Politecnico di Torino. Applicazioni Lineari. Aquila non captat muscas Argomenti: • • • • • • • • Basi e coordinate. Applicazioni lineari. Matrici come applicazioni lineari. Nucleo, immagine e controimmagine. La matrice di f rispetto a basi in V1 e V2 . La matrice di un endomorfismo. Cambiamento di base. Altra dimostrazione del Teorema del rango. Esercizi: • http://cantor.polito.it/didattica/index2.php?percorso=Geometria/Applicazioni% 20lineari • http://calvino.polito.it/~spreafico/materiale_comune/al_rn.pdf • http://calvino.polito.it/~terzafac/Corsi/geometria/pdf/svolti6.pdf 1 Basi e coordinate − − − Una base B di uno spazio vettoriale V e’ un insieme ordinato B = (→ v 1, → v 2, · · · , → v n ) di generatori linearmente independenti (L.I) di V, cioe’ per dare una base bisogna indicare: − − − − − − i) i vettori L.I. → v 1, → v 2, · · · , → v n che generano V,cioe’ V = L(→ v 1, → v 2, · · · , → v n ); ii) l’ordine tra questi vettori, cioe’ quale e’ il primo vettore della base, quale e’ il secondo e cosi’ via. Il numero n di vettori di una base di V e’ la dimensione di V e si indica dim(V) = n. Esempio 1.1. Sia V = R2,3 lo spazio vettoriale delle matrici 2 × 3. Le sei matrici : 1 0 0 0 1 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 1 0 0 0 1 sono un sistema di generatori L.I. di V. Con queste 6 matrici si possono formare 6! = 720 basi diversi di V poiche’ ci sono 720 modi diversi di ordinare sei oggetti. Ecco Applicazioni Lineari 1 Geometria Politecnico di Torino. tre di queste 720 basi: 1 0 0 0 1 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 C=( , , , , , ) 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 1 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 1 0 0 0 1 A=( , , , , , ) 1 0 0 0 1 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 1 0 1 0 0 B=( , , , , , ,) 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 1 0 0 − − − − Data la base B = (→ v 1, → v 2, · · · , → v n ) di V ogni vettore → v ∈ V si associa con la sua colonna di coordinate: c1 c2 → − B [ v ] = .. . cn dove i c1 , c2 , · · · , cn sono i coefficienti della combinazione lineare → − − − − v =c → v +c → v + ··· + c → v . 1 1 2 2 n n − − − Si dice che la colonna B [→ v ] rappresenta il vettore → v rispetto alla base B o che B [→ v ] e’ → − la colonna delle componenti o coordinate di v rispetto alla base B . 1 0 0 → − Esempio 1.2. Sia v = e siano A, B e C le tre basi dello esempio precedente. 0 0 0 Allora 0 0 1 0 0 0 0 0 0 → − → − → − A[ v ] = B[ v ] = C[ v ] = 1 0 0 0 0 0 0 1 0 Esempio 1.3. Come fa vedere l’esempio precendente normalmente la colonna che rap→ − presenta un vettore cambia quando si cambia la base. Ma il vettore nullo 0 e’ sempre rappresentato dalla colonna nulla rispetto a qualsiasi base. Ad esempio se dim(V) = 4 allora 0 → − 0 B[ 0 ] = 0 0 Applicazioni Lineari 2 Geometria Politecnico di Torino. per qualsiasi base B . → − Il vettore nullo e’ l’unico vettore di uno spazio vettoriale la cui colonna B [ 0 ] e’ − sempre la stessa rispetto a qualsiasi base. Infatti, un vettore → v non nullo appartiene sempre a un sistema di generatori linearmente independenti. Dunque esiste unabase 1 0 → − → − → − → − → − A = ( v , v 2 , · · · , v n ) dove v e’ il primo vettore e dunque la sua colonna A [ v ] = 0 . .. . 