Untitled - Aracne editrice

A
Disegni: Francesco Di Ludovico
Disegni a p.  e a p. : Álvar Aparicio Tejido
Gli Autori declinano ogni responsabilità derivante dall’uso improprio delle piante e dei
funghi citati nel presente libro.
Francesco Di Ludovico
Alfonso Julio Aparicio Mena
Le piante della coscienza
Copyright © MMXIV
ARACNE editrice int.le S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Quarto Negroni, 
 Ariccia (RM)
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: dicembre 
Al di sopra degli stagni, al di sopra delle valli,
monti, selve, nubi e mari,
oltre il sole e le atmosfere
e i confini celestiali delle sfere siderali,
tu ti libri, spirito mio, con perfetta agilità;
e, come eccelso nuotatore che sta in estasi nell’onda,
la profonda immensità l’attraversi con fervore
e indicibile e virile voluttà.
Vola via da questi miasmi pestilenti,
va’ a purificarti nell’aria superiore,
e bevi il fuoco cristallino, liquore
puro nonché divino, degli spazi trasparenti.
Accantonàti il tedio e i crucci ampi
che appesantiscon gravi la realtà brumosa,
felice è colui che può, con ala vigorosa,
elevarsi su limpidi e sereni campi;
colui i cui pensieri, come lodole in libere volute,
al mattino verso il cielo s’involano in salita,
– colui che plana sulla vita e sa capir senza fatica
il linguaggio dei fiori e delle cose mute!
C. Baudelaire; Elévation. 1856
[Traduzione di Francesco Di Ludovico]
INDICE
PRESENTAZIONE
9
PREFAZIONE
13
LA COSCIENZA E LE PIANTE
La «coscienza»
19
Due esperienze sulla coscienza
59
Le entità animiche
69
Il “divino” nel mondo vegetale
85
La morte dell’Ego
105
Conclusioni
115
IN EUROPA
Piante magiche in Europa
125
Mandragora officinarum L.
135
Atropa belladonna L.
139
Vitis vinifera L.
141
Claviceps purpurea (Fr.) Tul.
145
IN AMERICA
Nel Nuovo Mondo, oggi
151
Banisteriopsis caapi Morton
167
7
8
Lophophora williamsii (Lem.) Coult.
175
Psilocybe spp.
179
Salvia divinorum Epl. & Jativa–M.
185
Echinopsis pachanoi Britt. & Rose
187
Turbina corymbosa (L.) Raf.
191
IN ASIA
L’haoma della Persia
197
Il volo sciamanico
203
Amanita muscaria (L. ex Fr.) Pers.
209
Datura e Brugmansia spp.
215
IN AFRICA
Nella terra d’Egitto
221
Tabernanthe iboga Baill.
223
IN OCEANIA
I sentieri dei sogni
229
Duboisia hopwoodii F. Von Müll.
231
FARMACOLOGIA DEGLI ALLUCINOGENI
235
RINGRAZIAMENTI
247
BIBLIOGRAFIA
249
PRESENTAZIONE
Sono davvero lieto e onorato di fare la presentazione a questo testo.
Gli apporti antropologici in esso presenti sono costituiti da rigorose
descrizioni e rappresentano una luce nuova nell’orizzonte della ricerca
più attuale in àmbito tanto nazionale quanto internazionale. Il rilevante
retaggio culturale proprio della Spagna, più in generale europeo e
quello ancor più magico e misterioso dei Paesi americani come il
Messico conferiscono rigore scientifico a tutto ciò che verrà esposto in
questo libro e di cui il Lettore si accorgerà.
L’amicizia che mi lega al Dott. Alfonso Aparicio mi ha offerto la
possibilità di passare splendidi momenti a discutere con lui su questioni attuali che preoccupano il nostro mondo; argomenti in cui la
scienza tecnologica e, perché no?, l’Arte del Sapere, in questo momento e in futuro, daranno le debite soluzioni, nella speranza che lo
facciano infuse di quello spirito universale da cui ogni azione umana
deve essere animata, cioè l’amore. Quel tipo di Amore Universale che
esiste in Madre Natura e che va inevitabilmente unito ad altri due concetti eterni e da non dimenticare mai: la Giustizia e la Pace.
