THE OSLO SCHOOL OF ARCHITECTURE AND DESIGN

domus 980 Maggio / May 2014
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THE OSLO SCHOOL OF ARCHITECTURE AND DESIGN
Dal rispetto per la tradizione architettonica scandinava, di Sverre Fehn
e Christian Norberg-Schulz, all’apertura del recente centro di ricerca:
il rettore della Scuola di Oslo traccia i punti salienti di una maniera
d’insegnare che punta sulla stretta collaborazione tra docenti di ambiti
umanistici e scientifici
Photo Espen Grønli
In queste pagine: gli spazi esterni
del campus della Oslo School of
Architecture and Design, AHO, in
diverse stagioni dell’anno. Dal 2001, la
scuola ha traslocato nel centro della
città, vicino al fiume Aker, all’interno
di una ex fabbrica riconvertita,
rinnovata e adattata alle esigenze degli
studenti. La struttura si sviluppa su una
superficie di 10.800 m2. Fondata nel
1945, la AHO è organizzata in 4 istituti:
Architecture; Design; Urbanism and
Landscape; Form, Theory and History.
Il programma di PhD è organizzato
in un’unità a parte. Pagina a fronte:
al centro, l’ingresso principale della
scuola; in basso, l’ingresso della
biblioteca specializzata in architettura,
urbanistica, arte, design e tecnologie
costruttive, ma che dispone anche di
una collezione di volumi di sociologia,
filosofia e scienze
•
These pages: the exterior spaces of
the Oslo School of Architecture and
Design (AHO) campus at different times
of year. Since 2001, AHO has been
located in the centre of Oslo, near the
River Akerselva, in a converted factory
building that has been updated and
modernised to suit the students’ needs.
The facilities cover an area of 10,800 m2.
Established in 1945, AHO is comprised
of four institutes: Architecture; Design;
Urbanism and Landscape; and
Form, Theory and History.
The PhD programme is organised in a
separate unit. Opposite page: centre,
the main entrance; bottom, the entrance
to the library specialised in architecture,
urbanism, art, design and building
technology, and supplemented
by a general background collection
on sociology, philosophy and science
studies
La Scuola di architettura di Oslo fu
fondata nel 1945-46, subito dopo
la Seconda guerra mondiale, con
l’intento di formare gli studenti di
architettura norvegesi costretti dal
conflitto a interrompere gli studi. Tra
questi, molti si erano rifugiati in Gran
Bretagna o in Svezia, oppure erano
entrati a far parte della resistenza
norvegese. Così pareva necessario
organizzare qualche tipo di
programma accademico legato alle
loro esigenze. Quando i corsi presero
avvio, l’istituto faceva parte della
Scuola d’arte e artigianato di Oslo, e
AHO non è diventata un’università
indipendente e specializzata fino
al 1961. Dal 1990, AHO gestisce
anche un programma di dottorato
e, come gran parte delle università
norvegesi, è finanziata con fondi
governativi. Il nostro curriculum
copre discipline come l’architettura,
l’architettura del paesaggio,
l’urbanistica e il design. Tuttavia,
rimaniamo un’istituzione di piccole
dimensioni, con circa 700 studenti,
compresi i 50 dottorandi. La prima
generazione di architetti formati dalla
scuola ha avuto un ruolo centrale
nello sviluppo dell’architettura
norvegese. Alcuni sono entrati a far
parte del personale docente, come,
per esempio, Sverre Fehn, vincitore
del Pritzker Prize, che è stato una
figura centrale; oppure Christian
Norberg-Schulz, un teorico con
importanti contatti con l’Italia, il quale
ha avuto un ruolo fondamentale
nello sviluppo della scuola a partire
dagli anni Sessanta. Nel 2001, la
AHO si è trasferita nella nuova sede
lungo il fiume Aker. La scuola, a
mio avviso, ha tre punti di forza. Il
primo è rappresentato, naturalmente,
dalla tradizione architettonica
norvegese, che rientra nel più ampio
panorama della scuola scandinava,
ma è particolarmente caratterizzata
dall’uso di materiali tradizionali e
dalla capacità di contestualizzare gli
edifici nel paesaggio o nell’ambiente
naturale. Un buon numero di
architetti che stanno ravvivando
questa tradizione dalla metà degli
anni Novanta, come Jensen &
Skodvin, vi hanno insegnato. Si tratta
di una tradizione che Sverre Fehn
ha adattato al contesto norvegese
accentuando particolarmente il
rapporto tra materiali naturali,
paesaggio e architettura. Ciò è
specifico della nostra scuola e ha a
che fare con quella che definiamo
“La Scuola di architettura Scandinava
di Oslo”. In anni recenti questa
influenza può essere rintracciata,
per esempio, nel progetto per gli
itinerari turistici norvegesi, che ha
ricevuto grande attenzione a livello
internazionale.