0 0 1 → − → − − Invece rispetto alla base B = (v2 , v , · · · , vn ) la colonna B [ v ] = 0 poiche’ → v e’ il .. . 0 secondo vettore della base B . − − − Esercizio 1.4. Sia C = (e1 , e2 , e3 ) la base canonica di R3 e sia B = (→ v 1, → v 2, → v 3 ) la 3 base di R dove → − − − v 1 = (1, 1, 1) ; → v 2 = (0, 1, 1) ; → v 3 = (0, 0, 1) Calcolare le seguenti colonne: → − − − v 1 ] , B [→ v 2 ] e B [→ v 3 ]. (a) B[ (b) C[ (c) C [e1 ] , C [e2 ] e C [e3 ]. (d) B [e1 ] , B [e2 ] e B [e3 ]. → − − − v 1 ] , C [→ v 2 ] e C [→ v 3 ]. − − − − − (e) Sia → w = e1 + → v1−→ v 3 . Calcolare le colonne B [→ w ] e C [→ w] −1 2 0 Esercizio 1.5. Sia m = . Calcolare le tre colonne 4 8 π dove A, B, C sono le tre basi del Esempio 1.1. 2 A [m] , B [m] e C [m] Applicazioni lineari Una funzione f : V1 → V2 tra due spazi vettoriali e’ una applicazione lineare se: Applicazioni Lineari 3 Geometria Politecnico di Torino. − − − − f (→ v +→ w ) = f (→ v ) + f (→ w) − − f (r→ v ) = rf (→ v) − − per ogni vettori → v ,→ w ∈ V e qualsiasi numero r . Questo e’ equivalente ad dire che f rispetta combinazioni lineari, cioe’ − − − − − − f (c1 → v 1 + c2 → v 2 + · · · + cn → v n ) = c1 f (→ v 1 ) + c2 f (→ v 2 ) + · · · + cn f (→ v n) Nota: Una funzione lineare f applica o trasforma il vettore zero nel vettore zero, → − → − cioe’ f ( 0 ) = 0 . Dizionario: Una applicazione lineare si dice anche funzione lineare od operatore lineare o transformazione lineare. Esempio 2.1. Una base B di V si puo pensare come una applicazione lineare da V allo − − − spazio vettoriale delle colonne. Infatti, se n = dim(V) e’ B = (→ v 1, → v 2, · · · , → v n ) allora − f (→ v ) = B [v] e’ una applicazione lineare. − Esempio 2.2. Sia f : V1 → V2 la funzione costante uguale a zero, cioe f (→ v ) = 0 per → − qualsiasi v ∈ V1 . Allora f e’ una applicazione lineare chiamata applicazione nulla, zero o banale. Esempio 2.3. La derivata f (x) → f 0 (x) e’ una applicazione lineare dello spazio V1 delle funzioni che ammetono derivate nello spazio V2 delle funzioni. Dizionario: A volte si usano queste parole: morfismo = omomorfismo= applicazione lineare. endomorfismo= applicazione lineare di V in se stesso. epimorfismo = applicazione lineare suriettiva. monomorfismo = applicazione lineare iniettiva. isomorfismo= monomorfismo + epimorfismo. automorfismo = isomorfismo + endomorfismo. − − Esempio 2.4. La applicazione identica o identita’ id : V → V definita da id(→ v)=→ v e’ un automorfismo di V. Esempio 2.5. Sia f : R2 → R3 la funzione f (x, y) = (x + 2y, 3x + 4y, 5x + 6y). Allora f e’ una applicazione lineare. Applicazioni Lineari 4 Geometria 2.1 Matrici come applicazioni lineari Politecnico di Torino. Se f : Rn → Rm e’ la funzione f (x1 , · · · , xn ) = (f1 (x1 , · · · , xn ), · · · , fm (x1 , · · · , xn )) allora f e’ una applicazione lineare se e soltanto se tutte le fi : Rn → R sono lineari, cioe’ del tipo: ax1 + bx2 + · · · + cxn . Ad esempio la f : R2 → R3 del esempio precedente e’ f (x, y) = (f1 (x, y), f2 (x, y), f3 (x, y)) dove f1 (x, y) = x + 2y , f2 (x, y) = 3x + 4y , f3 (x, y) = 