Capitolo II MECCANICA DEI MEZZI POROSI

Capitolo II
MECCANICA DEI MEZZI POROSI
Frequentemente due o più sistemi fisici interagiscono fra loro, senza che sia possibile
la soluzione indipendente di un sistema dalla simultanea risoluzione degli altri. Questi
sistemi sono detti propriamente accoppiati e la loro unione può essere più o meno
debole secondo il grado d’interazione.
Un’ottima definizione di sistema accoppiato può essere la seguente[14]:
I sistemi e le formulazioni accoppiate sono quelle applicabili a domini multipli e
variabili dipendenti che solitamente descrivono differenti fenomeni fisici e nei quali:
a) nessun dominio può essere risolto separatamente dall’altro;
b) nessun insieme di variabili dipendenti può essere esplicitamente eliminato nelle
equazioni differenziali.
Solitamente i problemi accoppiati sono distinti in due categorie:
1° Classe. Questa classe contiene problemi nei quali l’accoppiamento avviene
solamente al contorno.
2° Classe. Ingloba quei sistemi nei quali i vari domini si sovrappongono ( parzialmente
o totalmente).
La
Meccanica dei Mezzi Porosi rappresenta un tipico esempio di problema
accoppiato di seconda classe nel quale il flusso fluido filtrante interagisce con lo
scheletro solido ( vedi Fig.II.2 ).
In questo Capitolo si sviluppano le equazioni differenziali caratterizzanti il
comportamento meccanico di questa tipologia di
mezzi, considerando le forze
d’inerzia, i flussi fluidi in forma accoppiata con la deformazione dello scheletro solido e
Capitolo II
i cambiamenti di fase dovuti a scambi termici o a variazione di pressione, come
sviluppato da Schrefler [18] e Lewis & Schrefler [16]. L’accoppiamento fra le fasi è
realizzato considerando l’effetto che la variazione delle variabili di stato di ciascuna
fase determina istante per istante sulle altre fasi presenti.
Fig. II.1. Problema Accoppiato di 1° Classe – interazione fluido/struttura al contorno.
Fig. II.2. Problema Accoppiato di 2° Classe – filtrazione attraverso un mezzo poroso
I mezzi multifase sono qui considerati come costituiti da corpi continui (singola fase)
che si sovrappongono ed interagiscono fra loro; all’interno di questo modello sono due
le teorie che ne descrivono il comportamento meccanico e in pratica:
a) la teoria delle miscele, estesa introducendo il concetto di frazione di volume di
ciascuna fase (Bowen [19-20]; De Boer et al. [38]), oppure la teoria ibrida delle
miscele (Hassanizadeh & Gray [21-23]; Schrefler [18]);
b) la teoria classica di Biot per i mezzi saturi (Biot [24-29]), estesa al campo
dinamico da Zienkiewicz & Shiomi [30] e a quello parzialmente saturo da
Zienkiewicz et al. [31].
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Meccanica dei mezzi porosi
La teoria delle miscele, estesa dall’introduzione del parametro strutturale frazione di
volume, discende direttamente dagli assiomi della teoria delle miscele (Bowen [32])
basata sulla classica trattazione del continuo di Truesdell & Toupin [33].
Essa suppone a priori che tutti i componenti del sistema multifase siano
simultaneamente presenti in ciascun punto di tutto lo spazio occupato dal mezzo poroso
(continuo a domini sovrapposti). Il comportamento di ciascuna fase e la loro interazione
sono quindi descritti da un campo di variabili continue.
Come la meccanica classica del continuo e la teoria delle miscele, anche la teoria
delle miscele per i mezzi porosi è una teoria di tipo macroscopico, in cui la scala di
riferimento è quella macroscopica, essendo interessata solo alla distribuzione continua
dei costituenti nello spazio.
A differenza della teoria delle miscele, la teoria ibrida delle miscele è definita a
partire dalla scala microscopica. Definito a questo livello un elemento di volume dv
rappresentativo del mezzo multifase (R.E.V.) (Fig.II.3.) nell’intorno di un punto
qualsiasi, si osserva che le varie fasi sono distinte, occupando solo una parte di questo
dominio, e a contatto fra loro. Ad ogni fase sono associate le usuali variabili di campo
(temperatura, pressione, ecc.); queste grandezze sono continue all’interno di ciascuna
fase ma sono discontinue all’interno del dominio di riferimento dv e quindi anche
nell’intero dominio del mezzo multifase in cui sono diffuse. Attraverso l’uso di teoremi
di media tale teoria permette di passare alla scala macroscopica, ottenendo un sostituto
continuo del mezzo multifase in cui le varie fasi sono state mediate o distribuite con
continuità su tutto il dominio e sono fra loro sovrapposte.
Le leggi di bilancio della meccanica (equazioni d’equilibrio, di continuità e di
conservazione) sono perciò integrate (mediate) sull’elemento locale rappresentativo del
dominio microscopico, su tutto quello macroscopico e poi vengono localizzate. La
teoria ibrida delle miscele costruisce perciò un ponte fra la struttura a livello
microscopico e quella a livello macroscopico, essendo quest’ultimo il dominio di
naturale interesse della meccanica del continuo, giacché è molto difficile risolvere le
equazioni di bilancio a livello microscopico a causa della complessa geometria del
mezzo poroso.
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Capitolo II
Fig. II.3. Elemento rappresentativo di volume (R.E.V.) di un mezzo poroso
composto da una fase solida e due fluide.
Con tale teoria è possibile ottenere sia le equazioni della teoria delle miscele (de
Boer et al. [38]; Lewis & Schrefler [16]), che quelle della teoria di Biot introducendo
particolari ipotesi (Lewis & Schrefler [16]).
Corrispondentemente anche con la teoria delle miscele è possibile ricavare le
equazioni della teoria di Biot (de Boer et al. [38]).
A conferma della similitudine esistente nella forma finale delle equazioni di bilancio
del comportamento meccanico dei mezzi porosi si osserva che, utilizzando la teoria
delle miscele per la simulazione numerica della localizzazione di suoli saturi, Ehlers &
Volk [34] hanno confermato i risultati trovati da Schrefler et al. [35], i quali hanno
invece utilizzato un modello ottenuto applicando la teoria ibrida delle miscele.
La teoria di Biot è una teoria di tipo fenomenologico che generalizza la teoria
monodimensionale della consolidazione di Terzaghi.
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Meccanica dei mezzi porosi
II.1 Cenni alla teoria ibrida delle miscele
Prima di enunciare i principi su cui è basata questa teoria, è utile introdurre le
seguenti definizioni concernenti la scala a cui è possibile studiare il continuo multifase:
a) livello microscopico. A questo livello il mezzo poroso è non omogeneo. La
scala di non-omogeneità è dell’ordine di grandezza della dimensione dei vuoti o del
grano solido (d). Le variabili di campo microscopiche sono generalmente non
misurabili: solo i loro valori medi sono tali. La descrizione matematica del
comportamento del mezzo poroso a questo livello non è praticabile sia perché le
grandezze non sono direttamente misurabili, sia perché la descrizione di ciò che
accade in ciascun punto occupato dal mezzo poroso è estremamente onerosa da
realizzare.
b) livello macroscopico. E’ questo il livello d’interesse della meccanica del
continuo in quanto è qui che si sostituisce il reale sistema multifase con un modello
nel quale ogni fase sia presente nell’intero dominio. Ciò significa che in ciascun
punto del dominio tutte le fasi sono supposte essere contemporaneamente presenti
(continui che si sovrappongono). Le non omogeneità possono ancora essere presenti
e sono costituite dagli strati. L’ordine di grandezza di tali non omogeneità è quella
dell’intero dominio (L). A differenza delle variabili di campo microscopiche, quelle
macroscopiche sono misurabili in prove di laboratorio o in sito.
c) livello megascopico. E’ un livello simile al precedente, in cui però le nonomogeneità sono eliminate utilizzando tecniche di media oppure mediate sulla terza
dimensione, come nel caso di modelli 2-D per lo studio di problemi di subsidenza
(Simoni & Schrefler [36]).
Si consideri un mezzo multifase che occupa il volume totale V e il cui contorno sia
A. I costituenti π = 1,2,3....k occupino il volume parziale Vπ.
Ciascun punto del mezzo è considerato essere il centro di un elemento di volume
rappresentativo REV indicato anche come elemento medio di volume dv (Fig. II.3).
E’ questo una cella unitaria su cui saranno mediate tutte le grandezze fisiche ed è
rappresentativo del mezzo poroso nell’intorno di un punto.
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Capitolo II
La posizione del centro di questo volume elementare è descritta dal vettore posizione
x rispetto un sistema di riferimento cartesiano, mentre r indica la posizione di un
microscopico elemento di volume dvm (Fig. II.3). Con ξ s’indica la coordinata locale
che ha la sua origine in x.
Definita la funzione di distribuzione di fase γπ(r,t)
γ (r , t ) =
π
1 per r ∈ dv π
0 per r ∈ dv α α ≠ π
(II.1.1)
il volume occupato dalla fase π all’interno del REV, detto anche elemento di volume
di fase, è fornito dal seguente integrale
dv π (x, t ) = γ π (r , t ) dv m
(II.1.2)
dv
dove l’integrazione è eseguita rispetto il sistema di coordinate locali ξ e dove dvm è
l’elemento di volume microscopico della fase π. In modo del tutto simile è possibile
definire all’interno del REV l’area daπ occupata dal costituente π o area di fase
elementare
da π (x, t ) = γ π (r , t ) da m
(II.1.3)
da
dove dam è l’elemento d’area microscopico.
