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Negli Usa il cardinale Pell svela: “In Vaticano nascosti centinaia di milioni di
euro”. Ora tocca a Bergoglio dare trasparenza a questi capitali e usarli bene
Venerdì 5 dicembre 2014 – Anno 6 – n° 335
e 1,40 – Arretrati: e 2,00
Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma
tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46)
Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
LA TESORIERA DI MAFIA CAPITALE
“COSÌ PAGAVAMO I POLITICI”
Confessa la contabile del manager della cooperativa
“29 giugno”, Salvatore Buzzi, compare di Carminati:
“Ogni mese preparavo le buste con importi sino a 10
mila euro. Lui passava a prenderle e le consegnava”.
Confermati anche i finanziamenti versati alla
fondazione di Alemanno. Il prefetto di Roma:
“Il sindaco Marino è a rischio, deve avere la scorta”
Pacelli e Zanca » pag. 2 e 6
TIPI DI DESTRA
TRUCCHI E FATTURE
Mancini, l’imprenditore
camerata che progettava
Nuvole e che il Cecato
teneva in pugno
Lillo » pag. 7
L’EX 1° CITTADINO
L’ex Nar fece assumere
la moglie dalla coop
rossa per avere il mutuo
e comprarsi la villa
Rutelli: “Campidoglio
infestato da avvocati
e bande. Bisogna far
entrare M5S in giunta”
Massari » pag. 2
Caporale » pag. 8
» AMICI LORO » Arrestato nella maxi-retata, era nella lista del partito
Buzzi invitato dal Pd
alla cena di Renzi all’Eur
IL MINISTRO
E L’OMICIDA La ri-
vista della Coop 29giugno
con Salvatore Buzzi e il
ministro Giuliano Poletti
È lo stesso personaggio ritratto
in una foto con il ministro Poletti
e il pregiudicato Casamonica.
Il titolare del Lavoro, allora
presidente nazionale della Lega
Coop, lo aveva frequentato a lungo,
partecipando con lui a convegni
e comparendo sulle copertine
della rivista della struttura
che gestisce i campi nomadi
IL MOVIMENTO DI GRILLO
Cannavò e Marra » pag. 4 - 5
AUTORICICLAGGIO BLUFF
LE CARTE INEDITE
Capitali evasi: condono
fiscale e amnistia penale
Le somme illecite detenute
all’estero o in Italia
potranno essere “pulite”
con un’autodenuncia al Fisco
in cambio di un super-sconto
sulle sanzioni e della
cancellazione dei reati
tributari
Palombi » pag. 9
y(7HC0D7*KSTKKQ( +[!#!$!z!,
Casaleggio
al Direttorio
“Ora basta
espulsioni,
ma chi vuole
se ne vada”
De Carolis » pag. 14
» NY, UCCISERO UN NERO
Altri agenti killer
impuniti. Obama:
“Legge non uguale”
Vitaliano » pag. 17
L’EURODEPUTATO PD
Soru e quella gara
con l’89% di ribasso
per la banda larga
(che però è stretta)
Meletti » pag. 10
Schwazer, i verbali:
“Carolina,
le chiavi e le fiale
di Epo nel frigo”
Borromeo » pag. 19
LA CATTIVERIA
Le forze dell’ordine a casa
di Alemanno. Per una volta
avrebbe preferito i rom
» www.spinoza.it
Orfini contro Dracula
di Marco Travaglio
a scena di Renzi che sguinzaglia il temibile
L
commissario Orfini per bonificare il Pd romano pilotato dal compagno Carminati rientra a
pieno titolo nella commedia poliziottesca all’italiana e rinverdisce i fasti di Lino Banfi - commissario Auricchio in Fracchia la belva umana”. Ma il
titolo più appropriato è “Fracchia contro Dracula”. Se fosse un comica, verrebbe da scompisciarsi.
Invece è una faccenda terribilmente seria, che la
soluzione adottata rende addirittura drammatica.
Perché delle due l’una: o il premier crede veramente di potersela cavare così, e c’è da dubitare
della sua sanità mentale; oppure ha capito benissimo la posta in gioco, e le cose gli stanno bene
così. Nel primo caso, è un farfallone. Nel secondo,
è un gattopardo. L’inchiesta Mafia Capitale è la
prova su strada dell’evoluzione tridimensionale
della criminalità organizzata 2.0, modello Seconda Repubblica, proprio come l’avevano disegnata
oltre 20 anni fa Riina, Provenzano e i loro consulenti politico-affaristico-massonico-istituzionali. Basta rileggersi l’inchiesta “Sistemi criminali” aperta nel '93 a Palermo da Gian Carlo Caselli e
Roberto Scarpinato, poi condivisa con i pm Lo
Forte, Ingroia e Gozzo, attaccata per anni da un
fronte politico trasversale (da Cossiga a FI all’allora presidente dell’Antimafia Del Turco) e fatta
archiviare nel 2001 dai procuratori Grasso e – ironia della storia – Pignatone.
Era una lettura integrata e lungimirante del progetto politico concepito da Cosa Nostra & C. a
suon di stragi e di trattative per bloccare il cambiamento e rinnovare-rafforzare il patto fra tutti i
poteri che da sempre, sottobanco, impediscono
l’evoluzione democratica del nostro Paese a sovranità limitata. Il piano prevedeva l’eliminazione della vecchia classe politica screditata e inaffidabile, e la sua sostituzione non più con politici
da infiltrare e addomesticare (col rischio che poi
tradissero), ma con criminali di provata fede da
inserire direttamente nelle istituzioni con l’aiuto
di pezzi di imprenditoria sporca, servizi “deviati”
(non si sa poi rispetto a cosa), vecchi arnesi della
massoneria e dell’eversione nera. Il piano a più
teste e più mani portò alla nascita di una miriade
di “leghe meridionali” in tutto il Sud fra il 1991 e il
'93. Poi, a fine '93, giunse da Milano2 la notizia di
un nuovo partito ideato e realizzato da un mezzo
mafioso come Dell’Utri con i soldi e le tv di B. E
Provenzano&C. virarono in quella direzione, inviando Vittorio Mangano a Milano2 ad avvertire
i nuovi statisti che “anche la sinistra sapeva” della
trattativa ed era ricattabile: non avrebbe mosso un
dito dinanzi allo smantellamento dell’antimafia,
che infatti – come da papello – segnò tutto il ventennio sotto tutti i governi: di destra e di sinistra,
politici e tecnici.
Gli ingredienti del Sistema Criminale che ha fondato la Seconda Repubblica e ne ha garantito gli
equilibri fino a oggi sono tutti nella lista degli indagati di quell’indagine archiviata: oltre ai vertici
di Cosa Nostra, c’erano Licio Gelli, gli estremisti
neri Delle Chiaie e Cattafi, alcuni avvocati collusi e
Mandalari, il commercialista di Riina. Cambiando i nomi, è lo stesso cocktail che emerge dall’inchiesta romana, immortalato dalle parole di Massimo Carminati detto Er Guercio, neofascista dei
Nar legato alla mafia della Magliana: “È la teoria
del mondo di mezzo compa’... Ce stanno i vivi
sopra e i morti sotto e noi stiamo nel mezzo... un
mondo in mezzo in cui tutti si incontrano e dici:
cazzo, come è possibile, che ne so, che un domani
io posso stare a cena con Berlusconi? Tu stai lì, ma
non per una questione di ceto: per una questione
di merito, no? Nel mezzo, anche la persona che sta
nel sovramondo ha interesse che qualcuno del
sottomondo gli faccia delle cose che non può fare
nessuno. E tutto si mischia”. Politici e amministratori multicolori; avvocati, faccendieri e imprenditori; terroristi, assassini, rapinatori, trafficanti di droga e di armi. Il sogno di Riina e Provenzano è divenuto realtà, con buona pace dei fessacchiotti convinti che “la mafia non ha vinto”. E
Renzi che fa? Tra un incontro e l’altro con B., scatena Orfini il Terribile. E tutti scappano.
2
ROMANZO CRIMINALE
VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014
A
lfano: “Inchiesta
solida, ma Roma
non è città marcia”
di Valeria Pacelli
P
reparavo le buste con
il denaro, come mi
ordinavano, che poi
venivano custodite
in cassaforte. Ognuna veniva
segnata con una B.”. La B. di Salvatore Buzzi, l’uomo delle cooperative e il braccio “sinistro” di
Massimo Carminati. Ad ammettere l’esistenza di un “libro
nero” con una contabilità delle
mazzette che la mafia capitale
elargiva a politici e pubblici ufficiali è Nadia Cerrito, classe
’65, romana, due figlie e un marito operaio, arrestata anche lei
nella retata che qualche giorno
fa si è abbattuta sul presunto sodalizio criminale della capitale.
Dopo un primo giorno di interrogatori dove tutti – a eccezione
di Franco Panzironi, ex ad di
Ama – si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, ieri con
Nadia Cerrito si è rotto il silenzio. La donna è accusata di essere la “segretaria personale di
Salvatore Buzzi che custodisce
la contabilità occulta della attività corruttiva dell’associazione”. Si tratta di un libro mastro
che, come scritto nell’ordinanza, “contiene una vera partita
doppia del dare e avere illecito,
dei destinatari delle tangenti;
contiene l’indicazione dei soggetti cui vengono veicolati i
profitti”.
DAVANTI AL GIP Flavia Co-
stantini e al pm Luca Tescaroli –
titolare dell’inchiesta con i sostituti Paolo Ielo e Giuseppe Cascini – Nadia Cerruti ha ammesso di “aver gestito la contabilità
in nero negli ultimi tre anni”.
Inoltre, come gli comandava
Buzzi, “ogni mese preparavo le
buste paga dei dipendenti delle
cooperative”. Infatti la donna
era consigliere e vicepresidente
dal 2010 del Cda di Formula Sociale Coop Sociale Integrata Srl ,
ma anche dal 2006 al 2010 consigliere della 29 giugno servizi
Società, entrambe cooperative
riconducibili al gruppo Buzzi.
Ma non preparava solo le buste
“ROMA non è una città marcia, Roma
non è una città sporca, è una città sana”.
Lo ha detto il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, intervistato dal Tg5 sull’inchiesta Mafia Capitale. “Se c’è qualcuno
che ha rubato va punito quel qualcuno,
senza criminalizzare un’intera comunità
e una intera città – ha aggiunto – che è
sana e che è forte. Quanto sta emergendo dall’inchiesta di Roma fa emergere
uno spaccato davvero drammatico di
corruttela e malcostume – ha sottolineato il ministro – Noi dobbiamo continuare
a contrastare la corruzione perché rubare
è contro il buon senso, contro la morale e
contro l’etica pubblica. Non può stare in
il Fatto Quotidiano
politica chi ruba. Questa è una valutazione che è la premessa per un’aggressione vera alla corruzione. Peraltro la serietà del procuratore di Roma Pignatone,
il suo non essere particolarmente incline
al palcoscenico mediatico - ha sottolineato Alfano - mi fa ulteriormente pensare che si tratti di un’inchiesta solida”.
“FACEVO LE BUSTE PER I POLITICI
FINO A 10MILA EURO ALLA VOLTA”
PRIME AMMISSIONI DELLA CONTABILE DELLA COOP AL CENTRO DELLA MAXIRETATA:
”LE LASCIAVO IN CASSAFORTE, SEGNATE CON LA B. POI CI PENSAVA IL CAPO BUZZI”
STIPENDI MENSILI
5.0
0
0
1.500
1
5
.0
0
0
1
.0
0
0
LUCA
MARIO
FRANCO
ENRICO
ODEVAINE
SCHINÀ
PANZIRONI
FIGURELLI
paga per i dipendenti. Perché
“sotto indicazione di Buzzi”
riempiva anche le “buste con altro denaro di importi” che potevano arrivare fino a 10mila euro. Su ogni busta c’era una “B.”
con il relativo l’importo e venivano tutte custodite in una cassaforte. Poi, secondo quanto ricostruito dalla donna, le conse-
gnava a Buzzi, lo stesso che in
una conversazione del 20 aprile
2014 si vanta di “pagare tutti.
Anche due cene con il sindaco
(Gianni Alemanno, ndr), 75 mila euro ti sembrano pochi? (...)
Finanzio giornali, faccio pubblicità, finanzio eventi, pago segretaria, pago cena, pago manifesti.”
Dalla cassaforte il denaro passava a pubblici ufficiali e non solo.
Nell’ordinanza che ha portato
agli arresti 37 persone, tra gli
amministratori a libro paga viene menzionato Franco Panzironi, ex ad di Ama, la municipalizzata romana per l’ambiente,
anche lui agli arresti. Avrebbe
incassato 15 mila euro al mese,
come emerge in una conversazione del 2 maggio 2013 dello
stesso Buzzi: “L’ho messo a 15
mila euro al mese”. Ma non è
l’unico che riceveva denaro secondo le accuse della Procura di
Roma, tutte da riscontrare. L’ordinanza cita anche Luca Odevaine, già vice capo di gabinetto
con Walter Veltroni e capo della
polizia provinciale con Nicola
Zingaretti, al quale Buzzi “dava
cinquemila euro al mese, a Mario Schina (ex dirigente del comune, ndr) dava millecinquecento euro al mese”. Poi c’è anche Franco “Figurelli, che veniva retribuito con 1.000 euro
mensili, oltre a 10.000 euro pagati per poter incontrare il Presidente Coratti, (Mirko, presidente del consiglio comunale
capitolino, dimissionario a seguito dell’inchiesta, ndr)”. Altri
invece avrebbero ricevuto buste
“una tantum”. “In questo senso
– scrivono i pm – assume rilievo
la figura di Patanè, consigliere
regionale pd. In relazione a tale
figura istituzionale, Buzzi a più
riprese afferma di aver ricevuto
imponenti richieste di denaro” e
in un altro passaggio, i magistrati aggiungono che Buzzi “aveva
già provveduto alla dazione di
10.000”. Poi ci sono i soldi alle
fondazioni. “Significativo, in
questo senso – è scritto nell’ordinanza – è il pagamento alla
Nuova Italia (fondazione di cui
Panzironi è socio e Alemanno
presidente, ndr) del 6.12.12, per
un valore di 30.000 euro, proveniente da società di Buzzi”. Anche la disposizione delle erogazioni a favore della fondazione
presieduta dall’ex sindaco di
Roma e indagato, viene attribuite a Cerrito che “dispone materialmente le erogazioni a favore
della Fondazione Nuova Italia”.
L’INDAGINE
Dalle intercettazioni
contenute nell’ordinanza
emergono 75 mila euro
di cene per il sindaco
Alemanno e funzionari
a libro paga
La donna si difende spiegando
che faceva solo il suo lavoro di
ragioniera, anche perché non
poteva negare l’esistenza delle
buste, più volte citate nelle conversazioni intercettate.
COME QUELLA del 29 gennaio,
quando “Paolo Di Ninno (ritenuto il commercialista di fiducia
di Buzzi, ndr), alla presenza della
Cerrito, faceva un resoconto al
Buzzi ed al Carminati della contabilità, ufficiale e parallela, delle cooperative dagli stessi gestite, interloquendo con il Carminati, circa il modo per fargli pervenire un flusso economico”.
Intanto Cerrito, tramite l’avvocato Bruno Andreozzi, ha fatto
richiesta di andare ai domiciliari, ma il gip si è riservato di decidere nei prossimi giorni.
Ieri è stato sentito anche Clau-
La signora Carminati assunta per il mutuo
ALESSIA MARINI TROVÒ LAVORO NELL‘IMPRESA SOTTO INCHIESTA. OBIETTIVO: ACQUISTARE LA VILLA DI SACROFANO
di Antonio Massari
e cooperative rosse che lo aiutaL
no per ottenere il mutuo, l’uomo
dell’Acea che promette d’interrargli
un traliccio dell’alta tensione, persino
il campo nomadi che – senza immaginarlo – gli paga la ristrutturazione:
parliamo della trattativa che Massimo Carminati conduce per acquistare la villa di via Monte Cappelletto a
Sacrofano. Tutto deve convergere
verso il suo obiettivo. E tutto converge. Per giustificare l’esborso di soldi
ha bisogno di un mutuo, che dev’essere intestato alla sua convivente, ma
Alessia Marini da tempo ha smesso
però di lavorare.
NESSUN problema. Una cooperativa
rossa del compare Salvatore Buzzi la
assume. E solo perché possa avere il
mutuo dalla banca. È il 7 gennaio di
quest’anno quando Alessandra Garrone, moglie di Buzzi, spiega a Carminati che “per poter dare una veste
di liceità all’assunzione – annota il gip
– avrebbe dovuto incrementare di
25mila euro le entrate della cooperativa che deve assumerla”. Carminati
replica: “Però a me me serve per 3 o 4
mesi...” perché in fondo, scrive il Ros,
“l’assunzione è meramente funzionale all’erogazione del mutuo da parte
della banca”. Un mese dopo il desiderio di Carminati si trasforma in
realtà: il primo febbraio 2014 la signora Marini viene assunta. E Carminati
commenta: “Adesso mi prendo una
busta paga alta per il mutuo... ”. E già,
il mutuo: riuscirà a ottenerlo? “Lui è
un fenomeno, è un boss, è tutto –
commenta un suo amico – però... le
banche so stronze”. Ma Carminati ha
già pianificato tutto dal novembre
2013, quando dice all’imprenditore
Agostino Gaglianone: “Ma quella...
del traliccio, a quanto se la vendeva
casa?”. Parlano di Cristina De Cataldo, che è proprietaria di una villa che
ha un solo difetto: un traliccio dell’alta
tensione che, spiega Carminati, “chi
entra là e vede quel traliccio e sente
quel rumore dice ‘è stato un piacere’...
Io me so spaventato”. Ma non c’è problema neanche per il traliccio: “Forse
c’ho la mossa per leva’ il traliccio”, dice
Carminati al suo amico, “c’ho l’uomo
in Acea... senti quanto vuole”. Qualche giorno dopo Gaglianone chiama
la signora Cristina e le spiega che un
suo amico vuole farle un’offerta. La
signora non immagina di trattare con
il boss. E infatti Carminati ammette:
“Se sapeva chi ero, je pijava un infarto,
moriva lì”. La trattativa va avanti con
un mediatore e si chiude a 500mila
euro ma, quando salta l’appuntamento per il contatto preliminare, Carminati s’innervosisce parecchio: “Que-
BALLO DEL MATTONE
La donna poi
perfezionò l’acquisto:
500 mila euro, dei quali
147 mila arrivati
dal finanziamento, il resto
da contanti e in nero
sta ce sta a fa perde tempo... io a lei non
la posso vede, lei me fa schifo, me fa
schifo come donna... je menerei come a
un uomo... me la lavorerei proprio
con un rasoietto, cioè la pio con una
lametta... con lo scava zucchine me la
lavoravo …” . La trattativa comunque
procede e Carminati fa consegnare alla signora De Cataldo un anticipo di
20mila euro in contanti.
DOPO averli ricevuti, lei lo incalza,
per chiudere il contratto dinanzi al
notaio, ma siccome il mutuo non è
ancora stato firmato, Carminati ha bisogno di qualche altra settimana, e
s’innervosisce sempre di più: “ ...non
mi cacasse il cazzo, me... me piglio il
tempo mio, non mi rompesse il cazzo
che gli faccio un bucio di culo... che fa,
mo che ha preso i venti sacchi vuole...
gliela faccio crollà la casa, gli metto una
bomba... gli piglio i figli stasera a Vigna
Clara... che tanto stanno tutti e due al
baretto... gli mando i ragazzini lì di
zona, gli faccio fa... stasera li mando a
casa così! Come zamponi... se li magna
a Pasqua se li magna...”. Quando l’af-
fare va in porto tocca a Gaglianone
portare i soldi in contanti in pezzi da
20 e 50 euro: “Ho spicciato settantamila euro.... ho detto troviamo un
marsupio qualcosa... cinquanta è un
pacco così”. Il 13 maggio avviene il
trasferimento formale della proprietà
alla signora Marini: 500mila euro, dei
quali 147mila arrivano dal mutuo, il
resto da contanti e in nero. C’è però da
ristrutturare la villa. E Carminati “utilizza risorse drenate dalle cooperative
riconducibili Buzzi”. Per la precisione: il tutto avviene emettendo “fatture” che vengono sì giustificate come
“prestazioni lavorative”, ma per “il
campo nomadi di Castel Romano”.
ROMANZO CRIMINALE
il Fatto Quotidiano
O
rlando: “Duro
colpo a credibilità
della politica”
L’INCHIESTA sulle infiltrazioni mafiose
a Roma “infligge un ulteriore colpo alla
credibilità della politica”. Lo afferma il
ministro della Giustizia, Andrea Orlando, al termine del Consiglio Ue Giustizia
a Bruxelles. “Mi pare che il Pd abbia reagito prontamente – ha continuato – tuttavia credo che ci sia l’esigenza di in-
VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014
terrogarsi sulle modalità di funzionamento delle forze politiche”. Per il ministro è “urgente affrontare il tema
dell’attuazione delle indicazioni costituzionali contenute nell’articolo 49. Penso
che ci sia bisogno di disciplinare l’attività
dei partiti, di renderli più impermeabili
agli interessi di carattere particolare e di
3
costruire anche le condizioni di una trasparenza nella selezione delle classi dirigenti. Credo che questo sia il terreno
sul quale reagire”. Da ministro della Giustizia, ha continuato, “non posso che
compiacermi con il lavoro importantissimo che è stato svolto dalla Procura di
Roma”.
“Eccolo, sta guidando”
Così hanno preso il Nero
NEL FILMATO DIFFUSO DAL ROS L’ARRESTO DEL PRESUNTO BOSS DI MAFIA CAPITALE
HA DETTO: “NON TOCCATE MIO FIGLIO”. E AI PM: “PRIMA O POI DOVEVA SUCCEDERE”
Q
IL VIDEO
L’arresto
di Massimo Carminati domenica
scorsa a Sacrofano nel filmato
diffuso ieri dai carabinieri del Ros
dio Turella, funzionario del Comune di Roma, responsabile del
Verde pubblico, arrestato con
l’accusa di aver aiutato l’organizzazione “facendo pressioni
sugli organi della giunta comunale o anche a proposito della
determinazione dell’ammontare del corrispettivo per la manutenzione delle piste ciclabili”. A
casa di Turella durante le perquisizioni sono stati trovati 570
mila euro in contanti. Ma interrogato il funzionario ha detto di
non sapere di avere quel denaro
in casa, senza convincere i pm.
Oggi nuovi interrogatori, dopo
questa prima ed importante
ammissione che rafforza l’inchiesta.
uando ha visto i
mitra degli uomini
del Ros puntati
contro il finestrino
della propria auto, Massimo
Carminati, l’ultimo Re di Roma, si è arreso subito. Non
aveva via di scampo: dietro
un’altra macchina bloccava la
sua Smart, mentre percorreva
via Monte Cappelletto, la stradina di campagna a Sacrofano, a nord di Roma, poco lontano dalla villa che ha comprato proprio lo scorso maggio.
L’UNICA FRASE che ha detto è
stata: “Lasciate stare Andrea”,
riferendosi al figlio, che si trovava sul sedile del passeggero
della Smart. Così il Cecato –
che non ha conti aperti con i
precedenti guai giudiziari –
sente il freddo metallico delle
manette. È arrivato il momento decisivo, per il presunto
boss della mafia capitale,
l’operazione messa a segno
dai pm romani Paolo Ielo,
Giuseppe Cascini e Luca Te-
scaroli. Questa volta non è un
falso allarme. Non è come nel
marzo del 2013. Anche quella
volta era con suo figlio Andrea, ma si trovava a Londra, e
ricevette una telefonata dalla
compagna che lo avvertiva:
era in arrivo un provvedimento. “È meglio stare un po’ fuori, attendere qualche giorno”,
diceva Alessia nel marzo
2013. Alla fine il provvedimento è arrivato davvero. Domenica pomeriggio, una telecamera montata su un auto
degli uomini del Ros guidati
dal generale Mario Parente,
ha ripreso la scena dell’arresto.
Una squadra ha comunicato
all’altra che Carminati stava
uscendo di casa con la sua
smart. Un carabiniere dice di
andare piano. All’inizio non
riescono a vederlo: “Non lo
vedo, non lo vedo”, urla un
militare, ma il collega è più veloce: “Sta guidando”, dice. Ed
eccolo l’uomo che per quattro
anni è stato seguito, intercettato quasi mai, perché lui sa
IN CAMPAGNA
Per prevenire la fuga
a Londra i militari sono
entrati in azione
domenica e l’hanno
bloccato mentre
viaggiava su una Smart
che al telefono non bisogna
parlare. Per poter registrare la
sua voce, gli investigatori hanno dovuto mettere le cimici
nelle auto e nei luoghi che frequentava.
“Scendi, scendi da questa cazzo di macchina!” urlano i carabinieri, e Carminati esce, alza le mani e rivolge un pensiero al figlio. “Lo hanno bloccato, lo hanno bloccato”, dicono i militari. Così finisce la
corsa dell’ultimo re di Roma.
Da cinque giorni si trova a Regina Coeli, cinque giorni durante i quali sembra che non
abbia parlato quasi per niente.
L’unica cosa che ha fatto, dinanzi agli inquirenti, è allargare le mani: “Prima o poi doveva succedere”, ha detto. E
infatti è successo. Si è riservato
di rispondere alle domande
dei magistrati che volevano
sentirlo nei giorni scorsi. Altre
due parole con il pm Ielo: “Lei
è stato a Milano, non tifava
mica per il Milan?”.
L’ACCUSA è pesante: per i pm
è il capo della mafia capitale,
l’organizzazione che tiene sotto scacco Roma da anni, che
ha contatti con il mondo politico, con pubblici ufficiali,
imprenditori collusi e anche
con i servizi segreti. Personaggi che si incontravano nel
“mondo di mezzo”, come teorizza Carminati. “Sopra ci
stanno i vivi e i morti sotto e
noi stiamo nel mezzo. Un
mondo in mezzo in cui tutti si
incontrano”. E che adesso si è
trasferito a Regina Coeli.
Twitter @PacelliValeria
In carcere “Giovannone”, il volto nuovo
DE CARLO SI È COSTITUITO A FIUMICINO. DIOTALLEVI, LEGATO ALLA MAGLIANA: “TEORICAMENTE IL BOSS SONO IO, MATERIALMENTE LUI“
di Marco Lillo
educazione ‘sentimentale’ di ErL’
nesto Diotallevi al figlio ci permette di conoscere meglio Giovanni
De Carlo, per tutti a Roma “Giovannone”. Non è indagato per mafia
nell’inchiesta “Mondo di mezzo” ma
sarebbe un boss a Roma, secondo uno
che se ne intende: Ernesto Diotallevi, a
lungo ritenuto il trait d’union tra la
Banda della Magliana e Cosa Nostra e
infine assolto. “Il 21 dicembre 2012, alle ore 17:14, nell’autovettura Fiat Panda in uso a Diotallevi”, scrivono i pm
romani Paolo Ielo, Michele Prestipino
e Luca Tescaroli, “veniva registrata
una conversazione tra questi e il figlio
Leonardo”. Il trentenne voleva sapere
chi fosse il boss dei boss a Roma e sognava di farsi vedere con lui. Da ieri,
comunque, anche De Carlo, romano,
39 anni, è in carcere: si è costituito
all’aeroporto di Fiumicino, dove è
sbarcato da Doha (Qatar) rinunciando
alla latitanza.
QUEL 21 DICEMBRE Leonardo Diotal-
levi, scrivono i pm, “chiedeva al padre
chi fosse il ‘super boss dei boss... quello
che conta più di tutti’. Il padre, credendo che il figlio facesse riferimento al
territorio della capitale rispondeva:
‘Teoricamente so’ io... teoricamente…
materialmente conta Giovanni’”. E il
figlio: “‘No a Roma... ho capito... non
dico a Roma... in generale... in Italia...’,
ricevendo come immediata risposta:
‘Ma per me ... rimane Riina.. chi vuoi
che sia?...Riina’. La conversazione –
proseguono i pm – induce a ipotizzare
che gli interlocutori abbiano fatto ri-
ferimento all’organizzazione criminale
‘Cosa Nostra’, che ancora vede a capo,
benché detenuto, Salvatore Riina (...).
Diotallevi riconduce a se stesso la carica più importante, che assume di aver
conservato formalmente, ma evidenzia
che ‘materialmente conta Giovanni’”.
Gli investigatori gli danno credito per
via del curriculum, riportato nell’ordinanza. Diotallevi secondo i pm romani
è in contatto con Massimo Carminati,
con il quale “appariva coinvolto, attraverso il suo uomo di fiducia, Riccardo
Brugia, in un affare immobiliare a Riano” e in passato era legato al boss della
Magliana degli anni 70, quel Danilo
Abbruciati che teneva i rapporti con i
siciliani e troverà la morte mentre sparava su una moto a Milano al vicepresidente del Banco Ambrosiano Roberto Rosone. Diotallevi è stato imputato e
assolto nel processo per l’omicidio di
Roberto Calvi a Londra. L’altro figlio di
Diotallevi, Mario, secondo un pentito è
stato “battezzato” dal cassiere della mafia a Roma, quel Pippo Calò, condannato a vari ergastoli, processato e assolto sempre sia con Carminati per
l’omicidio Pecorelli sia con Diotallevi
per l’omicidio Calvi, ma ritenuto il cassiere della mafia e arrestato a Roma con
un boss in casa. La moglie di Mario
Diotallevi lo definisce in un’intercettazione “il padrino” di suo marito.
Insomma, secondo i pm Diotallevi non
parla a vanvera. “Ciò faceva presupporre – scrivono – un’evoluzione
dell’originario gruppo romano di Cosa
Nostra, rappresentato evidentemente
da Diotallevi, il quale, se da una parte
non poteva far decadere le cariche ricoperte in passato, dall’altra non pote-
va non prendere atto del nuovo equilibrio di potere, a prescindere dall’effettiva appartenenza a Cosa Nostra.