Che la lettura di questo libro, degli autori Francesco Di Ludovico e
Alfonso Aparicio Mena, apra la mente e la coscienza dell’uomo all’eternità della nostra esistenza e infonda serenità al nostro animo. Serva
tutto il vostro sforzo, Alfonso e Francesco, per continuare a svelare
quella grande quantità di mistero occulto che rimane da scoprire e da
portare alla luce.
Con tutto il mio affetto e con riconoscenza
Prof. Manuel Berrocal Del Brío
Università di Valladolid
Palencia, Spagna
20 Marzo 2014
9
10
Le piante della coscienza
Presentazione a «Le piante degli dèi», 2012.
All’inizio del mio percorso di studio sulle sostanze naturali, più
volte mi sono sentito dire che «le piante medicinali non sono uno scrigno chiuso e misterioso, ma un contenitore aperto ricco di principi attivi». Ciò che fa la differenza è possedere la chiave e, ancora di più,
saper riconoscere i tesori contenuti nello scrigno.
Gli Autori di questo libro ci accompagnano in uno scenario quasi
del tutto inesplorato, quello delle piante e dei funghi ad azione allucinogena. Guidandoci con competenza a nuove scoperte e stimolando
continuamente la riflessione del Lettore, il testo va decisamente oltre
l’aspetto terapeutico delle sostanze descritte e ci introduce in una profonda analisi etnobotanica ed antropologica, storica e mitologica, filosofica e religiosa di popolazioni non solo mesoamericane. Supportato
col lavoro demologico sul campo del Dott. Alfonso Julio Aparicio
Mena, l’equilibrio derivante tra la sezione antropologica, etnobotanica
e farmacologica forma un complesso di rara amabilità.
L’argomento è originale soprattutto perché tale è l’approccio degli
Autori nei riguardi di sostanze psicoattive, considerate in un contesto
culturale in cui la “percezione allargata” e la “visione” rappresentano
un mezzo che individui preparati e predisposti conoscono e utilizzano
per curare, aiutare e unire la comunità.
Come docente del Master di II livello in Fitoterapia dell’Università
degli Studi di Siena, ho avuto l’onore e la fortuna di osservare i progressi dell’indagine del Dottor Francesco Di Ludovico sulle piante e i
funghi descritti nel testo e non posso non sottolineare come Francesco
sia l’esempio dello studioso contemporaneamente «classico e romantico» —per dirla alla Robert M. Pirsig—, che unisce il suo rigore di
medico alla passione per l’etnobotanica.
Le piante medicinali, d’altra parte, non possono essere studiate in
modo asettico e in maniera meccanica, perché la loro inestimabile ricchezza risiede proprio nella complessità, nella sinergia tra i compo-
Presentazione
11
nenti di un fitocomplesso, nella modulazione di diversi bersagli biologici, nella capacità di attivare dei costituenti o mitigarne la tossicità.
Qui gli Autori ci forniscono interessantissimi input di ricerca su
specie botaniche tristemente conosciute solo per il loro utilizzo edonistico e come “smart drugs”, che dimostrano invece di possedere attività biologiche non ordinarie, molte delle quali ancora tutte da studiare.
Ecco, allora, che la conoscenza, la ricerca e lo spirito di osservazione sono la chiave e la mappa che permettono di inserirsi nell’affascinante mondo dell’etnofarmacologia e della fitoterapia, valorizzando uno strumento terapeutico ancora oggi di primissimo piano.
Marco Biagi Ph.D.
U.O. di Biologia Farmaceutica
Dip. Scienze Ambientali
Università degli Studi di Siena
PREFAZIONE
Gli analfabeti del XXI secolo
non saranno coloro che non sanno leggere o scrivere,
ma saranno quelli che non riusciranno
ad imparare, disimparare e rimparare.
