Rassegna del 27/01/2014

Rassegna del 27/01/2014
INDICE RASSEGNA STAMPA
Rassegna del 27/01/2014
UNIVERSITÀ DI FIRENZE
Il Fatto Quotidiano
26/01/14 P. 15
Stage universitari, il caos, dopo la riforma
Loredana Di Cesare
1
Gianni Trovati
4
MONDO UNIVERSITARIO
Sole 24 Ore
27/01/14 P. 1-7
Fondi alle università: la ripartizione trascura il merito
Sole 24 Ore
27/01/14 P. 7
«Due mesi di tempo per cambiare un modello finito»
Avvenire
26/01/14 P. 10
Bologna. "Black list", coro di no
Caterina Dall'Olio
8
Corriere Della Sera
26/01/14 P. 3
Dai prof universitari ai dirigenti pubblici La truffa del doppio lavoro in nero
Fiorenza Sarzanini
9
Corriere Della Sera Corriereconomia
27/01/14 P. 9
La ricerca non sia più la nostra Cenerentola
Letizia Moratti
11
Unita`
26/01/14 P. 19
Miur, fondi e programmi per fermare i cervelli in fuga
Valeria Trigo
12
Nazione Firenze
26/01/14 P. 15
Formazione professionale In arrivo nuovi fondi
Repubblica Affari Finanza
27/01/14 P. 8
Il Cnr nella sfida internazionale ma resta il problema dei brevetti
Corriere Della Sera
27/01/14 P. 27
Domani i microbi ci salveranno
Massimo Piattelli
Palmarini
15
Repubblica Affari Finanza
27/01/14 P. 31
"Bilanci omogenei in tutta la Pa" la proposta dei dirigenti pubblici
Sibilla Di Palma
17
Sole 24 Ore
27/01/14 P. 7
Mba, solo la Bocconi tra i primi 100
Francesca Barbieri
20
Corriere Della Sera - La
Lettura
26/01/14 P. 3
E il robot prepara cocktail e fa la guerra
Massimo Gaggi
21
Giornale
27/01/14 P. 15
Disoccupati: 4 su 10 per colpa della scuola poco efficiente
Italia Oggi Sette
27/01/14 P. 40
Alimenti & salute
Sole 24 Ore - Guida
27/01/14 P. 29
Corsi all'estero dal liceo al master
Sole 24 Ore
26/01/14 P. 21
Maggior dialogo tra imprese e scuola
Italia Oggi Sette
27/01/14 P. 40
CORSI & MASTER
28
Italia Oggi Sette
27/01/14 P. 40
Desing, un aiuto ai giovani talenti
29
Messaggero
27/01/14 P. 6
Con una scuola efficiente 40% di disoccupati in meno
30
Repubblica Affari Finanza
27/01/14 P. 8
Gensignia, Intercept e gli altri dietro le scintille al Nasdaq la scienza e la ricerca italiane
Eugenio Occorsio
31
Repubblica Affari Finanza
27/01/14 P. 28
Tunisia, passa per l'hi-tech la riscossa economica ecco la vera primavera
Silvia Maria Busetti
34
Sole 24 Ore - Domenica
26/01/14 P. 31
Un'etica per ridisegnare la vita
Craig Venter
35
Sole 24 Ore - Nova
26/01/14 P. 11
Pioggia di dati a cielo aperto
Giovanni Sylos Labini
37
Sole 24 Ore - Nova
26/01/14 P. 14
Robot intelligenti fai-da-te
Luca Tremolada
39
Unita`
26/01/14 P. 17
Eterno Rinascimento
Michele Ciliberto
40
Unita`
26/01/14 P. 19
Tullio De Mauro e la lingua salvata
Cristiana Pulcinelli
42
Corriere Della Sera
26/01/14 P. 30
La ricerca italiana attrae sovvenzioni e le scienziate guidano la corsa
Giovanni Caprara
44
Nazione Siena
26/01/14 P. 2
«Investano sul personale invece di pensare al mattone»
Laura Valdesi
45
Tirreno
27/01/14 P. 45
Nuovo test per il tumore al seno ma non viene rimborsato
Gian Ugo Berti
50
Sole 24 Ore - Domenica
26/01/14 P. 30
Alzheimer senza illusioni
Arnaldo Benini
51
Corriere Della Sera - La
Lettura
26/01/14 P. 2
La rivoluzione tecnologica (senza lavoro)
Edoardo Segantini
53
Repubblica
27/01/14 P. 1-21 Attenti alle mail di lavoro una su 4 nasconde un' offesa
Vera Schiavazzi
55
7
13
14
24
Filippo Grossi
25
26
Michele Tiraboschi
27
SANITÀ
SEGNALAZIONI
Indice Rassegna Stampa
Pagina I
INDICE RASSEGNA STAMPA
Rassegna del 27/01/2014
Sole 24 Ore
26/01/14 P. 21
Tutta la formazione in azienda
Matteo Prioschi
58
Sole 24 Ore - Domenica
26/01/14 P. 25
Il rammendo delle periferie
Renzo Piano
60
Sole 24 Ore - Domenica
26/01/14 P. 40
Piano di lavoro al Senato
Fulvio Irace
62
Indice Rassegna Stampa
Pagina II
Le aziende li vogliono gratis
I
universitari, il caos
dopo la riforma
di Loredana Di Cesare
è un'azienda laziale che non
vuole pagare la "congrua indennità" prevista dalla legge
per uno stagista laureato: preferisce gli studenti universitari che possono
lavorare gratis. C'è poi un neolaureato marchigiano che, invece, vorrebbe accedere
proprio a quel tirocinio. Risultato: "Mi sono
iscritto a un altro corso di laurea - racconta
Antonio - perché mi sembrava l'unica soluzione. Sono tornato studente". Il caso di
Antonio, appena uscito e subito rientrato
nell'Università di Urbino, è un paradosso.
Ed è solo uno degli effetti della riforma Fornero sul mercato del lavoro. Varata il 28
giugno 2012, la legge prevede una "congrua
indennità" per i tirocini post laurea. Un
rimborso
minimo
che la conferenza
Stato-Regioni riunitasi
nel
gennaio
2013, ha stabilito in
300 euro al mese.
Quindi, ogni regione
ha dovuto adeguarsi
con una legge propria. Per tutti gli uffici stage contattati
dal Fatto Quotidiano,
il rischio è lo stesso:
le aziende ospitanti
richiederanno sempre più stagisti laureandi, i cosiddetti
`curriculari', per i
quali non è previsto
alcun compenso. E i
laureati perderanno
occasioni importanti di formazione, dicono da tutti gli atenei. Sono diminuite
anche le richieste di
tirocini negli enti
pubblici perché la riforma prescrive che
"non devono derivare nuovi o maggiori
oneri a carico della
finanza pubblica". E
La giunta regionale delle Marche ha deliberato a luglio scorso: offre agli stagisti un rimborso di 350 euro mensili. Ma le aziende pubbliche o private che siano - vogliono risparmiare il più possibile. E il "paradosso" di
Urbino rischia di moltiplicarsi: laureati in
cerca di un'esperienza di formazione, pur di
avere un contatto con un'azienda, sono disposti persino a ritornare studenti. In Lombardia, invece, in barba alla riforma Fornero,
le università hanno continuato ad applicare
la vecchia legge fino a pochi giorni fa.
La vecchia normativa collocava la Lombardia tra i paradisi regionali per tirocini gratuiti. La giunta Maroni ha deliberato solo il 9
dicembre e, secondo Eleonora Voltolina,
giornalista esperta di stage, che cura il sito
web La Repubblica deglistagisti, il risultato non
è tra i migliori: "Lo scenario è preoccupante.
Il testo della giunta Maroni non stabilisce
una proporzione tra dipendenti di un'impresa e numero di stagisti. Per assurdo, una
società con dieci dipendenti, può arrivare a
richiedere anche venti o trenta stagisti".
ma
L'Università di Bologna ha reso operativa la
riforma il 19 dicembre. Tutto ancora da sperimentare nel 2014, ma il compenso minimo
previsto per uno stage post laurea è di 450 giuro al mese. "Mi auguro - dice il prorettore
dell'Ateneo bolognese, Roberto Nicoletti che non diminuiscano le offerte per i nostri
laureati". Nel frattempo, per gli stagisti studenti, le esperienze negative non sono mancate: "Alcuni - spiega il professor Nicoletti ci raccontano di aver trascorso il periodo in
azienda a fotocopiare documenti o a rispondere al telefono. Quando ciò accade, sospendiamo le convenzioni". Nel Lazio il compenso scende a 400 euro.
E la Sapienza di Roana, dopo la delibera regionale di luglio, è stata l'esempio del caos per
quindi meno opportunità, anche e soprattutto nelle pubbliche amministrazioni.
Università di Firenze
Pagina 1
mesi, con stage bloccati e occasioni formative
perse. Dall'Università fanno sapere che la situazione si sta normalizzando. Sono ottimisti: "Nell'ultimno mese - dicono - sono state
sbloccate, tra enti pubblici e privati, quasi 200
convenzioni per laureati". In ogni caso da luglio a oggi, molti neolaureati hanno perso o,
nel migliore dei casi, ritardato potenziali opportunità di lavoro. A confermare i rischi
della riforma Fornero è l'Ufficio stage del primo ateneo romano: "Con l'introduzione obbligatoria della congrua indennità, purtroppo, saranno sempre meno i laureati richiesti
dalle aziende".
L
C..
lì C'
Z
La Regione Toscana, invece, rappresenta un
caso virtuoso. Sono i primi ad aver introdotto
un'indennità di 500 euro per i tirocini. Ben
prima della riforma Fornero: era il gennaio
2012. La Regione non scarica tutto l'onere
sulle imprese che accolgono gli stagisti: "Per
incentivare le aziende a richiedere i nostri
neolaureati - precisano dall'Università di Firenze - l'Ente mette a disposizione un fondo:
300 euro per ogni stagista". Spostandoci verso sud, in Campania, dove la Regione ha legiferato ad agosto, introducendo 400 euro di
rimborso, non ci sono stati ritardi. "Non c'è
stato nessun intoppo - riferiscono dall'Università Federico II di Napoli - nel recepire la
legge regionale. Ma anche qui, per i laureati,
fare un'esperienza di formazione è diventato
più difficile: "Le richieste di stagisti laureandi
- spiegano dall'ateneo campano - sono aumentate ma è troppo presto per le statistiche
sugli effetti della Fornero.
Di certo, l'obbligo di risparmiare soldi pubblici sta erodendo le possibilità di stage nel
pubblico". In Basilicata la situazione è ancora
più incerta, la Regione non ha ancora deciso
nulla. Dall'Università della Basilicata rispondono: "Aspettiamo che il nuovo governo regionale recepisca al più presto la riforma". Intanto si applicano le vecchie convenzioni: il
tirocinio post laurea continua a essere gratis
per tutti.
Università di Firenze
LA
La riforma Fornero ha imposto
l'obbligo di retribuire la formazione
post-laurea per evitare di creare
forme di lavoro gratuito
Il risultato perverso è che ora
le imprese cercano soltanto ragazzi
che ancora studiano, così possono farli
lavorare senza doverli pagare
E questo vale anche nel settore
pubblico: con l'austerità lo Stato
appressa molto gli stagisti non pagati
,EANDI
Un anno fa
la conferenza
Stato-Regioni
ha fissato la soglia
e
La Regione integra
con 200 euro il
compenso minimo
pagato dalle aziende
Pagina 2
LEONARDO (FIRENZE)
Vitto a ll oggio pagati
tutti di tasca m ia
Con la campagna abbonamenti 2014 Il Fatto Quotidiano intende devolvere parte del ricavato per sostenere le spese di libri di testo, supporti informatici e materiale didattico a favore degli studenti
meritevoli con problemi economici. La copertura
sarà calcolata sul ricavato di tutte le forme di abbonamento (digitale, postale edicola e coupon).
Per gli studenti interessati, le informazioni sono
disponibili su www.ilfattoquotidiano.it/studiaconilfattoquotidiano
ANDREA (TRENTO)
Il minimo garantito,
senza nessuna chance
HO RICEVUTO un'offerta per uno stage di
sei mesi per 300 curo al
mese, tempo pieno,
senza possibilità di inserimento. Mi ero presentata in azienda autonomamente. L'Università di Trento mi ha in-
vece proposto una collaborazione con un'agenzia pubblicitaria a zero rimborsi (nemmeno buoni pasti o carburante, e io abito a
40 km dalla sede dell'azienda). A tempo
pieno, naturalmente. Quando ho chiesto
coree fosse possibile, le responsabili dell'azienda, a un incontro tipo "job day" all'Università, mi hanno spiegato che si trattava
invece di uno scambio alla pari, perché io
offrivo il mio tempo e loro mi trasmettevano competenze spendibili successivamente sul mercato del lavoro. Ora sono disoccupata e lavoro solo stagionalmente in
un ristorante. Almeno lì mi pagano.
Università di Firenze
HO FREQUENTATO la
Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università
di Firenze, indirizzo archeologia. Ho svolto
ben 5 stage/tirocini,
due volte in Calabria,
tre volte in Toscana,
con mansione coerente
col mio percorso di studi. La durata è variata da un minimo di due settimane a un
massimo di un mese. Non mi hanno dato
alcun rimborso anzi, ho sempre dovuto
pagare io le spese di vitto c/o alloggio.
Questi periodi formativi mi sono serviti
solo in parte. Le competenze acquisite sono risultate utili, ma il fatto d'aver trovato
un impiego (e solo a progetto) è stato dovuto principalmente ad altri fattori, che
poco hanno avuto a che fare con gli stage.
In nessuno dei posti dove avevo svolto uno
stage in precedenza ho avuto la possibilità
di essere inserito.
CARLO (PESCARA)
Ike
on ho chiesto soldi,
ma li avrei meritati
STUDIO all'Università
Gabriele D'Annunzio a
Pescara e ho svolto due
stage durante la triennale, sia nel campo della
consulenza fiscale, sia
come semplice ragioniere. Non ho mai ricevuto nessuna indennità
o rimborso, non mi volevo far nemico nessuno, per cui non ho chiesto niente anche
se meritavo per la mole di lavoro svolta.
Non c'è stata nessuna proposta di assunzione o possibilità di inserimento nell'azienda,
i tirocini mi sono serviti solo per capire come funziona il mondo del lavoro e a rendermi conto che molta parte di quello che
studi non serve proprio a niente. Il posto di
lavoro me lo potevo solo sognare. La scusa
accampata era la solita, cioè che mancavano
i soldi per assumere e che la richiesta era
temporanea. La figura dello stagista ha sostituito quella del lavoratore.
Pagina 3
L'ateneo migliore riceve meno del peggiore
e
di di
la npartízione
trascurafl meríto
Dal debutto ufficiale dei
premi agli atenei «migliori»
sono passati sei anni, ma ancora oggi l'università coni parametri più brillanti secondo il
ministero, Milano-Bicocca, è
solo 41esima su 54 nella graduatoria dei finanziamenti
per studente e riceve fondi
statali assai più leggeri(-25°io)
rispetto a quella con i risultati più opachi, cioè l'ateneo di
Messina (nona in classifica).
L'Università più "ricca" è la
Tuscia di Viterbo, che riceve
quasi 6.Soo curo a iscritto, assegno due volte e mezzo superiore a quello che arriva a
Chieti, alla luav di Venezia o
al Politecnico di Milano.
Trovati o paitaa
Mondo Universitario
In testa e in coda
Faro per
----------------- L-
_
1 Tuscia
6.647
2 Teramo
5.776
Sassari
5.630
Milano Politecnico
2.871
p3 Venezia luav
2.843
54 Chieti-Pescara
2.609
(*)Il rapporto è con gli «studenti
equivalenti», cioè gli studenti
misurati con pesature diverse a
seconda della facoltà di iscrizione
Fonte: elaborazione su dati Miur
Pagina 4
Negli atenei fondi senza merito
Milano-Bicocca, la «migliore» per i criteri Miur, riceve meno di Messina, la «peggiore»
Gianni Trovati
Ne12o13ildibattito sulfinanziamento universitario è volato
alto, in estate la grande parata
delle "pagelle" sui risultati della
ricerca misurati in tutti i dipartimenti degli atenei italiani ha rilanciato il tema degli incentivi ai
migliori, ma quando si è passati
ai soldi veri il meccanismo è atterrato sui soliti tagli: "lineari" o
più o meno casuali a seconda delle letture, ma certamente "ritardatari", perché sono stati comunicati a esercizio finanziario praticamente chiuso.
I fondi di ogni università rimangono così in larga parte appesi ai parametri della spesa storica, che per le più diverse ragioni stratificate negli anni spiegano le differenze enormi nella dotazione fra ateneo e ateneo. La tabella qui a fianco illustra il quadro, e mostra che inrapporto agli
iscritti (pesati con i criteri ministeriali a seconda dell'area di studio, perché per esempio uno studente di medicina costa più di
uno di giurisprudenza) l'università più "ricca", laTuscia di Viterbo, riceve quasi 6.500 euro a
iscritto, 2,5 volte tanto l'assegno
che arriva a Chieti, alla luav di
RISULTATI
In proporzione agli studenti,
Viterbo ottiene il doppio
del Politecnico di Milano
A Venezia e Bologna riduzioni
uguali a Napoli e Palermo
...........................................................................
Venezia o al Politecnico di Milano. Le tabelle allegate ai decreti
ministeriali che assegnano le risorse mostrano anche l'assegnazione teorica della quota "premiale", distribuita in base ai risultati ottenuti da ogni ateneo
nella ricerca e nella didattica:
Milano Bicocca, che secondo i
parametri del ministero si sarebbe meritata i premi più sostanziosi, con 3.793 euro a iscritto è al 4lesimo posto su 54 atenei mentre Messina, la meno
brillante, conta su 4.989 euro a
iscritto e occupa la nona posizione nella graduatoria del finanziamento nazionale pro capite.
Il quadro, insolmna, non è esaltante, e diventa decisamente scoraggiante se si pensa che il «finan-
Mondo Universitario
ziamento competitivo» degli atenei è stato deciso ufficialmente
dal decreto università del 2008
(ma era in cantiere da prima), rinvigorito dalla riforma Gelmini del
2oio e pubblicamente rilanciato
da ogni provvedimento sul tema.
Con il risultato che la «Gazzetta
Ufficiale» è zeppa di annunci,
ma i bilanci degli atenei restano
privi di premi reali. Negli anni
dell'austerità finanziaria che ha
investito anche le università, l'altalena estenuante fra promesse
innovative e attuazioni conservatrici è sfociata nell'unico risultato di rendere sempre più complicati i criteri di distribuzione dei
fondi. Nemmeno le assegnazioni
dei fondi 2013, arrivate dopo un
lungo lavorio (si veda Il Sole 24
Ore del 7 gennaio), hanno fatto eccezione.
Il problema è prima di tutto
matematico: una clausola di salvaguardia prevede che nessuna
università possa perdere più del
50 delle risorse rispetto all'anno
prima, la dote complessiva del
fondo ordinario è scesa del 4,5%
(lasciando fuori dai tagli solo gli
atenei di Camerino, L'Aquila e
Macerata, titolari di accordi di
programma, e le scuole speciali)
e ovviamente l'incrocio fra questi due dati ha congelato il sistema, perché qualche premio in
più ai "migliori" avrebbe impedito di salvare gli altri. A queste
premesse "deboli" si sono poi
aggiunti altri fattori: il confronto con il 2012, prima di tutto, deve tener conto anche dei fondi
in più che erano stati assegnati
agli atenei con maggiori spazi
assunzionali per il piano straordinario degli associati, ma che
non sono stati spesi perché itempi dell'abilitazione nazionale
non lo hanno permesso.
Mapiù dei cervelloticimeccanismi di assegnazione dei fondi,
sono i numeri dei risultati a spiegare con chiarezza il problema.
Milano Bicocca, come si diceva
più sopra, avrebbe in teoria ottenuto i premi più importanti per i
risultati ottenuti nella didattica
e nella ricerca, ma all'atto pratico si è vista comunque tagliare
le risorse dell'1,63°io, unpo' piùrispetto a Foggia o Chieti che si
collocano più in basso nella gra-
duatoria del "merito". A Verona,
terzain classifica secondo irisultati ministeriali, la sforbiciata è
stata del2,3°io, superiore a quella
di Teramo che invece è al23esimo posto, mentre Venezia e Bologna, rispettivamente quinta e
settima in base agli indicatori
di qualità, hanno pagato un pegno vicino al 5%io, cioè praticamente uguale a quello chiesto a
Messina, Palermo e alla Seconda università di Napoli, gli atenei che hanno mostrato i risultati peggiori secondo le rilevazioni del ministero.
I1 problema, come si vede, è
storico, affonda le proprie radici
nel momento stesso della nascita ufficiale del «finanziamento
competitivo» e, per cambiare
passo, il ministro dell'Università Maria Chiara Carrozza ha avviato i lavori per trovare un nuovo sistema entro pochi mesi. Un
lavoro, questo, chiamato a rivedere anche i tempi dellamacchina amministrativa, come mostra un esempio evidente: il 10
gennaio è stato pubblicato in
«Gazzetta Ufficiale» il decreto
suifondiper la «programmazione», ma il periodo coperto dal
provvedimento è iniziato il 1°
gennaio 2013: e la «programmazione» ex post è una contraddizione in termini.
gianni. tro vati( ilsole24ore.corn
0RIPROD ZION E RISERVATA.
Pagina 5
La «roulette» delle risorse
Il fina n zia mento statale e i tagli università per università rapportati al numero di studenti* - Graduatoria in base al finanziamento statale per studente
Fondo stata[ e 2.013
Ateneo **
Tuscia
Teramo
-----------------------Sassari
Euro per stucierite z
36,0
6.647
24,6
69,4
Siena
105,6
Genova
173,3
Brescia
63,5
Trieste
Perugia
91,1
130,8
147,0
-Messina
Lecce
76,0
Napoli Orientale
Foggia
29,6
34,4
Molise
27,3
Potenza
30,9
Piemonte Orientale
42,6
--------------------------------------- ----------------------Cagliari
115,4
Oisa
192,1
Pavia
119,5
Firenze
228,6
Roma Tor Vergata
142,3
----------------- -------Udine
71,3
Roma La Sapienza
494,5
Cassino
30,2
------------------------- ------------Ferrara
73,6
Padova
276,1
Milano
263,3
Insubria
Bologna
37,7
372,4
Bari
182,8
Modena e Reggio Emilia
85,9
Palermo
204,9
Salerno
108,7
Sannio
19,2
Urbino
43,5
Napoli Federico II
327,2
Verona
90,3
----------------111,6
Roma Tre
Parma
117,2
Napoli Seconda Università
113,6
Torino
234,7
Milano Bicocca
107,3
---------------- --------Reggio Calabria
27,2
Catanzaro
30,0
--------------------Venezia Ca' Foscari
67,5
Catania
Di ffer enza
T otale
Totale
in milioni
168,7
Ancona
Bari Politecnico
66,7
37,8
Calabria - Arcavacata
Bergamo
92,8
35,0
Torino Politecnico
118,6
---------------------------------------------- ----------------------Napoli Parthenope
32,0
Milano Politecnico
193,8
Venezia Iuav
27,6
Chieti-Pescara
78,6
TOTALE
6.222,1
in milioni i
~-----_-----19
'
5.776
- 0,4
---------- ------------- 3,5
5.630
5.200
- 3,5
--------- 5.163
-9,1
5.070
-3,3
-4,8
--------- 5.042
ri spetto
al 2 012
Euro p er
iff. %
',
studente,
--------- ----------_
331
1,75
----------------------95
-1,61
------------- -----------4,75
-281
-171
-3,18
-272
-5,00
-267
-5,00
-265
-5,00
- 6,7
4992
-255
------------------------ ------------------------- ------------------------4.989
-263
-7,7
-4,0
-257
r- 4.891
- 4,886
- 1,6
-257
-4,86
-5,00
-5,00
-5,00
4.814
-0, 5
-70
-1,44
4.804
-0,8
-134
-2,70
4.802
-1,6
-253
4.800
- 1,8
-202
----------------------------------------------- -------------------------------------6,1
-252
-5,00
-4,04
-5,00
4.713
4,571
4.550
4,540
--------
-------- 4.438
-10, 1
- 6,3
-11,9
-7,4
-------
-248
-5,00
-241
-5,00
-236
-237
-------
-4,93
-4,96
-------
-2,7
-171
-3,71
4.421
-26,0
-233
-5,00
4.382
-1,3
-188
-4,11
-------------- ------------- ------------- ----------4.326
-3 ,8
-226
-4,97
4,307
-8,6
-134
-3,02
4.280
-213
-13,1
-4,75
4.242
- 1,4
-155
-3,53
-------------- 4.230
-211
-4,75
- 18,6
4.196 - ----------------------221
- 9,6 --------------------------5,00
-----------------------------3,9
-192
-4,38
4.173
-220
-10,8
-5,00
4.079
-4 ,2
-156
-3,68
4.046
-2,52
-105
-0, 5
3.986
-2,2
-199
-4,75
-17,2
-207
3941
-5,00
-2,1
-2,31
3.922
-93
------------------------------ ----------------------- ------------------------ ---------------------4,8
-4,10
3.908
-167
3.855
-6,2
-203
-5,00
3.830
3.809
- 6,0
-11, 5
-202
-187
-5,00
-4,68
3.793
-1,8
63
-1,63
3.681
-3,2
-174
-4,50
------------------- 3.625
-8 , 9
-3,2
-191
-173
-5,00
-4,59
-2,0
-4,6
-171
-161
-5,00
-4,75
------------------------ 3.102
3.061
2.905
-0,5
-6,2
- 1'2
-42
-161
-112
-1,34
-5,00
-3,72
2.871
-9,7
-143
-4,75
2.843
2.609
-------------------------4,13()
- 1,4
-2,4
-295,1
-142
-80
-196
-4,75
-2,98
-4,53
----------- -------- --------- - ----- ----1,4
----------- 3.729
-196
5,00
-1,3
-4,04
3.709
-156
----------------
3.595
3.240
3.232
* II rapporto è con gli «studenti equivalenti», cioè gli studenti misurati con pesature diverse a seconda della facoltà di iscrizione, dal momento che ogni area di studi
presenta costi di struttura diversi. Nella "pesatura" rientrano anche la capacità contributiva legata al Pii dell'area territoriale e il numero di docenti per corso di studio;
** gli atenei dell'Aquila (per il sisma), e quelli di Camerino e Macerata (per accordi di programma) non subiscono le dinamiche complessive dell'Ffo
Fonte: elaborazione delSole 24 Ore su dati Miur
Mondo Universitario
Pagina 6
IN:
Stefano Paleari
............................................
«i-)ue mesi di tempo
per camb iare
modeflo finito>>
«Questo modello di finanzi mento è arrivato a fine corsa.I120 4 è il primo dopo molti
anni in cui il fondo universitario non diminuirà, e l'occasione per fare un cambio di passo
coraggioso non può essere
persa». Stefano Paleari, milanese, 49 anni, rettore a Bergamo, guida la Conferenza dei
rettori italiani (Crui) da settembre, e subito la sua agenda
è stata investita dalla battaglia
per i «fondi meritocratici»
agli atenei: una prima vittoria,
piccola e parecchio sofferta,
ha portato 41 milioni in due anni destinati a far muovere un
po' gli incentivi ai migliori, ma
gli obiettivi sono ovviamente
molto più ambiziosi.
