27 Anno X n.16 - 20 ottobre 2014 www.corcom.it L'ITALIA CHE VUOLE CRESCERE ► g iova n i p ro m esse La Ue traccia una mappa delle scaleup tecnologiche: società che hanno superato la fase di avvio e sono pronte a diventare player rilevanti nel loro mercato. Dall'analisi si ricava che alcune scalano più rapidamente rispetto ad altre perché basate sul «dual model»: nascono da noi e prosperano negli Stati Uniti Startup Ict, asse Italia-Usa carta vincente per la crescita I l segreto delle startup dell’Ict che vogliono crescere più in fretta delle altre e avere più successo? Nascere in Italia e rastrellare finanziamenti negli Stati Uniti. È così che hanno fatto Decisyon, iMedia Comunicazione, Funambol e Gild: quattro “scaleup” (si chiamano così quelle neo-imprese che, superata la fase di avvio, hanno già fatto il primo passo per diventare player rilevanti nel loro settore di riferimento) dotate di queste caratteristiche. È uno dei dati che emerge da una mappatura delle startup italiane dell’Information & Communication Technology realizzata di recente da Startup Europe Partnership (Sep), piattaforma paneuropea nata a gennaio 2014 con l’obiettivo di aiutare le migliori startup europee a scalare e a diventare campioni globali. Dalla mappa messa a punto da Sep risulta che a tutt’oggi sono 108 le ex baby-aziende – oggi giovani promesse – dell’Ict. Di queste il 68% ha raccolto tra mezzo milione e 2,5 milioni di dollari, il 17% tra 2,5 e 5, l’8% tra 5 e 10 e il 7% oltre 10 milioni. E-Commerce e servizi per le imprese risultano i settori a più alta densità (16%), seguiti da Software (12%) e Mobile (10%). Soffermandosi ad analizzare le scaleup che crescono più in fretta, il rapporto evidenzia come gran parte di esse seguano il “dual model”, cioè nascita in Italia e sviluppo (e capitali) negli Stati Uniti. È stato così per Decisyon, che a tutt’oggi vanta una raccolta fondi record: 44,1 milioni di dollari raccolti complessivamente dalla nascita. È stata fondata nel 2005 a Latina da Franco Petrucci, 48 La società, incubata dal Polihub, prevede di chiudere il primo anno di vita con un milione di euro di ricavi Cosimo Palmisano founder di Ecce Customer/Decysion Palmisano aveva già cominciato a lavorare su un software per gestire il Crm, cioè le relazioni con i clienti, attraverso i social media. La partnership tra i due ha funzionato alla perfezione. EcceCustomer, la società di Palmisano, è diventata uno sviluppo verticale di Decisyon. Adesso Petrucci è Cto della nuova Decisyon, dove sono entrati manager provenienti da Ibm, Apple, Dell, Monsanto. Palmisano da vice president gira il mondo per vendere il suo prodotto. La società è insomma scaturita dal matrimonio tra ingegnosità italiana e fecondità dell’ecosistema californiano, come è avvenuto per altre scaleup citate dal rapporto europeo. Tra queste iMedia Comunicazione, agenzia di media placement fondata nel 2010 con quartier generale a Milano e 3 linee di business in Cina. Ha ricevuto 20 milioni di dollari da gruppi americani quali Kleiner Perkins Caufield & Byers and IDG Capital Partners. Altra scaleup nata in Italia e cresciuta negli Stati Uniti è Funambol, provider di soluzioni cloud per operatori telefonici. Ha ricevuto oltre 25 milioni di dollari di investimento da H.I.G Capital, Nexit Ventures, Castile Ventures e Walden International. Il quartier generale è in Silicon Valley, ma il centro di Research & Development che si occupa di tutto lo sviluppo del software è in Italia, a Pavia. Infine si può citare Gild, nata appena tre anni fa, con sede a San Francisco e centro R&D a Milano. Sviluppa un software per il recruitment che aiuta le imprese a scegliere i migliori sviluppatori. Questa estate ha raccolto 13.5 milioni di dollari da Menlo Ventures più altri investitori. “I dati ci suggeriscono che il ‘modello