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Il Censis accusa gli ultimi tre governi italiani: “Hanno deluso e sfiancato
il Paese con inutili promesse”. Ora Renzi dirà che anche De Rita è un gufo
Sabato 6 dicembre 2014 – Anno 6 – n° 336
e 1,40 – Arretrati: e 2,00
Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma
tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46)
Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
ECCO I SUDDITI DI CARMINATI
“È UN FENOMENO, È TUTTO”
Nelle migliaia di pagine di “Mafia Capitale” l’elenco di quelli che chiedevano aiuto
all’ex Nar e ai suoi sodali: vip e calciatori. Nelle carte i nomi di Alemanno e Berlusconi
Renzi: “Uno schifo”. Ma l’indignazione non basta più
Fierro, Massari e Vecchi » pag. da 2 a 5
MANI IN PASTA
RISSE E DOPING
Il re delle coop
Buzzi: una storia
che comincia
con 34 coltellate
L’omicidio di un socio
per un giro di assegni,
la “redenzione” in
carcere, la cooperativa
e l’ascesa. Fino agli
“scatti” con Poletti,
Bonafè e il sindaco. E
alla cena del premier
Cannavò e Tecce » pag. 6
Da Mammucari
a De Rossi: i favori
chiesti alla banda
Pacelli » pag. 4
ALLEANZE PROIBITE
Quel “tentativo”
su Marchini
Lui: “Sono matti”
Lillo » pag. 3
LE INTERCETTAZIONI
“Il nostro mondo
è Gasbarra,
non Bettini”
Di Blasi » pag. 2
» FORT APACHE » Il “marziano” ora diventa il baluardo del Pd
Marino, M5S gli dice no
ma Renzi l’ha blindato
La protesta durante l’Assemblea capitolina Ansa
ALEXANDER STILLE
CUORE & AMORE
Standard&Poor’s:
per l’Italia di Renzi
rischio spazzatura
» RAGUSA
Lo Bianco » pag. 13
Borromeo » pag. 16
TAGLIO DEL RATING
Giornata rovente in Campidoglio.
In mattinata la notizia di un furto
sospetto negli uffici comunali
della Protezione civile: rubato
il pc di un arrestato. Poi la rissa
durante il Consiglio, la dura
contestazione dei Cinquestelle
e gli appelli per lo scioglimento.
Matteo però fa quadrato attorno
alla giunta
De Carolis » pag. 7
Loris, c’era l’auto
della mamma
sul luogo del delitto
“Il paradosso
del presidente
nero nell’America
tornata razzista”
y(7HC0D7*KSTKKQ( +&!#!?!z!.
Siamo tutti poeti
e ci raccontiamo
scrivendo in rima
sui fogli di Twitter
Ambrosi » pag. 18
LA CATTIVERIA
Piero Grasso: “A Roma i presupposti per la mafia ci sono”.
È che poi ci si mette sempre
di mezzo la burocrazia
» www.forum.spinoza.it
Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi Ansa
L’agenzia americana dice che le riforme
non bastano e ci declassa a BBB-, a un solo
gradino dall’insufficienza
Conti » pag. 10
Derivati sul debito,
il rosso è di 34 miliardi
Il Tesoro si è assicurato contro
l’aumento dei tassi di interesse che sono
scesi, e ora ci rimette
Feltri » pag. 11
Nonostante un corno
di Marco Travaglio
orse siamo troppo cinici. O forse Saviano
F
non lo è abbastanza. Ma domandarsi – come
fa Roberto nel suo commento su Repubblica – co-
me può la politica “fidarsi ciecamente” di Buzzi
& Carminati, il Rosso e il Nero, e a dare loro
“massima fiducia, senza chiedere in cambio nessuna trasparenza”, nonostante i loro trascorsi rispettivamente di “assassino e terrorista dei Nar”,
è un eccesso di ingenuità. Bisogna rassegnarsi ad
abrogare i “nonostante”, i “malgrado” e i “sebbene” dal vocabolario politico. I pregiudicati siedono a capotavola nei palazzi del potere non
“nonostante” i loro precedenti penali, ma proprio per quelli. Così come non sono “deviati”
quei settori della politica, dell’amministrazione,
dell’imprenditoria, dei servizi segreti, delle forze
dell’ordine che lavorano per (o trattano con) la
criminalità. Ma quelli che lavorano per lo Stato e
ne rispettano le leggi. Se una persona onesta
chiede udienza a un potente, deve mettersi in fila,
fare lunghissime anticamere, e anche nell’eventualità che venga ricevuta non ottiene quasi mai
ciò che chiede: perché non ha nulla da offrire e
nulla da tacere. Un delinquente invece viene subito accontentato, spesso prim’ancora di chiedere. Come disse Giuliano Ferrara: “Chi non è
ricattabile non può fare politica”. Anche perché,
di solito, chi è ricattabile è anche ricattatore. Io so
tutto di te, tu sai tutto di me, e facciamo carriera
sui nostri rispettivi silenzi. La nuova legge sul
voto di scambio politico-mafioso, sbandierata
da Renzi come il colpo di grazia ai collusi, è stata
scritta in modo da impedire qualsiasi condanna
per voto di scambio. Ma non per un errore: apposta. Così come la legge Severino: si chiama
“anticorruzione” ed è stata scritta proprio per
salvare B. e Penati dai loro processi per concussione. Ora si scoprirà che il reato di autoriciclaggio, votato l’altroieri dal Parlamento, renderà
impossibile la galera per chi ripulisce il bottino
dei propri delitti. Giovedì, mentre Renzi annunciava la linea dura contro i corrotti (“una specie
di ergastolo, di Daspo”) e spediva il commissario
Orfini a bonificare la federazione romana del Pd
di cui fa parte da quando aveva i calzoni corti e il
commissario Cantone ad annunciare l’ennesima
“task force”, il suo partito al Senato votava con
FI, Ncd e Lega per respingere la richiesta dei giudici di usare le intercettazioni contro gli inquisiti
Azzollini (Ncd) e Papania (Pd). Una svista “nonostante” i sospetti pesanti come macigni che
gravano sui due politici? No, una scelta fatta proprio per quei sospetti pesanti come macigni.
Fa quasi tenerezza Luca Odevaine detto lo Sceriffo, che ad aprile vuole farsi un viaggetto negli
Usa, ma si vede negare il visto: gli americani hanno scoperto che si chiama Odovaine con la “o” ed
è pregiudicato per droga e assegni a vuoto. “Una
roba da matti, una cosa assurda, in una democrazia come quella!”, si lamenta. La vocale se l’è
fatta cambiare lui all’anagrafe per nascondere i
suoi precedenti. Come se questi, in Italia, fossero
mai stati un handicap e non facessero invece curriculum: ciò che negli Usa ti impedisce anche
l’ingresso per turismo, in Italia basta e avanza per
promuoverti vice capo di gabinetto della giunta
Veltroni, capo della polizia provinciale della
giunta Zingaretti e infine membro del Coordinamento nazionale richiedenti asilo del governo
Renzi, naturalmente a libro paga di Mafia Capitale per 5 mila euro al mese. Nonostante i precedenti? No, grazie a quelli, che ti rendono affidabile. Ovviamente la Banda Carminati aveva
scelto pure il presidente della Commissione di
Controllo Garanzia e Trasparenza e il responsabile della Direzione Trasparenza del Comune
di Roma (che, alla Trasparenza, ha non uno ma
due addetti): due sceriffi di provata fede, ora indagati per mafia. Se Marino s’è salvato parzialmente dalla catastrofe non è tanto perché, personalmente, è un onest’uomo: ma soprattutto
perché gli assessori se li è scelti quasi tutti da sé,
rifiutando quelli che tentava di imporgli il Pd.
Sennò Carminati e Buzzi se li ritrovava perlomeno vicesindaci.
2
ROMANZO CRIMINALE
SABATO 6 DICEMBRE 2014
I“M5Stelle
ai romani:
andateci
denunce anonime”
COME GIULIANO Ferrara ai torinesi
negli anni del terrorismo, Luigi Di
Maio, vicepresidente della Camera e
membro del direttorio del Movimento 5 Stelle, invita i romani a denunciare la nuova mafia, anche anonimamente. “Noi siamo l’unica forza politica non coinvolta nello scandalo di
Mafia Capitale. Siamo gli unici che
hanno le mani pulite perciò fidatevi di
noi: inviateci in buste chiuse tutto ciò
che sapete su mafia capitale perché
noi indagheremo per voi”, ha detto
davanti ad attivisti e i cittadini arrivati
ieri in Campidoglio per protestare
dopo l’ultimo scandalo che ha visto
AI PIEDI DI MAX IL FENOMENO
“NON MI TOCCA MANCO CRISTO”
C
Fierro
apitale corrotta =
nazione infetta”.
Volesse il cielo si
potesse fare ancora
un titolo così. Come quello
che L’Espresso dedicò nel
1955 all’inchiesta di Manlio
Cancogni sul “sacco di Roma.” Oggi, con “Mafia Capitale”, siamo molto oltre.
Ogni livello di guardia è stato superato, abbiamo già attraversato il ciglio del burrone. L’impasto di fascismo,
mafia e politica, senza distinzioni di steccati e bandiere, che da anni governa i
destini di Roma, rischia di
farci rimpiangere quel preistorico 1955 e i suoi voraci
palazzinari.
criminali, che avevano libero
accesso nelle ovattate stanze
del Campidoglio, sia ai tempi
del fascista ripulito Gianni
Alemanno, sia ai tempi di
oggi del sindaco in bicicletta,
anche gli anni di Evangelisti
(“’a Fra che te serve”) e di Vittorio Sbardella, “Lo squalo”,
risplendono come anni
d’oro. Chi comanda nella
Capitale d’Italia, ce lo dice un
sodale del “sistema” in una
intercettazione. Comanda
Massimo Carminati, il Re, il
fascista dei Nar che si fece
affarista di altissimo livello,
perché “lui è un fenomeno, è
un boss, è tutto”. Lo stesso
“Max il Fenomeno” è convinto di essere un gradino
sopra dio: “Non mi tocca
neppure Gesù Cristo”. L’inchiesta della Procura di Roma è solida e ampiamente
documentata, ma quello che
è certo è che siamo solo di
fronte alla prima puntata di
una storia che promette di
aprire altri e ben più inquietanti capitoli. Ha voglia Matteo Renzi a dire che “quello
che emerge è letteralmente
uno schifo.” Il giovane premier si limita a fotografare
una situazione che è sotto gli
occhi di tutti, ma omette un
passaggio che era lecito
aspettarsi da chi predica la
“rottamazione” del vecchio:
quello schifo è roba sua, il
cancro ha corroso le ossa del
suo partito, la pratica del volemose bene e dell’accogliere
tutto e tutti senza stare tanto
a indagare sul passato e sul
presente di chi ci siede accanto, ha spalancato le porte
della politica e delle istituzioni a questa gentaglia.
CERTO, i processi si faranno
e presto, come auspica il premier, ma per fare piazza pulita nella parte del suo Pd
corrotto non è necessario at-
era uno dei picchiatori preferiti da Massimo Carminati, uno degli uomini usati per recuperare i crediti.
“Da ieri sono diventato un membro dei 5 stelle. Stiamo aprendo presso le zone Infernetto, Acilia, Ostia
uno studio dove daremo vita a questo movimento di
Beppe Grillo. Chiunque fosse interessato ci contatti
su Fb”. Lo scriveva il 9 giugno 2012 sulla sua pagina
Facebook proprio Calvio, che era soprannominato
“Matteo Bojo”. Roberto Grilli,
lo skipper fermato al largo della Sardegna con 500 chili di cocaina nascosti nello scafo, lo
descrive come “un discreto
cretino, un elemento non di
particolare rilevanza o affidabilità”, ma tuttavia un soggetto
che “fa un po’ da usuraio per il
Fleming” e “sicuramente in
rapporti con Riccardo Brugia.”
Per Carminati è uno che
“chiacchiera troppo e ha sempre fatto il testa di minchia”.
Secondo quanto detto dall’informativa dei Ros, Calvio veniva usato dall’organizzazione criminale quasi
esclusivamente per operazioni di bassa manovalanza.
In serata la nota del M5s: “Si sottolinea come, a differenza di quanto affermato dal sig.Calvio il M5s non
hai mai avuto alcuna sede fisica e quindi le sue affermazioni sono destituite di fondamento. Il M5s è
estraneo all’inchiesta su mafia capitale, si riserva pertanto di ricorrere alla magistratura nei confronti di
chi intende accostare il M5s alle indagini in corso”.
Nel riquadro, Massimo Carminati LaPresse
AL CONFRONTO con questi
KAPUTT MUNDI
Un impasto fatto
di politica, mafia,
affari e fascisti buoni
per tutte le stagioni,
che ha soffoca Roma
Paura per nuove retate
tendere i lunghissimi tre gradi della giustizia. Chi è accusato di intascare mazzette
va cacciato e subito, chi non
ha vigilato anche, chi come il
ministro Giuliano Poletti è
stato quanto meno leggero
nell’accostarsi a un personaggio come Salvatore Buzzi, dovrebbe fare decine di
passi indietro e non limitarsi
a denunciare la sua indignazione per le notizie pubblicate. La foto a colori della cena del ministro, allora capo
della potente centrale delle
coop rosse, con Alemanno,
Buzzi, Panzironi, l’onorevole
Marroni, e sullo sfondo un
membro del potente clan dei
Casamonica intento a mangiare a quattro ganasce, parla
da sola. E ci racconta di
quell’impasto fatto di politica, mafia, affari e fascisti
buoni per tutte le stagioni,
che ha soffocato la Capitale e
sta ammazzando l’Italia intera. Ma chi ai tempi della
famosa copertina de L’Espresso, avrebbe mai potuto immaginare che un giorno si
sarebbe addirittura ipotizzata la possibilità di sciogliere
per mafia il Comune di Roma? Non accadrà, certo, ma
il solo fatto che se ne discuta
dovrebbe far tremare le vene
ai polsi a chi è al governo del
Paese.
Non è finita qui, lo sanno
tutti, i rumors su sviluppi clamorosi e su possibili collegamenti del “sistema capitolino” con altre mafie, si fanno sempre più insistenti. C’è
nel ventre molle del sistema
di potere mafioso-affaristico
chi si agita e sta già correndo
ai ripari. Come leggere diversamente l’incursione nei
locali degli uffici che ospitano il Servizio giardini e la
Protezione civile del Comune di Roma? Hanno rubato
un computer, cosa c’era in
quei file? Cosa doveva sparire
per sempre? Dietrologie? Se
scattare le manette per 37 persone.
“Chi ha rovinato Roma non può risolvere i problemi - sostiene Di Maio chi ha creato il cancro non lo può
estirpare. Dobbiamo fare in modo
che il comune venga sciolto per mafia. Il Pd che vuole risolvere i problemi
è nient’altro che una buffonata”.
PICCHIATORE Ora recluso
disse: “Apro sede M5s”
è anche un iscritto al Movimento 5 Stelle tra gli
C’
arrestati nella maxi operazione Mafia Capitale.
Si chiama Matteo Calvio e secondo gli investigatori
IL “RE” CARMINATI SI CREDEVA UN DIO. RENZI: “È UNO SCHIFO, SUBITO IL PROCESSO”
NELLA NOTTE IN CAMPIDOGLIO UNO STRANO FURTO NELL’UFFICIO DI UN ARRESTATO
di Enrico
il Fatto Quotidiano
sì, sono ampiamente giustificate.
PERCHÉ tra i protagonisti di
questa storia italiana ci sono
personaggi come Massimo
Carminati che hanno avuto
anni di frequentazione collaborativa con pezzi importanti dei servizi e delle isti-
tuzioni. Il sindaco Ignazio
Marino annuncia una giunta
di salute pubblica, aperta alla
società civile e ai grillini.
Chissà se c’è ancora tempo
per attestarsi su questa ultima spiaggia, prima che l’onda del malaffare travolga anche l’ultimo granello di sabbia.
TREMA IL PD LAZIO
“Il nostro mondo è Gasbarra”
Affari e voti all’ombra della coop
di Eduardo Di Blasi
ffari, voti, scambi tra destra e sinistra. Quello che
A
succedeva nelle aule del consiglio comunale capitolino, nei cda delle municipalizzate, in Regione Lazio, ma anche ai vertici delle ex circoscrizioni. La politica romana degli ultimi anni, letta con gli occhi di
Salvatore Buzzi, è una fotografia di appalti, soldi e
voti. I politici sono roba sua: “Ho 11 consiglieri”, si vanta
al telefono facendo i conti per vedere se riesce a far
passare un suo progetto. Maggioranza e opposizione
non contano. Buzzi ritiene suo anche il mini sindaco
di Ostia Andrea Tassone, nel territorio del quale ha
appena avuto diversi appalti: “Però Tassone è nostro eh.. è solo nostro.. non c’è maggioranza e opposizione è mio”.
Gli orizzonti, all’alba delle elezioni europee a maggio passato, sono chiari:
“Claudio... devi capì... noi il nostro mondo è
Gasbarra non è Bettini”. Chiarisce esborsi
e voti per la battaglia: “Noi nell’ambito de
ste cose.. nell’ambito di questa monnezza, pe tenè (fonetico) i voti già semo arrivati a 43 mila euro, eh...Tassone
30...10 Alemanno… 40...”. Buzzi dichiara di aver pagato
anche una cena elettorale organizzata ad un certo
D’Ausilio (forse l’ex capogruppo Pd in Campidoglio
Francesco D’Ausilio): “Questi i 3 e 5 (3500 euro, ndr)...
questo se chiama D’Ausilio... perché noi pagamo tutti come
vedi caro Carlo ...questi son 3 mila e 5 apertura dei pasti
D’Ausilio...(inc) pasti Ostia...100 sono 100 pasti a 35 euro..
per cui (inc) già fai il bonifico poi io.. io te porto la fattura”.
Il campo in cui giocare è quello della sinistra: Buzzi lo
sa, e chiarisce all’altro: “Non ce serve la destra Cla”. E al
ribattere di quello che qualcosa avevano promesso
STRATEGIE
Tangenti e cene pagate per le campagne elettorali.
Alle Europee, Buzzi afferma di voler sostenere solo
il centrosinistra: “A destra nun ce serve più niente”
pure a loro, risponde
brusco: “...cazzi tua a destra non ce serve più niente”.
Gli appalti chiamano
soldi. Buzzi lo sa. A un certo punto denuncia che il
consigliere regionale del Pd Eugenio Patanè gli ha
chiesto 120 mila euro per un appalto. “Patanè voleva
120 mila euro a lordo.. allora gli ho detto scusa... ‘noi a Panzironi (Franco Panzironi, ndr) che comandava gli avemo
dato il due e me.. 2 virgola 5 per cento (2,5%, ndr)...dato 120
mila euro su 5 milioni...” mo damo tutti sti soldi a questo?”.
Alla fine decidono di diminuire il compenso e rateizzare: “Io martedì incontro Patanè, una parte dei soldi io
comunque gliela darei...gliela incomincerei a da’”.
Tra scatole e scatolette c’è anche un gioco di specchi. È
sempre Buzzi a raccontare: “So stato poi ieri dal capogruppo del PD gl’ho spiegato Formula Sociale è di destra
anche se sono io.. è di destra c’è Caldarelli e Quarzo...”.
Uno è consigliere Pdl. L’altro era assessore alle Politiche dei servizi Sociali del Municipio XIX.
ROMANZO CRIMINALE
il Fatto Quotidiano
PIl Fatto
er attaccare
mostrava
la foto della “cena”
AL “CONFRONTO” del 2013 organizzato dall’emittente all news Sky Tg
24 per le elezioni comunali di Roma, il
sindaco uscente Gianni Alemanno,
per rispondere alle polemiche scatenate dalla pubblicazione del Fatto
Quotidiano di una foto che lo ritraeva
con un appartenente della famiglia
Casamonica, mostrò lo scatto successivo con Salvatore Buzzi e l’allora
presidente di Lega Coop Giuliano Poletti. Quella stessa fotografia che
Alemanno usava per attaccare il Fatto è diventata un elemento dal quale
oggi sia lo stesso Alemanno sia il ministro Poletti devono ancora spiega-
L’APPUNTAMENTO
SABATO 6 DICEMBRE 2014
3
re. Eppure Alemanno allora era molto deteminato nel raccontare che
quella era una cena bipartisan e la
foto col boss che il Fatto pubblicò era
solo un pretesto per attaccarlo. Anche il conduttore fu costretto a riprendere l’ex sindaco e invitarlo alla
calma.
L’INCONTRO
“Il Nero cercò l’intesa Buzzi: “Alemanno
anche con Marchini” mi presentò Silvio”
IL COSTRUTTORE GIÀ CANDIDATO SINDACO INCONTRÒ GRAMAZIO JR:
”NON SAPEVO CHI CI FOSSE DIETRO”. IL RUOLO DI ERASMO CINQUE
IL RAS DELLE COOPERATIVE ROSSE RACCONTA ALL’EX NAR L’INCONTRO
CON BERLUSCONI AVVENUTO DURANTE UNA CENA ELETTORALE
M
L
a non ce se crede, questo è matto!”. È chini prende il telefono e chiede alla segretaria di
da romano verace la prima reazione chiamare Cinque: “Erasmo ma che mi hai comdi Alfio Marchini quando il cronista binato? Io sono in grave imbarazzo.
gli legge l’informativa dei carabinie- I giornalisti mi chiamano per chiedermi di Carri del Ros su “Mafia Capitale”. Il “matto” è Erasmo minati. Io ho accettato di incontrare su tua richieCinque che nel novembre 2013 ha organizzato un sta Gramazio perché mi hai detto che era un gioincontro tra Marchini e Luca Gramazio senza av- vane in gamba e ora escono queste cose sul fatto
vertire il costruttore che li aveva spediti da lui – che l’incontro sarebbe stato organizzato da Carsecondo l’accusa del Ros – il boss Massimo Car- minati. Ti rendi conto? Ti prego di smentire con
minati. A pagina 1364 dell’inuna nota all’Ansa”. L’Ansa non
formativa (altro che Romanzo
pubblica smentite di Cinque ficriminale) c’è il paragrafo intitono a sera quando appare una noL’INFORMATIVA
lato “L’intermediazione di Carta di Marchini: “Gramazio mi
minati per l’incontro con Marchiese che gli esponessi il progetIl Ros: il consigliere
chini”. Nessuno è indagato per
to politico al quale stavo lavoquesta vicenda, ma il Ros la rirando poi non se ne fece nulla
regionale Pdl
porta perché “l’incontro di Luca
tanto che, alle successive elezioarrivò nell’ufficio
Gramazio, Fabrizio Testa e Gioni per le aree metropolitane, rivanni Quarzio con Marchini,
fiutai di votare i loro candidati
dell’imprenditore solo malgrado ne avessero fatto
già candidato alla carica di sindaco di Roma, organizzato da
esplicita richiesta al nostro cagrazie all’intervento
Carminati attraverso Erasmo
pogruppo”.
del presunto boss
Cinque” (costruttore da sempre
M. L.
vicino al mondo ex An, indagato in una vicenda relativa al Mose con Altero Matteoli, ndr) è un esempio della
“capacità di Carminati di intervenire positivamente nel mondo politico romano”.
IL 24 NOVEMBRE 2013 Gramazio contatta Cin-
que per chiedergli di incontrare “il suo amico” per
“costruire qualcosa di importante davvero”.
L’amico di Cinque è Marchini. Ma il costruttore
non si muove nonostante Gramazio Jr gli ricordi
di essere il figlio di Domenico, ex ras della destra
romana. Le elezioni erano state vinte da Marino e
si era alla vigilia dell’approvazione del bilancio comunale. Marchini in quei giorni presentò 100 mila
emendamenti con tattica ostruzionistica.
Gramazio chiede a Testa di mettere in pista Carminati. “Il mercoledì successivo, 27 novembre
2013 – scrive il Ros – Carminati dopo essersi trattenuto almeno dalle ore 13 sino alle successive ore
13.47 presso gli uffici di Cinque Erasmo, in questo
viale delle Milizie, alle ore 14.40, utilizzando una
cabina telefonica, chiamava Testa al quale confermava di aver inoltrato la richiesta di appuntamento, che si sarebbe dovuto svolgere il successivo venerdì 29 novembre 2013: ‘Senti ti ho inoltrato’.
‘Quindi penso che per quella cosa la facciamo venerdì’ (…) Il servizio di osservazione consentiva di
riscontrare la presenza di Testa, Gramazio e Quarzo, successivamente raggiunti da Erasmo Cinque;
i quattro entravano poi al portone di via S. Nicola
de Cesarini”. La sede del gruppo Marchini. “Alle
successive ore 9.41, Luca Gramazio chiamava suo
padre Domenico, per informarlo di essere appena
tornato da un incontro con Erasmo e Marchini”.
PER IL ROS, “la vicenda evidenziava, ancora una
volta, il ruolo di ‘ponte’ e ‘trait d’union’ del Carminati in questo caso tra ‘mondi politici opposti’ e
come la sua fitta rete di relazioni a tutti i livelli,
fosse sfruttata dai membri del sodalizio per facilitare incontri in altro modo non conseguibili”.
Solo grazie alla filiera Carminati-Cinque, infatti
Gramazio junior arriva al cospetto di Marchini
che oggi è una furia: “Erasmo Cinque lo conosco
da quando eravamo bambini. È molto amico dei
miei zii che sono i Danesi, quelli del caffè, uno di
loro è stato vittima anche di un sequestro, pensi lei,
della Banda della Magliana. Cinque mi dice che
voleva presentarmi Luca Gramazio che non conoscevo, perché diceva che era un valido giovane
della destra. Io ho accettato l’incontro ma si immagini se pensavo che Cinque avesse contatti con
Carminati. Questo me lo dice lei. Mi sembra una
follia solo pensarlo. Ma guarda un po’. Questi sono
matti. Ora lo chiamo subito davanti a lei. Guardi se
io devo essere associato a questo schifio. Io Carminati non so chi sia se non dai giornali’”. Mar-
o aveva anche presentato a Silvio cittadino in carica al leader del Pdl Silvio BerBerlusconi. Non si può dire che lusconi: “Allora Alemanno m’ha presentato a
Gianni Alemanno non avesse fatto Silvio, dicendo: ‘Ti presento il capo della cootutto quanto era in suo potere per perative rosse di Roma’”. Accade anche queaiutare Salvatore Buzzi, arrestato come socio sto nel nuovo Romanzo criminale 2.0: la scena di
di Massimo Carminati, e presidente della coo- un sindaco di destra che presenta a Silvio Berperativa rossa “29 giugno”. Lo si scopre ascol- lusconi un signore come Salvatore Buzzi, già
tando un’intercettazione riportata nell’infor- condannato e recluso negli anni Ottanta per
mativa del Ros dei carabinieri guidato dal ge- l’omicidio del suo socio di affari nelle truffe
con gli assegni rubati, nonché
nerale Mario Parente, in un
fondatore di una cooperativa
capitolo dedicato alla trasverrossa che vanta tra i suoi massalità dell’associazione maRISCHI LEGALI
simi dirigenti Emanuela Bufiosa denominata “Mafia capitale”. Lo racconta Buzzi
gitti, classe 1953, brigatista
Il superboss dice
rossa condannata a 16 anni
stesso a Carminati: “A seguito
della partecipazione di Buzzi
mentre è intercettato: (scontati) per l’omicidio del
capo della Digos di Venezia
a una cena elettorale in favore
“Solo uno può fottere Alfredo Albanese nel 1980.
di Gianni Alemanno tenutasi
Scorrendo l’informativa del
la sera del 16 maggio 2013. In
Gianni. Non è
Ros si scopre anche un ricorquella occasione, infatti, il
Buzzi – come raccontava al
Mancini che fa i cazzi do di gioventù di Massimo
Carminati su Ignazio La RusCarminati – era stato presensuoi. È Panzironi”
tato direttamente dal primo
sa: “Ignazio no, no, me lo ricordo da ragazzini era così,
eh, io quando andavo a Milano la federazione del Msi erano solo loro,
lui, Romano, er padre. Vanno ai congressi, gli
rompono sempre il cazzo al padre gli dicono
che era mafioso perché era amico di Ligresti
(...) è Ligresti che viene da me, no io che vado
da lui”. Poi Carminati, che parla con l’ex direttore commerciale di Finmeccanica Paolo
Pozzessere, aggiunge un commento sulla passione per le donne di Larussa: “Deve sta attento alla sorca (...) è sempre stato così”.
SU ALEMANNO, invece, Carminati in un’altra
Alfio Marchini LaPresse
Gianni Alemanno LaPresse
Amici e parenti: tutti i “favori”
e le prebende di Mafia Capitale
i va dalle assunzioni di
S
amici e parenti agli appartamenti: l’elenco delle “dazio-
ni illecite” che la mafia Capitale destinava a funzionari
pubblici, annotate dai Carabinieri del Ros, è davvero variegato. Per il sindaco di
Sant’Oreste, Sergio Menichelli, è prevista una paghetta di
30mila euro mentre, per l’impiegato del settore tecnico,
Marco Placidi, la cifra scende a
20mila euro da versare in due
tranche. Altri 10 mila euro
erano destinati a Francesco
Caputo, consulente comunale
per le procedure a evidenza
pubblica. Sempre secondo le
accuse, erano previsti altri
70mila euro per Claudio Turella, responsabile del servizio
Programmazione e Gestione
verde pubblico del Comune di
Roma.
Per l’ad di Ama spa, Franco
Panzironi, si viaggia intorno ai
200mila euro con annesso
orologio di imprecisato valore. Per Carlo Pucci, direttore
commerciale della società Eur,
partecipata al 90 per cento dal
ministero del Tesoro e al 10
per cento da Roma capitale,
erano previsti 5 mila euro
mensili. Il presidente dell’assemblea capitolina Mirko Coratti aveva l'elevata quotazione di 150mila euro. Per Angelo
Scozzafava, ex direttore del
Dipartimento Promozione
dei Servizi Sociali e della Salute del Comune di Roma, era
previsto un appartamento del
valore di 130mila euro e un
orologio. A Franco Figurelli, ex
segretario dell’ex Sindaco
Francesco Rutelli, consigliere
comunale nella giunta Veltroni giungevano, secondo le accuse, mille euro mensili più un
bonus di 10mila, per fissare un
incontro con Mirko Curatti.