Quattro principi irrinunciabili: stabilità dei fondi negli anni, senza la quale non si
riescono a mettere in campo
incentivi adeguati, equità,
perché il finanziamento attuale legato di fatto alla spesa
storica tratta in modo diverso realtà simili, premialità vera, perché il "premio" non
può essere rappresentato da
un taglio più leggero della
media, e semplicità, per riuscire a programmare su basi
Rettore, che tempi ci sono
per cambiare passo?
I REQUISITI
pc...
Il premier Letta alle Camere ha detto che entro il 31 marzo andrà definito il nuovo sistema di distribuzione delle risorse, e il ministero dell'Università ha fissato al 30 giugno
il termine entro cui rivedere i
parametri di valutazione. A
noi questo calendario va bene,
ma non si deve allungare nemmeno di un giorno.
Il confronto con il ministero in questi mesi è stato acceso: a che punto siamo?
Il ministro Maria Chiara
Carrozza ha aperto un tavolo
di confronto con gli atenei, e
ha fatto bene: la Crui ha incaricato tre rettori "rappresentativi" di tutta l'università italiana
(Giovanni Azzone del Politecnico di Milano, Giacomo Pignataro di Catania e Alberto
Tesi di Firenze; ndr), e ora i lavori devono partire.
In questi anni però non sono certo mancati i confronti
e i modelli...
Ma sono mancati i risultati:
oggi chi fa bene è trattato come chi fa male, e chi fa male
non è messo in condizione di
migliorare. Naturalmente se
non si torna a finanziare l'università ogni modello si trasfor-
Mondo Universitario
ma inevitabilmente in un esercizio accademico, e bisogna
da subito lavorare per evitare
il taglio di 170 milioni in programma per il 2015.
Che cosa chiedete ora per
superare l'impasse?
I CONTRIBUTI
condivise la vita degli atenei.
Ma a fermare finora l'av-
vio di un finanziamento competitivo non sono state anche le spinte conservatrici
del mondo accademico, che
hanno prodotto trattative
estenuanti, in particolare
con molti atenei del Sud, e
clausole di salvaguardia?
Presidente Crui. Stefano Paleari
Che ruolo giocano in questa evoluzione le tasse universitarie? Spesso viene riproposta l'idea di più tasse in cambio di più diritto allo studio.
Guardiamo all'Europa dove, con l'eccezione del Regno
Unito, esiste un livello di contribuzione studentesca simile
al nostro e un diritto allo studio dieci volte più potente.
Dobbiamo avvicinarci a questo modello.
In tempi di spending review, però, trovare risorse
aggiuntive è un problema.
Negli ultimi anni il fondo
universitario è stato tagliato
del 15%, la spesa corrente delle
altre Pubbliche amministrazioni no: evidentemente si è
deciso che l'università dovesse pagare più degli altri, ed è
ora di cambiare strada.
G.Tr.
© RI PR.ODd 7TONE RISERVATA
Nei primi mesi del mio
mandato ho visitato soprattutto università del Sud, e da
Palermo a Catania, da Bari a
Potenza, da Cagliari a Sassari
ho visto in una fetta significativa del mondo universitario
la voglia di mettersi in gioco,
purché ci siano regole chiare
e non punitive.
Pagina 7
Bologna "Black lisr, coro dí no
.
CATERINA DALL'OLIO
BOLOGNA
na iniziativa riprovevole». Senza mezze parole i vertici
dell'Alma Mater di Bologna hanno condannato la "blacklist" dei
professori universitari, lo spazio
per denunce anonime aperto su
Facebook dal collettivo Hobo.
Tutto era iniziato il 14 gennaio,
quando alcuni studenti del collettivo avevano imbrattato lo stu-
dio del professorAngelo Panebianco colpevole, a detta loro, di avere pubblicato un editoriale razzista. Da
h sono iniziate le liste di prescrizione su Facebookper
identificare i docenti che, in teoria, abuserebbero del
proprio ruolo per trasmettere idee personali sbagliate. Il prorettore agli studenti Roberto Nicoletti condanna l'iniziativa e invita a intervenire parlando di
«caccia all'uomo» daisolare. «Quella del gruppo di stu-
Mondo Universitario
denti Hobo è un'ulteriore iniziativa messain campo contro i professori - dichiara Nicoletti -. Per
le segnalazioni e i casi di veri o
presunti soprusi esiste la figura istituzionale del Garante di Ateneo, che è tenuto a verificare la
fondatezza delle segnalazioni».
La notizia è arrivata anche sul tavolo del Governo. «Il ministero
dell'Istruzione si attiverà al più
presto per chiedere informazioni all'Ateneo su questa assurda
quanto indecente trovata», hafatto sapere il sottosegretario Gian Luca Galletti.
La Procura di Bologna ha aperto un fascicolo conoscitivo e la Digos ha denunciato i quattro attivisti, tre
ragazzi e una ragazza fra i 20 e i 24 anni, protagonisti
del blitz contro Panebianco. Anche il Comune, con
l'assessore alla Cultura, Alberto Ronchi, «condanna il
gesto».
Università , Governo e
Comune compatti nel
denunciare l'azione del
gruppo studentesco per
schedare i professori su
Facebook. Quattro denunce
per l'attacco a Panebianco
RIPRODUZIONE RISERVATA
Pagina 8
11
=r-
Le indagini della Guardia di Finanza: per gli appalti truccati persi in un anno più di un miliardo e 300 milioni di euro. I trucchi per eliminare i concorrenti
Dai prof universitari ai dirigenti pubblici
La truffa. del doppio lavoro in nero
Consulenze e prestazioni in conflitto con quelle statali: un danno da 8 milioni
ROMA - Professori e ricercatori universitari che
accettano consulenze oppure ottengono incarichi
in società private. Alti funzionari di enti pubblici
che svolgono attività in concorrenza o in conflitto
con i compiti assegnati loro dallo Stato. Enti locali,
Motorizzazione civile, Agenzia delle Entrate, Asl:
sono migliaia i dipendenti con il «doppio lavoro».
Dirigenti o semplici impiegati che, spesso in orario
d'ufficio, sono altrove e percepiscono compensi «in
nero». E uno dei capitoli del rapporto annuale della
Guardia di Finanza sugli sprechi della «spesa pubblica» a destare maggior allarme. Perché si tratta di
un fenomeno in crescita che drena le casse dell'Erario. Grave, come quello relativo al settore degli appalti che ha ormai raggiunto livelli da record: le gare
«truccate» hanno causato nell'ultimo anno un danno economico di oltre un miliardo e 3oomila euro.
«Baroni» e doppio lavoro
Sono decine i professori universitari già accusati
di aver ottenuto incarichi in collegi sindacali e commissioni collaudi, ma anche consulenze per la realizzazione di progetti per aziende e addirittura docenze in strutture private. Una grave incompatibilità che - secondo le prime stime - ha provocato
un danno di circa otto milioni di euro. Ma nuove indagini sono tuttora in corso su un fenomeno che ha
dimensioni ben più ampie e non riguarda soltanto
questo settore. Su 1.346 verifiche effettuate negli
enti pubblici sono stati scoperti ben 1.704 impiegati con un secondo lavoro, nella maggior parte dei
casi retribuito «in nero» e le sanzioni amministrative hanno superato i 21 milioni di euro.
Nella lista c'è un dirigente tecnico di svariati Comuni che faceva l'ingegnere per alcune imprese
edili percependo oltre 2oomila euro, esattamente
come un suo collega impiegato in una Regione che
però di euro ne ha presi 6oomila. E poi un funzionario della Motorizzazione che effettuava perizie per i
privati e un dirigente dell'Agenzia delle Entrate che
aveva aperto uno studio da commercialista assistendo clienti che spesso avevano bisogno proprio
per le contestazione di evasione fiscale, infermieri
delle Asl che in realtà lavoravano in cliniche private.
I «cartelli » di imprese
Grave è la situazione per quel che riguarda gli
appalti pubblici. Aumentano i controlli e migliorano i risultati ottenuti con interventi di prevenzione,
ma il livello di corruzione dei funzionari che gestiscono settori strategici per l'economia del Paese si
mantiene su livelli altissimi. Quello dei lavori Pubblici è certamente uno dei settori di maggiore interesse per chi deve garantire la legalità visto che il
volume d'affari stimato dall'Autorità di Vigilanza
del 2012 è stato di circa 95 miliardi di euro, equivalente al 5,9 per cento del prodotto interno lordo. Ebbene, nell'ultimo anno sono stati arrestati o denunciati «657 soggetti responsabili di turbata libertà
degli incanti e frode belle pubbliche forniture». Dato ancora più eclatante emerge dall'attività svolta
dai finanzieri su delega della Corte dei Conti perché
«i soggetti segnalati alla magistratura contabile so-
Mondo Universitario
no 1.186 soggetti e i danni erariali connessi a procedure di appalto un miliardo e 300 milioni di euro».
L'illecito più grave, secondo quanto emerge dalla
relazione, riguarda la costituzione di «cartelli preventivi tra imprese» che riescono in questo modo a
pilotare le gare, oltre naturalmente all'erogazione
di mazzette a chi deve materialmente gestire le procedure di assegnazione.
«Altre forme di illegalità - sottolineano gli analisti della Finanza - attengono alla materiale esecuzione dei contratti. In tale fase si annidano frodi
nelle pubbliche forniture, inadempienze dannose
per la regolare erogazione dei servizi pubblici, indebiti abbattimenti dei costi dell'opera tramite il ricorso al lavoro nero e ingiustificati rialzi dei valori
delle commesse durante l'esecuzione, volti unicamente a drenare denaro pubblico in misura superiore a quella originariamente stabilita. Una realtà
che si somma ai fenomeni di ingerenza della criminalità organizzata che sfociano in condotte violente
o in comportamenti più subdoli di condizionamento dei mercati, con il riciclaggio e il reimpiego di cospicue masse di denaro provento di reato».
Da nord a sud, le modalità per truccare le gare
mostrano spesso grande creatività. A Brindisi gli
investigatori della Finanza hanno scoperto un'organizzazione formata da imprenditori e funzionari di
una Asl che si spartivano i lavori riuscendo a eliminare la concorrenza. «Il meccanismo - è specificato nel dossier - consisteva nell'apertura fraudolenta e successiva chiusura delle buste contenenti le
offerte economiche delle ditte, da parte dei componenti delle commissioni di seggio, tutte presiedute
dal medesimo dirigente dell'Ufficio Tecnico, prima
della procedura finale e nella comunicazione alla
ditta "amica" delle informazioni acquisite per consentirle di formulare l'offerta più idonea».
Molto più sofisticato il sistema utilizzato a Monza dai titolari di alcune imprese che sono riusciti a
ottenere commesse per 26o milioni di euro: la mazzetta veniva pagata «ai funzionari incaricati di redigere i capitolati di appalto dei vari bandi». I requisiti
inseriti erano talmente stringenti da far risultare
vincitrice sempre la stessa impresa. Un meccanismo simile a quello utilizzato a Milano da un ex dirigente del Comune che ha «venduto» a un imprenditore disposto a versare tangenti quattro appalti
relativi ai servizi per la gestione delle «Case vacanza
extraurbane», strutture che generalmente vengono
utilizzate per l'accoglienza dei bambini durante il
periodo estivo.
In questi casi di cattiva gestione dei fondi pubblici rientrano certamente le frodi su risorse nazionali e all'Unione europea, che possono causare gravi danni all'Italia soprattutto per quanto riguarda
l'immagine internazionale. Perché anche nel 2013
si conferma altissima l'entità dei finanziamenti ottenuti per realizzare progetti in realtà inesistenti o
comunque dal valore molto inferiore rispetto a
quello dichiarato. Il bilancio finale parla di «indebite percezioni o richieste di fondi pubblici destinate
al sostegno delle imprese pari a un miliardo e 400
milioni di euro».
Di questi, quasi un terzo provengono dall'Ue.
«L'attività ispettiva della Guardia di Finanza - è
scritto nella relazione annuale - ha consentito di
individuare oltre 433 milioni di euro di provvidenze comunitarie indebitamente percepite o richieste
riferibili a due settori di contribuzione: le Politiche
agricole e i Fondi strutturali, nonché di segnalare
all'autorità giudiziaria 793 soggetti per il reato di
truffa aggravata ai danni dello Stato».
Fiorenza Sarzanini
fsarzaninì@corrìere.it
Funzionario iinfedelle
Un funzionario dell'Agenzia delle
Entrate aveva aperto uno studio
da commercialista in cui assisteva
clienti accusati di evasione fiscale
Pagina 9
Il bilancio
interventi effettuati
Dati 2013
Prestazioni sociali agevolate
Spesa sanitaria
22
Frode
accertata
1.167
3.431
Persone
denunciate
Persone
verbalizzate
Incentivi nazionali
Incompatibilità / doppio lavoro
fesa previdenziale e assistenziale
dipendenti pubblici
1,346
1.025
Finanziamenti indebitamente
percepiti o richiesti
//iaa, /iiiii
s^% G
11
21
Compensi
percepiti
Sanzioni
contestate
Soggetti
verbalizzati
793
3532
5.937
Persone
denunciate
Danni
erariali accertati
Soggetti
verbalizzati
Frodi comunitarie
poi v/s/N//
1.158
433
1.704
8.204
191
-----------------_----Sequestri
Persone
operati
denunciate
Danni erariali
1.257
106
e
Aiuti indebitamente
percepiti o richiesti
di cui
Interventi
effettuati
Sequestri
operati
r Fondi
strutturali
Aiuti
agricoltura
Aiuti
indebitamente
percepiti
o richiesti
Persone
denunciate
276
Fonte:6uardia di Finanza
CORRIERE DELLA SERA
¡%
Mondo Universitario
Pagina 10
•
•
pù
i
Investimenti sempre tagliati. Serve una regia unica. 0 addio sviluppo
a recente pubblicazione del rapporto
(stat su « Ricerca e
sviluppo in Italia» per il
2011, con stime di previsione per il 2012 e 2013,
fornisce elementi di aggiornamento e riflessione
sul settore ricerca, che in
tutti i paesi industrializzati
viene considerato strategico per la competitività e
lo sviluppo economico.
Gli stanziamenti per ricerca e sviluppo del settore pubblico sono passati dal 2009 al 2012 da
9.778 a 8 . 822 milioni
(-9,7%). E così mentre la
crisi economica si approfondiva , gli investimenti
subivano un crollo mai
registrato finora , in controtendenza con quanto
registrato nei paesi industrializzati.
E, addirittura , i settori
più penalizzati sono quelli
il cui potenziamento risulta strategico per la ripresa . La ricerca nei sistemi di trasporto e delle telecomunicazioni registra
un meno 23 ,4%, seguita
dalla ricerca agricola
(-19,7%), un'area di attività di prezioso supporto
per le nostre esportazioni,
e dal settore delle tecnologie industriali (- 10,4%).
Le conseguenze di
questo stato di fatto, che
testimonia la necessità di
una cabina di regia per
l'intero settore, sono evidenti . Alcuni esempi sono
illuminanti . II decreto legge 20411998 ha raccolto
in un unico fondo ( Foe) gli
stanziamenti a favore degli enti pubblici di ricerca.
Dal 2011 al 2013 il Foe è
passato da 1.754 a 1.589
milioni di euro (-9,4%).
Mondo Universitario
Dal 2008 il Fondo ordinario per il funzionamento
delle Università è passato
da 7.443,7 (consuntivo) a
6.694,7 (2013, bilancio,
meno 10% ), senza contare l'inflazione . Ed è, purtroppo, l'attività di ricerca
a subire, quasi esclusivamente , gli effetti dei tagli,
essendo incomprimibili le
spese fisse e quelli per gli
stipendi.
II contributo ordinario
di funzionamento assegnato dallo Stato per il
2013 al Consiglio nazionale delle ricerche è di
500,4 milioni a cui si ag-
I nodi da superare
sono di natura
squisitamente
politica
giungono 93 , 7 milioni di
risorse vincolate, in minima parte disponibili per
l'attività propria dell'ente.
In totale 594,1 milioni per
il 2013 contro i 684,4 del
2012 (-13,1%). Si ricorda
che l'onere per il personale dipendente dell'Ente risulta pari a 497 milioni di
euro. Analoghe difficoltà
si profilano per la ricerca
universitaria . II Fondo di
finanziamento per progetti di ricerca di interesse
nazionale ( Prin) che aveva raggiunto un massimo
nel 2003 di 137 milioni di
euro è sceso nel 2012 a
38,2 milioni consentendo
il finanziamento di solo
141 progetti di tutte le discipline a beneficio di un
totale di circa 500-600 ricercatori , meno dell'1%.
primo luogo la costante,
alta attenzione del presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano verso i
nostri ricercatori, la tenuta
del settore delle scienze
fisiche che da tempo ha
trasferito le sue basi operative e di finanziamento
all'estero e l'attività di ricerca medica traslazionale finanziata dal ministero
della Salute e gestita in
modo ottimale. In attesa
dei fondi che potranno
essere ottenuti con i bandi del grande progetto
europeo Horizon 2020,
disponibili a partire dal
2015 e per i quali i ricercatori italiani competeranno, per evidenti fattori,
in condizioni di forte inferiorità, occorre domandarsi se nulla nel frattempo sia possibile per rimediare ad una situazione
fuori controllo.
II potenziamento della
ricerca, una delle azioni
che, per dirla con il presidente della Repubblica,
deve essere compresa tra
quelle «obbligate e urgenti» può essere nell'immediato conseguito con
risultati apprezzabili in attesa di nuovi investimenti.
I nodi da superare, ben
noti a tutti gli operatori del
settore, sono di natura
squisitamente politica, la
cui soluzione è stata finora tenacemente avversata dai numerosi centri di
spesa. Esempio: assunzione da parte del presidente del Consiglio della
responsabilità del settore
per ovviare alle carenze di
indirizzo e programmazione dei fondi disponibili
in funzione delle necessità del paese; definizione
di LETIZIA MORATTI
di un fondo unico per la ricerca dove far confluire
tutti gli interventi dispersi
tra vari ministeri così da
rendere immediatamente
trasparenti le risorse disponibili; programmazione dei fondi per la ricerca
nelle tre missioni definite
a livello europeo (ricerca
di base, grandi programmi finalizzati di interesse
nazionale, programmi di
ricerca di interesse industriale).
Nel 2007 in risposta all'appello di centinaia di ricercatori il presidente del
Consiglio l'onorevole Enrico Letta, dai banchi dell'opposizione, rispose con
prontezza ed entusiasmo
affermando che «la ricerca è la fonte dello sviluppo
economico e sociale di un
paese». Concordo pienamente e mi auguro che
anche dai banchi della
maggioranza continui ad
essere dello stesso parere.
*Ministro per
l'Educazione,
Università e Ricerca
2006-2011
A fronte di questi tagli,
poche notizie positive. In
Pagina 11
Miur, fondi e programmi
per ferm are i cervelli in fuga
VALERIA TRIGO
SOSTENERE I GIOVANI RICERCATORI NELLA FASE INIZIALE DELLALORO CARRIERA, attraverso il finanziamento di un programma di ricerca indipendente. È lo
scopo del nuovo bando del ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, «Sir - Scientific
Independence of young Researchers',, destinato
agli studiosi under 40, che allinea per la prima
volta la procedura di selezione dei progetti a quella dell'Erc, European Research Council. Il bando,
pubblicato sul sito del Miur (http://sir.miur.it/)
stanzia oltre 47 milioni di euro a favore dei giovani cervelli. I singoli progetti dovranno essere presentati entro il 13 marzo 2014. Il bando Sir prevede il finanziamento di progetti svolti da gruppi di
ricerca indipendenti e di elevata qualità scientifica sotto il coordinamento di un Principal Investigator (PI), italiano o straniero, residente in Italia
o all'estero, anche lui under 40, che deve aver
conseguito il suo primo dottorato (o la specializzazione di area medica, in assenza del dottorato)
non prima di 6 anni rispetto alla data del bando e
deve aver già prodotto almeno una pubblicazione. La costituzione del gruppo di ricerca è flessibile: i ricercatori possono provenire dalla stessa organizzazione ospite, da organizzazioni diverse o
può essere prevista anche la sola presenza del PI.
L'alta qualità scientifica dei progetti sarà il criterio di valutazione insieme alla qualità del PI. Gli
ambiti scientifici di riferimento sono gli stessi determinati dall'Erc: Scienze della vita, Scienze fisiche e ingegneria, Scienze umanistiche e sociali.
Saranno favoriti i progetti di natura interdisciplinare, quelli pionieristici o che introducono approcci innovativi o invenzioni scientifiche.
La procedura si svolgerà interamente in lingua
inglese. L'attrattività del finanziamento è anche
per l'istituzione ospitante, che avrà un incentivo
del 10% dei costo dei progetto nel caso in cui il PI
non sia già un suo dipendente a tempo indeterminato. I progetti possono avere il costo massimo di
1 milione di euro per un periodo massimo di tre
anni e saranno valutati da Comitati di selezione
designati dal Comitato nazionale dei garanti della ricerca (Cngr) sulla base di una rosa di nominativi proposti dal consiglio scientifico dell'Erc. Termine della presentazione il 13 marzo.
Mondo Universitario
Pagina 12
Formazione professionate
In arrivo nuovi fondi
PRESTO saranno assegnati i fondi necessari per far
partire ulteriori corsi di formazione professionale per
i ragazzi che hanno abbandonato la scuola. Lo ha
annunciato l'assessore regionale Gianfranco
Simoncini intervenendo sul problema dei 146 giovani
rimasti fuori dai corsi del Cfp. Della questione si è
occupata La Nazione nei giorni scorsi. «Noi - aveva
detto l'assessore comunale Giachi, - potremmo
anche anticipare i soldi necessari , ma prima ci deve
essere l'ok da parte della Regione e della Provincia».
«Ci siamo attivati immediatamente - ribatte
Simoncini - individuando nel giro di pochi giorni
una soluzione ad un problema che non è dipeso da
noi ma dal ritardo nella programmazione dei fondi
comunitari per il periodo 2014-2020».
Mondo Universitario
Pagina 13
Il Cnr nella sfida internazionale
ma resta il problema dei brevetti
NICOLAIS: "AGEVOLIAMO IN
TUTTI I MODI GLI SPIN-OFF
DEI NOSTRI LABORATORI A
LANCIARSI SUI MERCATI
MONDIALI". MA "LICENZIARE"
UN'INNOVAZIONE
ALL'ESTERO, SPECIALMENTE
IN AMERICA, È
UN'OPERAZIONE ANCORA
IMPEGNATIVA E COSTOSA
TTn un'economia globalizzaK 1ta, in cui non si possono fare auto scadenti o produrre grano
generico ma bisogna industriarsi
nelle varietà più sofisticate, la ricerca scientifica è uno degli asset
che l'Italia può giocarsi meglio.
Purché si mantenga anch'essa
sempre al massimo livello». Luigi
Nicolais è consapevole della centralità della sfida e quindi sta attrezzando il Cnr, di cui è presidente da tre anni, in modo più moderno ed efficace. «Abbiamo unanuova regolamentazione per cui promuoviamo concretamente gli
spin-offfinalizzati avalorizzare industrialmente i risultati delle ri cerche. Per quelli che meritano, noi
investiamo nei costi d'avviamento
e nelle apparecchiature, poi rendiamo disponibile al ricercatore il
50% del suo tempo nonché l'uso
dei laboratori pertre anni. Dopodiché se sceglie di uscire dall'organico possiamo dare un ulteriore contributo. Tutto questo è finalizzato
ad affiancare la mentalità di imprenditore a quella di ri cercatore».
Ha colto quest'opportunità
Carla Ferreri, laureata in Farmacia
a Napoli nel 1979, poi dopo una
lunga carri era accadernicain Italia
e in America ricercatrice presso l'Istituto della sintesi organica e della fotoreattività di Bologna e infine
fondatrice dello spin-off Lipinutragen. «Con studi applicati alle
conseguenze dei diversi tipi di
stress sulle principali biomolecole,
dal Dna alle proteine, e con l'individuazione di biomarcatori correlati alla tensione cellulare, abbiamo creato un kit d'analisi del san gue per identificare il livello di deterioramento sui diversi organi
dell'essere umano», spiegala Ferreri, che alla scadenza dei tre anni
è rientrata a tempo pieno nel Cnr e
si dedica all'azienda neltempo "libero", «così la mia giornata è di 20
ore». Sulla base dei risultati dell'esame del sangue, «consigliamo
una serie di integratori alimentari,
alcuni dei quali sono prodotti da
Mondo Universitario
noi e altri no». La Lipinutragen ha
fatturato l'anno scorso 500mila
euro, ha 10 dipendenti, una convenzione con l'Università di Bologna peri tirocini, sta aprendo una
filiazione in Grecia e ha contatti
con una serie di altri Paesi per ulteriori ampliamenti.
All'espansione internazionale
delle start-up si frappone però da
sempre il problema dei brevetti,
non tanto in Europa quanto in
America, che resta il mercato di riferimento per chi si occupa di innovazione. «Molte delle nostre
bellissime invenzioni non riescono a trovare un risvolto economico», conferma Bruno Cilio, titolare
di uno studio legale internazionale
con uffici a Roma e New York specializzato in protezione della proprietà intellettuale. «La procedura
inAmericaèmolto complessa e costosa, al di là del bilancio abituale
8n
ADDETTI
di cui
:a l 1 1;
RICERCATORI
4.000
ASSEGNISTI , DOTTORANDI
E BORSISTI
7
DIPARTIMENTI
107
ISTITUTI
h]
AREE DI RICERCA
1 w 000 mia. €circa
BUDGET
di cui
647 da Fondo
ordinario
da risorse
361 aggiuntive
-------------------- ---
Il presidente
dei Cnr, Luigi
Nicolais (1) e
l'avvocato
Bruno Cilio
(2),
specializzato
nella tutela
della proprietà
intellettuale
Nella foto a
sinistra, lo
staff della
Lipinutragen
di Bologna.
La fondatrice
Carla Ferreri
è la quinta
da destra,
senza camice
esterne
w
di una start-up: brevettare una
scoperta biomedica o tecnologica
costa non meno di 100-200mila
dollari. E per di più si è sempre
esposti alle denunce di qualche
concorrente che proclama di aver
scoperto lui per primo quel ritrovato, e una causa per violazione di
brevetto può avere conseguenze
disastrose perun giovane inventore italiano. Un braccio di ferro in
cui le aziende americane riescono
quasi sempre a prevalere». Dai
tempi di Meucci e Bell insomma
non è cambiato nulla. «Anche
quando non ci sono obiezioni di
terzi - rincara Cilio - ci sono gli avvocati interni dell'Us Patent and
Trade office che selezionano le richieste con una durezza oltre ogni
limite. Spesso va a finire che l'invenzioneviene acqui stata da qualche grossa corporation, chelapaga
pochissimo, la utilizza e raramente offre visibilità all'inventore italiano».
L'importante, insiste Francesco
Micheli, «è il cambio di mentalità:
in America i ricercatori spingono
fin troppo sui brevetti, da noi c'è la
corsa alle pubblicazioni internazionali. Che peraltro sono tantissime a conferma appunto della qualità della ricerca». Nonostante tutte le difficoltà, c'è chi cela fa. Oppure resta in Italia e aspetta di ri cevere qualche proposta da qualche
gruppo americano che intende valorizzarne la ricerca. Anche per
questo, si deve dire per fortuna a
questo punto, i migliori scienziati
spesso risiedono nel nostro Paese.
