REAL ESTATE RE-RETAIL What’s Next? Punti di vista ..................................... Focus ................................................. Prassi virtuose .................................. Tendenze ........................................... Progetti in itinere ............................. In evidenza ....................................... ................................................................................................. Editoriale di Enrico Biasi Tout va très bien, Madame la Marquise, tout va très bien… “Recita un detto yiddish (pur sempre una lingua di ceppo germanico): Du kannst nicht auf meinem rucken pishen unt mir sagen class es regen ist (non mi puoi mingere sulla schiena e dirmi che è pioggia)…” “I consumi hanno trainato l’inatteso boom di fine anno dell’economia tedesca. Grazie al ritorno di una buona dinamica di crescita salariale, che si prevede continui nei prossimi mesi dopo anni di compressione; grazie a un tasso d’occupazione robusto e alla brusca discesa dei prezzi del petrolio che ha aumentato i redditi reali (…). E’ la domanda interna, dunque, a sostenere il motore tedesco, per la prima volta in modo limpido e netto. L’economia ha fatto «Bang!»: il commento entusiastico di Andreas Rees, capo economista per la Germania di UnicreditResearch, è spiegato con il fatto che «non è notevole solo la crescita del Pil, ma la sua composizione: per quanto i singoli elementi non siano ancora disponibili, possiamo supporre, dalle note dell’Ufficio di statistica, che la stella più brillante di fine anno non sono state le aziende, comunque in buona forma, ma il consumatore tedesco». Aggiunge: «Spesso deriso per essere un taccagno, è lui ad aver contribuito in maniera forte alla crescita globale, come ci dicono le vendite al dettaglio». Né si tratta di un’anomalia destinata a svanire: «Gli ultimi incrementi segnano un trend marcato al rialzo. Nei primi tre trimestri del 2014 le spese per consumi privati sono già salite dell’1,75% medio annualizzato. Sospinte da aumenti di occupazione, salari e ripida discesa del petrolio, ci aspettiamo che le famiglie mettano mano ancora al portafoglio» (“Così in Germania è tornata la «voglia» di spendere”, Il Sole 24 Ore, 14 febbraio 2015). Dobbiamo aggiungere altro? Sul piano politico, siamo intanto in attesa di sviluppi circa la questione greca. “Un borbottio imbarazzato dalla Francia, un mormorio dall’Italia, qualche sospiro dall’Irlanda. Ma il tuono che viene dalla Germania — il «no» minacciato alla richiesta condizionata d’aiuto firmata da Atene — zittisce tutto il resto e dice che qualcosa di mai visto prima sta avvenendo: uno dei 28 Paesi membri dell’Unione Europea, teoricamente pari a tutti gli altri, ridisegna secondo i suoi criteri il principio fondante dell’Ue, la solidarietà comunitaria. (…) C’è un presidente tedesco al Parlamento europeo (Martin Schulz), c’è un presidente lussemburghese ma fedelissimo alla signora Merkel che dirige la Commissione europea (Juncker, appunto), ci sono governi popolari di centro- destra (almeno per ora e «Podemos» permettendo) che da Madrid e Lisbona affiancano in ogni mossa la cancelliera, e ci sono i comunicati berlinesi che da due o tre anni guidano passo passo l’intero negoziato Atene-Bruxelles: tutto questo rende cento volte più ingombrante il «nein», il «no» minacciato a Tsipras sul piano di salvataggio Ue; e nello stesso tempo rende più evidente l’imbarazzo dei vertici europei”. Vuolsi così colà dove si puote… “(….) Nessuno giunge a paventare vecchie suggestioni alla «Deutschland über alles», la Germania sopra tutti. Ma la situazione di oggi può essere ben descritta da una riflessione di Konrad Adenauer, cancelliere predecessore della Merkel oltre 60 anni fa, uno dei padri fondatori dell’Ue: «Viviamo tutti sotto il medesimo cielo, ma non tutti abbiamo lo stesso orizzonte»” (Luigi Offeddu, Corriere della Sera, 20 febbraio). Chiosando sobriamente: “Parliamoci chiaro: la troika è una forma di neocolonialismo…” (citiamo Mario Monti intervistato da Gian Antonio Stella, Corriere della Sera, 15 febbraio). E più non dimandare...Quanto al Belpaese, nessun timore: “Oggi l’Italia è in pole position per correre il gran premio della ripresa” (Renzi dixit). Nella cornice di “In evidenza” abbiamo riportato qualche dato: giudichi il lettore. En passant, stando all’Istat, l’aumento medio degli stipendi non cresceva a un ritmo tanto blando dal 1982; le retribuzioni contrattuali orarie nella media del 2014 sono infatti salite soltanto dell’1,3%: la variazione più bassa dall’anno d’inizio delle serie storiche. Sosteneva l’indimenticato Freak Antoni: “Si dice che una volta toccato il fondo non puoi che risalire. A me capita di cominciare a scavare”. Chiedendo venia per la vena autocitazionistica, menzioniamo il titolo degli editoriali di RE-Retail 104, 105 e 106, ai quali ci permettiamo di rimandare: “La sfiducia tocca lo zenit: e le stelle stanno a guardare…”; “Ed ora io domando tempo al tempo ed egli mi risponde… non ne ho!” “Una domanda sorge spontanea: e se davvero il difetto stesse nel manico?”. “Non c’è gusto in Italia ad essere intelligenti” (disem inscì)… RE 116 - Febbraio - Marzo 2015 59 Punti di vista – What’s Next? Roberto Bramati - Presidente Spazio Futuro Group e Presidente Commissione Consultiva CNCC Food & Food Court “Anche dopo il diluvio è tornato il sereno” “Malgrado le oggettive difficoltà congiunturali, gli operatori accorti non devono rinunciare a ragionare in prospettiva, utilizzando le molteplici leve dell’innovazione” “C i siamo appena lasciati alle spalle un altro annus horribilis, sul piano economicofinanziario generale e in termini di andamento complessivo dell’industria tricolore dei centri commerciali, penalizzata dal decremento del reddito medio e dall’erosione del potere d’acquisto dei cittadini e consumatori italiani, oltre che da un paralizzante senso d’incertezza, alimentato da dinamiche che sfuggono ai più. Come attestano tutti i dati disponibili, quale che sia la fonte, se le difficoltà del Belpaese affondano le radici in un passato imperfetto, pare piuttosto evidente, senza volere qui entrare nel dettaglio “tecnico”, che il clima di forzosa austerità che ha segnato l’ultimo periodo non ha certo aiutato a rasserenare gli animi. In breve: molti nodi sono venuti al pettine, con conseguenze sotto gli occhi di tutti. La serie storica dell’Indice Nazionale per il valore delle vendite dei Centri Commerciali elaborato dalla Commissione Consultiva Research CNCC è al riguardo illuminante: all’iniziale tenuta del sistema ha fatto seguito un arretramento vistoso. Ne discende che gli operatori della filiera si trovano a dover affrontare, ognuno per la parte di competenza, condizioni competitive sempre più impegnative, dovendo spesso adottare per necessità (o scarsa virtù), misure che vanno in direzione della ricerca del mantenimento dell’equilibrio, per quanto precario: ci riferiamo al tema del cost cutting, purtroppo talvolta necessario, date le circostanze, ma i cui effetti non vanno sottovalutati. 60 RE 116 - Febbraio - Marzo 2015 Come ha recentemente sostenuto Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, con un’azzeccata metafora, è come se per far fronte all’interruzione del riscaldamento domestico, anziché intervenire a monte sulle cause scatenanti, si decidesse di dare fuoco ai mobili: ricavandone un sollievo di breve durata, a costo di un palese aggravamento delle criticità. Eppure, troppi player stanno perdendo di vista il quadro prospettico e navigano a vista, cercando soltanto di mantenersi in linea di galleggiamento: a scapito della qualità offerta. Non intendiamo peraltro sminuire i condizionamenti dell’attuale fase: e tra i fattori che impattano negativamente, la questione dell’accesso (o per meglio dire della quasi impossibilità di accesso) al credito meriterebbe una trattazione a parte. Restiamo però convinti che affrontare la congiuntura in chiave difensiva non possa che candidare all’irrilevanza. Per questo abbiamo continuato a investire, con oculatezza ma senza tentennamenti, consci del fatto che il mondo non è finito nel 2012, a dispetto della nota profezia Maya, né finirà prossimamente: e che il processo di selezione in atto premierà i player più lungimiranti”. Ripresa e innovazione A distanza di due anni dall’intervento succitato, non si può dire che la situazione sia mutata in meglio: anzi, l’accanimento della congiuntura economica prosegue, determinando pesanti effetti per una filiera dei centri commerciali quasi irri- conoscibile rispetto agli anni ruggenti. Il nostro non era peraltro un esercizio ispirato a un corrivo “ottimismo della volontà”: e quanto sopra espresso resta, mutatis mutandis, di stringente attualità. Certo, i condizionamenti esogeni di cui parlavamo si sono via via acuiti e il coefficiente di difficoltà per le aziende settoriali è sempre più alto: come ben sa chi opera sul campo. Restiamo comunque fiduciosi circa le prospettive del settore. Il biennio 2015-2016 denota un’incoraggiante pipeline di iniziative di sviluppo, dopo due anni di “vacche magrissime” (per capirci meglio, secondo Reno ci sono state 6 aperture nel 2014 e 8 l’anno precedente, a fronte delle 58 del 2007…), comprensiva di centri di attrazione regionale e super-regionale. E tra i progetti in itinere citiamo almeno Arese (area ex Alfa Romeo): un investimento che supera i 700 milioni di euro. Grande è poi l’attesa per Westfield Milan a Segrate, con Galeries Lafayette come ancora non alimentare (ma si parla del 2017-2018). Una cosa dovrebbe però ormai essere chiara a tutti: niente è (e sarà) come prima. Chi si ferma è perduto, ma chi avanza senza essere cosciente del nuovo campo di forze rischia di finire nel baratro; e di cadere su chi l’ha preceduto. La chiave per competere con successo è l’innovazione: che riguarda concept e merchandising mix (l’omologazione non paga), soluzioni tecnico-progettuali (si pensi ai temi “green”), approcci gestionali (asset, property, facility management). RE-RETAIL Punti di vista – What’s Next? I Am the Secret Player “ Taciturnitas stulto homini pro sapientia est…” “È facile dire: “Eccomi!” Bisogna anche esserci”, secondo Stanislaw Lec, per il quale “La verità viene sempre a galla. Per questo deve subito prendere il largo”. Peraltro, è noto che “nella storia contano anche i fatti non avvenuti”… “C he cos’è l’effrazione di una banca di fronte alla fondazione di una banca?” si chiedeva retoricamente Bertold Brecht ne L’opera da tre soldi. Un concetto che persino alcuni banchieri hanno recepito, stando alle cronache. E la diffusa mala gestio degli anni scorsi pesa come un macigno sul credito. A seguito del perdurare della crisi e dei suoi effetti, la rischiosità dei prestiti in Italia è ulteriormente cresciuta, le sofferenze lorde sono risultate ad aprile 2014 pari a 166,4 miliardi, dai 164,6 miliardi di marzo. Il rapporto sofferenze lorde su impieghi è dell’8,8% (6,8% un anno prima, 2,8% a fine 2007). Anche le sofferenze