione di revisione e razi onalizzazione del Commissario ad acta di nomina ministeriale…”. E’ di immediata evidenza come tale argomentazione non possa trovare ingresso, rivelandosi non congruente rispetto alle richiamate disposizioni normative. Si chiedeva di comunicare, fornendone evidenza contabile – documentale, se l’Ente avesse ottemperato a quanto disposto dall’art. 76, comma 7, del D.L. n° 112/2008, come convertito dalla legge n° 133/2008 e successivamente modificato dalla legge n° 111/2011. Come è noto, tale disposizione prevede che “E' fatto divieto agli enti nei quali l'incidenza delle spese di personale è pari o superiore al 50 per cento delle spese correnti di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale; i restanti enti possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite del 40 per cento della spesa corrispondente alle cessazioni dell'anno precedente. Ai soli fini del calcolo delle facoltà assunzionali, l'onere per le assunzioni del personale destinato allo svolgimento delle funzioni in materia di polizia locale, di istruzione pubblica e del set- 63 tore sociale è calcolato nella misura ridotta del 50 per cento; le predette assunzioni continuano a rilevare per intero ai fini del calcolo delle spese di personale previsto dal primo periodo del presente comma. Ai fini del computo della percentuale di cui al primo periodo si calcolano le spese sostenute anche dalle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che sono titolari di affidamento diretto di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgono funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale, né commerciale, ovvero che svolgono attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica. Ferma restando l'immediata applicazione della disposizione di cui al precedente periodo, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e dell'interno, d'intesa con la Conferenza unificata, possono essere ridefiniti i criteri di calcolo della spesa di personale per le predette società. La disposizione di cui al terzo periodo non si applica alle società quotate su mercati regolamentari. Per gli enti nei quali l'incidenza delle spese di personale è pari o inferiore al 35 per cento delle spese correnti sono ammesse, in deroga al limite del 40 per cento e comunque nel rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno e dei limiti di contenimento complessivi delle spese di personale, le assunzioni per turn-over che consentano l'esercizio delle funzioni fondamentali previste dall'articolo 21, comma 3, lettera b), della legge 5 maggio 2009, n. 42; in tal caso le disposizioni di cui al secondo periodo trovano applicazione solo in riferimento alle assunzioni del personale destinato allo svolgimento delle funzioni in materia di istruzione pubblica e del settore sociale”. La risposta fornita dall’Ente appariva assolutamente non soddisfacente. Invero, veniva affermato che “...la ricognizione è stata effettuata con riferimento all’esercizio 2011……analoga iniziativa è in corso per il 2012...” (cfr. allegato 64 cit.). Inoltre, non poteva non rilevarsi che non era stata fatta pervenire alcuna idonea evidenza contabile – documentale, neppure per le annualità oggetto della asserita verifica. Neppure a tal riguardo la risposta fornita dall’Ente, in sede controdeduttiva, appariva esauriente, in quanto afferente a dati pertinenti all’esercizio 2011. Si chiedeva di comunicare, fornendone evidenza documentale, se l’Ente avesse ottemperato a quanto stabilito dall’art. 4, commi 1 – 3 – 9 – 10 - 11 - 12, del D.L. n°95/2012. Anche a tal riguardo, la risposta fornita dall’Ente si rivelava solo parzialmente appagante. Infatti, nel mentre veniva rappresentata la non sottoposizione dell’Ente al disposto di cui al comma 1 - essendo stato esso dichiarato, con sentenza n°229 del 23/07/2013, costituzionalmente illegittimo, nella parte afferente alle regioni ad autonomia ordinaria - per quel che concerne gli altri commi richiamati, veniva sostenuto che “…è in corso il completamento della raccolta delle informazioni su cui condurre la verifica…” (cfr. allegato cit.). Neppure in sede controdeduttiva le deduzioni fornite dall’Ente apparivano esaurienti. Infatti, la Regione si limitava a fornire una serie di dati, peraltro parziali, afferenti al rispetto del solo comma 9. Come è noto, i commi 9-10-11-12 così statuiscono : 9. A decorrere dall'entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2015, alle società di cui al comma 1 si applicano le disposizioni limitative delle assunzioni previste per l'amministrazione controllante. Resta fermo, sino alla data di entrata in vigore del presente decreto, quanto previsto dall'articolo 9, comma 29, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. Salva comunque l'applicazione della disposizione più restrittiva prevista dal primo periodo del presente comma, continua ad applicarsi l'articolo 18, comma 2, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 , convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. 65 10. A decorrere dall'anno 2013 le società di cui al comma 1 possono avvalersi di personale a tempo determinato ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le rispettive finalità nell'anno 2009. Le medesime società applicano le disposizioni di cui all'articolo 7, commi 6 e 6-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, in materia di presupposti, limiti e obblighi di trasparenza nel conferimento degli incarichi. 