Il nostro secondo punto di forza è
rappresentato dall’aver sviluppato
sistematicamente un ambiente
di ricerca nel campo della teoria
e della storia dell’architettura,
organizzato in seno all’Oslo Centre
for Critical Architectural Studies
(OCCAS). In generale, la AHO ha
provato a sviluppare un approccio
rappresentato da un’architettura
legata tanto alle scienze sociali
quanto alle discipline umanistiche:
abbiamo cercato la collaborazione
di docenti specialisti in letteratura,
arte e storia delle idee, oltre che
scienziati e docenti di architettura.
Siamo riusciti a concentrare parecchi
sforzi nel costruire un settore di
ricerca capace di guadagnarsi una
reputazione a livello internazionale,
cosa della quale andiamo molto fieri.
Il terzo punto di forza è dato
dal fatto che negli ultimi anni,
all’interno del nostro dipartimento
di Urbanistica, siamo stati tra i primi
a lavorare con le scuole della costa
orientale americana allo sviluppo
dell’urbanistica del paesaggio. Ciò
ha portato alla maturazione di una
forte esperienza nell’ambito di
questa disciplina, valore che negli
ultimi cinque anni abbiamo applicato
anche in una collaborazione con
l’università di Tromsø, nell’estremo
nord della Norvegia, sviluppando
progetti urbanistici e paesaggistici
per la regione di Barents. Gli
aspetti che riguardano le differenti
tappe del percorso educativo
degli studenti, anche se non
completamente, la Dichiarazione
di Bologna. Il nostro corso base
triennale è, nome a parte, un corso
di laurea in piena regola. È seguito
dal nostro programma di master,
della durata di due anni e mezzo,
così che gli studenti frequentano
l’università per un totale di cinque
anni e mezzo. Il programma di studi
è cambiato significativamente negli
ultimi tempi e, nei primi tre anni,
miriamo a fornire le conoscenze di
base nel campo dell’architettura.
Questo sistema offre inoltre agli
studenti l’opportunità d’identificare
i loro profili individuali scegliendo
corsi diversi durante gli ultimi due
anni e mezzo di studio. Il progetto
di diploma – l’ultimo semestre
nei cinque anni e mezzo – ha
un’importanza particolare. Abbiamo
perseguito con determinazione la
volontà di permettere agli studenti di
mantenersi liberi di scegliere il loro
percorso individuale e il loro profilo
durante gli anni del master.
Nel 1990 abbiamo fondato un
istituto di ricerca, probabilmente uno
dei cambiamenti più importanti a
cui la scuola abbia assistito. In pochi
anni, l’iniziativa si è sviluppata in una
struttura con una media che varia
dai 40 ai 50 dottorandi e conferisce
dai sei a dieci dottorati di ricerca
ogni anno, tra cui quello nel campo
del design. Nel 2001 abbiamo
cominciato a considerarci un
ambiente di ricerca, e oggi la AHO
ha una produzione di pubblicazioni
accademiche paragonabile a quella
delle università scientifiche più
specialistiche della Norvegia.