(e.occ.)
RIPRODUZIONE RISERVATA
Pagina 14
c1
1 Uno studio californiano prova che lo stato dell'intestino influisce direttamente sul cervello
Domani i microbi ci salveranno
Gli organismi microscopici possono combattere le malattie
di MASSIMO
PIATTELLI PALMARINI
er meglio comprendere la novità e l'importanza di un lavoro
appena pubblicato sulla rivista
specializzata «Cell» da Sarkis
K. Mazmanian e undici collaboratori
dell'Istituto di Tecnologia della California, riguardante le interazioni tra
microbioma e disturbi cognitivo-comportamentali, occorre fare un passo
indietro.
Negli ultimi dieci anni circa, ma ancor più negli ultimissimi tre o quattro,
abbiamo assistito a una vera e propria
rivoluzione nel mondo della biomedicina. Si tratta dello studio del microbioma, ovvero delle molteplici scoperte sull'identità, la genetica e la distribuzione delle migliaia di miliardi di
microrganismi che popolano il nostro
corpo. Grazie all'esplosione di potenti
tecnologie che consentono di sequenziare qualsiasi materiale genetico di
qualsiasi provenienza, ci siamo resi
conto che i microbi presenti intorno e
dentro di noi sono almeno dieci volte
di più, e molto più eterogenei, di quelli che venivano tradizionalmente identificati in coltura. Pullulano batteri,
funghi e altri infinitesimi organismi
viventi soprattutto nell'intestino (dove
vivono mille miliardi di microrganismi per ogni grammo di tessuto), ma
anche nel profondo della pelle, nelle
mucose, nella congiuntiva, la saliva,
gli organi genitali, le vie aeree, giù giù
fino agli infraditi. Un attivo progetto
internazionale, lo «Human Microbiome Project Consortium>>, sovvenzionato dai National Institutes of Health,
raccoglie i sempre più numerosi dati e
cerca di armonizzare e unificare i protocolli sperimentali.
Mondo Universitario
Per darci un'idea approssimativa
della rivoluzione microbiomica, immaginiamo di effettuare il seguente
bizzarro esperimento. Prendiamo il
Signor Mario Rossi, nudo in piedi di
fronte a noi. Ora rimuoviamo tutte,
proprio tutte, le cellule del suo corpo,
ma lasciamo intatto l'universo di microrganismi che popolano il suo corpo. Ebbene, avremmo ancora di fronte
una brulicante ma nettissima scultura
del Signor Mario Rossi. Il numero di
tali microorganismi è, infatti, almeno
dieci volte piu' grande del numero di
cellule del nostro corpo. Tradizionalmente abbiamo associato i batteri alle
malattie infettive, il che non è certo
falso, ma sempre più ci rendiamo conto che la nostra salute dipende in modo essenziale dalla pacifica coabitazione con questo universo di microrganismi. Infatti, con raffinate e costose tecniche, in alcuni laboratori, si
ottengono topi completamente privi
di ogni microbiota, il che permette di
somministrare loro selettivamente in
tempi diversi solo popolazioni prescelte di microrganismi. Ebbene, tali
artificiali «purissime» creature hanno
esistenza molto precaria. In altre parole, coesistere con Il nostro personale
microbioma è un grande vantaggio,
anzi, una necessità.
Alcuni dati vanno tenuti ben presenti.
Il primo è che tali diverse specie di
microorganismi sono talvolta assai simili, ma possono anche essere, nel loro piccolo, tanto diverse quanto (poniamo) un crotalo e un cammello. Le
attuali efficienti tecniche di sequenziamento del DNA lo mettono ben in
evidenza.
Il secondo dato è che si tratta di popolazioni in continua fluttuazione. Pochi giorni di cambiamento di dieta,
per esempio da carnivora a vegetariana, bastano a sovvertire la popolazione
batterica intestinale. Infatti, trapianti
ben mirati di microbioma si stanno rivelando molto efficaci nel trattamento
di svariati tipi di affezioni, sia nel topo
che negli esseri umani.
Terzo, e non meno importante dato,
è la grandissima variabilità complessiva del microbioma, non solo tra individui diversi e ancor più tra popolazio-
ni umane diverse, ma anche tra diversi
siti corporei nello stesso individuo: le
comunità di microbi sulla pelle, nell'intestino e nelle vie aeree sono profondamente diverse nei loro profili.
Ebbene, veniamo ora al lavoro appena pubblicato.
Già si sapeva che, negli esseri umani, disturbi dello sviluppo nervoso e
comportamentale, tra i quali lo spettro diagnostico dell'autismo, si accompagnano spesso a disturbi gastrointestinali, talora anche gravi. Mazamanian e colleghi hanno voluto vederci più chiaro ed hanno studiato queste
correlazioni nel topo. In sostanza, osservando le alterazioni del microbioma gastrointestinale nelle madri e introducendo poi nella prole un batterio
presente nell'uomo (chiamato Bacteroides fragilis) che modificala permeabilità e l'ecologia intestinale, hanno
ottenuto miglioramenti in preesistenti difetti del comportamento comunicativo, maggiore resistenza allo stress,
minori sintomi di ansia e miglior successo in prove di motricità e sensibilità.
L'introduzione di questo microrganismo ha radicalmente alterato varie
componenti del metabolismo, grazie
alla capacità che questi batteri hanno
di produrre sostanze necessarie all'organismo che li ospita.
Altri raffinati esperimenti, con topi
sterili e con inserzioni mirate di tali
microrganismi , hanno confermato
l'impatto che il metabolismo intesti-
Pagina 15
Effetti positivi
Progressi nel comportamento,
maggiore resistenza allo
stress, minori sintomi di ansia,
una accentuata sensibilità
nale ha sul cervello e sul comportamento.
La conclusione di questi studiosi è
che esiste, almeno nel topo, un asse
intestino-cervello che è mediato dal
microbioma ed ha nette conseguenze
su sindromi che riproducono lo spettro del disturbi autistici.
Potenzialmente, appropriate terapie probiotiche attive sulla barriera gastro-intestinale potrebbero essere utili
per trattare i disturbi dello sviluppo
nervoso anche nell'uomo. Mazmanian
e colleghi dicono che si tratta di
un'idea «trasformazionale» (sic), di
possibile applicazione a un vasto spettro di disturbi neurologici e comportamentali che coinvolgono l'apparato
immunitario e l'intestino, aggiungendo che le terapie basate sul microbioma sono efficaci e hanno il vantaggio
di essere prive di rischi.
Come Mazmanian ama dire, «per
fortuna, non siamo soli al mondo». I
microbi, nostri storici nemici, potrebbero diventare i nostri amici migliori.
, RIPRODUZIONE RISFRVATA
Un'immagine ingrandita dei «Lactobacillus Bulgaricus » (Corbis)
Mondo Universitario
Pagina 16
"Bilanci omogenei in tutta la Pa"
la proposta dei dirigenti pubblici
INTERVISTAA STEFANO BIASOLI,
SEGRETARIO GENERALE
DI CONFEDIR: "SE IL
COMMISSARIO COTTARELLI
VUOLE FARE LA SPENDING
REVIEW PRIMA BISOGNAAVERE
UN'ANALISI DETTAGLIATA DELLA
SPESA PUBBLICA LOCALE
E CENTRALE E QUESTO AL
MOMENTO NON È POSSIBILE"
Sibilla Di Palma
R
edigere bilanci omogenei in
tutta la Pubblic a amministrazione. E questo il primo passo necessario per ridurre i costi dello Stato e degli enti locali secondo Stefano Biasioli, segretario generale di
Confedir (Confederazione autonoma dei dirigenti, quadri e direttivi
della Pubblica amministrazione).
Un processo da affidare non a tagli
lineari, che potrebbero determinare un calo nei servizi offerti ai cittadinicome delresto si èvisto negliultimi anni, bensì a interventi selettivi che devono partire da un'analisi
delle spese e dal coinvolgimento
della dirigenza pubblica.
Con l' economia che non cresce il
taglio della spesa pubblica diventa
fondamentale. Nelle ultime settimane il neo commissario per la
spending review, Carlo Cottarelfi,
ha fatto sapere di voler procedere
con interventi mirati per ridurre le
inefficienze. È la strada giusta secondo lei?
«Alla base c'è un discorso di trasparenza. Riteniamo che il dottor
Cottarelli non possa pensare di attuare alcun tipo di taglio finché non
avrà a disposizione un'analisi dettagliata della spesa pubblica, centrale e periferica. Attualmente, infatti, il bilancio degli enti locali viene redatto non rispettando alcun
criterio di omogeneità. Prendiamo i
bilanci delle Asl che vengono stilati
in maniera diversa da una regione
all'altra, così come tra le varie
Aziende sanitarie locali. Questo fa sì
che, ad esempio, le spese relative al
personale possano essere contenute all'interno di voci che non hanno
niente a che fare con i capitoli di bilancio relativi al personale. Occorre
invece che il bilancio venga uniformato e redatto alla stessa maniera
da tutti gli enti dello Stato, del parastato e degli Enti partecipati o con
capitale misto, permettendo in
questo modo di chiarire quali sono
i costi reali e consentendo così una
spendingreviewdi tipo selettivo, ossia verticale. Ci vogliono poi una
legge o un decreto legge che spinga-
Mondo Universitario
no in questa direzione, ma dal Parlamento non arriva ancora alcun segnale in questo senso».
Ma non si rischia di portarla
troppo per le lunghe?
«Si tratta di un grosso impegno,
ma se si vuole è possibile attuarlo
considerando che lo Stato dispone
di dirigenti e di professionalità in
grado di occuparsene. Forse pochi
sanno che un processo di questo tipo ègiàstato avviato grazie aunprotocollo d'intesa, cherisale a qualche
mese fa, tra la Gazzetta Amministrativa e il ministero della Funzione Pubblica. Il cui obiettivo è ottimizzare i rapporti dei cittadini con
la Pa attraverso la standardizzazione e la diffusione dimodelli/moduli informatici che portino la trasparenza dei dati relativi a tutta la Pubblica amministrazione».
Quali sono gli altri passaggi necessari per snellire la spesa pubblica?
«Ilpunto cruciale è coinvolgere la
parte seria della dirigenza, che esiste perché non tutti sono dei "fannulloni", chiedendo ai responsabili
delle singole amministrazioni di
suggerire concretamente proposte
rapidamente realizzabili, per ottenere risparmi senza compromettere la qualità dei servizi al cittadino».
Secondo un recente rapporto
dell'Ocse, i dirigenti di prima e seconda fascia italiani sono i più pagatiditutti ipaesi aderenti aquesta
organizzazione , mentre altre categoriedel pubblico sono sotto la media. Non ci sarebbe bisogno di una
riforma anche sotto questo aspetto?
«Le regole in Italia sono completamente diverse rispetto all'estero e
quindi non penso sia possibile fare
alcun paragone. Aggiungo che anche se gli stipendi dei dirigenti italianifossero stati più alti allafine degli anni Duemila, dopo sei anni di
blocco contrattuale i valori di riferi mento sono sicuramente inferiori
alla media europea. Ci tengo a sottolineare che eventuali sforamenti
rispetto alle medie non riguardano
i "normali" dirigenti pubblici con
funzioni apicali ma i superburocrati e le decine di consiglieri della Corte dei Conti e del Consiglio di Stato
che fruiscono di più incarichi contemporaneamente».
Si parla spesso di una Pubblica
amministrazione più efficiente e
moderna: come si colloca in tutto
questo il tema della meritocrazia?
«Le regole per applicare la meritocrazia ci sarebbero e ci sono, all'interno di tutti i contratti pubblici.
Da circa 18 anni, infatti, i contratti
della dirigenza pubblica, dopo la
privatizzazione della stessa, prevedono che lo stipendio sia costituito,
oltreché dal tabellare, da due voci
fondamentali: la posizione e il risultato. Per entrambe questevoci sono
previste retribuzioni legate a una
valutazione, ad opera di un organismo indipendente. Le regole quindi
ci sono, si tratta di applicarle in tutta Italia e non solo in poche regioni».
Pagina 17
Eh TI 1: --
Nei grafici a destra
-J
e qui in basso,
l'abnorme crescita
delle spese per
il personale e per
l'acquisto di beni
e servizi da parte
delle
amministrazioni
locali (Regioni,
Comuni , Provincie)
negli ultimi
ventidue anni
Le Regioni fanno
la parte del leone
a causa della
spesa sanitaria
ENTI LOCALI, LA SPESA PER IL PERSONALE
In miliardi di euro correnti
Fame: lama
'go
.0
100
'10
'12
w
LA SPESA PUBBLICA LOCALE
Distribuzione per tipo di ente, in miliardi di euro correnti
165,0
156,2
PooM: Maat
W
log
LA SPESA PER L'ACQUISTO DI BENI E SERVIZI
In miliardi di euro correnti
Qui sopra,
Stefano
Biasioli,
segr. gen.
di Confedir
fome:letet
°
w
'90
Mondo Universitario
'95
' 00
'05
110
'12
Pagina 18
[
r1 Ai
"Troppe aziende sanitarie , meglio ridurre i manager"
Rappresenta circa il 90% dei costi per le regioni e per questo la
spesa sanitaria nazionale è da sempre nell'occhio del mirino.
Non a caso in questi anni sono state attuate diverse cure
dimagranti per ridurla . Una strada che se da un lato ha il merito
di far rifiatare il bilancio dello Stato , dall'altro rischia di avere
non poche ripercussioni sul diritto alla salute delle persone. Per
questo , secondo Confedir , la soluzione potrebbe essere
rappresentata da una riduzione del numero delle Aziende
sanitarie locali, con l ' obiettivo di diminuire il numero dei
dirigenti di nomina politica e i loro costi, e dalla riorganizzazione
dell'assistenza ospedaliera e territoriale. "Attualmente, infatti,
c'è tutta una serie di attività cliniche che non richiedono più il
ricovero ; occorre dunque individuare il giusto numero di posti
letto necessari in ogni ospedale e sviluppare la risposta
specialistica territoriale ", sottolinea Stefano Biasioli.
Mondo Universitario
Pagina 19
Master statunitensi sempre protagonisti
Mba, solo la Bocconi tra i primi 100
Francesca Barbieri
C'è una sola università italiana nel club dei cento migliori
Mba al mondo. È la Sda Bocconi
di Milano che si posizioni al posto numero 31 della classifica stilata dal Financial Times.
Per il resto, il ranking annuale
che sarà pubblicato oggi dal quotidiano britannico conferma lo
strapotere degli atenei statunitensi nella formazione dei manager, con oltre la metà delle Zoo
posizioni occupate da scuole
targate Usa, forti della tradizione di più lunga durata nel campo dei corsi inmaterie economiche. Le prime management
school e gli Mba compaiono infatti negli Stati Uniti già alla fine
del diciannovesimo secolo,
mentre da noi l'Mba Bocconi ha
fatto il suo debutto nel 1974.
Così il risultato frutto della
combinazione di venti indicatori - dall'aumento dello stipen-
dio dopo la frequenza del corso
alla capacità di trovare lavoro in
poco tempo, dal grado d'internazionalità del corpo docente alla
qualità della ricerca - produce
un'élite di primi dieci della classe nel 70% dei casi a stelle e strisce (si veda la tabella a destra).
Sui primi due gradini del podio si confermano, come lo
scorso anno, la Harvard Business School (prima) e la Stanford Graduate School of Business.Ii terzo posto viene invece riconquistato da un'europea, la London Business scho-
LTU ROPA IN RECUPERO
La svizzera Imd conquista
la dodicesima posizione
Via Sarfatti unica italiana
sale altrentunesimo posto
(era al 391o scorso anno)
ol, che scalza la University of
Pennsylvania: Warton (oggi
quarta, mentre nel 2013 le posizioni erano invertite).
Nella top ten altre due europee, la francese Insead (che però ha sede anche a Singapore) e
la spagnola lese.
Ed è un'altra europea, la svizzera Imd, a registrare uno dei recuperi più forti rispetto allo
scorso anno. La scuola di Losanna - nata nel 199o dalla fusione
delle scuole aziendali Imi e Imede - è dodicesima e guadagna
sette posizioni.
Nella top 100 stilata dal Financial Times figura, come detto,
una sola presenza italiana: si
tratta dell'Mba della Sda Bocconi che grazie alle buone performance conseguite sul sul piano
del placement e le crescenti opportunità internazionali offerte
recupera otto posizioni rispetto
al 2013 (quando era39ima).
Per chi ha frequentato l'Mba
di via Sarfatti l'aumento di stipendio a tre anni dal "titolo", in
base ai dati raccolti dal Financial Times, è di tutto rispetto,
+112%, e raggiunge quota
112.901 dollari, con l'84%, degli
ex allievi al lavoro nel giro di
tre mesi. «Il balzo in avanti commenta Gianmario Verona,
direttore dell'Mba - è un riconoscimento significativo per i
membri della faculty e dello
staff, ma anche un'ottima notizia per i nostri studenti e alumni che vedono così riconosciuto il valore dell'investimento
fatto scegliendo il nostro percorso formativo». L'Mba Bocconi dura 12 mesi full-time e costa46mila curo. Considerando
solo le scuole europee, il corso
italiano è all'undicesimo posto, nella classifica guidata dalla London Business school.
0 RIPRODUZIONE RISERVATA
Vincono le americane
I migliori full time global Mba selezionati dal Financial Times (prime 35 posizioni)
1
2
Business School
Harvard Business School
Stanford Graduate S. of B.
3
London Business School
Paese -- -------Usa
Usa
UI<_
Pennsylvania: Wharton ^ Usa ^^
4
5 Columbia B. School
Insead
7 Iese Business School
8 Mit: Sloan
9 Chicago: Booth
Usa
Francia/
Singapore
Spagna
Usa
Stipendio
Aumento
annuo
1fl dello
(dollari) stipendio
178.300
113
184.566
100
156.553
107
^170.472 ^^^99
1.64.1.81
116
148.183
87
143.168
125
157.262
101
Usa
100
156.004
Usa
150.880
114
11 California at Berkeley: Haas Usa
149.487
91
------------------------- ------------------ ------------------12 Imd
Svizzera
142.446
72
1 0 Yale School of Man.
13 le Business School
Spagna
146.933
112
14 Hong Kong Ust B. S.
15 Northwestern: Kellogg
Cina
125.060
139
Usa
94
16 Cambridge: Judge
UK
157.719
144.350
17 Duke University: Fuqua
Usa
141.772
100
(*) É l'aumento di stipendio registrato a tre anni dalla frequenza dell'Mba
Mondo Universitario
92
20
21
22
23
25
26
27
1 Business School
New York : Stern
Ceibs
Dartmouth College: Tuck
Hec Paris
Esade Business School
Oxford : Saïd
Michigan: Ross
Warwick Business School
Ucla : Anderson
Cornell : Johnson
---------------------------------------Virginia: Darden
University of Hong Kong
2Q
l Indian Inst. of Man .
Paese
Usa
Cina
Usa
Francia
Spagna
Uk
Usa
Uk
Usa
Usa
Usa
Cina ^^^
India
Sr;.3 ä r_ cE ;;,
Italia
i
Singapore B. School
Singapore
33 N. Carolina: Kenan-Flagler Usa
34 Carnegie Mellon: Tepper Usa
35 Rice University: Jones
Usa
Stipendio 1 Aumento
annuo
% dello
(dollari ) stipendio *
140.662
97
127.117
156
101
150.754
120 .016
104
120
120.718
133.315
1 3 6.828
119.121
140.712
136.707
----------------142.131
91
107
87
97
103
104
113.038 ^^^ 109
91.358
124.669
86
11 2
147
101
129.296
118 .473
98
120
157.459
ì
Fonte: FinancialTimes
Pagina 20
dal nostro inviato a New York
ALISSIAIO GAGGI
er non soccombere agli automi
che facilitano la nostra vita ma
si prendono, anche, i nostri lavori, Erik Brynjolfsson e Andrew McAfee, docenti del Mit
di Boston e autori di The Second Machine Age, un saggio appena arrivato nelle
librerie americane, propongono una rivoluzione della scuola : formazione dei
giovani spostata verso le materie scientifiche e accumulo delle nozioni, ormai
raggiungibile più facilmente con l'aiuto
delle macchine , sostituito da un insegnamento più orientato alla creatività,
allo sviluppo del pensiero critico e anche dell'empatia. Soltanto così cavalcheremo con successo la tecnologia creando nuovi mestieri e ricchezza diffusa.
In Future jobs Ed Gordon , storico dell'economia e presidente di Imperial Consulting, propone anche lui una rivoluzione del sistema scolastico , ma aggiunge che non verremo fuori da questa situazione se non trasformeremo da capo
a fondo una burocrazia che vuole continuare a funzionare utilizzando i meccanismi di un mondo che non c'è più. E
pensa che per spingere le aziende ad attenuare la corsa verso la sostituzione
della manodopera con le macchine sia
utile consentire agli imprenditori di detrarre dall'imposizione fiscale, oltre agli
investimenti in impianti, anche quelli in
capitale umano.
Lord Martin Rees, docente di Astrofisica all'Università di Cambridge e astronomo della Regina , la vede un po' diversamente: i robot sono utili per lavorare
in ambienti proibitivi per l'uomo
piattaforme petrolifere in fiamme, miniere semidistrutte da un crollo, centrali
in avaria che perdono sostanze radioattive
oltre che per svolgere mestieri ripetitivi. Ma devono restare al livello di
«utili idioti: la loro intelligenza artificiale va limitata, non devono poter svolgere
mestieri intellettuali complessi. L'astronomo della Corte d'Inghilterra , occhi ri-
Mondo Universitario
__ «m jber . All'ultimo World Economic
Forum di Davos è stato
presentato un rapporto (in
collaborazione con McKinsey
& Company) sui rischi e le
responsabilità di un mondo
iperconnesso (« Risk and
Responsability in a
Hyperconnected World»).
Il report, scaricabile
gratuitamente all'indirizzo
http:llwww3 .weforum.org/d
ocsl WEF_RiskResponsibility
HyperconnectedWorld_Repor
t_2014.pdf,
vede negli attacchi
informatici uno degli ostacoli
principali allo sviluppo
(sostenibile) della società
automatizzata e prova a
illustrare alcune linee guida
sul concetto di «cyber
resilienza». Con il termine
«resilienza» si intende l'arte
di adattarsi al cambiamento
trasformando le incertezze
in occasioni
e i rischi in innovazione.
Applicato al mondo
informatico il termine indica il
fattore la cui riuscita o perdita
determina la possibilità
di ottenere valore economico
dalle innovazioni
tecnologiche . La sicurezza dei
sistemi informatici è una
caratteristica imprescindibile
per il mercato e la democrazia
e per questo richiede
l'elaborazione di strategie
nazionali e internazionali
volti più alle glorie del passato che alle
speranze e alle incognite di un futuro comunque problematico, propone una ricetta che sa di luddismo. Una ricetta
anacronistica ed estrema che si spiega
con l'angoscia che prende molti di noi
davanti alla rapidità con la quale la civiltà dei robot
della quale abbiamo favoleggiato per decenni e che sembrava destinata a restare nei libri di fantascienza
sta entrando nelle nostre vite. Che i
robot stiano uscendo dalle fabbriche lo
sappiamo da tempo: il bancomat è un
bancario trasformato in macchina, in
servizio notte e giorno. In molti supermercati il cassiere non c'è più, sostituito
da sensori, lettori di codici a barre, sistemi di pagamento automatizzati . In Giappone e Francia si moltiplicano treni e
metropolitane guidati da un computer
(è così la nuova Linea ,5 della metropolitana di Milano), così come tutti i convogli che si muovono all'interno dei grandi
aeroporti del mondo sono, ormai, senza
conducente.
Ne abbiamo dato conto ripetutamente,
anche sulle pagine della «Lettura». Si torna a discuterne animatamente oggi perché, mentre la politica sembra avere altre
urgenze (riforme istituzionali e dei sistemi elettorali in Italia, sanità, contenimento del bilancio federale e politiche per il
lavoro negli Usa che seguono, però, ancora meccanismi tradizionali ), si diffonde
la sensazione che i processi di automazione abbiano raggiunto quello che
Brynjolfsson e McAfee chiamano il punto
d'inflessione: il punto critico oltre il quale la curva di un certo fenomeno si impenna. Un po' come il tablet e l'ebook, i
cui primi modelli sono rimasti per anni
in circolazione nello scarso interesse generale: poi all'improvviso, senza rivoluzioni tecnologiche ma grazie ad apparecchi più raffinati e allo sviluppo del sol-
Pagina 21
tware, è arrivato il boom degli iPad e dei
Iúndle. Ora tocca all'auto di Google che si
guida da sola e al drone col quale Amazon
vorrebbe fare dal cielo le sue consegne a
domicilio.
Ne parliamo tanto nei giornali e sui siti
perché tutto ciò colpisce la fantasia, anche se la sostituzione di autisti e camion
delle consegne è ancora lontana, se non
altro per motivi regolamentari e requisiti
di sicurezza. Ma ci sono molti altri mestieri che il progresso delle tecnologie informatiche sta già meccanizzando con
modalità meno spettacolari che non catturano l'attenzione dei media, dai lavori
di contabilità alla lettura a raggi X e altre
analisi mediche. Andando avanti così, sospirano in molti, nelle fabbriche automatiche ci sarà lavoro solo per l'uomo delle
pulizie. Ignorando che sono già diffusi i
robottini, figli del Roomba, capaci di pulire ogni angolo dello stabilimento. Mentre il Pentagono studia come sostituire
con robot i 5o mila soldati che dovrà eliminare entro la fine del 2015 in base ai tagli di bilancio decisi dal Congresso, ci affascina Monsieur, il nuovo barman automatico costruito da un'industria di Atlanta, in Georgia, che non solo sa qual è il
tuo cocktail preferito e lo prepara all'istante, ma raddoppiala dose di alcol se
percepisce che sei di cattivo umore.
Già oggi in molti alberghi il cameriere
che al mattino serve caffè, tè e cappuccini
è stato sostituito da macchine sofisticate.
L'idea che Libo, il robottino oggi usato
per intrattenere gli astronauti durante le
lunghe missioni nella Stazione spaziale
internazionale, verrà sviluppato in due
versioni, baby sitter e badante per anziani, può farci inorridire. Ma 5o anni fa chi
si fosse sentito dire che sarebbe salito su
un treno senza nessuno ai comandi o che
avrebbe preso del denaro da una fessura
nel muro avrebbe riso. I robot restaurant
della Cina e del Giappone con gli automi
che ti accolgono alla porta e ti portano al
tavolo resteranno a lungo una curiosità e
probabilmente esagera in sensazionalismo il giovane tecnologo inglese Ben Way
che nel suo libro Jobocalypse, l'apocalisse
del lavoro, sostiene che addirittura il 70
per cento degli impieghi oggi svolti dall'uomo saranno automatizzabili in go anni.
