Re-Retail

REAL ESTATE
RE-RETAIL
What’s Next?
Punti di vista .....................................
Focus .................................................
Prassi virtuose ..................................
Tendenze ...........................................
Progetti in itinere .............................
In evidenza .......................................
................................................................................................. Editoriale
di Enrico Biasi
Tout va très bien,
Madame la Marquise,
tout va très bien…
“Recita un detto yiddish (pur sempre una lingua di ceppo germanico):
Du kannst nicht auf meinem rucken pishen unt mir sagen class es
regen ist (non mi puoi mingere sulla schiena e dirmi che è pioggia)…”
“I
consumi hanno trainato l’inatteso boom di fine anno
dell’economia tedesca. Grazie al ritorno di una buona
dinamica di crescita salariale, che si prevede continui nei prossimi mesi dopo anni di compressione; grazie a un
tasso d’occupazione robusto e alla brusca discesa dei prezzi
del petrolio che ha aumentato i redditi reali (…). E’ la domanda
interna, dunque, a sostenere il motore tedesco, per la prima
volta in modo limpido e netto. L’economia ha fatto «Bang!»: il
commento entusiastico di Andreas Rees, capo economista per la
Germania di UnicreditResearch, è spiegato con il fatto che «non
è notevole solo la crescita del Pil, ma la sua composizione: per
quanto i singoli elementi non siano ancora disponibili, possiamo
supporre, dalle note dell’Ufficio di statistica, che la stella più
brillante di fine anno non sono state le aziende, comunque in
buona forma, ma il consumatore tedesco». Aggiunge: «Spesso
deriso per essere un taccagno, è lui ad aver contribuito in
maniera forte alla crescita globale, come ci dicono le vendite
al dettaglio». Né si tratta di un’anomalia destinata a svanire:
«Gli ultimi incrementi segnano un trend marcato al rialzo. Nei
primi tre trimestri del 2014 le spese per consumi privati sono
già salite dell’1,75% medio annualizzato. Sospinte da aumenti di
occupazione, salari e ripida discesa del petrolio, ci aspettiamo
che le famiglie mettano mano ancora al portafoglio» (“Così in
Germania è tornata la «voglia» di spendere”, Il Sole 24 Ore, 14
febbraio 2015). Dobbiamo aggiungere altro? Sul piano politico,
siamo intanto in attesa di sviluppi circa la questione greca. “Un
borbottio imbarazzato dalla Francia, un mormorio dall’Italia,
qualche sospiro dall’Irlanda. Ma il tuono che viene dalla Germania — il «no» minacciato alla richiesta condizionata d’aiuto
firmata da Atene — zittisce tutto il resto e dice che qualcosa
di mai visto prima sta avvenendo: uno dei 28 Paesi membri
dell’Unione Europea, teoricamente pari a tutti gli altri, ridisegna
secondo i suoi criteri il principio fondante dell’Ue, la solidarietà comunitaria. (…) C’è un presidente tedesco al Parlamento
europeo (Martin Schulz), c’è un presidente lussemburghese
ma fedelissimo alla signora Merkel che dirige la Commissione
europea (Juncker, appunto), ci sono governi popolari di centro-
destra (almeno per ora e «Podemos» permettendo) che da
Madrid e Lisbona affiancano in ogni mossa la cancelliera, e
ci sono i comunicati berlinesi che da due o tre anni guidano
passo passo l’intero negoziato Atene-Bruxelles: tutto questo
rende cento volte più ingombrante il «nein», il «no» minacciato a Tsipras sul piano di salvataggio Ue; e nello stesso
tempo rende più evidente l’imbarazzo dei vertici europei”.
Vuolsi così colà dove si puote…
“(….) Nessuno giunge a paventare vecchie suggestioni alla
«Deutschland über alles», la Germania sopra tutti. Ma la situazione di oggi può essere ben descritta da una riflessione
di Konrad Adenauer, cancelliere predecessore della Merkel
oltre 60 anni fa, uno dei padri fondatori dell’Ue: «Viviamo
tutti sotto il medesimo cielo, ma non tutti abbiamo lo stesso
orizzonte»” (Luigi Offeddu, Corriere della Sera, 20 febbraio).
Chiosando sobriamente: “Parliamoci chiaro: la troika è una
forma di neocolonialismo…” (citiamo Mario Monti intervistato da Gian Antonio Stella, Corriere della Sera, 15 febbraio).
E più non dimandare...Quanto al Belpaese, nessun timore:
“Oggi l’Italia è in pole position per correre il gran premio
della ripresa” (Renzi dixit). Nella cornice di “In evidenza”
abbiamo riportato qualche dato: giudichi il lettore. En passant, stando all’Istat, l’aumento medio degli stipendi non
cresceva a un ritmo tanto blando dal 1982; le retribuzioni
contrattuali orarie nella media del 2014 sono infatti salite
soltanto dell’1,3%: la variazione più bassa dall’anno d’inizio
delle serie storiche. Sosteneva l’indimenticato Freak Antoni:
“Si dice che una volta toccato il fondo non puoi che risalire.
A me capita di cominciare a scavare”. Chiedendo venia
per la vena autocitazionistica, menzioniamo il titolo degli
editoriali di RE-Retail 104, 105 e 106, ai quali ci permettiamo
di rimandare: “La sfiducia tocca lo zenit: e le stelle stanno a
guardare…”; “Ed ora io domando tempo al tempo ed egli
mi risponde… non ne ho!” “Una domanda sorge spontanea:
e se davvero il difetto stesse nel manico?”. “Non c’è gusto
in Italia ad essere intelligenti” (disem inscì)…
RE 116 - Febbraio - Marzo 2015
59
Punti di vista – What’s Next?
Roberto Bramati - Presidente Spazio Futuro Group e Presidente Commissione Consultiva
CNCC Food & Food Court
“Anche dopo il diluvio
è tornato il sereno”
“Malgrado le oggettive difficoltà congiunturali,
gli operatori accorti non devono rinunciare a
ragionare in prospettiva, utilizzando le molteplici
leve dell’innovazione”
“C
i siamo appena lasciati alle
spalle un altro annus horribilis, sul piano economicofinanziario generale e in termini di andamento complessivo dell’industria tricolore
dei centri commerciali, penalizzata dal
decremento del reddito medio e dall’erosione del potere d’acquisto dei cittadini
e consumatori italiani, oltre che da un
paralizzante senso d’incertezza, alimentato
da dinamiche che sfuggono ai più. Come
attestano tutti i dati disponibili, quale che
sia la fonte, se le difficoltà del Belpaese affondano le radici in un passato imperfetto,
pare piuttosto evidente, senza volere qui
entrare nel dettaglio “tecnico”, che il clima
di forzosa austerità che ha segnato l’ultimo
periodo non ha certo aiutato a rasserenare
gli animi. In breve: molti nodi sono venuti
al pettine, con conseguenze sotto gli occhi
di tutti. La serie storica dell’Indice Nazionale per il valore delle vendite dei Centri
Commerciali elaborato dalla Commissione
Consultiva Research CNCC è al riguardo
illuminante: all’iniziale tenuta del sistema
ha fatto seguito un arretramento vistoso. Ne
discende che gli operatori della filiera si
trovano a dover affrontare, ognuno per la
parte di competenza, condizioni competitive sempre più impegnative, dovendo
spesso adottare per necessità (o scarsa
virtù), misure che vanno in direzione della
ricerca del mantenimento dell’equilibrio,
per quanto precario: ci riferiamo al tema
del cost cutting, purtroppo talvolta necessario, date le circostanze, ma i cui effetti
non vanno sottovalutati.
60
RE 116 - Febbraio - Marzo 2015
Come ha recentemente sostenuto Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, con
un’azzeccata metafora, è come se per far
fronte all’interruzione del riscaldamento
domestico, anziché intervenire a monte
sulle cause scatenanti, si decidesse di
dare fuoco ai mobili: ricavandone un sollievo di breve durata, a costo di un palese aggravamento delle criticità. Eppure,
troppi player stanno perdendo di vista
il quadro prospettico e navigano a vista,
cercando soltanto di mantenersi in linea
di galleggiamento: a scapito della qualità
offerta. Non intendiamo peraltro sminuire
i condizionamenti dell’attuale fase: e tra
i fattori che impattano negativamente,
la questione dell’accesso (o per meglio
dire della quasi impossibilità di accesso)
al credito meriterebbe una trattazione a
parte. Restiamo però convinti che affrontare la congiuntura in chiave difensiva
non possa che candidare all’irrilevanza.
Per questo abbiamo continuato a investire, con oculatezza ma senza tentennamenti, consci del fatto che il mondo non
è finito nel 2012, a dispetto della nota
profezia Maya, né finirà prossimamente:
e che il processo di selezione in atto premierà i player più lungimiranti”.
Ripresa e innovazione
A distanza di due anni dall’intervento
succitato, non si può dire che la situazione
sia mutata in meglio: anzi, l’accanimento
della congiuntura economica prosegue,
determinando pesanti effetti per una filiera dei centri commerciali quasi irri-
conoscibile rispetto agli anni ruggenti.
Il nostro non era peraltro un esercizio
ispirato a un corrivo “ottimismo della
volontà”: e quanto sopra espresso resta,
mutatis mutandis, di stringente attualità. Certo, i condizionamenti esogeni di
cui parlavamo si sono via via acuiti e il
coefficiente di difficoltà per le aziende
settoriali è sempre più alto: come ben sa
chi opera sul campo. Restiamo comunque
fiduciosi circa le prospettive del settore.
Il biennio 2015-2016 denota un’incoraggiante pipeline di iniziative di sviluppo,
dopo due anni di “vacche magrissime”
(per capirci meglio, secondo Reno ci
sono state 6 aperture nel 2014 e 8 l’anno
precedente, a fronte delle 58 del 2007…),
comprensiva di centri di attrazione regionale e super-regionale. E tra i progetti
in itinere citiamo almeno Arese (area ex
Alfa Romeo): un investimento che supera
i 700 milioni di euro. Grande è poi l’attesa per Westfield Milan a Segrate, con
Galeries Lafayette come ancora non alimentare (ma si parla del 2017-2018). Una
cosa dovrebbe però ormai essere chiara
a tutti: niente è (e sarà) come prima. Chi
si ferma è perduto, ma chi avanza senza
essere cosciente del nuovo campo di
forze rischia di finire nel baratro; e di cadere su chi l’ha preceduto. La chiave per
competere con successo è l’innovazione:
che riguarda concept e merchandising
mix (l’omologazione non paga), soluzioni
tecnico-progettuali (si pensi ai temi “green”), approcci gestionali (asset, property,
facility management).
RE-RETAIL
Punti di vista – What’s Next?
I Am the Secret Player
“ Taciturnitas stulto homini
pro sapientia est…”
“È facile dire: “Eccomi!” Bisogna anche esserci”, secondo
Stanislaw Lec, per il quale “La verità viene sempre a galla.
Per questo deve subito prendere il largo”. Peraltro, è noto
che “nella storia contano anche i fatti non avvenuti”…
“C
he cos’è l’effrazione di una
banca di fronte alla fondazione di una banca?” si
chiedeva retoricamente Bertold Brecht
ne L’opera da tre soldi. Un concetto che
persino alcuni banchieri hanno recepito,
stando alle cronache. E la diffusa mala
gestio degli anni scorsi pesa come un
macigno sul credito.