Tornando alla conversazione, Leonardo insisteva col padre: ‘No, chi sta libero? Chi c’ha il comando di tutto... chi
può decide’ tutto... chi ci può avere una
squadra di cento uomini dietro?’”. Diotallevi senior ha un’idea del nuovo capo
di Cosa Nostra a Roma ma non dice il
nome, fa solo l’identikit: “‘Ci potrebbe
essere uno... non so se sta carcerato... se
sta libero... potrebbe essere quello che
ha preso il posto del Compare... è un
bravo ragazzo... ma quello se è quello
che dico io... non lo conosce nessuno’,
dove per ‘compare’, verosimilmente, ci
si riferisce al famigerato Giuseppe Calò, capo mandamento di Porta Nuova,
membro della commissione provinciale di Palermo, stabilmente insediatosi a
Roma sin dal 1973, ove veniva tratto in
arresto il 30 marzo 1985”. A questo
punto il figlio dice che gli piacerebbe
tanto mostrare a tutti i suoi rapporti
con il boss innominato. Ecco il dialogo,
sembra una fiction di Sky.
Ernesto: è un bravo ragazzo...
BELLA VITA
Gli hanno sequestrato
case, società
e uno stabilimento
balneare. L’avvocato
ora indagato gli diceva:
“Non tocca’ la Ferrari”
Leonardo: eh... questa è una cosa che
mi piacerebbe... per divertirmi... fammi vedere con quello in giro...(ride)
Ernesto: ma quello, se è quello che dico
io, non lo conosce nessuno eh
Leonardo: eh... ma chi è dentro... e può
informarsi... e può sape’...
Ernesto: no...
Leonardo: tipo ’ sti avvocati...
Ernesto: eh.. ormai so rima... no, no
Leonardo: no, perché questo hai sentito? ... voleva cerca’ Giovanni da Met
(un ristorante romano frequentato anche da calciatori in piazzale di Ponte
Milvio, ndr) uno abita ai Parioli no?...
pensa questo viene da Met con Giovanni... eh... poi... (incomprensibile)... ciao
eh...ma lo sai chi è quello? Giovanni così... uhmhh...
Ernesto: Giovanni dopo un minuto gli
lecca il culo...
INSOMMA, LA MAFIA siciliana conta
sempre più di tutti. De Carlo, va precisato, non è indagato per associazione
mafiosa ma solo per trasferimento
fraudolento di beni. I pm gli contestano
l’aggravante mafiosa ma il gip non l’ha
CON BELEN
Giovanni De Carlo (con la barba
al centro) a una festa con Belen Rodriguez Facebook
recepita nel provvedimento di arresto.
Gli hanno sequestrato un patrimonio
che comprende beni intestati a terzi: lo
stabilimento Il Miraggio di Fregene
(Roma), un centro estetica in viale Liegi nella capitale, un distributore a Cisterna di Latina, società immobiliari
anche londinesi e molte case a Roma. Si
presenta come un ricco imprenditore:
si fa fotografare al ristorante Assunta
Madre mentre festeggia un compleanno con Belen Rodriguez al ristorante
Assunta Madre e gira in Ferrari, facendo impazzire il suo avvocato, Pierpaolo
Dell’Anno, ora indagato anche lui.
“Giova’ non è che sei uno non noto! Sei
notissimo! Questi qua... rosicano come
matti perché .. perché tu non esisti!! Allora tu... per esempio perdonami... la
Ferrari non la devi tocca’!”. I pm aggiungono che Dell’Anno “lo esortava a
fare in modo che le proprie disponibilità potessero essere ricondotte a una
lecita attività lavorativa”: “Cominci a
lavora’ e finisce la questione!” e aggiungeva “perché dopo ce stanno altre conseguenze giuridiche (...) pensano che tu
sarai... non lo so... il referente de Totò
Riina”.
De Carlo, comunque, aiuta gli amici.
In un’altra conversazione Ernesto
Diotallevi racconta al figlio Leonardo,
riferendosi a recenti difficoltà economiche, che “l’unico che mi ha domandato se c’avevamo bisogno di soldi è
stato Giovanni! ”. E il figlio: “Giovanni
la cosa più importante che c’ha nella
vita so’ i soldi”. De Carlo è indagato
anche per favoreggiamento perché
avrebbe trovato, grazie all’indicazione
di Carminati, la microspia nello studio
dell’avvocato.
4
ROMANZO CRIMINALE
VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014
F”Sciacallo
eroci (Caritas):
chi
specula sugli ultimi”
MONSIGNOR Enrico Feroci, direttore della Caritas romana, li definisce “sciacalli”. E parla della rete
criminale, scoperta dall’inchiesta
“Mafia Capitale”, che non ha esitato
a speculare anche sulla condizione
degli immigrati. A proposito della
frase intercettata dalle forze dell’or-
dine “Si fanno più soldi con gli immigrati che con la droga” mons. Feroci commenta ai microfoni di
Tg2000: “Sentendo queste parole
mi è venuta in mente un’altra intercettazione; quella legata agli affari sul terremoto dell’Aquila.
Muoiono le persone, tanto dolore,
cadono le case, sconcerto, ma quello che ci ha sconcertato di più è stato sentire le risate delle persone; si
parlavano e dicevano: adesso noi ci
faremo il guadagno sopra... oppure
vedere persone che andavano nelle
case a rubare. Li chiamavamo sciacalli”. Oggi, prosegue il sacerdote
il Fatto Quotidiano
direttore della Caritas di Roma “credo che la parola che si debba utilizzare per queste persone che utilizzano gli ultimi, i poveri per fare
interessi, sia la parola sciacallaggio.
Purtroppo, la dobbiamo dire e quanto accaduto ci deve spingere ad un
esame di coscienza”.
di Salvatore Cannavò
S
to male nel vedere il mio nome messo
vicino alle schifezze che ci sono. Sono
indignato”. La reazione di Giuliano Poletti di fronte alla foto che lo vede a
tavola con una parte dei componenti di “Mafia
Capitale”, è netta. L’immagine ha fatto il giro di
giornali e tv e raffigura il ministro, all’epoca
(2010) presidente di Legacoop, insieme a Salvatore Buzzi, Gianni Alemanno, Franco Panzironi, Daniele Ozzimo e altri protagonisti di que-
sta storia criminale.
“È intollerabile”, dice il ministro, vedersi associato a certe persone e a certe “schifezze”, “è
ovvio che chi ha un ruolo pubblico incontri tante persone. Ero convinto che Buzzi fosse una
persona perbene”. La reazione è comprensibile,
soprattutto dopo la lettura, ieri mattina, dell’articolo di Roberto Saviano, su Repubblica, con cui
lo scrittore chiede al ministro di “spiegare quella
cena”.
EPPURE, DI FOTO CON SALVATORE BUZZI, Po-
L’AMICO
IN PRIMA
PAGINA
La copertina del
“magazine” della
cooperativa “29
giugno” con Salvatore Buzzi
e Giuliano Poletti,
l’uno accanto
all’altro
UNA COPPIA
DI FERRO
Il giornale della
“29 giugno” esibisce la foto di Poletti
anche nel numero
dedicato al bilancio
del 2012. Nel quale
figura anche un’intervista “esclusiva” del ministro
letti ne ha fatte altre. Più volte. Basta prendere il
Magazine della cooperativa “29 giugno”, la creatura dell’uomo del Pd che, secondo l’accusa, “si
occupa della gestione della contabilità occulta
della associazione e dei pagamenti ai pubblici
ufficiali corrotti”. La foto di Poletti campeggia
proprio accanto a quella di
Buzzi nel numero dedicato
all’approvazione del bilancio
2013. Nell’editoriale di apertura, Buzzi spiega la scelta di dedicare la copertina a Poletti non
è casuale, e “all’amico ministro” invia un caloroso saluto.
Giuliano Poletti, all’epoca della NEGLI ANNI HA FREQUENTATO PIÙ VOLTE LA “29 GIUGNO”. OGGI SI DICE “INDIGNATO DELL’ACCOSTAMENTO”
cena, era ancora il presidente
della Legacoop e quindi, come
spiegano anche nella potente associazione na- to il sistema delle cooperative. Il rapporto con assemblee; al governo Renzi affinché possa rea- “29 giugno” ha, a quella data, linee di credito già
zionale, era piuttosto normale che presenziasse Buzzi è così solido che ancora, nel 2014, in oc- lizzare tutte le riforme che si è posto come obiet- aperte per 18,8 milioni. Buzzi invia la lettera “per
alle assemblee delle strutture associate. La cosa casione dell’approvazione del bilancio 2013, tivo, l’unico modo per salvare il nostro Paese conoscenza” a due persone: al presidente della
Repubblica (niente di meno) ma anche al precuriosa, però, è che anche l’anno precedente, Po- l’uomo, già in cella per omicidio (uscito dal car- dalla stagnazione e dall’antipolitica”.
sidente di Legacoop, Giuliano Poletti. Per far caletti abbia trovato il tempo di andare alla “29 cere e in grado di creare la nuova attività) non
giugno”. La Legacoop conta 12.234 cooperative, dimentica l’amico, ormai ministro, e conclude la POLETTI NON È INDAGATO e non ha compiuto pire l’importanza della propria situazione, poi,
ma nella struttura romana, che si è rivelata uno sua relazione con un “augurio di buon lavoro: al nessun illecito. Buzzi, probabilmente, lo ha uti- invia a Cimbri la relazione di approvazione del
dei pilastri del sistema della banda Carminati, i ministro Giuliano Poletti, nostro ex Presidente lizzato come fiore all’occhiello da esibire in pub- bilancio, sottolineando che questa “si è tenuta
rapporti sono più che buoni. E infatti, la sua foto nazionale che più volte ha partecipato alle nostre blico. Particolare che si può desumere da un al- alla presenza del presidente nazionale di Legatro particolare. Nell’ottobre del 2013 il presiden- coop Giuliano Poletti e dell’ad di Banca Prossi ritrova nella prima pagina
te della “29 giugno” scrive all’amministratore del sima, Marco Morganti”. Sarà proprio Banca
della rivista, ancora accanto a
gruppo finanziario Ugf (Unipol), Carlo Cimbri Prossima, del gruppo Intesa Sanpaolo, speciaBuzzi. Questa volta, inoltre, nel
per lamentare il mancato ottenimento di un fi- lizzata in progetti “no profit”, a mettere a dinumero del Magazine, trovia- OBIETTIVI
nanziamento. “Troppo esposti” risponde l’Uni- sposizione la propria piattaforma Terzo valore,
mo anche una sua intervista Il socio occulto di Carminati, che gestiva l’associazione
pol alla richiesta di un prestito a medio termine per un progetto di raccolta fondi da 900 mila
“esclusiva” in cui indica nel sidi 800 mila euro. I debiti della cooperativa, in euro avviato dopo il rifiuto di Unipol.
stema delle cooperative sociali no profit, usava il presidente di Legacoop da sponsor
effetti, ammontano a 18 milioni e con Unipol la Per Poletti non c’è nulla da sospettare, le cose gli
un orizzonte obbligato per tut- con la Unipol e per farsi pubblicità all’esterno
POLETTI, ROVINATO DA UNA COOP
RITORNI
Frodo Orfini nella Terra di Mezzo democratica
di Fabrizio d’Esposito
a Via prosegue senza fine / Lungi
“L
dall’uscio dal quale parte. / Ora la
Via è fuggita avanti, / Devo inseguirla ad
ogni costo / Rincorrendola con piedi alati /
Sin all’incrocio con una più larga / Dove si
uniscono piste e sentieri. / E poi dove andrò? Nessuno lo sa”.
LA CITAZIONE è del tolkeniano Signo-
re degli Anelli e sembra perfetta per la
nuova, ignota missione di Matteo Orfini. Anche perché è presa alla lettera
da un pezzo di una decina d’anni fa del
sito Left Wing, di cui Orfini è animatore
sin dagli ormai lontanissimi tempi dalemiani. E furono proprio gli attuali
Giovani Turchi diversamente renziani
e capitanati dal barbudo Matteo a riscoprire da sinistra quel Tolkien adorato dai rautiani missini e da tutto
l’universo neofascista. Adesso Orfini è
cresciuto, è maturo, da segretario della
sezione Mazzini (quella di D’Alema
nel quartiere Prati a Roma) è diventato
presidente nazionale del Pd, e in questo
tardo autunno romano gli tocca pure
fare il novello Frodo Baggins di un partito finito nel mondo di mezzo fascio-
mafioso, trasfigurazione affaristica
della terra di mezzo tolkeniana. Sublime il tweet di ieri dello stesso Orfini:
“Mercoledì con @ignaziomarino e con
nostri circoli ci vediamo al Laurentino
38, dove il Pd deve stare: fuori dal mondo di mezzo, nel mondo reale”.
Sulla missione di Frodo Orfini, ennesimo Matteo che ha quarant’anni e fa
politica, però gravano numerose incognite. La prima è decisiva. Chi è
l’oscuro signore di Mordor,
Sauron, che vuole riprendersi l’anello del potere e
contro cui dovrà combattere? Il sospetto che serpeggia dall’altro giorno, quando
Renzi ha investito Orfini come commissario del Pd romano, è che l’ex dalemiano della sezione Mazzini sia
alquanto isolato. Attenzione:
isolato
ma non
alieno in
senso flaianesco come il vi-
tuperato sindaco Marino. Per un semplice motivo: Orfini è dentro la storia
del Partito della Capitale e alcuni deputati sottovoce s’interrogano in maniera perfida: “Questa scelta non la capiamo. Cosa succederebbe qualora gli
schizzi di fango dovessero sporcare
quelli più vicini a Orfini in consiglio
comunale o alla Regione?”.
si è corretto, ma l’esordio è stato disastroso”. Le armate antiorfiniane
schierate in difesa del loro potere sono
note e la più nota di tutta è quella che fa
capo a Goffredo Bettini, al quale il ruolo di Sauron calza in modo naturale.
Bettini è stato il fine inventore del modello Roma rutellian-veltroniano, sfociato infine nel mortale abbraccio cameratesco con il Carminati del mondo
di mezzo.
UN MODO DIRETTO, questo, per minare sin dall’inizio il cammino Oggi il Pd romano è una federazione di
dell’hobbit di sinistra. Racconta potentati, dove spicca un altro capoun esponente romano del Pd: corrente inguaiato, Marco Di Stefano,
“Matteo si è presentato male, ha per una tangente milionaria su due padetto che era tutto da buttare. Poi lazzi affittati dalla Regione. Un’altra
inchiesta devastante
per il Pd ma incassata
con un grande silenLA MISSIONE
zio di paura nelle settimane scorse. ChioIl viaggio tra le tribù
sa un parlamentare
democratico, sempre
ostili, rese nervose
della Capitale: “Se
dalle inchieste
sommiamo le presunte tangenti rosse
di un politico
dell’ordinanza
su
Carminati non arrinato e cresciuto
viamo a un centesimo
nel partitone capitolino di quella di Di Stefa-
no”. Questione di proporzioni, vero.
Ma l’impatto di Mafia Capitale va oltre
il romanzo e l’immaginazione.
Bettini è stato il grande elettore del sessantenne Lionello Cosentino a segretario del Pd di Roma, dimessosi per fare posto al commissario Orfini. Cosentino venne eletto in una competizione
strana, terzo incomodo tra un giovane
turco, Tommaso Giuntella, e un renziano, Tobia Zevi. Quando lo seppe, a
Massimo D’Alema scappò una battuta
delle sue: “Cosentino? È un po’ come se
io mi candidassi al circolo Mazzini, diciamo...”. Bettiniani, il caso Di Stefano
e poi la frastagliata area centrista, da
Gasbarra a Franceschini. Sono in molti
quelli che rischiano di pagare la rottamazione coatta (nel senso di forzata)
di Frodo Orfini. E insieme a Bettini, un
altro arrabbiato sarebbe il governatore
Nicola Zingaretti, da una vita indicato
come potenziale leader nazionale. La
missione catartica nel mondo di mezzo
è al via e il 10 dicembre debutterà in
pubblico. Il giorno dopo, però, anche
Pippo Civati terrà una manifestazione
sulla questione morale. Con Giancarlo
De Cataldo e Walter Tocci. “E poi dove
andrò? Nessuno lo sa”.
il Fatto Quotidiano
ROMANZO CRIMINALE
RAPINA NELLA CAPITALE
LADRI CON LA MASCHERA DI D’ALEMA
È il segno dei tempi. Due ladri, già conosciuti
alle forze dell’ordine, hanno provato l’altra
mattina a rapinare l’ufficio delle poste di via
Carlo Sereni, nel quartiere Marconi di Roma.
Con il volto travisato si sono fatti consegnare
6.000 euro. Uno portava una parrucca di-
screta, capelli neri lunghi. L’altro aveva la maschera di Massimo D’Alema, l’ex presidente
del Consiglio e ministro degli Esteri. In verità
i due soggetti erano sotto controllo da qualche tempo. Il primo, un 47enne era ai domiciliari per una rapina in una clinica romana. Il
secondo è una vecchia conoscenza delle forze dell'ordine. Non sono stati presi per caso. I
VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014
due erano infatti monitorati da settimane.
Tanto che per localizzarli era stato installato
un Gps sul loro scooter. L’ultima volta che era
stata usata una maschera di Massimo D’Alema per una rapina, c’era anche quella di
Gianfranco Fini. Oggi l’ex presidente della
Camera non tira più nemmeno tra i rapinatori
di vecchia data.
Buzzi era alla cena
del premier all’Eur
Portato dal Pd di Roma
PAURA PER UNA PROSSIMA VALANGA DI INDAGATI. IL SISTEMA
APPARE TROPPO PERMEABILE. A CHI TOCCHERÀ ADESSO?
di Wanda Marra
S
alvatore Buzzi, il gestore
degli affari della cupola, colui che aveva il libro paga di
‘mafia capitale’, alla cena di
fundraising del Pd di Roma c’era.
Portato dal partito cittadino. Magari
da Mirko Coratti, allora presidente
dell’assemblea capitolina, e ora dimissionario, perché tra gli indagati.
Anche lui seduto a uno dei tavoli del
serata. Controllo su chi entrava? Sostanzialmente, nessuno. Organizzazione a cura del tesoriere, Francesco
Bonifazi e della responsabile Comunicazione del Pd, Alessia Rotta. Con
gli elenchi che si aggiornavano ora
dopo ora e nessun filtro particolare.
“Ci sarà di tutto. Meglio restare fermi al proprio posto e non muoversi.
Non sai mai chi ti avvicina, con chi
rischi di farti fotografare”, confidavano i dem, prima dell’appunta-
Matteo Renzi e Giuliano Poletti Ansa
accadono intorno “a sua insaputa”. Il ministro,
del resto, nella sua presidenza di Legacoop era
sembrato sonnecchioso anche nel caso del coinvolgimento di Manuntecoop, e del suo presidente, Claudio Levorato, nelle inchieste relative a
Expo 2015. Anche in quel caso, la casa-madre
non riusciva a capire cosa avveniva nella, corposa, periferia del sistema cooperativo.
AD ATTACCARE POLETTI non c’è solo la destra
ma, soprattutto, il sindacato una volta parte integrante del mondo delle coop. La Cgil sta conducendo da tempo una campagna contro “una
progressiva opacità, un’assenza di legislazione
sulle cooperative spurie, sul terzo settore” che
caratterizza il sistema degli appalti pubblici. In
tutti gli incontri sono avanzate richieste in tal
senso “ma finora non è accaduto nulla” fanno
sapere da Corso Italia. Ieri Susanna Camusso ha
ventilato anche la possibilità che Poletti risponda
in Parlamento di quanto avvenuto. Anche perché, secondo l’ex assessore della giunta Alemanno, Umberto Croppi, in quella cena si festeggiava
“un trucco contabile” tramite il quale il Comune
stanziò finanziamenti per le cooperative sociali.
Anche di questo Poletti non si è accorto.
A ROMA
Alfano punta
Alemanno
È
istituzionale il ministro dell’Interno Angelino Alfano: “Quanto sta
emergendo dall’inchiesta di Roma - dice
al Tg5 - fa emergere uno spaccato davvero drammatico di corruttela e malcostume. Noi dobbiamo continuare a contrastare la corruzione perché rubare è
contro il buon senso, contro la morale e
contro l’etica pubblica. Non può stare in
politica chi ruba”. Ora, stiamo parlando
pur sempre di Angelino Alfano, quello
eletto per anni in un partito ad alta concentrazione di gente con una certa familiarità con malcostume, ruberie e
corruzioni. Ma Alfano adesso parla di
Roma, e dice: “Peraltro la serietà del
Procuratore di Roma, il suo non essere
particolarmente incline al palcoscenico
mediatico, mi fa ulteriormente pensare
che si tratti di un’inchiesta solida”. Gli
auguri finali ad Alemanno suonano come un “in bocca al lupo per il suo elettorato che proveremo a prenderci”.
I tavoli al Salone delle Tre Fontane Ansa
7 NOVEMBRE
LA KERMESSE
Il partito democratico
riunisce 1200 persone
per una cena di
autofinanziamento
Salone delle Tre Fontane di Roma.
“UN PARLAMENTARE magari por-
tava due o tre ospiti. I quali a loro
volta ne portavano altri. La segreteria nazionale aveva un elenco parziale, dei primi ‘invitati’. Non di tutti”. Classico sistema di scatole cinesi
per le cene di fundraising del Pd, organizzate una a Milano, l’altra a Roma, il 6 e il 7 novembre. Evento in
grande, con comizio del premier e
1000 euro minimo di sottoscrizione
per i partecipanti. Un migliaio e più a
5
3 DICEMBRE
IL PREMIER IN TV
A Bersaglio Mobile
Renzi garantisce
che gli invitati sono
stati tutti registrati
4 DICEMBRE
ECCO ALCUNI NOMI
Buzzi era presente,
con Coratti e Ozzimo,
Odevaine non ha
partecipato
mento. Soprattutto quello romano,
dove ci si aspettava in blocco l’arrivo
di palazzinari e personaggi dubbi. A
Roma, il misto affari-politica è sempre stato molto presente e molto scivoloso.
Timori e preoccupazioni un mese
dopo sembrano più che giustificati.
“Non ne ho la più pallida idea”, rispondeva Matteo Renzi a Bersaglio
Mobile alla domanda se ci fossero alla
cena dell’Eur personaggi coinvolti
nell’inchiesta “Mondo di mezzo”.
Dallo stesso Salvatore Buzzi, in poi.
Ma poi assicurava: “Ci sono gli elenchi. È tutto trasparente”. Ecco, tutto
trasparente non è. Il giorno dopo
trovare la lista completa è sostanzialmente impossibile. I vertici dem in
blocco fanno muro. La lista non si
può dare perché serve la liberatoria
dei contribuenti, secondo la legge
della privacy. Ma gli organizzatori
stessi ce l’hanno? Loro provano a dire di sì. Ma per deduzione: perché, i
bonifici devono essere stati fatti.
“Tutti prima? E davvero da tutti?
L’elenco completo non ce l’avrai
mai. Se qualcuno si è comprato tutto
il tavolo, il tavolo è a nome di un altro. E chi c’era non si sa”, confessavano ieri i renziani. “Buzzi c’era?
Non lo so, non so neanche com’è fatto”, la risposta standard a metà giornata. Qualcuno la buttava in politica:
“In realtà, essendo il capo delle Cooperative non ci sarebbe neanche stato motivo di tenerlo fuori”.
Renzi, per parte sua, ha difeso la necessità e l’opportunità del fundraising: perché, ha spiegato in diretta tv,
le cene servivano a evitare la cassa
integrazione per i dipendenti democratici.
Ma a bubbone scoppiato, dimostrano sostanzialmente una cosa: che il
segretario e i suoi non avevano il
controllo di chi entrava. E di chi pagava. Non c’erano Luca Odevaine e
Eugenio Patanè, assicurano adesso
dal Pd. Altre presenze scomode, note e ignote, non si possono escludere.
Riccardo Mancini? “Non lo so - dicono dai vertici cittadini - chiedete al
Pd Roma”. Un modo per sottolineare la distanza, per marcare la differenza. Renzi e i suoi erano consapevoli che lì in mezzo c’erano tante cose che non tornavano. Ma sono arrivati prima i magistrati.
Per esempio, in extremis fu cancellato un tavolo di Marco Di Stefano,
indagato dell’ultima ora. Che infatti
alla Leopolda moderava un tavolo.Il
nervosismo ieri serpeggiava tra dem
di vario ordine e grado. Perché - peraltro - l’inchiesta non è finita qui. E
tutti si aspettano, che arrivino nuovi
indagati e nuovi arrrestati. Dopo il
Commissariamento del Pd Roma, si
ragiona anche su quello del Pd Lazio.
POLITICAMENTE, c’è un filo rosso
che unisce la mancanza di rinnovamento e il mancato controllo del
partito a livello locale, che va da nord
a sud. E mette insieme varie storie e
varie questioni. Dall’Emilia Romagna, dove è rimasto in piedi il sistema
politico di Errani, al Pd romano, alla
Campania, dove trovare un candidato per le primarie spendibile, diverso
da personaggi come Andrea Cozzolino e Vincenzo De Luca è molto difficile.
Intanto i Dem salvano Azzollini
IL SENATO VIETA L’USO DELLE INTERCETTAZIONI. VENDOLA: “ORA RENZI AZZERA IL PD DI PALAZZO MADAMA?”
di Sara Nicoli
alla discussione della nuova legge elettorale;
chiaro, dunque, che nessuno voglia farselo “nel Senato, con il voto di Pd, Lega Nord, Forza mico” in un momento così delicato, soprattutto
Italia e Ncd, ha salvato ancora una volta il con l’accelerazione che ha intenzione di imprisenatore Antonio Azzollini, alfaniano, presi- mere Renzi alla manovra che senza l’aiuto del
dente della strategica commissione Bilancio di presidente non potrebbe concretizzarsi. In più
Palazzo Madama, negando alla Procura di Trani c’era la ferma volontà renziana di non inasprire i
(che lo ha indagato per truffa allo Stato, asso- rapporti con gli alfaniani, già tesi sul fronte della
ciazione a delinquere, abuso d’ufficio, frode in riforma della prescrizione e sull’Italicum. Eppupubbliche forniture, attentato alla sicurezza dei re, a sentire gli uomini del Pd che hanno votato a
trasporti marittimi e reati ambientali) la pos- favore di Azzollini al Senato, le ragioni sono ben
sibilità di utilizzare le intercettazioni che lo ri- altre. E assai più “nobili”: “Abbiamo sempliceguardano nell’indagine sullo scandalo del porto mente richiamato l’applicazione del principio di
di Molfetta. Solo Sel e il Movimento 5 Stelle han- legalità - commenta Giuseppe Cucca, capogrupno votato a favore dei magistrati e quindi po Pd in Giunta delle Immunità - perché non si
dell’utilizzazione delle intercettazioni, mentre la può chiedere l’utilizzo delle intercettazioni non
maggioranza ha tenuto lo stesavendone chiesto, a suo tempo,
so asse che si era formato in
la preventiva autorizzazione in
Giunta per le Immunità, quanragione della conoscenza della
do le pressioni di Alfano sul gocarica ricoperta dal parlamenverno avevano indotto anche il
tare”. Insomma, una questione
Pd a votare per il sostanziale
di “regole” che, però, diventano
blocco delle indagini.
più o meno stringenti a seconda
della necessità del momento.
I MOTIVI? Azzollini, come si
Nichi Vendola l’ha commentadiceva, è il presidente della
ta così: “Che farà ora Renzi: azcommissione Bilancio da dove
zera il Pd di Palazzo Madama?”.
sta per passare la legge di StaTanto per ricordare, su Azzolbilità. E dove ieri sera doveva
lini pende un’indagine per preAntonio Azzollini (Ncd) LaPresse sunta maxi-frode da 150 milioarrivare un via libera definitivo
I
ni di euro legata alla costruzione del nuovo porto
di Molfetta (Bari), città in cui Azzollini è stato per
molti anni sindaco. Sempre Azzollini, nell’ottobre 2013 ricevette un avviso di garanzia per associazione per delinquere, abuso d’ufficio, reati
ambientali, truffa e falso. Disse subito che avrebbe chiarito tutto ai magistrati ma, il mese successivo, convocato in Procura per l’interrogatorio, si avvalse della facoltà di non rispondere.
L’INCHIESTA a quanto si apprende è vicina alla
conclusione. Secondo la Procura di Trani, il Comune di Molfetta, guidato da Azzollini, sapeva
dal 2005 che sui fondali del nuovo porto c’erano
decine di migliaia di ordigni bellici inesplosi.
Nonostante questo fece finta di nulla: nel 2007
appaltò i lavori per la costruzione della diga foranea e del nuovo porto commerciale, opere finora non realizzate e forse irrealizzabili. Un intervento dal costo iniziale di 72 milioni che col
tempo è lievitato a 147 milioni perché era necessario bonificare l’area da proiettili, bombe e
fusti contenenti cianuro, iprite, acido clorosolfonico, fosforo e fosgene. Gran parte dei finanziamenti pubblici, col passare del tempo, sono
stati distratti dal Comune che li ha utilizzati secondo i pm - per fare un’operazione di maquillage del bilancio cittadino per dimostrare il
rispetto del patto di stabilità ed evitare un ipotetico rischio di default.