5x + 6y Esempio 2.6. Sia f : R2 → R2 la funzione f (x, y) = (x, y 2 ) non e’ applicazione lineare poiche compare y 2 . Esempio 2.7. Sia f : R3 → R2 la funzione f (x, y, z) = (x + y + z, 7x + 8z + 9y + 3) non e’ applicazione lineare poiche’ c’e’ la costante 3 e dunque f (0, 0, 0) = (0, 3) non e’ il vettore zero. Esercizio 2.8. Quale delle seguenti funzioni f : R → R e’ una applicazione lineare? i) f (x) = 3x, ii) f (x) = 5x + 1, iii) f (x) = log(x2 + 1), iv) f (x) = ex . → − → − Esercizio 2.9. Sia f : V1 → V2 una applicazione lineare. Per che f ( 0 ) = 0 ? 2.1 Matrici come applicazioni lineari Una matrice A ∈ Rm,n determina una applicazione lineare fA : Rn → Rm tramite la moltiplicazione matrice per colonna. Le n-uple X = (x1 , · · · , xn ) si pensano come x1 x1 . colonne 1 .. . Il prodotto A ... e’ una colonna di m elementi che da il risultato xn xn 1 Molte persone quando parlano degli elementi di Rn come vettori li pensano sempre come colonne anziche come n -uple. Applicazioni Lineari 5 Geometria 2.1 Matrici come applicazioni lineari Politecnico di Torino. x1 fA (X), cioe’ fA (X) = AX dove X e’ la colonna ... . xn Se A = (aij ) allora fA in formule e’: fA (x1 , · · · , xn ) = ( n X a1k xk , k=1 Esempio 2.10. Se A = n X , a2k xk , · · · , k=1 n X amk xk ) k=1 1 2 3 allora fA e’ 4 5 6 fA (x1 , x2 , x3 ) = (x1 + 2x2 + 3x3 , 4x1 + 5x2 + 6x3 ) x1 x1 + 2x2 + 3x3 1 2 3 x2 = . Infatti, 4x1 + 5x2 + 6x3 4 5 6 x3 2 −1 0 1 0 . Calcolare la colonna AX . Esercizio 2.11. Sia A = e sia X = 3 3 7 −5 Calcolare fA (2, 0, −5). Trovare le formule fA (x1 , x2 , x3 ). Esercizio 2.12. Sia fA (x1 , x2 , x3 ) = (−x1 + x3 , 3x1 + 3x3 + 7x3 ). Trovare la matrice A. Trovare la matrice Jacobiana di fA . Esercizio 2.13. Sia fA (x, y, z) = (−x+z, 3z +3y +7z). Trovare la matrice A. Trovare la matrice Jacobiana di fA . Esercizio 2.14. Sia fA (u, v, w) = (u + w, 0). Trovare la matrice A. Trovare la matrice Jacobiana di fA . 0 0 Esercizio 2.15. Sia A = 1 0 . Trovare le formule fA (x1 , x2 ) e calcolare fA (2, 3). 0 1 Ecco due esempi da ricordare: cos(θ) − sin(θ) Esempio 2.16. La matrice determina una rotazione di angolo θ in sin(θ) cos(θ) senzo antiorario nel piano R2 . Applicazioni Lineari 6 Geometria 2.2 Nucleo, immagine e controimmagini di f Politecnico di Torino. Esempio 2.17. Le matrice 1 0 0 cos(θ) 0 − sin(θ) cos(θ) − sin(θ) 0 0 cos(θ) − sin(θ) 0 1 0 sin(θ) cos(θ) 0 0 sin(θ) cos(θ) sin(θ) 0 cos(θ) 0 0 1 determinano rispettivamente rotazioni di angolo θ rispetto agli assi x, y e z nello spazio R3 . Esercizio 2.18. Calcolare le matrici che ruotano 30, 45, 60 e 90 gradi in senzo orario R2 . 1 2 In realta’ una matrice come A : si puo usare anche per definire una ap3 4 plicazione lineare LA dello spazio R2,3 in se stesso, cioe’ LA : R2,3 → R2,3 . Eccola qui: LA (X) = AX dove X ∈ R2,3 . 1 0 Esercizio 2.19. Sia A : e sia LA : R2,3 → R2,3 come spiegato precedente0 1 1 0 −1 mente. Calcolare LA ( ). 