Il rapporto tra insegnanti e studenti
è di uno a nove. Tradizionalmente,
nel campo dell’arte e dell’architettura
tutte le scuole scandinave hanno un
Photo Espen Grønli
Karl Otto Ellefsen
Photo Espen Grønli
Photo Trude Løw Hansen
From respect for the Scandinavian architectural tradition of Sverre
Fehn and Christian Norberg-Schulz, to the recent opening of the
research centre, the rector of the Oslo school outlines the salient points
of a didactic approach that focuses on close collaboration between
teachers of the humanities and sciences
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•
tasso relativamente alto d’insegnanti,
il che naturalmente rappresenta uno
dei motivi della nostra popolarità tra
gli studenti a livello internazionale.
Nel nostro programma didattico
facciamo del nostro meglio
per mantenere vive le capacità
tradizionali. Nei primi anni facciamo
parecchio disegno a mano libera
(abbiamo appositi seminari su queste
tecniche, affidati ad artisti) e abbiamo
una forte tradizione nella produzione
di modelli. Forse la cosa più positiva
dell’avere introdotto il design nei
corsi è che alla AHO abbiamo
cominciato molto presto a lavorare
con la progettazione computerizzata
e con la prototipazione rapida (RPP).
Il dipartimento di Design è stato
tra i primi a lavorare con
il rapid prototype printing: in questo
campo siamo relativamente ben
equipaggiati e non è insolito vedere
piccole stampanti RP sui tavoli
degli studenti. È ovviamente difficile
preservare le tecniche tradizionali
e allo stesso tempo adattarsi il più
rapidamente possibile alle nuove
tecnologie. E non si tratta solo
di una questione ideologica: quando
abbiamo cominciato a lavorare col
digitale, ci siamo presto trovati in
grande vantaggio rispetto agli studi
di architettura norvegesi;
i nostri studenti erano molto richiesti
sul mercato, in quanto capaci di
usare particolari software e la
stampa digitale, cosa che gli studi
non erano ancora in grado di fare.
Riguardo all’organizzazione, la scuola
è guidata da un rettore che, oltre alla
didattica, è responsabile dell’aspetto
economico e amministrativo.
Tradizionalmente, il ruolo del rettore
è cruciale. Per quanto mi riguarda,
ho assunto l’incarico dopo aver
tenuto la cattedra di Architettura
e urbanistica. Attualmente presiedo
anche la EAAE, l’associazione delle
scuole di architettura europee.
La scuola di Oslo è divisa in quattro
istituti, tre dei quali sono legati
al settore dell’architettura. Il
primo, l’Istituto di architettura,
si occupa essenzialmente della
progettazione di edifici; il secondo
è l’Istituto di Forma, storia e teoria,
che rappresenta l’equivalente di
un istituto di “critical studies” nel
contesto anglosassone. C’è poi
l’Istituto di urbanistica e paesaggio.
Gli studenti di architettura e quelli di
architettura del paesaggio scelgono
corsi gestiti da questi tre istituti,
che sono tutti impegnati tanto nel
programma base triennale quanto
nel master. Se diamo un’occhiata ai
numeri, circa la metà degli studenti
appartiene all’Istituto di architettura,
mentre gli altri due istituti hanno un
25 per cento di studenti ciascuno.
La nostra scuola fa decisamente
riferimento alla tradizione
accademica.
Non ha l’impronta di un politecnico,
ma si avvicina piuttosto al metodo
educativo delle scuole d’arte.
Gran parte della formazione degli
studenti avviene tramite il lavoro
in studio e seminari. Le materie
più tecniche sono per quanto
possibile insegnate all’interno dei
programmi in studio. Se guardiamo
al contesto scandinavo, penso
che la Scuola di architettura
dell’Accademia di Copenaghen e
la Scuola di architettura e design
di Oslo siano i due istituti più
chiaramente improntati a una
tradizione accademica di tutto il
Nord Europa. Questo significa anche
che uno dei nostri punti di forza è
stata l’attenzione alle competenze
tradizionali come il disegno e
lo sviluppo dei modelli. In più, ci
siamo molto sforzati nello sviluppo
concettuale dell’architettura, il che
credo rappresenti un aspetto molto
importante del nostro lavoro.
Dieci anni fa ricevevamo pesanti
critiche e venivamo accusati di
formare studenti professionalmente
carenti: così abbiamo modificato il
nostro corso triennale e oggi siamo
in grado di preparare gli studenti del
primo corso di laurea con il livello di
professionalità richiesto dal mercato.