La conoscenza dell’elemento di volume di fase dvπ permette l’introduzione del
concetto di frazione di volume ηπ, che è di fondamentale importanza nella meccanica
dei mezzi multifase in quanto è la grandezza base necessaria alla descrizione
dell’interazione fra le fasi. La frazione di volume ηπ è definita dalla seguente:
dv π
1
η ( x, t ) =
=
γ π (r , t ) dv m
dv dv dv
π
12
(II.1.4)
Meccanica dei mezzi porosi
Da questa definizione si ricava facilmente che la somma delle frazioni di volume
delle fasi presenti nel mezzo multifase è unitaria.
k
ηπ = 1
(II.1.5)
π =1
L’introduzione di questi operatori ci fa intuire come a livello macroscopico un
sostituto di continuo riempirà l’intero dominio simultaneamente, sostituendo i fluidi ed
il solido reale che riempiono invece solo una parte di esso. Questo sostituto di continuo
avrà una ridotta densità grazie alla frazione di volume ηπ.
In ciò che segue saranno introdotte delle quantità medie ottenute dall’integrazione di
quantità microscopiche sul volume elementare dv o sull’area elementare da del REV. Le
quantità medie così ottenute dovranno essere indipendenti dalla dimensione del volume
medio dv ed essere grandezze continue nello spazio e nel tempo (Hassanizadeh & Gray
[21]).
Affinché questi requisiti siano soddisfatti, il volume elementare REV deve:
a) essere abbastanza piccolo da essere considerato infinitesimo, nel senso che le
derivate parziali che compaiono nelle equazioni di bilancio devono avere senso
matematico;
b) essere abbastanza grande rispetto alle eterogeneità del materiale da fornire
quantità medie senza fluttuazioni (Fig. II.4). La dimensione di tale cella dipenderà
perciò anche dal tipo di continuo che deve rappresentare.
.
Fig. II.4. Valore medio della grandezza ζ rispetto alla dimensione dv
13
Capitolo II
Per ottenere valori medi significativi, la lunghezza caratteristica l del volume medio
REV deve soddisfare la disuguaglianza
d << l << L
(II.1.6)
Alcuni tipici valori di l sono (Lemaitre & Chaboche [37])
metalli
0.5 mm
plastica
1 mm
legno
10 mm
calcestruzzo
100 mm
Per le argille fini si può pensare ad un valore vicino a quello indicato per i metalli,
mentre per le sabbie ad un valore che va da quello per il legno a quello per il
calcestruzzo, secondo la granulometria.
Attraverso la definizione d’opportuni operatori di media, applicati alle funzioni che
rappresentano le microscopiche è possibile definire tutte le variabili di stato del mezzo
multifase; in particolare attraverso l’operatore di media sulla massa è possibile definire
la velocità media, le forze di massa, l’energia interna, il calore scambiato con l’esterno,
l’entropia interna, l’entropia scambiata con l’esterno e la produzione totale d’entropia.
Attraverso l’operatore di media sull’area è invece possibile definire il flusso termico,
il tensore delle tensioni, il flusso di calore e il flusso d’entropia.
Si riporta in seguito l’equazione di bilancio a livello macroscopico, riferita alla
generica variabile termodinamica ψ, da cui poi si ottengono le classiche equazioni di
conservazione della massa, della quantità di moto e del momento della quantità di moto
e l’equazione d’equilibrio energetico (de Boer et al. [38]; Hassanizadeh & Gray [21-23];
Schrefler [18]; Lewis & Schrefler [16]).
L’equazione di bilancio a livello macroscopico riferita alla generica grandezza ψ è
ottenuta a partire da quella scritta a livello microscopico moltiplicata per la funzione
distribuzione di fase γπ(r,t) , integrando tale prodotto prima sul volume elementare dv
del REV e poi sul volume totale V di mezzo poroso.
14
Meccanica dei mezzi porosi
Questo modo di operare fornisce una
equazione di bilancio macroscopica di
carattere generale dalla quale è ottenibile per localizzazione la seguente forma
differenziale:
[
∂ ρ π ψπ
∂t
] + div[ ρ
π
]
v π ψ π − div i π − ρ
π
[b
π
]
+ e π (ρψ ) + I π = ρ π G π (II.1.7)
In quest’ultima equazione compaiono due termini che esprimono uno l’interazione
meccanica Iπ fra le fasi π e l’altro la variazione di massa eπ della fase π dovuto al
cambiamento di stato,
Iπ =
1
ρ π dv α ≠ π da πα
e π (ρψ ) =
1
n πα ⋅ i da m
ρψ ( w − r ) ⋅ n πα da m
ρ π dv α ≠ π da πα
(II.1.8)
(II.1.9)
15
Capitolo II
II.2 Equazioni di bilancio macroscopiche
In questo paragrafo si derivano le equazioni di conservazione della massa, della
quantità di moto e del suo momento e l’equazione di bilancio di energia, a partire dalla
generale equazione di bilancio macroscopica (II.1.7) ricavata nel paragrafo precedente.
Si impongono le seguenti ipotesi a riguardo del mezzo poroso:
1. lo scheletro solido del mezzo multifase è deformabile;
2. tutte le fasi sono in contatto con lo scheletro solido;
3. i costituenti sono supposti immiscibili ad eccezione dell’aria secca e del vapore
acqueo e chimicamente non reagenti e sono indicati con l’apice (s) per lo scheletro
solido, (w) per la fase acquosa, (g) per la fase gassosa, costituita dalla miscela di gas
perfetti di aria secca (ga) e di vapore acqueo (gw);
4. si suppone esista equilibrio termodinamico fra le fasi presenti in un punto e in
altre parole che tutte le fasi presenti nell’intorno infinitesimo di un punto abbiano la
stessa temperatura;
5. sono possibili scambi di calore fra le fasi fra punti a temperatura diversa e flussi
d’acqua, vapore acqueo e aria secca. Si tiene quindi conto della conduzione e
convenzione di calore, della diffusione di vapore, dei flussi fluidi dovuti ai gradienti
di pressione ed agli effetti capillari e dei cambiamenti di fase per l’acqua
(evaporazione e condensazione) contenuta nei pori;
6. i costituenti sono comprimibili;
7. i costituenti sono non polari.
Si assume inoltre la convenzione che lo stato di tensione per lo scheletro solido è
positivo quando di trazione, mentre la pressione dei fluidi è positiva quando di
compressione.
Per lo sviluppo delle equazioni di bilancio macroscopiche è necessario la descrizione
della cinematica del mezzo multifase.
16
Meccanica dei mezzi porosi
II.2.1. Cinematica e deformazione del mezzo multifase
Com’è già stato introdotto, il mezzo multifase può essere descritto come la
sovrapposizione delle fasi π, cioè nella configurazione attuale ogni punto spaziale x è
simultaneamente occupato da punti materiali Xπ di tutte le fasi. Il moto di ciascun punto
è in ogni modo descritto indipendentemente.
Figura II.5. Configurazione iniziale e deformata per il mezzo multifase.
Come si può osservare dalla Fig. II.5, la posizione occupata dal generico punto P
nella configurazione deformata individuata dal vettore posizione xπ di coordinate (x1,
x2, x3) si ottiene a partire dalla sua posizione nella configurazione iniziale P0 individuata
dal vettore posizione Xπ di coordinate (X1, X2, X3) una volta noto il vettore spostamento
uπ
xπ = Xπ + uπ
(II.2.1)
In questa sede si considera che la configurazione iniziale e quella deformata abbiano
lo stesso sistema di riferimento, analogamente a quanto esposto per il classico continuo
monofase in (Malvern [58]); per la trattazione generale si vedano, ad esempio,
(Marsden-Hughes [39], Narasimhan [40], Truesdell & Noll [33]) e l’appendice dello
stesso (Malvern [58]).
Si è inoltre utilizzata la convenzione che indica in grassetto i tensori a partire dal
primo ordine (mentre gli scalari sono indicati in corsivo) e con lettera maiuscola le
17
Capitolo II
grandezze che si riferiscono alla configurazione di riferimento, con lettera minuscola le
grandezze che si riferiscono alla configurazione deformata (Truesdell & Noll [33]).
Due sono le descrizioni prevalentemente usate nella descrizione del moto nella
meccanica classica ovvero quella Lagrangiana e quella Euleriana. La prima è
prevalentemente usata nella meccanica dei solidi mentre la seconda in quella dei fluidi.
Nella descrizione del moto materiale o Lagrangiana la posizione di ciascun punto
materiale nella configurazione spaziale o aggiornata xπ al tempo t è funzione della sua
posizione nella configurazione di riferimento Xπ e del tempo t
xπ = xπ(Xπ,t) = xiπ(X1,X2,X3,t) = ϕt(Xπ) = ϕ (Xπ,t)
i=1,3
(II.2.2)
dove ϕ(X,t) è una funzione che descrive il movimento del corpo o trasformazione
della configurazione iniziale in quella deformata all’istante considerato t. Tale funzione
è continua e biettiva se e solo se lo jacobiano Jπ della trasformazione è non nullo. Si
ipotizza inoltre che tale funzione sia dotata di derivate parziali continue fino all’ordine
di derivazione richiesto e che lo jacobiano Jπ sia strettamente positivo al fine di
impedire la compenetrazione di materia di una stessa fase
∂x π
J = det π
∂X
π
(II.2.3)
Il gradiente materiale del moto di ciascuna fase è il tensore gradiente di
deformazione Fπ o gradiente materiale della posizione
∂x π ∂ϕ( X π )
=
F = Grad x =
∂X π
∂X π
π
π
(II.2.4)
che descrive il moto nell’intorno del punto Xπ. In forma differenziale si può, infatti,
scrivere
dxπ = Fπ dXπ oppure
18
dXπ = Fπ-1dxπ
(II.2.5)
Meccanica dei mezzi porosi
da cui si ottiene che il gradiente di deformazione Fπ (o il suo inverso) descrive la
deformazione di due punti a distanza infinitesima dX (o dx).