2 −6 5 2.2 Nucleo, immagine e controimmagini di f Data una applicazione lineare f : V1 → V2 ci sono due sottospazi importanti: il nucleo ker(f ) e l’immagine im(f ). L’immagine e’ semplicemente l’immagine di f , cioe’ − − l’insieme im(f ) = f (V1 ) = {f (→ v):→ v ∈ V1 }. Ecco il nucleo − − ker(f ) = {→ v ∈ V1 : f (→ v ) = 0} dunque il nucleo e’ il sottoinsieme di vettori che dove f fa zero. Osservare che ker(f ) e’ un sottospazio del dominio V1 di f invece im(f ) del codominio V2 . Il nucleo di f serve per determinare se f e’ iniettiva: dim(ker(f )) = 0 se e soltanto se f e’ iniettiva. L’immagine f serve per determinare se f e’ suriettiva: dim(im(f )) = dim(V2 ) se e soltanto se f e’ suriettiva. Applicazioni Lineari 7 Geometria 2.2 Nucleo, immagine e controimmagini di f Politecnico di Torino. Esempio 2.20. Sia V1 uno spazio vettoriale di dimension 4 e sia V2 uno spazio vettoriale di dimension 3. Esiste una applicazione lineare f : V1 → V2 iniettiva ?. Risposta: No, poiche’ dim(im(f )) non puo’ essere maggiore di 3. Esempio 2.21. Sia V1 uno spazio vettoriale di dimension 15 e sia V2 uno spazio vettoriale di dimension 20. Esiste una applicazione lineare f : V1 → V2 suriettiva?. Risposta: No, poiche’ 20 = dim(V2 ) > 15 = dim(V1 ) ≥ dim(im(f )). Esempio 2.22. Sia fA l’applicazione lineare associata alla matrice A. Allora ker(fA ) e’ l’insieme delle soluzioni del sistema omogeneo A.X = 0. Dunque dim(ker(fA )) = p dove p e’ il numero di parametri liberi della soluzione generale di A.X = 0. Invece im(fA ) e’ il sottospazio generato dalle colonne della A, cioe’ im(fA ) = CA . Dunque r = rango(A) = dim(im(fA )) = dim(CA ). Quindi A ha n = r + p colonne. El esempio precedente e’ un caso particolare dell’equazione2 : dim(V1 ) = dim(ker(f )) + dim(im(f )) Esempio 2.23. Sia V1 uno spazio vettoriale di dimension 8. Esiste una applicazione lineare f : V1 → V2 tale che dim(ker(f )) = 4 e dim(im(f )) = 5 ?. Risposta: No, poiche’ 8 6= 4 + 5. Esempio 2.24. Sia V1 uno spazio vettoriale di dimension 17 e sia V2 uno spazio vettoriale di dimension 12. Esiste una applicazione lineare f : V1 → V2 suriettiva e dim(ker(f )) = 6 ?. Risposta: No, poiche’ 17 6= 6 + 12. Se f : V1 → V2 e’ una applicazione lineare e b ∈ V2 la controimmagine f −1 (b) e’ il sottoinsieme di vettori di V1 che f applica su b, simbolicamente f −1 (b) = {x ∈ V1 : f (x) = b} Esempio 2.25. Sia fA : R3 → R2 la applicazione lineare definita dalla matrice 1 2 3 A= . 2 4 6 La controimmagine fA−1 (b) e’ l’insieme delle soluzioni del sistema non homogeneo AX = b . 2 In wikipedia questo e’ chiamato “Teorema del rango”: http://it.wikipedia.org/wiki/Teorema_ del_rango Applicazioni Lineari 8 Geometria 2.3 La matrice di f rispetto a basi in V1 e V2 . Politecnico di Torino. 1 1 Ad esempio, ) = ∅ l’insieme vuoto poiche il sistema AX = e’ incompat0 0 1 −2 −3 6 −1 ibile. Invece, fA ( ) = 1 + L( 1 , 0 ), cioe’ un piano passante per il 12 1 0 1 punto (1, 1, 1). fA−1 ( Dizionario Il ”rango” della applicazione lineare f e’ la dimensione di im(f ). C’e’ gente che usa la parola rango per indicare anche il sottospazio im(f ). 