28/05/2014 Pag.40 Donna Moderna (diffusione:457978, tiratura:556329) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato donne moderne Da adolescente arrabbiata a economista di fama mondiale. Irene Tinagli ha un nuovo obiettivo: accendere nei giovani la scintilla della speranza. E il coraggio di credere nel loro talento di mariella boerci scrivile a [email protected] 40 www.donnamoderna.com c_2 DM_23_40_DONNA MODERNA-.indd 40 23/05/14 21.15 Franceschin basta parlare di crisi: oggi ci sono molte più opportunità di ieri 28/05/2014 Pag.40 Donna Moderna (diffusione:457978, tiratura:556329) La copertina di Un futuro a colori (Rizzoli), il saggio appena pubblicato da Irene Tinagli. «La rabbia dei giovani di oggi? Da ragazza l’ho provata anch’io. Tanta. L’ho ritrovata tutta qualche tempo fa, nelle pagine di un vecchio diario saltato fuori durante un trasloco. Avevo 14 anni, vivevo a Empoli, e scrivevo: “Me ne devo andare”. Avevo la sensazione che il mondo fosse fuori dalla mia piccola città, e sogni che mi portavano lontano». Oggi Irene Tinagli, 40 anni, è un’economista di fama internazionale: premiata nel 2010 dal World economic forum come Young global leader, è stata consulente del Dipartimento affari economici e sociali all’Onu e adesso è deputata per Scelta civica. Ha appena scritto un libro che, dati i tempi, con la disoccupazione giovanile al 40%, suona quasi come una provocazione: Un futuro a colori. Scoprire nuove opportunità di lavoro e vivere felici (Rizzoli). Non è un titolo troppo ottimista? «No, tutto sta nell’alzare lo sguardo sul mondo. Nonostante la crisi, in Europa ci sono 2 milioni di posti vacanti che le imprese non riescono a coprire. È vero che ogni giorno sentiamo storie di giovani mortificati nei sogni e nelle speranze. Però, oggi più che negli anni scorsi, i ragazzi hanno opportunità per realizzarsi nel mercato del lavoro migliorando la loro condizione economica e sociale». Sembra un controsenso. «Lo so, si fa fatica a spiegare come sia possibile che per alcuni il mondo sia crollato mentre per altri si siano aperte prospettive promettenti. Però il paradosso è solo apparente. Perché è dall’enorme cambiamento che ha travolto la società che sono emersi nuovi bisogni, nuove professioni e nuove possibilità. So benissimo che non è facile, che molti sono condizionati dal contesto in cui sono nati e in cui crescono, dalla famiglia, dalle aspettative che influenzano le loro scelte». Non avevo alle spalle nessuno, un nonno operaio e l’altro sarto, genitori impiegati e nessun patrimonio di famiglia. Ma ero convinta che l’istruzione e la preparazione potessero portarmi altrove e per questo ho studiato fino a sfinirmi». Perché si è iscritta a Economia? «In realtà ero innamorata della Filosofia e della Matematica, però non vedevo sbocchi professionali, così ho scelto la Bocconi: una bella carta da poter giocare al meglio sul mercato del futuro. Ma senza chiedere soldi alla famiglia, solo con borse di studio». È stata più razionale che passionale. «A volte è necessario esserlo. La laurea è un investimento e affidarsi solo ai desideri e alle inclinazioni significa limitare la capacità di valutare tutte le opportunità di cui si dispone. Soprattutto nei primi anni ho sofferto tanto. A un certo punto ho avuto anche la tentazione di mollare. Per fortuna sono partita per la Danimarca con un progetto Erasmus. E, con insegnanti stranieri e un modo diverso di imparare, ho cominciato ad appassionarmi all’economia. Quella è stata la svolta. Dopo non mi sono più fermata: la valigia sotto il letto bruciava, non volevo perdere nessun treno. Non ho mai avuto paura di buttarmi. La mia paura, semmai, è quella di avere rimpianti, di perdere un’occasione». Ne ha perse? «Non mi pare. Sono una che non sa dire di no, è un difetto che mi rimprovera sempre la mia mamma». Ha dovuto sacrificare la vita privata? «Solo negli anni dell’università, e non sempre. Diciamo che ho lasciato sulla strada un paio di fidanzati, ma all’epoca il mio obiettivo non era l’amore. Quello è arrivato mentre facevo domanda per andare a studiare negli Usa. La stava facendo anche lui, ci ho attaccato bottone così. Entrambi avevamo una forte motivazione, la stessa ambizione: questo ci ha messi e ci ha tenuti insieme tra città e Paesi diversi, tra convivenze e separazioni forzate. Tanto che ci abbiamo pensato 12 anni prima di mettere al mondo un figlio, che è nato 9 mesi fa». Oggi qual è il suo obiettivo? «Provare a costruire l’Italia in cui avrei voluto vivere quando me ne sono andata. È la ragione per la quale sono tornata, per dare ai giovani scintille di speranza. Sono molti i ragazzi che mi scrivono, mi fermano, mi fanno delle domande semplici e, allo stesso tempo, difficilissime. “Mi conviene studiare?”.“Come scelgo l’università?”. “Come faccio a capire il mio talento?”. “Perché tutti i miei compagni hanno successo e io no?”. Sono dubbi che non possiamo ignorare. Perciò ho scritto questo libro: per rispondere là dove posso, senza la pretesa di dispensare ricette né certezze. Sento forte il desiderio di tornare ai miei studenti e alla mia vita. E di crescere mio figlio, che ha pochi mesi. Quando lo guardo, mi chiedo se un giorno avrò la forza di spingerlo ad andare per il mondo, di permettere che compia le sue scelte in totale libertà. Spero di riuscirci. E spero che, in quel percorso, lo affianchi qualcuno che non gli tarpi le ali, ma voli con lui aiutandolo a essere felice. Come è stato per me con suo padre». Sono una che non sa dire di no: è il difetto per cui mi rimprovera sempre mia madre Franceschin Lei come ha fatto a realizzare i suoi sogni di ragazza? «Quando ero un’adolescente che voleva andarsene, ero arrabbiata anche perché pensavo che difficilmente il mio destino mi avrebbe portata fuori dalla provincia. Un posto da insegnante in una scuola di Empoli mi sembrava già un obiettivo ambizioso. Ad accendere la scintilla è stato uno zio laureando in Psicologia che, dopo un’estate in America, mi ha aperto una finestra su una realtà sconosciuta: “Irene, vai, ci sono grandi possibilità” mi ha detto. Se lo zio pensava che potevo farcela, magari era proprio così. Piano piano ho cominciato a sognare orizzonti diversi. Il mio obiettivo era conoscere il mondo, imparare tutto quello che c’era da imparare, lavorare e rendermi indipendente. www.donnamoderna.com 41 c_2 DM_23_40_DONNA MODERNA-.indd 41 23/05/14 21.15 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato donne moderne
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