Dalla (II.4.4) si ricava che Jπ è anche il determinante del gradiente di deformazione
Fπ.
La descrizione Euleriana o spaziale del moto segue dalla invertibilità della relazione
(II.2.2)
Xπ = Xπ( x π,t)
(II.2.6)
e fornisce la posizione X di una particella che al tempo t occupa la posizione x. E’
definita dal gradiente spaziale della posizione (Fπ)-1;
(Fπ)-1= grad Xπ =
∂X π
∂x π
(II.2.7)
Noto il moto di ciascuna fase π (II.4.1) è possibile definire velocità ed
accelerazione nella descrizione materiale
∂x π ( X π , t )
V =
= G(Xπ,t)
∂t
π
Aπ =
∂ 2 x π ( X π , t ) ∂G ( X π , t )
=
∂t 2
∂t
(II.2.8a)
(II.2.8b)
calcolate tenendo Xπ fissato.
Nella descrizione spaziale velocità ed accelerazione sono ottenute introducendo la
(II.2.6) nelle due precedenti equazioni ed utilizzando la regola di derivazione di funzioni
composte ottenendo
vπ(xπ,t) = Vπ(Xπ,t) o ϕ-1(xπ,t) = g(xπ,t)
(II.2.9a)
19
Capitolo II
∂g ( x π , t )
a (x ,t) = A (X ,t) o ϕ (x ,t) =
∂t
π
π
π
π
-1
π
(II.2.9b)
in cui la lettera o indica la composizione di funzioni.
Queste relazioni sono state calcolate con xπ fissato e forniscono anche il legame fra
grandezze materiali e le corrispondenti spaziali. Si osservi che la stessa grandezza nelle
due descrizioni ha la stessa espressione solo se riferite alla stessa particella Xπ.
Nella descrizione meccanica dei mezzi multifase si usano entrambe le descrizioni qui
presentate vale a dire quella materiale per lo scheletro solido e quella spaziale per le fasi
fluide, con la particolarità che il moto delle fasi fluide è descritto relativamente a quello
della solida a sua volta in movimento. E’ quindi necessario introdurre il concetto di
derivata materiale di grandezze spaziali e quello di velocità ed accelerazione relativa.
L’introduzione della derivata materiale si rende inoltre necessario per poter scrivere
le leggi della dinamica, in cui compaiono l’accelerazione delle particelle Aπ = G(Xπ,t).
L’operatore derivata materiale permette, infatti, di calcolare la derivata rispetto al tempo
di una grandezza conosciuta solo nella sua descrizione spaziale, tenendo fissata la
coordinata materiale X.
A partire dalla velocità nella sua descrizione spaziale vπ(xπ,t) = g(xπ,t), si vuole allora
calcolare l’accelerazione nella descrizione materiale Aπ(Xπ,t). Osservato che vale
l’uguaglianza
vπ(xπ,t) = g(xπ,t) = g(xπ(Xπ,t),t) ≡ G(Xπ,t)
(II.2.10)
avendo fissato Xπ ed introdotto la (II.2.2), derivando rispetto al tempo
∂G
∂t
=
X
∂g
∂g ∂x
+
∂t x ∂x ∂t X
ed osservando che
20
∂x
= Vπ = G(Xπ,t) ≡ g(xπ(Xπ,t),t) = vπ, si ottiene
∂t X
(II.2.11)
Meccanica dei mezzi porosi
∂G
∂t
=
X
∂g
+ v ⋅ grad g
∂t x
(II.2.12)
o con altra simbologia
Dg ∂g
=
+ v ⋅ grad g
Dt
∂t x
(II.2.13)
A partire dalla velocità vπ(xπ,t) si ottiene l’accelerazione spaziale cercata
a=
Dv ∂v
=
+ v ⋅ grad v
Dt ∂t x
(II.2.14)
dove il primo termine a destra rappresenta la variazione locale della velocità
nell’intorno del punto x ed il secondo il termine convettivo. Il termine a sinistra è
l’accelerazione della particella partita da X passante per x al tempo t.
Più in generale la derivata temporale materiale di una funzione differenziabile fπ
(xπ,t) espressa nella descrizione spaziale e riferita alla fase π in movimento è data dalla
π
D f π ∂f π
=
+ v ⋅ grad f π
Dt
∂t
(II.2.15)
La derivata materiale rispetto ad una fase α a sua volta in movimento con velocità v α
è espressa dalla
α
D f π ∂f π
=
+ v α ⋅ grad f π
Dt
∂t
(II.2.16)
La differenza fra le due espressioni precedenti fornisce la relazione
21
Capitolo II
α
π
Dfπ Dfπ
=
+ v απ ⋅ grad f π
Dt
Dt
(II.2.17)
in cui il termine vαπ = vα - vπ è la velocità di diffusione (Hassanizadeh & Gray [23]).
Si introduce ora il concetto di velocità relativa o di diffusione delle fasi fluide (w) e
(g) rispetto a quella solida (s)
vws = vw - vs
vgs = vg - vs
(II.2.18)
e mediante l’uso del concetto di derivata materiale nel tempo si ricava l’espressione
dell’accelerazione relativa
a ws = a w − a s − v ws ⋅ grad v w
(II.2.19)
a gs = a g − a s − v gs ⋅ grad v w
(II.2.20)
Le equazioni che esprimono l’accelerazione dello scheletro solido (II.2.8b) e delle
fasi fluide (II.2.19, II.2.20) saranno utilizzate nel paragrafo (II.2.2) per descrivere i
termini di accelerazione che compaiono nelle equazioni di equilibrio alla traslazione per
ciascuna fase.
Nelle equazioni precedenti velocità ed accelerazione di ciascuna fase π sono da
intendersi valori medi come risulta dalla
x π (x , t ) = r π (x , t ) = v π =
1
dv ρ
ρ(r , t ) r (r , t ) γ π (r , t ) dv m
π dv
ottenuta applicando i principi di averaging (Lewis & Schrefler [16]).
22
(II.2.21)
Meccanica dei mezzi porosi
Deformazione del mezzo multifase
Si introduce ora un’altra importante osservazione e cioè che il processo di
deformazione del mezzo multifase sia associato a quello dello scheletro solido.
Considerando la cinematica finita, tre fra i possibili approcci per i mezzi multifase sono:
1. quello seguito da Meroi et al. [41];
2. quello sviluppato da Simo & Meschke [42];
3. quello indicato da Molekamp & Choobbasti [43] a partire dalla decomposizione
polare di Fs.
Nel primo approccio il processo di deformazione è descritto dal tensore gradiente di
velocità Ls
Ls = grad vs = Ds + Ws
(II.2.22)
dove la sua parte simmetrica Ds è nota come rateo del tensore euleriano di
deformazione e la parte antisimmetrica Ws è il tensore di rotazione; nel secondo tutto il
processo di deformazione è legato direttamente al gradiente di deformazione dello
scheletro solido Fs.
Si osserva che il gradiente di deformazione Fs è la grandezza fondamentale per la
descrizione della meccanica del continuo e dalla sua conoscenza si ricavano tutte le
misure di deformazione e di tensione collegate ad un punto di materia o ad un suo
intorno. Questa osservazione si può giustificare in modo molto semplice calcolando la
distanza dx fra due punti P e Q (Fig. II.5). Nella parte rimanente del paragrafo si
ometterà l’indicazione dell’apice s.
Indicato infatti con dX il vettore posizione di un punto Q0 appartenente all’intorno di
P0, il quadrato della distanza dX fra i due punti è dato dalla relazione
(dX)2 = dXT dX = dxT (F-T F-1) dx,
essendo dX = F-1 dx
(II.2.23)
in cui è espresso in funzione di F, che definisce il tensore della variazione di
posizione di Cauchy o inverso del tensore sinistro di Cauchy-Green F-T F-1 = b-1
(Truesdell & Noll [33]). Analogamente, il quadrato della distanza dx fra i punti P e Q
23
Capitolo II
(corrispondenti dei punti P0 e Q0 nella configurazione deformata) è dato
dell’espressione
(dx)2 = dxT dx = dXT (FT F) dX
(II.2.24)
e risulta espresso ancora in funzione di F, che definisce il tensore della variazione
della posizione di Green o tensore destro di Cauchy-Green FT F = C.
Questi tensori sono utilizzati entrambi come misure di deformazione nello studio di
corpi in deformazioni elasto-plastiche finite (Simo [44], Miehe & Stein [45]).
La differenza (dx)2 - (dX)2 è assunta come misura fondamentale della deformazione
che si ha nell’intorno delle due particelle, quando il continuo passa dalla configurazione
iniziale a quella deformata, e può essere espressa come
(dx)2 - (dX)2 = 2 dXT LT dX = 2 dxT e dx ,
(II.2.25)
dove si è introdotto il tensore Lagrangiano di deformazione finita o di Green L = 1/2
T
(F F - I) = 1/2 (C - I) e quello Euleriano di def. finita o di Almansi e = 1/2 (I - F-T F-1)
= 1/2 (I - b-1).
Introdotti il gradiente materiale e spaziale dello spostamento, è possibile esprimere
queste misure di deformazione finita in funzione di tali gradienti, ovvero
1
L=
2
du
du
+
dX
dX
1
e=
2
du
du
+
dx
dx
T
T
du
+
dX
du
−
dx
T
T
du
dX
du
dx
(II.2.26)
(II.2.27)
Si osserva che questa è la definizione completa dei tensori di deformazione finita e
non la loro approssimazione al secondo ordine (Malvern [58]).