Alvin Toffler
Non c’è dubbio, per il pensiero soggettivo di taluni e per alcune
popolazioni ancestrali, che in questa vita esistono un “qualcosa di più”
e un “oltre”. Un qualcosa di più che è essenziale ma impercettibile;
che, nonostante il nostro egoistico sforzo, rende apparente la nostra
realtà, facendocela diventare insignificante oppure inaspettatamente
affascinante. Un qualcosa di più che ci fa cadere in una trappola paradossale: in un vortice ascendente o discendente, secondo il nostro desiderio; che per la nostra condizione umana è più facile respingere o
stigmatizzare. È, di fatto, un qualcosa di più che potrebbe turbare i
tuoi sonni sereni se ti chiedi chi sei e perché sei venuto al mondo.
E, fuori dall’ordinario, un “oltre”. Oltre i sensi e i luoghi, al di là
del sogno e del reale, oltre la vita e la morte; l’assoluto: insieme essere
e non–essere. Seguaci di una sapienza genuina, dovremmo aspirare alla conoscenza della realtà vera, non di quella che semplicemente appare ai nostri occhi. Una realtà totalizzante, che abbraccia l’ultraterreno:
che trascende i concetti di spazio e di tempo, la dualità e la logica
umana; per conoscere la quale dobbiamo accettare criteri non ordinari
di approccio e usare metodi extra–razionali di comprensione. Il modo
di vedere il mondo da parte di alcune popolazioni “primitive” diventa,
così, foriero di una realtà scomoda che al giorno d’oggi mette in dubbio
consolidate certezze, infrange sogni di grandezza (effimera), fa emergere una verità più alta ove l’essere si fonde col non–essere, l’ordine si
alimenta di caos e la vita cessa di essere il valore primario.
13
14
Le piante della coscienza
Qui vogliamo, tuttavia, lasciare da una parte le questioni retoriche
che potrebbero, forse, aiutarci a rispondere a tali domande. Affidiamo
al Lettore il darsi, da solo, le risposte; che sia lui a dare un senso ai
concetti soggettivi di «realtà», «coscienza» e «divinità», fra i tanti.
Lasceremo parlare le “piante sacre”, quello spirito che vive in ogni cosa, e che la loro voce sublime esca dai fruitori saggi affinché costoro
regalino le proprie visionarie parole di Conoscenza al mondo apparentemente tangibile pur trasponendole in termini forzatamente umani. Ci
faremo prendere per mano da tali piante, come se fossero casti e
schietti bambini; e, in seguito a un atto introspettivo, permetteremo
che esca il bambino che a volte si affaccia timidamente (nella misura
in cui glielo consentiamo) dal nostro interno di adulti. Piante sacre che
ci piace chiamare «enteogene», dato che da esse sorge il divino o che
tirano fuori la divinità che è in noi; piante dette anche “maestre” o “di
potere”, poiché insegnano e permettono: danno chiaroveggenza ed
elargiscono consigli. Ci renderemo conto che quel “qualcosa di più” lo
possiamo far coincidere con la “coscienza” o, forse, con lo “spirito”.
A partire dalla revisione e ampliamento del precedente nostro testo,
«Le piante degli dèi», i vegetali qui presentati sono stati scelti soprattutto per l’informazione associata che ci è stata trasmessa dai membri
di culture con cui siamo venuti in contatto. Tali piante, provocando i
cosiddetti «stati alterati della coscienza» e l’accesso a onirici “mondi
sovrumani”, ci hanno fatto avvertire l’esigenza di approfondire alcune
tematiche per capire meglio il loro uso e le esperienze da esso derivate.
