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ILTORNEO
QUEI GESTI
DA CAMPIONE
DIVENTATI
VERE ICONE
Reuters
9
A PAGINA 15
ILCOSTUME
LA FINLANDIA
SI REGALA
LA MEDAGLIA
DI BRONZO
Reuters
MARIO MATT
È IL NUOVO RE
DELLO SLALOM
SPECIALE
MORO PAGINA 15
A PAGINA 27
Domenica
23 febbraio 2014
Settimanale di attualità, politica, sport e cultura
Anno XVI • Numero 7
Reuters
LAGARA
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07
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il-Caffè
ALLE PAGINE 30 e 31
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DI CAFFÈ
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L’analisi/1
La storia europea
ha influenzato
la Confederazione
CHANTAL TAUXE
L
a risicata metà del Paese che
ha vinto la votazione del 9
febbraio gonfia i muscoli: gli
europei non hanno che da mostrarsi concilianti ed adattarsi ai
desideri degli svizzeri. Vedremo.
Le prime reazioni di Bruxelles e
delle capitali indicano che il compito del Consiglio federale non
sarà facile. Quel che appare chiaro, invece, è che gli svizzeri sottostimano sino a che punto le potenze europee, succedutesi negli ultimi secoli, hanno influenzato il
corso della nostra storia. Fino alla
caduta dell’Ancien Régime nel
1798, il nostro Paese è stato considerato come una zona cuscinetto.
segue a pagina 11
“Ci tagliano la salute!”
La rivolta dei sindaci della Leventina e della valle di Blenio: “Gli ospedali di Faido
e Acquarossa non vanno mutilati. Cure di base e urgenze devono essere garantite”
GUENZI, SCHIRA e SPIGNESI ALLE PAGINE 2 e 3
L’analisi/2
Berna non si dia
la zappa sui piedi
LORETTA NAPOLEONI
D
Corbis elaborazione Caffè
L’inchiesta
Migliaia di fucili e pistole non sono registrati
Il lessico ostile
della politica
Il presidente Unia Renzo Ambrosetti
A sorpresa
i cattolici
aprono a gay
e divorziati
LIBERO D’AGOSTINO
P
er i dizionari della lingua italiana, “frontaliere” è il lavoratore che quotidianamente
deve varcare un confine per lavorare. Ma in Ticino la parola non ha più
questo significato. Anni di assillanti
campagne ne hanno manomesso
l’accezione originaria. Qui, frontaliere è chi per quattro soldi ruba il
lavoro ai residenti, chi viaggiando
con la sua auto intasa le strade, inquina e, magari, posteggia abusivamente, paga meno tasse di quante
dovrebbe pagarne e per di più non
spende e non consuma nel cantone. Un flusso incessante di allarmi,
appelli e richieste ha solidificato un
sostrato emotivo di rancori, sedimentando nella percezione comune e nel linguaggio politico questa
immagine del frontaliere.
segue a pagina 29
L’intervista
Lasvolta
deifedeli
Il Ticino come un arsenale,
un’arma ogni sette abitanti
Ti-Press
Basta stranieri.
Basta frontalieri.
Basta padroncini.
Basta mendicanti.
Basta artisti
di strada...
Ora basta, però!
L’analisi/3
RDB
Ilpizzino
opo il no all’immigrazione, la Svizzera è diventata
la bandiera dei partiti nazionalisti europei. Dalla francese
Marie Le Pen all’olandese Geert
Wilders, all’inglese Nigel Farage,
la destra anti europeista esulta all’idea che un simile risultato possa essere raggiunto in casa loro. Si
tratta di atteggiamenti che abbiamo già visto in un contesto ben
diverso da quello attuale. Non dimentichiamoci che la xenofobia
appartiene a quell’Europa razzista che, nella sua follia segregazionista, ha portato guerra e distruzione all’intero continente.
Allora, come oggi, la Svizzera è
sempre un’isola felice.
segue a pagina 13
“Il salario minimo
contro imprenditori
senza più regole”
A PAGINA 7
SPIGNESI A PAGINA 7
A PAGINA 11
IL CAFFÈ
23 febbraio 2014
3
La reazione
LA SANITÀ
“I cittadini chiedono di curarsi
nelle strutture oggi più efficienti”
Gli ospedali nelle valli
“Ci tagliano la salute,
cure di base e urgenze
devono essere garantite”
“I
Una chance
“Avere la riabilitazione
nel somatico acuto è
una chance notevole”
La rivolta dei sindaci della Leventina e valle di Blenio,
gli ospedali di Acquarossa e Faido non vanno mutilati
PREVISIONE DEL NUMERO DI PAZIENTI
2010
2020
PREVISIONE GIORNATE DI DEGENZA
Differenza
2010
2020
57.602
58.591
1.7%
Somatici acuti
413.917
338.046
-18.3%
Riabilitazione
2.029
2.919
43.9%
Riabilitazione
58.036
74.781
28.9%
Psichiatria
2.380
2.571
8.0%
Psichiatria
96.569
87.989
-8.9%
TOTALE
62.011
64.081
3.3%
TOTALE
568.522
500.816
-11.9%
la sanità in
NUMERI
I VERTICI
Il direttore generale dell’Ente
ospedaliero cantonale, Giorgio
Pellanda, e il direttore del
Dipartimento della sanità e della
socialità, Paolo Beltraminelli
Differenza
Somatici acuti
IL CONFRONTO CON IL VALLESE
L’INVECCHIAMENTO E I COSTI SANITARI
2010 uomini
1998 uomini
2010 donne
Disponibilità ospedaliera
nel canton Vallese
1998 donne
16.000
-1,8%
giornate di degenza
Le giornate di degenza
acute nel 2012 sono
diminuite dell'1.8%, pari a
300'492; nel 2011 erano
305’860
+5,1%
pazienti
ambulatoriali
Clinica
(geriatria)
Ospedale
Ospedale
101
75
208
letti
letti
4200
dipendenti
12.000
Visp
Ospedale
111
Nel 2012 i pazienti curati
in ambulatorio sono
aumentati del 5.1%, pari a
294'180, nel 2011 erano
279’985
A
letti
Z
giornate degenza
riabilitativa
Da anni l’obiettivo è, giustamente, quello
di contenere la spesa sanitaria per il Cantone, solo per le ospedalizzazioni in Ticino si aggira attorno ai 300 milioni di franchi l’anno. “Con il nuovo finanziamento
degli ospedali si rivelerebbe economicamente impossibile mantenere gli attuali
posti letto di medicina di base - ricorda
Pellanda -. “Si tratta di attuare un modello
di finanziamento già in vigore in tutti gli
altri cantoni”.
Ad avvalorare la necessità di diminuire i
letti nella medicina di base c’è il fatto che
già oggi molti interventi vengono fatti ambulatoriamente, senza alcun ricovero.
Non per niente in dieci anni in questo settore i ricavi sono cresciuti del dieci per
cento. Di conseguenza è scesa la durata
media della degenza nel somatico-acuto,
oggi di 7.02 giorni; nella riabilitazione è di
29.32 giorni. E l’ invecchiamento della popolazione ci sarà sempre più bisogno di
strutture che garantiscano cure sub acute
o di convalescenza. “Altri cantoni se lo sognano un impianto sanitario come il nostro”, aggiunge orgoglioso Beltraminelli.
“Ad Acquarossa e Faido sarà garantita la
presenza di medici e di visite specialistiche”, sottolinea Pellanda. Medici e specialisti che sempre meno scelgono di lavorare in periferia.
“Tornando al discorso iniziale - aggiunge
il direttore dell’Eoc -, il paziente stesso
sceglierà la struttura dove ha la certezza di
essere ben curato. È vero che per alcuni
malati più a rischio, la degenza potrà durare un po’ di più, ma questo per evitare
un via vai dalla struttura sub acuta a quella acuta”.
p.g.
primi a rendersi conto dell’importanza di avere un centro attrezzato
e moderno sono gli stessi abitanti
delle Tre Valli. Già oggi, se hanno un problema di salute minimamente serio non
bussano certo alla porta del pronto soccorso dell’ospedale di Faido o di Acquarossa, ma vanno direttamente a quello di
Bellinzona”. Smorzano i toni Giorgio Pellanda, direttore generale dell’Ente ospedaliero cantonale (Eoc), e Paolo Beltraminelli, ministro della Sanità. “Nessuno vuole tagliare la salute! - sottolinea Pellanda -.
Capisco bene che dà sicurezza avere a due
passi da casa una presenza
sanitaria, ma guardando in
prospettiva tutto ciò non è
più economicamente sostenibile”.
Il direttore dell’Eoc accetta
le rimostranze dei sindaci,
ma li invita a guardare il
bicchiere mezzo pieno:
“Questa è una chance notevole, avere a Faido una clinica per la riabilitazione nel
somatico acuto è fantastico
- insiste -. I tempi cambiano. Una volta ad Acquarossa e Faido c’era la chirurgia,
oggi ciò non è più pensabile”.
La via è tracciata e difficilmente cambierà.
Il ragionamento è semplice: “Solo l’ospedale acuto può avere la medicina di base.
E l’ospedale è acuto se ha un pronto soccorso, ma con tanto di medicina intensiva
o cure continue, e quindi pure la presenza
di specialisti”, chiarisce Pellanda. E tutto
ciò costa. Troppo.
letti
8.000
TE
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N
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Monthey
0
Età
Sion
Ospedale
I
l bisturi della Pianificazione ospedaliera 2015, che
prevede di declassare cinque ospedali, ha inciso
nella carne viva della sanità cantonale. Va bene tagliare
servizi e riconvertire istituti per
evitare inutili e costosi doppioni, ma dalla Leventina e dalla
valle di Blenio adesso gridano
“basta!”. “Così ci tagliano la salute”, reagiscono preoccupati i sindaci dei Comuni interessati, che
pretendono di mantenere un
minimo di posti per la medicina
di base e il pronto soccorso diurno.
“Stiamo valutando le contromi-
Al di là della cruda realtà emersa
con la presentazione della Pianificazione 2015 - la riconversione per cinque nosocomi in
istituti di cura per ricoveri subacuti e convalescenza, tra cui
appunto Acquarossa e Faido resta la speranza che quando il
centinaio di pagine della pianificazione ospedaliera finirà sui tavoli del parlamento qualcosa
cambierà. “Va bene risparmiare,
“Il pronto soccorso è
necessario nelle zone
discoste, sennò ogni
volta dovremo far
capo all’ambulanza”
Lo scontro
179
letti
sure per farci portar via il meno
possibile - afferma Marino
Truaisch, sindaco di Blenio, che
ha già chiesto un incontro con il
ministro della Sanità Paolo Beltraminelli -. Vogliamo capire
quali e quanti ‘pezzi’ Acquarossa perderà”. C’è chi spera nell’aiuto della politica, come il sindaco di Serravalle, Luca Bianchetti: “Ho già mobilitato i gran
consiglieri delle Tre Valli - spiega . L’unica nostra arma è politica, quindi dobbiamo sperare
che il Parlamento modificherà
qualcosa a nostro favore quando
discuterà la Pianificazione”.
Contro l’incerto futuro di questi
due ospedali si batte da tempo
anche il Movimento per il socialismo (vedi a fianco).
P
ubblica e diffusa sul territorio. Dalle
città sino alle valli di periferia. Non
ci sono alternative per Matteo Pronzini, granconsigliere del Movimento per il
socialismo (Mps). “La sanità è un diritto di
tutti. Non ci possono essere cittadini di serie A e cittadini di serie B - afferma-. Ma
soprattutto la politica della salute non può
procedere per logiche ragionieristiche di
risparmi”. Ecco perché l’Mps si batte contro il declassamento degli ospedali di Faido e Acquarossa. “Stiamo parlando di un
bacino d’utenza di 30mila persone - dice , di centri molto distanti tra loro e da Bellinzona dove si troverà il primo ospedale
davvero attrezzato”.
L’Mps contesta la filosofia di fondo della
nuova pianificazione ospedaliera presentata recentemente dal consigliere di Stato
Paolo Beltraminelli e che presto sarà in di-
153
letti
Ospedale
212
letti
riconvertire, evitare doppioni,
ma così ci tagliano davvero la salute - rincara Bianchetti -. Non
possiamo stare zitti e subire. Ci
siamo detti che dobbiamo reagire tutti insieme”. Reagire è la parola d’ordine anche di Roland
David, sindaco di Faido: “La riabilitazione è confermata e va
bene, ma qualcuno di quei 30
posti di medicina di base lo vogliamo mantenere - avverte -. La
maggior parte della nostra popolazione è anziana, più soggetta a brevi ricoveri. La mandiamo
a Bellinzona, con tutti i disagi facilmente immaginabili?”. Il ridimensionamento dell’ospedale
di valle, ritenuto eccessivo, ha
già spinto il consiglio comunale
di Faido a mettere nero su bianco le sue perplessità in una risoluzione. Preoccupato, pure, del
pesante onere finanziario che si
Il deputato mps Pronzini promette battaglia contro le riduzioni
“Sulle trasformazioni
deve decidere il popolo”
Truaisch: “Stiamo valutando le contromisure
per farci portar via il meno possibile, vogliamo
capire quanti e quali ‘pezzi’ perderemo”
Ospedale
Martigny
Fonte: Eoc
PATRIZIA GUENZI
Sierre
SaintMaurice
4.000
0-18
19-25
26-30
31-35
36-40
41-45
46-50
51-55
56-60
61-65
66-70
71-75
76-80
81-85
86-90
91+
pazienti acuti
+5,5%
Le giornate di degenza riabilitativa nel 2012 sono aumentate del 5.5%, pari a 27'782;
nel 2011 erano 26'322
Costi per assicurato in fr.
+0,9%
Nel 2012 i pazienti acuti
nell’Eoc sono aumentati
dello 0.9%, pari a 38'498,
nel 2011 erano 38’146
Il direttore dell’Eoc e il ministro Beltraminelli smorzano i toni e spiegano...
scussione in un gruppo di lavoro del parlamento cantonale che verrà creato ad
hoc. “Già il fatto che non se ne discuta in
commissione sanità, cioè nella sua sede
istituzionale, mi pare grave. Evidentemente il governo non si fida. A questo
punto - prosegue Pronzini - noi diciamo
che prima ancora che venga lanciato il
messaggio sulla nuova pianificazione la
parola deve passare al popolo”.
L’Mps ha già lanciato una raccolta di firme, ma punta soprattutto a sbloccare l’iniziativa popolare “Giù le mani dagli ospedali”, sottoscritta da ottomila ticinesi, attualmente ferma nella commissione Sanità in Gran Consiglio. “La gente deve
potersi esprimere. Si sta decidendo di
riorganizzare uno dei servizi essenziali
per la vita delle famiglie. E si sta decidendo con una logica penalizzante per la po-
polazione. Perché da una parte si accentrano importanti servizi e reparti nelle
principali città e dall’altra si spostano cure
sul settore privato a discapito del pubblico”.
Un’interpretazione che, tuttavia, il ministro Beltraminelli ha già respinto, affermando che a Faido verrà garantita la rialibilitazione e ad Acquarossa la fase post
acuta, e che entrambe le strutture lavoreranno in rete con l’ospedale di Bellinzona.
“Io - conclude Pronzini - non ci credo.
Trasformare le due strutture è solo il primo passo per poi smatellarle, svuotarle e
declassarle lasciando poche, essenziali
prestazioni, comunque insufficienti per
un territorio così vasto. Un’operazione, a
quanto ho sentito da alcuni colleghi deputati in una riunione a Bellinzona, che non
piace a nessuno”.
m.sp.
abbatterà sulle casse cittadine.
Nel caso di un ricovero in un istituto di cura, infatti, il paziente
dovrà pagare il 10% del costo
della degenza, e una parte sarà
anche a carico dei Comuni.
“Con un aggravio totale di circa
15 milioni di franchi l’anno precisa David -. Pessimo affare,
in un periodo di finanze comunali non certo floride. Francamente non comprendiamo questa differenza di trattamento
nella copertura dei costi fra ricovero ospedaliero acuto o di convalescenza”.
L’ipotesi di un sovraccarico per
le casse comunali non sta bene
nemmeno al sindaco di Acquarossa, Ivo Gianora: “Non solo
avremo meno sanità, ma ci costerà anche di più”, afferma battagliero, ribadendo la volontà di
ottenere qualche posto letto di
medicina di base. E non solo.
“Vogliamo anche il pronto soccorso, un servizio più che necessario in una zona periferica
come la nostra”, aggiunge, sostenuto dal collega di Serravalle.
Insomma, i sindaci protestano e
chiedono garanzie. Mantenere
qualche posto letto di medicina
di base e il pronto soccorso è,
per loro, fondamentale in una
realtà di valle, dove i medici di
famiglia sono sempre più anziani e destinati prima o poi a chiudere lo studio. “Stiamo solo
chiedendo una sanità efficiente,
senza essere costretti a chiamare l’ambulanza - conclude
Truaisch -. Perché allora sì che
tutto ciò sarebbe contrario al
principio di risparmio!”.
[email protected]
Q@PatriziaGuenzi
Fonte: Canton Vallese
Il confronto Il “Réseau santé Valais” rispetto alla situazione ticinese concentra i suoi servizi nei poli urbani
Il Vallese sceglie le città in pianura
Da Briga a Monthey tre centri sanitari divisi in dieci istituti
MASSIMO SCHIRA
I
La
n Vallese, della salute ci si occupa… in
pianura. Mentre in Ticino sono d’attualità
le proteste delle Tre Valli e ancora non
sono dimenticate quelle di Cevio per i nuovi
indirizzi della sanità cantonale,
da Briga a Monthey la riorganizzazione territoriale è già una realtà da qualche
anno. In un cantone simile al Ticino per la presenza di valli laterali e piuttosto discoste, così come
per la presenza
concentrazione
turistica, i 312
mila abitanti circa sono inseriti in
un sistema sanitario pianificato
su tre centri ospedalieri cantonali,
che formano il
“Réseau santé Valais” (Rsv). Tutti, però, sono
assegnati ai principali poli urbani del cantone.
Di fatto, le autorità sanitarie non hanno fatto
altro che sfruttare la divisione del cantone in
Le specialità più complesse
sono concentrate in struttre
adatte, come quella di Sion
alto, medio e basso Vallese per dividere in tre
anche la pianificazione ospedaliera. Dieci
istituti medico-tecnici formano la struttura
globale, che garantisce alle tre regioni del
cantone un ventaglio completo di prestazioni ospedaliere. Il concetto elaborato a partire
dal 2004 e rivisto nel 2008 si basa su alcuni
principi validi per ciascuno dei tre “centri”:
ripartizione delle discipline con divisione tra
casi complessi e non programmati e casi leggeri o programmati; centralizzazione di alcune discipline su un solo sito a livello cantonale; mantenimento dei blocchi operatori e del
servizio d’urgenza 24 ore su 24 e 7 giorni su 7
nei sei ospedali acuti che formano il “Réseau”, ma con un solo istituto per centro ospedaliero (quindi 3 in totale) con il blocco operatorio aperto la notte e il fine settimana;
mantenimento delle cure intensive in un
solo istituto per centro ospedaliero. Una scelta che non è stata indolore, visto e considerato che tra il 1992 e il 2003 in Vallese sono stati
cancellati ben 400 posti letto acuti in tutto
Nella “geografia sanitaria” vallesana, si nota
chiaramente come le scelte sull’ubicazione
del “Rsv” abbiano favorito i centri. Percorrendo idealmente la strada che segue il corso
del Rodano, si vede come gli ospedali siano
collocati a Briga, Visp, Sierre, Sion, Martigny,
Aigle (Chablais) e Monthey. Tutte città e cittadine di pianura. Una scelta chiara, basata
sulla necessità di avere una massa critica sufficiente di pazienti e garantire così la qualità
delle cure e nel contempo migliorare l’attrattività anche per medici e personale specializzato.
Anche i risultati della ristrutturazione ospedaliera vallesana sono interessanti. Innanzitutto i pazienti che hanno risposto ad un sondaggio del Cantone si sono detti
ampiamente
soddisfatti della
qualità delle cure
ricevute. A livello
finanziario, le autorità sanitarie
sottolineano che
riorganizzazione
ha contribuito in
modo decisivo al
contenimento
dei costi di gestione del “Rsv”. La suddivisione
Una riorganizzazione che ha portato il cantone malgrado la crescita demografica, l’invecchiamento della popolazione, le maggiori aspettative dei pazienti e lo sviluppo della medicina - ad
incidere meno che in passato sui premi di
cassa malati.
[email protected]
Q@MassimoSchira
Martigny, come ogni regione
del cantone, mantiene
le principali prestazioni
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Ûî òòòŬ½˛‚˛Õł˛\ł½˝¬½˛`\Õ\¬à˛\ł½Åt˚Å
IL CAFFÈ
23 febbraio 2014
l’accordo 1
ELEZIONI
PRESIDENZIALI
ANTICIPATE
Si dovranno tenere
quando la nuova
Costituzione sarà stata
approvata e adottata,
comunque al più tardi
nel dicembre del 2014.
2
RESTAURAZIONE
DELLA COSTITUZIONE
Entro 48 ore della firma
dell’accordo si deve
approvare una legge
che ripristini la
Costituzione in vigore
nel 2004, che limitava i
poteri presidenziali.
3
GOVERNO D’UNIONE
NAZIONALE
I firmatari dell’accordo
s’impegnano a creare
una coalizione e un
governo d’unità
nazionale entro dieci
giorni dal rispristino
della Costituzione.
4
LIBERTÀ GENERALI
Le autorità si
impegnano a non
instaurare alcun
stato d’allerta
e il Parlamento
dovrà approvare
una nuova legge per
un’amnistia generale.
5
mondo
LE
MAPPE
UCRAINA
La guerra civile
LUIGI
BONANATE
Conflitti
ovunque
e non c’è
via d’uscita
Reuters
Una popolazione di 46
milioni e un territorio
grande quasi quanto
la Spagna. È una
nazione che potrebbe
competere con molti
Stati Ue. Ma a Kiev...
Una polveriera di violenza e ricchezza
La potenza economica dell’Ucraina tra il “disinteresse” europeo e l’ambizione di Putin
LORETTA NAPOLEONI
Il mondo assiste sbigottito agli
scontri in Ucraina, alla fuga del presidente Viktor Ianukovich, al nuovo
governo “autogestito”, alla liberazione della leader dell’opposizione Iulia Timoshenko e a tutti i frutti creati
dall’avvicendarsi di governi corrotti
in una nazione potenzialmente ricca. È questo l’ultimo tra i clamorosi
fiaschi del processo di democratizzazione dell’ex blocco sovietico,
tanto che si parla di un nuovo capitolo della guerra fredda. Come siamo arrivati a tanto e chi sono i responsabili di quello che per molti è
un ritorno all’incubo del passato?
Iniziamo dal ruolo che l’Ucraina
copre nell’ambizioso progetto di
Putin: ricreare l’Unione Sovietica
secondo i principi della sua dottrina. Senza l’Ucraina, una nazione,
almeno sulla carta, democratica e
che vanta legami commerciali con
l’Unione europea, la Federazione
russa assomiglierebbe al “who is
who” dei dittatori asiatici. Con una
popolazione di 46 milioni ed un territorio grande quasi quanto la Spagna, questa è potenzialmente una
nazione che, se ben gestita, potrebbe rivaleggiare con molti Paesi Ue.
Al momento produce missili balistici intercontinentali, rampe di lancio
per astronavi, ospita una delle industrie di super-aeroplani, più grandi
dei jumbo, dispone di una popolazione molto istruita e gode di vastissime distese agricole dotate di terreno eccezionalmente fertile.
È chiaro che se non si trattasse di
un’ex regione sovietica e di uno Stato che confina con la Russia, l’idea
di entrare nella sfera d’influenza
dell’Unione europea, per poi farne
parte, sarebbe più che logica. Il
mercato occidentale (Usa più Europa) vanta 800 milioni di persone
per un valore di 34 mila miliardi di
dollari, un mercato con il quale
l’Ucraina confina. La Russia, insomma, a confronto è solo un mercatino. Ma per le nazioni ancora intrappolate nella rete di Putin la logica economica non funziona.
Sorprende che l’Unione europea
abbia in passato ignorato queste
verità. In fondo le prove generali di
quanto sta accedendo in Ucraina si
sono svolte in Georgia nel 2008,
quando il tentativo di questa nazione entrare a far parte della Nato è
sfociato in una guerra con Mosca.
Un conflitto che ha lasciato le regioni separatiste occupate dalle truppe russe. Allora come oggi l’Occidente é rimasto fermo, non si é mobilitato in difesa di chi voleva farne
parte.
L’Unione Europa si é comportata
come la Nato, facendo i conti senza
l’oste. Bruxelles ha creduto alle promesse di un presidente, frutto di
quel processo di smantellamento
sovietico che ci ha regalato gli oligarchi, i politici ex membri del Kgb
e che ha permesso alla criminalità
più incallita di scalare le vette di
pseudo democrazie. Ex rapinatore
e carcerato, Yanukovich ha usato gli
accordi di libero scambio siglati
dall’Ue per ottenere da Putin garanzie politiche, denaro (15 miliardi di dollari per evitare la bancarotta) ed una serie di concessioni sulle
importazioni di gas naturale. Putin
ha concesso quanto chiesto per
consolidare la sua posizione egemonica sulla regione.
I giochi politici hanno fatto esplodere la contestazione e la violenza
in un Paese che, da vent’anni, non
riesce a trovare un equilibrio duraturo sotto la bandiera democratica.
Un braccio di ferro tra Est ed Ovest,
ma la domanda che si pongono un
po’ tutti è: chi vincerà questa volta?
Per rispondere basta concentrarsi
sui perdenti, prima fra tutte l‘Unione che ha gestito malissimo la situazione. Spinta dall’idea di espandersi ad est non ha fatto i conti con
la nuova potenza russa. Obama, in
questa storia, vuole evitare di contrariare Putin; perché cerca con lui
un accordo sulla questione siriana,
più importante per gli equilibri
geopolitici che stanno a cuore a
Washington. E Putin? Certo è che
gli scontri a fuoco a Kiev hanno offuscato il trionfo dei Giochi di Sochi, che dovevano essere il suo coronamento. Ma solo agli occhi di
noi occidentali, i seguaci ed i sottomessi al nuovo Zar non se ne sono
neppure accorti.
daBruxelles
daKiev
daNewYork
Rosa Balfour:
“L’Ue si è mossa
ma in ritardo”
La Timoshenko
viene liberata
e va in piazza
I veti incrociati
paralizzano
le istituzioni
LORENZO ROBUSTELLI da BRUXELLES
GIUSEPPE AGLIASTRO da KIEV
ALESSANDRA BALDINI da NEW YORK
Un segnale forte, certamente giunto in ritardo, ma che
può essere una pietra miliare nella politica estera europea. Così Rosa Balfour, direttore del programma di studi
sulla politica estera dell’Unione europea del prestigioso
think tank brusséllese European Policy Centre (Epc),
giudica la mediazione svolta dall’Unione per giungere
ad una tregua (e, possibilmente, a una soluzione) nella
crisi ucraina.
“Il fatto che a Kiev siano andati i ministri degli Esteri di
Francia, Germania e Polonia, insieme, rappresentando
una unica posizione fatta propria da tutta l’Ue, è un
evento di grande importanza, che dimostra che l’Unione, quando decide di farlo, riesce ad agire sul piano internazionale”, sostiene Balfour. Che questi tre ministri,
Laurent Fabius Framk-Walter Steinmeier e Radoslaw
Sikorski, abbiano svolto un
ruolo che in teoria avrebbe
dovuto essere dell’Alto
rappresentante per la politica Estera Catherine
Ashton non preoccupa
Balfour: “Se loro sono andati, e loro tre non sono tre
ministri a caso, ma rappresentano i Paesi che più
hanno a che fare con l’Est
Europa e la Russia, significa che c’era tutta l’Europa
dietro alla loro iniziativa. Ashton, d’altra parte, era impegnata in importantissimi negoziati in Iran, non può essere ovunque. L’importante è la voce unica dell’Europa,
non che a portarla sia sempre la stessa persona”.
Certo è, spiega la politologa, che “tutto quanto è successo probabilmente lo si poteva evitare. Dal 30 novembre, quando sono iniziate le proteste e la repressione, fino alla metà delle settimana passata, l’Ue non ha
mai minacciato le sanzioni, che, nel linguaggio della diplomazia vuol dire mettere in guardia dal fatto che usare la violenza non può essere una scelta senza conseguenze”. Ora la questione sarà chiarire le relazioni con
la Russia, quasi del tutto saltate in questi mesi. “Gli Stati
dell’Ue non erano pronti a quel che è successo, alle
scelte di Mosca,anche perché si avevano posizioni molto diverse. Ora - conclude Balfour - è il caso che questa
unità ritrovata venga coltivata”.
I proiettili dei cecchini sono precisi, sparati con perizia assassina: colpiscono le loro vittime alla gola,
alla testa, al cuore. Il loro obiettivo è uno solo: uccidere. Senza lasciare scampo. I combattimenti tra
gli insorti e la polizia che hanno sconvolto il centro
di Kiev tra il 18 e il 20 febbraio sono la pagina più
buia della storia dell’Ucraina indipendente, la più
tragica. I morti sono stati almeno 80 secondo le
stime ufficiali, e tra loro ci sono tantissimi manifestanti, abbattuti come birilli ad un tiro a segno. Ma
ci sono anche dei poliziotti: sedici sembra, alcuni secondo il governo - uccisi da colpi di arma da fuoco. E in effetti qualche pistola gira tra gli insorti.
Dopo questa carneficina che ha suscitato sdegno
in tutto il mondo, il Paese rischia di spaccarsi. Nella
notte tra il 21 e il 22, il presidente ucraino Viktor Ianukovich - il nemico numero uno della piazza antigovernativa - è volato con alcuni fedelissimi a
Kharkiv, nella parte russofona del Paese, dove le
proteste sono molto meno forti che nella capitale e
nelle nazionaliste regioni occidentali. Abbandonando Kiev e gridando al colpo di Stato, Ianukovich
ha lasciato il potere in mano all’opposizione, almeno nella capitale. Il braccio destro di Timoshenko,
l’ex capo dei servizi segreti Oleksandr Turcinov, è
già stato eletto premier ad interim e presidente del
parlamento, mentre i deputati del partito delle Regioni stanno abbandonando la nave che affonda,
per cui in parlamento si è già formata di fatto una
nuova maggioranza. L’organo legislativo ha anche
deciso di liberare la leader dell’opposizione in carcere Iulia Timoshenko, condannata a sette anni di
reclusione nel 2011 in un processo che molti osservatori ritengono di matrice politica, e l’ex ‘pasionaria’ della Rivoluzione arancione ricoverata in stato di detenzione a Kharkiv, la stessa città dove si è
rifugiato Ianukovich, è scesa subito in Piazza con i
suoi sostenitori. E lì, al confine con la Russia, il presidente ucraino conta ancora qualcosa.
Intanto, il rischio di una guerra civile è sempre più
forte, e i deputati orientali e meridionali ucraini fedeli a Ianukovich riunitisi a Kharkiv hanno già dichiarato “illegittimo” il governo di Kiev.
L’ex cancelliere tedesco Gerhard Schroeder, chiamato in causa come possibile mediatore, si e’ tirato indietro. “Una sola persona non ha senso, serve un’istituzione che parli con tutte le parti”. Ma mentre Kiev
brucia, il Palazzo di Vetro che fa?
Ban Ki-moon a New York condanna e chiede di porre
pienamente in atto l’accordo raggiunto e “as soon as
possibile”, il prima possibile. Per il capo dell’Undp
Helen Clark, sua probabile successore nel 2016, quel
che sta succedendo in Ucraina é comunque “una tragedia”, mentre il commissario per i Diritti umani, Navi
Pillay, chiede un’ indagine “urgente e indipendente”.
Gli europei alle Nazioni Unite studiano una possibile
azione del Consiglio di sicurezza. I“Quindici”, massimo organo globale per il mantenimento della pace,
secondo il portavoce
della presidenza di turno
lituana,toccheranno il
tema durante un briefing
dei rappresentanti Ocse
il 24 febbraio.
Mosca sostiene il presidente Yanukovich, Europa e Usa (almeno di facciata) stanno con gli oppositori che si fanno ammazzare in piazza. È il solito gioco dei veti incrociati
che ha tenuto in scacco in questi stessi giorni la risoluzione umanitaria sulla Siria. Mentre il pressing di
Bruxelles e di Washington si traduceva in sanzioni mirate, il Cremlino é tornato a fare la voce grossa. Da
Baghdad, dove si trova in visita ufficiale, il ministro
degli esteri Serghei Lavrov, ex ambasciatore di lungo
corso al Palazzo di vetro, si scaglia contro gli occidentali, le cui capitali “stanno tentando di influenzare la
situazione, la copertura dei fatti ucraini da parte dei
media occidentali è fortemente distorta”. Ed é così
che al povero ambasciatore di Kiev all’Onu, Yuriy Sergeyev, “sotto shock” per quanto sta accadendo in patria, non resta che alzare bandiera bianca. “Tutta la
mattina, tutta la notte l’ho passata al telefono - ha
confidato ad al Jazira - a parlare con mia madre, mia
sorella, i miei amici e i colleghi di università che sono
con i loro studenti nelle strade”.
L’inquietudine dilaga nel
mondo. Il Venezuela del dopo-Chavez non si è ristabilizzato e dopo qualche mese di incertezza sta sprofondando in una guerra civile.
L’Africa sub-sahariana (specialmente Mali e Repubblica centro-africana) sono in
preda a sussulti di violenza
inaudita, che le truppe francesi inviate dalla potenza
ex-coloniale, su mandato
Onu, non riescono a sedare.
In Egitto il dopo-Morsi, con
la relativa (per ora) sconfitta dei Fratelli musulmani, è
costellato di attentati grandi
e piccoli. In Iraq e in Libia
scontri quotidiani tra fazioni impediscono la ricostruzione di Paesi devastati dalle rispettive guerre civili (internazionalizzate). Leggiamo poi anche che in Corea
del Nord la brutalità delle
repressioni in atto denunciano l’incapacità del regime di mantenere il potere.
L’elenco potrebbe continuare, ma naturalmente in cima alle nostre attuali ansie
si trovano la Siria, da un lato, e l’Ukraina
dall’altro.
Conflitti molto
diversi tra loro, ma che
per le loro dinamiche
non
possono che
farci temere che l’andamento di certe situazioni, dalle
quali nessuno al mondo (e
questa è una notizia non da
poco) sa come uscire, produca delle derive irrefrenabili e capaci di diffondere i
loro germi a macchia d’olio.
Dove si fermeranno? Ben
differente è il mondo d’oggi
da quello del bipolarismo,
nel quale Usa e Urss, legittimati dalla vittoria contro il
nazi-fascismo, si facevano
obbedire dai rispetti alleati,
mentre insieme governavano l’intero ordine internazionale. Oggi tutto ciò è diventato impossibile, ma resta una grande contraddizione. Da un lato, non possiamo tacere che il mondo
di oggi è più libero di quello
di trenta anni fa, ma dall’altro dobbiamo ammettere di
non poter più contare su alcuna autorità capace di imporsi e sedare i tumulti.
Addirittura dovremmo dire
che la capacità dei grandi
Stati, nel gestire le crisi internazionali, si è progressivamente ridotta. Dall’11
settembre in poi, addirittura, anche l’ultimo tabù - la
violazione del suolo statunitense - è stato infranto e
tutto è possibile a tutti. L’incapacità di soccorrere la
popolazione siriana da parte sia delle grandi potenze,
sia dell’Onu è tanto clamorosa da non lasciarci sperare che possano in altre circostanze agire più in fretta e
meglio. La stessa Ue, costruita proprio sul rifiuto
della guerra, non sa che pesci pigliare di fronte al grido
disperato degli uccraini
stretti tra repressione violenta e povertà. Non è una
bella prospettiva per la stabilità del mondo.
IL CAFFÈ
23 febbraio 2014
6
attualità
“ROBINSON CRUSOE”
Michael Helbling, come
Robinson Crusoe, ovvero lo
studente 16enne di Dinhard,
nel canton Zurigo,come appare
in un autoscatto pubblicato
dal giornale “20 minuten”
IL CASO
Drogati da wi-fi
FRANCO ZANTONELLI
T
rasformarsi in una sorta
di Robinson Crusoe,
per liberarsi dalla dipendenza delle nuove
tecnologie. Intendiamoci, un Robinson Crusoe a tempo ridotto, se non ridottissimo,
non come il protagonista del romanzo di Daniel Defoe, rimasto
per 28 anni su di un’isola deserta.
Comunque, a Michael Helbling,
studente 16enne di Dinhard, nel
Canton Zurigo, va riconosciuta la
forza di aver accettato di trascorrere tre giorni, chiuso nella sua stanza, senza televisione, computer e
telefonino. Aggeggi che il ragazzo,
per sua stessa ammissione, utilizzava in modo forsennato. “Ogni
giorno trascorrevo almeno quattro
ore a guardare la tv, tre al computer
e avevo il cellulare sempre a portata di mano”, ha confidato al quotidiano 20minuten.
“Un uso eccessivo di questi strumenti- spiega Vincenza Guarnaccia dell’associazione Radix può portare ad una vera e propria
dipendenza. In particolare si parla
di cyberdipendenza. Infatti il rischio di sviluppare una dipendenza non nasce soltanto dal consumo regolare di sostanze particolari, ma anche dalle attività sulle
quali si perde il controllo. E tra
queste rientra anche l’uso eccessivo delle nuove tecnologie”.