24
Meccanica dei mezzi porosi
Nell’ipotesi che sia possibile considerare i gradienti di spostamento piccoli rispetto
l’unità, si può trascurare la parte quadratica delle misure di deformazione finita,
ottenendo le misure di deformazione associate alle piccole deformazioni
1
L=
2
du
du
+
dX
dX
1
e=
2
du
du
+
dx
dx
T
(II.2.28)
T
(II.2.29)
Se anche gli spostamenti sono piccoli (ma si dimostra che, se il gradiente è piccolo,
integrando si hanno comunque spostamenti piccoli), è possibile allora trascurare la
differenza fra la configurazione deformata e quella iniziale x π → X π e le due misure di
deformazione coincidono, dando origine al tensore delle deformazioni infinitesime
prevalentemente usato in ingegneria
ε=
1
2
du
du
+
dX
dX
T
(II.2.30)
25
Capitolo II
II.2.2. Equazioni di conservazione della massa
Introdotta la frazione di volume ηπ per ciascuna fase in funzione della porosità
n=
dv w + dv g
dv
e del grado di saturazione
Sw =
dv w
dv w + dv g
Sg =
dv g
dv w + dv g
dell’acqua o della fase gassosa
sono valide le seguenti relazioni
ηs = 1 − n ηw = nS w
ηg = n S g
che soddisfano alla condizione Sw + Sg = 1.
Figura II.6. Relazioni tra fasi. Elemento nel suo assetto naturale (a),
e sua rappresentazione mediante schema a fasi concentrate (b)
Le equazioni di conservazione della massa sono:
per la fase solida
D[(1 − n )ρs ]
+ ρs (1 − n ) div v s = 0
Dt
s
26
(II.2.31)
Meccanica dei mezzi porosi
Questa equazione si ricava a partire dalla generale equazione di bilancio
macroscopica (II.3.4) introducendovi i valori
ψ s = 1, i s = 0, b s = 0, Is = 0, G s = 0
ottenendo
∂ρs
+ div ( ρs v s ) = ρs es (ρ) ,
∂t
(II.2.32)
in cui le quantità contenute sono valori mediati utilizzando le procedure indicate al
paragrafo (II.1.1). In particolare ρs rappresenta la densità mediata della fase solida e v s
la velocità della fase solida mediata sulla massa.
Esprimendo la derivata materiale della densità ρs
s
D ρs ∂ρs
=
+ grad ρs ⋅ v s
∂t
Dt
(II.2.33)
e sostituendola nella precedente (II.4.32), si ottiene
s
D ρs
+ ρs div v s = 0
Dt
(II.2.34)
Considerando l’identità
div( ρs v s ) = ρs div v s + grad ρs ⋅ v s
(II.2.35)
e introducendo la densità media intrinseca ρs = ηsρs = (1 - n)ρs si ottiene la (II.2.31).
27
Capitolo II
Fase liquida (acqua)
w
Dρ w
+ ρ w div v w = ρ w e w (ρ)
Dt
(II.2.36)
dove il termine a destra rappresenta la quantità di acqua evaporata nell’unità di
tempo e di volume, definita anche come:
ρ w e w (ρ) = − m
(II.2.37)
Fase gassosa, costituita dal vapore d’acqua (gw) e dall’aria secca (ga)
Pur essendo le specie miscibili, si riportano le equazioni separatamente per la fase
gassosa e per il vapore d’acqua, che sono rispettivamente:
g
D( nS gρ g )
Dt
+ nSg ρg div v g = m
(II.2.38)
g
D( nS g ρ gw )
Dt
gw
g
+ divJ gw
g + nS g ρ div v = m
(II.2.39)
gw gw
dove il termine J gw
è il flusso di massa della componente vapore
g = nSg ρ u
d’acqua.
Queste equazioni si ottengono in modo analogo a quella della fase solida, a partire
cioè dalle equazioni macroscopiche per le due componenti distinte (aria secca ga e
vapore acqueo gw)
(
∂ nSgρga
(
∂t
) + div ( nS ρ
∂ nSgρgw
28
∂t
ga
g
) + div ( nS ρ
g
)
v ga = 0
(II.2.40)
)
(II.2.41)
gw
v gw = nSgρgw egw (ρ) = m
Meccanica dei mezzi porosi
ed introducendovi la densità intrinseca e la derivata temporale materiale.
L’equazione di tutta la fase gassosa si può ottenere sommando le equazioni di
ciascuna componente, tenendo conto che esse hanno la stessa frazione di volume nSg
perché miscibili.
II.2.3. Equazioni di conservazione della quantità di moto
Fase solida
div t s + ρs ( g s − a s ) + ρs t s = 0
(II.2.42)
Fasi fluide
(
)
[
]
div t π + ρ π g π − a π + ρ π e π (ρr ) + t π = 0
(II.2.43)
in cui i termini
gπ =
∂v π
1
+ grad v π ⋅ v π
ρgγ π dv m a π = v π =
∂t
ρ π dv dv
(II.2.44)
rappresentano rispettivamente le forze di volume e l’accelerazione della fase π
sempre in senso medio
L’interazione meccanica della fase π rispetto alle fasi α è rappresentata dal termine
Iπ = tπ =
πα
1 k
t m ⋅ n da m
ρπ dv α ≠ π da πα
(II.2.45)
29
Capitolo II
II.2.4. Equazione di conservazione del momento della quantità di moto
Procedendo in modo analogo a quanto fatto per ricavare le altre equazioni di bilancio
ed introducendovi l’ipotesi iniziale di mezzo multifase non polare, si ricava la simmetria
del tensore di tensione
tπ = (tπ)T
(II.2.46)
II.2.5. Equazione di bilancio dell’energia
π
D Eπ
ρπ
= t π : D π + ρ π h π − div ~
q π + ρπ R π
Dt
(II.2.47)
dove
[ ( )
ρ π R π = ρπ eπ ρE − e π (ρ) E π + Q π
]
(II.2.48)
La (2.4.48) è soggetta alla
π
( )
( )
1
~
ρπ e π ρE + e π ρ r ⋅ v π + e π (ρ) v π ⋅ v π + t π ⋅ v π + Q π = 0
2
(II.2.49)
II.2.6. Disuguaglianza di Clausius-Duhem
L’equazione di bilancio dell’entropia fu introdotta da Coleman & Noll [46] per
derivare legami costitutivi consistenti con la termodinamica ovvero che non violino la
seconda legge della termodinamica.
Si ottiene a partire dalla relazione valida a livello microscopico , facendo uso
dell’equazione di conservazione della massa di ciascun costituente. Ricavate le variabili
generali macroscopiche in senso medio e cioè l’entropia specifica media per ciascun
costituente λπ e la densità di entropia fornita da cambi di fase e da interazioni di tipo
meccaniche, si ottiene la disuguaglianza relativa alla produzione di entropia per il
mezzo multifase
30
Meccanica dei mezzi porosi
π
π
D λπ
1
1
ρπ
+ ρπ e π (ρ) λπ + div π q π − π ρπ h π ≥ 0
Dt
θ
θ
dove λπ =
temperatura e
(II.2.50)
1
ρλγ π dv m è l’entropia media, qπ il flusso di entropia per unità di
ρπ dv dv
hπ
rappresenta la sorgente di entropia di ciascuna fase.
θπ
31
Capitolo II
II.3 Equazioni costitutive
Le equazioni costitutive per tutte le fasi presenti sono necessarie per essere introdotte
nelle equazioni di bilancio macroscopiche precedentemente elencate, in modo da
ottenere quelle equazioni nella forma adatta ad essere risolte per via numerica col
metodo degli elementi finiti.Si sviluppano dei modelli costitutivi basati su quantità
misurabili in prove di laboratorio o in sito e che sono state convalidate da prove
sperimentali. Come indicato da Lewis & Schrefler [16], le equazioni precedentemente
presentate permettono l’introduzione di modelli costitutivi ben più elaborati di quelli
che vengono utilizzati in questa sede e che sono coerenti con l’approccio termodinamico
proposto da Coleman & Noll [46], come quelli sviluppato, ad es., da Gray &
Hassanizadeh [21-22] per quanto riguarda il flusso multifase o da Ehlers [47] a riguardo
di modelli a gradiente del secondo ordine per la fase solida.
II.3.1. Equazioni costitutive delle fasi fluide
Tensore delle tensioni nelle fasi fluide
Si introduce un tensore delle tensioni idrostatico per le fasi fluide tπ applicando la
disuguaglianza
dell’entropia
(II.2.50)
per
materiali
comprimibili,
ottenendo
(Hassanizadeh & Gray [22], Gray & Hassanizadeh [48])
t π = −η π p π I
(II.3.1)
dove I è il tensore identità del secondo ordine e pπ è la pressione della fase π.
La presenza della frazione di volume indica che tale tensore di tensione agisce sulla
fase fluida π per unità di area di mezzo multifase; peraltro, per una distribuzione
isotropa delle fasi, gli operatori di media su area e volume coincidono (si veda la legge
di Delesse).
Fase gassosa: aria secca (ga) e vapore d’acqua (gw). Equazione di stato dei gas
perfetti
Si assume che l’aria secca ed il vapore acqueo costituiscano una miscela di gas
perfetti. E’ quindi valida l’equazione di stato dei gas perfetti applicata all’aria secca
32
Meccanica dei mezzi porosi
(ga), al vapore d’acqua (gw) e alla miscela dei due (g); essa esprime il legame fra la
pressione, la densità e la temperatura assoluta di ciascun gas e della miscela
p ga = ρga θR / M a
p gw = ρgw θR / M w
p g = ρgθR / M g
(II.3.2)
dove Mπ è la massa molare del costituente π ed R è la costante universale dei gas.
