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Losport
9
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GAA 6600 LOCARNO –– N. 16
16
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La gara
La partita
Il fenomeno
MORO A PAGINA 14
A PAGINA 15
SCHIRA A PAGINA 45
Domenica
27 aprile 2014
La società
IN ARGENTINA
È MARQUEZ
A DOMINARE
PER IL CHIASSO
LA SALVEZZA
ORA È VICINA
Settimanale di attualità, politica, sport e cultura
Anno XVI • Numero 16
IL LATO OSCURO
DEL CALCIO
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ALLE PAGINE 18 e 19
L’editoriale
IL REPORTAGE
DATECI PANE,
BASTA
POLITICA!
Una giornata alla “Carità”
di Locarno. Fra le migliori
strutture d’Europa.
Reparto per reparto
con medici e infermieri
LILLO ALAIMO
S
uccede un po’ come..., sì, come con quei bimbi che, se il
gioco nel campetto sotto casa
non va come se l’erano immaginato, minacciano di prendere la palla
e riportarsela a casa. Il ricorso o,
meglio, la minaccia di ricorrere ad
alcuni strumenti di democrazia
(l’iniziativa, il referendum...) è diventato una sorta di “capriccio politico” abusato, nucleo del fondamento carismatico del potere in salsa populista.
Volete sprecare denaro partecipando al finanziamento di Expo
2015 a Milano? Bene, andremo a
raccogliere le firme e chiederemo
alla gente: volete pane o finanziare
quei falliti di italiani? È questa la
minaccia della nuova politica populista e demagogica, certa della risposta che il “popolo” darà: dateci
pane!
Non volete cambiare il sistema
di nomina dei magistrati come vogliamo noi? Ci mettiamo un niente
a raccogliere le firme.
Pensate di continuare a sperperare denaro con questa Fondazione
per l’innovazione (Agire) che finanzia gli amici degli amici e gli stranieri? Sarà referendum perché la gente, i ticinesi, quei soldi li vuole affinché si dia pane ai loro figli.
GUENZI ALLE PAGINE 2 e 3
Ospedale
a
5 stelle
Il “capriccio politico” in Ticino
oggi è l’essenza della concezione
populista del potere. Il leader risponde solamente al popolo al quale, per altro, ha imparato a rivolgersi
evitando la “mediazione” della
stampa, divenuta superflua o, tutt’al
più, utile a rilanciare qualche proclama perso nella Rete. I social network, il proprio blog, il proprio sito..., sono le nuove “piazze” per comizianti. L’han capito per primi i leghisti e ha poi affinato la tecnica un
ex uomo della comunicazione, il
verde Savoia.
Il pizzino
La “gente” - a cui ci si rivolge direttamente cercando le loro firme e
gratificando così il loro ruolo - sembra conferire ai leader un potere
che oltrepassa ogni dialogo, dibattito, ricerca di mediazione e sintesi
politica. Tutto viene meno rispetto
a questo fondamento del potere,
costantemente rinnovato nel rapporto tra carisma del capo, dice la
Con
politologia, e la vibrazione di conl’avvocatessa
senso che gli viene dal suo popolo.
Aldi, la Lega
Il cittadino è trasformato in
non ce l’ha fatta
gente, la gente trasformata in poa conquistare
una poltrona
polo. Un popolo potenzialmente
in procura.
vasto, vastissimo. “Vogliamo pane
Ora proverà
per i nostri figli”. Chi direbbe altricon la Lidl
menti!?
Ecco il popolo dei populisti, un
popolo trasformato in un nastro
trasportatore di autorità che pone il
capo e i suoi al di sopra di tutto. È
questo che è diventata (nella migliore delle ipotesi, sta diventando)
la politica nostrana. Anche i plrt si
sono messi a raccoglier firme. Come? “Stracciamo l’accordo con
l’Italia sui frontalieri. Volete pane o
dare a Roma ogni anno 60 milioni, i
ristorni delle imposte dei ‘confinanti’”?!
Pane, dateci pane!
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Q@lilloalaimo
Esclusivo Inquietanti risvolti nello scandalo Lumino’s
La cronaca
Centinaia
di truffati
con gli sms
del sito porno
SPIGNESI A PAGINA 9
IL PARADISO
A CASA
NELL‘INSERTO
TROPICAL
LIFE
20
27.4 – 17.5.
14
*
15 %
gio sui
di vant ag si da
mobili e va
giardino
La storia
Ecco le registrazioni dei colloqui
tra Bignasca e Luigi Girardi
“ Ho 91anni
e ancora
vado a scalare
le montagne”
A PAGINA 8
D’AGOSTINO A PAGINA 7
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IL CAFFÈ
27 aprile 2014
3
Il servizio alberghiero
Il reportage
Piatti per ogni fede e gusto,
dal musulmano al vegano
A
Una sanità a 5 stelle,
così cura l’ospedale
fra i migliori d’Europa
Reparto per reparto con medici e infermieri
nel lavoro quotidiano della Carità di Locarno
T
LA CRONISTA
Patrizia Guenzi,
prima di entrare
in sala
operatoria
per assistere
ad un intervento
Il direttore
LUCA MERLINI
49 anni, direttore
dell’ospedale La Carità
ecnologia e umanizzazione.
Eccoli i pilastri sanitari del futuro che dovranno resistere e
sopravvivere alle burrascose
discussioni scatenate attorno
alla pianificazione ospedaliera cantonale 2015. Nosocomi ipertecnologici, sì,
ma con al centro l’uomo. Un’attenzione
precisa e mirata a guarire la parte malata della persona, ma un’altrettanta premura nel sostenerne l’aspetto psicologico in un momento delicato e di grande
fragilità. Ed è proprio a una maggior
attenzione alla cultura dell’accoglienza ciò a cui mira l’Ospedale La
Carità di Locarno, fra le migliori organizzazioni d’Europa. Una sanità
“stellata”, quella del nosocomio locarnese, un impegno che viaggia parallelo
all’ottima qualità delle cure e dell’organizzazione, che lo scorso marzo gli è
valso il Riconoscimento europeo per
l’eccellenza 5 stelle, assegnato dall’European Foundation for Quality Management, la cui sezione svizzera ha attribuito pure il Premio per la qualità nazionale (Esprix Swiss Preis for Excellence).
Due riconoscimenti che hanno spinto il Caffè ad un reportage all’interno
dell’istituto di cura locarnese, per raccontare, reparto per reparto, con medici
e infermieri il lavoro quotidiano di una
struttura con oltre settecento collaboratori, provenienti da oltre trenta Paesi, e
duecento medici con contratto, tra interni ed esterni.
Un’intera giornata del cronista per
cercare di descrivere una “macchina”
sanitaria estremamente complessa, che
ogni anno deve far fronte a 7.700 pazienti degenti, 45mila ambulanti e
25mila utenti del pronto soccorso e oltre
a 300 parti all’anno. Ma che, vista da
fuori, appare come un enorme ingranaggio ben oliato e funzionante, privo di
frizioni e intoppi.
Perché tutto deve svolgersi nel migliore dei modi, l’eccellenza delle cure
parte dall’accoglienza del paziente alla
gestione dei pasti e alla distribuzione
dei farmaci, passando per gli esami medici sino ad arrivare in sala operatoria.
Insomma, un ospedale a 5 stelle non è
fatto solo di robot, macchinari e apparecchi sofisticati, ma anche di medici,
infermieri e specialisti che lavorano in
affiatati team per favorire il benessere
emotivo e psicologico dei degenti.
PATRIZIA GUENZI
S
e volete parlare con il primario di medicina e
direttore sanitario dell’ospedale La Carità di
Locarno non dovete fare altro che cercare sulla
rubrica telefonica e comporre il suo numero diretto.
Il professor Luca Gabutti vi risponderà direttamente, con il consueto tono gentile e pacato. Nasce anche da qui la qualità di un ospedale a 5 stelle, nel
rapporto con l’esterno, con i pazienti.
Una complicatissima “macchina” dispensatrice di
servizi sanitari, in realtà, in cui la cronista del Caffè
ha trascorso dodici ore. Tecnologia, ma soprattutto e sta soprattutto qui la forza de La Carità - una costante attenzione al paziente. “Il primo caposaldo di
una struttura come la nostra è il servizio inteso come testimonianza di valore alla persona sofferente spiega il professor Gabutti, che fa del contatto umano il canale privilegiato da cui passano le cure-.
Ogni volta che vado in una camera entro nello spazio del paziente, costruisco una relazione con lui e
devo adattarmi a tutte le sue aspettative in quel preciso momento”.
LA PARTENZA
Sin dalle prime ore del mattino l’intera macchina, dopo i ridotti regimi notturni, ingrana la quarta
e parte a pieni giri. Medici, chirurghi, infermieri, assistenti, tecnici, cuochi, segretarie… tutto il personale si mette in moto. E il Caffè si accoda, iniziando
così il suo tour. Dalle 7 alle 8, prima del quotidiano
breefing di inizio giornata con i colleghi, i medici si
prendono il tempo per sbrigare incombenze amministrative. Lettere e resoconti dettagliati delle de-
genze, affinché la continuità delle cure sia garantita
anche dopo la dimissione. “Solo dal reparto medicina ogni anno escono 3.200 pazienti, il che significa
almeno nove rapporti al giorno da redigere - dice
Gabutti, a capo di un équipe di vice primari, capi
servizio e consulenti -. Un aspetto essenziale del
percorso di cura, che si incastra nella rete che gira
attorno al paziente, composta dai parenti, dalle organizzazioni di presa a carico, dal medico di famiglia e dagli eventuali specialisti. Tutti coinvolti nel
garantire assistenza al paziente dopo la fase acuta”.
Una parte della giornata è pure dedicata all’istruzione dei medici, visto che il reparto di medi-
Luca Merlini: “La nostra sfida è riuscire ad
armonizzare due concetti apparentemente
in antitesi: tecnologia e umanizzazione”
cina interna de La Carità è considerata una clinica di
formazione equivalente al livello universitario, proprio come ad esempio il Chuv, il Centro ospedaliero
universitario di Losanna. Formazione non solo interna, ma pure online con altri dipendenti dell’Ente
ospedaliero cantonale (Eoc) e, da poco, pure con alcuni medici della Clinica Santa Chiara di Locarno
per la futura collaborazione.
I TRE PILASTRI
Alle 8 in punto, tutte le mattine, c’è il rapporto
per la “consegna” dei nuovi pazienti, quelli entrati
dal pronto soccorso durante la notte o quelli ricoverati il giorno prima. Un breve briefing tra medici cu-
COMPETENZA, CUORE
E TANTA PASSIONE
Chiara Canonica, 56 anni,
è la responsabile del
servizio infermieristico.
Una figura professionale
che fa del concetto del
Primary Nursing una
filosofia importante, per
un’organizzazione delle
cure incentrata sulla
relazione con il paziente.
“È̀ il fattore umano quello
che fa la differenza”,
spiega.
UN PICCOLO MONDO
OLTRE 30 NAZIONALITÀ
La Carità è un ospedale
regionale di prossimità,
ma al contempo
internazionale, visto che
impiega personale
proveniente da oltre
trenta Paesi. Tutto ciò
permette anche di avere
sempre una figura di
riferimento per poter
gestire al meglio
la comunicazione con
tutti i pazienti, molti
dei quali stranieri.
UNA RETE SANITARIA
INTEGRATA E CONTINUA
Negli ultimi vent’anni,
l’apporto de La Carità
è stato fondamentale
nella creazione di una
rete sanitaria regionale
tra tutti i partner
sociosanitari presenti
sul territorio. Ciò
permette una presa a
carico maggiormente
integrata e continua
del paziente lungo
tutto il suo
percorso di cura.
lzando il coperchio e dando una prima
occhiata al pasto il paziente non immagina certo quanto lavoro ci sia in
quel piatto. Il Caffè ha voluto vedere cosa accade dopo il passaggio, camera dopo camera, delle collaboratrici del Gruppo pasti che
chiedono cosa il paziente preferisce mangiare. Anche in questo caso,
una macchina oliatissima
e super organizzata inizia
a girare, composta da uno
chef, un sostituto capo cucina, otto cuochi, due pasticcieri, un responsabile
ristorante, quattordici ausiliari e tre apprendisti. Al
primo piano interrato una
corposa squadra si tira su
le maniche e parte con la
preparazione dei pasti,
con un’unica filosofia in
testa: prodotti freschi, regionali, preferibilmente a
chilometro zero.