Terrore tecnologico trasformato in business editoriale? Sì, ma solo in parte, visto che un altro, ben più documentato
studio pubblicato di recente dall'università di Oxford fissa a quota 47 per cento il
numero dei lavori sostituibili dalle macchine. Anche se ci saranno molte frizioni
a rallentare i cambiamenti e i numeri, alla
fine, risulteranno minori. È evidente che
si è messo in moto un processo imponente che spinge la politica a sfide difficili ma
ineludibili: spingere cittadini (ed elettori), già di pessimo umore per il peggioramento delle condizioni economiche generali, a rinunciare a molte delle certezze
rimaste, cambiando radicalmente anche
il modo di studiare e lavorare. Sfide decisive per il futuro dei nostri sistemi sulle
quali la politica è in forte ritardo. E, viste
le crescenti difficoltà incontrate dai sistemi democratici nel raggiungere adeguati
livelli di consenso politico anche su decisioni relativamente semplici, c'è da chiedersi come ce la caveremo davanti a questioni complesse e controverse che riguardano addirittura l'indirizzo che dovrà essere preso dalla nostra civiltà.
á)massimogaggi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Mondo Universitario
Pagina 22
ILLUSTRAZIONE
DI PIERLUIGI LONGO
da Washington ENNIO CARETTO
ntitolato The Second Machine Age
(«La seconda età delle
. macchine»), il nuovo libro di Eril<
Brynjolfsson e Andrew McAfee, edito
dalla Norton (pp. 320, $ 26.95), è una
lettura obbligata per politici,
imprenditori e studenti . Lo è perché,
divergendo dal pensiero prevalente,
gli autori danno per vicino un boom
economico senza precedenti, frutto
della rivoluzione tecnologica in corso,
nella quale le innovazioni si
moltiplicano in media ogni uno o due
anni e non ogni sei o sette decenni
come nella rivoluzione industriale. E
perché, andando sempre
controcorrente , avvertono che spesso
in futuro le macchine non saranno più
complementari , ma alternative alla
manodopera, e la produttività
crescerà assai più che non
l'occupazione e il reddito medio. In
un'economia globalizzata dove «i
vincitori prenderanno tutto»,
concludono i due docenti del Mit, lo
Stato dovrà radicalmente cambiare il
sistema dell'istruzione e garantire ai
lavoratori un reddito minimo, onde
ridistribuire un poco la ricchezza.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Mondo Universitario
Pagina 23
Disoccupati: 4 SU 10
per colpa della scuola
poco efficiente
in Italia i14o percentodella disoccu pazione gi ova n i lesa rebbe imputabile al difficile rapporto scuola-mondo del lavoro. Co sostiene la ricerca «Studio ergo lavoro» condotta da
««McKinsey &Company»evidenziando che nel 47 per cento dei
casi le aziende ritengono che
le carenzeformative dei giovani abbiano un impatto negativo sulla loro attività. Secondo
lo studio le cause del problema della disoccupazione sono
solo in parte riconducibili alla
crisi economica. Incide, invece, un disallineamento tra domanda e offerta.
Mondo Universitario
Pagina 24
Nuovo m aster in nutraceutica alla Statale di Milano
Alimenti
salute
Profess ionisti p er i pharm a food
Pagina a cura
DI FILIPPO GROSSI
offerta formativa
dell'università degli
studi di Milano si
arricchiesce di tre
nuovi master: nutraceutica,
inizio il 14 marzo 2014 e ha
l'obiettivo di approfondire le
tematiche osteopatiche nella
loro complessità in rapporto
alla funzione dell'apparato
stomatognatico ampliando
la valutazione anche in altri
ambiti distrettuali corporei
osteopatia e digital
culture. Il master in
Nutraceutica partirà
a marzo 2014, si rivolge a laureati in discipline farmaceutiche,
erboristiche, biotecnologiche, mediche e alimentari e si propone
di formare professionisti del settore degli
alimenti salutistici
(alimenti funzionali,
integratori alimentari, novel foods) attraverso un percorso formativo
teorico-pratico che approfondisce il potenziale salutistico
e farmacologico di ingredienti
e prodotti nutraceutici, la loro
progettazione, produzione,
controllo di qualità e valutazione della loro sicurezza, di
frodi, contraffazioni e doping.
Il master in osteopatia, avrà
Mondo Universitario
culture, interamente tenuto
in lingua inglese, si propone
di applicare la cultura e i metodi digitali alla ricerca sociale, comunicativa e di mercato.
Il corso, che inizierà il 3 marzo
2014 ed è destinato ai laureati in discipline umanistiche,
sociali, culturali, politiche, economiche,
statistiche, scientifiche e informatiche,
mira a formare dei
professionisti che
possano lavorare in
team interdisciplinari per tradurre
problemi di natura
comunicativa o di ricerca sociale in solu-
di possibile relazione ed influenza permettendo, così,
ai frequentanti (laureati in
fisioterapia, scienze motorie, medicina, odontoiatria e
igiene dentale) di valutare e
indagare le correlazioni tra
osteopatia e sistema stomatognatico. Infine, il master in
Digital methods and digital
zioni tecnologiche attraverso programmi
per la visualizzazione dei risultati, l'integrazione dei dati digitali in processi
interattivi e la creazione di
strategie comunicative per
la diffusione dei risultati ad
alto impatto per un ambiente
digitale. Per iscriversi e per
avere maggiori informazioni,
consultare il sito web: www.
unimi. itlstudenti/master/.
Pagina 25
LA GUIDA
Corsi all'estero
dal liceo al ber
Che si voglia partecipare
all'Erasmus, frequentare un
master all'estero o iscriversi
oltreconfine sin dal liceo, la
regola d'oro è sempre la
stessa: giocare d'anticipo.
Nella guida «Studiare
all'estero» tutti i consigli e le
regole da seguire, stilati con i
suggerimenti degli esperti in
mobilità delle università
italiane e delle principali
agenzie di consulenza agli
studenti, it timing per
presentare i dossier di
candidatura a scuote e
università straniere,
l'investimento da mettere a
preventivo.
www ilsole24ore.com/
studiare-estero
Mondo Universitario
Pagina 26
r' _:v...
Opportuno anche bilanciare i costi retributivi con l'onere formativo
Maggior dialogo tra imprese e scuola
Michele Tiraboschi
Indicato dal Legislatore come
la «modalità prevalente per l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro», l'apprendistato ancora non
decolla e non convince pienamente imprese e operatori.
Anche il sistema permanente
di monitoraggio delle politiche
del lavoro attivato dalla legge Fornero sembra confermarlo. Il recente rapporto del ministero del
Lavoro sul primo annodi attuazione dell a legge 92/2012 vede infatti
posizionarsi l'apprendistato come fanalino di coda tra le tipologie di accesso allavoro.
Esperti e addetti ai lavori si dividono sulle ragioni del mancato decollo dell'apprendistato. Incide, indubbiamente, il ciclo economico
negativo che vede i giovani trai più
penalizzati nell'accesso al lavoro.
Non secondari sono poi gli effetti
della riforma Fornero delle pensio-
Non sempre operatori
e consulenti sono pronti
a sfruttare in pieno
le possibilità offerte
dalle normative
ni che, nell'allungare l'età di permanenza al] avoro, ha ridotto ulteriormente le opportunità di accesso
peripiùgiovani.
Ancora tutta da valutare - ma
certamente dannosa anche solo alivello intuitivo- è poi la concorrenza dei tirocini che, sorprendentemente, nonvengono presi in considerazione dal rapporto di monitoraggio del Ministero. Vero è che i
tirocini, a differenza dell'apprendistato, non sono un contratto di lavoro. Eppure, dopo le linee-guida
Fornero, l'alternativa di un agile c anale di inserimento al lavoro come
lo stage, con durate lunghe fino a 12
mesi e mini compensi che oscillano tra i3oo e i 6oo giuro, rende meno conveniente, agli occhi di operatori e imprese, l'apprendistato ritenuto, a torno o aragione, più on eroso e di più complessa gestione.
Come giustamente rileva il Ministero, il drastico calo dell'apprendi
stato, particolarmente evidente nella fascia di età al di sotto dei19 anni,
non può non offrire lo spunto anche
per una riflessione sulla bontà dei
modelli di formazione in alternanza adottati dallenostre Regioni. Viene infatti da chiedersi se la domanda di lavoro in apprendistato sia correlata, in negativo, alla diversifica
zione su base regionale dellaformazione di base e trasversale.
Una recente ricerca Adapt (si
veda l'articolo sopra) pare tuttavia
indicare come quello della franlmentazione regionale sia,il più dellevolte, un alibi e che ilveroproblema sia ancora di tipo culturale e
progettuale nella messa a regime
settore per settore del sistema
dell'apprendistato in tutte le sue
modalità specie quelle che prevedono il raccordo tra scuola e lavoro secondo il noto modello duale
tedesco. Non è forse un caso che il
drastico calo di questa tipologia
contrattuale sia evidente in tutte le
Regioni, ma non nella provincia autonoma di Bolzano, dove l'apprendistato è riservato prevalentemente ai minorenni per l'accesso alla
qualifica e al diploma.
La ricercaAdapt mostra, in ogni
caso, che anche per l'apprendistato professionalizzante gli ostacoli
delle normative regionali siano
più apparenti che reali. Vero è,
semmai, che non sempre le imprese e i loro consulenti sono attrezzati a gestire internamente la formazione che, per funzionare, impone
non solo la presenza di maestri di
mestiere, progettisti e drafters di
piani formativi che ancora man cano, ma anche un moderno sistema
di relazioni industriali in grado di
dialogare con la scuola e l'università attraverso lametodologïa dell'alternanza prevedendo altresì costi
retributivi contenuti in ragione della rilevanza dell'onere formativo.
CE RI ER 01711 ZLONE RISERVATA
4h
Mondo Universitario
Pagina 27
oa//iao/iao///i o i ao/ ia ai ia ooyiao i a o aoi
io///ü iíoóooi iio iüfioiToioid/í//oolydi
Sono aperte le iscrizioni alle
selezioni per la nuova edizione del
master in Gestione delle Risorse
Umane organizzato da Stogea e in
partenza il 5 maggio 2014. Il master,
le cui lezioni si terranno in modalità
full time a Bologna dal 5 maggio al
30 giugno 2014, vuole creare professionisti delle human resources
dalle conoscenze e dalla mentalità
manageriali, capaci di garantire,
all'interno dell'azienda, l'efficacia
delle attività di formazione e sviluppo e di comprendere i legami tra
budget e competenze così da valorizzare al meglio il capitale umano
in termini economici. Gli studenti
impareranno a gestire il personale
dalla selezione e l'inserimento in
azienda fino alla cessazione del
rapporto di lavoro, verranno a conoscenza della disciplina normativa
ed amministrativa legata alla forza
lavoro e faranno propri gli strumenti informatici più utili e diffusi
nelle imprese. Al termine della fase
d'aula è previsto uno stage di 3-6
mesi garantito a tutti i partecipanti.
Per iscriversi e per avere ulteriori
informazioni, visitare il sito web
del master: www.stogea . com o contattare la scuola all'indirizzo email:
stogea@ stogea.com
C'è tempo fino al 7 febbraio 2014 per
iscriversi al Ridef 2.0 organizzato da
Politecnico di Milano. Il master, che
si svolgerà dal 10 marzo 2014 al 20
febbraio 2015, è un punto di riferimento formativo a livello nazionale
sull'efficienza energetica, le fonti rinnovabili e la generazione distribuita
avene come scopo quello di creare,
attraverso un approccio interdisciplinare, competenze specifiche in grado
di gestire la complessità del mondo
energetico. Il nuovo Ridef 2.0 avrà
moduli didattici comuni a tutti gli
iscritti dedicati a contesto, tecnologie, mercati e poliey, pianificazione
energetica territoriale e gestione dei
centri urbani, due percorsi in parallelo su generazione sostenibile
di energia, reti e mercati ed edifici
ad alte prestazioni e a energia
quasi a zero e due ulteriori moduli
a scelta su moaitata sostenibite ea
efficienza energetica nell'industria. Notevolmente incrementate
saranno le attività
di didattica non frontale, ovvero lavori di
gruppo, laboratori ed
esercitazioni guidate
in modo da offrire
una formazione il più
possibile vicina alle
problematiche che i
diplomati affronteranno nel mondo del
lavoro. Per iscriversi
e per avere maggiori
informazioni, consultare il sito iveb:
wivw.ridefit oppure scrivere all'indirizzo email: info@ridefit
Avrà inizio il 28 febbraio 2014
la seconda edizione del master in
Fisioterapia dello sport organizzato
a Roma da Istem (Istituto di studi
emotocognitivi) per la preparazione
teorico-pratica dei fisioterapisti. Si
tratta di un master non universitario rivolto a fisioterapisti professionisti, laureati in fisioterapia
e laureandi dei
corsi di laurea in
fisioterapia. Il master è organizzato
in modo che sia
prevalente la parte
di pratica, in cui si
potranno apprendere le tecniche
della riabilitazione, dell'educazione,
della rieducazione
e del bendaggio. In
relazioni alle disponibilità i fisioterapisti allievi potrebbero essere
inseriti in contesti sportivi per la
pratica a caldo. Peculiarità del corso
è lo stretto rapporto tra formazione
teorica, attività pratica, e attività
professionale. Gli allievi del master
saranno inseriti nelle
pagine dei fisioterapisti www. fisiopage.
com a tempo illimitato
senza oneri e saranno
indicati, per
un anno gratuitamente,
all'interno dei
professionisti
affiliati Ifi. In
questo modo,
gli allievi del
master di fisioterapia sportiva potranno usufruire anche di un piano
di marketing per lo sviluppo della
libera professione di fisioterapista.
Per iscriversi e per avere maggiori
informazioni, consultare il sito web:
iv w w. masterfisioterapia. it
terrà a Firenze, avrà una durata di
120 ore per un totale di 15 incontri al
sabato e si pone come
obiettivo quello di rispondere all'esigenza
di aziende di grandi
dimensioni, ma anche
piccole e medie, che
manifestano sempre
di più la necessità di
avere al proprio interno un'organizzazione
sistemica, affidabile e
sicura. Infatti, a seguito delle diposizioni del
testo unico in materia di tutela della
salute e della sicurezza nei luoghi di
lavoro e i programmi di prevenzione
(dlgs 231101) tutte le organizzazioni devono affrontare efficacemente
le incertezze e i conseguenti rischi.
Questa esigenza richiede l'inserimento di figure qualificate che
abbiano nuove conoscenze e nuovi
strumenti digestione della sicurezza
in ambiente lavorativo, professionisti con padronanze delle norme,
della tecnica e dei sistemi digestione
della sicurezza nei luoghi di lavoro,
tecnici che sappiano impostare interventi strutturali ed organizzativi
di riduzione dei rischi attraverso
valutazioni di macchine, impianti,
attrezzature ed aspetti legati ad
esposizioni ad agenti chimici, fisici
e biologici. Per iscriversi e per avere
più informazioni, consultare il sito
web: www.quec.net
'e il sito rvPb :
master di fi
ffl.
Avrà inizio il 28 febbraio 2014
il master in Safety management
organizzato da Quec. Il corso, che si
Mondo Universitario
Pagina 28
Borse di studio per i corsi ]Cd
Desing, un aiuto
ai giovani talenti
è tempo fino al 7
febbraio per partecipare a "We
like talents", progetto ideato da Ied che mette a disposizione 23 borse di
studio per i migliori talenti
delle nuove generazioni di
designer. Per sostenere la
formazione alla cultura del
ro. Ogni percorso formativo
si sviluppa attraverso lezioni
in aula tenute da esperti e
professionisti del settore, interventi di visiting professor,
progettazioni in collaborazione con aziende o enti esterni.
Per tutti gli studenti, a fine
corso, Ied mette a disposizione i servizi dei propri uffici
progetto, allo sviluppo e alla realizzazione delle proprie idee
dei giovani talenti,
Ied punta infatti a
valorizzarli coprendo
le spese della partecipazione ai master
in design, moda, visual communication
e management in
partenza da marzo
2014 nelle sei sedi
italiane. Si tratta
di corsi rivolti a neolaureati, diplomati in scuole private a livello universitario
e professionisti del settore,
articolati secondo percorsi
flessibili pensati per rispondere alla complessità e alla
continua mutazione ed evoluzione del mercato del lavo-
Mondo Universitario
di stage e partnership. Per
partecipare alla selezione è
necessario inviare un curriculum vitae e una lettera motivazionale che spieghi perché
si vuole frequentare il master.
Le candidature dovranno essere inviate all'indirizzo [email protected].
Pagina 29
Con una scuola efficiente
40% di disoccupati in meno
LA RICERCA
ROMA In Italia il 40% della disoccupazione giovanile è imputabile
al difficile rapporto tra scuola e
mondo del lavoro. Basti pensare
che nel 47% dei casi le aziende
del nostro Paese ritengono che le
carenze formative dei giovani abbiano un impatto negativo sulla
loro attività. Il quadro emerge da
una ricerca curata da McKinsey.
Si evince da questo studio come
le cause del problema della disoccupazione giovanile, tra i 15 e i 29
anni, siano solo in parte riconducibili alla recente crisi economica. Al contrario, il fenomeno è radicato in Italia da lungo tempo ed
ha natura strutturale: negli ultimi vent'anni, infatti, la probabilità per un giovane sotto i 30 anni
di essere disoccupato è risultata
essere stabilmente 3,5 volte superiore alla popolazione adulta (la
media europea si attesta a 2).
«La componente strutturale spiegano i ricercatori - rappresenta circa il 40% del tasso di disoccupazione giovanile complessivo (oggi al 28% tra gli under 30)
e affonda le sue radici nel disallineamento tra capitale umano formato dal sistema educativo e necessità attuali e prospettiche del
sistema economico del Paese».
Tra le cause principali all'origine
della difficile transizione dei giovani dalla scuola al mondo del lavoro viene indicato lo «sbilancia-
mento quantitativo tra domanda
delle imprese e scelte dei giovani»: molte posizioni restano vacanti a causa dei pochi candidati
disponibili , in quanto troppi giovani italiani non avrebbero «piena consapevolezza delle implicazioni lavorative di tali scelte».
IL GAP
Basti pensare che solo il 38% degli studenti intervistati conosce
le opportunità occupazionali offerte dai vari percorsi scolastici.
Il risultato è un «disallineamento
tra domanda e offerta, evidente
in particolare per i diplomati tecnici e professionali». Il gap domanda-offerta si riscontra anche
nella scelta del percorso universitario: meno del 30% degli universitari sceglie l'indirizzo di studi
sulla base degli sbocchi occupazionali. Dalla ricerca emerge,
inoltre, la «carenza di competenze adeguate ai bisogni del sistema economico». Solo il 42% delle
imprese italiane ritiene che i giovani che entrano per la prima
volta nel mondo del lavoro abbiano una preparazione adeguata.
Nel 47% dei casi (rispetto a una
media europea del 33% e al 18%
del Regno Unito), le aziende del
nostro Paese ritengono che queste carenze abbiano un impatto
negativo sulla loro attività.
In particolare, lamentano un
deficit di competenze generali non solo la padronanza delle lingue straniere e della matematica
di base, ma anche capacità analitiche, intraprendenza e autonomia, etica e deontologia professionale - e di esperienza pratica.
A tal proposito, in Italia stage e tirocini hanno una durata inferiore a un mese in quasi il 50% dei
casi nella scuola superiore e in
circa il 30% dei casi all'università.
CO RIPRODUZIC NE RISERVATA
Mondo Universitario
Pagina 30
Gensignia, Intercept e gli altri
dietro le scintille al Nasdaq
la scienza e la ricerca italiane
SEMPRE PIÙ SPESSO, LA
QUALITÀ E L'INNOVAZIONE
DEGLI STUDI CONDOTTI
NELLE NOSTRE UNIVERSITÀ SI
TRADUCE IN OCCASIONI DI
BUSINESS MILIARDIARI.
I GRUPPI INTERNAZIONALI
PICCOLI E GRANDI RENDONO
SUCCESSI INDUSTRIALI LE
INTUIZIONI DEI RICERCATORI
Eugenio Occorsio
L a so cietàbiotech anglo-americana Gensignia comincerà
alla fine di quest'anno a vendere
negli Stati Uniti un kit per l'esame
del sangue finalizzato alla diagnosi tumorale, e gli studi internazionali in materia lasciano prevedere
un sicuro successo tanto che già in
aprile si quoterà sulla borsa britan nica. L'americana Intercept, anch'essabiotecnologica, èschizzata
al Nasdaq da 70 a 450 dollari in un
solo giorno (10 gennaio), superan do i 6 miliardi di capitalizzazione,
perché il Nih (National Institute of
Health), la più importate agenzia
governativa eli ricerca americana,
ha proclamato una molecola brevettata dalla stessa Intercept come
valida per creare l'atteso farmaco
contro il cosiddetto "fegato grasso
Cos'hanno in comune queste
notizie che hanno conquistato le
prime pagine nei giorni scorsi, e le
tante simili che le hanno precedute? IIfatto che laricerca di base, l'invenzione che hareso possibili questi sviluppi, sarà valorizzata da
gruppi internazionali ma è stata
concepita e realizzata in Italia. Per
di più in strutture pubbliche: rispettivamente l'Istituto dei Tumori di Milano e l'Università di Perugia. Due casi, e ce ne sono molti altri, in cui laricercad'eccellenzaitaliana è riconosciuta a livello globale come affidabile, prestigiosa, ineguagliabile. I ricercatori italiani fisici, chimici, biologi, medici, matematici - camminan o a testa alta
nei consessi internazionali, trattati con rispetto e ammirazione, e
creano occasioni di business globale che avvantaggiano l'intero
Paese: gli istituti ri cevono finan ziamenti internazionali e possono assumere giovani laureati, le start-up
acquisiscono mercati e quindi ragion d'essere, lo spirito imprendi-
Mondo Universitario
toriale-scientifico è premiato. «E
come un bel sogno, dobbiamo essere orgogliosi dell'Italia», commenta Gabriele Cerrone, fondatore di Gensignia, che ha messo a segno cinque successi consecutivi
con le aziende controllate dall'incubatore Biovitas. E Francesco Micheli, anch'egli con un cospicuo
track record sui mercati globali,
azionista di maggioranza di Intercept attraverso la holding Genextra, spiega: «Non è come la moda o
il design, dove siamo riconosciuti
al vertice ma solo per un guizzo artistico. Qui c'è qualcosa di più: una
moltitudine di scienziati, molti dei
qualigiovani, che si dedica animae
corpo alla ricerca per anni, vi impegna tutte le energie e alla fine si
vede premiata in un contesto globale ipercompetitivo. C'è da chiedersicome siapossibile questomiracolo in un Paese dalla classe dirigente così inadeguata e dalla costante mortificazione della ricerca
scientifica, alla quale è destinato
ormai meno dell' 1% del Pil, tre volte meno della quota di Usa o Giappone dove perdi più il prodotto lordo è ben maggiore».
Cerrone e Micheli sono italiani,
ma è un caso. Come azionisti di
gruppi internazionali potrebbero
rivolgersi ovunque per la ricerca,
invece scommettono sull'Italia e i
fatti danno loro ragione. Qualche
dettaglio sulle due storie iniziali,
cominciando dalla Gensignia.
«Abbiamo messo a punto un test
diagnostico molecolare abassainvasività che valutai livelli di 24 microRna circolanti nel sangue deifumatori e indica la presenza di cancro con due annidi anticipo ri spetta alla Tac», spiega Gabriella Sozzi,
direttore della genetica all'Istituto
dei tumori di Milano. «Si può ipotizzare uno screening sistematico
peri grandi fumatori come avviene
per il tumore al seno, all'utero, alla
prostata». Lo studio, pubblicato all'inizio digennaio daljournal ofclinical oncology, è stato cofinanziato
dall'Airc con i fondi dell'otto per
mille e appunto dalla biotech Gen-
signiadi Cerrone, che entrò in contatto con l'Istituto milanese tre anni fa. Racconta lui stesso: «Avevo
letto un primo lavoro della professoressa Sozzi sul Proceedings of the
national academy of sciences e ho
chiamato al centralino l'Istituto.
Mi ha risposto proprio lei. Ora stiamo approntando i laboratori di
produzione aSan Diego, in California, per avviare le vendite». Gli investimenti di Cerrone proseguono: «Nella diagnostica molecolare
c'è una fitta serie di ricerche d'eccellenza in vari istituti italiani». Fra
i progetti in piedi, uno dei più promettenti èAma Therapeuticsp er la
lotta alla leucemia acuta, basata
sugli studi di Brunangelo Falini,
primario dell'ospedale di Perugia,
e di Roberto Pellicciari, docente di
chimica farmaceutica sempre a
Perugia con una riconosciuta
esperienza internazionale. Un vero dream team del biotech.
Quanto ad Intercept, è l'ultimo
capitolo dell'avventura nel biotech di Micheli iniziata otto anni fa:
«E stato Umberto Veronesi araccomandarmi di investire in questo
settore nascente, e da allora abbiamo ci siamo impegnati massicciamente con mio figlio Carlo nella
consapevolezza che la ricerca italiana merita d'essere valorizzata».
Fra le due vicende c'è un trait-d'union, il professor Pellicciari di Perugia, il quale spiega: 41 nostro
gruppo di ricercahain corsolo studio per conto della Intercept che è
stato alla base del boom in Borsa.
Accade che all'Università stiamo
preparando coni finanziamenti di
Intercept un farmaco contro una
malattiarara, laprimarybiliarycirrosis. Siamo alla fase 3, i risultati
preliminari sono buoni ma non
facciamo nessun annuncio per
prudenza. All'improv iso l'americano Nih dichiara che proprio questa molecola è valida perla steatoepatite non alcolica, il "fegato grasso", malattia che rara non è perché
in America, riguarda il 12% della
popolazione». Fin qui i fatti. «Ora
vedremo come procedere», dice
Pellicciari. Che nel frattempo, e qui
si uniscono le vicende, è impegnato oltre all'Università anche con la
start-upTes Pharma, con cuihacofondato la Ama Therapeutics proprio con il gruppo di Cerrone.
CommentaMassimo Scaccabarozzi, presidente della Farmindustria: «Si parlatanto di fuga dei cervelli, maperfortunacene sonotanti che restano e rendono grande la
nostra ricerca, com'è confermato
dal fatto che la sola industria farmaceuticainveste ogni anno in Italia 2,6 miliardi, dei quali 1,4 in ricerca di produzione e 1,2 in ricerca
clinica scientifica in collaborazione con ospedali e università». Così,
l' american a Eli Lilly ha inaugurato
nel giugno 2013 a Catania un laboratorio di ricerca presso l'Univer-
Pagina 31
sità etnea, in collaborazione con la
Sapienza di Roma. Il primo programma che vi è ospitato riguarda
i biomarcatori per la diagnosi dell'osteoporosi: «Ma vorremmo capitalizzare la competenza scientifica del mondo accademico italiano per instaurare un rapporto di
partnership continua fra il laboratorio di Catania e il nostro centro di
ricerche di Indianapolis», conimenta Patrik Jonsson, manager di
Eli Lilly Italia. Altro caso, la Novartis ha fatto di Sienail centro del suo
mari-programma sulla reverse
vaccinologymessa a punto daRino
Rappuoli in collaborazione con
Craig Venter. Grazie a questa tecnologia la multinazionale svizzera
ha sviluppato nei laboratori del
Centro ricerche della città toscan a
ilprimovaccino adampiacopertura contro ilmeningococco B. «Causaunadimalattiagravissima, spesso letale, detta appunto MenB, che
colpisce soprattutto i bambini»,
conferma lo stesso Rappuoli. La
Novartis hamesso in produzione il
vaccino nello stabilimenti diRosia,
sempre vicino Siena, e ha cominciato a dargli una distribuzione
globale.