A seguito del perdurare della crisi e dei
suoi effetti, la rischiosità dei prestiti in
Italia è ulteriormente cresciuta, le sofferenze lorde sono risultate ad aprile 2014
pari a 166,4 miliardi, dai 164,6 miliardi di
marzo. Il rapporto sofferenze lorde su impieghi è dell’8,8% (6,8% un anno prima,
2,8% a fine 2007). Anche le sofferenze
nette registrano un aumento, passando
dai 75,7 miliardi di marzo ai 76,7 miliardi
di aprile” (Rapporto mensile ABI - giugno
2014). Risultati cui non sono estranei i
cascami del “capitalismo di relazione” de
noantri, con la solita compagnia di giro in
cartellone. Al riguardo, si sente parlare
da tempo della possibile istituzione di
una bad bank, more spagnolo, in cui far
confluire i crediti incagliati: una soluzione
non priva di rischi, che potrebbe forse
rivelarsi il minore dei mali. Più in generale, sul versante dell’erogazione, “dal
2009 solo le prime 10 banche quotate
hanno sforbiciato crediti alla clientela
per la cifra record di 120 miliardi, quasi
un decimo dell’intero portafoglio prestiti
di fine 2009. Solo le due big, UniCredit
e Intesa, hanno cumulato una limatura
secca per oltre 90 miliardi. E che dire
del Monte dei Paschi? La banca di Siena
travolta più delle altre dalla crisi e dalla
gestione disastrosa di Mussari & C. ha visto nebulizzare prestiti per 21 miliardi su
152 miliardi pre-crisi (…) e il patrimonio
netto si è più che dimezzato negli ultimi
4 anni” (Il Sole 24 Ore, 19 luglio 2014).
Quanto alla prossima massiccia iniezione
di liquidità da parte della Bce di Mario
Draghi, per quanto ci sforziamo non riusciamo a condividere l’ottimismo asperso
di entusiasmo di taluni osservatori: giusta
l’illuminante esperienza del 2011-2012,
non è infatti improbabile che contribuisca
in primis ad allargare lo stock di debito
pubblico italiano in portafoglio (400 miliardi a oggi, ovvero il doppio del 2009),
con le implicazioni del caso: anche per
il comparto immobiliare nel suo insieme,
che continua a essere penalizzato dalla
rarefazione del capitale di debito, malgrado la sua potenziale rilevanza strategica
ai fini della ripresa. Insomma, Brecht per
Brecht “Aber etwas fehlt!” (“Ma qualcosa
manca!”, Ascesa e caduta della città di
Mahagonny). E le chiacchiere stanno comunque a zero”.
“Ladrillo” y ladrones
Così ci esprimevamo nell’intervista pubblicata su RE-Retail 114. La situazione è
poi prevedibilmente peggiorata. Secondo
l’ultimo rapporto mensile, le sofferenze
lorde hanno superato quota 181 miliardi a
novembre 2014 (9,5% in rapporto agli impieghi totali). E stando a un recente studio
del Fondo Monetario Internazionale, dal
2008 l’insieme dei Non Performing Loans
è aumentato al ritmo del 20% annuo, raggiungendo nel giugno 2014 la cifra monstre di 333 miliardi (equivalente al 24%
del nostro PIL e al 16,8% del totale dei
prestiti). Intanto, pure l’Ocse ha sottolineato il ritardo italiano in materia di NPLs.
Bankitalia sta caldeggiando con forza la
costituzione di un veicolo a garanzia pubblica, onde alleggerire i bilanci e liberare
risorse. Vedremo quali saranno le modalità prescelte e chi ne pagherà i costi. Il
presidente dell’ABI Patuelli ha già messo
le mani avanti: “Non chiamatela bad bank:
stiamo facendo un intervento a favore
dell’economia, non un salvataggio del
sistema bancario”. Come no. E che dire
del decreto “fast & furious” sulle banche
popolari, in discussione mentre scriviamo? A proposito di Spagna: l’istituzione
del Frob (Fondo de Reestructuración Ordenada Bancaria) risale al giugno 2009;
la Sareb (Sociedad de Gestión de Activos
Procedentes de la Reestructuración Bancaria) - entità privata di cui Frob detiene
il 45%, cui sono stati conferiti in due fasi
quasi 200.000 “activos” (80% finanziari
e 20% immobiliari), per un ammontare
di 50.781 milioni di euro, da dismettere
nell’arco di 15 anni, ottimizzandone il valore - è stata invece creata nel novembre
2012. In cauda: per effetto del rosso da
5,3 miliardi dei conti 2014, lo Stato sarà
costretto a diventare azionista di Mps,
come previsto dalle clausole del contratto
firmato due anni fa per i “Monti bond”.
Non l’avremmo giammai creduto…
RE 116 - Febbraio - Marzo 2015 61
Punti di vista – What’s Next?
Mauro Rossetti - Ceo Network Propaganda
“Coltivare il brand fa
crescere la bottom line”
“Siamo nel mezzo di una fase di transizione e
cambiare paradigma per ambire a raggiungere
equilibri più avanzati è una necessità vitale che
riguarda tutti gli operatori della filiera settoriale”
“C
Iascun centro commerciale
deve essere considerato
alla stregua di un organismo vivente e rappresenta un unicum sotto
il profilo degli elementi costitutivi che ne
caratterizzano il dna, inserendosi in un
campo di forze peculiare, che contribuisce
a modellarlo, secondo un processo evolutivo rispondente, in ultima analisi, alle leggi
universali della biologia. In termini di
crescita, conditio sine qua non per creare
quel quid che faccia davvero la differenza,
al netto della sloganistica all’ingrosso,
favorendo l’obiettivo principe di generare
un incremento delle vendite che non sia
circostanziale, ovvero risulti sostenibile
nel lungo termine, è proprio una costante
azione volta al rafforzamento della sua
precipua identità. Ne discende che la priorità strategica della valorizzazione della
brand equity non può che essere la stella
polare di qualunque sensata pianificazione
in materia di marketing, nell’accezione
lata: essendo acclarato che, a fronte di un
elevato tasso di insostituibilità, lo sforzo
richiesto per convincere il visitatore a
impegnarsi, divenendo un ambasciatore
della marca/shopping centre, diminuisce
drasticamente, permettendo così di massimizzare il grado di preferenza e il legame
personale con la singola realtà. Ove tale
parametro sia invece negletto, il potenziale di qualsivoglia attività non può che
risentirne, disperdendosi per mille rivoli
di dubbia produttività. La chiave di volta
del successo della proposta è insomma
un posizionamento consapevole e mirato,
62
RE 116 - Febbraio - Marzo 2015
che permetta di distinguersi in virtù delle
proprie connaturate specificità, sviluppando in parallelo una feconda interazione
dialettica con tutti i portatori d’interesse
nell’ambito del territorio e delle comunità
di riferimento; veicolando un’immagine
coerente, che riproduca valori, vocazione
e visione del centro per cementare il senso d’appartenenza degli utenti”. L’incipit
dell’intervista pubblicata su RE-Retai 104,
acquista ulteriore significato alla luce dello
scenario attuale, segnato dal protrarsi di
una crisi di cui si stenta a intravvedere
la fine.
Un passo indietro e due avanti
Per il mercato dei centri commerciali
l’esplosione della bolla finanziario-immobiliare e la successiva congiuntura
economica si sono rivelati la cartina di
tornasole della fragile consistenza degli approcci prevalenti, evidenziandone
i congeniti limiti; e l’oggettiva incapacità
di affrontare le multiformi sfide di un
presente che prefigura, in nuce, scenari futuribili di inusitata complessità: sul
piano culturale, nonché dell’operatività
quotidiana.
Le risultanze del pionieristico sondaggio
“Retail Return on Marketing Effort (Rrome)”, che abbiamo condotto nel 2010
in collaborazione con Greenhouse|BBC
(oggi Narroway), davano l’autentica misura della relativa arretratezza del sistema domestico. Basti pensare che per il
50% del campione interpellato la brand
equity (ossia il tasso di insostituibilità
della marca) non costituiva un target (con
un 14,7% di “non saprei”); e solamente
il 17,6% ne considerava l’incremento un
obiettivo-chiave, mentre il 35,3% propendeva per “abbastanza”. Non sorprende
dunque che molti player siano stati spiazzati dalla contingenza; venendo pure meno il supporto dei budget pre-crisi, compressi a causa del riflesso condizionato
del “cost cutting” (o “spending review”
che dir si voglia). Tuttavia, è la materiale
allocazione delle risorse disponibili –
cioè il modo in cui si spende/investe – il
fattore decisivo. Il concetto distintivo di
MARCATING® di Network Propaganda
è stato illustrato su queste pagine da diversi angoli visuali. Vogliamo qui ribadire
che è innanzitutto necessario nutrire la
relazione tra il centro stesso e i suoi frequentatori: essendo proprio il rapporto
di marca a incidere in maniera esponenziale sul ciclo delle vendite. In tale ottica,
i risultati immediati e quelli a lungo termine devono rientrare in una strategia
integrata, onde massimizzare i ritorni:
tangibili (nonché misurabili) e intangibili. L’iper-concorrenzialità di un comparto
ancora in arretramento è un dato di fatto;
ma è l’attrattività del format, pensato in
origine come risposta onnicomprensiva
alle esigenze della famiglia tradizionale,
a essere in discussione, in un ambiente
omni-channel dove la dimensione fisica
e quella digitale sono compenetrate, con
modelli di consumo sempre più sofisticati, segmentati ed eterogenei. Il futuro non
è davvero più quello di una volta.
Punti di vista - What’s Next?
Davide Viganò - Presidente ArcotecnicaGroup
RE-RETAIL
“Il faticoso lavoro supera
tutte le difficoltà…”
“Il Gruppo Arcotecnica percorre la strada maestra
dell’internazionalizzazione, grazie a un team di 250
professionisti che coprono l’intera catena del valore,
nel segno della “deontologia del fare”
“P
resentando EIRE, Antonio
Intiglietta ha sottolineato
come sia “giunto il momento
di interrogarsi e di cambiare”, indicando
l’obiettivo da perseguire: “proveremo a
delineare le priorità di un settore che
continua a rappresentare la spina dorsale
del sistema-Paese. Si tratta di una sfida che
possiamo vincere: le enormi potenzialità di
cui disponiamo - se messe a frutto - possono rimettere finalmente in moto la nostra
economia. Mi riferisco, innanzitutto, alla
genialità umana tipica degli italiani, che
si esprime anche attraverso la capacità
progettuale nel campo del real estate”;
auspicando altresì che “ognuno faccia la
sua parte per rilanciare e rendere competitivo il Belpaese. Il peggio è alle spalle ma
chi ha tempo non aspetti tempo”. Un invito
che condividiamo a tal punto da averlo tradotto in atto preventivamente, soprattutto
esportando in diversi Paesi del mondo
i nostri progetti, “frutto” della suddetta
“genialità” italiana. Certo, “generalmente
è più utile fare i conti con i nostri difetti che
fare sfoggio di ciò che siamo riusciti a fare”,
per dirla con Thomas Carlyle: ma possiamo
rivendicare con orgoglio quanto abbiamo
saputo realizzare in questi difficili anni. E ci
limitiamo qui a menzionare l’apertura dei
primi due cantieri nell’ambito del progetto
Jihua Park, il primo network di Destination
Center al mondo in via di sviluppo sul territorio cinese. Rispetto al mercato italiano,
la situazione è in chiaroscuro, sebbene si
intravvedano i primi segni di un’inversione
del ciclo. Peraltro, il campo di possibilità sa-
rebbe notevole: ma, per sfruttarne appieno
le molteplici opportunità, necessiteremmo
di un cambio di passo a livello legislativo.
Cosa servirebbe davvero, a parte una
adeguata ma non straordinaria dose di
coraggio e imprenditorialità? Per limitarci
a un esempio, partendo dal governo del
territorio, una legge urbanistica fondamentale a livello nazionale. E’ poi risaputo
che gran parte del patrimonio immobiliare
esistente richiederebbe interventi sostanziali, nel segno di quelle che chiamo le
5 R (Razionalizzazione, Riqualificazione,
Recupero, Rigenerazione, Riallocazione).”