“Sono nervoso”, aveva dichiarato,
Si trasforma in Robinson Crusoe
per disintossicarsi dalla tecnologia
Un ventottenne zurighese isolato in una stanza contro la cyberdipendenza
non a caso, Michael Helbling, prima di iniziare a trascorrere il suo
week end da recluso volontario.
Con la possibilità, comunque, di
uscire dalla propria stanza, non
fosse altro che per utilizzare il bagno, e con i genitori che gli portavano colazione, pranzo e cena. Eppure, stando al racconto del giovane, quei tre giorni per lui sono stati
duri.
“Molto più di quanto mi immaginassi -ha confidato-. Sono proprio
contento che sia finita”. Messo a
dura prova dalla noia, per passare
il tempo si è ritrovato ad imparare
a memoria quanto scritto sull’etichetta di una bottiglia d’acqua minerale. Alla domanda su cosa gli
sia mancato di più durante quel
week end da Robinson Crusoe, la
sua risposta non lascia spazio a
dubbi: “ La possibilità di comunicare con gli altri”. Tanto che, a
quanto pare, appena conclusa
quella sorta di confino, si sarebbe
precipitato sul telefonino, a leggere i messaggi che, nel frattempo, gli
erano stati inviati. Per il professor
Peter Spälti, della Libera Scuola di
Winterthur, un istituto che orienta
gli studenti verso una vita ecoso-
stenibile, il test è stato interessante
ed andrebbe esteso ad altri giovani. “Così si renderebbero conto
che si può vivere anche senza apparecchiature tecniche”. Esisterà
pure, però, al di là dell’astensione,
un modo per gestire al meglio, per
non dire più correttamente, il rapporto tra un giovane e le nuove
tecnologie. “Sicuramente un ruo-
lo importante spetta alla famiglia,
che può aiutare i propri figli a farne un uso equilibrato”, sostiene
Vincenza Guarnaccia di Radix,
che ha già avuto a che fare con il
problema di giovani vittime di
questo tipo di dipendenza. “Occupandomi di progetti di prevenzione delle dipendenze, rivolte anche all’ambito scolastico, ho incontrato insegnanti che hanno
avuto contatti con allievi particolarmente a rischio, a causa di un
utilizzo eccessivo soprattutto di
internet ma, anche, delle console
per videogiochi”.
A parte il caso del 16enne del Canton Zurigo, quello della cyberdipendenza è un fenomeno che riguarda non solo i giovani, ma pure
gli adulti, avverte Guarnaccia:
“Nelle fasce giovanili esiste, indubbiamente, un rischio maggiore, ma anche gli adulti ne sono
toccati, tenendo conto che internet si può usare per diverse attività, come chattare, fare shopping
online, giocare d’azzardo e consumare pornografia”.
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attualità
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“Agiremo come l’acceleratore
nucleare del Cern per mettere fine
ai nefasti problemi della libera
circolazione”, ha detto il
presidente udc. I democentristi
hanno una gran fretta di scoprire
per primi il “Bosone” dei frontalieri
Appenzello est.
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Il ministro dell’Educazione ha
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nell’articioso dibattito sui docenti
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ARMI
PER CANTONE
ROSA
E
CACTUS
Fonte: Registro cantonale delle armi
MAURO SPIGNESI
La stima propone un ventaglio
davvero ampio, va da 1 a 2 milioni. Ma comunque fornisce
un’indicazione di massima da
non sottovalutare, perché avverte che sulle armi possedute
in Svizzera si sa poco. Anzi, oltre
un milione sarebbero sparite
nel nulla. Non risultano nei registri ufficiali, che peraltro sarebbero incompleti, come ha
messo in rilievo un servizio del
SonntagsBlick e come è emerso
pure a Berna. Ci sono cantoni,
come Argovia, che non hanno
idea di quante pistole e fucili ci
siano nel loro territorio. Il Ticino, invece, solo tenendo conto
dei dati ufficiali, è uno dei cantoni più armati: ci sarebbe almeno un’arma ogni sette abitanti circa, visto che ne risultano almeno 50 mila.
Lo storico Peter Hug ha calcolato che negli anni sono state distribuite, su scala nazionale,
qualcosa come 1,3 milioni di
armi agli ex militari (soprattutto
fucili modello 1911 e 1931). Oltre 200 mila pezzi avrebbero
preso, invece, la via dell’estero,
mentre altri 455 mila sono in
uso all’esercito. Complessivamente, insomma, poco meno
di 2 milioni di armi si troverebbero nelle case svizzere.
Ma la metà però non sarebbero registrate, visto che,
comprese quelle private, ne risultano ufficialmente in tutto
soltanto 800 mila.
A Berna ora si sono accorti che i
conti non tornano. E per mettere ordine il Consiglio federale
vuole istituire un registro nazionale, un “data base” sul quale
far confluire tutti i registri, accessibile online alle autorità, a
cominciare dalla polizia, con
nomi e cognomi dei possessori,
tipo di permesso, modelli.
Un’idea giusta, secondo Marcello Aebi, docente di criminologia e diritto penale all’Università di Losanna: “Ora più che
mai è necessario sapere chi
possiede armi nel nostro Paese.
Non si può andare avanti con
una situazione in cui tanti hanno pistole e fucili che restano
fuori dalle cifre ufficiali. Certo,
La novità
Il Ticino è un arsenale,
un’arma ogni 7 abitanti
Troppi fucili e pistole nelle case non sono registrati
Ti-Press
avere un registro unico, nazionale, uno strumento che possa
offrire uno sguardo d’insieme,
presuppone un lungo e complicato lavoro. Ma è necessario”.
Per il criminologo Berna dovrebbe fare uno sforzo andando
avanti con decisione sulla stra-
da della trasparenza: “Capisco
che possa essere complicato
mettere insieme i numeri, convincere i Cantoni e le diverse
autorità che possiedono registri a collaborare, ma è importante per la sicurezza di tutti. Io
credo debbano essere trovate
ARMI REGISTRATE
ogni 1000 abitanti per cantone
BS
SH
192
162
120
51-100
BL
64
112
151-200
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sopra i 200
AG
SO
77
101-150
TG
70
JU
fino a 50
le risorse per finanziare questo
lavoro. Sempre che ci sia la volontà politica”.
Ma c’è chi non è d’accordo con
questa impostazione. “Secondo
noi – spiega Marc Heim, responsabile per il Ticino di Pro Tell, l’associazione che difende il possesso di armi - questa iniziativa è
sbagliata. La registrazione è sempre stata il primo passo verso la
confisca e in un Paese libero
come la Svizzera si andrebbe a intaccare il valore della fiducia.
Quella fiducia che lo Stato ha nei
confronti del cittadino e viceversa”. Con il registro nazionale, per
la Pro Tell, “si andrebbero poi a
criminalizzare le persone oneste,
quelle che hanno registrato le
proprie armi e sono in regola con
la legge. Certamente non i criminali, perché loro sfuggono alla registrazione. Terzo aspetto: le regole per possedere armi esistono
già da tempo”.
GL
80
129
UR
GR
140
129
non pervenuto
TI
GE
230
VS
146
129
Fonte: Registro cantonale delle armi
Sono due i modi per ottenere
fucili e pistole: il porto d’armi o
il permesso d’acquisto. Con il
primo documento, che difficilmente viene rilasciato dall’ufficio di polizia competente se
non ad agenti di polizia privata
o, ma i casi sono rari, a cittadini
che realmente dimostrino di
averne necessità, si può circolare con un’arma. Con il permesso, invece, le armi si possono
conservare in casa o utilizzare
per precise necessità (caccia o
tiro). “Da noi – riprende Marc
Heim, che è anche proprietario
di un’armeria a Comano –
quando una persona si rivolge
con un permesso d’acquisto si
presume che le autorità abbiamo già fatto le verifiche. Ma alcune volte ci siamo trovati davanti a personaggi che non ci
sono sembrati del tutto equilibrati. E non gli abbiamo venduto nulla. Questo per dire che la
prevenzione inizia dai nostri
negozi”.
Ma secondo Edoardo Cappelletti, consigliere comunale a Lugano del Pc e in prima fila nel
sostenere l’iniziativa per una
Svizzera senza armi, le leggi attuali non bastano. Il registro nazionale, avverte, insieme a un
più agile scambio di informazioni tra autorità è assolutamente una necessità: “Perché
permette un controllo finalmente capillare. Attualmente
fra norme e regolamenti abbiamo un quadro troppo frammentario. E questo non consente controlli mirati”. Inoltre, per
Cappelletti non va dimenticatoche molti suicidi in Svizzera,
circa 200 l’anno, avvengono con
le armi che le vittime trovano in
casa”. Un dato che era emerso
da uno studio coordinato dal
criminologo di Losanna Martin
Killias, il quale aveva sottolineato il fatto che dei fucili d’assalto militari erano stati usati in
fatti di sangue. “Va pure ribadito - conclude Cappelleti - che
con il registro potrebbero essere
arginati fenomeni come il mercato nero che va ad alimentare
le organizzazioni criminali”.
[email protected]
Q@maurospignesi
I cattolici aprono a divorziati e omosessuali
Dai fedeli un inaspettato sì alla “nuova famiglia” dopo le domande del Papa
“politico-ecclesiastica”, il sondaggio in tema di matrimonio e famiglia offre contributi di taglio soprattutto sociologico. “Sì anche perché in Ticino, fortunatamente, abbiamo persone in grado di intervenire sul tema con argomentazioni di elevata qualità - anticipa al Caffè Enrico Morresi, che ha
dedicato ben nove pagine agli interventi sul questionario -. Che il concetto di famiglia, del resto, sia
decisamente cambiato è innegabile, e spero che tra
i cattolici, nelle parrocchie e non solo, l’invito di
Il questionario del Vaticano,
preparatorio del Sinodo,
è commentato su “Dialoghi”
papa Francesco sia raccolto e che il dibattito sia il
più articolato possibile”.
I segnali che il Pontefice ha lanciato su alcuni argomenti, come l’attenzione da riservare ai divorziati
finora esclusi dai sacramenti, l’atteggiamento nei
confronti dell’omosessualità sono stati chiari e in-
Ti-Press
Una prudente apertura al nuovo concetto di “famiglia”, ai divorziati e all’omosessulità, e una posizione più conservatrice sulle coppie di fatto. I cattolici
ticinesi hanno già offerto un loro primo e coraggioso contributo al “questionario sulla pastorale di
matrimonio, famiglia e coppia della Chiesa cattolica”, una sorta di sondaggio lanciato da papa Francesco, preparatorio al Sinodo dei vescovi che si terrà il prossimo ottobre. Il contributo al dibattito è
stato anticipato dall’ultimo numero di “Dialoghi”,
la rivista di riflessione cristiana che da domani, lunedì, sarà disponibile per gli abbonati. Nello stesso
numero anche una proposta articolata per rinnovare il metodo di elezione dei vescovi. Una procedura che la rivista definisce “problematica” e che,
secondo lo stesso redattore responsabile Enrico
Morresi, pur soddisfatto della recente nomina di
monsignor Lazzeri, ha sollevato non poche polemiche.
Ma se la proposta che ogni diocesi veda la partecipazione del clero e del popolo alla designazione
dei futuri vescovi svizzeri è squisitamente di natura
Enrico Morresi
‘
Da rivedere anche il metodo
d’elezione dei vescovi che ha
suscitato non poche polemiche
terpretati quali vere “sfide”. Come, per i suoi interventi “a braccio” si è notato nel Papa una netta predisposizione a discutere tutte le proposte raccolte
nelle varie comunità. “Il Pontefice in realtà vola
basso, fa il ruolo del buon parroco, anche perché
sa, per ragioni d’età, che non toccherà a lui gestire
l’eventuale cambiamento - precisa Morresi -. Poi
saranno comunque i vescovi ad occuparsene, a
evidenziare le necessità delle realtà locali. Dal Ticino, comunque partono segnali di apertura sia per il
nuovo concetto di famiglia sia verso i divorziati.
Non mancano proposte audaci, ma, intendiamoci,
nessuno si spinge ad accettare l’idea di matrimonio tra coppie dello stesso sesso. Anche sulle coppie di fatto si mantiene un certo conservatorismo”.
Gli spunti non mancano visto che, oltre a riflessioni
sul tema dei divorziati risposati, delle coppie omosessuali e delle unioni civili, il Ticino tratteggia con
il questionario la realtà familiare nell’odierna Svizzera, da un punto di vista ecclesiologico (cos’è la famiglia per la Chiesa) ma pure pastorale, cioè il vivere insieme la spiritualità coniugale.
e.r.b.
8
IL CAFFÈ
23 febbraio 2014
attualità
La
storia
Sciur Carlo per i dipendenti.
Nonno Carlo per i nipoti. Carlo
Nobili è il fondatore di un impero,
ora in mano ai figli. E col figlio
Alberto l’azienda novarese sta
per sbarcare a Lodrino. Assicura
che assumerà personale locale.
Prevede una ricaduta fiscale
per il Comune di 100mila franchi
Il Re dei rubinetti
ora punta sul Ticino
“Vi spiego perché”
GIANFRANCO QUAGLIA
da Novara
S
Nove stabilimenti
con robot e impatto zero
La famiglia Nobili ha nove
stabilimenti, a partire da
quello di Suno (Novara), il
principale, nella foto in basso,
lavorano 244 dipendenti. Il
gruppo, che prevede di
realizzare una fabbrica a
Lodrino (nella foto in alto) ha
470 dipendenti
ciur Carlo” per i dipendenti.
“Nonno Carlo” per i nipoti. Per la
gente comune “quello dei rubinetti”. Ovvero il re di una monarchia incontrastata, il fondatore di
un impero, ereditato dai figli, che
ha fatto sgorgare e continua a far
scendere “l’oro blu” nei lavandini di tutto il mondo. Cento milioni di rubinetti di qualità, autentici capolavori d’arte e design, installati nelle case e negli hotel dei
quattro continenti. E ora la scelta
di sbarcare a Lodrino, “in un’ottica di espansione aziendale e per
Ti-Press essere presenti in un
territorio importante
come il Ticino”, diceal Caffè Alberto Nobili, figlio di Carlo e
amministratore delegato. Le trattative con
il Comune sono
aperte e i Nobili si
muovono con prudenza.
La scelta svizzera è
un’altra sfida. Una
sfida come tante altre che punteggiano
la storia di quest’azienda. Una storia che inizia nel
1954, in piena ricostruzione di un’Italia
che guardava al futuro. A quei tempi Carlo Nobili aveva un
sogno:
fondare
un’impresa con l’obbiettivo di creare
prodotti di elevata
efficienza e piacevoli
nelle forme. Lo scopo non era solo estetico. “Sciur Carlo”
voleva contribuire al
miglioramento della
vita di chi avrebbe
utilizzato quei manufatti d’ingegno. E
ora la Nobili Rubinetterie di Novara
sta per sbarcare anche in Ticino. Qui,
assicurano, dovrebbe assumere
manodopera locale, con una ricaduta fiscale nelle casse comunali di 100mila franchi. Insediamento oggetto di massima attenzione per gli effetti sull’ambiente, ma l’azienda ha fornito
rassicurazioni: nessun impatto
significativo, rumori praticamente nulli, e traffico limitato.
È il segno distintivo della “Carlo
EREDE AL COMANDO
Alberto Nobili, 54 anni,
amministratore delegato,
numero uno dell’azienda che
gestisce insieme ai tre fratelli
I numeri
L’anniversario
Il fatturato
I modelli
SESSANT’ANNI
140 MILIONI
L’azienda fu
fondata nel 1954
da Carlo Nobili.
Oggi ha nove
stabilimenti, con
sede centrale a
Suno (Novara)
Il fatturato di cui si
prevede una
crescita grazie
alla penetrazione
di nuovi mercati,
tra cui la Cina
Nobili Spa” che in Italia si sviluppa su nove stabilimenti, a partire
da quello di Suno (Novara), il
principale, dove lavorano 244 dipendenti (in tutto il gruppo sono
470 fra operai, tecnici, designer,
impiegati). Un altro carattere
dominante della famiglia Nobili
(oggi quattro figli) è la discrezione, l’“understatement” tipico
piemontese, una ritrosia che a
volte può essere confusa con il
distacco.
In realtà, quando ci vuole, la famiglia Nobili sa uscire dal guscio, come tre anni fa durante
l’inaugurazione del nuovo settore logistica accanto alla sede
centrale di Suno: organizzò un
mega-intrattenimento con lo
La produzione
L’ ambiente
DUEMILA VERSIONI
CENTO MILIONI
IMPATTO ZERO
Sono ideati da
designer di fama
mondiale quali
Pinifarina, Rodolfo
Dordoni, Gordon
Guillaumier, Mauro
Carlesi
È il numero dei
rubinetti prodotti in
sessant’anni.
Il 60 per cento
finisce all’estero
in abitazioni
e lussuosi yacht
Il complesso
produttivo di Suno
ha conseguito
recentemente la
certificazione “Zero
Emission
Company”
showman Fiorello e 1.400 ospiti.
Un’azienda in controtendenza,
rispetto alla crisi del settore e la
concorrenza spietata che arriva
dalla Cina. Ma qual è il segreto di
“Non ci sarà nessun
impatto significativo.
I rumori saranno
praticamente nulli,
il traffico limitato”
tanto successo? Alberto Nobili,
54 anni, amministratore delegato, il numero uno dell’azienda
accanto ai fratelli Pier Luigi, Fabrizio e Maria Grazia, è chiaro e
fluente come l’acqua che sgorga
dai suoi rubinetti: “Lo si deve
alle scelte coerenti con quella
che da sempre è la nostra filosofia: investire nell’innovazione e
nella sostenibilità. Mi riferisco
da un lato alla scelta di aggiornare costantemente i processi produttivi, facendo ricorso alle risorse tecnologiche più elevate e
sofisticate. Dall’altro nel considerare la sostenibilità ambientale come momento qualificante
del nostro modo di operare”.
Sulle perplessità ambientali sollevate a Lodrino, Alberto Nobili
si mostra sicuro: “La nostra
azienda nel 2013 si è dotata di un
impianto fotovoltaico di 1,5
MWh che ci consente una totale
autonomia energetica. Questa
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IL RACCONTO
DELLA
REALTÀ
Anonymous
COME FU
CHE UN
TUNISINO
SPOSÒ UNA
TICINESE
Andrea
Vitali
SAPORI
E MITI
Carolina
Cenni
LE PAROLE
DEL 2013
Autori
vari
APPUNTI
DI VIAGGIO
Giò
Rezzonico
scelta, assieme ad altri rilevanti
investimenti dedicati alle tecnologie per la gestione dei fumi, del
ricircolo dei fluidi e delle acque
reflue, mediante trattamento di
depurazione a ciclo chiuso, ci ha
posti nella condizione di ottenere la prestigiosa classificazione
Zero Emission Company. La
stessa attenzione poniamo nella
progettazione e nella realizzazione dei prodotti, tutti concepiti in funzione del rispetto dell’ambiente. I nostri programmi
‘Energy saving’, ‘Water saving’,
‘Eco fresh’’, ad esempio, ci hanno
consentito di immettere sul mercato modelli che nell’uso quotidiano permettono un significativo risparmio energetico”.
Un’attenzione all’ambiente che
si coniuga con la solida capacità
imprenditoriale sempre attenta
ai conti. “Nonostante il momento non facile per l’economia, il
2013 lo chiudiamo con un risultato molto soddisfacente - sottolinea-, segnando un apprezzabile incremento rispetto all’anno
precedente. Questo ci consente
di guardare con fiducia al 2014.
Quest’anno festeggiamo il 60° di
attività dell’azienda fondata da
mio padre Carlo. Prevediamo
un’ulteriore crescita del fatturato
di circa il 10%, grazie allo sviluppo della penetrazione in mercati
quali la Cina, la Russia, il Sudafrica e il Sudamerica, e all’ampliamento del segmento di eccellenza della nostra gamma di offerta”.
Già, la Cina. Nel periodo 20082009, quando tutto il settore pativa la crisi, la “Carlo Nobili” ha
saputo reagire con coraggio, ricorrendo ancora una volta al
made in Italy. Con un piano di
investimento di 50 milioni di
euro ha introdotto 90 robot, tutti
costruiti in Italia. Questi macchinari, uniti all’ideazione di designer di fama mondiale, sono riusciti a contrastare la crisi. Nel
2009 un altro grande passo: l’acquisizione dalle famiglie Drago e
Boroli dell’80% delle quote della
rubinetteria Stella di Novara,
una delle più antiche d’Europa.
Proprio con i rubinetti Stella è
stato realizzato un restyling degli
impianti all’Hotel Ritz di Parigi,
sui sanitari della barca di Luca
Cordero di Montezemolo e in
una villa di Dolce & Gabbana.
“Nel periodo più difficile dell’economia italiana - conclude vantiamo con orgoglio un altro
primato: nessun giorno di cassa
integrazione”.
IL CAFFÈ
23 febbraio 2014
9
politica
1/verso
le
elezioni
le
TAPPE
LE PRIMARIE
Rocco Cattaneo,
presidente del Plrt
vuole “scaldare”
l’estate politica,
dentro e fuori il
partito, con le
primarie per
formare la lista dei
cinque candidati al
Consiglio di Stato.
LA PETIZIONE
Il Plrt vuole
raccogliere 20 mila
firme per una
petizione al
Consiglio federale
per abrogare
l’accordo sul
ristorno imposte dei
frontalieri del 1974
entro giugno
LE ANTICIPAZIONI
Corrono le voci sui
primi nomi della
lista per il governo:
Laura Sadis,
Christian Vitta,
Andrea Bersani,
Giovanna Masoni,
Luca Albertoni
e Mauro
Dell'Ambrogio
“A giugno pronta la lista per il governo”
La strategia del Plrt per riprendersi il secondo seggio, con o senza Sadis
CLEMENTE MAZZETTA
Plrt all’assalto: vuole bruciare i
tempi per riprendersi il secondo
seggio in governo. Entro giugno il
presidente Rocco Cattaneo pensa
di avere pronta la lista per il Consiglio di Stato: “Abbiamo già chiesto
a Laura Sadis di dirci le sue intenzioni - precisa - ovvero se intende
ricandidarsi”. A Sadis, ministro in
carica, verrà probabilmente lasciata qualche settimana in più.
Ma al più tardi entro la fine dell’estate la lista sarà presentata al
comitato cantonale. Organizzando anche delle primarie se ci fosse
travirgolette
Ti-Press
Il progetto dei liberali
sulla super connessione
ALLE PAGINE 30 e 31
qualche candidato di troppo.
Quanto al programma, sono stati
istituiti vari gruppi di lavoro con il
compito di produrre idee e progetti. Anche spendibili subito con
proposte di legge, iniziative parlamentari.
E così, il Plrt è partito con il piano
della “banda larga”, il collegamento super veloce con internet per
tutto il cantone, ed è arrivato a
chiedere la disdetta dell’accordo
italo-svizzero sul ristorno delle
imposte dei frontalieri. Le iniziative spaziano dalla scuola media,
alla questione degli anziani (vedi
intervista a fianco), agli sgravi fiscali per imprese e cittadini. Si
passa dalla proposta di un docente d’appoggio per aiutare gli studenti in difficoltà, per arrivare ad
un rilancio degli sgravi fiscali per il
quadriennio 2015-19 per migliorare la concorrenzialità del Ticino. “Viviamo un periodo storico
dove emergono maggiormente gli
aspetti negativi – spiega Christian
Vitta capogruppo in parlamento
del Plrt –, per questo è necessario
che il cantone abbia degli slanci
propositivi, dei progetti concreti
per uscire dalla situazione di crisi.
Dobbiamo alzare lo sguardo, ave-
re una politica che sappia
guardare al di là del contingente,
con concretezza e realismo, quello che in passato ha fatto la fortuna
e lo sviluppo del cantone”. Vitta
cita una serie di iniziative, dal fondo per la riqualificazione professionale dei giovani, al Centro di
L’intervista
IL MINISTRO
Laura Sadis
ministro delle
Finanze; in
alto una
immagine del
parlamento
competenza sulla mobilità sostenibile e ferroviaria delle Officine di
Bellinzona, alla nuova facoltà di
medicina che si può sviluppare
grazie agli istituti di ricerca dell’Irb
e dello Iosi. “Dobbiamo uscire
dalla palude e mettere in campo
una politica che punti allo svilup-
po sostenibile di questo cantone”
insiste Vitta. E per uscire dalla attuale situazione, l’“ex partitone”
nelle ultime settimane è tutto
un’effervescenza di proposte. Tra
cui anche la raccolta di firme per
una petizione al Consiglio federale per l’abrogazione dell’accordo
La nuova visione secondo Fridel animatore del forum “Terza età”
“Gli anziani non sono un costo
ma una risorsa da valorizzare ”
“Non bisogna vedere l’invecchiamento solo
come un costo, ma come risorsa, come opportunità”. Roberto Fridel, presidente di “Generazioni & Sinergie”, associazione che si occupa di longevità attiva e solidarietà intergenerazionale, da alcuni mesi sta curando i forum sugli anziani, che rappresenteranno
uno dei temi forte del programma elettorale
del Plrt. “Abbiamo messo a punto degli assi
di sviluppo politico su come evitare la ghettizzazione, promuovere alloggi adeguati,
formare volontari e sostenere i centri diurni
socializzanti - spiega Fridel -. Avviando pure
La curiosità
azioni specifiche come la contestazione del
contributo di 8 franchi per le cure e i servizi
di assistenza a domicilio previsto inizialmente dal governo per il 2014. Nei prossimi
mesi presenteremo altre proposte”.
Che spazio hanno gli anziani nei programmi elettorali?
“Diversamente dagli altri cantoni e dai Paesi
del Nord, la nostra politica si occupa maggiormente di chi è attivo professionalmente
più che degli anziani. In Ticino questo è un
tema abbastanza nuovo”.
Come affrontate il tema dell’invecchia-
mento?
“Stiamo guardando a quello che si sta facendo negli altri cantoni, con l’idea di confrontarci con gli altri partiti su cosa si potrebbe
fare in Ticino”.
Che significa mantenere la solidarietà intergenerazionale?
“Evitare, ad esempio, la competizione fra anziani e giovani, con questi ultimi a volte in
difficoltà professionalmente, ostacolati dai
primi che non lasciano il posto. Ma c’è pure il
50enne che rischia di essere vecchio per
l’azienda, e che deve essere rivalutato”. c.m.
fiscale sui frontalieri. “Spero di
raccogliere 20mila firme per dare
forza alla nostra iniziativa parlamentare rivolta alla Camere federali - dice Cattaneo –. Ma non è
un’azione contro i frontalieri, è
una scelta politica contro l’accordo sulla doppia imposizione che
non ha più ragion d’essere e che è
discriminatorio fra gli stessi frontalieri. Un nuovo accordo riporterebbe maggior equilibrio sul mercato del lavoro, per evitare forme
di dumping salariali e portare più
soldi nelle casse dello Stato”. Cattaneo è preoccupato per quello
che sta succedendo dopo la votazione contro l’immigrazione:
“Stanno impazzendo tutti. Tra un
po’ metteremo le taglie sugli stranieri . Con queste reazioni il Ticino rischia di chiudersi verso l’estero e verso nord. Le proposte dell’Udc, l’idea di un Ticino a statuto
speciale dei Verdi, non ci gioveranno. Si sta rinnegando il nostro
passato”.
Il presidente ha pure rispolverato
la fiaccola della riscossa e ha iniziato un giro nei distretti per raccogliere idee e nomi per le prossime lista elettorali: “Il nostro
obiettivo è avere una rosa di nomi
già per il prossimo mese di giugno”. Tanto che sui giornali sono
già iniziate le anticipazioni sui
candidabili e le relative smentite.
Come quella di Giovanni Merlini
dato in corsa per Bellinzona, mentre vuole restare a Berna, in Consiglio nazionale dove subentrerà a
Fulvio Pelli. I nomi che vanno per
la maggiore sono quelli di Laura
Sadis, Christian Vitta, Andrea Bersani, Giovanna Masoni e di un
non politico, Luca Albertoni, direttore della Camera di commercio. La richiesta a Sadis di sciogliere le riserve per le cantonali del
2015 entro l’estate è invece mutuata dall’esperienza di Lugano.
“Fino all’ultimo momento - ricorda Cattaneo - non sapevamo se si
poteva contare o meno sulla candidatura di Giorgio Giudici e abbiamo visto com’è finita”.
[email protected]
Q@clem_mazzetta
Quelle origini “tradite” di Savoia il Sannita
Nel Sud Italia le Forche caudine della Rete per il leader dei Verdi ticinesi
Critiche online
“Madonna Santa!
Il Sergio l’é un Terun!
Disastro! Catastrofe!
Sventura! Sacrilegio!
Ma come si permette?”
“Madonna Santa! Savoia l’é un Terun! Disastro! Catastrofe! Sventura! Sacrilegio! Ma come si permette?”. La notizia del leader dei Verdi ticinesi, figlio di
immigrati del Sud d’Italia, di Benevento, che ha sostenuto l’iniziativa udc contro l’immigrazione di
massa, pubblicata sul Corriere del Mezzogiorno,
ha scatenato nel meridione feroci commenti sul
web. “Caro Savoia, sei la vergogna degli italiani di
seconda generazione”. “Savoia torna a Benevento”.
“Mi pensavi che l’era Torinese! Avanti Savoia!”.
“Possiamo dunque concludere che Savoia è un terrone Doc? Viva i terroni”. Insomma sul web una
ridda di denigrazioni, insulti, ma anche complimenti, incitamenti, con il solito eccesso di segni
d’interpunzione.
Il Ticino, terra d’emigrazione e di immigrazione, è
diventato la patria di napoletani, siciliani, campani, toscani, veneti, con discendenti diventati, a volte, noti politici. Flavio Maspoli, cofondatore della
Lega, ad esempio, aveva il nonno materno napoletano. Il padre di Roberta Pantani era toscano.
Quello di Patrizia Pesenti era bergamasco. Hanno
origine italiane le famiglie di Rossano Bervini e di
Pietro Martinelli. Pure la mamma di Manuele Bertoli è bergamasca. Niente da dire, quindi, sul fatto
che Savoia sia figlio di immigrati. Di Palmerino Savoia, detto Nino, che - come racconta Il Corriere del
Mezzogiorno – nel 1958 decise di lasciare Apollosa,
un piccolo centro di 2.716 anime in provincia di Be-
Fa scalpore a Benevento la
storia del figlio di emigrati che
in Svizzera rifiuta gli stranieri
nevento, in Campania, per andare a cercare fortuna in Svizzera. “La trovò come manovale impiegato
in un cantiere che tirava su le dighe. Cinque anni
dopo lo raggiunse la moglie Maria Luigia, detta
Gina, casalinga, operaia e cuoca”. Una bellissima
storia di immigrazione, che vide appunto nascere il
10 giugno del ’64, a Faido, il figlio Sergio. Il problema nasce, dicono ad Apollosa, dal fatto che un figlio di immigrati si è schierato contro l’immigrazio-
ne italiana. Per le Acli della Campania “Savoia ha
tradito il Sud e il mezzogiorno d’ Italia; siamo per
storia antica accoglienti e ospitali; non ci facciamo
guerra tra poveri, tra residenti e frontalieri”.
Savoia ovviamente si difende dall’accusa di essere
xenofobo. Spiega on line le sue ragioni. Sostiene
che limitare l’immigrazione significa garantire
condizioni di vita dignitose per tutti, anche per gli
stranieri. Dice di essere orgoglioso delle proprie
origini italiane. Anzi di più: “Sono fiero dell’accento
con cui parlano i miei genitori”. Ricorda di aver provato “negli anni ’70, quando ero poco più che un
bambino, sulla mia pelle l’astio nei confronti degli
stranieri”. Consapevole che spiegare tutto ciò a mille chilometri di distanza non è facile, ha promesso
di chiarire tutto di persona. In un incontro pubblico, quando a giugno, come tutti gli anni, ritornerà
al paesello d’origine. Sempre che i suoi concittadini, i Sanniti, non lo facciano passare prima dalle
forche Caudine, là dove umiliarono nel 321 a. C.
l’esercito di Roma.
c.m.
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Non ci fermeremo
11
IL CAFFÈ
23 febbraio 2014
politica
Imprese
e trattative
Concorrenza
e lobby a Berna
Le grandi aziende
oggi sono affidate ai
manager, gente che
non ha più rapporti
diretti con il territorio,
da qui nascono
le incomprensioni
Non vorrei mai
che una eccessiva
liberalizzazione per
far calare i prezzi si
riflettesse in negativo
su stipendi
e condizioni di lavoro
Le conseguenze
al voto dell’Udc
È stata fatta una
frittata. Ora ricucire
con l’Europa sarà una
missione impossibile.
Nessuno ha capito
il disagio che viveva
soprattutto il Ticino
René Bossi © ilcaffè
L’intervista
“Gli imprenditori rifiutano le regole”
Il presidente Unia , Renzo Ambrosetti, rilancia il salario minimo contro il dumping
MAURO SPIGNESI
“Il problema è che non ci sono
più gli industriali e gli imprenditori con sensibilità sociale. Persone che conoscevano il territorio e la sua gente, che erano inserite nel tessuto del cantone”.
Renzo Ambrosetti, copresidente
nazionale di Unia, da 35 anni lavora nel sindacato. Ha visto crisi, riprese, ha vissuto conquiste
e delusioni, e dal suo osservatorio a Berna, con un occhio sempre attento al Ticino, registra le
crescenti difficoltà di dialogo sul
lavoro tra le parti sociali.
Il presidente della Camera di
commercio ticinese, Franco
Ambrosetti, ha detto a Il Caffè
che la difficoltà nel chiudere i
contratti è dovuta anche alla
crisi del partenariato sociale.
Lei è d’accordo?
“No. Il problema vero è che oggi
le aziende sono gestite da manager che puntano ad ottimizzare la produzione e far salire gli
utili. E se non raggiungono gli
obiettivi saltano. Non vogliono
regole. Ecco cosa ha innescato
la crisi del partenariato sociale”.
Fatto sta che le parti sociali
non riescono più a dialogare?
La novità
La popolazione svizzera invecchia. E bisogna attrezzarsi. Anche tra le mura delle carceri.
Come? Con reparti geriatrici
destinati ai detenuti più attempati, come ha fatto Lenzburg, nel Canton Argovia,
dove è stato aperto già da tre
anni il reparto “60 plus” con 12
posti letto. Un modello che vogliono imitare Menzingen, nel
Canton Zugo, e gli istituti del
Canton Berna e dei Grigioni.
Mnetre altrove si guarda al futuro per l’esecuzione delle
pene, in Ticino le strutture carcerarie sono da riorganizzare
del tutto, dopo la perizia che
ha pure ha portato al brusco licenziamento del direttore Fabrizio Comandini, a cui si è
rimproverata una gestione
troppo verticistica.
In altri cantoni, invece, si sta
già pensando ai detenuti anziani o che lo diventeranno in
cella. Come quei criminali seriali, ad esempio, Michel Peiry,
“È indubbio. Ma questo accade
perché le associazioni padronali
si sono progressivamente indebolite. Ognuno va per conto suo,
noi sindacati non abbiamo più
un interlocutore unico. L’eccesso di liberismo ha pure sfasciato
il vecchio senso di solidarietà”.
È per questo che le trattative
s’inceppano?
“Gli imprenditori non hanno capito che l’unica strada per evitare conflitti, per garantire la pace
sociale, per far muovere l’economia con salari decenti e arginare la precarizzazione, sono i
contratti collettivi. Che loro non
vogliono più firmare”.
Perché non vogliono firmare?
“Perché li ritengono un cappio
per la politica liberista che vogliono portare avanti sempre e
comunque. Sono recalcitranti.
Alcuni, addirittura, non vogliono avere rapporti con i sindacati. Proprio per evitare situazioni
disastrose, siamo stati costretti a
firmare contratti normali che restano comunque un cerotto”.
Un cerotto che non piace.
“Ma che spesso è necessario.
Come in Ticino. Tanto è vero che
le associazioni padronali hanno
fatto ricorso anche davanti al
Tribunale federale”.
Sempre convinti che l’unica
strada sia, quindi, il salario
minimo di 4’000 franchi?
“Dopo la votazione contro l’immigrazione di massa voluta
dall’Udc ancora di più. Anzi, visto come ha votato la maggioranza del popolo svizzero, ora
mi aspetto che coerentemente
chi ha detto sì, voti sì anche per
la nostra iniziativa che chiede
un salario minimo per tutti”.
E perché?
“È l’unico modo per difendere
dignitosamente le condizioni di
lavoro, evitare effetti come il
dumping salariale e lo sfrutta-
chi è
Renzo Ambrosetti, 61 anni,
nel 1978 è stato eletto
segretario del Sindacato
dell'industria, della
costruzione e dei servizi.
Dal 2004 è presidente e poi
co-presidente di Unia. Dal
2007 è anche presidente
della Federazione europea
sindacati dei lavoratori
metallurgici. È stato
deputato ps in Ticino
mento”.
Ma chi ha detto sì all’Udc voleva anche questo?
“Intendiamoci. Il risultato dell’iniziativa popolare è un disastro. Un disastro annunciato.