È questo il regno di Rinaldo Palermi, da 17 anni
chef della brigata di cucina e che, nel 1999, s’è visto
attribuire il marchio di
qualità “Fourchette verte”.
“Cuciniamo oggi per oggi, tutto all’ultimo
momento - precisa Palermi -, niente è preparato in anticipo, tutto è fresco e, soprattutto, i
pasti sono equilibrati e sani perché c’è la
massima attenzione alla cura e alla dieta che
segue ogni singolo paziente, dal musulmano
al vegano”. Massima attenzione alla preparazione della carne. “Optiamo per una cottura
Il pronto soccorso
I
l Pronto soccorso (Ps) è la porta d’accesso di un ospedale.
Un ruolo centrale da dove,
spesso, parte il percorso di cura. È
forse uno dei pochi luoghi capaci
di aiutare tutte le persone: ampiamente conosciuto, sempre aperto, accessibile e disponibile.
Chiunque si presenta cercando
aiuto viene visitato. In media, sessanta visite al giorno. Integrato c’è
il consultorio di medicina di urgenza, in collaborazione con i
medici di famiglia del Locarnese,
che permette di ridurre i tempi di
attesa delle casistiche più lievi.
All’arrivo di una persona al
pronto soccorso, gli infermieri
giudicano il grado di urgenza
(“triage”), sulla base di criteri predefiniti, assegnando un codice
che determina la priorità di ac-
LA STRUTTURA
Da sinistra,
L’ospedale La
Carità nel
cuore della
Citta Vecchia;
un intervento in
sala operatoria;
la sala delle
infermiere
all’ingresso di
un reparto
ranti, infermieri e radiologi. Immediatamente dopo
il gruppo si concede una pausa in mensa. Per modo
di dire, visto che qui, seppur tra un caffè e una brioche, prosegue la discussione sull’attività della giornata. Un momento di condivisione, di scambio di
opinioni, di suggerimenti per arrivare a impostare la
giornata nei reparti, cui si aggrega Chiara Canonica,
responsabile del servizio infermieristico dell’ospedale. Un ruolo fondamentale il suo che lei stesssa, in
sintesi, così descrive: “Amo la musica e mi piace
pensare ai direttori d’orchestra che sanno creare armonia, permettendo a tutti i musicisti di suonare la
propria partitura al meglio prestando attenzione
all’insieme e creare un ambiente nel quale ogni individuo possa rilasciare la sua energia al massimo
ed essere felice”.
Alla pausa-mensa spesso si aggrega il direttore
de La Carità, Luca Merlini, onnipresente. “Il nostro spiega - è un ospedale regionale di prossimità, ma al
contempo è internazionale, visto che impiega personale proveniente da oltre 30 Paesi”. E proprio il
pronto soccorso è uno dei pilastri dell’ospedale. “Assieme alla medicina intensiva e al blocco operatorio
formano le tre colonne di un ospedale somatico
acuto”, precisa Merlini. Il pronto soccorso (Ps) è un
ingranaggio che viaggia perfettamente e non può
permettersi alcun intoppo. Organizzazione, collaborazione e un team che lavora all’unisono sono i
presupposti di un Ps efficiente e funzionale, in grado
di reagire prontamente, garantendo la massima
qualità (vedi pagina accanto).
Qualità garantita pure nel reparto di cure intensive, nuovo di zecca, sette letti a disposizione, videosorveglianza in tutte le camere e monitor collegati
con alcune camere dei reparti, ambiente meno
ospedaliero grazie ai motivi floreali alle pareti e a un
giardino esterno ben visibile dalle ampie vetrate.
“Rispetto a prima, anche per il personale è decisamente migliorata la situazione - osserva il dottor Michael Llamas, capo servizio -. Corridoi più lunghi,
camere più ampie ci permettono di scaricare lo
stress, passando da un paziente all’altro”. Già, lo
stress la fa da padrona in un reparto super sollecitato come questo. In cui le decisioni vanno prese in
fretta e occorrre ottimizzare risorse e forze, in un costante accogliere e trasferire. “Rispetto a un grande
centro abbiamo una difficoltà in più - precisa Llamas -. Siccome non tutte le risorse si trovano al nostro interno, dobbiamo valutare al volo se un paziente grave è da ricoverare o no in una struttura più
specialistica. Ovvero, se il rischio che uno spostamento comporta vale l’eventuale beneficio. E credetemi, non sempre è evidente. Allora mi consulto con
i colleghi per raccogliere tutti gli elementi e prendere una decisione”. I pazienti delle cure intensive sono sempre più over 60. “Pazienti con un problema e
altri scompensi che necessitano di una struttura come la nostra - nota ancora Llamas -. D’estate poi siamo ancora più sollecitati, visto che molti turisti anziani scelgono la nostra regione”.
LE CAPACITÀ
E sono spesso gli over sessanta a finire sul lettino
di una delle quattro sale operatorie de La Carità.
Una sanità sempre più efficiente permette una vita
sempre più lunga. Capita così che un paziente di 80
anni, fortemente debilitato dalle conseguenze di un
ictus, con numerose altre gravi patologie subisca un
Una brigata di venti persone
Tra cucina e ristorante, una
ventina di collaboratori preparano
oltre 250mila pasti caldi all’anno
notturna a bassissima temperatura in speciali forni - precisa lo chef -. Ci permette un
risultato finale migliore e lineare”.
In totale, La Carità sforna un migliaio di
pasti al dì, destinati per lo più ai reparti, ma
anche al ristorante che si trova al pianterreno, accessibile pure ad utenti esterni. Dal lunedì al venerdì, 150 pasti vengono forniti alla
Ogni giorno al Ps approdano una sessantina di casi
Gestire le emergenze
rispettando le priorità
cesso alla visita medica. L’attesa,
in questo modo, è molto meno
pesante se il paziente è consapevole che il personale si sta adoperando per prestare le cure a chi in
quel momento è in condizioni
più critiche. Il “triage” ovviamente non riduce i tempi di attesa di
tutti gli utenti, bensì li redistribuisce a favore di chi ha più necessità
di un soccorso urgente. I codici di
gravità vanno dall’1 (gravissimo)
al 4. “L’80% dei pazienti è tra il codice 2 e il 4 - spiega la dottoressa
Marilù Guigli, capo servizio del Ps
-. La vera emergenza è attorno al
intervento all’intestino. “In questi casi s’è sempre
una discussione preventiva con i familiari, consapevoli che un’operazione comporta pure dei rischi, ma
alla fine sono loro a decidere”, spiega il dottor Paul
Bigger, primario di chirurgia, affiancato da Nada Vidakovic caporeparto della sala operatoria, strumentisti e chirurghi. “Fondamentale nel nostro lavoro è
la parte relazionale, la collaborazione di tutti, qui
funziona secondo le capacità dei singoli e non certo
guardando in base alla gerarchia - sottolinea Bigger
-. Serve una buona pianificazione del lavoro in collaborazione con il primario di anestesiologia, il dottor Maggiorini, la caporeparto Ana Polic e tutto il te-
Luca Gabutti: “Il primo caposaldo di una
struttura come la nostra è il servizio inteso
come testimonianza di valore della persona”
am composto da medici, infermiere specialiste e segretariato, quando è possibile ovviamente, anche
per poter gestire i singoli desideri di giornate di riposo o aggiornamento, evitando il più possibile conflitti e stress. Una buona vita privata del personale
aiuta tutti a lavorare meglio in un clima di collaborazione”. In una sala operatoria tutto dev’essere sempre pronto. Elasticità è la parola d’ordine. Per evitare
errori e distrazioni che una volta al mese finiscono
sul tavolo del “Team qualità” (Tq).
I CONTROLLI
Il primo Tq si è riunito nel 2002. Sono gruppi interdisciplinari che si riuniscono per analizzare le
Pro Senectute. Solo di alimentari e bibite
l’ospedale spende un milione di franchi l’anno. “Conciliare la quantità e la qualità del cibo è il nostro principale obiettivo - riprende
Palermi -. Tutti i prodotti utilizzati sono sempre freschi e di prima scelta (in piccola parte
si usano anche alcuni surgelati quando vengono proposti cibi fuori
stagione). Ci affidiamo per
lo più a fornitori e produttori locali; ogni giorno arrivano tre forniture di pane che garantiscono sempre la freschezza, mentre i
dolci sono preparati dalla
nostra pasticceria interna”.
Oltre alla preparazione c’è
tutta la gestione della dispensa, delle celle frigorifere, monitorate e dotate
di allarme in caso di panne.
Fondamentale è la gestione dello sporco, così
come quella dei rifiuti.
Con la collaborazione del
servizio alberghiero c’è
un’attenzione particolare
alla separazione dell’umido che viene convertito in
biogas. Ecologia anche nelle pulizie, con un
importante investimento per l’attrezzatura, il
più possibile ergonomica, delle collaboratrici che permette pure un utilizzo minimo di
acqua e prodotti chimici. Al servizio alberghiero sono impiegati una decina di collaboratori della Fondazione Diamante, un modo
per integrarli nel mondo del lavoro.
10%. Arriva di tutto, dalla bagatella al caso grave. Spesso entrano
qui o perché il loro medico di famiglia è assente, oppure perché
non sanno a chi fare riferimento,
soprattutto il fine settimana”.
Quando il Ps viene avvisato
dell’arrivo di un paziente dall’ambulanza, immediatamente si allertano tutta una serie di figure
mediche. Se il caso è giudicato
grave si bloccano immediatamente in sede gli specialisti, si avvisano il reparto radiologia e il laboratorio di tenersi pronti. Il tour
del Caffè approda al pronto soc-
segnalazioni dei collaboratori (non conformità,
eventi avversi, idee di miglioramento), come pure
eventuali reclami dei pazienti, con l’obiettivo ultimo di promuovere la qualità e la sicurezza all’interno dell’ospedale, favorendo il miglioramento continuo del sistema di cura. Si va dalle cose più banali,
tipo un formulario che non riporta il numero di telefono dei familiari a un’errata terapia o uno scambio di medicinale. Medicinali provenienti dalla farmacia dell’ospedale, operativa 24 ore su 24.
corso nello stesso istante in cui
arriva la telefonata dell’ambulanza: avvisa dell’arrivo di un ragazzino svenuto mentre faceva attività fisica all’aperto. “Sotto i 16 anni
- riprende la dottoressa Guigli -,
vengono sempre interpellati i pediatri per una valutazione del paziente. Assieme a loro viene effettuata la prima visita”.
Inutile dire che al pronto soccorso raramente ci sono momenti di calma. L’abilità del personale
sta nel riuscire a rispondere sempre e in ogni momento all’esigenza della persona sofferente. Senza
perdere tempo, senza compromettere le cure mediche per gli
altri pazienti acuti e, possibilmente, senza aumentare il già pesante carico di responsabilità.
Il primario
LA SFIDA
Prima di terminare il nostro reportage facciamo
un salto al reparto dialisi, un team di tredici persone per 43 pazienti cronici, una media di 25 al giorno
che si sdraiano sul lettino per tre volte a settimana,
quattro ore consecutive. Un ambiente creato il più
posssibile per dare benessere, alcune pareti in alto
hanno uno specchio che permette al paziente (l’età
media è di 65 anni) di “guardar fuori” e non sentirsi
troppo isolato. Ancora una volta, quindi, il paziente
al centro dell’intero ingranaggio delle cure. Dal ricovero alla dimissione, attorno a lui ruotano costantemente tutti i reparti. Anche quelli meno visibili, come la cucina e il servizio alberghiero (vedi
pagina accanto), la gestione dei dati, le risorse
umane, la logistica. In un equilibrio costante tra
tecnologia e umanizzazione. “Fare ospedale”, ama
definirlo Merlini. “La nostra sfida futura - conclude
il direttore -, è riuscire ad armonizzare due concetti
apparentemente in antitesi: un ospedale vieppiù
ipertecnologico al cui centro c’è l’uomo”.