11. A decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 31 dicembre 2014 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti delle società di cui al comma 1, ivi compreso quello accessorio, non può superare quello ordinariamente spettante per l'anno 2011. 12. Le amministrazioni vigilanti verificano sul rispetto dei vincoli di cui ai commi precedenti; in caso di violazione dei suddetti vincoli gli amministratori esecutivi e i dirigenti responsabili della società rispondono, a titolo di danno erariale, per le retribuzioni ed i compensi erogati in virtù dei contratti stipulati. Orbene, nella memoria depositata in adunanza, l’Ente sosteneva che “In relazione al nono punto è stato rilevato che le attività connesse all'attuazione dell'articolo 4 del DL 95/2012, per quanto attiene alla dismissione delle partecipazioni e ad altri vincoli da queste conseguenti, risentono degli effetti della sopravvenuta sentenza della Corte Costituzionale n. 229/2013 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dei commi 1, 2, 3 secondo periodo, 3 sexies e 8 del citato articolo. Per quanto riguarda gli altri articoli sui quali la Suprema Corte non si è pronunciata e che interessano gli organi sociali essi risultano applicati. Per le previsioni normative di cui ai commi 9, 10 e 11 volte al contenimento della spesa delle società in materia di personale, dato atto che esse trovano applicazione con riferimento all'annualità 2013, le risultanze saranno valutabili a consuntivo”. 66 E’, dunque, di immediata evidenza, da un lato, come l’Ente non potesse posporre gli obblighi scaturenti dalle previsioni normative di cui ai commi 9, 10, 11 e 12 alla fine dell’esercizio 2013; dall’altro, fermo restando quanto supra rilevato in ordine alla mancata adozione della delibera ricognitoria di cui all’art. 3, commi 27-28-29, della Legge n. 244/2007, tale modus operandi conferma le carenze del sistema di controllo adottato dall’Ente sulla gesti one degli organismi partecipati (cfr. le osservazioni di cui al primo punto della presente sezione). Si chiedeva di comunicare, fornendone evidenza documentale, se l’Ente avesse ottemperato a quanto stabilito dagli artt. 22, commi 2 – 3 – 4, nonché dall’art. 47, comma 1, del D.Lgs. n°33/2013. Sul punto, non veniva fornita alcun utile elemento, in quanto veniva affermato che “…il riscontro…..è tutt’ora in corso…” (cfr. allegato cit.). Orbene, i surrichiamati commi stabiliscono che : 2. Per ciascuno degli enti di cui alle lettere da a) a c) del comma 1 sono pubblicati i dati relativi alla ragione sociale, alla misura della eventuale partecipazione dell'amministrazione, alla durata dell'impegno, all'onere complessivo a qualsiasi titolo gravante per l'anno sul bilancio dell'amministrazione, al numero dei rappresentanti dell'amministrazione negli organi di governo, al trattamento economico complessivo a ciascuno di essi spettante, ai risultati di bilancio degli ultimi tre esercizi finanziari. Sono altresì pubblicati i dati relativi agli incarichi di amministratore dell'ente e il relativo trattamento economico complessivo. 3. Nel sito dell'amministrazione è inserito il collegamento con i siti istituzionali degli enti di cui al comma 1, nei quali sono pubblicati i dati relativi ai componenti degli organi di indirizzo e ai soggetti titolari di incarico, in applicazione degli articoli 14 e 15. 4. Nel caso di mancata o incompleta pubblicazione dei dati relativi agli enti di cui al comma 1, è vietata l'erogazione in loro favore di somme a qualsivoglia titolo da parte dell'amministrazione interessata. 67 Orbene, l’Ente non forniva alcuna risposta comprovante l’ottemperanza alla surrichiamata disposizione. Infatti, veniva affermato che tutta una sere di informazioni fossero state pubblicate sul portale “consoc”, rispetto al quale, peraltro, i dati inseriti apparivano non solo parziali ma anche sprovvisti della necessaria attualità. Inoltre, tale modus operandi appariva non in linea con il disposto del succitato art. 47, che testualmente recita “La mancata o incompleta comunicazione delle informazioni e dei dati di cui all'articolo 14, concernenti la situazione patrimoniale complessiva del titolare dell'incarico al momento dell'assunzione in carica, la titolarità di imprese, le partecipazioni azionarie proprie, del coniuge e dei parenti entro il secondo grado, nonché tutti i compensi cui da diritto l'assunzione della carica, dà luogo a una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 10.000 euro a carico del responsabile della mancata comunicazione e il relativo provvedimento è pubblicato sul sito internet dell'amministrazione o organismo interessato”. Si chiedeva di comunicare, fornendone evidenza documentale, se l’Ente avesse ottemperato a quanto stabilito dall’art. 29, comma 1, legge n° 241/1990, così come sostituito dall’art. 10, comma 1, lett. b), dalla legge n° 69/2009, il quale prevede che “Le disposizioni della presente legge si applicano alle amministrazioni statali e agli enti pubblici nazionali. Le disposizioni della presente legge si applicano, altresì, alle società con totale o prevalente capitale pubblico, limitatamente all’esercizio delle funzioni amministrative. Le disposizioni di cui agli articoli 2-bis, 11, 15 e 25, commi 5, 5-bis e 6, nonché quelle del capo IV-bis si applicano a tutte le amministrazioni pubbliche”. Sul punto, neppure in sede controdeduttiva l’Ente forniva risposta soddisfacente, fatto salvo il riferimento alla predisposizione, ai fini dell’ottemperanza a quanto disposto dalla legge nella materia de qua, di un controllo informale, condotto, peraltro, in modo parziale. 