Bastava ascoltare, cogliere il disagio, ad esempio del Ticino,
per prevenire. Invece non si è
fatto quello che si poteva fare
prima di combinare la frittata”.
Cosa si poteva fare?
“Gli strumenti, all’interno degli
accordi con l’Ue, c’erano. Si potevano, intanto, inasprire le misure d’accompagnamento e fare
più controlli. Invece, proprio il
fronte padronale ha sempre
pensato che sarebbe stato il
mercato a creare un suo equilibrio”.
Basta questo a spiegare il voto
del 9 febbraio?
“No. Mettiamoci dentro che
Berna è stata sempre sorda agli
appelli del Ticino e qualcuno
voleva dare una sberla al Consiglio federale. Mettiamoci pure
altre componenti come un po’
xenofobia, il traffico, l’ordine
pubblico, il problema degli alloggi, ed ecco servito un cocktail
micidiale. Il futuro sarà difficile”.
Il sindacato in tutto questo
non ha alcuna responsabilità?
“Noi abbiamo ripetutamente
detto che chiudere le porte, introdurre i contingenti, non era e
non è la soluzione giusta per rispondere a una situazione oggettivamente problematica che,
tra dumping e violazioni varie,
ricade in prima battuta sui lavoratori. L’iniziativa Udc ci riporta
indietro di anni”.
Nessuna autocritica?
“Probabilmente
dovevamo
spiegare meglio le conseguenze
di questo voto. Ora, e lo so perché io lavoro anche nelle associazioni sindacali europee, trovare un accordo sarà una missione impossibile”.
Le associazioni imprenditoriali vi accusano di non voler
incidere sui “cartelli”, di ingessare la concorrenza. È vero?
“No. È vero che a Berna aleggiano troppe lobby. È vero che
quando si è provato a spezzare
la catena dei cartelli, come nel
settore energetico, poi si sono
creati oligopoli. Non vorrei però
che una liberalizzazione, che
potrebbe far calare i prezzi, provocasse tagli e pressioni sui salari”.
[email protected]
Q@maurospignesi
L’esempio del reparto geriatrico nel carcere del canton Argovia preso come modello anche a Zugo e Berna
Nuove celle per la terza età,
cambia la politica carceraria
il tristemente noto “sadico di Romont”, che non ha speranze di
uscire dal carcere. O, caso recente, il 90enne in prigione a Ginevra per violenza carnale su una
figliastra, a cui le autorità si è negata la liberazione, nonostante
abbia un tumore in fase terminale. O, ancora, il 60enne, René
Osterwalder condannato per pedofilia. Ecco perché, molti guardano con interesse all’esperimento di Lenzburg, con“una
struttura apposita per i detenuti
più anziani con problemi di salute”, come ha precisato il direttore del carcere, Bruno Gaber, al
quotidiano Le Temps. “Qui - ha
spiegato Sandra Imhof, respon-
‘
Alex Pedrazzini
Giusto un trattamento
di favore per i detenuti
over 60, ma non mi pare
che questa sia la priorità
sabile del segretariato della
Commissione di prevenzione
della tortura - le condizioni di
detenzione sono meno dure che
altrove”. Tendenzialmente favorevole a questo trattamento per
detenuti avanti con gli anni, è
l’esperto di problemi carcerari
Alex Pedrazzini, ex ministro
ed ex direttore di un istituto di
pena. “Ricordo però - sottolinea - che esiste già la possibilità di riduzione della pena
per gravi problemi di salute.
Per l’anziano che deve per forza rimanere dietro le sbarre,
non sono contrario a un trattamento meno duro, pur senza esagerare”. Per Pedrazzini
però non è questa la priorità
numero uno del sistema di
esecuzione delle pene in Svizzera. “Pensiamo - dice ancora
- a come siamo messi noi e a
come sono, invece, le carceri
di altri Paesi europei”. Eppure
su 4123 persone detenute nella Confederazione, 516 hanno
oltre 50 anni. Dunque il problema esiste già e rischia di
aggravarsi dopo l’approvazione, nel 2004, dell’internamento a vita dei criminali autori di
reati sessuali e refrattari alle
terapie rieducative.
f.z.
IL
PUNTO
CHANTAL
TAUXE
La Svizzera
influenzata
dalla storia
dell’Europa
La risicata metà del Paese che
ha vinto la votazione del 9 febbraio mostra i muscoli: gli europei non hanno che da mostrarsi concilianti e adattarsi ai
desideri degli svizzeri.
Vedremo. Le prime reazioni di
Bruxelles e delle capitali mostrano che il compito del Consiglio federale non sarà facile.
Quel che appare chiaro, invece,
è che gli svizzeri sottostimano
sino a che punto le potenze europee, succedutesi nei secoli,
hanno influenzato il corso della
nostra storia.
Fino alla caduta dell’Ancien Régime nel 1798, il nostro Paese è
stato considerato come una zona cuscinetto tra l’Austria degli
Asburgo e il regno di Francia.
L’ambasciatore francese stabilito a Soletta ha sovente giocato
il ruolo di mediatore tra i confederati. È del resto proprio il titolo di “mediatore” che Napoleone riprenderà nel 1803.
Bisogna forse ricordare che i
cantoni latini, ad eccezione di
Friburgo che era già membro a
parte integrante della Confederazione, devono la loro sovranità alla tormenta rivoluzionaria
arrivata dalla Francia? Dopo l’epoca
napoleonica, nel
1815, è lo Zar
Alessandro I di
Russia che si oppose alle velleità
del canton Berna, che voleva
tornare alla
situazione
travirgolette
pre-rivoluCinema a Parigi zionaria.
Al congrescon Blocher
so di VienA PAGINA 37
na, sono
state le potenze europee a garantire la nostra neutralità.
La Svizzera moderna, che prende in mano il proprio destino
nel 1848, deve molto alla benevolenza dei britannici, che calmano l’ostilità degli austriaci
verso il giovane Stato che, secondo loro, accoglie troppi rifugiati politici.
Nel XX secolo le due guerre
che infiammano il continente
hanno un impatto decisivo sulla nostra evoluzione politica ed
economica. Dopo il 1945, alla
tradizionale influenza diretta
dei nostri vicini, si aggiunge
quella degli Stati Uniti, vincitori
del conflitto. Una tutela a volte
ben accetta, a volte fonte di irritazione.
Chi può negare che l’ampiezza
della nostra piazza bancaria
deve tutto alla magnanimità
americana di allora, così come
alla recente franca ostilità statunitense? Siamo sovrani, sembra, ma non abbiamo saputo, o
voluto, resistere alle pressioni
americane! E verso i colpi arricati dagli Usa, le potenze europee - ormai unite tra di loro - si
sono mostrate finora comprensive e pragmatiche. Lo scrutinio del 9 febbraio ha spaccato
in due il Paese. Resta da capire
quale delle due parti gli europei
vorranno prendere in considerazione e privilegiare nella loro
ricerca di una soluzione; la
maggioranza o la minoranza di
quasi uguale peso? La Svizzera
mitologica del 1291, che si sente meglio nel suo ridotto, o
quella liberale del 1848, che
non teme di frequentare il
“gran Mondo” e di affrontare i
venti al largo?
IL CAFFÈ
23 febbraio 2014
economia
Keystone
DIPENDENZA ALLA MANODOPERA STRANIERA
Fonte: Ufficio federale di statistica/Microgis
Le tasse si pagano soprattutto dove si abita
Gli accordi sull’imposizione dei pendolari del lavoro francesi, germanici e spagnoli
IL PONTE DI COMANDO
Una immagine della sede
della Commissione europea a Bruxelles
Il caso
La prima intesa fiscale
per Saar, Lorena,
Lussemburgo, Renania
e Palatinato
è stata siglata nel 1959
50 -
Che sono parecchi. Per esempio
quelli piuttosto corposi siglati tra
Francia e Germania stabiliscono
che l’imposizione è nel Paese d’origine del lavoratore, se occupazione
e residenza sono nella zona frontaliera, altrimenti si passa all’imposizione alla fonte. E qui è collegata
un’altra regola che parla di imputazione dell’imposta francese sull’imposta tedesca quando il reddito
frontaliero è tassato alla fonte. La
35 30 -
2002
2003
2004
2005
zona frontaliera, si precisa, è di 20
chilometri per la residenza in ambedue gli Stati, ma di 30
per i francesi che lavorano in Germania. Anche
nell’accordo tra Parigi e
Madrid la soluzione è la
stessa: “I lavoratori frontalieri non posso essere
soggetti d’imposta altrove che nello Stato di
residenza”. Ma anche in
questo caso si spiega
che la regola vale se il
luogo di lavoro e la residenza si situano nella
zona frontaliera di 10
chilometri.
Diverso ancora e più generici i confini nel “patto” firmato tra Italia e
Austria, dove sì si parla sempre in linea generale - ancora di imposizione nello Stato di residenza, ma si aggiunge
“se residenza e occupazione sono
in prossimità della frontiera”. E non
viene definita alcuna zona di frontiera. Più chiaro l’accordo tra Germania e Austria: ancora in via generale si dice che le tasse si pagano
nello Stato di residenza, a condizione che casa e ufficio o fabbrica siano situati nella zona di frontiera di
30 chilometri su entrambi i lati del
confine. Altrimenti l’imposizione
passa al luogo di lavoro.
Valori superiori al 22.8%, cioè alla media percentuale
degli stranieri residenti sul territorio nazionale
primario
secondario terziario
ZH
19%
29.7%
24%
BE
6.7%
16.6%
13%
LU
7.2%
22.4%
15.3%
UR
0%
12%
7.9%
SZ
4.8%
20.5%
17.4%
OW
3.1%
15.1%
13.5%
NW
0%
11.7%
12.1%
GL
9.8%
30.2%
18.3%
ZG
10%
31.2%
23.1%
FR
8.3%
30.5%
15.9%
SO
13.3%
24%
16.7%
BS
20.7%
49.2%
34%
BL
19%
25.8%
18.9%
SH
3%
35%
21.7%
AR
8.4%
20.9%
13.8%
AI
5.8%
20%
10.8%
SG
10.8%
30.2%
17.7%
GR
8%
20.1%
18.6%
AG
12.4%
29.3%
19.3%
TG
12.1%
30.6%
19.6%
TI
24.7%
36%
25%
VD
22.1%
39%
31%
VS
25.1%
26.8%
20.1%
NE
7%
35.5%
21.4%
GE
29.4%
47.2%
37%
JU
2.5%
21.4%
10.7%
CH
12.5%
27.9%
21.4%
veva sfiorato l’unanimità in Gran Consiglio la proposta udc di aumentare l’imposizione fiscale dei frontalieri. Una richiesta avanzata dai democentristi prima del voto
contro l’immigrazione di massa del 9 febbraio
scorso, quale possibile soluzione per raffreddare la crescente pressione del frontalierato, rimettere in discussione gli accordi bilaterali del 1974
con l’Italia ed eliminare gli indubbi vantaggi fiscali che godono i lavoratori d’oltre confine residenti entro la fascia di 20 chilometri. E tra gli effetti indotti anche una minore pressione sui salari nel mercato del lavoro ticinese, una più equa
ripartizione dei tributi tra Svizzera e Italia, più
posti di lavoro per gli svizzeri. Ma dimezzare i
frontalieri, ridurli, magari, ai livelli del 2004
(35mila circa), grazie alla futura introduzione
dei contingenti, quali conseguenze avrebbe sulle casse dello Stato?
“Non è facile formulare ipotesi perché si dovrebbe tenere conto di scenari diversi”, spiega
Samuele Vorpe, del Centro competenze tributarie della Supsi: “Ipotizzando un dimezzamento
della quota dei frontalieri, occorre chiedersi chi
andrà a colmare i 30mila posti di lavoro vacanti”.
Se questi posti fossero occupati da residenti, se il
mercato del lavoro ticinese fosse realmente in
grado di coprirli, “…allora il gettito fiscale dovrebbe restare invariato, o meglio, dovrebbe diminuire il gettito fiscale di imposta alla fonte e
aumentare quello ordinario”. Se, invece, i 30mila
posti di lavoro sinora occupati da frontalieri non
venissero presi da altre persone, la forza lavoro
diminuirebbe di pari unità e “il gettito fiscale
dell’imposta alla fonte dovrebbe ridursi: all’incirca della metà. Presumo che la perdita di
30mila posti di lavoro significhi contestualmente il trasferimento o la chiusura di imprese operative nel Ticino, con conseguente riduzione del
gettito fiscale delle persone giuridiche”. Molti
meno soldi allo Stato, insomma.
L’Udc obietta, però, che una maggiore pressione
fiscale sui frontalieri rimanenti compenserebbe
2006
2007
2008
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2012
LE NUOVE IMPRESE, Ticino
LORETTA
NAPOLEONI
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786
782
815
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Samuele Vorpe
“La perdita di posti di lavoro
significa il trasferimento o la
chiusura di aziende che sono
operative inTicino”
Angelo Rossi
“Un dimezzamento non
sarebbe augurabile ai fini
dell’efficienza del sistema
economico e produttivo”
Angelo Geninazzi
“La Svizzera, con gli accordi
bilaterali, ha approfittato
enormemente della libera
circolazione delle persone”
i mancati introiti. Argomento tecnicamente
confutato dall’esperto della Supsi: “I frontalieri
sono oggi tassati con le aliquote svizzere che
sono pure applicabili ai residenti, tenuto conto
di alcune deduzioni, già comprese nelle stesse
aliquote. È il diritto federale superiore ad imporre ai Cantoni questo metodo di tassazione dei
frontalieri. Per cui, se il Ticino aumentasse il carico fiscale sui restanti 30mila frontalieri, lo dovrebbe fare parimenti sui suoi domiciliati, anche perché le aliquote di riferimento sono le
medesime”. Un boomerang.
Un aumento della pressione fiscale sulle persone fisiche nuocerebbe, difatti, alla competitività
fiscale rispetto agli altri Cantoni, già critica, minando l’attrattività per i benestanti stranieri intenzionati a stabilirsi in Ticino o che già vi risie-
dono. Chissà cosa ne pensano banche e fiduciarie… Tra i vari effetti negativi, ai quali finora nessuno ha dato una risposta convincente, ci sono
quindi: la diminuzione complessiva del gettito
fiscale; l’impossibilità oggettiva di ricoprire anche solo la metà dei posti di lavoro mancanti
con residenti in Ticino (poco più di 8000 i disoccupati registrati nell’ultimo rilevamento) - ammesso che questi fossero disponibili alle mansioni richieste dalle imprese ticinesi -; il rischio
che aziende a capitale straniero o anche svizzero non trovino più conveniente restare in Ticino,
perché verrebbe a mancare la flessibilità che il
frontalierato ha garantito fino ad oggi, sia in termini di salari che di assunzioni.
C’è poi una incognita statistica mai chiarita e
che l’economista Angelo Rossi ripropone da
tempo: “La statistica dei frontalieri non specifica
quanti sono i lavoratori a tempo parziale. La mia
ipotesi è che il part-time sia attorno al 40% dei
circa 60.000 frontalieri censiti. Nei residenti la
quota dei lavoratori a tempo parziale è superiore al 25 e inferiore al 30%, dunque circa 20.000
persone che lavorano a tempo parziale rappresentano una quota di lavoro pari al 60% del totale. Ciò corrisponde a 12.000 posti di lavoro a
tempo pieno”.
Insomma, un dimezzamento dei frontalieri non
sarebbe augurabile ai fini dell’efficienza del sistema economico e produttivo. Ma ora ci sarà
soprattutto da vedere come verranno gestiti
questi rischi alla luce dell’introduzione del nuovo sistema dei contingenti. Un’ incertezza resa
ancora più pesante per il mondo economico
dalle tensioni create dal voto del 9 febbraio con
l’Ue e dal pericolo di dover rinegoziare gli accordi bilaterali con risicati margini di trattativa.
“Non va dimenticato - avverte Angelo Geninazzi, responsabile per il Ticino di economiesuisse che grazie a questi accordi con l’Europa, la Svizzera ha approfittato sino ad oggi enormemente
della libera circolazione delle persone”.
[email protected]
4contingentipossibili
Per settore d’attività
Secondo il “peso” dei Cantoni
Con il sistema globale
Attraverso una Borsa
“Per gli industriali “Ma la perequazione “Contro la burocrazia “Per gli economisti
nessuna rivoluzione” non è il metro ideale” con qualsiasi mezzo” è più efficace l’asta”
L’
idea di suddividere i contingenti in modo “politico” secondo i settori d’attività non
disturba le aspettative degli industriali. “Il numero di lavoratori
frontalieri nell’industria ticinese è
stabile dal 1980 - osserva Stefano
Modenini, direttore dell’Aiti -. Allora erano in totale 15mila, oggi sia-
1
mo passati a circa 17mila. Non
sono in vista rivoluzioni, insomma,
a patto che si riconosca all’industria il valore economico e che,
quindi, si garantiscano questi contingenti”. Una posizione confermata anche da banche, Camera di
commercio, impresari costruttori
ed economia fondiaria, che invitano a partire dal presupposto di un
contingente cantonale da sottoporre a Berna. “Si tagli semmai in settori economici meno redditizi”,
suggerisce Modenini.
L’
ipotesi di lavoro che vorrebbe il peso economico dei
cantoni, calcolato secondo
la partecipazione alla perequazione intercantonale, quale discriminante per l’assegnazione dei contingenti non piace a Luca Albertoni,
direttore della Camera di commercio. “Si andrebbe nella direzione di
2
penalizzare chi ha votato sì all’iniziativa udc - spiega -. Ma bisogna
stare attenti, perché la perequazione non dice tutto sulle esigenze
economiche reali delle diverse regioni. Si tratta di un calcolo complesso, che tiene conto di molti fattori. Meglio che i cantoni esprimano una loro necessità motivata,
piuttosto che procedere ad attribuzioni automatiche. Sono comunque valutazioni da fare con una
certa prudenza, procedendo con
calma e in modo ordinato”.
P
er evitare “storture”, soprattutto nei confronti dei piccoli
attori economici - come ad
esempio gli agricoltori - alle prime
due proposte di assegnazione dei
contingenti se ne aggiunge una
terza, ossia partire da un contingente globale, garantendo però
alle piccole aziende il diritto di ri-
3
corso. “Per Economiesuisse l’importante è trovare il sistema meno
burocratico possibile - precisa Angelo Gianinazzi, responsabile per
il Ticino dell’associazione -. Anche
se è ancora prematuro parlare del
problema nel dettaglio, il sistema
dei contingenti globali è già in vigore nei confronti degli Stati terzi.
Per avere un indiano in azienda,
per intenderci, serve un permesso
diverso rispetto ad un europeo. Il
problema dei contingenti resta
però sempre la burocrazia”.
A
ttribuire i contingenti attraverso un’asta potrebbe sembrare quasi anacronistico, ma
in realtà questa è la soluzione prediletta per alcuni economisti. “Per
un’azienda, essere sicura di avere a
disposizione la manodopera di cui
ha bisogno è essenziale - nota Marco Salvi di Avenir Suisse -. Su quale
4
base, allora, escludere questo o
quel settore? La risposta degli economisti è chiara: sulla base del
prezzo”. All’osservazione sul rischio
di una situazione in cui chi più
paga, più riceve, Salvi replica: “Le
grandi aziende hanno piani molto
chiari sulle loro esigenze e quindi
basterebbe mantenere l’attenzione
anche sui bisogni delle piccole e
medie imprese riservando loro un
certo numero di lavoratori del contingente e metterli all’asta”.
ipro
ipro
ipro
ipro
icontro
icontro
icontro
icontro
Rispetta direttamente il voto popolare e
conserva un ruolo importante per la politica
nell’attribuzione delle quote
La decisione politica su quali settori
sacrificare può portare a penalizzare le
piccole e medie imprese
La Svizzera
non si dia
una zappata
sui piedi
Fonte: Ustat
A
daBruxelles
le tasse nello Stato di residenza,
quello d’origine. Ma a questa disposizione si sono aggiunge una
serie di postille, con variabili dettate dai chilometri - si va 10 a 30 - di
distanza tra luogo di residenza e di
lavoro. In alcuni casi, inoltre, è prevista per lo Stato che risulta svantaggiato nel gettito una compensazione trasfrontaliera.
Uno studio dell’Ue mostra nel particolare i singoli accordi tra Paesi.
D’AGOSTINO A PAGINA 29
GIORGIO CARRION
da nessuna parte. Se venissero a mancare o fossero insufficienti questi lavoratori che hanno contribuito non poco al
successo dell’economia nazionale e cantonale, sarebbero
guai. Meno frontalieri può significare anche meno imprese e
certamente meno imposte, quindi meno entrate fiscali per il
Ticino. Guai seri, dunque. Ma ci sono altre incognite del rebus che vanno considerate: i ristorni del Cantone allo Stato
italiano, i criteri di calcolo delle imposte che si vorrebbero
aumentare e la revisione del trattato con Roma. Problemi fiscali che l’Unione europea (vedi articolo sotto) ha provato a
regolare negli accordi bilaterali fra Stati attraverso una normativa piuttosto articolata. Intanto, in Svizzera ci si interroga
su come definire l’entità dei contingenti e sull’assegnazione
ai cantoni e ai singoli settori economici. Anche qui bisognerà
trovare il giusto equilibrio tra interessi regionali ed economici molto diversi. Una sfida non da poco.
S
A PAGINA 37
13
55 -
“Meno frontalieri?
Meno imprese
e meno imposte”
Il nervo scoperto della manodopera straniera,
dalla pressione contributiva al taglio dei permessi
ono circa 120mila i lavoratori
che ogni giorno si spostano
nella regione europea compresa tra Saar-Lorena-Lussemburgo-Renania-Palatinato, cioè tra
Francia, Germania e Lussemburgo.
È una delle zone di confine dove si
intreccia il passaggio del maggior
numero di transfrontalieri e dove si
intreccia una normativa europea
modificata negli anni e che presenta tante sfaccettature. Ma è qui che
nel 1959 fu siglato il primo accordo
bilaterale tra Parigi e Bonn per regolare i diritti e i doveri fiscali di
questi pendolari un po’ speciali.
Dall’altro lato della Francia lo
scambio è con la Spagna, e riguarda solo alcune migliaia di lavoratori, ma anche qui c’è un accordo bilaterale, arrivato dopo la fine della
dittatura franchista e il consolidamento dei primi scambi di lavoratori, nel 1995.
A regolare questo regime tributario
non è tuttavia l’Unione europea.
Ma gli Stati che restano sovrani sul
regime fiscale. Ed è questo il nodo
che ha creato complicazioni e nel
1992 ha fatto bocciare una proposta sull’armonizzazione della tassazione dei redditi presentata invocando il principio Ue della “non discriminazione”. Il risultato è che in
linea generale i frontalieri pagano
Il lessico ostile
della politica
Una drastica diminuzione dei lavoratori italiani
rischierebbe di ridurre di molto le entrate per l’erario
Fisco, immigrazione
nuovi contingenti...
è il rebus del confine
LORENZO ROBUSTELLI
da Bruxelles
E il leader udc
angoscia Parigi
40 -
Dilemma frontalieri
N
laparola
45 -
IL DOPO VOTO
ecessari. Però poco graditi. I 60 mila frontalieri
in Ticino sono il segno di un’economia che viaggia con una marcia in più o solo il segnale di un
disagio, dell’effetto sostituzione della manodopera residente? I giudizi dividono, come ha diviso la Svizzera, spaccandola a metà, l’iniziativa dell’Udc per
fermare l’immigrazione di massa. E il risultato delle urne ha
lasciato in sospeso la domanda. Anzi, si sono aperte una fase
critica nei rapporti con l’Ue e una situazione d’incertezza per
gli ambienti economici, perché con l’introduzione dei contingenti bisognerà trovare un non facile equilibrio che da
una parte non indebolisca l’economia e quella dinamicità acquisita negli anni, e dall’altra rispetti il voto popolare. Un vero
e proprio rebus. Certo è che senza i frontalieri, indispensabili
negli ospedali come nelle case per anziani, nei commerci come nelle industrie, nel turismo come nell’edilizia, non si va
I FRONTALIERI, in migliana, Ticino
travirgolette
Tiene ai margini delle decisioni il mondo
economico, cercando di evitare uno scontro
nell’accaparrarsi i contingenti
Accentua le divisioni regionali, perché quale
chiave di riparto verrebbe considerata la
perequazione finanziaria, che è complessa
È il sistema verosimilmente meno
burocratico in assoluto ed evita problemi di
eccessi regionali o di categoria
La necessità di un diritto di ricorso rischia di
rendere complessa una procedura globale di
assegnazione dei contingenti
Risolverebbe il problema dell’efficienza,
garantendo alle aziende che hanno un vero
bisogno i contingenti necessari (pagando)
Restano interrogativi sull’efficacia anche per
le piccole e medie aziende e sulla necessità
di regole molto chiare
Dopo il no all’immigrazione,
la Svizzera è diventata la
bandiera dei partiti nazionalisti europei. Dalla francese
Marie Le Pen all’olandese
Geert Wilders, all’inglese Nigel Farage, la destra anti europeista esulta all’idea che
un simile risultato potrebbe
essere raggiunto in casa loro.
Si tratta di atteggiamenti che
abbiamo già visto in un contesto ben diverso da quello
attuale, non dimentichiamoci che la xenofobia appartiene a quell’Europa razzista che nella sua follia segregazionista ha portato
guerra e distruzione all’intero continente. Allora, come
oggi, la Svizzera è sempre
un’isola felice.
Le cifre parlano chiaro, dal
2010, da quando la crisi del
debito sovrano si è abbattuta
sull’Unione europea, l’immigrazione verso la Svizzera
è aumentata vertiginosamente dai Paesi più colpiti:
Grecia + 44,8 per cento, Spagna +36,2 per cento, Italia +
28,1 per cento. Questo è un
problema europeo
che molti confondono per un problema svizzero.
La retorica anti
immigrato, infatti, ci vuole far
credere che
avere un
quarto della
popolazione composto da stranieri sia un pericolo per un semplice motivo: costoro sottraggono il lavoro ai cittadini svizzeri.
Questo è il mantra usato pure da Le Penn, da Wilders e
da Farage: cacciamo gli stranieri e la disoccupazione
scenderà. Ma l’economia
svizzera è ben diversa da
quella francese, olandese e
britannica, non soffre a causa di una crisi cronica che ha
portato la disoccupazione a
livelli da dopoguerra. Al
contrario utilizza l’ampio
bacino di manodopera straniera per continuare ad essere un’isola felice nell’oceano in tempesta europeo. Soltanto nel settore edilizio tra
il 55 ed il 60 per cento degli
operai sono stranieri, anche
nell’industria e nell’agricoltura il Paese fa largo uso di
stranieri. L’indice di natalità
è infatti troppo basso per sostenere la crescita economica e la riprova è proprio il
tassso di disoccupazione, il
più basso in Europa.
Il grosso numero di immigrati è un segno di benessere, il traffico ed anche lo
smog causato dalle vetture
dei frontalieri sono le conseguenze negative di un’economia che cresce. Per alleviarle si possono trovare soluzioni migliori delle quote
all’immigrazione, queste decisioni spesso diventano dei
boomerang perché chiudono le frontiere non solo al lavoro, ma anche al business.
La Svizzera non è gli Stati
Uniti, è una nazione piccola
che vive di esportazione, turismo e servizi, inimicarsi
l’Europa, il suo partner commerciale per antonomasia, è
darsi la cosiddetta zappa sui
piedi.
Ti-Press
Anche il Chiasso cade
sotto i colpi di Rossini
La pallavolo Lugano
non conosce la sconfitta
Una settimana dopo aver sconfitto il
Locarno con un suo gol, il ticinese
dello Sciaffusa Patrick Rossini si è
ripetuto contro il Chiasso di Zambrotta,
decidendo all’86’ una sfida fino ad
allora sull’1-1 (Frontino e Ciarrocchi).
Impegnati nella difficile trasferta sul
campo del Luc Losanna nel girone
finale del campionato svizzero di
volley, i Dragoni della pallavolo Lugano
hanno centrato un nuovo, chiaro,
successo per 3-0, rimanendo leader.
Ti-Press
losport
IN
TELE
VISIONE
domenica 23 febbraio
mercoledì 26 febbraio
dalle 7.50 alle 16.50 LA2
20.20 LA2
Olimpiadi Sochi
Calcio: Galatasaray-Chelsea
Admir Mehmedi in rete,
ma il suo Freiburg perde
Nei test della Formula 1
brilla già la Mercedes
Con Guintoli in superpole
via al Mondiale Superbike
domenica 23 febbraio
giovedì 27 febbraio
16.50 LA2
18.55 LA2
Cerimonia di Chiusura Olimpiadi Calcio: Basilea-Maccabi Tel Aviv
A nulla è valsa la rete dell’attaccante
elvetico Admir Mehmedi per il Freiburg
in Bundesliga. La formazione del
rossocrociato è infatti uscita sconfitta
per 4-2 in casa con l’Augsburg e resta
così al penultimo posto in classifica.
L’ultimo giorno della sessione di test
della Formula1 in Bahrein in vista del
via al Mondiale in Australia il 16 marzo
ha visto la Mercedes di Nico Rosberg
staccare nettamente il miglior tempo
davanti a McLaren e Ferrari.
È scattato nella notte in Australia il
campionato del Mondo della Superbike,
con la prima superpole della stagione al
31enne francese Sylvain Guintoli su
Aprilia, davanti a Giugliano su Ducati e alla
seconda Aprilia, quella di Marco Melandri.
martedì 25 febbraio
20.20 LA2
Calcio: Olympiacos-Man. United
venerdì 28 febbraio
20.00 LA2
Hockey: Ambrì-Lugano
Il fenomeno
Domenica
23 febbraio 2014
www.caffe.ch
[email protected]
Q @caffe_domenica
il-Caffè
VIC WILD DA DOMINATORE
VINCE L’ORO NELLO SLALOM
L’americano naturalizzato
russo ha bissato il successo
del gigante, dominando
anche lo slalom parallelo
nello snowboard. Eliminati
presto tutti gli svizzeri
Se l’esultanza
degli sportivi
diventa icona
A PAGINA 27
15
La Finlandia surclassa gli Usa
con Rask e Selanne superlativi
Con un eloquente 5-0 agli scandinavi va un meritato bronzo
edizione
placcata
oro
d’
Nel bilancio della delegazione rossocrociata
i grandi trionfi prevalgono su alcune delusioni
ULTIMO SFORZO PER COLOGNA
Nella 50km che chiude i Giochi,
Dario Cologna cerca la sua
terza medaglia d’oro, ma gli
avversari saranno molti, dagli
svedesi ai russi
Reuters
BEAT HEFTI IN DIFFICOLTÀ
Partito con un numero alto,
l’elvetico del bob a 4 soffre
l’umidità crescente della pista
Iprotagonisti
deiGiochi
nile, anche se le donne sono
giunte quarte, giocando però
molto male) e della nazionale
maschile di hockey. Con la squadra di Simpson che arrivava in
Russia con al collo l’argento mondiale, ma sul ghiaccio olimpico
incapace di portare la stessa convinzione di Stoccolma.
Certamente la fortuna non ha assistito le squadre di ski cross, che
a Sochi arrivavano da grandi protagoniste sia tra le donne, sia tra
gli uomini. Al forfait dell’ultimo
momento del campione uscente
Mike Schmid, ha fatto seguito
In attesa della 50 km
nel fondo, nessuna
medaglia nello slalom
in snowboard, nel bob
poche le speranze
una botta in allenamento per il favorito Alex Fiva, poi falciato nelle
batterie. Stessa sorte per le ragazze, con Fanny Smith e Katrin Müller a commettere errori evitabili.
Esattamente come quelli nello sci
alpino. Di Lara Gut in Super G,
MASSIMO SCHIRA
MAZE
Con due ori al
collo, la slovena
allenata da
Mauro Pini è la
regina dello sci
COLOGNA
Quando è in
forma è davvero
inarrestabile e
può puntare al
suo terzo oro
DOMRACHEVA
Inarrestabile nel
fondo e precisa
nel tiro. Il biathlon
femminile è tutto
ai suoi piedi
VICTOR AN
Il pattinatore di
velocità passato
alla Russia vince
tre ori e un
bronzo a Sochi
M. FOURCADE
Il francese
emula la
bielorussa nel
biathlon e vince
come pochi
STOCH
Il polacco è il re
sui trampolini e
prende il posto
di Ammann con
due vittorie
SE MANCANO EMOZIONI ED ENERGIA
O
ltre a tecnica, tattica e condizione atletica, l’hockey su
ghiaccio è uno di quegli sport che richiede altre due
componenti: energia ed emozioni. E se i primi tre elementi sono indiscutibilmente presenti nella nazionale svizzera
maschile, lo schiaffo olimpico di Sochi ha dimostrato che sulle
altre due qualità c’è grosso margine di miglioramento. Perché
l’hockey è uno sport che impone di “sporcarsi le mani” e se giochi le partite in modo troppo “aristocratico”, perdi. Anche contro formazioni che, sulla carta, magari ti sono inferiori, seppur
di poco come la Lettonia. Su una cosa Sean Simpson ha ragione
nella sua analisi del deludente esito del torneo a cinque cerchi:
il livello era ben diverso rispetto a Stoccolma. D’altro canto, dovrebbe aggiungere Simpson, la cattiveria agonistica della Svizzera è stata nettamente inferiore rispetto a quella messa in pista
in occasione dello storico argento mondiale. Per evitare di sprecare il prezioso “capitale” accumulato da questo gruppo di ottimi giocatori, per il movimento rossocrociato è urgente riuscire
a tornare ad occupare il proprio ruolo nell’hockey internazionale. Quello di “underdog”. Come successo alle donne.
mentre nel gigante la ticinese ha
trovato la “strada” un po’ troppo
tardi. Si rifarà, come le giovani
slalomiste. Si è poi conclusa senza acuti, ma un po’ c’era da aspettarselo, anche l’avventura olimpica di Simon Ammann, con il
quattro volte medaglia d’oro nel
salto con gli sci lontano dai migliori.
Intanto ieri, sabato, non sono arrivate buone notizie dallo slalom
parallelo nello snowboard, dove i
medagliati del gigante, Patrizia
Kummer - scelta anche come
portabandiera alla cerimonia di
chiusura di quest’oggi - e Nevin
Galmarini, non sono riusciti a salire sul podio, uscendo prematuramente dai giochi in una prova
che ha visto trionfare il russo Vic
Wild al maschile (come già nel gigante) e l’austriaca Julia Dujmovits al femminile.
L’ultimo giorno delle Olimpiadi,
oltre che sulla finale dell’hockey e
sulle due manche conclusive del
bob a 4 maschile, punta i riflettori
sulla 50km di fondo degli uomini.
Gara che rischia di essere molto
interessante per la Svizzera, che
può chiudere in bellezza con Dario Cologna. Il grigionese parte
senza pressione alcuna. Vada
come vada, Super Dario le sue
Olimpiadi le ha già vinte. Più difficile dopo le prime manche di ieri,
l’assalto di Beat Hefti ad una medaglia nel “quattro”. Missione difficile visto l’ottavo posto dopo due
discese, ma i distacchi sono recuperabili.
[email protected]
Q@MassimoSchira
rete che ha spezzato le gambe
agli Stati Uniti che, incassata una
nuova penalità, ha subito la
quinta segnatura, ad opera di
Olli Maatta, che ha chiuso il
match.
m.m.
della speranza ma, a causa di
una penalità comminata a Kane,
la Finlandia ha chiuso definitivamente il discorso legato alla
medaglia di bronzo, trovando il
3-0 con Juuso Hietanen. Una
Lafinale
La Svezia
prova a ripetere
Lillehammer
LA “FIRMA” DEL CAMPIONE
Con la sua personale doppietta il 43enne
giocatore di Anaheim ha steso gli Usa e
regalato alla Finlandia la medaglia di
bronzo olimpica nell’hockey su ghiaccio
La Svezia prova a ripetere l’impresa compiuta nelle Olimpiadi del
1994 a Lillehammer. In quell’edizione, gli scandinavi batterono nella finale di hockey proprio i canadesi per 3-2. I campioni in carica
della foglia d’acero, dopo la tiratissima semifinale vinta contro gli
Stati Uniti per 1-0, cercano di bissare il successo ottenuto quattro
anni fa a nelle Olimpiadi di casa a
Vancouver. Una partita che vede,
oggi, domenica (ore 13.00), i canadesi che partono con il favore del
pronostico, anche se la i campioni
del Mondo in carica della Svezia
cercheranno di contenere le folate
offensive di Matt Duchene e compagni, per colpire in contropiede.
Molto importante il ruolo degli
estremi difensori, con la sfida tra
Henrik Lundqvist e Carey Price che
sono finora stati le vere punte di
diamante delle due compagini finaliste. Un atto conclusivo infarcito
di stelle nordamericane, per concludere in bellezza le Olimpiadi di
Sochi. L’unica speranza è quella
che fra quattro anni, patron Gary
Battmann conceda il permesso ai
giocatori Nhl di partecipare in Corea. I giocatori vogliono comunque
essere presenti.
Sesto oro in carriera per Bjoergen, ottima nona Boner
Mario Matt vince ed entra nella storia Tripletta irmata Norvegia
Il 34enne austriaco diventa il più vecchio ad imporsi in uno slalom olimpico nella 30 km al femminile
ne rossocrociata non ci si aspettava un grande risultato nella
prova di slalom.