[email protected]
Q@PatriziaGuenzi
LUCA GABUTTI
51 anni, direttore sanitario
della “Carità”
e primario di medicina,
professore presso la
Facoltà di medicina
dell'Università di Losanna
30%
AZIONE
SETTIMANE
|
NUOVO
1
2
3.15
6.85
invece
di 4.50
3
invece
di 9.80
4
8.65
invece
di 12.40
6.–
invece
di 9.–
5
6
7
7.90
3.95
6.–
invece
di 11.85
invece
di 5.70
invece
di 9.–
8
2.75
invece
di 3.95
9
10
11
3.65
3.25
16.70
invece
di 5.25
invece
di 4.70
invece
di 23.90
12
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IL CAFFÈ
27 aprile 2014
5
mondo
Il voto
LE
MAPPE
LUIGI
BONANATE
Assad umilia
il suo popolo
e zar Putin
lo protegge
L’Iraq diviso
va alle elezioni
per archiviare
la lezione Usa
KHALED FOUAD ALLAM
Sono passati 11 anni dall’inizio della seconda guerra del Golfo, guardando il passato il ritratto
della società irachena è completamente stravolto. Non è più lo
stesso mondo o il mondo che credevamo. La società irachena si era
costruita sotto l’egida del nazionalismo arabo e del suo leader
dittatore Saddam Hussein, mantenendo il rapporto di forza secolare dello “strapotere sunnita” sulla popolazione a maggioranza
sciita. La guerra, con tutti i suoi disastri, ha ristabilito questa anomalia. Ma oggi gli sciiti rappresentano la maggioranza ed i sunniti
hanno preso il posto che avevano
all’epoca di Saddam Hussein, provando l’esperienza di rappresentare la minoranza con tutte le sue
conseguenze del caso, in un quadro mondiale in cui lo scontro fra
sciiti e sunniti sta arrivando ad
una soglia di preoccupante pericolosità.
Ma in questi anni del dopo
guerra qualcosa di inedito è apparso nella società irachena: da
una parte la reale volontà di costruire un’apparente cultura istituzionale fatta di organismi, come
il motore della democrazia stessa,
il parlamento, le regioni dotate di
consigli. E dall’altra la fine del nazionalismo arabo e quella di un
ciclo della storia del mondo arabo
che ha aperto una nuova era,
quella di una società che non ha
trovato ancora realmente il suo
collante e che si rifugia all’interno
di ciò che si chiama comunitarismo. Questo in realtà è il prodotto
della visione americana di ciò che
per loro era la società irachena, divisa fra confessioni e etnie. In realtà non c’è niente di strano, la cultura americana tende sempre a riprodurre ciò che è la sua essenza,
la sua identità , che è all’origine
della genesi degli Usa, cioè la diversità culturale, il punto di partenza della costruzione dello Stato, attraverso il federalismo. La
differenza è che questa esperienza americana non è riproducibile
ovunque e se nelle elezioni del 30
aprile in Iraq ci sono sono più di
39 coalizioni, che nascondono
più di un centinaio di fazioni, è
proprio perché la frammentazione politica in questo Paese non è
segno di un avanzamento della
democrazia. Ma, al contrario, di
una malattia che la percorre. Cer-
to, ci sono altri elementi che rendono questo appuntamento elettorale preoccupante, il lento disincanto dei cittadini iracheni di
fronte ad un potere considerato
autoritario, quello di Nuri Al Maliki, una casta politica che di recente ha votato delle leggi che consa-
L’intervista
crano per i parlamentari un certo
numero di privilegi. Questo non
può che favorire o l’astensionismo
o la rincorsa al comunitarismo.
Nel caso iracheno in queste
elezioni a fine aprile ritroviamo
una tendenza fondamentale delle
società arabe: la loro estrema divi-
Reuters
Il dopo Saddam non ha frenato
l’eterna lotta tra sunniti e sciiti
sione, quella che la sociologia araba chiama la Assabiyya (spirito di
gruppo). E l’Iraq attuale è fatto di
un infinità di Assabiyya, ognuna
di esse ha una sua leadership, come, ad esempio, quella del leader
religioso sciita Muqtada Al Sadr,
discendente da un importante fa-
L’analisi di Nicola Pedde docente di relazioni internazionali
“L’unica speranza per Bagdad
sono le nuove élite politiche”
NICOLA PEDDE
Direttore
dell’Istitute
for Global
Studies
e docente
di relazioni
internazionali
“Non credo che il risultato del voto muterà profondamente il
volto dell’Iraq”. Il professor Nicola Pedde, direttore dell’Istitute for
Global Studies (Igs) e docente di relazioni internazionali, è in partenza per Bagdad dove è stato più volte come ricercatore e osservatore internazionale.
Professore perché è scettico?
“Intanto è probabile che dalle elezioni esca vincitore l’attuale
primo ministro sciita Nuri al-Maliki. Non ha avversari forti. Poi, perché l’Iraq ormai dal 1978 non ha una situazione stabile, e infine perché senza il sostegno degli Usa e di altri Paesi sarebbe già in ginocchio”.
Quello di al-Maliki resta dunque un governo debole?
“Non faccio una critica diretta al governo. Vanno analizzati tanti
fattori. Ma io credo ci vogliano 20, 25 anni forse, per vedere risultati
concreti. L’Iraq ha attraversato anni di guerra, embarghi, dispute tra
minoranze, ha dovuto contare più morti complessivamente di quelli
registrati in Siria. La sua sarà una transizione lunga,
molto lunga”.
Ma lei ha notato cambiamenti nei suoi viaggi a
Bagdad?
“Quello che colpisce è che resta un profondo
senso d’insicurezza. Poi rimane la piaga della corruzione alimentata da circoli economici e di potere che
spingono perché resti lo status quo. Però, per la prima volta si stanno affacciando sulla scena sociale e
politica le terze generazioni, quelle venute fuori dalle università, che andranno a costituire la nuova élite del Paese. Il problema è che manca ancora un processo politico regolare capace di liberare nuove energie che sappiamo trovare programmi strutturali per autosostenersi”.
Non perché non abbiano risorse. Non crede?
“Quelle energetiche, che sono una ricchezza, non hanno portato
a una diversificazione. Ho seguito recentemente una seduta del parlamento di Bagdad e si parlava di misure anti dumping nel settore
manifatturiero, c’è una invasione di prodotti stranieri”.
L’Iraq non ha avuto riflessi dalla Primavera araba. Perché?
“Perché quella che si chiama Primavera araba altro non è che un
fenomeno dettato da una concatenazione di eventi, spesso più provocati dall’esterno che dall’interno. Basta guardare a cosa è accaduto in Egitto, dove siamo al paradosso che oggi si fa appello ai militari
per restare a galla”.
Insomma, il cammino per la pace e la stabilità è lungo?
“Lungo e serpeggiato di insidie. Va ricordato che dalla Siria stanno andando via tanti combattenti. Molti torneranno in Iraq e Arabia,
14 mila di questi hanno un passaporto europeo. Sono bande che più
che alla fede pensano soltanto al portafoglio e possono essere elementi di destabilizzazione in alcune regioni”.
m.sp.
9’040
I CANDIDATI
Sono oltre
novemila i
candidati alle
elezioni. La
commissione
parlamentare
incaricata di
“validare” le liste
si è dimessa
per le ingerenze
328
I SEGGI
Sono 328
i seggi
dell’assemblea
che eleggerà il
primo ministro
e il presidente.
Il partito
di maggioranza
oggi può contare
su 91 seggi
39
LE COALIZIONI
Trentanove è il
numero delle
coalizioni in
corsa. Favorito
è il blocco Stato
di diritto. I
risultati si
sapranno
soltanto tra
qualche mese.
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miglia di dignitari religiosi sciiti.
Oppure quella dei curdi o quella
di Ayad Allawi, leader della coalizione Al Iraqiya, ciascuno di questi raggruppamenti può essere costruito su basi religiose, su base etnica o semplicemente su un ruolo
che può avere un leader carismatico.
La società irachena chiamata
al voto da un lato rafforzerà ciò
che è il principio fondamentale
della democrazia, vale a dire la
chiamata alle urne, che aprirà le
porte a un nuovo governo, e questo fa parte di ciò che si chiama
una cultura istituzionale; ma
dall’altro le 39 coalizioni presenti
a questo appuntamento elettorale
non fanno che riprodurre un male
endemico delle società arabe: la
frammentazione, che nasconde la
divisione, che nei periodi di crisi
può trasformarsi in conflitto.
L’altro aspetto preoccupante è
il contesto storico-regionale nel
quale da una parte c’è questo appuntamento elettorale e dall’altra
c’è il tentativo di costruire una
nuova società. Ma nell’attuale
sconvolgimento, destrutturazione del Medio Oriente, le promesse delle rivoluzioni arabe sembrano congelate e non tanto lontano
da Baghdad, a Damasco, si sta
svolgendo uno dei capitoli più brutti e più inquietanti della storia
moderna del mondo
arabo. E cioè la guerra,
anch’essa basata su conflitti etnico-religiosi,
sciiti, alawiti, sunniti o
curdi, con il tentativo di
creare dei micro-Stati,
emirati, come quello
Reuters dell’Iraq, della Siria islamica, sotto l’egida di Al Qaeda e di
vari gruppi radicali. Gli analisti
pensano sempre al pericolo di un
prolungamento della guerra siriana in Libano. Ma nel caso in cui
questa si prolungasse in direzione
dell’Iraq, attraverso la provincia
irachena di Falluja a maggioranza
sunnita, il Medio Oriente cadrebbe in un caos totale, che ricorderebbe il celebre film di Francis
Ford Scoppola sulla guerra, Apocalypse Now, alla fine degli anni
’70. Certo l’esercizio della democrazia è un passo positivo, ma il
contesto regionale del mondo
arabo e l’estrema fragilità della società irachena rischiano di produrre ben pochi effetti di questa
stessa democrazia.
#!" !$#
Lo spirito da guerra fredda che sta riconquistando la
vita politica internazionale è
largamente ingiustificato
perché nessuna questione
vitale è sul tappeto. Ma le
provocazioni messe in atto
da uno Stato, e le dimostrazioni di inettitudine offerte
da un altro, non possono
non lasciarci interdetti. Si
tratta ovviamente, da una
parte, della politica estera di
Vladimir Putin e, dall’altra,
di quella degli Stati Uniti.
Incominciamo da Barack
Obama. Il suo programma
era di appoggiare le rivoluzioni democratiche arabe.
Venivano poi la fine della
tragedia siriana e il riequilibrio del commercio internazionale, sia con l’Unione europea sia con l’area di libero
scambio del Pacifico. Su tutto svettava la soluzione della
questione israelo-palestinese (che proprio in questi
giorni sta purtroppo conoscendo un nuovo aggravamento). Insomma, nulla di
ciò che voleva la più grande
potenza del mondo si è realizzato. Ben diverso è l’esito
dell’attivismo
russo. Putin
ha già incassato
parte di
ciò cui
tendeva,
e cioè
l’aumento del prezzo del petrolio che vende all’Ucraina,
dalla quale voleva (ed ha
avuto) anche la Crimea. Ora
punzecchia le zone di confine con Moldavia, Georgia,
Armenia e Azerbaigian in vista di un trattamento simile
a quello inflitto alla Crimea.
Il progetto è chiaro: ricostituire la Grande potenza ora
russa e non più sovietica.