6
ROMANZO CRIMINALE
VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014
Z
ingaretti blocca
tutte le gare
in Regione
LA DECISIONE arriva due giorni dopo l’inchiesta Mondo di Mezzo: alla Regione Lazio bisogna bloccare tutto, congelare le
gare pubbliche per verificare se Carminati
e la sua banda sono arrivati anche lì, visto
che nelle carte compaiono due nomi di
consiglieri regionali: il pdl Luca Gramazio e
il pd Eugenio Patanè. Il governatore Nicola
Zingaretti ha disposto "un’indagine conoscitiva presso tutte le principali centrali
appaltanti della Regione quali Asl, Ater,
Centrale Unica e Dipartimenti per conoscere se società legate all’inchiesta abbiano partecipato a gare e a bandi pubblici, e il
loro esito”. Nel frattempo, il presidente
della Regione ha ordinato "la sospensione
il Fatto Quotidiano
dell’assegnazione delle gare in corso".
"Vista la gravità e l’eccezionalità della
situazione - ha spiegato - occorre senza
indugio portare alla luce qualsiasi tentativo di aggressione o infiltrazione
possibile e nel caso fare chiarezza, mettendo a disposizione della Procura tutte le informazioni acquisite”.
Marino “risorge”
Dal Pd al prefetto
tutti col Marziano
DOPO LA BUFERA IN CAMPIDOGLIO, CI SI AGGRAPPA AL CARRO.
PECORARO PRIMA LO AFFOSSA, POI DICE: “GLI SERVE LA SCORTA”
di Paola
Zanca
A
bbiamo
subìto
un’aggressione.
Ora mi spiego anche tanti attacchi
degli ultimi mesi”. È mercoledì pomeriggio e Ignazio
Marino ha davanti il gruppo
del Pd in Campidoglio. Non
esattamente una platea amica, visto che da tempo i rapporti tra il marziano della
Panda rossa e la maggioranza
che lo ha eletto sono sfilacciati e velenosi. Ma ora fuori
c’è la bufera. E chi è rimasto
in piedi può solo stringersi e
sperare che il vento si calmi.
Così, di fronte ai consiglieri
democratici, il sindaco di
Roma adesso alza la testa. È
“molto carico”, racconta chi
ha partecipato all’incontro, e
“convintissimo di uscire rafforzato da questa storia”. Il
suo staff è stato solo sfiorato
dal mondo di mezzo, visto
che Mattia Stella, unico dei
suoi a essere avvicinato dal
gruppo criminale, non è indagato. Il sindaco ha chiesto
e ottenuto la sponda del
commissario anticorruzione
Raffaele Cantone. Nelle intercettazioni, i sodali di Carminati lo descrivono come
quello di cui nun se fida nessuno, e in serata è arrivata pure la medaglia del prefetto
Giuseppe
Pecoraro:
“È
preoccupato per la mia incolumità personale – fa sapere
Marino – e mi ha chiesto di
rinunciare ad andare in bicicletta e ad accettare la protezione che ho sempre rifiutato”.
LA GIORNATA, per la verità,
era cominciata maluccio. Lo
stesso prefetto che adesso si
preoccupa per la sicurezza
del sindaco, di prima mattina
gettava benzina sul fuoco. In
un’intervista con titolo a sei
colonne sul Tempo, Pecoraro
diceva: “Sciogliere il Comune
per mafia? Credo che ci siano
i presupposti”. E il borbottio
in Campidoglio non si era
riuscito a trattenere. Non solo perché – come ha notato il
capogruppo di Sel alla Camera Arturo Scotto – Pecoraro
affida le sue riflessioni “a un
quotidiano il cui direttore,
apprendiamo da notizie di
stampa, si incontrava con il
boss Carminati”. Ma soprattutto perché il prefetto, di responsabilità, a Roma ne ha
avute parecchie. Alemanno
gli affidò pezzi di città importanti. Tanto che il deputato Pd Marco Miccoli,
all’epoca segretario romano
del partito, lo chiamava “il
vero sindaco”, visto che si occupava di “sicurezza, rifiuti,
piano rom e decoro”. Per due
anni – tra il 2009 e il 2011 – è
stato commissario straordinario per l'emergenza nomadi. Lui aveva messo a punto il
Piano, mentre il “soggetto attuatore” era il direttore del V
Dipartimento, Angelo Scozzafava. Nelle carte dell’inchiesta, il nome di Scozzafava
ricorre parecchio: per Buzzi e
Carminati è punto di riferimento costante – almeno dal
2012 – per conoscere le mosse del Comune e fare pressioni per i loro affari. Sarà pure un Comune da commissariare, questo il ragionamento che monta nel Pd romano, ma nemmeno il prefetto in quegli anni si è mai
accorto di nulla. Ora, i nomi
Il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro con il sindaco Ignazio Marino Ansa
IL PASSATO
Il prefetto parla
di “scioglimento”
per mafia, ma per
almeno due anni
ha guidato
l’emergenza nomadi
coinvolti nell’inchiesta sono
fuori dal Campidoglio, visto
che anche Walter Politano –
a capo dell’anticorruzione,
ma in rapporti con la banda –
è stato rimosso l’altro ieri da
Marino. Dopodiché, al Don
Chisciotte del Campidoglio,
per ora, è stato consigliato di
fermarsi un attimo. A cominciare dal rimpasto.
ERA PRONTO a sfornare la
nuova giunta, chiesta a gran
voce dopo la rivolta anti-immigrati di Tor Sapienza, ma
di questi tempi non sai mai
chi ti metti in casa. Per dire,
alle Politiche Sociali al posto
di Rita Cutini doveva arrivare
Daniele Ozzimo: le carte
dell’inchiesta Mondo di Mezzo, però, nel frattempo hanno svelato che la prima era
considerata dalla banda un
ostacolo agli affari criminali,
mentre il secondo era indicato dal braccio sinistro di
Carminati, Salvatore Buzzi,
come un referente utile agli
interessi dei malavitosi. Per
Ozzimo, nella riunione di ieri, si sono levati gli scudi di
tutti i consiglieri Pd, e anche
il sindaco si sarebbe detto
convinto che la sua posizione
verrà stralciata. Diverso l’atteggiamento nei confronti di
Mirko Coratti, fino all’altro
ieri presidente dell’assemblea
capitolina ora indagato perché a libro paga del sodalizio.
Nella riunione di ieri, Marino
ha già fatto il nome del suo
candidato per occupare quel
posto: Valeria Baglio, consigliera del Pd indicata come
filo-renziana. Il sindaco l’ha
messa giù dura: prendere o
lasciare, non mettetemi i bastoni tra le ruote, altrimenti
vi mollo.
LEGAMI DI FAMIGLIA
Buzzi, da trent’anni a casa Marroni
o sono incazzato nero con Salvatore Buzzi.
I
Ora chiuderanno tutti i rubinetti perché
lui e quegli altri gozzovigliavano sui poveri
cristi. Io sono incazzato nero perché ci ha
traditi tutti. A cominciare da quella straordinaria donna che era Leda Colombini. E voglio sperare che nessuno della famiglia Marroni sia coinvolto in questa storia”. La furia di
Lillo Di Mauro è difficile da mettere nero su
bianco. Nella cupola del mondo di mezzo, ci
sono persone che conosce da trent’anni e
pensava che fossero a braccetto con lui, quando lavoravano dentro e fuori dai penitenziari
del Lazio. La “madre” di tutti loro era Leda
Colombini: staffetta partigiana, comunista,
ogni giorno – anche l’ultimo – volontaria nelle carceri. Salvatore Buzzi, però, prima di lei
conosce suo marito, Angiolo Marroni.
All’inizio degli anni Ottanta è vicepresidente
della provincia di Roma e il detenuto Buzzi gli
scrive per spiegargli che ha in mente un progetto: delle cooperative che diano lavoro a chi
sconta una pena e vuole rifarsi una vita. La 29
giugno nasce così. E finisce al servizio di Massimo Carminati.
Siamo tornati a trent’anni fa, e a Leda Colombini, perché è lì che a Salvatore Buzzi
viene aperta la porta di casa di una delle fa-
miglie storiche della sinistra romana. È lì che
il detenuto che non è “portatore di proposte
politiche” si affaccia al mondo che gli ha portato una fortuna. Dall’incontro con Marroni,
nascono i rapporti con Mario Di Carlo, con
Loredana De Petris, con Giusy Gabriele e poi
con tutta la squadra di Francesco Rutelli: “Il
fatto di conoscerci prima - ricorda Buzzi semplificò molto il dopo”.
E ancora oggi, a sei lustri di distanza da
quell’incontro del 1984, è a casa Marroni che
Buzzi bussa per i suoi affari. Stavolta, c’è la
nuova generazione. Umberto è il figlio di Leda e Angiolo, e per lui la 29 giugno è roba di
famiglia. Niente di strano, dunque, nel fatto
che Salvatore Buzzi gli porti voti, spinga per
la sua candidatura alle primarie, solleciti
emendamenti e dica: co’ Umberto ce posso parla’ io.
NEL FRATTEMPO , infatti, anche Umberto si è
buttato in politica: consigliere comunale dai
tempi di Rutelli, il figlio di Angiolo – in linea
con il padre – è considerato esponente di spicco dei dalemiani romani. Di amici, nel Pd dei
giorni nostri, ne ha davvero pochi. Dicono
che le correnti, a Roma, se l’è inventate lui. Fu
il primo, raccontano, a farsi il manifesto elet-
ANGIOLO MARRONI
Oggi è il Garante dei detenuti del Lazio. Nel
1984 conobbe Salvatore Buzzi nel carcere di
Rebibbia, fu lui ad aprirgli le porte della politica
torale con il suo nome e sotto l’elenco dei
candidati circoscrizionali che facevano tandem con lui (oggi è la norma). “Un sistema di
rapporti pericoloso, che prima usavano solo i
democristiani – insistono – perchè in quella
struttura di voti a piramide è ovvio che a un
certo punto non sai più chi ti porti dietro:
sono portatori d’acqua, e non solo d’acqua”.
Da sempre, raccontano ancora i compagni di
viaggio, ha “rapporti importanti” e “fa lobby”.
Alle elezioni comunali del 2008 fa il pieno di
voti: 7636 preferenze. E il più votato di tutti,
diventa capogruppo quasi in automatico. È lui
- restato nell’ombra per tutti gli anni di Veltroni, con cui non ha mai avuto un buon
rapporto - che guida il Pd nell’era Alemanno.
Ottima strada per attirarsi nuove antipatie. Lo
chiamano “il delegato del Sindaco all’opposizione”, per intendere che in aula Giulio Cesare fa grandi sceneggiate, ma dietro le quinte
ha un dialogo costante con i vertici del centrodestra capitolino. I rapporti con il gruppo
si rompono definitivamente sulla nomina del
consigliere di minoranza nel cda di Acea:
Marroni sceglie Andrea Peruzy, il gruppo lo
affronta in una riunione drammatica e lo sfiducia. Ma lui resta capogruppo, “congelato”
ma sempre capogruppo.
SALVATORE BUZZI
Ex detenuto, fondatore della cooperativa
29 giugno. Nell’inchiesta è il braccio
sinistro di Massimo Carminati
A TAVOLA
Salvatore Buzzi, Angiolo e
Umberto Marroni: tutti e tre
alla cena che ha messo in
imbarazzo il ministro Poletti
Oggi è diventato deputato ed è Buzzi a decretare al telefono che “colle cose del Comune
non c’entrerà più niente, eh!”. Deve essersi
convinto anche lui, che il passato era una porta chiusa: “Mi sembra assolutamente evidente
- dice a proposito dell’inchiesta Mondo di
mezzo - che ci troviamo di fronte ad affermazioni fantasiose o come purtroppo avviene
in alcuni casi di millantato credito . Se qualcuno in quegli anni ha approfittato delle nostre battaglie politiche e della nostra buonafede - insiste Marroni - è bene che la magistratura accerti tutte le responsabilità e faccia il suo corso”.
pa.za.
UMBERTO MARRONI
Figlio di Angiolo e di Leda Colombini,
anche lei storica attivista per le carceri. Deputato Pd, Buzzi lo considera suo referente
ROMANZO CRIMINALE
il Fatto Quotidiano
A
nna M. Denaro:
“Non sento mio
fratello da 20 anni”
“NON VEDO E NON SENTO mio fratello Matteo da
più di vent’anni. Non faccio parte di Cosa Nostra.
Non ho commesso estorsione in danno di Girolama
La Cascia: era stata la mia madrina Caterina Bonagiuso a dirle di darmi una parte dell’eredità, 70 mila
euro, che ricevetti con tre assegni che depositai in
banca. Se questa è un’estorsione, l’ho proprio fatta
male”. È così che davanti al Tribunale di Marsala
(presidente Gioacchino Natoli) si è difesa Anna Patrizia Messina Denaro, sorella del boss latitante, imputata, con le accuse di associazione mafiosa ed
estorsione, nel processo scaturito dall’operazione
“Eden” del 13 dicembre 2013. “La mia madrina – ha
proseguito la sorella del boss, ancora detenuta – non
mi citò nel testamento perché aveva il timore che la
donazione potesse essere confiscata dalla magi-
VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014
7
stratura. Io pago per il cognome che porto, ma di cui
sono orgogliosa”. Sposata da vent’anni con Vincenzo Panicola, condannato in primo grado per mafia, la
sorella del boss di Castelvetrano ha accusato il cugino acquisito, Lorenzo Cimarosa, e Giuseppe Grigoli (ex “re” dei supermercati Despar) di lanciare
accuse contro i Messina Denaro “solo per salvarsi
dal carcere”.
MANCINI, QUEL “MAIALOTTO”
CHE VOLEVA LA FORMULA1 ALL’EUR
ANNUNCIAVA PIANI DEGNI DI ROOSEVELT. CARMINATI: “CE STÀ A PASSÀ I LAVORI BUONI”
di Marco Lillo
P
er misurare il fallimento della destra
romana di Gianni
Alemanno, bisogna
mettere a fuoco la figura di Riccardo Mancini, nominato amministratore delegato di Eur
Spa, una società per azioni al 90
per cento del Ministero
dell’economia e al 10 per cento
del Comune di Roma che vanta
un patrimonio di 800 milioni di
euro. L’8 dicembre del 2010 in
un’intervista al Sole 24 ore Mancini annunciava un piano di
opere che oggi fa venire i brividi: “L’Eur ha bisogno di un
grande progetto di riqualificazione anche in considerazione
dei progetti in cantiere, dalla
Nuvola di Fuksas al secondo
polo turistico alla Formula 1” e
poi giù un piano degno di Roosevelt: ponte delle tre fontane,
ponte dei Congressi, svincolo
degli Oceani e poi interramento
della Colombo, il tutto con il
coinvolgimento dei privati.
ALLORA Mancini sembrava
l’uomo forte del sindaco forte,
in grado di portare i bolidi della
Formula 1 a sfrecciare sotto i
cristalli del nuovo Palazzo dei
Congressi. Le intercettazioni del
Ros dei Carabinieri guidato dal
generale Mario Parente ci svelano come funzionava davvero
l’Eur nell’era di Alemanno. Emblematica la storia del credito
del consorzio Eriches 29, quello
di Salvatore Buzzi, socio in affari
di Carminati. Il 7 dicembre del
2012 era da poco uscito l’Espresso con in copertina la foto di
Carminati e questo ritratto firmato da Lirio Abbate: “Tutti
hanno paura di lui. Ed è grazie a
questo terrore che oggi Massimo Carminati è considerato
l’ultimo re di Roma”. Ecco cosa
gli chiede il presidente della
cooperativa rossa Buzzi dopo
aver commentato l’articolo.
Salvatore Buzzi (S): Io guarda ho
sentito, ho sentito l’amministratore
(di Eur, Mancini, ndr) proprio
poco fa al telefono e ho detto ‘aho te
ricordi sti pagamenti’, ‘ahhhh’ e me
fa’ ‘ahhh’... eh va be’.
Massimo Carminati (M): E mo
mo o famo strilla’ come un’aquila
sgozzata.
S: Ho sentito Carlo Pucci (manager
di Eur Spa) pure anche perché ce
devono pagà ancora la fattura di
152.
M: No, e certo e quella ma che
aspettano? Quella è robba vecchia.
L’11 DICEMBRE 2012 Buzzi ri-
chiama Carminati dopo avere
parlato con Mancini, che viene
fatto oggetto di insulti relativi
alla sua stazza.
S: Ieri ho sentito il nostro amico por-
cone... quello che tu dici il maialotto
no? Eh... per pagarci la fattura che
mancava all’appello vuole lo sconto
anche su quella gli ho detto: ‘scusa
ma agli altri non glielo chiedi lo
sconto a me me lo devi chiede lo
sconto?’
M: No va be’ ma lo sconto... non
scherziamo... gliel’hai detto?
A QUEL PUNTO Carminati va a
parlare con il manager del marketing di Eur Spa, (il tabaccaio di
viale Europa) Carlo Pucci, arrestato martedì, il quale si schiera
subito con il più forte. Il boss
chiama Buzzi con al fianco Pucci e dice: “Eh.. .dice che ha parlato
con l’ad (Mancini, ndr) ieri che gli
ha detto di no gli ha detto i sette e
mezzo il porco”. Allora si sente la
voce di Pucci in sottofondo che
sembra un agnello che imita il
lupo: “Ma che... non rompesse il
cazzo” e Carminati gli fa eco:
“Ma non rompesse il cazzo... eh...
PARLA
IL BOSS
Sennò viene qua
il Re di Roma... tu sei
un sottoposto... è il Re
di Roma che viene qua,
io vado... entro dalla
porta principale... vede
io che gli combino...
tu... tu adesso dopo ti chiama lui e ti
dice (...) non famo sconti a nessuno
qua”.
L’ad di Eur Spa tenta di resistere
e il 14 dicembre 2012 Carminati
allora chiama Pucci e gli intima
di dire a Mancini di pagare tutto
e subito: “Sennò viene qua il Re Di
Roma... tu sei un sottoposto... è il Re
di Roma che viene qua, io vado... entro dalla porta principale... vede io
che gli combino... a me non mi rompesse il cazzo... a me chiudesse subito la pratica là”. I pm chiosano:
“Il riferirsi al Mancini come
‘sottoposto’ non lasciava dubbi
sul fatto che il Carminati confermasse con l’interlocutore le
conclusioni operate in quell’articolo dalla stampa”.
IL GIORNO PRIMA al suo brac-
cio destro Riccardo Brugia, Carminati aveva raccontato il ruolo
di Mancini (“Er ciccione, è lui che ce
sta a passa’ i lavori buoni perché funzioni questa cosa”) e poi di averlo
picchiato per riportarlo agli ordini: “Ma io poi... io... gli ho menato
eh?”. Non tanto un pestaggio ma
uno sfregio, l’ennesimo, per l’ex
uomo forte della Roma di Alemanno, come lo definivano i
giornali. Buzzi aveva un credito
verso una Spa pubblica, come
migliaia di imprenditori. Ma lui
ottiene il pagamento il 19 dicembre 2012 “nel pomeriggio, dopo
vari contatti di Buzzi con Antonio Lucarelli, capo segreteria del
sindaco di Roma, arrivava la notizia che era stata reperita la somma di euro 390 mila. La circostanza veniva comunicata direttamente a Buzzi da Mancini”. E
da Buzzi a Carminati. Altro che
sblocca Italia. Carminati ha ormai Mancini in pugno. Il boss
sceglie l’avvocato e la linea difensiva di Mancini per lo scandalo
filobus nel 2012-2013. Dopo l’ar-
PALERMO Cani impiccati
a casa di Pino Maniaci
uove intimidazioni ai danni del giornalista di
N
Telejato Pino Maniaci: dopo l’auto bruciata,
qualche giorno fa, nella notte di giovedì sono stati
impiccati i suoi cani. A darne notizia è il deputato
del Partito democratico e componente della Commissione parlamentare Antimafia Davide Mattiello, che dice: “Non sono bravate. Temo che queste
violenze siano collegate alle più recenti richieste
giornalistiche di Maniaci che da tempo si concentrano su rapporti poco chiari nella gestione dei
beni sequestrati e confiscati alla mafia, nel palermitano”. Il giornalista è stato recentemente ascoltato in commissione Antimafia nell’ambito dell’inchiesta sui giornalisti minacciati, coordinata dal
deputato Claudio Fava, ed è entrato nel merito
delle sue inchieste giornalistiche, collegate anche al
lavoro che la commissione sta portando avanti sulla amministrazione giudiziaria di Italgas. In serata
il premier Matteo Renzi ha telefonato a Maniaci e
ha espresso “solidarietà, vicinanza e apprezzamento per l’impegno coraggioso contro la mafia e la
criminalità organizzata”.
resto per le mazzette teme che
parli di lui: “Ce la fa a tenersi il cecio
al culo secondo te? No! Non ce la fa”.
Tanto che, prima dell’arresto lo
vanno a intimidire, come dice
Buzzi a un amico: “Prima che se
l’annavano a piglià, gli avemo detto:
‘Cioè o stai zitto e sei riverito o se parli
poi non c’è posto do’ te poi andà a
nasconne’. Semo annati a pijà na
settimana prima che succedea per
ricordarglie” . L’amico completa:
“Com’è la vita”. Dopo quell’arre-
sto Mancini non ha parlato di
Carminati. Il boss raccontava a
Buzzi che in carcere lo aveva aiutato con le sue amicizie: “Là dentro gli ho fatto trovà un poco di calore”. Ora Mancini è di nuovo
dentro, per ora non parla, ma
Carminati sta come lui.
Riccardo Mancini. Sotto, Massimo Carminati Ansa
LO “STROZZO”
Botte da Urbe: “Me devi da’
li sordi o te spezzo il collo”
di Enrico
Fierro
afia Capitale, mafia
M
vera. Un’organizzazione che ha poco o nulla da
invidiare alle consorelle
presenti in Sicilia, Calabria
e Campania. Una struttura
che ha un capo, Massimo
Carminati, capace di vivere
sulla strada (“Perché nella
strada comandiamo sempre noi, nella strada tu avrai
sempre bisogno di noi”),
ma anche di frequentare i
salotti della politica romana. Quelli che contano.
UN BIG-BOSS che ha nel
suo dna criminale la capacità di navigare anche nelle
acque più torbide degli apparati dello Stato, e che oggi
sa come salire e scendere le
scale del Campidoglio. “Bisogna bussacchiare al Comune”, consiglia ai suoi, perché
lì c’è Luca Gramazio, il figlio
der Pinguino, solidissime radici fasciste pure lui, “un
amico mio”. Bussacchiare,
ma alzare la voce quando
serve per farsi capire. “Teneteci presente per i progetti che avete. Che te serve?
Che posso fare? Come posso guadagnare? Te serve il
movimento terra? Che ti attacchi i manifesti? Te lo faccio…”. Ma stia attento
l’amico politico perché “se
poi vengo a sapere che te lo
fa un altro, allora è una cosa
sgradevole”. Mai minacce
esplicite, Mafia Capitale i
politici preferiva stipendiarli, addolcirli, accarezzarli, come nella migliore
tradizione delle mafie italiane. Carminati, però, aveva
fatto un passo in avanti: i
politici bisognava prenderseli. Come Mancini, il braccio destro di Alemanno
piazzato all’Ente Eur, che
quando lo arrestarono l’organizzazione gli affiancò un
avvocato di fiducia per controllarlo meglio. Massimo
Carminati, un “pirata” vero,
aveva la capacità di muoversi in mondi diversi. La strada e gli affari più sporchi.
“Lo strozzo”. L’usura a Roma si chiama così e copre un
giro di affari di 3,3 milioni
di euro ogni anno. Guai a
chi capitava sotto le grinfie
A DISPOSIZIONE
”Teneteci presente
per i progetti che avete.
Che te serve?
Che posso fare? Te serve
il movimento terra? Che
ti attacchi i manifesti?“
dei suoi esattori. “Me devi
porta’ i sordi, me devi da’ 1.500
euro, so’ sei mesi... vengo lì e
te stacco il collo”. Il clan non
aveva pietà. Sentite come risponde Roberto Lacopo a
un creditore che gli dice di
essersi rivolto a un suo amico ispettore di polizia: “Nun
me ne frega un cazzo. Io so
solo che me devi da’ i soldi e
basta... fai venì chi cazzo te
pare poi ti faccio vedé io chi
so. Manda ‘sto cazzo, me fa
‘na pippa. Portame i sordi, te
conviene”.
Riccardo Manattini, imprenditore, anche lui è finito nella morsa dei cravattari. Lo aspettano sotto casa e
lo massacrano. Inutile il suo
lamento con Lacopo. “Mi
hanno massacrato ieri sera
in via Cola... avevi detto che
nun me toccavano”. Lacopo,
l’esattore, ascolta e sentenzia impietoso: “Quando
uno picchia qualcuno è perché se vede che ha fatto
quarcosa, sennò uno nun lo
picchiano”.
RECUPERO crediti fatto di
minacce (“il dieci me porti i
soldi, nun sgarrà che t’am-
mazzo a te e a tutti i figli
tuoi, pezzo de merda”), ma
anche di ammiccamenti:
“Nun me fa venì a casa, nun me
fa scomodà”. Il “romanista”,
Massimo Perazza, è uno che
non ha pagato le tante “strisciate” (debiti) lasciate in giro, lo corcano e lui si lamenta. “Ma è normale una reazione come quella? Ho una
gamba massacrata, dietro al
collo è tutto un taglio”.
Un certo Saccaroni resiste e
non vuole vendere un terreno a Carminati e soci. Si
sfoga con un amico: “Mi
hanno detto vendi, tanto lì
tu non farai mai niente, perché come apri te armiamo un
casino… tu sai che hai un
nemico. Preparati”. Non solo strozzo, la Mafia Capitale
puntava a diventare mafia
spa. La filosofia di Carminati non si fermava alla
semplice “protezione”. Gli
imprenditori
avvicinati
“devono essere nostri esecutori, devono lavorare per
noi”.
8
ROMANZO CRIMINALE
VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014
P“Gizzo
per produrre
omorra”:
condannato boss
L’ex sindaco di Roma
AVEVANO CHIESTO il pizzo alla società di produzione della famosa Gomorra - la serie. Per questo il boss di Torre Annunziata Francesco Gallo, il
padre, Raffaele, e la madre, Annunziata De Simone, sono stati condannati a otto anni di reclusione per estorsione aggravata dal metodo
mafioso. La società intimata di pagare è la Cattleya che al processo non si è costituita parte
il Fatto Quotidiano
civile. La sentenza è stata emessa ieri dal gup
Paola Piccirillo. Il pm Pierpaolo Filippelli aveva
chiesto una condanna a nove anni. I tre imposero
alla società, che stava girando la fiction nella villa
del boss, il pagamento di un importo maggiore
rispetto a quello pattuito. La produzione aveva
firmato un vero e proprio contratto da 30 mila
euro per sei mesi.
Francesco Rutelli
Ora una giunta straordinaria
senza macchia né paura
di Antonello Caporale
cattive.
C
Nessuno ha mai potuto corrompermi, e oggi sono più povero di ieri. Questo è un fatto.
om'è Roma e come
sono i romani? Riapriamo i libri, prendiamo Marziale o
Giovenale. Oppure saltando
per secoli arriviamo ai sonetti
di Belli, o anche a Pasolini. Se
siamo rattristati dai libri fermiamoci davanti alla tv e rivediamoci la serie sui Borgia. Roma è quella. Eterna plebe che
solo in casi straordinari si fa popolo, diviene cittadinanza attiva. Diceva Maurizio Ferrara
che questa città ha un eterno,
imperforabile fondo limaccioso.
Francesco Rutelli entrò in Campidoglio da sindaco nel 1993. Ne
uscì nel 2001. Conosce le tribù,
le origini degli abiti di sartoria,
le virtù dei palazzinari, le connessioni e le distrazioni della
città eterna.
Leggendo i nomi degli indagati
di qualcuno prevedevo l'esito,
di qualche altro purtroppo no.
Ho conosciuto molti fetenti. Le
elezioni che vinsi furono precedute da una grande retata. Metà
giunta Carraro era finita agli arresti e si scoprì il tariffario del
5% sugli appalti. Un cinque secco a favore del ceto politico dominato da Dc e Psi. Non c'era
azienda municipalizzata che
non subisse questo taglieggiamento e non c'era vertice che
non provvedesse a intascare
buste.
Erano gli anni del democristiano
Sbardella, detto lo Squalo, dei
socialisti di Paris dell'Unto.
Era una città suddita e corrotta.
Perfino le occupazioni abusive
delle case popolari erano gestite
nelle segreterie degli assessorati. Il patrimonio immobiliare
pubblico non era censito. Io
non trovai non dico un compu-
Il Giubileo, che lei gestì, fu l'età
dell'oro per gruppi affluenti, divenuti ancora più ricchi e ancora
più potenti.
Il Giubileo è costato 3.000 miliardi di lire e non c'è stato un
arresto né un avviso di garanzia. Le opere si vedono: terza
corsia della Roma-Fiumicino,
sottopasso di Castel Sant'Angelo, la linea ferroviaria urbana
Roma-La Storta e centinaia di
cantieri chiusi nei tempi previsti.
Nessun arresto non equivale a
nessuna mazzetta.
PRIMO CITTADINO
della Capitale dall’8 dicembre 1993 all’8 gennaio del 2001
ter, ma uno straccio di documento che mi certificasse dove
fossero i nostri immobili, quale
valore avessero. Per farle capire: nessun telefono del Campidoglio era attivo. Nessun funzionario rispondeva al telefono. Avevi bisogno di un mediatore che gestisse le tue relazioni,
un conoscente, un amico, un
cugino, oppure a te cittadino
era precluso ogni diritto.
Lei dunque trovò un manipolo di
sfaccendati, alcuni tra essi con
pericolose inclinazioni criminali.
C'erano naturalmente persone
perbene. Mi sono salvato perché ho potuto godere di uno
staff meraviglioso. E mi sono
salvato anche perché sono incorruttibile.
Avvistava i ladri?