68 Si chiedeva di comunicare, fornendone evidenza documentale, se l’Ente avesse ottemperato a quanto stabilito dall’art. 19 D.P.C.M. del 28/12/2011. Tale disposizione normativa, stabilisce che “1. Gli enti in sperimentazione redigono il bilancio consolidato con i propri enti ed organismi strumentali, aziende, società controllate e partecipate, secondo le modalità ed i criteri individuati nel principio applicato del bilancio consolidato (allegato n. 4 al presente decreto). Il bilancio consolidato non comprende i bilanci degli enti di cui all'articolo 1, comma 3, cui si applica l'articolo 32 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118. 2. Gli enti strumentali, le aziende e le società considerate nel bilancio consolidato di un'amministrazione pubblica costituiscono il "Gruppo dell'amministrazione pubblica". 3. Ai fini dell'inclusione nel bilancio consolidato, si considera qualsiasi ente strumentale, azienda, società controllata e partecipata, indipendentemente dalla sua forma giuridica pubblica o privata, anche se le attività che svolge sono dissimili da quelle degli altri componenti del gruppo. 4. Il bilancio consolidato è approvato entro il 30 giugno dell'anno successivo”. Neppure a tal riguardo veniva fatta pervenire idonea risposta, tantomeno in sede controdeduttiva; sul punto cfr., anche, supra. SEZIONE VI – PATTO DI STABILITA’ Si chiedeva di comunicare, con riferimento alla data del 30 settembre 2013 : 69 a) l’esito della verifica demandata a ciascuna area generale di coordinamento, in ordine alla esatta classificazione delle spese rientranti nel patto di stabilità (cfr. nota di risposta n°625279 del 10/09/2013 con riferimento al rinvio al punto 9 della delibera di Giunta regionale n°339 dell’8/08/2013); al riguardo, l’Ente faceva pervenire n° 2 comunicazioni (cfr. allegato alla summenzionata nota n°720270, del 18/10/2013), dalla cui lettura si evinceva il carattere parziale delle verifiche de quibus, ed emergevano ulteriori criticità: infatti, dall’esame della prima comunicazione, emergeva una discrasia in ordine alla voce di spesa “IMPOSTE E TASSE – IVA” – CAP. 1241 – (la quale, pur conteggiata - peraltro in modo errato - ai fini del rispetto del Patto, non trovava tuttavia conferma nei dati SIOPE), mentre, la seconda comunicazione, redatta dall’Area Coordinamento Trasporti e Viabilità, conteneva un riferimento alla delib. di G.R. n° 339/2013, in quanto faceva menzione della intervenuta richiesta di rettifica – il cui esito non veniva comunicato - di un non meglio specificato “allegato C…”; in sede controdeduttiva l’Ente non forniva alcuna idonea risposta. b) l’esito del monitoraggio delle spese soggette al patto di stabilità interno (cfr. punto 17 delib. cit.) : al riguardo, nessuna risposta veniva fatta pervenire dall’Ente; in sede di controdeduzioni, l’Ente affermava che la verifica de qua era ancora in corso. c) se, in ordine agli obiettivi programmatici di spesa assegnati alle aree generali di coordinamento, fossero stati adottati provvedimenti di riequilibrio (cfr. punto 19 delib. cit.). Al riguardo, veniva affermato che “…ad oggi non è stato ancora deliberato dalla giunta alcun provvedimento di riequilibrio degli obiettivi programmatici di spesa…” (cfr. allegato cit.). Sul punto, L’Ente, in sede di controdeduzioni, non replicava alcunché. Peraltro, nella memoria depositata in adunanza, si affermava, fra l’altro, che: “Per quanto riguarda, invece, l'adozione di provvedimenti di riequilibrio in 70 ordine agli obiettivi programmatici assegnati alle Aree Generali di Coordinamento, nel ricordare che dal 1° novembre 2013 le Aree generali di Coordinamento sono confluite nelle Direzioni Generali previste dal nuovo ordinamento amministrativo, si segnala che con Deliberazione n. 539 del 9/12/2013 si è provveduto a ricalcolare, sia in termini di competenza eurocompatibile che in termini di competenza finanziaria, l'obiettivo programmatico 2013 da assegnare alle nuove strutture organizzative, tenendo presente l'attività già svolta dalle ex Aree Generali di Coordinamento sulla scorta dell'obiettivo assegnato con D.G.R.C. n. 339/2013”. In definitiva, tutto quanto sopra considerato ed attese le osservazioni più innanzi svolte (cfr. SEZIONE II – REGOLARITA’ DELLA GESTIONE AMMINISTRATIVA E CONTABILE, nonché SEZIONE V – ORGANISMI PARTECIPATI) in ordine al fatto che l’Ente non ha fornito né dati adeguati in ordine alla spesa per il personale delle società partecipate (relativamente all’esercizio 2013), né le già più volte citate idonee codifiche SIOPE in materia di spese per il personale, questa Sezione travasi nella condizione di non poter esprimere sicure valutazioni riguardo all’effettivo rispetto, da parte della Regione, dei vincoli posti dalla normativa in tema di Patto di stabilità interno. SEZIONE VII – SERVIZIO SANITARIO REGIONALE Per quel che concerne la domanda 7.2), che ha lo scopo di verificare se il bilan- 71 cio preventivo economico annuale, redatto dai singoli enti del servizio sanitario, sia coerente con la programmazione sanitaria e con la programmazione