L’intervento sopra richiamato (riprodotto
omettendo caritatevolmente la parte conclusiva circa l’Italia “paradiso dei pigri”)
apriva l’intervista pubblicata su RE-Retail
114, ove abbiamo approfondito alcuni dei
temi salienti dell’odierna fase di mercato;
e alla quale rimandiamo, ricordandone
la chiusa: “Urgerebbe riportare al centro
quell’imprenditorialità che è nel nostro
dna”.
Uno dei principali problemi del real estate italico è infatti la storica refrattarietà a
pensare in termini imprenditoriali oltre
che strategici: particolarmente evidente
nel segmento commerciale. Rispetto ai
capital markets, notavamo che “gli investitori tendono a limitarsi a categorie
d’impronta tradizionale, dimostrando una
certa inerzia mentale, nonché una propensione al rischio men che modesta;”
aggiungendo che “l’aspetto culturale è
fondamentale: si continua a ragionare pedissequamente, secondo una tassonomia
ormai superata dal corso degli eventi. E lo
stock nazionale resta contrassegnato da
una piatta omologazione, frutto della comoda prudenza e della vocazione seriale”. Se “c’è un Italian Style vincente, che
dobbiamo valorizzare”, il “saper fare”
nel segno dell’imprenditorialità è l’ubi
consistam. Per imprenditorialità s’intende l“insieme dei requisiti necessari per
svolgere la funzione dell’imprenditore,
consistenti essenzialmente nella volontà e
nella capacità di promuovere e organizzare un’impresa economica, insieme con la
disponibilità ad affrontarne i rischi. Questa attitudine si manifesta nella ricerca di
soluzioni originali o creative nella sfida o
confronto con le altre imprese, incluso lo
sviluppo o il miglioramento di prodotti
o servizi, l’uso di nuove tecnologie e di
nuove tecniche amministrative” (fonte:
Treccani). Nell’immobiliare bisognerebbe tenere in considerazione anche la
durata: che non può limitarsi al breve
periodo, secondo i desiderata di troppi
investitori puramente finanziari; nonché
le tecniche (architettura, ingegneria, urbanistica) che generano il prodotto. L’innovatività è una dimensione essenziale
dell’orientamento imprenditoriale. Tale
propensione non è particolarmente diffusa nel nostro Paese, né apprezzata dai
più: sicché, non ci stupisce che il nostro
know-how distintivo e i formati innovativi
che proponiamo trovino terreno fertile
oltre i confini nazionali, dal Vicino all’Estremo Oriente; ma non demordiamo:
gutta cavat lapidem…
RE 116 - Febbraio - Marzo 2015 63
Prassi Virtuose
I Breeam Awards 2015
premiano la sensibilità
“green” paneuropea
Aumentano i player operanti secondo il più
diffuso protocollo di valutazione ambientale
a livello mondiale, affermatosi anche in Italia,
grazie all’opera di un’avanguardia cosciente
N
el corso della cena di gala che si
terrà il 3 marzo presso The London Marriott Hotel al termine della prima delle tre giornate di Ecobuild kermesse supportata da NICEIC, HETAS e
MCS, che nella passata edizione ha visto
la partecipazione di oltre 18.000 visitatori
ed è imperniata da quest’anno sulle due
distinte componenti Sustainable Design &
Construction ed Energy (per maggiori informazioni rimandiamo a www.ecobuild.
co.uk) - saranno consegnati i Breeam Awards
2015, riconoscimento che premia le migliori
realizzazioni certificate giusta i dettami del
principale protocollo mondiale in materia
di sostenibilità ambientale lato sensu, in or-
Nave de Vero - Marghera
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RE 116 - Febbraio - Marzo 2015
dine a varie tipologie e aree tematiche. Le
candidature selezionate includono un’ampia
gamma di edifici a elevato quoziente d’innovazione, in rappresentanza dell’intera Gran
Bretagna e di numerosi Paesi dell’Europa
continentale, tra i quali si segnalano Repubblica Ceca, Francia, Norvegia, Romania e
Svezia. La shortlist riguardante il settore retail
comprende Citti Park Flensburg (Germania), Fornebu S (Norvegia), Tarasy Zamkowe
(Lublino, Polonia), John Lewis Ashford, Mall
of Scandinavia (Stoccolma, Svezia) per la categoria New Construction; 107-109 Charing
Cross Road, Londra e John Lewis,York (Refurbishment & Fit-Out); il quintetto transalpino
La Caserne de Bonne (Grenoble), Docks 76
La Caserne de Bonne - Grenoble
(Rouen), Labège 2 (Tolosa), Ulis 2 (Parigi) e
Bay 2 Collégien, egualmente ubicato nella
Ville Lumière (In-Use). Come rilevato dal patron di Spazio Futuro Group Roberto Bramati
a uso dei nostri lettori (si veda RE-Retail 108,
pag. 63) Breeam è “un sistema di certificazione su base volontaria, che definisce i criteri di progettazione, costruzione e gestione
grazie all’adozione di parametri prestabiliti
e rimandando a standard riconosciuti e condivisi. In sintesi, è fondato su un sistema di
crediti, che sono attribuiti relativamente a
dieci categorie di valutazione in base alle
prestazioni misurate, includendo molteplici
aspetti concernenti il consumo di energia
e di acqua, l’ambiente interno (salute e benessere), l’inquinamento prodotto, nonché
altri elementi quali trasporti, materiali, rifiuti
e processi gestionali. I crediti vengono poi
sommati per ottenere un unico punteggio
complessivo, che si articola in cinque livelli:
Pass, Good, Very Good, Excellent e Outstanding. Al di fuori del Regno Unito vengono
applicati Breeam International, certificazione
inerente ai nuovi edifici e ai progetti in costruzione, nonché Breeam In Use, che punta a
favorire le pratiche finalizzate al contenimento dei costi di gestione e al miglioramento
complessivo delle performance ambientali
degli immobili già costruiti”. L’azienda milanese rientra nel ristretto novero dei player
autoctoni specializzati. Rispetto al contesto
italiano, merita una speciale menzione l’avveniristico centro commerciale veneziano Nave
de Vero, appartenente a Corio, inaugurato
nell’aprile scorso.
RE-RETAIL
Prassi Virtuose
Freccia Rossa ottiene due
certificazioni internazionali
per le sue buone pratiche
L’89% dei centri commerciali facenti parte
del portafoglio di Sonae Sierra è certificato
ISO 14001, mentre il 63% degli asset riflette
quanto fissato dallo standard OHSAS 18001
I
l centro commerciale Freccia Rossa, di
proprietà per il 50% di Sonae Sierra
(Portogallo), per il 40% di Aig Real Estate Partners L.P. (Stati Uniti) e per il 10% di
Coimpredil (Italia) e gestito da Sonae Sierra, ha ottenuto le certificazioni ISO 14001 e
OHSAS 18001, in virtù della corretta gestione
dei propri sistemi Ambientale e di Salute
e Sicurezza. L’Environmental Management
System di cui è dotata la struttura bresciana
è stato progettato per migliorarne la performance complessiva sul piano dell’ecocompatibilità, per controllare l’impatto che
le attività svolte possono avere sull’ambiente
e per rafforzare l’impegno della società ai
fini del raggiungimento di una maggiore
efficienza e di un conseguente aumento del
valore patrimoniale. Grazie all’adozione di
questo sistema sono state regolarmente monitorate sia le prestazioni energetiche sia i
livelli di consumo idrico e di riciclo dei rifiuti,
rendendo possibile l’introduzione di una serie di misure volte a ottimizzarli. Tale visione,
in linea con l’obiettivo di crescita sostenibile
perseguito dal player di matrice lusitana,
contraddistingue tutti gli asset in portafoglio.
José Maria Robles, General Manager Property Management di Sonae Sierra in Italia, ha
affermato: “Come tutti i centri commerciali
gestiti da Sonae Sierra, Freccia Rossa si caratterizza per un profondo impegno verso
l’Ambiente e verso ciò che riguarda la Salute
e Sicurezza sul luogo di lavoro. Il riconoscimento ottenuto con l’attribuzione di queste
due certificazioni dimostra la qualità delle regole e delle procedure che abbiamo adottato
per minimizzare l’impatto delle nostre attività
sull’ambiente, e conferma altresì l’impegno
che ogni giorno dedichiamo all’applicazione
dei migliori standard di sicurezza in tutti i
nostri centri commerciali, per offrire un luogo
sicuro per l’attività del nostro personale e per
lo svago dei nostri visitatori. Ad oggi, tutto il
nostro portafoglio italiano è certificato ISO
14001 e OHSAS 18001, rafforzando la nostra
posizione e la nostra reputazione di pionieri
internazionali in materia di centri commerciali sostenibili”.
Le certificazioni ISO 14001 e OHSAS 18001
Sonae Sierra in pillole
ISO 14001 è uno standard internazionale sviluppato dall’International Organization for Standardization (ISO), che fornisce linee guida
comuni alle quali un’organizzazione dovrebbe attenersi per migliorare il proprio sistema di gestione ambientale. L’ottenimento della
Certificazione ISO 14001 non è obbligatorio, ma rappresenta una
decisione dell’azienda che autonomamente decide di controllare
l’impatto della propria attività e che si impegna in modo sistematico a ridurre tale impatto, modificando i propri comportamenti e
adattandoli allo standard europeo. La Certificazione OHSAS 18001
riconosce invece l’applicazione volontaria di un sistema di controllo
della Salute e Sicurezza sul luogo di lavoro, oltre all’obbligatoria
osservanza delle leggi vigenti. L’OHSAS 18001 è riconosciuto come
il principale standard al mondo in materia di Salute e Sicurezza.
Sonae Sierra, www.sonaesierra.com, è lo specialista internazionale dei centri commerciali, che mira a creare esperienze di
shopping innovative. La società è proprietaria di 46 centri commerciali con un valore di mercato di oltre 5,9 miliardi di euro ed
è presente in 4 continenti e 14 paesi: Portogallo, Algeria, Azerbaijan, Brasile, Colombia, Cina, Germania, Grecia, Italia, Marocco, Romania, Russia, Spagna e Turchia. Complessivamente
Sonae Sierra è responsabile per la gestione e/o il letting di 85
centri commerciali, per una superficie lorda affittabile complessiva pari a 2,7 milioni di mq. e un totale di circa 8.300 affittuari.
Nel 2013 i suoi Centri hanno ospitato oltre 406 milioni di visite.
Attualmente, Sonae Sierra ha 7 progetti in fase di sviluppo, di cui
3 per terze parti, e 4 nuovi progetti in pipeline.
Fonte: Sonae Sierra
Fonte: Sonae Sierra
RE 116 - Febbraio - Marzo 2015
65
Progetti in itinere
Niguarda Shopping Gallery
raddoppia la propria offerta
Il secondo blocco consta di 13 punti vendita,
con un minimarket Conad in qualità di àncora
e i nuovi format del gruppo Cir che spiccano
nell’ambito delle proposte della ristorazione
Roberto Marchetti, direttore commerciale e sviluppo Cogest Retail
N
iguarda Shopping Gallery, l’innovativa struttura commerciale
inaugurata nel novembre 2010
all’interno di Niguarda Cà Granda, il più
grande ospedale milanese (per un approfondimento rimandiamo a RE-Retail 111,
pag. 67), raddoppia mediante una seconda
tranche di negozi. Il Blocco Nord propone
13 unità, distribuite su una Gla di 1.200 mq,
portando a 28 il numero dei punti vendita
e a 2.700 mq la superficie lorda affittabile
totale. Anche la nuova componente ospiterà,
oltre alla galleria, un self-service, un CUP,
diversi reparti e ambulatori. Tra le novità, figura l’inserimento di un minimarket Conad Sapori&Dintorni, che intende rappresentare
un’àncora di grande attrazione. Gli altri punti
vendita presenti a seguito dell’ampliamento
sono: Chicco, Primigi, Blu & Magenta intimo
0-12, Igi&Co, Lama Optical, Ronchi-Ethos
Profumerie, Gioiapura, Lava&Cuce lavanderia e sartoria, Dolceria Zanetti, Yoyogurth e
i nuovi format della ristorazione del gruppo
Cir, tra i quali Chiccotosto.