Ed in effetti
l’unico a salvarsi tra i
MASSIMO MORO
Mario Matt vince lo speciale delle Olimpiadi ed entra nella storia. Un successo, quello ottenuto, ieri, sabato, che permette all’austriaco a trentaquattro anni e dieci mesi di
diventare il più vecchio vincitore di uno slalom in una
competizione olimpica. Un
vero trionfo per l’Austria che
ha piazzato al secondo posto
Marcel Hirscher che è riuscito a
realizzare una rimonta impressionante, scalando ben sette posizioni. Ad aiutarlo in questa impresa ci ha messo lo zampino soprattutto “papà” Ante Kostelic
che ha tracciato una seconda
manche a dir poco assurda. A
farne le spese sono stati ben cinque degli ultimi otto atleti, permettendo così anche al norvegese Henrik Kristoffersen un recupero importante, che ha portato
il diciannovenne sul terzo gradino del podio.
Per quanto riguarda la compagi-
paletti della prima manche è stato Daniel Yule che ha concluso in
dodicesima posizione. Per gli altri non c’è invece stato nulla di
fare con Luca Aerni che non ha
concluso, mentre Justin Murisier
DANIEL YULE E MARIO MATT
Il vallesano è stato l’uncio svizzero ad
entrare nella seconda manche,
termiinando in diciasettesima posizione.
In basso, il vincitore, Mario Matt
Reuters
“Alle Olimpiadi conta quello che
si ha, non quello che si sarebbe
potuto avere”. Parola di Bernhard
Russi, uno che di Giochi se ne intende. La delegazione Svizzera,
insomma, delle sue prestazioni
alla ventiduesima edizione dei
Giochi invernali può essere più
che soddisfatta già alla vigilia
dell’ultima giornata. E digerire
anche qualche delusione, senza
cui il bilancio olimpico sarebbe
addirittura straordinario. Anche
se, tutto sommato, fortuna e sfortuna hanno presentato un conto
“neutro” agli atleti elvetici.
Raggiunto e superato l’obiettivo
delle 10 medaglie fissato dal capo
delegazione, Gian Gilli, va detto
che a placcare d’oro il medagliere
elvetico vi sono i sei brillanti titoli
olimpici conquistati. Da quelli attesi di Cologna, Kummer e Podlatchikov a quello sorprendente
di Sandro Viletta, passando per
quello strameritato di Dominique
Gisin nella libera femminile. A
rendere soddisfacente il bilancio,
anche gli argenti di Galmarini
nello snowboard, dell’ottima Selina Gasparin nel biathlon ed Hefti
nel bob a due. Oltre al bronzo di
Lara Gut in discesa e a quello “che
vale oro” della nazionale femminile nel torneo di hockey. La Svizzera, insomma, a Sochi è stata
protagonista.
Nonostante qualche “muso lungo”. Causato innanzitutto dalle
prestazioni deludenti delle squadre di curling (maschile e femmi-
Reuters
MASSIMO SCHIRA
mano le redini dell’incontro non
riuscendo però a superare un
Rask a dir poco superlativo.
Messi con le spalle al muro, gli
statunitensi hanno cominciato il
terzo periodo cercando la rete
Reuters
Un’
La Finlandia ha conquistato la
medaglia di bronzo nel torneo
olimpico di hockey, battendo
nettamente gli Stati Uniti per 50. Un vero smacco quello subito
dagli americani che, dopo l’argento ottenuto a Vancouver, tornano a casa con la medaglia di
legno. Un torneo da considerare,
invece, molto positivo quello
messo a segno dagli scandinavi
che, dopo aver “giustiziato” la
Russia, hanno meritato di mettersi al collo il bronzo.
Un inizio di match molto equilibrato quello che è andato in scena, ieri, sabato, tra gli scandinavi
e gli statunitensi. Ne è la prova il
fatto che nelle penalità comminate nel primo periodo, Finlandia e Usa non sono riuscite ad
andare a segno. La più ghiotta
occasione l’ha comunque avuta
la squadra americana che, su
una strana irregolarità con un
bastone vagante, ha avuto la
possibilità di sbloccare in punteggio beneficiando di un rigore.
A provarci è stato Patrick Kane
che davanti a Tuukka Rask non è
riuscito trasformare, spedendolo a lato.
Il secondo tempo è partito a mille per la Finlandia che, dopo
aver superato indenne un’inferiorità numerica, ha trovato il
vantaggio con l’esperto Teemu
Selanne. Una rete che ha letteralmente messo le ali al team
scandinavo, che, nello spazio di
soli dodici secondi, ha raddoppiato con Jussi Jokinen, che non
ha lasciato scampo a Jonathan
Quick. Gli Stati Uniti hanno tentato di reagire e sono riusciti a
trovare un altro rigore. A presentarsi è stato ancora Kane che
questa volta è stato a dir poco
sfortunato ed ha visto il suo potente tiro stamparsi all’incrocio
dei pali. Da questo episodio in
poi gli americani hanno preso in
e Ramon Zenhäusern non hanno ottenuto un tempo valido per
qualificarsi sul secondo tracciato.
Nella seconda manche l’elvetico
si è poi trovato in grossa difficoltà
chiudendo la prova in diciassettesima posizione. “Non sono per
nulla contento di come ho sciato
sul secondo tracciato - ha dichiarato Yule -. Tengo comunque a
sottolineare che la gara è stata
tracciata in modo troppo difficile
e questo è un vero peccato, soprattutto per gli spettatori”. La
delegazione elvetica ha dato la
possibilità al giovane quartetto
rossocrociato di provare l’ebrezza olimpica. Una decisione che
potrebbe regalare, nel futuro
prossimo, risultati e soddisfazioni anche nello speciale.
Nella staffetta maschile del biathlon, infine, la vittoria è andata
alla compagine russa, davanti
alla Germania e l’Austria, mentre
la Svizzera ha terminato in quattordicesima posizione.
[email protected]
È stato un dominio assoluto
quello mostrato ieri, sabato, dalla squadra norvegese femminile
di sci di fondo nella 30km con
partenza in massa che ha chiuso
il programma olimpico delle
donne. E a scrivere a lettere
d’oro una nuova
pagina di storia
è stata la grande
signora della disciplina, Marit
Bjoergen, che si
è messa al collo
il sesto oro della
sua straordinaria carriera, il
terzo a questa
edizione
dei
Giochi. Ma per
centrare l’obiettivo, Bjoergen ha Reuters
dovuto lottare, perché a contenderle il successo sul filo di lana è
stata la connazionale Therese
Johaug, che ha finalmente trovato la sciata giusta alle Olimpiadi
dopo qualche difficoltà, chiu-
dendo a 2 secondi e sei decimi
dalla vincitrice. Terza a completare la tripletta firmata Norvegia,
Kristin Störmer Steira, staccata
però già di oltre 20 secondi dal
duo di testa. Tutte le altre, a partire dalla finlandese Niskanen,
hanno concluso
la prova oltre un
minuto dopo.
Ottimo, per contro, il risultato
della grigionese
Seraina Boner,
che si è dimostrata particolarmente a suo
agio sull’esigente
percorso
olimpico.
La
rossocrociata ha
sfiorato il diploma, visto che ha concluso la sua
prova al nono posto dopo una
gara sempre a contatto con il
gruppo che comprendeva anche
le atlete a ridosso dei piazzamenti “nobili”.
m.s.
IL CAFFÈ
23 febbraio 2014
LASOCIETÀ
ILBENESSERE
ILSESSO
SULL’ALBERO
GENEALOGICO
CI POSSIAMO
SALIRE TUTTI
PIÙ PESANTI
E PIÙ PIGRI
CRESCONO
I PAESI CICCIONI
IN QUELL’ESERCITO
DI “NO SEX”
TEMO DI ESSERCI
DA UN PO’ PURE IO
A PAGINA 23
A PAGINA 21
ROSSI A PAGINA 26
tra
parentesi
PAUSA CAFFÈ
COSTUME | SAPORI | MOTORI | SPORT| SALUTE | TENDENZE
Si è ribaltato
il ruolo tra noi
e i nostri animali
domestici.
Da “strumenti”
di lavoro
ad amici
e confidenti,
per alcuni
anche padroni
di casa. Mentre
a salvare
la biodiversità
ci pensano
i pipistrelli
Caro Fido,
tu
comandi
io
ubbidisco U
CAROLINA CENNI
n marziano osserva qauesta scena: un essere segue l’altro, ne
raccoglie gli escrementi, continua a farsi trascinare verso casa,
dove lo sfamerà. Il marziano si
chiederebbe: quale dei due è il
padrone?”. Come dare torto al
comico statunitense Jerry Seinfeld, autore dello sketch e, anche, all’alieno sconcertato?
segue a pagina 18
S
NOSTRO SERVIZIO
PERCOMINCIARE
PATRIZIA GUENZI
“YES, WE CAN”
L’
ottimismo allunga la vita. Forse no, ma fa vivere meglio. E
i pessimisti? Possono imparare a vedere il bicchiere mezzo pieno. A dirlo uno psichiatra francese, Alain Braconier,
che ha da poco pubblicato “Optimiste”. Anche se una parte del
nostro carattere dipende dai geni, il resto è legato all’educazione
e all’esperienza che modificano il nostro comportamento, addirittura mutando i neuroni nel cervello. Così, anche nascendo da
genitori poco avvezzi al sorriso non tutto è perduto.
Esempi di personaggi, la cui forza è stata soprattutto il pensiero
positivo, ce ne sono a iosa. Obama, col suo “Yes we can”, è la dimostrazione che tutto è davvero possibile, basta crederci. Anche
Bertrand Piccard, ha sempre avuto la spinta dell’ottimismo nel
buttarsi nelle sue pazze avventure. E a chi si ostina a dire che
tutto va male, che il mondo una volta era migliore... Alain Braconier si dice sicuro che in tanti si sono già resi conto dei limiti
del pessimismo. Non si tratta di avere uno sguardo beota, bensì
di reagire alle difficoltà con un atteggiamento costruttivo. Proviamoci perché “yes, we can”.
LA FINESTRA
SUL CORTILE
Storie
di quotidianità
familiare
FIRMATO... LUISMOLTOARRABBIATO
A PAGINA 40
ono tornati i pipistrelli. La buona
nuova è frutto di una ricerca della
Eea (European Environment Angency) che, esaminando sedici
specie in nove Paesi europei, ha
realizzato il più dettagliato studio
sulle condizioni dei pipistrelli
(chirotteri). Gli esperti stimano
che negli ultimi vent’anni la popolazione di questi mammiferi
sia cresciuta del 43 per cento:
l’estinzione è più lontana e la biodiversità è salva.
segue a pagina 19
IL CAFFÈ
23 febbraio 2014
19
tra
parentesi
GLI ANIMALI
Non più “strumenti” di lavoro, ma amici.
Conviventi. Complici. Ecco come è
cambiato il rapporto con cani e gatti
Il fenomeno
Una ricerca Ue stima che negli ultimi vent’anni i chirotteri sono aumentati del 43%
Sono ricomparsi i pipistrelli,
la biodiversità per ora è salva
L’esperta
“Il trend positivo c’è,
ma si tratta di una
specie estremamente
fragile che si riproduce
lentamente con un solo
piccolo all’anno”
Il miglior
padrone
dell’uomo
Cerchiamo di capire cosa vogliono, ci facciamo
persino comandare e i ruoli si ribaltano del tutto
Corbis
70%
PROPRIETARI
La maggior parte dei
proprietari è disposta a
sborsare qualsiasi cifra
per il loro bene
25mila
CANI
Nelle famiglie ticinesi
vive un folto esercito
di Fido. Un numero
destinato a crescere
6-8
SETTIMANE
Un periodo fondamentale
per creare feeling e
complicità tra bestiola
e padrone
15%
LITIGI
In Europa e negli Stati
Uniti si litiga più per la
custodia degli animali
domestici che per i figli
2013
APP
È l’anno in cui la Centrale
svizzera per animali
smarriti s’è dotata
di un’app gratuita
CAROLINA CENNI
“M
ettiamo
che un
marziano
osservasse questa
scena: un essere segue l’altro, ne
raccoglie gli escrementi in un
sacchettino, li porta con sé sino
al primo cestino; intanto continua a farsi trascinare verso
casa, dove lo sfamerà. Il
marziano si chiederebbe: quale dei due
è il padrone?”. Già.
Come dare torto al
comico statunitense Jerry Seinfeld,
autore dello sketch
e, anche, all’alieno
sconcertato? Inutile negarlo: il ruolo
tra noi e i nostri animali si sta quasi invertendo. Ecco perché,
spingendoci un po’ al limite, potremmo dire che...
oggi il cane è il miglior padrone
dell’uomo.
Scrutiamo i nostri coinquilini
pelosi per capire cosa sentono o
vogliono e per decifrare che
pensano di noi. Con loro cerchiamo dialogo e complicità, paradossale in tempi in cui le relazioni tra umani sono sempre più
complicate. “Già - nota sconsolato Stefano Boltri, veterinario e
collaboratore del Caffè -. Lo constato ogni giorno di più. Ho
meno paura di un cane aggressivo ma con un padrone che lo sa
gestire, che di uno più mansueto
ma... padrone lui. È un problema
in costante aumento, manca disciplina”.
Invece no!, c’è chi replica. Gli
animali non sono più strumenti,
bensì amici, conviventi, complici e vanno trattati di conseguenza. Con affetto, anche quelli…
meno domestici e che mai ci sogneremmo di prenderci in casa.
Infatti, siamo ben felici del “ritorno” dei pipistrelli. O di condividere, in una community virtuale, l’accudimento dell’asinello, della capra o del coniglio di
turno mettendoci a disposizione
di altri proprietari di animali.
Intanto, anche da pazienti, godiamo sempre più delle loro carezze e coccole terapeutiche.
Tuttavia, è vero che spesso c’è
un ribaltamento di ruoli. Ci
chiediamo cosa pensano, nella
speranza di capirli, o di farci capire. Cosa si nasconde nella loro
DESPOTI
Contate i
gesti
quotidiani che
fate per loro.
E vi renderete
conto chi
comanda
La novità
Debutta su internet
la comunità
per condividere
Fido, Fui e Pussi
M
ettere in contatto chi è in cerca di ospitalità per il proprio
animale domestico e chi, non potendo prendersene uno a
tempo pieno, si mette a disposizione per farlo, almeno
part-time. E a costo zero. A questo (e molto altro) serve Petsharing, la neonata community online dedicata a chi è in cerca di
ospitalità per il proprio animale domestico e a chi, invece, vuole
darne. Magari per condividere il piacere di coccolare un quattrozampe, ma solo... a ore. Una sorta di social per appassionati di
animali, ma anche una soluzione alternativa a pensioni o rifugi,
che ovviamente hanno un costo.
Insomma, il couch surfing resiste. Avete presente la pratica, nata
in America per usufruire dell’ospitalità gratuita di qualche gentile sconosciuto? Ecco, con il Petsharing, a poter godere dell’ospitalità sono cani, gatti, conigli, pappagallini e altri animali domestici. In fondo il meccanismo è molto semplice: chiunque abbia
velleità da dog/cat/rabbit hotelier si iscrive alla community,
compila una sorta di pagina personale con tanto di foto (che, in
futuro, come ulteriore garanzia, sarà realizzata dai membri del
team di PetSharing, spediti sul posto), contatti e spazio per gli
importantissimi feedback, ossia le recensioni e i commenti di
persone che gli hanno già affidato il loro cucciolo. E poi attende
di essere contattato per fare da padrone part-time. Dopodiché
avviene la conoscenza e prende avvio il dog-cat-sitteraggio.
Un’alternativa ottima, soprattutto per chi ama gli animali, ma è
mente? La domanda intriga etpologi e studiosi. Un gruppo di
scienziati scandinavi ha appena
messo a punto un dispositivo
chiamato “No more woof ”, per
“tradurre” il loro linguaggio. E
siamo disposti anche a spendere
tanti soldi, a portarli da esperti,
psicologi, etologi e fisiatri pur di
trovare una risposta e di farli vi-
Si chiama PetSharing,
è una rete per mettere
in contatto tra di loro
proprietari e “dog,
cat e rabbit sitter”
a tempo determinato
spesso in viaggio e non può portarseli con sè. Inoltre, assicura
zero sensi di colpa, perché il proprio beniamino viene affidato in
mani sicure. D’altro canto i tempi sono quelli della condivisione.
Di ogni cosa, perché non anche del quattrozampe di casa? Dopo
tutto lo facciamo già sui social network, postando notizie, foto
ricordo, commenti e video più divertenti. E, per combattere crisi
e inquinamento, utilizziamo in condivisione pure bici e auto. Nel
caso di pet sharing non c’è solo un risparmio, ma anche un piacere di accudire e provvedere alle necessità di un essere vivente.
Ecco, forse, l’unica community davvero improntata all’aiuto reciproco. Un modo utile, anche, per combattere l’abbandono degli
animali. Da una parte offre una soluzione a portata di clic, comoda e semplice, dall’altra permette a chi non ha mai avuto una bestiola domestica di mettersi alla prova come padrone e di fare
un’esperienza a tempo determinato, senza fare troppi danni.
Oggigiorno sono pure sempre più numerose le alternative alle
pensioni. Scuole materne e asili nido per Fido stanno spuntando
come funghi. Luoghi sicuri e accuditi dove poter lasciare i nostri
quattro zampe per qualche ora, mezze o intere giornate. Un
modo, anche, visto che sono cuccioli, per agevolare l’inserimento in gruppo, l’educazione di base, il ritmo pappa, sonnellino e
divertimento. Poi, più tardi, sarà il turno della elementari pet
school.
vere a lungo e in salute. Secondo
un'inchiesta del Time, il 70% dei
proprietari di cani o gatti si dice
pronto a sborsare qualsiasi cifra
per salvare la vita del proprio beniamino; e aumenta la percentuale di chi si rivolge agli esperti
di comportamento: perché il
mio cane fa questo? Perché il
mio gatto fa quello? Perché non
vuole mangiare, perché sporca,
graffia, morde? Perché strattona
il guinzaglio o distrugge casa se
lo lascio solo per qualche ora?
Insomma, che gli passa per la testa? “Chi viene da me le ha davvero già provate tutte, ma senza
risultati - spiega Alessia Delucca,
etologa comportamentalista -.
Vogliono sapere perché, capire.
Oggi più che mai. Mentre una
volta l’animale non era certo al
centro dei nostri pensieri, oggi si
discute sempre di più dei cani
che ‘comunicano’”. Comunicano? Maddai! Non è che li stiamo
umanizzando troppo?
“Non sono esseri
umani e quindi
non vanno trattati
come tali, anche
per rispetto”
“Il cane non è un umano e non
va trattato come tale”, avverte
Delucca. Tuttavia, proprio come
per i figli, anche per i quattrozampe schiere di coppie si accapigliano per contenderseli al
momento della separazione.
Succede sia in Europa che in
Usa. I vip sono famosi per tali
performance: così è stato per il
cane conteso fra la conduttrice
tv britannica Nigella Lawson e il
marito Charles Saatchi; fra l'ex
leader degli Oasis Liam Gallagher e la moglie Nicole Appleton
per la custodia dei due bassotti;
tra l'attrice Drew Barrymore e
l'ex marito Tom Green. E i tribunali, spesso e volentieri, tendono a lasciare figlio e animale allo
stesso genitore, quasi fossero
fratelli.
[email protected]
Q@simplypeperosa
S
on tornati i pipistrelli. Una buona notizia, anche per chi con questi “topini” volanti non ha molta dimestichezza e, anzi, li teme pure un po’. Invece
dobbiamo gioire del loro ritorno, un segnale più che positivo. La buona nuova è
frutto di una ricerca della Eea (European
Environment Angency) che, esaminando
sedici specie in nove Paesi europei, ha
realizzato il più dettagliato studio sulle
condizioni dei pipistrelli (chirotteri).
Gli esperti stimano che negli ultimi vent’anni la popolazione di questi mammiferi
sia cresciuta del 43 per cento: l’estinzione
è più lontana e la biodiversità è salva, almeno per ora. “Lo studio non è finalizzato
a calcolare un trend, ma si tratta di un test
per valutare un metodo di ‘ripopolazione’
– osserva Marzia Mattei-Roesli, responsabile del Centro protezione pipistrelli Ticino -. Un risultato comunque positivo. Si è
arrestato il preoccupante calo degli anni
Cinquanta e Sessanta.
È stato l’intervento dell’uomo sulla natura, nel secondo dopoguerra, a mettere a rischio molte specie di pipistrelli, animali
incredibilmente delicati e fragili. Responsabili, l’agricoltura intensiva, la cattiva gestione del territorio e la diffusione degli
agenti chimici nelle campagne, che hanno
messo a dura prova la loro sopravvivenza.
L’insieme di queste cause ne ha abbassato
notevolmente il numero e ristretto il loro
habitat.
Queste bestiole della notte mangiano di
L’UTILITÀ
I pipistrelli
che vivono in
Ticino sono
totalmente
insettivori,
sono ad
esempio
ghiotti
di zanzare
tutto e hanno un ruolo molto importante
nella catena alimentare, impollinano numerose specie floreali e producono guano,
ottimo fertilizzante. Non solo. Combattono le fastidiose zanzare, noto tormento
anche delle nostre estati, per le quali spesso non basta la solita lotta preventiva con
pesticidi e disinfettanti. Benvenga, quindi,
la voracità dei pipistrelli, ghiottissimi di
zanzare. In questo caso, anche chi li guarda con occhio poco benevolo, alza gli occhi al cielo e li aspetta, come un alleato che
combatte un puntuto nemico comune.
“Premetto che i pipistrelli fanno parte del
nostro ambiente e quindi hanno tutto il diritto di viverci in tranquillità – riprende
l’esperta -. Ogni essere vivente ha una sua
funzione e così ce l’hanno i chirotteri.
Quelli che vivono in Ticino sono totalmente insettivori e hanno l’importante compito di “controllo” degli insetti. Basta pensare che ogni notte un pipistrello nano ne
mangia anche un migliaio”. Eppure, c’è ancora chi li teme, convinto che s’impiglino
tra i capelli o che succhino il sangue. “È
una questione culturale. In Cina, ad esempio, sono considerati dei portafortuna. Da
noi, da sempre, il diavolo è rappresentato
con le ali da pipistrello. Essendo creature
notturne e misteriose probabilmente ciò
ha contribuito a questa loro cattiva fama”.
Tra non molto uscirà la nuova lista rossa
dei pipistrelli minacciati in Svizzera. Le
popolazioni sono in leggero aumento, ma
il problema non è ancora risolto.
chifacosa
Nutrirli
Non sempre siamo noi a decidere
cosa e quando dar da mangiare a
Fido. Spesso è lui che ci fa capire
il momento più adatto
I bisognini
Gesto educato e rispettoso nei
confronti del prossimo, per
carità. Tuttavia,
non fa tanto
“padrone”
piegarsi e
raccoglierli
per bene
La passeggiata
Non c’è
stanchezza,
pioggia o neve
che tenga.
Quando il
cane vuole
uscire si esce.
Punto e basta.
E noi via,
dietro a lui
Le spese
Un giorno è il veterinario, un altro
la toelettatura, un altro ancora il
giochino o la pappa. E intanto
volano biglietti da 100 franchi
Il divertimento
Si gioca come e quando vogliono
loro. E se al padrone non va,
pazienza. Si sforza di farlo. Ma il
contrario non succede mai
La curiosità
Z
Zaskia, san bernardo di 3 anni, dispensa “carezzo-terapia” in una casa anziani del Vallese
askia è una cagnona san bernardo di
3 anni, 60 chili di peso e altrettanti
di potenziali coccole da donare.
Ecco perché le è stato affidato un compito
molto particolare: dispensare carezze, in
altre parole è stata promossa a carezzo-terapista. Così, due volte al mese, Zaskia,
“membro” della Fondazione Barry del
Gran San Bernardo e la sua accompagnatrice, entrano nella casa per anziani di
Tourelles a Martigny, per dare affetto ai
numerosi ospiti over 70. Gli anziani, beneficiano delle coccole di Zaskia e la carezzano a loro volta. È un progetto lanciato nel 2007 e coinvolge una trentina di residenti della struttura, felici, dopo sette
anni di “trattamenti” di aver conosciuto
Zaskia.
I san bernardo sono una razza svizzera
per eccellenza, amano la compagnia, cercano e hanno bisogno del contatto coi
due zampe. Sono animali eccellenti per la
pet-therapy. Così nel 2007, la Fondazione
Barry ha iniziato a fare le prime visite nel-
Tante coccole
a quattro zampe
per il benessere
dei pazienti
le case di riposo con i propri cani. Zaskia e
simili si sono rivelati ideali per questo
compito e da qui ha preso avvio il progetto. Inutile dire l’entusiasmo degli anziani
coinvolti. Impazienti, attendono la visita
di Zaskia. La cagnona entra pure nelle camere degli ospiti costretti a letto, che apparentemente non hanno reazioni, ma la
sola presenza dell’animale si rivela comunque benefica. Infatti, gli occhi dell’anziano si aprono e si illuminano felici.
Ovviamente, anche Zaskia adora questi
momenti di affetto condiviso, consapevole di essere una sorta di prima donna, se-
lezionata tra tante per questa delicata
missione. Come una sorta di spugna, assorbe le emozioni, pronta per il prossimo
incontro. Una pet therapy a doppio senso,
insomma. La prova che l’interazione
uomo animale ha effetti benefici su entrambi.
Tra le tante attività della Fondazione Barry, c’è pure l’organizzazione di campi di
vacanza per bambini e adolescenti con
difficoltà di comportamento. Il concetto è
semplice, come i san bernardo sono capaci di interagire con gli anziani, altrettanto
lo sono con i più giovani, li aiutano a comunicare e a interagire meglio tra di loro.
Infatti, lo scopo principale di questi campi è rafforzare le potenzialità di chi ha una
disabilità, fisica o mentale.
Tra i principali obiettivi della fondazione:
assicurare continuità all’Ospizio del Gran
San Bernardo allevare animali in buona
salutee con un carattere mansueto, occuparli in attività finalizzate a funzioni sociali e garantire il loro benessere.
20
Dettaglio
Impressionismo
Righe
Figurativa
Uno scorcio della
Valle dei Templi
spicca sulla bag
a mano rigida di
Dolce&Gabbana.
Le donne tahitiane
delle tele di Paul Gaugin
rappresentate sulla gonna
lunga in raso di seta
di Aquilano Rimondi.
Seta a righe, linea
morbida, la giacca
effetto pigiama in
abbinamento al
pantalone fluido
nello stesso
tessuto di
Emporio Armani.
I murales di antonio
Rivera ispirano i volti
ritratti sui dress del
marchio Prada.
tra
l’abito
parentesi
L’arte graica sila in passerella
e dà un calcio alla... monotonia
LINDA D’ADDIO
È
animalia
uno dei grandi must di stagione: il tessuto stampato. E anche se la fantasia
non è una novità di questa primavera,
anzi si può definire uno dei temi ricorrenti
della bella stagione, è soprattutto declinata
nell’arte grafica a rappresentare la vera new
entry del prêt-à-porter di questo inizio 2014.
Dal genere astratto al figurativo, dall’impressionismo al genere geometrico, l’arte
non si ammira nelle sale delle pinacoteche e
dei musei ma fa bella mostra su abiti, magliette e persino sui capospalla di molte griffe che hanno sfilato sui carpet come in una
gallery conquistando un posto d’onore nel
guardaroba femminile.
Non mancano comunque le fantasie tipiche
di ogni primavera: dai fiori alle righe, dai
quadri ai pois, dalle microgeometrie alle
stampe tappezzeria. L’armadio si rinnova
con abiti e capospalla che snobbano la monotonia della tinta unita e del monocromo.
Motivi antichi, stampe anni Trenta, schizzi,
contrasti grafici, graffiti di autentici writers
sfilano su grandi e piccoli pezzi a tiratura limitata del guardaroba primaverile.
Pennellate di colore con vernici spray e stampe grafiche contagiano gli abiti della bella stagione, dai volti femminili di Prada alle influenze artistiche di Chanel e Céline fino all’alta
astrazione delle proposte di Fendi, Valentino e
Paul Smith, tipiche degli anni Sessanta.
Un mare inquieto, tratto dalla xilografia di
Katsushika Hokusai fa da sfondo all’abito di
Missoni. Sono egizi i volti stampati sull’abito
di Miu Miu. La pop couture si esibisce sugli
Dall’impressionismo al
geometrico, dall’astratto
al figurativo ai fiori e pois
abiti di Prada, ispirati ai murales di Diego Rivera, e di Christian Dior. I paesaggi bucolici
sono stampati all-over sul look, abito e spolverino, di Antonio Marras. Le rovine e i templi della Sicilia sul completo, dress e soprabito, del duo stilistico Dolce&Gabbana. Le
donne tahitiane ritratte dal pittore impressionista Paul Gaugin sfilano in versione blusa e gonna in raso di seta sulla passerella di
Aquilano Rimondi.
Arte grafica con pennellate multicolor per il
dress di Chanel. Arte astratta acquarello sul
dress tubino di Christopher Kane. Raffigura
uno scorcio della valle dei Tempi la clutch di
Dolce&Gabbana.
Per quanto riguarda invece la stampa più
classica sono soprattutto le righe, nelle diverse spaziature e colori, dal classico blu
all’azzurro, al rosso e multicolor, a conquistare le passerelle, declinate nei diversi stili,
sportivi e non. Il denim viene combinato ed
intercalato alle righe bianche e azzurre,
bianche e blu e bianche e rosse nella nuova
collezione primavera del marchio sport
wear Gap. Cotone spalmato per il caban a
righe beige e nero di Max&Co.
Sono in cotone gessato i pantaloni palazzo
di Acne, in seta il modello di Hache. Crépe
di seta per il completo pigiama a righe verticali di Tommy Hilfiger. In organza di seta e
lurex a righe l’abito canotta de I Blues. In cotone il modello di Scee by twin Set. Jersey di
lino e viscosa a righe per il maglione girocollo di Fred Perry. Righe irregolari, blu e
azzurre per il pantalone a sigaretta I’M Isola
Marras. Multicolore le righe della shopper
di pitone di Zagliani. Righe anche per le décolleté di tessuto con tacco a cono di Saint
Laurent by Hedi Slimane.
Scrivete
Inviate le vostre domande al veterinario
del Caffè
[email protected]
Potete scrivergli anche entrando nella
pagina web del sito www.caffe.ch
cliccando sulla rubrica “Qua la zampa”
Molto meglio la sterilizzazione
che pericolose terapie ormonali
La domanda
La risposta di Stefano Boltri
E
gregio dottore, vorrei avere da lei alcuni chiarimenti circa l’uso dei farmaci per impedire la riproduzione
nei nostri animali da compagnia. In particolare sono proprietaria di una gatta di
circa tre anni e di una femmina di
barboncino di due; la gatta è già
stata sottoposta a tre iniezioni per
sopprimere l’estro ed il mio veterinario mi ha vivamente
consigliato di non proseguire
su questa strada, ma di procedere alla sterilizzazione
chirurgica. Mi sono sempre
opposta a tale tortura, ma è
pure vero che l’uso di tali farmaci è, a lungo andare, molto
dannoso per la salute degli animali.
Così, il suo collega si è rifiutato di somministrare questi “progestinici”, al cane.
G
entile signora, il suo veterinario, a mio avviso, si è
comportato molto correttamente soprattutto nei
confronti dei suoi animali. I progestinici sono stati
per lungo tempo usati come soluzione medica per il controllo della riproduzione negli animali da compagnia.
Un certo numero di proprietari continua a richiedere
tale tipo di intervento ritenendolo anche più vantaggioso economicamente e sbagliando clamorosamente i
calcoli! L’esperienza acquisita in questi ultimi anni ha
amplificato la conoscenza del rapporto rischi-benefici
legato alla somministrazione di tali molecole. Ma
quali sono le indicazioni terapeutiche?
Direi che possono essere riconducibili a tre: prevenire e/o interrompere l’estro solo in casi ben definiti; trattare l’insufficiente produzione di progesterone nel cane femmina; trattamento della dermatite miliare nel gatto. Molto più lungo e
complesso è l’elenco degli effetti indesiderati
legati all’uso di tali sostanze. Ovviamente dipendono
dalla durata della somministrazione, da particolari pe-
riodi di vita dell’animale e dalla specie del soggetto.
Nella gatta i principali effetti indesiderati sono legati a
patologie mammarie, patologie a carico dell’utero, segni
di disturbi neurologici e comportamentali. Nel cane femmina le patologie più frequenti riguardano l’utero e fenomeni di iperplasia mammaria. In particolare voglio ritornare sul rifiuto di trattare con tali sostanze il suo cane e
devo dire che anche il sottoscritto si sarebbe comportato
in tale modo in quanto i rischi di endometrite - piometra,
legati all’uso prolungato di tali molecole, sono effettivamente elevati.
Il mio consiglio per quanto riguarda la sua gatta è di sottoporla a sterilizzazione chirurgica, intervento di routine
che eviterà i fastidiosi comportamenti estrali e soprattutto i dannosi trattamenti ormonali. Per il cane diverso discorso: se la bestiola vive in appartamento e per lei i due
cicli estrali all’anno non rappresentano un problema le
posso consigliare di non fare assolutamente nulla; se invece esistono pericoli di gravidanze indesiderate il mio
consiglio è quello di procedere alla sterilizzazione.
…E LA LETTURA CONTINUA
CON GLI EBOOK DEL CAFFÉ
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IL CAFFÈ
23 febbraio 2014
21
tra
parentesi
IL BENESSERE
Sempre più pesanti e pigri. Troppi i Paesi
ciccioni, Svizzera compresa. Alimentazione,
educazione e danza per re...stringere la cinghia
Giro del mondo
attraverso
il
...girovita
QUANTE PERSONE PER OTTENERE 10 TONNELLATE
BIOMASSA MONDIALE
Numero di persone necessarie per arrivare a una tonnellata in ogni Paese
Se sommassimo il peso dei 4.629 milioni
di adulti presenti nel mondo avremmo un
totale di 287 milioni di tonnellate. Di
seguito il peso di ciascun continente
LE DIECI
NAZIONALITÀ
PIÙ PESANTI
Dagli Usa al Bangladesh,
passando per il Ticino,
test bilancia sul nostro peso
PATRIZIA GUENZI
C
he la nazione più
cicciona
fosse
l’America lo sapevamo tutti. Nella patria
degli hamburger e
dei beveroni ipercalorici bastano poco più di 12 persone per
arrivare a ai mille chili di una
tonnellata. In nessun altro Paese al mondo il peso medio degli
abitanti è così elevato. Questo
non deve però far pensare che
in Europa si sia al riparo da giro
vita esagerati e chili di troppo.
Anche noi svizzeri, sebbene
consideriamo buono il nostro
stato di salute (lo afferma, ad
esempio, un ticinese su due),
sulla bilancia pesiamo troppo.
Le ultime stime dicono che il
41% e?in sovrappeso od obeso;
poco meno al Sud delle Alpi,
dove il 40% degli adulti è
fuori taglia (30% donne
e 50% uomini). Eppure, di tanto in tanto,
azzardiamo qualche dieta. Ma quasi
sempre
senza
grandi
risultati.
Un’alternativa potrebbe allora essere
il ballo, fare movimento, bruciare calorie divertendosi.
A far salire tutti quanti
gli abitanti del globo sulla
bilancia ci ha pensato la rivista inglese online, Biomed Central Ltd, specializzata in articoli
medico-scientifici. Un giro del
mondo attraverso… il giro vita
dei suoi abitanti. E allora, detto
degli Usa, la nazione più pesante, ecco la più leggera, il Bangladesh: 20,2 persone per fare mille chili. E la Svizzera? Calcolan-
do un peso medio di 72 chili
(statistiche precise in questo
senso non ce ne sono), quindi
13,8 persone per una tonnellata, la Confederazione si piazza
tra le nazioni più pesanti, assieme a Trinidad, Tobago e Argentina. Tra le più leggere, Cambogia (17,9 persone per 1000 chili), Burundi (18,5) e Nepal
(19,8).
Insomma, c’è poco da stare allegri. Secondo le ultime statistiche, la Svizzera ci ha preso gusto ad allargare la cintura. In
vent’anni, l’obesità è raddoppiata. Un costo, per il Paese, di
circa 5 miliardi di franchi all’anno per curare i disturbi legati al
peso che, oltre a causare una diminuzione della speranza di
vita, sono responsabili di una
Stati Uniti
12.2
Kuwait
12.9
Cambogia
17.9
Burundi
18.5
Qatar
13
Croazia
13.1
Emirati Arabi
13.2
Grecia
13.3
Egitto
13.5
Bahrein
13.6
Svizzera
13.8
Argentina
13.8
Congo
18.7
Etiopia
18.9
NordCorea
19
Eritrea
19.2
Vietnam
19.7
Nepal
19.8
Sri Lanka
19.8
Bangladesh
20.2
10t
10t
equivalgono
a 132 persone
equivalgono
a 191 persone
Peso degli adulti
per continente
ASIA
2.815 milioni
di adulti
trentina di malattie, dall’ipertensione ad alcuni tipi di tumore, dall’ictus all’osteoporosi. “Il
mio sogno sarebbe di intervenire sin dalla gravidanza, per
spiegare alle donne l’importanza di una corretta alimentazione e del movimento - sottolinea
il dottor Gian Antonio Romano,
responsabile del servizio multi-
Con un’ora di swing si smaltisce una pizza
n’ora di swing e rock’n roll brucia una pizza
margherita. Per un piatto di spaghetti, invece,
basta danzare caraibico per almeno mezz’oretta. Una porzione di fritto misto di pesce la
smaltite con 30 minuti di electro dance, una coppetta di gelato al cioccolato con un’ora di ballo latino
americano. Ecco la prova che tenersi in forma ballando, e alleggerirsi anche di qualche chilo di troppo, è possibile. È l’alternativa alla palestra che permette di divertirsi stando in compagnia. “È molto di
più - rilancia Gino Di Paolo del Club Royal Dance di
Lamone -. Non annoia, non stressa, si perde peso e
aiuta sia fisicamente che psicologicamente”.