Arrivavano periodicamente segnalazioni di manomissioni, di
frodi pubbliche, di inghippi vari. Il mio capo della segreteria,
Roberto Giachetti, prendeva
tutte le missive, attraversava
Piazza Venezia e le consegnava
alla stazione dei Carabinieri,
quella che fa angolo con via del
Corso.
Roma è irredimibile.
Se vuoi fare da solo ti scortica
vivo. Nessun uomo al comando
ce la può fare. Marino deve dare
vita a una giunta straordinaria.
Lei dice uomo solo al comando?
Matteo Renzi, il cui talento ha
certificato prima di tutti cos'è?
E non si salva nemmeno lui se
immagina di cambiare il mondo da solo
Figurarsi Marino.
Vieni stritolato da una macchina mastodontica nella quale è
impossibile scorgere la truffa
prima che si realizzi. Roma è
così grande, esposta al sentimento del piacere e alla logica
della furbizia, così vogliosa di
affari e generosa nei traffici, che
riflette la sua indole nelle strizzatine d'occhio, nelle distrazioni decisive, nelle manipolazioni
e nelle vere e proprie furfanterie.
Devo ricordarle che anche lei ha
avuto defaillance significative.
A Lusi, il tesoriere della Margherita, consegnò la cassa del
suo partito, poi amabilmente
fatta sparire.
È stata una cattiva scelta di cui
mi sono fatto carico e ho dato
conto. Ho pagato a caro prezzo,
ma era mio dovere portare
quella responsabilità. Posso dire di aver documentato la pulizia dei miei comportamenti. È
stato condannato per calunnia
nei miei confronti, tutto il maltolto sequestrato e 6 milioni e
mezzo di euro già destinati allo
Stato. Resta ancora parecchio
da riprendergli. E sarà fatto.
Solo per dirle che avrà fatto tante cose buone, ma alcune anche
Altro che mazzette. Quella
squadra, da Gentiloni a Tocci,
da Lanzillotta a Giachetti a Sensi è al vertice di governo e Parlamento. Finora nessuno che
abbia dimostrato fatti significativi di rilevanza penale. E non
c'è stato un morto nei cantieri,
anche questo è un dato non trascurabile. E tutte le altre opere?
E le 150 piazze restaurate o fatte
ex novo? E l'Auditorium di Renzo Piano? E il Maxxi?
Restiamo al Giubileo: ha significato anche la dittatura del cemento.
Posso dirle con cognizione di
causa che da me Caltagirone, il
più noto degli imprenditori, ha
subìto una decurtazione della
sua imponente capacità edificatoria. Con l'adozione della
clausola di salvaguardia le previsioni sono state ridotte di 60
milioni di metri cubi.
Una curiosità: ma i Casamonica
erano vivi e vegeti anche con
lei?
Anche con me. Molti negli anni
sono stati arrestati, la tribù è
grande.
E i Tredicine, il loro monopolio
ATTRAZIONI
FATALI
Nella Capitale
impossibile scorgere
la truffa prima
che si realizzi: è così
esposta al sentimento
del piacere e alla
logica della furbizia
dei banchetti di frutta sparsi nel
centro storico?
Ogni mio provvedimento fu rigettato dal Tar. I Tredicine godono di avvocati stellari e, presumo, di una costruzione burocratica eccellente sulla quale
campano i loro baretti su gomma. Tutte le carte a posto, una
perfezione che sa di qualcos'altro.
Di collusione?
È figlia di un sistema di relazioni.
È figlia della corruzione, forse.
Com'è Roma ce l'ha ricordato
Marziale prima e Giovenale
poi. Non la scopriamo questa
sera.
Roma è però inquisita per mafia. C'è stato un golpe dolce della criminalità organizzata.
Lei alza troppo l'asticella. Si può
parlare di golpe se i rami alti
della amministrazione vengono coinvolti.
Per rami alti cosa intende?
Sindaco e giunta. Oggi c'è il fondo limaccioso che sale e rompe
gli argini. Per difendersi bisogna contrattaccare. Bisogna
che il sindaco componga una
giunta straordinaria, di salute
pubblica. E coinvolga tutti: dai
grillini alle individualità oneste
e significative della destra come
Croppi, di gente come Marchini, di una società civile senza
macchia e senza paura.
PARITÀ CRIMINALE
Le donne violente del mondo di mezzo
di Antonio Massari
nomici e decisionali della pubblica
amministrazione”.
a “burocrazia illecita” – scrivono È una donna, Nadia Cerrito, diretta
gli inquirenti descrivendo la ma- collaboratrice di Buzzi, che custodisce
fia romana - è costituita da quel “ca- il “libro nero”, ovvero “le scritture
pitale umano” a disposizione degli or- contabili illecite”. È lei che “tiene la
gani apicali”. A disposizione di Sal- contabilità dei flussi finanziari esterni
vatore Buzzi e Massimo Carminati, e interni all’organizzazione”. Alesprecisa la procura, e questo “capitale sandra Garrone “condivide i progetti
umano” è prevalentemente femmini- criminali” del suo compagno, Salvale. È questo il ruolo
tore Buzzi. Esistono
delle donne di Mafia
altre donne, come
capitale. A loro, nella
Martina Sonni, ex
FALSARIE
maggior parte dei camoglie di Angelo
si, viene affidato il
Angelucci che nei riNell’organizzazione
compito di redigere
guardi di Mafia capifalse fatturazioni,
tale nutrono ben alredigono false
d'occuparsi
del
tro atteggiamento:
fatturazioni,
“transito e della con“La Sonni – si legge
segna di flussi finannegli atti - già amante
e controllano “i flussi
ziari illegali”, di predi Michele Senese (aldisporre “documenfinanziari illegali”. Senza tro boss, non cointazione falsa per altevolto in questa indarinunciare alle minacce gine, ndr) aveva usurare i processi eco-
L
fruito del sostegno fornitole da quest’ultimo per minacciare l’ex marito Angelucci
Alessandro, e la famiglia di questi, in merito a questioni giudiziarie inerenti alla
causa di separazione. A seguito dell’arresto di Senese – continua il gip - la donna
aveva riferito di aver intrapreso una relazione sentimentale con Carminati, elemento che aveva notevolmente spaventato il coniuge”.
E DELLA VICENDA Gennaro Trinchillo, parla con Alessia Marini, conviven-
te di Carminati spiegando di averla appresa da “un amico imprenditore di altissimo livello”. Trinchillo spiega che “l’ex
marito di una donna si era mostrato molto
preoccupato delle minacce rivoltegli
dall’ex moglie utilizzando il nome di Carminati”. Ma si tratta di una bufala –
spiega Trinchillo – e , a sua volta, la
Marini spiega a un amico: “Questa va a
dì in giro che... lei sta insieme a Massimo
...al marito gli dice ‘o mi dai i soldi o ti faccio
rompe il culo dal mio fidanzato... la gente si
atteggia...'io sò figlio de quà... io sò il figlio
de là’ ...una che va a dire in giro che è la....
che è la fidanzata e che fa le interviste... per
di ‘te rompo il culo’ all'ex marito...[…] anziché dì ‘vado dall'avvocato’ ...no! ‘..io chiamo Massimo Carminati’”.
proprio in Carminati – concludono veniva chiarito dalla successiva
espressione della Cerrito: ‘Carminati ce
sta tutti pezzi grossi c'ho, mo’ gli do quelli...
da venti non ce ne ho manco uno lo sai?'”.
Il “capitale umano”, la “burocrazia illecita”, le donne coinvolte nell'inchiesta, come “Rossana Calistri che, in qualità
La collaboratrice di Buzzi, invece, gestisce la cassa per chiunque ne ha bi- di addetta alla Commissione, si adoperava
sogno: tocca a Nadia Cerrito predi- per favorire l'aggiudicazione, in data 14
sporre le buste di demaggio 2013, in favore
naro “annotando,
di cooperative ricondusulle stesse, le iniziali
cibili a Salvatore Buzzi,
IL TRIANGOLO
delle persone alle
di una nuova gara per la
quali sarebbero state
sistemazione del verde
“Lei sta insieme
poi consegnate”. I
pubblico del Comune di
carabinieri del Ros
a Massimo ...al marito Roma, a discapito della
intercettano Buzzi
cooperativa ‘Il Solco’,
gli dice ‘o mi dai
mentre dice che una
nonostante quest'ultidelle buste è destinama, a dire degli stessi
i soldi o ti faccio
ta “a Massimo, indipubblici ufficiali intecando come iniziale
ressati, avesse tutti i rerompe il culo dal mio
‘C’, e che Massimo
quisiti per vincere la gafidanzato...”
‘C’
s’identificasse
ra sopra indicata”.
RENZISMI
il Fatto Quotidiano
Sla aipem:
è ufficiale,
Russia ha sospeso
South Stream
IL PROGETTO South Stream - il gasdotto che doveva arrivare all’Europa continentale attraverso il
Mar Nero “dribblando” l’Ucraina - è ufficialmente
congelato. Vladimir Putin lo aveva annunciato
qualche giorno fa, ma ieri la notizia è diventata ufficiale. Saipem infatti, società controllata dell’Eni,
ieri ha annunciato di aver ricevuto la notifica ufficiale di sospensione dal consorzio fondato da
Gazprom ed Eni nel 2007 e che vede impegnati in
prima linea colossi come la francese Edf e la tedesca Wintershall. In particolare, ha precisato Saipem, “la notifica riguarda tutti i mezzi navali ad oggi
impegnati nelle attività relative alla posa delle tubazioni”. Risultato: “Allo stato attuale non è possibile determinare gli impatti economici della sospensione in quanto non è nota la durata né è pre-
MEZZO CONDONO, AMNISTIA PIENA
VIA AL “RIENTRO DEI CAPITALI”
APPROVATA LA LEGGE CHE CONSENTE DI AUTODENUNCIARE AL FISCO I SOLDI IN NERO
NASCOSTI IN ITALIA O FUORI IN CAMBIO DI SANZIONI MINIME E REATI CANCELLATI
di Marco Palombi
C
entoundici voti a favore. Tanti ne sono
bastati ad un’Aula del
Senato
particolarmente disabitata per approvare
la legge sul rientro dei capitali
illecitamente detenuti tanto
all’estero che in Italia e sancire
che per il governo Renzi (come
a quello Letta, che propose per
primo la norma) è lecito proporre ai cittadini uno scambio
tra legalità e gettito erariale. Sei
miliardi e mezzo, per la precisione, tanto secondo il governo
entrerà nelle casse dello Stato.
All’approvazione della legge
sono seguiti feste e complimenti per tutti: “Non è un condono,
si paga tutto”, ha twittato il ministro dell’Economia Pier Carlo
Padoan; “è proprio #lavoltabuona”, ha buttato lì Renzi; “da oggi
l’autoriciclaggio è legge dello
Stato: è un importantissimo risultato, per nulla scontato”, ha
esultato il ministro Orlando.
TANTA GIOIA andrebbe con-
temperata con le facce lunghe
dell’Agenzia delle Entrate, i cui
vertici non sono contenti del
modo in cui la legge è uscita dal
Parlamento. Anche un esperto
come Vincenzo Visco - tra i
maestri dell’attuale direttore del
Fisco Rossella Orlandi - l’ha
messa giù dura in questi mesi:
“Il tema del ‘rientro’ dei capitali
illegalmente depositati all’estero è un tormentone che caratterizza il dibattito politico italiano da una decina d’anni. Gli argomenti a favore sono noti e sono sempre gli stessi, una volta
(pudicamente) espunto quello
reale, vale a dire la tutela degli
interessi degli evasori”.
Vediamo come funziona. Chi
abbia evaso il fisco accumulando soldi in nero all’estero o anche in Italia (aggiunta che rende
bizzarra l’espressione “rientro
dei capitali”) può autodenunciarsi all’Agenzia delle Entrate
entro il 30 settembre 2015 approfittando della procedura di
volontary disclosure: si dice da dove provengono i soldi, dove sono, si forniscono tutti i materiali
utili a tracciarli e si paga il dovuto subito o in tre rate mensili.
Sotto i due milioni per deposito,
ad esempio, l’aliquota è il 27 per
cento (più bassa di quella che sarebbe stata pagando le tasse),
DATECI I SOLDI
Il governo rinuncia
al principio di legalità
per incassare 6 miliardi.
Ok all’autoriciclaggio,
ma il nuovo reato sarà
inapplicabile nella pratica
cui si aggiungono l’assenza di
more per i ritardi e il quasi azzeramento delle sanzioni (ridotte fino al 3 per cento della
somma evasa) per chi ha i soldi
in Italia o in Paesi che hanno accordi fiscali col nostro (la Svizzera, per dire).
Insomma, non si paga proprio
tutto come dice il ministro
dell’Economia, ma la parte più
fastidiosa è senz’altro quella penale, che realizza una sorta di
amnistia mascherata: l’autode-
9
VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014
vedibile la decisione finale del cliente”. La diplomazia europea e russa è comunque già al lavoro per
trovare una situazione: “South Stream può essere
costruito”, ha detto ieri il presidente della Commissione Ue, Jean-Cluade Juncker, dopo un incontro col governo bulgaro. Anche il rappresentante
russo in Ue, Vladimir Cizhov, non ha chiuso del
tutto alla possibilità che il gasdotto sia realizzato.
PROMEMORIA PER MATTEO
di
Ma. Pa.
Jobs Act copiato,
le bugie le dice Renzi
P
artiamo dalla fine: Matteo Renzi - come dirlo?
- ha una certa tendenza a distorcere o omettere
la verità nei suoi interventi pubblici. Non diremo
che è un bugiardo, ma non ci opporremmo se qualcuno volesse chiamarlo così. Mercoledì sera su La7,
per contestare un pezzo del Fatto Quotidiano che individuava inquietanti parentele (al limite del copia
e incolla) tra il Jobs Act e le Proposte messe nero su
bianco da Confindustria a maggio, ha risposto così
a Marco Travaglio: “Il testo della delega sul lavoro è
stato presentato dal governo ad aprile: se lei ha un
documento di maggio è arrivato tardi”. Renzi
omette di dire che la delega di aprile era una scatola
vuota, mentre gli emendamenti del governo “copiati” dal testo di Confindustria sono stati presentati rispettivamente in Senato a settembre (demansionamento, controlli a distanza sui lavoratori,
estensione dei contratti di solidarietà) e alla Camera a ottobre (addio all’articolo 18). Tutte cose di cui
non si parlava nel Jobs Act presentato da Renzi a
gennaio ed entrate in ballo solo dopo la pubblicazione dei desiderata degli industriali. Già che ci siamo, il premier farebbe bene a rendersi conto che i
dati destagionalizzati sugli occupati tra febbraio e
ottobre raccontano di un aumento di 51 mila unità
- non centomila o 150 mila - e peraltro in andamento altalenante (in sostanza, trattandosi di stime su 22 milioni e dispari di unità, statisticamente
il numero degli occupati è fermo). Pure sui dossier
del commissario Carlo Cottarelli sulla spending review Renzi è stato diversamente veritiero: Palazzo
Chigi non li ha pubblicati, anzi ne ha impedito la
divulgazione. Questo è quanto, presidente, lo tenga
a mente per la prossima volta.
L’autodenuncia è vietata se la Finanza ha già contestato l’evasione Ansa
nuncia, infatti, esclude la punibilità per i delitti di dichiarazione infedele e omessa dichiarazione, per quelli di omesso versamento di ritenute certificate e
di omesso versamento di Iva e
pure per la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture
o altri documenti per operazioni inesistenti e per la dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici. Questi ultimi sono i
classici reati fiscali legati al falso
in bilancio (che Renzi ad agosto
aveva promesso pure di far tornare reato com’era prima della
“riforma” di Berlusconi). Se la
passano liscia, ovviamente, anche bancari, commercialisti e
altri intermediari che hanno
aiutato l’evasore.
UNA PARZIALE buona notizia è
l’inserimento nel codice italiano del reato di autoriciclaggio.
La formulazione finale però, anche se non è pessima come quella che aveva presentato il gover-
no Renzi, sembra pensata comunque per rendere il nuovo
strumento di fatto inapplicabile. Una soglia, infatti, divide in
due il nuovo reato: pena da 2 a 8
anni per chi reimpiega i soldi o i
beni frutto di un reato da lui
stesso commesso, nel caso questo sia punibile nel massimo con
5 anni. Sotto la soglia, pene risibili - da 1 a 4 anni - e relativa
impossibilità di chiedere intercettazioni o effettuare arresti.
Peccato, a questo punto, che
sotto la soglia ci siano cosette
come l’appropriazione indebita
e la dichiarazione fiscale infedele, reati che sarebbe assai utile
perseguire in questo contesto.
Depotenziato, invece, un pezzo
dell’emendamento del governo
che sosteneva che non si dà autoriciclaggio “quando il denaro,
i beni o le altre utilità vengono
destinate alla utilizzazione o al
godimento personale”. Come
dire: autoricicla solo chi lo fa per
altri.
SPESA DA 5,4 MILIARDI
Sì (con paletti) alle nuove navi da guerra
di Daniele Martini
a commissione Difesa delL
la Camera ha approvato
l’acquisto delle navi da guerra
per quasi 5 miliardi e mezzo di
euro di cui ha dato notizia il Fatto Quotidiano di ieri. L’assenso
non è stato però fornito a scatola chiusa, senza condizioni.
Anzi, forse anche in seguito alle
segnalazioni del nostro giornale, i parlamentari hanno posto
al governo di Matteo Renzi una
serie di condizioni stringenti.
Cinque, per la precisione, una
più precisa dell’altra. A cominciare da quella che impone tagli
per nuove spese militari.
NON È POCA cosa nella storia
non sempre esemplare degli
onerosissimi - e spesso opacissimi e arbitrari - stanziamenti
per nuovi sistemi d’arma (aerei,
navi, carri armati, sommergibili, missili, ecc). Finora i parlamentari non potevano far altro
che acconciarsi a svolgere un
ruolo passivo di passacarte, più
o meno convinti delle scelte governative o al contrario di contestatori inutilmente riottosi.
Ieri pomeriggio questo andazzo
è stato per la prima volta superato.
Esaminando
la faccenda
dell’ammodernamento della
flotta, i parlamentari hanno applicato in pratica la legge 244 di
2 anni fa, in particolare il famoso - almeno nell’ambiente militare - “lodo Scanu” (da Gian
Piero Scanu, ascoltato deputato
Pd della commissione Difesa)
che rappresenta una svolta positiva nei rapporti tra governo,
Parlamento, stati maggiori e
imprese fornitrici di armi. Il più
importante dei cinque paletti di
contenimento posti dai deputati è quello che riguarda gli stanziamenti militari futuri. Siccome, sempre in base alla legge di
2 anni fa, per l’acquisto di armi
non può essere utilizzato più
del 25% dello stanziamento annuale per la Difesa, e siccome
IERI ALLA CAMERA
Dopo l’articolo del Fatto,
il Parlamento dà il via
libera alla spesa,
ma costringe la Difesa
a tagliare l’acquisto
di altri sistemi d’arma
con la spesa per le navi questo
plafond è già ampiamente superato, nel parere approvato ieri i deputati hanno invitato il
governo a chiarire “in che modo intenda garantire tale obiettivo all’interno del prossimo
documento programmatico
pluriennale”.
IL DOCUMENTO dovrà essere
presentato entro marzo e se il
governo non vorrà ingaggiare
un braccio di ferro con i deputati della sua stessa maggioranza in commissione Difesa, sarà
costretto ad indicare i tagli su
altri acquisti futuri, presumibilmente dell’Aeronautica e
dell’Esercito. Provocando, è facile prevederlo, le rimostranze
degli stati maggiori interessati.
L’altro vincolo riguarda le navi
da rottamare. La scheda pre-
sentata ai deputati dal governo
a sostegno della necessità di
ammodernare la flotta si basa
sul presupposto che il naviglio
attuale è vecchio e da dismettere. E allora i deputati hanno
imposto al ministro della Difesa
di “trasmettere l’elenco delle
singole unità navali precisando
per ognuna di esse la data di entrata in linea operativa e la data
della prevista cessazione”. Un
modo esplicito per evitare giochetti delle tre carte spesso usati
in passato per giustificare le
spese per nuove armi.
I deputati hanno voluto mettere i puntini sulle i anche a proposito delle manutenzioni, voce di spesa sovente considerata
con sufficienza come secondaria, ma che a conti fatti si mangia pezzi enormi degli stanziamenti pubblici. L’esperienza ha
Roberta Pinotti Dlm
insegnato che le aziende, dopo
essersi assicurate commesse
militari a prezzi apparentemente vantaggiosi, si sono poi rifatte
pigiando l’acceleratore proprio
sulla manutenzione. Per questo
i deputati hanno vincolato il governo a sottoscrivere contratti
in cui i lavori di manutenzione
siano prevalentemente svolti in
house, nel caso specifico nei
cantieri della Marina. Infine i
parlamentari hanno imposto al
governo la trasmissione dei
contratti di acquisto delle navi e
chiesto che la flotta sia integrabile nei sistemi di difesa alleati.
10
ECONOMIA
VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014
M
ucchetti (Pd):
“All’Ilva vada
Andrea Guerra”
di Giorgio Meletti
I
l fatto più appariscente
è che il governo, attraverso la Consip – la società che cura gli acquisti centralizzati per lo Stato –
sta per affidare i servizi telefonici e Internet di tutta la pubblica amministrazione per i
prossimi sette anni al segretario del Pd della Sardegna, Renato Soru. Eppure non è questo l'aspetto più assurdo della
gara per il cosiddetto Spc (servizio pubblico di connettività)
che sarà chiusa nelle prossime
settimane. La vicenda illumina
una singolare concezione della
spending review: anziché puntare a comprare meglio spendendo meno, la gara Consip
darà a molte pubbliche amministrazioni una connessione
alla rete Internet peggiore di
quella avuta finora. E paradossalmente si è deciso di destinare il risparmio ottenuto
(1,5-2 miliardi di euro) agli investimenti pubblici sulla banda larga: due passi indietro subito per farne uno avanti fra
sette anni.
VOGLIAMO CHIEDERE al manager, che
Renzi considera un fuoriclasse, un impegno all'altezza della sua reputazione? Perché non affidare l'Ilva a Guerra? Per lui sarebbe una grande sfida dopo i successi di
Luxottica. Per i mercati sarebbe una bella
garanzia. Magari in vista di una quotazione
in Borsa dell'Ilva risanata o dell'Ilva più Ar-
vedi. Per il governo sarebbe un salto di qualità nel segno della competenza”. Questa è
la proposta che il senatore del Pd Massimo
Mucchetti, presidente della Commissione
industria. Mucchetti segue da mesi il dossier Ilva: considera un errore aver sostituito
il commissario Enrico Bondi con il consulente del governo Piero Gnudi. Ma soprat-
LO STATO RISPARMIA
CON INTERNET A PEDALI:
CI GUADAGNA SOLO SORU
IMPRENDITORE, SEGRETARIO DEL PD SARDO E PARLAMENTARE
EUROPEO RENZIANO: CON UN RIBASSO DELL’89% È IN TESTA
NELLA GARA CONSIP PER LA CONNESSIONE DEGLI ENTI PUBBLICI
La Borsa ha capito
che la politica conta
A questo punto il contribuente
avrebbe tutto il diritto di pensare che nel mercato telefonico
costi e prezzi si calcolino tirando i dadi. Il meccanismo di gara
prevede che al vincitore vada il
52 per cento della fornitura, e ai
tre che lo seguono in graduatoria tre lotti pari al 16 per cento
ciascuno. Al secondo posto c'è
British Telecom Italia che ha
offerto 423 milioni, al terzo Fastweb con 715 milioni. Ciò significa che Fastweb e Telecom,
se vincesse Tiscali, dovrebbero
fornire il servizio a un terzo del
miglior prezzo che avevano ritenuto di sostenere. Oppure rinunciare e mandare la gara deserta, perché il regolamento
esclude il vincitore unico.
Chi ha l'occhio più lungo su
questi intrecci tra politica e af-
tutto ha chiaro che, qualunque sia il ruolo
dello Stato, nell’attesa di un compratore
per l’Ilva bisogna risolvere i problemi finanziari e attuare un coraggioso piano industriale. Un commercialista come Gnudi
non basta, serve un manager come Guerra,
ex ad di Luxottica e da pochi giorni nella
squadra dei consulenti del premier.
Qui sotto Renato Soru,
classe 1957, europarlamentare del Pd e azionista di
controllo di Tiscali Sopra
l’ad della Consip, Domenico
Casalino Ansa LaPresse
AZIONI IN RIALZO
La Borsa scommette
sul successo
dell’operazione, grazie
anche al doppio ruolo
politico del proprietario
di Tiscali
La banda poco larga,
nei requisiti del bando
La Consip ha lanciato l'anno
scorso la gara per dare telefonia
e Internet a tutte le amministrazioni pubbliche centrali e
locali. Il bando è stato scritto in
modo generoso. Per esempio si
chiede banda larga su fibra ottica solo per i 20 capoluoghi di
regione, nel resto d'Italia ci sarà
la connessione a 4 megabit, che
ormai farebbe schifo a un liceale, figurarsi a un ospedale. “Ma
se avessimo chiesto 30 mega
per tutto il Paese non ci sarebbe
stato nessun operatore in grado di partecipare”, si difende il
numero uno di Consip Domenico Casalino.
Il criterio di gara è la migliore
offerta economica. Il 13 maggio scorso sono state aperte le
buste e la migliore offerta è risultata quella di Tiscali, la società cagliaritana di Soru. Cifre
da sogno, direbbe Briatore: 265
milioni per dare telefonia e Internet a tutta la pubblica amministrazione centrale e locale
per sette anni. La base d'asta era
2,4 miliardi, il ribasso dunque
dell'89 per cento. L’offerta di
Telecom Italia, quarta classificata, è stata di 746 milioni, il triplo di Tiscali.
il Fatto Quotidiano
fari è la Borsa. Dopo l'apertura
delle buste, il 13 maggio, il titolo Tiscali è crollato, perdendo in due giorni circa il 7 per
cento. L’azienda di Soru naviga
da sempre in cattive acque. Il
Quantitative easing
suo fatturato è 72 volte inferiore a quello che Telecom Italia fa
nel solo mercato domestico, e
nel 2013 ha investito 25 milioni
di euro, un centoventesimo dei
3 miliardi messi in campo da
Telecom Italia, ma anche un
ventiduesimo dei 565 milioni
spesi da Fastweb. La sua offerta
stracciata somiglia troppo
all’attacco agli Stati Uniti del
ducato di Grand Fenwick (“Il
ruggito del topo”, 1959) per essere presa sul serio. Scommettendo sulla esclusione di Tiscali dalla gara come “offerta anomala” gli investitori corrono a
vendere le azioni che avevano
comprato poco prima. Infatti
nella settimana di febbraio che
ha portato Matteo Renzi a palazzo Chigi, la pur zoppicante
Tiscali del suo capocorrente in
Sardegna ha messo a segno una
crescita dell'80 per cento, con
volumi scambiati 10-12 volte la
media. Dal picco di 0,795 euro
toccato il 25 febbraio, giorno in
cui Renzi ha ottenuto la fiducia
dal Parlamento, il titolo è così
tornato a vegetare intorno a
quota 0,4 euro. Poi, lo scorso 24
novembre, il nuovo sussulto.
Di colpo, senza motivo apparente, Tiscali guadagna in Bor-
sa in pochi giorni il 30 per cento. E ancora ieri la società di Soru è volta, chiudendo la giornata con un +3,17 per cento.
Dopo l'apertura delle buste del
13 maggio e conseguente crollo
in Borsa, Soru ha messo a segno
due colpacci. Il primo è stata
l’elezione all’europarlamento,
il 25 maggio, festeggiata con
l'annuncio “adesso sono Merkel e Renzi i due leader d'Europa”. Il secondo, il 26 ottobre
scorso, è stata l'incoronazione
a segretario regionale del Pd,
per la quale non è stato d'ostacolo il processo in corso per
evasione fiscale (ma per i renziani sardi, come insegna il caso del sottosegretario Francesca Barracciu, le disavventure
giudiziarie non intralciano
bensì agevolano la carriera politica).
La riunione per convincere
che l’offerta è sostenibile
Soru, che negli anni in cui fu
governatore della Sardegna
(2004-2009) ha formalmente
lasciato la guida di Tiscali, non
trova imbarazzante concorrere a pubblici appalti da europarlamentare e segretario regionale del partito di governo.
E così adesso l’imbarazzo è tutto della Consip e di Casalino,
che dovrebbe escludere dalla
gara Spc l’amico del premier
mentre è in scadenza e alla ricerca di una nuova poltrona.
Finora ha preso tempo, spendendo sei mesi in richieste di
documentazione a Tiscali per
verificare la sostenibilità economica dell'offerta. La prossima settimana ci sarà la riunione decisiva con la società di Soru. Tiscali dovrà convincerlo di
poter offrire telefonia e Internet a tutta la pubblica amministrazione a un terzo del prezzo
proposto da Telecom Italia.
Purtroppo per Casalino, e per
tutti gli italiani, la strada della
spending review è lastricata di
buone relazioni.
Twitter @giorgiomeletti
La Bce non si muove
I mercati perdono la pazienza con Draghi
di Stefano Feltri
sbank tedesca che continua a opporsi.