E la lunga lista che i ros sintetizzano con “Specchio delle
dazioni” non è ancora finita.
Tommaso Liuzzi, già presidente e amministratore delegato
dell’azienda pubblica Astral
Spa, attuale sindaco del Comune di Sacrofano ottiene
l’assunzione Coop. 29 Giugno
di 4 persone di Sacrofano più
una cena elettorale.
Brigidina Paone, pensionata,
già dipendente del Comune di
Roma, attualmente assunta a
tempo determinato per chiamata diretta dalla Giunta Marino, ottiene l’assunzione della
figlia Francesca.
a.mass. e val.pa.
conversazione dice: “Solo uno lo può fottere
ad Alemanno, è Panzironi, ... non è Mancini...
Mancini è un malversatore (fonetico, ndr) per
cazzi suoi mica per Alemanno, solo quello,
uno che può fottere veramente Alemanno è
Panzironi. Panzironi lo può fottere, altri non
ce n’è, ‘sti du’ pazzi”.
Poi c’è un’intercettazione di Ernesto Diotallevi (che altrove si autodefinisce come una
sorta di superboss morale, ndr) con il suo avvocato Pierpaolo Dell’Anno, che secondo
Diotallevi rischiava troppo incontrando Carminati: “Pierpà... se... Striscia la notizia, Report.. ce vè Striscia la notizia... qui sotto famo
l’associazione ... siamo sempre li stessi... perché io evito da vede’?” E l’avvocato rispondeva:
“Io non ho fatto niente... inc... c’è un processo
Carminati non l’ho mai difeso”. Ma Diotallevi
insisteva: “Qui sotto... l'ho visto io na settimana
fa”.
Una cosa è certa come sondaggista Carminati
non ha un gran futuro. In un’altra intercettazione prima delle elezioni comunali diceva:
“Questi qua.. stanno... tu senti a me..., con
grande dispiacere fanno vince’ Alemanno, loro
stanno... vince Alemanno, senti a Massimo, io
sono convinto”. Mentre ricordava un pestaggio di Gennaro Mockbel ai danni di Alemanno
che avrebbe cambiato la traettoria politica
dell’ex sindaco: “Mokbel è un cazzone, però,
sai che c’ha lui? Ha sempre fatto questo però,
che lui non è che ha fatto questo perché aveva
preso i soldi.. da tutti sempre è stato, cioè lui
mi ricordo ai tempi di..., hanno fatto la lega
meridionale, è sempre uno che ha fatto politica, per cui.. è sempre stato in qualche maniera.. appoggiava un gruppo politico, un altro, no? Ha creato un partito, aveva.. a Roma,
aspetta, chi appoggiava, ma pure (fonetico) ha
menato Alemanno mi ricordo, è stato un periodo, me ricordo sotto un comizio hanno
picchiato Alemanno, per questo poi Alemanno si appoggiò al gruppo di terza posizione,
no?”.
4
ROMANZO CRIMINALE
SABATO 6 DICEMBRE 2014
M
arroni: “Amarezza
per le ombre sulle
cooperative sociali”
SONO RIMASTO profondamente colpito e addolorato dal quadro di degrado che stanno tratteggiando le indagini condotte dalla Procura della Repubblica di Roma”. Lo dichiara, in una nota, il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni: “Fermo restando il rispetto per il lavoro dei magistrati –
ha aggiunto il Garante – che auspico accertino celermente le responsabilità, mi addolora che, in que-
ste ore, le ombre del sospetto si allunghino sull'opera di decine di cooperative sociali e di realtà del
terzo settore che in silenzio, e lontano dalle luci della ribalta, svolgono un lavoro fondamentale di inclusione sociale e di lotta alla emarginazione contribuendo, con il coinvolgimento di detenuti ed ex
detenuti nelle attività lavorative, a diffondere la cultura della legalità e riducendo i rischi di recidiva. Un
il Fatto Quotidiano
mondo che, credo sia determinato a far sentire
prossimamente ed in modo determinato e forte la
sua voce. Ovviamente sono amareggiato per le notizie che, in particolare riguardano una cooperativa
che 30 anni fa contribuii a fondare e che oggi per
responsabilità personali sta attraversando una grave crisi mettendo a rischio il lavoro di tanti detenuti
ed ex detenuti".
Mammucari, De Rossi
starlette e ultras nazi:
tutti con il “nuovo boss”
I VIP
In senso orario
Gigi D’Alessio,
Belen Rodriguez con Giovanni De Carlo
e Daniele
De Rossi
Ansa
IL CALCIATORE CHIAMÒ DE CARLO. E LUI: “HAI FATTO BENE DANIE’”
IL CONDUTTORE CERCAVA FARMACI, GIGI D’ALESSIO IL SUO OROLOGIO
di Valeria Pacelli
A
Roma lo conoscevano
tutti Giovanni De Carlo,
l’uomo che Ernesto Diotallevi, legato ai vecchi
capi della Magliana, indicava in
un’intercettazione come “il nuovo
boss” della capitale. Almeno “materialmente”. De Carlo si è costituito
due giorni fa dopo aver ricevuto l’ordine di arresto nell’ambito di “Mafia
capitale”. Non è indagato per associazione mafiosa ma per trasferimento fraudolento di beni. Ma mentre “gravitava in ambienti delinquenziali”, come pure tra gli ultrà laziali e nei ristoranti della Roma bene,
Giovannone si è costruito una rete di
amicizie vip: da Belen Rodriguez a
Teo Mammucari e a Daniele De Rossi. Intercettati con De Carlo ma tutti
estranei all’inchiesta. Vale la pena di
raccontare le conversazioni per capire come il personaggio fosse ben
inserito, non solo in ambienti criminali.
I carabinieri del Ros hanno annotato
“numerosi contatti e frequentazioni
con le showgirl Ludovica Caramis,
compagna dell’attaccante della Roma Mattia Destro e Alessia Tedeschi”. Qualche vip l’avrebbe anche
ospitato nel proprio appartamento
di piazza Cavour, “come Veronica
Sciacca e Belen Rodriguez con il marito Stefano De Martino, anch’essi
ospiti presso la suddetta abitazione,
e con i quali veniva anche fotografato dalla stampa di gossip durante la
loro permanenza a Roma”. Ossia al
ristorante Assunta Madre, nel centro di Roma, lo stesso dove una cimice ha captato il tentativo di fuga
verso il Libano di Marcello Dell’Utri,
ora in carcere a Parma.
A De Carlo si è rivolto anche Daniele
De Rossi, centrocampista della Roma e della nazionale, che lo ha chiamato alle 3 di notte del 30 settembre
2013 preoccupato per una rissa che
stava in un locale. “Il calciatore – riporta l’informativa – gli riferiva di
averlo contattato in quanto, insieme
al compagno di squadra Mehdi Benatia, aveva avuto poco prima una
discussione con un ragazzo all’interno di un locale notturno e temendo
ulteriori conseguenze (“no avevo
pensato che aveva chiamato qualche
malandrino... qualche coattone... ho
detto famme senti’ Giovanni”) aveva
pensato al De Carlo affinché si potesse interessare della questione”.
Quando Giovannone richiama De
Rossi però è troppo tardi: era già intervenuta la polizia. Ma De Carlo
rassicura comunque il calciatore per
il futuro: “Chiamame sempre… Bravo! Hai fatto bene Danie’, amico
mio”. “Mi auguro che non si strumentalizzi la vicenda”, ha commentato ieri Mauro Baldissoni, direttore
generale della Roma, rimandando
ad oggi un intervento del calciatore.
Nel mondo del calcio Giovannone
conosce anche Giuseppe Sculli, nipote del boss Giuseppe Morabito di
ROMA NORD
Il “regno” di
Giovannone è a Ponte
Milvio, nei ristoranti
in cui si incontrano
calciatori milionari,
tifosi e showgirl
Africo (Reggio Calabria), detto il Tiradritto, che avrebbe incontrato De
Carlo presso il ristorante “Met-Villa
Brasini” a Ponte Milvio. Quando i
Ros fanno riferimento a Sculli, coinvolto nell’inchiesta sul “calcioscommesse” di Cremona, allegano anche
un articolo di giornale che parla di
un incontro tra lo stesso calciatore e
Massimo Carminati, anche se è ingnoto il motivo dell’incontro.
A De Carlo, si sarebbe rivolto a luglio
2013 anche Gigi D’Alessio dopo un
furto subita nella propria casa nel
Complesso residenziale dell’Olgiata
a Largo dell’Olgiata, quando i ladri
avevano portato via “molti orologi
preziosi, tra cui una collezione di
orologi marca Rolex per un valore
per circa 4 milioni di euro”. Da Miami ieri Gigi D’Alessio ha fatto sapere
che: “Non ho mai conosciuto questa
persona, parlerò attraverso il mio avvocato”. Eppure l’ingresso di De
Carlo è stato notato dai militari del
Ros, che in quei giorni lo stavano pedinando. Gli agenti, è scritto nell’informativa, “potevano registrare come lo stesso alle ore 14,30 circa, venisse prelevato a bordo di un’autovettura Audi Q7 e si portasse presso
l’abitazione del D’Alessio all’interno, dove si tratteneva per una
mezz’ora”. E nella rete di amicizie di
De Carlo non manca il mondo dello
spettacolo. Anche Teo Mammuccari, presentatore delle Iene, è una sua
conoscenza. Contattato dal Fatto
Quotidiano spiega si conoscono da
tempo e che si era rivolto a lui per
avere alcuni prodotti per andare in
palestra. Il presentatore “dimostrandosi consapevole della caratura criminale di questo, contattava più volte De Carlo al quale chiedeva di poter
reperire sostanze dopanti”.
La telefonata riportata nell’informativa è del 25 giugno 2013:
Teo Mammucari: “Giovanno’ me dai
una mano con quella cosa che t'ho chiesto?
De Carlo: Mo’ ce vado a vede’
M: no perché... Nucciatelli (foneti-
co) me dice ‘no Giovannone è un
chiacchierone’ gli ho detto ‘no..non è
vero’
DC: Sì lo so.. Sono un chiacchierone
ma almeno non spiattello i cavoli tua in
giro.. non dico che vuoi diventa’ Hulk
capito?
M: (ride) (...) dai allora se beccamo
più tardi me fai sapè.. ciao Giò.
La richiesta di Mammucari, continua l’informativa del Ros nella conversazione ritenuta “volutamente
evasive nei toni e nei contenuti, era
rivolta affinché De Carlo gli procurasse in maniera ‘riservata’ sostanze
dopanti per lo sport come peraltro
veniva esplicitato, un paio di giorni
dopo”. Ossia il 27 giugno 2013 quando De Carlo chiamava Mammucari:
“Quest’ultimo, diceva di essere appena tornato molto stanco dalla palestra e si lamentava con De Carlo
Giovanni che non era riuscito a procurargli il ‘GH’, nonostante le assicurazioni. De Carlo Giovanni replicava che lui era “passato dall’amico
mio” ma che questi era partito.
Mammucari spiega: “Mi sono rivolto a lui perché era un ex pugile. Cercavo semplicemente dei prodotti per
la palestra.”
Notizie utili agli affari e articoli su commissione
Così la banda cercava di usare i giornali romani
A
nche la stampa. La banda di mezzo è riuscita
a far pubblicare alcuni articoli per diffondere notizie utili ai loro affari. Uno su tutti, secondo gli inquirenti, quello pubblicato dal Tempo
il 12 marzo 2014 con il titolo “Centro rifugiati
bloccato dai francesi. Palla al Tar”. A quanto ricostruito dai magistrati l'intento era quello di
promuovere una campagna mediatica favorevole
al Consorzio Eriches 29, quindi Buzzi e Carminati, che si era aggiudicata l'appalto della prefettura di Roma nonostante “l’esiguità del prezzo” e
infatti la concorrente Gepsa aveva fatto ricorso e
il Tar aveva sospeso l'assegnazione. Massimo
Carminati ha incontrato, attraverso l’avvocato
Ippolita Naso, il direttore del Tempo, Gianmarco
Chiocci “adottando accurati accorgimenti al fine
di dissimulare l’evento alle eventuali attenzioni
investigative”. Chiocci, contattato dal Fatto, ha
spiegato di essere rimasto “persino stupito: me
l’ha presentato Alemanno e lui si è presentato con
i documenti e una notizia, quindi ci abbiamo lavorato; ho girato le informazioni a una mia collega che ha iniziato a seguire la vicenda, niente di
più e niente di meno”.
E così la mattina della pubblicazione dell’articolo,
Valeria Di Corrado contatta Buzzi: “Ma andava
bene l’articolo, vero?”, chiede. “Sì, perfetto, sei
bravissima”. Buzzi poi via Sms segnalava a diverse persone che sul Tempo era stato l'articolo, fra cui
a Micaela Campana, deputato del Partito Democratico, attuale responsabile welfare della segreteria del Pd. Buzzi confidava nella disponibilità di
Campana per presentare sul caso un'interrogazione parlamentare nel caso la gara non venisse
NELLE CARTE
Il caso di un pezzo
pubblicato sul “Tempo”
il 12 marzo 2014 per
“aiutare” il Consorzio
Eriches 29. I contatti
con la pd Campana
“Volevo solo
prodotti per
la palestra”
IL PRESENTATORE AL TELEFONO CON
“GIOVANNONE”: “NIENTE DI MALE”
olo prodotti per andare in palestra, non
S
dopanti. Così Teo Mammucari spiega al
Fatto quella telefonata – anticipata ieri pome-
riggio da alcuni siti – tra lui e Giovanni De
Carlo, il romano coinvolto nell’inchiesta Mafia Capitale, anche se non è accusato di associazione a delinquere a stampo mafioso, ma di
intestazione fittizia di beni. La conversazione
imbarazzante per Mammucari risale al al 25
giugno 2013. “Sono abituato ormai, prima mi
hanno accusato per la cocaina, poi per Mussolini. È un mese che mi succedono queste cose. Questa è la quarta.”
Cosa chiede a De
Carlo, ce lo spieghi
Chiedo semplicemente, è non voglio
rinnegare
nulla,
un’informazione,
una telefonata alla
persona della quale
io non ho niente da
dire. Ogni volta che
mi incontrava mi abbracciava, era simpaticissimo, una persona normalissima. Pensa
oggi mio fratello mi ha scritto un messaggio:
“finalmente sai il suo cognome”.
Cioè mi sta dicendo che non sapeva che Giovannone fosse Giovanni De Carlo?
sbloccata. “Ho già concordato con Micaela che
mi faceva un'interrogazione sul casino che è successo (...) se vai a pagina 11 del Tempo”, spiegava a
Simone Barbieri, assistente di Campana.
Nel pomeriggio del 19 marzo Campana riferisce
di aver parlato direttamente con il “sottosegretario” e di aver ricevuto indicazioni affinché, dato
che “al momento c’è solo un articolo”, si attendesse che fossero ultimati gli “accertamenti del
caso” già avviati da parte del Ministero”. Allora
Barbieri si preoccupa di “bloccare quella del Tempo”, perché
era previsto un secondo articolo. Vicenda simile coinvolge anche il Messaggero. Inoltre Campana appare in altri passaggi
dell’inchiesta. Il 5 maggio 2013
veniva intercettato un lungo
dialogo all’interno dell’ufficio
di Salvatore Buzzi, tra quest’ultimo, Carminati, Caldarelli e altri. Buzzi dice: “ “…mo se me
compro la Campana..”.
Micaela Campana Ansa
INTERCETTATO
dav. ve.
No, non lo sapevo. Per me è Giovannone. È
una persona simpatica, non aggressiva.
Dove vi siete conosciuti?
Vabbè, ma io vivo a Roma da 50 anni. Me fai
na’ domanda...
Torniano ai rapporti con De Carlo?
Te la spiego, io volevo andare in palestra e a
Miami mi avevano consigliato di prendere dei
prodotti perchè mi dicevano sei troppo magro.
Io faccio il presentatore televisivo non è che mi
posso prendere questa roba. Per loro mi dicevano che anche la melatonina è un ormone,
non ti fa niente, ti aiuta un po’ con la palestra.
Poi mi sono documentato. Ma pensa che io
sono vegetariano, faccio meditazione, vi sembro un culturista?
Perché chiedere proprio a De Carlo i prodotti
per la palestra e non andare in farmacia?
E tu perchè chiedi questo a me?
Perché è il mio lavoro e per capire bene.
Lo chiedo a lui perchè è un ex pugile. Se lo vedi
ora è cicciottello, ma faceva sport. Gli ho chiesto un consiglio, non capisco perchè uno deve
sparare sul giornale il mio nome.
Val.pa.
ROMANZO CRIMINALE
il Fatto Quotidiano
P“Aarola
di Spatuzza:
Roma non si
sporcano le mani”
LA COSA che ho notato è che rispetto
alla mafia, la mafia palermitana o siciliana che sia, a Roma hanno tutta un’altra
mentalità, nel senso che non si vogliono
sporcare le mani direttamente”. Parole di
Gaspare Spatuzza interrogato dai pm di
Roma e contenute nell’informativa del
Ros: “Il romano – prosegue il boss di Cosa
Nostra – cerca di farsi proteggere le spalle, agire in seconda fila e però investire
più per avere più proventi possibili; quindi cerca di non apparire ed esporsi. Io sto
parlando degli anni fino al ‘95, ora non so
se un po’ la cosa si è capovolta, però c’è...
questa componente che c’è alle spalle
degli sconosciuti, nell’ottica criminale,
SABATO 6 DICEMBRE 2014
5
però hanno bisogno di questa manovalanza criminale per portare avanti i propri interessi, gli investimenti. Quindi
l’anomalia rispetto alle questioni dirette
che gestisce direttamente Cosa Nostra
questi invece cercano un po’ il criminale
per investire ma nello stesso tempo rimanere dietro le quinte”.
STORIE DI CARMINATI:
“LA MAGLIANA?
BANDA DI STRACCIONI”
IL “CECATO”, QUAND’È IN VENA, PARLA PER ORE CON GLI AMICI:
”L’UNICO CAPO ERA ER NEGRO GIUSEPPUCCI”. I SOLDI, I RICORDI
DI GUERRA E LE RIVELAZIONI SULLA MORTE DI ALIBRANDI
di Antonio Massari
P
arla per ore, Massimo Carminati, quando è in vena di raccontare agli amici la
sua storia, a cominciare dalla
Banda della Magliana. E così,
parlando di Franco Giuseppucci, detto il “negro”, dice che lui,
sì, “era uno degli uomini più liquidi di Roma” ma in fondo,
quella della Magliana, era una
“banda di accattoni, straccioni,
per carità sanguinari, perché
s’ammazzava la gente così, senza manco discutere, la mattina
si decideva se uno doveva ammazzare qualcuno la sera...”.
“Io ero politico, schioppavo
dieci banche al mese”
“Sono diventato, secondo loro,
uno della Banda della Magliana”, continua Carminati,
“mentre io ero soltanto amico...
io ero politico … facevo politica
a quei tempi … poi … la politica
ha smesso di essere politica... è
diventata criminalità politica,
perché c’era una guerra a bassa
intensità, prima con la sinistra e
poi con lo Stato. C’avevo contatti con la Banda della Magliana perché... l’unico vero capo
che c’è mai stato... Giuseppucci... era un mio caro amico, abitava di fronte a casa mia ... poi
quando l’hanno ammazzato …
c’ho avuto una sorta di rapporti,
con tutti ’sti cialtroni, ma loro
vendono la droga, io la droga
non l’ho mai venduta, non mi
ha mai interessato... Io schioppavo dieci banche al mese...”.
“Con una stecca sola mi sono
comprato la prima casa”
Carminati ricorda una famosa
rapina, quella del 27 novembre
1979 alla filiale romana della
Chase Manhattan Bank, e come
spese il bottino con i suoi amici:
“Il giorno dopo la … Chase Manhattan Bank siamo andati lì...
gli ho fatto compra’ il 323 (una
Bmw, ndr) pure a lui... c’aveva
una baracca gli ho detto... ’annamose a compra’ il 323’ ... ancora me lo ricordo.... 11 milioni... calcola pigliavamo stecche
da 50-60 milioni... ti facevi una
macchina che adesso varrà
40-50.000 euro … con 50 milioni m’ero comprato casa... la prima casa che mi sono comprato... con una stecca...”.
Tra Moro e Almirante,
che era nemico dei fascisti
Il boss racconta di quando “Almirante ha detto che, per i terroristi di destra, doppia pena di
morte...”. E la riflessione inevitabile fu: “Per noi non c’è spazio
qui”. Ricorda anche che, tra i
suoi amici fascisti qualcuno
pensava di colpire Moro: “È andato in Libano … stavano per
… (parola incomprensibile,
ndr) … qualcosa ad Aldo Moro, infatti l’hanno bevuto...”.
Quei mesi in Libano a fare
la guerra “senza mandato”
C’è poi la fase libanese, “tra il
1980 e il 1981” annota il Ros, “al
fianco di altri appartenenti ai
Nar, unitisi alle forze falangiste
cristiano-maronite che pren-
devano parte al conflitto tra le
forze filo-israeliane (alle quali
esse appartenevano) e lo schieramento filo-palestinese”. “Ti
compravi un M16 con 150 dollari...”, dice Carminati, e - a giudicare dalle sue parole, annota
il Ros -, non era in Libano per
sfuggire a provvedimenti giudiziari in Italia. Si trattava di
“una missione vera e propria”
con “compiti di carattere operativo” della quale “l’indagato
evidenzia l’assenza di un ‘mandato ufficiale’, come a sottin-
fatto
a mano
tendere la presenza di un mandante virtualmente titolato a
formularne”. In altre parole,
una missione che pare organizzata da servizi segreti deviati.
“Sabra e Shatila avete fatto…”,
dice il suo amico Matteo. “No,
’82! ...non me la potete dare
...non me la ponno accolla’...”,
risponde ridendo. “Poi siamo
andati al sud...”, continua,
“quando siamo dovuti scappare da Beirut... gli israeliani ci
hanno fatto passare... sapevano
che avevamo i passaporti falsi
…”. E ancora, ricordando
all’amico il clima, aggiunge: “...
tu salivi sui palazzi e lì cecchinavi dall’altra parte eh... sì...”.
“La Magliana ha arricchito
tutti, tranne la Banda”
“Tutto quello che scrivevano
su di me...”, dice Carminati, “io
sono stato killer della P2, killer
dei servizi segreti... la strage di
Bologna... ero l’anello mancante fra una realtà politica e
una realtà di criminalità organizzata, la Banda della Magliana era diventata... l’anello
mancante... e allora tutto quello che si poteva affibbiare a
quella che era diventata la cosiddetta Agenzia del Crimine...
un’agenzia secondo loro disposta a tutto per soldi, per potere per prebende... che gli è
servita per far poi carriere politiche, film libri e quant’altro
…. perché gli unici che non si
sono arricchiti con la Banda
della Magliana sono stati pro-
prio quelli della Banda della
Magliana, gli altri si sono arricchiti tutti, chi per questioni di
potere, chi in maniera economica hanno avuto tutto il loro
tornaconto...”.
L’invito negli Stati Uniti
del console americano
Carminati: “Io combattevo il
comunismo, console, quando
lei ancora non era nato”, gli ho
detto ridendo, quello mi ha
detto ‘a Carminati, non solo
quello... non solo quello’, è sta-
GLI ANNI D’ORO
“Dopo la rapina
alla Chase Manatthan
ho comprato il Bmw.
Prendevamo stecche
da 50 milioni: con una
mi sono comprato casa”
to fichissimo... mi ha detto,
‘stiamo a marzo … l’ambasciata c’ha una lista di attesa lunghissima per queste cose ... se
vuole prima vada a Napoli...
però io le do un permesso per
tre mesi, viene, visita gli Usa e
poi si leva dai coglioni...”
La prima pistola a 14 anni:
“Ora te carcerano subito”
“A quattordici anni avevo la
L’ARRESTO
I carabinieri hanno
arrestato Massimo
Carminati nella giornata di
domenica. Con lui a rischio
un “mondo di mezzo” tra
politica, mafia e affari Ansa
pistola... una 7,65... ventimila
lire la pagai ... mia mamma non
mi diceva un cazzo...”. L’amico
gli chiede: “Ci andavi a sparà?”. “Ci andavo a scuola...”, risponde Carminati, “ con la pistola... col vespone... erano altri tempi... adesso te carcerano
subito ...”
La rivelazione sull'omicidio
Alibrandi
“Carminati – annota il Ros - rivela particolari inediti sulla dinamica della morte di Alessandro Alibrandi, avvenuta il
5 dicembre 1981 al Labaro: asseriva che, contrariamente a
quanto noto, il suo compagno
di militanza fu erroneamente
ucciso da “fuoco amico” e non
dai colpi dei poliziotti con cui
aveva ingaggiato il conflitto a
fuoco”. “Alibrandi - chiede
l’amico Matteo - è morto il 5
novembre?”. “Il 5 dicembre risponde Carminati - con il
fuoco amico... lo hanno ammazzato i compagni stessi suoi
...è successo al ristorante.. al
ristorante gli hanno sparato …
per sbaglio... a me me l’ha detto Lorenzo Lai.. che stava
là…”.
“Panetta di Bankitalia è amico mio”
IL CAPO DI MAFIA CAPITALE DISSE: “CON LUI FACCIAMO VACANZE INSIEME”. DA RAGAZZI HANNO VISSUTO ALL’EUR
l vicedirettore generale della Banca
I
d’Italia Fabio Panetta è cresciuto
all’Eur e là ha incrociato, in gioventù,
ta una filiera no... allora loro per discreditare qualcuno sotto campagna
elettorale possono sfruttare meglio...
il discorso è quello se io sono io... che
io conosco questi... io c'ho fatto politica... ma poi ognuno ha preso la
strada aho, chi ha fatto politica ...capito? Chi è diventato un bandito da
strada... chi è che si è laureato... a quei
tempi ci stava gente che adesso sta
Massimo Carminati, di cui è quasi
coetaneo. Da via Nazionale spiegano
che Panetta non parla con Carminati
da oltre trent’anni e che il banchiere
centrale è disposto a mettere a disposizione i tabulati telefonici a chi non si
fida e vuole verificare, che le parole di
Carminati
riportate
nell’informativa dei carabinieri sono soltanto “milLA REPLICA
lantato credito”.
Ecco cosa dice quello che i
Il vice dg di via
pm considerano il capo di
“Mafia Capitale” il 25 genNazionale smentisce
naio del 2013, parlando
tutto: “Nessun contatto
con l’amico Cristiano
Guarnera: “Perché lì... in
negli ultimi 30 anni,
Procura, hai visto ieri si è
dimesso Mancini... (Ricse volete controllate
cardo Mancini, ex ad di
pure i tabulati”
Eur spa) ce sta tutto... è tut-
nell'ufficio studi della Banca di Italia,
che stavamo insieme a fare politica
quando eravamo ragazzini, ci sta Fabio Panetta che è il numero 3 della
Bce, quello, l'unico della Banca di Italia che si è portato Draghi io ci ho fatto
le vacanze insieme per tutta la vita è
uno dei miei migliori amici, ogni tanto mi chiama... mi ha chiamato proprio dopo l'articolo, mi ha detto ‘a Ma
Fabio Panetta, vicedirettore generale Bankitalia Ansa
sei sempre rimasto il solito bandito da
strada’, mi ha detto. Gli ho detto ‘sì, tu
sei sempre rimasto il solito stronzo
che stai lì a leccare il culo alla Bce’ e a
Francoforte tu pensa te come stai come non sta”. Il riferimento è all’articolo dell’Espresso di Lirio Abbate sui
poteri occulti romani (“I quattro re di
Roma”, del 12 dicembre 2012)per il
quale Carminati ha querelato. Da
Bankitalia dicono che Panetta smentisce tutto: i contatti telefonici con
Carminati, gli apprezzamenti e le vacanze insieme.
Agli atti dell’inchiesta non risulta alcun contatto con Panetta, che in questi mesi è stato spesso citato dai giornali perché si è occupato del progetto
di Unione bancaria e degli stress test
sulle banche italiane. È stato lui a spiegare i risultati dell’esame sui bilanci e
la bocciatura di Monte Paschi e Carige, lo scorso 26 ottobre.
Ste. Fel.
6
ROMANZO CRIMINALE
SABATO 6 DICEMBRE 2014
G
li scandali non
fermano le Olimpiadi:
“Roma si candida”
IL GOVERNO non ha intenzione di rinunciare alla
candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2014
nonostante gli scandali e la corruzione. “Non ci
facciamo fermare da chi ruba”, è la posizione di
Palazzo Chigi. Infatti dopo la rinuncia di Mario
Monti, il presidente del Consiglio Renzi aveva
ripreso in mano il progetto delle Olimpiadi nella
Capitale e si dice determinato ad andare avanti
nel progetto. Iniziativa che sembrava a rischio
dopo la decisione di governo e Campidoglio di
coinvolgere Raffaele Cantone per passare al vaglio tutti gli appalti compresa la
candidatura alle Olimpiadi. Ma il
Premier non rinuncia, anzi, esalta le
Olimpiadi come occasione per dimostrare che la Capitale può rial-
il Fatto Quotidiano
zarsi in modo pulito dalla corruzione e dal malaffare: “Chi ruba – sostiene il presidente del Consiglio – deve essere giudicato e messo dentro,
poche ciance. Nessuna scorciatoia,
nessun buonismo, nessun compromesso”. Niente sconti per la politica, a prescindere dal partito, è la
linea dura del premier.
LA MUTAZIONE DI BUZZI
Le pagine de Il Messaggero e La Stampa che il 27 giugno del 1980 danno la notizia dell’arresto di Salvatore Buzzi per l’omicidio Gargano. A destra,
la pagina de l’Unità del 1986 in cui si racconta la novità, positiva, della cooperativa di detenuti
29 giugno che permette ai reclusi di Rebibbia di uscire dal carcere per lavorare.