economico – finanziaria della Regione, l’Ente dichiarava che, con decreto commissariale n° 19, del 18/02/2013, veniva assegnato, alle singole Aziende sanitarie, il livello di finanziamento 2013 (provvisorio), stabilendo che “…le stesse non debbono avere, nel corso di tale anno, costi maggiori del finanziamento…” (cfr. questionario - relazione per il Collegio dei revisori dei conti sul bilancio di previsione delle regioni per l’anno 2013, prot. n°3005 del 28/06/2013). Al riguardo, si chiedeva di comunicare, fornendone adeguata evidenza contabile – documentale, se la gestione delle Aziende de quibus risultasse in linea con le surrichiamate disposizioni (cfr. note istruttorie citate). Sennonché, dall’esame della documentazione fatta pervenire si evinceva come la prescrizione commissariale fosse rimasta, sostanzialmente, non applicata. Invero, rispetto ad un totale di 17 Aziende Sanitarie, comprensivo di ASL, nonché di Aziende ospedaliere, il 60% presentava un risultato di gestione negativo, dando origine ad un deficit complessivo che, alla data del 30/06/2013, ammontava ad € 95.785.000,00 (cfr. allegato cit.). La risposta fornita dall’Ente, in sede di controdeduzioni, confermava la fondatezza del rilievo. Invero, si affermava che, alle Aziende sanitarie che presentavano un risultato economico negativo, fosse stato chiesto di rientrare dal disavanzo entro il 31/12/2013. Peraltro, dalla lettura della memoria depositata in adunanza, si evinceva che “…il Piano di Rientro dal Disavanzo del Settore Sanitario, come aggio rnato dai programmi operativi di cui all'art. 2, c omma 88, della legge del 23.12.2009 n. 191 (approvati dal decreto commissariale n. 82 del 5 luglio 2013), ha programmato il conseguimento dell'equilibrio econom ico complessivo del settore sanitario entro il 2015, con i seguenti risu l- 72 tati intermedi: nel 2013: - 71,6 milioni euro; nel 2014: - 34,2 milioni di euro”. Pertanto, questa Sezione non può non sollecitare l’Ente ad effettuare un’attenta e continua attività di monitoraggio sulle perfomances delle Aziende sanitare ai fini del rispetto del surrichiamato Piano. Per quel che concerne la domanda 7.8), che aveva lo scopo di verificare se la Regione avesse adottato il provvedimento che definisce il fabbisogno assistenziale del servizio sanitario nazionale, l’Ente dichiarava che, con decreto commissariale n° 19, del 18/02/2013, veniva assegnato, alle singole Aziende sanitarie, il livello di finanziamento 2013 (provvisorio), stabilendo che “…le stesse non debbono avere, nel corso di tale anno, costi maggiori del finanziamento…” (cfr. questionario - relazione per il Collegio dei revisori dei conti sul bilancio di previsione delle regioni per l’anno 2013, prot. n°3005 del 28/06/2013). Al riguardo, cfr. supra, sub esame della domanda 7.2). La risposta alla domanda 7.9) poneva in rilievo che la Regione non aveva concluso le procedure per l’accreditamento istituzionale definitivo entro i termini indicati dall’art. 2, comma 35, del D.L. n° 225/2010, convertito con legge n°10 del 26/02/2011, che ha modificato l’art. 1, comma 796, lett. t), della legge n° 296/1996. L’Ente, infatti, dichiarava che “…ha accreditato istituzionalmente i centri di dialisi e sta concludendo le procedure per l’accreditamento…… di tutte le altre strutture sanitarie private. Al riguardo la Legge Finanziaria delle Regione per il 2013 (L.R. n.5 del 6 maggio 2013), all’art. 1, comma 36, ha dettato apposite norme, al fine di portare a compimento il procedimento di accreditamento istituzionale entro l’anno corrente.” (cfr. questionario - relazione per il Collegio dei revisori dei conti sul bilancio di previsione delle regioni per l’anno 2013, prot. n°3005 del 28/06/2013). 73 Al riguardo, si chiedeva di comunicare come, in costanza della procedura stabilita dal surrichiamato comma 36, l’Ente intendesse dare applicazione alla sentenza della Corte Costituzionale n° 132, del 7 giugno 2013 (cfr. note istruttorie citate). Sul punto, l’Ente affermava che ““…L'art. 1, comma 237-vicies quater, primo periodo, della L.R. n. 4/2011, introdotto dall'art. 2 della L.H. n. 23/2012 così disponeva: "Fermo restando la sussistenza del fabbisogno, in deroga ai requisiti di legge per l'accreditamento istituzionale definitivo, ai soggetti che hanno presentato domanda di accreditamento ai sensi della legge regionale 14 dicembre 2011, n. 23.e che, in virtù di acquisto per il tramite del curatore fallimentare, sono subentrati nella titolarità di strutture per, le quali è risolto il rapporto di provvisorio accreditamento con il servizio sanitario regionale ai sensi dell'articolo 25 della legge regionale 15/2002, la Regione concede l'accreditamento definitivo qualora, all'esito delle verifiche effettuate dalle Commissioni locali ASL ..., risulti confermato l'assetto organizzativo e tecnologico della precedente struttura ed il possesso dei requisiti ulteriori per l'accreditamento definitivo". Detto periodo è stato soppresso dall'art. 1, comma 1, lett. e) della L.R. n. 41 del 31.12.2012. Dopo la soppressione, con sentenza n. 132 del 7.6.2013, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di detto periodo, sul presupposto di non poter dichiarare cessata la materia del contendere in quanto non poteva escludere che la disposizione impugnata avesse trovato applicazione medio tempore. Sul punto, si rappresenta che nel periodo di