Intervento Prof. Piazza al Sole 24ore

LAVORO/PROFESSIONE
1-7 luglio 2014
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Dalla società scientifica le proposte per la stesura del Piano nazionale 2014-2018
La prevenzione secondo Siti
Dipartimenti come centrali organizzative e obiettivi di salute misurabili
ipartimenti primi attori
del management e della
governance della prevenzione; programmazione degli interventi mirata sulla base
delle differenze territoriali;
obiettivi misurabili, a partire dagli screening oncologici. Queste le tre richieste principali della Siti, la Società di Igiene, Medicina preventiva e Sanità pubblica, di fronte all’ultima bozza
del Piano nazionale della prevenzione 2014/2018.
Dalla Società scientifica, che
già nei mesi scorsi aveva scritto
alla ministra della Salute Lorenzin una lettera per evidenziare
le criticità della bozza del nuovo Pnp, arriva ora una proposta
di indirizzo per il miglioramento di questo importante documento per la sanità pubblica.
Secondo la Siti, la bozza di Pnp
2014-2018, redatta da un gruppo misto Stato-Regioni, evidenzia infatti una «scarsa aderenza
alla variegata realtà sanitaria del
nostro Paese e costituisce un
esempio su cui riflettere circa le
concrete difficoltà di definire un
assetto nazionale programmatorio che sia realistico e coerente». Manca, insomma, quell’approccio organico che sarebbe invece necessario a mettere finalmente le ali alla voce prevenzione, vera e propria cenerentola
del nostro Servizio sanitario.
Sulla base di queste considerazioni, Siti sollecita a introdurre nel Piano una serie di correttivi:
● una sezione che indichi obiettivi concreti e misurabili di contrasto delle disuguaglianze in salute con programmi evidence
based a iniziare dagli screening
oncologici;
● una sezione che preveda un
impegno regionale su un piano
pluriennale di informazione alla
popolazione sui rischi delle malattie infettive (ivi inclusa l’adesione
al
programma
“Vaccinarsi”) e sulla reale consistenza delle reazioni avverse alle vaccinazioni;
● una sezione che preveda progetti di chiamata attiva di fasce
di popolazione sana per
“screenare” i fattori di rischio
cardiovascolari;
● una sezione che delinei le modalità di coordinamento operativo fra i dipartimenti di prevenzione e le agenzie regionali di
protezione ambientale per l’atti-
D
LA PROPOSTA ACOI
«La chirurgia abbia standard europei»
Associazione chirurghi ospedalieri italiani
(Acoi) nasce nel 1980 con lo scopo di valorizzare l’attività chirurgica negli ospedali italiani e
la difesa professionale, morale e culturale della
categoria. Oggi, con i suoi 6.613 iscritti, è una
società scientifica che unisce professionisti chirurghi che, nonostante una crisi economica devastante
e una crisi etica altrettanto pericolosa, ancora riescono a garantire una fetta importante del bene più
prezioso, la salute. Nonostante la crisi e la diminuzione delle Uo chirurgiche siamo riusciti ad aumentare i nostri iscritti, soprattutto giovani.
Ha aiutato questa crescita il ruolo di provider
Ecm, sviluppato con le nostre scuole, gli eventi
scientifici regionali e l’annuale congresso nazionale, elementi fondamentali per la formazione delle
generazioni future. Le dodici scuole di formazione
Acoi forniscono anche formazione pratica in sala
operatoria. Puntiamo all’innovazione: i nostri soci
hanno la possibilità di assistere in diretta a interventi chirurgici trasmessi in streaming da Acoi-Tv.
Abbiamo sviluppato un programma di formazione
a distanza con numerosi corsi
Fad.
Il network internazionale permette un costante confronto con
altre realtà chirurgiche, che vanno dal Mediterraneo alla Cina,
passando per l’Argentina e tutta
l’America del Sud, ma il filo conduttore del futuro è l’Europa. Il
nostro progetto, ambizioso, è
una grande società chirurgica europea sul modello dell’American
College of Surgeons, per dare ai chirurghi europei
standard comuni, eliminando conflittualità, con stessi diritti e stessi doveri.
Bisogna standardizzare la professione del chirurgo sin dalla formazione. Buona parte degli specializzandi italiani è ancora fuori dai parametri europei
come numero e qualità di interventi eseguiti durante la specializzazione. Questo è il primo standard
europeo da ottenere.
Allo stesso tempo, il numero di giovani medici
dovrà esser ben calcolato per evitare lo svuotamento delle sale operatorie italiane per carenza di neospecializzati. Non si può risparmiare sul futuro della salute, ma bisognerà ridistribuire le risorse esistenti senza penalizzare ulteriormente le generazioni future. L’invecchiamento del personale medico e
del comparto che lavora in corsia e in sala operatoria, infatti, è un problema reale da affrontare, anche
a costo di rimodellare l’attuale sistema e ricostruirlo
con il contributo di chi lavora in ospedale e con le
società scientifiche. Lo standard europeo dovrà essere imposto anche ai nostri ospedali, che dovranno
avere requisiti strutturali e di attrezzature che permettano al chirurgo di effettuare prestazioni di qualità in sicurezza.