nette registrano un aumento, passando dai 75,7 miliardi di marzo ai 76,7 miliardi di aprile” (Rapporto mensile ABI - giugno 2014). Risultati cui non sono estranei i cascami del “capitalismo di relazione” de noantri, con la solita compagnia di giro in cartellone. Al riguardo, si sente parlare da tempo della possibile istituzione di una bad bank, more spagnolo, in cui far confluire i crediti incagliati: una soluzione non priva di rischi, che potrebbe forse rivelarsi il minore dei mali. Più in generale, sul versante dell’erogazione, “dal 2009 solo le prime 10 banche quotate hanno sforbiciato crediti alla clientela per la cifra record di 120 miliardi, quasi un decimo dell’intero portafoglio prestiti di fine 2009. Solo le due big, UniCredit e Intesa, hanno cumulato una limatura secca per oltre 90 miliardi. E che dire del Monte dei Paschi? La banca di Siena travolta più delle altre dalla crisi e dalla gestione disastrosa di Mussari & C. ha visto nebulizzare prestiti per 21 miliardi su 152 miliardi pre-crisi (…) e il patrimonio netto si è più che dimezzato negli ultimi 4 anni” (Il Sole 24 Ore, 19 luglio 2014). Quanto alla prossima massiccia iniezione di liquidità da parte della Bce di Mario Draghi, per quanto ci sforziamo non riusciamo a condividere l’ottimismo asperso di entusiasmo di taluni osservatori: giusta l’illuminante esperienza del 2011-2012, non è infatti improbabile che contribuisca in primis ad allargare lo stock di debito pubblico italiano in portafoglio (400 miliardi a oggi, ovvero il doppio del 2009), con le implicazioni del caso: anche per il comparto immobiliare nel suo insieme, che continua a essere penalizzato dalla rarefazione del capitale di debito, malgrado la sua potenziale rilevanza strategica ai fini della ripresa. Insomma, Brecht per Brecht “Aber etwas fehlt!” (“Ma qualcosa manca!”, Ascesa e caduta della città di Mahagonny). E le chiacchiere stanno comunque a zero”. “Ladrillo” y ladrones Così ci esprimevamo nell’intervista pubblicata su RE-Retail 114. La situazione è poi prevedibilmente peggiorata. Secondo l’ultimo rapporto mensile, le sofferenze lorde hanno superato quota 181 miliardi a novembre 2014 (9,5% in rapporto agli impieghi totali). E stando a un recente studio del Fondo Monetario Internazionale, dal 2008 l’insieme dei Non Performing Loans è aumentato al ritmo del 20% annuo, raggiungendo nel giugno 2014 la cifra monstre di 333 miliardi (equivalente al 24% del nostro PIL e al 16,8% del totale dei prestiti). Intanto, pure l’Ocse ha sottolineato il ritardo italiano in materia di NPLs. Bankitalia sta caldeggiando con forza la costituzione di un veicolo a garanzia pubblica, onde alleggerire i bilanci e liberare risorse. Vedremo quali saranno le modalità prescelte e chi ne pagherà i costi. Il presidente dell’ABI Patuelli ha già messo le mani avanti: “Non chiamatela bad bank: stiamo facendo un intervento a favore dell’economia, non un salvataggio del sistema bancario”. Come no. E che dire del decreto “fast & furious” sulle banche popolari, in discussione mentre scriviamo? A proposito di Spagna: l’istituzione del Frob (Fondo de Reestructuración Ordenada Bancaria) risale al giugno 2009; la Sareb (Sociedad de Gestión de Activos Procedentes de la Reestructuración Bancaria) - entità privata di cui Frob detiene il 45%, cui sono stati conferiti in due fasi quasi 200.000 “activos” (80% finanziari e 20% immobiliari), per un ammontare di 50.781 milioni di euro, da dismettere nell’arco di 15 anni, ottimizzandone il valore - è stata invece creata nel novembre 2012. In cauda: per effetto del rosso da 5,3 miliardi dei conti 2014, lo Stato sarà costretto a diventare azionista di Mps, come previsto dalle clausole del contratto firmato due anni fa per i “Monti bond”. Non l’avremmo giammai creduto… RE 116 - Febbraio - Marzo 2015 61 Punti di vista – What’s Next? Mauro Rossetti - Ceo Network Propaganda “Coltivare il brand fa crescere la bottom line” “Siamo nel mezzo di una fase di transizione e cambiare paradigma per ambire a raggiungere equilibri più avanzati è una necessità vitale che riguarda tutti gli operatori della filiera settoriale” “C Iascun centro commerciale deve essere considerato alla stregua di un organismo vivente e rappresenta un unicum sotto il profilo degli elementi costitutivi che ne caratterizzano il dna, inserendosi in un campo di forze peculiare, che contribuisce a modellarlo, secondo un processo evolutivo rispondente, in ultima analisi, alle leggi universali della biologia. In termini di crescita, conditio sine qua non per creare quel quid che faccia davvero la differenza, al netto della sloganistica all’ingrosso, favorendo l’obiettivo principe di generare un incremento delle vendite che non sia circostanziale, ovvero risulti sostenibile nel lungo termine, è proprio una costante azione volta al rafforzamento della sua precipua identità. Ne discende che la priorità strategica della valorizzazione della brand equity non può che essere la stella polare di qualunque sensata pianificazione in materia di marketing, nell’accezione lata: essendo acclarato che, a fronte di un elevato tasso di insostituibilità, lo sforzo richiesto per convincere il visitatore a impegnarsi, divenendo un ambasciatore della marca/shopping centre, diminuisce drasticamente, permettendo così di massimizzare il grado di preferenza e il legame personale con la singola realtà. Ove tale parametro sia invece negletto, il potenziale di qualsivoglia attività non può che risentirne, disperdendosi per mille rivoli di dubbia produttività. La chiave di volta del successo della proposta è insomma un posizionamento consapevole e mirato, 62 RE 116 - Febbraio - Marzo 2015 che permetta di distinguersi in virtù delle proprie connaturate specificità, sviluppando in parallelo una feconda interazione dialettica con tutti i portatori d’interesse nell’ambito del territorio e delle comunità di riferimento; veicolando un’immagine coerente, che riproduca valori, vocazione e visione del centro per cementare il senso d’appartenenza degli utenti”. L’incipit dell’intervista pubblicata su RE-Retai 104, acquista ulteriore significato alla luce dello scenario attuale, segnato dal protrarsi di una crisi di cui si stenta a intravvedere la fine. Un passo indietro e due avanti Per il mercato dei centri commerciali l’esplosione della bolla finanziario-immobiliare e la successiva congiuntura economica si sono rivelati la cartina di tornasole della fragile consistenza degli approcci prevalenti, evidenziandone i congeniti limiti; e l’oggettiva incapacità di affrontare le multiformi sfide di un presente che prefigura, in nuce, scenari futuribili di inusitata complessità: sul piano culturale, nonché dell’operatività quotidiana. Le risultanze del pionieristico sondaggio “Retail Return on Marketing Effort (Rrome)”, che abbiamo condotto nel 2010 in collaborazione con Greenhouse|BBC (oggi Narroway), davano l’autentica misura della relativa arretratezza del sistema domestico. Basti pensare che per il 50% del campione interpellato la brand equity (ossia il tasso di insostituibilità della marca) non costituiva un target (con un 14,7% di “non saprei”); e solamente il 17,6% ne considerava l’incremento un obiettivo-chiave, mentre il 35,3% propendeva per “abbastanza”. Non sorprende dunque che molti player siano stati spiazzati dalla contingenza; venendo pure meno il supporto dei budget pre-crisi, compressi a causa del riflesso condizionato del “cost cutting” (o “spending review” che dir si voglia). Tuttavia, è la materiale allocazione delle risorse disponibili – cioè il modo in cui si spende/investe – il fattore decisivo. Il concetto distintivo di MARCATING® di Network Propaganda è stato illustrato su queste pagine da diversi angoli visuali. Vogliamo qui ribadire che è innanzitutto necessario nutrire la relazione tra il centro stesso e i suoi frequentatori: essendo proprio il rapporto di marca a incidere in maniera esponenziale sul ciclo delle vendite. In tale ottica, i risultati immediati e quelli a lungo termine devono rientrare in una strategia integrata, onde massimizzare i ritorni: tangibili (nonché misurabili) e intangibili. L’iper-concorrenzialità di un comparto ancora in arretramento è un dato di fatto; ma è l’attrattività del format, pensato in origine come risposta onnicomprensiva alle esigenze della famiglia tradizionale, a essere in discussione, in un ambiente omni-channel dove la dimensione fisica e quella digitale sono compenetrate, con modelli di consumo sempre più sofisticati, segmentati ed eterogenei. Il futuro non è davvero più quello di una volta. Punti di vista - What’s Next? Davide Viganò - Presidente ArcotecnicaGroup RE-RETAIL “Il faticoso lavoro supera tutte le difficoltà…” “Il Gruppo Arcotecnica percorre la strada maestra dell’internazionalizzazione, grazie a un team di 250 professionisti che coprono l’intera catena del valore, nel segno della “deontologia del fare” “P resentando EIRE, Antonio Intiglietta ha sottolineato come sia “giunto il momento di interrogarsi e di cambiare”, indicando l’obiettivo da perseguire: “proveremo a delineare le priorità di un settore che continua a rappresentare la spina dorsale del sistema-Paese. Si tratta di una sfida che possiamo vincere: le enormi potenzialità di cui disponiamo - se messe a frutto - possono rimettere finalmente in moto la nostra economia. Mi riferisco, innanzitutto, alla genialità umana tipica degli italiani, che si esprime anche attraverso la capacità progettuale nel campo del real estate”; auspicando altresì che “ognuno faccia la sua parte per rilanciare e rendere competitivo il Belpaese. Il peggio è alle spalle ma chi ha tempo non aspetti tempo”. Un invito che condividiamo a tal punto da averlo tradotto in atto preventivamente, soprattutto esportando in diversi Paesi del mondo i nostri progetti, “frutto” della suddetta “genialità” italiana. Certo, “generalmente è più utile fare i conti con i nostri difetti che fare sfoggio di ciò che siamo riusciti a fare”, per dirla con Thomas Carlyle: ma possiamo rivendicare con orgoglio quanto abbiamo saputo realizzare in questi difficili anni. E ci limitiamo qui a menzionare l’apertura dei primi due cantieri nell’ambito del progetto Jihua Park, il primo network di Destination Center al mondo in via di sviluppo sul territorio cinese. Rispetto al mercato italiano, la situazione è in chiaroscuro, sebbene si intravvedano i primi segni di un’inversione del ciclo. Peraltro, il campo di possibilità sa- rebbe notevole: ma, per sfruttarne appieno le molteplici opportunità, necessiteremmo di un cambio di passo a livello legislativo. Cosa servirebbe davvero, a parte una adeguata ma non straordinaria dose di coraggio e imprenditorialità? Per limitarci a un esempio, partendo dal governo del territorio, una legge urbanistica fondamentale a livello nazionale. E’ poi risaputo che gran parte del patrimonio immobiliare esistente richiederebbe interventi sostanziali, nel segno di quelle che chiamo le 5 R (Razionalizzazione, Riqualificazione, Recupero, Rigenerazione, Riallocazione).” L’intervento sopra richiamato (riprodotto omettendo caritatevolmente la parte conclusiva circa l’Italia “paradiso dei pigri”) apriva l’intervista pubblicata su RE-Retail 114, ove abbiamo approfondito alcuni dei temi salienti dell’odierna fase di mercato; e alla quale rimandiamo, ricordandone la chiusa: “Urgerebbe riportare al centro quell’imprenditorialità che è nel nostro dna”. Uno dei principali problemi del real estate italico è infatti la storica refrattarietà a pensare in termini imprenditoriali oltre che strategici: particolarmente evidente nel segmento commerciale. Rispetto ai capital markets, notavamo che “gli investitori tendono a limitarsi a categorie d’impronta tradizionale, dimostrando una certa inerzia mentale, nonché una propensione al rischio men che modesta;” aggiungendo che “l’aspetto culturale è fondamentale: si continua a ragionare pedissequamente, secondo una tassonomia ormai superata dal corso degli eventi. E lo stock nazionale resta contrassegnato da una piatta omologazione, frutto della comoda prudenza e della vocazione seriale”. Se “c’è un Italian Style vincente, che dobbiamo valorizzare”, il “saper fare” nel segno dell’imprenditorialità è l’ubi consistam. Per imprenditorialità s’intende l“insieme dei requisiti necessari per svolgere la funzione dell’imprenditore, consistenti essenzialmente nella volontà e nella capacità di promuovere e organizzare un’impresa economica, insieme con la disponibilità ad affrontarne i rischi. Questa attitudine si manifesta nella ricerca di soluzioni originali o creative nella sfida o confronto con le altre imprese, incluso lo sviluppo o il miglioramento di prodotti o servizi, l’uso di nuove tecnologie e di nuove tecniche amministrative” (fonte: Treccani). Nell’immobiliare bisognerebbe tenere in considerazione anche la durata: che non può limitarsi al breve periodo, secondo i desiderata di troppi investitori puramente finanziari; nonché le tecniche (architettura, ingegneria, urbanistica) che generano il prodotto. L’innovatività è una dimensione essenziale dell’orientamento imprenditoriale. Tale propensione non è particolarmente diffusa nel nostro Paese, né apprezzata dai più: sicché, non ci stupisce che il nostro know-how distintivo e i formati innovativi che proponiamo trovino terreno fertile oltre i confini nazionali, dal Vicino all’Estremo Oriente; ma non demordiamo: gutta cavat lapidem… RE 116 - Febbraio - Marzo 2015 63 Prassi Virtuose I Breeam Awards 2015 premiano la sensibilità “green” paneuropea Aumentano i player operanti secondo il più diffuso protocollo di valutazione ambientale a livello mondiale, affermatosi anche in Italia, grazie all’opera di un’avanguardia cosciente N el corso della cena di gala che si terrà il 3 marzo presso The London Marriott Hotel al termine della prima delle tre giornate di Ecobuild kermesse supportata da NICEIC, HETAS e MCS, che nella passata edizione ha visto la partecipazione di oltre 18.000 visitatori ed è imperniata da quest’anno sulle due distinte componenti Sustainable Design & Construction ed Energy (per maggiori informazioni rimandiamo a www.ecobuild. co.uk) - saranno consegnati i Breeam Awards 2015, riconoscimento che premia le migliori realizzazioni certificate giusta i dettami del principale protocollo mondiale in materia di sostenibilità ambientale lato sensu, in or- Nave de Vero - Marghera 64 RE 116 - Febbraio - Marzo 2015 dine a varie tipologie e aree tematiche. Le candidature selezionate includono un’ampia gamma di edifici a elevato quoziente d’innovazione, in rappresentanza dell’intera Gran Bretagna e di numerosi Paesi dell’Europa continentale, tra i quali si segnalano Repubblica Ceca, Francia, Norvegia, Romania e Svezia. La shortlist riguardante il settore retail comprende Citti Park Flensburg (Germania), Fornebu S (Norvegia), Tarasy Zamkowe (Lublino, Polonia), John Lewis Ashford, Mall of Scandinavia (Stoccolma, Svezia) per la categoria New Construction; 107-109 Charing Cross Road, Londra e John Lewis,York (Refurbishment & Fit-Out); il quintetto transalpino La Caserne de Bonne (Grenoble), Docks 76 La Caserne de Bonne - Grenoble (Rouen), Labège 2 (Tolosa), Ulis 2 (Parigi) e Bay 2 Collégien, egualmente ubicato nella Ville Lumière (In-Use). Come rilevato dal patron di Spazio Futuro Group Roberto Bramati a uso dei nostri lettori (si veda RE-Retail 108, pag. 63) Breeam è “un sistema di certificazione su base volontaria, che definisce i criteri di progettazione, costruzione e gestione grazie all’adozione di parametri prestabiliti e rimandando a standard riconosciuti e condivisi. In sintesi, è fondato su un sistema di crediti, che sono attribuiti relativamente a dieci categorie di valutazione in base alle prestazioni misurate, includendo molteplici aspetti concernenti il consumo di energia e di acqua, l’ambiente interno (salute e benessere), l’inquinamento prodotto, nonché altri elementi quali trasporti, materiali, rifiuti e processi gestionali. I crediti vengono poi sommati per ottenere un unico punteggio complessivo, che si articola in cinque livelli: Pass, Good, Very Good, Excellent e Outstanding. Al di fuori del Regno Unito vengono applicati Breeam International, certificazione inerente ai nuovi edifici e ai progetti in costruzione, nonché Breeam In Use, che punta a favorire le pratiche finalizzate al contenimento dei costi di gestione e al miglioramento complessivo delle performance ambientali degli immobili già costruiti”. L’azienda milanese rientra nel ristretto novero dei player autoctoni specializzati. Rispetto al contesto italiano, merita una speciale menzione l’avveniristico centro commerciale veneziano Nave de Vero, appartenente a Corio, inaugurato nell’aprile scorso. RE-RETAIL Prassi Virtuose Freccia Rossa ottiene due certificazioni internazionali per le sue buone pratiche L’89% dei centri commerciali facenti parte del portafoglio di Sonae Sierra è certificato ISO 14001, mentre il 63% degli asset riflette quanto fissato dallo standard OHSAS 18001 I l centro commerciale Freccia Rossa, di proprietà per il 50% di Sonae Sierra (Portogallo), per il 40% di Aig Real Estate Partners L.P. (Stati Uniti) e per il 10% di Coimpredil (Italia) e gestito da Sonae Sierra, ha ottenuto le certificazioni ISO 14001 e OHSAS 18001, in virtù della corretta gestione dei propri sistemi Ambientale e di Salute e Sicurezza. L’Environmental Management System di cui è dotata la struttura bresciana è stato progettato per migliorarne la performance complessiva sul piano dell’ecocompatibilità, per controllare l’impatto che le attività svolte possono avere sull’ambiente e per rafforzare l’impegno della società ai fini del raggiungimento di una maggiore efficienza e di un conseguente aumento del valore patrimoniale. Grazie all’adozione di questo sistema sono state regolarmente monitorate sia le prestazioni energetiche sia i livelli di consumo idrico e di riciclo dei rifiuti, rendendo possibile l’introduzione di una serie di misure volte a ottimizzarli. Tale visione, in linea con l’obiettivo di crescita sostenibile perseguito dal player di matrice lusitana, contraddistingue tutti gli asset in portafoglio. José Maria Robles, General Manager Property Management di Sonae Sierra in Italia, ha affermato: “Come tutti i centri commerciali gestiti da Sonae Sierra, Freccia Rossa si caratterizza per un profondo impegno verso l’Ambiente e verso ciò che riguarda la Salute e Sicurezza sul luogo di lavoro. Il riconoscimento ottenuto con l’attribuzione di queste due certificazioni dimostra la qualità delle regole e delle procedure che abbiamo adottato per minimizzare l’impatto delle nostre attività sull’ambiente, e conferma altresì l’impegno che ogni giorno dedichiamo all’applicazione dei migliori standard di sicurezza in tutti i nostri centri commerciali, per offrire un luogo sicuro per l’attività del nostro personale e per lo svago dei nostri visitatori. Ad oggi, tutto il nostro portafoglio italiano è certificato ISO 14001 e OHSAS 18001, rafforzando la nostra posizione e la nostra reputazione di pionieri internazionali in materia di centri commerciali sostenibili”. Le certificazioni ISO 14001 e OHSAS 18001 Sonae Sierra in pillole ISO 14001 è uno standard internazionale sviluppato dall’International Organization for Standardization (ISO), che fornisce linee guida comuni alle quali un’organizzazione dovrebbe attenersi per migliorare il proprio sistema di gestione ambientale. L’ottenimento della Certificazione ISO 14001 non è obbligatorio, ma rappresenta una decisione dell’azienda che autonomamente decide di controllare l’impatto della propria attività e che si impegna in modo sistematico a ridurre tale impatto, modificando i propri comportamenti e adattandoli allo standard europeo. La Certificazione OHSAS 18001 riconosce invece l’applicazione volontaria di un sistema di controllo della Salute e Sicurezza sul luogo di lavoro, oltre all’obbligatoria osservanza delle leggi vigenti. L’OHSAS 18001 è riconosciuto come il principale standard al mondo in materia di Salute e Sicurezza. Sonae Sierra, www.sonaesierra.com, è lo specialista internazionale dei centri commerciali, che mira a creare esperienze di shopping innovative. La società è proprietaria di 46 centri commerciali con un valore di mercato di oltre 5,9 miliardi di euro ed è presente in 4 continenti e 14 paesi: Portogallo, Algeria, Azerbaijan, Brasile, Colombia, Cina, Germania, Grecia, Italia, Marocco, Romania, Russia, Spagna e Turchia. Complessivamente Sonae Sierra è responsabile per la gestione e/o il letting di 85 centri commerciali, per una superficie lorda affittabile complessiva pari a 2,7 milioni di mq. e un totale di circa 8.300 affittuari. Nel 2013 i suoi Centri hanno ospitato oltre 406 milioni di visite. Attualmente, Sonae Sierra ha 7 progetti in fase di sviluppo, di cui 3 per terze parti, e 4 nuovi progetti in pipeline. Fonte: Sonae Sierra Fonte: Sonae Sierra RE 116 - Febbraio - Marzo 2015 65 Progetti in itinere Niguarda Shopping Gallery raddoppia la propria offerta Il secondo blocco consta di 13 punti vendita, con un minimarket Conad in qualità di àncora e i nuovi format del gruppo Cir che spiccano nell’ambito delle proposte della ristorazione Roberto Marchetti, direttore commerciale e sviluppo Cogest Retail N iguarda Shopping Gallery, l’innovativa struttura commerciale inaugurata nel novembre 2010 all’interno di Niguarda Cà Granda, il più grande ospedale milanese (per un approfondimento rimandiamo a RE-Retail 111, pag. 67), raddoppia mediante una seconda tranche di negozi. Il Blocco Nord propone 13 unità, distribuite su una Gla di 1.200 mq, portando a 28 il numero dei punti vendita e a 2.700 mq la superficie lorda affittabile totale. Anche la nuova componente ospiterà, oltre alla galleria, un self-service, un CUP, diversi reparti e ambulatori. Tra le novità, figura l’inserimento di un minimarket Conad Sapori&Dintorni, che intende rappresentare un’àncora di grande attrazione. Gli altri punti vendita presenti