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TAR CAMPANIA – SALERNO, SEZIONE PRIMA
CONSIDERAZIONI A MARGINE DELLA DECISIONE 4 luglio 2014, n. 1184
A cura di GERARDO GUZZO
S.I.I. e A.T.O.: effetti conformativi della disciplina regionale e discrezionalità degli Enti Locali
La sentenza del T.a.r. Campania, Sezione distaccata di Salerno, n. 1184 del 4 luglio 20141 affronta
un tema molto interessante: la discrezionalità degli Enti Locali nel recedere unilateralmente
dall’A.T.O. di appartenenza.
Il Collegio campano, seguendo un viatico logico argomentativo molto persuasivo, ha chiarito alcuni
aspetti solo apparentemente controversi.
In particolare, i giudici salernitani hanno evidenziato come l’appartenenza ad un A.T.O. piuttosto
che ad un altro, non possa rappresentare una libera scelta dell’Ente Locale quanto un atto vincolato i
cui contenuti sono determinati direttamente dal Legislatore, nel caso di specie regionale. Com’è
noto, il Titolo II della Sezione III del d.lgs. n. 152/2006, rubricato “Servizio Idrico Integrato”, nella
norma di apertura, vale a dire l’articolo 147, stabilisce espressamente, al comma 1, che “(…) I
servizi idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali ottimali definiti dalle Regioni in
attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (…)”. Il successivo comma 2 della citata norma, a sua
volta, demanda alle Regioni la possibilità di modificare le delimitazioni degli ambiti territoriali
ottimali “(…) assicurandone, comunque, lo svolgimento secondo criteri di efficienza, efficacia ed
economicità, nel rispetto, in particolare, dei seguenti principi: a) unità del bacino idrografico o del
sub-bacino o dei bacini idrografici contigui, tenuto conto dei piani di bacino, nonché della
localizzazione delle risorse e dei loro vincoli di destinazione, anche derivanti da consuetudine, in
favore dei centri abitati interessati; b) unitarietà della gestione e, comunque, superamento della
frammentazione verticale delle gestioni; c) adeguatezza delle dimensioni gestionali, definita sulla
base di parametri fisici, demografici, tecnici (…)”.
L’impianto normativo delineato dal d.lgs. n. 152/2006, dunque, disegna, complessivamente, un
nuovo meccanismo organizzativo gestionale del servizio idrico integrato demandando alle Regioni
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non solo il compito di perimetrare i confini degli A.T.O. ma anche quello di modificarne le
delimitazioni territoriali.
Il nuovo assetto introdotto dal T.U. ambientale, inoltre, per il tramite dell’articolo 175, ha abrogato
l’intera legge n. 36 del 1994 nelle parti contrarie ed incompatibili, fatta eccezione per il comma 6
dell’articolo 22.
Tuttavia, l’abrogazione della legge n. 36/94 non ha inciso gli A.T.O. e la relativa composizione
territoriale per come definita dalle Regioni, atteso che la riforma del 2006 ha compiutamente
individuato ed elencato sia i compiti che le funzioni a queste ultime attribuiti, sia le modalità di
scelta delle gestioni e le relative competenze funzionali.
A tale ultimo proposito, vale la pena ricordare che l’articolo 150 del d.lgs. n. 152/2006, al comma 1,
stabilisce che “(…) L'Autorità d'ambito, nel rispetto del piano d'ambito e del principio di unitarietà
della gestione per ciascun ambito, delibera la forma di gestione (…)”; il che pare in linea con
l’abrogato articolo 12 della legge n. 36/94.
Posta in questi termini la questione, è di tutta evidenza come l’attuale sistema di gestione dei
servizi idrici integrati sconti ancora il riparto di attribuzioni legislative ed amministrative assegnati,
rispettivamente, a Regioni ed A.T.O., spettando alle prime la definizione degli ambiti territoriali ed
alle seconde le modalità di affidamento del servizio. In questa ottica, allora, è del tutto condivisibile
la conclusione cui approda il Collegio campano secondo il quale “(…) l'attuale delimitazione degli
Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) si riconduce ancora oggi alla normativa regionale (…)”.
Muovendo da questo dato - hanno correttamente osservato i giudici salernitani - ne discende che
“(…) che il Comune (omissis), in virtù dei preesistenti atti di adesione, non dispone più della
capacità di autoescludersi dall'ATO 3 e di aderire, sulla base di meri atti unilaterali, ad altro Ambito
territoriale (…)”, in ragione del carattere cogente della previsione legislativa regionale. Piuttosto, il
problema riguarderebbe, indirettamente, le modalità di affidamento senza gara della gestione del
servizio ad una società per azioni a prevalente capitale pubblico.
Il vero punto dolente della questione sembrerebbe essere proprio questo. Com’è noto, la
partecipazione, seppur minima, di un privato al capitale sociale dell’affidataria farebbe sorgere la
necessità della gara, secondo costante giurisprudenza comunitaria ed interna2.
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Sul punto si rinvia a G. Guzzo, “Affidamenti in house e società miste nella più recente evoluzione giurisprudenziale e
legislativa”; Giuffré Editore (2009).
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Parimenti, potrebbe essere messa in discussione la stessa legittimazione della società incaricata
della gestione del servizio idrico integrato a vedersi affidare lo stesso senza gara se, qualora pure si
trattasse di un modulo multipartecipato, la partecipazione congiunta degli Enti Locali, detentori di
una quota irrisoria o minima di capitale, non fosse in grado di condizionare, congiuntamente, gli
obiettivi strategici e le decisioni più importanti del soggetto gestore3. Sul punto, la sentenza tace
perché, evidentemente, la questione non è stata sollevata.