Putin non ha però dietro di
sé il sostegno della popolazione. E negli Stati vicini incominciano a preoccuparsi:
la Finlandia e la Georgia
guardano con crescente simpatia alla protezione della
Nato; la Bielorussia, governata da un altro despota
d’altri tempi, Lukashenko,
non sopporta più le prevaricazioni russe. È vero che il
russo è la lingua franca che
unifica quasi tutte le repubbliche ex-sovietiche, ma è
passata ormai troppa acqua
sotto i ponti per ricostituire
una, non necessaria, nuova
grande potenza. Ed è ciò che
l’Occidente dovrebbe cercare di evitare... se ne sarà consapevole e capace.
Che la politica estera di
Putin sia inaccettabile lo dimostra il fatto che la Russia
continua a bloccare qualsiasi fuoriuscita dalla tragedia
siriana: senza ascoltare
l’Onu, né gli Usa, né l’opinione pubblica internazionale.
Intanto Bashar Al Assad progetta l’umiliazione finale del
suo popolo, sottoponendolo
nelle settimane prossime a
un grottesco e macabro turno elettorale tra le macerie.
Quante schede elettorali raggiungeranno dei morti? È
difficile spiegarsi l’indifferenza del mondo verso questa situazione, ed è triste
constatare come Putin non
incontri alcun ostacolo sul
suo cammino.
IL CAFFÈ
27 aprile 2014
6
attualità
IN CARROZZA
Controlli della polizia a bordo
di un treno, i sindacati
ora chiedono la presenza
di almeno due capitreno; in
basso, Angelo Stoppini,
segretario del Sev
L’allarme
“La sicurezza a rischio,
più personale sui treni”
I
primi minuti sono i più
importanti. Sempre. A
maggior ragione durante
gli incidenti, o quando
scoppia un principio d’incendio. E questo vale ancora di
più quando l’emergenza scatta
all’interno di una galleria, dove
un solo macchinista non riesce
materialmente a far scendere
dai convogli 200 o più passeggeri. Ecco perché il Sev, il sindacato dei lavoratori dei trasporti, ha
lanciato l’allarme. Serve più personale per garantire la sicurezza. Sia nelle tratte regionali che
su quelle nazionali.
“Le intenzioni delle Ffs –avverte
la sezione ticinese del sindacato
- sono invece quelle di togliere il
personale di scorta su questi treni. La ragione di questo provvedimento, secondo le ferrovie,
sarebbe dovuta alla separazione
del traffico regionale da quello
di lunga distanza. Il primo non
scortato e il secondo con servi-
Ti-Press
Denuncia sindacale sul pericolo d’incidenti
La situazione
ALPTRANSIT
La galleria del
San Gottardo
dovrebbe
essere
inaugurata nel
2016. I treni
potranno
raggiungere i
250 km orari.
zio di scorta”. Una decisione che
secondo il Sev non rispetta un
vecchio accordo di cinque anni
fa. “Un accordo arrivato dopo
una serie di incidenti, non ultimo quello nel tunnel dello Zimmerberg, presso Zurigo”, spiega
Angelo Stoppini segretario del
Sev (circa ventimila iscritti a livello nazionale).
“Io c’ero - aggiunge - quando
scoppiò l’incendio in quella galleria e posso dire che l’evacuazione avvenne rapidamente gra-
zie al fatto che a bordo eravamo
in due ed eravamo in un tunnel
relativamente moderna e dove
si è accesa subito la luce, altrimenti sarebbe stato un guaio.
Il Sev: “Sulle tratte
regionali non basta
un capotreno, con
Alptransit i problemi
aumenteranno”
I PASSEGGERI
L’anno scorso,
per la prima
volta nella
storia, le Ffs
hanno
trasportato più
di un milione di
passeggeri al
giorno.
I PERCORSI
Nel 2013 i
passeggeri
delle FFS
hanno
percorso 17,8
miliardi di
chilometri, con
un aumento
dell'1,3%.
Persino il Servizio d’inchiesta
sugli infortuni dei trasporti pubblici della Confederazione aveva proposto di rivedere il numero di agenti a bordo”.
Ora la preoccupazione non è
solo per il presente, ma anche
per il futuro. Per il presente perché il doppio accompagnamento,ossia due macchinisti, è importante nelle vecchie linee di
montagna, dove ci sono gallerie
elicoidali e tunnel costruiti oltre
100 anni fa. E per il futuro l’Al-
GLI AGENTI
Attualmente in
Ticino ci sono
un centinaio di
agenti di
scorta
(capitreno)
tra la sede di
Chiasso
e Bellinzona.
ptransit. “La galleria più lunga
del mondo - aggiunge Stoppini verrà inaugurata nel 2016. Rivoluzionerà i collegamenti da
nord a sud e porterà migliaia di
passeggeri. Serve un piano di sicurezza serio con precise garanzie. Per sensibilizzare l’opinione
pubblica il personale che aderisce al nostro sindacato avrà una
spilla appuntata al bavero della
giacca che sollecita la doppia
scorta”.
Le Ferrovie federali sosten-
Occuparsi della corrispondenza legata a questioni assicurative:
la Posta Ü anche questo.
La Posta fa molto piî di quanto si pensi. Aiutiamo le aziende dei settori piî disparati nellflallestimento
e nella gestione della corrispondenza, cosŽ come nei processi commerciali connessi. Sia in formato
elettronico sia cartaceo. Fate crescere anche voi la vostra azienda con le soluzioni innovative della Posta:
posta.ch/dinamismo-giallo
gono che la scurezza è da sempre una priorità dell’azienda.
“Su tutte le lunghe tratte ci sono
due capitreno - precisa Reto
Schärli, portavoce Ffs -. Sui treni
regionali, invece, quando vengono effettuati i controlli ci sono
almeno due controllori a bordo”.
Per i sindacati la regola dovrebbe essere quella della presenza
costante di due agenti di scorta
e non solo al momento dei controlli. Attualmente questi agenti
in Ticino sono un centinaio, la
metà con base a Chiasso e l’altra
a Bellinzona.
“La tendenza - sottolinea
Stoppini - è quella del risparmio, dei tagli. Si vuole sempre
meno personale. Attualmente ci
sono convogli formati da due
composizioni, e in ognuna c’è
un solo agente di scorta. Nella
nuova galleria Alptransit dove
viaggeranno migliaia di persone
ogni giorno questa regola non
può valere”.
m.sp.
IL CAFFÈ
27 aprile 2014
7
attualità
Lo scandalo
La promessa di Bignasca:
“Ci penso io a parlare
col funzionario dei ricorsi”
IL LOCALE
L’hotel
Lumino’s a
Lumino, dopo
la chiusura
decisa dalla
magistratura
Ti-Press
Ecco i colloqui registrati tra il direttore del Lumino’s
e il deputato coordinatore della Lega dei ticinesi
Il commento
I protagonisti
I fatti
1
GLI INCONTRI AL BAR
Nel luglio del 2013 il ministro
Michele Barra incontra in un
bar di Bellinzona il direttore del
Lumino’s. Protestava per la
chiusura del suo locale. Due
conversazioni che Luigi Girardi
registra con il telefonino
2
NELL’UFFICIO
Il 5 agosto 2013, Luigi Girardi
è nell’ufficio del ministro Barra
a Bellinzona. Gli fa vedere un
video in cui un alto funzionario
del Territorio è nel locale a luci
rosse in compagnia di una
prostituta
3
L’INCHIESTA
Il 18 settembre, il consigliere
di Stato Michele Barra viene
convocato in Procura sulla
base delle registrazioni fatte
illegalmente da Girardi, nel
corso degli incontri che
c’erano stati
4
L’ARRESTO
L’8 ottobre Luigi Girardi viene
arrestato. Tra le accuse anche
quella di aver tentato di
ricattare il ministro del
Territorio facendogli vedere il
video col funzionario presente
al Lumino’s
SILVANO
BERGONZOLI
Deputato e
municipale
leghista,
per conto di
Luciano Poli
fece da
tramite tra
Barra e il
direttore del
Lumino’s.
MICHELE
BARRA
Lo scomparso
ministro del
Territorio
incontrò il
direttore del
Lumino’s anche
a Palazzo. Subì,
disse, un
tentativo di
ricatto.
LIBERO D?AGOSTINO
“A
ttilio Bignasca mi
dice che vuole
leggere le carte,
che va a parlare
lui con un funzionario del servizio dei ricorsi del
Consiglio di Stato”. Dal carcere Luigi Girardi, il direttore del Lumino’s,
legge direttamente dai verbali
dell’inchiesta, ricorda che il coordinatore della Lega s’interessava
del tormentato contenzioso amministrativo per il postribolo di Lumino. “Sono due le registrazioni
dei colloqui che ho avuto con Attilio Bignasca”, precisa Girardi, accusato di diversi reati, ma soprattutto di coazione sul ministro del
Territorio Michele Barra (scomparso nell’ottobre scorso), per
avergli mostrato il 5 agosto del
2013, nell’ufficio a palazzo del go-
CLETO
FERRARI
Collaboratore
personale
dello
scomparso
ministro Barra.
Era presente
all’incontro tra
il direttore del
Lumino’s
e Barra.
sposto che ne avrebbe parlato con
Norman (Gobbi, il ministro delle
Istituzioni, ndr) il quale gli avrebbe
certamente detto che avrebbe
‘messo dentro’ la richiesta a Berna’,
ma che la decisione spettava alla
Confederazione. Ma che lui, Bignasca, non poteva fare molto, perché personalmente a Berna contava come il due di picche. Queste
cose sono tutte scritte nelle carte
dell’inchiesta”. Ed è sempre Bignasca, racconta Girardi, che parla del
funzionario del Territorio ripreso
nel Lumino’s: “Mi diceva che quel
funzionario aveva approfittato del
passaggio di consegne tra il vec-
NORMAN
GOBBI
Ministro delle
Istituzioni; con
lui Barra disse
di essersi
confidato dopo
l’incontro a
Palazzo col
direttore del
Lumino’s, Luigi
Girardi.
CLAUDIO
ZALI
Il successore
al Territorio di
Barra, ha chiuso
di comune
accordo
il rapporto
di lavoro con
il funzionario
al centro
del ricatto.
Ho fatto le registrazioni perché
non mi fidavo più di nessuno”. E
spara una raffica di interrogativi:
“Non crede che se avessi voluto fare coazione su qualcuno l’avrei fatta non sul ministro Barra, ma direttamente sul funzionario del Territorio che era spesso al Lumino’s?
Perché Barra non mi ha subito denunciato dopo aver visto il video,
ma solo un mese e mezzo dopo?
Perché non lo ha fatto subito assieme a Gobbi con cui si era confidato? Possibile che queste domande
non interessino il parlamento?”.
[email protected]
Q@LiberoDAgostino
chio ministro Borradori e Barra
che sapeva poco di quel caso, in
quanto non aveva nemmeno visto
l’incarto. Anche questo c’è nelle registrazioni”. Si sfoga Girardi, ribadisce la sua richiesta di un’inchiesta
parlamentare per fare piena luce
sulle responsablità istituzionali.
Dice che non vuole fare il capro
espiatorio di una vicenda “montata con tante bugie”, per liquidare
tutto incastrando solo lui. “Io fatto
tutto alla luce del sole. Per il Lumino’s mi sono battuto con mezzi legali. Ho denunciato la polizia e
persino il procuratore generale
Noseda e ho pure ricusato Gobbi.
IL DIRETTORE
Luigi Girardi, ex direttore
del locale a luci rosse
Lumino’s , a Lumino
“Per lui non ero certo
uno sconosciuto.
Mi conosceva bene.
L’ho incontrato
una decina di volte”
verno, il video con le immagini di
un alto funzionario del dipartimento all’interno del Lumino’s in
compagnia di una prostituta.
“Bignasca dice che mi ha incontrato senza sapere chi fossi?
Ebbene, nel suo ufficio in via Monte Boglia mi presentavo come Luigi, solo col nome perché lui mi conosceva bene, lo avrò incontrato
una decina di volte”, afferma Girardi. L’ex direttore di quello che era il
più elegante postribolo ticinese, è
meravigliato della smentita di Bignasca, dopo che il Caffé due settimane fa aveva svelato i loro colloqui, e delle sue successive ammissioni. Girardi parla delle due registrazioni fatte col telefonino e alza
altri veli su uno scandalo politicoistuzionale che pare sempre più
essere nato e gestito all’interno
della Lega. Il copione di una brutta
storia su cui gravano ancora molte
ombre, ha, difatti, per principali
protagonisti esponenti leghisti di
primo piano.