“Quando abbiamo iniziato a commercializzare il primo blocco, non avevamo la possibilità di confrontarci con nessun progetto
analogo. Siamo partiti quindi da un’analisi
delle esigenze del bacino (stimato in circa
13.000 presenze giornaliere tra dipendenti
dell’ospedale, degenti, pazienti per visite
ed esami, visitatori a vario titolo) per costruire un mix merceologico e di insegne che
rispecchiasse la domanda potenziale di target così diversi”, spiega Roberto Marchetti,
direttore commerciale e sviluppo di Cogest
Retail, incaricata della commercializzazione
e gestione della gallery. “I risultati, in termini
di fatturati e gradimento dei clienti, ci hanno
dato ragione. Il fatto poi di gestire la galleria ci ha permesso di raccogliere ulteriori
66
RE 116 - Febbraio - Marzo 2015
informazioni, che sono state preziose per la
seconda fase di commercializzazione.”
“Per il Blocco Nord abbiamo lavorato con
due obiettivi: in primis abbiamo pensato
a potenziare l’attrattività complessiva della
doppia galleria, creando sinergia tra i due
poli. In secondo luogo, ci siamo focalizzati
su punti vendita che, oltre ad essere sicuramente originali e innovativi rispetto al contesto, tenessero in debito conto le esigenze
di target specifici”, aggiunge Enrico Conti,
della divisione commerciale di Cogest Retail. “Visto che nel Padiglione si trovano, tra
gli altri reparti specialistici, anche quelli di
Medicina materno-infantile e di oculistica,
abbiamo puntato su puericultura, giocattoli,
abbigliamento e intimo bambini, ottica, oltre
ad articoli da regalo e ristorazione.”
Niguarda Shopping Gallery è stata progettata e realizzata da PROGENI (CMB).
Cogest Retail e PROGENI in pillole
Cogest Retail, www.cogestretail.com, è leader nella commercializzazione e nella gestione di centri
commerciali e complessi polivalenti. Forte dell’esperienza maturata in 20 anni nella gestione di
85 shopping mall, Cogest Retail ha il know-how, l’organizzazione e gli strumenti per soddisfare le
esigenze di tutti gli operatori - investitori, promotori, “tenant” - massimizzandone il successo commerciale e valorizzando le strutture e l’investimento immobiliare.
CMB, una delle prime imprese italiane di costruzioni, per il nuovo Niguarda ha costituito nel 2005
PROGENI S.p.A., abbreviazione di “PROGEtto NIguarda”, che con la formula del project financing,
ha progettato e costruito le opere, facendo attentamente proprie le esigenze della Direzione Sanitaria
e adottando soluzioni tecnologiche d’avanguardia. L’opera è stata completata in due fasi ed in tempi
record: nella prima sono stati realizzati il Blocco Sud, il Polo Tecnologico e il Polo Logistico; nella
seconda è stato realizzato il Blocco Nord.
Fonte: Cogest Retail
RE-RETAIL
Progetti in itinere
L’iter per la trasformazione del
Portello è in dirittura d’arrivo
Fondazione Fiera Milano punta a valorizzare il
padiglione 1-2, nell’ottica dell’insediamento di
funzioni sinergiche al MiCo-Milano Congressi
e aperte alla città, in una zona in forte sviluppo
S
i è chiuso il 31 gennaio 2015 il bando
per la valorizzazione e riqualificazione del padiglione 1–2 del Portello, a Fieramilanocity, resa possibile dalla
variante all’Accordo di Programma Fiera,
promosso dal Comune di Milano e dalla
Regione Lombardia, che permette l’introduzione di funzioni compatibili con quelle
fieristico-congressuali, in un ambito che
vede un significativo sviluppo urbano di
aree già dismesse. Tale procedura “mira a
verificare con gli operatori del real estate i
contenuti funzionali dell’intervento, la struttura finanziaria e societaria dell’operazione
e il concreto sviluppo dell’iniziativa”, come
recita la nota stampa. “Sono pervenute alla
Fondazione N° 6 (sei) manifestazioni d’interesse, che hanno proposto molteplici e
diversi contenuti funzionali dell’intervento
di riqualificazione, quali ad esempio strutture di accoglienza-alberghiere, funzioni
di intrattenimento e tempo libero, spazi
commerciali, centro benessere e termali,
centri sanitari e medico-sportivi, centri per
eventi musicali e creativi, stadio calcistico e servizi annessi, strutture educative,
ristorazione diversificata, attività sportive
outdoor e indoor, sistema integrato del
verde. I proponenti sono: la costituenda
ATI fra ArcotecnicaGroup SpA-CILE SpAPFK Consulting, l’A.C. Milan e Arup Italia
s.r.l., la Prelios SpA, la Saggese SpA, il
Sig. Giampiero Viola, la Vitali SpA e STAM
Europe S.A.”.
La valutazione delle manifestazioni d’interesse è stata avviata dal Comitato Esecutivo di Fondazione Fiera Milano nella seduta
del 2 febbraio scorso, seguendo i criteri
indicati nell’avviso di manifestazione d’interesse, pubblicato il 15 ottobre 2014, e
nelle linee guida per la presentazione delle proposte, segnatamente:
• “mantenimento da parte di Fondazione
Fiera Milano della proprietà dell’immobile, che sarà conferito nell’operazione;
• compatibilità e sinergia delle funzioni
proposte con le attività fieristico-congressuali di Fieramilanocity e del MiCo-Milano Congressi, anche con riferimento agli
aspetti di mobilità e sosta;
• presenza di funzioni d’interesse generale;
• modalità con cui strutturare l’iniziativa dal
punto di vista societario e finanziario;
• composizione e competenza del proposal
team;
• tempi previsti per l’operazione.”
Secondo il Presidente di Fondazione Fiera
Milano Benito Benedini, “E’ una grande
soddisfazione constatare che, in un momento di difficoltà per il settore immobiliare, la nostra proposta abbia raccolto diverse e qualificate manifestazioni d’interesse.
Esamineremo le proposte, attenendoci ai
criteri esplicitati, in modo trasparente e
completo, nel bando e nelle linee guida, al
fine di individuare nuove funzioni, anche di
interesse pubblico, adeguate alle esigenze
di una città in continua trasformazione,
coerentemente con gli indirizzi pubblici locali. (…) Il tutto ovviamente in una logica di
tutela degli interessi della Fondazione e di
condivisione con le istituzioni competenti.
Quindi la valutazione non sarà solo economica ma terrà conto di come le proposte
ricevute potrebbero essere inserite nel
contesto esistente.”
Il Comitato Esecutivo della Fondazione
terminerà il vaglio nel mese di marzo,
mentre le decisioni di competenza di tale
organo verranno sottoposte al Consiglio
Generale in una fase successiva. Abbiamo
intanto avuto modo di visionare l’articolato
progetto dell’ATI guidata da ArcotecnicaGroup, denominato Portello Village: frutto
di un esercizio plurispecialistico incentrato
sul concetto di Community Hub e teso a realizzare un “centro polifunzionale ricettivosportivo-ricreativo e culturale”, ovvero un
“luogo di autentica aggregazione e socializzazione” - di elevato profilo qualitativo
e ricco di elementi innovativi - “dedicato
principalmente ma non esclusivamente ai
giovani in età matura, al loro benessere
fisico e culturale e al soddisfacimento delle
loro esigenze nel tempo libero: stimolandoli sia mentalmente che fisicamente in
modo attivo (e non passivo), con un’offerta
di servizi e di attività ampi e variegati;
integrato altresì con la previsione di un
Budget Hotel da 140 camere”, come evidenzia Davide Viganò, primum movens di
ArcotecnicaGroup. Insomma: “Una soluzione nel segno della sostenibilità, che fa
coincidere le naturali esigenze economicoreddituali con quelle della cittadinanza,
con un ridotto carico urbanistico: standard
di verde pubblico e parcheggi sono stati
infatti preservati”.
RE 116 - Febbraio - Marzo 2015
67
Focus
Fabio Bandirali - Presidente AICI e Vice Presidente Esecutivo Federimmobiliare
Impiantistica sportiva e opportunità
di creazione di valore nel Belpaese
Lo stadio, considerato come asset produttivo, può
finalmente diventare il fulcro di virtuose iniziative
immobiliari, all’insegna della pluralità di funzioni,
trasformandosi nel contempo in centro di profitto
I
l progetto presentato dall’A.C. Milan nell’ambito del bando per la
riqualificazione del padiglione 1-2
del Portello (Fieramilanocity) ha posto di nuovo l’attenzione su un tema
che, solo pochi anni orsono, veniva dai
più tacciato come risibile; e, in ambito immobiliare, giudicato con valenza
al più folkloristica e archiviato tra i
file diversi, nonostante i molteplici e
virtuosi esempi sviluppati a livello internazionale, più volte rappresentati e
descritti su queste pagine; ma, tant’è,
oggi stiamo assistendo a una baldanzosa e pressoché generalizzata adunanza,
in cui si celebrano le virtù dello stadio
quale superba e taumaturgica panacea
per i cronici mali economici di sport,
economia e Paese. E’ giunto pertanto il
momento di fare il punto della situazione e di procedere con un indispensabile aggiornamento oggettivo della materia. La legge 147/2013, altrimenti nota
come legge di stabilità, art.1 commi
303-306, ha introdotto, seppur in termini generali, quelle norme che più volte
in passato avevamo sollecitato, al fine di
dotare il sistema di precise regole, che
potessero offrire a quanti si dichiaravano interessati a investire nell’impiantistica sportiva tempi certi e possibilmente rapidi, unitamente a procedure
68
RE 116 - Febbraio - Marzo 2015
amministrative semplificate. E gli effetti
positivi si sono subito fatti sentire: il
sindaco Ignazio Marino, dopo l’approvazione della delibera riguardante lo
stadio della Roma (29 voti favorevoli, 8
contrari, 3 astenuti) ha per l’occasione
dichiarato: “Sono orgoglioso: questo è il
primo stadio che si realizzerà secondo
i parametri indicati nella legge nazionale e che sarà applicata per la prima
volta proprio nella Capitale d’Italia”.
Oltre a tale bellissimo progetto, hanno
iniziato a essere sviluppati altri significativi programmi d’investimento: quali,
ad esempio quello summenzionato del
Milan, l’iniziativa della Fiorentina sull’area Mercafir, la riqualificazione del San
Paolo di Napoli e la radicale ristrutturazione del Friuli a Udine; dando un
seguito alla realizzazione dello Juventus
Stadium, rimasto per troppi anni il solo
benchmark domestico del settore. Lo
stadio sembra insomma essere diventato un nuovo protagonista, sebbene di
nicchia, del mercato del real estate in
Italia, sulla scia di quanto già virtuosamente verificatosi all’estero.
Ridefinizione della proprietà
La possibilità di ingresso dell’investitore privato costituisce un fattore essenziale ai fini del successo di tali iniziati-
ve: e stiamo assistendo proprio in questi tempi alla rivoluzione copernicana
del passaggio dalla proprietà pubblica
a quella privata. Com’è arcinoto, l’Italia
è rimasta, buona ultima, il Paese ove
la stragrande maggioranza degli impianti sportivi risulta essere ancora in
mano pubblica: una tradizione di lunga
data, iniziata negli anni ‘30 del secolo
scorso, quando il Comune di Milano
rilevò dalla famiglia Pirelli l’impianto
di San Siro (mentre, e per contro, pochi
anni prima, nel 1924, Il Real Madrid
aveva iniziato la costruzione in proprio
dello stadio Chamartin, divenuto poi il
mitico Bernabeu). Abbiamo più volte
rammentato come questo concetto di
proprietà comportasse anacronistiche
disfunzioni, consolidate inefficienze e
spreco di risorse già scarse: producendo, tra l’altro, un livello di obsolescenza
degli impianti che, limitandoci alla sola
Serie A, raggiunge la rispettabile età
media di 65 anni. La nuova era iniziata
a Torino e avviata a proseguire, a partire da Roma e da Udine, dimostra per
converso come lo stadio possa divenire
un vero e proprio asset immobiliare,
ovvero un centro di profitto e non più
di mero costo, con ricavi caratteristici
tali da renderlo un investimento degno
di interesse.