In media con un ballo di coppia si buttan giù tra le
300 e le 500 calorie all’ora. Parliamo di valzer, tango
o i classici lisci da balera. Poi, volendo, lo stesso ballo può essere più efficace intensificando il passo.
Più questo è intenso e più massa muscolare viene
coinvolta. E, ovviamente, più si smaltisce. Il ballo
brucia calorie per eccellenza resta la capoeira, che
mescola elementi delle arti marziali e delle tecniche
di autodifesa con la danza, ma necessita di una preparazione adeguata. Un’ora per eliminare 600 calorie. Se dimagrire non è sufficiente, è bene sapere
che alcuni balli aiutano a modellare il fisico e a migliorare la tonicità. “Il flamenco, ad esempio, svolge
un’azione mirata contro cellulite e vene varicose e
tonifica arti superiori e inferiori - spiega Di Paolo -.
Due volte a settimana per un’ora e mezzo e vedrete i
risultati”.
c.c.
disciplinare antiobesità dell’ospedale La Carità di Locarno
-. Non di rado, infatti, dopo il
primo figlio, si tende a metter su
chili”.
Da educare sono soprattutto i
bambini. Pasti poco equilibrati
e sedentarietà sono il principale
problema per un quinto dei
baby ticinesi, candidati ad essere gli obesi di domani. “Da qui
l’importanza di progetti di promozione come ‘Movimento e
gusto con l’equilibrio giusto!’,
per le scuole dell’infanzia ed
elementari del cantone che
coinvolge docenti, famiglie e allievi”, ricorda Romano. Obiettivo anche della campagna “Promozione salute svizzera”, sviluppata in collaborazione con i
cantoni. Altro interessante progetto è “Meglio a piedi”, per realizzare piani di mobilità scolastica che permettano agli alunni di percorrere il tragitto casascuola in tutta sicurezza. E
senza dimenticare “Fourchette
Verte, l’associazione che assegna marchi ai servizi di refezione e che attesta così la buona
qualità nutrizionale offerta ai
bambini. Sono ben 215 le strutture ticinesi certificate, new entry il Bio Nido The Lounge di
Lugano.
Intanto, Berna ha da poco lanciato il primo sondaggio nazionale, “menuCH”, per saperne di
più sulle abitudini a tavola della
popolazione e capire dove e
come intervenire. “A volte bisogna intervenire anche sul piano
psicologico - spiega Romano -,
nel 50% dei casi il sovrappeso è
dovuto a questo tipo di malessere”.
[email protected]
QPatriziaGuenzi
162.4
milioni di
tonnellate
EUROPA
606 milioni
42.9
AFRICA
535 milioni
32.5
AMERICA
LATINA
26.2
386 milioni
NORD AMERICA
263 milioni
21.2
OCEANIA
24 milioni
1.8
Fonte: The wight of nations: an estimation of adult human biomass by Walpole et al. realizzato per Biomed Central Ltd
L’alternativa
U
LE DIECI
NAZIONALITÀ
PIÙ LEGGERE
Le diete
Le miracolose
Dukan
e Gwyneth
L
e diete sono come i funghi:
ovunque ti giri ne spunta una
nuova. L’ultima, in ordine cronologico, che tanto ha fatto parlare
di sé è la Dukan. Sdoganata da
Kate Middleton, che l’ha seguita
prima del matrimonio reale, è stata
ideata dal francese Pierre Dukan.
Promette una perdita di peso rapida e non impone limiti di quantità.
Ma i dietologi la ritengono pericolosa, non equilibrata e senza alcun
fondamento scientifico.
Ma c’è solo l’imbarazzo della scelta. Ricordate la atkins, o la Weight
Watchers? E poi la metabolica, la
zona, la plank, quella del minestrone, dei mandarini, della papaya?
Quella più “in” del momento è di
Gwyneth Paltrow. L’attrice ha decisamente bandito i carboidrati dal
piatto. Niente pane, pasta e simili.
Ma non è tutto. La bella Gwyneth
segue la “dieta dell’eliminazione”:
per 21 giorni, tre volte l’anno, si
dimentica dell’esistenza di zucchero, formaggio, caffè, patate,
mais, peperoni, carne e soia. Cosa
non elimina mai? Una tisana al finocchio per conciliare digestione e
sonno e un bacio a figli e marito.
Se la dieta dei 21 giorni non fa
proprio per noi, possiamo comunque provare a mantenere la promessa di un decotto serale e di
un bacio della buonanotte al fidanzato.
c.c.
IL CAFFÈ
23 febbraio 2014
22
tra
parentesi
Airolo
leauto
Caseificio
Gottardo
SULLE STRADE DELLA VAL BEDRETTO
Lugano-Airolo
97 km
Divertimento e relax tra amici
alla scoperta del lavoro di casaro
Spirito vacanziero per la Chevrolet Orlando a sette posti
Lugano
D
ivertimento, svago e relax per la
famiglia e gli amici. Questo è lo
spirito vacanziero che Chevrolet
ha realizzato con un modello dal compromesso ideale tra la vettura familiare, il
monovolume e il Suv, tanto confortevole
all’interno quanto capiente. L’Orlando
(da 23’900 franchi - versione in prova da
Fr. 34’700), con una lunghezza di 4,65 m,
è una delle poche vetture in grado di trasportare comodamente sette persone.
Ribaltando i sedili posteriori è in grado di
offrire un ampio vano di carico, con una
superficie piana di quasi due metri di
lunghezza e 1594 litri di capienza.
Grazie alle sue 16 diverse configurazioni
dei sedili, ripiegando separatamente o
insieme la seconda e la terza fila posizionate ad altezze differenti, la Orlando offre
il massimo della versatilità, tanto da risultare uno dei veicoli più spaziosi della
sua categoria. Anche il sedile del passeggero anteriore è completamente ribaltabile. E allora tutti a bordo per una giornata attiva in Valle Bedretto.
Per il primo tratto, con partenza da Lugano, procediamo, via autostrada, fino all’uscita di Ambrì. Una scelta per valutare
i diversi comportamenti della vettura affrontando un percorso stradale misto, sa-
lite in montagna comprese. Da un’auto a
sette posti, con un peso a vuoto di oltre
1.700 kg, non ci si aspettano prestazioni
elevate, ma questa trazione anteriore
non delude. Efficiente, anche se leggermente rumoroso, il motore turbodiesel a
quattro cilindri sviluppa 163 cavalli. È il
piu prestazionale della gamma Orlando
e assicura una facile manovrabilità, una
brillante accelerazione e un economico
consumo di carburante. La comodità di
guida è ulteriormente accentuata dalle
presenza di serie di un cambio automatico a sei rapporti e modalità sequenziale.
La scheda
Chevrolet Orlando 2.0 VCDI
Motore 4 cilindri turbodiesel
Cilindrata (ccm)
1998
Cambio autom. a 6 rapporti
CV
163
Coppia max. 360 Nm a 2’000 g/min.
0-100 km/h (s)
11
Velocità massima (km/h)
195
Consumi (l/100 km)
ca. 7,5
Prezzo base
34'700 chf
Da Ambri si procede sulla strada principale per una decina di chilometri fino a
Airolo. Si passa davanti alla stazione e
poi verso la valle Bedretto. Due chilometri circa e si può programma la prima sosta al Caseificio del Gottardo (caseificiodelgottardo.ch). Oltre alla possibilità di
acquistare diversi prodotti salati e dolci,
si possono pure degustare le specialità
del ristorante. Una costruttiva vista didattica grazie anche alla possibilità di
visionare l’esposizione di oggetti e fotografie legati ai lavori di fienagione, mungitura, lavorazione e del trasporto dei formaggi prodotti sugli alpeggi. Un ulteriore
punto d’interesse, per adulti e ragazzi, è
la possibilità di visionare i casari all’opera
ma soprattutto, prenotando in anticipo,
di produrre il proprio formaggio. Sotto
l’attenta istruzione del casaro si scopre
l’interessante
processo
di
produzione. Inoltre, è possibile farsi il
proprio formaggio, seguendone le varie
fasi.
Dopo una salutare passeggiata, al momento del rientro i compagni di viaggio
possono piacevolmente rilassarsi sui
confortevoli interni in pelle della Orlando, che assicurano tanto spazio per le
gambe e per il corpo.
s.p.
La nuova generazione Golf R è una vera meraviglia della tecnica che beneficia anche della trazione integrale 4Motion
Una sportiva da 300 cavalli
comoda e facile da domare
STEFANO PESCIA
L
e abbondanti nevicate che
hanno imbiancato il cantone a fine gennaio sono state un ottimo punto di partenza
per familiarizzare con la sportiva
d’eccellenza del modello che da
ben 38 anni è il più venduto in
Svizzera. La qualità è indubbiamente il Dna che accompagna la
famiglia Golf, ma nella sua versione R si va ben oltre.
Più potenza, 300 cavalli e consumi ridotti attorno ai 7 litri al 100
km. Questi sono i cromosomi di uno dei motori
di serie, due litri a 4 cilindri Tsi turbo benzina a iniezione diretta,
tra i più potenti al
mondo. Anche il suo
scatto da 0 a 100 km/h in 4,9 secondi è un valore che esprime il
temperamento del modello,
consigliabile nella versione con
l’eccellente cambio automatico
a doppia frizione Dsg a sei rapporti.
Ma niente paura la Golf , con un
telaio sportivo di nuova concezione (abbassato di 20 mm), è
veramente una sportiva che si lascia domare con facilità. Infatti,
la coppia massima raggiunge i 380 Nm a un regime davvero notevole, compreso tra
1.800 e 5.500 giri.
Tanti cavalli ma pure
tanta tecnologia per
regalare emozioni si-
cure. Per esempio, la nuova Golf
R è dotata di serie della funzione
Esc Sport. Il sistema è gestito da
un interruttore a due stadi posizionato nella consolle centrale.
Premendo brevemente una volta
il tasto, il controllo elettronico
della stabilizzazione (Esc) attiva
la modalità Esc Sport. Tenendo
premuto il tasto Esc per più di tre
secondi, il sistema viene disattivato per l’impiego professionale
su circuito. Questa opzione è disponibile unicamente sulla Golf R
e su nessun altro modello della
gamma. Inoltre, per la prima volta,
il modello propone con nuova trazione integrale 4Motion e sterzo
progressivo. Ed è
proprio
sulla neve che la Golf R diventa altamente professionale capace di
perdonare qualche imperfezione al volante. La trazione integrale 4Motion, attraverso l’adozione di una frizione Haldex 5, è
attiva già prima che si verifichi
lo slittamento degli pneumatici.
Un indubbio vantaggio che permette di escludere in modo
pressoché totale eventuali perdite di trazione. In funzione del
fondo stradale la ripartizione
della trazione passa all’asse posteriore della Golf R.
Un intervento che avviene automaticamente in modo quasi impercettibile nell’arco di qualche
frazione di secondo. Vi possiamo assicurare che al volante il
piacere è totale. Grazie anche a
un abitacolo dai sedili sportivi
con rivestimenti in tessuto e Alcantara, volante sportivo a tre
razze rivestito in pelle, climatizzatore automatico e sistema
radio-Cd con schermo tattile.
Se volete ulteriormente personalizzare la Golf R (da franchi
49’390) tra i principali equipaggiamenti ci sono pure la versione perfezionata della regolazione adattiva dell’assetto Dcc e la
selezione del profilo di guida
con nuova modalità Race. Un
modello che si potrà ottenere
anche in una versione cabriolet.
IN
BREVE
La Opel
Dalla prossima
estate Opel proporrà il
nuovo veicolo
commerciale leggero
Vivaro. Disporrà di
tecnologie ultramoderne
ed equipaggiamenti che
portano nel mondo dei
veicoli commerciali le
dotazioni e le funzionalità
tipiche delle automobili.
La BMW
Al volante il
piacere è
assicurato.
Questo grazie
anche a un
abitacolo dai
sedili sportivi con
rivestimenti in
tessuto e
Alcantara,
volante sportivo a
tre razze rivestito
in pelle.
Trecento cavalli
e consumi
ridotti, attorno ai
7 l al 100 km.
Questi sono i
cromosomi di
uno dei motori di
serie, due litri a 4
cilindri Tsi turbo
benzina a
iniezione diretta,
tra i più potenti
al mondo.
La trazione
integrale
4Motion, con
l’adozione di
una frizione
Haldex 5,
è attiva già
prima ancora
che si verifichi
il normale
slittamento
degli
pneumatici.
lacomodità
ilmotore
latrazione
Dopo la coupé e la cabrio è
il turno della Serie 4 Gran
Coupé. Lunga 4,64m
debutterà con motori a
benzina a quattro e
sei cilindri (da
184, 245 e 306
Cv) oltre a due
turbodiesel
da 143 e 184
Cv con la
versione
XDrive
compresa.
23
IL CAFFÈ
23 febbraio 2014
tra
parentesi
LA SOCIETÀ
Ricostruire le proprie radici
è facile. Basta farlo online su
Geni.com o Ancestry.com
Navigando
alla ricerca
degli
Geni.com
Ancestry.com
zii perduti
Grazie ad un semplice algoritmo
l’albero genealogico ora è per tutti
La memoria
FindMyPast.com
MyHeritage.com
Lapidi
e censimenti,
per leggere
il passato
L
e banche dati rappresentano il primo passo per tutti
coloro che sono alla ricerca
dei parenti emigrati all'estero.
Grazie ad archivi, formulari e carte ufficiali è infatti possibile tracciare gli spostamenti di uno zio
espatriato anche a distanza di
molti decenni, arrivando persino
a ottenere la pagina del registro
da lui firmata al momento dell’entrata nel nuovo Paese. Informazioni che si sommano ai
nomi pubblicati dagli storici nei
vari testi e ai suggerimenti reperibili online.
Ma come fare quando si è alle prime armi? “Il nostro scopo è quello di mettere tutti in condizione di
andare a ricercare la storia della
propria famiglia - spiega Giovanni Maria Staffieri, presidente onorario della Società genealogica
della Svizzera italiana -. Dopodi-
Una Fondazione offre
i nomi dei 22,5 milioni
d’ emigrati che tra il
1892 e il 1924 sono
sbarcati a New York
CAROLINA CENNI
P
er qualcuno è sufficiente sapere chi erano i suoi bisnonni. Altri, invece, scavano
più a fondo alla ricerca
di pro-pro-prozii e quadrisavoli.
Ma ci sono pure quelli che non si
accontentano e scrutano nel
passato per trovare avi vissuti secoli e secoli prima. Una cosa è
certa: ricostruire l’albero genealogico richiede tempo,
precisione e pazienza
certosina. Ma, ancora
una volta, il web ci dà
una mano a trovare zii
e cugini perduti. Un
semplice algoritmo e
con un clic si scoprono i parenti lontani.
Quella che era un’attività per ricercatori, appassionati un po’ attempati o veri topi di biblioteca è diventata oggi,
grazie ad Internet, una pratica alla portata di tutti.
Anche gli accademici che fino a
qualche anno fa storcevano il
naso con aria snob di fronte a siti
come MyHeritage.com e FindMyPast.com, ecco che ora li riconsiderano come i contenitori
più completi di dati genealogici.
L’ultimo esempio in ordine cronologico è quello del Massachusetts Institute of Technology
(Mit) di Boston che per il progetto “FamLinx”, l’albero genealogico più grande del mondo (arriva
fino al XV secolo), ha utilizzato il
database di Geni.com. Una delle
innumerevoli piattaforme online che disegnano l’albero genealogico in maniera semplice e a
basso costo.
Nato nel 2007, ha 98.6 milioni di
profili e una sezione storica di
personaggi famosi. È sufficiente
elencare un numero anche minimo di parenti, ne bastano
quattro per iniziare, perché un
algoritmo individui i nomi che
ricorrono in tutti gli “alberi” presenti online. Ovviamente, più
rami ci sono e più saranno i cugi-
La curiosità
È sufficiente
elencare quattro
parenti per
ricreare la storia
di un cognome
ni globali. Preparatevi, mica poi
lamentarvi dei troppi parenti ritrovati.
Findmypast.com è stato creato
nel 2003 e mette a disposizione
1,5 miliardi di documenti d’Inghilterra e Irlanda che risalgono
all’875 a.C. Myheritage.com, invece, è stato fondato all’inizio
del 2000 in un villaggio egiziano
Dai quattro angoli del pianeta le famiglie s’incontrano in Ticino
Matasci, Pedrazzini, Cereghetti...
i “clan” della Svizzera italiana
M
atasci, Cereghetti e Pedrazzini sono solo alcuni dei nomi
dei più grandi “clan” ticinesi.
Ma oltre ad essere famosi per questo, le famiglie sono note anche per i
Ti-Press loro super incontri. Di
tanto in tanto si danno
appuntamento da tutto
il mondo in una località
del cantone per trascorrere assieme una
giornata all’insegna
dell’albero genealogico. L’ultimo, in ordine
di tempo, è stato quello
dei Matasci che si è
svolto la scorsa estate in Valle VerI RADUNI
Sonogno, Mendrisio, zasca. Erano quasi trecento, proveTenero, Cevio e
nienti da tutto il mondo. La prima
Campo Vallemaggia... traccia della famiglia Matasci si trova in un registro di Sonogno e risale
l’importante è stare
tutti assieme
al 1597. Ad oggi ben quattrodici ge-
nerazioni sono state documentate,
per un totale di 550 Matasci. I Cereghetti, invece, si sono ritrovati qualche anno fa a Mendrisio, superavano
i trecento. Arrivavano dai quattro angoli del pianeta: Argentina, Francia,
Belgio... Nessuno vuole mancare alle
super riunioni di famiglia e perdersi
quel tassello che ancora manca alla
costruzione del proprio albero famigliare.
E poi ci sono i Pedrazzini. I loro raduni si sono svolti a Cevio, Campo Vallemaggia e Tenero. Anche in questi
casi il gruppo è folto, si parla di oltre
duecento persone. Oltretutto, la famiglia Pedrazzini ha persino un’associazione apposita, ha redatto un
albero professionale con schede che
possono essere aggiornate continuamente e ha acquistato un dominio web per la sua “quercia”.
vicino a Tel Aviv. È un social network araldico in ben quaranta
lingue con 75 milioni di utenti.
Ma il più vecchio di tutti è Ancestry.com, fondato nel 1990 da
due mormoni d’America, mette
a disposizione nove miliardi di
documenti storici e conta due
milioni di utenti.
Nella maggior parte dei casi
sono i lettori a fornire il materiale ai siti, compresi certificati, fotografie e documenti che attestano le radici, in perfetto stile
Wikipedia. Ovviamente, come
nel caso dell’enciclopedia online, ciò può ampliare il margine
d’errore. Ed ecco che queste
piattaforme a metà strada tra il
sito internet e il social network si
trasformano in vere e proprie
operazioni di recupero della memoria individuale e collettiva. La
genealogia diventa, ad un tratto,
una “materia” svecchiata e completamente rilanciata dalle nuove tecnologie.
Fare il proprio alberello è semplicissimo. Basta digitare nome,
cognome, data e luogo di nascita
e quelli dei genitori. E da qui inizia l’avventura. Basandosi su i
fatti che si immettono, i siti ricercano le informazioni mancanti
sugli antenati in miliardi di documenti storici, foto e alberi di
famiglia. Più dati si aggiungono
e più l’albero crescerà folto e rigoglioso. Insomma, a chi piacciono le grandi famiglie, la genealogia è un’ottima scusa per
incontrarsi a cena con tutto il parentado, sviscerare aneddoti e
ricordi e, magari, anche litigare.
Pentendosi amaramente della
ricerca.
[email protected]
Q@simplypeperosa
ché tutto avviene via internet. Noi
ci limitiamo a dare delle indicazioni di base, magari per dire se la
famiglia esiste o no e dove cercare”. Cercare non è impossibile,
grazie ad una serie di database
online che offrono aiuto e spunti
a chi è alla ricerca del proprio avo
ticinese. Molti sono gratuiti, ma
alcuni richiedono la sottoscrizione di un abbonamento, prima di
essere consultati. In alcuni casi è
persino possibile scaricare una
versione di prova della durata di
sette o quattordici giorni. Insomma, andare alla ricerca dei propri
parenti perduti esercita un certo
fascino. “Si tratta di un fenomeno
mondiale - conclude Staffieri -. Il
successo è grande, basti pensare
che la nostra società nel 1997 aveva 30 soci, oggi ne conta 180”.
La ricerca genealogica può essere
effettuata su numerose banche
dati, tra queste anche quelle “inaspettate” come cimiteri, lapidi,
obitori, censimenti e naturalizzazioni, registri navali e portuali. La
fondazione Ellis Island è incaricata di mettere a disposizione degli utenti i nomi dei 22,5 milioni
d’immigrati che tra il 1892 e il
1924 sono approdati a New York.
Il sito Fold3 incrocia, invece, archivi militari e civili, tra cui i censimenti federali del XIX secolo e
l’elenco delle richieste di naturalizzazione per un totale di 400 milioni di voci raccolte.
Infine Find a Grave che raccoglie i
nominativi e spesso anche le foto
di oltre 100 milioni di lapidi sparse per il mondo. Oltre all’identità
della persona scomparsa, è possibile raggruppare i risultati di ricerca per data di nascita o di morte e per i cimiteri d’accoglienza.
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2004,
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da:da:
2012,
Chilolometraggio:
12’500
Carburante:
Benzina,
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da:da:
2011,
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AnnoAnno
da: 2004,
Chiargento met.,
da: 2011,
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12’500
km,km,
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Chilometraggio: 100 km, Carburante: Diesel,
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Chilometraggio: 77300 km, Carburante:
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argento,Anno
Annoda:
da:2011,
2004,ChiloChilometraggio:76800
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Anno Anno
da: 2004,
da: 2009,
Chilometraggio:
Chilometraggio:
12’500
89000
km,km,
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Benzina,
CV:
Diesel,
105,CV:
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bianco, Anno
Annoda:
da:2010,
2004,ChiloChilometraggio:
metraggio: 46600
12’500
km,
km,
Carburante:
Carburante:
Diesel,
Benzina,
CV:
CV:
235,105,
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CHFCHF
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blu met., Anno
Anno da:
da: 2004,
2009, ChiChilometraggio: 12’500
23800 km,
km, Carburante:
Carburante: Benzina,
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grigio met.,
Anno
Anno
da:da:
2004,
2010,
Chilometraggio:
Chilometraggio:
12’500
15300
km,km,
Carburante:
Carburante:
Benzina,
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Chilometraggio: 4200 km, Carburante: Diesel,
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Chilometraggio: 30800 km, Carburante:
Benzina, CV: 320, Prezzo: CHF 48’500.-.
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Chilometraggio: 36 km, Carburante: Diesel,
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Chilometraggio: 17210 km, Carburante: Benzina, CV: 147, Prezzo: CHF 22’900.-.
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Chilometraggio: 9009 km, Carburante: Benzina, CV: 200, Prezzo: CHF 32’900.-.
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Chilometraggio: 5600 km, Carburante: Benzina, CV: 328, Prezzo: CHF 43’900.-.
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Chilometraggio: 100 km, Carburante: Diesel,
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Chilometraggio: 1 km, Carburante: Benzina,
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2009, Chilometraggio: 98000 km, Carburante:
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Chilometraggio: 47800 km, Carburante:
Benzina, CV: 120, Prezzo: CHF 11’500.-.
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2005, Chilometraggio: 37600 km, Carburante:
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km,ruote
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12’500 km,
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km, Carburante:
Benzina,
Collaudo,
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CV:
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CHF1225’500.–.
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12.2010,argento,
72’800 km,
Diesel,
CV 105,
Colore
Anno
da: 2004,
ChiSPW, Gancio Traino,
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Collometraggio:
12’500 4x4,
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Benzina,
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IL CAFFÈ
23 febbraio 2014
26
tra
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Et
parentesi
ta
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e
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I RISCHI
I fattori di rischio
che possono aumentare
la probabilità
di sviluppare la malattia
Occhio alla menopausa
quando gli estrogeni
salvano dal glaucoma
Ipertensione
Tra
u
mi
sistemica
ocu
M
lari
io
pi
a
izio
os
isp
ed
Pr
ne
ed
er
ria
ita
BenEssere
La terapia ormonale sostitutiva
potrebbe aiutare a prevenire
una pericolosa patologia oculare
CRISTINA GAVIRAGHI
N
on solo per ridurre la sensazione di caldo improvviso
che arrossa il viso e fa grondare di sudore, per passare notti più riposanti, per salvare le ossa dalla fragilità
che le attende, ma anche per proteggere l’occhio dal glaucoma; ecco a cosa potrebbe servire la terapia ormonale sostitutiva. Tale cura, utilizzata dalle donne per alleviare i fastidiosi e spesso debilitanti sintomi della menopausa, diminuirebbe, secondo uno studio pubblicato su Jama Ophthalmology, il rischio di sviluppare questa patologia oculare. La
ricerca è frutto del lavoro dell’equipe di Joshua Stein, oculista dell’Università del Michigan, che ha considerato dati relativi a 150mila donne over 50, parte in terapia solo con
estrogeni e parte in cura con una combinazione di estrogeni e progesterone o estrogeni e androgeni. “Dall’analisi dei
dati - spiega Stein - è emerso che a ogni mese di terapia ormonale con soli estrogeni seguito dalle donne, corrispondeva una riduzione della probabilità di soffrire di glaucoma
pari allo 0,4%”.
Una protezione per l’occhio che sembrava accumularsi nel
tempo, visto che, dopo quattro anni, la diminuzione del rischio sfiorava il 20%. Nessun risultato analogo è stato trovato
per le altre combinazioni ormonali. Al momento si tratta
solo di aver rilevato, tra la terapia ormonale e una più bassa
incidenza del glaucoma, una correlazione e non un vero e
proprio rapporto di causa-effetto e non è certo il caso, avvertono gli esperti, di ricorrere agli ormoni per prevenire questa malattia. “Il nostro studio però - obietta l’oculista statunitense -, aggiunge altri dati alle recenti scoperte sull’effetto
degli ormoni, estrogeni in particolare, nei confronti della salute dell’occhio”. Già altri studi, condotti su animali da laboratorio, avevano mostrato come certe preparazioni a base di
I recettori presenti sulle cellule
gangliari della retina preservano
dal deperimento dovuto all’età
estrogeni avevano un effetto nel ridurre la pressione oculare.
Ed è proprio quest’ultima a entrare in gioco quando si tratta
di glaucoma. Se il liquido che circola all’interno dell’occhio
non riesce a defluire correttamente perché i canali in cui
scorre sono parzialmente ostruiti, si genera un’elevata pressione all’interno dell’occhio stesso che rischia di danneggiare pericolosamente il nervo ottico fino a portare, se non s’interviene, alla cecità. L’ipotetica azione protettiva nei confronti del glaucoma degli estrogeni sarebbe poi confermata
anche da un altro studio del 2013. Tale ricerca afferma che
Questo
nostro
a more
l’uso prolungato della pillola anticoncezionale, che agisce
riducendo l’innalzamento ciclico dei livelli di estrogeni, sarebbe correlato a un rischio di contrarre il glaucoma doppio
rispetto a quanto accade nelle donne che si affidano ad altri
sistemi contraccettivi. “Non sappiamo ancora spiegare con
precisione questi dati - nota Stein -, ma crediamo che i recettori per gli estrogeni presenti sulle cellule gangliari della retina abbiano importanza nel preservare l’occhio dal deperimento che subisce con l’età”.
Il glaucoma è una seria e subdola patologia, la seconda causa di cecità a livello mondiale. Colpisce principalmente gli
anziani spesso in modo quasi asintomatico, almeno nelle
fasi iniziali. Per salvare la vista esistono terapie in grado di
tenere sotto controllo la pressione del bulbo oculare mentre,
nei casi più seri e avanzati, serve un’operazione chirurgica.
Fondamentale è la prevenzione; gli esperti raccomandano
in chi ha superato i 65 anni un controllo oculistico all’anno,
esame che dovrebbe essere anticipato dai diabetici e da chi
ha familiarità per la patologia. Se i dati dei recenti studi fossero poi confermati, anche chi per vari motivi, dalla menopausa all’assunzione della pillola contraccettiva, presenta
un calo nei livelli di estrogeni dovrebbe prestare maggiore
attenzione alla salute dei propri occhi.
La risposta di Linda Rossi
Si riappropri della sua sessualità,
è un peccato rinunciare al piacere
I
n effetti il fenomeno esiste e se
penso alle persone che mi
consultano lo ritrovo in particolare nelle donne, raramente negli uomini. Senza presentarsi
sempre sotto forma di una scelta
radicale, molto donne sposate, o
che convivono, dopo un certo
tempo non provano più desiderio
sessuale. Molte di queste ammettono che se fosse per loro ne farebbero tranquillamente a meno,
ma acconsentono ad avere dei rapporti perché sono consapevoli che
“il partner ne ha bisogno” e inoltre
“è un bravo marito o compagno,
un bravo padre” e gli vogliono
bene.
In generale mi consultano per capire quello che succede loro e anche perché vogliono essere rassicurate sul proprio sentimento
amoroso. A volte questo fatto può
essere dovuto all’insoddisfazione
che la donna trae dagli incontri
erotici, ma la maggior parte delle
volte tutto va bene, ma lei non
sente lo stimolo. Per quanto riguarda gli uomini, visto che anche loro possono fare la scelta “no
sex”, da un paio di testimonianze
riportate nell’articolo emerge il
fatto che questi giovani rinuncia-
La lettera
Temo di far parte di quell’esercito
di persone che si definisce “no sex”
H
o 47 anni e sono stata molto colpita da un articolo apparso recentemente su Amica, rotocalco femminile
italiano. In questo articolo si parla del fenomeno “No
sex”, ovverossia delle persone che hanno deciso di astenersi
dal fare sesso. Sembra, a detta di uno studioso del fenomeno,
che in tutto il mondo ci siano già sessanta milioni di persone, soprattutto donne, che
hanno fatto questa scelta. È
Scrivi a LINDA ROSSI
persino stato lanciato un
psicoterapeuta e sessuologa
punto di riferimento on line
Posta: Linda Rossi – Il Caffè
per asessuali, l’Asexual VisiVia Luini 19 - 6600 Locarno
bility and Education Network, i cui membri registrati
E-mail:
sono quarantamila.
[email protected]
In questo articolo vengono
riportate alcune testimonianze in una delle quali mi sono particolarmente riconosciuta. Una trentottenne sostiene di aver fatto questa scelta
per proteggersi dalle molte delusioni subite negli incontri
con uomini. Dice di stare molto meglio così e che il suo desiderio si è affievolito. È proprio quello che è accaduto a me.
Pensavo di non essere normale, di essere un caso isolato invece scopro di essere in buona compagnia.
no alla sessualità relazionale ma
non a quella personale, per necessità ormonale, sebbene ci siano anche uomini che sostengono
di non praticare nemmeno più
l’autoerotismo. Nell’uomo questo
fenomeno può essere dovuto al
fatto che a lui sembra difficile, talvolta impossibile, soddisfare una
donna, oppure al suo modo eccitatorio più facilmente praticabile
nella sessualità personale che in
quella relazionale. Senza dimenticare che con l’accesso a certi siti internet la ricerca di stimoli eccitanti
è alquanto facilitata, mentre con
una donna reale è richiesto un
maggiore sforzo di ascolto e comprensione. È terribile da dire, ma è
proprio quello che ho capito e che
ipotizzo accada nell’incontro con
una partner.
Ne dedurrei che questa scelta al
maschile sia una rinuncia dal cercare di ascoltare, esprimersi e
quindi capirsi l’un l’altro. Nella
donna direi che si tratta invece di
una mancata appropriazione della sua sessualità, lacuna colmabile ma con un appropriato lavoro
su di sé. A lei la scelta, che comunque non è mai per forza definitiva.
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IL CAFFÈ
23 febbraio 2014
27
tra
Usain
Bolt
parentesi
Valentino
Rossi
Il gesto ad indicare
il cielo dopo i suoi
successi su 100 e
200 metri è ormai
da leggenda
Il Dottore resta
accovacciato
accanto alla sua
creatura per trovare
la concentrazione
Michael
Schumacher
Il salto sul podio per
festeggiare le sue
molte vittorie lo ha
fatto diventare
un’icona sportiva
IL FENOMENO
Indicano il cielo, mimano, urlano.
E si trasformano in messaggi
che la pubblicità sfrutta a meraviglia
Stanislas
Wawrinka
Si punta il dito alla
tempia, si prende a
pugni da solo. Per
essere più solido
mentalmente
Didier
Cuche
Spesso imitato, mai
eguagliato nel suo
lanciare lo sci per
aria dopo l’arrivo
nelle discese libere
Quei gesti da sportivi
che diventano icona
Superstizioni, riti e manie dietro le abitudini dei grandi atleti
Rafael
Nadal
Maniacale nel
posizionare le
bottiglie sul campo
per rendere i suoi
gesti “consueti”
Ronaldinho
Indice al cielo
anche per il grande
calciatore brasiliano
ad indicare la sua
fede religiosa
MASSIMO SCHIRA
A
nche se sembra non fermarsi mai,
pure il dorato mondo dello sport ad
altissimo livello vive di istantanee, di
momenti fermi nel tempo. Che nascono in gran parte dalla gestualità
dei grandi campioni, che spesso vedono trasformato un loro “tic”, una loro abitudine, in un gesto
copiato e addirittura sfruttato a livello di marketing globale. Un esempio su tutti, la celeberrima
schiacciata di Michael Jordan, diventata icona
stessa della pallacanestro, ma anche fortunatissimo logo per i prodotti legati al basket dell’americanissima azienda con il marchio a forma di “virgola”. “Nel caso degli sportivi, il gesto è importante perché gran parte del pubblico osserva da lontano - spiega l’antropologo Marino Niola -.
Quindi il corpo dell’atleta diventa una sorgente
diretta di messaggi e di segnali. Diventa facilmente iconico”.
A sostenere ulteriormente questa tendenza, oltre
ad una crescente fantasia dei singoli sportivi, anche il fatto che i calendari sono sempre più fitti.
Quindi le occasioni per far diventare “abitudinario” il gesto, si sprecano. “Non dobbiamo dimenticare che gli atleti sono spesso
parecchio superstiziosi - osserva ancora
l’antropologo -: come altro definire, altrimenti, gli allenatori che si vestono sempre
nello stesso modo, con lo stesso cappotto
‘portafortuna’ o che accendono la sigaretta ad
un determinato momento della partita? Oppure i giocatori che ripetono ogni volta la stessa serie di gesti prima di entrare in campo? Sono mille
piccole cerimonie, che diventano famose”. Gestualità, riti, superstizioni, certo. Ma spesso anche un modo per mantenere la concentrazione
attraverso un’immersione nel “proprio ambiente”. Come quando il tennista Rafael Nadal sistema
con precisione maniacale le bottigliette d’acqua e
di energetico davanti alla sua panchina sul campo durante le partite. Rituali spesso legati ad un
momento positivo che aiutano l’atleta a ritrovare
le sensazioni che l’hanno condotto al successo.
Dalla “diretta televisiva” al marketing, il passo è
ormai sempre più breve. Basti pensare, tanto per
fare un altro esempio, all’utilizzo pubblicitario
dello sci lanciato per aria da Didier Cuche al terSimon
Ammann
mine delle discese libere. Diventato, terminata
Il suo mimare il volo
la carriera agonistica del neocastellano, occacon gli sci dopo i
sione per una compagnia d’assicurazione di
successi olimpici lo
sfruttare l’immagine del pluri vincitore di Kitzha reso conosciuto
bühel. “Dal gesto all’emblema, per arrivare ai lonel mondo
ghi - conferma Niola -; l’industria dello sport, in
particolare, così come quella del marketing in generale, hanno bisogno di segni riconoscibili in
modo immediato. Segni che potremmo definire
come ‘gesti ad alta definizione’ che lo sport usa
per proseguire nel suo sviluppo attraverso la
grande visibilità che questo mondo ha conquistato a livello mediatico”.
E se in passato i gesti potevano nascere in modo
spontaneo, dettati dalla genialità del singolo o
magari semplicemente dall’istinto, oggi si va
sempre più verso uno studio degli atteggiamenti.
Per scovare la soluzione capace di trasformare
l’atleta “solo” sportivo in personaggio a tutto tondo. Una tendenza figlia dello sport spettacolo in
cui l’immagine conta (quasi) quanto le prestazioni, soprattutto perché attraverso i contratti pubblicitari e gli sponsor, gli sportivi - e il loro entourage - guadagnano cifre sempre più impressionanti che fanno diventare la per- Michael
formance solo uno dei vari aspetti di cui
Jordan
La schiacciata di
tenere conto.
mister “Air” è
[email protected]
diventata anche un
Q@MassimoSchira
preciso marchio per
gli sportivi
I marchi
Ronaldo e Federer
campioni in affari
grazie alle iniziali
N
on di soli gesti è fatto il successo pubblicitario
e manageriale dei grandi sportivi. Due esempi
spiccano nel dorato mondo delle competizioni
ad alto livello. Quello del calciatore brasiliano Ronaldo e quello del tennista elvetico Roger Federer.