a seguito dell’ampliamento sono: Chicco, Primigi, Blu & Magenta intimo 0-12, Igi&Co, Lama Optical, Ronchi-Ethos Profumerie, Gioiapura, Lava&Cuce lavanderia e sartoria, Dolceria Zanetti, Yoyogurth e i nuovi format della ristorazione del gruppo Cir, tra i quali Chiccotosto. “Quando abbiamo iniziato a commercializzare il primo blocco, non avevamo la possibilità di confrontarci con nessun progetto analogo. Siamo partiti quindi da un’analisi delle esigenze del bacino (stimato in circa 13.000 presenze giornaliere tra dipendenti dell’ospedale, degenti, pazienti per visite ed esami, visitatori a vario titolo) per costruire un mix merceologico e di insegne che rispecchiasse la domanda potenziale di target così diversi”, spiega Roberto Marchetti, direttore commerciale e sviluppo di Cogest Retail, incaricata della commercializzazione e gestione della gallery. “I risultati, in termini di fatturati e gradimento dei clienti, ci hanno dato ragione. Il fatto poi di gestire la galleria ci ha permesso di raccogliere ulteriori 66 RE 116 - Febbraio - Marzo 2015 informazioni, che sono state preziose per la seconda fase di commercializzazione.” “Per il Blocco Nord abbiamo lavorato con due obiettivi: in primis abbiamo pensato a potenziare l’attrattività complessiva della doppia galleria, creando sinergia tra i due poli. In secondo luogo, ci siamo focalizzati su punti vendita che, oltre ad essere sicuramente originali e innovativi rispetto al contesto, tenessero in debito conto le esigenze di target specifici”, aggiunge Enrico Conti, della divisione commerciale di Cogest Retail. “Visto che nel Padiglione si trovano, tra gli altri reparti specialistici, anche quelli di Medicina materno-infantile e di oculistica, abbiamo puntato su puericultura, giocattoli, abbigliamento e intimo bambini, ottica, oltre ad articoli da regalo e ristorazione.” Niguarda Shopping Gallery è stata progettata e realizzata da PROGENI (CMB). Cogest Retail e PROGENI in pillole Cogest Retail, www.cogestretail.com, è leader nella commercializzazione e nella gestione di centri commerciali e complessi polivalenti. Forte dell’esperienza maturata in 20 anni nella gestione di 85 shopping mall, Cogest Retail ha il know-how, l’organizzazione e gli strumenti per soddisfare le esigenze di tutti gli operatori - investitori, promotori, “tenant” - massimizzandone il successo commerciale e valorizzando le strutture e l’investimento immobiliare. CMB, una delle prime imprese italiane di costruzioni, per il nuovo Niguarda ha costituito nel 2005 PROGENI S.p.A., abbreviazione di “PROGEtto NIguarda”, che con la formula del project financing, ha progettato e costruito le opere, facendo attentamente proprie le esigenze della Direzione Sanitaria e adottando soluzioni tecnologiche d’avanguardia. L’opera è stata completata in due fasi ed in tempi record: nella prima sono stati realizzati il Blocco Sud, il Polo Tecnologico e il Polo Logistico; nella seconda è stato realizzato il Blocco Nord. Fonte: Cogest Retail RE-RETAIL Progetti in itinere L’iter per la trasformazione del Portello è in dirittura d’arrivo Fondazione Fiera Milano punta a valorizzare il padiglione 1-2, nell’ottica dell’insediamento di funzioni sinergiche al MiCo-Milano Congressi e aperte alla città, in una zona in forte sviluppo S i è chiuso il 31 gennaio 2015 il bando per la valorizzazione e riqualificazione del padiglione 1–2 del Portello, a Fieramilanocity, resa possibile dalla variante all’Accordo di Programma Fiera, promosso dal Comune di Milano e dalla Regione Lombardia, che permette l’introduzione di funzioni compatibili con quelle fieristico-congressuali, in un ambito che vede un significativo sviluppo urbano di aree già dismesse. Tale procedura “mira a verificare con gli operatori del real estate i contenuti funzionali dell’intervento, la struttura finanziaria e societaria dell’operazione e il concreto sviluppo dell’iniziativa”, come recita la nota stampa. “Sono pervenute alla Fondazione N° 6 (sei) manifestazioni d’interesse, che hanno proposto molteplici e diversi contenuti funzionali dell’intervento di riqualificazione, quali ad esempio strutture di accoglienza-alberghiere, funzioni di intrattenimento e tempo libero, spazi commerciali, centro benessere e termali, centri sanitari e medico-sportivi, centri per eventi musicali e creativi, stadio calcistico e servizi annessi, strutture educative, ristorazione diversificata, attività sportive outdoor e indoor, sistema integrato del verde. I proponenti sono: la costituenda ATI fra ArcotecnicaGroup SpA-CILE SpAPFK Consulting, l’A.C. Milan e Arup Italia s.r.l., la Prelios SpA, la Saggese SpA, il Sig. Giampiero Viola, la Vitali SpA e STAM Europe S.A.”. La valutazione delle manifestazioni d’interesse è stata avviata dal Comitato Esecutivo di Fondazione Fiera Milano nella seduta del 2 febbraio scorso, seguendo i criteri indicati nell’avviso di manifestazione d’interesse, pubblicato il 15 ottobre 2014, e nelle linee guida per la presentazione delle proposte, segnatamente: • “mantenimento da parte di Fondazione Fiera Milano della proprietà dell’immobile, che sarà conferito nell’operazione; • compatibilità e sinergia delle funzioni proposte con le attività fieristico-congressuali di Fieramilanocity e del MiCo-Milano Congressi, anche con riferimento agli aspetti di mobilità e sosta; • presenza di funzioni d’interesse generale; • modalità con cui strutturare l’iniziativa dal punto di vista societario e finanziario; • composizione e competenza del proposal team; • tempi previsti per l’operazione.” Secondo il Presidente di Fondazione Fiera Milano Benito Benedini, “E’ una grande soddisfazione constatare che, in un momento di difficoltà per il settore immobiliare, la nostra proposta abbia raccolto diverse e qualificate manifestazioni d’interesse. Esamineremo le proposte, attenendoci ai criteri esplicitati, in modo trasparente e completo, nel bando e nelle linee guida, al fine di individuare nuove funzioni, anche di interesse pubblico, adeguate alle esigenze di una città in continua trasformazione, coerentemente con gli indirizzi pubblici locali. (…) Il tutto ovviamente in una logica di tutela degli interessi della Fondazione e di condivisione con le istituzioni competenti. Quindi la valutazione non sarà solo economica ma terrà conto di come le proposte ricevute potrebbero essere inserite nel contesto esistente.” Il Comitato Esecutivo della Fondazione terminerà il vaglio nel mese di marzo, mentre le decisioni di competenza di tale organo verranno sottoposte al Consiglio Generale in una fase successiva. Abbiamo intanto avuto modo di visionare l’articolato progetto dell’ATI guidata da ArcotecnicaGroup, denominato Portello Village: frutto di un esercizio plurispecialistico incentrato sul concetto di Community Hub e teso a realizzare un “centro polifunzionale ricettivosportivo-ricreativo e culturale”, ovvero un “luogo di autentica aggregazione e socializzazione” - di elevato profilo qualitativo e ricco di elementi innovativi - “dedicato principalmente ma non esclusivamente ai giovani in età matura, al loro benessere fisico e culturale e al soddisfacimento delle loro esigenze nel tempo libero: stimolandoli sia mentalmente che fisicamente in modo attivo (e non passivo), con un’offerta di servizi e di attività ampi e variegati; integrato altresì con la previsione di un Budget Hotel da 140 camere”, come evidenzia Davide Viganò, primum movens di ArcotecnicaGroup. Insomma: “Una soluzione nel segno della sostenibilità, che fa coincidere le naturali esigenze economicoreddituali con quelle della cittadinanza, con un ridotto carico urbanistico: standard di verde pubblico e parcheggi sono stati infatti preservati”. RE 116 - Febbraio - Marzo 2015 67 Focus Fabio Bandirali - Presidente AICI e Vice Presidente Esecutivo Federimmobiliare Impiantistica sportiva e opportunità di creazione di valore nel Belpaese Lo stadio, considerato come asset produttivo, può finalmente diventare il fulcro di virtuose iniziative immobiliari, all’insegna della pluralità di funzioni, trasformandosi nel contempo in centro di profitto I l progetto presentato dall’A.C. Milan nell’ambito del bando per la riqualificazione del padiglione 1-2 del Portello (Fieramilanocity) ha posto di nuovo l’attenzione su un tema che, solo pochi anni orsono, veniva dai più tacciato come risibile; e, in ambito immobiliare, giudicato con valenza al più folkloristica e archiviato tra i file diversi, nonostante i molteplici e virtuosi esempi sviluppati a livello internazionale, più volte rappresentati e descritti su queste pagine; ma, tant’è, oggi stiamo assistendo a una baldanzosa e pressoché generalizzata adunanza, in cui si celebrano le virtù dello stadio quale superba e taumaturgica panacea per i cronici mali economici di sport, economia e Paese. E’ giunto pertanto il momento di fare il punto della situazione e di procedere con un indispensabile aggiornamento oggettivo della materia. La legge 147/2013, altrimenti nota come legge di stabilità, art.1 commi 303-306, ha introdotto, seppur in termini generali, quelle norme che più volte in passato avevamo sollecitato, al fine di dotare il sistema di precise regole, che potessero offrire a quanti si dichiaravano interessati a investire nell’impiantistica sportiva tempi certi e possibilmente rapidi, unitamente a procedure 68 RE 116 - Febbraio - Marzo 2015 amministrative semplificate. E gli effetti positivi si sono subito fatti sentire: il sindaco Ignazio Marino, dopo l’approvazione della delibera riguardante lo stadio della Roma (29 voti favorevoli, 8 contrari, 3 astenuti) ha per l’occasione dichiarato: “Sono orgoglioso: questo è il primo stadio che si realizzerà secondo i parametri indicati nella legge nazionale e che sarà applicata per la prima volta proprio nella Capitale d’Italia”. Oltre a tale bellissimo progetto, hanno iniziato a essere sviluppati altri significativi programmi d’investimento: quali, ad esempio quello summenzionato del Milan, l’iniziativa della Fiorentina sull’area Mercafir, la riqualificazione del San Paolo di Napoli e la radicale ristrutturazione del Friuli a Udine; dando un seguito alla realizzazione dello Juventus Stadium, rimasto per troppi anni il solo benchmark domestico del settore. Lo stadio sembra insomma essere diventato un nuovo protagonista, sebbene di nicchia, del mercato del real estate in Italia, sulla scia di quanto già virtuosamente verificatosi all’estero. Ridefinizione della proprietà La possibilità di ingresso dell’investitore privato costituisce un fattore essenziale ai fini del successo di tali iniziati- ve: e stiamo assistendo proprio in questi tempi alla rivoluzione copernicana del passaggio dalla proprietà pubblica a quella privata. Com’è arcinoto, l’Italia è rimasta, buona ultima, il Paese ove la stragrande maggioranza degli impianti sportivi risulta essere ancora in mano pubblica: una tradizione di lunga data, iniziata negli anni ‘30 del secolo scorso, quando il Comune di Milano rilevò dalla famiglia Pirelli l’impianto