RE-RETAIL
Multiformi fonti di reddito
Fermandoci un attimo ad analizzare le
tipologie di ricavi generati dall’impianto è possibile osservare come alle più
tradizionali voci relative a ticketing e
abbonamenti (in ogni caso ottimizzate
dal nuovo appeal di un impianto moderno) si vadano ad aggiungere altri e
nuovi proventi: quali, di volta in volta,
la gestione di Skybox e Vip lounge,
la food court, i diritti di pouring, lo
shopping sia dedicato che generalista,
un redditizio sviluppo dei parcheggi,
una economica gestione degli aspetti
energetici, l’attività museale, quella di
entertainment e di leisure, la convegnistica, gli introiti di natura pubblicitaria
e di marketing e, last but not least, i diritti relativi ai cosiddetti naming right.
Lo spazio a disposizione non ci consente purtroppo di effettuare una disamina
esaustiva di tutte queste voci, ma reputiamo in ogni caso opportuno approfondirne almeno un paio, segnatamente
naming right e “green economy”. Con
specifico riferimento al primo elemento, giova forse ricordare che il mercato
mondiale assume valori annui superiori
ai 750 milioni di dollari: importo che
non tiene peraltro ancora conto del
“
Lo spazio a disposizione non ci consente
purtroppo di effettuare una disamina
esaustiva di tutte queste voci, ma reputiamo
in ogni caso opportuno approfondirne
almeno un paio, segnatamente naming
right e “green economy”
contratto in fase di perfezionamento tra
Real Madrid e IPIC (International Petroleum Investment Company), ossia il
gigante petrolifero di Abu Dhabi - proprietario, dall’agosto 2011, del 100%
delle azioni della compagnia petrolifera Cepsa. Tale contratto prevedrebbe
infatti, secondo le ultime indiscrezioni,
una cifra record, intorno ai 500 milioni
di euro (25 per 20 anni), che potrebbe
essere destinata alla pressoché totale
copertura degli ingenti lavori di rinnovo (trattasi della quinta ristrutturazione
dal 1947) dell’impianto madridista, previsti entro la fine del 2017; includendo
la realizzazione di una avveniristica facciata esterna, una nuova copertura e un
“
ulteriore aumento della capienza (da
81.000 a 90.000 posti): il tutto proficuamente integrato con la realizzazione di
un hotel 5 stelle lusso e un centro commerciale. Merita a questo punto sottolineare che questi lavori produrranno un
incremento pari a circa il 30% sui ricavi da
stadio e complessivi della società spagnola; la quale, già attualmente, grazie a 549,5
milioni di euro, è collocata al vertice della
classifica che Deloitte annualmente prepara in materia. Quanto esposto ci induce
pertanto a soffermarci, sia pur brevemente,
sui naming right, cercando di renderne
meglio comprensibili le caratteristiche, i
benefici effetti economici e le potenzialità
di sviluppo.
RE 116 - Febbraio - Marzo 2015
69
Specificità del naming right
La fattispecie è riconducibile a una
categoria particolare di sponsorizzazione, che si circostanzia in una forma di
comunicazione pubblicitaria secondo
cui un soggetto, denominato sponsee,
si obbliga, correlatamente al riconoscimento di un corrispettivo, ad associare
a un proprio asset immobiliare il nome
e/o il marchio di un altro soggetto,
denominato sponsor (per incidens, il
termine originario e anglosassone di
sponsorship affonda di fatto le proprie radici nella formula latina “Centum mihi dari spondes? Spondeo”).
L’asset immobiliare in questione non
deve essere necessariamente a carattere sportivo: tale modalità può infatti
riguardare immobili di qualsiasi tipologia, ad esempio di tipo infrastrutturale,
museale o dell’entertainment. Il primo
e storico esempio di abbinamento a
un’attività sportiva è individuabile in
quello dell’impianto americano Sportsman’s Park di St. Louis, appartenente
alla squadra di baseball dei Cardinals,
diventato nel 1953 Busch Stadium, dal
nome della società proprietaria del
marchio birrario Budweiser. A partire da questa data, l’attività di naming
right ha iniziato a rappresentare un’innovativa e rilevante fonte di ricavi, di
durata consolidata e pluriennale e tali
da poter apportare una benefica contribuzione ai bilanci delle società sportive
e/o degli investitori; consentendo, tra
l’altro, nel caso specifico, un’efficace
copertura dei costi di manutenzione e
di ristrutturazione degli immobili de-
Società
“
Il primo e storico
esempio di
abbinamento a
un’attività sportiva
è individuabile in
quello dell’impianto
americano Sportsman’s
Park di St. Louis
“
dicati. La tabella qui proposta costituisce solamente un sintetico quadro
di alcuni dei contratti più importanti
sino a oggi siglati in Europa e in USA.
E’ poi opportuno sottolineare che tale
forma è applicabile non solo a impianti esclusivamente riferibili ai grandi
nomi delle prime divisioni, ma anche
a soggetti meno titolati o attivi nelle
serie minori. In Gran Bretagna, dove il
fenomeno dei naming right ha trovato
il proprio massimo sviluppo, troviamo
infatti stadi di proprietà di società che
militano in Premier League (la Prima
Divisione), in Championship (la locale
Serie B) e financo in Football League
One (Lega Pro).
Investimenti
Affluenza
Affluenza
Ricavi vecchio Ricavi
(MLN €)
vecchio impianto
nuovo
impianto
impianto
impianto
(MLN€)
(MLN€)
564
38.184
60.045
63,8
134,6
City 167
16.048
21.180
12,9
14,6
14.789
30.958
8,2
13,4
18.044
20.717
12,3
20,7
Arsenal
Coventry
Riqualificazioni sostenibili
(League One)
Sporting Lisbona
Cardiff
105
City 55
(Championship)
Manchester United
65
68.765
75.826
103
138
Bayern Monaco
346
53.294
67.641
29
52,1
Benfica
150
22.541
28.395
12,1
18,8
Porto
98
28.248
34.143
9,5
15,8
Manchester City
230
34.565
46.834
12,5
25,8
Juventus
145
21.966
37.545
11,6
31,8
Espanyol
65
23.832
27.229
9,8
14,6
9.996
17.217
1,4
4,6
Grenoble
Foot
38 88
(CFA)
70
RE 116 - Febbraio - Marzo 2015
nuovo
Proprio con riferimento a quest’ultimo
caso, vale la pena menzionare l’esempio della Ricoh Arena: stadio di casa
del Coventry City FC, è un complesso
situato nell’omonima città, ed è composto da un impianto con una capienza
di 32.604 posti, una piazza-sala espositiva di 6.000 mq, un albergo, un centro
ricreativo e un casinò. Il sito è anche
sede dell’Arena Park Shopping Centre,
all’interno del quale è operativo uno
dei più grandi negozi della catena di
supermercati Tesco. Nello specifico, il
naming è stato attribuito all’azienda
giapponese Ricoh, per un valore di
10 milioni di sterline e una durata di
10 anni. Ci troviamo altresì di fronte a
un classico esempio di rigenerazione
urbana, in cui l’area brownfield utilizzata in precedenza dall’officina del gas
Foleshill è stata brillantemente ripristinata e recuperata con una diversa
destinazione. Quest’ultima notazione ci
consente di porre il luce alcuni specifici aspetti riconducibili alla “green economy”, evidenziando come anche le
componenti legate alla sfera dell’ecocompatibilità possano rappresentare
una qualificata fonte di reddito. Nel caso della Germania, gli esempi virtuosi
sono oggettivamente molteplici, con
più di 50 differenti progetti improntati
alla sostenibilità ambientale: citiamo
almeno le realizzazioni del Borussia (efficiente recupero di acque piovane per
40 milioni di litri) e dell’Amburgo (risparmio di 2,8 milioni di KWh). Uscendo dai confini germanici, si segnala l’esempio dello Stade de Suisse di Berna,
che ospita in copertura un impianto
fotovoltaico con una produzione annua
pari a circa 1,2 milioni di KWh, grazie
a un complesso di pannelli installato su
una superficie complessiva di 12.000
mq. L’energia in eccesso rispetto al
fabbisogno è venduta a imprese locali,
situate nell’area circostante lo stadio,
con benefici risultati sia in termini economici che ambientali.
Pluralità e complementarietà
Ritornando ora al discorso più generale, è infine necessario fare riferimento al concetto di complesso polifunzionale, secondo il quale è possibile sviluppare ulteriori e complementari funzioni immobiliari a latere
RE-RETAIL
dell’immobile stadio. Anche in questo
caso gli esempi virtuosi non mancano
e sono variamente riconducibili a specifici segmenti del real estate: quali il
retail, l’ospitalità, il direzionale, il residenziale o l’entertainment. E’ superfluo
sottolineare che tali iniziative vanno
sviluppate in armonia e sintonia con le
caratteristiche morfologiche e sociali
delle specifiche aree di riferimento, in
modo da produrre benefici incrementali e sinergici e tali da comportare
un’ulteriore qualificazione del ritorno
economico e finanziario dell’investimento. Aspetto, questo, assolutamente
recepito dalla nuova normativa italiana (e possiamo nuovamente parlare
di rivoluzione copernicana), che, allo
scopo di scoraggiare intenti puramente
speculativi, ha eliminato il residenziale
quale oggetto di possibile sviluppo.
Aspetti culturali e business
Tutto quanto illustrato in queste note
ci consente pertanto di comprendere
come il segmento in esame stia sempre
più diventando oggetto di attenzione da
parte degli investitori; nonché di studio
e d’insegnamento a livello accademico.
Nozioni ed elementi di economia immobiliare sportiva sono già stati introdotti nei corsi di master di prestigiose
università (Politecnico di Milano, Luiss
e Università di Torino); mentre il Coni
ha da quest’anno incluso la materia
fra gli insegnamenti impartiti presso il
proprio Master Olimpico. Notevole è
poi l’attività di supporto efficacemente
svolta dalle associazioni immobiliari di
categoria, in primis Federimmobiliare,
Assoimmobiliare e AICI, con l’obiettivo
di favorire un fecondo dibattito, sia a
livello istituzionale che tra i differenti
player interessati. Concludendo, non
possiamo esimerci dall’auspicare che in
un prossimo futuro i progetti di sviluppo immobiliare sportivo italiani inizino
a fare la propria comparsa sulla scena
internazionale, nel contesto delle principali kermesse settoriali. Al riguardo,
non sorprende che un importante e
diffusissimo organo di stampa italiano, introducendo il progetto promosso
dal Milan, abbia scritto: “il 10 Marzo a
Cannes aprirà il Mipim, l’evento più
atteso dell’industria immobiliare, e qui
potrebbe essere ufficializzata la scelta.
La spunterà lo stadio del Milan?”.
Il Calcio conta - Rielaborazione e integrazione dell'autore
RE 116 - Febbraio - Marzo 2015
71
Tendenze
“Centro commerciale addio, negli Usa
crolla il mito dei templi dello shopping”
“I poveri vanno ai discount, i ricchi preferiscono i negozi o le catene chic.