IL RAS DELLE COOP
di Salvatore Cannavò
e Carlo Tecce
I
capelli erano più ricci,
molto folti. Il volto dietro le braccia con le manette strette ai polsi. Il
bancario truffatore, ch’era impiegato nel centro di Roma,
aveva appena confessato: il
complice Giovanni Gargano,
un pregiudicato ventenne, lo
ricattava. E così l’aveva ammazzato con 34 coltellate. Era
il 26 giugno 1980. L’assassino
si chiamava Salvatore Buzzi, 25
anni, fidanzato con una brasiliana, sfruttata per un alibi caduto presto.
È lo stesso Salvatore Buzzi che
oggi è agli arresti, di nuovo, per
l’inchiesta “Mafia Capitale”.
Era “un figlio di papà” sostiene
il Messaggero dell’epoca, che
viveva con i genitori e la sorella
minore in via Prospero Colonna, non lontano dalla Magliana, la periferia in mano a una
banda. Il posto da impiegato,
forse, non gli permetteva di
comprarsi un’automobile da
12 milioni di lire e di prendersi
un appartamento con la fidanzata. Arrotondava con assegni
che rubava in banca e incassava tramite il socio.
Salta il trucchetto
degli assegni a vuoto
Il giochetto, però, s’inceppò, i
due litigarono e una sera, in zona Aurelia, il chiarimento finì
male: “Gargano minacciava di
rivelare tutto ai miei superiori. E
dopo una discussione, ha cercato di accoltellarmi. Io l’ho disarmato per difendermi e poi ho
perso la testa”. Condannato per
omicidio doloso a un quarto di
secolo, Buzzi va in galera, ci resta senza uscire mai per quasi 11
anni, libertà vigilata sino al ‘92,
quando riceve la grazia da Oscar
Luigi Scalfaro, nel 1994. Questa
è la sua storia criminale, ma in
prigione, tra Rebibbia e Regina
Coeli, sembra cambiare vita. Si
fa notare nel 1983 quando si laurea in Lettere e per la prima volta
una commissione universitaria
oltrepassa i cancelli di Rebibbia
per proclamare un dottore.
Il 29 giugno dell’84, la svolta. A
quattro anni esatti dall’omicidio, Buzzi organizza un convegno nel penitenziario di Roma
dedicato al reinserimento dei
detenuti. Qualche giorno prima, il 25 giugno, avevano messo
in scena l’Antigone di Sofocle dove presenziano il capo dello Stato di allora, Francesco Cossiga e
personalità come Pietro Ingrao.
Antigone ispirerà un’associazione che si occupa di giustizia e
Buzzi, l’omicida
passato dalla Grazia
alla Mafia Capitale
NEL 1980 AMMAZZÒ UN COMPLICE CON 34 COLTELLATE
FU IL PRIMO A LAUREARSI IN CELLA. SCALFARO LO LIBERÒ
carcere e la vicenda di Buzzi diventa esemplare a sinistra (Il manifesto ne scriverà più di tutti).
Al convegno si ritrovano socialisti come Giuliano Vassalli, liberali come Aldo Bozzi, democristiani come Giovanni Galloni,
comunisti come Luciano Violante. C’è l’allora sindaco di Roma, Ugo Vetere, il vicepresidente della Provincia, Angiolo Marroni, padre di Umberto, il dem
che Buzzi, leggendo le intercettazioni dell’inchiesta “mafia capitale”, voleva primo cittadino
al Campidoglio. Miriam Mafai
gli dedica un pezzo su Repubblica. Il 29 giugno diventa il nome
di una delle cooperative di Buz-
zi, il suo progetto diviene realtà
con la legge del 1991 sulle cooperative sociali che permette di
assegnare gli appalti senza bandi pubblici. I rapporti costruiti
con la sinistra romana si traducono in lavoro vero: dapprima
nella cura dei giardini, della raccolta rifiuti per poi crescere a dismisura. Con l’avvento della
giunta Rutelli avviene il primo
salto. Gli amici e i compagni di
sempre salgono alla guida di
Roma e la amica cooperativa di
detenuti va aiutata.
La nascita della cooperativa
sull’onda di Antigone
Buzzi e i suoi si ingrandiscono e
forse, un po’ alla volta, iniziano
a toccare interessi e questioni
sempre più scabrose. È ancora
estate, stavolta il 22 luglio 2002.
Al cimitero monumentale del
Verano si segnalano devastazioni di cinque giardinieri contro le tombe ebraiche. Al Campidoglio siede Walter Veltroni,
il capo di gabinetto è Luca Odevaine, arrestato martedì scorso. Gli investigatori ascoltano i
soci di “29 giugno”, la cooperativa a cui l’Ama aveva affidato
la gestione del Verano. Buzzi
dice di aver subito minacce e di
aver denunciato l’accaduto al
direttore del camposanto, perché voleva sconfiggere “la ma-
fia del cimitero”. Un legame
che allora non dice, ma che oggi, scoperchiato il sistema Buzzi-Carminati, può destare dei
sospetti.
Nel corso del tempo, il potere di
Buzzi è germinato a sinistra, gli
appalti si sono moltiplicati con
le giunte di quell’indirizzo politico.
Quando in Campidoglio arriva
Gianni Alemanno, nel 2008,
l’ipotesi che si fa strada è di azzerare i rapporti tra il Comune
e le cooperative legate alla sinistra. L’ex sindaco, oggi indagato, pensa di aprire spazi per i
“suoi”. Ecco, allora, che Buzzi si
rivolge a Massimo Carminati.
Ma per Renzi stanno tutti bene
IL PREMIER: “NON ACCOSTARE LA CITTÀ ALLA CORRUZIONE”. E IL PD VA IN TILT SULLE CENE
hi è andato a cena con Matteo Renzi,
C
un mese fa in zona Eur a Roma per
finanziare il Partito democratico, non lo
sanno di preciso neanche al Nazareno.
Soltanto le rassicurazioni sono puntuali:
gli elenchi saranno pubblicati.
Intorno a quei tavoli, anzi per l’esattezza
a un tavolo prenotati dai dem romani,
c’era pure Salvatore Buzzi, il signor cooperative, “braccio di sinistra” dell’ex Nar
Massimo Carminati.
SU QUEST’INGRESSO che adesso imba-
cietà che hanno materialmente pagato il
contributo minimo di 1.000 euro per partecipare. Dopo aver commissariato il partito a Roma, Renzi fa capire che non ha
tanta voglia e, soprattutto, tanta convenienza a battere sul tema di questi giorni:
“La città di Roma è la capitale di questo
Paese. Non consentiremo - insieme al
sindaco e a tutti i cittadini onesti - che sia
accostata a fenomeni squallidi come corruzione e disonestà”, non s’è sprecato in
dichiarazioni, il premier. Unica annotazione, a parte l’evocazione di un processo
rapido per lo “schifo”: Ignazio Marino
deve resistere, sciogliere il Comune non è
in agenda, sebbene l’istituzione sia coin-
razza, il deputato Francesco Boccia (via
Twitter) ha chiesto la trasparenza sui
commensali al tesoriere Francesco Bonifazi, che ha replicato piccato: “Tranquillo Boccia, Buzzi non ha dato un euro al Pd
ALTA TENSIONE
nazionale. Nemmeno tu però nonostante le nostre reLitigio su Twitter
gole. Ti invio l’Iban via
sms”. Poi silenzio. Ma Boctra Boccia (che chiede
cia ha proseguito: ho versatrasparenza sulla raccolta
to 30.000 euro e questa è delazione in mancanza di rifondi) e il tesoriere
sposte. Al Nazareno stanno
ricostruendo la mappa dei
Bonifazi. Bindi: “Poletti
presenti, in maggioranza
e Ignazio chiariscano”
celati dietro il nome di so-
volto direttamente nell’inchiesta.
Non la pensa così Rosy Bindi, che non
esclude la necessità di un intervento del
ministero degli Interni e di palazzo Chigi
sul Campidoglio infestato dal malaffare.
BINDI PRETENDE spiegazioni dal sinda-
co Ignazio Marino e dal ministro Giuliano Poletti che, per motivi diversi, avevano
rapporti con Buzzi: “Tutti devono chiarire. Le foto non sono una prova di reato,
a volte non sappiamo neanche con chi ci
stanno fotografando, ma è evidente che
occorre chiarezza”. Il presidente dell’Antimafia ha poi enunciato il suo epitaffio su
questa vicenda: “La mafia cresce perché la
politica collabora”. Ieri
i movimenti per la casa
hanno occupato la sede
del partito democratico
laziale.
Il commissario Matteo
Orfini li ha incontrati.
Il governatore Nicola
Zingaretti dice che il Pd
è sano. Si reagisce come
quando sta passando la
piena del Tevere. Incrociando le dita.
C. T.
Vince Gianni Alemanno,
è tempo di migrare
Il “triangolo”, il legame a tre,
emerge dalle intercettazioni. Il
presidente della “29 giugno” rimane stupito quando l’ex Nar
gli dice di andare al Campidoglio e di aspettare Antonio Lucarelli, il responsabile della segreteria di Alemanno. Buzzi ne
parla con un amico: “Allora pra-
ticamente bisognava parlà col suo
capo segreteria, quello che ha ammazzato dall’inizio, un Padre Eterno… allora chiamiamo Massimo e
faccio ‘guarda che qui c’ho difficoltà a farmi fa i trecentomila euro’me
fa ‘me richiami’ visto c'ha il telefono… su quel telefono parla solo lui,
me fa dice ‘va in Campidoglio, alle
tre, che scende Lucarelli e viene a
parlare con te’ ho fatto ‘a Massimo
ma io nemmeno salgo su, no.. quello scende giù!?’ ‘vai alle tre lì tranquillo’, aò alle tre meno cinque
scende, dice ‘ho parlato con Massimo, tutto a posto domani vai..’ aò
tutto a posto veramente! C’hanno
paura de lui, c’hanno paura che
cazzo devono fare qua”. Carmi-
nati si dimostra una potenza di
fuoco e Buzzi conserva, anzi
aumenta i suoi affari. E così, da
lì in poi, si possono ascoltare,
sempre intercettati, dialoghi
come quello con Alessandro
Montani rappresentante legale
de “Il Granellino di senapa”,
nonché delegato di Confcooperative,
l’organizzazione
“bianca” già rutelliana e poi
pronta a legarsi ad Alemanno.
Sarà Montani (che non è indagato) a chiedere, confidenzialmente, a Buzzi notizie sulla
possibilità di recuperare un
“milione e mezzo” dalle piste
ciclabili.
La vita di Buzzi è un’altra, le fotografie con futuri ministri
(Poletti), la sedia al gran gala di
finanziamento democratico, il
mese scorso all’Eur con Matteo
Renzi, ospite del partito romano. Non sferra coltellate, ma
s’inabissa nel cancro di Roma
capitale.
ROMANZO CRIMINALE
il Fatto Quotidiano
Bnelerlusconi
si infila
caos: “Meglio
sciogliere il comune”
CONSIGLI INTERESSATI “Ritengo che
di fronte alla situazione che sta emergendo nell’inchiesta le forze politiche
debbano reagire con determinazione
ed urgenza”. È un Berlusconi impostato
quello che decide di intervenire sul caso
Roma: “Sono convinto che l’unica soluzione accettabile sia quella di uno
scioglimento immediato del Consiglio
comunale – dice – procedendo conseguentemente all’immediata convocazione di nuove elezioni". Berlusconi capisce lo stato di difficoltà del Pd e di
Matteo Renzi e prova ad approfittarne.
"Tutte le altre soluzioni prospettate in
queste ore, compresa quella della no-
SABATO 6 DICEMBRE 2014
7
mina di un commissario - prosegue l’x
Cavaliere – non mi sembrano né adeguate né percorribili. Le forze politiche
debbono dare un segnale preciso non
ricandidando coloro che sono coinvolti”. “Curioso l’asse tra Berlusconi e Di
Maio” è la replica che riesce a dare Matteo Orfini, neo-commissario Pd.
MARINO, L’ULTIMA RIDOTTA
PER UN PD IN PREDA AL PANICO
IL PARTITO SI AGGRAPPA AL SINDACO, ALFANO FRENA SUL COMMISSARIAMENTO
IL PRIMO CITTADINO SI GIUSTIFICA PER LA FOTO CON L’UOMO DEL POTERE ROSSO
di Luca De Carolis
I tanti incontri di Buzzi: sopra con Simona Bonafé.
Accanto con il sindaco Ignazio Marino. Alla cena
con Gianni Alemanno, Giuliano Poletti allora
presidente della Lega delle Cooperative ansa
Amici e affari, tanti
legami della 29 giugno
UN MONDO di relazioni, di
compromessi, di affari. La
galleria fotografica del Magazine della cooperativa 29
giugno restituisce la capacità di Salvatore Buzzi di costruire una tela robusta. Già
dalla copertina, con l’immagine del ministro Giuliano
Poletti messa lì per esibire
forza. Dentro si trova anche il
sindaco Ignazio Marino, ancora accanto a Buzzi e a Emanuela Bugitti, tra gli arrestati
dell’inchiesta. Il sindaco si
mette in posa nel corso della
visita alla cooperativa, come
assicura lui stesso. Si trova,
poi, “l’angolo del garante” a
cura di Angiolo Marroni, una
sorta di padrino politico di
Buzzi, ispiratore della cooperativa e padre di Umberto,
uno dei principali referenti di
Buzzi nel Pd romano. Non
manca l’intervista a Giovanni
Fiscon, direttore dell’Ama tra
gli arrestati. Da segnalare
una pagina che è un programma, quella sull’”Emergenza immigrazione” che
annuncia lo sbarco della 29
giugno in Sicilia.
U
n marziano indispensabile. L’ultima ridotta per il Pd
romano livido di
paura, per le istituzioni che hanno il terrore di azzerare il Comune in riva al Tevere. Perfino
per il Renzi che non lo ama ma
che in serata lo blinda: “Roma è
la capitale di questo Paese. Non
consentiremo, insieme al sindaco, che sia accostata a fenomeni
come corruzione e disonestà”.
Ignazio Marino, il sindaco che
aveva contro tutti, se ne sta solido sul suo scranno, anche nella
sera in cui il Campidoglio diventa un’arena colma di risse e
insulti. Gli urlano qualsiasi cosa
e lui ride: nonostante quella foto
di cui proprio non si ricordava,
le mille voci che gli intimano di
andarsene a casa, i Cinque Stelle
che di una “giunta di salute pubblica” proprio non ne vogliono
sapere e respingono la sua apertura. Perché si va avanti con lui,
nella Roma alluvionata da arresti, indagati e miasmi da larghe
intese della mazzetta. Sbatte
contro troppi muri, l’appello del
M5S che per tutto il giorno invoca il commissariamento del
Comune per infiltrazione mafiosa. “L’attitudine del governo
non è punire una città ma i colpevoli, oltretutto Marino non è
coinvolto” precisa il ministro
dell’Interno Alfano.
NON PARE neppure pensarci il
prefetto Pecoraro, che al sindaco ha detto di stare attento, perché in parecchi gliela vogliono
far pagare. “Mi asterrò dall’andare in bici” fa sapere Marino.
Cancella un pezzettino della sua
diversità. Ma è ancora lui il diverso che serve. Anche se è inciampato, su quella foto che lo
ritrae con Salvatore Buzzi, l’uomo di Carminati, dentro la cooperativa 29 giugno. “Non ho
mai avuto conversazioni con
Buzzi” aveva assicurato Marino.
Ieri ha dovuto rettificare, con
rabbia: “È un’immagine scattata
durante una visita in campagna
elettorale, non ho mai avuto incontri di lavoro con luii. È incredibile che si provi ad alzare
un polverone quando circolano
intercettazioni in cui si parla di
farmi fuori”. Dal suo staff precisano: quella visita fu uno dei
primi appuntamenti elettorali
assieme al poi vicesindaco Luigi
Nieri, Marino non sapeva nulla
di quell’uomo. La sua maggioranza quasi non ci fa caso. Ora
dovrebbe ringraziarlo, per non
avere accettato l’azzeramento
della giunta quando infuriava il
caso della Panda rossa. Pochi
giorni fa, un pelo prima del deflagrare della melma, l’aveva
chiamato anche il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini:
“Ignazio, devi cambiare tutto”.
Raccontano che per la nuova
giunta Guerini avesse fatto anche il nome dell’allora presidente dell’aula Mirko Coratti: ora
indagato, dimessosi. Voci, forse. Di certo Marino ha preso
(ancora) tempo. E ora il Pd che
lo voleva mettere sotto tutela si
aggrappa a lui. A cominciare dal
neo commissario Pd romano,
Matteo Orfini. In mattinata incontra i consiglieri comunali, in
un clima pesantissimo. Lo dice
chiaro: “Dovete sostenere Marino, lavorare in silenzio. E basta
con le correnti, di ogni tipo”.
Nel pomeriggio replica con i
presidenti dei Municipi. In mattinata sul Messaggero Orfini
aveva lanciato un avviso ai naviganti: “Se qualcuno ha dei
dubbi vada in Procura e parli.
Abbiamo tutti il dovere di vigilare”. Intanto Marino cerca di
tenere a galla la sua giunta. In
serata va eletto il nuovo presidente d’aula al posto di Coratti.
La prescelta è la giovane Valeria
Baglio, zingarettiana, legata alla
fedelissima di Marino Alessandra Cattoi. L’unico nome possibile per il sindaco. Prima della
seduta Marino parla al Tg3. E fa
una mossa, sposando la proposta lanciata da Francesco Rutelli
sul Fatto: “L’ipotesi di una giunta straordinaria con i Cinque
Stelle è condivisibile, non so se
loro sono disponibili ma deve
essere un insieme di persone al
di sopra di ogni sospetto”. È una
bomba anche per il M5S, che per
tutto il giorno ha lanciato appel-
Anche il M5S in Campidoglio. Sopra, Alessandro Di Battista Ansa
SBANDAMENTI
Nel clima di fragilità
si fanno strada prove
di dialogo con il M5S,
che però vengono
bloccati dall’intervento
di Luigi Di Maio
SONDAGGIO Matteo cala
La Lega sale ancora
a Lega sfonda il muro del 10 per cento nelle
L
intenzioni di voto (10,1%, +0,7% in una
settimana). Il Pd torna a salire, passando dal 38
al 38,4%, mentre cala ancora la fiducia nel premier Matteo Renzi e nel governo. È quanto
emerge da un sondaggio dell’Ixè per Agorà
(Rai3). In calo M5S (-0,7%) e Forza Italia
(-0,3%). Scende, intanto, la quota del non voto,
che in una settimana passa dal 38,2 al 36,8 percento. Al campione è stato inoltre chiesto se
ritengono quanto emerso nell’inchiesta "Mafia
Capitale" un fenomeno solo romano: l'89% ha
risposto no.
Per quanto riguarda la fiducia nel governo si
registra un ulteriore calo di un punto, arrivando
così al 38%. Inoltre per il 47% degli italiani l’Italia sta peggio da quando Matteo Renzi è premier, mentre soltanto il 32% pensa che la situazione del Paese sia migliore.
Non va meglio alla fiducia nel primo ministro
che perde un punto percentuale passando dal 41
al 40%, contro il 50% del 10 ottobre scorso.
Stabile, al secondo posto, Giorgio Napolitano
con il 39%. Prosegue, intanto, la crescita di Matteo Salvini, oggi terzo al 26%, mentre Beppe
Grillo scivola al 14 come Angelino Alfano. Berlusconi si colloca in crescita di un punto dietro
Salvini, al 17%.
li a “invadere” il Campidoglio. Il
deputato Carlo Sibilia ha anche
polemizzato via Twitter con il
sindaco: “Nella foto con Buzzi
cosa facevi, lo contemplavi?”.
MA DENTRO L’AULA Giulio
Cesare qualcosa si è già mosso. Il
Pd ha proposto al Movimento la
vicepresidenza dell’aula. I consiglieri M5S traballano di sorpresa, poi però in Comune arrivano i parlamentari, guidati
da Luigi Di Maio. Ed è tagliola:
“Non se ne parla”. La linea a 5
Stelle è sciogliere subito il Comune. “Come al solito noi siamo gli unici non coinvolti” dice
Di Maio. Entra in aula con Roberta Lombardi, Alessandro Di
Battista, Nicola Morra e gli attivisti. Dentro il clima è irrespirabile. Il dem Fabrizio Panecaldo aggancia proprio Di Maio:
“Vi abbiamo offerto la vicepresidenza, sapete bene che Marino è un baluardo di legalità”. Il
grillino respinge: “Questo lo dici tu che sei del Pd”. Appena inizia la seduta, suonano i fischietti
dei 5Stelle. I leghisti alzano cartelli: “Facciamo pulizia”. Cori
del M5S: “Tutti a casa”. Si vota
con larghissime assenze nei
banchi dell’opposizione. Viene
eletta la Baglio, e sono urla belluine. Scoppiano risse, con i leghisti scatenati. Paola Taverna
litiga con un consigliere municipale Pd. La Baglio prova a parlare: il suo discorso è coperto dal
caos. Di Battista: “Marino è un
incapace, un pesce piccolo messo lì dagli squali. Come facciamo ad accordarci?”. La Lombardi si siede per terra. Poi tutti
fuori, con Di Battista che arringa dal megafono. Marino è già
uscito, facendo il segno della
vittoria.
8
INCROCI PERICOLOSI
SABATO 6 DICEMBRE 2014
Idil sindaco
arrestato
S. Oreste (Roma)
sospeso dal prefetto
IL PREFETTO di Roma Giuseppe Pecoraro ha sospeso il sindaco di Sant'Oreste, in provincia di Roma, Sergio
Menichelli, ora detenuto agli arresti
domiciliari per turbativa d’asta e corruzione aggravata nell’ambito dell’inchiesta del Ros su Mafia Capitale.
Secondo l'accusa il clan di Massimo
Carminati aveva pagato il sindaco
Sergio Menichelli per assicurarsi in
esclusiva l’appalto per la raccolta dei
rifiuti nel Comune a 58 km a nord di
Roma, che ha meno di quattromila
abitanti. La banda, insomma, corrompeva anche “in trasferta”: al funzionario Marco Placidi 10.000 euro,
40.000 in bonifici che il consorzio di
Buzzi elargisce alla fondazione Nuova Italia di Alemanno (Nuova Italia),
15.000 al suo mandatario elettorale,
altri 30.000 per la Fondazione Alcide
De Gasperi, di cui Angelino Alfano è
presidente. Il prefetto "ha accertato a
carico del signor Sergio Menichelli, la
il Fatto Quotidiano
sussistenza della causa di sospensione di diritto dalla carica di sindaco del
Comune di Sant'Oreste – si legge in
una nota della prefettura – a seguito
della misura cautelare degli arresti
domiciliari disposta dal GIP del Tribunale di Roma. Come previsto dal
T.U. degli enti locali”.
LA HOLDING DI BUZZI DALLA A ALLA Z
di Silvia D’Onghia
C
he la cooperativa 29
giugno fosse esperta
nella “gestione patrimoni pubblici” era
chiaro già da luglio, quando –
azienda partner dell’Università
Roma Tre – si era aggiudicata
un premio proprio nell’omonima start up. A leggerlo oggi
sembra una beffa. Tanta strada
è stata fatta dal 29 giugno 1984,
giorno in cui a Rebibbia si tenne
un convegno sulle misure alternative alla detenzione, evento
che diede origine a tutto. Più
che una cooperativa, oggi la
onlus che fa capo a Salvatore
Buzzi è un mosaico di srl, consorzi e altre coop. La proposta di
sintesi di bilancio 2013 fa segnare risultati di tutto rispetto: un
totale di attivo pari a quasi 29
milioni di euro. Del resto con
tutto ciò che fa non è difficile.
Servizi amministrativi: dalla
prima accoglienza in portineria
a piccoli interventi di manutenzione. Un cliente di lusso? Roma Tre, quella del premio.
Accoglienza. “Personale qualificato con lo scopo di favorire
l’integrazione sociale dei cittadini appartenenti alle fasce deboli della società”. Tradotto:
immigrazione, case, emergenza
freddo. Centinaia di persone assistite e immobili come se piovesse. Uno degli ultimi, il centro
di accoglienza “La Zagara” di
Melilli, nel siracusano, aperto
qualche mese prima dell’inizio
dell’operazione Mare Nostrum.
Igiene ambientale. Un servizio
che va dalla raccolta dei rifiuti
alla gestione dei centri di raccolta fino allo spazzamento delle
strade. Anche in questo caso, la
29 giugno ha clienti eccellenti:
Ama (la municipalizzata romana dei rifiuti), i Comuni di Castelnuovo di Porto, Morlupo,
Moricone, Anguillara Sabazia,
Castel Madama, Lariano e Formello. I romani ricordano bene
la scena agghiacciante dei maiali che grufolavano tra i rifiuti del
quartiere di Boccea, un anno fa.
Chi ha chiamato il Comune in
quell’occasione? La coop di
Buzzi, naturalmente.
Verde pubblico. La 29 giugno
avrebbe il compito di realizzare
e mantenere le aree verdi e i parchi, persino nel centro storico
della Capitale. Lavora per il
Campidoglio, per la Provincia,
per Eur spa e per l’Ama. “Impegno, professionalità e cura” lo
slogan aziendale. Parole che
sbattono un po’ con l'immagine
dei giardini romani.
Pulizia. La coop lavora nelle
strutture industriali e negli
ospedali, ha appalti nel centro
agroalimentare di Roma,
all’Auditorium Parco della Musica, nelle Asl Roma B e D e
all’Atac, la municipalizzata del
trasporto pubblico.
DISTRICARSI nel mosaico so-
cietario è molto complesso. Dalla Onlus dipendono a cascata sei
soggetti: Eriches 29 (partecipata
al 24% da coop Dioniso e al 42%
da altre coop), Oml srl (parteci-
SOCIETÀ CONTROLLATE, SRL, ONLUS: UN COLOSSO DEI SERVIZI DAGLI STRANIERI ALLA PULIZIA AL VERDE.
NON SOLO A ROMA, IL SISTEMA ARRIVA IN EMILIA ROMAGNA: TRA I CLIENTI COMUNI E UNIVERSITÀ
TUTTI A TAVOLA
Dall’Ama all’ Atac,
all’Arci: un fiume
di denaro per
vivere tra i rifiuti
CHI PRENDE I 24 MILIONI
che Roma dà ai campi Rom.
4,242 MILIONI vanno al Consorzio Casa della Solidarietà.
3,757 MILIONI a Risorse per
Roma, società del comune.
TRA UNO E DUE MILIONI
prendono Eriches, Ama, Arcisolidarietà, Ata, Ra.La.M. ,
Coop Inopera, Isola Verde.
TRA 0,5 E UN MILIONE vanno alla cooperativa Ermes e al
consorzio Bastiani.
TRA 250 E 500 MILA euro
vanno a Bottega solidale, Tailorsan srl, Coop Hilarius, Edilqualità e Casa diritti sociali.
TRA 100 E 250 MILA prendono Saluber 04, Croce Rossa,
le coop Saro, Ambiente e Lavoro, San Saturnino, Coos e 29
giugno, Opera Nomadi.
Fonte: Associazione 21 Luglio
pata al 10% da Formula sociale e
al 60% da Marco Clemenzi),
Dal rapporto “Campi Nomadi
Spa” dell’Ass. 21 luglio, i numeri
dell’“emergenza” Rom nel 2013.
In tutto parliamo di circa 8000
persone per le quali la sola “cabina
di regia” è costata 192.699 euro
mula Ambiente e al 33% da Cosp Tecnoservice), Crisalide srl
(partecipata al 50% da Casa Comune 2000) e Sarim srl. Quest’ultima controlla Crisalide, ma
anche – rispettivamente al 49%
e al 35% - Si.Al Service srl (l’altro 50% è di Impegno per la Promozione) e Rogest srl (partecipata al 15% da Casa Comune
2000 e al 50% da Edil House srl).
Da Crisalide dipende anche Tol-
IN TUTTA ITALIA
Formula Ambiente,
consorzio partecipato
della 29 giugno servizi,
ha molti appalti nel feudo
delle cooperative rosse
(e pure sul Gran Sasso)
Consorzio raccolta differenziata 3 (partecipata al 33% da Formula Ambiente), Crd Immobiliare (partecipata al 33% da For-
Un campo Rom LaPresse
fa Care. C’è poi una costola della
Onlus, la 29 giugno servizi
coop, dalla quale dipende – al
29% – Formula Ambiente e al
19% Formula Consorzio.
L’ACCOGLIENZA è quasi tutta
nelle mani di Eriches 29, che ha
chiuso il 2013 con un fatturato
di oltre 15 milioni di euro. Il
consorzio gestisce il villaggio
della solidarietà di Castel Romano, il centro di accoglienza di via
Silicella, 9 centri del Progetto
Sprar, uno per minori non accompagnati, altri 5 per richiedenti asilo, uno per senza fissa
dimora. E poi ancora: un centro
per madri con bambino, l’ostello di Ciampino, i due centri per
l’emergenza freddo e uno in
convenzione con la Prefettura.
Il consorzio Formula Ambiente,
invece, non si ferma al Grande
Raccordo Anulare. Forlì, Bologna, Ravenna, Cesena, Cesenatico: le strade della Romagna e di
parte dell’Emilia vengono spazzate dalle società del consorzio.
Un sodalizio che frutta 73 milioni di euro l’anno. Qualche
esempio: il cimitero del Verano
a Roma, le sponde del Tevere, il
Parco Naturale del Gran Sasso.
Ecco perché di patrimoni pubblici Buzzi s’intende così tanto.
Odevaine e soci turbano Legambiente
LA FONDAZIONE INTEGRA/AZIONE, NATA DALL’ASSOCIAZIONE AMBIENTALISTA, PIENA DI INDAGATI DI “MAFIA CAPITALE”
di Marco Palombi
a prima reazione è l’incredulità,
L
poi si passa all’incazzatura più nera. Nascosto dal grande affresco di
“Mafia capitale” c’è un terremoto che
sta scuotendo l’ambientalismo italiano
e, più precisamente, Legambiente, associazione di grande potenza mediatica
e ancor più politica, avendo dato al Pd
parecchi tra deputati e senatori (Ermete
Realacci, il fondatore, è presidente della
commissione Ambiente della Camera
in quota Renzi).