Non è solo nel farmaceutico il
primato italian o nella ricerca. Ormai non ci stupiamo più, ad esempio, peri successi made in Italy del
Cero di Ginevra: è della settimana
scorsala notiziache è stato prodotto e "ingabbiato" unfascio di atomi
di anti-idrogeno quale risultato
dell'esperimento Asacusa coordinato da Luca Venturelli, ricercatore dell'Università di Brescia e dell'Istitutonazionale difisicanucleare. Lo stesso Infn ha finnato il 15
gennaio un accordo con la Caen,
una società di componentisticainternazionale, per la fornitura di
componenti elettroniche di rilevazione dati: «E una conferma dell'importanza dello scambio tra le
conoscenze e le idee nate in seno
alla ricerca fondamentale e le possibilità di sviluppo e di implementazione tecnologica offerte dall'industria», commenta Marcello Givoletti, che della Caen è presidente. E poi c'è il vasto campo dell'informatica: «Nel solo 2013 abbiamo registrato per conto della
corporation dal laboratorio di Roma, dove lavorano 500 ricercatori
tutti italiani, ben 76 brevetti nei settori del mobile management, dei
server device, del cloud», racconta
Alea Don atelli, distinguished engineerdell'Ibm, uno dei responsabili a livello mondiale dello sviluppo
software del grande groppo americano. «Pernoi è fondamentale l'innovazione, e come laboratorio italiano siamo al centro di una serie di
progetti che coinvolgono tutti gli
altri centri ricerca dell'Ibm, dal
Brasile alla Polonia », aggiunge Luigi Pichetti , senior technical staff
member degli stessi laboratori. «Io
sono sempre in giro per l'Italia ad
incontrare i ricercatori delle università e sentire le loro idee. E fondamentale per un gruppo come
l'Ibm avere il polso diretto della ricerca per valutare quali prodotti
sono realizzabili ed essere i primi
ad acquisirne la titolarità. Tutto
questo è possibile per l'altissimo livello della ricerca italiana».
RIPRODUZIONE RISERVA rA
GLI INCOBATORI B10TECNOLOGI
I
DA
Terapie
oncologiche
personalizzate
CONCERIA
Piattaforma
mPTP
mitocondriale
INTERCEPT
Pharmace lcals
TETARS
Piattaforma
diagnostica
nanotecnologie
SINEROY
Phammceutie, ls
Farmaco
per stitichezza cronica
per tumori
ai polmoni
R
Farmaci
contro
'fuoco di S.Antanio'
ERPDEL
Terapie
mediate
eritrociti
Terapie contro
gli acidi biliari
RENSIGHIA
Esame dei sangue
ARMA
TRERAPEDTICS
PRARMA
Farmaci contro
leucemia acuta
Farmaco contro
tumore al seno
TßOYAINENE
INNIRREX
Diagnostica
Società antivirale
e monitoraggio tumori venduta alla Bristol-Myers
tramite urine
nel 2012
INTERCEPT IN BORSA
Dollari al Nasdaq
400
350
300
250
200
w
EE
m
0.
'13
Mar.
Mag .
Lug.
Set.
Nov.
Gen.114
II boom senza
precedenti di
Intercept al
Nasdaq: dietro
lo sbalorditivo
incremento di
valore c'è la
conferma da
parte
americana che
una sua
molecola potrà
essere usata
per farmaci ad
alta diffusione,
una volta
completate
tutte le
procedure per
industrializ-zarla
Qui sopra,
Gabriele
Cerrone (1) e
Francesco
Michela (2),
due dei
maggiori
investitori
nel biotech
accomunati
dalla volontà
di valorizzare
la ricerca
italiana; Rino
Rappuoli (3),
a capo della
ricerca
Novartis di
Siena, all'avanguardia nei
vaccini, e
Massimo
Scaccabarozzi,
presidente
della
Farmindustria
(4)
Mondo Universitario
Pagina 32
M
NO,
#ï!
4
á>""11,
%i
Dai vaccini
fatti a Siena
dalla Novartis
ai farmaci per
l'osteoporosi
creati a
Catania dalla
Eli Lllly, la
ricerca italiana
è essenziale
per le grandi
multinazionali
Mondo Universitario
Pagina 33
Tunisia, passa per l'hi-tech
la riscossa economica.
ecco la vera primavera
SONO GIA DIECI I PARCHI
TECNOLOGICI IN TUTTE LE
REGIONI DEL PAESE, MA ALTRI
SONO IN COSTRUZIONE: UN
FERMENTO DI IDEE E DI
INNOVAZIONE SPINTO DA UNA
POPOLAZIONE GIOVANE
E MOLTO PREPARATA
Silvia Maria Busetti
Tunisi
lungo il camino verso l'auspicata stabilità, ma la Tunisia si
muove lungo due direttrici: politica
(pochi giorni fa è stata approvata la
nuova Costituzione che per la prima
volta prevede l'assoluta parità fra uomo e donna) ed economica. In quest'ultimo campo, ilruolo diprimo piano è dedicato agli investimenti in tecnologia, dai computer ai software più
sofisticati. Sono per la maggior parte
tecnologiche le 500 aziende privatizzate negli ultimi due anni (con un aumento salariale a livello nazionale del
6%), e il nuovo codice d'investimento
consente più libertà alle imprese, trattamenti equi, garanzie sugli investimenti, trasparenza, semplificazione
delle procedure. «Per incentivare lo
sviluppo - dice Nourredine Zekri, direttore del Fipa (Foreign Investment
Promotion Agency) - incoraggiamo
gli investimenti e le partneship con le
aziende straniere nelle telecomuni-
E
cazioni, nell'information technology,
nell'elettronica, nelle energie rinnovabili».
Oggi le aziende straniere sono
3006, impiegano 332.617 persone ed
esportano peri190%D. ADavos, l'indice
di competitività "Ease of doing business", ha classificato la Tunisia 50ma
su 184 paesi (l'Italiaè molto più inbasso), grazie alla velocità nell'attivare
aziende, aicostiridotti, allasemplicità
delle procedure. «Con l'one stop shop
- dice con orgoglio Zekri - consentiamo agli investitori stranieri di aprire
un'attività in 24 ore». Un'azienda che
esporta il100%D del suo prodotto non
paga tasse per dieci anni e dall' 11° pagail10%D. Seun'aziendaesportal'80%,
paga le tasse solo sul20%D. E chi assume un neolaureato non paga tasse sul
suo stipendio per un anno mentre lo
stato si assume gli oneri di training. «Il
problema in Tunisia - spiega il ministro delle Finanze, Elyes Fakhfakh - è
l'alto numero di laureati senza lavoro.
La Tunisia ha sempre investito molto
nell'istruzione: oggi il6%D del Pil, più
della quota raccomandata dall'Ocse
del 5,7%. Ogni anno ci sono circa
70.000 nuovi laureati in ingegneria,
informatica, comunicazione e facoltà
tecniche: perciò investiamo nello sviluppo di centri politecnologici che
possano assorbire la forza locale e favorire lo sviluppo di idee innovative».
Nel Centro politecnologico di
Sousse si svolgono attività di ricerca e
sviluppo, business support e attività
di coaching dedicate a progetti innovativi in elettronica, meccanica e
software. Nel tecnopark, dove l'80%
degli ingegneri che si laureano trova
subito lavoro, c'è un centro per lo sviluppo di nanotecnologie, 3 laboratori
per materiali avanzati e presto verrà
iniziata la costruzione del Crt (Centro
ricerche tecnologiche) perfareprototipi per l'elettronica. A Sousse le imprese vengono assistite per i finanziamenti, lo sviluppo dei progetti, lo studio dei mercati. Per 18 euro al mese, il
centro mette a disposizione uffici, servizio di segreteria, Intemet, telefono,
purché l'azienda sia nuova, abbia un
progetto innovativo, lavori in ambito
compatibile con l'ingegneria e sia
specializzatainmeccatronica o informatica applicata. Sono in corso progetti nella robotica, nel reverse engeneering, nel trasferimento di elettronica. Il primo brevetto registrato a
Sousse è un Drone, l'AE-13, che può
volare fino a 50 metri di altezza. Sono
10 i parchi tecnologici distribuiti in
tutte le regioni della Tunisia e due sono in costruzione così come 15 cyberparks specializzatiin communication
technologies . NelCentro politecnologico di Elgazala, anch'esso It-oriented, si ricerca la sinergia tra ricerca,
training e business . In un incubatore
vengono selezionati progetti nel settore It per aiutare lo sviluppo delle
idee innovative . Qui troviamo la
Project AO: una start up formata da 4
giovanissimi ragazzi che hanno sviluppato un prototipo di time tracking
percloud , "Tempo". Conquest'applicazione, il datore di lavoro può monitorare il tempo speso dai dipendenti
su ciascun software aziendale. I 4 ragazzi si stanno autofinanziando ma
presto , attraverso il centro di Elgazala,
cercheranno sponsor, fondi, private
equities, i cosiddetti business angels,
per trovare i200.000 euro di cui hanno
bisogno per realizzare il loro sogno.
O RIPRODUZIONE RISERVATA
Nella foto,
un laboratorio
di ricerca
informatica a
Tunisi: l'hi-tech
è il settore
prescelto dal
governo per
rilanciare
l'economia
del Paese
Mondo Universitario
Pagina 34
GENI DIGITALI
Un'etica per ridisegnare la vita
La biologia sintetica e una disciplina giovane
e ambiziosa che va maneggiata con saggezza.
Il genetista che ne e stato il pioniere
sgombra il campo da timori e pregiudizi
di Craig Venter
La biologia sintetica può aiutarci a risolvere diverse sfide chiave che il pianeta e la sua popolazione si trovano a dover affrontare, come quelle della sicurezza alimentare, della sostenibilità energetica e della salute. Col tempo, le ricerche potrebbero condurre allo sviluppo di nuovi prodotti in grado di generare
energia pulita e contribuire alla riduzione
dell'inquinamento, di aiutarci a far crescere
raccolti su terreni più marginali e di fornirci
prodotti agricoli più accessibili a tutti, oltre
a vaccini e altre medicine. Qualcuno ha anche avanzato delle congetture intorno alla
possibilità che delle proteine intelligenti o
delle cellule programmate si autoassemblino nei punti colpiti da una malattia per riparare i danni.
Certo, queste potenzialità in apparenza illimitate sollevano anche molte domande inquietanti, non ultimo perché la biologia sintetica libera la progettazione degli organismi viventi dalle catene dell'evoluzione e
spalanca nuove prospettive per la vita. È di
cruciale importanza che investiamo per rafforzare le tecnologie, la scienza, l'educazione e le politiche al fine di assicurare che la
biologia sintetica possa svilupparsi in mo-
«La mia grande preoccupazione
non è l'abuso di tecnologia
ma la possibilità che non venga
usata affatto rinunciando così
a una straordinaria opportunità»
Mondo Universitario
do sicuro ed efficiente. È necessario promuovere le occasioni di dibattito pubblico e
di discussione intorno a questi temi, invitando anche i profani a occuparsi delle questioni rilevanti. Spero che, nel suo piccolo, questo libro possa aiutare i lettori a rendersi
conto dello spettro dei recenti sviluppi. La
sicurezza, com'è ovvio, è di capitale importanza. La buona notizia è che, grazie a
un dibattito risalente alla conferenza di
Asilomar, sono già state introdotte solide
regolamentazioni per l'uso sicuro della
biotecnologia e della tecnologia del Dna
ricombinante.
Tuttavia, dobbiamo restare vigili e non
abbassare mai la guardia: negli anni a venire, potrebbe essere difficile identificare le
cose per cui preoccuparsi se non assomigliano a nulla di ciò che abbiamo finora incontrato, il quadro politico, sociale e scientifico
continua a evolversi ed è cambiato molto
dai tempi di Asilomar. La biologia sintetica
si basa anche sulle competenze di scienziati
con poca esperienza nel campo della biologia, come i matematici e gli ingegneri elettronici. Come emerge dagli sforzi dei giovani biologi sintetici dell'iGem, questo campo
di studio non è più esclusivo appannaggio
di scienziati anziani altamente qualificati.
La democratizzazione della conoscenza e
l'ascesa della «biologia open source»; la fondazione di una struttura per la progettazione e la costruzione biologica, la Biofab, in
California; e la disponibilità di versioni accessibili di strumenti chiave di laboratorio,
come il metodo Pcr per la copiatura del Dna,
fanno sì che sia più facile per chiunque mettersi a giocare con il software della vita (compresi coloro che non fanno parte delle normali reti di laboratori universitari, commerciali e governativi e non sono stati formati
alla cultura della responsabilità e della biosicurezza). Ci sono inoltre dei «biohacker»
che vogliono sperimentare in piena libertà
con il software della vita.
Il matematico e fisico teorico Freeman
Dyson ha già ipotizzato che cosa accadrebbe se gli strumenti per le modificazioni genetiche diventassero largamente accessibili sotto forma di biotecnologia casalinga:
«Ci saranno dei kit fai da te per giardinieri
che useranno l'ingegneria genetica per crescere nuove varietà di rose e orchidee, e kit
destinati agli amanti di colombi, pappagalli, lucertole e serpenti per permettere loro di
allevare questi animali. Anche gli allevatori
di cani e gatti avranno i loro kit».
Molti temono che questa tecnologia cada
nelle «mani sbagliate». Gli eventi dell'ii settembre 2001, i successivi attentati con l'antrace e la minaccia delle influenze pandemiche H1N1 e H7N9 hanno contribuito a rendere evidente la necessità di prendere sul serio queste preoccupazioni. Man mano che
la tecnologia matura e diventa più accessibile, il bioterrorismo si fa sempre più probabile. Tuttavia, non è facile sintetizzare un virus (e tantomeno uno virulento o infettivo)
o crearlo in una forma che possa poi essere
concretamente usata come arma. Inoltre,
com'è dimostrato dalla straordinaria velocità con cui oggi possiamo sequenziare un
agente patogeno, grazie a questa stessa tecnologia sarebbe anche più semplice contrastare l'attacco creando nuovi vaccini. Per
me un motivo di preoccupazione è dato dalla possibilità che si verifichi un «bioerrore»:
dalle conseguenze, cioè, che si potrebbero
avere in seguito alla manipolazione del Dna
da parte di un «biohacker» o di un «biopunk» che non abbia alle spalle un'adeguata formazione scientifica. Via via che la tecnologia si diffonde e i rischi aumentano, anche la nozione di «danno» cambia, così come la nostra visione di ciò che intendiamo
per «ambiente naturale» muta man mano
che le attività umane alterano il clima trasformando di conseguenza il mondo. In modo simile le creature che non sono «normali» tendono a essere viste come mostri, come il prodotto di un abuso di potere e di responsabilità, un'idea che trova la sua rappresentazione più vivida nella storia di
Frankenstein. Tuttavia, è importante mantenere il senso dell'equilibrio: nonostante
le istintive richieste di regolamentazioni
sempre più pesanti e di misure di controllo
in linea con il «principio di precauzione»
(qualunque cosa si intenda con tale abusata
espressione), non dobbiamo perdere di vista che questa tecnologia ha la straordinaria potenzialità di arrecare al mondo tutta
serie di benefici positivi. Non sono il solo a
credere che, in questo campo, un'eccessiva
regolamentazione potrebbe essere altrettanto dannosa di un atteggiamento lassista.
Uno dei problemi che si ritrova di fronte
chiunque getti uno sguardo critico sullabiologia sintetica è che questo campo si sta evol-
Pagina 35
vendo in modo rapidissimo: per questa ragione le valutazioni della tecnologia andrebbero continuamente rivedute e dovremmo
essere pronti a introdurre nuove misure di
controllo e di sicurezza non appena se ne
presentasse la necessità. Riconoscendo
che, se vogliamo che la democrazia funzioni davvero, è necessario che la società possa
comprendere la visione dei biologi sintetici,
il rapporto della Commissione presidenziale per lo studio delle questioni bioetiche,
New Directions: The Ethics of Synthetic Bíology and Emergíng Technologíes chiedeva
inoltre un impegno di carattere scientifico, religioso e civile, la formazione del pubblico e lo scambio di vedute sulle promesse
e sui pericoli di questa tecnologia, evitando il ricorso, da parte di blogger e giornalisti, al facile sensazionalismo (le critiche trite e ritrite sul «giocare a fare Dio»), alla divulgazione di informazioni parziali e alle
distorsioni.
Sono io stesso il primo a dire che dobbiamo lavorare sodo, ascoltare con attenzione
Mondo Universitario
il pubblico e rimanere vigilanti al fine di guadagnarci la fiducia della gente. Ci saranno
sempre dei luddisti convinti che non dovremmo assolutamente percorrere questa
strada, che faremmo meglio ad abbandonare i nostri sforzi di creare la vita sintetica e a
voltare le spalle a questa «tecnologia distruttiva». Nel 1964 Isaac Asimov fece una saggia
osservazione sull'ascesa dei robot che si potrebbe ugualmente applicare all'ascesa della vita riprogettata: «La conoscenza ha i
suoi pericoli, è vero, ma la risposta dev'essere per forza un ritrarsi da essa? O non è forse meglio usare la conoscenza stessa come
una barriera ai pericoli da essa portati?
Avendo in mente queste domande, nel 1940
iniziai a scrivere io stesso dei racconti sui
robot, ma si trattava di storie di tutt'altro genere. Non sarebbe mai e poi mai capitato
che uno dei miei robot si rivoltasse stupidamente contro il suo creatore con l'unico scopo di offrici un ennesimo, noioso esempio
del delitto e del castigo di Faust».
La mia più grande paura non è l'abuso della tecnologia ma la possibilità che non venga usata affatto, rinunciando così a una straordinaria opportunità proprio in un momento in cui stiamo sovrappopolando il nostro pianeta e stiamo trasformando per sempre l'ambiente. Se abbandoniamo una tecnologia, abbandoniamo anche la possibilità di usarla per salvare e migliorare le vite
umane. Le conseguenze dell'inazione possono essere più pericolose di un uso improprio. Posso prevedere che nei decenni a venire assisteremo a molti sensazionali sviluppi di tangibile valore, sotto forma, per esempio, di coltivazioni resistenti alla siccità, capaci di tollerare le malattie e di prosperare
in ambienti desolati, in grado di fornirci
nuove, ricche fonti di proteine e di altre sostanze nutritive, o che potranno essere
sfruttate per la purificazione dell'acqua nelle regioni aride e dal clima aspro. Posso immaginare che verranno progettate semplici
forme di animali che ci forniranno nuove
fonti di sostanze nutritive e farmaceutiche,
e che verranno create delle cellule staminali
personalizzate per rigenerare un corpo vecchio, malato o danneggiato. E ci saranno
nuovi modi anche per potenziare il corpo
umano, per esempio incrementandone l'intelligenza, o adattandolo a nuovi ambienti
come i livelli di radiazioni incontrati nello
spazio, o ringiovanendo i suoi tessuti muscolari ormai logori e così via.
Restiamo concentrati sui problemi globali che toccano l'umanità. Oggi ci sono molte
questioni serie che minacciano il nostro fragile e sovrappopolato mondo, un mondo
che presto ospiterà nove miliardi di persone e dove diverse risorse fondamentali - come il cibo, l'acqua e l'energia - si stanno
esaurendo, un mondo che è perseguitato
dallo spettro di imprevedibili e devastanti
cambiamenti climatici.
Pagina 36
Pioggia di dati
a cielo aperto
Dopo Galileo, la politica
europea dello spazio
lancia Copernicus,
che genererà 2omila
nuovi posti di lavoro
di Giovanni Sylos Labini
In genere, come insegna la favola,
l'avidità è una pessima consigliera, ricordiamo tutti che stanco di aspettare
un uovo d'oro ogni giorno, il contadino
pensando che l'oca ne fosse piena, la uccise, non trovò nessun uovo, e perse disperato la sua fonte di sostentamento.
Questa favola viene portata ad esempio in un recente studio dell'associazione europea delle imprese di osservazione della terra Earsc (www.earsc.org) per
sostenere l'importanza di una politica
aperta e gratuita nella distribuzione dei
dati delle missioni spaziali finanziate
con i soldi dei cittadini europei.
a loro volta genereranno benessere per i
cittadini e tasse per i governi.
I BENEFICI DIRETTI E INDIRETTI
Questo tema vero per tutti i Psi (public service information), è estremamente importante per i dati di osservazione della
terra. Nei prossimi mesi, con il contributo dell'Ue e dell'Agenzia spaziale europea, verrà lanciata in orbita la prima "sentinella", cioè il primo satellite che servirà
il programma europeo Copernicus. Questo programma spaziale è il secondo frutto della politica europea dello spazio dopo Galileo, e rappresenterà, se ben utilizzato, un importante strumento per aumentare la sicurezza ambientale, le politiche di sviluppo sostenibile, ma anche lo
sviluppo di una nuova economia basata
sull'uso di questi dati. Uno studio della
Commissione europea ha stabilito che
nei prossimi 15 anni Copernicus genererà
oltre 2omila nuovi posti di lavoro diretti,
rispetto agli attuali mila occupati del settore, soprattutto nel settore "down stream", cioè il settore di utilizzo e creazione
di applicazioni dei dati di osservazione
della terra, largamente presidiato da
Pmi. Ma il beneficio indiretto offerto
dall'integrazione di questi dati con altre
informazioni (catasti, dati meteorologici,
informazioni sul traffico) creerà oltre
8omila nuovi posti in settori collaterali.
Bisogna aggiungere che i dati delle Sentinelle saranno acquisiti su tutto il globo,
ponendo in una posizione di vantaggio le
industrie europee che da anni lavorano
alla definizione di processi e sistemi efficaci per la loro elaborazione.
Ma perché questo accada è importante
che i dati siano all'origine gratuiti, riproducibili e accessibili, per non spezzare la
catena virtuosa del valore dei dati.
Esistono ormai molti esempi della validità di questo approccio, ad esempio nel
2011 gli Usa hanno deciso di rendere disponibili gratuitamente e sulla base di
una politica aperta, i dati della missione
Landsat. Questo ha consentito all'ente
incaricato della distribuzione dei dati,
l'Usgs, di fare consistenti economie
sulle strutture di fatturazione e pagamento, mentre il cambio della politica
dei dati, solo nella pubblica amministrazione ha consentito economie di oltre
20o milioni di dollari l'anno.
L'OCA DALLE UOVA D'ORO
Negli anni Novanta si era diffusa la convinzione che le amministrazioni pubbliche fossero sedute su una miniera d'oro. I
dati e le informazioni che venivano generati nell'assolvere i loro compiti potevano
essere rivenduti agli utenti per ridurre la
necessità di sovvenzioni e anzi diventare
centri di profitto.
Insomma come il contadino della
storia dell'oca dalle uova d'oro, ogni
giorno potevano cogliere denaro con
modesti costi aggiuntivi dalla loro attività istituzionale.
Così come il contadino della favola i governi e le agenzie governative si innamorarono tanto di questa idea da rendere a
pagamento anche informazioni prima
gratuite, quasi uccidendo l'oca!
Già alla fine degli anni Novanta ci si rese conto che questa politica lungi dal moltiplicare il valore dei dati lo distrugge, scoraggia il loro utilizzo, aumenta i costi della loro gestione, e cosa più che mai importante ai giorni nostri, impedisce la nascita di imprese innovative che da questi dati possono creare attività di successo, che
Mondo Universitario
Il video di Sentinel-i, il primo satellite
costruito appositamente per l'ambizioso
programma europeo Copernicus di
monitoraggio ambientale che offrirà una
serie di servizi informativi fondamentali
per una miriade di applicazioni di sicurezza
Pagina 37
Entro la prossima primavera il Parlamento europeo dovrà approvare la legge
che regolerà l'accesso ai dati, vi è un quasi
unanime sostegno dai governi europei a
una politica gratuita e aperta di accesso,
dispiace che le uniche voci in controtendenzavengano dal nostro Paese, sembrerebbe che nelle sue diverse espressioni la
rappresentanza italiana presso la Ue si è
prima opposta fieramente, e in splendido
isolamento, per poi spingere per una soluzione che limiti questa politica riducendone i benefici ai soli confini dell'Unione e
proponendo una sua revisione entro due
o tre anni. Tale limitazione oltre a essere
difficile tecnicamente da applicare, provocando anche un aumento dei costi del
sistema di distribuzione dei dati, ridurrà
l'orizzonte di stabilità del mercato dei dati scoraggiando l'effettiva realizzazione
di investimenti privati, che hanno bisogno di stabilità e certezza delle regole su
periodi medio lunghi. Sarebbe bene che
l'Italia rivedesse la sua posizione sullapolitica dei dati delle missioni spaziali europee, e al tempo stesso avviasse un dibattito sulla politica e l'accessibilità dei dati
delle missioni nazionali, per cercare se
possibile di salvare le oche nazionali, che
se anche producono uova d'oro non sono
distribuite con l'efficienza dovuta.
C R I PRODUZIONE RISERVATA
Mondo Universitario
Pagina 38
Open hardware
Robot
intelligenti
fai-da-te
Veicoli, droni e automi
sono una piattaforma
per ricercatori e startup
di Luca Tremolada
Rex è una sorta di Arduino per robot.
Una scheda di controllo grande come
un palmo di una mano, attualmente in
cerca di capitali su Kickstarter, che vuole fornire "inteligenza" a ingranaggi,
sensori, microcontroller, microfoni, videocamere, giunture meccaniche e motori. I suoi inventori, Mike Lewis e Kartik Tiwari due dottorandi di robotica alla Carnegie Mellon University la immaginano capace di fornire materia grigia
anche a piccoli veicoli, droni o automi
costruiti anche con una stampante P.
In realtà, leggendo bene, l'hardware
open source è come potenza a metà strada tra Arduino e Raspberry Pi. Non può
quindi dotare di complessità le macchine ma tuttalpiù può coordinare tra loro
unità logiche e device fisici. Limiti computazionali a parte, il sottotesto di un
progetto come questo è quello di concepite i robot come piattaforme fai-da-te.
Come i personal computer anche le macchine stanno evolvendo nella mani dei
loro sviluppatori. Rex, come è stato ed è
Arduino per il designe e l'educational il
primo strumento aperto per programmare dal basso dispositivi di questo genere. Più in alto ci sono progetti che abbracciano la stessa visione. Come ad
esempio il progetto triennale (Rapp Robotic applications for delivering smart
user empowering applications) presentato alcuni giorni fa dalla Comunità europea. Useranno una piattaforma software open source per aiutare gli sviluppatori a creare applicazioni migliori per
diversi tipi di robot che si rivolgono a
persone con esigenze, capacità e aspettative diverse. L'accento sarà sul fare in
modo che i robot capiscano e rispondano alle intenzioni e alle esigenze delle
persone a rischio di esclusione, specialmente gli anziani.