Un centinaio ha già chiuso o sta per farlo: pesa la crisi della famiglia media”
“C
he fine ha fatto lo shopping
mall? Tempio del consumismo, simbolo della società americana, luogo d’incontro in molte
città che non hanno centri storici. Tutto
questo era vero fino a ieri: oggi i centri
commerciali chiudono, e c’è chi teorizza
la loro estinzione. Ma non è un sintomo di
crisi economica. L’America, felice eccezione mondiale, ha una crescita vigorosa,
un mercato del lavoro che tira, consumi in
ripresa. Lo shopping mall non è spiazzato
da uno tsunami di consumo frugale, decrescita felice, o share economy (economia
delle condivisione). E neppure la Rete, cioè
l’avanzata delle vendite online, c’entra più
di tanto. No, a svuotare i centri commerciali tradizionali sono le diseguaglianze. Lo
shopping mall tradizionale è un modello
interclassista, trasversale, in una fase in cui
la società americana si polarizza: da una
parte i lavoratori a salario minimo, dal potere d’acquisto immobile, che vanno a fare
la spesa negli ipermercati discount Costco;
dall’altra i ricchi che prediligono i grandi
magazzini glamour, tipo Saks Fifth Avenue.
Schiacciata in mezzo c’è la formula dello
shopping mall, inventata in un’epoca in cui
al centro del modello sociale americano
c’era una vasta middle class, inclusiva di
ceto medio e classe operaia. Nell’ultima
decade, una trentina di questi shopping
mall hanno chiuso. Altri 60 potrebbero fare
la stessa fine in tempi rapidi. Il fenomeno
dei centri commerciali “morti” sprigiona
una sorta di fascino macabro. È nato un sito
specializzato per censirli, si chiama prevedibilmente www.deadmalls.com. Sul sito
72
RE 116 - Febbraio - Marzo 2015
del New York Times un’inchiesta su questo
fenomeno è illustrata da una galleria di foto
dei “dead malls”: sembrano città fantasma,
cattedrali nel deserto, costruzioni imponenti e spettrali. Un tempo affollati da eserciti
di famigliole, coi parcheggi intasati di Suv,
questi shopping mall morti o agonizzanti
evocano film di fantascienza, un pianeta improvvisamente svuotato dei suoi abitanti da
un attacco alieno o una catastrofe climatica.
E in effetti proprio di recente Hollywood ha
deciso di ambientare alcune scene del film
Gone Girl in uno di questi centri fantasma.
Il potere degli shopping mall sull’immaginario collettivo degli americani, è tale
che l’associazione dei centri commerciali
sta tentando disperatamente di contrastare
la teoria del declino inesorabile. La Confindustria di categoria (Council of Shopping Centers) ha assoldato di recente la
più grossa società di relazioni pubbliche,
Burson-Marsteller, “per contrastare la pubblicità negativa”. Ma i dati parlano chiaro.
Sui 1.200 centri commerciali censiti negli
Stati Uniti, il 15% è a rischio di scomparsa
perché disertato dai consumatori. Sono
una minoranza, certo, ma pur sempre 180
shopping mall che potrebbero essere rasi
al suolo, non più redditizi. Le “condanne a
morte” espresse dal mercato, coincidono
con una chiara ripresa nella spesa di consumo delle famiglie americane. Dunque è
il modello stesso del centro commerciale
che perde colpi, non la grande distribuzione in generale. E per una volta il sospetto
numero uno non si chiama né Amazon
né Ebay. Per quanto il commercio in Rete
stia conquistando sempre nuovi adepti, il
fatturato complessivo delle vendite online
è circa un decimo rispetto al commercio
“in carne ed ossa”. Il vizio fatale nella
formula dello shopping mall è proprio il
fatto di essere un contenitore di catene distributive come Sears, Lord&Taylor, che si
rivolgevano alla famiglia media americana.
Ma la “media” non c’è più, in un popolo di
consumatori a clessidra, dove si rafforzano
la parte alta e quella più bassa del potere di acquisto. Per diverse generazioni di
americani i centri commerciali sono stati
non solo una comodità che semplifica la vita (tutti i negozi in un posto solo, per fare la
spesa una volta alla settimana caricando il
bagagliaio dell’auto), e quindi un emblema
dell’American way of life, ma spesso anche
l’unico luogo di “socializzazione”. E’ un
fenomeno sul quale sono stati scritti interi
saggi di sociologia urbana, come il celebre
“Bowling Alone” (giocare al bowling da
soli) di Robert Putnam. Paragonato a un
moderno Alexis de Tocqueville, Putnam
ha esplorato la società americana rivelando la decadenza dei tradizionali luoghi di
vita comune. Sindacati, partiti, club e associazioni civiche, perfino le chiese hanno
perso gran parte del proprio ruolo storico
come centri di incontro e vita collettiva.
Per molti giovani, nelle città medio-piccole
dell’America profonda, lontano dalle metropoli come New York e San Francisco,
lo shopping mall era rimasto l’unico posto dove “rimorchiare”, o semplicemente
incontrare gli amici dopo la scuola, fare
due chiacchiere, passare il tempo. Ora gli
rimane Facebook”. (Federico Rampini, la
Repubblica, 8 gennaio 2015).
RE-RETAIL
Tendenze
Social experience, svago e ristorazione
di qualità sono fattori vieppiù rilevanti
Stando a una ricerca di CBRE, i giovani consumatori
italiani annettono notevole importanza all’esperienza
sociale dello shopping, che sarà un driver decisivo
per il successo dei centri commerciali del Belpaese
A
seguito della realizzazione del report “How Consumers Shop 2014”,
CBRE ha condotto un’indagine inerente a un panel di oltre 21.000 consumatori
residenti in 21 Paesi (segnatamente Austria,
Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Gran
Bretagna, Grecia, Irlanda, Italia, Olanda, Norvegia, Polonia, Repubblica Ceca, Romania,
Russia, Sud Africa, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia, Ungheria), lumeggiandone le
aspettative in materia di shopping experience, individuando il ruolo svolto dalle
diverse tipologie di centri, inquadrando i
comportamenti salienti in relazione all’ambito fisico e alla dimensione digitale, nonché le
peculiarità concernenti i diversi mercati. In
sintesi, “per l’88% dei consumatori europei
la varietà di negozi all’interno di uno stesso
luogo e la possibilità di vivere una social experience sono elementi fondamentali nella
scelta di dove fare acquisti. Pulizia, prezzo
e convenienza si confermano comunque i
fattori determinanti nella scelta per tutti i
consumatori mentre per i clienti più giovani
(età 18-24 anni) la possibilità di poter associare un’esperienza sociale al momento
dedicato agli acquisti diventa indispensabile. In Europa, i social media influenzano
l’esperienza d’acquisto delle donne (36%),
dei giovani tra i 18 e i 24 anni (40%) e dei
consumatori con un’elevata capacità di spesa (35%), mentre la stessa variabile incide
in misura inferiore al 30% se si considerano
uomini, anziani e consumatori con una minore capacità di spesa. Per quanto riguarda
l’Italia, il 48% degli intervistati tra i 18 e i 24
anni utilizza i social media per tenere d’occhio promozioni, eventi e nuove aperture
dei brand, mentre lo stesso comportamento
si verifica solo per il 24% dei tedeschi, con
percentuali che salgono al 60% in Romania
e al 62% in Turchia. La maglia nera se la
aggiudicano invece Gran Bretagna e Danimarca, che risultano essere i meno coinvolti
nel social media shopping, con percentuali
sensibilmente inferiori alla media. Dall’indagine emerge anche che i servizi quali
cinema, bowling, WIFI gratuito e la presenza
di luoghi di incontro e di svago risultano
essere un significativo fattore di attrazione.
II 51% dei giovani consumatori italiani vede la propria shopping experience anche
come un’attività sociale e di svago, mentre
questo vale solo per il 28% degli intervistati,
sempre in Italia, della fascia d’età tra i 55 e
i 64 anni. Anche la presenza di ristoranti di
buon livello pesa sulla scelta del luogo per
lo shopping, e tale fattore potrebbe incidere
positivamente sulla durata dell’esperienza
d’acquisto. In particolare, la presenza di una
food court di qualità è considerata molto
importante dal 29% dei giovani consumatori italiani (18-24 anni), contro il 18% dei
clienti tra i 45 e 54 anni, mentre pesa solo
per il 21% del totale dei consumatori nello
stesso target in Europa”. “The Shopping
Experience in 2014: a Consumer’s Perspective” è scaricabile da www.cbre.eu/
retailinsite. “L’esperienza sociale legata al
consumo diventerà cruciale nei prossimi
anni nel determinare il successo dei centri
commerciali”, secondo Esmeralda Cappellini, Head of Asset Services di CBRE Italia. “In particolare con i giovani, che fanno
un largo uso delle applicazioni dei centri
commerciali, serviranno più investimenti
in tecnologia per rendere i centri luoghi
dove vivere un’esperienza a tutto tondo e
sempre più a misura di cliente”.
RE 116 - Febbraio - Marzo 2015 73
Tendenze
Silvia Sovrani - Marketing Assistant Network Propaganda
Puntadiferro estrinseca il suo nucleo
valoriale con un approccio virtuoso
Mediante l’evento “Punta al Green”, il centro
forlivese riafferma la sua spiccata vocazione
ambientalistica, coinvolgendo la community
in un’iniziativa pedagogica ad ampio spettro
U
bicato a Forlì, a breve distanza
dalla riviera romagnola, il centro
Puntadiferro ha saputo imporsi,
sin dall’apertura, avvenuta nel 2011, quale imprescindibile punto di riferimento
per un ampio bacino d’utenza, grazie a
un’offerta commerciale e di servizi di
elevato standing qualitativo, assicurata
dai suoi 100 negozi. Il centro è contraddistinto da una struttura architettonica
avveniristica e da spazi eleganti e di moderna concezione, realizzati all’insegna
dei più avanzati criteri di eco-compatibilità: il grande utilizzo della luce naturale e
gli avanguardistici impianti di teleriscaldamento lo rendono un virtuoso esempio
in termini di rispetto per l’ambiente e di
sostenibilità a tutto tondo; riflettendo un
connaturato nucleo valoriale, costantemente condiviso con gli stakeholder, in
virtù di una relazione non estemporanea.
Sul piano del marketing in senso lato, nel
contesto delle organiche iniziative via via
implementate, l’evento “Punta al Green”,
articolatosi su più piani nell’arco di alcuni mesi nel corso del 2014, ha costituito
l’occasione per riaffermarne i capisaldi,
grazie a una feconda interazione con il
tessuto istituzionale locale. In particolare,
l’intuizione originaria di arricchire la galleria con immagini ispirate a tematiche
ecologiche, trasformandola in una sorta
di “finestra sulla natura”, è stata tradotta
in atto grazie al coinvolgimento attivo degli studenti del territorio, creando un trait
d’union che ha portato al raggiungimento
74
RE 116 - Febbraio - Marzo 2015
di rimarchevoli risultati. La stragrande
maggioranza delle istituzioni scolastiche
interpellate (scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado di Forlì
e Provincia) ha aderito con entusiasmo,
presentando numerosi progetti artistici
accomunati dall’ispirazione “green”. La
sensibilizzazione effettuata a monte per
mezzo di approfondimenti didattici in
classe ha originato una vera e propria
ondata di creatività. La selezione degli
elaborati, prodotti utilizzando le più svariate tecniche pittoriche, ha quindi permesso ai 4 migliori di essere riprodotti
dagli alunni su maxi pannelli collocati
all’interno del mall; è stato organizzato
quindi un concorso che ha chiamato i
fruitori del centro a giudicare i lavori; e
i soggetti prescelti hanno beneficiato di
un concreto contributo, in forma di donazione: particolarmente apprezzata in
considerazione dei risvolti dell’attuale
congiuntura economica. In sintesi, gli
obiettivi perseguiti sono stati molteplici:
rafforzare l’integrazione e l’identificazione del centro con il suo territorio di
riferimento; diffondere la consapevolezza ecologica e la dedizione del centro
per il rispetto ambientale; creare un
evento dedicato alle scuole dell’area
d’attrazione per stabilire un legame solido e duraturo, basato su valori e principi
RE-RETAIL
importanti come quelli dell’ambiente,
con un’attività mirata di educazione artistica.