Draghi ha anche ribadito che l’obiettivo
l sentimento di ieri sui mercati fi- è riportare il bilancio della Bce sui livelli
nanziari era la delusione: la Banca di marzo 2012. Che equivale alla procentrale europea di Mario Draghi non messa di comprare fino a 1.000 miliardi
annuncerà a breve l'atteso Quantitative di titoli di Stato e altri asset per immeteasing, l'acquisto massiccio di titoli di tere liquidità nell'economia europea,
Stato, e se mai lo farà, il programma alleggerire i bilanci delle banche, spinnon sarà all'altezza delle attese.
gere la ripresa, lasciar correre un po'
l'inflazione e quindi ridurre il peso del
LE BORSE HANNO REAGITO male alla debito per chi deve pagare gli interessi
conferenza stampa mensile di Draghi, (erosi dall'inflazione). E allora perché i
anche se, in apparenza, avrebbero do- mercati hanno reagito così male? Piazza
vuto festeggiare: “L’acquisto di titoli di Affari ha fatto -1,97, il contagio è arStato rientra chiaramente nel mandato rivato anche a Wall Street.
della Bce”, ha detto il presidente ag- La spiegazione è nei toni e nella prugiungendo due dettagli. Primo: con la denza: Draghi ha chiarito che il Quanbassa inflazione, nelle nuove stime sarà titative easing, dato ormai per certo, non
0,5 per cento nel 2015,
sarà il miracolo che in
Il presidente della Bce Ansa tanti attendono. Sarà
attuare misure straordinarie non è un'opsemplicemente
zione ma quasi un doun’operazione di polivere, perché non agire
tica monetaria – visto
che non si possono
equivale a una stretta
più tagliare i tassi di
di politica monetaria.
interesse nominali,
Secondo: la decisione
può essere presa anfermi allo 0,05 per
cento, si usa la leva deche a maggioranza,
cioè senza il parere
gli acquisti di titoli per
smuovere le cose – e
positivo della Bunde-
I
non sarà un sostegno ai governi. Nessuna “monetizzazione del debito”, vietata dai trattati e dallo Statuto Bce: i soldi, par di capire, andranno a chi ha titoli
di Stato in portafoglio, non ai governi
che emettono nuovo debito, come è
successo con i Quantitative easing degli
Stati Uniti attuati dalla Federal Reserve
negli ultimi cinque anni. La Bce ha un
problema monetario, ma non si sta caricando i destini dell'intera area euro,
come fece nel 2012 lanciando le operazioni Omt (la promessa di acquisti illimitati del debito di un Paese che facesse richiesta di aiuto). Questa volta gli
interventi non saranno mirati, ma erga
omnes, per tutta la zona euro. “Non siamo politici, abbiamo un mandato molto preciso”, ha sottolineato Draghi per
spiegare che non può essere lui a risolvere i problemi dei governi alle prese
con la stagnazione e la disoccupazione a
due cifre.
Anche i tempi sono incerti: se mai il
Quantitative easing sarà annunciato, bisognerà aspettare almeno febbraio, o
magari marzo, chissà. La Bce prende
tempo. La spiegazione di questa tattica
all'apparenza dilatoria la offriva il Financial Times di ieri: i Quantitative easing fun-
zionano soltanto prima di essere lanciati per davvero, perché gli investitori
comprano titoli di Stato sapendo che un
domani potranno rivenderli alla Banca
centrale. E così i rendimenti scendono,
assieme al costo per i governi di emettere nuovo debito: sul mercato i Btp italiani a dieci anni hanno un rendimento
bassissimo, sotto il 2 per cento.
MA QUANDO il Quantitative easing parte davvero e la Bce comincia a comprare, i rendimenti possono salire, cioè andare nella direzione opposta a quanto
sperato. “L’unica cosa sensata da fare
quando una Banca centrale stampa denaro è vendere bond. Il fatto che loro li
comprino non importa”, spiegava al Financial Times Laurence Mutkin di Bnp
Paribas. E se tutti vendono, il rendimento richiesto per detenere l'obbligazione in portafoglio aumenta. Morale: il
Quantitative easing di Draghi sta già funzionando, il debito costa sempre meno
e in sei mesi l'euro è passato da 1,36 dollari a 1,21. Quando la Bce comprerà
davvero, ci potrebbe essere il contraccolpo. A Draghi conviene tenere i mercati col fiato sospeso.
Twitter @stefanofeltri
MALITALIA
il Fatto Quotidiano
È ufficiale:
Ansaldo Energia
va ai cinesi
I CINESI AVANZANO ancora nelle
aziende più strategiche del capitalismo
italiano. Il Fondo Strategico Italiano,
braccio industriale della Cassa depositi
e prestiti (controllata dal Tesoro), ha
annunciato ieri la cessione del 40 per
cento di Ansaldo Energia a Shanghai
Electric Corporation (SEC), La vendita
era stata annunciata già l’8 maggio, ma
bisognava aspettare le autorizzazioni
governative e di Antitrust. Al Fondo
strategico resta in capo il 44,8 per cento di una delle aziende chiave della parte civile del business di Finmeccanica.
Ansaldo Energia e SEC collaboreranno
per la produzione di turbine a gas de-
VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014
11
stinate ai mercati asiatici e nello sviluppo di un centro di ricerca a Shanghai.
Ancora incerto il destino dell’altra Ansaldo, Sts (e Breda), è invece contesa
tra i giapponesi di Hitachi e un’altra
azienda cinese, Cnr. Il 40 per cento di
Sts è in mano a Finmeccanica.
Scandalo del sangue infetto,
il processo dopo vent’anni
SONO OLTRE 500 I MORTI PER IL PLASMA CONTENENTE EPATITE C E HIV IMPORTATO DALLA
MARCUCCI NEL 1993. MA SOLO ORA L’EX CAPO DEL SERVIZIO SANITARIO ANDRÀ IN TRIBUNALE
di Vincenzo Iurillo
U
Napoli
na strage che ha
avuto bisogno di
21 anni di indagini
preliminari
per
sfociare in un rinvio a giudizio.
Una strage silenziosa e dolorosa. Più di 500 morti, e la lista si
ingrossa di anno in anno: l’ultimo caso risale a luglio. È una
storia finita nel dimenticatoio
mediatico e giudiziario: quella
di Duilio Poggiolini, direttore
per 20 anni e fino al 1993 del
Servizio Sanitario Nazionale, e
degli speculatori del sangue infetto. È la storia di come, per negligenza, superficialità e voglia
di profitto, un paio di aziende
farmaceutiche del gruppo Marcucci importarono dall’estero
plasma di donatori mercenari
contagiati da Hiv ed epatite C,
chi doveva controllare non
controllò, 650 emofilici che
avevano bisogno di continue
trasfusioni furono infettati da
plasmaderivati non sicuri e si
ammalarono di Aids. Sono
morti a centinaia. Continuano
a morire, al ritmo di circa cinque casi all’anno.
VENTUNO ANNI sono trascorsi
dall’esplosione dello scandalo,
dall’iscrizione di Poggiolini nel
registro degli indagati, dagli interrogatori dei pm di Mani Pulite, in primis Antonio Di Pietro, dalla scoperta delle sue clamorose ricchezze ottenute grazie alle mazzette, tra quelle esibite nell’arredo della casa e
quelle nascoste nell’ovatta dei
divani e nei conti svizzeri intestati alla moglie. Scandalo nello
scandalo, la colpa di aver lasciato circolare sangue infetto,
sporco di virus. Che aveva già
ucciso e avrebbe continuato a
uccidere. Secondo i dati
dell’Associazione politrasfusi,
tra il 1985 e il 2008 sono state
2605 le vittime di trasfusioni
con plasma infetto, compresi
quelli contagiati da epatite C.
Sono 66 mila le richieste di risarcimento giunte dai pazienti
al ministero della Salute; a dicembre 2008 circa 49 mila persone hanno ottenuto un assegno di 1080 euro a bimestre. Il
risarcimento che lo Stato Italiano ha chiesto a Duilio Poggiolini è di 60 milioni di euro.
Eppure, mentre sul versante
delle tangenti nella sanità Poggiolini è stato condannato con
sentenza definitiva, il processo
penale per i plasmaderivati è
avanzato a passo di lumaca. Nato a Trento, rimbalzato tra Roma e Napoli, sarebbe già estinto
STRAGE INFINITA
Dopo le condanne
per Tangentopoli,
Poggiolini sperava nella
prescrizione: che non
arriva perché le vittime
continuano a morire
se nel 2007 un Gup di Napoli,
Maria Teresa De Simone, non
avesse accolto l’opposizione dei
legali delle parti offese, cestinando la richiesta di archiviazione per prescrizione avanzata
dalla Procura. Rideterminando
il reato da “epidemia colposa”,
prescritta, a “omicidio colposo
plurimo”. “La prescrizione ora
non scatterà più – afferma sicu-
Una protesta di malati emofiliaci da sangue infetto Ansa
ro l’avvocato Stefano Bertone,
che insieme a Ermanno Zancla
assiste i familiari di chi non c’è
più – perché purtroppo gli ultimi decessi sono recenti. Vite
rubate che stanno cercando il
loro colpevole”.
MA CI SONO VOLUTI sei anni e
mezzo tra la richiesta di rinvio a
giudizio del 2008 e il decreto che
lo ha disposto. Un vizio di notifica, la restituzione degli atti. Il
fascicolo che è rimasto a sonnecchiare quasi cinque anni nel
cassetto di un pm. Poi una nuova richiesta di rinvio a giudizio,
anzi due: una per Poggiolini,
stralciato per un vizio di notifica, e una per Guelfo Marcucci
e 8 dirigenti di Farmabiagini e
Aimaderivati. Per il re della sanità, il processo inizierà il 5 gennaio. Per gli altri, il 29 dicembre.
I dibattimenti saranno quasi
certamente accorpati: stessi fatti, stesse parti offese, i congiunti
di nove persone decedute tra il
2000 e il 2011 su tutto il territorio nazionale. Si costituiranno parti civili le associazioni degli emofiliaci Lagev, Comitato
210/92, Ate, Arlafe. E ovviamente i familiari delle vittime.
Giustizia tartaruga. Ma forse
siamo ancora in tempo.
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CINQUE STELLE
VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014
BNome
erlusconi: “Colle?
condiviso
e non di sinistra”
DOPO AVER LANCIATO il nome di Giuliano Amato, Berlusconi torna sul tema
della successione a Giorgio Napolitano
parlando con l’Huffington Post: ”Mi aspetto un percorso di condivisione che consenta di avere un presidente della Repubblica che non sia solo espressione della
sinistra, come è stato con gli ultimi, ma
il Fatto Quotidiano
che sia una figura di massima garanzia e di
rappresentanza per tutti gli italiani”. L’ex
presidente del Consiglio sostiene che il
prossimo inquilino del Colle dovrà mostrare una maggiore “sensibilità” riguardo
alla sua agibilità politica, di quella avuta
fino a oggi da Napolitano: “Non pongo
condizioni, non tratto su quello che con-
sidero un mio, un nostro ineludibile diritto.
Sono tuttavia convinto che l'Europa risolverà il problema prima del nuovo capo dello Stato”. Ma sul raggiungimento di un nome “condiviso” si mostra ottimista: "Sono
convinto che ci arriveremo, nel quadro di
quella collaborazione istituzionale che si è
già avviata con il Pd sulle riforme.”
CASALEGGIO: “STOP ESPULSIONI”
MA NEL M5S È ARIA DI SCISSIONE
IL GURU INCONTRA A ROMA IL DIRETTORIO: “NON CACCIAMO NESSUNO, CHI VUOLE
ANDARSENE FACCIA PURE”. VIA LIBERA AL RITORNO IN TV, VOTI CERTIFICATI SUL BLOG
di Luca De Carolis
S
e i dissidenti vogliono
andarsene facciano pure, liberissimi. Noi non
faremo nulla per cacciarli: piuttosto torneremo sui
territori, faremo rete. E cambieremo il blog, con un ente terzo
che certificherà le votazioni”.
Camera dei deputati, ufficio del
vicepresidente Luigi Di Maio,
primo pomeriggio. In un piovoso giovedì dove tira forte aria di
scissione, Gianroberto Casaleggio ratifica al direttorio la linea
del M5S sui critici: e quindi su
Pizzarotti, primo degli avversari. Stop alle espulsioni, sperando
che i malpancisti tolgano il disturbo da soli, come raccontano
le voci che parlano di nuovi
gruppi parlamentari quasi
pronti. Contrattacco sui territori, il grande bacino di consenso
del sindaco di Parma, con iniziative e la “condivisione delle informazioni” con gli amministratori locali. Ci sarà il riordino
dei meet up, spesso terra di nessuno, e più trasparenza sul blog
di Grillo, per togliere un eterno
argomento ai critici. “Serve una
rete a 5Stelle” ripete più volte
Casaleggio. Una piattaforma informatica e una messe di eventi
per riprendere il controllo sugli
L’attrice
eletti. Quegli amministratori
che domenica prossima affolleranno l’assemblea convocata a
Parma da Pizzarotti assieme a
parecchi dei parlamentari dissidenti. Così parlò Casaleggio nel
giorno del suo ritorno a Roma,
dove in serata si tiene un’assemblea congiunta (senza il guru).
Ed è innanzitutto la vittoria di
Di Maio: sempre più il numero
tre del M5S, primus inter pares nel
direttorio. È lui, assieme a Roberto Fico, a spingere da giorni
per la linea della cautela, così da
non dare pretesti ai ribelli e trasmettere l’idea di una nuova fase
del Movimento. Soprattutto in
queste ore complicate.
Roma, atteso da un paio di giorni. Il guru entra alla Camera in
tarda mattinata, su un minivan
nero. Elegante nel suo completo
con cappotto scuro, coppola sul
grigio e valigetta nera, va subito
nell’ufficio di Di Maio al primo
piano. Un membro dello staff gli
porta un panino con verdure
IL LUNGO giovedì a 5 Stelle co-
mincia proprio con il tam tam
dalle due Camere su una prossima scissione nel Movimento.
Ne parlano da vari partiti: “Fuoriusciti e dissidenti stanno mettendo assieme nuovi gruppi a
Montecitorio e in Senato”. Girano numeri: 20 in Senato, addirittura 27 alla Camera. Critici
di peso negano: “Idiozie, veleni
per provocarci”. Ma qualcuno
ammette: “Ci sono colleghi che
non ne possono più, pronti a dimettersi”. Si discute tra i dissidenti, mentre affiorano conferme sull’arrivo di Casaleggio a
RISCHIO STRAPPO
“Dobbiamo fare rete
sui territori
e riordinare i meet up”
dice il guru. Mentre
i dissidenti pensano
a nuovi gruppi
dalla buvette, in linea con quel
gusto vegano che pare diffuso
tra i 5Stelle di Montecitorio. Poi
è riunione. “Torneremo in tv,
sceglieremo le persone a seconda dei programmi e delle competenze” spiega Casaleggio.
SI DISCUTE delle deleghe per i
cinque. Filtra qualche dettaglio.
Fico si occuperà del riordino dei
meet up, Di Battista di comunicazione, e in particolare di ripensare a una nuova veste per le
agorà. Sibilia dovrebbe gestire
iniziative nelle università, Carla
Ruocco si dedicherà a piccole e
medie imprese. “Daremo deleghe specifiche anche ad alcuni
senatori, ma senza allargare il
coordinamento” spiega Casaleggio. Previste riunioni settimanali con il cofondatore. Che
accenna a Pizzarotti. “Non è un
problema” avrebbe detto. Attorno alle 17 se ne va, senza dire
una parola ai cronisti. Se ne vanno anche tanti dissidenti con i
loro trolley, ufficialmente per
motivi personali. Ma in realtà
vogliono snobbare l’assemblea
congiunta della Camera, in serata. Un modo per confermare il
no al direttorio, ma forse pure
per organizzarsi. Nell’aula dei
gruppi di Montecitorio alla fine
sono quasi un centinaio. La de-
Gianroberto Casaleggio. A sinistra, Federico Pizzarotti Ansa
putata Silvia Benedetti entra duro. “Voglio un mandato a termine per il direttorio” dice secondo l’Adn Kronos. Giulia Sarti, vicina a Pizzarotti, invita i cinque
a recarsi a Parma domenica. Ma
Fico schiva: “Non andremo per
evitare
strumentalizzazioni.
scriverebbero che siamo contro
Grillo e Casaleggio”. Poi promette: “Saremo un fluidificante
per i rapporti tra noi, Beppe e il
territorio. Certo, non avrei voluto che questo passaggio fosse
fatto così...” Ovvero, senza far
scegliere i nomi dall’assemblea.
Quindi, il blog: “A certificare le
votazioni da gennaio dovrebbe
essere una società norvegese.
Ma il direttorio non avrà potere
sui post”. A fine riunione, il dissidente Cristian Iannuzzi: “Sono pronto a dimettermi”. Perché il disagio non si placa.
Valentina Nappi
“Per capire la finanza studiate il porno ”
di Camilla
Conti
Milano
alentina Nappi è nata ventiquattro anni
V
fa a Scafati, in provincia di Salerno. Ha
frequentato il liceo artistico e un corso di lau-
rea in Design. Poi ha capito che la sua strada
era un’altra. Oggi di lavoro fa l’attrice porno,
l’ha scoperta Rocco Siffredi. Lei però dice:
“Non faccio la pornoattrice. Lo sono”. Valentina è una stella dell’hard ma scrive anche
sul blog di Micromega dove espone le sue teorie sul sesso: “In Italia se ne fa poco e male, ed
è colpa soprattutto delle donne”. Sulla filosofia: citando il giudizio morale kantiano, “essere troia è giusto, ma soprattutto non esserlo
è sbagliato”. E sulla politica: “CasaPound, leghisti e grillini sono reazionari, parlano alla
pancia della gente e non alle teste”. Quanto al
fascismo, “non si tratta di essere antifascisti in
assenza di fascismo, bensì di essere radicalmente antifascisti in presenza del concreto
rischio di derive fasciste”. Mancava la finanza.
Eppure, le “contaminazioni” non mancano.
Prendiamo The Wolf of Wall Street, il film di
Martini Scorsese interpretato da Leonardo
DiCaprio, in cui si raccontano gli eccessi vissuti (veramente) da un broker e dai suoi colleghi. Anche Christian Grey, protagonista
della trilogia delle 50 sfumature, di lavoro fa
l’amministratore delegato della Grey Enterprises.
Il sesso incrocia spesso la strada della finanza, almeno al cinema o sui libri. Perché?
La finanza, nella percezione comune, ha a che
fare col potere. Commercialmente è un mix
vincente. Il sesso però funziona solo quando
viene introdotto in contesti altri rispetto a
quello meramente sessuale. Infatti il porno
va, dal punto di vista dei fatturati, malissimo.
Ma l’uso del sesso in contesti non pornografici va benissimo. È così perché quello che
vende è il sesso come aspirazione, il sesso che
ha lo stesso valore delle immagini di Capri
nella pubblicità di una casa di moda. Sesso
quindi come bene scarso, come status da conquistare. La pornografia è il contrario: è democratizzazione dell'accesso al sesso, abbattimento del valore aspirational del sesso. Ecco
perché quello che funziona è un certo uso del
sesso, mentre la pornografia è in crisi.
La “Nappi-filosofia” è che se tutti facessi-
PORNOSTAR
FILOSOFA
Quello che vende
è il sesso come
aspirazione,
come status
da conquistare.
La pornografia invece
è democratizzazione
mo sesso con chi ci pare, e in ogni modo, saremmo più contenti. Seguendo questa logica,
ha senso imporre un senso morale ed etico alla finanza? O vale tutto, come nel sesso?
No, attenzione. Quando dico che non essere
troie è sbagliato, non dico affatto che l'etica in
ambito sessuale non ci debba essere. Al contrario, adotto una precisa posizione normativa. Tu stai dando per scontato che l’unica
posizione normativa possibile in ambito sessuale sia quella della tradizione e che l’unica
eventuale alternativa plausibile sia la rinuncia
alla normatività. Io non sono di
questo avviso: io condanno moralmente le “fighe di legno”.
Quelle consapevoli di esercitare un potere sui maschi,
esattamente come condanno l’usura. E quelle
inconsapevoli, che pensano di essere nel giusto, perché per me l’adesione acritica ai valori
della tradizione, ad esempio quelli tramandati
dai genitori o dalla comunità, è un peccato
mortale. Se poi qualcuna ritiene che, indipendentemente dalla morale tradizionale, dagli interessi pratici, dal rapporto con il giudizio della comunità, dall'inerzia dei costumi,
dalle pulsioni come la gelosia spiegabili in
termini di psicologia evoluzionistica, sia eticamente giusto essere fighe di legno, allora ne
possiamo parlare.
E ci porta lontani dalla finanza. Torniamoci.
Quale economia è più rivoluzionaria, quella di
Keynes o di Hayek?
È rivoluzionario abbattere i valori piccoloborghesi. Quindi l'economia rivoluzionaria è
quella che annienta la piccola borghesia”.
Un giudizio sulla politica monetaria della Banca centrale europea?
Penso che la sola politica monetaria non sia
sufficiente per uscire dalla crisi e penso sia
necessario procedere verso un’Europa federale. Il mio sogno è che l'Italia, la Francia, la
Germania eccetera divengano stati della Federazione Europea proprio come il Nevada, la
California, la Florida sono stati della Federazione degli Stati Uniti d'America.
Valentina
Nappi,
pornostar, 24
anni,
ha un blog
su Micromega
Andiamo all’economia reale: la porno-tax è
stata un flop?
È un'imposta che non produce gettito perché
il porno fattura pochissimo e in Italia praticamente non esiste. Forse era un modo per
colpire un settore già in crisi di suo.
GIUSTIZIE
il Fatto Quotidiano
O
perazione Farfalla
Il Copasir convoca
ancora Mario Mori
CON IL DIRETTORE dell’Aisi, Arturo
Esposito e il sottosegretario del Dis, Marco
Minniti, ascoltati ieri, si è chiuso il ciclo di
audizioni dedicato dal Copasir alle operazioni “Farfalla” e “Rientro”, decise da Sisde
e Dap per avvicinare alcuni boss reclusi in
carcere. Ma il Comitato spera ancora di
riuscire a sentire il grande protagonista
della vicenda, l’ex direttore del Sisde, Mario Mori, che fino ad oggi si è negato al confronto. Una lettera è stata inviata ieri dal
Comitato per convocarlo al più presto – alla luce della sua recente interista televisiva
– e si attende ora la risposta del generale.
Nei prossimi giorni il vicepresidente del
Copasir presenterà una relazione sulla vi-
VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014
15
cenda che sarà poi girata ai presidenti delle
Camere. L’obiettivo è quello di arrivare ad
una valutazione condivisa sull’operato dei
servizi all’epoca delle operazioni – metà
anni 2000 – ed anche in anni più recenti,
quando è emerso il rapporto del’Aisi con il
mafioso Sergio Flamia, che forniva informazioni all’Agenzia.
Procura di Palermo: la politica
spacca il Csm, decide il Plenum
NESSUN ACCORDO SUL NUOVO CAPO: 2 VOTI PER SERGIO LARI, 2 PER FRANCESCO LO VOI
E UNO PER GUIDO LO FORTE. IL VERDETTO DEFINITIVO DOVREBBE ARRIVARE IL 17 DICEMBRE
di Antonella Mascali
E
ra nell’aria la spaccatura avvenuta ieri
al Csm sulla nomina
del procuratore di
Palermo. Quella poltrona non
appartiene a un ufficio giudiziario qualsiasi. E il processo
sulla trattativa Stato-mafia pesa
come un macigno, così come il
conflitto di attribuzione contro
la procura sollevato dal presidente Giorgio Napolitano davanti alla Corte costituzionale,
sulle intercettazioni con l’ex
ministro Nicola Mancino. La
Quinta commissione si è divisa
in tre sul candidato da proporre
al Plenum.
Il procuratore di Caltanissetta,
Sergio Lari, ha avuto i due voti
dei consiglieri di Area, la corrente di sinistra, Fabio Napoleone e Lucio Aschettino; altri
due voti li ha ottenuti Franco Lo
Voi di Eurojust. È stato votato
dal togato di Magistratura Indipendente (corrente di destra)
Claudio Galoppi e dalla consigliera laica di Forza Italia, Elisabetta Casellati. Il procuratore
di Messina, Guido Lo Forte, ha
avuto un solo voto, quello della
presidente della Commissione,
Maria Rosaria Sangiorgio, di
Unicost (corrente centrista).
Significativa l’astensione del
laico del Pd, Giuseppe Fanfani.
È la conferma che il dado non è
tratto. Sul voto, probabilmente
il 17 dicembre, peserà molto
quello dei laici e potrebbe non
rispecchiare, almeno in parte,
l’appartenenza di partito ma la
volontà, espressa nei corridoi
dal vicepresidente Giovanni
Legnini, che ricalca quella del
presidente Giorgio Napolitano,
di avere a Palermo un procura-
tore che sia prudente. Riflessione che sembra incarnare il ritratto di Lo Voi. L’ex pm di Palermo, però, non ha mai diretto
un ufficio giudiziario. Se prevarranno alcuni giochi politici,
nonostante debba guidare una
procura ad alto rischio come
quella Palermo, questa sua inesperienza non conterà.
LEGNINI in questi giorni medierà fra i gruppi perché ci sia un
procuratore con più consensi
possibili. Può farcela anche Lari,
ex procuratore aggiunto di Palermo. Oltreché su Area potrebbe contare su una parte di Unicost e di laici. Proprio gli otto laici, Legnini, il presidente e il procuratore generale della Cassazione, Giorgio Santacroce e
Gianfranco Ciani saranno determinanti. Infatti, tra i togati la
maggioranza ce l’ha Area, sette
LA CORSA
Sulla nomina
sarà determinante
la posizione
dei consiglieri “laici”.
Ieri Giuseppe Fanfani
del Pd si è astenuto
consiglieri, a seguire Unicost,
cinque, e Magistratura Indipendente quattro. Ma la partita di
Palermo si incrocia anche con
quella di Milano. Bruti è un
esponente di spicco di Magistratura democratica e se dovesse rimanere al suo posto, secondo la
logica correntizia, Palermo, che
ha anche il procuratore generale
Roberto Scarpinato, espressio-
Guido Lo Forte, Francesco Lo Voi e Sergio Lari Ansa - LaPresse
ne della sinistra, non potrebbe
avere anche un procuratore della stessa area. Un vantaggio, in
astratto, per Lo Voi, anche se diversi togati, non solo di Area,
non sarebbero disposti a votarlo.
NEL PRECEDENTE Csm la com-
missione aveva attribuito tre
voti a Lo Forte, due a Lari e uno
a Lo Voi. Dunque, la nomina di
Lo Forte sembrava quasi fatta.
Ma è stata fermata da una lettera
del Quirinale che ha chiesto di
occuparsi delle nomine in ordine cronologico. In questi giochi
ancora aperti non si può esclu-
dere l’effetto sorpresa Lo Forte,
ma al momento appare improbabile. Il padre dell’inchiesta
sulla trattativa, l’ex magistrato
Antonio Ingroia ha espresso la
preoccupazione che possa prevalere una volontà di normalizzazione e perché questo non accada ha auspicato la nomina di
Lo Forte, ex aggiunto a Palermo, che fu tra i pm del processo
Andreotti, oppure di Lari, nonostante Ingroia da procuratore aggiunto palermitano abbia
avuto con lui dei contrasti in
merito alla gestione di Massimo
Ciancimino e alla trattativa Stato-mafia.
16
ITALIE
VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014
Ianfermiera
morta
Ragusa, aperto
un fascicolo
LA PROCURA di Ragusa ha aperto
un fascicolo di indagine per il reato di
omicidio colposo per la morte dell’infermiera Daniela Dinatale, 51 anni,
trovata morta dal figlio, all’interno
del suo appartamento di Corso Italia
la mattina del 28 novembre scorso.
La donna non era andata a lavorare in
il Fatto Quotidiano
Ospedale, dove invece era attesa in
sala operatoria. Le circostanze del ritrovamento dell’infermiera che era
vestita e truccata ma adagiata sul
letto non ha convinto i carabinieri
che hanno avviato le indagini.
L’esame autoptico eseguito dal medico legale Giuseppe Iuvara non ha
chiarito le cause del decesso perché
si aspettano i risultati dell’esame
tossicologico eseguito dal professore Guido Romano dell’Università di
Catania. Una delle ipotesi di morte
che viene valutata è l’eventuale reazione all’assunzione del vaccino antinfluenzale ed è per questo ch’è sta-
LORIS È STATO UCCISO CON UN LACCIO
CRESCONO I SOSPETTI SULLA MAMMA
IL BAMBINO STRANGOLATO CON UNA FASCETTA DA ELETTRICISTA
di Giuseppe
Lo Bianco
T
roppe bugie, troppe incongruenze,
troppe contraddizioni: e troppi gesti strani. Formalmente non
è ancora indagata, ma il cerchio delle indagini si è stretto attorno a Veronica Panarello, 25 anni, la mamma di
Andrea Loris, e la sensazione e’ quella di una svolta imminente: “Non posso dire
nulla”, dice il procuratore di
Ragusa Carmelo Petralia, e il
legale della donna, l’avvocato Francesco Villardita, non
ha voluto rispondere al telefono ed è rimasto sino a
tarda sera con i suoi collaboratori nel suo studio di
Vizzini dopo avere abbandonato in serata la Questura
con la sua assistita, interrogata a lungo per l’intero pomeriggio dopo avere trascorso tutta la giornata con
gli investigatori. Nel giorno
in cui dall’autopsia si è scoperto che il bimbo è stato
soffocato con una fascetta di
plastica, di quelle utilizzate
dagli elettricisti (che ha lasciato sul collo evidenti segni di strangolamento) il
gruppo di super esperti dello
Sco di Roma, insieme con i
funzionari della Mobile di
Dottor Di Perri
Il canaletto dove
è stato ritrovato
il corpo di Loris, il
bambino di 8 anni
Ragusa
nsaA
L’INCHIESTA
Indagini sull’auto
della madre, si valuta
l’ipotesi che la mattina
della scomparsa
sia andata sul luogo
del ritrovamento
Ragusa l’hanno caricata ieri
pomeriggio su due auto della
polizia, un’Opel Astra e una
Giulietta, che hanno rifatto
più volte, avanti e indietro, il
percorso da casa alla scuola
del piccolo Andrea, per poi
tornare di nuovo verso casa e
verificare, passo dopo passo,
tutte le tappe di quella mattina. Con la donna che fino a
tarda sera è rimasta ferma
nella sua versione, appesa
solo alle sue parole: sabato
scorso ha accompagnato
Andrea a scuola, l’ha lasciato
poco lontano dal cancello e
poi è andata a lasciare il fratellino alla ludoteca. Ma a
smentirla sono le immagini
delle telecamere che riprendono altri gesti singolari della donna ripresa mentre
usciva da casa, a distanza di
un’ora circa, con due sacchi
dell’immondizia gettati in
cassonetti distanti, rispettivamente, uno e due chilometri dalla sua abitazione.