Tramite il lavoro sul campo e l’analisi critica propria di una ricerca
antropologica abbiamo voluto contribuire alla bibliografia esistente
sui vegetali enteogeni, approfondendone gli aspetti tanto demologici
quanto scientifici. Nato con l’intenzione di evidenziare l’importanza
che nella ricerca del sovrumano hanno alcuni elementi naturali, soprattutto vegetali e funghi, il presente testo vuol mostrare le caratteristiche attribuite a essi e le particolarità di alcuni loro utilizzi; caratteristiche che, includendo il campo del benessere e della terapia, riescono
a raggiungere contesti sovrasensoriali reputati da parte dei nostri informatori come spazi speciali di cura e di conoscenza personali e di
gruppo. Ci interessa, di fatto, conoscere non soltanto le loro caratteristiche botaniche, cliniche e farmacologiche, ma soprattutto tradizionali: il come e il perché questi vegetali siano (e siano stati) usati.
Prefazione
15
Le riflessioni che esponiamo nella prima parte del testo le abbiamo
finalizzate a inquadrare nell’ottica più conveniente possibile l’uso delle
“piante sacre” fatto nei vari àmbiti storici e sociali, il carattere liturgico
e la soggettività dei loro effetti. Le alterazioni dello stato di coscienza
indotte dall’uso di questi vegetali sono state vissute in modo molto variabile secondo le modalità di approccio del consumatore; altre differenze sono relative al contesto comunitario, ai propositi prefissati, alle
interpretazioni degli effetti raggiunti e alla predisposizione mentale del
fruitore. Queste diversità dipendono soprattutto dalla variabilità culturale (credenze, conoscenze, convinzioni, ecc.) con cui il soggetto si
orienta alle esperienze psicotrope e dalle sue condizioni psichiche
(temperamento, sensibilità, predisposizione, condizionamenti, ecc.).
L’analisi sulle “piante della coscienza” ci ha quindi invitato a sondare le radici della percezione personale e a portare a termine una ricerca introspettiva oltre che sul campo. Motivo naturale per conoscere noi stessi, ci ha suggerito che quando l’essere umano si rende conto che la saggezza genuina proviene dalle cose semplici e trasparenti
capirà perché è importante conoscere l’impercettibile e avere esperienza della realtà quotidiana, e che egli è contemporaneamente regista e spettatore della propria vita e che il divino è anche dentro di sé.
Le piante sacre ci avvicineranno, dunque, a un senso della realtà
completamente nuovo; a un senso che alla fine scioglierà i vincoli
stretti di ciò che è ovvio, comune, omologato, esente da critica, passivamente accettato. Con l’“unione mistica” tramite la “morte dell’Ego”,
che l’uso congruo degli enteogeni sembra permettere, l’essere umano
potrà comprendere che è indissolubile parte del Tutto ed è detentore di
un’essenza sacra, e che la Natura e la natura umana sgorgano da una
fonte comune. Il prodotto tra il “qualcosa di più” e l’“oltre”, l’Assoluto, il divino capace di dare senso alla vita, essenza immanente e
trascendente, si spoglierà dei suoi vestiti umili e si esibirà in tutto il
suo splendore, presentandosi come un atto d’amore: fatto di un bene
disinteressato e puro, vero tesoro del saggio; dove il tesoro è velato ed
evidente, lontano e vicino, fuori e dentro di noi, e dove il saggio è colui che sa vedere oltre ed è capace di dare valore a questa visione.
Gli Autori
LA COSCIENZA E LE PIANTE
Essere uno col tutto,
questa è la vita degli dèi, questo è il cielo per l’uomo!
Essere uno con tutto ciò che vive,
tornare, in un beato oblio di sé, nel tutto della natura,
questo è il vertice dei pensieri e della gioia,
questa è la sacra vetta del monte, la sede dell’eterna quiete,
ove il meriggio perde la sua afa e il tuono la sua voce.
F. Hölderlin; Iperione. 1797–1799
La «coscienza»
Non sapremo mai
se i gerani sul balcone del vicino
procurano a lui la stessa sensazione di rosso
che hanno per noi.