È stato inoltre molto importante
fornire loro la capacità di cooperare
con altri settori professionali, questo
in risposta ai cambiamenti nel
modo in cui i progetti vengono oggi
sviluppati. I nostri studenti sono
preparati ad adattarsi a situazioni in
cui non ci sono figure di riferimento
assolute, ma bisogna saper
collaborare in modo efficace con altri
professionisti.
•
This page, right: students preparing
for the “AHO Works Diploma”
exhibition, which presents projects,
works and studies carried out by
students during the year.
The gallery faces the School of
Architecture and Design courtyard.
This page, below: open critique
sessions are held on most
of the courses at AHO, where students
present their final projects to encourage
public debate
A destra: gli studenti al lavoro
per l’allestimento della mostra “AHO
Works Diploma” con i progetti, lavori
e ricerche svolti nel corso dell’anno
all’interno della AHO Gallery, che si
affaccia sul cortile della scuola.
Pagina a fronte, al centro: nella maggior
parte dei corsi della AHO sono previste
sessioni di critiche aperte, durante
le quali gli studenti presentano i loro
progetti finali stimolando la discussione
pubblica
Photo Trude Løw Hansen
Right: view of the “AHO Works
Studio” exhibition at the AHO Gallery,
a non-commercial venue dedicated to
the display of architecture and design,
as well as a showroom for student and
research activities. Bottom, this and
opposite page: AHO’s workshop wing
is located on the ground floor, with the
main departments for wood, plastic and
metal. In addition, there is a full-scale
construction hall, a student workshop
and a workshop for rapid prototyping
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Photo Espen Grønli
A destra: la mostra “AHO Works Studio”
alla AHO Gallery, sede non commerciale
per esporre progetti di architettura e
design, e lavori di studenti. In basso e
pagina a fronte, in basso: al piano terra
della scuola si trovano i laboratori,
principalmente dedicati alla lavorazione
del legno, della plastica e dei metalli.
Inoltre, sono a disposizione degli studenti
una sala per la realizzazione di modelli in
scala reale, un laboratorio per gli studenti
e uno per la prototipazione rapida
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Studenti Master/Graduate students
650
Studenti PhD/PhD students
50
Personale/Staff
135
Docenti/Professors
27
Strutture/Facilities
Studi/Studios
2,325 m2
Aule/Classrooms
210 m2
Laboratori e sala di modellistica/
Workshops and construction hall
800 m2
Auditorium/Auditorium
443 m2
Spazio espositivo/Exhibition space
103 m2
Laboratorio di prototipazione rapida/
Rapid prototyping lab
86 m2
Attrezzature e strutture informatiche/
Computer output facilities
75
Caffetteria/Cafe
230 m2
Biblioteca AHO/AHO library
990 m2, 58,900 volumi/volumes, 200
abbonamenti a riviste cartacee/print journal
subscriptions, 2,090 riviste digitali/e-journals,
400 video/films
Photo Espen Grønli
Corsi/Programmes
Master of Architecture, Master of Design,
Master of Landscape Architecture,
Master of Urbanism, Master of
Architectural Conservation, PhD
THE OSLO SCHOOL OF
ARCHITECTURE AND DESIGN
The school was founded right
after World War II in 1945-46 as
a way of educating students of
architecture from Norway whose
studies had been interrupted by
the war. They had been in Britain
or Sweden, or had been in the
resistance in Norway, and some kind
of educational programme had to
be established for them. When the
programme began, the school was
part of the Arts and Crafts School in
Oslo. AHO became an independent,
specialised university in 1961. Since
1990, AHO has been developing the
doctorate programme and remains
independent and specialised, and
like most universities in Norway,
AHO is funded by the government.
Our curriculum deals with
architecture, landscape architecture,
urbanism and design. However, we
are a very small school with about
700 students in total, including
the 50 doctoral students. The first
generation of architects to be
educated at the school had a very
decisive role in the development of
Norwegian architecture. Some of
them went on to teach at the school,
such as the Pritzker Prize winner
Sverre Fehn, who was a key person,
and Christian Norberg-Schulz, the
theoretician with strong links to Italy
who played a fundamental role in
the school’s development from the
1960s onwards. AHO moved to
new surroundings and new buildings
along the Aker River in Oslo around
the year 2000. The school has three
great strengths that I would like to
mention in particular.
