Untitled - La prevenzione e la gestione delle infezioni batteriche dell

1
Gli obiettivi del sesto modulo possono essere così riassunti:
•Riassumere gli obiettivi e i criteri di prescrizione della terapia antibiotica
nelle infezioni respiratorie
2
La terapia antibiotica non deve solo mirare alla guarigione clinica, ma
dovrebbe anche ridurre in maniera drastica la carica batterica o eradicare i
patogeni.
Questa slide evidenzia proprio l’impatto di un trattamento inappropriato
che, oltre a non raggiungere l’obiettivo dell’eradicazione, facilita anche la
selezione e la diffusione nella comunità di patogeni resistenti.
3
Lo scenario attuale è caratterizzato da una forte contraddizione: da un lato
il problema dell’incremento di ceppi batterici resistenti e spesso
multiresistenti, dall’altro la carenza di nuove molecole in fase di sviluppo.
Questa realtà impone al medico particolare prudenza nella prescrizione
dell’antibioticoterapia, in considerazione del fatto che l’inappropriatezza si
traduce non soltanto in un aumento dei costi ma anche in un ulteriore
aggravamento del profilo epidemiologico dei patogeni resistenti e in una
concomitante riduzione delle potenzialità di cura antibiotica.
4
Una review di 12 studi di pazienti con AECB batterica, per esempio, ha
dimostrato una correlazione molto stretta tra le percentuali di fallimento
nell’eradicazione e le percentuali di fallimenti clinici.
L’eradicazione microbiologica è quindi il maggior determinante di successo
clinico in questo ambito patologico e suggerisce che MIC elevate sono
associate ad aumenti dei tassi di fallimenti clinici.
5
Un’ipotesi che spiega le riacutizzazioni fa riferimento alla carica batterica
nelle vie aeree: il superamento di una soglia minima implica la comparsa
dei sintomi della riacutizzazione.
Quando l’intensità e la velocità dell’attività battericida dell’antimicrobico
aumentano, la guarigione avverrà più rapidamente e il tempo intercorrente
fino alla prossima riacutizzazione risulterà prolungato. Questo spiega
perché il trattamento antibiotico precoce si è associato a migliori outcome
nei pazienti ospedalizzati per AECB di BPCO nonostante il rischio di
fallimento del trattamento.
6
L’epidemiologia delle resistenze batteriche in Italia ha ristretto
notevolmente la scelta degli antibiotici utilizzabili per questo tipo di
infezioni giustificando l’interesse per le beta-lattamine orali, che da sempre
rappresentano i farmaci a più elevato indice terapeutico e di prima scelta
nella terapia delle riacutizzazioni batteriche della bronchite cronica.
Le cefalosporine di seconda generazione esplicano un’attività modesta su
H. influenzae e M. catarrhalis produttori di beta-lattamasi e tra le
cefalosporine di terza generazione cefixime e ceftibuten presentano uno
spettro orientato prevalentemente sui Gram-negativi.
In alcune infezioni tale posologia può essere considerata sufficiente, ma
nel contesto delle infezioni delle basse vie respiratorie, soprattutto in
presenza di ceppi meno sensibili (S. pneumoniae con livelli di resistenza
intermedi o elevati), vi è un reale rischio di fallimento terapeutico.
7
Nelle riacutizzazioni lievi trattate a domicilio i fluorochinoloni non
dovrebbero essere utilizzati, a fronte di preoccupazioni per l’abuso di tali
farmaci con il rischio di aumento delle resistenze (a livelli preoccupanti sui
microrganismi Gram-negativi).
La particolare struttura chimica dei fluorochinoloni di seconda e terza
generazione giustifica la presenza di interazioni farmacologiche e la
comparsa dei diversi effetti collaterali osservabili in corso di terapia.
I macrolidi, infine, hanno perso in modo significativo la loro attività su S.
pneumoniae; per tale ragione devono essere utilizzati essenzialmente in
terapia mirata, allorché se ne dimostri l’efficacia tramite un antibiogramma
ma non in terapia empirica.
8
Un antibiotico ideale, come riassume questa slide, dovrebbe assicurare:
• una spiccata attività nei confronti dei microrganismi più frequentemente
in causa e resistenti alle beta-lattamasi;
• il raggiungimento di una buona concentrazione nei tessuti bronchiali e
nel muco;
• un elevato rapporto concentrazione muco/minima concentrazione
inibente (MIC);
• una bassa incidenza di effetti collaterali e accettabilità per modalità di
somministrazione;
• un vantaggioso rapporto costo/efficacia.
9
Cefditoren pivoxil si propone come una strategia di assoluto interesse a
fronte di una serie di prerogative che saranno brevemente descritte qui di
seguito.
Si tratta di un profarmaco ottenuto come estere con l’acido pivaloico di
cefditoren, una cefalosporina orale di terza generazione non dotata di
biodisponibilità intrinseca. Il principio attivo viene prontamente liberato
dopo l’assunzione ad opera delle esterasi intestinali.
Il meccanismo d’azione consiste nell’inibizione della sintesi del
peptidoglicano grazie alla sua affinità per le Penicillin Binding Proteins
(PBP).
10
Cefditoren pivoxil è caratterizzato da un ampio spettro di azione
comprendente specie Gram-positive e Gram-negative, con particolare
riferimento ai patogeni respiratori, e da una spiccata stabilità all’idrolisi
enzimatica operata dalle beta-lattamasi cromosomiche o plasmidiche, con
l’esclusione delle ESBL (beta-lattamasi a spettro esteso).
L’attività nei confronti delle specie Gram-negative è da ricondurre alla
presenza del nucleo aminotiazolico, mentre il gruppo metiltiazolico
conferisce la spiccata attività nei confronti delle specie Gram-positive.
11
Cefditoren dimostra un’elevata affinità per le PBP1B 3A e 3B di H.
influenzae e per le PBP 1A, 1B, 2A/2X, 2B e 3 di S. pneumoniae, spesso
migliore di altri derivati cefemici di seconda o terza generazione.
Questo aspetto contribuisce all’elevata attività antimicrobica evidenziata in
vitro da questo derivato cefemico, con una battericidia particolarmente
intensa e spesso superiore a quella dimostrata da altre cefalosporine di
seconda e terza generazione
12
Nei confronti di Streptococcus penumoniae, anche se resistente ai
macrolidi, cefditoren si dimostra altamente attivo con valori di MIC90
compresi tra 0,015 e 0,03 mg/L, inferiori ai valori osservati per tutte le
cefalosporine di confronto.
S. pneumoniae, come ampiamente ribadito, rimane ancora oggi il
patogeno più importante e più impegnativo nelle infezioni delle alte e
basse vie respiratorie, con resistenze in Italia intorno al 40% per l’intera
classe dei macrolidi e del 16-20% per la penicillina.
Cefditoren risulta pienamente efficace nei confronti di questa specie
batterica, inclusi i ceppi intermedi alla penicillina e/o resistenti ai macrolidi,
ai ketolidi, alle tetracicline, al cotrimossazolo e al cloramfenicolo.
Inoltre cefditoren si dimostra il più attivo in vitro contro lo pneumococco,
anche resistente a penicillina e cefuroxime, con una velocità e un potere
battericida superiori alle altre molecole e minor capacità di indurre
resistenza.
13
Come mostra questo diagramma, il profilo dinamico-cinetico di cefditoren è
tale da garantire il massimo prolungamento del tempo di esposizione
batterica, con mantenimento per un lungo intervallo di livelli sierici sopra le
MIC.
Nel caso specifico sono riportati i valori di MIC di S. pneumoniae sensibile
e resistente alla penicillina.
14
15