duale’ sembra rappresentare una piattaforma efficace, per quanto ibrida” spiega Alberto Onetti, presidente di Mind the Bridge Foundation (incubatore americano-italiano di startup) e responsabile del programma Startup Europe Partnership. “Questo modello – prosegue - permette infatti di valorizzare i punti di forza italiani, quali eccellenza e competenze tecniche, superando alcuni limiti del nostro sistema: limitati capitali disponibili per la crescita e scarso ‘appeal’ della normativa italiana in ambito internazionale. Forse non è la soluzione ideale, ma è una strada che consente di far crescere i progetti italiani a livello internazionale". L.M. ► p erso n al FA B R I C ATO R È milanese la stampante 3D che sa anche «fotocopiare» F inora le stampanti 3D low cost si limitavano a stampare. Poi è arrivata FABtotum, una 3D printer tutta italiana che costa 999 dollari ed è capace anche di “fotocopiare” gli oggetti, ovvero di scansionarli e di riprodurli con altri materiali. A creare questa macchina, definita il “primo Personal Fabricator al mondo”, è una startup creata da due ex studenti di architettura, ancora under 30, Marco Rizzuto e Giovanni Grieco. La neoimpresa, fondata nel 2013, si chiama FABtotum, così come il loro prodotto di punta: un cubo di 36 centimetri e 12 chilogrammi con un design avveniristico (si trova in nero, bianco anni, ingegnere, che ha ideato un software per adattare i sistemi tecnologici al modo di lavorare: in sostanza una piattaforma che permette di scrivere, consultare la contabilità, dialogare con i colleghi e i fornitori senza saltare da un programma all’altro. Nel 2010 Petrucci si è trasferito in Silicon Valley dove ha incontrato Cosimo Palmisano, oggi 38enne, all’epoca studente di ingegneria a Bari e vincitore di una borsa di studio nella valle dell’innovazione. FA B TO T U M è una printer creata da due under 30, Marco Rizzuto e Giovanni Grieco e rosso) contraddistinto da un enorme triangolo rovesciato che lascia vedere cosa accade all’interno della stampante durante le lavorazioni. I risultati sembrano già essere incoraggianti, dal momento che i fondatori prevedono di chiudere il primo anno con ricavi per circa un milione di euro e la prima produzione di serie nella fabbrica di Tribiano, alle porte di Milano, è appena stata ultimata. La storia di FABtotum nasce quando i due fondatori erano all’università e avevano bisogno di un macchinario per tagliare il legno che consentisse loro di costruire i modellini da presentare agli esami. Il primo prototipo della loro macchina multifunzione è nato così. Il primo a credere nel loro progetto è stato il Polihub, l’incubatore del Politecnico di Milano, che ha accolto i due giovani nella struttura e li ha guidati fino al primo round di investimento da parte di un gruppo di business angel stranieri: 150 mila dollari, una cifra sufficiente per consentire ai due di dedicarsi completamente allo sviluppo di FABtotum. La spinta principale è arrivata però dal web: Rizzuto e Grieco hanno presentato a settembre 2013 il loro progetto sulla piattaforma di raccolta fondi Indiegogo puntando a ottenere 50 mila euro in mese e hanno raccolto dieci volte tanto: circa 500 mila euro, il record europeo di finanziamento attraverso crowdfunding. L’idea è stata premiata dalla Rete proprio perché non aveva come punto di forza il solo costo. Il plus di FABtotum è stato appunto la possibilità di partire da un oggetto a tre dimensioni e ricavarne un file, che a sua volta può essere modificato e ristampato utilizzando materiali come la balsa, l’alluminio, il pcb, le schiume poliuretaniche, il legno. Tra le aziende che hanno ordinato le stampanti piccole imprese artigiane, laboratori di gioielleria e anche medici che lavorano con le protesi. M.L.D.
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