“Nei colloqui che ho avuto con
Bignasca si parlava dei problemi
del Lumino’s. Lui s’interessava dei
ricorsi e mi fatto pure il nome del
funzionario del servizio del governo con cui avrebbe parlato”. Il coordinatore della Lega, stando alla
versione di Girardi, si sarebbe pure
interessato per trovare un’altra
possible soluzione per il Lumino’s.
“Gli avevo chiesto se poteva far
qualcosa perché potessi ospitare
degli asilanti nel locale, mi ha ri-
ATTILIO
BIGNASCA
Incontrò,e in
almeno due
occasioni fu
registrato, il
direttore del
Lumino’s che
stava
cercando
soluzioni
per il locale.
Ti-Press
LUCIANO
POLI
Amministratore
del Lumino’s.
Ex deputato
leghista. Chiese
al collega di
partito
Bergonzoli
un contatto
col ministro
Michele Barra.
Il personaggio
Dalla coazione ai reati fiscali,
il pesante carico dell’accusa
S
i intreccia con il lungo contenzioso amministrativo del Lumino’s, la vicenda giudiziaria di
Luigi Girardi. Un contenzioso fatto di ordinanze di chiusura, riaperture, denunce, e persino unamanifestazione delle lucciole in piazza del governo.
Con l’ultimo colpo di coda delle registrazioni illegali che a Girardi costano l’arresto l’8 ottobre 2013. Il
titolare del Lumino’s finisce in carcere con accuse
pesanti: tentata coazione, sfruttamento di atti sessuali, promovimento della prostituzione, ripetuta
violazione della sfera segreta o privata mediante
apparecchi di presa di immagini, ripetuta registrazione clandestina di conversazioni, tentata truffa,
falsità in documenti, correità in frode fiscale, impedimento di atti dell’autorità. Sono caduti invece, come emerso in occasione dell’avviso di chiusura
dell’inchiesta, altri due reati contestati inizialmente
a Girardi: tentata estorsione e violenza o minaccia
contro le autorità e i funzionari.
Tutto comincia il 26 marzo 2011, quando il locale a luci rosse viene inaugurato ufficialmente da
una “madrina” speciale: la pornostar Elena Grimaldi. Una quindicina le ragazze in sala. Ma quasi subi-
to cominciano le proteste della popolazione e le segnalazioni. Alla fine del 2012, anche in seguito all’operazione Domino contro i locali a luci rosse lanciata un anno prima dal ministro pubblico, cominciano i guai. Controlli, blitz e un lungo braccio di
ferro. Nei primi mesi del 2013 al Lumino’s vengono
messi i sigilli per irregolarità amministrative e edilizie. Girardi denuncia per abuso di potere il procuratore John Noseda che, secondo lui, avrebbe sollecitato il provvedimento. L’inchiesta si chiude rapidamente con un decreto di non luogo a procedere.
Il locale va avanti come club privato, resta aperto il
bar. In aprile, dopo un ricorso contro la chiusura respinto dal Tram, secondo blitz della polizia e nuovi
sigilli. Il Lumino’s non è conforme alle norme edilizie comunali. Girardi, in quell’occasione, litiga pesantemente con gli agenti. Finisce in ospedale, esce
con un certificato e denuncia la polizia per violenza. Nell’ottobre scorso l’arresto legato alla vicenda
delle registrazioni, un video e parecchi file audio,
col coinvolgimento di un funzionario del dipartimento del Territorio che si dimetterà in novembre.
m.sp.
La politica
faccia
piena luce
sulla vicenda
H
a ragione chi chiede di
fare piena luce sulla vicenda della neo procuratrice pubblica Valentina Item
(di cui riferiamo nelle pagine
più avanti). Chi rappresenta le
istituzioni non dev’essere nemmeno sfiorato dall’ombra del
sospetto. Ne va della crebilità
della democrazia, della giustizia... E in prima fila, tra chi
punta il dito sul neo magistrato,
ci sono i leghisti. Già! Leghisti
che sembrano però usare metri
differenti nel valutare e nel giudicare ciò che riguarda le parti
politiche avverse (Valentina
Item è stata proposta dall’Udc
alla carica di procuratore) e le
faccende di casa propria.
Lo scandalo del locale a luci
rosse Lumino’s, checchè se ne
voglia e dica, coinvolge solo e
soltanto esponenti leghisti.
Sarà un caso, come è un caso
che il fondatore della Lega,
Giuliano Bignasca, era proprietario di un hotel a luci rosse!
Sarà un caso, ma fatto è che la
vicenda - che presto approderà
in aula penale per giudicare l’ex
direttore del Lumino’s - nasce e
si consuma tra le pieghe dei
rapporti ufficiali e ufficiosi solo
di esponenti leghisti.
Ex parlamentare leghista è quel
Poli, amministratore del Lumino’s, che cercò attraverso un altro esponente leghista, Bergonzoli, un contatto con il ministro
del Territorio, lo scomparso
Barra. Leghista è quel ministro,
Gobbi, con il quale Barra disse
di essersi confidato dopo aver
subìto un tentativo di “ricatto”
(è questa l’accusa a Girardi che
caratterizzerà il processo a suo
carico) da parte del direttore
del locale a luci rosse. Leghista,
addirittura coodinatore del
movimento, è Attilio Bignasca
al quale Girardi, come il Caffè
ha rivelato quindici giorni fa, si
rivolse per trovare una soluzione ai suoi problemi.
Interpellato dalla Regione Bignasca negò. No, di gente ne ricevo tanta e comunque a me
non risulta d’aver incontrato
Girardi.
Passa qualche giorno e Bignasca cambia versione. Parlando
col Corriere del Ticino ammette. E non può fare altrimenti
dato che, come con altri, Girardi registrò l’audio di due colloqui avuti proprio con lui lo
scorso anno.
Ce n’è abbastanza perché la
politica faccia piena luce sulla
vicenda, indipendentemente
dall’inchiesta della magistratura.
l.d.a.
IL CAFFÈ
27 aprile 2014
8
attualità
La
storia
Un fisico da ragazzo. Muscoli
scattanti e tanta voglia di parlare
della sua avventurosa vita. L’ha
raccontata pure in un libro.
Marcel Rémy ha iniziato sin
da piccolo a scalare le montagne
e continua a farlo. Non solo. Scia
e va in bici. E, come un ragazzo,
si lancia anche con lo skate
MARCEL RÉMY
Alla veneranda età di 91 anni
questo infaticabile pensionato
scia, fa skate e si arrampica
“A 91 anni suonati
mi arrampico ancora
perché non dovrei?”
PATRIZIA GUENZI
N
Una passione lunga
quasi un secolo
Due scatti di Marcel Rémy
ragazzino e giovane. Quando
saliva con tutta la famiglia
all’Alpe e, da lì, scappava per
andare ad arrampicarsi in
montagna. Passione che ha
trasmesso anche ai due figli,
oggi famosi scalatori,
conosciuti per aprire nuove vie
ovantun anni e non sentirli. Anziché starsene in panciolle sul
divano davanti alla tv, meglio
armarsi di corda, imbracatura,
scarponi, chiodi e salire da solo
sulla roccia. Il protagonista di
questa singolare storia è Marcel
Rémy, di Lutry (Vd), arzillo
pensionato delle Ferrovie,
sguardo vispo, un fisico asciutto da ragazzino, muscoli scattanti e una gran voglia di raccontarsi. Una vera forza della
natura. Sin da piccolo ha coltivato la passione per la montagna e ancora oggi
scia, va in bici e
sfreccia sullo skateboard. Malgrado
un pacemaker, due
anche artificiali e
una dozzina di interventi chirurgici,
non ha la benché
minima intenzione
di fermarsi. Anzi.
Ancora tanti progetti
gli frullano per la testa, soprattutto dopo
l’uscita del libro che
racconta la sua vita
avventurosa, “Un pas
de plus”, scritta dal
compagno di scalata
Philippe Barraud (ed.
Cabédita), autore degli
scatti qui pubblicati. E
davanti alla sorpresa
di chi gli chiede come
riesce a fare tutte queste cose nonostante
l’età, dove trova tanta
forza, Rémy, appena
rientrato da un allenamento su una parete da scalata, risponde candidamente: “Sì, mi arrampico ancora e
perché non dovrei?”.
Una vera passione quella di
Marcel Rémy per
la montagna, anzi
le sue montagne, quelle che
l’hanno visto crescere e, appena in grado di camminare,
scappare da casa per arrampicarsi, contro il volere del padre,
per salire, salire, sempre più in
alto. “Mio padre non mi dava il
permesso ma io dentro di me
mi dicevo: perché no?”. E così è
andato avanti. A chiedersi in
continuazione perché non doveva farlo? Perché non scalare
La vita
L’infanzia
Il lavoro
La famiglia
Gli hobby
IL PADRE
LE FERROVIE
MOGLIE E FIGLI
SCI E MONTAGNA
UN PRIMO LIBRO
Sin da piccolo
Marcel ha la
passione per
l’arrampicata. E
malgrado il divieto
del padre lui ci
prova lo stesso
Ha iniziato presto
a lavorare, già
a 15 anni faticava
per tenere pulite
le rotaie su cui
viaggiavano
i treni delle Ffs
A 25 anni si sposa
con una donna
povera come lui ma
con tanta voglia di
fare. Dalle nozze
nascono due figli,
60 e 57 anni oggi
Una vita semplice
quella di Rémy.
Lavoro, famiglia e
tanto movimento.
Anche i figli, sin da
piccoli, iniziano con
le arrampicate
È appena uscito
il primo libro che
racconta la sua vita
avventurosa. E
Rémy non esclude
possa arrivare
anche il secondo
le cime più belle delle Alpi? O
perché non abbinare la passione per il parapendio a quella
dello sci? “Non c’è alcuna ragione per non farlo - ribadisce
Rémy, che almeno un paio di
volte la settimana salta pure
sullo skateboard per un veloce
giro tra le viuzze attorno alla
sua villetta -. È così che mi sono
rimesso dopo le due operazioni
alle anche. Un bambino mi ha
detto di provare. Ho esitato, poi
d’un colpo ho capito che eravamo noi i pazzi, non certo questi
ragazzini che si lanciano a folle
velocità sulla tavola. E mi sono
lanciato anche io”.
Negli anni ha accumulato
avventure su avventure, perciò
ha sempre qualcosa da raccon-
tare. La sua vita privata, tutto
sommato, è invece molto comune. Sposato da quasi settant’anni con Rachel, 86enne,
da dieci ricoverata in una casa
per anziani, due figli, Claude,
“Ho un pacemaker,
due anche artificiali,
una dozzina di
operazioni alle spalle e
ancora tanti progetti”
60 anni, e Yves, 57, pure loro
appassionati di montagna. “Sono molto orgoglioso dei miei
ragazzi, oggi sono due campioni di scalata, li hanno chiamati
in una quindicina di Paesi per
Il futuro
aprire nuove vie e creare stazioni di scalata - racconta Rémy -.
Sono stati allevati in modo
semplice, sempre a contatto
con la natura. E così continuano a vivere. Proprio come me.
Nato povero, mi sono sempre
accontentato di quello che avevo. Poco più che ventenne mi
sono sposato con una donna
semplice, anche lei senza troppe pretese. Inizialmente abbiamo condiviso la passione per la
bicicletta e percorso un po’ tutta la Svizzera in lungo e in largo.