di San Siro (mentre, e per contro, pochi anni prima, nel 1924, Il Real Madrid aveva iniziato la costruzione in proprio dello stadio Chamartin, divenuto poi il mitico Bernabeu). Abbiamo più volte rammentato come questo concetto di proprietà comportasse anacronistiche disfunzioni, consolidate inefficienze e spreco di risorse già scarse: producendo, tra l’altro, un livello di obsolescenza degli impianti che, limitandoci alla sola Serie A, raggiunge la rispettabile età media di 65 anni. La nuova era iniziata a Torino e avviata a proseguire, a partire da Roma e da Udine, dimostra per converso come lo stadio possa divenire un vero e proprio asset immobiliare, ovvero un centro di profitto e non più di mero costo, con ricavi caratteristici tali da renderlo un investimento degno di interesse. RE-RETAIL Multiformi fonti di reddito Fermandoci un attimo ad analizzare le tipologie di ricavi generati dall’impianto è possibile osservare come alle più tradizionali voci relative a ticketing e abbonamenti (in ogni caso ottimizzate dal nuovo appeal di un impianto moderno) si vadano ad aggiungere altri e nuovi proventi: quali, di volta in volta, la gestione di Skybox e Vip lounge, la food court, i diritti di pouring, lo shopping sia dedicato che generalista, un redditizio sviluppo dei parcheggi, una economica gestione degli aspetti energetici, l’attività museale, quella di entertainment e di leisure, la convegnistica, gli introiti di natura pubblicitaria e di marketing e, last but not least, i diritti relativi ai cosiddetti naming right. Lo spazio a disposizione non ci consente purtroppo di effettuare una disamina esaustiva di tutte queste voci, ma reputiamo in ogni caso opportuno approfondirne almeno un paio, segnatamente naming right e “green economy”. Con specifico riferimento al primo elemento, giova forse ricordare che il mercato mondiale assume valori annui superiori ai 750 milioni di dollari: importo che non tiene peraltro ancora conto del “ Lo spazio a disposizione non ci consente purtroppo di effettuare una disamina esaustiva di tutte queste voci, ma reputiamo in ogni caso opportuno approfondirne almeno un paio, segnatamente naming right e “green economy” contratto in fase di perfezionamento tra Real Madrid e IPIC (International Petroleum Investment Company), ossia il gigante petrolifero di Abu Dhabi - proprietario, dall’agosto 2011, del 100% delle azioni della compagnia petrolifera Cepsa. Tale contratto prevedrebbe infatti, secondo le ultime indiscrezioni, una cifra record, intorno ai 500 milioni di euro (25 per 20 anni), che potrebbe essere destinata alla pressoché totale copertura degli ingenti lavori di rinnovo (trattasi della quinta ristrutturazione dal 1947) dell’impianto madridista, previsti entro la fine del 2017; includendo la realizzazione di una avveniristica facciata esterna, una nuova copertura e un “ ulteriore aumento della capienza (da 81.000 a 90.000 posti): il tutto proficuamente integrato con la realizzazione di un hotel 5 stelle lusso e un centro commerciale. Merita a questo punto sottolineare che questi lavori produrranno un incremento pari a circa il 30% sui ricavi da stadio e complessivi della società spagnola; la quale, già attualmente, grazie a 549,5 milioni di euro, è collocata al vertice della classifica che Deloitte annualmente prepara in materia. Quanto esposto ci induce pertanto a soffermarci, sia pur brevemente, sui naming right, cercando di renderne meglio comprensibili le caratteristiche, i benefici effetti economici e le potenzialità di sviluppo. RE 116 - Febbraio - Marzo 2015 69 Specificità del naming right La fattispecie è riconducibile a una categoria particolare di sponsorizzazione, che si circostanzia in una forma di comunicazione pubblicitaria secondo cui un soggetto, denominato sponsee, si obbliga, correlatamente al riconoscimento di un corrispettivo, ad associare a un proprio asset immobiliare il nome e/o il marchio di un altro soggetto, denominato sponsor (per incidens, il termine originario e anglosassone di sponsorship affonda di fatto le proprie radici nella formula latina “Centum mihi dari spondes? Spondeo”). L’asset immobiliare in questione non deve essere necessariamente a carattere sportivo: tale modalità può infatti riguardare immobili di qualsiasi tipologia, ad esempio di tipo infrastrutturale, museale o dell’entertainment. Il primo e storico esempio di abbinamento a un’attività sportiva è individuabile in quello dell’impianto americano Sportsman’s Park di St. Louis, appartenente alla squadra di baseball dei Cardinals, diventato nel 1953 Busch Stadium, dal nome della società proprietaria del marchio birrario Budweiser. A partire da questa data, l’attività di naming right ha iniziato a rappresentare un’innovativa e rilevante fonte di ricavi, di durata consolidata e pluriennale e tali da poter apportare una benefica contribuzione ai bilanci delle società sportive e/o degli investitori; consentendo, tra l’altro, nel caso specifico, un’efficace copertura dei costi di manutenzione e di ristrutturazione degli immobili de- Società “ Il primo e storico esempio di abbinamento a un’attività sportiva è individuabile in quello dell’impianto americano Sportsman’s Park di St. Louis “ dicati. La tabella qui proposta costituisce solamente un sintetico quadro di alcuni dei contratti più importanti sino a oggi siglati in Europa e in USA. E’ poi opportuno sottolineare che tale forma è applicabile non solo a impianti esclusivamente riferibili ai grandi nomi delle prime divisioni, ma anche a soggetti meno titolati o attivi nelle serie minori. In Gran Bretagna, dove il fenomeno dei naming right ha trovato il proprio massimo sviluppo, troviamo infatti stadi di proprietà di società che militano in Premier League (la Prima Divisione), in Championship (la locale Serie B) e financo in Football League One (Lega Pro). Investimenti Affluenza Affluenza Ricavi vecchio Ricavi (MLN €) vecchio impianto nuovo impianto impianto impianto (MLN€) (MLN€) 564 38.184 60.045 63,8 134,6 City 167 16.048 21.180 12,9 14,6 14.789 30.958 8,2 13,4 18.044 20.717 12,3 20,7 Arsenal Coventry Riqualificazioni sostenibili (League One) Sporting Lisbona Cardiff 105 City 55 (Championship) Manchester United 65 68.765 75.826 103 138 Bayern Monaco 346 53.294 67.641 29 52,1 Benfica 150 22.541 28.395 12,1 18,8 Porto 98 28.248 34.143 9,5 15,8 Manchester City 230 34.565 46.834 12,5 25,8 Juventus 145 21.966 37.545 11,6 31,8 Espanyol 65 23.832 27.229 9,8 14,6 9.996 17.217 1,4 4,6 Grenoble Foot 38 88 (CFA) 70 RE 116 - Febbraio - Marzo 2015 nuovo Proprio con riferimento a quest’ultimo caso, vale la pena menzionare l’esempio della Ricoh Arena: stadio di casa del Coventry City FC, è un complesso situato nell’omonima città, ed è composto da un impianto con una capienza di 32.604 posti, una piazza-sala espositiva di 6.000 mq, un albergo, un centro ricreativo e un casinò. Il sito è anche sede dell’Arena Park Shopping Centre, all’interno del quale è operativo uno dei più grandi negozi della catena di supermercati Tesco. Nello specifico, il naming è stato attribuito all’azienda giapponese Ricoh, per un valore di 10 milioni di sterline e una durata di 10 anni. Ci troviamo altresì di fronte a un classico esempio di rigenerazione urbana, in cui l’area brownfield utilizzata in precedenza dall’officina del gas Foleshill è stata brillantemente ripristinata e recuperata con una diversa destinazione. Quest’ultima notazione ci consente di porre il luce alcuni specifici aspetti riconducibili alla “green economy”, evidenziando come anche le componenti legate alla sfera dell’ecocompatibilità possano rappresentare una qualificata fonte di reddito. Nel caso della Germania, gli esempi virtuosi sono oggettivamente molteplici, con più di 50 differenti progetti improntati alla sostenibilità ambientale: citiamo almeno le realizzazioni del Borussia (efficiente recupero di acque piovane per 40 milioni di litri) e dell’Amburgo (risparmio di 2,8 milioni di KWh). Uscendo dai confini germanici, si segnala l’esempio dello Stade de Suisse di Berna, che ospita in copertura un impianto fotovoltaico con una produzione annua pari a circa 1,2 milioni di KWh, grazie a un complesso di pannelli installato su una superficie complessiva di 12.000 mq. L’energia in eccesso rispetto al fabbisogno è venduta a imprese locali, situate nell’area circostante lo stadio, con benefici risultati sia in termini economici che ambientali. Pluralità e complementarietà Ritornando ora al discorso più generale, è infine necessario fare riferimento al concetto di complesso polifunzionale, secondo il quale è possibile sviluppare ulteriori e complementari funzioni immobiliari a latere RE-RETAIL dell’immobile stadio. Anche in questo caso gli esempi virtuosi non mancano e sono variamente riconducibili a specifici segmenti del real estate: quali il retail, l’ospitalità, il direzionale, il residenziale o l’entertainment. E’ superfluo sottolineare che tali iniziative vanno sviluppate in armonia e sintonia con le caratteristiche morfologiche e sociali delle specifiche aree di riferimento, in modo da produrre benefici incrementali e sinergici e tali da comportare un’ulteriore qualificazione del ritorno economico e finanziario dell’investimento. Aspetto, questo, assolutamente recepito dalla nuova normativa italiana (e possiamo nuovamente parlare di rivoluzione copernicana), che, allo scopo di scoraggiare intenti puramente speculativi, ha eliminato il residenziale quale oggetto di possibile sviluppo. Aspetti culturali e business Tutto quanto illustrato in queste note ci consente pertanto di comprendere come il segmento in esame stia sempre più diventando oggetto di attenzione da parte degli investitori; nonché di studio e d’insegnamento a livello accademico. Nozioni ed elementi di economia immobiliare sportiva sono già stati introdotti nei corsi di master di prestigiose università (Politecnico di Milano, Luiss e Università di Torino); mentre il Coni ha da quest’anno incluso la materia fra gli insegnamenti impartiti presso il proprio Master Olimpico. Notevole è poi l’attività di supporto efficacemente svolta dalle associazioni immobiliari di categoria, in primis Federimmobiliare, Assoimmobiliare e AICI, con l’obiettivo di favorire un fecondo dibattito, sia a livello istituzionale che tra i differenti player interessati. Concludendo, non possiamo esimerci dall’auspicare che in un prossimo futuro i progetti di sviluppo immobiliare sportivo italiani inizino a fare la propria comparsa sulla scena internazionale, nel contesto delle principali kermesse settoriali. Al riguardo, non sorprende che un importante e diffusissimo organo di stampa italiano, introducendo il progetto promosso dal Milan, abbia scritto: “il 10 Marzo a Cannes aprirà il Mipim, l’evento più atteso dell’industria immobiliare, e qui potrebbe essere ufficializzata la scelta. La spunterà lo stadio del Milan?”