Entrambi sono accomunati da una scelta precisa:
sfruttare le proprie iniziali. Alla fine degli anni
Tina
Novanta, Ronaldo “Fenomeno” vara la prima
Maze
versione della sua marca di abbigliamento
La capriola all’arrivo
dopo le vittorie è un
sportivo, la “R9”, accostando all’iniziale del
marchio di fabbrica
suo nome (in assenza di cognome) il suo storiper la campionessa
co numero di maglia. È un successo planetario slovena di sci
spesso in collaborazione con Nike, azienda ame-
ricana abilissima nello sfruttamento dell’immagine
dei “suoi” campioni - che rende l’attaccante verdeoro uno degli sportivi più ricchi in circolazione.
Passa qualche anno, ed ecco un’altra “R” importante far capolino nel marketing sportivo. Quella del
Roger nazionale, che aggiunge semplicemente la
“F” del cognome per creare il marchio “RF” e il suo
logo, conosciuto ormai a livello planetario grazie
agli enormi successi del tennista basilese. Un
“brand”, anch’esso legato a Nike, storico sponsor
del campione rossocrociato, che rende moltissimo
in termini economici anche alla fondazione benefica che porta il nome di Roger Federer.
m.s.
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Il profumo dei campi di lavanda, i colori di
una natura rigogliosa, il clima mite: questa
è la Provenza, la zona del sud della Francia
che si trova tra la Costa Azzurra e la Camargue, da sempre amata dagli artisti di tutto il
mondo per gli innumerevoli spunti creativi
che sa offrire, tanto che ancora oggi ogni
angolo delle città e dei villaggi è testimonianza del passaggio di grandi maestri, da
Van Gogh a Cézanne, da Gauguin a Picasso. Ecco, allora, che AutoPostale organizza
un viaggio per immergersi in questa atmo-
Con Autopostale nel sud
della Francia, tra la Costa
Azzurra e la Camargue
sfera così dolce e così particolare dal 9 al 13
aprile 2014.
Prima tappa è a Saint Tropez con arrivo dal
Ticino, passando dal Lago Maggiore e dalla
Riviera Ligure. Saint Tropez è nota località
del jet-set che può essere vista anche sotto
la luce artistica perché, dopo la passeggiata
alla scoperta della cittadella (la parte antica), del porto e di Place des Lices, è in programma la visita al museo dell’Annonciade, testimonianza di quanto Saint Tropez
sia stato uno dei centri più attivi dell’avanguardia artistica all’inizio del ventesimo secolo con una superba collezione di quadri
di quel periodo caratterizzato dall'arrivo del
pittore Paul Signac che persuase Matisse,
Bonnard e Marquet, grandi esponenti del
fauvismo e del pointillisme, a venire a ispirarsi qui. Da allora, la città è stata meta di
artisti e intellettuali parigini. L’Annonciade
è una vecchia cappella chiusa durante la Rivoluzione e restaurata per diventare museo
nel 1955. Dopo Saint Tropez si raggiunge
Cavalaire sur Mer, un affascinante paradiso
rannicchiato ai piedi dei Monti dei Pradels
(524 metri) che gode di un clima eccezionale. La cena libera è in programma in uno dei
locali tipici del romantico porticciolo. Attraverso un magico paesaggio si raggiunge
Marsiglia, città cosmopolita e vivace, la più
grande della Francia meridionale, oltre che
primo porto del Paese e del Mediterraneo e
quarto a livello europeo. La visita guidata
passa dalla Corniche (cioè il lungomare), la
basilica Notre Dame de la Garde e il pittoresco Estaque, porticciolo che si trova all’estremità settentrionale della città.
Da Marsiglia si passa a Martigues, da molti
considerata la Venezia della Francia, città
che si estende metà sull'acqua e metà sull'immenso Etang de Berre (Stagno di Berre), punto di riferimento da sempre per
molti pittori che si trova a metà strada fra
Marsiglia, le Calanques e la Camargue. Da
qui si prosegue per Arles e Saint Remy de
Provence con visita al sito romano di Glanum. Fra i più importanti di Francia, questo
eccezionale monumento gallo-romano é
molto ben conservato sia nella struttura sia
nelle decorazioni. In questi luoghi si possono ammirare i paesaggi che hanno ispirato
Van Gogh in alcuni dei suoi quadri più famosi come "Notte stellata" e "La terrazza
del caffè la sera".
Ma una nuova meta regala emozioni molto
particolari: ecco Avignone, la città dei papi,
che ancora conserva le mura e il centro storico, costituito dal Palazzo dei Papi, dal
complesso episcopale e dal famoso ponte,
dell’omonima canzone. Il Palazzo dei Papi,
fortezza dall'aspetto austero ma sontuosamente al suo interno da Simone Martini e
Matteo Giovannetti, domina la città, mentre
molto caratteristica è Place de l’Horloge,
punto di riferimento per artisti e intellettuali. La cena è libera in una tipica “brasserie”.
Ultima tappa a Cannes, città frizzante, affascinante e di gran classe, famosa per il Festival internazionale del cinema che offre ai
turisti la passeggiata sulla Croisette e la visita al Palais des Festivals. Non solo vip ma
anche artisti in questa meraviglia della Costa Azzurra. Da qui si parte per il ritorno in
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IL CAFFÈ
23 febbraio 2014
LA TECNOLOGIA
L’ARTE
L’INCONTRO
BANDA LARGA
PER LAVORARE
ALLA VELOCITÀ
DELLA LUCE
STANDO SEDUTI
IN SALOTTO
SI VISITERANNO
TUTTI I MUSEI
GARATTINI:
“HO GIÀ 86 ANNI
MA NON FINISCO
MAI D’IMPARARE”
ALLE PAGINE 30 e 31
A PAGINA 33
VITALI A PAGINA 38
tra
virgolette
RIFLESSIONI D’AUTORE
CULTURA | POLITICA | STILI | SPORT | INCONTRI
Sulle parole
frontaliere
e padroncino
si è plasmato
un comune
sentire
che sbocca
in un lessico
quotidiano
di ostilità.
Una retorica
populista
che rinfocola
timori e livori
Linguaggio
UNA SETTIMANA
UNA PAROLA
LIBERO D’AGOSTINO
P
er i dizionari della lingua italiana, “frontaliere”
è il lavoratore che quotidianamente deve varcare un confine per lavorare. Ma in Ticino la parola non ha più questo significato. Anni di assillanti campagne ne hanno manomesso l’accezione originaria. Qui, frontaliere è chi per quattro soldi
ruba il lavoro ai residenti, chi viaggiando con la sua auto
intasa le strade, inquina e, magari, posteggia abusivamente, paga meno tasse di quante dovrebbe pagarne e
per di più non spende e non consuma nel cantone. Un
flusso incessante di allarmi, appelli e richieste ha solidificato un sostrato emotivo di paure e rancori, sedimentando nella percezione comune e nel linguaggio corrente, soprattutto politico, questa immagine del frontaliere.
Attorno ad esso si è costruita una narrazione quotidiana
che, non distinguendo il vero dal falso, i problemi reali da
Il flusso continuo di allarmi e appelli
ha creato un clima di emergenza con
un sostrato emotivo di paure e rancori
quelli sovraesposti, ha alimentato risentimenti diffusi,
creando un clima emergenziale su cui si sono orientate
l’opinione pubblica e le scelte politiche. Frontalieri sono i
voraci topastri che rosicchiano il formaggio ticinese e che,
assieme ai padroncini, proclamano l’occupazione del
mercato del lavoro cantonale. La parola si è ormai caricata di una valenza negativa, con forti connotazioni dispregiative, al punto di condizionare modi di pensare e di
fare. Una distorsione semantica nel discorso politico che
si trasfigura in forma sociale.
È la potenza della parola nella lingua della politica, che
non si limita a rappresentare ed argomentare la realtà, ma
spesso la crea, perché attraverso il discorso pubblico si
contribuisce a formare opinioni e schieramenti, appartenenze ed esclusioni, alleanze e ostilità, identità e diversità. Ed è questa la forza della retorica populista, capace di
vellicare pulsioni e frustazioni, di rinfocolare timori e li-
vori, soprattutto tra quanti ogni giorno si arrabattano tra
mille difficoltà. Un discorso povero di pensieri, ma ricco
di slogan con un forte impatto simbolico: “Il lavoro ai ticinesi”, “Salviamo il Ticino”, “Stop ai frontalieri”, “Fermiamo
i padroncini”, con l’abbondante corollario di proposte mirate che, in un crescendo d’isteria linguistica, ha dominato il dibattito politico cantonale negli ultimi due, tre anni.
Non importa la verità statistica per cui nel Ticino di oggi
non c’è affatto il tasso di disoccupazione degli anni ‘90,
quanto si toccò il 9%, o che dal 2003 al 2013 qui si siano
creati 43mila nuovi posti di lavoro, certo occupati in gran
parte da lavoratori d’oltreconfine che, comunque, oltre a
mandare avanti cantieri edili, hotel, ristoranti, ospedali e
case per anziani, fanno funzionare fabbriche e fabbrichette, che altrimenti sarebbero costrette a chiudere,
mandando a spasso anche decine di residenti. Non importa se il loro costo del lavoro per l’economia cantonale
sia un vantaggio competitivo a cui sarebbe pericoloso rinunciare e che ci sarebbero già tutti i mezzi per combattere l’effetto indotto del dumping salariale. E non è nemmeno detto che studi professionali e uffici del terziario al
loro posto assumano giovani ticinesi con stipendi di gran
lunga superiori.
Meglio passare pure sotto silenzio il fatto che a chiamare i
famigerati padroncini (problema sicuramente diverso da
quello dei frontalieri), siano quegli stessi ticinesi che vogliono risparmiare e che, magari, il 9 febbraio hanno votato sì all’iniziativa udc, o quelle stesse imprese che sbraitano contro gli “indipendenti” italiani, ma gli commissionano lavori per stare bassi con i prezzi e battere la concorrenza locale. L’importante non è argomentare, bensì
inventare o ingigantire un problema, sottolinearlo ossessivamente per offrire come soluzione un capro espiatorio
da additare alla pubblica opinione.
Sulla parola frontaliere e padroncini si è così plasmato un
cumune sentire che sbocca in un lessico quotidiano di
ostilità, propalato a piena bocca da Lega, Udc e dal verde
Sergio Savoia, che adotta il frasario del Mattino come segno di rottura per ottenere più risonanza mediatica e
come autorappresentazione agli occhi del popolo leghi-
sta, presso cui vuole legittimarsi quale affidabile referente
elettorale e vero erede di Giuliano Bignasca. È il linguaggio dell’esasperazione che, distorcendo i fatti, ha imposto
nuovi codici di comunicazione articolati su dicotomie semantiche: frontaliere-residente; loro-noi; occupati-disoccupati; indigeni- stranieri, espungendo dal discorso
pubblico ogni sentimento di etica civile. Dettando in Ticino un’agenda politica ritmata dalla sintassi della chiusura
e dell’esclusione, con ulteriori derive lessicali: l’Italia che
diventa “Fallitalia”, italiano che scade in “italiota”.
Un uso improprio e degradato delle parole, ma con un’
elevata capacità di contaminazione che s’infiltra anche in
ambienti che, per storia e cultura, dovrebbero restarne
immuni. Nella politica sta dominando quel liguaggio
emozionale che rifugge dall’argomentazione ragionata,
per modularsi sui toni energici ed aggressivi, sull’enfasi e
DOMENICA
LIBERO D’AGOSTINO
DIFESA AEREA
CON ORARI
DA UFFICIO
P
er tutti, da destra a sinistra, la Svizzera non ha
fatto una bella figura con
l’aereo etiopico dirottato su Ginevra e atterrato alle 6 del
mattino sotto il controllo di
due Mirage francesi. I caccia
elvetici non erano potuti intervenire, perché le forze aeree
Una vischiosa rappresentazione della
sono operative dalle
realtà, il cui retroterra ideologico sono nazionali
8 alle 12 e dalle 13.30 alle 17.
il protezionismo e l’isolazionismo
Insomma, la difesa dello spazio aereo svizzero si assicura
solo negli orari d’ufficio. Motila reiterazione parossistica per sedurre i cittadini con le vo? La Confederazione per racose che vogliono sentirsi dire, anche a scapito della veri- gioni di risparmio non può astà. Ma soprattutto sull’autocelebrazione parolaia dei “veri sicurare una copertura 24 ore
difensori del Ticino”.
su 24. Fuori da quella fascia
Una vischiosa rappresentazione della realtà che ha come oraria la difesa aerea è garantiretroterra ideologico le miserie del protezionismo e del- ta, grazie ad accordi di collal’isolazionismo, scanditi sul registro duro dei muri sul borazione, da Germania,
confine sud e dell’ostentato rivendicazionismo verso Ber- Francia e Italia. Viene, allora,
na, brandendo la particolarità del caso Ticino. Emblema- da chiedersi a cosa serviranno
tica, al proposito, l’atmosfera da psicodramma di qualche i 22 Gripen, i nuovi aerei da
giorno fa in parlamento, con la discussione sulla richiesta combattimento, costo oltre tre
di uno “Statuto speciale” alla Confederazione. È la curva miliardi di franchi, su cui si vodi un ripiegamento territoriale ed identitario che segna terà a maggio. Forse per luuna forte regressione politico culturale, timorosa di qual- strarli negli hangar in attesa di
siasi apertura, che apparentemente crea coesione, ma in un’improbabile guerra?
realtà accentua solo divisioni, lacerando in profondità il
tessuto sociale.
IL CAFFÈ
23 febbraio 2014
31
tra
virgolette
La tecnologia
La banda larga
LETESTIMONIANZE
Vado in ufficio senza uscire di casa
Tutte le opportunità e i vantaggi offerti dalla diffusione del teleworking
Lavoreremo
alla
BOOM NEGLI USA
Negli Stati Uniti, dove
è nato il teleworking,
entro il prossimo anno
i telelavoratori saranno
più di quattro su dieci
velocità
della luce
T
elelavoratori di tutto il mondo
unitevi! Karl Marx nel suo “Manifesto” non aveva previsto un
secolo prima il fenomeno del “telework”, il lavoro a distanza reso possibile dall’avvento di internet, e sviluppatosi enormemente grazie ad una
tecnologia sempre più sicura e capillare in grado di connettere ogni angolo del pianeta. E, a quanto pare, con
reciproca soddisfazione di datori di
lavoro e dipendenti, visto che alcune
statistiche rivelano che telelavorare
non diminuisce la produttività, ma
anzi la aumenta.
Anche nel piccolo Ticino, dove il fenomeno non è ancora così diffuso, il
telelavoro fa breccia soprattutto tra i
professionisti (vedi articoli sotto): dal
fotografo Reza Khatir all’autore di libri per ragazzi Gionata Bernasconi,
fino all’esperta di digital-marketing
sanitario Laura De Biaggi.
L’improrogabile sfida della connessione ultra rapida,
dalla sanità all’e-government il futuro viaggia online
Negli Stati Uniti, infatti, dove il telelavoro è nato, si stima che i telelavoratori entro il prossimo anno saranno il
43%. Percentuale non da poco se si
considera che già oggi un americano
su quattro lavora davanti al display da
casa. Una percentuale replicata un
po’ in tutti i Paesi che stanno conoscendo il maggior sviluppo economi-
Reza Khatir, 62 anni, Minusio
co. Accade soprattutto in Asia, ad
esempio, in India dove il 57% del lavoro intellettuale è a distanza, ma anche
in Indonesia dove la percentuale di
teleworker è al 34%. Ma il fenomeno è
in forte crescita pure in America Latina (30% in Messico), senza dimenticare che un recente sondaggio internazionale ha confermato che, se glie-
Laura De Biaggi, 39 anni, Lugano
ne venisse data l’opportunità, oltre la
metà dei lavoratori di Russia, Sud
Africa e Argentina sarebbero disposti
a passare al regime di telelavoro.
Come contraltare, invece, si registra
un ritardo europeo. Un ritardo soprattutto tecnologico, legato per esempio
alla scarsa diffusione della banda larga, che ha costretto l’Ue ad autoimporsi una scadenza, il 2020, per realizzare pienamente l’“Agenda digitale”
continentale. E forse, oltre ad una garanzia di produttività, aiuterà l’idea
di un risultato ambientale positivo.
Grazie al telelavoro, infatti, gli Usa
confidano di ridurre nei prossimi due
anni i gas di scarico di nove milioni di
auto, risparmiando 280 milioni di barili di petrolio ogni anno. Senza trascurare che quattro su cinque telelavoratori si dichiarano meno stressati
da quando operano al desktop di
casa.
Gionata Bernasconi, 43 anni , Bellinzona
“Mi basta un clic “Verifico in rete “I miei racconti
per esporre le foto che reputazione volano in Cina,
a San Francisco” ha ogni medico” disegni inclusi”
M
nergia, domotica, edilizia, wifi pubblico, sanità, mobilità urbana, e-government, ricerca e formazione, sicurezza, telelavoro, e-commerce. L’accesso
ai servizi internet più avanzati e di
nuova generazione non può prescindere dalla
“banda larga”, sempre che si voglia vivere e lavorare in un cantone a “prova di futuro”, perché
solo facendo viaggiare i dati alla velocità della
luce si rende possibile l’accesso alle nuove applicazioni digitali. E non solo quelle che passano
dal computer, ma anche tutte le possibili interazioni con altri strumenti e servizi, trasformando
la regione in una sofisticata piattaforma, a tutto
vantaggio dei cittadini, capace di offrire opportunità, utilities e strumenti che migliorano l’efficienza e la competitività delle imprese, aumentano la coesione territoriale e sociale, semplificando pure burocrazia e rapporti istituzionali.
Nonostante la Svizzera sia considerata all’avanguardia nell’impiego a banda larga, non sfuggono i limiti del “digital divide” riscontrabili in Ticino, dove il divario esistente tra le aree urbane
più ricche e le periferie sprovviste di efficienti sistemi di connessione è evidente. Un divario che
anche il mondo politico avverte, e non è un caso
se il Plrt abbia da tempo presentato una mozione
che fin dal titolo, rappresenta una sfida per il futuro: “Promuovere la banda larga in Ticino”. Insomma, se come “smart city” viene identificata
la città intelligente con l’informazione giusta nel
posto giusto, al momento giusto per prendere la
decisione giusta, la banda larga ci trasformerebbe in un “cantone smart” pronto a cogliere tutte
le opportunità di un futuro sempre più imminente. In un cantone in cui si lamenta, giustamente, la mancanza di progettualità, la proposta
del Plrt offre uno sguardo lungo su nuovi scenari
di crescità. Sempre che la politica si rimbocchi
davero le maniche.
“Anche perché da un punto di vista dell’innovazione tecnologica ormai si parla di banda ultralarga - osserva l’imprenditore Davide Gai, già
patron di TicinoInformatica -. Tra l’altro la Svizzera, che sia in fibra ottica, cavo o altro sistema,
nella connessione a banda larga è all’avanguar-
Trasmissione e ricezione di dati
inviati e ricevuti simultaneamente e
con maggior qualità, sfruttando
un’ampiezza di banda superiore
LTE
Long Term Evolution, detto anche
4G, la più recente evoluzione degli
standard di telefonia per l’accesso
mobile alla banda larga
Cloud
È un insieme di tecnologie che
permettono di archiviare ed
elaborare dati utilizzando risorse
distribuite e virtualizzate in rete
Mbps megabit x secondo
Un milione di bit. È l’unità di
misura che indica la capacità
(quindi velocità) di trasmissione
dei dati su una rete informatica
E
dalle singole entità, che già non sfruttano o non
sanno usare la tecnologia di cui dispongono.
“Penso, ad esempio, alle banche dati sempre più
affidate al ‘cloud’, e dalla ‘nuvola’ presto utilizzeremo programmi e software noleggiandoli giu-
LARICHIESTA
La trasmissione dati
è la frontiera
della nuova crescita
A
LA PROPOSTA
DEL PLRT
Christian
Vitta,
capogruppo
plrt, nel 2013
sollecita con
una mozione
la banda
larga in tutto
il Ticino
lla fine del 1800 è stata la rete
ferroviaria a dare il più forte
impulso allo sviluppo del Ticino. Un secolo dopo, negli anni
1970-80, un altro grande salto in
avanti è stato fatto grazie all’autostrada che ha posizionato strategicamente il cantone sul principale
asso di transito europeo nord-sud.
Oggi la sfida è nel trasporto dei dati,
la nuova via della comunicazione
senza cui è impossibile restare competitivi. È da queste premesse che
muove la mozione presentata dal
gruppo parlamentare plrt, guidato
da Christian Vitta, che chiede di promuovere la banda larga in tutto il Ticino (vedi articolo a pagina 9). Una
mozione già accolta positivamente
dal governo, che recentemente è
stato sollecitato dallo stesso gruppo
plrt ad avviare il grande cantiere. “
Oggi non disporre della banda larga
significa rimanere isolati - ribadisce
il Plrt-, significa disincentivare l’insediamento di nuove ed innovative
attività, bloccare sul nascere il telelavoro e non frenare lo spopolamento delle valli”.
l.d.a.
LATENDENZA
Un indice per valutare l’innovazione delle città intelligenti
Entrati in una nuova era...
la “broadband economy”
S
iamo entrati nell’era della “broadband economy”, l’economia a banda larga. Dopo il Pil e i vari indicatori economici dell’Ocse, presto bisognerà fare i conti con l’Ic Index, che valuta le “Intelligent communities”: una classifica
basata sull’economia e sul business innovativo generato delle
città che hanno adottato la connetti- LE CONNESSIONI
vità veloce assicurata dalla banda
34%
32% 31%
larga. Purtroppo per ora non c’è alcuna città svizzera nella graduatoria
stilata dall’Intelligent Community
22%
Forum, che lavora dal 2002 a una vi15%
sione più business delle comunità
intelligenti mondiali. Il primato, nel
6.7%
2013, è spettato a Taichung, Taiwan,
5.0%
incoronata Intelligent Community
dell’anno. In Europa, invece, si sono
distinte l’olandese Eindhoven, la capitale svedese Stoccolma, quella
scozzese, Edimburgo, più Glasgow,
unite ad altre città europee capaci di
classificarsi, seppure non ai vertici: la greca Héraklion, Oulu
in Finlandia, l’estone Tallin, Issy-les-Moulineaux in Francia
(che ha più o meno gli stessi abitanti di Lugano) e Sunderland
nel Regno Unito.Il metro di valutazione, pur organizzato attorno all’adozione integrale della banda larga, non è tanto basato sulla diffusione della stessa, ma sulla sua economia e sul
conseguente potenziale di crescita per le città connesse.
sto il tempo che ci servono; ma per usare il
‘cloud’ in modo ottimale la banda larga è indispensabile. Oppure guardiamo all’eccellenza
sviluppata nella telemedicina, ai migliori centri
clinici in grado di far seguire in tutto il mondo i
metodi d’intervento chirugico di un luminare,
alla prevenzione sanitaria digitale a domicilio.
Un futuro dietro l’angolo, tant’è che Swisscom ha
sviluppato una sua divisione ‘health’ dedicata al
settore sanitario”.
Se per le imprese la banda larga è indispensabile
per gestire in modo competitivo nuovi accessi al
mercato, così come i servizi necessari, dalla videoconferenza al telelavoro, dall’e-commerce
alla formazione a distanza, la potenza capillare
della connesione e trasmissione dati è ormai vitale anche per tante altre attività. Inclusa una
moderna gestione del territorio: mobilità urbana, sicurezza, controllo e prevenzione di calamità in aree critiche, tanto per fare alcuni esempi.
“Senza dimenticare l’amministrazione digitale,
l’e-government che consente di trattare con efficienza tutta la documentazione con sistemi informatici - aggiunge Cristina Giotto, segretaria
dell’Ated , l’associazione
che raggruppa le aziende
Connessioni
Itc del cantone -. Ma se la
in fibra ottica
banda larga non è disposul totale delle
nibile per tutta la popolaconnessioni
broadband
zione, da Chiasso ad Airolo, non serve a molto. CoFonte: Oecd BroadBand Statistics, Dicembre 2012
sti di investimento a parte, temiamo che in Ticino
3.0% 2.5% 2.1% 1.3% 0.7%
0.5% non ci sia ancora la consapevolezza, la conoscenza delle nuove tecnologie.
Per questo l’Ated vorrebbe poter riunire gli attori
principali, per discutere
l’inevitabile percorso verso un territorio intelligente, con la banda larga protagonista da qui al
2020”. Guarda caso lo stesso 2020 che, in linea
con l’Agenda digitale europea, prevede il 100% di
copertura di internet a 30 megabit al secondo e
almeno il 50% a 100 Mbps. E attualmente, da noi,
solo il 7,5% naviga a quella velocità.
[email protected]
Q@EzioRocchiBalbi
Sp
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dia
Ita
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Broadband
dia, basta pensare che l’80% della popolazione è
coperto da Long Term Evolution (Lte), la più recente evoluzione degli standard di telefonia mobile cellulare conosciuto come 4G”. Ma il problema, secondo Gai, è che le iniziative dipendono
an
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EZIO ROCCHI BALBI
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Sv
izz
era
Gr
leparole
entre descrive al Caffè
il suo modo di concepire il telelavoro, sta
trasmettendo a San Francisco
gli originali delle sue foto che,
stampate secondo le sue disposizioni su appositi pannelli, saranno in bella mostra in una
galleria della California.
“E senza muovermi dalla mia
abitazione di Minusio - dice divertito Reza Khatir, fotografo di
fama internazionale e docente
di Comunicazione visiva alla
Supsi -. A volte mi chiedo quanto della mia professione sia inevitabilmente legato all’evoluzione tecnologica, alla possibilità di usufruire di connessioni
veloci, potente e sicure. Posso
collegarmi, con un clic, ai server degli editori di mezzo mondo e consegnare in un attimo le
mie foto, in originale si intende,
che non ‘pesano’ mai meno di
50 megabyte l’una”.
Senza considerare la possibilità
di confrontarsi, magari in vi-
“Sono collegato ai server degli
editori di mezzo mondo, ogni mio
originale ‘pesa’ almeno 50 Mb”
deoconferenza su Skype, con
committenti e agenti in una delle tante lingue che conosce. E
tutto senza muoversi dalla sua
poltroncina. “Naturalmente,
quando non lavoro in studio,
esco per realizzare i miei servizi, ma il resto avviene tutto qui aggiunge Reza -. Senza dimenticare che le camere di ultima generazione consentono, con una
schedina 4G incorporata, di trasmettere in tempo reale le foto.
Direttamente dallo stadio o da
uno scenario di guerra, e pure
geolocalizzati dalla teconologia
Gps”. Poi c’è il ‘cloud’, il grande
archivio virtuale che immagazzina tutti i suoii files: “E io confesso di essere paranoico: sono
terrorizzato all’idea di perdere
l’archivio dei miei lavori e mi
sono circondato di tutta una serie di hard disk con la copia della copia della copia... Non si sa
mai, meglio avere anche la ‘nuvola’”.
“I
l mio ufficio potrebbe essere ovunque nel mondo, anzi ora è qui sulle
mie ginocchia: il mio laptop”. La
39enne Laura De Biaggi, che a
Lugano ha fondato il gruppo
delle “Ticino Girl Geek Dinners”
con il patrocinio della Supsi,
crea progetti di comunicazione
personalizzati nel settore medico-sanitario. Servizi per la salute direttamente sul web, facendo incontrare la domanda di informazione medica con i professionisti e le strutture. Il tutto
senza muoversi da casa. “Beh,
fatta eccezione per gli incontri,
l’esigenza di confrontarsi di persona - precisa Laura -, altrimenti
tutto il mio lavoro si sviluppa
online, dal monitoraggio della
reputazione di un medico alle
analisi statistiche, alla comunicazione
medico-scientifica”.
L’unico problema, per la professionista della comunicazione
digitale, è che la potenza della
connessione è disponibile a
“I più sicuri database della
comunicazione medico-scientifica
sono raggiungibili grazie a cloud”
macchia di leopardo. “È un limite tecnologico; purtroppo non
sempre si hanno i 100 mbs della
banda larga - spiega -, e soprattutto nella e-medicina serve
grande potenza anche perché le
migliori banche dati, quelle più
sicure sono ormai cloud”.
Il telelavoro sanitario, per
l’esperta, è destinato ad avere un
enorme sviluppo. “Sicuramente, basta pensare alle opportunità offerte dalla ‘video-surgery’
che è destinata a dilagare - spiega -. Seguire online un intervento chirurgico ultraspecialistico,
eseguito da un mago del bisturi
è un’enorme opportunità per la
formazione, soprattutto in quei
Paesi i cui chirurghi non hanno
possibilità di assistere in sala
operatoria e che si ritrovano in
teleconferenza. E parlo di filmati che è possibile postare a livello globale, magari con ‘Vimeo’
che garantisce video di alta qualità”.
S
ono lontani per l’autore
bellinzonese di storie per
bambini Gionata Bernasconi, i tempi in cui doveva recarsi di persona dagli editori con
le tavole originali frutto della sua
fantasia. La paura era sempre
quella che poi andassero perse e
con loro ore e ore di lavoro. “Grazie alla tecnologia non è più un
problema - dice il 43enne punta
di diamante della collana Einaudi ragazzi -. Oltre alla scansione
dei disegni, che vengono teletrasmessi senza perdere una sfumatura di colore, poi, anche le
mie storie vengono viste e riviste
rispettando esattamente le caratteristiche delle pagine che
avrà il libro, a seconda dell’editore”.
Così, senza muoversi dalla sua
casa nel centro di Bellinzona,
Bernasconi può seguire passo
per passo la stampa dei suoi racconti, in maniera istantanea e sicura, in ogni parte del mondo.
“Naturalmente non rispondo per
“Una volta dovevo andare di
persona nelle case editrici con le
mie tavole. Ora fa tutto la Rete”
le traduzioni, soprattutto in cinese - commenta divertito -. E queso vale per Paesi come Olanda,
Cina o Turchia, paesi che hanno
pubblicato i miei ‘Berta e Girolamo’ e ‘Il presidente della foresta’.
E tutto con un livello di professionalità impeccabile; basta pensare che, dalla mia scrivania o
dal tavolo di disegno, posso collegarmi al sistema editoriale della casa che pubblicherà le mie
storie. E posso anche interagire,
con commenti, correzione di
bozze, suggerimenti grafici...”. Insomma un bravo autore può lavorare anche in un piccolo cantone, alla “periferia dell’impero”
editoriale e ritrovarsi letto in regioni della Terra dove, senza l’ausilio delle tecnologie moderne, le
possibilità di accesso sarebbero
state a dir poco limitate. “Il telelavoro è una grande facilitazione,
ma oltre alla professione mi permette un contatto privilegiato
con la famiglia”.
o.r.
32
LE
RICE
TTE
tra
virgolette
Al cioccolato
Al gruyère
Lavorare 180 g di burro fuso con 160 g di zucchero, 1 cucchiaino
di estratto di vaniglia e un pizzico di sale, fino ad ottenere una
crema morbida. Aggiungere 4 uova. Unire 470 g di farina
setacciata con 30 g di cacao amaro e 1 bustina di lievito per dolci,
alternandola a 250 g di latte. Lavorare l'impasto fino ad ottenere
un composto liscio ed omogeneo. Riscaldare la piastra per waffle e
quando raggiungerà la temperatura mettere due cucchiaiate di
impasto, chiudere e lasciar cuocere per circa due minuti.
Frullare 200 g di farina, 2 uova, 60 g di gruyère
grattugiato, 1 cucchiaino di sale, 60 g di burro fuso, 1
bicchiere di latte, ½ cucchiaino di sale e un pizzico di pepe
nero fino a ottenere una pastella liscia. Lasciar riposare per
un’ora. Trascorso questo tempo, scaldare la macchina per
waffle, versarvi un mestolo di impasto e cuocere i waffle 1
minuto per lato. Servire con affettati, verdure grigliate,
formaggi o miele.
In quei quadretti
il gusto del dolce
fa ancora più gola
C
roccante fuori, morbida dentro, dolce e salata, umida e asciutta, semplice e farcita,
circolare e quadrettata. La cialda è la quadratura del cerchio gastronomico. A guardarla somiglia a un favo. E proprio nido d’ape significava
gaufre nel francese antico. Certo è che questo dolce umile e sontuoso è la quintessenza delle virtù
fiamminghe. Logico e fantasioso come un labirinto di Escher. Parsimonioso e seducente come una
beghina di Bruges, quelle con la pelle candida e le
guance porporine dei quadri di Vermeer.
Anche se le gaufres, alla belga, o i waffel, all’olandese, sono considerati una gloria dolciaria dei
Paesi Bassi, la semplicità di questa preparazione
è garanzia di una origine antichissima. Che molti
fanno risalire agli obelía che gli antichi Greci offrivano a Dioniso, dio del vino. Una tradizione
ereditata da san Martino l’erede cristiano del nettare degli dèi. Non a caso le cialde si vendevano
sul sagrato delle chiese nel Sint Marteen dag, cioè
l’undici novembre quando si aprivano le botti.
Perché, come recita l’adagio, ogni mosto diventa
vino. Ma le Fiandre non finiscono in Belgio.
Quella favolosa civiltà di mercanti e tessitori, di
cambiavalute e di importatori di spezie si estendeva anche in Francia. Basta andare nella verticalissima Lille e nella compunta Arras per respirare odor di vaniglia, di virtù domestiche e di denaro sonante. E se Bruxelles e Liegi si contendono la corona di regina delle gaufres, Lille è
certamente la principessa della cialda. Grazie al
mitico Meert che dal 1761 arroventa i ferri per
stampare delizie quadrettate. Il generale De
Gaulle che era nato lì, ne andava letteralmente
matto. Zucchero, burro e vanille Bourbon. Mentre nella vicina Arras, patria di Robespierre, Sébastien Thibaut vi manda letteralmente in estasi
con le sue cialdine alla crème cassonade, dove i
cristalli di zucchero grezzo crepitano come fuochi d’artificio del sapore.
Ma anche la casalinga Nutella quando cola negli
alveoli fragranti non fa prigionieri. Insomma che
sia alta pasticceria o fatto in casa, il dolce a quadretti ha la bontà irresistibile dei semplici.
di
CAROLINA
Ingredienti per 20 pezzi
- 2 uova
- 80 g di
zucchero semolato
- mezza bacca
di vaniglia
- 60 g di burro fuso
- 180 g di farina
- 1/2 cucchiaino
di lievito
- 185 ml di latte
Waffle classici
ELISABETTA MORO
LA RI ETTA
oltreilcibo
Gaufres. Waffel. La cialda croccante
fuori e morbida dentro, dolce o salata,
in cucina è la quadratura del cerchio
Montare gli albumi a neve ben ferma.
Mettere i tuorli, lo zucchero e i semini
della bacca di vaniglia in una ciotola e
mescolare bene. Aggiungere il burro
fuso e mescolare. Aggiungere la farina e
il lievito precedentemente setacciati e
amalgamare. Unire il latte a filo e
incorporare gli albumi montati a neve
dal basso verso l'alto in modo che la
pastella non si sgonfi. Per la cottura
seguire le istruzioni del baker elettrico.
Una volta pronti, quelli che avanzano,
lasciarli raffreddare e poi congelarli stesi
su un vassoio in modo che non si
attacchino tra loro. In questo modo
basterà scaldarli su una piccola griglia o
nel tostapane per gustarli in qualsiasi
momento.
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KKKB<>G4C3<D2@J>GB2; " ’) $&)! ’&%$&! ! )$+$))! $& +,++! %! #%$%$(
IL CAFFÈ
23 febbraio 2014
33
tra
virgolette
IL PROGETTO
L’arte
Le nuove tecnologie
Visito i musei
restando
nel mio salotto
GOOGLE ART PROJECT
è una raccolta online di
immagini in alta risoluzion
di opere d’arte esposte in e
vari
musei in tutto il mondo
57
mil
a
430
mil
a
le opere
le galleri
digitalizzate in alta person e
ali create
risoluzione dal
dagli utenti
2011 di cui 73 in
7 gigapixel (7
miliardi di pixel)
7.4
milioni
400
gli iscritti alla
i musei
pagina Google+ di 50 Paeaderenti
si, tra
dedicata all’Art
cui:
Project
• National
Gallery e Tate
Britain, Londra
TRA LE OPERE DIGITALIZ
ZATE:
La Torre di Babele di Pieter
No woman No cry
Brueghel (Kunsthistorisches
di Chris Ofili (Tate
Museum, Vienna)
Britain, Londra)
La caccia agli appassionati d’arte
va in mostra su Google Art Project
V
consente anche una visita
virtuale delle gallerie in cui
sono esposte, grazie alla stes
tecnologia utilizzata dal progettsa
o
Street View
• Metropolitan
Museum of
Art, New York
• Uffizi, Firenze
• Musei
capitolini,
Roma
• Ermitage,
San Pietroburgo
buona dose di scetticismo nei confronti di iniziative digitali come quella servita su un piatto d’argento dall’Istituto culturale di Google, che ha messo a punto software e tecniche interattive per catalogare e vedere (virtualmente) nei minimi dettagli
un enorme numero di capolavori dell’umanità:
57mila opere disseminate in 50 Paesi. Lanciata
meno di due anni fa, sono già più di sette milioni
gli abbonati al Google Art Project, e se molti temevano che la visita virtuale sostituisse quella fisica,
dovranno ricredersi. Stando al boom statistico dei
visitatori, pare che più opere online si trovano, più
cresce il desiderio di vederle dal vivo. “Infatti c’è
una lucida visionarietà contemporanea in questi
nuovi modi di visitare un museo – spiega il luganese Alex Dorici, che ha avuto l’idea di accompagnare la collezione di Serge Brignoni, appena conclusa con un gran successo di pubblico, coinvolgendo il pubblico con dimostrazioni di tecniche di
stampa originali come la calcografia -. E non è una
moda, ma il tentativo di creare situazioni diverse
perchè l’arte non abbia come spettatori i soli ‘addetti ai lavori’. È una visione più ampia, attenta alle
collaborazioni esterne, ai gusti più giovani e capace di proporre eventi collaterali, serate concerto,
happening che sono decisamente più affascinanti
e attrattivi delle classiche visite guidate”.
e.r.b.
ia la polvere dai musei, che diventano
sempre più su misura, coinvolgenti, e
con nuovi modi di allestire le mostre.