ACCADE, infatti, che uno dei personaggi principali dell’inchiesta romana, Luca Odevaine, sia un figlio di Legambien-
te dalla brillante carriera: negli staff di
Giovanna Melandri quand’era ministro,
di Walter Veltroni da sindaco, direttore
della polizia provinciale con Luca Zingaretti e organizzatore di
grandi eventi romani come
i funerali di Giovanni Paolo II. I rapporti con l’associazione creata da Realacci,
però, non si sono mai interrotti: è tanto vero che nei
resoconti di questi giorni
Odevaine viene indicato come presidente della Fondazione IntegrA/Azione, creata nel 2010 proprio da Legambiente insieme alla cooperativa sociale
Abitus, che dagli atti sembra riconducibile sempre all’uomo arrestato questa
settimana.
Il gip l’ha chiamato “Sistema Odevaine”, un sistema che negli ultimi anni ha
fatto arrivare i soldi pubblici per l’accoglienza dei migranti ai gestori amici
“che si dividono il mercato”. Il nostro,
d’altronde, sedeva allo strategico tavolo
del Coordinamento sui migranti del
ministero dell’Interno. Un pezzo importante del “Sistema Odevaine” viene
compreso dagli inquirenti proprio attraverso una serie di intercettazioni ambientali dentro la sede della IntegrA/Azione, dove lavorano anche altre
due persone finite nell’inchiesta. Il
commercialista Stefano Bravo, che ri-
sulta indagato per ricettazione, ed è il
presidente del collegio dei revisori della
Fondazione (in cui siede anche Maurizio Tocci, revisore anche di Legambiente), nonché il segretario della coop Abitus. Il secondo nome è più pesante ed è
quello di Rossana Calistri, direttore
scientifico di IntegrA/Azione e funzionario del comune di Roma finita ai domiciliari: secondo l’accusa - corroborata da intercettazioni dirette e indirette si è piegata alle richieste di Salvatore
Buzzi per far vincere un appalto alla sua
cooperativa 29 giugno nonostante la
sua offerta fosse inferiore a quella di un
concorrente.
IL VICE DI ODEVAINE nella Fondazione, in tutto questo, è Francesco Ferrante,
ex parlamentare del Pd e direttore generale di Legambiente dal 1995 al 2007,
del tutto estraneo all’inchiesta: “So che
adesso mi tocca fare la figura del cretino - dice al
telefono al Fatto QuotidiaORGANIGRAMMI
no - ma non m’ero accorto di niente. Questa è una
L’ex uomo di Veltroni è il presidente (arrestato),
vicenda dolorosa, per
la direttrice è Rossana Calistri (ai domiciliari),
me e per la Legambiente,
il capo dei revisori Stefano Bravo (sotto inchiesta) ma IntegrA/Azione, che
è nata per occuparsi di accoglienza dei
migranti, non c’entra nulla e chi ci ha
lavorato potrà continuare a sentirsi orgoglioso delle cose fatte”. Alcune voci
riferiscono che la cooperativa di Buzzi
abbia girato dei soldi alla Fondazione: le
risulta? “Ovviamente no - è la replica di
Ferrante - Io non avevo ruoli operativi,
ma ora che il presidente è agli arresti dovrò occuparmene e ho intenzione di verificare anche questo”.
Fonti di Legambiente, invece, fanno notare che l’associazione è uscita dalla
Fondazione il 28 giugno di quest’anno:
“L’avevamo aperta per lavorare sugli
sbarchi a Lampedusa nel 2011 e per noi
doveva servire a quello: siccome quel
progetto è finito siamo usciti”. Sta di fatto che una Fondazione che doveva occuparsi di sociale, fondata e gestita da
ambientalisti, è accostata a un’associazione per delinquere di stampo mafioso: “La prima reazione è stata di incredulità - è ancora Ferrante a parlare - poi
mi sono sentito tradito e ora sono incazzato nero. E preoccupato: non vorrei
che questa vicenda finisse per macchiare l’impegno di centinaia di volontari
che mettono ore e risorse all’ambientalismo o nel sociale”.
10
NELLA POLVERE
SABATO 6 DICEMBRE 2014
G
li incarichi
ai pensionati: stop
ma non per tutti
NELLA PUBBLICA Amministrazione sono vietati a pensionati “incarichi di studio e di consulenza,
incarichi dirigenziali o direttivi, cariche di governo nelle amministrazioni e negli enti e società controllati”. Sono questi i ruoli espressamente citati dalla circolare del mi-
nistro Marianna Madia, in attuazione del dl 90 di quest’estate. Tra
le posizioni che invece restano consentite, ci sono gli “incarichi di docenza”.
La circolare chiarisce come il legislatore abbia “voluto perseguire gli
obiettivi” posti “vietando il confe-
rimento a soggetti in quiescenza di
incarichi e cariche che, indipendentemente dalla loro natura formale, consentono di svolgere ruoli
rilevanti al vertice delle amministrazioni”. Quindi, “tra gli incarichi
vietati rientrano tutti gli incarichi
dirigenziali”, mentre “tra gli inca-
Standard & Poor’s ci stanga
Declassato anche Renzi
LE MISURE DEL GOVERNO NON HANNO CAMBIATO LA ROTTA. LA PRINCIPALE AGENZIA
DI RATING CI COLLOCA UN GRADINO SOPRA “SPAZZATURA”. L’ESECUTIVO MINIMIZZA
di Camilla Conti
U
duale consolidamento fiscale.
Certo, l’agenzia prende atto che
il premier “ha fatto passi avanti
col Jobs Act” ma non crede che
le misure previste creeranno
occupazione nel breve termine
senza contare che i decreti attuativi della riforma potrebbero “essere ammorbiditi alla luce
di una opposizione crescente”.
Insomma, per ora Renzi non ha
cambiato verso. E la difficoltà
in questo Paese per far ripartire
l’economia sono sempre le
stesse: lungaggini burocratiche, incertezza del diritto, pressione fiscale e costo del lavoro
ancora troppo alto. È dunque
evidente che l’agenzia, al momento, si fida poco tanto che ha
tagliato anche le stime di crescita.
Milano
n gradino, solo un
gradino, separa
l’Italia di Matteo
Renzi dal livello
“junk”. Ovvero “spazzatura”. Il
declassamento a un passo dal
cosiddetto “non investment
grade” è arrivato ieri sera
dall’agenzia di rating Standard
& Poor’s che ha tagliato il giudizio sullo stato di salute finanziario del nostro Paese a livello
BBB -. Il motivo della sonora
stroncatura? "Le perduranti
debolezze nell'andamento del
Pil reale e nominale, inclusa l'erosione della competitività",
scrive l’agenzia Usa che dal
2006 ad oggi ha abbassato il
giudizio sull'Italia cinque volte,
portando il rating da AA- all'attuale BBB-, con una riduzione complessiva di sei “notch”.
UNICA
L'ULTIMO taglio risale a luglio
2013, con successive conferme
nel dicembre 2013 e nel giugno
di quest'anno. Poi, il rating era
rimasto invariato proprio per
permettere a Renzi - appena insediato - di avviare le riforme.
Ma anche i tempi supplementari, a giudicare dal verdetto di
ieri, non sembra siano serviti.
Anzi, sei mesi dopo la situazione si è addirittura aggravata
minando, scrive Standard &
Poor’s, “la sostenibilità del debito pubblico”. Sul fronte eco-
nomico S&P’s prevede un'uscita dalla recessione nella prima
parte del 2015, ma con una ripresa del Pil che viene prevista
solo modesta, attorno allo 0,2
per cento. Di fatto, quindi, le
stime del governo sono state fin
troppo ottimistiche. Anche il
debito pubblico italiano va peggio: riviste le stime dello scorso
6 giugno. Ora l'agenzia di rating prevede uno sbilancia-
mento a fine 2017 pari a 2.256
miliardi, 80 miliardi in più, pari
al 4,9% del nostro Pil 2014. Rispetto alla previsioni del governo - sottolinea inoltre S&P’s vediamo una ripresa più debole
nei consumi privati” che saranno tenuti sotto pressione dalla
debole condizioni del mercato
occupazionale, dove la disoccupazione e su livello storicamente alti, oltre che per il gra-
il Fatto Quotidiano
consolazione l’”outlook” (la prospettiva) che viene indicata come stabile riflettendo “l’aspettativa che il governo riuscirà a implementare
gradualmente delle riforme di
bilancio e strutturali complessive e potenzialmente favorevoli alla crescita” – ultima
chance data a Renzi -nonché il
fatto che “i bilanci delle famiglie resteranno abbastanza forti
da assorbire ulteriori aumenti
del debito pubblico”. Un assist
potrebbe infine arrivare da
Francoforte e da Mario Draghi
perché a favorire la schiarita
potrebbe essere la politica monetaria della Bce che “continuerà ad aiutare una normaliz-
richi direttivi, tutti quelli che implicano la direzione di uffici e la gestione di risorse umane. Vi rientrano, quindi, anche incarichi in strutture tecniche, quali quelli di direttore scientifico o sanitario, che
comportano le suddette mansioni”.
GENERALI Flavio
Cattaneo entra nel cda
erzo incarico per Flavio Cattaneo. Il maT
nager, già ai vertici di Rai e Terna, entra a far
parte del board di Generali. Il colosso assicu-
rativo ripristina così il numero legale nel consiglio d’amministrazione (torna a 11 membri)
dopo l’uscita di Paolo Scaroni, ex numero uno
dell’Eni, che si era autosospeso dalla carica di
consigliere indipendente (sul
suo rinnovo pesava la condanna
in primo grado nella vicenda
della centrale di Porto Tolle).
Per Cattaneo è la terza nomina:
il tre dicembre scorso è stato
cooptato nel consiglio d’amministrazione di Ntv, la società del
treno Italo, da Luca Cordero di
Montezemolo e Diego Della
Valle. Nomina arrivata dopo
l’uscita per “impegni personali”
di Pierfrancesco Saviotti, ad di Banco Popolare.
Cattaneo in Ntv è consigliere di amministrazione indipendente. Italo cerca un amministratore delegato, Cattaneo avrebbe il profilo giusto.
Ma ha già molti impegni, visto che siede anche
nel consiglio di amministrazione di Telecom Italia.
zazione dell’inflazione in Italia
e dei suoi partner europei”.
Proprio ieri Draghi ha rinviato
all'inizio dell'anno prossimo le
promesse misure straordinarie
della Banca centrale contro la
crisi economica dell'eurozona,
ribadendo però che il quantitative easing e altre decisioni non
convenzionali “rientrano nel
nostro mandato”.
Da Palazzo Chigi la linea è
guardare al bicchiere mezzo
pieno, ovvero sottolineare come il Jobs act non sia stato bocciato e che, insomma, le riforme vanno bene ma bisogna andare ancora più veloce. Proprio
ieri, nel pomeriggio, il ministro
del Tesoro Pier Carlo Padoan
ha difeso a Francoforte le politiche governative di fronte a
una platea di imprenditori e finanzieri. E ha assicurato che l'Italia vedrà il proprio debito iniziare a calare nel 2016, aggiungendo che anche se il debito è
un problema, è comunque "sostenibile". Esaustivo il commento del suo omologo tedesco Wolgang Schaeuble: Non
vorrei essere nei panni di Padoan"DI CERTO, i riflettori sono pun-
tati ora sulla reazione dei mercati alla riapertura di Piazza Affari lunedì mattina con un occhio allo spread. Nel frattempo,
l’ultimo smacco: sempre ieri
S&P’s ha alzato il rating dell’Irlanda – patria dell’elusione fiscale – da A- a A. Ovvero quattro piani sopra l’Italia.
Il Tesoro si smentisce: Gorno resta in Cdp
MINISTERO E FONDAZIONI CONFERMANO L’AD DI CASSA DEPOSITI RINVIATO A GIUDIZIO. NONOSTANTE LA CLAUSOLA DI ONORABILITÀ
Milano
norabile o non onorabile? Questo è il proO
blema per gli amministratori delle partecipate statali su cui il governo rischia di fare un
gran pasticcio. Spieghiamo perché. Nei giorni
scorsi il ministero del Tesoro è tornato in pressing sul rispetto della cosiddetta clausola di onorabilità, introdotta nel 2013 con la direttiva Saccomanni, che prevede la rimozione per un manager che sia stato anche solo rinviato a giudizio
per alcuni reati.
I NUOVI REQUISITI sono stati però bocciati dalle assemblee di Eni e Finmeccanica, grazie al voto compatto degli investitori istituzionali che
non hanno permesso di raggiungere il quorum
necessario alla modifica degli statuti. Lo scorso 3
dicembre nel corso di un’audizione al Senato,
quindi, il sottosegretario all'Economia, Enrico
Morando è tornato alla carica annunciando che il
Tesoro è impegnato affinché i requisiti di onorabilità e ineleggibilità degli amministratori delle partecipate pubbliche siano estesi anche al Cane a sei zampe e al colosso della Difesa. Una bella
tegola che pende sui nuovi vertici nominati dal
rottamatore Matteo Renzi: l’ex capo delle Fs e
oggi al timone di Finmeccanica, Mauro Moretti,
è tra gli imputati del processo sulla strage di Viareggio mentre l’attuale ad dell’Eni, Claudio De-
scalzi, è finito nel mirino della Procura di Milano per una vicenda che riguarda il petrolio nigeriano.
NEL FRATTEMPO un’altra società controllata
dallo Stato, che a differenza di Eni e Finmeccanica si è subito adeguata ai nuovi requisiti, ieri
ha convocato l’assemblea dei soci proprio per
verificare la corrispondenza alla cosiddetta
“clausola etica” dell'amministratore. La società
in questione è la Cassa Depositi e Prestiti e sulla
graticola è finito l’amministratore delegato Giovanni Gorno Tempini che ha dovuto chiedere la
fiducia degli azionisti in seguito alla citazione a
giudizio da parte della procura di Trani. Gorno è
infatti tra i banchieri appartenenti in passato al
IL PASTICCIO
I criteri che vogliono fuori
dalle partecipate i manager
imputati rischiano
di far saltare anche
i nominati dal premier:
Moretti e Descalzi
gruppo Intesa Sanpaolo (al tempo ricopriva la
carica di amministratore delegato della controllata Caboto) e citati in giudizio il 26 novembre
dai magistrati pugliesi per concorso in truffa nell'ambito di un’indagine su alcuni strumenti finanziari messi sul mercato.
La direttiva del ministero dell'Economia prevede
che l'amministratore di una società controllata
dal ministero stesso in caso di citazione a giudizio per un reato non contravvenzionale - come
la truffa pluriaggravata e continuata - ne dia immediata comunicazione al consiglio di amministrazione. Quest’ultimo deve riunirsi entro
dieci giorni e a questo punto convocare “entro 15
giorni l'assemblea al fine di deliberare in merito
all'eventuale permanenza nella carica dell’amministratore, formulando al riguardo una proposta motivata
che tenga conto di un possibile
preminente interesse della società alla permanenza stessa
dell'amministratore”. Nel caso
di Cdp, il board ha proposto ai
soci all’unanimità (con la sola
astensione del diretto interessato) la conferma di Gorno
Tempini “dopo attenta valutazione delle comunicazioni della Procura di Trani”, si limita a
riferire in una nota la società.
L’assemblea, cui ha partecipato il 99,2 per cento
degli azionisti, ieri ha poi deliberato la permanenza nella carica dell’amministratore delegato
“con voto unanime”. Quindi a dare la benedizione è stato anche il Tesoro che controlla la
Cassa all’80 per cento mentre il restante 18,4 per
cento è nelle mani delle Fondazioni.
INSOMMA, da una parte il Tesoro fa il mora-
lizzatore con l’Eni e Finmeccanica e dall’altra fa il
garantista con il vertice di Cdp. “Ribadisco quello che ho già dichiarato al Senato nei giorni scorsi”, commenta il sottosegretario all’Economia,
Morando contattato dal Fatto che gli fa notare
come tale pressing sia inutile se poi le assemblee
delle due società bocceranno nuovamente la
nuova clausola per mano dei fondi stranieri.
Quanto alla conferma di Gorno Tempini, Morando liquida così la questione: “Ciascuno si
prenderà le proprie responsabilità, noi ci siamo
presi le nostre”. Resta da chiedersi se il ministro
Pier Carlo Padoan e Renzi si parlino considerando che - secondo voci di palazzo che circolano ormai da settimane - il presidente del Consiglio avrebbe visto bene al posto di Gorno un
esponente del “cerchio magico” come l’ex ad di
Luxottica, Andrea Guerra, nominato consigliere
personale del premier proprio qualche giorno
fa.
Cam. Con.
ALL’ITALIANA
il Fatto Quotidiano
B
onus bebè,
la platea diminuisce
a 330 mila
85 MILA PERSONE non lo potranno incassare, al
contrario delle previsioni iniziali, ma altrettante
vedranno invece arrivare un assegno che vale il
doppio. Il Bonus bebè dopo il passaggio alla Camera cambia volto: a fare la differenza è l’introduzione dell’uso dell’Isee, vale a dire l’indicatore della condizione economica del nucleo familiare, che fa scendere la platea da 415 mila a
330 mila beneficiari. La norma, votata a Montecitorio, è stato un cavallo di battaglia della minoranza Dem e punta a favorire le famiglie meno
ricche, prevedendo infatti un bonus doppio per
chi ha un Isee sotto la soglia dei 7 mila euro.
A fare i conti, quando ormai la manovra si appresta a iniziare l’iter al Senato, è la nuova relazione tecnica del provvedimento che la legge
SABATO 6 DICEMBRE 2014
11
chiede sia predisposta in vista del secondo passaggio parlamentare. A Palazzo Madama la sessione di Bilancio entrerà nel vivo solo la prossima
settimana: martedì scade il termine per gli emendamenti in commissione, che da giovedì saranno
messi in votazione. Il testo è atteso in Aula al
Senato il 16 dicembre ed è probabile che il governo chieda la fiducia.
DERIVATI, L’ITALIA È IN ROSSO
PER OLTRE 34 MILIARDI DI EURO
IL GOVERNO RISPONDE AL M5S: SECONDO I NUMERI DI BANKITALIA, I CONTRATTI
SUL DEBITO PUBBLICO CONTRO IL RIALZO DEI TASSI AL MOMENTO SONO NEGATIVI“
di Stefano Feltri
I
l numero è così colossale
che richiede una spiegazione: a giugno i derivati
sul debito pubblico della
Repubblica italiana erano negativi per 34,4 miliardi di euro.
Lo rivela alla Camera il sottosegretario alle Politiche sociali
Massimo Cassano, rispondendo a un’interpellanza di deputati Cinque Stelle, primo firmatario Daniele Pesco.
LA CIFRA non era segreta, ma
difficile da trovare: nei conti finanziari della Banca d’Italia, si
legge che i derivati sul debito
pubblico determinano una
“passività” per 34,4 miliardi. E
continua ad aumentare: l’anno
prima era 29,2 miliardi. I derivati sul debito pubblico (o meglio, su 161 miliardi dei 1.600 in
circolazione) sono stati fatti soprattutto per proteggere l’Italia
da un aumento dei tassi di interesse, come quello che si è visto all’improvviso nel 2011 con
la crisi dello spread. Visto che i
tassi invece sono scesi, la Bce ha
ridotto il costo del denaro e i nostri creditori si accontentano di
rendimenti bassi, la “scommessa” del Tesoro al momento determina una perdita: “Tale valore è sensibilmente negativo
per la Repubblica italiana, in
quanto influenzato dal livello
assoluto straordinariamente
basso dei tassi di interesse rispetto alle condizioni del mercato all’epoca della stipula”, dice il sottosegretario Cassano. I
contratti con le banche che stipulano il derivato di solito (nel
69 per cento dei contratti in essere) prevedono che se i tassi su-
perano una certa soglia, la differenza ce la mette la banca al
posto del Tesoro. Ma se invece
scendono, è il ministero a dover
pagare. Almeno in teoria.
Perché le passività sono, come si
dice in gergo, mark to market. Se
il Tesoro decidesse di chiudere
adesso tutti i contratti in essere,
dovrebbe pagare alle banche
34,4 miliardi. È una fotografia,
non un film. Se, per esempio,
nei prossimi anni i tassi dovessero impennarsi (ipotesi remota ma non impossibile), allora
scatterebbe l’assicurazione dei
derivati e le perdite le subirebbe
IL MECCANISMO
Il Tesoro si è cautelato
contro l’aumento degli
interessi, che invece
sono scesi e quindi
per ora la scommessa
è in perdita
la banca. Nel 2012, durante il
governo Monti, il Tesoro allora
guidato da Vittorio Grilli decise
di chiudere un contratto con
Morgan Stanley (la banca guidata in Italia proprio da un ex
ministro dell’Economia, Domenico Siniscalco) e pagò
sull’unghia 2,4 miliardi. Nel
2013 i derivati hanno determinato un esborso netto, cioè soldi
veri usciti dalle casse pubbliche,
di 3,2 miliardi.
Il governo aggiunge un dettaglio storico interessante: smentisce che l’Italia sia entrata
nell’euro soltanto grazie a un
aiutino dato dai derivati per tenere il deficit sotto il 3 per cento
del Pil. Infatti, con le nuove regole Eurostat “Sec2010” che
scorporano i contratti swap dal
disavanzo, “il deficit del 1997,
anno sul quale è stata valutata
l'ammissione dell'Italia all'Unione monetaria, è rimasto entro la soglia del 3 per cento, così
come è avvenuto anche nel
1998. Non sono, pertanto, fondate le ricostruzioni che in alcuni periodi si ripresentano sul
ruolo svolto in proposito dai
derivati”. Ma implicitamente è
anche un’ammissione che, almeno un po’, il deficit fu migliorato dai derivati.
34,4
MILIARDI
A GIUGNO
29,
2
MILIARDI
A METÀ 2013
Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan LaPresse
In Basilicata
L’OBIETTIVO della polemica
dei Cinque Stelle, però, era il
comma 133 dell’articolo 2 della
legge di Stabilità che autorizza il
Tesoro a fare accordi bilaterali
con una garanzia sui derivati. Il
ministero vuole tornare a finanziarsi anche in dollari (pratica
ridotta in questi anni di crisi)
ma serve un contratto per proteggersi dal tasso di cambio e ci
sarà la possibilità di mettere dei
soldi veri a garanzia delle oscillazioni. I timori per ora sono
prematuri, serviranno decreti
del Tesoro per capire i dettagli:
al momento la linea del ministero dell’Economia è molto
dura sui derivati, sono vietati a
tutte le amministrazioni locali
ed è in corso un’operazione per
ricomprare il debito delle Regioni su cui ci sono contratti
strani. Il Lazio, che ha sostituito
il debito verso le banche su cui
c’erano derivati con debito verso il Tesoro, risparmia ora 90
milioni all’anno.
NO TRIV BASILICATA
In 10 mila hanno attraversato le vie di Potenza, giovedì, per protestare contro
il raddoppio delle trivellazioni in Basilicata. Arrivati da tutta la regione, ma anche da
Puglia e Campania per chiedere ancora alla Giunta regionale di impugnare l’articolo 38
dello Sblocca Italia. Ma la Regione opta per la trattativa col governo Foto Basilicata24.it
Il doppio incarico dell’architetto della Giannini
HA RISTRUTTURATO LA CASA AL MARE DEL MINISTRO DELL’ISTRUZIONE , MA ANCHE L’UNIVERSITÀ CHE ALLORA GUIDAVA. SENZA GARE D’APPALTO
di Emiliano
Liuzzi
indagine è ancora in mano ai magistrati
L’
della Corte dei conti, che indagano sulle
spese dell'Università per stranieri di Perugia,
rampa dalla quale è partita Stefania Giannini
per accomodarsi sulla poltrona del ministero
della Pubblica istruzione. Università, quella
gestita dalla Giannini, che costava molto alle
casse del ministero. I soldi sui quali si indaga
superano il mezzo milione di euro, 525 mila
per la precisione, ma ci sono spese che passano sotto la lente d’ingrandimento della magistratura contabile.
UNA TRA QUESTE è la consulenza a un professionista di Lucca, l’architetto Luigi Puccetti,
piuttosto stimato nella sua città. Nel 2005 riceve l’incarico per chiamata diretta della Giannini, che gli fa restaurare una parte dell’ateneo
di Perugia. Senza gara. La sua è una consulenza. C’è un però. È dimostrato, anche dal sito
dello studio di architettura dello stesso Puccetti, che pochi mesi prima, lo stesso archi-
tetto, aveva restaurato la meravigliosa villa del
ministro Giannini a Marina di Pietrasanta,
una casa gioiello, almeno dal punto di vista
dello stile. Curata in ogni minimo dettaglio. E
rifatta in ogni sua parte.
Dunque Giannini, almeno dal punto di vista
deontologico, avrebbe dovuto astenersi dalla
decisione di affidare i lavori a quello che in
realtà è il suo architetto di fiducia e magari
VERSILIA
La casa al mare del ministro
lasciare al consiglio d'amministrazione dell'Università la facoltà di decidere. Ma non l'ha
fatto. Ha preso lei in prima persona la decisione. E il professionista di Lucca, ovviamente, ha accettato.
MA NON È IL SOLO PUNTO sul quale si orien-
ta l'indagine della Guardia di finanza per accertare se le spese erano legittime o meno.
Sono i conti e i bilanci che non tornano. La
ministra quando ha lasciato Perugia ha lasciato un bilancio tutto in negativo: -200 mila
euro dalle iscrizioni ai corsi di laurea, -500
mila euro di iscrizioni ai corsi di lingua e -450
mila euro dal Miur perché alcuni insegnanti
non fanno ricerca.
Numeri neri, ma non abbastanza da bloccare,
a dicembre 2012, e sempre per opera del ministro Giannini, l’acquisto da parte dell'Ateneo della palazzina “ex Senologia” dalla Provincia di Perugia per 2 milioni e mezzo di
euro. Ora la palazzina è vuota, chiusa e inutilizzata. Risultato: oggi un disavanzo di 1 milione e 800 mila euro in un bilancio da 19
milioni.
Ultimo capitolo, invece, riguarda un Circolo
culturale e ricreativo che nei grandi progetti il
ministro Giannini voleva oltre a una spesa di
385 mila euro per una scuola internazionale di
cucina che però non vide mai la luce. Con un
deficit di entrate che era già iniziato da tempo
e la riduzione del numero di studenti che è
andata sempre in progresso e che ha alimentato il buco in bilancio, oltre alle spese che
guardia di finanza si trova oggi a spulciare. “La
situazione che ha lasciato il ministro”, racconta oggi un membro del cda che preferisce
non esporsi con nome e cognome, “non è delle
migliori.
Ci sono decisioni che ha preso molto discutibili. A partire da quella che ha portato il suo
architetto a lavorare a Perugia, per finire con
altre molto discutibili. La Corte dei conti dovrà fare chiarezza: il buco in bilancio è stato
sostenibile solo grazie a una sorta di tesoretto
che l’ateneo negli anni era riuscito a mettere
da parte. Adesso, con il calo delle iscrizioni, la
situazione è critica.
12
MUCILLAGINI
SABATO 6 DICEMBRE 2014
Pè sotto
ensioni, il 41%
i mille euro
al mese
OLTRE IL 41% dei pensionati ha un reddito da
pensione inferiore a mille euro al mese: è quanto
risulta dal Rapporto Istat su trattamenti pensionistici e beneficiari 2013 nel quale si sottolinea
come la percentuale salga al 50,5% tra le donne.
La spesa complessiva nell’anno è aumentata dello 0,7% rispetto al 2012 (arrivando a 272,7 miliardi di euro) portando la percentuale sul Pil al
il Fatto Quotidiano
16,85%.
La fotografia dell’Istat evidenzia anche una rapida
tendenza al ribasso delle pensioni, che registrano
quelli che possono essere considerati i primi effetti della riforma Fornero. I nuovi pensionati (coloro che hanno iniziato a percepire l'assegno nel
2012) sono 559.634 e in media hanno un reddito
di 13.152 euro, più basso di quello della media dei
pensionati nell’anno (16.761 euro, ma molti di loro
cumulano più pensioni) ma soprattutto inferiore
ai nuovi pensionati 2012 di circa 900 euro. Il 2013
è il primo anno di entrata in vigore reale delle
nuove regole targate Fornero e sono diminuite in
modo consistente le pensioni di vecchiaia (nelle
quali sono inserite anche i trattamenti di anzianità), passate da 316.000 a 245.000.
CENSIS, ITALIA DISSIPATA
NELLE SETTE GIARE
DELLA POLITICA INUTILE
IL RAPPORTO ANNUALE DEL CENTRO STUDI DI DE RITA RACCONTA
UN PAESE STANCO E DELUSO DA GOVERNI CHE PROMETTONO
SEMPRE DI PIÙ MA NON RIESCONO A MANTENERE NULLA
di Stefano
Feltri
Q
uesto è l’anno della “dissipazione”,
del capitale umano che svanisce, di
quei tre milioni di italiani che sarebbero disposti a lavorare ma non
ci riescono. E nell’attesa appassiscono, indebolendo il Paese: benvenuti nella “società satura dal capitale inagito”. Il Censis, Centro
Studi Investimenti Sociali, si propone ogni anno di trovare, o inventare, il lessico per raccontare lo stato del Paese, grazie alle trovate
del suo presidente Giuseppe De Rita (ricordate la “mucillagine”? ). Ecco allora il dizionario per parlare dell’Italia 2014 che si trova
nel rapporto annuale del Censis presentato
ieri.
ATONIA DEL CAPITALISMO. Le imprese italiane, a tutti i livelli, sembrano “sotto assedio”.
La famiglia Bulgari si consegna ai francesi di
Lvmh, l’alta sartoria di Loro Piana passa a Louis Vuitton, la Merloni vende gli elettrodomestici agli americani di Whirlpool, i Riva vengono espropriati, Luxottica caccia il suo manager più bravo, Andrea Guerra. Regge il “microcapitalismo di territorio”, con le esportazioni dei 100 distretti industriali che salgono
del 4,2 per cento annuo, e un fatturato che
crescerà del 4,7 nel 2015. Ma scendono gli investimenti: nel 2013 erano al livello più basso
degli ultimi 13 anni, 333 miliardi di euro contro i 369 del 2007. E questo è un pessimo segnale per la crescita di domani.