IERI È EMERSO anche il so-
spetto che la sua auto, ora
sequestrata, la Polo nera con
cui ha accompagnato i due
figli la mattina di sabato,
possa essere andata quello
stesso giorno nella zona del
Mulino Vecchio, a Scoglitti,
dov’è stato ritrovato il corpo
di Andrea. È un’ipotesi che il
procuratore di Ragusa non
conferma né smentisce, ma
che offre la dimensione dei
sospetti nei confronti della
donna, sulla quale la procura
avrebbe disposto (e anche
questo non è confermato)
una consulenza psicologica
per verificare le voci raccolte
in paese dagli investigatori
sulla sua fragilità caratteriale
e, soprattutto, su un presunto uso di droga. Il contesto
familiare, e tutto ciò che gli
ruota attorno, insomma, èfinito al centro delle indagini
che potrebbero subire un’ac-
to eseguito l'esame tossicologico.
Ma i carabinieri di Ragusa hanno appurato che l’infermiera non avrebbe
preso il vaccino nè dall’Asp, dove era
dipendente, nè dal medico curante;
tutt'al più avrebbe dovuto somministrarselo da sola, ipotesi che appare
remota.
SULCIS le 37 donne
continuano protesta
oraggio e voglia di non arrendersi. Non molC
lano le 37 lavoratrici dell’Igea asserragliate già
da una settimana nella galleria di Villamarina, un
tunnel buio e umido di circa cinquanta metri. Ma
già da queste ore potrebbero optare per un presidio più “leggero” : meno donne dietro il cancello
e turni per consentire di tornare a casa, riposare e
vedere i propri cari.
La decisione non è definitiva, ma la tensione di
questi ultimi giorni si è notevolmente allentata,
grazie anche alle rassicurarazioni arrivate ieri dal
sottosegretario Graziano Delrio, secondo cui “Il
Sulcis è un pezzo importante della sfida dell’Italia”. Il sottosegretario del Governo Renzi ha assicurato lo sblocco di 127 milioni di euro per il
“Piano Sulcis”.
Ma per le lavoratrici servono più garanzie: per
esempio una delibera che garantisca l’affidamento delle bonifiche alla stessa Igea. In attesa che
venga tutto ufficializzato, la protesta va avanti e
quella appena trascorsa nella galleria è l’ottava
notte consecutiva di protesta per le 37 lavoratrici.
celerazione nelle prossime
ore: fino a ieri gli investigatori hanno perquisito la casa
di Andrea, a caccia di un diario o del tablet che il bambino, trovato senza slip, aveva in uso per rintracciare appunti e pensieri utili alle indagini.
Perché Veronica ha mentito
sostenendo di avere accompagnato Loris a scuola? Lo ha
fatto per paura dei rimproveri del marito o vuole coprire qualcuno? Di certo c’è
solo che quella mattina, dopo essere rientrata a casa e
avere gettato, a distanza di
tempo, due sacchi neri
dell’immondizia lontano da
casa, si è recata al castello di
Donnafugata a una dimostrazione del Bimby, l’attrezzo domestico tuttofare in cucina.
L’ORGANIZZATORE non ri-
corda la sua presenza, ma le
altre donne sarebbero già
state sentite dagli investigatori. E se l’esame delle ruote
della Polo nera dovesse confermare tracce recenti di terriccio della zona del Mulino
Vecchio, la posizione della
mamma si farebbe improvvisamente molto più complicata.
Il caso Fluad
“I vaccini influenzali non sono pericolosi”
di Bruno
Tinti
a è vero che di vaccino si muore? O è
M
un’altra di quelle leggende metropolitane
come le scie chimiche e i complotti planetari?
Ne ho parlato con Gianni Di Perri, ordinario
all'Università di Torino, direttore della clinica
di malattie infettive all'ospedale Amedeo di Savoia.
Professore, i vaccini sono davvero pericolosi?
No, non lo sono più. Una volta si utilizzavano
virus attenuati, quindi ancora vivi, che conservavano la capacità di moltiplicarsi; poteva
capitare che ci si ammalasse di quella stessa
malattia contro la quale ci si vaccinava, seppure
in forma più lieve. Ma oggi si usano prevalentemente due tecniche: i vaccini con adiuvanti, che aiutano la stimolazione del sistema
immunitario; e i vaccini che contengono solo
una parte del virus (che dunque non si moltiplica), quella che maggiormente stimola gli
anticorpi. Questi vaccini non presentano nessuna pericolosità.
Ma allora le 12 persone morte dopo aver assunto il Fluad (vaccino antinfluenzale prodotto da
Novartis, multinazionale farmaceutica con sede
in Svizzera)?
Appunto: morti dopo aver assunto. Non è detto che siano morti per aver assunto. Il problema è che il vaccino antinfluenzale si prescrive a persone appartenenti a categorie a rischio, in particolare a malati cronici con patologie cardiovascolari e respiratorie che sono
in gran parte persone di età avanzata. Queste
patologie possono essere aggravate, fino a cagionare la morte, da un’infezione acuta come
l’influenza. Ecco perché gli si prescrive il vaccino. Naturalmente la morte, in questa categoria, è evento statisticamente più frequente
rispetto alla restante popolazione, soprattutto
nella stagione invernale che aggrava le patologie preesistenti. Per questo motivo è errato
considerare statisticamente significativo un
certo numero di morti avvenute qualche giorno dopo aver assunto il vaccino; potrebbero
anche avere altre cause.
Però sembra che tutti i morti avessero assunto
il Fluad. Questo non incrementa la probabilità
di un nesso causale tra la morte e il vaccino?
Potrebbe essere. Ma, prima di tutto, bisognerebbe sapere qual è la percentuale di vendite di
Fluad rispetto agli altri vaccini; fosse elevata,
70-80%, il dato sarebbe scarsamente significativo. E poi bisognerebbe conoscere le cause
della morte di queste 12 persone. Se alcune fossero morte
per infarto, altre per insufficienza respiratoria, altre per
qualche diversa malattia, è evidente che il nesso di causalità
tra il vaccino e la morte sarebbe inesistente. Se, al contrario, si accertasse che tutte le
morti (o una parte significativa di esse) fossero riconducibili a un’unica causa, la cosa
cambierebbe. Resta il fatto che
tutte le persone decedute erano affette da gravi malattie
croniche che ben potrebbero
aver cagionato la morte in maniera autonoma.
Ma come potrebbe essere eseguito un simile
accertamento?
Naturalmente attraverso autopsie o indagini
sul quadro clinico presentato da queste persone nel periodo immediatamente precedente
il decesso.
Supponendo che la causa delle morti sia il vaccino, cosa potrebbe essere successo a suo parere?
Le complicanze che possono derivare da un
vaccino possono essere di tipo tossico, derivante da una sostanza inquinante; o anche consistere in una contaminazione da batteri che,
una volta somministrato il vaccino, possono
provocare un’infezione letale. Può anche capitare che il vaccino inneschi una reazione auto-immunitaria, in sostanza un’allergia, nel
tessuto cerebrale centrale o periferico; in que-
PERCHÉ
SONO SICURI
Una volta si usavano
virus attenuati,
potevano moltiplicarsi;
oggi quegli adiuvanti,
che stimolano
il rafforzamento
del sistema immunitario
sto caso però gli effetti diverrebbero palesi non
prima di 2 o 3 settimane, e dunque non sembra
che sia questo il caso. Tra l’altro, i soggetti a
rischio, abituali fruitori del vaccino antinfluenzale, proprio in quanto portatori di malattie
croniche, sono monitorati da moltissimo tempo e dunque le eventuali allergie sono ben conosciute. Bisogna anche considerare che queste
eventualità non sono esclusive dei vaccini.
Contaminazioni o allergie possono comunque
verificarsi anche a seguito dell’assunzione di
qualsiasi farmaco.
Insomma, da questo quadro, sembra che una
causa comune a tutte le morti e di conseguenza
l’esistenza di un nesso causale tra l’assunzione
del vaccino e la morte sia poco probabile.
In effetti c’è un certo scetticismo e prudenza
nell’ammettere questa relazione causale.
Professore, ma lei consiglierebbe di vaccinarsi?
Assolutamente sì. Le persone cui abitualmente
si prescrive questo vaccino sarebbero sicuramente più a rischio se non lo assumessero. Le
conseguenze di una malattia influenzale su
persone già sofferenti per patologie croniche
possono essere molto gravi; e, senza vaccino,
esserne contagiati è molto probabile. In una
situazione di incertezza sulla effettiva rilevanza
causale del vaccino sui pochi decessi avvenuti,
è molto imprudente non vaccinarsi. Si consideri anche che il bilancio sull’efficacia di un
vaccino non si traduce soltanto nell’aver scongiurato o meno la malattia, ma anche negli
eventuali effetti in termini di riduzione della
gravità dell’episodio influenzale, minor durata
della malattia, minori necessità di ricovero in
ospedale.
ALTRI MONDI
il Fatto Quotidiano
Pianeta terra
VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014
17
YEMEN FALLITO RAID PER L’OSTAGGIO
“La mia vita è in pericolo, aiutatemi”: è l’appello di
Luke Somers, fotoreporter Usa rapito un anno fa
nella capitale yemenita Sanaa. Gli Stati Uniti hanno fatto sapere di aver tentato un blitz - fallito - per
la liberazione. Il gruppo di al Qaeda che lo detiene
ha dato un ultimatum di tre giorni a Obama. LaPresse
USA-UE UN MILIONE FIRME CONTRO TRATTATO ATLANTICO
Più di un milione di persone in Europa, di cui 180 mila nel Regno Unito,
hanno firmato la petizione in cui esprimono l’opposizione al Trattato
transatlantico su commercio e investimenti (Ttip), l’accordo di libero
scambio tra Ue e Usa. Sotto accusa la trasparenza delle trattative.LaPresse
“Non respiro”, l’urlo
di rabbia dei neri Usa
Orion, la navicella post-Shuttle
DOPO LA DECISIONE DI NON INCRIMINARE GLI AGENTI CHE SOFFOCARONO UN RAGAZZO
DI COLORE, MANIFESTAZIONI IN TUTTO IL PAESE. AGENTE UCCIDE GIOVANE A PHOENIX
di Angela Vitaliano
I
can't breath, I can't breath”. “Non posso respira-
re, non posso respirare”:
è diventato lo slogan della protesta che da mercoledì sera, partito a New York si è propagato in tutto il paese, dopo la
decisione del Grand Giurì di
non incriminare Daniel Pantaleo, il poliziotto che il 17 luglio,
a Staten Island, aveva bloccato,
stringendolo al collo, un uomo
fino a farlo morire per soffocamento. Eric Garner, che i giornali definirono il “gigante”, era
nero, e disarmato. L’agente
Pantaleo ne ha causato la morte, perché riteneva stesse vendendo sigarette di contrabbando, usando una manovra, la
“presa al collo”, vietata dalla
legge dello Stato di New York.
Intanto a Phoenix viene rivelato un altro caso: un poliziotto
ha ucciso martedì un 34enne
per sospetto spaccio di droga,
ma si trattava solo di medicine.
UN VIDEO girato da un testimo-
ne mostra la sequenza in cui
Garner viene preso alle spalle e
stretto alla gola mentre con
sguardo disperato ripete “non
posso respirare” fino a cadere a
terra privo di vita: 43enne padre
TUTTI GIÙ
PER TERRA
Studenti in protesta ad Atlanta e la
sequenza del soffocamento di Eric
Garner Ansa
INGIUSTIZIE
Terzo caso
in poche settimane.
Il presidente Obama
stavolta ammette:
“Talvolta la legge non
è uguale per tutti”
VATICANO “Centinaia
di milioni di fondi neri”
essun pericolo di fallimento per il Vaticano.
N
Anche se la Santa Sede ha chiuso il bilancio del
2013 in rosso per 24,5 milioni di euro. Il pericolo è
stato scongiurato dal cardinale George Pell in persona, il “ministro dell’economia” di Papa Francesco. Secondo il cardinale australiano, infatti, sarebbero state ritrovate alcune centinaia di milioni di
euro nascosti in particolari conti settoriali, e che
non apparivano nei fogli ufficiali di bilancio. I “fondi neri”, come spiegato da
Pell al settimanale britannico Catholic
Herald, sono emersi dopo il lavoro di
riforma delle finanze vaticane, avviato
da Papa Bergoglio. Le casse della Santa
Sede dunque sono più in salute di
quanto apparissero. Il cardinale Pell si
è mostrato inoltre molto critico con la
cattiva gestione dei conti vaticani dei
secoli scorsi. Lo stesso cardinale ha
ammesso che molti dicasteri così come la Segreteria di stato troppo spesso
“hanno goduto e difeso una sana indipendenza”.
Secondo il cardinale, infatti, “i problemi erano tenuti spesso ‘in casa’, come si usava nella maggior
parte delle istituzioni, laiche e religiose, fino a poco
tempo fa”. Il “ranger australiano”, soprannominato
così dallo stesso papa che lo ha voluto a Roma da
Sydney, ha anche dichiarato quanto difficile è stato
tentare l’attuazione di una riforma finanziaria. Molte perplessità e critiche anche per la recente vicenda
Vatileaks che ha gravato molto sulla reputazione della Santa Sede e ha rappresentato un grosso peso per
Papa Francesco.
Antonio Migliore
RIPRENDE LA CORSA ALLO SPAZIO
La capsula americana progettata per portare l’uomo
sulla Luna e su Marte, si prepara al lancio: dopo i quattro
rinvii di ieri a causa del vento, la Nasa ci riprova oggi Ansa
di 6 figli e già nonno, l'uomo che
soffriva anche d'asma, aveva
avuto diversi trascorsi con la
giustizia ma quel giorno non
stava commettendo nessun reato e soprattutto era disarmato
ed è stato fermato in maniera illegale. Il video riprende in maniera chiara e inequivocabile lo
svolgimento dei fatti. Eppure
non abbastanza per incriminare
Pantaleo.
“Non ho parole”, commenta,
Jon Stewart, nel suo Daily Show,
esprimendo infinita indignazione per una decisione che non
ha giustificazioni.
La condanna è per una volta
univoca. Il giudice Andrew Napolitano, volto della Fox in qualità di esperto legale, lo definisce
un “crimine”. “Qui non è il Missouri, non un posto dove o sparo io o spari tu. Qui si tratta di
un agente che attacca una persona con problemi mentali”.
Senza diritto di replica anche le
prime pagine del N.Y. Daily News
e del N.Y. Post: il primo titola
“Noi non possiamo respirare”
rimarcando il senso di indignazione generale rispetto alla notizia; il secondo riporta la sequenza delle foto dell'episodio
in cui si distinguono i vari protagonisti e scrive, in maniera
cruda, “questo non è un crimine”. Per una volta Obama entra
apertamente nel merito e dice:
“Quando un qualsiasi americano non viene trattato egualmente di fronte alla legge, que-
sto è un problema di tutto l'America e, come presidente di
questo paese io devo risolverlo”.
Sono già 83 gli arrestati a New
York per resistenza alla polizia
durante le dimostrazioni che
non hanno fatto registrare incidenti come, invece, è accaduto a
Ferguson. Un appello alla calma
è arrivato, come nel caso di Michael Brown, proprio dai familiari di Eric Garner che hanno
chiesto di non creare disordini.
Putin (quasi) solo contro tutti
IL CREMLINO EVOCA LA NUOVA CORTINA DI FERRO. IN CECENIA I JIHADISTI TORNANO ALL’ATTACCO
di Giampiero Gramaglia
oliticamente isolato sulla
P
scena internazionale dalla
crisi ucraina, economicamente
accerchiato dalle sanzioni occidentali e dal calo dei prezzi
dell’energia, Vladimir Putin
non batte in ritirata e anzi riparte all’attacco: la Crimea è
russa e sacra come il monte del
tempio per gli ebrei; non vogliamo una corsa al riarmo, ma
siamo pronti a difenderci; e la
banca centrale russa usi il pugno di ferro contro gli speculatori del rublo, che lo spingono
al ribasso sul dollaro e l’euro.
Il presidente parla al Cremlino
al gotha della Nazione, parlamentari, ministri, leader religiosi: per un’ora, accusa l’Occi-
dente, che vuole mettere le pastoie alla Russia e non aiuta
l’Ucraina; e promette una serie
di riforme per rilanciare
un’economia sull’orlo della recessione. Nell’ ‘arsenale’, c’è
pure un’amnistia per coloro
che riporteranno in patria i capitali, oltre a misure a sostegno
del rublo e delle imprese.
PAROLE FORTI, persino trop-
po, che tradiscono la preoccupazione per la situazione: Putin
tiene sempre il pallino in mano,
ma il deterioramento della crescita e dell’inflazione non lo lasciano tranquillo. E a Mosca si
riaccende l’allarme anti-terrorismo: il Califfato fa proseliti anche in Cecenia, dove, vent’anni
dopo lo scoppio del conflitto,
FACCIA FEROCE
Nel “discorso alla
nazione” lo zar fa
appello al rientro di
capitali per fronteggiare
la crisi. E non rompe
del tutto con Usa e Ue
integralisti islamici uccidono 10
poliziotti – muoiono ammazzati pure 9 guerriglieri.
In Ucraina, però, qualcosa si
muove. Martedì, nell’Est del
Paese, scatterà una vera tregua,
3 mesi dopo il cessate-il-fuoco
deciso a Minsk il 5 settembre e
ripetutamente violato da entrambe le parti. Il presidente
ucraino Petro Poroshenko e i
separatisti filo-russi confermano: “Il 9 dicembre, smetteremo
di sparare”. E il 10 Kiev avvierà il
ritiro delle armi pesanti dalle regioni di Donetsk e Lugansk, a
patto che i separatisti stiano ai
patti.
A Basilea, dove si riuniscono i
rappresentanti dei 57 Paesi
Osce, il ministro degli Esteri
russo Lavrov e il segretario di
Stato Usa Kerry si rivedono,
senza risultati. Kerry risponde a
Putin: “Non vogliamo che Mosca si isoli con le sue stesse mani”; e aggiunge che “quanti sostengono la sovranità e i diritti
dell'Ucraina non cercano lo
scontro”. L'Osce, che già deve
verificare il rispetto del cessate il
fuoco di Minsk, dovrà pure
controllare la tenuta della tregua. I rapporti verbali con gli
Stati Uniti e l’Unione europea
restano su livelli da Guerra
Fredda. Putin prova a farsi beffa
delle sanzioni: sono – dice con
ironia - “uno stimolo ad accelerare lo sviluppo” della Russia,
una nazione “sana” che gli Occidentali, “cinici”, cercano di
minare ogni volta che si mostra
“troppo forte e indipendente”.
È LA RETORICA ricorrente della
“fortezza assediata”. Ma, evidentemente, il presidente patisce l’impatto delle misure finanziarie e commerciali. Ed afferra
la mano che gli viene tesa: a Basilea, Lavrov conferma al ministro italiano Gentiloni che Putin sarà a Milano all’Expo 2015.
La Russia non vuole interrompere la cooperazione con Usa e
Ue, che, dal suo canto, tiene
aperta la pratica SouthStream:
“Si può ancora fare”, dice il presidente della Commissione di
Bruxelles Juncker. E Washington nega di mirare al confronto con Mosca.
@ggramaglia
18
il Fatto Quotidiano
VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014
NUOTO, MONDIALI VASCA CORTA:
ARGENTO ITALIA NELLA 4X200 SL
ARGENTINA, CALCIATORE UCCISO
DAGLI ULTRÀ AVVERSARI
Prima medaglia azzurra: D’Arrigo,
Belotti, Di Fabio e Magnini battuti solo
dagli Stati Uniti grazie a una strepitosa
rimonta finale di Filippo Magnini
FORBES: BALE È IL PIÙ RICCO
DELLO SPORT BRITANNICO
Assalito a calci, pugni e bastonate dopo
la partita Tiro Federal-Chacarita (torneo
regionale di Aimogasta), il 33enne Franco
Nieto (Tiro Federal) è deceduto ieri notte
SECONDO
Il gallese del Real incassa 30 milioni di euro
l’anno. Al secondo posto il campione del
Mondo di F1Hamilton, subito dietro il
golfista McIlroy. Seguono Rooney e Gerrard
TEMPO
SPETTACOLI.SPORT.IDEE
La scomparsa, che passione
“THE LEFTLOVERS”, SERIE USA DI SUCCESSO IMPORTATA DA SKY ATLANTIC: IMPROVVISAMENTE IL 2% DELLA POPOLAZIONE
SVANISCE NEL NULLA SENZA UN PERCHÉ. L’IDEATORE È DAMON LINDELOF, NON A CASO UNO DEI PADRI DEL CULT “LOST”
L
PRODUZIONE HBO
di Andrea Scanzi
a creatività pare essersi ormai
trasferita, in pianta pressoché
stabile, dal cinema alla serie tivù. Una delle ultime prove è
The Leftlovers. In Italia la prima
stagione è andata in onda su
Sky Atlantic ogni giovedì sera,
a partire dal 3 luglio (sottotitolata) e poi 17 luglio (doppiata). Il sottotitolo, Svaniti nel nulla, è fastidiosamente didascalico. Da un giorno all’altro, di
colpo e senza spiegazioni, il 2%
della popolazione scompare.
Punizione divina? Casualità? E
perché proprio il due per cento? Non si sa. La storia scatta tre
anni dopo le sparizioni.
La serie, di dieci episodi, è un
adattamento del romanzo The
Leftlovers di Tom Perrotta. Ha
avuto successo e la seconda stagione è in lavorazione. L’ideatore è Damon Lindelof e anche
questo aiuta a fotografare il
prodotto. Lindelof era uno dei
padri di Lost, che affrontava il
tema della scomparsa sin dal
nome. Il talento di Lindelof è
noto, anche se gli amanti di Lost
gli imputano il progressivo incasinamento della trama: flashback, flashforward, salti
temporali, parentesi misticheggianti e voragini narrative.
Lo stesso rischio, sin qui sostanzialmente controllato, che
corre The Leftlovers, infarcito
com’è di “colpevoli sopravvissuti”, scettici e il guru Wayne. Il
chiodo fisso per la scomparsa,
con derive apocalittiche, non è
un’esclusiva di Lindelof. Quasi
tutte le serie nascono da una
scomparsa, che è però spesso
una “banale” morte brutale: un
omicidio da risolvere.
QUELL’OMICIDIO, e la sua ri-
soluzione, faranno puntualmente emergere colpe che non
riguardano mai solo chi ha ucciso ma anche chi si è limitato a
guardare: i parenti, gli amici, la
comunità tutta. Così si dipanava Twin Peaks. Da una scomparsa iniziale partono le puntate
ormai decennali delle varie CSI.
La scomparsa era la scintilla di
Senza traccia, sorta di Chi l’ha visto? seriale sorretto per sette
stagioni dal burbero Jack Malone. Con Lost la scomparsa di-
Amy Brenneman in una scena
di “The Leftlovers” LaPresse
STAGIONE N. 2
Il chiodo fisso per la
sparizione, con derive
apocalittiche, non è
certo un’esclusiva. Quasi
tutte le trame nascono
da un evento simile
venta – o ritorna – qualcosa di
mistico, di insondabile, di ineffabile. La razionalità cede il passo al trascendentale: all’onirico,
al fantascientifico. Personaggi
scomparsi in un mondo ricompaiono, vivi e vegeti, in un altro:
accadeva in Fringe, nata pure
quella (anche) da uno dei padri
di Lost, stavolta il più noto J. J.
Abrams.
The Leftlovers non si discosta
molto da questo filone e può
contare sulla produzione della
HBO, una delle più note emittenti via cavo statunitensi. Garantirsi l’appoggio della HBO è
quasi sempre un marchio di
qualità, basta guardare l’albo
d’oro: I Soprano, Six Feet Under,
Big Love, The Wire, Il Trono di Spade, Boardwalk Empire e il magistrale True Detective.
Pure quello trascendentale, pu-
re quello legato a molte scomparse: quelle fisiche di chi è stato ucciso dal serial killer e quelle interiori che stravolgono
l’esistenza dei due protagonisti.
The Leftlovers, per nulla adatta ai
feticisti di logica e verosimile,
ha il merito di non sfociare nel
mero apocalittismo americanista (non si può purtroppo dire
lo stesso di The Last Ship, decisamente iper-patriottica). Lindelof è stato sinora bravo a
complicare la storia al punto
giusto: abbastanza, ma non
troppo. La sfida, anche per lui,
sarà mantenere alto lo standard
qualitativo nella seconda stagione, che verosimilmente non
sarà l’ultima.
Ci sono riusciti altri due prodotti che girano attorno alla
scomparsa: Homeland, laddove
è il sergente Nicholas Brody a
sparire, prima perché lo tengono in ostaggio e poi perché gli
sceneggiatori hanno oltremodo sadicamente deciso così; e
Rectify, il cui protagonista Daniel Holden viene inghiottito
per vent’anni dal braccio della
PARATA DI STAR
Anche qui attori noti,
felicissimi di rilanciarsi nel
piccolo schermo. Si rivede
Liv Tyler, sensuale oggi
come ieri, quando ballava
da sola per Bertolucci
morte e conseguentemente dai
demoni (è innocente? È colpevole? Non si sa. Non importa).
Curiosamente, ma significativamente, in contemporanea
con The Leftlovers va in onda una
serie francese (Revenants) in cui
le persone non scompaiono ma
riappaiono: non sono zombie,
quanto piuttosto ridestati.
UN’IDEA non lontanissima da
Lukas, il nuovo fumetto della
Bonelli. A conferma del maggiore appeal delle serie tivù rispetto al cinema, anche The Leftlovers vanta la presenza di attori noti, felicissimi di cimentarsi e rilanciarsi nel piccolo
schermo. Si rivede così Liv
Tyler, sensuale oggi come ieri,
quando ballava da sola per Bernardo Bertolucci.
Scritta bene e recitata meglio,
The Leftlovers deve poi buona
parte della sua fortuna alla resa
interpretativa di Justin Theroux. Estimatrici ed estimatori
sostengono che abbia “le sopracciglia più espressive del cinema”. Esagerano, ma neanche
tanto.
BAD SEX AWARD
Peggior scena di sesso, il premio
letterario più temuto a Londra
di Caterina
Soffici
l Premio alla Peggiore Scena di
I
Sesso in Letteratura è stato assegnato mercoledì sera a Londra dalla
prestigiosa rivista Literary Review al
nigeriano Ben Okri per un brano
tratto dal suo decimo e ultimo romanzo, The Age of Magic. Ben Okri,
ex Booker Prize, maestro del realismo
magico africano, precipita dalle stelle
alle stalle: il Bad Sex Award è il più
temuto dei premi. Chi lo riceve fa
buon viso a cattivo gioco, ci scherza
su o commenta con imbarazzate risatine. Ma sotto sotto rosica e mastica amaro.
Giunto alla 22esima edizione, se lo
sono aggiudicato grandi nomi della
letteratura, da Tom Wolfe a Sebastian Faulks. Il Bad Sex è nato nel
1992 da un’idea di Auberon Waugh
(figlio del grande Evelyn Waugh, con
l’intento di mettere alla berlina le
peggiori scene di sesso. Non è un
premio al cattivo sesso, ma alla cattiva letteratura. Nella motivazione
Waugh era stato chiaro: “Serve a richiamare l’attenzione degli autori e
degli editori su scene di sesso prive di
gusto, scritte male, superficiali e ridondanti”. Per questo sono esclusi i
romanzi esplicitamente erotici e la
letteratura pornografica.
Ben Okri ha vinto per questo non
memorabile passo: “Quando la sua
mano strofinò il suo capezzolo, fece
scattare un interruttore e lei si accese.
Lui le tocco la pancia e la sua mano
sembrò prendere fuoco. Poi profuse
il suo corpo di carezze e sensazioni
agrodolci allagarono il suo cervello.
Alla deriva su calde correnti, non più
in questo mondo, lei si rese conto che
lui stava scivolando dentro di lei. Lui
l’amo con gentilezza e forza, mentre
accarezzava il suo collo, finché lei
non ruppe in un gemito ritmico e
basso. Ormai era certa che ci fosse un
paradiso e che fosse qui nel suo corpo. L’universo era in lei e con ogni
movimento si svelava. Da qualche
parte nella notte un razzo decollò”.
Nella lista dei finalisti anche que-
IL VINCITORE
Lo scrittore nigeriano Ben Okri,
vincitore dell’edizione 2014 del
“Bad Sex Award”. Ha battuto Murakami e Wilbur Smith LaPresse
st’anno comparivano grandi nomi.
Da Haruki Murakami al Pulitzer Michael Cunningham, dal Booker Prize
Richard Flanagan al bestsellerista
Wilbur Smith, che secondo la giuria
popolare meritava di vincere.
La votazione online del Guardian aveva scelto Wilbur Smith (28%) come il
peggiore. Il missile di Ben Okri è stato scelto solo dal 3% di lettori. Ma la
giuria è insindacabile.