Nella (II.3.2c) compare il valore della pressione e della densità della miscela dei due
gas perfetti, espressa dall’equazione di Dalton
p g = p ga + p gw ρg = ρ ga + ρ gw
(II.3.3)
da cui deriva la massa molare della miscela Mg indicata nella (2.5.2c)
ρgw 1
ρga 1
Mg =
+
ρg M w ρg M a
−1
(II.3.4)
Equazione di equilibrio delle pressioni fluide in parziale saturazione
In condizione di parziale saturazione è noto essere presente nei pori del mezzo
poroso acqua in equilibrio con la sua fase di vapore, miscelata o meno con aria secca.
Un menisco concavo a causa della tensione superficiale separa la fase liquida da quella
aeriforme. La superficie libera dell’acqua si comporta allora come una membrana tesa
in grado di resistere ad una tensione superficiale T.
Fig. II.7. Angolo di contatto fra la fase solida e quella liquida
all’interno dei vuoti di un mezzo poroso parzialmente saturo.
33
Capitolo II
Tale tensione, combinata con l’adesione del liquido alle superfici con cui è in
contatto, genera il fenomeno di capillarità, ossia la risalita dell’acqua al di sopra della
superficie libera, caratterizzato dalla presenza di tensioni di trazione per l’acqua
(pressione capillare pc).
Questo fenomeno si può studiare in prima approssimazione considerando un tubo
capillare (Fig. II.8).
Fig. II.8. Menisco all’interno di un tubo capillare.
Imponendo l’equilibrio alla traslazione verticale alla base del tubo capillare
πR 2ρw g h c = 2π R T cos θ
(II.3.5)
si ottiene un’altezza di risalita capillare hc pari a (supponendo cosθ = 0.5)
hc =
T
ρ gR
w
(II.3.6)
in cui R è il raggio del tubo capillare. La massima altezza di risalita hc è governata
dal diametro del tubo quando questo è decisamente piccolo. In un tubo grosso invece,
quando la pressione negativa dell’acqua raggiunge la pressione di vapore, si hanno
fenomeni di cavitazione.
Nota la pressione di vapore saturo o di cavitazione (2,339 kPa) e la tensione
superficiale T (7,427 N/m) a temperatura ambiente (20° C), utilizzando la (II.3.5) si può
34
Meccanica dei mezzi porosi
calcolare il diametro 2R del tubo capillare tale per cui si ha cavitazione. Si ottiene un
valore pari a 3µm (Lancellotta [49]), confrontabile con quello del diametro medio dei
pori di sabbie dense. In tali sabbie è stato osservato questo fenomeno durante prove
biassiali di compressione in condizioni non drenate (Mokni [50]).
Se il diametro del tubo equivalente è inferiore a tale valore non possono verificarsi
fenomeni di cavitazione, in quanto la tensione superficiale risulta troppo elevata e non
consente la formazione di bolle.
L’equilibrio fra le pressioni fluide nelle zone parzialmente sature definisce la
pressione capillare pc come la differenza fra la pressione del gas pg e la pressione
dell’acqua pw
pc = pg − pw
(II.3.7)
Si osserva fin d’ora che questa relazione esprime l’equilibrio fra due quantità
indipendenti e cioè la pressione capillare e la differenza fra la pressione della fase
gassosa e quella liquida.
Le pressioni capillari sono importanti e devono essere considerate nella modellazione
dei mezzi multifase parzialmente saturi perché inducono in essi una sorta di coesione
apparente, fornendo allo scheletro solido una certa resistenza a trazione a causa della
presenza del menisco. L’aggettivo apparente usato per definire tale coesione dipende dal
fatto che essa non è un contributo stabile alla resistenza, ma scompare non appena il
terreno ritorna saturo.
Legge di Kelvin-Laplace e di Clausius-Clapeyron
Il rapporto fra la pressione del vapore d’acqua ad una certa temperatura e la
pressione dello stesso in condizione di saturazione (definito anche umidità relativa
R.H.) è definito dalla legge di Kelvin-Laplace
p gw
pc M w
R. H. = gws = exp w
p
ρ Rθ
(II.3.8)
35
Capitolo II
dove la pressione del vapore in condizione di totale saturazione pgws è dipendente
solo dalla sua temperatura assoluta θ ed è espresso dalla legge di Clausius-Clapeyron
p gws = p gws (θ ) = p gwso exp −
M w ∆H gw 1 1
−
R
θ θo
(II.3.9)
in cui θo è la temperatura di riferimento, pgws la pressione di vapore saturo alla
temperatura θ, pgwso è la pressione di vapore saturo alla temperatura di riferimento e
∆Hgw è l’entalpia specifica di evaporazione. Questa equazione è ottenuta direttamente
dalla seconda legge della termodinamica ed è valida per valori di temperatura vicini a
quella di riferimento θo. In alternativa all’uso di tale equazione si possono utilizzare
delle correlazioni empiriche, come indicato ad es. nel manuale ASHRAE [51].
Problema della distribuzione dei pori: relazione fra pressione capillare e grado di
saturazione
Come emerge chiaramente nella (II.3.5) e nella (II.3.8), il problema è conoscere la
distribuzione dei pori all’interno del mezzo multifase, da cui dipende il valore della
pressione capillare pc, in funzione del contenuto d’acqua o del grado di saturazione.
Tale relazione è di difficile determinazione in quanto i mezzi porosi sono dei corpi
tridimensionali contenenti una rete di canali a geometria variabile a causa di complessi
fenomeni d’interazione solido-fluido (si veda (Lewis & Schrefler [16]) per una analisi
del problema). La distribuzione dei vuoti può essere ricavata sperimentalmente,
ottenendo una relazione valida in senso medio del tipo
Sπ = Sπ ( p c , T )
(II.3.10)
Equazione di stato per l’acqua
Sviluppando l’equazione di conservazione della massa d’acqua in forma differenziale
D(ρ w V w )
=0
Dt
w
36
(II.3.11)
Meccanica dei mezzi porosi
e, tenendo conto della dipendenza della densità dalla pressione e dalla temperatura
ρw = ρw(pw,T), si ottiene
w
w
w
1 D ρw
1 D pw
DT
=
− βw
wo
ρ
Dt
K w Dt
Dt
(II.3.12)
in cui βw è il coefficiente di espansione termica e Kw il modulo volumetrico
dell’acqua, inverso del coefficiente di compressibilità Cw; per ricavare la precedente
sono state utilizzate le relazioni costitutive elastiche
1 ∂ρ w
1
wo
w =
ρ ∂p
Kw
1 ∂ρ w
= −β w
ρ wo ∂T
(II.3.13)
Legge di Darcy
Tale legge, ottenuta in origine per via sperimentale, definisce la velocità media di un
fluido relativamente allo scheletro solido in funzione del gradiente di pressione. Si tratta
quindi di una legge che ha il significato di una rappresentazione statistica delle
condizioni di flusso nei mezzi multifase.
Per gli scopi della presente tesi tale legge verrà ricavata a partire dalla equazione di
continuità della generica fase fluida, in modo da tenere conto anche degli effetti
dinamici (paragrafo II.4.2).
Legge di Fick
Permette di definire la diffusione di una fase fluida in un’altra; in particolare la
diffusione della fase π nella fase α (w, g) si esprime come
J απ = −ρα Dαπ grad
ρπ
ρα
(II.3.14)
37
Capitolo II
dove il termine D απ è il tensore di dispersione funzione del fattore di tortuosità e
collegato alla velocità di filtrazione.
In particolare, se la fase diffondente in quella gassosa è il vapore acqueo gw o l’aria
secca ga, introducendo la relazione fra le densità dei fluidi costituenti la fase gassosa
ρg = ρga + ρgw e l’equazione di stato dei gas, si ottiene
g
J ga
g = −ρ
MaM w
p ga
D
grad
=
g
M 2g
pg
(II.3.15)
p gw
g MaM w
=ρ
D g grad g = − J gw
g
M 2g
p
II.3.2. Tensori delle tensioni nello scheletro solido e delle tensioni totali
Il tensore delle tensioni nello scheletro solido si può ottenere a partire ancora dalla
disuguaglianza dell’entropia, come in (Gray & Hassanizadeh [48]), in funzione del
tensore delle tensioni t se e della pressione dei fluidi agenti sulla fase solida ps (Lewis &
Schrefler [16])
t s = (1 − n )( tse − Ips )
(II.3.16)
dove ps = pw Sw + pg Sg . Ricordando la relazione esistente fra la frazione di volume
del solido e la porosità ηs = 1 − n , si ricava che il tensore di tensione agisce sulla fase
solida per area unitaria di mezzo multifase. La somma delle tensioni agenti su ciascuna
fase presente definisce il tensore delle tensioni totali σ
[
(
)]
σ = t s + t w + t g = (1 − n ) t se − I Sw p w + Sg p g − I( ηw p w + ηg p g ) (II.3.17)
dove il termine
σ ′ = (1 − n )t se
rappresenta il tensore delle tensioni effettive.
38
(II.3.18)
Meccanica dei mezzi porosi
Introducendo nella (II.3.17) la relazione fra la frazione di volume e la porosità per le
fasi fluide
ηw = nS w
ηg = n S g ,
si ottiene la nota equazione della meccanica dei suoli per un mezzo poroso in
condizione di parziale saturazione scritta in termini di tensione totale σ
(
σ = σ ′ − I S w p w + Sg p g
)
(II.3.19)
)
(II.3.20)
o di tensione efficace σ’
(
σ ′ = σ + I Sw p w + Sg p g .