Poi abbiamo anche fatto qualche scalata assieme. Sono riuscito a portare Rachel sino a
3600 metri!”. Con l’arrivo dei figli e la famiglia da portare
avanti, la moglie ha preferito
…E LA LETTURA CONTINUA
CON GLI EBOOK DEL CAFFÉ
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IL RACCONTO
DELLA
REALTÀ
Anonymous
COME FU CHE UN
TUNISINO SPOSÒ
UNA TICINESE
Andrea Vitali
LE PAROLE
DEL 2013
Autori
vari
SAPORI
E MITI
Carolina
Cenni
APPUNTI
DI VIAGGIO
Giò
Rezzonico
occuparsi della casa e vivere
più tranquilla. Ha lasciato che i
maschi continuassero a coltivare la passione per le cime. “A un
anno i miei figli già stavano sugli sci”, dice Rémy.
Il suo amore per la montagna è incondizionato, malgrado
una valanga gli abbia portato
via la madre e la sorella 19enne.
A testa bassa, allenamento dopo allenamento, Rémy ha ancora l’energia di un ragazzino che
cade e si rialza immediatamente: “Un’energia che ho sin dalla
nascita. Assieme alla grande
dote di vedere sempre il bicchiere mezzo pieno, di accettare le cose per come vengono e,
ripeto, forse anche di aver sempre preferito una vita molto
semplice”.
Pure a tavola, ovviamente.
Niente fritti, né grassi. Un’alimentazione equilibrata e leggera. Rémy preferisce i legumi,
che cura personalmente nel
suo piccolo orto dietro casa.
“Non posso dire di mangiare
come tutti, anche perché da
dieci anni vivo da solo e quindi
ho un’alimentazione molto parca. Ma cerco comunque di mettere nel piatto cibi sani, meglio
se arrivano direttamente dalla
terra. E così ha sempre fatto anche mia moglie, una vera fanatica della cucina semplice”.
E i risultati si vedono. Rémy
non sa cosa siano ipertensione,
colesterolo o diabete. Una salute di ferro, la sua. Ma anche con
un pizzico di fortuna, visto che
madre natura l’ha dotato di un
fisico eccezionale. “Bè, sono di
costituzione sana, certo. Ma mi
sono sempre dato da fare, non
sono mai stato un pigro, ho
sempre fatto tantissimo sport. E
ancora oggi ma, ovviamente,
con un ritmo più tranquillo. Solo così il fisico resta flessibile,
muscoloso e in forma. Altrimenti è finita. Quando ho rifatto le due anche avrei potuto dire basta, non mi muovo più, chi
me lo fa fare. E invece no! Mi sono rialzato e rimesso in pista”.
Così scattante e con la forza di
un giovane, Rémy fa progetti
per il futuro: “Continuerò a scalare le mie amate montagne, ad
allenarmi sullo skate, ad andare
in bici e a sciare. Non vedo perché dovrei smettere”. Già, perché mai. In fondo ha solo 91 anni!
[email protected]
Q@PatriziaGuenzi
IL CAFFÈ
27 aprile 2014
ROSA
&
CACTUS
OFFERTI DA
attualità
Piazza Muraccio, Locarno
Tel. 091 751 72 31
Fax 091 751 15 73
9
una rosa a...
un cactus a...
Arno Rossini
Saverio Lurati
Per l’Associazione calcio
Bellinzona è finalmente ora di
ripartire. E la prima “mossa”
concreta è stata la scelta del
nuovo mister. Che merita una
rosa d’incoraggiamento che vale
per tutto il popolo granata.
Di studi, analisi e rapporti sugli
impianti di risalita in Ticino negli
ultimi anni se ne sono visti davvero
molti. Eppure il Ps guidato da Lurati,
per decidere sui nuovi sussidi, non
trova di meglio che proporre un
ennesimo “gruppo di lavoro”.
Un sms sul telefonino
e comincia l’incubo
della truffa a luci rosse
Centinaia di ticinesi “abbonati” a un sito porno
I pericoli
Ti-Press
1 2 3 4 5
MAURO SPIGNESI
La cifra richiesta è sempre
uguale, per la precisione: 79
franchi e 90 centesimi. Ma se
non si paga subito arrivano i richiami e la somma lievita rapidamente. Sono centinaia i ticinesi che in questi mesi si sono
visti recapitare una raccomandata da una società di recupero
crediti, la Pay Pay con sede nel
canton Svitto, che chiede di saldare la fattura di un abbonamento a un sito porno per conto
della Pulsina Limited di Zurigo.
E sono centinaia, in tutta la Svizzera, coloro che sono finiti inconsapevolmente in un vortice
di sms, email e lettere in cui spiegano di non aver mai fatto alcun
abbonamento, senza tuttavia
riuscire a trovare una via d’uscita. “Non è servita neppure la segnalazione alla Seco, la Segreteria di Stato dell’economia, che si
occupa di casi simili quando si
trova davanti a metodi commerciali sleali” racconta chi ha gia ricevuto diversi solleciti dalla società d’incasso.
Per finire nella rete, come ha
potuto verificare Il Caffè attraverso diverse testimonianze raccolte, basta navigare semplicemente su internet con uno smar-
tphone. Sulla schermata comprare all’improvviso la pubblicità di un sito porno, basta cercare
di spostare la finestra cliccandoci inavvertitamente sopra o cliccando sulla crocetta che dovrebbe far scomparire la pagina e arriva un sms. Un messaggio stringato, per molti incomprensibile.
Poi si chiede di inserire il proprio numero di cellulare. Molti
lasciano perdere e proseguono
L’intervista
LA SCHERMATA
IL MESSAGGIO
LA RICHIESTA
I RICHIAMI
LE LETTERE
Navigando in internet con
lo smartphone si incontra
una schermata fastidiosa.
Si cerca allora di eliminarla
dalla pagina, e lo si fa
spesso cliccandoci sopra
inavvertitamente o
cliccando la crocetta in
alto per chiuderla. Cosi
scatta il collegamento con
un sito porno.
In molto casi, come
hanno testimoniato le
persone contattate da Il
Caffè, arriva un sms in cui
si dice che si hanno 72
ore per disdire
l’abbonamento. Ma
bisogna inserire il proprio
numero di telefonino. Il
messaggio a tanti non è
apparso chiaro.
Molti dopo aver ricevuto la
richiesta con il
messaggino non ci fanno
caso e continuano la loro
navigazione, ignari di
essersi ficcati in un guaio.
Invece dopo qualche
giorno arriva una fattura di
79.90 franchi per
l’abbonamento e per aver
scaricato video.
Quelli che non hanno
pagato hanno ricevuto
numerosi richiami e nelle
lettere sono state
aggiunge richieste di
denaro per i ritardi nel
pagamento. Inutili, hanno
raccontato gli utenti, le
chiamate alla società di
riscossione o le lettere di
protesta inviate.
Molti si sono rivolti alle
Associazioni dei
consumatori, soprattutto
a quella della Svizzera
italiana e a quella
romanda. Diverse, poi, le
denunce inviate alla Seco,
la segreteria di Stato
dell’economia. Alcuni
hanno chiamato per
informazioni la polizia.
la navigazione senza immaginare le conseguente cui si va incontro. Così nel giro di qualche
giorno ecco la fattura a casa, con
i 79.90 franchi elencati accanto
alla voce “video on demand”.
Nella lettera si precisa anche la
data e l’ora in cui si sarebbe scaricato il filmato. A seguire i solleciti, con annesse spese di richiamo. In alcuni casi, come hanno
raccontato alla trasmissione del-
la Rsi Patti Chiari diverse persone “perseguitate” dalla società
d’incasso, interviene anche il
call center che domanda i dati
del cliente del telefonino. Molti li
dettano nella speranza di risolvere il problema e riuscire a disdire l’abbonamento.
“Il nostro primo consiglio è
quello di non pagare. Assolutramente”, spiega Franca Garbellini
dell’Acsi, l’associazione dei con-
L’avvocato Decristophoris spiega i diritti dei consumatori
“In questi casi non si deve pagare”
“Non ci sono i presupposti di un contratto”. L’avvocato luganese Alfio Decristophoris,
specializzato in diritto contrattuale, sul caso
delle “fatture a luci rosse” è d’accordo con
quanto sostiene l’Acsi: “Io non pagherei”.
Perché non pagare, avvocato?
“Uno dei punti essenziali di un contratto
è la volontà delle parti. Facciamo un esempio: nella compravendita il punto essenziale
è l’oggetto che si vende e il prezzo. Tutto tra le
parti deve essere chiaro e accettato”.
Chi clicca su internet potrebbe accettare le condizioni di un contratto?
“Questa è una pratica ambigua. Però, ripeto, su un contratto serve una firma per cui
il consumatore accetta tutte le condizioni.
Non mi pare che in questo caso questa situazione sia stata soddisfatta”.
E se si paga?
“Capisco che qualcuno pur di chiudere la
faccenda, paghi. E questo vista anche la cifra. Probabilmente si gioca anche su questo
elemento. Ma io andrei tranquillamente anche in pretura, al Tribunale d’appello e a
quello Federale
Molti però si chiedono come si fa ad annullare questo genere di “contratti”, che
strumenti ha un consumatore?
“Io partirei dal presupposto che alla base
di tutto non c’è contratto. Dunque non mi
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muoverei per chiedere una rescissione, ma
semmai questa ipotesi la valuterei in seguito.
Anche perché diventa un po’ pericoloso
chiedere una disdetta, è come ammettere, in
parte, che qualcosa si è concluso”.
Meglio non fare la disdetta allora?
“Sì. Poi non bisogna dimenticare che per
legge il cliente ha sempre sette giorni di tempo per ripensarci. Lo dice la legge”.
Le testimonianze che abbiamo raccolto, invece, parlano di un lasso di tempo di
72 ore. Non di più. È regolare?
“No, ci sono sette giorni dal momento in
cui il consumatore ha ricevuto tutte le spiegazioni”.
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sumatori che sul suo sito internet, dopo le numerose segnalazioni, ha inserito il fac simile di
una lettera da inviare alla Seco.
“Tanti, anche anziani, ci chiamano impauriti e indignati prosegue - e ci dicono di non
aver stipulato alcun contratto. E
hanno ragione, infatti per sottoscrivere un contratto occorre verificare le condizioni e poi manca il prezzo. Se io firmo un contratto devo sapere preventivamente quanto spendere”.
Dal canto suo la società Pay
Pay a chi protesta spiega di essere unicamente un’ azienda incaricata di riscuotere i crediti. La
Seco, attraverso l’avvocato Verena Jezler, ha risposto a un cittadino che aveva sollecitato un
suo intervento con una precisa
denuncia, che non poter fare
molto, poiché “ la Segreteria di
Stato dell’economia può adire a
vie legali solo se sono minacciate o lesi interessi collettivi”. La
Seco, ha spiegato ancora il legale, se dovesse ricevere “un numero sufficiente di reclami relativi alle pratiche sleali” potrà valutare se è “opportuno presentare una querela all’autorità cantonale competente”.
[email protected]
Q@maurospignesi
IL CAFFÈ
27 aprile 2014
10
politica
Le idee
La minaccia del costante
ricatto di raccogliere
le firme per ricorrere
alle urne, vista
da politici ed ex ministri.
L’opinione di Carobbio,
Gendotti e Martinelli
I casi
1
EXPO 2015
La Lega chiede
di dimezzare
il credito di 3,5
milioni per Expo
2015. Poi lancia
un referendum
contro.
2
AGIRE
Dopo il voto in
parlamento
la Lega minaccia
un referendum
contro il credito
alla Fondazione
Agire.
3
MAGISTRATI
Dopo il voto in
parlamento,
Lega minaccia
un’iniziativa
per l’elezione
popolare
dei magistrati.
L’editoriale
Dateci pane,
basta politica!
IN COPERTINA
SDFG
Testino
GLI EX Werner
Carobbio,
ex consigliere
nazionale
socialista,
Gabriele
Gendotti (Plrt)
e Pietro
Martinelli (Ps), ex ministri
Quando la votazione popolare
si trasforma in arma impropria
O
ggi in Ticino mi pare prevalgano ragioni di
corto respiro. Ripicche più che progetti”. L’ex
consigliere di Stato Gabriele Gendotti (Plrt),
scuote la testa: “Non s’è mai vista in Svizzera
una forza politica portare il popolo alle urne, come nel caso dell’Expo, per 3,5 milioni. O ancor meno, considerato che se si dimezzasse questa somma, chi
protesta sarebbe d’accordo. Perché una cosa è lanciare
un referendum su investimenti di 70, 80 milioni, come è
successo a Zurigo, un’altra è boicottare la presenza del
cantone in un evento internazionale come Expo 2015. Si
va contro gli interessi stessi del Ticino: mi sembra veramente un abuso di strumenti democratici bellissimi che
la nostra costituzione ci mette a disposizione”. Insomma,
il ricorso al voto popolare usato come un’arma impropria.