WAUGH ci aveva visto lungo: nelle
scene di sesso gli scrittori danno il
peggio. Più usano giri di parole e metafore, più si attorcigliano in descrizioni grottesche. Wilbur Smith, è finito il lista per questo aulico brano
(da Desert God): “Il suo corpo era gla-
bro. Anche il suo pube era depilato.
Le estremità delle piccole labbra
sporgevano timidamente dalla fessura verticale. E su loro brillava una
rugiada di eccitazione femminile”.
Mentre Cunningham racconta una
sveltina, Flanagan esagera: “Le sue
mani avevano trovato carne, carne e
ancora carne. Lui baciò la striscia rosata che sbucava dall’elastico delle
mutande e girava intorno al suo ventre come la linea dell’equatore intorno alla terra. Come si persero nella
circumnavigazione l’uno dell’altro,
arrivarono grida acute che finivano
in un ululato più profondo”.
Niente paura, non l’ha strozzata. È
solo un grosso cane che sbuca da dietro una duna e interrompe l’idillio.
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014
19
I russi mi dicevano: dopati
IL VERBALE DELL’ULTIMO INTERROGATORIO DI SCHWAZER: “MENTIVO A CAROLINA”. MA LA PROCURA NON GLI HA CREDUTO
di Beatrice Borromeo
C
arolina usciva di casa
verso le 8:30 di mattina, poi io mi facevo le
iniezioni mentre ero
da solo”: si nascondeva dalla fidanzata, Alex Schwazer. Lo racconta al procuratore Tammaro
Maiello che, dopo questo interrogatorio, deciderà però di deferire Carolina Kostner e di
chiedere per lei una squalifica
più severa di quella del marciatore dopato. Nelle risposte di
Schwazer sarebbero emerse
prove sufficienti per considerare la pattinatrice “complice”.
Martedì scorso lei, in un’intervista esclusiva al nostro giornale, ha risposto così: “Non ho mai
coperto Alex, non sapevo che si
dopasse”. Il Fatto Quotidiano è
entrato in possesso del verbale
di quell’audizione (del 20 novembre) in cui Schwazer, oro
olimpico a Pechino, ricostruisce i passaggi che l’hanno portato alla squalifica: dettagli inediti, discrepanze (per la verità
su aspetti che appaiono marginali) tra le due testimonianze e il
racconto di una caduta. Che
parte dal viaggio in Turchia alla
ricerca dell’Epo.
Russi e turchi
Il tarlo del doping s’insinua nella testa di Schwazer dopo i
Mondiali in Corea, quando “a
una cena, i miei colleghi Borchin, Kamaykin e Morozov mi
dissero che facevano uso di sostanze dopanti. (…) A quella cena mi dissero di diventare russo
(...) per avere un’assistenza a
360 gradi, incluso il doping. Io
raccontai la cosa alla mia fidanzata (...). Carolina mi disse di lasciar perdere quello che facevano gli altri e di concentrarmi su
me stesso”. Ma partì lo stesso
per la Turchia: “Cercavo sempre di chiamare io e di non ricevere telefonate. Non spensi
mai il telefono per evitare che
scattasse la segreteria telefonica
turca. (...) Alla mia fidanzata
avevo detto che ero a Bologna”.
Su richiesta dei procuratori,
Schwazer spiega poi dove na-
EX FIDANZATI
scose l’eritropoietina: “Misi
l’Epo dentro una scatola di fermenti lattici dentro il frigo di
casa a Racines (...). Misi la confezione nello sportello del frigo
con uno scotch per non farlo
aprire. Li tenni lì fino a luglio
2012, quando poi li portai ad
Oberstdorf. Mia madre non mi
chiese mai notizie (...). Non li ho
mai usati fino a luglio 2012”.
Nella foto grande, Alex Schwazer,
29 anni, oro olimpico nella marcia a Pechino 2008. A fianco,
Carolina Kostner, 27 anni LaPresse
consulenza con questo dottore
per questi fatti. Lei non mi chiese informazioni, sia perché ci
siamo sempre rispettati nelle
scelte professionali, sia perché
lei è proprio al di fuori del doping, quindi non credo ebbe
proprio il sospetto. Secondo me
non sapeva nemmeno cos’erano concetti come inibizione dal
Coni”.
L’Epo in frigo
Il marciatore spiega così la sua
decisione di portare le sostanze
dopanti in Germania, a casa
della compagna, dove andò per
allenarsi: “Io cercavo un posto
non in altura e in pianura (…).
Decisi di andare a Oberstdorf
perché era a 800 metri, c’erano i
percorsi e c’era la mia fidanzata”. Ma poteva la Kostner non
realizzare che nel suo frigo c’era
Epo? “Prima di prendere le sostanze dal frigo (della madre,
ndr) cambiai la scatola da fermenti lattici a Vitamina B12.
Schwazer nascose la scatola “dai
LE TAPPE
Nell’audizione del 20
novembre il marciatore,
oro olimpico
a Pechino, ricostruisce
i passaggi che l’hanno
portato alla squalifica
primi di luglio al 6 agosto, quando buttai tutto ciò che rimaneva”. Circa un mese, dunque. In
quel periodo la Kostner si allenava in vista del mondiale: “Ero
esausta, in piena stagione. Aprivo il frigo per prendere da mangiare, in automatico, non per
controllarlo, anche perché non
ne avevo motivo”.
Le chiavi e le bugie
“Non ricordo se Carolina fosse
presente quando arrivai quel
giorno. Io comunque avevo le
mie chiavi”. È questo uno dei
passaggi che ha attratto mag-
MILANO Rigoldi, Colmegna
e Ciotti, i “preti laureati”
“Alex non c’è”
I due ricordano diversamente
cosa accadde la mattina del 30
luglio 2012, quando un ispettore suonò a casa della Kostner
per cercare Schwazer e lei mentì, sostenendo che si trovava a
Racines. Dice lui che “potevano
essere le nove. In quel momento
dormivamo entrambi”. Secongiormente l’attenzione degli investigatori. “Per esemplificare
la palese diversità delle versioni
tra Kostner e Schwazer – appuntano i procuratori – basti
evidenziare come i due non siano d’accordo su elementi in
punto di fatto di particolare importanza: la Kostner dice che
Schwazer non ha mai avuto le
chiavi di casa sua a Oberstdorf.
Schwazer afferma il contrario”.
Qui le spiegazioni dei due campioni divergono. Secondo Kostner, “Alex aveva le mie chiavi
solo nei periodi in cui stava da
me. Ma non le portava mai dietro quando ripartiva”. Schwazer dà un’altra spiegazione, che
non contrasta necessariamente
con l’altra: le chiavi “me le aveva
date lei e io non le ho più ridate
perché le ho perse nel 2013”.
Continua Schwazer: “Misi il
tutto nel frigo sopra il cassetto
della frutta. C’erano varie cose
nel frigorifero. Carolina non mi
pare vide questa scena. (…) Cominciai a utilizzare le fiale dopo
il controllo del 13 luglio per al-
cuni giorni. Di solito lo facevo
nello spazio temporale tra
quando Carolina usciva per i
suoi allenamenti, circa alle 8 di
mattina, e quando io uscivo per
il mio primo, circa alle 9:30”.
E la Kostner non si insospettì?
“Non chiese nulla, io dissi però
una bugia da subito dicendo che
questa vitamina BI 2, che lei non
conosceva, doveva essere conservata in frigo. Lei si fidò di
quello che avevo detto”.
Ferrari e l’incontro nel parcheggio
La versione dei due coincide anche per quanto riguarda Michele Ferrari, il preparatore inibito
che per un anno seguì Schwazer. Dice il marciatore: “L’incontro fu un po’ casuale. (…)
Carolina sapeva che era il mio
allenatore dal 2009, ma escludo
che sapesse la sua fama. Era la
prima volta che lo incontrava.
Lei seppe chi era Ferrari solo
quando nell’aprile 2011 uscirono delle notizie sulla Gazzetta
dello Sport su Ferrari e Scarponi.
Io le dissi che avrei interrotto la
do Carolina invece erano le sette e i due si trovavano in cucina
(nell’intervista lei spiega: “La
prima volta che mi hanno fatto
questa domanda è stato un anno dopo i fatti in discussione. Di
certo era mattina presto”). Dichiara il marciatore: “Io le dissi
che se fosse stato il DCO doveva
dirgli che io avevo dato la reperibilità a Racines e che non sono
in casa. Lei non disse niente, secondo me capì che io glielo stavo chiedendo perché il DCO
stava facendo un errore a venire
a Oberstdorf. (…) Carolina
“Sapevo che sarei risultato positivo”
“Mi ero già reso conto di stare
chiedendo a Carolina di mentire al DCO”, dice lui. Ma quella
sera, come conferma la Kostner, Schwazer la chiamò: “Dissi
che avevo fatto il controllo a Racines e lei mi sembrò contenta e
tranquilla”. Kostner ricorda che
“per me era finita lì”.
Alex Schwazer, invece, quel
giorno si era arreso: “Quando
ho fatto il controllo sapevo bene
che sarei risultato positivo perché avevo fatto una dose importante e non si sarebbe smaltita
prima di 5 giorni”. “Credo non
riuscisse ad ammettere nulla
perché si vergognava troppo”,
riflette oggi Carolina. Che, fino
al ritorno del test, continuò a
pattinare tranquilla.
Twitter: @BorromeoBea
Epo, stop al team di Nibali
TROPPE SQUALIFICHE: ASTANA, LA SQUADRA DEL VINCITORE DEL TOUR, ESCLUSA DALLE COMPETIZIONI
di Caterina Minnucci
di Luca Pisapia
anno usato il potere della parola per
H
costruire una realtà sociale più avanzata e più giusta, per educare, difendere,
er come stanno le cose ora, Vincenzo
P
Nibali non potrà difendere la maglia
gialla del Tour de France conquistata lo
costruire cultura e senso comune”. È con
questa motivazione espressa nella delibera
del senato accademico dell’Università Statale di Milano che ieri è stata conferita, in
occasione dell’inaugurazione del nuovo
Anno Accademico, la laurea magistrale honoris causa in Comunicazione pubblica e d’impresa a Don Luigi Ciotti fondatore del Gruppo Abele e di Libera contro le mafie, a Don
Virgilio Colmegna presidente della Casa della carità e a Don
Gino Rigoldi, storico cappellano del carcere Beccaria. Aula
Magna gremita per la lectio magistralis tenuta dai tre preti
che hanno ricordato il ruolo centrale dell’etica nella comunicazione, e testimoniato come nella loro vita sulle barricate
al fianco agli ultimi hanno sperimentato che “la strada è
incontro con Dio e incontro con le persone, saldatura di
terra e cielo”. Don Ciotti ha precisato: “Ma non chiamateci
preti di strada, siamo preti e basta. Ogni ulteriore qualifica è
di troppo”. Ha concluso Don Gino Rigoldi con un appello a
Papa Francesco: “Il sacramento della confessione va cambiato. Se un giovane mi dice che domenica non è andato a
messa o ha fatto sesso fuori dalle regole - ha spiegato il cappellano - questi sono comportamenti cattivi ma non peccati
che tradiscono il Vangelo. Dio non si incazza per queste
piccolezze. E a volte anche noi preti facciamo queste cose”.
L’ORA E LE CHIAVI
Tra la sua versione e
quella della pattinatrice
ex fidanzata emergono
alcune discrepanze,
ritenute evidentemente
non decisive
rientrò dopo pochi minuti e mi
guardò strana, forse un po’ turbata ma non arrabbiata. Io le
dissi di star tranquilla e che aveva detto la cosa giusta perché la
mia reperibilità era a Racines.
Forse parlai anche della tutela
della privacy”. Nell’ufficio della
procura antidoping notano che
“la Kostner sostiene di essersi
molto arrabbiata e di aver intimato a Schwazer di andare subito a Racines, mentre Schwazer sostiene che la Kostner era
semmai un po’ turbata dopo la
conversazione con il DCO”. Al
Fatto, la Kostner spiega: “Non
sono il tipo che fa scenate. Non
sbraitare però non significa non
essere arrabbiati”.
scorso 27 luglio sugli Champs-Elysées. La
sua squadra, la kazaka Astana Pro Team,
non ha ricevuto dall’Uci la licenza World
Tour che permette (e obbliga) le grandi
squadre a partecipare alle più importanti
corse della prossima stagione. La notizia
era nell’aria da ottobre, quando sono stati
fermati per assunzione di Epo i fratelli Valentin e Maxim Iglinskiy: il primo è stato
squalificato per 4 anni, il secondo, che ha
fato da gregario a Nibali al Tour, è invece
ancora in attesa di giudizio.
Già allora l’Uci chiese alla
Commissione Licenze di valutare la situazione dell’Astana, e
a nulla è servita la decisione del
team di licenziare in tronco i
due fratelli. Anche perché poi
il 26 novembre è stato fermato
per positività agli steroidi anabolizzanti anche il giovane Artur Fedosseyev: il quinto caso
di doping nell’Astana nel giro
di pochi mesi. Ecco perché la
decisione dell’Uci appare oggi
Aleksandr Vinokurov: il kazako allora
corridore e oggi team manager dell’Astana, ancora sotto inchiesta a Padova per i
suoi rapporti con il dottor Ferrari (quello
dei casi Armstrong e Schwazer, tra gli altri). Parlando poche settimane fa in occasione del suo trentesimo compleanno
Vincenzo Nibali, secondo italiano dopo
ALBERTO CONTADOR nel 2007 vinse il Gimondi e sesto corridore in assoluto a
Tour, ma l’anno successivo passò proprio vincere tutti le tre grandi corse a tappe (Giall’Astana e non fu invitato in Francia dagli ro d’Italia, Tour de France e Vuelta di Spaorganizzatori, perché nel Tour del 2007 – il gna), a proposito dei casi doping dell’Astaprimo per la squadra kazaka, nata sulle ce- na aveva detto: “Sono molto arrabbiato e
neri della Once-Liberty Seguros decimata ribadisco quanto detto, la mamma degli
dal clamoroso caso doping Operaciòn imbecilli è sempre incinta, chi nel ciclismo
Puerto – fu trovato positivo tra gli altri si dopa oggi è destinato a essere scoperto”.
Poi Nibali aveva assicurato che
intendeva restare sotto contratto con l’Astana fino a scaSOTTO ACCUSA
denza nel 2016. Ma dopo la decisione della Commissione LiCinque casi in pochi
cenze dell’Uci, se il Tas dovesse
respingere il ricorso e di conmesi: a ottobre fermati
seguenza gli inviti non arrivare,
i fratelli Iglinskiy; il 26
potrebbe esserci il liberi tutti da
parte del team kazako. E Nibali
novembre (per steroidi
allora potrebbe tornare ad arrampicarsi sui Pirenei anche
anabolizzanti)
quest’estate, solo con una maArtur Fedosseyev
Vincenzo Nibali LaPresse
glia diversa.
doverosa quanto scontata. Il team kazako
ha già annunciato ricorso al Tas (il tribunale arbitrale sportivo di Losanna) e se
questo dovesse rigettare l’appello ecco che
l’Astana potrebbe solo sperare negli inviti,
ma c’è un precedente che non depone a
favore.
20
SECONDO TEMPO
VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014
il Fatto Quotidiano
MASTERIZZATI
IL COFANETTO
Björk, ambiziosa
e monumentale
“BIOPHILIA” , IL FILM DEL COLOSSALE LIVE TOUR DELL’ARTISTA
ISLANDESE ENTRA DI DIRITTO NEI GRANDI EVENTI DEL POP
di Guido Biondi
S
e è vero che ogni artista
ha una parabola ascendente e discendente,
c’è da chiedersi cos’altro potrà fare Björk dopo la realizzazione di Biophilia: uscito nel
2011 come cd, portato in tutto il
globo con un poderoso e ambizioso live tour e infine translato e prodotto in un opera cinematografica senza precedenti. Tutto il mondo di Biophilia –
scenografie, coreografie, effetti
speciali e, soprattutto, grande
musica – è racchiuso in un cofanetto appena pubblicato
dall’artista islandese in dvd e cd
(e vinile), contenente il film diretto da Nick Fenton e Peter
Strickland presentato in anteprima al Tribeca Film Festival
di New York (in Italia è stato
proiettato in 36 sale). Nel lungometraggio il concerto diven-
ta un canovaccio onirico con
immagini tratte dagli archivi
storici di scienza e natura; colpisce l’impegno monotematico
e l’interesse ossessivo verso la
terra, le piante, l’interazione tra
le strutture musicali e i fenomeni naturali degli atomi e del cosmo. Il dvd contiene anche
extra registrati al Miraikan Museum di Tokyo. Il disco, inizialmente registrato su iPad, è il
frutto delle collaborazioni con
sviluppatori delle applicazioni
(c’è anche una app in merito
per la gioia degli smanettoni),
scienziati, scrittori, inventori,
musicisti e fabbricatori di strumenti. Il faraonico tour è partito dal Campfield Market Hall
di Manchester ed è terminato
all’Alexandra Palace di Londra,
location ove il tutto è stato registrato per essere immortalato
in film, dvd e cd live. Va sottolineato come l’iperbole stili-
DAN SNAITH
Concept d’amore
e di elettronica
stica di Björk sia un
punto di arrivo di una
carriera e un percorso
sempre in salita, lontano dalle sirene del pop,
nonostante il successo
degli esordi. Pochissimi artisti si sono arrampicati
così in alto per rappresentare
un concetto frutto di un complicato equlibrio tra filosofia,
musica, tecnologia ed ecologia.
IL RISULTATO finale potrebbe
essere interpretato come una
precisa scelta esistenziale e di
conseguenza, atto politico. Per
onestà intellettuale la poliedrica
artista dovrebbe inserire nei
crediti del progetto quella che a
tutti gli effetti è la sua vera fonte
d’ispirazione nonché il suo
mentore: Kate Bush; a sua volta
la cantante inglese potrebbe essere stata convinta a tornare sulle scene con i recenti sold out dal
di Pasquale Rinaldis
La cantante islandese Björk
vivo proprio grazie alla spinta
propulsiva di Biophilia. Nel dvd
osserviamo Björk in un costume futuristico perfettamente
integrata con tutti gli elementi
della natura, con indosso una
parrucca anacronistica raffigurante un soffio, una brezza, un
folletto, quasi a mimetizzarsi
con le note e le immagini. Isobel,
One Day, Hidden Place e Sacrifice
sono le performance più intense
e riuscite; accompagnano l’artista un coro di 24 persone, le percussioni dal vivo e una serie di
strumenti costruiti apposita-
ONE MAN BAND
Billy Corgan
cammina solo
mente per lo spettacolo: un’arpa
pendente dal soffitto, un organo
digitale a canne, due generatori
magnetici di note musicali, un
piano chiamato The Gameleste e
un’arpa chiamata Sharpsichord. Uno spettacolo mozzafiato entrato di diritto nei grandi eventi del pop musicale: andrà sistemato vicino a The Wall
dei Pink Floyd, Sgt. Pepper’s dei
Beatles e all’intera produzione
artistica di Bowie. Ma Björk è
l’unica che rappresenta la nuova generazione, dettaglio da
non sottovalutare.
REVIVAL
Il ritorno degli
Avvoltoi beat
OUR LOVE ©
AMAGAMA ©
UN CONCEPT album sull’amore? Non esattamente una novità, in ambito pop. Più raro che sia
un disco di elettronica a sviluppare il tema. Ma
da uno con la sensibilità e il talento di Dan Snaith, in arte Caribou (il suo
alias più famoso, ma ha inciso anche come “Daphni” e “Manitoba”), ci
si può aspettare anche questo. Our Love tratta degli alti e bassi di una
relazione di coppia, dell’euforia e della tristezza che riversiamo a fasi
alterne sull’altra metà della nostra vita, dell’abbandono emotivo e del
raffreddarsi progressivo dei sentimenti. Un ciclo di “canzoni” la cui
destinazione apparente è la pista da ballo, ma il pulsare sintetico della
musica non riesce a nascondere il pathos riflessivo e la palpabile malinconia delle parole, il tutto sottolineato dalla voce insicura e fragile ma
proprio per questo ancora più umana di Snaith. Rispetto ad altre prove
discografiche passate firmate Caribou, il suono si presta meno a rifrazioni colorate e psichedeliche, mantenendo un rigore digitale comunque non alieno alla melodia. Musica da dancefloor, indubbiamente: ma da ballare in due.
Carlo Bordone
LA BAND più importante
del movimento neo-beat
Anni 80, guidata da Moreno
Spirogi, torna con un nuovo energico album, “Amagama”, dopo quasi trent’anni dall’esordio “Il nostro
è solo un mondo beat”. Una carriera intercalata da
numerosi cambi di formazione (nell’ultima line-up
alla chitarra l’ex Not Moving Dome La Muerte), che
ha visto lo storico gruppo bolognese esplorare diversi stili musicali, dal garage al beat, dal prog alla
psichedelia. Una musica che attinge a piene mani
nel suono Anni 60 e 70 e si caratterizza per i ritornelli immediati e di grande impatto melodico,
come quelli di “Storia di una notte”, “Solo un nome”,
la cover di “Eh eh ah ah” del Balletto di Bronzo, “Come puoi” e “Federica”. Una vera boccata d’aria fresca per la musica italiana. Bentornati, Avvoltoi.
Gabriele Barone
Caribou
City Slang
LA BAND ROMAGNOLA
Nove corpi
e i loro strumenti
GEOGRAFIA DI UN CORPO ©
Santo Barbaro
diNotte Records
NON È MATERIALE per un ascolto disimpegnato,
il nuovo disco dei romagnoli Santo Barbaro. Geografia di un corpo va assimilato lentamente, concentrandosi sulle parole –a volte scandite con enfasi quasi sloganistica,
altre volte sussurrate minacciosamente – e inquadrando l’orizzonte
concettuale del lavoro. Che nelle parole degli autori è così riassunto:
“Nove musicisti. Nove corpi e i loro strumenti. Chiusi per tre giorni in
uno studio. Per vedere cosa accade se ciascun corpo è libero di muoversi artisticamente, senza particolari vincoli, se non la presenza di uno
spazio occupato da un altro corpo a fianco”. Come si può dedurre da
queste parole e dallo stesso titolo, si tratta di un disco cerebrale e fisico
allo stesso tempo. Atmosfere che guardano al post-punk degli anni
Ottanta, con le chitarre e i bassi che ricordano Birthday Party e Echo &
The Bunnymen, e frasi come “non ho mai amato e me ne guardo bene”
declamate in perfetto stile Giovanni Lindo Ferretti.
C. Bord.
C’è un
divano
viaggiante
sul Lago
di Como
Avvoltoi
Go Down/Audioglobe
MONUMENTS
TO AN ELEGY ©
Smashimg Pumpkins
Bmg /Self
YOU KNOW I'm not dead”,
cantava Billy Corgan in
“Everlasting Gaze”. In effetti il leader degli Smashing Pumpkins è vivo e attivo, sebbene secondo
alcuni non abbia tutte le rotelle ancora al posto
giusto. Unico superstite degli Smashing Pumpkins
creati, distrutti, rinnegati e in qualche modo recuperati, il crapa pelata torna in scena con “Monuments to an Elegy”, in uscita il 9/12. E c'è già
materiale pronto per “Day for Night”, che uscirà nel
'15. Che dire di “Monuments To An Elegy”, registrato a Chicago con Jeff Schroeder e con Tommy
Lee (batterista dei Mötley Crüe)? “Come tutte le
buone 'falci' del rock, siamo tornati per tagliare in
avanti “, spiega Corgan, che propone 9 pezzi. Prevale la vena melodica; non c'è nulla di innovativo, a
parte qualche suono non chitarristico tipo in “Anaise” e “Run2me”. Il distorsore fa il suo lavoro in “One
and All”, “Monuments” e “Antihero”. La buona notizia è che da “Oceania” il rocker si è affrancato dal
passato: sa camminare da solo, anche se non lascia
all'umanità perle del valore di “Siamese Dream”.
Valerio Venturi
CON QUEL NOME, Sulutumana, uno pensa che si tratti di un
gruppo africano, sardo o di chissà quale altra landa sperduta nel
mondo, invece in dialetto comasco significa sull’”ottomana”,
ovvero sul divano. “Ci è piaciuta
l'idea di trovare un nome che rivelasse le nostre radici e al contempo instillasse il dubbio sulla
nostra provenienza – racconta il
cantante della band comasca,
Gian Battista Galli –. Lo abbiamo scelto per un fatto sonoro e
per l’esotismo che richiama. Ciò
detto, riteniamo che il divano sia
un mezzo di trasporto portentoso che ti permette di partire per
viaggi magnifici attraverso la lettura, la visione di un film, l’ascolto della musica, il sogno, il sesso...”. Il progetto Sulutumana nasce nel 1998 quando Gian Battista Galli e Michele Bosisio incontrano Francesco Andreotti e
Nadir. A loro, in seguito, si aggiungono altri tre compagni di
palco a completare la formazione. Da circa un mese è uscito il
loro nuovo disco intitolato Dove
tutto ricomincerà: ”Siamo andati
alla ricerca di un’identità sonora
più omogenea rispetto al passato – racconta Galli –, è un album
folk-pop di forte matrice cantautorale con influenze che spaziano da Leonard Cohen a Stevie
Wonder”. Riguardo al titolo, Galli spiega che “è una sorta di diario di viaggio nel deserto e le fotografie che lo accompagnano
sono divenute la metafora della
vita e del senso che vogliamo
dare alle cose. Ribaltando il punto di vista comune, il deserto
non è più il luogo in cui tutto
sembra finire ma, al contrario, il
luogo simbolo in cui tutto può ricominciare”. Il disco è composto
da undici brani ben confezionati:
basterebbe loro qualche piccolo
compromesso per uscire dalla
“nicchia”, ma non sembrano o
probabilmente non saranno mai
concilianti.
JAZZ
Allegria per tromba
trombone e tuba
BRASS BANG! ©
Bernstein, Fresu, Petrella, Rojas
Tuk Music / Ducale
SE È VERO che una band di ottoni mette
allegria al suo solo apparire, poi bisogna
che suoni bene. Soprattutto in tempi inflazionati come questi, in cui omaggi, tributi rievocazioni e paraculate di marketing vario hanno preso possesso di molta
produzione discografica. Brass Bang!
sfugge a tutti questi rischi e non solo. Rimanda, rievoca, omaggia e tributa senz’altro un’ampia fetta di storia (del jazz e non
solo) ma soprattutto dimostra come quattro eccellenti musicisti possano mettersi
insieme, scegliere un repertorio variegato
(il disco contiene ben 18 tracce) che va da
Ellington a Palestrina, da Hendrix agli Stones fino a Buscaglione e a una manciata di
brani originali – tutti sotto la famosa epigrafe di Frank Zappa secondo cui “Il jazz
non è morto, ha solo un odore un po’ curioso” – e divertire. In maniera intelligente.
Certo Fresu, Bernstein, Petrella e Rojas sono quattro stelle di prima grandezza, ma
qui è successo quello che quasi mai si verifica: la sommatoria del valori in campo
ha davvero fatto il totale (Totò dixit), o
forse più. Due trombe, un trombone e una
tuba molto spesso impiegata nel suo ruolo
originario di antesignana del contrabbasso, amalgamati da qualche percussione e
variegati da una spruzzata di elettronica,
rendono intrigante lo spettro timbrico di
tutto l’album. Ricorrendo a qualche bizzarria come il linguaggio jazzistico e la famiglia d’appartenenza consentono ma
senza gigionismi e facilonerie di sorta.
Andrea Di Gennaro
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014
21
PAOLO RUFFINI Direttore editoriale
di Sat 2000, la “tv dei Vescovi” Ansa
SU RAIUNO
IL PEGGIO DELLA DIRETTA
San Francesco atto III
per Liliana Cavani
di Patrizia Simonetti
an Francesco atto III. Dopo
S
quasi cinquant’anni Liliana Cavani torna alle origini, alla storia
con la quale nel 1966 esordì alla regia di un lungometraggio e la Rai alla produzione di un film, quel Francesco d’Assisi con Lou Castel visto da
20 milioni di persone e seguito 23
anni dopo dal Francesco cinematografico con Mickey Rourke. Ed ora
ancora Francesco, lunedì e martedì
su Rai1, miniserie prodotta dalla
“Ciao Ragazzi!” di Claudia Mori,
protagonista il polacco Mateusz
Kosciukiewicz, musiche di Mauro
Pagani: “La Einaudi mi aveva chiesto un libro su San Francesco, ma io
faccio film, ho risposto, per cui meglio farci un altro film” racconta la
regista, una necessità per lei tornare
a quella “storia bellissima che va riproposta di generazione in generazione – dice – e di un’attualità sconcertante se si pensa che negli ultimi
anni la diseguaglianza economica è
aumentata in tutto l’Occidente”.
Lui invece, Francesco, “il più grande
intellettuale che l’Italia abbia mai
avuto – continua la Cavani – odiava
il denaro capace solo di procurare
odio, distruggere famiglie e causare
guerre e aveva capito che alla base di
tutto c'è la pacificazione”.
Lo rivediamo allora applicare alla
lettera le parole del Vangelo rinun-
ciando anche malato a una casa, un
letto, un tavolo e rifiutando rendite
contro tutto e tutti, e tentare di fermare in Egitto l'ennesima crociata
perché “la parola uccidete non appare mai nel Vangelo” ricorda al
cardinal Pelagio, ma quello niente, e
poi al sultano Malik-Al Kamil che
“cristiani e musulmani sono figli
dello stesso Dio” e se la sua gente
non lo ascolta lui deve farlo, gli dice,
perché “deve farlo chi crede in
Dio”.