ATTENDISMO CINICO. Le famiglie italiane
hanno superato la fase di paura della crisi, sono
convinte che il picco negativo sia passato (ne è
convinto il 47 per cento degli italiani, 12 per
cento in più che nel 2013) e ora guardano con
grande incertezza al futuro immediato. Tengono i soldi sul conto corrente o in investimenti liquidi, il 44,6 per cento vuole i soldi
sempre pronti in caso di perdita di lavoro o di
malattia improvvisa. Solo il 18,9 per cento degli
italiani dice di risparmiare per pagare l’istruzione dei figli.
IL PAESE IN CIFRE
(fecondazione assistita) a quelli sulla sua fine
(dignità nel morire). Ma questi temi non suscitano le onde emotive degli anni Settanta, le
conquiste passano per sentenze – anche di corti internazionali – invece che dal processo democratico della politica. E quindi si avanza, ma
senza aver creato il consenso perché il cambiamento sia condiviso.
Gli ultimi
Sono gli individui non utilizzati
in Italia: 3 milioni i disoccupati
8 mln
Essere giovani
Dei 4,7 milioni che vivono soli, un
milione non arriva a fine mese
1 mln
DIVINA COMMEDIA. Gli ultimi tre governi,
Un popolo sfiduciato
Quanti pensano che si può finire in
povertà in qualunque momento
60%
Parole, parole...
Le parole scritte negli 86 decreti
fatti: 11,6 volte la Divina Commedia
1,2mln
Monti, Letta e Renzi, hanno prodotto ben 86
decreti legge, lo strumento di espressione massima del decisionismo politico. A Palazzo Chigi, per questi provvedimenti, hanno scritto
1.185.171 parole che, calcola il Censis, equivalgono a 11,6 volte la Divina commedia di Dante. L’impatto sulla società non è stato però pro-
DE RITA Sceglie suo figlio
come direttore generale
l consiglio direttivo
I
ha nominato l’ing.
Giorgio De Rita (nella
foto) Segretario generale
per
il
triennio
2015-2017 delegando
anche a lui la funzione di
Direttore Generale“. È il
comunicato pubblicato
sul sito del Censis lo
scorso 14 Novembre. Il
cognome non passa
inosservato essendo Giuseppe De Rita,
uno dei fondatori storici e attuale presidente dell’istituto. “Non c’è alcun
conflitto di interessi – spiega ai microfoni de ilfattoquotidiano.it a margine della presentazione del rapporto sulla situazione sociale del paese a Roma –
mio figlio ha il curriculum adeguato. È
stato ad di Nomisma che è una grande
società di ricerca, è stato direttore ge-
nerale della società che
si occupa di digitalizzazione dello Stato ed è
una persona perbene. A
nominarlo – si difende
– è stato il cda, formato
da 15 grandi aziende come Telecom e Banca Intesa. Quindi non è una
nomina fatta in famiglia”. Sulla laurea in Ingegneria di Giorgio, il
padre spiega: “L’unico
laureato in Sociologia è
stato Nadio Delai mentre tutti gli altri funzionari Censis, nel corso
dei cinquanta anni, sono stati laureati in
Chimica, Matematica, Statistica, Legge e
Lettere. Dire che mio figlio è ingegnere e
quindi non ha diritto di entrare al Censis è
una cazzata. Giorgio ha fatto un’ottima
carriera, dove trovavo un altro con il suo
curriculum? ”. E quale stipendio percepirà? “Lo stesso stipendio dell’ex direttore
generale Giuseppe Roma quando è arrivato”.
A-SISTEMICA Questa è una società “a-siste-
mica”: i tradizionali modelli di governo non
funzionano più, i partiti sono impalpabili, i
cosiddetti corpi intermedi (sindacati, Confindustria) delegittimati, anche i miti di autogoverno locale, come il federalismo fiscale sono
sbiaditi. Il “sistema-Italia di fatto non esiste” e
quindi è inutile cercare ipotesi di governo che
vogliano trattare le diverse articolazioni del
Paese come un tutt’uno coerente. “Il sistema”
resiste soltanto come “potenziale oggetto di
rancore e di denuncia, con la conseguenza che
tale straneità porta a un fatalismo quasi cinico”.
L’Italia raccontata dal rapporto Censis Ansa
porzionale: il richiamo alla continua emergenza e alla conseguente urgenza delle riforme ha
fatto cadere i politici nella “trappola della promessa”. La politica cerca di sopravvivere con
annunci continui di riforme che poi non riesce
attuare, causando una delusione cui cerca di
porre rimedio con nuove promesse. E il circolo
vizioso ricomincia.
GIARE. La società italiana raccontata da De
Rita è quella delle “sette giare”. La giara è un
contenitore “a ricca potenza interna ma con
grandi difficoltà a stabilire rapporti con l’esterno”. Dentro ogni giara c’è un gran ribollire che
però traspare poco all’esterno e soprattutto è
indipendente e isolato dalle analoghe dinamiche che si consumano negli altri recipienti. Le
sette giare sono queste: poteri sopranazionali,
politica nazionale, disordinato funzionamento
delle istituzioni, minoranze vitali, la vita difficile della “gente del quotidiano”, il sommerso
“sempre più ambiguo”, i media che inseguono
gli eventi invece che raccontare “i processi reali
della società”. Interessante l’analisi sulla giara
della politica nazionale: i protagonisti hanno
grande potere senza però una vera efficacia
collettiva, col risultato che i leader politici finiscono sempre per deludere le aspettative ed
esasperare i cittadini.
MINORANZA VITALE. Negli anni scorsi De
Rita e il Censis hanno riposto le speranze di
ripresa in una “neoborghesia” che sembrava
avere l’energia necessaria per spingere il Paese
al cambiamento, quel gruppo di imprenditori
orientati all’export, professionisti alla frontiera
del digitale, innovatori del made in Italy alimentare. Dovevano essere loro a salvare l’Italia
ma, scrive il Censis, “l’evoluzione di questi ultimi anni è andata in altra direzione”. Si sono
rivelati più conservatori del previsto, gli imprenditori non hanno voluto mettere a rischio
il controllo dell’impresa, i giovani sono andati
a studiare all’estero, chi lavora in Italia ha speso
le energie migliori per limitare la concorrenza
e cercare protezione nelle regole invece che nel
talento. E così si arriva alla diagnosi: “vitalità
senza efficacia”.
Twitter @stefanofeltri
PORTFOLIO
foto di Umberto
Pizzi
Roma inciuciona no stop
COMPLEANNI
Non c’è inchiesta su Mafia Capitale che
tenga di fronte ai salotti bipartisan di Roma. I compleanni di
due manager fanno apparire
Schifani con una donna giovane
FRAMMENTI
In queste feste si inciucia di politica in senso
consociativo, ma poi c’è sempre il
momento del ballo, con tanto di
bicchiere in mano. Frammenti
della grande bruttezza
GENTISMO. C’è il populismo, e poi c’è la sua
attuale declinazione italica: il “gentismo”, cioè
il tentativo dei politici di compiacere quell’entità al contempo collettiva e individualista nota
come “gente”. La cosa interessante è che il Censis sostiene che sono anche gli italiani a percepirsi come un insieme indistinto, uniforme
nelle esigenze e nelle richieste alla politica. Siamo tutti soggetti e vittime del “gentismo” che
però non diventa condivisione o mobilitazione
di massa. Anzi: c’è grande richiesta di diritti
soggettivi, da quelli relativi all’inizio della vita
LA BADANTE
Al party nella Galleria Sordi, a
Roma, dopo Schifani in quota Ncd, ecco Paolo Romani e la badante-senatrice di B., Mariarosaria
Rossi che sgrana gli occhi alla Gasparri
VELTRONIANO
A completare la composizione partitica del
party arriva Walter Verini del Pd.
Veltroniano storico, oggi è un deputato renzianissimo
UN GIORNO IN ITALIA
il Fatto Quotidiano
R
oma, il prefetto
annulla trascrizioni
dei matrimoni gay
LA PREFETTURA annulla le nozze gay celebrate
nella Capitale dal sindaco Marino e il Gay Center
annuncia ricorso. Con una lettera del prefetto
Pecoraro alle 16 coppie omosessuali è stato annunciato l’annullamento delle trascrizioni dei loro
matrimoni, celebrati all'estero, e riconosciuti il 18
ottobre in Campidoglio: “Siamo pronti a fare ricorso contro l'annullamento dell’atto di trascri-
zione dei matrimoni gay da parte della Prefettura
di Roma negli uffici dell’anagrafe del Comune. Si
tratta di una decisione illegittima che segue una
campagna politica del Ministro dell’Interno Alfano”. La nota è stata firmata dal portavoce di Gay
Center Fabrizio Marrazzo che aggiunge: “L'avvocato Daniele Stoppello sta procedendo a tutela
della coppia di nostri volontari Domenico e Jeff
SABATO 6 DICEMBRE 2014
13
che hanno visto trascritto il loro matrimonio avvenuto in Belgio da parte del sindaco Marino. C'è
però una cosa che rende questa vicenda ancora
più sconcertante. E cioè che i matrimoni gay siano visti come un problema di ordine pubblico. Se
Roma - conclude - fosse nota al mondo per i diritti
civili e non per l'illegalità o la mafia sarebbe meglio per tutti”.
Loris, l’auto della mamma
sul luogo del delitto
TANTE DISCORDANZE, DAGLI ORARI ALLE FASCETTE DI PLASTICA CONSEGNATE A SCUOLA
di Giuseppe
E
Lo Bianco
ro convinto che
giovedì sera la
mamma di Loris
non sarebbe uscita dalla Questura, in quel
contesto familiare stanno
emergendo cose molto brutte’’.
La sensazione di uno dei medici legali incaricati dalla
procura di verificare gli abusi sessuali sul corpo del piccolo Loris traccia con precisione i confini delle indagini di Sco e carabinieri a
caccia dell’assassino di Andrea Loris Stival, 8 anni,
strangolato sabato mattina
con una fascetta da elettricista e poi gettato in un canalone di cemento nelle
campagne di Santa Croce
Camerina. Nessuno, né in
procura né tra gli investigatori, conferma che la donna
è indagata, ma tutte le attività degli inquirenti hanno
avuto ieri un unico obiettivo: cercare una traccia per
inchiodare Veronica Panarello alle sue bugie, ormai
palesi, ma anche alle incongruenze e contraddizioni
scoperte dalle telecamere
disseminate per le strade del
paese. Gli esperti della scien-
tifica hanno cercato di isolare tracce di dna su un paio
di forbici sequestrate a casa
della donna, ritenute a un
primo esame compatibili
con quelle presumibilmente
utilizzate dall’assassino per
tagliare la fascetta elettrica
dal collo ormai esanime del
piccolo Andrea; e proprio alcune fascette, anche queste
in astratto compatibili con
quelle utilizzate per strangolare il bimbo, sono state stranamente consegnate dalla
mamma alle maestre venute
a casa in visita di condoglianze: “Tenete, sono quelle
utilizzate per il compito di
scienze”. Ma la preside ha
smentito che quegli oggetti
fossero stati adoperati durante le ore di lezione, “se
non di nascosto”, ha detto.
Perchè dunque, con il corpo
ancora caldo del piccolo Andrea, la mamma si preoccupa di restituire oggetti mai
utilizzati a scuola?
E PERCHÉ quella mattina di
sabato la sua automobile,
una Volkswagen Polo nera,
ripresa da una telecamera del
paese, si è diretta verso il
Mulino Vecchio, l’area di
campagna in cui nel pomeriggio sarebbe stato ritrovato
Veronica Panarello, al centro, assieme al marito Ansa
Sulla barca dei disperati 17 migranti morti per il freddo
SCIENTIFICA
AL LAVORO
Ennesimo sopralluogo
della polizia LaPresse
L’ONU: SENZA L’OPERAZIONE MARE NOSTRUM IN ESTATE SARÀ L’INFERNO
I 17 migranti morti nel Canale di Sicilia al largo di Tripoli sono deceduti per ipotermia.
Altri 76 sono sopravvissuti. Crepeau, relatore Onu: “Frontex è insufficiente” Ansa
il corpo del figlioletto? Una
verifica completa dei movimenti della donna è affidata
alla lettura dei dati del Gps in
uso alla Polo nera che Veronica Panarello ha dovuto
consegnare agli inquirenti,
anche per accertare se esiste
un buco di 15 minuti nei suoi
movimenti: al castello di
Donnafugata sarebbe dovuta
arrivare intorno alle 9:40 (da
LE TELECAMERE
In una registrazione
si vede la Polo
della Panarello,
la mattina della
sparizione, dirigersi
verso il Mulino Vecchio
Santa Croce Camerina si impiegano in auto 15-20 minuti) e invece è giunta alle 9.55,
come ricorda uno dei partecipanti al corso di cucina:
“scusandosi del ritardo e dicendo di avere avuto dei problemi”.
Quali, non lo ha chiarito con
i giornalisti neanche il suo legale, l’avvocato Francesco
Villardita, che fino a qualche
giorno fa si ostinava a ripetere che la sua assistita “è
parte lesa”, e che ieri ha trascorso l’intero pomeriggio
fuori dallo studio, come ha
riferito la sua segretaria,
dribblando i giornalisti e
senza rilasciare alcuna dichiarazione. Si attenua, infine, la posizione dell’unico
indagato per l’omicidio, il
cacciatore Orazio Fidone:
“Quella mattina ero al mercatino di Vittoria, le telecamere lo dimostreranno”.
Agli investigatori dovrà spiegare il possesso illegale di armi ed esplosivo trovati in casa sua.
Corona, presidente antiracket chiede la grazia
BOCEDI, RESPONSABILE DI SOS ITALIA: “HO SCRITTO A NAPOLITANO AFFINCHÉ CONCEDA GLI ARRESTI DOMICILIARI AL FOTOGRAFO”
di Davide Milosa
lla fine la domanda di grazia per Fabrizio
A
Corona è arrivata. Dopo mesi di denuncia,
Paolo Bocedi, presidente dell’associazione an-
tiracket Sos Italia, ha preso carta e penna e il 28
novembre scorso ha scritto direttamente al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Alla base della lettera la richiesta di concessione
da parte del capo dello Stato dei domiciliari all’ex
re dei paparazzi condannato a nove anni di carcere per diversi reati tra cui il più grave è quello di
estorsione aggravata ai danni dell’ex calciatore
della Juventus David Trezeguet. Si tratta, infatti,
di un reato ostativo che costringe Corona a non
usufruire di pene alternative per i primi cinque
anni di condanna. La decisione dei giudici di Milano appare molto rigida soprattutto se si pensa
che lo stesso Trezeguet recentemente ha negato
di essersi sentito minacciato dal fotografo. Non
solo. All’incontro con il calciatore, Corona ci andò con l’autista (da qui l’aggravante per la presenza di una seconda persona) solo perché in
quel periodo non poteva guidare l’auto. Oltre
alla richiesta di grazia parziale, sempre ieri Bocedi ha annunciato che domani sarà in piazza
durante la prima della Scala per chiedere pubblicamente la grazia parziale. “Sarò lì con i membri della mia associazione a esporre cartelli con la
scritta: grazia parziale per Corona”. Il caso, dunque, promette novità. “Ho parlato con persone
molto vicine a Fabrizio - ha commentato ieri Bocedi - e me lo hanno raccontato in pessime condizioni e anche con idee suicide”. E ancora: “Io
mi occupo di mandare in galera estorsori, mafiosi e anche uomini dello Stato
come accaduto con l’ex prefetto Carlo Ferrigno e la condanna a Corona è ingiusta”. E così
dopo aver atteso invano di poter andare a trovare il fotografo
nel carcere milanese di Opera
dove è recluso ormai da due
anni, Bocedi, personalmente,
ha scritto al Colle. Una pagina
non di più, che inizia con la citazione di un passo di Giuseppe Ungaretti. “La luce del mat-
tino dopo la notte rende l’immensità del creato
che mi pervade e riempie di gioia”. Quindi la
richiesta a Napolitano: “Egregio presidente s’illumini d’immenso e dopo il buio del carcere
conceda la luce al povero Fabrizio Corona. La
prego anche durante il mese bianco di provvedere sulla richiesta di grazia parziale. Creda egregio presidente alla mia sincera devozione”.
Quindi la firma con il logo dell’associazione antiracket. Bocedi già ad agosto scorso aveva fatto
richiesta al direttore del carcere di Opera di poter
incontrare Corona. Domanda
lasciata inevasa per mesi dal tribunale di Sorveglianza. Quindi
a ottobre Bocedi scrive direttamente al ministro della Giusti-
zia Andrea Orlando, sollecitando una decisione.
Da lì a pochi giorni lo stesso Bocedi viene contattato dal vice ministro che gli annuncia una
telefonata da parte del Dap che gli darà conto del
motivo per cui la sua domanda è stata rifiutata.
“Il vice direttore delle carceri mi disse che andare
a trovare Corona sarebbe stato solo un fatto mediatico e che lo stesso Fabrizio è stato rovinato
soprattutto dalla stampa e dai media in generale”. Per la grazia a Corona, nell’ottobre scorso,
si era scomodato addirittura Adriano Celentano. “Caro Presidente Napolitano - aveva scritto
il molleggiato - mi scusi, se con tutti i grattacapi
che immagino lei abbia, anchio mi accodo con
una richiesta di grazia per Fabrizio Corona”. Ad
agosto, poi, lo stesso Corona durante la trasmissione In Onda aveva letto una lettera dove, oltre
ad ammettere le proprie colpe,
diceva: “Che cosa mi hanno fatL’APPELLO DI CELENTANO
to? Cosa sono riusciti a farmi?
Non è giusto, è allucinante, è
L’ex re dei paparazzi, secondo persone a lui
incredibile, è schifoso (…) a
vicine, è in pessime condizioni di salute. Pure il malapena mangio, ho lo sguar“molleggiato” si è schierato per la scarcerazione do fisso e perso nel vuoto”.
UN GIORNO IN ITALIA
il Fatto Quotidiano
“M
ondadori
diffamò Boccassini
Ora la risarcisca”
IL PROCURATORE AGGIUNTO Ilda
Boccassini dovrà essere risarcita con
80 mila euro per la diffamazione subita quindici anni fa con un articolo
scritto da Lino Jannuzzi su Panorama
dal titolo “Storia di cimici (finte) e di
inganni (veri)”. Lo ha stabilito ieri la
Terza sezione civile della Cassazione,
convalidando la sentenza della Corte
d’appello di Roma del maggio 2007
che, in riforma della decisione di primo grado, aveva condannato in solido
Jannuzzi, il direttore responsabile del
settimanale Roberto Briglia e la casa
editrice Arnoldo Mondadori Editore a
risarcire il magistrato. L’articolo incri-
SABATO 6 DICEMBRE 2014
15
minato faceva riferimento alle indagini condotte dalla Boccassini sulla corruzione di alcuni magistrati e avvocato romani e alla vicenda delle intercettazioni ambientali fatte nel 1996 al
Bar Mandara di Roma, nel corso di una
conversazione tra i giudici Renato
Squillante e Francesco Misiani.
LaPresse
LEGA In Parlamento
gli “Amici di Putin”
n Parlamento arriva il gruppo “Gli amici di Putin”.
Ovviamente a sua insaputa e ovviamente compoI
sto da persone che nulla hanno a che fare con il pre-
Si sgonfia la bufala Expo
solo 4 mila le assunzioni
SMENTITE LE PROMESSE: 308 MILA POSTI DI LAVORO STIMATI DALLA BOCCONI,
190 MILA PER LA CAMERA DI COMMERCIO, 70 MILA SECONDO GLI ORGANIZZATORI
di Gianni Barbacetto
L
Milano
e promesse erano
mirabolanti. Le previsioni sbalorditive.
Le proiezioni stupefacenti. Expo doveva portare
centinaia di migliaia di nuovi
posti di lavoro. Doveva essere
la benzina per far ripartire Milano, anzi l’Italia. Ora, a quattro
mesi
dall’apertura
dell’esposizione, la Cgil fa i
conti e le promesse crollano, le
previsioni vengono smentite,
le proiezioni si mostrano per
quello che sono: propaganda.
Sono solo 4 mila i
posti di lavoro prodotti da Expo.
Il
ministro
dell’Agricoltura
Maurizio Martina a
luglio aveva annunciato: “L’Expo 2015
sarà
sicuramente
un’occasione
per
creare nuovi posti di
lavoro, perché per
sei mesi avremo il
mondo intero a discutere in Italia di
agroalimentare”. Sì,
ma tutto questo discutere quanti occupati in più produrrà?
LA GRANCASSA aveva comin-
ciato a battere già nel 2007, non
appena Milano si era presentata alla gara, a Parigi, per ottenere l’esposizione. Nel dossier di candidatura erano segnati due numeri: 240 mila, i
nuovi posti di lavoro stabili; e
70 mila, quelli a termine per
realizzare e gestire l’evento.
L’università Bocconi era riuscita a fare perfino di più: uno
studio del suo Centro di economia regionale dei trasporti e
del turismo, coordinato dal
professor Lanfranco Senn, nel
novembre 2010 era arrivato a
stimare che i nuovi posti di la-
voro sarebbero stati 308 mila. È
il record. Poi si va a scendere.
Un dossier della Camera di
commercio di Milano aggiusta
un po’ il tiro e scrive: “Con
l’esposizione universale si stimano dal 2012 al 2020 in 190
mila le unità di lavoro aggiuntive impegnate per Expo, di cui
oltre 100 mila a Milano”. Le
previsioni della società Expo
spa nel 2012 erano poi scese a
70 mila.
Adesso la Camera del lavoro
milanese della Cgil ha elaborato i dati dell’osservatorio provinciale sull’occupazione ed è
arrivata a una cifra che fa im-
pallidire tutte quelle sparate finora: 4.185. “A fine ottobre le
aziende che hanno avviato assunzioni finalizzate espressamente all’Expo”, spiega Graziano Gorla, il segretario della
Camera del lavoro, “sono
1.733, per un totale di 4.185 lavoratori. Solo 700 in più rispetto al maggio scorso, quando
erano 3.400. Di questo passo,
non arriveremo neanche alle
assunzioni stimate da noi della
Cgil”.
ERANO 20 MILA, quelle pre-
viste dal sindacato in risposta
alle 70 mila sparate da Expo.
Nel maggio scorso, a un anno
dall’apertura dell’esposizione,
il sindacato le aveva ridimensionate a 9 mila. “Ora credo che
non arriveremo neppure a questa cifra”, conclude Gorla.
IL SINDACATO
Il segretario
della Camera del lavoro:
“Se continua così
non raggiungeremo
neppure quota 9 mila,
prevista dalla Cgil”
L’Expo si sgonfia, nel quadro di
un mercato del lavoro preoccupante. Milano ha raggiunto
un tasso di disoccupazione
dell’8,2 per cento, aggiungendo un punto in più in soli sette
mesi. Ha accorciato le distanze
dal dato nazionale, che è il 14
per cento: “È una cosa mai successa nella storia di Milano e
sidente russo: sono senatori e deputati della Lega
Nord capitanata da quel Matteo Salvini che un mese
fa andò in visita a Mosca. L’invito a “iscriversi al gruppo Amici di Putin” è stato inviato ai colleghi onorevoli dal leghista Paolo Grimoldi con l'obiettivo di
“contribuire a pacificare i rapporti diplomatici, politici ed economici” tra Italia e Russia. Secondo Grimoldi le sanzioni ai danni della Russia “stanno producendo danni incalcolabili alla nostra economi”. La lettera elogia le politiche del Cremlino
“che ha dato il via libera a un maxi-progetto per l'installazione della
rete wi-fi gratuita su tutte le metropolitane di Mosca, ne beneficeranno
7 milioni di persone, ogni giorno. E
poi c'è chi parla di regime e di limiti
alla libertà d'espressione. La verità è
che accedere e scambiare informazioni è più facile in
Russia che in Italia”.
Argomentazioni che “hanno dell’incredibile”, secondo il deputato di Sel Franco Bordo. “La Lega organizza un gruppo di supporto alla Russia contro le sanzioni Ue, difendendo il regime. Non contenti del successo del loro leader al congresso dei neofascisti del
Front National, imitano in tutto Le Pen e compagnia”.
della Lombardia, dove la disoccupazione è sempre stata un
terzo di quella nazionale”.
Ed Expo non riesce a invertire
la tendenza. Porta pochi posti
di lavoro e poco qualificati:
“Sono per lo più provvisori e a
termine”. Con un basso livello
di specializzazione: manovali,
camerieri, addetti alla pulizie,
magazzinieri, parrucchieri, telefonisti, addetti di call center.
Dei 4.185 avviamenti al lavoro
attribuibili all’esposizione, il 24
per cento sono nel settore edile:
mille contratti che per definizione termineranno con la fine
dei lavori, dunque entro il
maggio 2015 quando Expo
aprirà i cancelli. Il 42 per cento
degli avviamenti sono con contratti a tempo determinato, il
17 sono collaborazioni, il 4,8
contratti di apprendistato, il
4,6 sono lavoro intermittente e
il 3,2 tirocini. Solo il 28,8 sono
contratti a tempo indeterminato. Ma attenzione, segnala Gorla, è un tempo indeterminato
che indeterminato non è:
“Questa tipologia di contratto è
normalmente usata in edilizia,
ma accompagna la realizzazione del cantiere e dunque si conclude al termine dei lavori”.
C’erano stati segnali di ripresa
dell’occupazione dopo la pausa
estiva, ora però sembrano
esauriti. “Continua un forte incremento della cassa integrazione guadagni”, dice Gorla,
“che ha ormai superato i 10 milioni di ore. E adesso a questo
segnale negativo si aggiunge
anche l’improvviso declino degli avviamenti al lavoro e del
numero delle aziende attive sul
mercato”.
BERGAMO
“Troppi bimbi non cattolici”
E la scuola bandisce il presepe
di Davide
Vecchi
Bergamo
l rifugio per gli stranieri a Bergamo si chiama
I
Celadina. Venti anni fa c’erano pochi condomini ora è diventato un quartiere. Buona parte dei
circa 16 mila cittadini stranieri in città vive qui, al
confine della periferia orobica. All'istituto scolastico De Amicis gli alunni non italiani sono quasi
il 50 per cento e qui da ormai otto anni il preside
della scuola, Luciano Mastrorocco, ha deciso di
non realizzare il presepe per non discriminare chi
non crede nella religione cattolica.
Questo è il nono Natale consecutivo senza presepe
per gli alunni della scuola, ma quest'anno l'assenza
di presepe sta diventando un caso perché, dopo
una breve discussione tra preside e pochi genitori,
è arrivata la politica. E la vicenda si è amplificata.
La Lega (e l'ultimamente onnipresente Matteo Salvini) ha annunciato il suo arrivo nelle scuole ele-
mentari per portare un presepe, l'esponente di Ncd
Gabriele Toccafondi, sottosegretario all'Istruzione, ha definito “irragionevole” la posizione del
preside, seguito dal suo collega ed ex ministro Carlo Giovanardi che l’ha invece definita “farneticante”. Eppure per otto anni tutto è andato alla perfezione, racconta il preside Mastrorocco. “In classe
ognuno può portare un contributo, ma accendere
un focus cerimoniale e rituale può risultare soverchiante per qualcuno, che potrebbe subire ciò
che non gli appartiene. Non sono l’anticristo, ma
questo è l’orientamento che ho dato all’istituto da
otto anni, quando sono arrivato qui. È stato un
modo per rispettare tutti”, spiega. Mentre il Crocefisso, garantisce, “rimane appeso ai muri perché
se lo tolgo se ne fa una questione di Stato e ho cose
più importanti di cui occuparmi”. Tutto è nato
dalla richiesta di spiegazioni a Mastrorocco rivolta
dal rappresentante di una terza elementare, Andrea Camozzi, che vorrebbe venissero rispettate
“le nostre tradizioni”. A Camozzi il preside ha
risposto che non cambierà idea neppure se la maggioranza delle famiglie dovesse chiedere di reintrodurre il presepe. Tra i genitori favorevoli c'è
anche Fabio Gregorelli, consigliere
comunale del Movimento 5 Stelle: “Il
presepe non offende nessuno, vietarlo
CASO POLITICO
in una scuola è una assurdità”. Ovviamente il preside la pensa diversaInsorgono Ncd e Lega. Giovanardi parla di decisione
mente: “La scuola pubblica è di tutti e
farneticante, Salvini annuncia una visita: lo portiamo noi. non va creata alcuna occasione di diMa anche un consigliere del M5S si oppone: un’assurdità scriminazione”.
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ALTRI MONDI
SABATO 6 DICEMBRE 2014
Pianeta terra
il Fatto Quotidiano
CINA ARRESTATO EX CAPO SICUREZZA
Sarà processato Zhou Yongkang, ex intoccabile capo supremo della sicurezza interna. L’ufficio politico del Partito comunista lo ha già espulso. A decretarne l'incarcerazione è stata la Procura che lo
accusa di abusi, ruberie, malversazione. E sullo
sfondo c’è pure uno scandalo sessuale. LaPresse
INDIA DENUNCIA GLI STUPRATORI: BRUCIATA VIVA
A 17 anni aveva avuto il coraggio di denunciare i tre uomini che l’avevano violentata nello Stato del Punjab, a Ludhiana. Ma gli stupratori, appena usciti dal carcere, si sono vendicati: l'hanno cosparsa di benzina e
le hanno dato fuoco. La ragazza lotta fra la vita e la morte. LaPresse
ANCHE L’ONU CRITICA GLI USA
DOPO L’ENNESIMO OMICIDIO DI UN NERO DA PARTE DELLA POLIZIA. A NEW YORK CORTEI DI PROTESTA
BLOCCANO LA CITTÀ. IL SINDACO DE BLASIO: “SERVE UNA NUOVA GENERAZIONE DI AGENTI”
di Angela Vitaliano
PENTAGONO La nomina
del “maledetto Carter”
olo qualche minuto dopo la nomina di Ashton
S
Carter come nuovo segretario alla Difesa, l’Isis
ha mandato il suo messaggio su un profilo Twitter
S
ono 233 le persone fermate a New York durante gli ultimi due
giorni di proteste
esplose a seguito della decisione
del Grand Jury di non incriminare l'agente Pantaleo che, lo
scorso luglio, causò la morte del
49enne Eric Garner per strangolamento, sopraggiunto dopo
averlo bloccato con una presa al
collo. Rabbia e tensioni aggravate dall’episodio di Phoenix,
in Arizona, con l’uccisione di
un trentenne che, fermato dagli
agenti, era stato ucciso per una
mossa giudicata sospetta.