2.3 La matrice di f rispetto a basi in V1 e V2 . − − Sia A = (→ v 1, · · · , → v n ) una base di V1 e B una base di V2 e sia f : V1 → V2 una applicazione lineare. La matrice ··· − − − B [f (→ v 1 )] B [f (→ v 2 )] · · · B [f (→ v n )] ··· e’ la matrice di f rispetto della base A in partenza (o del dominio) e B in arrivo (o del codominio). Questa matrice se indica con il simbolo B [f ]A . A volte si dice che B [f ]A rappresenta f rispetto alle basi A e B . Osservare che B [f ]A ha n = dim(V1 ) colonne e m = dim(V2 ) righe. Esempio 2.26. Sia V1 , dim(V 3 e V2 , dim(V2 ) = 2. La applicazione lineare nulla 1) = 0 0 0 da V1 in V2 ha matrice rispetto a qualsiasi basi. Invece la applicazione 0 0 0 0 0 lineare nulla da V2 in V1 ha come matrice 0 0 rispetto a qualsiasi basi. 0 0 − L’utilita’ della notazione B [f ]A e’ che permette calcolare il valore di f (→ v ) tramite un prodotto matrice per colonna. Ecco la formula: → − − v )] = B [f ]A A [→ v] B [f ( Una altra utilita’ della notazione si vede nella formula che collega composizione di applicazioni lineari con il prodotto tra le loro matrici. Siano f : V1 → V2 e Applicazioni Lineari 9 Geometria 2.3 La matrice di f rispetto a basi in V1 e V2 . Politecnico di Torino. g : V2 → V3 due applicazioni lineari e sia h = g ◦ f : V1 → V3 la loro composizione. Siano A, B e C basi di V1 , V2 e V3 rispettivamente. Allora C [h]A = C [g]B B [f ]A In parole povere, la composizione corresponde alla moltiplicazione delle matrici. Infatti, se A, B sono matrici allora fA ◦ fB = fAB dove fA (X) = AX e fB (X) = BX . Nota: Precedentemente, sezione 2.1 ho spiegato che una matrice A ∈ Rm,n si puo pensare come una applicazione lineare fA da Rn in Rm . Usando i simboli di questa sezione la matrice A e’ in realta’ la matrice di fA rispetto alle basi canoniche di Rn e Rm , cioe’ A = C [fA ]C Esempio 2.27. Sia f : R2 → R3 la funzione lineare f (x, y) = (x + 2y, 3x + 4y, 5x + 6y). Ecco la sua matrice rispetto alle basi canoniche 1 2 3 4 C [f ]C = 5 6 Esercizio 2.28. Sia f : R3 → R2 la applicazione lineare definita da f (x, y, z) = (−x + z, 3z + 3y + 7z). Trovare la matrice di f rispetto alle basi canoniche. Trovare la matrice Jacobiana di f . Esercizio 2.29. Sia f la applicazione lineare del esempio precedente. Calcolare la matrice C [f ]B dove B = ((1, −1), (1, 1)). Esempio 2.30. Esiste una applicazione lineare f : R2 → R3 tale che ker(f ) = L((2, 3)) e im(f ) = L(0, 3, 8)?. Si, ecco perche. Consideriamo A = ((2, 3), (1, 0)) una base di R2 in cui il nucleo di f e’ generato dal primo vettore. Dunque la matrice 0 0 0 3 0 8 considerata come matrice C [f ]A determina una applicazione lineare f : R2 → R3 tale che ker(f ) = L((1, −1)) e im(f ) = L(0, 3, 8). A volte e’ facile trovare la f esplicitamente ecco un esempio. Applicazioni Lineari 10 Geometria 2.4 La matrice d’un endomorfismo f Politecnico di Torino. Esempio 2.31. Esiste una applicazione lineare f : R2 → R3 tale che ker(f ) = L((1, −1)) e im(f ) = L(4, 2, −1)?. Si, ecco perche. La matrice A di f rispetto alle basi canoniche ha due colonne e tre righe. Che il vettore (1, −1) sia in ker(f ) ci dice che le due colonne dia A sono uguali, cioe’ A e’ una matrice del tipo a a b b . c c Per fare che im(f ) = L(4, 2, −1) basta prendere a = 4, b = 2, c = −1, cioe’ f (x, y) = (4x + 4y, 2x + 2y, −x − y). 