The first is of course the Norwegian
tradition in architecture, which is part
of the Scandinavian tradition, but is
particularly strong in using traditional
materials and contextualising
buildings into landscapes or
natural contexts. Quite a few of the
architects who have been renewing
these traditions since the mid1990s, such as Jensen & Skodvin,
have also taught at the school.
It was a tradition adapted by Sverre
Fehn to a Norwegian context with
a focus on the relationship between
Photo Taral Jansen
Il testo è tratto da una conversazione
tra Karl Otto Ellefsen rettore della Oslo School
of Architecture and Design, e Spartaco Paris
(Centro Studi Domus) avvenuta nel febbraio 2014
• This text is taken from a conversation between
Karl Otto Ellefsen – the rector at the Oslo School
of Architecture and Design – and Spartaco Paris
(Domus Study Centre) in February 2014
Photo Espen Grønli
THE OSLO SCHOOL
OF ARCHITECTURE AND DESIGN (AHO)
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Architecture comprendeva, tra le altre
cose, un’aqua farm sul lago; in basso,
Building in Nusfjord, Lofoten, progetto
di Scarcity and Creativity in Latitude 68N
è una struttura in legno che comprende
una sauna e due bagni (Master,
Architectural studies, 2013). Il progetto
coordinato da Michael U. Hensel e
Christian Hermansen aveva l’obiettivo di
implementare le strutture turistiche già
presenti sulle isole Lofoten
we also started seeing ourselves
as a research environment, and
today AHO has a research output
comparable to more traditional
specialised scientific universities in
Norway. The ratio between teachers
and students is around one to nine.
All Scandinavian schools traditionally
have a relatively high ratio of
teachers in art and architecture
schools, and of course this is one
of the reasons why we are very
popular with international students.
In our education, we try to keep up
the traditional skills. We do quite
a lot of hand drawing in the first
years (we provide training in these
techniques and have artists attached
to the school) and we have a strong
tradition of making physical models.
Perhaps the most positive thing that
comes from bringing design into the
school is that AHO started working
with computerised design and rapid
prototype printing at a very early
stage. The design department was
among the first to work with rapid
prototype prining. We are relatively
well-equipped in this field, and
it is not uncommon to see small
RP printers on students’ tables,
especially in our design department.
Of course, it is difficult to maintain
traditional skills while at the same
time adapting as effectively as
possible to new technologies. This is
not just a question of ideology. When
we started to work digitally, we were
well in front of Norway’s architecture
studios, so our students became
very popular in the labour market
because they were equipped with
skills in computer programmes and
digital drawing that ordinary offices
did not have the capacity to master.
Regarding the organisation, the
school is headed by a rector with full
responsibility for the administrative
and economic side of the school.
Traditionally, the rector’s role is
crucial within the school. As rector,
I was recruited from my position
as professor in architecture and
urbanism. I am currently also
the president of the EAAE, the
association for all architectural
schools in Europe. The school in
Oslo is divided into four institutes,
three of which are related to the
field of architecture. The first is the
Institute of Architecture, which is
essentially concerned with buildings.
The second is the Institute of Form,
History and Theory. This would be
equivalent to an institute of critical
studies in an English-speaking
context. Then there is the Institute of
Urbanism and Landscape. Students
of architecture and students in
landscape architecture pick courses
from all three institutes, which are
all engaged in both the three-year
basic programme and the master’s
course. If you look at the number of
students, around half are with the
Institute of Architecture. The two
other institutes each have around
25 per cent of the student body.
Our school definitely belongs to an
academy tradition. It is not part of
a polytechnic history and is closely
related to the teaching in art schools.
Most of the student’s education
comes from studio work and
workshops. The more polytechnic
fields are as far as possible taught
within the studio programmes.