In condizione di totale saturazione solo la fase liquida è presente poiché Sw = 1 e Sg =
0 e si ritrova il principio delle tensioni efficaci di Terzaghi [52], che è di fondamentale
importanza nella descrizione della meccanica dei suoli e cioè
σ ′ = σ + Ip w .
(II.3.21)
La più generale equazione (II.3.20) fu ottenuta da Bishop [53] usando un approccio
di tipo fenomenologico.
La variazione del tensore delle tensioni efficaci σ′ è causa delle deformazioni dello
scheletro solido; il legame fra rateo delle tensioni efficaci e rateo delle deformazioni Ds
è descritto dal legame costitutivo per lo scheletro solido
Dσ'
= D T ( Ds − Dso )
Dt
[
]
(II.3.22)
39
Capitolo II
tramite il tensore del quarto ordine DT; Dso rappresenta il rateo di deformazione non
direttamente associato a variazioni di tensione.
In tutta generalità il tensore costitutivo DT dipende dalla storia dello stato di tensione
e di deformazione, dalla pressione capillare e dalla temperatura
D T = D T (D s , σ ' , p c , T)
(II.3.23)
I modelli costitutivi utilizzati in questa tesi sono descritti nel seguito.
Compressibilità del grano solido
Quando risulta necessario non trascurare la compressibilità del grano solido si deve
introdurre una relazione che consideri la sua variazione di densità, imponendo la
conservazione della massa nel tempo tramite la
D(ρs V s )
=0
Dt
s
(II.3.24)
Assumendo la densità solida funzione del tensore delle tensioni agenti sul grano
solido e cioè dalla pressione ps esercitata dai fluidi, dal primo invariante del tensore
delle tensioni effettive tr σ’ e dalla temperatura T
ρs = ρs (ps, tr σ‘, T).
(II.3.25)
Effettuando la derivata materiale e dividendo per la densità solida ρs, si ottiene la
relazione
s
s
s
1 D ρs
1
1 D ps
DT
(
)
=
α
−
n
− βs ( α − n )
− (1 − α) div v s
s
ρ Dt
1− n
K s Dt
Dt
in cui è stata introdotta la costante di Biot α (Biot & Willis [54])
40
(II.3.26)
Meccanica dei mezzi porosi
α = 1−
KT
Ks
(II.3.27)
KT è il modulo di deformazione volumetrica dello scheletro solido, Ks quello di
deformazione volumetrica del grano solido e βs è il coefficiente di dilatazione termica.
Per i suoli si usa porre solitamente α = 1 mentre è stato sperimentalmente osservato
che l’equazione (II.3.26) è importante per le rocce e i calcestruzzi (Xie [55]).
II.3.3. Legge di Fourier
Tale legge è necessaria per esprimere il flusso ~
q di calore nel mezzo multifase
~ = −χ
q
χ eff grad T
(II.3.28)
dove χeff è il tensore di conduttività termica effettiva, che diventa un termine scalare
nel caso di mezzo isotropo.
II.3.4. Permeabilità relativa e grado di saturazione
A completamento del modello costitutivo è necessario introdurre il legame fra la
permeabilità relativa della fase liquida e quella gassosa in funzione del grado di
saturazione,
krw = krw (Sw)
krg = krg (Sg)
(II.3.29)
al fine di poter considerare la variazione della permeabilità nelle zone parzialmente
sature sperimentalmente osservata (Corey [56]). Tali relazioni saranno usate nel
paragrafo (II.6.2).
41
Capitolo II
II.4 Equazioni generali
Per ottenere le equazioni differenziali che descrivono il comportamento termo-idromeccanico del mezzo multifase nella forma utile ad essere risolte numericamente
mediante discretizzazione nello spazio e nel tempo (metodo degli elementi finiti), si
devono introdurre le relazioni cinematiche e costitutive, ricavate rispettivamente ai
paragrafi (II.2.1.) e (II.3.), nelle equazioni macroscopiche presentate nel paragrafo
(II.3.). Le equazioni ottenute hanno la seguente forma.
II.4.1. Equazione di conservazione della massa solida e di continuità delle fasi fluide
Fase solida
L’equazione di conservazione della massa solida è ottenuta a partire dall’equazione
macroscopica (II.2.31) divisa per la densità intrinseca media della fase solida ρs,
ottenendo
s
s
1 − n D ρs D n
−
+ (1 − n ) div v s = 0
s
ρ Dt
Dt
(II.4.1)
Fase liquida (acqua)
L’equazione di continuità della fase liquida si ottiene a partire dall’eq. (II.2.36),
introducendovi la definizione di velocità relativa (II.2.18), la derivata materiale nel
tempo rispetto al solido (II.2.17) e la densità media intrinseca ρw (ρw = nSwρw).
Dividendo per il termine Swρw e sommandovi l’equazione di conservazione della massa
s
Dn
solida (II.4.1), per eliminare la derivata materiale temporale della porosità
, si
Dt
ottiene
s
s
s
1 − n D ρs
n D ρw n DSw
1
1
s
+ div v + w
+
+ w div( nSwρ w v ws ) = − w m (II.4.2)
s
ρ Dt
ρ Dt
Sw Dt
ρ Sw
ρ Sw
42
Meccanica dei mezzi porosi
Introducendovi l’equazione di conservazione della massa solida (II.3.26) e dell’acqua
(II.3.12) e la relazione che esprime la pressione esercitata dai fluidi sulla fase solida
(ps = pw Sw + pg Sg), allo scopo di eliminare le derivate materiali temporali della densità
solida e liquida, si ottiene l’equazione di continuità della fase liquida
s
s
s
α − n 2 nS w D p w α − n
D pg
DT
Sw +
+
S wSg
+ αS w div v s − β sw
+
Ks
Kw
Dt
Ks
Dt
Dt
s
(II.4.3)
DS w
α−n w
α−n g
1
1
+
p Sw −
p Sw + n
+ w div ( nS w ρ w v ws ) = − w m
Ks
Ks
Dt
ρ
ρ
in cui le variabili indipendenti sono la pressione dell’acqua pw, del gas pg e la
temperatura T.
Il coefficiente βsw è funzione dei coefficienti di dilatazione termica della fase solida e
dell’acqua
β sw = Sw [( α − n )βs + nβ w ]
(II.4.4)
Nel caso particolare di grano solido non comprimibile, la precedente si semplifica
ponendo il coefficiente di Biot α = 1 ed il modulo di deformazione volumetrico
1
= 0.
Ks
Fase gassosa
Operando in modo del tutto analogo a quanto fatto per la fase liquida, a partire
dall’equazione macroscopica per la fase gassosa (II.2.38), si ottiene la seguente
equazione
43
Capitolo II
s
1 ga
D
p M a + p gw M w )
(
nS
α−n
Dp
α − n 2 Dp
θR
g
SwSg
+
Sg
+ αS g div v s + g
+
Ks
Dt
Kg
Dt
ρ
Dt
s
s
w
s
g
(
s
)
DS w 1
α−n c
DT 1
−
p Sg + n
+ g div nS g ρ g v gs − β s ( α − n )S g
=
m
Ks
Dt
ρ
Dt ρ g
(II.4.5)
in cui le variabili indipendenti sono ancora la pressione dell’acqua pw, del gas pg e la
temperatura T.
Nel caso particolare di grano solido non comprimibile, la precedente si semplifica
ponendo il coefficiente di Biot α = 1 ed il modulo di deformazione volumetrico
1
= 0.
Ks
Talvolta, al fine di sviluppare studi specifici (comportamento di sabbie sature non
drenate), può convenire separare dalla fase gassosa il vapore acqueo, ricavando le
equazioni di continuità separatamente per l’aria secca e per le specie acquose, costituite
dall’acqua e dal suo vapore. Con queste equazioni, Gawin et al. [57] hanno studiato il
trasporto di calore in mezzi porosi parzialmente saturi.
Fase gassosa: aria secca
L’equazione di continuità per l’aria secca si ricava a partire dall’equazione di
continuità macroscopica (II.4.40), operando in modo del tutto analogo a quanto fatto per
ricavare l’equazione di tutta la fase gassosa (II.6.5) e cioè introducendovi la derivata
temporale materiale rispetto lo scheletro solido (II.4.17) e la velocità relativa (II.4.18),
ottenendo
g
D( nS g ρ ga )
Dt
ga
g
+ divJ ga
g + nS g ρ div v = 0
(II.4.6)
Dividendo quanto ottenuto per il termine ρga Sg, sommandovi l’equazione di
continuità della fase solida (II.4.1), l’equazione di conservazione della massa solida
44
Meccanica dei mezzi porosi
(II.3.26) e la relazione che esprime la pressione esercitata dai fluidi sul solido (ps = pw
Sw + pg Sg), si ottiene
s
s
s
nS g D ρ ga
α−n
D p w α − n 2 D p ga
1
s
SwS g
+
Sg
+ αS g div v + ga
+ ga div J ga
g +
Ks
Dt
K ga
Dt
ρ
Dt
ρ
s
−
(
s
)
(II.4.7)
DS w
α−n c
1
DT
p Sg + n
+ ga div nS g ρ ga v gs − β s ( α − n )S g
=0
Ks
Dt
ρ
Dt
dove il termine diffusivo J ga
g è dato dalla legge di Fick (II.3.14).
La precedente si può semplificare nel caso si possa considerare il grano solido non
comprimibile ponendo i coefficiente di Biot α = 1 ed il modulo di deformazione
volumetrico Ks = ∞.