Ciò che emerge, però, è la composizione della società pubblica non limitata ai soli Comuni
appartenenti all’A.T.O. territorialmente competente.
Tale aspetto comprometterebbe, irrimediabilmente, la legittimità dell’affidamento diretto della
gestione del S.I.I. perché esso coinvolge la partecipazione all’interno del capitale sociale del
modulo societario affidatario del servizio di soggetti pubblici esterni all’A.T.O. affidante, rendendo
necessario l’espletamento della gara in virtù dello sbarramento posto dal Legislatore e dalla
giurisprudenza in tema di controllo analogo. Infatti, nello specifico, non è dato comprendere come
l’Ente d’Ambito riesca ad esercitare un controllo sugli uffici degli Enti pubblici non consorziati
analogo a quello esercitato sugli uffici dei Comuni interni all’A.T.O.
Di qui la necessità della gara per carenza proprio del requisito principe del “controllo analogo” notoriamente condizione essenziale per un corretto affidamento in house - pena la violazione del
principio della parità di trattamento e di libera concorrenza.
L’affidamento diretto, inoltre, in una situazione così strutturata, determinerebbe, de plano, la
violazione dell’articolo 147 del d.lgs. n. 152/20064.
Infine, verrebbero incisi anche gli articoli 4 e 9 della legge regionale evocata (14/97)5 che
circoscrive la partecipazione agli Enti d’Ambito ai soli Comuni e Province ricadenti nell’A.T.O.
competente.
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Cfr. Corte di Giustizia, Sezione III, del 29.11.2012 (C 183/11) in www.ildirittoamministrativo.it. Per un commento si
rinvia a G. Guzzo, Nota a sentenza della Corte di Giustizia, Sezione III, del 29.11.2012 (C 183/11); in www.lexitalia.it;
n. 12/ 2012, pp. 1-3.
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Il comma 1 dell’articolo 147 del d.lgs. n. 152/2006 stabilisce che “(…) 1. I servizi idrici sono organizzati sulla base
degli ambiti territoriali ottimali definiti dalle regioni in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (…)”.
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Gli articoli 4 e 9 della L.R. Campania n. 14/97 prevedono, rispettivamente, che “(…) 1. I comuni e le province
ricadenti in ciascun ATO organizzano il servizio idrico integrato nel termine di sei mesi dall' entrata in vigore della
presente legge, come disposto dall' articolo 9, comma 1, della legge 5 gennaio 1994, n. 36. 2. A tal fine entro novanta
giorni dall' entrata in vigore della presente legge, i comuni e le province ricadenti nel medesimo ATO provvedono alla
costituzione di un consorzio obbligatorio di funzioni ai sensi dell' articolo 25, comma 7, della legge 8 giugno 1990, n.
142. 3. Tale consorzio è denominato Ente di ambito; esso è dotato di personalità giuridica pubblica ed autonomia
organizzativa. 4. All' interno di ciascun ATO la Provincia con il maggior numero di abitanti residenti entro la
circoscrizione dell' ambito stesso provvede a coordinare le attività strumentali alla costituzione dell' Ente di ambito,
assumendo all' uopo tutte le iniziative idonee e, quindi, fra l' altro: a) predisporre lo statuto dell' Ente di ambito, in base
alle norme dei successivi articoli 6 e 7; b) stabilisce il termine perentorio di approvazione dello statuto da parte di
ciascun consiglio degli Enti locali che costituiscono l' Ente di ambito e chiede al Comitato regionale di controllo l'
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In conclusione, è possibile affermare che la parte più interessante della questione sia rimasta fuori
dal fuoco di indagine del Tribunale che, diversamente, se sollevata, ben avrebbe potuto fornire
ulteriori elementi di chiarificatori in merito a tali aspetti controversi.
esercizio del potere sostitutivo, ai sensi dell' art. 48 della legge 8 giugno 1990, n. 142, in caso di inadempimento; c)
convoca l' assemblea di insediamento per l' elezione degli organi dell' Ente di ambito; d) assicura, con la propria
struttura organizzativa, il primo funzionamento dell' Ente di ambito; 5. Gli oneri conseguenti all' esercizio delle
competenze indicate al comma 4 sono posti a carico del bilancio dell' Ente stesso (…)” e che “(…)1. L' Ente di ambito
sceglie la forma di gestione fra quelle previste dall' articolo 22, comma 3, lettere b), c) ed e) della legge 8 giugno 1990,
n. 142, come integrato dall' articolo 12 della legge 23 dicembre 1992, nº 498, ed individua conseguentemente, entro sei
mesi dall' entrata in vigore della presente legge, anche sulla base del programma degli interventi di cui al precedente
articolo 8, il soggetto gestore del servizio idrico integrato. 2. L' Ente di ambito procede alla stipula con il soggetto
gestore del servizio idrico integrato di apposita convenzione con relativo disciplinare, sulla base della convenzione tipo e del disciplinare – tipo di cui al successivo articolo 13 ed in conformità alle disposizione dell' articolo 11 della
legge 5 gennaio 1994, n. 36. 3. la gestione del servizio idrico integrato è affidata di norma ad un unico soggetto gestore
per ciascun ATO, fatto salvo quanto previsto dall' articolo 9, comma 4 e dall' articolo 10, comma 3, della legge 5
gennaio 1994, n. 36. In tal senso, al fine di favorire una graduale integrazione delle gestione unica, sono ammesse forme
coordinate di attività d' impresa. 4. Qualora l' Ente di ambito non adempia ai compiti di cui al comma 1 del presente
articolo, la Regione, previa diffida, provvede in via sostitutiva per mezzo di un Commissario straordinario nominato
dall' Assessore al ramo entro il trenta giorni successivi alla scadenza dei termini di diffida (…)”.
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