. Il Calcio conta - Rielaborazione e integrazione dell'autore RE 116 - Febbraio - Marzo 2015 71 Tendenze “Centro commerciale addio, negli Usa crolla il mito dei templi dello shopping” “I poveri vanno ai discount, i ricchi preferiscono i negozi o le catene chic. Un centinaio ha già chiuso o sta per farlo: pesa la crisi della famiglia media” “C he fine ha fatto lo shopping mall? Tempio del consumismo, simbolo della società americana, luogo d’incontro in molte città che non hanno centri storici. Tutto questo era vero fino a ieri: oggi i centri commerciali chiudono, e c’è chi teorizza la loro estinzione. Ma non è un sintomo di crisi economica. L’America, felice eccezione mondiale, ha una crescita vigorosa, un mercato del lavoro che tira, consumi in ripresa. Lo shopping mall non è spiazzato da uno tsunami di consumo frugale, decrescita felice, o share economy (economia delle condivisione). E neppure la Rete, cioè l’avanzata delle vendite online, c’entra più di tanto. No, a svuotare i centri commerciali tradizionali sono le diseguaglianze. Lo shopping mall tradizionale è un modello interclassista, trasversale, in una fase in cui la società americana si polarizza: da una parte i lavoratori a salario minimo, dal potere d’acquisto immobile, che vanno a fare la spesa negli ipermercati discount Costco; dall’altra i ricchi che prediligono i grandi magazzini glamour, tipo Saks Fifth Avenue. Schiacciata in mezzo c’è la formula dello shopping mall, inventata in un’epoca in cui al centro del modello sociale americano c’era una vasta middle class, inclusiva di ceto medio e classe operaia. Nell’ultima decade, una trentina di questi shopping mall hanno chiuso. Altri 60 potrebbero fare la stessa fine in tempi rapidi. Il fenomeno dei centri commerciali “morti” sprigiona una sorta di fascino macabro. È nato un sito specializzato per censirli, si chiama prevedibilmente www.deadmalls.com. Sul sito 72 RE 116 - Febbraio - Marzo 2015 del New York Times un’inchiesta su questo fenomeno è illustrata da una galleria di foto dei “dead malls”: sembrano città fantasma, cattedrali nel deserto, costruzioni imponenti e spettrali. Un tempo affollati da eserciti di famigliole, coi parcheggi intasati di Suv, questi shopping mall morti o agonizzanti evocano film di fantascienza, un pianeta improvvisamente svuotato dei suoi abitanti da un attacco alieno o una catastrofe climatica. E in effetti proprio di recente Hollywood ha deciso di ambientare alcune scene del film Gone Girl in uno di questi centri fantasma. Il potere degli shopping mall sull’immaginario collettivo degli americani, è tale che l’associazione dei centri commerciali sta tentando disperatamente di contrastare la teoria del declino inesorabile. La Confindustria di categoria (Council of Shopping Centers) ha assoldato di recente la più grossa società di relazioni pubbliche, Burson-Marsteller, “per contrastare la pubblicità negativa”. Ma i dati parlano chiaro. Sui 1.200 centri commerciali censiti negli Stati Uniti, il 15% è a rischio di scomparsa perché disertato dai consumatori. Sono una minoranza, certo, ma pur sempre 180 shopping mall che potrebbero essere rasi al suolo, non più redditizi. Le “condanne a morte” espresse dal mercato, coincidono con una chiara ripresa nella spesa di consumo delle famiglie americane. Dunque è il modello stesso del centro commerciale che perde colpi, non la grande distribuzione in generale. E per una volta il sospetto numero uno non si chiama né Amazon né Ebay. Per quanto il commercio in Rete stia conquistando sempre nuovi adepti, il fatturato complessivo delle vendite online è circa un decimo rispetto al commercio “in carne ed ossa”. Il vizio fatale nella formula dello shopping mall è proprio il fatto di essere un contenitore di catene distributive come Sears, Lord&Taylor, che si rivolgevano alla famiglia media americana. Ma la “media” non c’è più, in un popolo di consumatori a clessidra, dove si rafforzano la parte alta e quella più bassa del potere di acquisto. Per diverse generazioni di americani i centri commerciali sono stati non solo una comodità che semplifica la vita (tutti i negozi in un posto solo, per fare la spesa una volta alla settimana caricando il bagagliaio dell’auto), e quindi un emblema dell’American way of life, ma spesso anche l’unico luogo di “socializzazione”. E’ un fenomeno sul quale sono stati scritti interi saggi di sociologia urbana, come il celebre “Bowling Alone” (giocare al bowling da soli) di Robert Putnam. Paragonato a un moderno Alexis de Tocqueville, Putnam ha esplorato la società americana rivelando la decadenza dei tradizionali luoghi di vita comune. Sindacati, partiti, club e associazioni civiche, perfino le chiese hanno perso gran parte del proprio ruolo storico come centri di incontro e vita collettiva. Per molti giovani, nelle città medio-piccole dell’America profonda, lontano dalle metropoli come New York e San Francisco, lo shopping mall era rimasto l’unico posto dove “rimorchiare”, o semplicemente incontrare gli amici dopo la scuola, fare due chiacchiere, passare il tempo. Ora gli rimane Facebook”. (Federico Rampini, la Repubblica, 8 gennaio 2015). RE-RETAIL Tendenze Social experience, svago e ristorazione di qualità sono fattori vieppiù rilevanti Stando a una ricerca di CBRE, i giovani consumatori italiani annettono notevole importanza all’esperienza sociale dello shopping, che sarà un driver decisivo per il successo dei centri commerciali del Belpaese A seguito della realizzazione del report “How Consumers Shop 2014”, CBRE ha condotto un’indagine inerente a un panel di oltre 21.000 consumatori residenti in 21 Paesi (segnatamente Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Irlanda, Italia, Olanda, Norvegia, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Russia, Sud Africa, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia, Ungheria), lumeggiandone le aspettative in materia di shopping experience, individuando il ruolo svolto dalle diverse tipologie di centri, inquadrando i comportamenti salienti in relazione all’ambito fisico e alla dimensione digitale, nonché le peculiarità concernenti i diversi mercati. In sintesi, “per l’88% dei consumatori europei la varietà di negozi all’interno di uno stesso luogo e la possibilità di vivere una social experience sono elementi fondamentali nella scelta di dove fare acquisti. Pulizia, prezzo e convenienza si confermano comunque i fattori determinanti nella scelta per tutti i consumatori mentre per i clienti più giovani (età 18-24 anni) la possibilità di poter associare un’esperienza sociale al momento dedicato agli acquisti diventa indispensabile. In Europa, i social media influenzano l’esperienza d’acquisto delle donne (36%), dei giovani tra i 18 e i 24 anni (40%) e dei consumatori con un’elevata capacità di spesa (35%), mentre la stessa variabile incide in misura inferiore al 30% se si considerano uomini, anziani e consumatori con una minore capacità di spesa. Per quanto riguarda l’Italia, il 48% degli intervistati tra i 18 e i 24 anni utilizza i social media per tenere d’occhio promozioni, eventi e nuove aperture dei brand, mentre lo stesso comportamento si verifica solo per il 24% dei tedeschi, con percentuali che salgono al 60% in Romania e al 62% in Turchia. La maglia nera se la aggiudicano invece Gran Bretagna e Danimarca, che risultano essere i meno coinvolti nel social media shopping, con percentuali sensibilmente inferiori alla media. Dall’indagine emerge anche che i servizi quali cinema, bowling, WIFI gratuito e la presenza di luoghi di incontro e di svago risultano essere un significativo fattore di attrazione. II 51% dei giovani consumatori italiani vede la propria shopping experience anche come un’attività sociale e di svago, mentre questo vale solo per il 28% degli intervistati, sempre in Italia, della fascia d’età tra i 55 e i 64 anni. Anche la presenza di ristoranti di buon livello pesa sulla scelta del luogo per lo shopping, e tale fattore potrebbe incidere positivamente sulla durata dell’esperienza d’acquisto. In particolare, la presenza di una food court di qualità è considerata molto importante dal 29% dei giovani consumatori italiani (18-24 anni), contro il 18% dei clienti tra i 45 e 54 anni, mentre pesa solo per il 21% del totale dei consumatori nello stesso target in Europa”. “The Shopping Experience in 2014: a Consumer’s Perspective” è scaricabile da www.cbre.eu/ retailinsite. “L’esperienza sociale legata al consumo diventerà cruciale nei prossimi anni nel determinare il successo dei centri commerciali”, secondo Esmeralda Cappellini, Head of Asset Services di CBRE Italia. “In particolare con i giovani, che fanno un largo uso delle applicazioni dei centri commerciali, serviranno più investimenti in tecnologia per rendere i centri luoghi dove vivere un’esperienza a tutto tondo e sempre più a misura di cliente”. RE 116 - Febbraio - Marzo 2015 73 Tendenze Silvia Sovrani - Marketing Assistant Network Propaganda Puntadiferro estrinseca il suo nucleo valoriale con un approccio virtuoso Mediante l’evento “Punta al Green”, il centro forlivese riafferma la sua spiccata vocazione ambientalistica, coinvolgendo la community in un’iniziativa pedagogica ad ampio spettro U bicato a Forlì, a breve distanza dalla riviera romagnola, il centro Puntadiferro ha saputo imporsi, sin dall’apertura, avvenuta nel 2011, quale imprescindibile punto di riferimento per un ampio bacino d’utenza, grazie a un’offerta commerciale e di servizi di elevato standing qualitativo, assicurata dai suoi 100 negozi. Il centro è contraddistinto da una struttura architettonica avveniristica e da spazi eleganti e di moderna concezione, realizzati all’insegna dei più avanzati criteri di eco-compatibilità: il grande utilizzo della luce naturale e gli avanguardistici impianti di teleriscaldamento lo rendono un virtuoso esempio in termini di rispetto per l’ambiente e di sostenibilità a tutto tondo; riflettendo un connaturato nucleo valoriale, costantemente condiviso con gli stakeholder, in virtù di una relazione non estemporanea. Sul piano del marketing in senso lato, nel contesto delle organiche iniziative via via implementate, l’evento “Punta al Green”, articolatosi su più piani nell’arco di alcuni mesi nel corso del 2014, ha costituito l’occasione per riaffermarne i capisaldi, grazie a una feconda interazione con il tessuto istituzionale locale. In particolare, l’intuizione originaria di arricchire la galleria con immagini ispirate a tematiche ecologiche, trasformandola in una sorta di “finestra sulla natura”, è stata tradotta in atto grazie al coinvolgimento attivo degli studenti del territorio, creando un trait d’union che ha portato al raggiungimento 74 RE 116 - Febbraio - Marzo 2015 di rimarchevoli risultati. La stragrande maggioranza delle istituzioni scolastiche interpellate (scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado di Forlì e Provincia) ha aderito con entusiasmo, presentando numerosi progetti artistici accomunati dall’ispirazione “green”. La sensibilizzazione effettuata a monte per mezzo di approfondimenti didattici in classe ha