2.4 La matrice d’un endomorfismo f Quando f e’ un endomorfismo, cioe’ una applicazione lineare d’uno spazio vettoriale V in se stesso allora una base A puo’ essere usata tanto in partenza come in arrivo. In questa situazione la matrice A [f ]A se chiama matrice di f rispetto alla base A. La notazione A [f ]A si puo abreviare con [f ] e dunque A → − v )] = [f ] A A [f ( → − v] A[ Esempio 2.32. La matrice [id] della applicazione identica id : V → V e’ sempre la A 1 0 0 matrice identica 1, cioe’ non dipende dalla base A. Ad esempio, 13 = 0 1 0 e’ la 0 0 1 matrice della applicazione lineare identica id se dim(V) = 3 rispetto a qualsiasi base di V. In generale, la matrice d’un endomorfismo f cambia quando la base cambia. 1 ρ Esercizio 2.33. Sia f : R2 → R2 e sia la sua matrice rispetto la base ρ 1 canonica. Sia A = ((1, 1), (1, −1). Calcolare le seguenti tre matrici: C [f ]A Applicazioni Lineari 11 A [f ]C A [f ]A Geometria Politecnico di Torino. 2,3 Esempio 2.34. → R2,3 la applicazione lineare che si ottiene moltiplicando A : R Sia L 1 2 a sinistra per . Ecco la sua matrice rispetto alla base C in Esempio 1.1: 3 4 1 0 0 2 0 0 0 1 0 0 2 0 0 0 1 0 0 2 [LA ] = 3 0 0 4 0 0 C 0 3 0 0 4 0 0 0 3 0 0 4 Esercizio 2.35. Sia LA la applicazione lineare del esempio precedente. Scrivere le due matrici [LA ] [LA ] A B dove A, B sono le basi del esempio 1.1. 3 Cambiamento di base Siano A e B due basi dello spazio vettoriale V. La matrice P di cambiamento di base3 dalla base A alla B e’ una matrice che permette ottenere la colonna che rappresenta un − − vettore nella base B , cioe’ B [→ v ] conoscendo la colonna che rappresenta → v nella base A. Il cambiamento di base si fa moltiplicando la colonna per la matrice P , cioe’ → − v]=P B[ → − v ]. A[ La matrice P si indica con il simbolo B CA e dunque l’identita’ precedente e’ → − − v ] = B CA A [→ v ]. B[ Come calcolare B CA ?. Osservare che B CA e’ semplicemente la matrice della applicazione identica id : V → V rispetto alla base A in partenza e B in arrivo. Simbolicamente B CA = B [id]A Dunque le colonne di B CA sono le colonne che rappresentano i vettori della base A rispetto della base B . Simbolicamente se A = (v1 , v2 , · · · , vn ) allora 3 Anche detta matrice di passaggio dalla base A alla base B . Applicazioni Lineari 12 Geometria Politecnico di Torino. ··· B [v1 ] B [v2 ] · · · B CA = ··· Osservare che le matrici B CA e A CB B CA A CB B [vn ] sono una l’inversa dell’altra. Infatti, = B CB = B [id]B = 1 Dunque a volte e’ piu’ facile calcolare B CA e’ dopo calcorare l’inversa A CB : Esempio 3.1. Ecco la matrice C CA dalla base A = ((2, 1), (1, −1)) di R2 alla base canonica C = (e1 , e2 ): 2 1 C CA = 1 −1 Esempio 3.2. Ecco la matrice di R2 : A CC dalla base canonica alla base A = ((2, 1), (1, −1)) A CC = C CA −1 = −1 1 1 2 1 = 31 3 2 1 −1 −3 3 Esercizio 3.3. Sia A = ((1, 1), (1, −1)). Calcolare di cambiamento di base le matrici 3 → − → − 2 . Calcolare x, y . A CC e C CA . Sia v = (x, y) ∈ R tale che A [ v ] = −5 Esercizio 3.4. Sia A = ((2, 2), (1, −1)). Calcolare le matrici di cambiamento di base 1 → − → − − 2 . Calcolare A [→ v ]. A CC e C CA . Sia v ∈ R tale che C [ v ] = 0 Se A e B sono due basi di Rn ci sono due metodi per calcolare la matrice di cambiamento di base B CA . Entrambi metodi usano la base canonica C di Rn . Metodo 1. Passando tramite la base canonica C : Si calcola B CC calcolando l’inversa di C CB e dopo si fa il prodotto B CA = B CC C CA Metodo 2. Si applica il metodo di Gauss-Jordan alla matrice : C CB | C CA per ottenere la matrice 1 | Applicazioni Lineari 13 B CA Geometria 3.1 La matrice di f in diverse basi Politecnico di Torino. Esempio 3.5. Calcolare B CA dove A = ((1, −1), (2, 0)) e B = ((3, 0), (2, 2)) sono due basi di R2 . 