,fNP,-,,,1 o,—,
V RIPRODUZIONE RISERVATA
Mondo Universitario
Pagina 39
MICHELE CILIBERTO
IL PROBLEMA DEL SIGNIFICATO DEL RINASCIMENTO
NELLA STORIA EUROPEA - RIAPERTO ORA DA JACQUESLEGOFFCONILSUOINTERVENTOSUL «MESSAGGERO»-È ASSAI ANTICO: per molti aspetti sono stati proprio gli umanisti a costruire la ideologia della Rinascenza, cioè di una «età nuova» frontalmente opposta ai «secoli bui» del Medioevo. Sono poi stati gli illuministi -in modo particolare
d'Alembert nel Dfscorso preliminare alla Ezuidopedia - a sistemare il concetto sul piano filosoficostorico individuando nella «rinascita» italiana
delle arti lettere l'«aurora» del «sole» che si sarebbe poi compiutamente dispiegato nell'epoca dei
lumi.
Come dimostrano questi autori, il Rinascimento non è mai stato un concetto storiografico di
carattere descrittivo, ma fin dall' inizio ha espresso, già con il nome, un giudizio di «valore» - appunto, il «rinascere» -, ed è in questi termini che è
diventato un archetipo della coscienza e della autobiografia dei «moderni» - dal Quattrocento al
XVII secolo, ed oltre.
È stato però proprio questo elemento fortemente «ideologico» che ha complicato la discussione sul Rinascimento, perché in essa si sono intrecciate valutazioni di ordine etico-politico egiudizi di ordine storiografico, sia negli apologeti
dell'«età nuova» che negli studiosi che, a partire
dalla seconda metà dell'Ottocento, hanno insistito sulla continuità fra Medio e umanesimo , sottolineando la genesi medievale dello stesso termine
che aveva identificato - fin dall'inizio e in chiave
polemica - l'età nuova : renovazio, ring centia. Anche nei più autorevoli rappresentanti di questa
tendenza, come ad esempio Konrad Burdach - è
però chiaro l'intreccio tra motivi ideologici e giudizi storiografici, come appare assai evidente dalla polemica che egli svolge, simmetricamente, sia
contro il Rinascimento che l'illuminismo. Proprio per questo alcuni storici hanno addirittura
proposto di eliminare il termine Rinascimento,
sostituendolo con quello di «età umanistica» - un
lungo periodo della storia europea che andrebbe
da Petrarca fino a Rousseau - appunto dal Rinascimento all'Illuminismo . Ma è una proposta
che, comprensibilmente , non ha avuto successo.
Di «continuità» o «discontinuità» si discute,
dunque, da molto tempo. Ma per capire la lunga
durata e la asprezza di questa discussione occorre tenere presente l'interpretazione che è stata
Mondo Universitario
data - prima dagli Illuministi , poi nell 'Ottocento del Rinascimento come «genesi» del «mondo moderno». Ciò di cui si discute attraverso il Rinascimento è, precisamente, il carattere, e il significato, di quella che con termine sommario si è soliti
chiamare «modernità». Questa è stato, in sostanza, il vero oggetto del contendere; ed esso naturalmente, non riguarda, ovviamente , solo il campo storiografico: qui in discussione è la interpretazione della «identità» della cultura e della «coscienza» europea, definita, a seconda dei momenti storici, secondo parametri differenti. Dalla seconda metà del Novecento, ad esempio, alla periodizzazione classica del «mondo moderno» incentrata sul Rinascimento se ne è affiancata, fino
a sostituirla, un'altra che fa capo al paradigma
della «rivoluzione scientifica» moderna.
Personalmente, sono persuaso che siano
problemi , e discussioni , di cui sarebbe bene
liberarsi se si vuole aprire una nuova stagione negli studi rinascimentali, ponendo in termini nuovi anche la questione
della «continuità » della storia europea e quello del significato del Rinascimento, chiarendo però, in via
preliminare , un punto. Sul piano
storico sono individuabili, senza
dubbio, molte «rinascite», a cominciare da quella del XII secolo, su cui insistono molto gli storici francesi; ma il Rinascimento italiano è stato un fenomeno assai più importante ed significativo, ed ha inciso a fondo nella costituzione della
«coscienza» europea. Quando gli umanisti parlavano di
«età nuova» e gli illuministi
di «aurora cinquecentesca»
avevano ragione; anche se nel pieno di una grande battaglia culturale ed etico-politica
Pagina 40
- enfatizzavano fortemente la
rottura con i «secoli bui». In
breve: la «rinascita» è esistita,
sul piano storico, anche se ha dato origine a una secolare «tradizione» storiografica che ne ha selezionato temi e motivi alla luce di
quella che si può chiamare l'«autobiografia» dei moderni, espressa nel
modo più rigoroso e coinvolgente dagli Illuministi.
Oggi però il problema essenziale è un
altro, e risiede nel guardare al Rinascimento per quello che esso è stato, liberandosi proprio dal peso di una «tradizione» che ha condizionato a fondo questi studi e che è ormai non ha
più molto da dire. A mio giudizio, è su queste
nuove basi- rigorosamente storiche - che deve essere affrontato il problema del «significato» del
Rinascimento nella storia europea, al quale fa riferimento Le Goff, analizzando a questa luce anche il problema della «continuità» europea, e distinguendone forme e livelli.
Qualche esempio. Si sono consumati fiumi di
inchiostro per indagare i rapporti tra Rinascimento e «scienza moderna» , dando risposte differenti o, addirittura, opposte a cominciare dal
problema del rapporto tra «ermetismo» e «rivoluzione scientifica» moderna. \Tra Machiavelli o
Bruno e il concetto di «natura» di Spinoza o Cartesio c'è una differenza radicale e insuperabile,
come del resto Cartesio sapeva per primo e assai
bene. Cercare di Individuare «continuità» su questo piano non serve, se non a creare, o perpetuare, falsi problemi.
Ma dal punto di vista politico ed etico-politico
le cose stanno in modo assai diverso, come dimostra, ad esempio, il fatto che Spinoza nel Trattato
paiarcnassuma proprio Machiavelli come uno dei
suoi principali interlocutori sulla base di un riconoscimento che sotto la sua penna assume un
valore eccezionale: «risulta che stava dalla parte
della libertà». Sul terreno storico è un problema
affascinante sul quale occorrerebbe riflettere anche dal punto di vista del metodo: l'adesione ad
ontologie diverse ed anche opposte - visibile, in
questo caso, sul piano della concezione della natura e della scienza - non toglie e non ostacola, la
convergenza su problemi etici e politici fondamentali. La mancata distinzione tra questi due
livelli genera, però, una quantità di discussioni
interessati, certo, sul piano storiografico, e ideologico; ma inconcludenti sul piano storico. Questo, a mio parere, è oggi il compito della ricerca
sul significato del Rinascimento nel «mondo moderno»: distinguere piani e livelli e riuscire a individuare nelle differenze, quando e dove ci siano,
motivi ed elementi di affinità o convergenza, considerando come una «fonte», e solo in quanto tale, la «tradizione» costruita dai «moderni». I discorsi generali sono importanti e talvolta divertenti; ma rischiano spesso di essere generici, e
perciò inutili - sul piano storico, si intende.
L'uomo
vitrttviano
di Leonardo
da V nci
datato
1490 cima
Mondo Universitario
Pagina 41
e la l ingua sa l vata
« Troppi codici per comunicare
L' incomprensione è più frequente»
CRISTIANA PULCINELLI
IL FESTIVAL DELLE SCIENZE DI ROMA OGG I CHIUDE 1 BATTENTI E,in occasione dell'ultima giornata, Tullio
De Mauro, decano dei linguisti italiani, sarà il
protagonista di un caffè scientifico (Bart caffetteria dell'Auditorium alle 18,30) dedicato al tema dell'incomprensione linguistica.
Professor De Mauro, sotto il profilo dell'esperienza
quotidiana, l'incomprensione è qualcosa che ognuno di noi ha provato nella sua vita, ma che cos'è da
un punto di vista tecnico?
«È il non tenere conto dei fattori che aiutano la
comprensione di ciò che altri dicono o scrivono.
Sono molti e diversi. Le parole, anzitutto, e il
loro susseguirsi secondo la grammatica di una
lingua, il che significa che dobbiamo sintonizzarci sulla lingua che supponiamo propria di chi
parla o scrive. Se vedo scritto «I VITELLI DEI
ROMANI SONO BELLI», per capire il senso devo capire se chi ha scritto voleva parlare, e parlava, latino o italiano. Se non conosco la lingua di
chi parla o scrive, le possibilità di comprensione
si riducono quasi a zero. Quasi: ci aiutano altri
fattori di cui possiamo e dobbiamo tenere conto
nel comprendere. Dati importanti sono conoscere o sapere chi è
che parla o scrive,
il contesto in cui si
colloca. Una frase
come "Il cane abbaia" ha un senso
molto diverso se ce
la dice un nostro familiare infastidito
o
preoccupato
dall'abbaiare del
cane di casa oppure se ce la dice chi
sta insegnando ai
bambini come si
denominano i versi dei differenti animali o, infine, se la
leggiamo in un testo di etologia animale. A capire ci
aiutano molto le intonazioni del parla-
Mondo Universitario
to e lo sfondo, l'impaginazione, nello
scritto. Qualche
anno fa Annamaria Testa ha scritto
e illustrato un piccolo libro importante e istruttivo,
Le vie del senso, per
mostrare quanti
sensi diversi assume la frase "Ma
che bella giornata!" a seconda degli sfondi su cui la
vediamo scritta.
Per capire una qualunque frase dobbiamo mobilitare,
anche senza accorgercene, tutte le risorse delle
nostre conoscenze ed esperienze. Se manchiamo di farlo, la comprensione delle parole altrui
fallisce».
Quando nel linguaggio comune diciamo che qualcuno non ci comprende, in effetti, non ci riferiamo
solo alle parole, ma a qualcosa di più profondo. Ci
riferiamo, magari senza saperlo, a questi fattori?
«Altri linguaggi funzionano bene anche se non
sappiamo chine usai segni o non teniamo conto
del contesto d'uso. Le parole invece non sono
cifre, simboli matematici o chimici, ma si capiscono appieno solo capendone l'ancoraggio al
loro contesto e alla persona che le dice o scrive».
Qualche tempo fa, lei riportava i risultati di un'indagine secondo cui il 71 % della popolazione italiana
non è in grado di leggere e comprendere un testo di
media difficoltà. Ci può spiegare un po' più nel dettaglio questo dato?
Pagina 42
«Noi adulti italiani, molto più degli adulti di altri Paesi, abbiamo un pessimo rapporto con i
testi scritti: libri, giornali, pagine internet e perfino cartelli e avvisi al pubblico (spesso, oltre
tutto, formulati male). Non una, ma tre successive ricerche internazionali, l'ultima delle quali
promossa dall'Ocse e svolta per l'Italia
dall'Isfol, hanno stabilito che il 5% della popolazione adulta è in condizione di analfabetismo
totale, ma - in più - il 66% ha gravi difficoltà
dinanzi a un testo scritto. Del resto i dati sulla
lettura di libri e di quotidiani ci portano a risultati simili».
Eppure in Italia ci si diploma e ci si laurea di più rispetto al passato (anche se siamo sempre agli ultimi posti in Europa ), come spiegare questo fenomeno?
«La scuola fa quello che può. Proprio in questa
materia sappiamo che alle elementari i bambini
e le bambine arrivano a risultati di eccellenza
nel confronto internazionale. All'inizio delle
scuole medie superiori le cose già non vanno
più bene. A mano a mano che vanno avanti nello
studio pesano sui ragazzi le condizioni culturali
delle famiglie e dell'ambiente. Le cose quindi
nella media superiore non vanno bene, ma attenzione: i ragazzi sono poco sotto la media europea, le ragazze addirittura più in alto delle
loro coetanee. li complesso non è brillante, ma
non è catastroficamente sotto le medie internazionali come avviene per gli adulti e le adulte.
Quando usciamo dalla scuola e dalla formazione cadono bruscamente le sollecitazioni a leggere, tenersi informati, capire il nostro mondo
con l'aiuto di pagine scritte. Gli stili di vita ce ne
allontanano e solo una minoranza avverte importanza e fascino della lettura.
Oggi la comprensione è diventata più difficile?
Pensiamo ai tanti linguaggi diversi : i social network,
gli sms, i linguaggi sempre più specialistici delle
scienze. Siamo costretti a imparare più codici?
«Sì, abbiamo più strumenti, più codici che dobbiamo sapere usare. Il primo resta sempre l'abbiccì e la nostra lingua nativa. Ma non basta più.
Per capire le etichette dei prodotti del supermercato o delle medicine, per orientarci nella
vita anche quotidiana delle città, per lavorare e
produrre abbiamo bisogno di notizie più sofisticate di un tempo, almeno dell'abbiccì di molti
diversi campi del sapere. O ci rivolgiamo ai ciarlatani oppure, per campare, avremmo bisogno
di un rialzo deciso delle nostre competenze individuali e collettive».
T C1
1
Mondo Universitario
'-
Pagina 43
LA RICERCA ITALIANA ATTRAE SOVVENZIONI
E LE SCIENZIATE GUIDANO LA CORSA
Buoni segnali arrivano dal mondo
dei ricercatori italiani sulla scena
internazionale. I grant (le sovvenzioni) appena assegnati dall'EuropeanResearch Council
(Ere) rivelano un record importante: i nostri
scienziati ne hanno conquistati 46 ponendosi al secondo posto dopo la Germania (48).
Ben distaccati seguono Francia (33), Gran
Bretagna (31) e Paesi Bassi (27). Il numero
che ci riguarda ha due partico-
larità. La prima, è che vincono
le ricercatrici in stragrande
maggioranza (32). La seconda,
è che 26 del gruppo totale lavorano in istituzioni di vari Stati
europei.
Dei 20 appartenenti ai centri
nazionali Milano ha la maggior L concentrazione con cinque assegnazioni, quattro delle quali alle scienze
della vita, a dimostrazione di un ruolo di rilievo in questo campo dove emergono l'Istituto europeo di oncologia-leo (Maria Resigno e Giuseppe Testa), l'Istituto Firc di oncologia molecolare-Ifom (Vincenzo Costanzo)
e l'Ospedale San Raffaele (Alessandra Biffi).
Si aggiunge poi il Politecnico. Alle spalle dei
milanesi ci sono i genovesi dell'Istituto italiano di tecnologia (tre grant) e svariate isti-
Mondo Universitario
tuzioni (Cnr, tre università, Sissa di Trieste).
Ci si può soffermare sulla nota dolente degli
italiani al di fuori dei confini; ma forse bisognerebbe cominciare a guardare con occhi
diversi all'Europa della scienza.
L'altro segnale positivo emerge da un rapporto britannico commissionato dal Department of Business, Innovation and Skills che
mette a confronto la realtà e l'evoluzione della ricerca internazionale negli
ultimi anni. Qui si nota la buona produttività dei nostri scienziati che dal 2011, dopo un periodo di decrescita, hanno ripreso un buon ritmo nella generazione di articoli scientifici
marciando verso il 4% internaj zionale. Questo si accompagna
ad una maggior citazione dei
lavori a dimostrazione del loro valore. Restano tuttavia due dati che certificano la difficoltà del trasferimento della conoscenza: il
costante basso livello di brevetti (circa ila %)
e il bassissimo indice di migrazione di cervelli dalle industrie alle università. La diagnosi è solo una conferma: si aspetta datempo il coraggio di una terapia.
Giovanni Caprara
0 RIPRODUZIONE RISERVATA
Pagina 44
%
9 J///r
7%, 0
iG
ve/ //i%3 Gi
L 'idea di
di
n/ m .
' '„7
'
" L9rr/r
% , 9,71
1/1
nuov o policlin ico appare
di LAURA VALDESI
«UNA BELLA ristrutturazione e poi si va avanti così».
Praticità dei giovani. Che
guardano alla sostanza più
che all'estetica. Il policlinico
di Siena funziona, anche se
accoglie i visitatori con infiltrazioni d'acqua dal soffitto
del tunnel. Anche se in qualche reparto mostra i segni,
profondi, dell'età. «Qui hanno compiuto un miracolo raccontano Gennaro Tagliaferri e Adriana Esposito -,
hanno salvato la vita alla nostra amica che ha avuto un
brutto incidente». Decine le
voci, nessuna che punta il dito contro medici e infermieri. Anzi. C'è chi racconta di
umanità e di lavoro non stop
e invoca «un potenziamento
della strumentazione e dei
presidi sanitari usati nell'atti-
1
re un gigante moderno lascia
perplessi «noi uomini della
strada», dicono visitatori e familiari dei ricoverati. «Prendo poche centinaia di curo
di pensione - chiosa una signora - però sarei anche disponibile ad investire 30 curo al mese per fare un'opera
pubblica che sia di grande
utilità per la comunità. Però
pretendo un riscontro rapido e concreto». «Non ne possiamo più di opere faraoniche che assorbono denaro a
fiumi perché i lavori languono per anni», commenta un
uomo con gli occhi lucidi.
La moglie ha un grave problema di salute. All'ospeda-
/i
sp re co ai c ittadin i
le, sta scritto sui volti di chi
entra ed esce dal policlinico,
si va per avere una speranza.
Questo è ciò che veramente
importa. «Non è più tempo
di cattedrali nel deserto», taglia corto un uomo. «Si sono
accorti i nostri politici, gli
amministratori, che la città è
in grande sofferenza? Le famiglie non ce la fanno più.
Le priorità, visto che anche
il Comune di Siena economicamente è messo male, sembrano ben altre. E poi il policlinico non era stato acquistato poco tempo fa dalla Regione per `aiutare' i conti
dell'Università? Gettiamo
tutto alle ortiche?»
COLL
L'unica pecca sono
i parcheggi, ma in linea
generale è accessibile
vità quotidiana. Ecco dove
bisogna investire veramente,
piuttosto che in nuove mura». Insomma, l'idea di `rottamare' Le Scotte per costrui-
Sanità
Pagina 45
AN ITALIA SIAMO FATTI COSI': QUANDO
QUALCOSA FUNZIONA BISOGNA METTERCI LE MANI
ALL'OSPEDALE BASTA UNA RISTRUTTURAZIONE»
iuseppe Rossi
<Economicamente
,arebbe importante
:ostruire un nuovo
spedate, creerebie lavoro. Ma dove
tono te risorse? E
oi bisogna fare i
;orti con te difficotà per i pazienti,
luindi meglio procelere a un recupero
i tappe».
Teresa Di Rito
«Rottamare Le Scotte? Non scherziamo... dove trovare i
soldi di questi tempi? Sono pensionata
e anche se ci mettono tasse in continuazione, sarei disposta a dare 30 euro al
mese per i servizi
pubblici. Purché si
veda il riscontro».
Fabio Martinetti
«Sinceramente sono motto scettico.
Non si riesce a costruire qui un nuovo
posteggio, che viene chiesto da anni, e
vogliono rifare addirittura l'intero ospedate... Di questi tempi dove ti trova i soldi la Regione Toscana?»
Virginia Pertini
«Non mi sembra
certo un ospedale
da smantettare, non
ho rilevato una situazione di degrado
tate da giustificare
la rottamazione. Ho
avuto a che fare con
la Rianimazione ed
è perfetta, il personate competente».
Medici e infermieri hanno fatto
un miracolo salvando la vita
alla nostra amica: non stiamo
a guardare l'infiltrazione d'acqua
Sanità
Ciro Esposito
«In Campania così
ben tenute ci sono
solo cliniche private. Aggiungo che la
professionalità degli addetti dette
Scotte è ottima».
Patrizia De Vita
«It Dea è stato terminato da poco, ma
come si fa a pensare di costruire ex novo? Raggiungere Le
Scotte, poi, è abbastanza comodo».
Sabrina Maggio
«Quando si migliora
e si innova sono
sempre d'accordo
però credo che nel
caso di questo ospedate sia sufficiente
una bella ristrutturazione».
Mara Cini
«Se vogliono costruire un altro policlinico come questo, magari più vicino alla
provincia di Grosseto, ben venga! Una
struttura ottima».
Pagina 46
h,,,iii sía E'i¡2osÉ%/'7
i.:i";,
l.id
<i<;,,,ï$
4,gïig,.L ' e s l.c;'i i;4%
4;4,ir„s% !G.`.ipc!'l:%sí3É.4í?
4í?
un po'
''//',!;';ccgii4d e %;/"Eïig.i"é4.g4,3i.¿ .%%
che
piove anche quando c'è il
„
c he
hanno
/r7W una nasca amJc@
spaC ata.
s empre
E
l
stata
data per
G li ene
saremo
era Wá
da Se
o
',i$
,ma tra
M$
, ,•,->
r '. . _ •ri r„
c osa
dt'/, con 4 t empi che corro'
no, non 4,.É sono $./;í#
ci:.>!%,``>:.
che 4.4;3';4%$ï%'t%7;/3E è g, as;%e?ia.,,
%': % ' impar.,e .,. ,,/.d.,/,
che b ene . !r,,,¡.7
g/'' /%e Arezzo?
o , r7
'.> /",
.'"7 r'9
q'r•, r,.idic
4<;
te4.s.:
t3,,.e
r,:. o
o LE,.,
che
dire,
purtroppo
/
cc so -
che !%h.$4 ?ie%3!;/'4,3
C4,i4h%!
e
i6$`$i6,
mes sa
dur$q $,l;r'',
m
.. .
./• /''
sono
¡7 iA,ir,it%'i34,.ri
i'eM,. iffii °!:'
<;i¿. ;,éi,"Y4,e,,,.,
questa $d%:',; non
v inc e»,
mi
fl,
r.1 $i44, zAh, e i$'"
o pp u re 4;. 4;3°'
go
daL Cí%,,,
Questo 4„ un
4G,,,rgL:?' "
i ;e•''//o¿.osid
quanto a
,,,rs$ov1,.7g.el.ib /'>.,
Ìi
el,
ita%g%i¿il'et se c` ¡/'$8,d conveniente é',/3Gé?'3"'$4í?'i3iCe sui ¿,í3¡',,,
é'é
,3%c:4,i„g,; che
3,ei4.iïZ,-Z,:íi;/';/'Ee
i i h"' '
d ri í %'i , e .,/ / $ ,. /iä¡;',/'4",/
'' ir%r,
' /° l %•;/'!i $ ,ii3,d ,,,
4i ¡74;3%3t4:'t di
per"
% co a
°'ri f
9
cÉ o %i G9G,Gï'l'rzà,,
a<,%9/,"%'y
e/./ei
.,/°'e/•'Ÿr
r„ e>rJ,,,,.%.•.
i %•r.,r .•,e',,,r''!'i•,
,+14,3g,i3,s/%
i
,,re'lEl.2'lEo,
pir& /,
°r >@ ,r/>, e''
pe r ?;8,G$
c. +!
..,
., r,..
bene quanto tempo 4",/.',
/.l
git>,re /.,
a;/';/';/'2ï3é
:,i;/'E•/'/á
4
.í3¿,4¢1
ott a i13t%z 4h/lhrer›,.
l, etle
u
4
' ' .i tl ..3 .,,ae
e.
S anta
M
aria
/t.,
ho
/réa sa p !: r $ 4,.4t
il¢Jb,i,, comodo da i°z2gg$8,6'r$'°
se 1,", vero
w
zQ, Qiiéeg,;,i sono itl cosa ¡2%'r`,,
a t e,
anche giù
es
r' e4"'
r
74../r
con servare É', e%''J/ E'°
Ìiie m!; c he ven
é„4.,?,!''c.'
Pésce Ph.*i
le sono
i '''i
i;é l'i iá ,
'./.7c.c.'t'éf
Ce 4é'133ï'Y,$3,/;,'',
b, í$
v'r'
@i3 /
che
g,.;•,
!;/"ïiseerEi`%f
no persone bra vissime,
na ta !it.
per i servizi p;$,2, che
:;'r4'iizEii
Sanità
i¿%"r7li•ii% r,'/, tEhs P 4,G à, 5lëi4 "!l ïY4i"'
c, 2,G' ss3 non
Ag,
9,i
,,Rifare g, oig.3é`4%4ú;,4;;•?
sembra
v!3gg,;o ''l,o
r
m R r
h
non si adegua alte Scffi,-.te,,
i4;'ii%4',.', Ma anche la :9ii'G,%i"'
grati».
Pé4",3é°¢%i%i%$GZ,'74,é
A n4,g$sí3n-3o M. /,•,.oi4 4,.r 4í;'É.o;; s e
Ave te vist o per caso iii
;.er
i`éí.',$ma,,.., Q;,% í Po, $% pe%';;>a"'
i4A,,4;;' è
rotta i Yns;i%'t[;'
per / spei eeIezi/ pei si"llér%"'
gi %' ïsa Però non % 3'i<;ige"
síYg
píl i &.í,',$
posso
z4;3 i.4;:' dentro 'h g, t unne l di i n.,,
E %%'$é@.éo
'G 4y'i% ii'Oé é "U é
C;¢% i'. erÉ i'$ : é
vero che r/3,éw-dsíi;/'$%i%y„
i13Jer
Pí9rr"Ei/4h/
pensandoci
r3,$g,6„3
r7r9i .,,
,."'gorr9
/ / E iE,eE
b ene,
g//%s/, rr, ',/'iw9 !% ,`/ ., 7.i2k,e'$`:í3"
No,
Ì'e i rep arti girà, esistenti
con-
C„g4cl' C// 50$"9,0 ¡74;3i 4;;%7s$ ridotti Mí3g,e%'T„
Pagina 47
ANCHE CHI ARRIVA DA FUORI CITTA' SPENDE
PAROLE DI APPREZZAMENTO PER IL SERVIZIO
EROGATO E LA PROFESSIONALITA' DEGLI ADDETTI
Daniele Micheti
«Sarebbe meglio investire su chi lavora
atte Scotte , a partire dai chirurghi per
arrivare agii infermierL
Personale
ampiamente competente. Ai totti e ai reparti basta dare una
sistematina,
un
ospedale nuovo non
serve».
Roberta Giugnoti
«Difficite per il cittadino comune fare
una valutazione dei
costi-benefici. Una
cosa però è certa:
prima di abbandonare Le Scotte bisognerebbe costruire
il nuovo ospedale
per evitare disagi
agii utenti».
«HANNO IMPIEGATO ANNI PER COSTRUIRE
I VECCHI LOTTI, FARO ' IN TEMPO A MORIRE
PRIMA DI VEDERE QUELLI MODERNI»
Nuccia Bettotti
«Personatmente sono sempre favorevote ad avere il megtio, a maggior ragione quando si parta di sanità. Se esistono te condizioni,
economiche e togistiche per un nuovo
ospedale,
allora
ben venga».
Edvige Di Maggio
«Le domande da
porsi, prima di agire, sono: Quanto
tempo servirà per
costruirto? Dove farlo? Che ricadute
comporta Lo spostamento? Chi Lascia la
strada vecchia per
La nuova, recita il
detto, sa quei che lascia e non quei che
trova. Una scelta da
soppesare bene».
019
Giuseppe Bettucci
«Per un nuovo edificio ci vogliono tanti
snidi. Non sono d'accordo di abbandonare Le Scotte per costruire un altro edificio. Qui il servizio è
buono, suite persone non c'è da dire
niente, sono brave.
Evitiamo sprechi»
Sanità
Veronica Pimpinetti
«Per trovare un bagno sono dovuta
scendere di sotto,
ero al primo Lotto.
Basta alzare gli occhi e si vede che il
soffitto è scrostato,
att'interno comunque è messo motto
meglio che fuori: basta la ristrutturazione».
Elisabetta Bonini
«In Italia siamo abituati a distruggere
quello che funziona.
Ecco cosa significherebbe
rottamare
l'ospedale. Sarebbe
uno spreco inutile
perché è un bel comptesso, con bravi
professionisti, che
necessita semmai
di restyting».