Fase acquosa: acqua e vapore acqueo
Similmente a quanto fatto per ricavare la precedente equazione di continuità per
l’aria secca (II.4.7), si determina l’equazione per la sola fase di vapore
s
s
s
nS g D ρ gw
α−n
D p w α − n 2 D p gw
1
s
+
+ αS g div v + gw
+ gw div J gw
SwS g
Sg
g +
Ks
ρ
ρ
Dt
K gw
Dt
Dt
s
(
)
s
DS w
α−n c
DT m
1
−
+ gw div nS g ρ gw v gs − β s ( α − n )S g
=
p Sg + n
ρ
Ks
Dt
Dt ρ gw
(II.4.8)
L’equazione di continuità delle specie acquose si ottiene moltiplicando la (II.4.8) per
la densità del vapore ρgw, sommandovi l’equazione di continuità dell’acqua (II.4.3) e
moltiplicando quanto ottenuto per la densità dell’acqua ρw, in modo da eliminare il
termine m che esprime la quantità di acqua o di vapore che cambia di fase per unità di
volume e nell’unità di tempo. Si ottiene
45
Capitolo II
s
ρw
s
+ ρ gw
+ ρ
s
α − n 2 nS w
α−n
D pw
α−n
D p gw
Sw +
+ ρ gw
SwS g
+ ρw
SwSg
+
Ks
Kw
Ks
Dt
Ks
Dt
w
[
]
[
]
s
α − n 2 D p gw
DT
+ ρ w S w + ρ gw S g α div v s − ρ w β sw + ρ gw β s (α − n )S g
+
Sg
K gw
Dt
Dt
α−n w
α−n g
α−n c
p Sw −
p S w + n − ρ gw
p Sg + n
Ks
Ks
Ks
s
s
DS w
+
Dt
D ρ gw
w ws
+ nS g
+ div J gw
+ div nS g ρ gw v gws = 0
)
g + div ( nS w ρ v
Dt
(
)
(II.4.9)
Questa equazione di continuità può essere ulteriormente trasformata introducendovi
l’equazione di Darcy generalizzata, qualora si voglia tenere in considerazione i
fenomeni dinamici (II.4.11).
II.4.2. Equazioni di conservazione della quantità di moto
Fasi fluide
L’equazione di conservazione della quantità di moto delle fasi fluide (II.3.43),
ricavata al paragrafo (II.2.3), viene ora modificata introducendovi delle relazioni
cinematiche e costitutive. In particolare si introducono la relazione fra la velocità
relativa di ciascuna fase rispetto allo scheletro solido (II.2.18), la definizione di
accelerazione di ciascuna fase π (II.2.19-20), quella di tensore delle tensioni di ciascuna
fase fluida (II.3.1) e la definizione di densità di fase media intrinseca, ottenendo
l’equazione di equilibrio della generica fase π:
− η π ρ π ( a s + a πs + v πs ⋅ grad v π ) − div ( η π p π I)
+ η π p π e π (ρr ) + η π p π g − R π η π v πs = 0
(II.4.10)
e, trascurando il termine dipendente dal gradiente della velocità della fase π e dal
cambiamento di fase, si ottiene
46
Meccanica dei mezzi porosi
[
]
ηπ v πs = ( R π ) ηπ − grad p π + ρ π (g − a s − a πs ) .
−1
(II.4.11)
Introducendo ora l’espressione data dal rapporto fra la permeabilità intrinseca o
conducibilità idraulica k e la viscosità cinematica µ (Lewis & Schrefler [16])
(R )
π −1
ηπ =
k π π
(ρ , η ,T)
µ
(II.4.12)
e la relazione che esprime il tensore di permeabilità come prodotto della permeabilità
relativa krπ e di quella intrinseca k, necessaria per tenere conto della sua variazione in
presenza di altri fluidi e della eventuale condizione di parziale saturazione
k π = k rπ k ,
(II.4.13)
si ottiene la legge di Darcy generalizzata valida in campo dinamico
kk r π
η v =
− grad p π + ρπ (g − a s − a πs ) . (II.4.14)
µ
π
πs
[
]
Si sottolinea che il tensore di permeabilità intrinseca kπ dipende in generale dalla
variazione della deformazione volumetrica dello scheletro solido o dalla variazione
dell’indice dei vuoti, da effetti capillari e dall’interazione fra le fasi fluide presenti. In
molte situazioni può essere sufficientemente approssimato dalla sola dipendenza dal
grado di saturazione come indicato nella (II.3.29).
Si può ancora osservare che l’equazione (II.4.14) ingloba effetti di viscosità ed attrito
interno, permettendo di trattare il moto di filtrazione senza dover tenere conto in modo
esplicito di tali effetti. In questo senso si può considerare la legge di Darcy come una
rappresentazione statisticamente equivalente della legge di Navier-Stokes (Lancellotta
[49]).
47
Capitolo II
Fase solida
L’equazione di conservazione della quantità di moto della fase solida è necessaria
per ricavare quella valida per tutto il mezzo multifase. Si determina a partire
dall’equazione di conservazione (II.2.42), introducendovi le relazioni costitutive che
definiscono il tensore delle tensioni ts (II.2.16), la pressione esercitata dai fluidi sul
solido ps (ps = pw Sw + pg Sg) e la definizione di tensione efficace σ’ (II.3.18)
[
(
div σ ′ − I(1 − n ) Sw p w + Sg p g
)] + (1 − n )ρ (g − a ) − R
s
s
w
ηw v ws − R g ηg v gs = 0
(II.4.15)
Mezzo multifase
L’equazione che descrive la conservazione della quantità di moto dell’intera miscela
costituita dallo scheletro solido (s), dalla fase liquida (w) e da quella gassosa (g), si
ottiene sommando le rispettive equazioni valide per ciascuna fase fluida (II.4.10) e
quella solida (II.4.15) ed introducendovi la densità media ρ, ottenendo:
div σ + ρ(g − a s ) − nS w ρ w (a ws + v ws ⋅ grad v w ) − nS g ρ g (a gs + v gs ⋅ grad v g ) = 0
(II.4.16)
in cui ρ è la densità media di tutto il continuo multifase, data dall’espressione
ρ = (1 − n )ρs + nSw ρ w + nSgρg .
L’utilizzo di questa equazione, invece di quelle relative a ciascuna fase nello
sviluppo della formulazione debole, permetterà di non separare le forze esterne
applicate in quote applicate su ciascuna fase.
48
Meccanica dei mezzi porosi
II.4.3. Equazione del bilancio di energia (o di entalpia)
Come sviluppato da Lewis & Schrefler [16] a partire dall’equazione di bilancio
(II.2.47) ed operando in modo analogo a quanto fatto per ricavare le altre equazioni di
questo paragrafo, si ottiene l’equazione che esprime il bilancio di energia per la singola
fase π
π
D θπ
ρπ C
= ρπ h π − div ~
q π + ρπ R π − ρπ eπ (ρ) H π
Dt
π
p
(II.4.17)
in cui i termini Hπ e C pπ rappresentano rispettivamente l’entalpia specifica e la
capacità specifica di ciascuna fase π.
L’equazione che esprime il bilancio di energia per il continuo multifase, ottenuto
imponendo l’equilibrio termodinamico locale per tutte le fasi, è data dalla seguente
espressione
(ρC )
p eff
(
)
∂T
+ ρ w C wp v w + ρg C gp vg ⋅ grad T − div( χ eff grad T) = − m∆H vap
∂t
(II.4.18)
in cui si esplicitano i termini
(ρC )
p
eff
= ρs Csp + ρ w C wp + ρg C gp
χ eff = χ s + χ w + χ g
∆H vap = H gw − H w
49
Capitolo II
II.4.4. Chiusura del modello: condizioni iniziali e al contorno
Le equazioni differenziali finora presentate necessitano di condizioni iniziali e al
contorno sulle variabili di stato del sistema multifase per essere risolte.
Condizioni iniziali
Le condizioni iniziali si impongono sulla pressione della fase gassosa, sulla pressione
capillare (o sul valore della pressione dell’acqua, grazie all’equilibrio (II.3.7) fra le
pressioni fluide e la pressione capillare), sugli spostamenti e sulla velocità dello
scheletro solido e sulla temperatura
p g = p go ,
p c = p co ,
T = To ,
u = uo ,
u = uo
a t = t0
(II.4.19)
Condizioni al contorno
Le condizioni al contorno sono rappresentate da valori che le variabili di stato o i
loro flussi devono assumere sul contorno del dominio multifase. Definito con Γπ il
contorno relativo alla fase π su cui è possibile definire il valore delle variabili del
sistema, le condizioni da imporre sono del tipo
pg = pg
su Γg ,
pc = pc
su Γc ,
T=T
su ΓT ,
u=u
su Γu
(II.4.20)
In modo analogo si possono imporre valori ai flussi delle fasi fluide sul contorno Γπq
(ρ
(ρ
ga
v g − ρg v gw ) ⋅ n = q ga
gw
(
su Γgq ,
gw
v g + ρ w v w + ρ g v gw ) ⋅ n = β c ( ρgw − ρgw
+ q w su Γcq ,
∞ ) +q
)
(II.4.21)
− ρ w v w ∆h vap − λ eff ∇T ⋅ n = α c ( T − T∞ ) + q T su ΓTq
ed alle forze agenti sullo scheletro solido
σ⋅n = t
50
su Γuq
(II.4.22)
Meccanica dei mezzi porosi
in cui n è un versore normale ortogonale alla superficie del mezzo poroso, ρgw
∞ e T∞
sono rispettivamente la densità e la temperatura del vapore in condizioni indisturbate
lontane dal contorno, αc e βc sono rispettivamente il flusso di calore per convenzione e
il flusso dovuto alla variazione unitaria di densità del vapore d’acqua, qga, qgw, qw e qT
sono i flussi imposti sul contorno per l’aria secca, il vapore acqueo, l’acqua ed il calore.