Addirittura l’Onu ha espresso
“preoccupazione per i diritti
umani” al ripetersi degli episodi
di violenza della polizia contro i
neri.
Diversi i cortei che si sono mossi in diversi punti cruciali di
Manhattan: uno, partendo dalla zona sud, ha raggiunto il ponte di Brooklyn mentre un altro,
da Harlem, ha attraversato tutta
la città causando rallentamenti
all'altezza dei tunnel di accesso
alla città. Le manifestazioni,
nonostante gli arresti, non sono
state accompagnate, a differenza che a Ferguson, da nessun incidente o azione violenta. “I dimostranti non avevano intenzione di usare la violenza - ha
detto il capo della polizia, Bill
Bratton - e la polizia aveva tutte
le intenzioni di lasciare loro lo
spazio adatto a manifestare.
Penso che uno dei benefici di
cui godiamo in questa città è
che abbiamo tante diverse manifestazioni. Ogni settimana
gestiamo circa 150 eventi”.
INTANTO, i leader dei diritti ci-
vili, a cominciare da Al Sharpton, condannano un sistema
giudiziario che “non funziona”
e sperano che l'indagine predisposta dal governo federale possa portare ad una, seppur tardiva, giustizia per Eric Garner. Il
sindaco Bill De Blasio - che ha
rivelato di consigliare al figlio,
nero, di “stare attento quando
esce” - ha assicurato che la città
provvederà alla formazione di
una nuova generazione di poliziotti, addestrati con criteri precisi, soprattutto, a relazionarsi
alle persone fermate in strada.
Un punto fondamentale che anche il presidente Obama sottolinea ribadendo che “una delle
priorità sarà quella di assicurare
che i cittadini possano rivolgersi alle forze dell'ordine con fiducia, senza temere nessun tipo di
discriminazione”. Obama e De
Blasio hanno annunciato che
collaboreranno per favorire un
dialogo fra la polizia e i leader
delle minoranze etniche presenti in città. L'eco della protesta
di New York, come era già avvenuto dopo i fatti di Ferguson,
è arrivato, peraltro, in molte altre città del paese: da Philadelphia a Boston, da Chicago a Detroit.
riconducibile allo Stato Islamico: “Benvenuto
all’inferno”. Carter è stato scelto dal presidente
Obama per sostituire Chuck Hagel, che si è dimesso
la scorsa settimana. La nomina deve
essere ora confermata dal Senato: ma
non dovrebbero esserci contestazioni, la figura di Carter è ben vista anche
dall’ala repubblicana. Nato nel 1954 a
Philadelphia, in Pennsylvania, Carter
da tempo lavora nell’ambito della difesa e della sicurezza nazionale per il
governo degli Stati Uniti. Dall’ottobre
2011 al dicembre 2013 è stato numero
due del Pentagono. La sua nomina segnerà una
condotta più aggressiva nella politica estera? Di
certo c’è che nel 2006 Carter scrisse assieme all’ex
ministro alla Difesa Willliam Perry, un articolo sul
Washington Post per chiedere all’amministrazione
Bush attacchi preventivi contro la Corea del Nord
se Pyongyang fosse andata avanti con i test dei missili balistici. “La diplomazia ha fallito, e non possiamo rimanere seduti ad aspettare che questa minaccia mortale maturi”. Le analogie con l’Isis che
dilaga in Medio Oriente sono evidenti.
NOTTE
DI RABBIA
Il corteo sul ponte
di Brooklyn e tre
momenti degli
scontri, degli arresti e del blocco
(in alto) del metrò a New York
LaPresse/Ansa
L’intervista
Alexander Stille
Con Obama l’America è più razzista
di Beatrice Borromeo
L
a violenza delle forze dell’ordine,
in America, non è una novità. “Ho
capito quanto in fretta possano degenerare le cose quando sono stato arrestato solo per aver suonato un clacson”,
racconta Alexander Stille, professore di
giornalismo alla Columbia University
di New York. “Mi coprivano d'insulti,
se avessi anche solo accennato una reazione mi avrebbero malmenato, e la situazione sarebbe diventata molto pericolosa”. Ma i nervi tesi della polizia a
stelle e strisce scattano con molta più
facilità quando lo scontro avviene con
una persona di colore: secondo l’Fbi, tra
il 2005 e il 2012 gli agenti hanno usato la
forza contro i neri, con conseguenze
mortali, quasi due volte alla settimana
(un caso su 5 riguarda ragazzi sotto i 21
anni). “È un problema che ha radici lontane – spiega Stille - già negli anni ‘80,
sotto Giuliani, c’era la logica del ‘noi
contro loro’. E loro sono i neri”.
Come lo spiega?
Prendiamo l’esempio dei poliziotti newyorchesi. Fanno un lavoro malpagato,
vivono fuori città e dunque non fanno
parte della comunità che devono sorvegliare. Considerano i neri come animali perché vivono in condizioni peggiori delle loro e perché, tra gli afroamericani, c’è un tasso di delinquenza
più alto. Fanno un’equazione molto facile: uomo nero uguale criminale.
Il problema resta di matrice razzista.
I bianchi hanno la percezione che la
maggioranza dei reati sia commessa dai
neri, ma non è vero. Ne commettono di
più in proporzione, ma resta comunque
una minoranza dei crimini. I bianchi,
poi, pensano che la delinquenza sia in
aumento, mentre è in calo notevole.
C’è uno stato di allarme costante, e gli
agenti, che vengono da vecchie migrazioni irlandesi o italiane, sono pieni di risentimento e pronti a esplodere
appena incontrano la minima resistenza. C’è un abuso di potere, e di
forza, molto diffuso.
In America, poi, la polizia ha più libertà di manovra che in Europa.
Qui non hanno, per esempio, il doBarack Obama. Sotto, Alexander Stille LaPresse
vere di retrocedere
se la situazione diventa pericolosa.
Calmare gli animi
PARADOSSO
non è una priorità.
Poi c'è un abisso
ETNICO
culturale e psicoloIl sentimento
gico tra le comunità. I bianchi sono
xenofobo è cresciuto
stufi di sentir parlare di razzismo,
per contrapposizione.
mentre i neri lo viI bianchi votano
vono in continualiziotto vede in un giozione. Basti pensare
contro i democratici.
vane nero una minaccia
che i conducenti
neri, in autostrada,
E quasi nessun agente per la sua vita.
A Ferguson, dove è stato
vengono fermati 6
ucciso Michael Brown, i
di polizia è di colore
volte più dei bianpoliziotti bianchi erano
chi per le stesse in50 su 53.
frazioni. E poi nelle
carceri americane ci sono centinaia di È un elemento fondamentale. Stessa
migliaia di giovani neri, reclusi per reati storia a NY. Stanno capendo, molto lennon violenti come il possesso di stupe- tamente, che bisogna assumere polifacenti: e di certo non si drogano più dei ziotti di colore per migliorare il rapporbianchi. Ai neri, per gli stessi delitti, vie- to con la comunità, altrimenti saremo
ne inflitta la pena di morte molto più sempre ‘noi e loro’.
facilmente che agli imputati bianchi. Perché le giurie popolari hanno negato
C’è uno squilibrio legato alla nostra due volte di seguito l’incriminazione dei
lunga e tragica storia razziale che invade poliziotti coinvolti nelle sparatorie? Il
anche il settore della giustizia. Un po- razzismo è così radicato anche tra la
gente?
C’è un vecchio detto nel mondo dei tribunali: puoi far condannare anche un
panino. Nel caso di Ferguson risulta abbastanza evidente che le prove sono state presentate in modo favorevole al poliziotto. E nella fase della Grand jury
non c’è il diritto di difesa, dunque l’accusa ha moltissimo potere. Solo al processo la difesa può smontare le prove.
Non è una contraddizione che un Paese
così intollerante sia guidato da un presidente nero?
Anzi: la presidenza di Obama ha aumentato il sentimento razzista in America. È difficile sapere se questo ha influito nei casi specifici delle ultime settimane, ma di certo il paese oggi è più
polarizzato. Le ultime tre elezioni dimostrano che i bianchi votano in gran
parte contro il partito di Obama. L’unico effetto positivo è stato sulla comunità nera, che risponde in maniera più
moderata alle provocazioni.
Quanto pesa il fatto che negli Usa chiunque può avere un’arma?
Ci sono 300 milioni di armi: praticamente una per ogni cittadino. Nel caso di
Phoenix, il poliziotto ha visto l’uomo
mettere le mani in tasca e ha sparato pensando cercasse la pistola. In un secondo
momento hanno scoperto che aveva effettivamente un’arma in auto: non l’aveva usata, né toccata. Ma la paura rende
più complessi questi scontri. Gli Usa vivono una negazione totale del problema.
Gli americani sono convinti che sia più
sicuro girare armati anche se tutti gli studi
dimostrano che chi possiede una pistola è
molto più esposto al rischio di una morte
violenta. Situazione assurda e inaccettabile, ma difficilmente cambierà.
il Fatto Quotidiano
ALTRI MONDI
USA ORION, QUATTRO ORE NELLO SPAZIO
Un viaggio di circa quattro ore e mezzo, con due
orbite intorno al pianeta: è andato come da programma il test della capsula Orion, destinata ai voli umani per la Stazione Internazionale, la Luna e
Marte; è stata inaugurata così l’era del dopo Shuttle, andato in pensione nel 2011. LaPresse
KENYA NIENTE PROCESSO PER KENYATTA
Insufficienza di prove. Per questa ragione Uhuru
Kenyatta non sarà processato dalla Corte Penale internazionale. Il procuratore ha ritirato ogni
accusa - crimini contro l’umanità - contro il presidente keniano, il primo capo di Stato a comparire davanti ai giudici dell’Aja. Ansa
SABATO 6 DICEMBRE 2014
17
Ebola, il medico
italiano attaccato
al respiratore
Commissari Ue
tutti pazzi
per l’indennità
CONDIZIONI PEGGIORATE. LA MISSIONARIA AMERICANA
NANCY WRITEBOL: “COSÌ MI HANNO SALVATA DAL VIRUS”
di Andrea Valdambrini
di Alessio Schiesari
I
l medico di Emergency contagiato da Ebola è attaccato a
una macchina che lo aiuta a
respirare. Dopo un timido
miglioramento durato due giorni le
sue condizioni si sono aggravate giovedì sera. Da allora, riferiscono dall'ospedale Spallanzani, è ricoverato
in terapia intensiva. Giovedì pomeriggio il direttore dell'Istituto, Giuseppe Ippolito aveva parlato di “andamento altalenante” della malattia.
Secondo l'ultimo bollettino dell’Organizzazione mondiale della sanità, i
casi di Ebola accertati finora sono
17.290, i morti accertati 6.128. Il
Paese più colpito è ancora la Liberia
(7.650 contagi e 3.155 decessi). Qui
però, anche grazie all’intervento
Usa, la pandemia sembra rallentare.
Non così in Sierra Leone (il Paese in
cui sono impegnate tutte le ong italiane) che con 7.420 contagi e 1.609
morti è diventato il focolaio più
preoccupante. Smentiti due casi di
Ebola in Sicilia, legati a cittadini stranieri: “Nessun caso all’Ingrassia e
nessuna patologia di particolare rilevanza ha dichiarato il direttore generale dell’Azienda sanitaria provinciale di Palermo, Antonino Candela, aggiungendo: “Sue pazienti
stranieri sono stati visitati, presentano sintomi di patologie di non particolare rilievo”.
Quello di Emergency è il ventiduesimo occidentale che ha contratto
Ebola. Finora 5 non ce l’hanno fatta,
6 sono in cura e gli altri 11 sono sopravvissuti. Tra loro c’è l’infermiera
missionaria Nancy Writebol. Nel luglio scorso, la donna di 58 anni è stata, in contemporanea col medico
Kent Brentley, la prima cittadina
Usa a contrarre il virus. Si trovava a
Monrovia con l’onlus Sim che, come
buona parte delle ong americane,
tratta i malati di Ebola in Liberia.
“Io e mio marito eravamo missionari in un ospedale della capitale. Lavoravo all'unità di isolamento: mi
occupavo di decontaminare abiti e
protezioni usati dai medici. Il 22 luglio ho cominciato a stare male. Credevo fosse la
stanchezza, invece la sera è ar- EMERGENZE
rivato prima il CONTINUE
mal di testa, poi Nancy Writebol, la
la
febbre. missionaria guarita
All’inizio,
e dall’Ebola. Accanto,
questa è una co- il medico italiano
stante di tutti i preso in cura al suo
contagiati, cre- rientro Ansa/LaPresse
devo di aver
preso la malaria. Ho fatto il test che, in effetti, è
risultato positivo ma, dopo tre giorni
di medicine, la febbre non accennava a scendere. La mattina seguente
ho fatto quello per Ebola: positivo.
Come si è sentita?
I medici ne hanno parlato a David,
mio marito. È stato lui a dirmelo.
Non me l'aspettavo, mi trovavo in
LA LUNGA LISTA
L’Organizzazione
mondiale della sanità:
più di 6000 morti
e 17 mila infettati.
Smentiti due contagi
all’ospedale di Palermo
DOLCE BRUXELLES
SI CHIAMA “REINSERIMENTO
AL LAVORO”: VALE MIGLIAIA DI EURO
iene definita “indennità di reinserimento
al lavoro”, ma con la giustizia sociale semV
bra avere poco a che fare. Perché sono proprio
una zona a basso rischio. Ancora oggi mi chiedo come abbia potuto ammalarmi, ma mi rendo conto sia una
domanda inutile. La mia prima
preoccupazione è stata per David:
mi era stato accanto tre giorni, temevo si fosse ammalato anche lui.
Ricordo che l’ho guardato e gli ho
detto ‘andrà tutto bene’, ma non avevo la minima idea di quello che sarebbe successo.
che suscita più speranze nella lotta
contro il virus.
È qualcosa di diverso da ogni malattia. Il mio corpo diventava ogni
giorno più debole: non mangiavo,
perdevo liquidi, ho rischiato la disidratazione. Ma l’andamento è lento:
il picco l’ho raggiunto solo verso la
fine della seconda settimana, poco
dopo essere stata portata negli Usa.
Ho avuto la febbre a 40.
Ancora non sono al 100 per cento,
ma sono felice che il mio plasma sia
stato usato per curare altri due contagiati. Questa è forse la fortuna più
grande per un sopravvissuto: sembra che il nostro sangue possa aiutare gli altri malati a guarire.
Quali sono i sintomi?
È stata una dei primi pazienti a essere trattati con lo Zmapp, il farmaco
Sì, ho ricevuto due dosi quando ero
ancora in Liberia. Non so se sia stato
quello a salvarmi, ma certamente ha
contribuito. L’isolamento è stato duro: dottori e infermieri entravano
completamente rivestiti. Sono stata
dichiarata ebola free il 19 agosto. Per
24 giorni non ho potuto toccare nessuno.
Com’è la vita da sopravvissuta?
Quella con Ebola è per lei un’esperienza conclusa?
No, al contrario io e mio marito stiamo pensando di tornare in Liberia.
tanti i soldi che spettano a chi che ne ha diritto.
Si parla di personaggi come Hermann Van
Rompuy, presidente del Consiglio europeo fino a pochi giorni fa dopo un doppio mandato
iniziato nel 2009. A lui, 67enne belga già primo
ministro nel proprio Paese, appassionato di
Haiku giapponese nonché “carismatico quanto uno straccio umido” secondo la colorita definizione dell’euroscettico Nigel Farage, spettano 350.000 euro in tre anni
(115 mila l’anno, circa 9.000
al mese) prima di una pensione, ovviamente a vita, da
4.700 euro mensili. Soldi che
servono davvero ad accompagnare il politico alla ricerca di un nuovo impiego o regalo d’oro “per stare senza
far niente” a spese dei contribuenti europei? – si indiRompuy LaPresse gna il il quotidiano britannico Telegraph, che ha portato il
fattaccio di Bruxelles all’attenzione del grande
pubblico.
L’indennità non riguarda solo Van Rompuy,
ma anche gli alti ufficiali dell’Unione, a partire
dai membri della Commissione. Per tutti lo
scivolo d’oro dura tre anni e vale tra il 40 e il
65% dello stipendio base. Il regolamento interno aggiornato a maggio 2014, fissa a 20.832
euro lordi al mese lo stipendio dei singoli commissari (di fatto i ministri dell’Ue). I vice-presidenti prendono 23.150, l’Alto Rappresentante – ora Federica Mogherini – 24.100 e il
presidente, che dall’1° novembre è Jean-Claude Juncker, 25.500. Le tasse possono variare,
ma sono comunque nettamente inferiori al
trattamento fiscale che si avrebbe in Belgio, in
Italia o in molti degli altri Stati membri. “L’indennità di reinserimento professionale è una
vergogna… e chi la percepisce dovrebbe essere
indicato per strada come esempio di qualcuno
che si arricchisce grazie all’Europa”, si legge in
un commento del sito Eunews.
@andreavaldambri
Il ritorno al futuro del jihad ceceno
L’ASSALTO A GROZNY NEL VENTENNALE DELLA PRIMA GUERRA VOLUTA DA MOSCA. SALTA LA “PAX PUTINIANA”
di Leonardo Coen
era vantato, il premier Ramzan Kadyrov,
S’
un giorno di qualche mese fa, che la Cecenia era divenuta più sicura della Gran Bretagna. Che la ribellione era ormai faccenda di 4 o
5 poveri diavoli arroccati su qualche montagna.
Invece, di nuovo sangue e terrore a Grozny, la
capitale, messa a ferro e fuoco nella notte di
mercoledì dai “combattenti della fede per l'indipendenza cecena”, a smentire la sicumera di
Kadyrov e i sonni di Mosca: 19 morti (10 tra le
forze dell'ordine, 9 tra i guerriglieri), più una
quarantina di feriti tra gli uomini della sicurezza
e i reparti delle unità speciali.
Epicentro degli scontri, la Casa della Stampa sede di tv e radio dello Stato, azzittite dalla battaglia, dalle granate, da un incendio che ha devastato l'edificio di 8 piani, orgoglio di regime. Si
è combattuto pure in una scuola vicino (la numero 20) e in un mercato del centro. L'attacco portato da diverse decine di combattenti
dell’Islam wahabita - è stato rivendicato dal movimento islamista Emirato del Caucaso, e agli
abitanti di Grozny è parso ripiombare indietro
nel tempo, nei maledetti ricordi di uno dei conflitti più torbidi ed oscuri della storia russa.
Spettri della memoria riapparsi giusto vent'anni
dopo l'inizio della prima traumatica guerra cecena, quando Grozny subì violenti attacchi e
bombardamenti russi indiscriminati, tra la fine
di novembre e l'inizio di dicembre del 1994, per
rovesciare il governo indipendentista dell'ex generale sovietico Dzhokhar Dudayev.
L’ASSALTO AI MEDIA della Cecenia addomesticata da Kadyrov, risoltosi dopo l’assedio, guidato dallo stesso premier, ai guerriglieri asserragliati nell’edificio è stato poi rivendicato con
un video girato con uno smartphone: “Siamo
mujaheddin dell'Emirato del Caucaso, siamo entrati in città su ordine di Amir Khamzat”.
Il Comitato nazionale antiterrorismo dirà di
aver eliminato tutti i ribelli asserragliati nella Casa della Stampa. Il condizionale è d'obbligo, le
notizie ufficiali tendono a minimizzare le perdite
e ridimensionare la portata dell'attacco: le foto
che circolano nei siti russi e ucraini non “alli-
neati” raccontano
ben altra storia. Le
autorità hanno decretato lo stato
d’emergenza
a
Grozny, col divieto
di entrarvi. Per poterla
rastrellare
senza troppi testimoni stranieri.
Padre e figlio: la stirpe Kadyrov e l’assalto a Grozny di mercoledì notte LaPresse
Il momento scelto
per colpire Grozny
non è stato casuale: poche ore prima dell'annuale comunicare ai russi tranquillità e fiducia “Noi
discorso alla nazione del presidente Putin. Vo- ricordiamo molto bene chi sosteneva a casa nolevano rovinargli la festa. Volevano insinuare il stra il separatismo, e anche direttamente il terdubbio sulla “pax putiniana”, sabotare il sistema rore. Chiamavano ribelli e coloro che avevano le
di controllo e sicurezza degli apparati di polizia. mani lorde di sangue, li ricevevano ai livelli più
Una vendetta politica, infine: contro il principale alti. Abbiamo visto come si sono comportati
alleato diplomatico e militare del regime siriano questi ribelli in Cecenia”. Vent'anni fa Mosca
di Assad, nemico del cosiddetto stato islamico. E represse l'indipendenza cecena, lasciandosi alle
contro il regime di Kadyrov, vassallo perfetto del spalle una nazione distrutta e senza risorse (salvo
Cremlino, tant'è che ha ricevuto qualche anno fa il petrolio che finisce in Russia). Vent'anni dopo,
ha annesso la Crimea e foraggia i separatisti della medaglia di eroe della Russia.
Putin ha liquidato l'evento senza insistere, per l'est ucraino.
18
il Fatto Quotidiano
SABATO 6 DICEMBRE 2014
INSULTÒ MAROTTA, LA FIGC GRAZIA
LOTITO. FURIOSA LA JUVE
FURTO ALLA GNAM DI ROMA, RUBATA
UNA SCULTURA DI MEDARDO ROSSO
“Con un occhio gioca a biliardo, con l’altro
mette i punti”, disse il patron della Lazio.
La Figc, che ha comminato una multa, ha
così impedito a Marotta di querelare Lotito
MONDIALI NUOTO, ORSI ARGENTO
50 SL, BRONZO PER LA 4X100 SL DONNE
Furto alla Galleria nazionale d’arte moderna
di Roma, rubata una Testa di Medardo Rosso
detta “Bambino malato”. Il valore della
scultura si aggira intorno ai 500 mila euro
SECONDO
Altre due medaglie azzurre. Il bolognese firma
la prima su questa distanza nella storia iridata
azzurra. La 4x100 donne si assicura la prima
medaglia con record italiano 3’29”48
TEMPO
SPETTACOLI.SPORT.IDEE
E il twittar m’è dolce
in questo mare
A
di Elisabetta Ambrosi
utori che scrivono poesie direttamente su Facebook, concorsi
di poesia su Twitter, esperimenti di microscrittura sul web,
account e blog di poeti scomparsi aperti da appassionati che
mietono migliaia di follower. Altro che scomparsa: la poesia,
agile e breve con natura, rinasce
con i social media. Un matrimonio perfetto, secondo linguisti e critici letterari, che ormai
vedono in Twitter un laboratorio linguistico dove fare sperimentazioni verbali guidate.
COME il concorso-maratona
lanciato lo scorso anno, in occasione del settimo centenario
dalla nascita di Boccaccio, dal
linguista Massimo Arcangeli –
direttore dell’Osservatorio della
Lingua Italiana di Zanichelli e
consulente della società Dante
Alighieri – insieme con Valeria
Noli: 140 caratteri esatti, cioè un
twoosh, per riassumere una novella. “Sono arrivati migliaia di
tweet”, racconta, “alcuni assolutamente geniali. C’è un’enorme
creatività che va solo alimentata”. O, anche, il concorso poetico che si è svolto l’anno scorso,
nell’ambito del “Futura Festi-
val” di Civitanova Marche, per
raccontare Leopardi. Il titolo?
“M’è dolce il cinguettar”: un
tweet per parlare delle Operette o
dello Zibaldone, e creare una sorta di “leopardeide moderna”.
Una delle promotrici del Festival è stata Francesca Chiusaroli,
docente di Linguistica all’Università di Macerata e inventrice
dell’hashtag, collegato all’omonimo blog, #scritturebrevi, dove
cura piccoli esperimenti di scrittura poetica. Tra i vari lavori, alcuni dei quali legati ad anniversari di poeti – come l’hashtag
#emilyinme, dedicato a Emily
Dickinson, che “è entrato subito nei trend topic” –
c’è stato quello sugli incipit poetici – #incipitEPoi
– che i follower dovevano
continuare. “Centinaia
sono stati i tweet, ciascuno con registri diversi,
nati dal verso Se tu venissi in autunno (“Ti riconoscerei nella nebbia”.
“Non m’importerebbe
d’essere foglia al vento”)”, spiega Chiusaroli.
Lo stesso è accaduto dopo l’invito a completare
la frase “C’era una volta
un re”, “che ha generato
micro testi con diversi registri” (“C’era una volta un
re, che amava un altro Re. E
alla fine, uniti in matrimonio, vissero felici e contenti”).
L’altro fenomeno della Rete sono gli account dei grandi poeti
scomparsi, dietro i quali ci sono
personaggi inaspettati. Come
Alessandro Piana, 25 anni, inge-
gnere gestionale che ha inventato l’account @il_leopardi “per
diffondere un po’ di pessimismo
nel mondo”.
Uno dei tweet che gli ha fruttato
più follower, racconta, è stato
quello “dopo la semifinale degli
Europei di calcio tra Italia e Germania – Merkel rimembri ancor
quel tempo/quando invidia
splendea negli occhi tuoi schivi/allorché dell'Italia l'eliminazione ambivi”.
Andrea Salvatori, invece, ha 24
anni, è laureato in Logopedia e
ha creato l’account Ugo Foscolo, seguito da “professori, poli-
tici, studenti in cerca di consigli
per compiti e verifiche”.
“Cerco di portare un po’ di Foscolo nella giornata delle persone: Ugo dovrebbe essere un piacevole break aulico disponibile
sul proprio telefono”. E poi c’è il
seguitissimo account @Dantesommopoeta, che è anche un
blog con ironiche categorie (come “Contrappasso 2.0” o “Vita
Nòta”), curato da una donna e
manager d’azienda, che si definisce “una dilettante che ama la
modernità di Dante al punto da
inventarsi una versione 2.0” e
usa Dante per raccontare le passioni (“Amor che nullo amato
amar perdona/mi prese di colei
un piacere sì forte #Nutella”), la
politica (Tanto gentile e tanto
onesto pare/il buon Matteo,
quand’egli altrui saluta/la sua
lingua non sa restare muta), oppure annunciare i #ProgrammiXNatale (“Mi toccherà portare
IN 140 CARATTERI
Concorsi di poesia,
esperimenti
di microscrittura,
hashtag e profili dedicati.
L’uso dei versi, a tratti,
rinasce con i social media
Illustrazione di
Doriano
IL CONCERTO
Un grande Snob incanta sempre
enza una sola parola in più, Paolo Conte
S
frequenta da sempre il silenzio e conosce il
linguaggio di chi sa tacere i suoi segreti. Rapiti
dai suoi versi, tra metropoli danzanti e giochi
d’azzardo, a scommettere su un tormentato galantuomo del gennaio 1937, al Sistina l’altra
sera erano in tanti.
Il tempo se n’è andato in controluce, ma Conte,
ha saputo dare un ritmo agli anni suoi come
nessuno. Ha navigato altrove rimanendo nella
riserva indiana di Asti. Ha conquistato Parigi,
Amsterdam e Montreal, descrivendo salgarianamente mondi che non avrebbe visto mai. Ha
toccato religiosamente il pane e incontrato le
rose spinose dell’autorialità obbligata schermendosi, anzi fuggendo, di fronte alle definizioni impegnative. E della timidezza, infine, ha
fatto scudo proteggendosi dalla curiosità con
canzoni straordinarie che per colpa di qualche
non lungimirante discografico, avremmo potuto persino non ascoltare mai. “Hai un timbro
sgraziato” gli dicevano ai tempi in cui l’avvocato Conte, dopo aver tanto scritto per gli altri,
decise di incidere il suo primo disco. Era il 1974
e dipingendo madri insensibili e feroci: “Tuo
padre è stato un magro affare”, semafori come
totem nella nebbia padana e cugine in gita veneziana con il vizio dell’incontinenza verbale:
“Quando descrisse anche il bidet / Ci siam sentiti come due pezze da piè”, Conte fece conoscere la sua voce a pochi intimi. Quarant’anni dopo, tramontate le feste dell’Unità e svanito
“il consolante odore delle costine di maiale”
che lo affascinava, la sua gente ha ancora fame
di stelle, di jazz, di fiumi da scoprire volando ad
alta quota sull’immaginazione. Ora che l’ap-
provazione collettiva è un delirio a cui Conte
risponde invariabilmente annuendo e inchinandosi il giusto, anche la presentazione di
Snob, il suo ultimo, magnifico disco, è nient’altro che un pretesto per saccheggiare un repertorio infinito.
COSÌ, AL SISTINA, in luogo degli ultimi pezzi,
tra le poltrone rosse e i sipari, scorrono memorie ondulate, sguardi lunghi, sogni fortissimi
e universi da riscaldare con lo spettacolo d’arte
varia dell’amore. Chi lo ricorda àncorato al pianoforte, contornato dalla virtuosa band che lo
accompagna da sempre (tra gli altri Jino Touche, Daniele Di Gregorio, Luca Velotti), si sorprende nel vederlo spesso in piedi, a mimare un
volo con le braccia, a battere con le nocche sugli
strumenti, a lasciare che il pubblico canti con lui
la Beatrice al ristorante Da Ugolino”).
E mentre si moltiplicano i concorsi nazionali ufficiali di poesia
su Twitter – il primo è stato promosso dalla biblioteca Renato
Fucini di Empoli – anche gli
stessi autori e poeti cominciano
a usare i social per diffondere i
propri versi. “Secondo me Leopardi sarebbe stato contento di
stare su Facebook: oggi è meglio
fare come il contadino che vende i prodotti a chilometro zero,
andando direttamente in Rete”,
spiega il poeta Franco Arminio,
che oggi pubblica i suoi versi direttamente sulla sua bacheca ricevendo in cambio olio, vino,
pane e cioccolato. “Bisogna far
uscire la poesia dalle biblioteche
e dai luoghi istituzionali”, spiega
Alessia Fava. Poetessa e giornalista – il suo ultimo libro è Cantami cose di terra – ha appena lanciato un progetto di poesia tramite Twitter (@poetssay), “per
promuovere i libri di poesia delle piccole case editrici che spesso
rimangono tra gli scaffali”.