Ma indifferente a qualsiasi mediazione, la Lega su
Expo 2015, sul finanziamento alla Fondazione Agire (che
promuove nuove tecnologie e start-up ), sulla nomina
dei magistrati, ha deciso di non andar per il sottile minacciando di chiamare il popolo alle urne. Per ora la minaccia del referendum si è concretizzata solo per Expo
2015. “Ma la stessa sorte potrebbe subirla anche il credito di 4,2 milioni per la fondazione Agire, votato anch’esso
dal parlamenticchio cantonale nell’ultima seduta!”, scrive il Mattino in tono apertamente ricattatorio. Per la Lega il parlamento è incapace di esprimere una autentica
volontà popolare. Di capire “l’aria che tira” dopo il voto
contro l’immigrazione di massa. Volontà popolare di cui
la Lega si sente unica depositaria, secondo l’assioma populista di appellarsi al popolo nel nome di quel popolo
che solo da essa sarebbe pienamente rappresentato.
Anche per la nomina della procuratrice pubblica Valentina Item, preferita dal parlamento alla candidata
“targata Lega” Sabrina Aldi, il coordinatore Attilio Bignasca vorrebbe lanciare un’iniziativa popolare per l’elezione popolare dei magistrati. Inserendosi per altro fra le
proposte presentate dai Verdi e da Marco Chiesa, capogruppo udc dimissionario, che è riuscito con Item a
spuntare la nomina di un candidato del partito. Per la
Lega non si è dimostrato fallimentare solo il sistema
dell’elezione parlamentare dei magistrati, ma il parlamento stesso, le mediazioni politiche per quella che definiscono l’ingordigia degli altri partiti. Insomma, è l’attuale sistema che non rispetta gli equilibri usciti dalle urne lo scorso 2011. Così per vedersi riconosciuto quello
che ritengono il loro peso politico-istituzionale, i leghisti
minacciano il ricorso al popolo sovrano.
“Però fino a quando il meccanismo era servito a nominare i candidati della Lega in magistratura, penso allo
stesso Claudio Zali, nessuno aveva detto nulla. Ora tutto
sembra cambiato”, osserva l’ex consigliere nazionale socialista Werner Carobbio. Queste iniziative leghiste, secondo Carobbio, sono delle chiare operazioni elettorali:
“ Del tutto indifferenti alle esigenze e ai ritorni economici per il Ticino. In particolare l’opposizione al contributo
per l’Expo 2015, oltre che sull’importo, è proprio giocata
sul fatto che vanno all’Italia. Poco importa che il progetto
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0’4(’88/ 0’4 :/+1 .(/ 59 59.4+5’1%*6(4’’&/-
sia interessante per il nostro cantone, che sia pensato nel
quadro di una collaborazione con altri cantoni svizzeri”.
“La tesi che porta avanti Attilio Bignasca riprendendo più schematicamente le posizioni del fratello - prosegue Carobbio - è che la Lega più che partito di governo è
partito d’opposizione che opera in mezzo alla gente. Con
l’avvicinarsi delle elezioni, importantissime, i leghisti devono profilarsi, farsi sentire. Perché devono difendere il
secondo seggio in cgoverno e stavolta senza la locomotiva elettorale rappresentata da Marco Borradori”. Da qui i
toni forti, i dietrofront sui tagli ai sussidi delle casse malati, la minaccia continua di referendum.
Se l’uso di strumenti democratici, come il referendum sui minareti, ad esempio, che tocca principi, diritti
individuali, può essere considerato un abuso, sottolinea
Pietro Martinelli, ex consigliere di Stato socialista, le motivazioni con cui oggi i leghisti giustificano quello contro
Expo 2015, o contro la Fondazione Agire, sono puramente demagogiche: “Non è certo questione dei 3,5 milioni –
dice Martinelli –. A loro interessa reiterare il discorso su
Fallitalia, sul Ticino che deve alzare le barriere, che deve
chiudersi a riccio”. Ma escludere tutto quello che proviene dall’Italia danneggia il Ticino, sottolinea l’ex ministro:
“In questo contesto di libera circolazione, il nostro mercato naturale è ridiventato la Lombardia. Un grande
mercato che si apre anche per noi e che non dobbiamo
disprezzare. Ciò è puramente demagogico. Se prevale la
linea della chiusura, rischiamo il declino”.
c.m.
GiovanniJelmini
IL CAFFÈ
27 aprile 2014
Avvocato e notaio, 52 anni, dal 1995
al 2011 è stato membro del
Gran Consiglio. Presidente del Ppd
11
politica
Il confronto
IL
PUNTO
CATHERINE
BELLINI
Il ministro
democentrista
molto amato
dai romandi
ChristianVitta
Economista, 42 anni, deputato
dal 2001. Capogruppo
parlamentare del Plrt.
Sindaco di Sant’Antonino
Quel feeling ritrovato fra Plrt e Ppd
Si rinforza l’asse al centro... in attesa di una nuova strategia
CLEMENTE MAZZETTA
Simile con simile. Per modalità comportamentale, moderazione ideologica e approccio ai
problemi, sempre più spesso in parlamento si è
notata una convergenza fra Ppd e Plrt. Persino
sulla scuola, tema che in passato li aveva sempre divisi, i due partiti di centro hanno trovato
delle affinità, in grado di produrre soluzioni
condivise. Facilitati certamente dal fatto che il
dipartimento Educazione, cultura e sport
(Decs) ora è in mano ai socialisti, proprio a partire dalla scuola è caduto il muro di incomprensione fra liberal-radicali e popolardemocratici. Il
Caffè ha messo a confronto il capogruppo plrt
Christian Vitta e il presidente del Ppd, Giovanni
Jelmini: si sono registrate convergenze sulla di
riduzione del deficit, dei sussidi per la sanità e
1
Vitta
Dopo il 18 maggio
arriveranno in discussione
questioni ancora aperte,
penso alla pianificazione
ospedaliera, agli orari
dei negozi, al problema
della nuova polizia...
Christian Vitta: “È vero scuola, legge sulla prostituzione, revisione dei sussidi per far fronte ai premi dellecasse malati, sono questioni che hanno registrato una
convergenze fra noi e il Ppd. Ma si tratta solo di temi
puntuali che ci hanno visto sulle stesse posizioni, non si
è in presenza di una convergenza programmatica. Però
in un panorama abbastanza confuso è importante avere
un dialogo aperto con altre forze politiche. Seppur con
divergenze di visione, il dialogo deve restare aperto con
quelle forze che dimostrano affidabilità, non solo con il
Ppd. Su cosa potrà riproporsi da qui alla fine della legislatura, tutto dipenderà dai temi che arriveranno in discussione. È chiaro che con alcuni partiti ci sono più
punti in comuni, con altri meno, come è per tutti”.
2
“Le differenze fra noi e il Ppd esistono ancora, ci
mancherebbe altro. Ma occorre rilevare che in una politica sempre più mediatizzata e anche polarizzata, possono emergere con maggiore evidenza i punti in comune.
Ci sono elementi di incontro su temi specifici che i partiti
di centro possono avere. Una possibile convergenza verso una politica di centro ci può essere per metodo e approccio. Ma non ci può essere un’asse portante fra Ppd e
Plrt, sia perché non c’è stata un’alleanza programmatica,
sia perché la somma di soli due partiti in questa legislatura è insufficiente per fare maggioranza”.
3 “Che sia una legislatura che non ha realizzato molto
è sotto gli occhi di tutti. Dobbiamo però aspettare i risultati delle votazioni maggio per avere un responso
importante: l’esito esprimerà l’orientamento definitivo
della popolazione su alcune scelte che, seppur a fatica,
si sono fatte. Dopo il 18 maggio arriveranno in discussione delle questioni ancora aperte, penso alla pianificazione ospedaliera, agli orari d’apertura dei negozi, al
dossier sulla nuova polizia, alla legge sulla prostituzione. Si tratta di temi importanti , ma non saprei con quale risultato, visto il clima di campagna elettorale incombente”.
4 “È un obiettivo che non si può realizzare dall’oggi al
Jelmini
La questione degli sgravi
fiscali è un argomento
chiuso. L’ obiettivo
principale era
il contenimento
delle spese, il risanamento
delle finanze cantonali
domani. Di questo noi del Plrt siamo più che consapevoli, visto che nella nostra iniziativa abbiamo programmato un’applicazione su più anni, a partire dal 2015. Ma
certo la politica fiscale è un tema su cui è normale che si
dibatta: l’attuazione deve essere invece compatibile con
i tempi e le possibilità”.
5
“Penso che sarà una campagna anticipata. Non dimentichiamoci che per le elezioni del 2015 si potrà votare per corrispondenza, cosa che di fatto farà subire una
certa accelerazione al dibattito elettorale.
I temi in discussioni saranno quelli che già oggi dominano il dibattito, dalla questione del lavoro alla crisi
economica. Noi come liberali non vogliamo però fare
una politica ripiegata su noi stessi: ci teniamo a portare
avanti temi e obiettivi che guardano al futuro. Per questo
abbiamo promosso dei progetti come l’informatizzazione a banda larga per tutto il Ticino, la riqualificazione
professionale, per i giovani, assieme ad altri che lanceremo più avanti.”
Le domande
1
Su vari temi fra Plrt
e Ppd si è riaperto il
dialogo. Si può
riattivare una vera
politica di centro?
2
sulla nuova legge per la prostituzione. Non ancora una strategia, non ancora un asse - impossibile in questa legislatura che due partiti soli
facciano maggioranza - ma quest’affinità sta irrobustendo un possibile perno della politica
cantonale. Su cui possono ruotare alleanze variabili. Riportando nella politica un maggior
senso di responsabilità. [email protected]
Q@clem_mazzetta
1
Giovanni Jelmini: “Altroché se si può, si deve riattivare
una politica di centro come perno per una più efficace governabilità. Anche per evitare che questa legislatura si
concluda con un nulla di fatto, cosa che può capitare se il
18 di maggio, i tre temi in votazione - amnistia fiscale, modifica dei sussidi per la sanità e moltiplicatore – verranno
respinti dal popolo. Su queste questioni, ma non solo, i
due partiti di centro stanno esprimendo un vero e proprio
senso dello Stato. Vorrei anche ricordare che si era trovato
un patto fra Plrt, Ppd e Lega quando si erano discussi i preventivi 2014, ma la Lega ha pensato bene di non onorare
questo patto, facendo marcia indietro”.
2 “Alcune differenze non esistono più, per fortuna. La
Fra Plrt e Ppd le
differenze
ideologiche,
programmatiche,
che vi aveva messi
uno contro l’altro,
sono ancora forti o
si sono attenuate?
questione ideologica, culturale, religiosa che prima ci aveva diviso, con il presidente plrt Cattaneo, liberale cattolico-praticante, è certo superata. Sulla scuola, in particolare, si è andati oltre a quello che era un vero e proprio blocco. Cattaneo, quando parlo di scuola, ad esempio, non
pensa che voglia riferirmi immediatamente a quelle private. Queste incomprensioni sono cadute. Permangono
altre differenze di visione, come quella sul primato dell’economia. Se per il Plrt resta ancora una priorità assoluta, per noi deve essere subordinata, messa al servizio delle
persone: occorre mettere qualche regola per evitare le derive di questi ultimi anni, come è successo per la finanza”.
3
3 “Mi aspetto qualche misura concreta per la riorganiz-
Cosa si aspetta e
cosa si può salvare
di questa legislatura,
giunta all’ultimo giro
di boa?