E POI NEL BOSCO a cercare l’ispirazione per quella “regola” che la sua
Fraternitas e la Chiesa gli chiedono
per poi tradirla: “Non possedete denaro o case perché possiamo vivere
in semplici ripari, lavorate per mangiare e nessuno sia padrone o capo”,
troppo severa anche per Elia (Vinicio Marchioni), mantello in stoffa
francese e profumo al gelsomino,
“un PR per il suo gruppo, poi consigliere di Federico II da beccarsi
due scomuniche” dice la Cavani, ma
non per Chiara (Sara Serraiocco),
“un’intellettuale fantastica ignorata
per secoli”, che digiuna per ottenere
dalla Chiesa il privilegio della povertà e ci muore con quella pergamena
tra le mani. Sono loro due a raccontarsi e a ricordare Francesco che si è
spento con le stigmate ringraziando
loro e Sorella Morte su un lenzuolo
in mezzo al bosco.
Sat 2000, l’emittente
della porta accanto
di Elisabetta Ambrosi
n cappuccetto rosso stilizzato che
U
cavalca il lupo cattivo, tenendogli
la bocca ben serrata con il guinzaglio: è
la sigla disegnata – tutta stile (ex) Ballarò – di Attenti al lupo, il programma in
onda dal martedì e venerdì alle diciannove su Tv2000 (la tv dei vescovi – visibile sul canale 28 del digitale terrestre
e sul 140 di Sky – che con la nuova
direzione editoriale di Paolo Ruffini sta
cambiando volto e ascolti). Sobrio ibrido tra DiMartedì e Mi manda RaiTre, il
programma condotto da Giuseppe Caporaso parla, manco a dirlo, di pensioni, fisco, sanità, tasse. Ma la differenza col classico talk show sta tutta nel
numero verde gratuito al quale chi
guarda – per ora più vicino alla signora
che segue la messa da casa che al professionista filogrillino inviperito – può
chiamare per avere lumi sulle rogne
quotidiane. Niente politica, niente variopinti opinionisti, qui ci sono solo
pallidi esperti sconosciuti ai più, che
svolgono il loro lavoro senza le luci della ribalta. E invece dell’enfasi sui ficcanti tweet da parte di spettatori ormai
divenuti mezzi autori dei programmi,
una classica cassetta postale raccoglie le
lettere (o al massimo le email) degli
spettatori-spettatori che cercano una
soluzione ai loro spinosi problemi.
Prendi la puntata “Case al ribasso”, sulla svalutazione degli immobili. Il signor Giuseppe da casa chiede perché
quella casetta che aveva pagato così
tanto ora viene valutata centomila euro
in meno, la signora Paola domanda invece che succede quando non si riesce a
pagare la rata del muto.
RISPONDONO in studio, pacati e un po’
grigi, il dott. Angelo Peppetti dell’Ufficio crediti Abi e il signor Lupidii della
Federazione italiana agenti immobiliari. Si cerca però di dare un’aria più glamour sia con il collegamento con il super esperto (che tuttavia, a causa della
connessione via skype causa probabile
spending review sembra quasi un sequestrato nell’oscurità del suo nascondiglio), sia con le immancabili tabelle con
le cifre (ormai un dogma metafisico).
Non manca poi il servizio accattivante:
in questo caso l’intervista al migliore
portiere di stabile premiato dalla Uil, il
Gli ascolti
di mercoledì
CHI L'HA VISTO?
Spettatori 3,89 mln Share 16,8%
BERSAGLIO MOBILE
Spettatori 1,42 mln Share 5,53%
signor Vincenzo Zaccaria di (“Ai giovani che trovano il lavoro di portiere
dico: accettarlo subito, hai una casa, un
mensile e fai un’esperienza”). E poi ci
sono le domande del conduttore, un po’
stile Gabbia (“L’aumento della rendita
catastale sarà la mazzata finale?”, “I
grandi con tante case fanno giochi e
giochini ma chi ne ha una?”). Insomma,
un onesto programma di servizio, un
po’ “vorrei ma non posso” e con leggere
tentazioni, per fortuna sedate, di ambire al talk show-aula parlamentare. Ma
che, appunto, evita l’usurante esposizione ai Salvini di turno o al sindacalista
con la dipendenza da salotto e magari ti
risolve anche un problema pratico. Il
tutto prima di cena, così, guardando le
puntate “Condiminio”, che stress, o
“Gas e Luce: come chiedere il bonus sociali”, non si rischia il sopore. E dopo il
pasto, ben informati, si può decidere di
evitare l’angoscia da programma dove
le parole dei politici di turno sono inversamente proporzionali ai problemi
esposti, e magari seguire, sempre su
Tv2000, dopo le 23, il Rosario dal Santuario di Pompei. Tutto sommato, non
ci resta – davvero – che pregare.
VELVET
Spettatori 3,53 mln Share 13,2%
LE IENE SHOW
Spettatori 2,49 mln Share 13,17%
22
SECONDO TEMPO
VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014
il Fatto Quotidiano
GIUSTAMENTE
MAFIA CAPITALE
La linea nera,
una storia sporca
di Gianni Barbacetto
E
rano esclusi dal potere. Ed erano puliti. Adesso, invece,
li troviamo neri e
sporchi, alla guida del “mondo
di mezzo” di Mafia Capitale.
Sono gli eredi della destra, un
tempo duri e puri, beccati oggi
a manovrare un sistema criminale pervasivo e trasversale.
Ma siamo proprio sicuri che ci
sia stata una svolta, una rottura? “Vivevano nel mito delle
mani pulite, che potevano esibire anche per mancanza di
occasioni. Vent’anni dopo, il
fallimento è spettacolare, verrebbe da dire wagneriano”:
così Mattia Feltri. Ancor più
forte la nostalgia di Marcello
Veneziani, per “una destra che
per anni si è vantata della sua
diversità, che propugnava l’alternativa al sistema e ripeteva
con Almirante che dalle tasche
di Mussolini appeso in piazzale Loreto non è caduto un
soldo”. Ma esisteva davvero la
“diversità” nera? O non c’è
piuttosto una sotterranea continuità criminale?
IL MITO della destra esclusa &
pulita (e anche antimafia) si
nutre delle storie di tanti militanti onesti, ancorché fascisti,
e anche di figure limpide come
quella di Paolo Borsellino. Ma
non fa i conti con una realtà
ben più articolata. Intanto il
“polo escluso” (così il politologo Pietro Ignazi ha definito
l’area politica che ruotava attorno al Msi) era in realtà un
“polo occulto”. Quasi del tutto
fuori dai circuiti del potere visibile, la destra di fede fascista
ha in realtà sempre cogestito
una larga fetta di “potere invisibile”. Il Msi è stato infatti
coinvolto fin dalla sua nascita
nella gestione dello Stato, dentro i suoi apparati più segreti e
le sue operazioni più sotterranee. Forze armate, ministero
dell’Interno, servizi segreti
hanno sempre avuto rapporti
stretti con il Movimento sociale e i suoi uomini. È esistito
dunque in Italia anche un invisibile consociativismo di destra, in cui i “neri” hanno gestito una parte importante di
delicatissimi apparati dello
Stato, assumendosi spesso il
compito di fare i “lavori sporchi” del sistema.
Guardavano al Msi i generali
più importanti delle Forze armate negli anni Sessanta, a cominciare da Giuseppe Aloja, il
capo di Stato maggiore che
istituisce i “corsi d’ardimento”
per formare “migliaia di uomini particolarmente addestrati contro la guerra sovversiva”, secondo la testimonianza di due personaggi coinvolti
in quell’operazione, Pino Rauti e Guido Giannettini. Un uomo-chiave dei servizi segreti,
Vito Miceli, termina la sua carriera in Parlamento, nei seggi
del Movimento sociale, dopo
essere stato capo del Sid, il servizio segreto militare, negli anni cruciali della strage di piazza
Fontana (1969) e dei tentati
golpe Borghese (1970) e Rosa
Licio Gelli, maestro venerabile della Loggia P2, 95 anni Ansa
COSE GIÀ VISTE
Altro che duri e puri:
dalla commistione
coi servizi segreti
ai rapporti con le mafie
alla P2, il “mondo di
mezzo” c’è sempre stato
dei venti (1973). Approdano
nelle file del Msi molti altissimi ufficiali: dal generale Giovanni De Lorenzo (quello del
Piano Solo, 1964) all’ammiraglio Gino Birindelli. E quanti
uomini della destra lavorano,
apertamente o in maniera “coperta”, per i servizi segreti, da
Miceli a Rauti, da Giannettini
a Stefano Delle Chiaie, da Giano Accame a Piero Buscaroli. I
militanti neri, sempre in bilico
tra Msi e gruppi extraparlamentari (principalmente Ordine nuovo e Avanguardia nazionale), sono per decenni il
serbatoio da cui attingere personale, sotto lo sguardo attento dei servizi di sicurezza, da
impiegare nelle operazioni
della “guerra non ortodossa”,
teorizzata nel 1965 nel convegno al Parco dei Principi e passata attraverso il fuoco delle
stragi, da piazza Fontana a Bologna.
Solo militanza politica (o politico-militare)? No. L’incrocio con gli affari, la politica e la
corruzione (e anche con la mafia) è una costante di questa
storia nera. Licio Gelli era già
un perno della “terra di mezzo”, in contatto, sopra, con i
Sindona, i Calvi, i Berlusconi e,
sotto, con le bande dei neri toscani e i gruppi romani in cui
s’incontravano eversione, servizi, malavita e mafia. La banda della Magliana era già Mafia
Capitale, commistione “perfetta” di affari, politica e criminalità. Altro che “cuori neri”, altro che destra dura e pura. A parole proclamava ideali
alti, ancorché fascisti; in pratica li tradiva ogni giorno in un
balletto di spioni, informatori,
infiltrati e traditori sempre
pronti a vendere i camerati. A
parole era antimassonica; ma
molti esponenti di primo piano del Msi erano in segreto
iscritti alla P2: Birindelli, ex
presidente del partito (tessera
numero 1670), i deputati Giulio Caradonna (2192) e Sandro
Saccucci, il senatore Mario Te-
deschi (2127), oltre a Vito Miceli (1605). A parole erano anche antimafiosi; ma la pratica,
nel Paese dei patti sotterranei e
delle alleanze inconfessabili, è
diversa dalla teoria. Così la destra non ha esitato a trattare e
collaborare con le mafie. Con
Cosa Nostra in occasione del
golpe Borghese; con la ’ndrangheta durante e dopo la rivolta
di Reggio; con entrambe durante la trattativa del 1992-93.
P2 E MAGLIANA restano gli
eterni modelli di una commistione affari/politica/criminalità/mafia che ha attraversato
tutta la storia d’Italia dal dopoguerra a oggi. Il “mondo di
mezzo” di Massimo Carminati, milanese, detto “er Cecato”,
ora è una versione di certo innovativa di quel modello, ma
dentro una tenace continuità
che non riescono a vedere soltanto i nostalgici di un mitico
fascismo duro e puro che in
Italia non è mai esistito.
L’eccessiva severità
della giustizia sportiva
di Bruno
Tinti
n PUÒ SEMBRARE strano
ma la storia di Carolina Kostner può servire per far capire che la giustizia è una cosa e la legge un’altra; che ai
giudici tocca applicare la legge e alla politica fare leggi
giuste; e che, quando le leggi
non sono giuste, la responsabilità dell’ingiustizia è della politica e non dei giudici.
Carolina ha mentito a un
ispettore antidoping: “Alex
Schwazer, il mio fidanzato,
non è qui a Oberstdorf ma a
Racines”; invece era proprio
lì. La giustizia sportiva se l’è
presa con lei: ha mentito
all’ispettore
(favoreggiamento) e ha omesso di denunciare che si dopava. La
vogliono squalificare per più
di 4 anni che, per un’atleta
della sua età, significa a vita.
Non è importante se Carolina sapeva che Alex si dopava; e nemmeno se la sua
impacciata difesa sulla menzogna all’ispettore sia fondata o no. Quello che è importante è la discriminazione
della giustizia sportiva e di
quella penale nei confronti
delle coppie di fatto rispetto
alle coppie di diritto; e anche
l’inspiegabile maggiore severità della giustizia sportiva
rispetto a quella penale in
materia di obbligo di denuncia.
Cominciamo da qui. Il codice
penale obbliga alla denuncia
di un reato solo i pubblici ufficiali; i privati cittadini devono denunciare (nel caso
ne abbiano conoscenza) solo
i reati contro la personalità
dello Stato, i sequestri di persona e la detenzione di armi
e di esplosivi; non, per esem-
pio, chi fa uso di droghe e
nemmeno chi le spaccia. Se,
per analogia, parifichiamo
l’uso di sostanze stupefacenti al doping, proprio non si
capisce perché la povera Carolina, che potrebbe benissimo tacere se l’universo mondo intorno a lei facesse uso di
droga, avrebbe dovuto denunciare il suo fidanzato che
si dopava.
Ma, ammessa la ragionevolezza di una maggiore severità della giustizia sportiva (il
doping è una brutta cosa e
tutti gli atleti dovrebbero collaborare per scongiurarlo),
resta il fatto che Carolina e
Alex si amavano e vivevano
insieme. E qui giustizia sportiva e penale sono accomunate nella stessa perfidia.
DURA LEX
La Kostner rischia
la carriera per non aver
denunciato il doping
del suo convivente. Un
Tribunale penale non
la potrebbe condannare
Carolina Kostner Ansa
L’art. 199 del codice di procedura prevede che i prossimi congiunti dell’imputato
possano astenersi dal testimoniare; nonni, genitori, figli,
coniuge, fratelli, affini, zii e
nipoti dell'imputato possono
dire: no, non voglio; e, se non
li avvertono di questa facoltà
e loro testimoniano, la deposizione è inutilizzabile. Anche il convivente more uxorio,
insomma la coppia di fatto,
gode di questa facoltà.
La Corte di Assise di Torino
(1993) dette una bellissima
definizione di questo tipo di
relazione: “Ogni legame affettivo stabile che includa la
reciproca disponibilità a intrattenere rapporti sessuali,
il tutto ricompreso in una situazione relazionale in cui
siano presenti atteggiamenti
di reciproca assistenza e solidarietà”.
PERÒ questa parificazione della coppia di fatto viene
meno in materia di favoreggiamento (art. 378 codice
penale): l’art. 384 (non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto
dalla necessità di salvare un
proprio congiunto da un grave e inevitabile nocumento
nella libertà o nell’onore) a
loro non si applica. Insomma
una moglie, un papà, una
mamma, un figlio, anche uno
zio o un nipote, se la polizia
cerca il loro parente, possono ospitarlo senza essere
perseguiti. Una fidanzata, se
la persona amata le chiede
“non dire che sono qui con te,
ti prego”, lo deve tradire per
legge. La Corte costituzionale ha detto che va bene così
(ord. 121/2004). Ma a me
continua a sembrare una carognata.
n
PARADIGMI
Il Tartufo di Molière, ritratto
perfetto della politica italiana
di Nanni
Delbecchi
é Marx né Nietzsche, né
N
De Gasperi né Berlinguer. Se vogliamo guardare
negli occhi i politici che ci assediano da ogni possibile
pulpito, giorno dopo giorno,
e ci assicurano che usciremo
dal tunnel se solo li ascolteremo, dobbiamo chiedere a
Molière. Le risposte arrivano
da un libro appena uscito,
Tartufo, che raccoglie gli scritti dedicati a questa autentica
ossessione da Cesare Garboli,
convinto com’era il grande
critico e traduttore che la vera natura di Tartufo fosse la
sola idea originale di tutta la
vita. La sola, no di certo; la
più attuale è assai probabile, a
giudicare dalla piega filodrammatica presa dalla politica italiana con l'amorevole
contributo delle televisioni.
Chi è, dunque, Tartufo? Nella
visione di Garboli è, insieme
al suo contrario Don Giovanni, il luogo in cui il teatro di
Molière diventa cosciente di
se stesso, visto che “entrambi
sono consapevoli che il mondo è una mascherata e si reg-
ge sulla malafede”. Per tutti e
due la menzogna non mina la
realtà, ma la crea; e se Don
Giovanni esprime il declino
inesorabile dell’aristocrazia,
Tartufo, servo che vuole farsi
padrone, è invece la maschera rivoluzionaria per eccellenza, “campione non già
dell’ipocrisia, come per lo più
si ritiene, ma del potere intellettuale e spirituale quando nasce dal risentimento e
dalla frustrazione”.
NELLA COMMEDIA moliè-
riana Tartufo è prete, né potrebbe essere altrimenti. Ma
dall’Ottocento le strade attraverso cui insinuarsi nel cuore
I GUARITORI
Davvero non ci sono
dubbi: il personaggio
della commedia è tra noi,
ovunque ci si volti,
e tra gli interpreti
la concorrenza è spietata
e nell’inconscio del prossimo
sono molte di più. “Basta sostituire l’ideologia alla religione, da un secolo, il nostro,
all'altro, quello di Molière, ossia la santità di una causa
all’altra, e vedrai in quanti politici e intellettuali si riproduce”. Così Garboli nel ricordo
di Carlo Cecchi, curatore di
questo libro. Davvero non ci
sono dubbi: Tartufo è tra noi,
ovunque ci si volti, e tra gli
interpreti la concorrenza è
spietata. Se Tartufo è il perfetto guaritore, non importa
quanto in malafede, quale
miglior provvidenza della peste globale di una crisi? E quale miglior veicolo di una politica divenuta spettacolo, comunicazione e poco altro? La
contingenza è un’illusione ottica, leggi, patti e chiarimenti
vanno e vengono come le trovate di un canovaccio. Quello
che conta è la maschera, il tipo, il carattere. Meglio se con
l’inseparabile costume, si
tratti di un doppiopetto di
sartoria o di una rustica felpa.
Tartufo non si disperde in visioni del mondo, o anche solo
del quartiere. Gli interessa solo spiegarci come guariremo,
grazie a lui. E da cosa. Per
vent'anni un certo dottor B.
ha giurato (sui figli) che ci
avrebbe guarito dal comunismo, il male del secolo. Nel
frattempo, altri dottori giuravano che ci avrebbero guariti
dal dottor B. Oggi un professorone di Firenze ci assicura
che ci guarirà dalla crisi, il
male del secolo, con una nuovissima cura omeopatica:
l’ideologia del postideologico.
MA UN ALTRO chirurgo, di
scuola padana, scuote la testa;
qui bisogna intervenire d’urgenza sterminando con il bisturi l’invasore e, se necessario, asportando d’urgenza
l’Unione Europea. Un altro
primario a cinque stelle è ancora più drastico: lui promette proprio di guarirci dai guaritori. Tra le tante interpretazioni possibili dell’astensionismo montante (con annesse ricette per curarlo), suggeriamo anche questa. Forse i
pazienti cominciano ad averne le tasche piene di questi
guaritori; forse si chiedono se
questo viavai di ricette miracolose abbia come vero fine
non la guarigione di chi è curato, ma il potere di chi cura.
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014
23
A DOMANDA RISPONDO
Furio Colombo
Noi, prigionieri
dell’idolo di turno
The Millionaire (Slumdog Millionaire) è un film
del 2008 diretto da Danny
Boyle che nel 2009 ha ottenuto 10 nomination al
premio Oscar e ha vinto 8
statuette fra cui quella di
miglior film e miglior regia. La sinossi è lunga e articolata e qui la risparmio,
salvo precisare che è la
storia di due fratelli Jamal
e Salik e di una ragazza
Latika. Mi è tornato alla
mente alla luce dei titoli di
giornale di ieri mattina 4
dicembre, per una delle
scene iniziali proposta
anche nel trailer ufficiale
in cui si scorge Jamal che è
rimasto
imprigionato
proprio nel momento in
cui arriva il suo idolo che
vuole assolutamente vedere da vicino. Il piccolo
Jamal è imprigionato in
un bugigattolo a cielo
aperto a uso latrina, se
vuole raggiungere la sua
meta non ha altra via
d’uscita se non quella di
lasciarsi cadere nella merda. E Jamal si lascia cadere
nella merda consapevole
di quello che fa. Anche il
popolo italiano nel suo
complesso si è da tempo
lasciato cadere nella merda, ma sembra inconsapevole della cosa, o forse
ci si auto-convince (con il
trattino) per sopravvivere
alla puzza che emana da
noi, che quello di cui siamo ricoperti non sia merda, e che l’idolo di turno
sarà comunque lui a fare
pulizia di tutto. Il lieto fine però non è alle viste, ed
anzi, a forza di illudersi
che basti un “commissario” ad acta o ad abundatiam, longa manu dell’uomo solo al comando di
turno, puntualmente capace di spalare la merda,
che è ovviamente sempre
quella degli altri, non resta che rassegnarci a quella condizione endemica
ben racchiusa in un aneddoto caro ai pragmatici
piacentini. Si narra che ad
una prima della stagione
operistica al Teatro Municipale, un noto imprenditore nel campo degli
“spurghi” si presentasse
accompagnato dalla mo-
glie impellicciata. Dal
loggione una voce sarcastica levò un grido:
Xxxxxx t’é fat i sod co’ la
merda! Leggenda vuole
che la risposta si levasse
altrettanto stentorea lapidaria e in tempo reale. E
resta purtroppo una fotografia dell’Italia di ieri di
oggi e di domani.
Vittorio Melandri
La fondamentale
inversione di rotta
Egregio Direttore, le scrivo pensando a questa nostra Italia sempre più in
difficoltà, in piena crisi di
valori e di identità, dove
corruzione, clientelismo,
affarismo, mafia e politica
sono
diventati
un
Senza una buona e sana
politica questo processo
di risanamento non è certo percorribile. Un’inversione di rotta fondamentale, imperdibile è lì a venire. Mi riferisco alla
prossima nomina del
nuovo presidente della
Repubblica italiana. Perché il vostro giornale non
lancia la candidatura
dell’avvocato Umberto
Ambrosoli? Una nomina
del genere costringerebbe
il Parlamento a delibere
l’abbassamento o l’eliminazione della clausola che
impedisce agli under 50
di essere eletti, ma non
penso sia un problema insormontabile. Sarebbe
interessante avere il ri-
La strana Cisl:
sciopero no,
sciopero sì
CARO COLOMBO, come fa la Furlan,
nuova segretaria della Cisl, cioè uno dei
tre grandi sindacati italiani, a dire no allo sciopero generale Camusso- Barbagallo, ma sì allo sciopero generale del
pubblico impiego (che, tra l’altro, coinvolge molto di più i cittadini)?
Maria Grazia
L’ATTIVISMO spacca-sindacato di Marchionne, prima della grande operazione
di sgombero che ha portato definitivamente la Fiat negli Usa, ci ha insegnato
che dividere i sindacati è molto importante per chi se ne vuole liberare, ed è un gioco
che, purtroppo, a volte riesce. Bisogna riconoscere alla nuova segretaria Cisl di
avere esordito in un momento in cui il suo
sindacato era tra l’incudine e il martello. I
suoi iscritti, all’unanimità, volevano una
protesta, la più efficace possibile, contro la
doppia campagna di cui gli impiegati
pubblici sono stati e sono il target prediletto. Da un lato infatti vengono disprezzati e viene loro dedicata una “riforma”
che (dispiace per Marianna Madia, che è
una brava persona) tra le più malfatte
tecnicamente e le più indecenti moralmente che questo e altri governi abbiano
mai prodotto. Dall’altro si nega loro ogni
minima possibilità di revisione delle basse
paghe e lo si fa sventolando la proibizione
di minimi aumenti come una vittoria morale su profittatori e fannulloni, e fingendo di dimenticare che “pubblico impiego”
sono anche le scuole, la sicurezza e gli
ospedali. Ma gli ordini ricevuti erano di
la vignetta
tutt’uno ormai insopportabile che sta irrimediabilmente distruggendo il
Paese. La gente, quella per
bene, è arrivata al limite
della “pazienza democratica”. Nelle difficoltà in
cui si trova, a ragione, si
sente vittima di questa
“macchina del fango” che
deve essere smontata pezzo per pezzo e distrutta
senza esclusione di colpi.
Il popolo è esasperato, sfiduciato. L’assenteismo al
voto, sempre più evidente, ne è la prova tangibile.
Il popolo ha bisogno di
segnali chiari. Ha la necessità di capire che in
quei Palazzi si vuole e si
deve cambiare qualcosa.
scontro della gente. Se
fosse positivo, potremmo
dimenticare finalmente
quei soliti nomi di cui non
se ne può più. Ritengo
Umberto Ambrosoli una
figura nuova, positiva.
Una persona preparata,
irreprensibile e incorruttibile, degna di suo padre
e di cui ci sarebbe tanto bisogno.
Luciano Daina
Soldi, la bellezza
e la cooperazione
Mi sono battuto molto sia
in sede della regione Friuli Venezia Giulia e del suo
capoluogo Trieste sia a livello di Bruxelles, in
quanto presidente di
un’associazione di volontariato sociale e culturale,
contro la norma folle che
impone il cofinanziamento dei progetti come
elemento essenziale per
l’accesso all’esame della
bontà progettuale. Una
norma che per il volontariato onesto è semplicemente discriminatoria.
Ne ho sentite di tutti i colori. Hanno sprecato le
parole e sono arrivati persino a dire che la cultura
non ha niente a che fare
con la bellezza bensì con
la cooperazione. Avevo
molti dubbi. Ora passo alle certezze. Leggo che l’associazione “Libertà e sviluppo” (sviluppo senza
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Editoriale il Fatto S.p.A.
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Consiglio di Amministrazione:
Lucia Calvosa, Luca D’Aprile, Peter Gomez,
Antonio Padellaro, Layla Pavone,
Marco Tarò, Marco Travaglio
rigorosa e vistosa separazione dai sindacati “comunisti”. Nessuno si aspettava in
quel momento che il nuovo segretario Uil
non fosse in vena di cedere ai Marchionne
di governo, lasciando sola la Camusso nel
lazzaretto degli estremisti. E così è stata la
Furlan a trovarsi sola e in una situazione
imbarazzante. Infatti è portatrice, ma anche involontaria rivelatrice di un piano
(isolare subito ciò che è o sembra di sinistra) che è andato male. E le sue affermazioni (“le fabbriche non possono restare
vuote e ferme in un momento così difficile”) sono apparse in perfetto contrasto con
ciò che stava facendo per forza (data la situazione): fermare e svuotare gli uffici e
organi pubblici da cui dipende anche il
funzionamento delle fabbriche, e dunque
raddoppiando lo sciopero generale. Ma gli
ordini sono ordini e un bravo ufficiale non
se li fa ripetere. Gli ordini di chi? Diciamo
che conta l’umore di ambiente Pd-Boy
Scout che la Furlan ha subito respirato nei
piani alti in cui l’hanno portata. Lei sa che
stiamo vivendo una finta liberazione delle
donne (che al massimo possono diventare
“ministro degli Esteri” d’Europa) in cui gli
ordini li danno più che mai gli uomini.
Solo la Camusso non ha capito. O finge di
non capire a costo, a volte, di apparire un
po’ rude, di dire cose che la Moretti non
permetterebbe mai, benché sia la più bella
(come dice e ripete).
Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano
00193 Roma, via Valadier n. 42
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aggettivi) promuove iniziative culturali italiane e
straniere. Socio fondatore Carminati. Ohibò! Facile togliersi la concorrenza con un bel cofinanziamento impositivo e ad
escludendum, specie per
chi le parole “volontariato e onestà” non sa nemmeno come si scrivono!
Da Roma ad Udine e su su
fino a Bruxelles il lavoro
burocratico diventa assai
così ancor più semplice
(si fa a meno di criteri sensati di valutazioni) e si sta
tranquilli dalla parte dei
più forti. L’ideologia
aziendalistica, del controllo, dell’impresa ad oltranza è salva e la sussidia-
rietà vera va fuori dalle
balle. E pure parte della
cooperazione sociale.
Augusto Debernardi
L’Ucraina europea
poco democratica
A proposito dell’articolo
di Vauro sulla situazione
in Ucraina, vorrei aggiungere alcune notizie.
Testimonianze dirette ed
attendibili mi riferiscono
che in Ucraina occidentale, l'appartamento di proprietà da due generazioni
di una famiglia ucraina, è
stato visitato da uomini
armati in tuta mimetica
che hanno intimato il
proprietario di lasciare
l’appartamento al più
presto, avendo costui
sposato una donna russa.
Il locale è stato “svenduto” e la famiglia è dovuta
emigrare ad Est. Ho notizia anche di primari ospedalieri di origine russa
che sono stati costretti a
lasciare il posto a medici
ucraini puri. Se questo è il
nuovo
corso
per
un’Ucraina democratica
e in odore di Unione europea, auguri, a me pare
semplicemente pulizia etnica.
Mauro Stagni
La sincerità di Renzi
sull’articolo 18
Nella trasmissione “Bersaglio mobile” condotta
da Enrico Mentana, il
presidente del Consiglio
Renzi ha detto - per giustificare
l’abolizione
dell’articolo 18 - che l’imprenditore deve avere la
certezza di quanto costa
un licenziamento e, naturalmente, di poter licenziare, perché, ha proseguito, non possiamo far
pagare agli imprenditori
la lungaggine della giustizia italiana. Questa spiegazione della “riforma” è
così sinceramente sbilanciata da sembrare quasi
un lapsus. Intanto si suppone che la lunga durata
di una causa di lavoro
(che ha per oggetto un licenziamento) sia fonte di
disagio solo per una parte, l’imprenditore, e non
anche per l’altra, il lavoratore. Ma non basta. Siccome ci vuole troppo tempo
per stabilire se siamo in
presenza di licenziamento per giustificato motivo
o giusta causa, rinunciando a fare ciò che si dovrebbe per migliorare l’amministrazione della giustizia
e non potendo farne pagare le pecche all’imprenditore, scarichiamo tutto
sul soggetto più debole
abolendo il reintegro in
servizio, rinunciando così ad arrivare ad una verità
giudiziaria e quindi, in
sostanza, alla giustizia
stessa.
Piero Pistolesi
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