If you look at the Scandinavian
context, I think that the School
of Architecture at the Art Academy
in Copenhagen and the Oslo School
of Architecture and Design would be
the two schools in Northern Europe
that most clearly lean towards an
academy tradition. This also means
that one of our strengths has been a
focus on traditional crafts – drawing,
developing models, etc. In addition,
we have put a lot of effort into
developing architecture conceptually.
I think that has been a very
important aspect of our work. Ten
years ago we were heavily criticised
for not making our students
professional enough, and we
changed our bachelor’s programme
in response. We are now capable
of producing graduate students
with the level of professional quality
society needs. It has also been very
important to provide the ability to
cooperate with other professional
fields, due to the change in how
projects are developed. Our students
are trained to adapt to situations
where they are no longer kings but
have to cooperate effectively with
other professionals.
Photo Espen Grønli
In questa pagina: due mostre di progetti
degli studenti alla School of Architecture
and Design di Oslo. Pagina a fronte,
a sinistra: un’installazione luminosa
interattiva alla mostra “Oslo Lux”
2013, all’interno della AHO Gallery; in
basso, Patrycja Perkiewicz, Ebb & Flow,
scenario per una riconversione e un
utilizzo sostenibile delle risorse e del
territorio di Årdal, Norvegia. Il progetto
sviluppato per il Master in Landscape
Photo Espen Grønli
natural materials, landscape and
architecture. This is specific to
AHO and deals with what we call
the “Oslo School in Scandinavian
Architecture”. In recent years
the influence can be read, for
example, in the Norwegian tourist
routes project that has received
a lot of international attention.
A second strength is that we
have systematically developed
a research environment within
architectural theory and history,
organised within the Oslo Centre
for Critical Architectural Studies
(OCCAS). Generally, AHO has tried
to develop an environment dealing
with architecture that touches on
both the humanities and the social
sciences – we have recruited
university lecturers in the humanities,
specialists in literature, art and the
history of ideas, as well as scientists
and professors of architecture.
We have been able to focus quite
a lot of effort into building up an
internationally acclaimed research
environment, of which we are very
proud. A third strength is that in
recent years, within our urbanism
department, we have been among
the first to work with the American
East Coast schools in developing
landscape urbanism. This has
led to a strong curriculum and an
academic environment for dealing
with landscape architecture and
landscape urbanism. In the last five
years, we have also been working
with the University of Tromsø, in
the far north of Norway, developing
landscape urbanism for the Barents
region. Aspects concerning the
different stages in the educational
path that students follow have been
adapted to the Bologna Declaration,
though not fully. Our three-year
basic course is a bachelor’s degree
in all but name. This is followed
by the master’s programme,
which lasts two and a half years,
so students attend the university
for about five and a half years in
total. The curriculum has changed
significantly in recent years, and we
aim to provide a basic knowledge
of architecture in those first three
formative years. This system also
gives students the opportunity to
work out their individual profiles by
selecting different studio courses
during the last two and a half years
in the school. The diploma project
– the last semester of the five and
a half years – is very important
in the school. We have pursued a
strong intention to allow students
to keep the freedom to select their
individual way and profile through
the master studies. In 1990 we set
up a research school – probably one
of the most important changes our
school has seen. Within a few years
the initiative developed into
a school with around 40 to 50 PhD
candidates. We award from six to ten
PhD degrees each year, including
in the field of design. In 2001
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•
Opposite page: two exhibitions
of projects by students at the Oslo
School of Architecture and Design.
This page, left: an interactive light
installation at the “Oslo Lux” exhibition,
2013, at Gallery AHO. Below: Patrycja
Perkiewicz, Ebb & Flow, scenario for
the reconversion and sustainable re-use
of resources and land in Årdal, Norway.
The project developed for the two-year
Landscape Architecture master’s course
also included an aqua farm on the lake.
Bottom: Building in Nusfjord, Lofoten,
by Scarcity and Creativity in Latitude
68N is a wooden structure containing
a sauna and two baths (master’s
course in Architectural studies, 2013).
The project coordinated by Michael U.
Hensel and Christian Hermansen aimed
to expand and improve the tourist
structures and facilities already present
on the islands of Lofoten