“Punta al Green” in dettaglio
La creatività dell’evento (fase 1) è stata caratterizzata da una campagna plurisoggetto, che ha come protagoniste due
commesse di due punti vendita. Il format
grafico per l’anno 2014 è infatti caratterizzato dalla presenza, in veste di testimonial,
degli addetti alle vendite di Puntadiferro,
individuati a seguito di un apposito casting.
Nella seconda fase, svoltasi da febbraio
a giugno 2014, sono state materialmente
coinvolte le scuole e scremati gli elaborati:
gli alunni sono stati invitati a riflettere sulla
natura ai fini della creazione di un elaborato che fosse un’espressione personale
circa la tematica specifica. Gli elaborati
raccolti sono stati poi (fase 3) analizzati
e vagliati da una commissione interna al
centro e i 4 giudicati più significativi, anche a livello di esecuzione artistica, sono
stati scelti per essere riprodotti, dai bambini e ragazzi stessi, su grandi tele di metri
4x3. Tutti i 1.300 disegni realizzati sono
stati esposti dal 1 al 28 novembre, in una
mostra che ha permesso a tutti gli utenti
del centro di poter toccare con mano l’impegno profuso dai partecipanti.
Gli studenti autori dei 4 migliori elaborati,
insieme a tutta la propria classe, si sono
recati a turno presso Puntadiferro, dal 3
al 28 novembre (fase 4), per riprodurli sui
grandi pannelli messi a disposizione. Ogni
classe ha avuto una settimana di tempo
per completare la realizzazione e il centro
ha dedicato un mese intero agli artisti in
erba, ospitando una classe a settimana
e fornendo tutto il materiale necessario
per la realizzazione delle opere. I clienti,
durante i loro momenti di shopping, hanno potuto vedere gli studenti impegnarsi
con dedizione per potersi aggiudicare il
premio in palio: un’importante donazione
per il proprio istituto scolastico.
I 4 elaborati finalisti sono stati dunque
oggetto di una votazione a opera dell’utenza. Dal 3 al 28 novembre 2014 è stato
organizzato un concorso sul punto vendita, nel quadro del quale tutti i clienti che
avevano effettuato un acquisto nei negozi
della galleria, hanno potuto accedere al
gioco, che permetteva di vincere Buoni
Acquisto e Gratta & Vinci e di votare una
delle 4 opere finaliste (fase 5). Infine (fase
6), il 7 dicembre 2014 si è tenuta una giornata conclusiva per premiare gli studenti,
che con il loro entusiastico impegno hanno permesso all’iniziativa di diventare un
esempio di cooperazione e di promozione. Le 4 maxi tele sono state installate in
aree dedicate del mall, dove rimarranno;
a testimonianza dell’importanza del lavoro
svolto dagli studenti, che potranno sempre
riconoscere il loro contributo esposto sulle pareti del centro commerciale, a mo’ di
manifesto della dedizione all’ambiente di
Puntadiferro.
Obiettivi coronati
Gli effetti generati dall’evento sono stati di notevole portata, a livello di coin-
volgimento, di visite e di fatturato; valorizzando nel contempo il rapporto tra la
marca e i suoi clienti, in quell’ottica di
branding a tutto tondo che è la chiave
di volta del successo di ogni singolo
centro commerciale. Per ciascuno degli
obiettivi è stato raggiunto un considerevole risultato, favorendo la diffusione
di una coscienza ecologica e rafforzando l’integrazione e l’identificazione
di Puntadiferro con il suo territorio di
riferimento, anche in virtù dell’ampia
partecipazione dei clienti durante la
fase di votazione degli elaborati in galleria e dell’attività svolta dall’ufficio
stampa, che ha permesso la diffusione dell’iniziativa attraverso i principali
media locali. L’intera community degli
stakeholder ha così potuto apprezzare
ancora una volta i valori distintivi propri
del centro.
“Punta al Green”:
i numeri salienti
• Scuole coinvolte: 16 (90 classi – ovvero
l’85% sul totale di quelle contattate)
• Elaborati realizzati dagli studenti: 1.300
• Votazioni effettuate dai clienti: 116.821
• Donazioni alle scuole: 3.250 euro
Risultati commerciali (dal 03/11/2014 al
28/11/2014)
• Affluenza +6,10% rispetto allo stesso periodo del 2013
• Incassi +6,13% rispetto allo stesso periodo
del 2013
Risultati Web
A) Sito www.ccpuntadiferro.it (dal
03/11/2014 al 28/11/2014)
• sessioni visitate 7.569: +6% rispetto alle
visite del 2013
• visitatori unici 6.633: +6% rispetto ai visitatori del 2013
B) Pagina Facebook
• Mi piace + 100
• Visualizzazioni pagina 194.652
Rassegna Stampa
5 articoli pubblicati su quotidiani locali e 1
servizio televisivo, per un’equivalenza pubblicitaria pari a 10.000 euro e una platea di
pubblico stimata in circa 60.000 persone
Fonte: Network Propaganda
RE 116 - Febbraio - Marzo 2015
75
Tendenze
Elisabetta Terzariol - Corporate Marketing Manager JLL
Destination Europe 2015
fa il punto nave del retail
La seconda edizione dello studio pubblicato da
Jones Lang LaSalle in riferimento alle strategie
d’espansione di 250 marchi internazionali offre
proficui spunti circa stato dell’arte e dinamiche
P
ubblicato a due anni di distanza
dalla sua prima edizione, “Destination Europe 2015” è la versione aggiornata del report che analizza la
presenza e l’espansione di 250 retailer
internazionali nei 57 mercati chiave del
retail. Il risultato della nuova analisi che
balza immediatamente all’occhio è che
Londra rimane la città europea più attraente, con la più elevata presenza di
operatori settoriali rispetto alle altre
città europee esaminate; seguita nell’ordine da Parigi, Mosca, Milano e Madrid.
La dimensione del mercato, la sua maturità, l’elevato grado di trasparenza e
la retail friendliness rendono la capitale
britannica una calamita per le insegne,
che sono disposte a pagare un premio
per le migliori posizioni. Altre grandi
città con un respiro globale, mature e
con un appeal simile - tra cui segnaliamo
in particolare Parigi, Milano, Roma e le
maggiori città tedesche - hanno tratto
beneficio dalla sete di crescita dei retailer, attirando nuovi brand: nonostante i
prolungati venti contrari che affliggono
l’economia europea. Londra ha anche
aumentato il suo vantaggio su Parigi
in termini di attrattività relativamente
ai retailer del lusso. Il report evidenzia
comunque un distacco netto tra queste
due retail location di fama mondiale e il
resto d’Europa. Questo dimostra il valore che i luxury retailer attribuiscono al
presidio dei luoghi più rappresentativi
76
RE 116 - Febbraio - Marzo 2015
Top-25 Retailers
% coverage of Europe’s key markets
City Rank
H&M
Zara
Mango
The Body Shop
Benetton
Lush
Hugo Boss
Diesel
Timberland
Claire’s
Foot Locker
Starbucks
Massimo Dutti
Nespresso
Gant
Adidas
Desigual
G-Star
Jack Jones
Louis Vuitton
Max Mara
Geox
Guess
Apple
1=
1=
3
4
5=
5=
7
8=
8=
10
11=
11=
13
14=
14=
16
17=
17=
17=
17=
17=
17=
23=
23=
25
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%
Mainstream
Premium
Luxury
Source: JLL
RE-RETAIL
e contraddistinti da scarsità
dell’offerta. Di conseguenza,
gli spazi in New Bond Street
guidano i canoni di locazione
a regime più cari del Vecchio
Continente, attestandosi a
12.300 euro al mq all’anno e
denotando una straordinaria
crescita (+42%) in rapporto
ai livelli raggiunti nel 2012.
Se la londinese Bond Street
è la location più attraente in
Europa per i retailer del lusso, le opportunità per espandersi a livello paneuropeo
non sono limitate ai mercati
globali e ai mercati maturi. A
titolo esemplificativo, Mosca
sta crescendo e sta recuperando terreno velocemente;
e nel medio termine potrebbe raggiungere Parigi per
quanto riguarda la presenza
di marchi di matrice internazionale.
Mercati in forte crescita
I mercati di Mosca (sul podio,
al terzo posto) e Istanbul (che
occupa la settima posizione)
sono diventati ormai storie
di successo del retail paneuropeo: non esistono infatti altre città che abbiano attirato
un numero altrettanto alto di
nuovi player negli ultimi due
anni. Nonostante i crescenti
livelli di rischio geo-politico,
il mercato moscovita prospera: grazie alle sue dimensioni, all’incremento del reddito
disponibile e a uno stock di
centri commerciali in rapida crescita. Anche il mercato
retail di Istanbul si sta rivoluzionando a grande velocità:
attratti dal suo stock di centri commerciali moderni e
di alta qualità, come il Zorlu
Centre, e sull’onda dell’annuncio che
Galeries Lafayette farà da “àncora” a
Emaar Square, un numero sempre più
grande di retailer sta valutando tale
location come primo punto di ingresso
in Europa. Scendendo nella classifica,
ci sono ancora parecchi mercati retail
forti che, nonostante fondamenti sani e
JLL Cross Border Retailer Attractiveness Index 2015
Key
Global Markets
City
London
Paris
Moscow
Milan
Madrid
Rome
Istanbul
Munich
Berlin
Barcelona
Amsterdam
Hamburg
St Petersburg
Prague
Warsaw
Kiev
Vienna
Brussels
Düsseldorf
Frankfurt
Antwerp
Zurich
Lisbon
Dublin
Stockholm
Athens
Cologne
Budapest
Lyon
Bucharest
Valencia
Copenhagen
Turin
Manchester
Marseille
Bratislava
Glasgow
Bordeaux
Lille
Belgrade
Luxembourg
Stuttgart
Cardiff
Liverpool
Zagreb
Ankara
Bilbao
Leeds
Oslo
Seville
Birmingham
Edinburgh
Gothenburg
Malmø
Helsinki
Nottingham
Belfast
Source: JLL
Mature Markets
Transitional Markets
Growth Markets
Rank
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12=
12=
14
15=
15=
17
18=
18=
20
21
22
23
24
25=
25=
27
28
29
30
31
32=
32=
34
35
36=
36=
38=
38=
40
41=
41=
43
44=
44=
46
47=
47=
49
50
51
52
53=
53=
55
56
57
Average
(Average representation = 100)
0
50
opportunità di mercato, rimangono però relativamente poco sfruttati: incluse
alcune delle più grandi città del Regno
Unito e della Francia, oltre ai mercati
scandinavi.
Milano e Roma sugli scudi
Ma diamo un’occhiata a casa nostra,
100
Index
150
200
250
dato che Milano e Roma rimangono
saldamente in classifica. Il capoluogo
lombardo occupa il quarto posto tra
le location maggiormente attraenti. La
città può beneficiare di un’ampia base
di consumatori e di una forte domanda
dei retailer. In particolare, sono i luxury
retailer quelli maggiormente interessati
RE 116 - Febbraio - Marzo 2015
77
alle sue strade, in virtù della reputazione
del capoluogo lombardo, considerato
come una delle capitali mondiali della
moda. Il centro città offre moltissime
opportunità in termini di metri quadri,
anche se non vi sono veri e propri centri
commerciali, a differenza di altre città
europee. Le due aree principali, dove si
concentrano tutti i marchi più conosciuti,
sono: il Quadrilatero della moda, che si
sviluppa attorno a Via Montenapoleone;
e l’area pedonale attorno a Piazza del
Duomo, in primis Corso Vittorio Emanuele, più “mainstream”.