Lavoreremo per avere gli stessi standard da Capo Passero a Bolzano, con un aggiornamento continuo. Lo standard europeo dovrà essere adeguato
L’
vazione di programmi permanenti di analisi dei possibili effetti negativi sulla salute umana
di inquinamenti ambientali;
● una sezione che reintroduca
nel Piano nazionale prevenzione il tema vitale della sicurezza
degli alimenti e della nutrizione, senza il quale «l’intero documento appare largamente scisso
dalla realtà dei concreti fattori
di rischio presenti nel Paese».
Ma protagonista assoluto di
ogni progetto di riforma è un
nuovo ruolo, potenziato, per i
dipartimenti di prevenzione.
«La proposta più pressante spiegano gli igienisti Siti guidati da Michele Conversano - è
quella di fornire indicazioni inequivocabili per orientare le scelte regionali verso l’affidamento
del management dei programmi ai dipartimenti di prevenzione delle aziende sanitarie, quali
garanti di “ragionevolezza organizzativa”. Il dipartimento di
prevenzione può cioè «rappresentare una centrale organizzativa unica “equidistante” dagli
obiettivi di risultato di ciascun
programma, apparendo ragionevole identificarlo come la struttura aziendale potenzialmente
in grado di ben governare l’indispensabile “fase del management”».
Peraltro, la scelta di affidare
al dipartimento di prevenzione
la fase organizzativa del Pnp
«non appare “competitiva” con
le altre aree. Anzi - si legge
nelle osservazioni elaborate dalla Siti - in tal modo i professionisti delle discipline chiamate in
causa dal Piano verrebbero alleggeriti delle incombenze di tipo amministrativo-gestionali,
consentendo loro di concentrare
l’attenzione sugli aspetti tecnico-scientifici di competenza».
Un modello organizzativo
che vede l’affidamento al dipartimento di prevenzione della
funzione “organizzazione” del
Pnp - rilevano ancora dalla Siti
- si fonda su alcune considerazioni generali: è garante del primo livello di assistenza collettiva; ha il commitment sui programmi di prevenzione per compito istituzionale e autorevolezza sulle evidenze in tema di sanità pubblica; conosce e possiede al suo interno strumenti di
lavoro e professionisti con
know how specifico (gestione
di “grandi numeri” di soggetti
sani, a es. vaccinazioni); si muove naturalmente con logica delle reti; ha il compito di misurare
i risultati di salute della popolazione (procedura indispensabile
quando si parla, a esempio, di
screening).
Red.San.
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agli organici di medici e infermieri, perché lavorare
sotto organico rappresenta un rischio inaccettabile.
L’ospedale, per restare aperto, deve fornire prestazioni che rientrino nei Lea, con requisiti di qualità e
sicurezza. Lo standard dovrà riguardare anche il
trattamento economico dei chirurghi, che la opprimente responsabilità civile e penale, cui adesso si
aggiunge la responsabilità nei confronti della Corte
dei Conti, ha reso inadeguato.
In un’ottica europea non è pensabile considerare
il chirurgo come un burocrate della sanità e valutarlo con criteri economicistici, perché in questo modo
il Ssn rischia di perdere i migliori, che andranno a
lavorare in Paesi più appetibili economicamente o
nel privato.
Il contenzioso medico-legale ha ormai reso il
Ssn a rischio sia per chi vi lavora sia per la sua
stessa tenuta economica. La medicina difensiva, il
costo della macchina giudiziaria che spesso gira a
vuoto, i premi assicurativi insostenibili, sono solo
alcuni degli aspetti economici che contribuiscono
ad appesantire il bilancio del sistema, con il rischio
di farlo implodere. L’impressione è che non ci sia la volontà
politica di cambiare il sistema
giustizia/sanità, ma è un errore,
basti ricordare che il costo annuo
della medicina difensiva equivale al gettito dell’Imu.
È chiaro che per una migliore
qualità delle prestazioni, la gestione del rischio clinico dovrà
essere a carico del Ssn che potrà
rivalersi sui professionisti solo in
caso di colpa grave. Elevare la chirurgia italiana a
un livello europeo, partendo dalla formazione postlaurea e passando attraverso un dossier formativo
adeguato, una più economica e sicura assicurabilità
del Ssn attraverso la messa in sicurezza delle strutture sanitarie e degli operatori che in esse lavorano, la
civilizzazione del contenzioso medico con albi dei
periti indicati dalle società scientifiche (con la possibilità di una rivalsa da parte del chirurgo in caso di
liti temerarie) sono i temi sui quali si giocherà la
sopravvivenza della professione chirurgica.
Acoi continuerà la sua battaglia per ospedali di
qualità, con un’attenzione particolare alla sicurezza
in sala operatoria. La Fondazione Chirurgo e cittadino che Acoi ha realizzato insieme alle associazioni
dei cittadini - e che il 1˚ luglio promuove a Roma
una riflessione a più voci su “La relazione con il
malato” - continuerà a costruire un centro di ascolto
comune per elaborare proposte per migliorare la
qualità e la sicurezza negli ospedali italiani, con un
processo di modernizzazione e informatizzazione
che arrivi a eliminare l’uso della carta. Il futuro del
Ssn si gioca oggi, e oggi bisogna costruire le nuove
basi per un sistema più efficace ed efficiente.
Sicurezza e qualità
obiettivi comuni:
il 1˚ luglio confronto
con i cittadini
Diego Piazza
presidente Acoi
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