originato una vera e propria ondata di creatività. La selezione degli elaborati, prodotti utilizzando le più svariate tecniche pittoriche, ha quindi permesso ai 4 migliori di essere riprodotti dagli alunni su maxi pannelli collocati all’interno del mall; è stato organizzato quindi un concorso che ha chiamato i fruitori del centro a giudicare i lavori; e i soggetti prescelti hanno beneficiato di un concreto contributo, in forma di donazione: particolarmente apprezzata in considerazione dei risvolti dell’attuale congiuntura economica. In sintesi, gli obiettivi perseguiti sono stati molteplici: rafforzare l’integrazione e l’identificazione del centro con il suo territorio di riferimento; diffondere la consapevolezza ecologica e la dedizione del centro per il rispetto ambientale; creare un evento dedicato alle scuole dell’area d’attrazione per stabilire un legame solido e duraturo, basato su valori e principi RE-RETAIL importanti come quelli dell’ambiente, con un’attività mirata di educazione artistica. “Punta al Green” in dettaglio La creatività dell’evento (fase 1) è stata caratterizzata da una campagna plurisoggetto, che ha come protagoniste due commesse di due punti vendita. Il format grafico per l’anno 2014 è infatti caratterizzato dalla presenza, in veste di testimonial, degli addetti alle vendite di Puntadiferro, individuati a seguito di un apposito casting. Nella seconda fase, svoltasi da febbraio a giugno 2014, sono state materialmente coinvolte le scuole e scremati gli elaborati: gli alunni sono stati invitati a riflettere sulla natura ai fini della creazione di un elaborato che fosse un’espressione personale circa la tematica specifica. Gli elaborati raccolti sono stati poi (fase 3) analizzati e vagliati da una commissione interna al centro e i 4 giudicati più significativi, anche a livello di esecuzione artistica, sono stati scelti per essere riprodotti, dai bambini e ragazzi stessi, su grandi tele di metri 4x3. Tutti i 1.300 disegni realizzati sono stati esposti dal 1 al 28 novembre, in una mostra che ha permesso a tutti gli utenti del centro di poter toccare con mano l’impegno profuso dai partecipanti. Gli studenti autori dei 4 migliori elaborati, insieme a tutta la propria classe, si sono recati a turno presso Puntadiferro, dal 3 al 28 novembre (fase 4), per riprodurli sui grandi pannelli messi a disposizione. Ogni classe ha avuto una settimana di tempo per completare la realizzazione e il centro ha dedicato un mese intero agli artisti in erba, ospitando una classe a settimana e fornendo tutto il materiale necessario per la realizzazione delle opere. I clienti, durante i loro momenti di shopping, hanno potuto vedere gli studenti impegnarsi con dedizione per potersi aggiudicare il premio in palio: un’importante donazione per il proprio istituto scolastico. I 4 elaborati finalisti sono stati dunque oggetto di una votazione a opera dell’utenza. Dal 3 al 28 novembre 2014 è stato organizzato un concorso sul punto vendita, nel quadro del quale tutti i clienti che avevano effettuato un acquisto nei negozi della galleria, hanno potuto accedere al gioco, che permetteva di vincere Buoni Acquisto e Gratta & Vinci e di votare una delle 4 opere finaliste (fase 5). Infine (fase 6), il 7 dicembre 2014 si è tenuta una giornata conclusiva per premiare gli studenti, che con il loro entusiastico impegno hanno permesso all’iniziativa di diventare un esempio di cooperazione e di promozione. Le 4 maxi tele sono state installate in aree dedicate del mall, dove rimarranno; a testimonianza dell’importanza del lavoro svolto dagli studenti, che potranno sempre riconoscere il loro contributo esposto sulle pareti del centro commerciale, a mo’ di manifesto della dedizione all’ambiente di Puntadiferro. Obiettivi coronati Gli effetti generati dall’evento sono stati di notevole portata, a livello di coin- volgimento, di visite e di fatturato; valorizzando nel contempo il rapporto tra la marca e i suoi clienti, in quell’ottica di branding a tutto tondo che è la chiave di volta del successo di ogni singolo centro commerciale. Per ciascuno degli obiettivi è stato raggiunto un considerevole risultato, favorendo la diffusione di una coscienza ecologica e rafforzando l’integrazione e l’identificazione di Puntadiferro con il suo territorio di riferimento, anche in virtù dell’ampia partecipazione dei clienti durante la fase di votazione degli elaborati in galleria e dell’attività svolta dall’ufficio stampa, che ha permesso la diffusione dell’iniziativa attraverso i principali media locali. L’intera community degli stakeholder ha così potuto apprezzare ancora una volta i valori distintivi propri del centro. “Punta al Green”: i numeri salienti • Scuole coinvolte: 16 (90 classi – ovvero l’85% sul totale di quelle contattate) • Elaborati realizzati dagli studenti: 1.300 • Votazioni effettuate dai clienti: 116.821 • Donazioni alle scuole: 3.250 euro Risultati commerciali (dal 03/11/2014 al 28/11/2014) • Affluenza +6,10% rispetto allo stesso periodo del 2013 • Incassi +6,13% rispetto allo stesso periodo del 2013 Risultati Web A) Sito www.ccpuntadiferro.it (dal 03/11/2014 al 28/11/2014) • sessioni visitate 7.569: +6% rispetto alle visite del 2013 • visitatori unici 6.633: +6% rispetto ai visitatori del 2013 B) Pagina Facebook • Mi piace + 100 • Visualizzazioni pagina 194.652 Rassegna Stampa 5 articoli pubblicati su quotidiani locali e 1 servizio televisivo, per un’equivalenza pubblicitaria pari a 10.000 euro e una platea di pubblico stimata in circa 60.000 persone Fonte: Network Propaganda RE 116 - Febbraio - Marzo 2015 75 Tendenze Elisabetta Terzariol - Corporate Marketing Manager JLL Destination Europe 2015 fa il punto nave del retail La seconda edizione dello studio pubblicato da Jones Lang LaSalle in riferimento alle strategie d’espansione di 250 marchi internazionali offre proficui spunti circa stato dell’arte e dinamiche P ubblicato a due anni di distanza dalla sua prima edizione, “Destination Europe 2015” è la versione aggiornata del report che analizza la presenza e l’espansione di 250 retailer internazionali nei 57 mercati chiave del retail. Il risultato della nuova analisi che balza immediatamente all’occhio è che Londra rimane la città europea più attraente, con la più elevata presenza di operatori settoriali rispetto alle altre città europee esaminate; seguita nell’ordine da Parigi, Mosca, Milano e Madrid. La dimensione del mercato, la sua maturità, l’elevato grado di trasparenza e la retail friendliness rendono la capitale britannica una calamita per le insegne, che sono disposte a pagare un premio per le migliori posizioni. Altre grandi città con un respiro globale, mature e con un appeal simile - tra cui segnaliamo in particolare Parigi, Milano, Roma e le maggiori città tedesche - hanno tratto beneficio dalla sete di crescita dei retailer, attirando nuovi brand: nonostante i prolungati venti contrari che affliggono l’economia europea. Londra ha anche aumentato il suo vantaggio su Parigi in termini di attrattività relativamente ai retailer del lusso. Il report evidenzia comunque un distacco netto tra queste due retail location di fama mondiale e il resto d’Europa. Questo dimostra il valore che i luxury retailer attribuiscono al presidio dei luoghi più rappresentativi 76 RE 116 - Febbraio - Marzo 2015 Top-25 Retailers % coverage of Europe’s key markets City Rank H&M Zara Mango The Body Shop Benetton Lush Hugo Boss Diesel Timberland Claire’s Foot Locker Starbucks Massimo Dutti Nespresso Gant Adidas Desigual G-Star Jack Jones Louis Vuitton Max Mara Geox Guess Apple 1= 1= 3 4 5= 5= 7 8= 8= 10 11= 11= 13 14= 14= 16 17= 17= 17= 17= 17= 17= 23= 23= 25 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% Mainstream Premium Luxury Source: JLL RE-RETAIL e contraddistinti da scarsità dell’offerta. Di conseguenza, gli spazi in New Bond Street guidano i canoni di locazione a regime più cari del Vecchio Continente, attestandosi a 12.300 euro al mq all’anno e denotando una straordinaria crescita (+42%) in rapporto ai livelli raggiunti nel 2012. Se la londinese Bond Street è la location più attraente in Europa per i retailer del lusso, le opportunità per espandersi a livello paneuropeo non sono limitate ai mercati globali e ai mercati maturi. A titolo esemplificativo, Mosca sta crescendo e sta recuperando terreno velocemente; e nel medio termine potrebbe raggiungere Parigi per quanto riguarda la presenza di marchi di matrice internazionale. Mercati in forte crescita I mercati di Mosca (sul podio, al terzo posto) e Istanbul (che occupa la settima posizione) sono diventati ormai storie di successo del retail paneuropeo: non esistono infatti altre città che abbiano attirato un numero altrettanto alto di nuovi player negli ultimi due anni. Nonostante i crescenti livelli di rischio geo-politico, il mercato moscovita prospera: grazie alle sue dimensioni, all’incremento del reddito disponibile e a uno stock di centri commerciali in rapida crescita. Anche il mercato retail di Istanbul si sta rivoluzionando a grande velocità: attratti dal suo stock di centri commerciali moderni e di alta qualità, come il Zorlu Centre, e sull’onda dell’annuncio che Galeries Lafayette farà da “àncora” a Emaar Square, un numero sempre più grande di retailer sta valutando tale location come primo punto di ingresso in Europa. Scendendo nella classifica, ci sono ancora parecchi mercati retail forti che, nonostante fondamenti sani e JLL Cross Border Retailer Attractiveness Index 2015 Key Global Markets City London Paris Moscow Milan Madrid Rome Istanbul Munich Berlin Barcelona Amsterdam Hamburg St Petersburg Prague Warsaw Kiev Vienna Brussels Düsseldorf Frankfurt Antwerp Zurich Lisbon Dublin Stockholm Athens Cologne Budapest Lyon Bucharest Valencia Copenhagen Turin Manchester Marseille Bratislava Glasgow Bordeaux Lille Belgrade Luxembourg Stuttgart Cardiff Liverpool Zagreb Ankara Bilbao Leeds Oslo Seville Birmingham Edinburgh Gothenburg Malmø Helsinki Nottingham Belfast Source: JLL Mature Markets Transitional Markets Growth Markets Rank 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12= 12= 14 15= 15= 17 18= 18= 20 21 22 23 24 25= 25= 27 28 29 30 31 32= 32= 34 35 36= 36= 38= 38= 40 41= 41= 43 44= 44= 46 47= 47= 49 50 51 52 53= 53= 55 56 57 Average (Average representation = 100) 0 50 opportunità di mercato, rimangono però relativamente poco sfruttati: incluse alcune delle più grandi città del Regno Unito e della Francia, oltre ai mercati scandinavi. Milano e Roma sugli scudi Ma diamo un’occhiata a casa nostra, 100 Index 150 200 250 dato che Milano e Roma rimangono saldamente in classifica. Il capoluogo lombardo occupa il quarto posto tra le location maggiormente attraenti. La città può beneficiare di un’ampia base di consumatori e di una forte domanda dei retailer. In particolare, sono i luxury retailer quelli maggiormente interessati RE 116 - Febbraio - Marzo 2015 77 alle sue strade, in virtù della reputazione del capoluogo lombardo, considerato