Pagina 48
g
%
'/trrtwn, i
G t ie / / r
i"`$t%%r! l ,rGG rä%tí,•,Ét % %
«t,.z"%'''7!%r /l ï%tte '"i!.',/,"y!!!° e rh!%rh
entro suite sr:2;4t.tt', ., .
/,
—j ,,,.
""
" v erame n
lIrIie@,
chI, Dico sto che se su
r h8t,G3„
di
te
assurd
attuale t:t situato
r a spostato tlirr/rg %ií3 pen-
L'
$3!'$;/"',/'4ç,?d, 4,.i4iGiiß/.,.,/E%/.`
sare ai r:ot,tt;?g;rrr¿t;`QhtÉ, non
dal centro stoiCico,
sa tt,3 ¡%k°r 1t117,% h/;•ri,i iri t,3 zt,r/r,Ï,,,
rar/g$térh!;4t/!t!;',
.,dal
ma anc h e
p
uit!rt4t.ir so pr attutto
zhG%rhe.,
,
t,n ar2.%
er
gh
si
raqf f iiéi,-ége
éi,G!t;/"8
i,(Mïr á.t;itr3!;'.
ti,h a dire che
q uesto
r%s%t'2;P
/..,
ben
non
r ir/rrehrri!
p?/ht,1.,.,
„
.%.,/
.
""' r
e l ..%i7
4s'6 volge verso i;, rn,@,i- íto,
non abbiamo irE:::%%rE°'
ben
Nemmeno
t%st,rt;'
tri/,t.!b tl§ii§///t.til,
;
da paragonare , poi, a tz2rh"'
i6rh,^
r:,, .,rtr 2,3, 1t2,t/%, fa, t i s r,et hli t/r %;"
poi co'ái /ÍI<lt!„', Cr/r„'J10 che
senti in 4tilt.$i2, Orl,,,,r!%r"rhr'l'4 3,
t'.i s2;ir2Cl i¡t;frh attr"i st;;'tttër4
yj t
Adesso tutto „rtóm
Non ,•.•, % t.r,r,
a
nuovo
bene
sper o viva men -
un bare ¢%tí. a!cth4r„tt/.l del-
so e ihth!.ti;, e [ott! non sono
nei quab occorre fare $n "
''',/t:'.•." /Er"rhl't h/2 ir2 questa peri
te che veng ano con serva-
fa !.itá che non va tacca
t/%, Credo ph.2,ttosto ch e c$
te anche le t.rrrri/ rrs$o r"G;3i.É„'
siano altre cose a cui
che
l.í.',$ Ìri«°rrití;'Yb,
adesso pensare».
dt.3 )h ,.
r%héi,r,
vis ta
;Í'rt.$ihtrho
la
-
sRy,.,iaàoi ie
ar!tia/r,'r s¢lrh"'
i°8t8ÿ%p %''r t„ri%!E
N on
te
so dire se ',U o ',9p e t:é@, °,
va abbandonata !% pp8,3"'
re no. i''t,r,. 4..:i riéii¡
rit:?'ré,zï;,
anche
t[SíD %2', .,,,
att ua Ile,
r ..' 2
2.%,%l:.'r%
, 7l
eG.
,e
testimonia re che
t.rroil!t;`rr$<i posteggi 4a' i%wcf
,C,tl'
pesante, pio lasciato
,,/ieiï',.e.> r!'i,./,r..i.:;
e .
'•
/"7 ¡ï7•' hr,tE,r
Y"l°ï3
3,
$r"ie,,,
t!:'rrh:r, sono riuscito e ho
'atto
400 rr$%''tr"$
a piedi
per trovare
Spazio
per t, ï13,%to, lo .: orc%í @,rit.;4:3r',"Y
ffi4.3"'',/ïlrié?, rn,@, una persona
anziana t..orrétí', fa?»
Sanità
AFFEZIONATI
Senesi e utenti dell'Area
vasta sono d'accordo nel
mantenere dov'è l'ospedale
Pagina 49
CURA ORMONALE E CHEMIOTERAPIA
Nuovo test per il tumore al seno
ma non viene rimborsato
Un nuovo test sui tumori del seno può stabilire se, nei casi dubbi (1 su 5), sia sufficiente la cura
ormonale oppure si debba aggiungere la chemioterapia. In
un convegno a Firenze si è parlato della validità di questo esame
genetico sui tessuti, una volta
eseguito l'intervento . Ciò consente di ridurre la chemioterapia solo ai casi in cui l'efficacia è
comprovata, con un netto risparmio in termini di costi diretti e di miglioramento della qualità dellavita.
«Dati in letteratura - ha spiegato Laura Biganzoli , oncologa
all'Ospedale S. Stefano di Prato
- hanno attestato che la somministrazione del test ha determinato un cambio nella decisione
delle cure in circa il 30% dei casi.
Dall'iniziale ipotesi di un trattamento combinato con chemio e
terapia ormonale, il test genomico nel 22% dei casi ha consentito di propendere per la sola ormonoterapia, mentre solo nel
3% dei casi ha suggerito - in senso opposto - di aggiungere anche una chemioterapia». Inoltre, è in grado di rilevare i tumori
a bassa probabilità di dare recidive nell ' arco di 10 anni dall'iniziale diagnosi . Unico problema:
l'esame non è rimborsabile.
«Il test, al momento - secondo Manuela Roncella, direttore
del Centro Senologico all'Azienda ospedaliero universitaria pisana - resta ancora una opportunità sulla carta poiché ad oggi in
Italia, non è rimborsabile e dunque non accessibile a tutti, ingenerando una diseguaglianza
nell'offerta di trattamento. Occorrerebbe invece , anche da
noi, pensare a soluzioni di politica sanitaria quali stabilire delle
linee guida per la selezione delle
pazienti a cui il test debba o possa esser proposto , studiare le ricadute in termini di risparmio
Sanità
evitando la chemioterapia ad alcune pazienti, proporre un ticket di compartecipazione alla
spesa- che consentano alle donne che ne sono candidate di potere attuare l'esame con maggiori facilità e possibilità di beneficiare di un trattamento più efficace al proprio tumore con un
netto risparmio sia economico
che sulla qualità di vita e sulla
persona».
Ogni anno, in Toscana, sono
3.500 i nuovi casi di tumore al seno che rimane il più diffuso in
assoluto nel sesso femminile.
Gian Ugo Berti
C'è un nuovo test perla cura dopo un intervento al seno
Pagina 50
di Arnaldo Benini
La malattia di Alzheimer è la causa
più frequente di demenza. Il fattore predisponente è l'età avanzata. L'allungamento della vita si
sta accompagnando inevitabilmente all'aumento del numero di anziani dementi.
Oggi, nel mondo, sono circa 30 milioni, fra
vent'anni saranno più del doppio. Nonostante la mole di studi (di cui riferiscono
ottime riviste specializzate), sulla malattia
conosciamo quanto sapeva Alois Alzheimer quando la descrisse nel 1906. Cioè,
ben poco. Gli aggiornamenti del 2o13 sono
L'ipotesi che siano accumuli
di proteine di scarto (placche)
a causare le demenze è messa
in forte dubbio da studi recenti
oltre che dalle cure inefficaci
concordi nell'escludere l'efficacia di prevenzioni e cure. Posta la diagnosi, non c'è
che proteggere, accudire e accompagnare
le persone colpite: un impegno familiare e
sociale enorme, di cui poche società sembrano essere del tutto consapevoli.
Il carburante del cervello sono le proteine, che esso produce giornalmente in sovrabbondanza. Un terzo di loro è dannoso
o inutile. I neuroni se ne liberano giornalmente con la pulizia chiamata autofagia.
Quando essa, per ragioni sostanzialmente
ancora oscure, prende a far difetto, proteine di scarto si accumulano fra i neuroni
sotto forma di placche, più tardi anche dentro i neuroni. Gli accumuli provocherebbero la morte di neuroni e sinapsi e quindi la
demenza. Giacché essi si trovano regolarmente nel cervello dei dementi con i sintomi della malattia di Alzheimer si pensò e si
L'IMPOSSIBILE PREVENZIONE
Alzheimer
senza illusioni
pensa ancor oggi che ne siano le causa. Recenti dati rinforzano però i dubbi su questa ipotesi, già sorti per il fallimento delle
cure basate su di essa. Si è visto che accumuli di proteine si trovano nei cervelli di
bambini e di adolescenti, in cervelli senza
alcun segno e sintomo di demenza, e in cervelli di persone molto anziane decedute in
condizioni mentali normali. Per casi di persone mentalmente integre con accumuli
nel cervello si è coniata la sibillina diagnosi di A lzheimer senza A lzheimer.
L'ipotesi che le placche senza demenza
sarebbero il segno precoce della malattia
non è confermata. La tentazione di porre
diagnosi precoci di Alzheimer in persone
mentalmente sane è stata fortunatamente
abbandonata, non solo per mancanza di
misure preventive, ma perché non si può
prevedere quando e se le persone con gli
accumuli nel cervello diventeranno dementi. La diagnosi cosiddetta precoce rischierebbe di aumentare i suicidi. Ricercatori brasiliani hanno analizzato 14 cervelli
di donne decedute fra i 71 e gli 88 anni: cinque con placche e «demenza moderata» e
quattro con placche senza demenza, vale a
dire con l'A lzheimer senza A lzheimer. I cervelli senza placche di cinque donne decedute per malattie non neurologiche, con
mente intatta, servivano da controllo.
I cervelli furono studiati con la nuova
tecnica dell' isotopie fractionator", che
consente di valutare la composizione e la
densità cellulare delle aree cerebrali. Lo
studio è limitato a pochi casi, va preso con
cautela e corroborato con ben più ampia
casistica, ma i risultati sono sorprendenti.
Si è trovata una riduzione molto forte del
numero di neuroni nell'ippocampo e nella
corteccia cerebrale di pazienti dementi e
con placche, mentre i cervelli con placche
identiche a quelle di cervelli di dementi,
ma senza demenza (cioè gliA lzheímer senza A lzheimer), hanno la densità dei neuroni uguale a quella dei cervelli di controllo.
Inoltre, solo nei cervelli di pazienti demen-
ti con placche c'è, oltre alla rarefazione dei
neuroni, anche un aumento considerevole della glia (cioè di cellule cerebrali non
nervose, in parte capaci d'attività elettrica)
nella corteccia specie del lobo frontale e in
regioni sottocorticali. Il dato anatomopatologico specifico della demenza di Alzheimer non sarebbero le placche, ma la massiccia rarefazione primaria di neuroni e
l'aumento della glia. La causa della demenza sarebbe dunque la morte dei neuroni
per un male loro proprio, non per avvelenamento e distruzione da parte di accumuli di proteine di scarto.
Resta da capire se e perché gli accumuli
sono presenti in tutti i casi di demenza di
Alzheimer. I neuroni formati durante lo
sviluppo non si divideranno più, conservando dentro di loro scorie e organelli usurati e lesi. Per l'impossibilità di distribuire
le scorie a cellule figlie, i neuroni hanno un
invecchiamento diverso dalle altre cellule.
La loro morte è dovuta a una malattia, cioè
a qualcosa d'imprevisto e imprevedibile,
o, come già sospettato, è la fine prevista
dai geni sin dalla loro formazione? In questo caso interventi preventivi e curativi della malattia di Alzheimer sarebbero ardui,
perché manipolando i geni del cervello si
rischiano guai enormi. L'aumento della
durata della vita rende la fragilità mentale
una delle più gravi minacce all'umanità.
ajb»bluewin.ch
O RIPRODUZIONE RISERVATA
C.H. Andrade-Morales, A.V.
Oliveira-Pinto, E. Castro -Fonseca, et
all. Cell changes in Alzheimer's disease
related to dementia, not to claque and
tangles Brain, «A lournal of Neurology
136» ( 12) pagg. 3.738-3•752, 2013
Gcec en,.i in I
Sanità
Pagina 51
ALLENARE IL C 41 LL
Si chiama Train the Brain (tieni allenato il
cervello). È un progetto del Cnr realizzato a
Pisa dal neurofisiologo Lamberto Maffei
che si propone di attuare interventi per
contrastare i devastanti effetti delle più
diffuse malattie neurodegenerative, come
l'A lzheimer e la demenza vascolare, agendo
allo stadio iniziale. Lo studio clinico e
sperimentale verificherà l'efficacia di un
intervento combinato di esercizio fisico e
attività intellettuali, musicali, ludiche nel
rallentare o arrestare la progressiva
perdita di materia cerebrale. Il declino
cognitivo è legato all'invecchiamento e
l'Italia (7-8oomila pazienti affetti da
demenza e circa loomila nuovi casi ogni
anno) è particolarmente interessata,
avendo una delle popolazioni più vecchie al
mondo, assieme a Giappone e Corea.
Purtroppo la letteratura recente e
recentissima sull'A lzheimer non avvalora
nessuna prevenzione e nessuna terapia con
dati certi, secondo la evidence based
medicine (medicina basata su prove di
efficacia). Ciò non toglie che si debba
intervenire per mantenere e migliorare la
qualità di vita aiutando inalati e rispettive
famiglie a «vivere bene con la demenza»,
come sottolinea l'ultimo Rapporto
Mondiale A lzheimer 2013. Il rapporto,
presentato lo scorso settembre, sollecita i
governi a «fare della demenza una
priorità»; a implementare piani nazionali
e avviare urgenti dibattiti su accordi per
l'assistenza a lungo termine; a moltiplicare
ifinanziamenti per dare nuova linfa al
lavoro di prevenzione e assistenza.
A ttualmente il costo globale dell'assistenza
per la demenza supera i 60o miliardi di
dollari, ovvero l'i% del Pil mondiale, ma è
destinato ad aumentare con l'esplodere
dell'epidemia globale di A lzheimer. Tra il
2010 e il 2050 il numero totale di anziani
nel mondo non autosufficienti è destinato
a triplicare da loi a 227 milioni e la metà di
essi sarà affetta da demenza.(A ntonia
Bordignon)
Sanità
Pagina 52
1
í'l'c
7 i'C OI _C" 11Ii'o
R 11 _
re v
hi t
c
r
'
di EDOARDO SEGANTINI
a tecnologia non sempre crea lavoro, scrivevamo sul «Corriere» del 14 gennaio scorso, e all'argomento ha dedicato una bella inchiesta di
copertina il penultimo numero dell'«Economist», che avverte sui drammatici effetti occupazionali delle nuove tecnologie. Nessuno può
accusare il settimanale britannico di neoluddismo, ma certo la realtà non è quella raccontata da Google,
Facebook e altri imperi digitali: la favola bella di una distruzione creatrice che dà con una mano ciò che con l'altra toglie. Per un po', anzi per un bel po', vedremo più distruzione
che creazione. Ci attende una complicata «fase di adattamento», come del resto è già accaduto nella storia. L'innovazione tecnologica, madre delle rivoluzioni industriali, ha sì
portato benefici, ma sempre dopo una fase di sconquassi.
Oggi siamo all'inizio di questa prima fase, in cui i vantaggi
dell'hi-tech vanno al capitale e all'élite del lavoro (esattamente come agli albori della rivoluzione industriale), lasciando esclusi gli altri e creando nuove, e più profonde,
ineguaglianze. La quota di ricchezza in mano all'1 per cento
degli americani ricchi è salita dal 9 per cento degli anni Settanta al 22 per cento attuale.
La rivoluzione tecnologica «classica», dopo le fabbriche e
gli operai, ha già drasticamente ridimensionato gli uffici e la
classe media, spina dorsale dell'Occidente nel XX secolo:
centinaia di lavori impiegatizi, maschili e femminili, dalle
banche al commercio, sono stati cancellati. Internet ha «disintermediato», cioè reso inutili molti compiti, come organizzare un viaggio, cosa che molti di noi svolgono per conto
proprio online. Un fiume impetuoso ha attraversato il mondo privato, ma che cosa accadrà nelle pubbliche amministrazioni con l'e-government applicato su vasta scala?
Segnalazioni
ati
-
i
e
Finora abbiamo parlato di impieghi ripetitivi, di routine.
Ma oggi il digitale è a un nuovo passaggio rivoluzionario,
potenzialmente in grado di esercitare effetti dirompenti anche sui lavori a più alto contenuto intellettuale grazie al supercomputing, alla biorobotica e all'ubiquità dell'informazione digitale (i cosiddetti Big Data). I ricercatori di Oxford
ritengono che nei prossimi vent'anni, anche in molte professioni tecniche e legali, quasi la metà dei professionisti
potrebbe essere sostituita dalle tecnologie digitali. Per dirla
con Federico Butera, presidente della Fondazione Irso e docente di organizzazione all'Università di Milano Bicocca, «in
prospettiva nessun lavoro può dirsi al riparo».
Pessimista? No, realista. La crescita esponenziale nellavelocità di elaborazione dei chip, le capacità delle nuove memorie e le performance degli ultimi super-computer invadono la sfera dell'intelligenza umana. Gli ultimi progressi
sono stati rapidissimi, e quasi tutti provengono dagli Stati
Uniti, tuttora culla dell'innovazione militare e civile: dieci
anni fa, l'idea di un'auto senza pilota sembrava fantascienza,
oggi modelli sperimentali di Google car girano per le strade
della California.
La storia ci aiuta a capire. L'industrializzazione ha migliorato il reddito e la vita di grandi masse umane, ma il cammino percorso per arrivare alla meta è stato più impervio e lungo di quanto non si creda, dice Joel Mokyr, storico dell'economia alla Northwestern University. La rivoluzione industriale non fu soltanto sostituzione di muscoli con motori,
ma anche reinvenzione del lavoro. Nacque una nuova categoria di esperti, ben pagati e molto richiesti, che riparavano
le macchine utensili e guardavano dall'alto in basso la folla
dei colletti blu poco qualificati. Ma tra il 1750 e ïl 1850, sotto-
Pagina 53
linea Mokyr, la qualità della vita per le masse non migliorò
in modo significativo : una relativa prosperità, per i lavoratori, è arrivata solo dopo la Seconda guerra mondiale.
La descrizione del passato contiene alcune impressionanti somiglianze con Il presente. I salari dei lavoratori sono
stagnanti, anche in Inghilterra e in Germania , da una decina
d'anni, perché la sostituzione di lavoro umano con automi è
sempre più conveniente . Per questo il denaro, da trent'anni,
affluisce sempre più verso il capitale e sempre meno verso il
lavoro e, perfino in Paesi come la Svezia, dalla lunga tradizione sociale, le ineguaglianze aumentano. Il lavoro, scrive
David Graeber, antropologo della London School of Economics, si divide sempre più tra pochi possessori di competenze e una marea di bullshit jobs (lavori pesanti dequalificati).
In questo contesto , dice Franco Bernabè, imprenditore ed
ex presidente esecutivo di Telecom Italia, «le prospettive di
miglioramento per le persone non sono più collettive, legate all'appartenenza a una classe o alla mobilità sociale, ma
individuali». E anche per questo i Paesi che vincono nella
competizione globale sono quelli in cui il ruolo degli individui è centrale. L'Italia soffre più di altri perché le condizioni
che offre all'individuo sono più difficili ; mentre il peso della
fiscalità, l'eccesso di burocrazia, la lentezza della giustizia civile, il non rispetto delle regole e la difficoltà di accesso ai
capitali rendono dura la vita di chi vuole fondare imprese.
E i famosi posti di lavoro creati grazie alle nuove tecnologie? Quelli verranno, scrive il settimanale inglese, ma non
subito. Vero, è esploso il numero delle start -up, che domani
produrranno cose di cui oggi non sappiamo di aver bisogno, come ieri i videogiochi o i tablet : ma per ora impegnano una minoranza di capitani coraggiosi e di grande talento.
La jobless recovery, la ripresa senza lavoro resta un pericolo
concreto.
Che cosa fare per contrastare la disoccupazione? Secondo
l'«Economist» bisogna ripensare i sistemi educativi e formativi per potenziare ïl pensiero critico e creativo , quello
che i computer non possono rimpiazzare, dislocando gli
sforzi sull'intero ciclo didattico, a partire dall'asilo, per migliorare le abilità cognitive e sociali fin dai primi annidi vita.
Conoscenze rigorose e «inaspettate », le definisce Giuseppe
Lanzavecchia, fisico e sociologo della scienza , autore nel
1996 del saggio Il lavoro di domani, dal taylorismo al neoartigianato, concepite «non per rispondere alle richieste del
mercato ma per crearle offrendo soluzioni nuove per una vita più sicura, interessante e ricca. Il lavoro di domani non
potrà che essere quello di creare conoscenza , che sarà usata
da macchine , e di insegnare alle macchine come usarla».
L'attuale dibattito politico è concentrato esclusivamente
sulle regole del lavoro. Ma la rivoluzione in corso «richiede
una capacità di progettare i cambiamenti tecnologici, organizzativi e professionali, e qui ancora si balbetta», dice Butera. La strada non è quella di opporsi al cambiamento, ma di
accompagnarlo ; non è quella di proteggere il lavoro, ma di
far crescere le imprese , la collaborazione e gli individui. Le
esperienze nelle migliori organizzazioni , private e pubbliche, dimostrano che, se si vuole, è possibile.
esegantini@corriere. it
@SegantiniE
Segnalazioni
Gli --i--rosi
Nelle foto, dall'alto: lo storico
dell'economia Joel Mokyr
della Northwestern
University; l'antropologo
David Graeber, della London
School of Economics;
l'economista Tyler Cowen
(George Mason University),
autore del libro Average is Over
(«La media è finita ») edito da
Dutton , ( pp. 304, $ 26,95)
Pagina 54
Attenti alle mail di lavoro
una su 4 nasconde un' offesa
VERA SCHIAVAZZI
SF. NON consegni entro
stasera saranno guai",
"non so se hai capito che
qui tira una brutta aria". Ecco
come un capo non dovrebbe
mai rivolgersi a un collaboratore, soprattutto via mail. Espressioni così devono essere cancellate dal frasario delle comunicazioni di lavoro. Ora a spiegarlo a managereprofessionisti
c'è uno studio, il primo sull'argomento fatto nel nostro paese.
A PAGINA21
Segnalazioni
Pagina 55
Il maleducato della scrivania accanto
"Frasiscortesi in quattro e-mail su dieci"
La ricerca: troppi errori elleroniunicazionidiluvom. Ecco come evítarlí
TORI NO - "Non so se hai capito
che qui tira una brutta aria". Ecco come un capo non dovrebbe
mai rivolgersi a un collaboratore,
soprattutto via mail. Ma anche:
"Se non consegni entro stasera
saranno guai", o un solo apparentemente più innocuo "È evidente dal tuo lavoro che avevi
molta fretta" devono essere cancellati dal frasario delle comunicazioni di lavoro. Ora a spiegarlo
a manager e professionisti italiani c'è uno studio, il primo sull'argomento fatto nel nostro paese.
E si scopre che, alle prese con una
lingua "fiorita" e ricca di trappole, rischiano quattro volte su dieci la scortesia via mail. Lo spiega
la ricerca- "La scortesia linguistica nelle e-mail di lavoro" che sarà presentata domani al
Rettorato dell'Università di Tori no:iltitolo, "Moderaitoni!"eirelatori, la linguista Maria Cecilia
Andomo insieme all'autore dello studio, Michele Razzetti, promettono inedite istruzioni per
l'uso. «Il punto di partenza spiegaRazzetti, chehafondatola
sua analisi sul "corpus" di mail
scritte e ricevute nel corso di alcuni anni divitalavorativa in Italia e all'estero - è radicalmente
pi
Segnalazioni
a
diverso da quello della netiquette (il galateo diintemet, ndr.). Ho
cercato invece di analizzare gli
equivocipiùfrequentineiqualisi
incorre scrivendo una mail, di
solito in fretta, e soprattutto gli
effetticheinostri errori producono nell'altro, trasformandosi in
veri e propri attacchi, quelli che
in inglese si chiamano face-threateningacts». Così, si è calcolato che nel 26,7 per cento dei casi
chi inizia una conversazione di
lavoro via mail esprime "critiche
o lamentele taglienti" (specie
quando si rivolge a un sottoposto, a un consulente o a un fornitore). Nel 13,7 per cento dei casi,
dal testo traspare un "atteggiamento di superiorità", e non
mancano, sia pure in misura minore, insulti, minacce e supposizioni sgradevoli (quasi il 5 per
cento in totale). I primi tranelli
stanno nell'intestazione a più
persone, dove ognuno può risentirsi per l'ordine nel quale è
stato collocato o perla diffusione
incopiadimessaggi che imm aginava riservati. Superato anche il
fastidio dei messaggi senza oggetto, si arriva all'incipit. E men tre nel mondo anglosassone si
comincia con un "Thank you for
your message", anche se non si è
contenti della mail ricevuta,
creando un minimo di condivisione, in italiano si scivola su un
"Carissimo" di troppo e in generale su un eccesso di Prof, Ing,
AvveSpettabilecheriproducono
il vecchio linguaggio delle lettere
commerciali m a suonano incon-
grui sullo schermo di un pc. Nel
dubbio, meglio un ecumenico
"gentilissimi tutti". É dalla seconda riga, però, che possono
cominciare i problemi seri. L'uso
"minaccioso" delle maiuscole
(l'esempio più comune? URGENTISSIMO) è irritante e inefficace, e induce nel destinatario
la sensazione di essere perseguitato, sminuito o considerato poco affidabile. È vietato, o dovrebbe esserlo, minacciare di sanzioni i collaboratori e i sottoposti se
non raggiungono un obiettivo o
mancano una consegna: non si
tratta di buonismo ma di evitare
contenziosi anche in sede legale.
Meglio, se si deve sollecitare, un
testo stringato che dia il senso
della difficoltà collegata al ritardo: "Scusami Paolo, ma devo
davvero pregarti di invi armi l a re lazione entro stasera, altrimenti
non riuscirò a presentarla al comitato. Ti ringrazio, buon lavoro". Non mancano le differenze
di genere: le donne sono più empatiche degli uomini, e il loro linguaggio "simpatizzante" spesso
ottiene risultati migliori quando
si tratta di farsi rispondere anche
dall'altra parte del mondo. Sgradevoli quanto fuorvianti sono le
mail prive di saluti finali e firma,
che inducono nell'interlocutore
il sospetto che qualcosasiaandato perso. No, infine, anche alle
trattative economicheviamail, e
attenzione ai giudizi sui lavori già
presentati: "Questa prova non ci
convince", può essere ben sostituito con "Prova interessante, ti
chiediamo però di tentare anche
un'altra strada...... Il risultato
sarà decisamente migliore se
l'interlocutore non "perde lafaccia".
L
Sbagliare l ' ordine
dei destinatari (mettendo
in coda i più Importanti)
Mandare mail senza oggetto
Mandare in cc le proprie mail
e le risposte altrui a nuove
persone (blatting)
Essere minacciosi ("guaì se
segni entro stasera')
Fare riferimenti a situazioni
difficili che non vengono
chiarite
u brutta aria
Sminuire il lavoro del
destinatario
-io che tu
non<
tempo `)
Far sentire l'altro inutile
(`grazie, ,
í/ doct,,m.