3 2 Metodo 1. B CC e’ l’inversa di , cioe’ 0 2 1 −1 3 3 B CC = 0 12 dunque B CA = B CC C CA = −1 3 1 2 1 3 0 1 2 −1 0 = 2 3 2 3 − 12 0 Metodo 2. Si fa Gauss-Jordan alla matrice 3 2 1 2 0 2 −1 0 e si ottiene 1 0 32 23 0 1 − 21 0 dunque B CA = 2 3 2 3 − 12 0 Esercizio 3.6. Siano A = ((1, 2), (0, 1)) e B = ((0, 2), (3, 6)). Calcolare le matrici di cambiamento di base: A CB B CA 3.1 La matrice di f in diverse basi Sia f : V1 → V2 una applicazione lineare. Siano A, A0 due basi di V1 e B, B 0 due basi di V2 . Conoscendo B [f ]A si puo calcolare B0 [f ]A0 usando le matrici di cambiamento di base: B0 [f ]A0 = B0 CB B [f ]A A CA0 Se invece f e’ un endomorfismo la matrice [f ] si puo calcolare conoscendo [f ] : A0 A [f ] = A0 Applicazioni Lineari 14 A0 CA [f ] A A CA0 Geometria 3.2 Rotazioni in R3 rispetto ad un asse. Politecnico di Torino. Usando: 1) la lettera F per la matrice di f rispetto alla base A; 2) la lettera F0 per la matrice di f rispetto alla base A0 ; 3) la lettera P per la matrice di cambiamento dalla base A alla base A0 , cioe’ P = A0 CA la formula precedente si scrive: F0 = PFP−1 Questa formula sara’ usata quando si parlera’ di diagonalizzazione di una matrice o d’un endomorfismo. Esercizio 3.7. Sia f : R2 → R2 la applicazione lineare al cui matrice rispetto alla base canonica e’ 1 ρ F= ρ 1 Sia A = ((1, 1), (1, −1)) una base di R2 e sia P = A CC . Calcolare la matrice F0 = [f ] . A Esercizio 3.8. Trovare la matrice C [f ]C dove f e’ la applicazione lineare del esempio 2.30. Dopodiche trovare le formule f (x, y) = (f1 (x, y), f2 (x, y), f3 (x, y)). 3.2 Rotazioni in R3 rispetto ad un asse. Supponiamo che ci serve la rotazione R d’angolo θ intorno ad un asse determinato dal − vettore → a . Siccome una rotazione e’ una applicazione lineare bisogna trovare la sua matrice. Normalmente si ha bisogno della matrice di R rispetto alla base canonica di [R] R3 , cioe’ ci serve la matrice C Ecco un modo per trovare questa matrice: − − − − − 1) Si trovano due versori → a 1, → a 2 tale che → a 1, → a 2 e il vettore → a siano tutti perpen− → → − → − → − → − a , cioe’ l’asse della dicolare tra di loro e define base A = ( a 1 , a 2 , a 3 ) dove a 3 = ||− → a || rotazione R e l’asse determinato dal terzo vettore della base A. 2) Si calcolano le matrici di cambiamento di base C CA e la sua inversa Applicazioni Lineari 15 A CC Geometria 3.2 Rotazioni in R3 rispetto ad un asse. Politecnico di Torino. E’ importante osservare che la matrice di R rispetto alla base A e’ cos(θ) − sin(θ) 0 [R] = sin(θ) cos(θ) 0 A 0 0 1 3) Dopodiche la matrice che ci serve e’ il risultato di moltiplicare tre matrici: [R] = C CA [R] C A A CC cioe’ cos(θ) − sin(θ) 0 [R] = C CA sin(θ) cos(θ) 0 A CC C 0 0 1 Nota: Siccome il senzo