Si osserva che il contorno su cui si possono imporre condizioni al contorno e quello
su cui si possono imporre flussi sono soggetti alla condizione di unione Γ = Γπ ∪ Γπq .
51
Capitolo II
II.5 Cenni al comportamento dei terreni
Se si osserva a occhio nudo una manciata di sabbia si nota che essa è formata da
particelle distinte o grani (come accade per tutti terreni), sebbene molte particelle
costituenti terreni siano tanto piccole che possono essere individuate soltanto con
tecniche microscopiche molto sofisticate. Le differenti particelle che formano il terreno
non sono fortemente legate tra loro come cristalli di un metallo. Le particelle in terreno
sono perciò relativamente libere di muoversi l’una rispetto all'altra. In un terreno,
tuttavia, i grani solidi non possono muoversi l’uno rispetto all'altro così facilmente come
accade nei fluidi. Ne segue che terreni sono fondamentalmente sistemi particellari;
questo è l'aspetto principale della differenza fra la Meccanica dei Terreni, la Meccanica
dei Solidi e la Meccanica dei Fluidi.
Se si considera un elemento di terreno si può notare come sorgano delle forze di
contatto tra i grani. Le singole particelle, naturalmente, si deformano per effetto di
queste forze di contatto. Nell'immediato intorno dei punti di contatto si verificano in
genere deformazioni elastiche o plastiche. Si può inoltre verificare lo schiacciamento
delle particelle che può essere rilevante in alcune situazioni. Le deformazioni provocano
l'ampliamento
dell'area
di contatto
delle
particelle
che
consentono
quindi
l'avvicinamento dei centri delle particelle. Le particelle lamellari presenti nel terreno si
inflettono, consentendo in tal modo spostamenti relativi delle particelle adiacenti.
Inoltre, quando la sollecitazione tangenziale in corrispondenza del contatto diventa più
grande della resistenza taglio disponibile nel contatto medesimo, avrà luogo lo
scorrimento relativo delle particelle. La deformazione totale di una massa di terreno
risulterà in parte dalla deformazione delle singole particelle, in parte degli spostamenti
relativi delle particelle stesse. I dati sperimentali indicano, in ogni caso, che la
componente più importante delle deformazione totale di un terreno deriva dallo
scorrimento relativo delle particelle e dalle modifiche dell'assetto di queste ultime che
ne deriva. Anche se i singoli grani sono rigidi, lo scheletro solido il terreno è in genere
piuttosto deformabile, a causa dello scorrimento e delle modifiche dell'assetto delle
particelle. Risulta quindi evidente la prima applicazione della natura particellare dei
52
Meccanica dei mezzi porosi
terreni: le deformazioni di una massa di terreno derivano essenzialmente dalle
interazioni tra le particelle, in particolar modo da loro mutui scorrimenti.
Gli interstizi tra le particelle si denominano pori. I pori sono frequentemente riempiti
di aria e/o di acqua (con o senza sostanze soluzione). Ne segue il terreno è
intrinsecamente un sistema multifase formato da una fase solida, denominata scheletro
solido, e dalla fase fluida denominata fluido interstiziale. La natura del fluido
interstiziale influisce sulle intensità della resistenza a taglio tra le due particelle, poiché
veicola su superfici di contatto sostanze chimiche. Nel caso di particelle molto
minuscole, il fluido interstiziale può separare in modo completo le particelle. Malgrado
le particelle non siano più in contatto, nel senso consueto del termine, esse rimangono
ancora molto vicine possono trasmettere forze normali anche forze tangenziali. La
distanza tra le particelle diminuirà o aumenterà all'aumentare o a diminuire,
rispettivamente, degli sforzi di compressione applicati. Si introduce, in tale modo, una
nuova fonte di deformazione del terreno. E così sia la seconda conseguenza della natura
particellare dei terreni: i terreni sono intrinsecamente multifase; i componenti della fase
fluida che occupa i pori influiscono sulle caratteristiche delle superfici delle particelle
solide e influiscono di conseguenza sul processo di trasmissione degli sforzi attraverso i
punti di contatto. Questa interazione tra le fasi viene definita interazione chimica.
Si consideri un provino di terreno nel quale i pori siano completamente riempiti
d'acqua ovvero in altri termini il terreno sia saturo d'acqua. Si ipotizzi, dapprima che
nell'acqua interstiziale esista un regime di pressione idrostatica: la pressione agente
sull'acqua nel generico punto è, perciò, pari al prodotto del peso specifico dell'acqua per
la profondità del punto misurata a partire dalla superficie libera dell'acqua. In tale
situazione non si ha moto dell'acqua nel terreno. Si supponga che la pressione nell'acqua
alla base del contenitore venga incrementata successivamente mantenendo invariato il
livello del pelo libero dell'acqua mediante uno sfioratore. In questa situazione, si
determina un'infiltrazione dell'acqua verso l'alto. La portata filtrante attraverso il terreno
dipende dall'entità dell'incremento di pressione nell'acqua alla base, e da una proprietà
del terreno definita permeabilità. Più il terreno è permeabile più alta è la portata filtrante
a parità di incremento di pressione. L'intensità delle forze integranulari deve dipendere
dalla differenza tra la pressione totale verticale diretto versi il basso e la pressione
interstiziale. Si tratta quindi del fondamentale concetto di pressione efficace. Si ha così
53
Capitolo II
la terza implicazione della natura particellare dei terreni: l'acqua può filtrare nei terreni
interagendo con lo scheletro solido e modificando l'intensità delle forze che le particelle
mutuamente si trasmettono in corrispondenza dei punti di contatto, determinando
variazioni di volume del terreno.
Fig. II.9. Modello analogico idromeccanico per l’analisi della ripartizione degli
sforzi tra le fasi solida e liquida, e del processo di consolidazione del terreno.
(a) Schema fisico. (b) Modello analogico idromeccanico: stato iniziale.
(c) Carico applicato a valvola chiusa.
(d) Lo stantuffo si abbassa quando l’acqua fuoriesce.
(e) Situazione finale di equilibrio; la fuoriuscita di acqua cessa.
(f) Graduale trasferimento del carico dall’acqua alla molla.
Essendo i terreni mezzi multifase, è da attendersi che i carichi applicati ad una massa
di terreno siano sopportati in parte dallo scheletro solido e in parte dalla fase fluida. Il
concetto di ripartizione del carico è analogo a quello riguardante le pressioni parziali dei
gas. Gli schemi di Fig. II.9. possono aiutare a comprendere la ripartizione degli sforzi
tra scheletro solido e fase fluida. In figura è rappresentato un elemento di terreno
racchiuso in un cilindro. Lo stantuffo di materiale poroso consente di applicare il carico
54
Meccanica dei mezzi porosi
al terreno consentendo, allo stesso tempo, la fuoriuscita di fluido dai pori del terreno. In
figura è rappresentato un modello analogico idromeccanico, nel quale le proprietà del
terreno sono concentrate: la resistenza a compressione dello scheletro solido è
presentata per mezzo di una molla della resistenza ha moto dell'acqua nel terreno
mediante un foro, munito di valvola, praticato nel nostro tuffo del resto supposto
impermeabile. Si applichi un carico sullo stantuffo del modello analogico mantenendo
chiusa la valvola. Il carico trasmesso dallo stantuffo si ripartisce tra l'acqua e la molla
in proporzione alle residenze della molla e dell'acqua. Nell'analogia idromeccanica, lo
stantuffo si sposterà poco all'atto dell'applicazione del carico perché l'acqua è
relativamente poco compressibile. Di conseguenza, la molla si accorcerà in modo
insignificante, su di essa si trasmetterà soltanto una piccolissima parte del carico
esterno. Quest'ultimo sarà equilibrato pressoché interamente da un incremento di
pressione del fluido nel cilindro. Aprendo, quindi, la valvola si avrà la fuoriuscita
d’acqua dal cilindro a causa della pressione agente nel fluido. A seguito dell'espulsione
dell'acqua, la molla si accorcia e comincia a sopportare una frazione significativa del
carico applicato; contemporaneamente si verifica una riduzione della pressione
nell'acqua. Alla fine si raggiunge uno stato nel quale il carico applicato è trasmesso
interamente alla molla e la pressione nell'acqua ritorna ai valori idrostatici iniziali.
Appena il processo ha raggiunto questo stadio cessa il modo d’infiltrazione dell'acqua.
Attraverso la valvola può essere espulso, nell'unità di tempo, soltanto un volume
d'acqua limitato, e perciò il processo di trasferimento del carico dall'acqua la molla si
sviluppa gradualmente nel tempo. La variazione, nel tempo, del rapporto fra la parte di
carico trasmesso all'acqua e quella trasmessa allo scheletro solido è mostrata in figura.
Questo processo graduale d’espulsione d’acqua dal terreno è definito consolidazione,
mentre la sua durata è il ritardo idrodinamico. Dalle osservazioni innanzi esposte si trae
dunque la quarta implicazione della natura particellare dei terreni: se il carico applicato
ad un terreno subisce un brusco incremento, tale incremento si ripartisce tra la fase
solida e la fase fluida. Le variazioni di pressione interstiziale inducono morti di
filtrazione nel terreno, con conseguenti modifiche nel tempo delle proprietà di
quest'ultimo.
55