Daniel Dennett
La realtà della realtà
Si dice che la vista è il senso principale. Luce e colore ci accompagnano per tutta la vita. Alcune persone, per vari motivi, non vedono;
gli altri sensi completano le loro percezioni. Ciò che viene percepito
grazie al concorso di tutti i sensi aiuta a costruire l’esperienza, la quale si completa con i contributi apportati dalla “coscienza” (pensieri,
idee). La “realtà” ci appare, dunque, come l’esperienza personale che
facciamo di ciò che ci si mostra manifesto. Di fatto, anche quelle oggettività che sono ben definite, palesi, incontrovertibili, assiomatiche,
affinché ne abbiamo consapevolezza hanno dovuto attraversare il filtro dei nostri sensi nonché il vaglio della cultura individuale (fatta di
credenze, convincimenti, visioni e tutto il resto).
Sfumato di soggettività, il concetto di «realtà» non è dunque così
rigido e ovvio come sembra; e lo studio della scienza (o, piuttosto, di
un tipo di fisica che permetta di spiegarlo dal suo “interno”) ci porta a
riflettere ancor più intimamente su di esso. Come siamo noi a vagliare
e a provare ciò che ci si presenta dinanzi, così il parere delle conquiste scientifiche —ricorda il filosofo E. Lazlo1— influisce sulle nostre
percezioni ed entra nell’insieme delle idee, delle emozioni e dei valori che formano la nostra coscienza.
1
Cfr. E. LAZLO, L’uomo e l’universo. 2002.
19
20
Le piante della coscienza
Vogliamo pertanto sottolineare in queste pagine l’importanza di
una “nuova” visione, scientificamente documentata, della realtà. Benché sia nata quasi un secolo fa e sia sperimentalmente comprovata, la
definiamo “nuova” poiché ancora fatica ad entrare nella cultura generale. Questo succede, secondo alcuni studiosi, perché coloro che serbano un atteggiamento conservatore temono di cadere nella cosiddetta «dissonanza cognitiva», la tensione percepita nel conciliare due
idee incompatibili. Tale diffidenza, tuttavia, porta ad una resistenza
ostinata all’anticonformismo, col conseguente rischio di precludersi
l’acquisizione della “Conoscenza”.
La finalità che ci siamo preposti è capire in modo più coerente
l’informazione sul consumo “sacro” delle piante che alterano la coscienza, riferita da parte dei membri delle culture con cui siamo venuti in contatto nonché di quella di uno di noi Autori. Ma non parleremo
solo di piante o di elementi esterni come “aiutanti” per accedere ai
“mondi sovrumani”; parleremo anche di altri mezzi. Infatti, molte
culture tradizionali hanno conferito —e continuano a conferire— un
significato saggio e sensato alle esperienze vissute grazie all’uso di
tali mezzi; esperienze che libererebbero aree della vita anìmica (cioè
dell’anima, dunque della sfera spirituale) altrimenti impenetrabili da
parte della coscienza ordinaria. Nella visione modificata della realtà
verrebbero quindi a dischiudersi panorami nascosti della realtà stessa,
ossia circostanze ignorate dalla nostra percezione usuale.
Di fatto, da alcuni decenni si dice che attraverso i nostri cinque
sensi percepiamo una realtà esterna che non è quella “vera e definitiva”. Da una parte, quantitativamente, possiamo percepire una piccolissima porzione della realtà, poiché la materia ordinaria (visibile e
tangibile) costituisce il 5% circa dell’Universo2; dall’altra ci sono fisici che si interrogano sull’esistenza della «realtà oggettiva», dopo
aver osservato ciò che succede nel “mondo” subatomico, poiché il
“regno dell’ultramicroscopico” è retto da leggi enigmatiche dato che
contiene una sorta di caso che sembra farvi da padrone. Gli scienziati,
all’inizio del XX secolo, nella ricerca dell’unità fondamentale, più
piccola, il “mattone basilare” della materia, dovettero riconoscere che
l’esistenza appariva come un’onda di possibilità infinite e intrecciate.
2
Il 95% rimanente è rappresentato dalla materia e dalla energia oscure.