Creare confusione con
la propria risposta
Esasperare toni e concetti
("come detto non pos sfamo
rispondere a queste
domande")
Usare le maiuscole per
sottolineare qualcosa
("è URGENTISSIMO
Pagina 56
Il linguista e critico letterario Gian Luigi Beccaria: un'abitudine errata non usare la punteggiatura negli scritti
"Poche confidenze e l'uso corretto della lingua
queste sono le regole per non sbagliare"
TORINO - «Conoscere e usare correttamente l'italiano è il metodo migliore per
non avere incidenti. Anche via mail». Parola di Gian Luigi Beccaria, linguista e critico
letterario, autoretral'altro di "Tralepieghe
delle parole" (Einaudi), che confessa tuttavia di restare un po' interdetto quando gli
studenti gli scrivono esordendo "Salve,
professore!".
Dunquenonesisteuna "cortesia", ouna
"scortesia" specifica che viaggiavia mail?
«Sì che esiste: di scortesie o mail indesiderate se ne ricevono molte. Ma gli incidenti si possono evitare scrivendo in modo
normale, appropriato, perfino per chi, come me, continua a utilizzare anche via
computer lo stesso linguaggio di sempre».
Come si comporta quando scrive una
mail di lavoro?
«Male, rispetto agli standard in uso: mi
ostino a correggere gli errori di ortografia e
a usare la punteggiatura. Ma il mio atteggiamento deve essere contagioso, perché
ricevo raramente etnail davvero scortesi».
Si innervosisce per l'eccesso di familiarità?
«Non lo condivido, come sono contrario
all'uso generalizzato del "tu", che appiattisce i rapporti, creando una falsa sensazione di parità».
In quali casi non userebbe mai la mail?
«Per esprimere le condoglianze e per
scambiare opinioni con gli amici che non
usano il pc. Ma anche per chiedere cortesie
a persone che non conosco. Una mail può
perdersi, un biglietto scritto a mano no, ormai ne riceviamo pochissimi".
(v. sch.)
C RIPRODUZIONE RISERVATA
Il tempo medio per scrivere un'email
Mostrare Gratitudine per l'attenzione
si conosce il destinatario, inserire
un ; serico messaggio personale
II tempo medio: se ne scrivono
almeno 40 al giorno
Il tempo medio per cancellarla
3 , 2 secondi
L'ESPERTO
I l linguista
Gian Luigi
Beccaria
Fonte: Boomerang
Essäre. incoraggianti
-sere gratificanti
e untili
Terminare con saluto e firma
Segnalare se non è i l primo messaggio
ivi i.cssi su un piano di parità
Essere rispettosi
Fonte: Ricerca "Le saertesia Iingolet na tratti e dinamlE
nelle e-mali lavorative '. UnÑemRà di Torlno
ina e GZii Su gaattrG
Segnalazioni
Pagina 57
I dati di una ricerca Adapt sul contratto professionalizzante - In Lombardia spazio agli accordi collettivi nazionali
Tutta la fo
0
one in azienda
In 13 Regioni e a Bolzano possibile svolgere internamente sia i corsi tecnici che di base
Matteo Prioschi
ww Nella maggior parte delle
regioni la formazione per l'apprendistato professionalizzante può essere svolta interamente in azienda. Secondo
una ricerca svolta da Adapt,
questa soluzione è praticabile
in 13 regioni più la provincia
autonoma di Bolzano, mentre
in altre 2 (Friuli-Venezia Giulia e Veneto), l'opzione è disponibile solo per le imprese
multilocalizzate.
Dal quadro normativo regionale emerge che, seppur con
modalità differenti, è stato recepito quanto previsto dall'articolo 4 del Dlgs 167/2011, cioè
il Testo unico dell'apprendistato. Il decreto prevede la coesistenza di due tipologie di formazione a vantaggio dell'apprendista. La prima, destinata
L'AGEVOLAZIONE
In molti casi l'iter
per acquisire
le competenze trasversali
può durare meno
delle 120 ore previste
...........................................................................
all'acquisizione delle competenze tecnico-professionali e
specialistiche, ha come luogo
destinato di erogazione l'azienda. La seconda, di base e trasversale, può essere pubblica
ed esterna alle imprese, ma anche interna alle stesse.
Ebbene, come rilevato da
Adapt, questa secondapossibilità è realizzabile in realtà importanti come Lombardia, Piemonte, Toscana, Lazio e Liguria nonché nella quasi totalità
delle regioni meridionali. Ciò
significa che, nel rispetto deirequisiti fissati a livello regionale, le imprese sono libere di gestire in prima persona tutto
l'iter formativo dell'apprendista, evitando così alcuni aspet-
Segnalazioni
ti negativi delle lezioni "esterne", come orari e calendari che
spesso mal si accordano con le
esigenze produttive.
Tuttavia va rilevato che la
competenza regionale in materia ha determinato una certa
eterogeneità di disposizioni (il
dettaglio per quanto riguarda
la durata è riportato nella scheda a fianco). In alcuni casi i requisiti chiesti all'azienda sono
minimi. In Liguria, per esempio, è sufficiente attestare di
avere luoghi idonei alla formazione, risorse umane con competenze adeguate e garantire
la tracciabilità dell'attività formativa. All'estremo opposto, il
Piemonte richiede che iformatori abbiano almeno due anni
di esperienza di insegnamento
coerente con le competenze di
base e trasversali indicate nel
piano formativo, oppure un titolo di studio secondario o idonea posizione aziendale e almeno due anni di documentata
esperienza professionale. Oltre a luoghi idonei alla formazione, deve essere garantita la
presenza di un tutor aziendale.
Tutti irequisitipossono essere
autocertificati.
Nelle Marche la formazione
deve essere erogata da enti accreditati dalla Regione e quindi, per svolgerla all'interno,
l'azienda o si accredita oppure
deve rivolgersi a un soggetto
autorizzato. In Lombardia, invece, la capacità formativa
dell'impresa è definita dai contrattinazionali del lavoro utilizzati dalla stessa (ma non tutti intervengono su questo aspetto).
Semaforo rosso, invece, in altre regioni quali Puglia ed Emilia-Romagna (deroghe sono
possibili solo per la sicurezza).
In Veneto (dove sono previsti
blocchi "esterni" da 40 ore) e
Friuli-Venezia Giulia, la formazione interna è concessa solo alle imprese multilocalizzate.
RI PRO D OZIO NE RISERVATA
Pagina 58
Sulterritorio
Durata della formazione di base e trasversale nelle regioni e province autonome
Possibilità di effetuare la formazione di base in azienda
ABRUZZO
Massimo 120 ore.
BASILICATA
40 ore per anno per un massimo di
120 ore nel triennio. Sono
esonerati datale formazione: i
soggetti in possesso: a) della
qualifica o del diploma
professionale acquisito in
apprendistato; b) di una qualifica
odi un diploma conseguiti
all'interno dell'offerta regionale di
Istruzione e Formazione
Professionale (IeFP); c) o di una
qualifica conseguita nell'ambito
del sistema regionale di
formazione professionale.
CALABRIA
Massimo 120 ore. Tenuto conto
dell'età, del titolo di studio e delle
competenze dell'apprendista è
possibile prevedere una riduzione
della durata. Per i contratti con
durata superiore ai tre anni, le ore
formative devono essere
realizzate nel primo triennio o
concentrate, sulla base delle
esigenze formative del lavoratore,
in uno odue anni.
SÌ
NO
IN DEFINIZIONE
FRIULI VENEZIA GIULIA
Al massimo 120 ore da completarsi
entro la seconda annualità. Sono
previste riduzioni: 80 ore per
apprendisti in possesso di
diploma; 40 ore per apprendisti in
possesso di laurea.
NO*
LAZIO
Al massimo 120 ore da completarsi
entro la seconda annualità. Sono
previste riduzioni: 80 ore per
apprendisti in possesso di
diploma; 40 ore per apprendisti in
possesso di laurea.
SÌ
LOMBARDIA
Al massimo 120 ore da completarsi
entro la seconda annualità.Sono
previste riduzioni: 80 ore per
apprendisti in possesso di
diploma; 40 ore per apprendisti in
possesso di laurea.
SÌ
LIGURIA
Al massimo 120 ore da completarsi
entro la seconda annualità. Sono
previste riduzioni: 80 ore per
apprendisti in possesso di diploma
o qualifica; 40 ore per apprendisti
in possesso di laurea.
SÌ
CAMPANIA
Al massimo 120 ore.
EMILIA ROMAGNA
40 ore per anno per un massimo di
120 ore neltriennio. Non sono
previste riduzioni.
NO
MARCHE
Al massimo 120 ore da completarsi
entro la seconda annualità. Sono
previste riduzioni: 80 ore per
apprendisti in possesso di
diploma; 40 ore per apprendisti in
possesso di laurea
si
SÌ
MOLISE
Al massimo 120 ore neltriennio.
Possibili riduzioni.
TOSCANA
Massimo 120 ore complessive,
ridotte a:
SÌ
PIEMONTE
Al massimo 120 ore da
completarsi entro la seconda
annualità. Sono previste riduzioni:
64ore per apprendisti in possesso
di diploma; 40 ore per apprendisti
in possesso di laurea.
SÌ
b) 60 se in possesso di un diploma
di scuola secondaria di secondo
grado di durata quinquennaleodi
laurea. Altre riduzioni sono previste
per gli apprendisti che, in virtù di
precedenti contratti di
apprendistato, abbiano frequentato
percorsi formativi per l'acquisizione
di cnmpetenzedi base e trasversali.
SÌ
PUGLIA
120 ore, di cui 60 per il primo
anno, 40 per il secondo e 20 per il
terzo. La formazione deve essere
effettuata nei primi due mesi di
ciascun anno.
NO
TRENTINO ALTO ADIGE
TRENTO: normativa in via di
definizione.
IN DEFINIZIONE
BOLZANO: nc: iperiorealle120
orei.,...
SÌ
SARDEGNA
120 ore perla durata del triennio.
Sono previste riduzioni: 40 ore
per apprendisti in possesso di
laurea; 80 ore per apprendisti in
possesso di un diploma oppure di
una qualifica professionale
conseguiti nell'ambito del
sistema IeFP. Inoltre eventuali
attività formative realizzate in
precedenti contratti di
apprendistato possono, se
attestate, determinare una
riduzione del monte ore
complessivo.
SICILIA
Il monte ore complessivo è 120 sia
in presenza che in carenza di
rinnovo dei CCNL.
SÌ
- ----------------------------------------------------------------------(*) Formazione interna concessa solo alle aziende multilocalizzate
Segnalazioni
a) 90 ore se in possesso di una
qualifica odi un diploma
professionale;
UMBRIA
Massimo 120 ore nel triennio.
NO
VALLE D'AOSTA
In assenza di alcuna indicazione
nei CCNL o negli accordi
interconfederali, la durata è di
massimo 120 ore.
NO
VENETO
Al massimo 120 ore da completarsi entro la seconda annualità.
Sono previste riduzioni: 80 ore
per apprendisti in possesso di
diploma; 40 ore per apprendisti in
possesso di laurea.
NO*
Fonte: Adapt
Pagina 59
Il rammendo delle periferie
Il progetto del senatore
Renzo Piano e d i sei
giovani architetti
per la città del futuro:
energia, verde, trasporti,
e nuovi mestieri
di Renzo Piano
S
iamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile.
È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie dove nessuno ha speso tempo e denaro per far manutenzione. Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l'energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri
figli. C'è bisogno di una gigantesca opera di rammendo e ci vogliono delle idee.
Siamo un Paese che è capace di costruire i motori
delle Ferrari, robot complicatissimi, che è in grado di
lavorare sulla sospensione del plasma a centocinquanta milioni di gradi centigradi. Possiamo farcela perché
l'invenzione è nel nostro Dna. Come dice Roberto Benigni, all'epoca di Dante abbiamo inventato la cassa, il
credito e il debito: prestavamo soldi a re e papi, Edoardo i d'Inghilterra deve ancora renderceli adesso. Se c'è
una cosa che posso fare come senatore avita non è tanto discutere di leggi e decreti, c'è già chi è molto più
preparato di me. Non è questo il mio contributo migliore, perché non sono un politico di professione ma un
architetto, che è un mestiere politico. Non è un caso
che il termine politica derivi dapolis, da città. Norberto
Bobbio sosteneva che bisogna essere «indipendenti»
dalla politica, ma non «indifferenti» alla politica.
Se c'è qualcosa che posso fare, è mettere a disposizione l'esperienza, che mi deriva da cinquant'anni di
mestiere, per suggerire delle idee e per far guizzare
qualche scintilla nella testa dei giovani. Una scintilla
di una certa urgenza, con una disoccupazione giovanile che sfiora una percentuale elevatissima.
Quindi con il mio stipendio da parlamentare ho assunto sei giovani, che ruoteranno ogni anno e che si
occuperanno di come rendere migliori le nostre periferie. Perché le periferie? Le periferie sono la città del
futuro, non fotogeniche d'accordo, anzi spesso un deserto o un dormitorio, ma ricche di umanità e quindi
il destino delle città sono le periferie. Nel centro storico abita solo il io per cento della popolazione urbana,
il resto sta in questi quartieri che sfumano verso la
campagna. Qui si trova l'energia.
I centri storici ce li hanno consegnati i nostri antenati, la nostra generazione ha fatto un po' di disastri, ma i
giovani sono quelli che devono salvare le periferie.
Spesso alla parola «periferia» si associa il termine degrado. Mi chiedo: questo vogliamo lasciare in eredità?
Le periferie sono la grande scommessa urbana dei
prossimi decenni. Diventeranno o no pezzi di città? Diventeranno o no urbane, nel senso anche di civili?
Qualche idea io l'ho e i giovani ne avranno sicuramente più di me. Bisogna però che non si rassegnino
alla mediocrità. Il nostro è un Paese di talenti straordinari, i giovani sono bravi e, se non lo sono, lo diventano
per una semplice ragione: siamo tutti nani sulle spalle
di un gigante. Il gigante è la nostra cultura umanistica,
la nostra capacità di inventare, di cogliere i chiaroscuri, di affrontare i problemi in maniera laterale.
La prima cosa da fare è non costruire nuove periferie. Bisogna che le periferie diventino città ma senza
ampliarsi a macchia d'olio, bisogna cucirle e fertilizzarle con delle strutture pubbliche. Si deve mettere un
limite alla crescita anche perché diventa economicamente insostenibile portare i trasporti pubblici e raccogliere la spazzatura sempre più lontano. Oggi lacrescita anziché esplosiva deve essere implosiva, bisogna completare le ex aree industriali, militari o ferroviarie, c'è un sacco di spazio disponibile. Parlo d'intensificare la città, di costruire sul costruito. In questo senso è importante una green belt come la chiamano gli
inglesi, una cintura verde che definisca con chiarezza
il confine invalicabile tra la città e la campagna.
Un'altra idea guida nel mio progetto con i giovani architetti è quella di portare in periferia un mix di funzioni. La città giusta è quella in cui si dorme, si lavora, si
studia, ci si diverte, si fa la spesa. Se si devono costruire
nuovi ospedali, meglio farli in periferia, e così per le sale
da concerto, i teatri, i musei o le università. Andiamo a
fecondare con funzioni catalizzanti questo grande deserto affettivo. Costruire dei luoghi per la gente, dei pun-
Domenica
uranu„enaoacncpc.ircrfc :
Segnalazioni
Pagina 60
ti d'incontro, dove si condividono i valori, dove si celebra un rito che si chiama urbanità. Oggi i miei progetti
principali sono la riqualificazione di ghetti o periferie
urbane, dall'Università di New York a Harlem al polo
ospedaliero di Sesto San Giovanni che prevede anche
una stazione ferroviaria e del metrò e un grande parco.
E se ci sono le funzioni, i ristoranti e i teatri ci devono
essere anche i trasporti pubblici. Dobbiamo smetterla
di scavare parcheggi. Penso che le città del futuro debbano liberarsi dai giganteschi silos e dai tunnel che portano auto, e sforzarsi di puntare sul trasporto pubblico.
Non ho nulla contro l'auto ma ci sono già idee, come il
car sharing, per declinare in modo diverso e condiviso
il concetto dell'auto. Credo sia la via giusta per un uso
Segnalazioni
più razionale e anche godibile dell'automobile.
Servono idee anche per l'adeguamento energetico e
funzionale degli edifici esistenti. Si potrebbero ridurre
in pochi anni i consumi energetici degli edifici del 70- 80
per cento, consolidare le 6omila scuole a rischio sparse
per l'Italia. Alle nostre periferie occorre un enorme lavoro di rammendo, di riparazione. Parlo di rammendo,
perché lo è veramente da tuttii punti di vista, idrogeologico, sismico, estetico. Ci sono dei mestieri nuovi da inventare legati al consolidamento degli edifici, microimprese che hanno bisogno solo di piccoli capitali per innescare un ciclo virtuoso. C'è un serbatoio di occupazione.
Consiglio ai giovani di puntarci: start up con investimenti esigui e che creano lavoro diffuso. Prendiamo l'adeguamento energetico con minuscoli impianti solari e
sonde geotermiche che restituiscono energia alla rete,
l'Italia è un campo di prova meraviglioso: non abbiamo
né iventi gelidi del Nord né i caldi dell'Africa, però abbiamo tutte le condi zioni po ssibili dal punto di vista geotermico, eolico e solare. Si parla di green economy però io
la chiamerei italian economy. Nelle periferie non c'è bisogno di demolire, che è un gesto d'impotenza, ma bastano interventi di microchirurgia per rendere le abitazioni più belle, vivibili ed efficienti.
In questo senso c'è un altro tema, un'altra idea da
sviluppare, che è quella dei processi partecipativi. Di
coinvolgere gli abitanti nell'autocostruzione, perché
tante opere di consolidamento si possono fare per conto proprio o quasi che è la forma minima dell'impresa.
Sto parlando di cantieri leggeri che non implicano l'allontanamento degli abitanti dalle proprie case ma piuttosto di farli partecipare attivamente ai lavori. Sto parlando della figura dell'architetto condotto, una sorta
di medico che si preoccupa di curare non le persone
malate ma gli edifici malandati. Nel 1979 a Otranto abbiamo fatto qualcosa di molto simile con il Laboratorio di quartiere, un progetto patrocinato dall'Unesco
per "rammendare" il centro. Un consultorio formato
da architetti condotti potrebbe essere un'idea per una
start up. Nelle periferie nonbisogna distruggere, bisogna trasformare. Per questo occorre il bisturi e non la
ruspao il piccone. C'è ancora una cosa che voglio consigliare ai giovani: devono viaggiare. Mica per non tornare più, però viaggiare secondo me serve a tre cose. Prima e più scontata per imparare le lingue, seconda per
capire che differenze e diversità sono una ricchezza e
non un ostacolo. Terza per rendersi conto della fortuna che abbiamo avuto a nascere in Italia, perché se non
si va all'estero si rischia di assuefarsi a questa grande
bellezza e a viverla in maniera indifferente. Si tratta di
una bellezza che non è per nulla inutile o cosmetica,
ma che si traduce in cultura, in arte, in conoscenza e
occupazione. È quella che dà speranza, che crea desideri, che dà e deve dare la forza ai giovani italiani.
Pagina 61
Piano di lavoro al Senato
Con l'indennità
di senatore a vita,
l'architetto ha creato
sei borse di studio
per giovani
professionisti
di Fulvio Irace
R
oma: 23 gennaio 2014. È fissato per le 14.30 l'avvio del
G124: l'appuntamento è al
primo piano di Palazzo Giustiniani, storico palazzo
del potere politico e sede
del Senato. Nella stanza G124, appunto, in
dotazione al senatore a vita, architetto
Renzo Piano.
Già mezz'ora prima, si è raccolto un piccolo gruppo di visitatori che attende per strada il via libera per entrare. Sono i sei giovani
architetti reclutati in dicembre dall'architetto-senatore per lavorare all'ambizioso progetto sulle periferie che li terrà impegnati
per un anno nel tentativo di stilare un «manuale d'uso» per definire, come dice Piano,
«la città che verrà».
Età media 3o anni, Michele (Bondanelli),
Eloisa (Susanna), Roberta (Pastore), Roberto Giuliano (Corbia), Federica (Ravazzi) e
Francesco (Lorenzi), sono una bella rappresentazione di quell'Italia in sordina che si è
da poco lasciata l'Università alle spalle e ha
voglia (ed entusiasmo) di misurare quello
che ha imparato col metro senza sconti della realtà. Ma ancora di più, forse, di imparare in un rapporto diretto - da bottega - con
chi ha a sua volta voglia di trasmettere un
sapere mutuato dall'esperienza, dal continuo contatto con i problemi, dalla consuetudine di una professione (quella dell'architetto) che non può non nutrirsi di ideali, ma
che per essere vitale ha anche bisogno di
una buona dose di pragmatismo e di flessibilità. E infatti sono accompagnati dai loro
tutors, Massimo Alvisi, Mario Cucinella,
Maurizio Milan, che hanno accettato l'invito di Piano di seguirli con la pazienza dell'allenatore e con lo spirito di squadra necessario per evitare che un compito così importante possa impantanarsi nel piccolo stagno di ambizioni personali.
Segnalazioni
Gli scaloni del palazzo sono imponenti,
come ci si può aspettare da una delle più fastose dimore della Roma cinquecentesca,
ma l'ingresso allo studio di Piano non è meno sorpredente. Qui, il 4 luglio 1590, si era
trasferito in pompa magna Giuseppe Giustiniani, esponente di una delle più ricche e potenti famiglie genovesi. Fa dunque sorridere l'idea che, a pochi passi dalla suntuosa
Galleria Zuccari, un altro genovese ha preferito questa volta uno stile più sobrio che sostituisce alla retorica dei broccati e degli
stucchi dorati, quella dei pannelli in compensato e di un monacale tavolo da lavoro.
La stanza G124 sembra infatti una replica
del "pensatoio" di Genova, dove Piano ama
raccogliere studenti e collaboratori per veloci discussioni informali che hanno come set
fisso schizzi e note di lavoro appuntati alle
pareti e un tavolo circolare per dare l'idea di
essere un'unica squadra.
Anche la democrazia ha bisogno di retorica e ogni buona idea necessita di un coerente apparato di comunicazione: e la cosa funziona non appena la stanza si riempie ed
ognuno si siede al suo posto, dai giovani ri-
E con loro ha elaborato idee
e progetti convocando tutti
nel suo nuovo studio a Palazzo
Giustiniani, singolarmente
trasformato in un atelier
quale non sono stati costruiti ma tuttavia
sprigiona qua e là. Ed è vero. Bellezza, energia, umanità, desideri, chiamateli come volete. Certo è la nostra scommessa».
Quando si parla di periferia, la mente si
apre istintivamente su immagini di degrado, di grigiore diffuso, di poca cura dell'ambiente, di scontri sociali e di ribellioni rabbiose. Magari in gradi diversi, ovviamente,
e di differente intensità, a seconda dei momenti storici e degli umori politici. Ma non
c'è dubbio che la periferia è sempre pensata
come una leucemia della città: un indebolimento del sangue che scorre, vive nel cuore
della città e che qui impallidisce in una deprivazione malinconica o drammatica
dell'ambiente.
Eppure le periferie non sono tutte eguali
e neanche sono sempre quello che sta attorno alla città consolidata dalla storia. Associamo sempre all'immagine della periferia
quella di un peduncolo esterno alla città;
ma sono periferie anche quei buchi neri
nei centri storici di grandi città come Palermo che la modernità ha abbandonato per
ricercare altrove nuovi standard e modi di
vita. Sono periferie i vuoti lasciati in eredità dalle aree industriali dismesse. Ci sono
periferie di casermoni e periferie di casette
. Ancora: ci sono quartieri (a Milano, come
a Bologna o a Roma) costruiti tra gli anni
5o e 60 che mostrano anche sotto le crepe
la bellezza autentica di un pensiero sociale
cercatori, ai tutors e ai consulenti (Paolo
Crepet, Marco Ermentini, Mario Abis, Andrea Segrè, Fabio Casiroli, Lamberto Rossi,
altri si aggiungeranno). Dopo pochi minuti,
abbiamo tutti tra le mani il doppio decalogo
stilato dal maestro con il suo inconfondibile pennarello verde: venti temi in ordine
sparso come altrettanti argomenti di discussione concreta. Punto di partenza, un'osservazione che è un invito all'analisi: «qualcuno ha scritto che ci sono quartieri, ci sono
periferie che godono di una bellezza per la
Pagina 62
tradotto in case, in piazza e in strade e che
basterebbe poco a far ritornare alla vitalità
del passato, ripensandone e ritoccandone
gli elementi che non rispondono più alle
esigenze attuali. Cominciano dunque Roberto e Roberta (lui di Alghero, lei di Salerno) a snocciolare dati e riflessioni di questo primo mese di lavoro.
La maggior parte del patrimonio edilizio
ha più di quarant'anni (7o nelle aree metropolitane): ci sono dunque spazi enormi per
interventi diffusi che sono indispensabili
per migliorarne le prestazioni e dunque anche l'attrattività.1l 70 per cento degli italiani è proprietario della casa in cui abita: e
dunque sarebbe importante varare politiche efficaci di autocostruzione e di incentivi che spingano a pratiche virtuose di partecipazione. Gran parte del patrimonio costruito si trova in zone sismiche: e costruire in aree a rischio è un delitto e un danno
grave. Ce n'è abbastanza insomma perché
si invertano quelle dissennate politiche di
incentivi alla costruzione che hanno prodotto in Italia uno dei più frenetici consumi
di suolo («in ,o anni», dice Cucinella, «abbiano consumato 8mq al secondo»), magari anche con il sostegno di una visione ecologica romantica e bucolica che tende ad
esaltare la dispersione e l'autosufficienza
senza considerare i rischi della conseguente dispersione di risorse.
Mettere un freno dunque all'espansione
ARCHITETTI DELLA TAVOLAROTONDA
Segnalazioni
e al consumo di suolo agricolo; incrementare il verde pubblico valutandone l'impatto
sulla bellezza ma anche sulla salute dei cittadini; rivedere gli standard abitativi (quelli
italiani sono oggi sopravvalutati rispetto alla realtà di famiglie che si rimpiccioliscono); pensare a una strategia dei trasporti
che riduca stress e inquinamento con una
mobilità sostenibile; invertire il modello di
sviluppo espansivo non in omaggio a una
generica ideologia della decrescita, ma secondo la logica di un piano di decentramento che riduca gli spostamenti e renda policentrica la grande città.
Tre ore passano in fretta e l'effetto di
gruppo fa presto salire l'adrenalina di una
discussione dove le competenze specifiche del sociologo, dell'urbanista, dello psicologo, dell'ingegnere, dell'agronomo si
confrontano e si scontrano su un terreno
concreto. La sintesi la fa Piano con quella
semplicità diretta che assomiglia, per il
suo buon senso, all'uovo di Colombo: «Bisogna convertire la vulnerabilità in valore. Agire con rispetto ed attenzione; assumere il punto di vista della fragilità della
terra; abbandonare l'idea carismatica della demolizione e della ricostruzione in favore delle buone pratiche di manutenzione e di conservazione. Pensare insomma
al lavoro dell'architetto come all'antica
pratica del rammendo».
IPkODUZIONERISE F
'A
I Re17.2oPia7Roco74 collaboratOY f e ,TioUa771co1,,bi nella Ÿi7d74iofl.eterlutati7s;,olie,ciiNCOYNoflDNt7A.dio del NeYdatoYe LLv"% L aPalo-
, GiuN( a Roma
Pagina 63