come una delle capitali mondiali della moda. Il centro città offre moltissime opportunità in termini di metri quadri, anche se non vi sono veri e propri centri commerciali, a differenza di altre città europee. Le due aree principali, dove si concentrano tutti i marchi più conosciuti, sono: il Quadrilatero della moda, che si sviluppa attorno a Via Montenapoleone; e l’area pedonale attorno a Piazza del Duomo, in primis Corso Vittorio Emanuele, più “mainstream”. Tra i nuovi marchi entrati in questo mercato segnaliamo il department store Brian & Barry in Piazza San Babila, oltre a Loubutin e a Maison Martin Margiela, localizzati nel distretto di Porta Nuova. Roma è invece al sesto posto della graduatoria. Milioni di turisti, nazionali e non, visitano la nostra capitale ogni anno, sia per l’offerta culturale e storica, sia per il grande numero di eventi che vi hanno luogo. Negli ultimi anni, il mercato retail è stato particolarmente dinamico, sostenuto da una domanda in crescita da parte dei retailer domestici, in risposta alla sempre più forte presenza dei marchi internazionali. Le aree attorno a Piazza di Spagna e Piazza del Popolo, nel centro storico, sono le più ricercate dai retailer “mainstream”; mentre i marchi del lusso preferiscono Via Condotti e la parte finale di Via del Babuino. Porta di Roma (a nord della città) e Roma Est (nel quadrante omonimo) rimangono i migliori centri commerciali della regione e tra i top su scala nazionale. Questi centri continuano ad attrarre marchi, che vi aprono i propri flagship store. Tra gli ultimi arrivati, menzioniamo Jo Malone, Coin Excelsior, Desigual e Ash. Mutamenti e scenari futuribili Cos’è cambiato, dunque, rispetto a due anni fa? Innanzitutto il ritmo a cui i retailer tradizionali e di alta gamma si sono generalmente espansi in confronto ai retailer del lusso, oggi nettamente superiore, consentendo loro di scalare la classifica. H&M diventa leader, insieme a Zara, quale retailer con il 100% di presenze nei 57 mercati europei chiave. Sono seguiti nella classifica da Mango e The Body Shop. Un’altra discrepanza rispetto al passato è il fatto che gli Stati Uniti, sospinti dall’espansione di marchi retail di alta gamma, hanno superato 78 RE 116 - Febbraio - Marzo 2015 l’Italia; e sono oggi il più grande esportatore cross border di insegne retail in Europa. Il player in maggiore espansione nel nostro campione è il premium retailer americano Michael Kors, seguito da Superdry, Cos e 7 For All Mankind. Inoltre, molti retailer europei hanno mostrato una notevole espansione negli ultimi due anni: tra questi, Ecco e Hugo Boss. Guardando al futuro, si prevede che un flusso di nuovi brand arriverà nel mercato europeo dalla regione Asia-Pacifico. Mentre la ripresa viaggia a velocità diverse a seconda dei mercati, le previsioni per la crescita delle vendite retail in Europa sono le più positive dall’inizio del decennio. Se guardiamo al prossimo futuro, vediamo significative opportunità di espansione in tutte le città dei mercati chiave europei, soprattutto attraverso l’espansione delle aree retail tradizionali nei centri città: nuove strade stanno emergendo e vengono occupate sia da marchi che aprono per la prima volta, sia da etichette secondarie dei designer principali. Ci aspettiamo che l’espansione dei retailer internazionali mantenga il suo slancio attraverso i mercati chiave. Tuttavia, i programmi d’espansione sono più attenti e più selettivi che mai; mentre cambiamenti strutturali radicali ridefiniscono ulteriormente il retail e le retail location. E gli operatori stanno sempre più utilizzando l’e-commerce per testare la domanda nei nuovi mercati, analizzando le sfide che presentano le diverse location e pianificando le strategie per vincerle. Retailer Country of Origin Key: Rank – Retailer Coverage Ranking (1-250) 1st USA Retailer 7RPP\+LO¿JHU Timberland Foot Locker Claire’s Starbucks Rank th = 10th 11th = 11th = 13th 3rd UK Retailer The Body Shop Lush Karen Millen Superdry Burberry Rank 4th 5th = 27th 37th 55th = 4th 5th 6th FRANCE Retailer Louis Vuitton Hermès Petit Bateau Escada Tally Weijl SPAIN Retailer Zara Mango Massimo Dutti Desigual Pull & Bear Source: JLL Rank 1st = 3rd 14th 17th = 31st = Rank 17th = 47th 48th = 48th = 55th = GERMANY Retailer Hugo Boss Adidas New Yorker Puma Bijou Brigitte 2nd Rank 7th 17th = 31st = 31st = 31st = ITALY Retailer Benetton Diesel Max Mara Geox Calzedonia Rank 5th = 8th = 17th = 23rd 25th RE-RETAIL Stima preliminare del Pil “N el quarto trimestre del 2014 il prodotto interno lordo (PIL), espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2010, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è rimasto invariato rispetto al trimestre precedente ed è diminuito dello 0,3% nei confronti del quarto trimestre del 2013. Il quarto trimestre del 2014 ha avuto due giornate lavorative in meno del trimestre precedente e lo stesso numero di giornate lavorative rispetto al quarto trimestre del 2013. La variazione congiunturale è la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto nei comparti dell’agricoltura e dell’industria e di un aumento nei servizi. Dal lato della domanda, il contributo negativo della componente nazionale (al lordo delle scorte) è compensato da un apporto positivo della componente estera netta. Nello stesso periodo il PIL è aumentato in termini congiunturali dello 0,7% negli Stati Uniti e dello 0,5% nel Regno Unito. In termini tendenziali, si è registrato un aumento del 2,5% negli Stati Uniti e del 2,7% nel Regno Unito. Nel 2014 il PIL corretto per gli effetti di calendario è diminuito dello 0,4%. Si fa notare che il 2014 ha avuto due giornate lavorative in meno rispetto al 2013. La variazione acquisita per il 2015 è pari a -0,1%”. (Fonte: www.istat.it). “Ammesso che dal 2015 l’Italia ricominci a crescere al tasso medio degli anni ’90 (1,7%), ci vorranno 6,5 anni per recuperare il livello del reddito del 2007; uno in più per quello pro capite. Per poter dichiarare, forse, che la crisi è alle spalle, bisognerà dunque aspettare il 2021. Stiamo facendo la storia. Legittimo però dubitare di questo scenario (…). Sperare in un piano di sostegno tedesco per l’Eurozona (Eurobonds, trasferimenti unilaterali, Esm) è fantascienza. Ma temere che prima o poi arrivi la Troika in Italia, è realistico (…) E leciti i dubbi della sostenibilità del “modello sociale europeo”. (Alessandro Penati, “La dura legge del Pil. In Italia peggio del ‘29”, la Repubblica, 26 ottobre 2013). “Un anno felix”, Renzi dixit… “P Rapporto debito PIL al 132% rima la buona notizia. A meno di colpi scena, l’Italia supererà l’atteso esame della Commissione Europea sulla legge di stabilità varata in autunno. Vale a dire, niente “correzione” o “sforzo aggiuntivo”, come invece ipotizzato a novembre dal Commissario agli Affari Economici Pierre Moscovici. L’indizio definitivo è arrivato oggi con la pubblicazione delle previsioni invernali dell’Esecutivo Ue, che hanno rivisto positivamente alcuni parametri fondamentali per ottenere il semaforo verde di Bruxelles. Primo fra tutti, l’aggiustamento strutturale al centro della trattativa tra Italia e Bruxelles, che i funzionari della Commissione riconoscono dello 0,25%, esattamente in linea con quanto richiesto per il nostro Paese secondo le nuove linee guida sulla flessibilità diffuse a inizio gennaio. Ma l’Europa oggi non ha consegnato soltanto buone notizie. La stima di crescita per il nostro Paese per il 2015 resta invariata rispetto alle previsioni autunnali, cioè a quota +0,6%. Un ritorno in territorio positivo dopo tre anni in segno meno, ma a un livello forse più basso rispetto ad altre stime più recenti e alle aspettative dello stesso governo, come ha spiegato oggi il ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi, secondo cui la stima di Pil per il 2015 sarà “più vicina alle stime della Confindustria che a quelle dell’Ue”. La scorsa settimana, il Centro Studi di Viale dell’Astronomia, pur senza sbilanciarsi su numeri più precisi, aveva stimato che il combinato disposto del calo del prezzo del petrolio, dell’euro svalutato e degli effetti del Quantitative Easing, avrebbe potuto dare una “spinta” al Pil del 2,1%. Non solo. A guardare la tabella dei 28 Paesi, l’Italia quest’anno si posiziona al penultimo posto, sopra soltanto a Cipro, mentre per il 2016 guadagna persino la maglia nera di tutto il Continente rischiando di diventare il Paese con il tasso di crescita più basso d’Europa”. (www. huffingtonpost.it, 5 febbraio 2015). E sarebbe la prima volta dal 2003. “A l 31 dicembre del 2014 il debito delle Amministrazioni pubbliche è risultato pari a 2.134,9 miliardi. A fine 2013 il debito era pari a 2.068,7 miliardi (127,8 per cento del PIL). L’aumento del debito nel 2014 (66,2 miliardi) è stato di poco superiore al fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche (65,8 miliardi). Gli scarti e i premi di emissione hanno contenuto il debito per 8,7 miliardi, compensando quasi interamente l’incremento determinato dalla crescita delle disponibilità liquide del Tesoro (8,6 miliardi, a 46,3) e dalle variazioni dei cambi (0,5 miliardi). Sul fabbisogno ha inciso per 4,7 miliardi il sostegno finanziario ai paesi dell’area dell’euro (13 miliardi nel 2013). Complessivamente nel quinquennio 2010-14 il contributo italiano al sostegno finanziario ai paesi dell’area dell’euro è stato pari a 60,3 miliardi: sono stati concessi prestiti bilaterali alla Grecia per 10 miliardi nell’ambito del primo programma di aiuti; il contributo al capitale dello European Stability Mechanism (ESM) è stato pari a 14,3 miliardi (2,9 nel 2014); la quota di pertinenza dell’Italia degli aiuti erogati dallo European Financial Stability Facility (EFSF) è stata pari a 36 miliardi (1,8 nel 2014). Di questi ultimi, 27,2 miliardi sono stati concessi alla Grecia nell’ambito del secondo programma, 5,2 al Portogallo e 3,5 all’Irlanda. Con riferimento alla ripartizione per sottosettori, il debito delle Amministrazioni centrali è cresciuto di 75,6 miliardi, a 2.035,6, mentre quello delle Amministrazioni locali è diminuito di 9,4 miliardi, a 99,2; il debito degli Enti di previdenza è rimasto sostanzialmente invariato”. (Fonte: Banca d’Italia). A proposito: nello scenario di base del governo il rapporto debito PIL nel 2015 dovrebbe aumentare, passando dal 132% al 133,8%, per poi scendere al 132,7% l’anno successivo. Insomma: il consolidamento dei conti pubblici è essenziale, ma la chiave di volta è il denominatore: altrimenti qualsiasi sforzo è soltanto una fatica di Sisifo. RE 116 - Febbraio - Marzo 2015 79 Bimag Formato A4:Layout 1 16/02/15 15:01 Pagina 1 Il Nuovo Portale per la tua Impresa www.bimag.it www.bimag.it Business International Magazine Il portale per imprenditori e manager. ✔ Conquista i mercati esteri ✔ Incontra la tua community The Executive Network www.businessinternational.it Fiera Milano Official Partner www.fieramilanomedia.it
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