vigenza della norma (5/8/2012-8/1/2013) non sono stati rilasciati provvedimenti di accreditamento definitivo di strutture sanitarie per subentri nella titolarità per il tramite di curatele fallimentari..”” (cfr. allegato cit.). E’ di immediata evidenza come, dalla lettura della surriportata risposta, non fosse dato evincere se, nel periodo di vigenza della norma dichiarata successiva- 74 mente incostituzionale e, in dipendenza da essa, fossero, o meno, sorti rapporti obbligatori, a carico dell’Ente, nei confronti delle strutture de quibus. La risposta fornita dall’Ente in sede controdeduttiva si rivelava, in qualche modo, generica. Infatti, si affermava che “non si hanno evidenze relative alla sussistenza di rapporti obbligatori scaturenti dalla richiamata norma…”. Inoltre, si faceva pervenire copia del Decr. del Commissario ad Acta n° 130/2012 con il quale era stata fatta richiesta, al Consiglio regionale, dell’ abrogazione della norma oggetto della pronuncia del Giudice delle leggi; tuttavia, ciò non consentiva il superamento del rilievo formulato. Dall’esame della risposta alla domanda 7.10) si evinceva che l’Ente aveva definito l’ambito di applicazione degli accordi contrattuali, individuando le competenze e le responsabilità attribuite alla Regione ed alle ASL, ai sensi del D.Lgs. n° 229/1999. Sul punto, si chiedeva di illustrare le iniziative assunte in subiecta materia (cfr. note istruttore citate). La risposta fatta pervenire dall’Ente non si rivelava esauriente. Infatti, veniva citato l’art. 8 – quinquies, comma 2, dal D.Lgs. n° 229/1999 (“Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale”) il quale, come è noto, unitamente alla legge n°419/1998, stabilisce i criteri fondamentali di riferimento per la gestione del Servizio de quo. Tuttavia, l’Ente non forniva alcuna evidenza concreta delle modalità con le quali fosse stata data applicazione alla citata disposizione (cfr. allegato cit.). Sul punto, in sede controdeduttiva, la Regione faceva pervenire una serie di decreti illustrativi delle modalità regolative della gestione del servizio de quo. Tuttavia, dalla lettura delle note accompagnatorie di tali decreti, si evinceva l’esistenza di una facoltà, posta in capo a ciascuna ASL, di stipulare contratti integrativi volti alla erogazione di una serie di prestazioni aggiuntive non adegua- 75 tamente definite. Orbene, tale modus operandi suscita dubbi in ordine alla sua legittimità ed al suo impatto sui tetti di spesa fissati dai surrichiamati decreti. Dall’esame delle risposte alle domande 7.10.1) e 7.10.2) si evinceva che l’Ente verificava che tutti gli operatori privati accreditati avessero sottoscritto i contratti che definiscono i volumi delle prestazioni erogabili ed i relativi budget, nonché determinava il valore complessivo dei contratti non sottoscritti, al 10 ottobre 2012, in un importo pari ad € 113.000.000. Al riguardo, si chiedeva di comunicare (cfr. note istruttorie citate): - le modalità attraverso le quali l’Ente svolgesse l’attività di verifica de qua; - il valore complessivo dei succitati contratti, nonché le clausole che ne regolassero contenuto ed esecuzione. A tali richieste l’Ente non forniva risposte esaurienti. Invero, veniva fatta pervenire una serie di dati privi della necessaria attualità, in quanto afferenti all’esercizio 2012. Inoltre, non veniva fornito alcun idoneo chiarimento in ordine alle clausole che regolavano le surrichiamate attività di verifica, né venivano indicate le modalità inerenti al contenuto ed all’esecuzione dei contratti de quibus, fatto salvo un non meglio specificato rinvio a decreti commissariali (cfr. allegato cit.). Sul punto, cfr. anche supra, rilievi alla risposta 7.10). In ordine a tali richieste, le controdeduzioni dell’Ente risultavano confermative delle argomentazioni già fornite in sede di risposta ai rilievi formulati in ordine alla domanda 7.10). Dall’esame della risposta alla domanda 7.11) si evinceva che i più volte richiamati contratti, a fronte dei tetti di spesa stabiliti, non identificavano analiticamente la tipologia delle prestazioni erogabili. Infatti, l’Ente dichiarava che “Ogni struttura privata eroga un mix di prestazioni impossibile da definire a priori” (cfr. questionario - relazione cit.). 76 Al riguardo (cfr. note istruttorie citate), si chiedeva di meglio specificare i termini di siffatta affermazione (cfr., altresì, supra, sub esame delle risposte fornite alle domande 7.10.1 e 7.10.2). La risposta fatta pervenire dall’Ente appariva non esauriente. Infatti, in primo luogo, veniva effettuato un generico rinvio alla lettura di una serie di Decreti commissariali che regolerebbero la materia de qua (cfr. allegato cit.). Inoltre, veniva affermato che “…le prestazioni sanitarie oggetto dei tetti di spesa…..non si prestano ad una aprioristica fissazione delle quantità delle singole prestazioni…” (cfr. allegato cit.). Orbene, era di immediata evidenza come gli elementi per detta quantificazione potessero essere desunti, con un buon grado di approssimazione, dalla valutazione del trend temporale. Inoltre, appariva che l’Ente non avesse preso in idonea considerazione criteri e parametri, per l’erogazione delle surrichiamate prestazioni, sia attinenti, in via generale, ai parametri dell’efficienza, dell’efficacia e dell’economicità, sia desumibili da precise statuizioni di legge, quali, fra le altre: l’art. 2 – sexies; l’art. 3, commi 1 – bis, 1 – ter, 1 – quater; l’art. 3 – ter, comma 1; l’art. 8 - quinquies, commi 1 e 2; l’art. 8 – octies, comma 1, della legge n° 419/1998, “Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale”. In ordine a tali richieste, le controdeduzioni dell’Ente risultavano confermative delle argomentazioni già formulate in sede di risposta ai rilevi formulati alla domanda 7.10). La risposta alla domanda 7.12) evidenziava che la Regione, a fronte delle prestazioni previste dagli accordi contrattuali, aveva adottato controlli sistematici a consuntivo dei risultati raggiunti e delle attività effettivamente svolte. Tuttavia, l’Ente precisava che i controlli de quibus “SONO AFFIDATI alle ASL” (cfr. questionario - relazione cit.); il che – a prescindere dal livello di efficacia 77 dei controlli interni di tali Aziende - non appariva in linea con l’imprescindibile esigenza di tener ben distinti i ruoli di controllato e controllore, nei rapporti intersoggettivi de quibus: pertanto, si chiedeva di fornire, al riguardo ogni opportuno chiarimento. Si chiedeva, inoltre, di chiarire la congruenza della surrichiamata affermazione con quanto dichiarato, fra l’altro, al punto 5.5) della “Relazione annuale sulla regolarità della gestione e sull’efficacia e sull’adeguatezza del sistema dei controlli interni della Regione Campania” (di cui all’art. 1, comma 6, del D.L. 10 ottobre 2012, n° 174, convertito nella legge 213/2013), assunta al prot. di questa Corte al n°3084, in data 09/07/2013 (cfr. note istruttorie citate). La risposta fornita dall’Ente alla prima delle richieste formulate non si rivelava soddisfacente. Invero, veniva sostenuto, fra l’altro, che “…il ruolo delle Regione è principalmente di programmazione, e viene espletato attraverso l’emanazione dei tetti di spesa e dei relativi schemi contrattuali … spetta poi alle ASL ... di verificare se le prestazioni che esse … acquistano dai privati siano regolari…” (cfr. allegato cit.). Non può non rilevarsi l’incondivisibilità della surriportata risposta, alla luce della normativa di riferimento, regolativa dell’erogazione dei servizi de quibus, peraltro già supra richiamata ((cfr. rilievi alle risposte 7.10), 7.10.1), 7.10.2), 7.11)). Neppure le risposte fatte pervenire in ordine alla seconda delle richieste formulate risultavano appaganti. Infatti, veniva affermato che non vi fossero incongruenze tra l’affermazione per la quale i controlli de quibus “SONO AFFIDATI alle ASL” (cfr. questionario - relazione cit.) e quella riportata al punto 5.5 della Relazione citata. Orbene, l’Ente sosteneva che “…il punto 5.5) riguarda la vigilanza contabile sulle aziende sanitarie…” (cfr. allegato citato). 78 Tale affermazione non poteva essere condivisa, in quanto, nel punto surrichiamato, l’Ente affermava di effettuare anche una “vigilanza amministrativa” sull’attività delle Aziende sanitarie. E’ di immediata evidenza come l’omissione dei controlli de quibus fosse idonea ad esercitare ricadute negative sull’accertamento del regolare svolgimento delle attività e sulla possibilità di individuare eventuali ipotesi di responsabilità. In sede controdeduttiva, le risposte fornite non apparivano appaganti in quanto si limitavano ad una mera elencazione di attività che l’Ente svolgerebbe ma di cui, tuttavia, non vi era alcuna concreta dimostrazione. Dall’esame della risposta alla domanda 7.13) si rilevava che l’Ente determinava il budget, relativo alle prestazioni erogabili per i residenti, sulla base della valutazione del fabbisogno regionale e della spesa storica. Si chiedeva di meglio dettagliare tale affermazione (cfr. note istruttorie citate). La risposta dell’Ente non si rivelava soddisfacente, in quanto sprovvista della necessaria attualità. Invero, si affermava che, ai fini della determinazione del budget de quo venisse utilizzata una serie di parametri quali, ad esempio, i “…costi preconsuntivi 2011…” (cfr. allegato cit.). In ordine a tali richieste, le controdeduzioni dell’Ente risultavano confermative delle argomentazioni già fornite in sede di risposta alla domanda 7.10). Infatti, dalla documentazione fatta pervenire, si evinceva che almeno una ASL, nello specifico quella di Salerno, non aveva ottemperato a tale adempimento. Dalla risposta alla domanda 7.16.1) si evinceva che i trasferimenti agli enti del servizio sanitario regionale, indicati nel bilancio di previsione, tenevano conto degli interessi moratori da corrispondersi ai fornitori per il ritardo nei pagamenti. Se ne chiedeva adeguata evidenza contabile (cfr. note istruttorie citate). La risposta fatta pervenire dall’Ente non appariva soddisfacente in quanto il me- 79 desimo si limitava, sostanzialmente, ad affermare che “… è compito delle aziende sanitarie contenere i costi … mantenere la propria gestione economica almeno in pareggio, dopo aver sostenuto tutti i costi aziendali e, quindi, anche quelli per interessi di mora …” (cfr. allegato cit.). Le controdeduzioni fornite, sul punto, non aggiungevano alcunché di nuovo rispetto a quanto già argomentato nella precedente risposta. Si chiedeva, in ogni caso, di far conoscere in qual modo ed attraverso quali iniziative l’Ente intendesse far fronte alle conseguenze derivanti dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 186/2013 - con la quale era stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 51, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato Legge di stabilità 2011), sia nel testo risultante a seguito delle modificazioni già introdotte dall’art. 17, comma 4, lettera e), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, sia nel testo, attualmente vigente, risultante a seguito delle modificazioni introdotte dall’art. 6-bis, comma 2, lettere a) e b), del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189 - formulando le proprie previsioni in ordine al loro impatto sulla contabilità regionale (in termini di sostenibilità della spesa e di equilibri economico-finanziari) e sugli assetti dei servizi, nonché sulla consistenza della sostanza patrimoniale della Regione, avendo, altresì, cura di precisare quali misure prudenziali fossero state eventualmente assunte nel periodo antecedente l’emissione di detta pronuncia. Al riguardo, l’Ente affermava che “La sentenza della Corte Costituzionale n. 186/2013 ha determinato la cessazione del blocco dei pignoramenti … Ne è conseguita una forte tensione finanziaria su alcune ASL … Tuttavia, la liquidità apportata dal decreto Legge n. 35 del 8 aprile 2013 … sta consentendo di superare … questa fase critica …” (cfr. allegato cit.). 80 Le controdeduzioni riproducevano, sostanzialmente, la succitata risposta. Peraltro, nella memoria del 12/12/2013, si sottolineava che “Con il D L 126 del 31 ottobre 2013 in fase di conversione, si prevede che dopo il comma 5 della legge 77/1993, è inserito il comma 5 bis che obbliga i Tesorieri a non apporre vincoli sulle delibere trimestrali di impignorabilità che le AA.SS.LL. adottano per assicurare le spese inderogabili e i L.E.A. e ciò anche in caso di notifica di pignoramento o di pendenza di procedura esecutiva nei confronti dell'Ente e senza necessità di previa pronuncia giurisdizionale”. Pertanto, nel prendere atto di quanto dedotto dalla Regione in ordine alle asserite facilitazioni, ai fini de quibus, assicurate dalle due norme succitate, la Sezione si riserva di valutare gli esiti della situazione de qua all’atto dell’esame delle successive contabilità. --------------------------------------------------------------------------------- Tutto quanto sopra premesso, questa Sezione, nel ribadire che le deduzioni fornite dall’Amministrazione, in massima parte, non contengono argomentazioni ed 81 allegazioni idonee a porre in discussione la fondatezza dei rilievi mossi in ordine alle criticità gestionali oggetto del presente esame, non può non rilevare che fenomeni, quali la tardiva approvazione della legge del bilancio di previsione, peraltro reiterata nel tempo, il disequilibrio (riscontrato con riferimento alla data del 30.9.2013) della gestione di competenza e di quella in conto capitale, la compromissione di alcuni principi e di alcune esigenze che presiedono alla redazione di documenti contabili fondamentali (con una non sufficiente attenzione, in particolare, ai principi di coerenza ed attendibilità, specie con riferimento alle previsioni di bilancio, ed alle esigenze di chiarezza e di comprensibilità di quest’ultimo; modus operandi, questo, suscettibile di produrre grave nocumento all’effettiva realizzazione dell’equilibrio di bilancio dell’Ente, visto il carattere autorizzatorio posseduto dal bilancio di previsione, che costituisce limite agli impegni di spesa – fatta eccezione per i servizi per conto terzi – ed è strumento fondamentale, in quanto descrive finanziariamente le informazioni necessarie a sostenere l’Ente nel processo di decisione politica, sociale ed economica), le rilevanti incongruenze e discrasie riscontrate in merito all’utilizzo del sistema SIOPE, il modus operandi utilizzato con riferimento ai servizi per conto terzi, le consistenti perplessità insorte (e non sufficientemente dipanate dalle deduzioni pervenute) con riferimento all’effettivo ammontare della spesa per il personale (con tutte le conseguenziali implicazioni innanzi descritte), le discrasie rilevate nell’adozione del piano di cui al comma 1 dell’art. 58 del D.L. n° 112/2008, convertito nella legge n° 133/2008, le irregolarità rilevate e le perplessità insorte in ordine alla gestione delle partecipazioni possedute dalla Regione ed al controllo svolto da quest’ultima sugli enti partecipati, senza sottacere le implicazioni della mancata specifica applicazione delle disposizioni dell’art. 3, commi 27-28-29, della Legge n. 244/2007 (pur tenuto conto dell’intervenuta adozione di provvedimenti di stabilizzazione ex art. 14, c. 22 del DL n. 78/2010, conv. in L. n. 122/2010), le problematicità in ordine agli strumenti di finanza derivata nonché 82 quelle relative al Servizio Sanitario, costituiscono, nel loro complesso ed in sinergia con tutte le altre irregolarità rilevate, indici sintomatici di grave irregolarità contabile e finanziaria e, comunque, di precario ed instabile equilibrio di bilancio. Deve, peraltro, richiamarsi l’attenzione dell’Ente sull’esigenza del rispetto del principio di legalità e dei principi di efficienza, di efficacia e di economicità della gestione, alla cui osservanza sono tenuti, in particolare, tutti i responsabili degli uffici e servizi, i quali, fra l’altro, rispondono direttamente della correttezza amministrativa, dei risultati della gestione, della congruità delle previsioni e del raggiungimento degli obiettivi formulati negli atti di programmazione afferenti al sistema di