Tra i nuovi marchi entrati in questo mercato segnaliamo il department store
Brian & Barry in Piazza San Babila, oltre
a Loubutin e a Maison Martin Margiela,
localizzati nel distretto di Porta Nuova. Roma è invece al sesto posto della
graduatoria. Milioni di turisti, nazionali e
non, visitano la nostra capitale ogni anno,
sia per l’offerta culturale e storica, sia per
il grande numero di eventi che vi hanno
luogo. Negli ultimi anni, il mercato retail è
stato particolarmente dinamico, sostenuto
da una domanda in crescita da parte dei
retailer domestici, in risposta alla sempre
più forte presenza dei marchi internazionali.
Le aree attorno a Piazza di Spagna e Piazza
del Popolo, nel centro storico, sono le più
ricercate dai retailer “mainstream”; mentre
i marchi del lusso preferiscono Via Condotti
e la parte finale di Via del Babuino. Porta di
Roma (a nord della città) e Roma Est (nel
quadrante omonimo) rimangono i migliori centri commerciali della regione e tra
i top su scala nazionale. Questi centri
continuano ad attrarre marchi, che vi
aprono i propri flagship store. Tra gli
ultimi arrivati, menzioniamo Jo Malone,
Coin Excelsior, Desigual e Ash.
Mutamenti e scenari futuribili
Cos’è cambiato, dunque, rispetto a due
anni fa? Innanzitutto il ritmo a cui i
retailer tradizionali e di alta gamma si
sono generalmente espansi in confronto
ai retailer del lusso, oggi nettamente
superiore, consentendo loro di scalare
la classifica. H&M diventa leader, insieme a Zara, quale retailer con il 100% di
presenze nei 57 mercati europei chiave.
Sono seguiti nella classifica da Mango
e The Body Shop. Un’altra discrepanza
rispetto al passato è il fatto che gli Stati
Uniti, sospinti dall’espansione di marchi
retail di alta gamma, hanno superato
78
RE 116 - Febbraio - Marzo 2015
l’Italia; e sono oggi il più grande esportatore cross border di insegne retail in
Europa. Il player in maggiore espansione nel nostro campione è il premium
retailer americano Michael Kors, seguito da
Superdry, Cos e 7 For All Mankind. Inoltre,
molti retailer europei hanno mostrato una
notevole espansione negli ultimi due anni:
tra questi, Ecco e Hugo Boss. Guardando
al futuro, si prevede che un flusso di nuovi
brand arriverà nel mercato europeo dalla regione Asia-Pacifico. Mentre la ripresa
viaggia a velocità diverse a seconda dei
mercati, le previsioni per la crescita delle
vendite retail in Europa sono le più positive
dall’inizio del decennio. Se guardiamo al
prossimo futuro, vediamo significative opportunità di espansione in tutte le città dei
mercati chiave europei, soprattutto attraverso l’espansione delle aree retail tradizionali
nei centri città: nuove strade stanno emergendo e vengono occupate sia da marchi
che aprono per la prima volta, sia da etichette secondarie dei designer principali.
Ci aspettiamo che l’espansione dei retailer internazionali mantenga il suo slancio
attraverso i mercati chiave. Tuttavia, i programmi d’espansione sono più attenti e
più selettivi che mai; mentre cambiamenti strutturali radicali ridefiniscono ulteriormente il retail e le retail location. E gli
operatori stanno sempre più utilizzando
l’e-commerce per testare la domanda nei
nuovi mercati, analizzando le sfide che
presentano le diverse location e pianificando le strategie per vincerle.
Retailer Country of Origin
Key: Rank – Retailer Coverage Ranking (1-250)
1st
USA
Retailer
7RPP\+LO¿JHU
Timberland
Foot Locker
Claire’s
Starbucks
Rank
th =
10th
11th =
11th =
13th
3rd
UK
Retailer
The Body Shop
Lush
Karen Millen
Superdry
Burberry
Rank
4th
5th =
27th
37th
55th =
4th
5th
6th
FRANCE
Retailer
Louis Vuitton
Hermès
Petit Bateau
Escada
Tally Weijl
SPAIN
Retailer
Zara
Mango
Massimo Dutti
Desigual
Pull & Bear
Source: JLL
Rank
1st =
3rd
14th
17th =
31st =
Rank
17th =
47th
48th =
48th =
55th =
GERMANY
Retailer
Hugo Boss
Adidas
New Yorker
Puma
Bijou Brigitte
2nd
Rank
7th
17th =
31st =
31st =
31st =
ITALY
Retailer
Benetton
Diesel
Max Mara
Geox
Calzedonia
Rank
5th =
8th =
17th =
23rd
25th
RE-RETAIL
Stima preliminare del Pil
“N
el quarto trimestre del 2014
il prodotto interno lordo (PIL),
espresso in valori concatenati con anno
di riferimento 2010, corretto per gli
effetti di calendario e destagionalizzato,
è rimasto invariato rispetto al trimestre
precedente ed è diminuito dello 0,3%
nei confronti del quarto trimestre
del 2013. Il quarto trimestre del 2014
ha avuto due giornate lavorative in
meno del trimestre precedente e lo
stesso numero di giornate lavorative
rispetto al quarto trimestre del 2013.
La variazione congiunturale è la
sintesi di una diminuzione del valore
aggiunto nei comparti dell’agricoltura
e dell’industria e di un aumento nei
servizi. Dal lato della domanda, il
contributo negativo della componente
nazionale (al lordo delle scorte) è
compensato da un apporto positivo
della componente estera netta. Nello
stesso periodo il PIL è aumentato in
termini congiunturali dello 0,7% negli
Stati Uniti e dello 0,5% nel Regno Unito.
In termini tendenziali, si è registrato
un aumento del 2,5% negli Stati Uniti
e del 2,7% nel Regno Unito. Nel 2014 il
PIL corretto per gli effetti di calendario
è diminuito dello 0,4%. Si fa notare che
il 2014 ha avuto due giornate lavorative
in meno rispetto al 2013. La variazione
acquisita per il 2015 è pari a -0,1%”.
(Fonte: www.istat.it). “Ammesso che
dal 2015 l’Italia ricominci a crescere
al tasso medio degli anni ’90 (1,7%),
ci vorranno 6,5 anni per recuperare
il livello del reddito del 2007; uno in
più per quello pro capite. Per poter
dichiarare, forse, che la crisi è alle
spalle, bisognerà dunque aspettare
il 2021. Stiamo facendo la storia.
Legittimo però dubitare di questo
scenario (…). Sperare in un piano
di sostegno tedesco per l’Eurozona
(Eurobonds, trasferimenti unilaterali,
Esm) è fantascienza. Ma temere che
prima o poi arrivi la Troika in Italia,
è realistico (…) E leciti i dubbi della
sostenibilità del “modello sociale
europeo”. (Alessandro Penati, “La dura
legge del Pil. In Italia peggio del ‘29”, la
Repubblica, 26 ottobre 2013).
“Un anno felix”, Renzi dixit…
“P
Rapporto debito PIL al 132%
rima la buona notizia. A meno
di colpi scena, l’Italia supererà
l’atteso esame della Commissione
Europea sulla legge di stabilità
varata in autunno. Vale a dire, niente
“correzione” o “sforzo aggiuntivo”,
come invece ipotizzato a novembre
dal Commissario agli Affari Economici
Pierre Moscovici. L’indizio definitivo è
arrivato oggi con la pubblicazione delle
previsioni invernali dell’Esecutivo Ue,
che hanno rivisto positivamente alcuni
parametri fondamentali per ottenere
il semaforo verde di Bruxelles. Primo
fra tutti, l’aggiustamento strutturale
al centro della trattativa tra Italia
e Bruxelles, che i funzionari della
Commissione riconoscono dello 0,25%,
esattamente in linea con quanto
richiesto per il nostro Paese secondo
le nuove linee guida sulla flessibilità
diffuse a inizio gennaio. Ma l’Europa
oggi non ha consegnato soltanto buone
notizie. La stima di crescita per il
nostro Paese per il 2015 resta invariata
rispetto alle previsioni autunnali, cioè
a quota +0,6%. Un ritorno in territorio
positivo dopo tre anni in segno meno,
ma a un livello forse più basso
rispetto ad altre stime più recenti e
alle aspettative dello stesso governo,
come ha spiegato oggi il ministro
dello Sviluppo Economico Federica
Guidi, secondo cui la stima di Pil per il
2015 sarà “più vicina alle stime della
Confindustria che a quelle dell’Ue”.
La scorsa settimana, il Centro Studi
di Viale dell’Astronomia, pur senza
sbilanciarsi su numeri più precisi, aveva
stimato che il combinato disposto del
calo del prezzo del petrolio, dell’euro
svalutato e degli effetti del Quantitative
Easing, avrebbe potuto dare una
“spinta” al Pil del 2,1%. Non solo. A
guardare la tabella dei 28 Paesi, l’Italia
quest’anno si posiziona al penultimo
posto, sopra soltanto a Cipro, mentre
per il 2016 guadagna persino la maglia
nera di tutto il Continente rischiando
di diventare il Paese con il tasso di
crescita più basso d’Europa”. (www.
huffingtonpost.it, 5 febbraio 2015). E
sarebbe la prima volta dal 2003.
“A
l 31 dicembre del 2014 il debito
delle Amministrazioni pubbliche
è risultato pari a 2.134,9 miliardi. A fine
2013 il debito era pari a 2.068,7 miliardi
(127,8 per cento del PIL). L’aumento
del debito nel 2014 (66,2 miliardi) è
stato di poco superiore al fabbisogno
delle Amministrazioni pubbliche
(65,8 miliardi). Gli scarti e i premi di
emissione hanno contenuto il debito
per 8,7 miliardi, compensando quasi
interamente l’incremento determinato
dalla crescita delle disponibilità
liquide del Tesoro (8,6 miliardi, a
46,3) e dalle variazioni dei cambi (0,5
miliardi). Sul fabbisogno ha inciso per
4,7 miliardi il sostegno finanziario ai
paesi dell’area dell’euro (13 miliardi
nel 2013). Complessivamente nel
quinquennio 2010-14 il contributo
italiano al sostegno finanziario ai paesi
dell’area dell’euro è stato pari a 60,3
miliardi: sono stati concessi prestiti
bilaterali alla Grecia per 10 miliardi
nell’ambito del primo programma di
aiuti; il contributo al capitale dello
European Stability Mechanism (ESM)
è stato pari a 14,3 miliardi (2,9 nel
2014); la quota di pertinenza dell’Italia
degli aiuti erogati dallo European
Financial Stability Facility (EFSF) è
stata pari a 36 miliardi (1,8 nel 2014).
Di questi ultimi, 27,2 miliardi sono stati
concessi alla Grecia nell’ambito del
secondo programma, 5,2 al Portogallo
e 3,5 all’Irlanda. Con riferimento
alla ripartizione per sottosettori, il
debito delle Amministrazioni centrali
è cresciuto di 75,6 miliardi, a 2.035,6,
mentre quello delle Amministrazioni
locali è diminuito di 9,4 miliardi, a
99,2; il debito degli Enti di previdenza
è rimasto sostanzialmente invariato”.
(Fonte: Banca d’Italia). A proposito:
nello scenario di base del governo
il rapporto debito PIL nel 2015
dovrebbe aumentare, passando dal
132% al 133,8%, per poi scendere al
132,7% l’anno successivo. Insomma:
il consolidamento dei conti pubblici
è essenziale, ma la chiave di volta è
il denominatore: altrimenti qualsiasi
sforzo è soltanto una fatica di Sisifo.
RE 116 - Febbraio - Marzo 2015
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