dell’angolo di rotazione θ puo essere il contrario forse ci serve R−1 , cioe’ la rotazione di −θ intorno all’asse. Ma la matrice di R−1 e’ la sua trasposta, cioe’ [R−1 ] = [R]⊥ C C Esempio 3.9. Ecco come calcolare la rotazione R d’angolo θ rispetto all’asse determi− nato dal vettore → a = (1, 1, 1). − − − −1 −2 , 0), → a 2 = ( √16 , √16 , √ ) e → a 3 = ( √13 , √13 , √13 ). Passo 1. Prendiamo → a 1 = ( √12 , √ 2 6 Passo 2. Ecco la matrice C CA ed ecco la sua inversa = A CC = √1 2 −1 √ 2 0 √1 2 √1 6 √1 3 √1 6 √1 6 −2 √ 6 √1 3 √1 3 √1 3 −1 √ 2 √1 6 √1 3 0 −2 √ 6 √1 3 Passo 3. La matrice di R rispetto alla base canonica di R3 e’ il prodotto Applicazioni Lineari 16 Geometria Politecnico di Torino. √1 2 −1 √ 2 0 √1 6 √1 6 −2 √ 6 cos(θ) − sin(θ) 0 sin(θ) cos(θ) 0 0 0 1 √1 3 √1 3 √1 3 √1 2 √1 6 √1 3 −1 √ 2 √1 6 √1 3 0 −2 √ 6 √1 3 ed eccola qui: 1 3 1 3 1 (1 3 + 2 cos(θ)) √ 1 − cos(θ) + √3 sin(θ) 1 − cos(θ) − 3 sin(θ) 1 3 1 3 √ 1 − cos(θ) − 3 sin(θ) 1 (1 + 2 cos(θ)) 3 √ 1 − cos(θ) + 3 sin(θ) Se l’angolo θ = 60◦ la rotazione e’ 2 3 2 3 − 31 − 13 2 3 2 3 2 3 1 3 1 3 √ 1 − cos(θ) + √3 sin(θ) 1 − cos(θ) − 3 sin(θ) 1 (1 + 2 cos(θ)) 3 − 13 2 3 Esercizio 3.10. Trovare la matrice della rotazione di 60◦ intorno all’asse determinato dal vettore (1, 1, 0). 4 Altra dimostrazione del Teorema del rango Sia A una matrice m × n. Sia RA il sottospazio generato dalle righe di A e sia CA il sottospazio generato dalle colonne di A. Il rango righe di A e’ ρR (A) = dim(RA ) e il rango colonne di A e’ ρC (A) = dim(RA ). Ricordo che il Teorema del rango dice ρR (A) = ρC (A) Ecco una dimostrazione in tre passi. Prima di leggere la dimostrazione e’ conveniente leggere ancora l’esempio 2.22. e se A e A e sono equivalenti per righe. Per Passo 1 Dimostriamo che ρC (A) = ρC (A) dimostrare questo consideriamo le applicazioni lineari fA , fAe : Rn → Rm . Siccome i e = 0 sono equivalenti risulta ker(fA ) = ker(f e) ergo sistemi omogenei A.X = 0 e A.X A dim(ker(fA )) = dim(ker(fAe)) . Quindi usando le due formule n = dim(ker(fA )) + ρC (A) Applicazioni Lineari 17 Geometria Politecnico di Torino. e n = dim(ker(fAe)) + ρC (A) e risulta ρC (A) = ρC (A). Passo 2 Dimostriamo che ρC (E) = ρR (E) per tutte le matrici Echelon E . Il rango righe ρR (E) = r e’ il numero di righe non nulle di E . Osservare che il sottospazio generato dalle colonne di E e’ contenuto nel sottospazio generato dalle prime r colonne canoniche di Rm,1 (poiche’ tutte le righe nulle della matrice E si trovano al disotto la r -esima riga per definizione di matrice Echelon). Quindi ρC (E) ≤ r . Ma le r colonne che contengono gli r elementi speciali sono propio le prime r colonne canoniche di Rm,1 . Dunque ρC (E) = r = ρR (E) Passo 3 Finalmente dimostriamo il teorema del rango, cioe’ ρR (A) = ρC (A) per qualsiasi matrice A. Sia E la matrice Echelon ottenuta da A via il metodo di Gauss-Jordan. La matrice E e’ equivalente per righe ad A e dunque del Passo 1 ρC (A) = ρC (E) . Usando il Passo 2 risulta ρC (A) = ρC (E) = ρR (E) . Siccome ρR (A) = ρR (E) risulta quello che vogliamo dimostrare ρC (A) = ρR (A). QED Applicazioni Lineari 18 Geometria
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