bilancio. Tuttavia, non ci si può esimere dal precisare – anche alla luce delle risultanze dei Referti sulla finanza regionale formulati da questa Sezione, ex art. 3 L. 14.1.1994, n. 20 e art. 7 c. 7 L. 5.6.2003, n. 131, in merito ai più recenti esercizi finanziari – con riferimento al contenuto dell’intervento (di cui alla sintesi in verbale), svolto, nell’odierna pubblica adunanza, dal Generale Dott. Gaetano Giancane, Assessore della Regione Campania, che il Collegio non ha motivo di revocare in dubbio l’impegno evocato come profuso, dal medesimo Organo di governo e dalla Struttura burocratica amministrativa regionale, al fine di propiziare una possibile inversione di tendenza dell’assetto critico dei conti pubblici della Regione Campania, così come non può esimersi dall’apprezzare la lealtà istituzionale con la quale sono state rappresentate, nel medesimo intervento, le condizioni di particolare sofferenza di tali conti (non potendosi, a tale ultimo riguardo, neppure sottacere che, con pari lealtà istituzionale, nella “Nota preliminare” al disegno di legge “Bilancio di previsione della Regione Campania per l’anno finanziario 2013 e Bilancio pluriennale per il triennio 2013-2015” pubblicata nel B.U.R.C. n° 24 del 7 maggio 2013, menzionata nella PREMESSA della presente pronuncia, si affermava che “In sede di richiesta dei dati per la predi- 83 sposizione del bilancio 2013, nel ribadire ancora una volta che il bilancio regionale versa in una situazione di disequilibrio economico-finanziario di carattere strutturale, è stato ricordato che una delle cause di tale squilibrio è sicuramente rappresentata dalla rigidità della spesa corrente storica, la cui copertura non è più integralmente assicurata dal gettito delle entrate correnti”) e l’asserita attenzione alle indicazioni fornite dalla Corte; e ciò pure a fronte delle notevoli criticità riscontrate ed illustrate nella presente pronuncia, non sfuggendo, d’altra parte, a questa Sezione, l’evocata idoneità di pregresse situazioni di criticità gestionale ad incidere considerevolmente sull’odierno assetto dei conti regionali e senza sottovalutare le verosimili difficoltà incontrate dall’Ente nel rispondere, in fase di prima applicazione, ai nuovi più penetranti moduli di controllo (come quello di cui alla presente pronuncia) introdotti dal D.L. n. 174/2012 (convertito con modificazioni dalla L. 7 dicembre 2012, n. 213), peraltro, nella carenza di sicuri schemi normativi di raccordo fra la legislazione statale e quella regionale in subiecta materia. Di tal che, i contenuti del summenzionato intervento inducono questa Sezione a ben sperare per l’avvenire, anche se la medesima deve, al riguardo, riservarsi ogni giudizio all’esito della valutazione dei provvedimenti idonei a rimuovere le irregolarità ed a ripristinare gli equilibri di bilancio, da adottarsi (e da comunicarsi a questa Sezione, come infra), da parte dell’Ente, ai fini del superamento delle suesposte criticità, e dell’esame delle future gestioni, salva – rebus sic stantibus – l’incidenza delle valutazioni interpretative in ordine all’assetto normativo vigente, in subiecta materia, dal 1° gennaio 2014, in esito alla definizione ermeneutica dei rapporti di compatibilità fra le norme del citato DL. n. 174/2012 (convertito con modificazioni dalla L. 7 dicembre 2012, n. 213) e le disposizioni di cui all’art. 20 della “Legge rinforzata” n. 243/2012 (cfr. : Corte conti – Sez. regionale di controllo per la Campania, deliberazione n. 27 del 28.2/6.3.20013). 84 PER QUESTI MOTIVI ritenuta - in dipendenza del controllo effettuato, sul bilancio di previsione della Regione Campania per l’esercizio 2013, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1, comma 166, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, richiamato dall’art. 1, comma 3, del D.L. n°174/2012, conv. in L. 7 dicembre 2012, n°213 - la sussistenza delle notevoli criticità come esposte in motivazione, la Sezione Regionale di controllo della Corte dei conti per la Campania, ai sensi del combinato disposto dell’art. 1, comma 3, del D.L. n°174/2012 (conv. in L. 7 dicembre 2012, n. 213) e dell’art. 7, comma 7 della L. 5.6.2003, n. 131, segnala al Presidente del Consiglio Regionale della Campania quanto innanzi rappresentato, affinché lo Stesso ne dia sollecita comunicazione al predetto Consiglio per l’adozione dei provvedimenti idonei a rimuovere le irregolarità de quibus ed a ripristinare gli equilibri di bilancio, tenendo anche conto del disposto dell’art. 1, comma 7 del D.L. n°174/2012 (conv. in L. 7 dicembre 2012, n. 213). Dispone, altresì, che copia della presente pronuncia venga trasmessa, per quanto di competenza, anche al Presidente della Regione Campania e, per conoscenza, al Presidente del Collegio dei Revisori di detto Ente. Le determinazioni che saranno adottate dal Consiglio regionale dovranno essere tempestivamente comunicate a questa Sezione - tenuto anche conto del disposto dell’art. 1, comma 7 del D.L. n°174/2012 (conv. in L. 7 dicembre 2012, n. 213) - per quanto di ulteriore competenza. Così deliberato in Napoli, nella camera di consiglio del 12 dicembre 2013. IL RELATORE IL PRESIDENTE f.to Cons. Tommaso Viciglione f.to Pres. Sez. Ciro Valentino Depositata in Segreteria in data 30 dicembre 2013 Il Funzionario preposto f.to dott. Mauro Grimaldi 85
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