Strategie espositive mirate che presto
saranno indispensabili per reggere
l’impatto del più grande museo del mondo: il seppur virtuale Google Art Project. Anche la nuova
piattaforma del gigante di Mountain View, con oltre 57mila opere digitalizzate, in fondo rappresenta una forma inedita di immergersi nell’arte, e non
a caso nel progetto rientra anche il Max Museo di
Chiasso, forse il più innovativo e multimediale dei
musei ticinesi.
La caccia al “nuovo” visitatore, non più necessariamente l’appassionato d’arte, è aperta. E bisogna
riconoscere che le diverse formule adottate dai
curatori delle mostre non lesinano nè in fantasia,
nè in versatilità. Persino l’austera Pinacoteca di
Brera ha fatto firmare al regista Ermano Olmi un
nuovo, scenografico allestimento di due dei suoi
maggiori capolavori: il “Cristo morto” di Andrea
Mantegna e la “Pietà” di Giovanni Bellini. Una visione originale che rivoluziona i tradizionali criteri museali come già sperimentato, sempre a Milano, a Palazzo Marino che s’è permessa il lusso di
offrire, e gratis, un solo capolavoro – “La Madonna
di Foligno” di Raffaello – attirando in pochi giorni
240mila visitatori. Ma da Parigi a Londra, da Roma
a Torino dove sono multimediali le sale del museo
di Storia e pure quello di Scienze naturali, è il concetto di allestimento in generale che è rivoluzionato. Video opere, happening, installazioni,
scotch drawing per accompagnare il percorso,
contaminazioni di urban art, performance, serate
evento e musicali, aperitivi in tema ed esposizioni-game solo per bambini... Insomma, nulla viene
lasciato d’intentato pur di attrarre nuovi visitori,
accompagnandoli quasi per mano alla ri-scoperta
degli spazi depositari dell’arte. “E non sono certo
espedienti, visto che la museologia moderna, che
ha tolto la polvere ai musei, è una disciplina universitaria come la ‘museotecnica’ – dice Nicoletta
Ossanna Cavadini, direttore del Max Museo -.
Ogni società ha il museo che si merita, sosteneva il
famoso gallerista Karsten Schubert, e noi viviamo
in una società sempre più mediatica. È giusto che
un museo diventi anche la storia di un’idea, non
più relegato al suo ruolo classico, normalmente
solo conservativo, delle opere d’arte. Ci si deve aggiornare, cercando sempre più interazione col
pubblico, soprattutto con i visitatori più giovani, i
neofiti, coinvolgendoli con nuove proposte. Nuovi
linguaggi, dunque, e non a caso anche il nostro
sito web è stato creato e modellato su misura dagli
studenti della Supsi”. Il tutto con buona pace di chi
- come il Louvre e il Pompidou – alimenta una
LACURIOSITÀ
Il boom turistico e culturale delle più famose rassegne dedicate al mondo dello sport
Le opere degli artisti del pallone
attraggono un tifo da curva nord
C
OLIMPICI A LOSANNA
Il Museo Olimpico
a Losanna ogni anno
ha 200mila visitatori
he i musei rappresentino
un fiore all’occhiello del
turismo culturale è un dato
di fatto, ma a che a spopolare siano quelli completamente privi di
quadri, sculture o vestigia storiche è una novità. Quello dei musei dedicati allo sport , invece, è
un fenomeno che sta assumendo
dimensioni sempre più significative nel panorama dell’attrazione
turistica internazionale. A partire
dal Museo Olimpico di Losanna,
entrato ormai nell’immaginario
collettivo degli appassionati, al
punto che per il suo rimodernamento sono stati stanziati ben 20
milioni di franchi. Non a caso,
però, coi suoi 200mila visitatori
all’anno è tra i musei più visitati
del Paese. E l’offerta elvetica è destinata a raddoppiare, con la nascita a Zurigo del Museo della
Fifa, la Federazione mondiale di
calcio, che vedrà la luce nella prima metà del 2015 e, stando alle
parole del presidente Sepp Blatter, sarà “un autentico punto d'incontro e ricordo per il calcio e i
suoi milioni di tifosi”.
Un fenomeno dalle dimensioni
globali. Basta pensare al museo
del team di football Barcellona,
che con i suoi 1,7 milioni di visitatori annui è il terzo più visitato
dell'intera Spagna dopo il Prado e
il Museo Reìna Sofia di Madrid.
A pochi chilometri da Lugano,
poi, c’è San Siro il terzo stadio più
visitato d’Europa abbinato al museo Milan-Inter che ogni giorno
richiama migliaia di visitatori e
chiude solo a ferragosto. E tre visitatori su quattro sono stranieri.
e.r.b.
INSVIZZERA
In una sola
applicazione
tutte le App
“espositive”
Q
ualche atelier, molte esposizioni che si dichiarano interattive, l’immancabile app
che, almeno, assicura la geolocalizzazione del museo, ma – se si parla
nuovi di modi di allestire le mostre –
la ricca offerta nazionale sembra ancora ancorata alle “audioguide” degli anni Ottanta. Fatte poche eccezioni, infatti, i
musei svizzeri
(che pure accolgono più di dodici milioni di
spettatori ogni
anno) non sono
ancora
stati
“contagiati” dalle nuove strategie della museologia moderna
dove, a quanto
pare, il Ticino risulta all’avanguardia. Eppure
l’Associazione
dei musei svizzeri ha sviluppato, in collaborazione con Pixel
Trade, un applicazione
per
iPhone che raggruppa tutte le
app mobili disponibili sul patrimonio museale elvetico. E permette di localizzare ben 1095 musei
sul territorio. Poche, però, le sale
rossocrociate che hanno adottato
concetti di allestimento più innovativi, formule che prevedano interazioni originali col pubblico, soprattutto con i visitatori più giovani. L’eccellenza spetta al Zentrum Paul
Klee di Berna, che propone visite
multimediali, percorsi evento, musica e performance in tema. E con
tanto di app dedicata, Museuum
Bern, che offre anche un panorama
di tutte le mostre nella capitale.
Originale anche la formula del Museo di storia di Lucerna, con un ben
rodato
“deposito
espositivo”
(Schaudepot), con tutte le opere accompagnate da un codice a barre
leggibile con uno scanner tascabile.
Sul display ogni visitatore può così
consultare informazioni supplementari, immagini e video. Anche la
Fondazione Beyeler a Riehen, canton Basilea Città, progettata dall’archistar Renzo Piano, oltre all’interattività accompagna alcune esposizioni con “effetti speciali”. Spesso,
infatti, vengono organizzate delle
performance-atelier abbinate alla
collezione nelle sale. Pure apprezzatissimo l’“Art Club” che sa essere
coinvolgente come i più tecnologici
fab lab, i laboratori digitalizzati che
usano le stampanti 3d.
Una contaminazione che presto verrà sfruttata, coinvolgendo il pubblico con nuove proposte, dalla Collection de l’Art Brut di Losanna, il
primo museo svizzero dedicato
esclusivamente all’arte povera, una
produzione artistica spesso relegata
ingiustamente ai margini del mercato. È facile prevedere le mille varianti, interattive e tecnologiche,
che consente una collezione (fondata nel 1976 dal pittore Jean Dubuffet, che oltre ad aver coniato il
termine Art Brut ha donato all’istituzione 5mila oggetti) che oggi possiede più di 60mila opere di mille
diversi autori.
e.r.b.
IL CAFFÈ
23 febbraio 2014
34
tra
libri
virgolette
MARIAROSA MANCUSO
A
schermi
bbiamo sopportato in silenzio i paragoni con Cary
Grant, a cui George Clooney somiglia pochissimo. Era
un’altra eleganza e un altro cinema, un maschio poteva presentarsi in vestaglia da donna
con piume di struzzo e pronunciare la parola “gay” senza che il
film fosse vietato ai minori. Accadde in “Susanna” di Howard
Hawks, anno 1938. Katharine
Hepburn manda i vestiti del poveretto in lavanderia, per una
sua strategia di corteggiamento.
Erano un’altra epoca e un altro
cinema. In “Fratello dove sei?”,
diretto da Ethan e Joel Coen nel
2000, George Clooney va a letto
con in testa una reticella per capelli, belli unti di brillantina, e
già ridiamo.
Intoccabile come sex symbol –
diventato tale con la parte del
buon pediatra in “E. R. – Medici
in prima linea” – lo sta diventando anche come regista. Grazie a
un paio di film politicamente
correttissimi. Prima il giornalistico “Good Night and Good Luck”,
girato in bianco e nero e ambientato negli anni del maccartismo.
Poi il politico “Le idi di marzo”,
ambientato nella Washington di
oggi (dove però, molti anni dopo
il caso Clinton-Lewinski, ancora
non è chiaro a tutti che le stagiste
bisogna lasciarle in pace). L’impegno per il Darfur fa da medaglia, e chiudiamo un occhio sulla
pubblicità del caffé.
Sacrificare una vita
per un’opera d’arte
è giusto solo nei film
L’idillio si è rotto con “Monuments Men”, in concorso all’ultima Berlinale e ora nelle sale ticinesi. Le intenzioni erano lodevoli: Clooney ha sempre l’accortezza di procurarsi una giusta
causa per cui combattere. Il risultato, però, è molto inferiore
alle aspettative. Non solo per
noi: possiamo esibire come prova a carico una serie di recensioni americane che, nel migliore
dei casi, fanno battutine, e nel
peggiore si chiedono se non era
il caso di riscrivere la sceneggiatura da capo.
George Clooney dirige un’unità
speciale di combattenti americani. Per ordine di Roosevelt
dovevano proteggere i monumenti dalle bombe e combattere i saccheggi nazisti. Hitler voleva un suo museo, dopo aver
distrutto – neanche a dirlo – le
MONUMENTS
MEN
Nel film diretto
da George
Clooney
anche Matt
Damon
MARCO BAZZI
opere di “arte degenerata”. I nostri vagano per l’Europa, ora a
caccia di una Madonna con
bambino ora di una pala d’altare, mentre sentiamo risuonare
la Grande Domanda: “è giusto
sacrificare una vita umana per
Dopo un paio di prove
politicamente corrette
Clooney non convince
PORCI
CON LE ALI
Rocco a
Antonia
(Marco
Lombardo
Radice e Lidia
Ravera)
salvare un dipinto?”.
Li aiuta, dalla Francia, Cate
Blanchett, curatrice di museo e
quindi costretta a scarpe basse,
crocchia e occhiali. Un trucchetto per imbruttire le donne che
più o meno risale ai tempi di Katherine Hepburn. Matt Damon
ancora ci casca. Lo spettatore
chiede pietà. O almeno un po’ di
ironia.
Sesso e rivoluzione
dei post sessantottini
I
l British Museum di Londra ha stabilito recentemente il record di entrate (quasi 90mila visitatori) grazie a una mostra sull’arte erotica giapponese. Mai così tanto pubblico per una sola esposizione
in oltre due secoli di storia. L’erotismo suscita sempre molta curiosità. Anche nella letteratura. In Italia
nel 1976, in piena rivolta studentesca, uscì un romanzo erotico che divenne immediatamente un
cult della generazione del Sessantotto: “Porci con le
ali” (Mondadori), di Rocco e Antonia, al secolo Marco Lombardo Radice e Lidia Ravera. È la storia di
due adolescenti presi tra la scoperta delle passioni e
il sogno di cambiare il mondo. Potremmo riassumere il tema del libro in “sesso e rivoluzione”. E il sesso è
raccontato esplicitamente, cosa che all’epoca non
mancò di turbare i benpensanti.
Racconta Rocco: “Il cosetto intanto mi era diventato durissimo e grosso e mi ricordo benissimo di aver pensato questa è l’occasione buona
per toccare una figa, e col coraggio dell’alcol ho
infilato una mano dentro i suoi pantaloni (…). E
lei tranquilla, tranquilla non solo mi lascia fare
ma subito abbassa la lampo mi tira fuori il pistolotto e comincia a carezzarlo su e giù”…
Insomma, non si può dire che il racconto manchi
di realismo. Ovviamente non c’è solo sesso, in Porci con le ali. C’è un po’ il diario di una gioventù che
sta vivendo un’epoca caotica e piena di stimoli. E
violenta...
“Quando ammazzano un compagno è sempre una
cosa molto strana, quello che senti. Questa volta qui
ancora di più, forse perché era uno della mia età, uno
studente, non so”.
Sono anni quasi eroici… “Gli anni Settanta, con il
loro carico di luoghi ancora del tutto comuni: il femminismo, la scoperta del privato come liberazione
dall’operaismo, l’elogio dell’autocoscienza individuale come ribellione alla forma partito in cui i gruppi extraparlamentari si erano ingessati dopo la spontaneità dei primi anni, la critica al leaderismo, all’intellettualismo, l’elogio sotterraneo del ridere, la paura degli anni di piombo”.
E sullo sfondo, c’è una storia di sesso e di amore raccontata senza alcun pudore.
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(estremo occidente) che é il nome arabo per il Marocco. Il Marocco è una meta turistica
affascinante, una terra di straordinaria diversità paesaggistica e culturale sulla soglia tra oriente
e occidente. Ci sono deserti infiniti e montagne di oltre 4000 metri di altezza, insediamenti berberi
medievali e suq traboccanti di vita, monumenti imponenti e artigianato tradizionale.
Come imperiali o regali vengono definite queste quattro città: Fes, Marrakech, Meknes e Rabat.
Ognuna di esse era un tempo capitale di una delle grandi dinastie del paese. l loro rispettivi
governatori costruirono le capitali in modo molto sontuoso e maestoso ed è per questo motivo
che sono ancora oggi tra le più importanti attrazioni turistiche del Marocco.
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sfilata sul Viale Stazione a Bellinzona
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IL CAFFÈ
23 febbraio 2014
35
tra
virgolette
IL TURISMO GLOBALE
La società
Il nuovo turismo
1.087miliardi
+5 per cento
i turisti nel mondo nel 2013
rispetto al 2012
Per continenti (in milioni)
563
Europa
Asia e Pacifico
Americhe
Africa
Medio Oriente
248
169
56
51
Fonte: Country Brand Index - Unwto-World Tourism
OFFERTA DI ARTE E CULTURA
1°
2°
3°
4°
5°
6°
7°
8°
9°
10°
Italia
Giappone
Francia
Svizzera
Stati Uniti
Canada
Germania
Tailandia
Mauritius
Australia
I PAESI PIÙ A MISURA DI TURISTA
1°
2°
3°
4°
5°
Svizzera Germania Austria
Heidiland
piace e batte tutti
EZIO ROCCHI BALBI
Spagna
Regno
Unito
LE BELLEZZE NATURALI
1°
2°
3°
4°
5°
Svizzera Mauritius Finlandia Maldive
Nuova
Zelanda
A sorpresa la Svizzera primeggia
nelle classiiche internazionali,
è il Paese più a misura di turista
orse i Paesi più turistici della Terra erano
troppo impegnati a contendersi a colpi di
milioni le cifre dei viaggiatori globali e il
peso economico dell’e-commerce; fatto
sta che – a sorpresa – la Svizzera si è insediata al primo posto della classifica mondiale delle
nazioni più a misura di turista. Un successo che
non è scaturito dall’incremento del 3% dei pernottamenti registrato tra i visitatori stranieri nel 2013.
E neanche dai circa venti milioni di turisti esteri
ospitati ogni anno, pur essendo una bella cifra, inseriscono la Confederazione tra le superpotenze
del turismo planetario. Resta il fatto che, mai come
oggi, il “brand” Switzerland ha avuto un’impenna-
to. Senza dimenticare, giusto per citare l’economista americano Jeremy Rifkin, che il turismo globale
è “l’espressione più potente e visibile della nuova
economia dell’esperienza: una forma di produzione culturale emersa, ai margini della vita economica appena mezzo secolo fa, per diventare rapidamente una delle più importanti industrie del mondo”. Tesi sottoscritta dalla Commissione europea,
che colloca il business del turismo al terzo posto
nella graduatoria delle maggiori attività socioeconomiche dell’Ue. E, guarda caso, il turismo oggi è il
terzo settore economico della Confederazione.
“Effettivamente fa una certa impressione vedere
indicata la Svizzera ai primi posti anche nelle categorie relative all’offerta di arte e cultura, soprattutto sui media dell’Italia o della Francia che sono gi-
che si stanno sviluppando nelle nostre città promettono ampi spazi di miglioramento”. Se non
c’era da stupirsi, infatti, che la Svizzera campeggiasse la classifica del Country Brand Index alla
voce “Paese ideale per il business” lasciando alle
spalle Germania, Giappone e Singapore, altrettanto non si può dire per l’exploit nella categoria “heritage & culture”, beni e attività culturali. Nella categoria vengono valutati i migliori asset culturali
che un Paese può spendere, evidenziando l’impegno per progetti infrastrutturali che supportano
viaggi e del turismo. Le “materie” classificate comprendono: storia, arte e cultura, autenticità e bellezza naturale. Nelle prime due, com’era facile prevedere, la parte del leone spetta all’Italia che domina la classifica generale del settore, mentre alla
Nell’anno record per numero
di viaggiatori in giro per il
pianeta cambiano le valutazioni
Suisse Tourisme:“Fa una certa
impressione vederci ai primi posti
anche per l’offerta d’arte e cultura”
L’industria delle vacanze è
diventata ormai il terzo settore
economico per importanza
ta nelle quotazioni sulla Piazza turistica internazionale. E le sorprese non sono finite, perchè il
“Country Brand Index” – l’annuale classifica stilata
dall’agenzia di marketing internazionale FutureBrand – ha premiati il marchio Svizzera in diverse
categorie riservate alle destinazioni turistiche più
ambite.
Un segnale più che incoraggiante, perché non
s’erano mai visti, nella storia, tanti benestanti in vacanza quanti registrati nel 2013 appena trascorso.
Proprio nei giorni scorsi il barometro di “UnwtoWorld Tourism” ne ha certificati 1.087 milioni a
spasso per il pianeta. Cinquantadue milioni in più
rispetto all’anno prima quando, per la prima volta,
il loro numero aveva superato in scioltezza la cifra
record di un miliardo. Forse è il caso di ricordare
che, nel non lontanissimo 1980 erano solo un quar-
ganti turistici – conferma al Caffè da Zurigo Veronique Kanel, portavoce di Suisse Tourisme -. È anche
vero, però, che già a metà dello scorso anno tutti gli
indicatori internazionali sfatavano il concetto di
una Svizzera solo ‘per ricchi’. Per un Paese piccolo
come il nostro ritrovarsi al primo posto come attrattività, scalando così tante posizioni in un solo
anno è una soddisfazione.Ancor di più constatare
che non è stata premiata solo la nostra tradizionale
qualità e varietà di ospitalità alberghiera, ma anche la nostra offerta culturale, il numero enorme di
musei, gli eventi”.
Soltanto in due categorie non si figura nella top
ten: offerta di spiagge e qualità della vita notturna.
“Nel primo caso non c’è nulla da fare, ma nel secondo, anche se non possono certo competere con
l’offerta di Roma o Parigi - nota Kanel-, le iniziative
Svizzera – che è al quarto posto, scalando in un
solo anno ben sette posizioni – spetta il primato
nelle bellezze naturali conservate in dote.
A far pendere la bilancia del Country Brand Index
a favore della Confederazione, tanti altri prestigiosi
piazzamenti in categorie solitamente riservate alle
mete più ambite del globo. L’offerta elvetica, ad
esempio, strappa il secondo posto per la qualità e
le opzioni di resort ed ospitalità, il quinto per le “attrazioni” e un prestigioso settimo posto nella categoria “food”, tra ristoranti stellati, varietà di menù
internazionali e prodotti tipici. Per certificarla Paese più a misura di turista. Per tacere del quarto posto nella classifica generale del turismo mondiale,
dopo Italia e Francia, ma sorprendentemente prima degli Stati Uniti.
[email protected]
Q@EzioRocchiBalbi
F
Pagina a cura di
GastroSuisse
e GastroTicino
LARISTORAZIONE
& L’ALBERGHERIA
Grazie all’Associazione Viticoltori Vinificatori Ticinesi
Dal 24 febbraio in 30 ristoranti con Ticino a Tavola
Cantine ticinesi anche su telefonino
Per gli amanti del vino è ora disponibile l’applicazione dell’Associazione Viticoltori
Vinificatori Ticinesi. Questa pratica guida, sviluppata da Dos
Group Besazio,
permette di trovare cantine e tenute
vitivinicole con
indirizzi, contatti
e-mail, pagine
web e di calcolare
l’itinerario grazie all’ausilio della geolocalizzazione. In previsio-
Settimana ticinese del bollito misto
ne vi è già un arricchimento dei
contenuti, come l’aggiunta d’informazioni inerenti manifestazioni e locali enogastronomici. Le caratteristiche principali sono: lista
delle cantine e tenute vitivinicole
del Ticino, informazioni generali,
indicazioni delle distanze alla
meta prescelta, risultati della ricerca in base alla propria posizione,
contatti completi. L’app, disponibile al momento per iPhone, è scaricabile gratuitamente nell’App
Store: https://itunes.apple.com/us/
app/viticoltori-vinificatori-ticinesi/id803916830?mt=8.
Proseguendo nella valorizzazione dei prodotti locali Ticino a Tavola e GastroTicino organizzano, dal 24 febbraio al 2 marzo, la
prima “Settimana ticinese del bollito misto”, in collaborazione
con Terrani Carni di Sorengo, Rapelli di Stabio e Sandro Vanini
di Rivera (mostarde). Per scoprire i trenta ristoranti iscritti consultare il sito ticinoatavola.ch. La Confraternita italiana del bollito misto consiglia la preparazione con 7 tagli di polpa (tenerone,
scaramella di pancia e costato, muscolo di coscia, muscoletto o
stinco, spalla, fiocco di punta e cappello del prete o sottopaletta),
7 “ammennicoli” (lingua, testina con musetto, coda, zampino,
gallina, cotechino, rollata o tasca ripiena), 7 salse: salsa verde
(rustica e ricca), salsa rossa, di cren, cugnà, salsa al miele e mostarda. Oggi è difficile poter servire un bollito misto con 14 carni, ma per fare bella figura sono sufficienti 7 tagli di provenienza
“ticinese” o svizzera, come biancostato, testina di vitello, gallina
nostrana, lingua di manzo, cotechino e altri ancora.
Novità sul web
Importante
investimento
della Federazione
per rifare i portali.
Le nuove regole per
inserire i ristoranti
in modo moderno
Promuovere il proprio locale, la
propria attività e i propri eventi su
internet è diventato ormai fondamentale per non correre il rischio
di affogare nel mare dell’anonimato. Sempre più clienti, turisti e appassionati di eno-gastronomia, si
affidano al web e ai telefoni di ultima generazione per orientare le
proprie scelte. Non avere un sito
internet o essere presenti nella
grande rete in modo sbagliato o
inadeguato, crea perdite economiche e di immagine. Ecco perché da
quasi un decennio i soci di GastroTicino sono inseriti gratuitamente
su ristoranti.ch, il motore di ricerca ufficiale degli esercizi pubblici
ticinesi, sul sito di Ticino Turismo
(ticino.ch) e su diversi altri portali
dei partner. Su internet, però, si invecchia presto. Per questa ragione
la federazione degli esercenti albergatori ticinesi sta rifacendo
completamente i propri siti, aggiungendone uno dedicato alla formazione professionale. Ebbene, in
questa occasione, occorre dare
maggiore professionalità all’immagine e alla presentazione dei ristoranti. Vediamo quindi le nuove
disposizione per gli associati.
d’iscrizione, dove sono contenute
tutte le informazioni sul materiale
obbligatorio da inviare per non essere esclusi dai siti citati (testo
multilingue, foto di buona qualità,
ecc.). Chi non avesse i testi multilingue o le foto, contatti l’Ufficio
Stampa per trovare la soluzione
migliore.
Salvo eccezioni che valuterà GastroTicino, saranno presenti i locali che hanno una valenza turistica;
vale a dire che, per esempio, non
figureranno le mescite aziendali o
locali che non hanno servizi di ristorazione. Il sito ristoranti.ch,
sarà a disposizione solo dei soci di
GastroTicino. La federazione valuta di caso in caso se i criteri per
essere presenti sono rispettati.
Oltre ad avere un valore economico per il locale interessato, la presenza sui siti in questione, permette anche di poter essere di volta in
volta coinvolti in diverse iniziative, come la partecipazione ad
azioni spot sui siti Ett, Blick e Ticinoweekend; iscriversi al più presto
perché gli spazi sono limitati e fa
stato la data della richiesta inviata
via e-mail a GastroTicino.
a.p.
per i soci “Gastro”
La premessa è che oggi figurano
con le proprie schede nelle sezioni
dedicate alla ristorazione dei siti
ristoranti.ch e ticino.ch, solo i soci
che hanno risposto alle periodiche
comunicazioni di iscriversi ai portali (news-letter, articoli su Il Caffè, assemblee sezionali, informa-
I clienti
utilizzano
sempre più
internet per
scegliere il
locale
preferito
zioni sui siti, ecc.). Chi non lo ha
fatto, non è presente con una scheda o è presente solo con l’indirizzo. La prima cosa da fare per essere sui siti futuri, è di contattare
l’Ufficio Stampa & PR di GastroTicino ([email protected]) e chiedere il formulario
Marco e Andrea Vassalli accolgono i buongustai a Riva S. Vitale con una cucina mediterranea e specialità ticinesi
Serena convivialità e cortesia al Caffè Sociale
120 persone, è un piacere. Così come è
piacevole pranzare o cenare nella grande terrazza estiva, con a fianco il boc-
Foto Garbani - Caseificio Agroval Airolo
L’atmosfera è di serena convivialità,
con una scelta di piatti cucinati con
cura, una carta di vini per tutte le tasche, un ambiente armonioso e accogliente. Ma tutto ciò non basta per descrivere il Ristorante Caffè Sociale di
Riva San Vitale. Quello che gratifica il
buongustaio è la cortesia del personale,
guidato in sala da Marco e Andrea Vassalli. Bello vedere il padre e il giovane
figlio consigliare al meglio i clienti, sia
sulla gastronomia che sui vini. Insomma, accomodarsi nella bella sala dal
look moderno, capace di accogliere
oreaggio
m
a
Undi form
re
in otlotranti
50 ris
ciodromo coperto. Ma sediamoci a tavola. La cucina è mediterranea, con
piatti locali e specialità estere; ottima la
pizza cotta nel forno a legna e gustosi i
gelati fatti in casa. Ecco alcune delle
proposte che ci hanno ingolosito. Tra
gli antipasti le code di gamberetti “pilpil” leggermente piccanti e servite nel
coccio, e carpacciata di manzo e formaggino croccante con scalogno candito. Come primi piatti, intriganti i
maltagliati caserecci con ragù bianco e
petali di tartufo nero, gnocchi di patate
della casa al pesto di noci e zafferano,
tagliolini al cacao e gamberi al profumo di cedro e paella in diverse preparazioni. Trionfo del gusto anche nei secondi di carne o pesce: filetto di manzo
gratinato alle erbe, fonduta di brie e
sôuté di porcini, tartare di manzo al
coltello con tartufo nero, fegato di vitello “alla veneziana”, cervella di vitello panata con timballino di riso, maxi
spiedoni, e poi tanto pesce con una citazione per le alborelle fritte. Il ristorante partecipa a Ticino a Tavola con
molti piatti a base di prodotti tipici e un
bel misto di formaggi. Bravi!
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e le norme dell’offerta
di ristoranti e alberghi.
Una pagina indispensabile
per gli operatori del settore
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AgendaNews
“Please Disturb”! Il 30 marzo
entrare, scoprire, vivere gli hotel
Il 30 marzo 2014, giornata delle porte aperte “Please Disturb”, numerosi alberghi svizzeri aprono le
loro porte e consentono così, in esclusiva, di dare
un’occhiata all’affascinante e frenetico mondo
dell’attività alberghiera. Programmi interessanti,
concorsi e una calorosa ospitalità attendono tutti coloro che si interessano alla vita e al lavoro negli alberghi. Selezionate uno o più alberghi sul sito
www.pleasedisturb.ch e immergetevi in interessanti
visite guidate, degustazioni e altre attività. “Please
Disturb” è più della solita giornata delle porte aperte: è il più grande evento informativo sulle opportunità di formazione nel mondo della ristorazione e
del settore alberghiero.
Alunni che si accingono a scegliere un mestiere, genitori, insegnanti e consulenti professionali, oltre a tutti
gli interessati, possono
visitare gli alberghi di
loro scelta e farsi
un’idea di questo interessante settore. Non è necessario iscriversi! Selezionate semplicemente gli alberghi e andate a visitarli il 30 marzo, dalle 11.00
alle 17.00! Segnaliamo che il 30 marzo all’Hotel
Delfino di Lugano, Hotel & Gastro Formazione
sarà presente per fornire informazioni dettagliate
agli interessati (genitori e ragazzi). Saranno organizzati piccoli work-shop durante i quali i giovani
potranno “toccare con mano” i vari aspetti delle professioni proposte.
Premio Bellinzona Turismo 2013
alla Fondazione Mulino Erbetta
Il premio Bellinzona Turismo, giunto alla sua decima edizione, intende promuovere e valorizzare tutte
quelle associazioni, fondazioni e organizzazioni, le
cui iniziative e progetti esprimono un forte legame
con la Città e la regione del Bellinzonese. Istituito
nel 2003, il premio, prevede, oltre al prestigioso riconoscimento e al conseguente risalto sui media, un sostegno finanziario di Fr. 5’000. Il
Premio Bellinzona Turismo viene assegnato,
annualmente, a iniziative o progetti che hanno
la capacità di generare
o incrementare le ricadute economiche su commerci
esercizi pubblici e settore alberghiero così come di
promuovere un’immagine positiva della Città e della regione. Inoltre, esso premia, iniziative per la popolazione locale, che offrono pure un incentivo al
turista per soggiornare nel Bellinzonese o un valore
aggiunto al suo soggiorno. Con queste prerogative,
per l’anno 2013, la giuria del premio (composta da
Emanuela Gada-Barenco, presidente, Flavio Bruschi e Christian Bordoli, membri) ha deciso di premiare la Fondazione Mulino Erbetta e Casa Molinara di Arbedo, per gli interventi di restauro che hanno
permesso di far rivivere e valorizzare il Mulino Erbetta, arricchendo l’offerta turistica del Bellinzonese e restituendo alla popolazione un’importante testimonianza storica.
presenta:
SCEF 045
E-COMMERCE: ACCOMPAGNARE
LO SVILUPPO (NUOVO)
Obiettivi
essere consapevoli di come le trasformazioni abbiano cambiato le abitudini, essere a conoscenza
dei modelli tecnologici esistenti, capire come l’ecommerce rappresenti un’opportunità di sviluppo
aziendale, acquisire alcune strategie da adottare
per poter realizzare un vero progetto e-commerce. Il modo di offrire i propri servizi o prodotti
sta modificandosi, non solo per le trasformazioni
tecnologiche ma anche i mutamenti sociali dei
nostri consumatori pertanto il corso vi renderà
consapevoli di:
1. quali sono questi mutamenti sociali e tecnologici
2. quali modelli tecnologici esistenti sono maggiormente vicini al vostro tipo di esigenza
3. comprendere come poter sfruttare l'opportunità
di fare commercio elettronico e sviluppare la vostra attività
4. quali sono gli ostacoli strutturali da superare
per poter essere efficaci e vincenti
5. quali strategie costruire per poter intraprendere
una attività di e-commerce
6. come programmare le attività fondamentali di
e-commerce per poter spendere meno e ottenere
di più.
Insegnante
Antonio Zanzottera, AZ-Consulenza (www.azconsulenze.com)
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IL CAFFÈ
23 febbraio 2014
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virgolette
Il fenomeno
Il nazionalismo alpino
Due sale cult
Il film viene
proiettato al MK2
Beaubourg
e al Reflet Médicis
nel Quartiere Latino
La prima parigina
Il regista romando
Jean-Stéphane Bron
interviene
nel dibattito
per la prima visione
del suo film a Parigi
LUISA PACE da Parigi
È
finalmente uscito in Francia il film di JeanStéphane Bron che, quando non ha fatto i titoli dei principali giornali, si è ritagliato buoni spazi non solo sulle pagine culturali e cinematografiche, ma anche in quelle politiche. Parigi gli ha dedicato due sale strategiche, dove gli
habitués si recano a vedere film artistici ed impegnati.
Il Caffè ha assistito alla prima proiezione parigina, in
compagnia di una docente di scienze politiche, per vedere che effetto fa sui francesi il nazionalismo svizzero
in formato udc. La pubblicità fatta al film “L’Experience Blocher” dal quotidiano Le Monde in particolare ha
attirato il pubblico cinefilo, ma anche quello politicamente impegnato. Nell’ultimo anno la capitale ha conosciuto molte manifestazioni di estrema destra intrise di propositi populisti che hanno addirittura superato quelli del Fronte Nazionale del clan Le Pen. Ritorno
alla famiglia nel suo senso più classico, la Francia ai
francesi, esclusione dei Rom, senza parlare dell’omofobia e della xenofobia. Insomma, il film-documento
arrivare proprio mentre a Parigi non viene dato così
per scontato che lo scontro per succedere a Bertrand
Delanoë come sindaco, sia limitato alla socialista
Anne Hidalgo e Nathalie Kosciusko-Morizet dell’Unione per un movimento popolare.
Niente di meglio, quindi, della prima organizzata al
Reflet Médicis alla presenza del regista romando. Un
cinema d’essai che è tutto un simbolo, nato nel quartiere latino quando questo non era ancora luogo di
spettacolo e la rue Champollion, dove si trova, decise
di sfidare in rivalità le serate di Montmartre.
Come è meglio avere come compagna di visione, Florence Haegel, docente a SciencePo, l’Istituto di studi
politici di Parigi, membro del Centro studi europei ed
esperta del “populismo”. Infatti il film la coinvolge subito: “Perché tocca temi che interessano particolarmente
il pubblico francese - spiega-, quali l’ascesa dei nazionalismi, l’Europa indicata come capro espiatorio della
crisi”. La sala è piena e ci chiediamo se il pubblico parigino non sia stato attirato anche dall’attacco al populismo promesso dai titoli dei giornali. O da questa effettiva brezza di “neonazionalismo alpino” che oltre a rinfocolare sentimenti antieuropeisti ravviva e infiammasentimenti patrii di appartenenza, identità declinati in
chiave localistica.
Quando Blocher appare sullo schermo è accolto da
qualche brusio in sala, di chi si chiede se è veramente
“lui” o un attore. È lui, filmato in macchina. Al fianco la
moglie. La sala tace catturata dalle immagini. Gli
ILPUNTO
La Svizzera influenzata
dalla storia dell’Europa
TAUXE A PAGINA 11
Populismo udc
Nei cinema francesi
per vedere l’effetto che fa
scambi di idee sono sommessi. Florence mi fa notare:
“Il contenuto ideologico è presente quasi unicamente
tramite le immagini”. È vero, Blocher - che fisicamente
ricorda un po’ Jean-Marie Le Pen - non strilla epiteti.
“È di proposito che non lo si vede quasi mai durante i
discorsi - suggerisce -, e che solo i poster descrivano la
sua ideologia?”. È vero, i poster della campagna eletto-
rale udc che hanno preceduto quelli del voto anti-immigrazione del 9 febbraio scorso e che da soli angosciano per la loro violenza. È certo che il Blocher descritto assomiglia molto a Le Pen, ma se il fondo del
pensiero è lo stesso l’approccio è diverso. “L’ideologia
c’è ma non la si sente - nota la studiosa-, non fa rumore”. Inevitabile notare come la casa di Blocher, della
L’ANALISI
Come ci si costruisce un successo
facendo leva sulle frustrazioni altrui
LUIGI BONANATE
N
ato nell’800 per rappresentare la volontà dei rivoluzionari russi di immergersi nel loro popolo per liberarlo
dall’oppressione zarista, il populismo ha visto, nel corso del XX secolo, spostarsi il suo significato ideale a favore del tentativo, mille
volte ripetuto, di sfruttare la forza inconsapevole e spontanea delle masse per costruire il
proprio successo. L’esatto opposto di quello
di chi vuol diventare un’avanguardia capace
di proporre obiettivi socialmente e politicamente avanzati.