MA LA POESIA-MANIA conta-
gia anche i giornali. Ad esempio
il New York Times, dal primo dicembre ha lanciato una nuova
rubrica: le notizie in versione
poetica. L’iniziativa è stata rilanciata da Loredana Lipperini
dal suo blog, che ha proposto di
commentare i fatti della mafia
romana con una poesia di
Franco Fortini. Ma lo hanno
fatto subito in tanti, tra
cui Valeria Noli, che
sui fatti di Roma ha
scritto dei versi – “la
Boldrini grida sdegno/
Alemanno si sospende/ e il sindaco di legno
grida appeso alle sue
tende/un monologo che
è un dramma – pubblicati
proprio sul blog dantesco
Ilsommopoeta. E archiviati,
però, nella categoria sbagliata: “Fatti di cronaca –
Purgatorio” invece che “Politica (Inferno)”.
Paolo Conte è
nato ad Asti nel
1937. “Snob”,
ultimo disco
appena uscito,
è il 15º album
in studio
dal 1974
LaPresse
o cadenzi i suoni misteriosi di una poesia che si
pretendeva elitaria e che invece, si è rivelata
popolare. Amata. Conosciuta da un pubblico
senza età. Fasce estese. Categorie ampie, dai
venti agli ottanta. Conte si avvicina anagraficamente alla seconda, ma come per magia, sospettando un’afrore di divinità, non se n’è accorto nessuno.
m.p.
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
SABATO 6 DICEMBRE 2014
19
Nations League, l’ultima
macchina da soldi di Platini
L’UEFA VARA UN TORNEO PER NAZIONALI SUL MODELLO CHAMPIONS. SI GIOCHERÀ A PARTIRE
DAL 2018 PER SOSTITUIRE LE AMICHEVOLI CHE AL GOVERNO DEL CALCIO NON FRUTTANO NULLA
di Luca Pisapia
U
na ne pensa, cento
ne fa. Da quando
Michel Platini è diventato presidente
della Uefa, il calcio europeo ha
assistito a stravolgimenti continui, il cui unico denominatore comune è il guadagno: per la
multinazionale di Nyon (1,7
milioni di euro di ricavi per la
stagione 2012/2013) e per i
grandi club a essa affiliati. L’ultima pazza idea di Platini, approvata al trentottesimo congresso Uefa dello scorso marzo
ad Astana e presentata ieri, è la
Nations League: competizione
per le Nazionali la cui fase finale si giocherà nelle estati degli anni dispari, quando non ci
sono Mondiali ed Europei. E
che andrà a sostituire le amichevoli, da cui la Uefa appunto
non guadagna nulla.
La prima stagione si giocherà
da settembre a novembre del
2018, appena terminati i Mondiali in Russia, e sarà proprio il
coefficiente delle Nazionali al
termine della manifestazione a
disegnare la composizione delle quattro divisioni.
NELLA DIVISIONE A le 12
squadre con il coefficiente più
alto, divise in 4 gruppi da tre
squadre. Poi la divisione B (4
gruppi da 3 squadre), la divisione C (2 gruppi da 3 e 2 da 4)
e la divisione D (4 gruppi da 4).
Le quattro squadre che vinceranno i rispettivi gruppi della
divisione A giocheranno a giugno 2019 le final four (semifinali
e finale) che decreteranno la
vincitrice della competizione.
Mentre le ultime classificate di
ogni gruppo retrocederanno,
permettendo il ricambio con le
prime classificate delle divisioni inferiori che saranno a loro
volta promosse.
“La chiave della Nations League è
promuovere l’integrità dello
sport, dato che le amichevoli
non assicuravano un adeguato
livello di competitività – recita
il documento ufficiale di presentazione della Uefa –. Inoltre, questa manifestazione permetterà l’aumento della qualità
delle partite internazionali, pur
mantenendo l’equilibrio con le
competizioni per club”. Questo
nuovo campionato per Nazionali modificherà ovviamente il
calendario calcistico europeo,
eliminando le poco remunera-
ne di Platini di portare l’Europeo da 16 a 24 squadre a partire
da Francia 2016. E proprio l’accesso all’Europeo a partire dal
2020 – il torneo itinerante, altra
brillante idea di Platini – sarà
determinato anche dai risultati
ottenuti dalle Nazionali nella
Nations League.
OLTRE ALLE 20 squadre arri-
vate prima e seconda nei 10
classici gruppi di qualificazione, le altre quattro Nazionali
qualificate proverranno da appositi play-off composti dai 16
vincitori dei 16 gruppi della
Nations League: se una di queste 16 squadre sarà già qualifi-
cata subentrerà la seconda, poi
la terza e così via.
Quanto questo si possa conciliare
con
l’allargamento
dell’Europeo, delle manifestazioni Uefa per club – nella prossima stagione saranno tra 77 e
79 le squadre impegnate in
Champions League e ben 192
in Europa League – e coi campionati nazionali più importanti a 20 squadre, è difficile a
dirsi. Va bene la grandeur del
presidente della Uefa, ma
quando Oscar Wilde scrisse
che nulla ha più successo
dell’eccesso non credeva che
qualcuno potesse prenderlo
così sul serio.
LE MOTIVAZIONI
La prima edizione dopo
i Mondiali in Russia:
“Aumenterà la qualità
delle partite e manterremo
l’equilibrio con
le competizioni per club”
tive (e poco interessanti) amichevoli a favore di partite più
spettacolari e competitive, dato
che sono in gioco promozioni e
retrocessioni, per cui i vari
commissari tecnici saranno costretti a chiamare i migliori giocatori disponibili. Giocandosi
tra settembre e novembre poi,
si contrarranno le date a disposizione per le qualificazioni a
Europei e Mondiali, che cominceranno a marzo e non più
a settembre. Date che sono però già state intasate dalle riforme delle Coppe, e dalla decisio-
IL LUTTO
LE ROI
MICHEL
Michel Platini,
59 anni,
presidente Uefa
Antonio Conte, Ct della Nazionale italiana dal 19 agosto 2014 LaPresse
CONTE SI È ROTTO?
Sull’orlo di una
crisi azzurra
di Paolo Ziliani
icono che un grande
D
club, vedendo Conte
nervoso, nei giorni scorsi gli
abbia telefonato. E dicono che
Conte, adesso, si stia mostrando ancora più nervoso. Dicono...
Che Antonio Conte sia il prototipo dell’allenatore incazzoso è noto a tutti. Ad Arezzo,
nell’anno del debutto, dopo
l’ultima di campionato accusò
la Juventus di avere perso volutamente la partita con lo
Spezia salvando i liguri e mandando in C il suo Arezzo. A
Bergamo, dopo un ko col Napoli, arrivò quasi allo scontro
fisico con i tifosi costringendo
la società a licenziarlo. A Siena
accusò i “tifosi pantofolai” di
comportarsi da gufi ammonendoli a “non salire su quel
cazzo di carro” in caso di promozione in Serie A. E alla Juve, in una conferenza-stampa
divenuta leggenda, dopo la
squalifica di 10 mesi per il calcioscommesse Conte sparò a
zero su Federazione e giudici
sportivi ululando il suo dolore
e coniando – nell’occasione –
un aggettivo che gli si appiccicò addosso come nemmeno
i nuovi capelli alla capa: agghiaggiande.
Addio a Manuel, il De Sica musicista
di Malcom Pagani
anuel De Sica era Manuèl. FraM
tello di Christian, figlio di Vittorio e di Maria Mercader, nato nel 1949
a Villa Margherita, Roma, battezzato
clandestinamente per ragioni di adulterio in un bagno dell’Hotel de la Ville
“da un sacerdote compiacente” e sfiorito ieri, a 65 anni, per un arresto cardiaco, dopo aver fatto vibrare il cuore
piantando decine di melodie, musiche
e note di difforme bellezza in colonna
sonora.
C’erano le immagini di Steno, Chabrol,
Verdone, Luigi Comencini, Lizzani,
Dino e Marco Risi e c’era il lavoro da
artigiano, da mastro ancor più che da
maestro, elaborato da Manuèl. Le sue
visioni. I suoi silenzi. Le sue malinconie. Il suo talento educato in un mondo
che all’elegante, disperata povertà del
dopoguerra, aveva visto succedere “un
universo di burini”. Stagione dopo stagione, nella fatica di riconoscere e di
riconoscersi, De Sica si era rifugiato
nella musica e nella letteratura. Per
l’avventura cinematografica, bardato
di mitologia paterna, Manuèl era salpato in fretta, a 19 anni, armando spartiti per la triste ed effimera storia
d’amore di Faye Dunaway e Marcello
Mastroianni tra le nevi ampezzane in
Amanti. Da lì, con Marcello come amico “Il migliore, il più semplice e anche
il più buono tra gli attori italiani”, Ma-
uno dei primi registi
nuèl disegnò un percorso disecon cui il musicista
guale che lo trascinò a sfiorare
lavorò fin dal 1969
l’Oscar per Il Giardino dei Finzi
Contini e a spendersi per i registi
in Io e dio. Squitieri è
(e i registri) più diversi. La caturbato: “Ci avevo
pacità di mimesi, eredità di un
parlato due giorni fa
padre che amava Marcel Marcee ancora non ci creau non meno di
do. Ho pianto e mi
Alighiero Nosorprendo di come
schese, gli era
possa accadere anche alla
AVEVA 65 ANNI
servita per somia età”.
pravvivere
De L’altro Adamo, l’ultimo
Primogenito di Vittorio film dell’autore napoletano
cambiando
spesso d’abito a
ancora inedito, De Sica avee fratello di Christian,
un’infanzia
va scritto le musiche: “E nei
sfiorò l’Oscar per
piena di docinquant’anni di amicizia,
mande senza
nella circolarità del nostro
la colonna sonora
risposta traincontro, mi consolo nel doscorsa con le
de “Il Giardino dei Finzi lore alla ricerca di un signibalie. Giardificato”. La morte non spiega
Contini” girato dal padre niente e lascia soli: “Gli vonetti, genitori
assenti, doppie
levo molto bene, Manuèl
famiglie e soliaveva decine di talenti e una
tudine: “Il destino dei figli degli attori straordinaria sensibilità, ma nonostancon la valigia pronta per il prossimo te i molteplici interessi, non era mai
viaggio” che Manuèl tradusse in curio- riuscito a essere felice fino in fondo.
sità da sublimare in musica.
Non era neanche malinconico il mio
amico, era triste. E gli uomini tristi, per
DE SICA si era avvicinato all’arte sua non essere fottuti dalla vita, devono
dopo un’adolescenza non estranea a compiere uno sforzo sovrumano”.
qualche problema fisico e, rapito dalla Secondo Squitieri, De Sica lottò per
novità, aveva impegnato se stesso negli l’intera esistenza alla ricerca di un equiultimi sei film del padre per poi appro- librio complicato. Due matrimoni e un
dare altrove. “Manuèl era figlio di un figlio. Le gioie. Le scommesse. Le dedio e io ieri ho perso un fratello” dice lusioni. Le sorprese. Gli affetti. La culoggi un commosso Pasquale Squitieri, tura. La profonda conoscenza dei mec-
canismi del microcosmo tra realtà e finzione in cui si era mosso fin da bambino
non sempre era riuscito a proteggerlo.
“Mi raccomando ragazzi” ammoniva
Vittorio, il padre nobile: “Non dite mai
la verità”. Camminando da cane sciolto
tra gente che si imponeva la museruola
o si pavoneggiava anche per dire buongiorno, Manuèl provò a disubbidire e a
essere se stesso. Ci riuscì in una maniera inattesa e originale, scrivendo per
Bompiani, nell’avanzata maturità, Di figlio in padre. Un libro formidabile che
nella sincerità e nell’assoluta mancanza
di filtro tra pensiero e parola scritta
brillava di una luce originale e inedita.
L’ALFRED Hitchcock misogino, assolutamente inconsapevole delle più banali
questioni femminili. il Fellini avaro “un
invidioso di cui era impossibile fidarsi”
che al tempo dei Finzi Contini, dopo la
proiezione, al papà di Manuèl seppe dire soltanto “Vittorino, che bello, nel tuo
film ho visto le biciclette come quelle
della mia Rimini”. L’umile letizia di Cesare Zavattini. Il John Wayne razzista
incontrato in America che rifiuta con
protervia l’ingresso a un collaboratore
vietnamita. A Saigon, con l’immaginazione, Manuel De Sica era stato tante
volte. Alla prigionia aveva preferito la
libertà di esprimersi. In tante forme
perché un unico linguaggio, per declinare ciò che non può esser detto, non
esiste.
Antonio Conte ha lo sbrocco
facile; e a dirla tutta non vorremmo essere nei panni di Tavecchio in questi tumultuosi
giorni di fine 2014. Ne sono
passati 100 dalla nomina a Ct e
già Conte minaccia di mollare
baracca e burattini. Vengono
al pettine i nodi di un accordo
scellerato siglato in estate in
fretta e furia e in cui le parole al
vento si sono sprecate. Schiacciata dal flop azzurro al Mondiale e dal debutto con gaffe
del suo nuovo presidente (leggi: banane di Optì Poba), la Federazione si è aggrappata a
Conte come un naufrago alla
zattera nominandolo a capo di
tutte le Nazionali, coprendolo
d’oro e promettendogli di tutto e di più; a cominciare dalla
più assoluta disponibilità dei
club nei confronti della Nazionale, disponibilità che Conte,
da allenatore, era il primo a
non dare al Ct di allora (le polemiche con Prandelli per
l’utilizzo eccessivo di juventini
in azzurro sono cronaca di ieri).
E DUNQUE, 100 giorni sono
bastati a Conte per capire che
la minestra che gli verrà passata sarà in realtà la stessa di
Prandelli, di Lippi, di Donadoni. “Sicuramente non stiamo andando nel verso giusto –
disse il Ct ai microfoni Rai dopo l’amichevole con l’Albania
in uno sfogo inatteso che il Fatto aveva sottolineato –. Io sinceramente mi aspettavo un po’
più di partecipazione sotto
tanti punti di vista. Se la Nazionale è l’ultima cosa, allora
ne prendiamo atto e ci mettiamo tutti una mano sulla coscienza”.
Ricapitolando: Conte pretende un campionato piegato alle
esigenze della Nazionale e a
tutti scappa da ridere. “Più di
così non possiamo fare”, hanno risposto i club al piagnucoloso Ct a cominciare, guarda
un po’, dalla Juventus di
Agnelli – che con Conte si è
lasciato malissimo – e di Allegri, l’ex rivale ai tempi del
Milan. Per la cronaca, la Juve è
uno dei cinque club che ancora
non hanno aperto le porte al Ct
nel tour ecumenico che Conte
sta conducendo da Milanello a
Trigoria, da Cagliari a Palermo. Intanto, Tavecchio e Beretta, le due nullità che reggono Federazione e Lega, nel tentativo di salvare capra e cavoli
hanno organizzato per il giorno 16 a Milano una riunione
Conte-club: dalla quale usciranno i soliti salamelecchi e le
solite parole al vento, in attesa
che il 2015 si apra col primo
mugugno del Ct per una convocazione ostacolata o rifiutata dal club di turno. Dicono
che in Figc temano un botto di
fine anno. Senza cin cin.
SECONDO TEMPO
SABATO 6 DICEMBRE 2014
il Fatto Quotidiano
IL CONFORMISTA
20
IL ROMANZO
Ian McEwan,
genio o replicante?
“LA BALLATA DI ADAM HENRY”, ULTIMO ROMANZO DEL GRANDE
SCRITTORE INGLESE CHE HA DIVISO LA CRITICA IN GRAN BRETAGNA
di Caterina
Soffici
L’
ultimo libro di
Ian McEwan in
Inghilterra ha diviso la critica.
Succede spesso per personaggi come McEwan (e per Martin Amis e altri calibri da novanta). C’è chi l’ha osannato
come la nuova eccelsa prova
dello scrittore britannico, sul
livello di Espiazione, Sabato o
Chesil Beach. E c’è chi l’ha liquidato come un esercizio intellettualoide fine a se stesso,
dove ancora una volta i protagonisti provengono dalla
upper class di Londra Nord,
professionisti ben educati e
sofisticati, e la conclusione è
scontata e citofonata fin dalla
prime pagine. Praticamente
un libro inutile e pretestuoso.
Secondo me non è vero. Ma
comunque la pensiate, vale la
pena leggerlo, perché Ian Mc
Ewan è sempre superiore al
99 per cento di qualsiasi altra
cosa possiate leggere. E perché il tema che tocca è intrigante e interessante.
Se siete di quelli che pensano
alla letteratura come la maniera più acuta di raccontare e
indagare la realtà, allora La
ballata di Adam Henry fa per
voi.
FIONA
MAYE,
giudice
dell’Alta Corte britannica e
suo marito Jack, professore di
Storia antica, sono la tipica
coppia intellettuale di Londra
Nord eccetera, sulla cinquantina, senza figli, raffinati e benestanti. L’idillio è presto rotto, quando la realtà irrompe
nel rapporto e lui, nel pieno
della crisi del maschio cinquantenne, annuncia alla
IL REPORTER
© LA BALLATA
DI ADAM HENRY
di Elisabetta Ambrosi
Ian McEwan
Einaudi,
pagg. 202 © ¤ 17,00
Ian McEwan,
66 anni LaPresse
consorte che ha bisogno di
aria fresca e di provare ancora
una volta la passione dimenticata (nella fattispecie è una
ventottenne esperta di statistica). Quindi arrivederci e grazie, la relazione è diventata
troppo “amichevole”, e non
fanno sesso da “sette settimane e un giorno”. Jack se ne va
(si pentirà? Tornerà presto a
casa? Chissà... spesso i maschi
cinquantenni in crisi tornano)
e Fiona, lavoratrice compulsiva, supera l’umiliazione buttandosi in un nuovo caso,
quello di Adam Henry, 17 anni e 9 mesi, malato di leucemia
che per salvarsi ha bisogno di
trasfusioni di sangue. Ma i genitori sono testimoni di Geova e non permettono all’ospedale di intervenire. Così i medici si appellano all’Alta Corte. McEwan ha raccontato al
Guardian che si è ispirato a una
storia vera leggendo la sentenza di un suo amico giudice.
Come nella realtà, Fiona al capezzale del ragazzo deve scegliere tra la razionalità laica
della legge e della scienza e
MUSICA
l’irrazionalità di una fede religiosa che sfiora la superstizione. Sceglierà di applicare il
Children Act (da cui il titolo
all’edizione inglese) in difesa
di un minore. Ma dopo tre
mesi il ragazzo diventerà
maggiorenne, quindi deciderà
autonomamente se continuare le trasfusioni. Non vi dico la
fine, ma il dubbio insinuato
dal romanzo resta aperto: ciò
che è legale è anche giusto?
Cosa è l’etica? E c’è una morale, alla fine, nelle scelte che
facciamo?
POESIA
La storia nei segreti I gusti (non)
di un’intervista
sono gusti
Taranto, versi
per i bimbi
©ALTALENA - VOCI SENZA FILTRO
© CANZONI DI RABBIA...
I GIORNALISTI non faranno la storia, ma di sicuro stanno sempre in prima fila per stringerle la
mano. Almeno a chi la fa. Non capita a tutti i cronisti di assistere di persona all'arresto di Erik Priebke in Argentina,
dopo averlo intervistato. Come rivelato in questo libro, quasi sempre
non è l'intervista in sé a raccontare e ricostruire una storia o una
personalità, ma quei particolari che spesso non trovano lo spazio o le
circostanze per essere raccontati. Come ancora scoprire il carattere
del leader curdo Abdullah Ocalan che prima di concedere il colloquio
attende la fine di una partita di calcio della sua squadra del cuore, la
turca Galatasaray. O accorgersi, dopo anni di incontri, dei mille volti
del leader palestinese Yasser Arafat. O ancora gli incontri con la
regina Rania di Giordania, il leader siriano Bashar al-Assad, l’egiziano
Mubarak e il travolgente Gheddafi. Un libro che, come promette il
titolo, nel suo ondulare confonde, incuriosisce e svela l’essenza degli
incontri che contano e i retroscena, molto spesso tenuti nascosti.
Antonio Migliore
CANZONI di Rabbia, d'Amore e
di Città” in uscita il 15 dicembre
(ricavato per i bimbi di Tamburi, quartiere a ridosso
dell'Ilva di Taranto) è una intensa raccolta di poesie
di Maria Grazia Serra, oculista, componente ISDE
(medici per l'ambiente) nata dalle storie dei suoi
piccoli pazienti. “I bambini del quartiere hanno occhi tristi di fumo e di disperazione. Imparano l’abecedario su banchi lucidi di spolverio ferroso. Non c’è
giardino che li accolga e sulle rare aiuole scarne il
primo cittadino ha piantato l’albero del ‘vietato Giocare’.... nascondono le loro piccole voci fra mattoni
e fessure intrise di rischi e malattie... (...) Se la ricchezza continuerà a nascere contro natura, sarà vana. Non ci sarà futuro per un paese che pianta divieti di gioco al posto di alberi e speranze”.
Sandra Amurri
Antonio Ferrari
Jaca Book
pagg. 175 © ¤ 15,00
BIOGRAFIA A PIÙ VOCI
Carlos il pittore
O lo ami o lo odi
© VITA SCONNESSA DI ENZO CHUCCHI
Carlos D’Ercole
Quodlibet
pagg. 143 © ¤ 16,00
VITA sconnessa di Enzo Cucchi" è un viaggio alla
scoperta del singolare artista attraverso la testimonianza di chi lo ha conosciuto, amato e odiato: "Perchè con Enzo prima
o poi si litiga, salvo poi pentirsene perchè alla lunga ti riempie di idee,
emozioni, intuizioni, follie". Il testo e il pittore della Transavanguardia si
assomigliano rincorrendosi su un doppio binario: il ricordo vivace di
galleristi, amici, critici, e l'intreccio delle sue dichiarazioni visionarie.
Carlos D'Ercole è riuscito a raccontare il ruolo decisivo che la biografia
di Enzo, "dotato di furbizia contadina, paesana, intrigante", ha nello
sviluppo della sua attività creativa di autodidatta fatta di linguaggi simbolici in assoluta libertà. Le foto che arricchiscono il testo, in cui tra gli
altri insieme a Cucchi sono presenti Alighiero Boetti, Mimmo Palladino
e il critico Achille Bonito Oliva, restituiscono tutta la forza, la bellezza e
il valore della contaminazione tra talento artistico e vita vissuta.
Caterina Minnucci
Maschio,
il destino
è quello
della rana
pescatrice
Maria Grazia Serra
Mandese Editore
pagg. 68 © ¤ 12,00
© MUSICA DI MERDA
Carl Wilson
Isbn
pagg. 302 © ¤ 23,00
A DETTA dell’autore Carl Wilson, brillante critico musicale
di “Slate”, questo è “uno studio sulle passioni e le
antipatie culturali. Parliamo d’amore e di Céline
Dion, ovvero: perché pensiamo di avere gusti
migliori degli altri”. Il titolo non poteva essere più
ficcante: “Musica di merda”, ed è uno spassoso
saggio – quasi un classico – della letteratura musicale, da poco edito in Italia per i tipi di Isbn.
L’ambizioso obiettivo del libro è capire i meccanismi dell’industria culturale di massa, gli speciosi idoli mainstream, le stucchevoli mode in
campo artistico e sociale: “L’arte fallita e (si spera) la grande arte esistono, e vale la pena di
continuare a parlare di come distinguerle”. Oltre
alle riflessioni di Wilson, vi compaiono irriverenti
contributi di scrittori e personaggi famosi. C’è, ad
esempio, Nick Hornby che spiega quali “artisti ci
meritiamo” e James Franco che racconta la sua
esperienza d’attore di soap opera. Ecco un “viaggio al termine del gusto”, ma con valigie da
snob.
Camilla Tagliabue
SONO IL MASCHIO della rana
pescatrice e chiedo la vostra
compassione. Già, perché
quando trovo una possibile
compagna, e cerco di morderla,
lei – come in un film dell’orrore
– mi ingloba, liquefacendo i
miei organi interni. Di me e di
altri poveri maschi animali, come quelli dei microscopici rotiferi che vivono delle secrezioni
delle femmine o dei ragni banana talvolta mangiati dalle donne-ragno, parla il libro di Telmo
Pievani e del Federico Taddia, Il
maschio è inutile (Rizzoli). Nel
libro il nostro mondo animale è
preso ad esempio di ciò che potrebbe accadere nel vostro:
femmine che scelgono l’omosessualità permanente dopo
aver fatto covare le uova agli
uomini (come le albatros delle
Hawaii), che cambiano continuamente sesso – come la
chiocciola crepidula fornicata –
che, soprattutto, si autofecondano o si clonano spassionatamente. Il tutto mentre i maschi
disperati tentano qualsiasi cosa, canti, danze, piume, per cercare un po’ di sesso insieme. In
realtà i due autori invitano i
maschi a fare della loro secondarietà un punto di forza, e infatti il libro è punteggiato di
storie di uomini che hanno fatto
silenziose scelte poetiche e solo in apparenza futili: come Mario, che ogni anno accende un
presepe di quindicimila luci alle
Cinque Terre, o Roberto, risponde ai messaggi nelle migliaia di bottiglie che arrivano in
spiaggia. Una tesi interessante
(se non fosse che gli autori invitano a farmi al forno per esorcizzare la possibile scomparsa
del cromosoma y). Ma temo
che il maschio umano, specie
italiano, difficilmente si rassegnerà a cambiare verso. Continuando ad andare, appunto,
contro natura, illudendosi di
farlo in nome della natura.
LA TESTIMONIANZA
Antimafia donna
e senza retorica
© NOSTRO ONORE
Serena Uccello, Marzia Sabella,
Einaudi
pagg. 208 © ¤ 18,00
MARZIA Sabella è stata per vent’anni pm a
Palermo. Il suo (bel) libro si apre con la cattura
di Bernardo Provenzano, cui ha contribuito in
modo decisivo. Evento rievocato con ritmo
narrativo incalzante, senza retorica. Avvincente anche il resoconto delle ricerche di Matteo
Messina Denaro, purtroppo rimaste vane nonostante il vuoto fattogli intorno. Chi voglia capire l’essenza della mafia, nel libro può trovare
pennellate di straordinaria evidenza. Come
quando si legge che “i picciotti, che spargono
benzina nelle saracinesche dei negozi e si dànno le arie con i revolver infilati nei calzini, sono
un’altra vittima di Cosa nostra”. Mentre un
boss come “Giovanni del telecomando di Ca-
paci ordina dozzine di camicie e le paga, se le
paga, con i soldi tappezzati di globuli e piastrine”. Prima di approdare alla Dda Sabella
aveva fatto altri mestieri, dedicandosi a lungo
ad inchieste su minori abusati. Questa è fra le
parti migliori, la narrazione rivela una partecipazione toccante, di tenero rispetto per le
vittime, che fan ben comprendere come Sabella abbia sempre interpretato il suo ruolo
senza indulgere a pastoie burocratiche. Prima
ancora, pur non essendo ”tra i protagonisti”
aveva consentito ai “più anziani di concentrarsi
sui reati di mafia e sul sette volte presidente del
Consiglio”. Dal che traspare come una delle
principali chiavi sia l’uso intelligente dell’ironia.
Come emerge nel capitolo “L’altra giustizia”,
sarcasmo indulgente e leggero, mai con scherno, per descrivere storie di umanità dolente,
troppo spesso scambiate per forme di follia.
Gian Carlo Caselli
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
SABATO 6 DICEMBRE 2014
21
EX MINISTRO Fabio Mussi, 66 anni,
presidente di Sinistra Ecologia e Libertà LaPresse
VIA DALLA RAI
IL PEGGIO DELLA DIRETTA
Addio al Kilimangiaro,
Licia Colò a Sat 2000
di Patrizia Simonetti
on sono mai stata diplomatiN
ca, l'ultimo anno a Rai3 è stato
il più brutto della mia vita”. Rot-
tamata dal direttore Vianello che
l’ha sostituita con Camila Raznovich, Licia Colò molla falde e Kilimangiaro e si trasferisce a TV2000
dove domani debutta con Il mondo
insieme, programma di viaggi della
domenica pomeriggio, proprio
mentre di là c’è Kilimangiaro, ma
stavolta “basta con le scalate – dice
– circumnavighiamo il mondo in
barca a vela senza paura del coccodrillo di Capitan Uncino che ci
sta dietro”. Camila e Vianello?
“Che magari sono loro ad aver paura di noi piccolini – ammicca – ma
noi siamo coccodrilli buoni”.
E per fortuna, perché se le chiedi del
suo ex programma “i 5 minuti che
ho visto mi hanno resa ancora più
felice di stare qui” risponde agguerrita, ma lei preferisce “gasata”, e poi
“qui ci diamo tutti del tu e si mangia
pure bene in mensa”.
Nel nuovo palinsesto della TV dei
vescovi, dove da gennaio avrà anche una striscia quotidiana su animali e ambiente, l’ha voluta Paolo
Ruffini, ex direttore di Rai3 da
maggio alla guida di TV2000, “per
il rapporto antico che ci lega – spiega – non per una campagna acquisti all'insegna dello share”, che co-
munque zitto zitto ultimamente sale e supera l'1% con picchi oltre il 7
grazie al Rosario da Pompei alle 7 di
mattina. Certo sul canale con i Salmi e un cooking show che si intitola
Quel che passa il convento ti aspetti
viaggi a Lourdes e a Medugorje, invece no: si parte, è il caso di dirlo, da
Dankalia, in Etiopia, poi si va in
Botswana, da lì nell'Est Anglia passando per le Mauritius e si arriva a
Panama.