Il populista utilizza slogan che, in prima battuta, possono essere accolti da tutti, come la
difesa del benessere dei concittadini, la patria
e l’idea di nazione, le identità culturali e le
specificità locali, il retaggio storico e la propria antica grandezza. Non c’è nulla di male,
in tutto ciò, se non fosse che viene evocato,
non per spingere una popolazione a impegnarsi nel miglioramento della propria condizione, a redistribuire la ricchezza o a soc-
correre i meno fortunati, ma al contrario per
costruire sulle frustrazioni che in qualche
modo tutti quegli ideali suscitano il proprio
personale e autoritario potere. Il suo terreno
fertile è quello della crisi sociale e dell’insoddisfazione generalizzata, che consente al leader populista di eccitare masse di persone
convenute in piazza, dove i suoi discorsi sappiano toccare le corde dell’egoismo e dell’individualismo. E non si tratta solo dei grandi e
peggiori dittatori, come Mussolini o Hitler,
ma anche di persoggi più misurati, come Peròn in Argentina, come de Gaulle in Francia
che trasformò il suo carisma di oppositore al
disordine della partitocrazia della quarta Repubblica in un regime non poco autoritario.
Più recentemente, il populismo ha attecchito
anche in movimenti politici minoritari: la
Lega Nord in Italia, il movimento di J. Haider
in Austria, Le Pen in Francia, Blocher in Svizzera...
Un’idea, per così dire, di sinistra si è rovesciata in una di destra: un’altra dimostrazione
della crisi dei valori nella quale ci dibattiamo.
coppia Blocher, appaia vuota, decorata quasi solo dalle file ordinatissime dei quadri che colleziona. Florence è colpita dalle continue riprese dell’interno della
macchina con lui seduto dietro che telefona o dorme.
“È il luogo in cui fa politica - aggiunge -. La sua macchina come una bara. La casa sembra una camera funeraria e quando è ripreso nel Parlamento è solo. Inoltre, la moglie è una figura spettrale; onnipresente per
rassicuralo, ma spettrale e contenuta”. Un docufilm
politico che si segue con la stessa tensione di un film
noir. “Forse va visto sotto il suo aspetto analitico, il rapporto psicologico col padre… - azzarda Florence Haegel -. I luoghi sono la sua prima protezione, tutto è regolato perché possa regnare senza bisogno di clamore. Non ha bisogno di fare discorsi apertamente xenofobi, tutto è nei terribili poster”. La proiezione è seguita
in un silenzio angosciante. Il film termina con la sala
ammutolita. Un personaggio e un Paese così diversi
dalla Francia, ma così vicini nell’orgoglioso umore nazionalista che respirano. Florence chiede al regista
Jean-Stéphane Bron perché parlare di“esperienza”
Blocher, se la sua ideologia è lungi dall’essere superata. L’autore svela che, in realtà, l’esperienza è quella
sua, che si era chiesto, al di là dell’aspetto politico,
come fare un ritratto dell’uomo. L’esperienza è quindi
anche quella su se stesso. E si vede. Fino a chiedersi
quanto sia entrato in empatia con Blocher.
La sala si svuota, il pubblico si ferma a discutere in
gruppetti sul marciapiede. C’è chi riconosce nel leader
udc l’erede dell’austriaco Jörg Haider, governatore della Carinzia e fondatore dell’Alleanza per il futuro dell'Austria. Chi avverte di non sottovalutare queste spinte locali all’autodeterminazione spalmate su tutto il
continente, dalla Catalonia alla Scozia. O alla voglia di
dividersi, in Belgio, tra fiamminghi e valloni. Irrilevante, invece, chiedersi se la pubblicità, fatta dai media
francesi sulla denuncia del populismo, non finisca per
oscurare il lato artistico del film. Il regista stesso fa
spallucce: “Mi sono interessato più alla messa in scena
dei sentimenti che alla preoccupazione politica. Poi
un film diventa di dominio pubblico, ognuno lo usa
come vuole”.
Gli spettatori se ne vanno parlando piano. Il quartiere
latino si spegne ormai prima del solito. Effetto della
crisi. Le paure dei francesi restano. C’è chi teme che
alle municipali di marzo l’estrema destra prenda troppi voti e chi invece non teme più di dare un voto populista. Il rischio maggiore viene probabilmente dalle
elezioni europee di maggio. E il Fronte Nazionale si è
ben posizionato, dando la colpa della crisi all’Europa
ed all’euro.
L’ECONOMIA
Fisco e immigrazione,
il rebus della frontiera
ALLE PAGINE 12 e 13
IL CAFFÈ
23 febbraio 2014
38
tra
liincontriladomenica
virgolette
Silvio
Garattini
L’uomo della medicina
“La curiosità anima la mia ricerca”
GIORGIO VITALI
S
embra il salotto del presidente di una
squadra di calcio plurititolata. Premi
dappertutto, targhe, riconoscimenti e
sculture moderne. Ma è l’ufficio di Silvio
Garattini, l’85enne direttore a vita della
Fondazione di ricerche farmacologiche Mario
Negri, cuore pulsante a Milano di una sorta di
“fortino” della ricerca farmacologica. “Un centro
nato dalla mia ingenuità - si schernisce raccontando le origini della sua attività -. Mi sono diplomato perito chimico, solo perché durante la guerra quegli studi garantivano un lavoro immediato.
E, infatti, mi assunsero le acciaierie Dalmine. Poi
mi iscrissi a medicina, ed al terzo anno il professor Emilio Trabucchi mi propose di fare una lezione. Da lì iniziò la mia esperienza di laboratorio. Per meriti eccezionali ottenni, subito dopo la
laurea, la libera docenza: avevo infatti pubblicato
un libro di chemioterapia”. Accreditato come
scienziato a livello mondiale (ha ricevuto anche
la Legion d’Onore francese), Silvio Garattini, nato
a Bergamo nel ’28, compì il suo primo viaggio negli Stati Uniti nel 1957. “Mi resi conto che lì la ricerca era già una professione, in Italia veniva
svolta soprattutto per acquisire dei titoli - spiega-.
C’era poi una grande varietà di istituzioni dedite
alla ricerca. E mi colpì il modello delle fondazioni, che permettevano di muoversi con la libertà di
un ente privato, ma di servire l’interesse pubblico, non avendo scopo di lucro. Fui tentato di fermarmi, ma poi tornai in Italia per creare una cosa
analoga. Molti mi risero in faccia. Poi Mario Negri, un gioielliere, mi credette. Si ammalò di tumore, ma 15 giorni prima di morire mi chiamò e
mi disse: quello di cui abbiamo discusso è stato
fatto”.
L’ingenuità pagò: Mario Negri lasciò una fortuna
e chiese a Silvio Garattini
di prenderne le redini in
mano. Dalle venti persone
dell’inizio dell’avventura
nel 1961, ora la Fondazione Mario Negri è passata a
920, con quattro sedi all’avanguardia, una delle
quali vicino a Bergamo,
dedicata ad Aldo e Cele
Daccò. “I donatori continuano ad aiutarci, e non
solo dall’Italia - dice Garattini -. Ma una parte del
mio lavoro è proprio dedicata alla raccolta di fondi. Agenzia Fotogramma
Partecipo anche a cene, a
ricevimenti, utilizzo la mia immagine. Vado in tv.
Perché noi non vendiamo brevetti, pubblichiamo
tutte le nostre ricerche e le mettiamo a disposizione della comunità scientifica, dell’industria e dei
malati. Occorrono sempre soldi. Ci aiutano anche
tanti personaggi famosi. La Filarmonica della
Scala e di Vienna hanno fatto concerti per noi. La
musica è una mia passione, ma non ho proprio il
tempo per dedicarmi. Non so da quanti anni non
vado al cinema e sarei anche un tifoso di calcio”.
Nei modi Garattini ha conservato la gentilezza e
la semplicità della sua Bergamo, pragmatica e capace di resistere alle mille polemiche, a volte feroci, di cui è stato bersaglio. “Lo studio giornaliero mi occupa moltissimo, non si finisce mai di imparare - aggiunge con convinzione, elencando
tutti i suoi impegni -. C’è l’interazioni continua
con i ricercatori, perfino nella pausa caffè. Devo
risolvere problemi pratici, organizzativi. Devo essere di supporto agli amministratori. Devo rispondere alle lettere di 1500 persone ogni anno.
La gente si aspetta che il ricercatore trovi sempre
nuove cure: ed ho anche scritto un libro per rispondere alle domanda: fa bene o fa male?”.
All’origine di tutto, per Garattini, non c’è solo
l’amore per la ricerca, la passione. “Semmai una
passione duplice - confida -. Da un lato la componente importante della conoscenza. La curiosità
porta a conoscere di più, e il conoscere l’uomo e
l’ambiente a volte può essere più importante che
trovare un farmaco che sia più attivo. Ma il ricercatore biomedico vuole e deve fare qualche cosa
per la sofferenza della gente. Certo, essendo noi
esseri umani si possono inserire altri tipi di ambizioni: compresa quella di essere il primo a fare
GLI STUDI
Mi sono diplomato perito
chimico, solo perché durante la
guerra quegli studi garantivano
un lavoro immediato.
Ed infatti mi assunsero
alle acciaierie Dalmine.
Poi mi iscrissi a medicina
LE MALATTIE
Non piovono dal cielo,
la maggior parte ce le
procuriamo con i nostri
comportamenti: fumo, eccesso
di alcool, sedentarietà, droghe,
promiscuità sessuale
una scoperta, o a vincere il Premio Nobel”. Per il
quale vale la pena di passare la vita chini su un
microscopio. “In realtà alla maggior parte delle
persone il nostro sembrerebbe un lavoro noioso spiega divertito -. In fondo si tratta di ripetere
molte volte la stessa cosa. Tutto viene compensato quando si arriva alla scoperta. È come la terra
per il navigatore. Ma subito dopo ci si rende conto
che la ricerca non si ferma mai. È come l’orizzonte. Si percorrono due passi e si muove di due passi. La ricerca diventa una sorta di attività compulsiva. Eppure penso che l’allungamento della vita
non sia il fine principale della ricerca, se non è accompagnato da una buona qualità della vita.
Deve anche esserci un equo rapporto fra benefici
e rischi. La decisione finale spetta solo al medico
e al paziente. Ma noi dobbiamo metterci in testa
che bisogna puntare al miglioramento dei parametri forti del paziente: o la guarigione, o la diminuzione dei sintomi, o l’allungamento della vita e
della qualità della vita. Spesso si tende in medicina ad approvare i farmaci sulla base dei parametri
indiretti: le diminuzioni della pressione o del colesterolo per esempio”.
Stuzzicato su temi che riguardano tutti noi, Garattini ribadisce che il “modello greco”, del prevenire
anziché curare, è ancora valido: “Assolutamente,
si pensa che essendoci i farmaci ci si possa ammalare. Ma non è così, non c’è un farmaco per tutte le malattie. Le malattie non piovono dal cielo,
la maggior parte ce le procuriamo con i nostri
comportamenti: fumo, eccesso di alcool, sedentarietà, l’alimentazione scarsa di vegetali e frutta,
l’uso eccessivo di grassi, la promiscuità sessuale,
l’uso delle droghe, la mancanza di norme igieniche. Poi c’è l’inquinamento che rovina la salute, o
l’eccesso di ira che porta conseguenze anche gravi. Non credo, invece, che le molte antenne intorno a noi siano pericolose: non ci sono grandi evidenze. E, comunque, è la coda
dei fattori che mettono a rischio
la nostra salute”.
Garattini è anche noto per le sue
polemiche, per i suoi interventi
in favore del rigore della scienza.
Ma pure per le sue risposte decise agli animalisti. “Purtroppo di
ciarlatani ce ne sono tanti - replica senza nascondere il suo fastidio -. E i ciarlatani hanno lo stesso diritto di parola dei competenti. Perché i mass media in un
sistema di false pari opportunità
mettono tutti sullo stesso piano.
I giornali, per esempio, hanno riportato che in America non si fa
più sperimentazione sugli animali. Ma è falso.
Basterebbe un controllo. E come fa un professore
in Lettere a mettersi alla pari di un Premio Nobel? (si riferisce al caso Stamina che in Italia ha
suscitato molte polemiche, ndr). I politici non
devono cercare il consenso a spese della salute e
gli Stati devono selezionare i farmaci migliori.
Sono convinto che non si possa parlare solo di diritto alla salute. Ma anche di dovere verso la salute. Ammalarsi comporta un costo sociale enorme”.
IL CAFFÈ
23 febbraio 2014
leopinioni
Una boccata di ossigeno! È questa l’impressione che ho avuto incontrando Lorenzo Leoni, direttore della Fondazione
Agire: l’Agenzia per l’innovazione del
Canton Ticino, che conta un affiatato team di cinque collaboratori a tempo pieno
e due a metà tempo, tutti provenienti da
esperienze imprenditoriali. In un periodo
in cui il nostro cantone e la Svizzera ufficiale si chiudono al mondo e si ripiegano
sempre più su se stessi – basti pensare
all’esito della votazione di domenica
scorsa – esiste un’altra parte del Paese
che compie un percorso differente confrontandosi giornalmente con il mondo
esterno e con le sue sfide. Un Paese che
guarda avanti, libero dalle paure che
stanno facendo perdere la testa a buona
parte del popolo e della politica.
Ma che cosa è e di cosa si occupa Agire,
creata dal dipartimento delle Finanze e
dell’economia, dall’ Università ticinese,
FUORI
DAL
CORO
GIÒ
REZZONICO
dalla Camera di commercio, dall’Associazione degli industriali, dagli enti di sviluppo regionali e dalla città di Lugano?
“Cerchiamo di mettere in rete gli imprenditori ticinesi tra loro e con colleghi esteri
– spiega il direttore Lorenzo Leoni – facilitando il cosiddetto transfer tecnologico
del sapere, cioè lo scambio di esperienze
tra gli operatori economici. Negli Stati
Uniti si parla di ‘fertilizzazione incrociata’
che nasce da scambi di informazioni e di
esperienze tra gli imprenditori stessi, tra
loro e i ricercatori da una parte ed il settore finanziario dall’altra”. Quindi con i fondi specializzati che finanziano progetti
innovativi delle cosiddette start up. Ma le
banche ticinesi non sembrano molto
propense ad investire capitali di rischio.
virgolette
“I nostri istituti di credito – risponde Leoni – sono storicamente orientati verso il
private banking e il mercato ipotecario,
ma diversi loro clienti sono interessati ad
investire in aziende innovative”. E Agire,
se capisco bene, seleziona le start up più
interessanti fornendo garanzie sulla serietà delle singole iniziative. “Diciamo
che da una parte forniamo consulenze
analizzando e valutando i progetti imprenditoriali che ci vengono sottoposti:
circa 400 all’anno. Quando notiamo delle
potenzialità ma riteniamo che l’iniziativa
non sia ancora pronta per un finanziamento interviene la Commissione federale per la tecnologia e l’innovazione, che
aiuta gli aspiranti imprenditori ad approfondire il progetto. Se riteniamo che la
proposta sia matura la finanziamo noi
stessi, tramite Agire Invest Sa, oppure la
proponiamo a investitori privati, grazie ai
nostri buoni contatti nel settore finanziario. Ogni anno sosteniamo direttamente
circa sei aziende, scrupolosamente selezionate in base a un concorso e alle quali
vengono richieste chiare regole del gioco
(minimi salariali, nessuna distribuzione
di utili e altre condizioni), diventandone
azionisti. In due anni di attività – prosegue Leoni – abbiamo investito complessivamente 5,5 milioni di franchi in 14 start
up, che nel frattempo hanno ricevuto altri
12 milioni di finanziamenti privati, creando 80 posti di lavoro di qualità elevata e
ben retribuiti”.
FOGLI
IN
LIBERTÀ
COLPI
DI
TESTA
GIUSEPPE
ZOIS
LIDO CONTEMORI
RENATO
MARTINONI
La vera svizzeritudine
è a misura di pipistrelli
Se manca il coraggio
di dirsi le cose in faccia
Caro Diario,
anche uno sprovveduto vede bene com’è cambiata l’atmosfera della politica, in generale e dappertutto. Il confronto, il dibattito aperto e franco, il parlar chiaro, il pronunciarsi a favore o contro con schiettezza, il rispetto, tutto è diventato merce rara. Non che in passato mancassero gli scontri. Asprezze,
ruvidità e colpi bassi ce ne sono sempre stati, ma alla buvette
ci si riconciliava. Indubbiamente la multimedialità d’oggi ha
contribuito a far salire la pressione, mortificando con il suo
involucro meccanico quella componente di umanità che alla
fine stemperava le contese.
LA PAROLA D’ORDINE che si legge in faccia a molti è l’ipocrisia, che si sposa bene con doppiezza, calcolo, furbizia nel
tenere il piede in due scarpe. “Un buon tacer non fu mai scritto“, dice il proverbio. Francesco Guicciardini, scrittore, storico e politico, gran conoscitore dell’animo umano, ammoniva
più di quattro secoli or sono: “Non dire ad alcuno le cose che
tu non vuoi che si sappino, perché sono varie le cose che muovono gli uomini a cicalare: chi per astuzia, chi per profitto, chi
vanamente per parere di sapere“. Uno spettro (ampio ventaglio) che comprende (sventola su) tutti.
LA MISURA, come in tante cose, anche nelle parole sta
scomparendo; lo vediamo bene nei rapporti personali. Ciò
che si vede spesso alla TV non è educativo. Parole, parolacce,
insulti, derive verbali. Con il trionfo di Giano bifronte, del dr.
Jekyll e mister Hyde, una faccia di giorno, una di notte. Quel
che si vede poi in Italia, anche molto in alto, è inqualificabile,
talora indecente. Non c’è più argine al tracimare del peggio.
Una radio questa settimana ha messo a segno un altro dei
suoi scherzacci: si farà anche audience, ma che ferite! Un finto Vendola ha teso un trappolone all’economista Fabrizio
Barca, in odor di diventare ministro nel nuovo governo. Il politico ha tirato fuori dal sacco molti veleni, sprezzante nei
giudizi e sovraccarico di autostima, arrivando a inventare
inesistenti pressioni di De Benedetti. Che ha subito smentito.
Poi Barca ha pianto sul latte versato. Uomo, dove sei finito?
CI VORREBBE più onestà, anche nel dirsi le cose in faccia.
Fragili miti, desolanti mitomanie. Non parliamo dei giudizi
sul premier incaricato Renzi: “Va solo a slogan, non ha un
pensiero, non c’è un’idea...“. Impallinato così. Si può discutere
sui mezzi per giungere al fine, ma ciascuno deve assumersi la
propria responsabilità (colpa). Lingua, fermati! Aspetta il
pensiero che è rimasto, chissà dove, molto indietro!
Ha provocato clamore nella Svizzera francese l’esternazione di un
politico zurighese secondo cui i romandi hanno “una coscienza
nazionale più debole”. Detto in parole più semplici, quelli che tengono nel borsello una “Carte d’identité” sono meno patrioti di
quelli che hanno in saccoccia una “Identitätskarte”. Anche lo scrittore Piero Bianconi ricordava che, durante un battibecco scoppiato su un autobus del Locarnese, uno svizzero tedesco ebbe a dire
a un ticinese: “Noi siamo più svizzeri di voi!”. Ma che vuol dire essere “più svizzero”? Bisogna capire, prima, cosa significa essere
“svizzero”. La risposta è semplice e insieme complicata. È svizzero
chi possiede la cittadinanza elvetica. Amen. Anche se c’è chi pensa che sia necessario avere nel sangue i geni di Tell.
Insomma, o si è svizzeri o no. Vero è che un tempo bisognava aggiungere qualche altra derrata: avere fatto, per esempio, il servizio
militare. Oggi occorre integrarsi, abbandonare le vecchie usanze,
ma non la religione, abbracciare nuove consuetudini. Gli svizzeri
che vivono all’estero hanno altri modi per sentirsi “patrioti”. Lo
fanno, quando festeggiano il natale della patria, davanti a una raclette, cantando l’inno nazionale, bevendo il Merlot, suonando il
corno delle Alpi, vestendo le loro figlie da contadine dell’Appenzello. Intanto chi resta in patria dichiara la propria “svizzeritudine” prendendo parte alle gare di lotta, ai tiri federali, o esultando
per le vittorie alle Olimpiadi. Altri, il primo di agosto, espongono
la bandiera. I simboli, si sa, sono un collante molto forte. Ma possono dirsi buoni svizzeri anche quelli che coltivano quei valori,
come i principi umanitari, che hanno portato la Svizzera ad accogliere in passato i profughi delle persecuzioni politiche e delle
guerre. Assai più difficile è dire chi è “più svizzero” degli altri. Premesso che per essere “più svizzero” bisogna prima essere “svizzero”, verrebbe da dire: non chi parla il tedesco piuttosto che il francese, né chi si sciacqua la bocca con parole spesso vuote (perché
non si riesce a definirle seriamente) come “identità”, “suolo”, “radici”, ma forse chi si impegna, per esempio, a curare i ricci feriti, o a
nutrire i pipistrelli affamati, o a scavare tunnel per i rospi in amore. Escluso insomma che sia “più svizzero” chi vota Udc piuttosto
che il Partito socialista, oppure il protestante invece del cattolico,
o il contadino dell’Entlebuch in luogo del capraio della valle Bedretto, resta che la questione è solo una delle tante sciocchezze
che certi politici sciolgono nella scarsa saliva che hanno in bocca.
Si è “più svizzeri”, insomma, se si coltiva la serietà, l’onestà, il senso civile, l’impegno: nel lavoro, nello studio, nell’educazione, nel
volontariato, nella quotidianità. Ecco i veri ingredienti di “una coscienza nazionale più forte”. Tutte le altre sono balle di frate Luca.
E così l’idraulico di origine italiana
non parla più la lingua dei genitori
I CONTI
DELLA
DOMENICA
ANGELO
ROSSI
Il carnevale solettese di quest’anno ha
scelto come motto per la sua placchetta:
“Avanti soletti”. Non esiste un’interpretazione ufficiale per questo motto in italiano. Alcuni pensano che sia un utile invito
ai solettesi a procedere solleciti. Come se,
per essere i vicini di Berna e per riprodurre, nel loro dialetto, la cadenza di quello
bernese, i solettesi fossero un po’ lenti. Altri pensano invece che “Avanti soletti!” sia
il nuovo motto della Svizzera, dopo la votazione del 9 febbraio. Pur isolandoci dal
resto dell’Europa vogliamo continuare ad
avanzare. Non sarà facile! Quel che è certo
è che il motto di quest’anno sarà piaciuto,
perché in italiano, al “Cheschtelemuni”
Mario Strazzini, il marronaio ticinese, che,
dall’alto del suo stand in stile gotico e art-
ilcaffè
tra
Dall’Agenzia per l’innovazione
una scossa ai giovani imprenditori
IL
DIARIO
Settimanale di attualità, politica, sport e cultura
39
déco - certamente la più bella baracca per
vendere marroni di tutta la Svizzera - domina, in mezzo alla Hauptgasse, il passeggio dei solettesi. Il motto del carnevale solettese non è che un pretesto per parlare
dell’italiano fuori dalla Svizzera italiana.
Lo facciamo aiutandoci con il contenuto
del nuovo numero dei “Quaderni grigionitaliani” dal titolo “L’italiano nella Svizzera tedesca e francese”.
L’italiano in queste due regioni si sta indebolendo. La diagnosi è presto fatta. Mentre la popolazione immigrata aumenta,
diminuisce progressivamente la quota
della popolazione immigrata di lingua
madre italiana. Per effetto di tre fenomeni
che, purtroppo, non si possono contrastare. Dapprima perché la quota degli italia-
Direttore responsabile Lillo Alaimo
Vicedirettore
Libero D’Agostino
Caposervizio grafico Ricky Petrozzi
ni nella nuova immigrazione non è più
dominante come lo era 40 o 50 anni fa.
Poi perché la popolazione di lingua madre italiana domiciliata invecchia. In terzo
luogo perché i figli e i nipoti degli italiani
immigrati non parlano più italiano.
Se vi capita, come è capitato a me di recente, di ricevere in casa l’esperto del riscaldamento o l’agente delle assicurazioni, ambedue con nomi di famiglia italiani
doc, è meglio che cerchiate di comunicare con loro in tedesco perché non è detto
che siano ancora in grado di esprimersi
correttamente nella lingua dei loro avi.
Siccome è difficile, in termini quantitativi, descrivere in modo positivo il fenomeno in corso, il caporedattore dei Qgi ha
scelto di trattare il problema ricorrendo a
Società editrice
2R Media
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Giò Rezzonico
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testimonianze individuali. Nella prima
parte del quaderno Diego Erba, Georg
Kreis, Verio Pini, Remigio Ratti, Donato
Sperduto, con argomenti di peso e natura
diversi esprimono un giudizio positivo
sull’utilità dell’italiano nella Svizzera
francese e tedesca.
Nella seconda parte del quaderno sono
invece contenute le risposte di una serie
di papaveri dell’amministrazione, dell’economia, della scuola e della cultura a
una serie di domande con le quali il caporedattore dei Qgi intendeva appurare
se l’italiano fosse di qualche utilità nella
loro attività quotidiana o lo fosse stato
negli sviluppi della loro carriera.
Anche queste prese di posizione portano,
in generale, a pensare in bene. Il dossier
RESPONSABILE MARKETING
Maurizio Jolli
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DISTRIBUZIONE
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della Pgi si proponeva di affrontare l’argomento in una prospettiva nuova. Ma i
contributi pubblicati nelle due parti del
dossier non è che colpiscano per la loro
originalità. Il pregio di questa pubblicazione della Pgi è però quello di avere tentato di fare il giro del problema dando la
parola anche a persone che non fanno
parte dell’avanguardia dei difensori della
lingua italiana in Svizzera.
Ne è uscito un quadro della situazione
che ci sembra più equilibrato di quello
che, di solito, si va propagando nei mass
media ticinesi, pur se, in conclusione, ci
sembra che anche per la posizione degli
italofoni nella Svizzera francese e in quella tedesca valga il motto del carnevale solettese: “Avanti soletti!”
STAMPA
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Al volante mai e poi mai: è vietato, e se
non bastasse siamo spaventati a morte
dallo spot di Werner Herzog che illustra le tragiche conseguenze di una distrazione da sms. A piedi, si può fare.
Anzi si poteva. Un articolo recentissimo sul New York Times illustra i danni
del “walking & texting”, ovvero degli
sms spediti mentre stiamo camminando. Peggio che leggere gli effetti collaterali di certe medicine, anche di uso
comune. Per completezza, mettono
anche le conseguenze indesiderate
più rare, rischiando di far venire un
colpo agli ipocondriaci. A loro è dedicato “Supercondriaque”, l’ultimo film
della coppia Dany Boon e Kad Merad,
regista e attore che avevamo scoperto
con la commedia miliardaria “Bienvenue chez les Ch’tis” (Giù al nord).
Scrivere e mandare messaggini men-
Camminare e messaggiare sms
può nuocere gravemente alla salute
CITOFONARE
MANCUSO
MARIAROSA
MANCUSO
tre passeggiamo sul marciapiede – oltre a scontrarsi con i passanti, ma per
questo non c’era bisogno di una costosa ricerca con una trentina di volontari
ripresi con le telecamere – rovina la
postura, irrigidisce il passo, fa stare
piegati da un lato, peggiora la cervicale. Insomma, se avete cara la salute e
la schiena, meglio astenersi.
Vabbé, degli sms mandati passeggiando possiamo fare a meno (e piacerebbe anche che i messaggiatori con più
di quindici anni smettessero di mandarci messaggi con le faccine: le battute si capiscono o non si capiscono).
Eppure l’allarme sembra esagerato,
come sembrano esagerati di questi
tempi tutti gli allarmi, salutistici e no.
D’inverno piove o nevica, è normale,
l’emergenza maltempo teniamola per
quando davvero sta per succedere
qualcosa di eccezionale. Il sale non farà benissimo, ma segnalarlo come il
primario problema alimentare di chi
ha da mangiare a sufficienza pare davvero un po’ troppo. La stessa sorte era
toccata ai grassi, al caffé e al vino, prima vietatissimi e poi reintrodotti a
piccole dosi. Per via del paradosso
francese: come mai mangiano burro e
mangiano foie gras senza che il colesterolo ne risenta? E senza ingrassare,
se sono donne, suscitando così l’antipatia delle americane.
Sarà che bisogna contrastare il rumore di fondo, come alle cene in cui tutti
urlano, e di questi tempi spiegano le
meraviglie della dieta paleolitica. Oppure la bellezza della “Grande bellezza” di Paolo Sorrentino, classico
esempio di film italiano che incanta
gli spettatori stranieri. Perfino Fabio
Fazio è salito sul carro, facendone il
tema dell’ultimo Festival di Sanremo.
Perfetta comunione di intenti e sentimenti. Il film sprofonda negli anni
‘70, con il personaggio di Jep Gambardella, e anche più indietro, omaggiando Federico Fellini e “La dolce vita”.
Il Festival, però, ha avuto come ospiti
la sublime Franca Valeri (93 anni), la
grande Raffaella Carrà (che ne ha
compiuti 70) e le gemelle Kessler (che
ne hanno 77): più che grande, è una
bellezza appassita.
Domenica
23 febbraio 2014
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Il Paese nel racconto popolare
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La finestra sul cortile
24 / Storie di quotidianità familiare
Il romanzo della realtà
Gli eBook del Caffè
ANONYMOUS
Ragazza madre svizzero
tedesca. Precisa e
rispettosa di ogni norma.
Trentacinquenne, impiegata
in un’agenzia immobiliare.
Suo figlio Gabriel ha 11anni.
Pensionato, vedovo
e piacione. Ama le
enciclopedie. Sua figlia,
Giulia, divorziata, ha un
bimbo di 6 anni, Nathan.
Non ama gli stranieri.
Firmato... Luismoltoarrabbiato
I fatti
e le persone
narrati in
queste storie
sono di pura
invenzione.
Anche le
cose pensate
o sottintese
non hanno
alcun legame
con la realtà.
Ma così non
sempre è per
i luoghi, le
circostanze
e gli episodi
da cui
prendono
le mosse
i racconti.
Quarantacinquenne,
divorziata da un medico.
Impiegata in un grande
magazzino. Bella, elegante
e... con molti amanti.
Maestro elementare. Sua
moglie, in casa tutto il
giorno, è una patita di
music pop. S’è ingrassata
a dismisura.
Il figlio Nick ha 6 anni.
Arrivano dalla Croazia.
Fanno tutti e due gli
assistenti di cura. Lei è
disoccupata, oltre che
molto sexi.
ONLINE
La raccolta
dei racconti
caffe.ch/citofoni
U
n giorno di sole l’animo del Lüis era predisposto al meglio. Molto di più di quanto già lo fosse
nelle giornate di pioggia e di vento. Quando il
barometro della sua testa volgeva al bello, allora s’apriva a tutto ciò che solitamente lasciava
in disparte. Ed era normale per un pensionato
vedovo di settantadue anni.
Era una domenica, perciò il Carlo Caverzasio
era a casa con moglie e figlio. La Rita stava cucinando. Lo si capiva da quel certo profumo che
dal ballatoio sopra arrivava sino alla sua porta.
Il Lüis s’era messo il giaccone ed era uscito, deciso ad andare su dal Carlo. E così fece. Allegro
più d’altre volte. Con la voglia d’imparare cose
che gli parevano..., sì da giovane, ma che proprio per questo l’avrebbero aiutato a invecchiare meglio.
«Cosa c’è Lüis, qualcosa che non va? Ma venga
dentro, la Rita sta cucinando e...».
«Se proprio insiste...», fece prontamente il Lüis
che in verità non aspettava altro.
«Ci mancherebbe! Anzi, se non ha ancora mangiato..., o giù ci sono sua figlia e il suo nipotino?».
«No no! Oggi andavano allo Spla... Spa..., non
so qualcosa del genere».
«Splash e Spa», intervenne la Rita col mestolo
di legno in mano mentre soffriggeva una cipolla.
«Eccola lì, sì. Credo sia una piscina, uno scivolo..., non so cosa mi ha contato su il Nathan ieri.
Roba bella, ma costa. Insomma, costa mantenere un figlio. La Giulia poveraccia lo sa...».
«E lo dice a noi signor Lüis?! Sapesse quanto ci
costa il Nick! Abbiamo un solo stipendio e la
Rita non ce la fa a badare alla casa e a lavorare.
Ma si sieda che è quasi pronto. Così parliamo.
Un bicchiere di bianco come aperitivo....», propose il Carlo mentre metteva sul tavolo un piatto in più e le posate.
«Ecco Carlo, volevo chiederle... o forse è meglio
che chieda alla Rita? Lei con tutte ’ste cose di
internet ci sa fare».
Sorseggiando il bianco, il Lüis spiegò alla Rita e
al Carlo che aveva sentito parlare di Facebook
(lui lo pronunciava più o meno com’è scritto) e
che gli interessava imparare. Capire. Aveva sentito che sarebbe stato possibile mettersi in contatto anche con politici importanti, discutere,
dialogare con loro...
«Ce n’è uno, un consigliere di Stato, mica uno
qualsiasi eh!, che si firma sempre, mah, ora non
ricordo più come, che ti risponde se gli scrivi...».
Il Carlo aveva l’aria molto scettica. E pure imbarazzata. A lui Facebook tempo prima l’aveva
spiegato la Milka, quella dell’appartamento 5,
ma si trattava di cose... sentimentali. Cose imbarazzanti che la Rita non aveva comunque
mai saputo.
«Ma sì, è il Paolo Beltraminelli. Lui si firma
sempre... beltrariflettiamo, beltrafelice, beltramisonosfogato.... Cose così. Ma è vero, con lui
puoi parlare di tutto...», fece la Rita servendo la
pasta, prima al Nick che la voleva in bianco.
“Ma sì, è Paolo Beltraminelli.
Lui si firma beltrafelice,
beltrariflettiamo... Cose così”
Fu così che, da quel giorno, il Lüis rimise a tutto
regime il suo computer. Non era nuovo, glielo
aveva dato sua figlia quando ne aveva preso
uno migliore per il Nathan. Quasi mille franchi.
Il Lüis lo teneva tra il divano verdone damascato e la piccola libreria con le enciclopedie raccolte con riviste e giornali. In poco tempo la
Rita gli aveva spiegato l’essenziale, anche perché lei non è che poi ne capisse molto. Ma tanto
bastò perché il Lüis aprisse una propria “pagina Facebook” e chiedesse “amicizia” a questo e
a quello. Primo fra tutti a Paolo Beltraminelli. E
di nascosto dalla Giulia che non lo sopportava.
Ma il Lüis era proprio di famiglia, di figli, di soldi
che non bastano mai che voleva parlare. Con il
“Beltraministro” voleva... discutere, si fa per
dire, proprio dei problemi di sua figlia Giulia e
del suo nipotino. I problemi di tante famiglie o
donne sole, come la Giulia, costretta a lavorare e
a mantenere un figlio senza l’aiuto di nessuno.
Ding!! Uno strano campanello dal computer,
ormai sempre acceso. Qualche giorno dopo il
Beltraministro aveva accettato l’amicizia del
Lüis, che era andato immediatamente a chiamare la Rita perché gli rispiegasse come scrivergli.
Il Lüis aveva letto una beltrariflessione. Eccola.
«Capisco le difficoltà, ma in fondo mi chiedo...,
se non si fanno figli in Svizzera, Paese più ricco
del mondo, dove bisogna farli? In Ticino l’aiuto
per le famiglie è importante. 10’900 franchi di
sgravio a figlio, aiuti per le casse malati, assegni...».
Seduto davanti al computer, saranno state le
dieci del mattino, prima il Lüis si mise a scrivere le sue riflessioni a penna su un notes a quadretti. Prima in... “brutta copia”, come si faceva
una volta, quando le riflessioni erano veramente riflessioni. E non schizzi di pensieri gettati
velocemente in un computer.
Fatta la sua “brutta copia”, il Lüis iniziò a trascrivere nello spazio riservato ai commenti a quel
Post, o come si chiamava poi, fatto dal Beltraminelli. Le lettere comparvero lentissimamente sul monitor. Ma comparvero. Ecco cosa
scrisse.
“Una volta c’era la famiglia! C’era l’ideale che
dava, a privazioni e sacrifici, il valore di gesti di
solidarietà. Si era contenti di aiutare!!! La mamma che aveva figli, li vedeva come un dono e
senza porsi tante domande... faceva la mamma. Il marito faceva il papà e tutti si aiutavano
l’un l’altro e se si doveva rinunciare... si rinunciava!!! I miei genitori, contadini, hanno fatto
sacrifici per farmi andare alle scuole medie.
Sessant’anni fa, non c’era lavoro né in Ticino
né in Svizzera e ho dovuto emigrare, per un
certo periodo... Ho imparato a fare il meccanico di precisione! Oggi, caro consigliere di Stato,
bisogna capire che non sempre un genitore ce
la fa. La paga netta di un operaio è attorno ai
4’000.- se pensiamo che un affitto per un appartamento dignitoso è attorno ai 1’500.-, poi
cassa malati, assicurazioni, trasporti, vestiti, vivande, splasc spa per il bambino... Luismoltoarrabbiato”.