CI SONO pure Brando Quilici con le
immagini inedite dell’Antartico,
Alessandro che non vede ma viaggia solo per provare che l’umanità è
buona, Alessandra che innamorata
dell’Africa ci è andata a vivere, l'avvocato Filangeri tra orche e aurore
boreali nelle Lofoten, l’inviato-amico speciale Claudio Pellizzeni, suo il
sito TripTherapy, che affetto dal
diabete ha lasciato il lavoro in banca
per un giro del mondo in mille giorni senza aerei e le ricette dal mondo,
ma senza chef, cominciando da Cuba, e non manca l'appello per la cena
di Natale in stile “aggiungi un posto
a tavola”. E solo nella prima puntata
perché “noi ci prendiamo tutto il
tempo per raccontarci il mondo –
dice la Colò – le altre TV no”. Il pubblico è invitato a interagire attraverso i social network su cui veglia Giuseppe Pinetti e per mandare foto
con il telefonino c’è WhatsApp.
Viva Fabio Mussi, l’unico
gran mogol della sinistra
di Fulvio
Abbate
ue Viva Fabio Mussi! AutoaffonQ
data per colpa di una telefonata a
un famiglio dei Riva di Taranto la pos-
sibile soluzione di affidare a Vendola
l’utilitaria della sinistra che sappia investire gli orrori, gli scempi e le ingiustizie così come stanno, ecco che
improvvisamente, per puro caso, nel
fiore della prima mattina mi imbatto
in Fabio Mussi ospite di Agorà, Raitre.
L’impressione iniziale è di stupore,
corrisponde a un prevedibile: toh, chi
si rivede, Mussi! Lo stesso che Forattini disegnava impropriamente con un
partigiano infoibatore e sanguinario.
Vorrai dire semmai che Mussi, sempre
lì in televisione, è riuscito invece a dire
le cose con chiarezza adamantina.
Al punto da farci fiorire in petto l’idea
che proprio lui, Mussi, possa assurgere
a una grande responsabilità: gran mogol unico della sinistra che sarà. La
stoffa c’è, e l’uomo, nonostante faccia
parte dell’improbabile Sinistra ecologia e libertà, sa perfino parlare, sa farsi
capire, ha la forza normale di un esplicito talento che appartiene alle per-
sone dirette. Non sappiamo se questo
talento lo abbia appreso alla Normale
di Pisa, che Mussi ha frequentato insieme ad altri suoi compagni di strada
del trascorso Pci, tra cui l’ex amico
D’Alema, resta il fatto che l’altro giorno Mussi, lì da Gerardo Greco, ha
spiegato in modo esemplare il nodo
della questione cosiddetta “Mafia Capitale”.
SENZA PROVARE imbarazzo nel de-
finire la feccia neofascista e affaristica
con il nome che le spetta di diritto, poi,
sempre lui, Mussi ha detto il modo in
cui un sistema di potere clientelare
tendente all’attività delinquenziale è
riuscito a utilizzare la carta dei Rom
ora per far soldi (attraverso le proprie
cooperative) ora per fare incetta di voti, ossia indicando il pericolo dell’uomo nero, lo stesso che un signore della
partita definiva più redditizio dello
stesso spaccio di droga. E che senso
delle sproporzioni perfino morali pochi istanti dopo quando un redivivo
Italo Bocchino ha provato a balbettare
una stentata difesa d’ufficio del suo ex
camerata Alemanno, facendo bene at-
Glia ascolti
di giovedì
CHE DIO CI AIUTI 2
Spettatori 4,33 mln Share 19,75%
VIRUS
Spettatori 1,49 mln Share 6,41%
tenzione a non nominare mai le parole
“eversione”, “terrorismo”, “Nar”. Un
maestro di equilibrismo, Bocchino.
E tanto più quest’ultimo dava la sensazione della piccineria, quanto più
Mussi, forte perfino della sua faccetta
buffa occupata da frangetta e baffetto
da sensale, diventava immenso, credibile, convincente, così tanto da riuscire
a calpestare nella sua naturalezza somatica ed espressiva ogni luogo comune sulla comunicazione giovane fighetta e hipster della comitiva renziana.
Su Mussi, anni fa, dalle parti del Pci,
circolava la seguente storiella: Berlinguer deve decidere a chi affidare la segreteria dei giovani comunisti e così
convoca a pranzo il nostro e D’Alema.
Durante il colloquio il primo dà il meglio di sé in tema di vivace sincerità,
mentre l’altro resta abbottonato al limite dell’ipocrisia. L’indomani, tornando a Botteghe Oscure, Berlinguer
non ha più dubbi: alla Fgci andrà il
peggiore. Adesso però per Fabio è venuto il momento della rivincita: la pedana più alta della sinistra è tutta e solo
per lui.
ZELIG
Spettatori 3,61 mln Share 15,23%
ANNOUNO
Spettatori 1,14 mln Share 5,06%
22
SECONDO TEMPO
SABATO 6 DICEMBRE 2014
il Fatto Quotidiano
BATTIBECCO
RIENTRO DEI CAPITALI
È un condono,
c’è poco da fare
di Alfiero Grandi
È
legge, dopo il voto
del Senato, un provvedimento di cui
governo e maggioranza non hanno motivo di
vantarsi. È una revisione politica e di principio radicale
sull’evasione fiscale. Tanto più
incomprensibile in questa fase,
dopo gravi episodi di corruzione, che si reggono sull’occultamento dei capitali.
Il Giornale fa bene a sottolineare
che grazie a questo governo è
caduto a sinistra il tabù dei condoni fiscali. Purtroppo il Senato
ha evitato qualunque miglioramento del testo. Questa legge
riduce le sanzioni e taglia di
netto le pene per quanti hanno
esportato illegalmente capitali
all’estero ed è stata estesa con gli
stessi vantaggi anche a quanti
hanno lasciato i quattrini in Italia, il “nero domestico”.
Un’equità rovesciata.
Il termine per i vantaggi previsti
dalla nuova legge è stato portato al 30 settembre 2014, praticamente a evasione ancora calda. Non si era ancora spenta
l’eco di una ripresa della fuga
dei capitali dall’Italia che subito
è stato loro offerto un trattamento di favore fino all’ultimo
istante possibile. Il tempo di accertamento dell’evasione fiscale è un altro regalo importante.
Il raddoppio vigente dei tempi
di prescrizione per reati fiscali
come l’esportazione illegale di
capitali viene ridimezzato con
questa legge e quindi l’accertamento sarà possibile solo su 5
anni anziché su 10, gli altri non
saranno più perseguibili. Un
bel regalo.
Governo e maggioranza ripetono che non è un condono perché non è anonimo e non fa
sconti sulle tasse evase, cosa in
realtà non vera, ma è certo che
fa sconti rilevanti su pene e sanzioni. Il governo e la maggioranza che ha approvato questa
legge vuole dimostrare che non
è un condono perchè teme una
censura dell’opinione pubblica.
Certo Tremonti aveva prodotto
porcherie peggiori, con condoni superscontati e anonimi.
CIÒ NON TOGLIE che andreb-
bero evitate anche le mezze porcherie, perché i condoni possono essere anche nominativi e
con sconti minori ma restano
sempre tali nella sostanza, tanto
è vero che vengono ridotte in
modo significativo le pene per
gli evasori. Non manca il consueto corredo delle grida manzoniane che minacciano sfracelli... in futuro. La proposta di
legge conferma una verità già
nota ma finora negata e cioè che
per portare capitali all’estero, o
per nasconderli al fisco in Italia,
occorre commettere dei reati fiscali rilevanti. Se lo sconto avviene sulle pene siamo nel classico condono penale.
Esempi: dichiarazione fraudolenta, uso di fatture false o loro
mancata emissione, mancato
versamento di trattenute certificate (potrebbe essere avvenuto anche a danno di dipendenti), omesso versamento di Iva,
Renzi e Padoan LaPresse
CORSI E RICORSI
Anni fa la sinistra tentava
di fermare le porcherie
fiscali di B. e Tremonti,
oggi festeggia perché
il suo regalo agli evasori
è solo mezza porcheria
sono tutti reati di fatto depenalizzati. Le sanzioni pecuniarie
per gli evasori sono ridotte a
una percentuale del minimo,
con sconti dal 25 % al 50 % e
anche di più.
Se la somma evasa è inferiore a 2
milioni di euro (maggioranza
dei casi) gli interessi di rendimento del capitale esportato sono calcolati forfettariamente
ogni anno al 5% con un’aliquota
fiscale del 23%, la metà del 45%
che il soggetto avrebbe dovuto
pagare sul reddito reale e non su
un forfait. Anche questo non è
condono fiscale? Viene introdotto il reato di autoriciclaggio.
Potrebbe essere una buona notizia se non fosse che questo reato vale anch’esso solo per il futuro, dopo che il condono avrà
ripulito condotte decise con
tutta calma fino al 30 settembre
2015 e che non saranno punibili
quanti usano il denaro per “godimento personale”, ad esempio acquistando barche, auto,
abitazioni, forse giocando al casinò, o altro. La definizione del
godimento personale è semplicemente una follia, dalle conseguenze imprevedibili.
NON MANCANO nel testo pre-
visioni di pene durissime per
coloro che non aderiranno
spontaneamente alla voluntary
disclosure. L’inglese non deve fare paura perché il condono
qualcuno deve pur chiederlo. È
stato scritto un brutto capitolo
fiscale in Italia. La fiducia tra
Stato e cittadini prende un brutto colpo e stranamente l’Agenzia delle Entrate è già pronta con
i moduli per gli evasori.
Lotta all’evasione e condoni
non possono stare insieme.
L’Amministrazione dovrà gestire questo condono e quindi
sarà distratta dai compiti di perseguire gli evasori, come è sempre accaduto in passato. Passano leggi come il Jobs Act e il
condono fiscale. Un’opposizione degna di questo nome non li
farebbe passare. La destra è da
sempre protagonista di provvedimenti come questi, in passato
era la sinistra a cercare di impedirli.
Il “mondo di mezzo”
che viene da lontano
di Massimo
Fini
n LA DEBOLEZZA della democrazia sta proprio in quella che viene considerata la
sua essenza: la libera scelta
da parte dei cittadini dei propri rappresentanti. Per la verità nella testa di Locke e
Stuart Mill c'era che questa
scelta riguardasse singoli individui. I partiti non erano
contemplati. Ma queste aggregazioni si formarono quasi subito contraddicendo così nel profondo il pensiero liberale che voleva valorizzare
meriti, capacità, potenzialità
dei singoli individui contro le
oligarchie e che ne vengono
invece schiacciati.
A questo proposito ha detto
parole definitive Gaetano
Mosca che ne La classe politica scrive: “Cento che agiscano sempre di concerto e
d'intesa gli uni con gli altri
trionferanno sempre su mille
presi uno a uno che non
avranno alcun accordo fra loro”. I partiti non sono l'essenza della democrazia, almeno di quella liberale, come sempre si dice, ma la sua
fine. Un'ulteriore conseguenza è che il governante
democratico, dovendo tener
conto, a causa della competizione elettorale, del consenso non può prendere decisioni di lungo respiro, impopolari, ma può agire solo
sul “qui e ora”. Non guida il
popolo, come vorrebbe la
sua funzione, ma ne è guidato.
Proprio perché basate sulla
competizione fra partiti le
democrazie sono, storicamente e statisticamente, fra i
regimi più corrotti del mondo. I partiti per competere
hanno bisogno di soldi.
L'Italia nella classifica della
corruzione è al 69° posto.
Ma ha una storia particolare.
Paese di frontiera fra Est e
Ovest, i suoi partiti sono stati
finanziati per decenni da potenze straniere, Dc e Psdi dagli americani, il Pci dall'Urss.
Restavano fuori i socialisti
che non a caso saranno i più
assatanati durante l'epopea
di Tangentopoli. In seguito,
illanguidendosi quei finanziamenti esteri, lo scenario
cambia. In un articolo pubblicato dal Lavoro l'11 ottobre
del 1979 raccontavo come
nei salotti romani si potevano vedere “politici comunisti, socialisti, del Manifesto
variamente intrecciati con
palazzinari, mafiosi d'alto
bordo... il parlamentare co-
LA DIFFERENZA
Se prima era la politica
corrotta e corruttibile
a dirigere le danze,
adesso deve ubbidire
alla criminalità cui si è
strettamente intrecciata
Massimo Carminati
munista che, appena lanciate durissime accuse contro la
mafia, ammicca complice al
palazzinaro notoriamente legato ad ambienti mafiosi”.
Il “mondo di mezzo” era, sia
pur in nuce, già qui. E Renzi
dovrebbe avere il pudore di
non fingersi “sconvolto” dalle recenti inchieste romane
perché “il mondo di mezzo”
ha origini proprio nella sinistra, allora egemone, e il premier, per quanto giovane,
non può ignorare la storia del
partito che oggi dirige. La
terza fase della corruzione in
Italia è quella di Tangentopoli.
NEMMENO l'avvertimento di Mani Pulite è servito ai
partiti per emendarsi. Al
contrario, ci hanno messo
pochi anni a trasformare i ladri in vittime e la Magistratura nel bersaglio preferito.
Del resto una classe partitica
interamente corrotta, al
100% se nel termine facciamo rientrare anche il clientelismo, il familismo, la mentalità intimamente mafiosa,
non poteva combattere seriamente la corruzione senza
scavarsi la fossa sotto i piedi.
E così arriviamo alla quarta
fase, all’oggi. Ma con una differenza di non poco conto
che è stata sottolineata da
tutti. Se prima era la politica
corrotta e corruttibile a dirigere le danze, adesso deve
ubbidire alla criminalità cui si
è strettamente intrecciata.
Non solo a Roma, ma in tutte
le Regioni del Paese e quindi
nell'Italia intera, noi siamo
governati non da coloro che
formalmente rappresentano
le Istituzioni, ma da una
qualche “banda della Magliana”.
n
IL SENSO DELLA RABBIA
L’Europa dei “Leviatani impazziti”
di Stefano Feltri
n un’epoca di populismi
I
sguaiati e slogan da felpa,
Barbara Spinelli si assume un
compito nobile e forse inutile:
dare argomenti a una rabbia
tanto diffusa quanto generica,
incanalare il malessere contro
l'Europa verso i giusti bersagli.
“La sovranità assente” è un libro
breve ma denso, pubblicato da
Einaudi, che raccoglie le idee
che hanno portato l'editorialista di Repubblica alla sofferta scelta di passare dal commento alla politica attiva, candidandosi all'Europarlamento
con la lista Tsipras.
WESTFALIA ADDIO?
Nel suo libro,
Barbara Spinelli
spiega che i primi
responsabili di questa
crisi non sono i burocrati,
ma gli Stati nazionali
La Spinelli ha un punto di vista
che in Italia è assai poco diffuso mentre nel dibattito internazionale trova il più autorevole referente nel filosofo tedesco Jürgen Habermas: la responsabilità del disastro europeo non è tanto delle tecnocrazie, dei funzionari della
Commissione o di quelli della
Bce, non è neppure degli gnomi senza volto e senza voti della Troika che impongono sacrifici sulle sponde del MediLA SOVRANITÀ
ASSENTE
di Barbara Spinelli
Einaudi, 80 pag. 10,00 ¤
terraneo. No, se dobbiamo prendercela con
qualcuno, allora il giusto bersaglio della rabbia popolare devono essere i “Leviatatani impazziti”, come li
chiamava il Manifesto di Ventotene di Spinelli padre, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni.
Cioè gli Stati nazionali, quei
governi che hanno prodotto
tanti danni con la loro “veduta
corta” perpetuando l'illusione
che il vero problema fosse
mantenere la sovranità a livello nazionale, fingere che il
mondo non stia cambiando.
Difendere lo status quo, nota
acutamente la Spinelli, non
protegge l'interesse nazionale,
ma quello di minoranze che
temono di rinunciare ai loro
privilegi, piccoli e grandi. Come scriveva Niccolò Machiavelli, il cambiamento “ha per
nimici tutti quelli che delli ordini vecchi fanno bene, et ha
tiepidi difensori tutti quelli
che delli ordini nuovi farebbono bene”. Sono i governi,
quello di Berlino su tutti, ad
aver anteposto le esigenze nazionali su quelle comuni. Ma
scegliendo quello che nella
Teoria dei Giochi si chiama atteggiamento “non cooperativo” hanno danneggiato tutti,
inclusi loro stessi.
HABERMAS SI CONCENTRA
sull'aspetto istituzionale, censurando la predominanza del
Consiglio europeo (coordinamento dei governi) su Parlamento e Commissione. La Spinelli si preoccupa prima di
conquistare i cuori e le menti:
bisogna cambiare la testa dei
politici prima che l'architettura istituzionale. Questa non è
l'unica Europa possibile e inevitabile, si possono osare affermazioni ardite, come che l'ordine seguito alla pace di Westfalia del 1648, la nascita dello
Stato moderno, non sia l'equilibrio a cui ritornare sempre,
ma una lunga parentesi che è
giusto chiudere nell'era della
globalizzazione.
Barbara Spinelli trova nella
cronaca recente molti argomenti per dimostrare che il
problema europeo è di ideali e
progetti, più che di trattati internazionali. La crisi economica non c'entra con l'ignavia di
Bruxelles di fronte ai massacri
a Gaza, con l'incredibile timidezza nella gestione della crisi
Ucraina e all'esproprio territoriale della Crimea, o alla passività di fronte alla crisi siriana
per non parlare dell'incapacità
di affrontare la questione delle
migrazioni con una prospettiva diversa da quella dello scarico di responsabilità verso il
basso (e all'Italia nello specifico).
Dove ritrovare dunque la “sovranità assente”? Come si passa dalle nostre ormai inadeguate democrazie nazionali a
una più compiuta ed efficace
sovranità europea? La Spinelli
sembra auspicare un percorso
in cui a ogni cessione di potere
si accompagna un aumento di
legittimità, senza che si creino
quei vuoti democratici che accompagnano tutta la storia
dell'integrazione
europea.
Purtroppo questo è impossibile, la crisi costringe l'Europa a
procedere per strappi e forzature, commissariando invece
che condividendo l'autorità,
ignorando le proteste invece
che recependo le loro istanze,
moltiplicando vertici a porte
chiuse e riducendo spazi di
confronto.
O HA RAGIONE la Spinelli, e
questa Europa è in una fase
terminale da cui non si riprenderà a meno di uno scatto vigoroso che oggi pare remoto.
Oppure l'europarlamentare di
Tsipras ha esagerato col pessimismo e gli ideali delle origini sono rimasti, per quanto
rarefatti e geneticamente mutati, dentro la cultura istituzionale dell’Unione e stanno
spingendo il continente, in
modo sofferto, sgraziato, sicuramente iniquo, verso quella
maggiore integrazione che anche la Spinelli auspica.
Twitter @stefanofeltri
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
SABATO 6 DICEMBRE 2014
23
A DOMANDA RISPONDO
Furio Colombo
Nuovi orizzonti
contro la mafia romana
Un signore del Laurentino
38 è andato in tv a far vedere come si fuma la cocaina e sembra proprio che
abbia realizzato il suo sogno. Petto nudo e croce al
collo, interprete di un ruolo tra Al Pacino e Thomas
Milan. Ciò che è successo
al Campidoglio è una vergogna ma si tratta di casi di
corruzione che c’è sempre
stata. Una forma di corruzione che ormai si manifesta più aspra come il fenomeno della violenza sempre più cruda. Ci sono
quartieri degradati come il
Laurentino 38 ma per problemi di droga. Il Campidoglio è una schifezza ma
Roma rimane comunque
la città eterna e non è giusto fare di tutta l'erba un
fascio. Vi ricordo che : “Semo romani, trasteverini,/
semo signori senza quatrini/el core nostro è na capanna/core sincero che
nun t’enganna /si stai ‘n
bolletta noi t’aiutamo / però da micchi nun ce passamo”.
pi, nei ghetti. Le “istituzioni” spendono decine di
milioni di euro per allestire questi squallidi luoghi
di emarginazione. Sono
convinta che mazzette
consistenti siano andate a
finire nelle tasche di chi ha
gestito l’ “emergenza nomadi”. Occorre smascherare chi ha speculato sulla
pelle di queste persone”.
Enrico Salvatori
È tempo di rifondare
l’attuale classe politica
L’inchiesta “Mondo di
Mezzo” sulla cupola mafiosa che dettava e sicuramente detta ancora legge
su tutto il territorio di Roma svela un osceno intreccio tra malaffare, criminalità organizzata e classe
politica, di governo come
“l’uomo solo al comando”. Quanti cittadini possono aver colto l’incongruità del non distinguere
tra i due incarichi, anche
se ricoperti dalla medesima persona fisica, che nella circostanza ha agito da
segretario del Pd, e hanno
compreso che i sospetti di
eminenti costituzionalisti
di incombente “dittatura
della democrazia” si stanno confermando, visto
che gli stessi giornalisti
non distinguono più neppure loro la profonda differenza dei due ruoli.
L’Italia non ha bisogno del
“superuomo” visto su La7,
supponente e sprezzante
malgrado parole di finta
umiltà, per riconquistare
la fiducia.
Le periferie
nere del
nostro Paese
CARO COLOMBO, leggo che tutte le periferie delle principali città italiane sono
affollate di immigrati, e si danno due cifre:
persone e reati, entrambe alte. Però nessuno ci dice quali reati, e se dentro o fuori
dalle comunità immigrate. Non ci sono indicazioni sul lavoro, il tipo di lavoro e i salari. Insomma non ho capito se è l'annuncio di una inevitabile tragedia o di un filo di
speranza.
Alberto
IL LETTORE SI RIFERISCE ai dati raccolti
dalla Fondazione Leone Moressa (Repubblica, 1 dicembre) che dà molte notizie e provoca, come giustamente suggerisce la lettera, molte domande. Le domande però non si
riferiscono a eventuali lacune del rapporto
Moressa, che probabilmente è ricco di più
dati di quelli pubblicati dai quotidiani. Riguardano piuttosto la nostra vita pubblica e
politica sotto i quattro governi Berlusconi,
Monti, Letta e Renzi-Berlusconi. In tutti i
casi, per circostanze diverse, ma con la stessa sfortuna, l'Italia ha avuto (e continua ad
avere) ministri dell'Interno profondamente
inadeguati, ostili all'immigrazione senza
capire che cosa sta succedendo, del tutto incapaci di affrontare il problema (fingendo
continuamente di poterlo eliminare, vedi
l'indecente trattato con la Libia e il dono a
Gheddafi di navi ed equipaggi italiani per
fermare i barconi in mare). Ma anche privi
di una minima credibilità per poter imporre
agli altri Paesi europei una cooperazione
che continua a esserci negata. Vi pare che
qualcuno, in Europa, avrebbe potuto prestare attenzione a un personaggio come
Maroni, che ha giurato sulla carta secessio-
Giampiero Buccianti
la vignetta
Silvia Cla
I soliti profitti
sulla pelle dei più deboli
Gentile direttore, a proposito di “Campi nomadi
SPA” il profitto di Mafia
capitale sulla pelle dei
Rom, volevo segnalarle
queste poche righe appuntate da Rita Bernardini, all'epoca deputata radicale:
“Torno da una visita ad un
campo rom di Roma. Un
posto ai confini della realtà dove le istituzioni ghettizzano centinaia di donne, uomini, bambini (tanti), vecchi (pochi, perché
la vita media nei campi
rom è di poco superiore ai
50 anni). Un uomo di 38
anni nato in Italia sta facendo tra mille difficoltà la
trafila per avere la cittadinanza: ha frequentato le
scuole italiane prendendo
la licenzia media, lavora,
ha moglie e un figlio che
frequenta le nostre scuole;
non ha precedenti penali.
Parla romano come me…
Ancora non è cittadino
italiano e chissà se lo diverrà tra un rimpallo e l’altro. Li deportano nei cam-
di opposizione. È tempo
di rifondare la politica.
Con la battaglia delle idee
e la mobilitazione.
Franco Rinaldin
L’anomalia della nomina
di Matteo Orfini
Un telegiornale ha annunciato che “il presidente del Consiglio” ha nominato il presidente del Pd,
Matteo Orfini commissario straordinario del Pd di
Roma. L’evidente confusione dei ruoli, ripetuta da
altri, manifesta tutto il
senso di disordine provocato al sistema costituzionale là dove si impone
DIRITTO DI REPLICA
In merito all’articolo pubblicato venerdì 5 dicembre, “Soru e quella gara con
l'89% di ribasso per la banda larga (che però è stretta)” Consip precisa che:
1) Consip aggiudica (da 16
anni) gare esclusivamente
in base alle offerte ricevute
e non alle qualità e ai ruoli
rivestiti dagli offerenti.
Nessuna decisione sull’esito della gara è legata a fattori diversi dal merito delle
offerte presentate. 2) La gara in questione rappresenta l’avvio (non l’antitesi)
del Piano del governo per
la larga banda. Il suo scopo
è quello di fornire connettività ai 100 mila punti rete
della PA, non di “cablare”
l’Italia portando la connessione ad alta velocità in tutte le case. A tale proposito
va sottolineato che il Piano
banda larga – che peraltro
ha come obiettivo finale il
2020, mentre la gara Consip rende disponibile la
connessione alle amministrazioni subito, a partire
dal 2015 – si finanzia anche
con i risparmi (2 miliardi
di euro in sette anni) derivanti da questa gara. 3) Le
amministrazioni
non
avranno alcun peggioramento della propria con-
il Fatto Quotidiano
Direttore responsabile
Antonio Padellaro
Condirettore Marco Travaglio
Direttore de ilfattoquotidiano.it Peter Gomez
Caporedattore centrale Ettore Boffano
Caporedattore Edoardo Novella
Caporedattore (Inchieste) Marco Lillo
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Redazione
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Editoriale il Fatto S.p.A.
sede legale: 00193 Roma , Via Valadier n° 42
Presidente: Cinzia Monteverdi
Consiglio di Amministrazione:
Lucia Calvosa, Luca D’Aprile, Peter Gomez,
Antonio Padellaro, Layla Pavone,
Marco Tarò, Marco Travaglio
nista del suo partito prima di giurare sulla
Costituzione italiana e che aveva fatto dei
migranti il suo secondo assoluto nemico
(negando anche il diritto d'asilo imposto dai
trattati firmati dall'Italia), mentre il primo
nemico era lo stesso Paese e la stessa Capitale (ladrona) di cui era un ministro chiave?
Se uno solo di questi ministri avesse meritato attenzione (è importante includere Alfano in questo lato oscuro dell'Italia) ognuno
di loro, con il sostegno dei rispettivi primi
ministri, avrebbe dovuto e potuto ottenere
la obbligata collaborazione europea sul che
fare con l'arrivo dei profughi e su come dividersi il peso e la responsabilità. Da tempo la
spinta a tentare di raggiungere le coste italiane (dunque europee) non è più una ricerca di un minimo di benessere, ma la fuga da
conflitti sempre più frequenti, diffusi e atroci. Sarebbe stata urgente e doverosa non la
ricerca insensata di nuove tecniche di respingimento, ma la distribuzione bene organizzata dei rifugiati tra i diversi Paesi europei. Ogni volta che vi parlano delle periferie
italiane gremite di rifugiati, non aggiungetevi al coro che predica “basta con l'accoglienza”. Non c'è stata mai nessuna accoglienza
nell'Italia dei Centri di identificazione ed
espulsione organizzati come campi di concentramento. C'è stata solo la disumana e
cieca ostilità di ministri sbagliati e la loro incapacità (a causa della bassa statura) di
coinvolgere gli altri Paesi europei in un progetto comune di salvezza, ma anche di necessaria divisione dei compiti e responsabilità.
Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano
00193 Roma, via Valadier n. 42
[email protected]
nessione a internet. La gara
obbliga i fornitori a garantire la connettività per non
meno di 8Mb (ovunque) e
non meno di 100Mb (capoluoghi di regione) sin
dal 2015. Ma tale connettività può arrivare anche a
1Gb, dove esista la tecnologia per portarli. Ci sarà
un listino prezzi che prevede un’offerta completa da
parte di ciascun concorrente, in grado di soddisfare tutte le esigenze della
PA. I fornitori che hanno
presentato l’offerta devono poter fornire tutto il
ventaglio dei servizi previsti dal listino secondo le
clausole contrattuali rese
note insieme al bando di
gara. Se non lo faranno, andranno incontro a conseguenze. 4) L’aggiudicazione delle gare Consip non
dipende dalla volontà di
una singola persona, ma
segue le norme del Codice
degli appalti e le procedure
aziendali.
Nel caso specifico, la Commissione giudicatrice valuta, il Responsabile del
procedimento verifica e
propone di aggiudicare, il
Cda delibera l’aggiudicazione.
Uff. Stampa Consip
A proposito dell’articolo
“Lo Stato risparmia con
Internet a pedali: ci guadagna solo Soru”, ricordo che
Tiscali, sebbene sia più piccola dei concorrenti citati,
dispone di una rete di accesso nazionale, di un backbone in fibra ottica di
20,000 chilometri con una
capacità di 100 Gbps, di
una adeguata infrastruttura IT nonché di un know
how tecnologico e commerciale che ci consente di
fornire un servizio di accesso Internet tra i migliori
in Italia: quindi parlare di
Internet a pedali è fuorviante e denigratorio. In
virtù di questa infrastruttura, frutto di oltre 15 anni
di lavoro e ingenti investimenti, Tiscali è stata ammessa a partecipare alla gara Consip previa verifica,
superata con successo, dei
requisiti tecnici. Abbiamo
formulato la nostra offerta
per la gara Consip SPC con
il preciso obiettivo di trasferire alla Pubblica amministrazione, grazie alla nostra esperienza, il più ampio vantaggio economico.
Pertanto l’equazione asserita nell’articolo tra livello
di prezzo e basso standard
di servizio non si fonda su
alcun elemento oggettivo.
Mi preme ricordare che la
partecipazione di Tiscali
alla gara CONSIP e la conclusione della sua prima
fase sono avvenute precedentemente sia alla mia
elezione al Parlamento Europeo che alla mia nomina
a Segretario Regionale del
Pd. Pertanto, in merito al
ruolo che queste potrebbero aver giocato o giocare
nell’aggiudicazione della
Gara Consip, respingo
ogni illazione e mi riservo
di tutelare legalmente me e
Tiscali.
Renato Soru
L’articolo non contiene illazioni ma fatti. La Consip
deve decidere nei prossimi
giorni se escludere dalla gara per ribasso anomalo o dichiararlo vincitore il segretario del Pd Sardegna.
(G. Mel.)
Il Fatto Quotidiano
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