4
Nel futuro della
politica ticinese c’è
ancora spazio per
sgravi fiscali, o si
tratta di un capitolo
definitivamente
chiuso?
5
Sui quali temi si
giocherà il confronto
elettorale nei
prossimi mesi. Quali
gli argomenti che
terranno banco in
vista del 19 aprile
2015?
zazione dell’amministrazione pubblica. Qualche risultato
pratico della road map. Spero che entro i prossimi mesi arrivino sul tavolo delle misure in grado di invertire le tendenze delle finanze cantonali. Provvedimenti che costringano la pubblica amministrazione ad usare meglio i soldi
dei contribuenti. Però, considerato che le poche misure di
contenimento proposte sono state avversate, se tutto dovesse saltare il prossimo 18 maggio - tra l’altro per volontà
di chi oggi detiene la maggioranza relativa -, non ci assumiamo la responsabilità dei prossimi consuntivi. Lo stesso
senso responsabilità, di cui abbiamo dato prova, potrà
portarci a votare contro. È ora che chi ha ricevuto la responsabilità dal popolo se la assuma in toto, non la scarichi sugli altri”.
4 “In questa legislatura la questione degli sgravi fiscali è
un argomento chiuso. L’ obiettivo principale era il contenimento delle spese, il risanamento delle finanze cantonali. Visto che abbiamo una difficoltà enorme nel perseguirlo, parlare di sgravi fiscali non solo è poco opportuno,
ma è pure una contraddizione in termini. In futuro, risanate le finanze, credo si potrà cercare di tornare ad essere
fiscalmente più competitivi come cantone”.
5
“Spero che il confronto elettorale si imposti su binari
seri, con proposte reali per far crescere questo cantone.
Sicuramente uno dei temi importanti sarà quello del lavoro. La politica deve tornare a dare speranze a chi oggi è
senza lavoro o rischia di perderlo. Per questo motivo auspico che passi l’amnistia fiscale, non per la finalità in sé,
ma per la destinazione del ricavato: con quanto si potrà recuperare costituiremo un fondo per l’occupazione, cosa
quanto mai necessaria in questo periodo di crisi”.
Sulle alture del Canton
Neuchâtel, dove i venti soffiano forti, si avvertiva qualcosa
nell’aria questo martedì di
Pasqua. Qualcosa che somigliava ad una piccola resurrezione. Vicino alla sua casa nel
villaggio di La Côte-aux-Fées,
nella Val de Travers, il consigliere di Stato (Udc) Yvan Perrin riappariva in pubblico dopo cinque settimane di assenza e un soggiorno forzato in
clinica. Un rientro sulla scena
politica per lanciare la campagna del governo neocastellano a favore di un progetto
eolico che sarà in votazione il
prossimo 18 maggio.
Nell’occasione, Perrin ha
difeso il piano che prevede un
massimo di 59 impianti eolici
suddivisi in 5 parchi, che in
realtà è un controprogetto
all’iniziativa popolare per la
protezione delle alture del
Giura da qualsiasi tipo di industrializzazione o costruzione importante. Per iniziare, il
ministro ha spiegato come
l’energia prodotta attraverso il
vento permetterebbe di coprire il 20% del consumo totale di elettricità del cantone.
Ma, come sempre, o quasi, accade con Yvan Perrin, si
è finito per parlare
di salute. Di ansia, disturbi del
sonno, sfinimenti e abuso
di whisky. È fatto così, Yvan
Perrin: si
espone, ammette le
proprie debolezze senza giri di parole, si confessa.
Spiega quanto bene vorrebbe
fare il suo lavoro per non deludere gli elettori, per mostrarsi all’altezza del compito.
Ma riconosce anche che il
suo dovere gli pesa, gli ruba il
sonno, e che la partenza del
segretario generale del suo
dipartimento ha lasciato un
grande vuoto, una nuova angoscia. Dovesse crollare ancora una volta, come è successo, di certo partirà.
La sua fragilità, l’esponente dell’Udc non l’ha mai nascosta. Aveva parlato del suo
“burn-out” nel 2010, quando
ancora faceva parte del Consiglio nazionale, era vice-presidente dell’Udc svizzera e rivestiva il ruolo di portavoce
del suo partito nella Svizzera
romanda. Prima della sua
elezione nel governo cantonale, aveva ammesso notti
d’angoscia, annegate in un
cocktail di alcol e farmaci. Eppure, consapevoli delle debolezze, i neocastellani lo hanno
eletto. I media romandi mostrano per Perrin un’empatia
assolutamente eccezionale,
anche in occasione della ricaduta del primo marzo scorso.
Tutti sottolineano il suo spirito collegiale, agli antipodi rispetto al suo collega di partito Oskar Freysinger, rimasto
provocatore, malgrado la sua
entrata nel governo vallesano.
Una strana empatia, come se i romandi si preoccupassero collettivamente per
lui, come se volessero rassicurarlo. Yvan Perrin ha risvegliato l’istinto materno di tutta la Svizzera romanda. Credo non si sia mai vista una
cosa simile.
IL CAFFÈ
27 aprile 2014
12
politica
La polemica
PAOLO BERNASCONI
AVVOCATO, EX PROCURATORE, 71 ANNI
Un procuratore deve avere
coraggio per cercare la verità
ovunque e deve essere neutrale
PIER FELICE BARCHI
AVVOCATO, POLITICO, 84 ANNI
Alla formazione giuridica deve
unire forte capacità di lavoro,
decisione, discernimento, lingue
LUIGI MATTEI
AVVOCATO, EX PROCURATORE, 60 ANNI
Non basta essere liberi
e indipendenti, bisogna anche
pubblicamente apparire tali
BRENNO CANEVASCINI
AVVOCATO,54 ANNI
Deve avere competenza, buona
esperienza, moralità e,
soprattutto, dedizione al lavoro
L
a moglie di Cesare deve
essere al di sopra di ogni
sospetto”, si dice. Non
solo veramente fedele,
ma deve anche sembrarlo, inattaccabile da ogni pettegolezzo. L’apparenza è sostanza. Soprattutto nel
campo della giustizia,
il comportamento dei
magistrati, chiamati a
prendere decisioni
importanti sulla vita
delle persone, non
dovrebbe essere sfiorato da sospetti.
Un’esigenza rimarcata dalle infuocate polemiche sulla recente
nomina a procuratrice pubblica di Valentina Item, il cui marito è stato condannato
per aver impiegato in
nero una domestica
filippina. Con insistenti interrogativi sulla consapevolezza o meno
della neo procuratrice di questa
assunzione illegale.
Per evitare sospetti, l’avvocato
Paolo Bernasconi, durante il suo
mandato come procuratore pubblico non andava, ad esempio,
nemmeno a prendere il caffè al
bar con gli amici. “Quando un cittadino è investito della funzione
di magistrato deve diventare neutrale, deve avere una vita riservata, non controversa, comportamenti inattaccabili, non esercitare funzioni di partito”. Coraggio e
neutralità, le qualità di un magistrato, secondo Bernasconi: “Coraggio perché deve cercare la verità che spesso è nascosta, consa-
Ti-Press
Hanno detto
bilmente il tedesco”. Ma quanto
ad essere al di sopra di ogni sospetto, se questa è riferita alla procedura di nomina, Barchi evita
generalizzazioni: “In un Paese in
cui l’ex presidente del Consiglio
degli Stati si chiama Filippo Lombardi, politico non
sospettato, ma condannato per falsità in
documenti, reato
che non è proprio
una
sciocchezza,
pretendere di sancire il principio secondo cui il marito, o la
moglie di un magistrato, debbano essere del tutto al disopra
di ogni possibile rimprovero deontologico, non è condivisibile. Dipende da caso per caso. Le regole
si creano cammin facendo”. Tutto il resto è solo una
questione di opportunità. Escludendo riferimenti diretti
al caso “Item”, per Luigi Mattei, avvocato ed ex procuratore, un magistrato risponde alla legge e alla
propria coscienza: “Ma non basta
essere liberi e indipendenti, bisogna pure apparire tali. Bisogna
evitare di far politica, ad esempio,
ma pure resistere alle pressioni mediatiche, giustizialiste, che
possono contestare sia le decisioni, sia la persona”. Quindi un dato
personale: “Mai subito pressioni
politiche nella mia esperienza,
ma alla politica dico di usare prudenza nelle nomine dei magistrati: la bagarre nuoce gravemente
alla giustizia”.
c.m.
“Un magistrato dev’essere
al di sopra d’ogni sospetto”
Gli interrogativi sulla nomina della procuratrice Item
pevole di potersi trovare di fronte
a nemici e avversità anche in posti dove non ce lo si aspetta. Neutralità perché deve trattare nello
stesso modo tutti i cittadini”. La
preparazione, la competenza, la
conoscenza delle lingue sono date per scontate da Bernasconi,
che conclude: “Però ci dovrebbe
essere una scuola interna di formazione a livello svizzero come
condizione per candidarsi”.
Preoccupato che siano nominati
procuratori pubblici giovanissimi
e con una limitata esperienza,
l’avvocato penalista Brenno Canevascini: “Ritengo fondamentale per un procuratore una buona
esperienza, una spiccata moralità
e una forte dedizione al lavoro”,
VALENTINA ITEM NASINO
Quarant’anni anni, neo
procuratore, da 10 vicecancelliere
alla Corte dei reclami penali del
Tribunale d’appello
sostiene Canevascini, che è contrario all’elezione popolare dei
magistrati: “Occorre piuttosto migliorare l’attuale sistema di nomina”.
Un sistema che è il meno peggio possibile, secondo l’avvocato
e politico Pier Felice Barchi:
“L’elezione popolare sarebbe un
disastro da ogni punto di vista”.
Quanto alle qualità che si richiedono, Barchi reputa insufficienti
le sole competenze professionali:
“Una buona formazione giuridica
non basta, servono una forte capacità di lavoro, di decisione e discernimento, e si deve essere in
grado di lavorare in team. E poi
conoscere le lingue, visto che siamo in una Confederazione, possi-
Salario minimo da record: una palla al piede.
È questo ciò che vogliamo?
L’internazionalità comincia alle
porte di casa.
La Svizzera deve rimanere internazionale. I salari a Basilea,
per esempio, devono poter competere con Lörrach, a
Kreuzlingen con Costanza, a Lugano con Como e a Ginevra
con Annecy. Con il salario minimo diventa impossibile.
I 15 Cantoni di conine sono i primi
a farne le spese.
15 Cantoni coninano con l’estero. Qui i posti di lavoro
spariscono per primi. Il salario minimo è però una palla
al piede per tutta la Svizzera. Colpisce prima di tutto
le giovani imprese e le piccole aziende.
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Il salario minimo è un autogol.
Record mondiale nel salario minimo: per molte aziende
è insostenibile. Restano tagliate fuori. E per i giovani che
terminano la scuola è un falso incentivo. Una buona
intenzione che ottiene l’esatto contrario.
Il salario minimo mensile in CHF nella UE oscilla tra 194.– in Romania e 2305.– in
Lussemburgo. La Germania punta a 1900.–. Negli USA ammonta a 1540.–.
Per la Svizzera 4000 franchi sarebbero un’oppressione.
Una buona intenzione che ottiene l’esatto contrario – NO al salario minimo!
Oltre 800 membri di succèSuisse il 18 maggio 2014 diranno NO all’iniziativa del salario minimo. Tra loro: Fathi Derder, Le Réseau; Bernhard Emch, EMCH Aufzüge AG; Meinrad Fleischmann, Möbel
Pister AG; Andreas Geistlich, Ed. Geistlich Söhne AG; Martin Haefner, AMAG Automobil- und Motoren AG; Nicole Loeb, LOEB Holding AG; Robert Naville, Köpli & Partner AG; Martin Naville,
Swiss-American Chamber of Commerce; Ruedi Noser, Noser Gruppe; Gerhard Pister, Institut Montana Zugerberg AG; Michael Pieper, Artemis Holding AG; Beat M. Schelling, SCHELLING AG; Peter
Schilliger, Herzog Haustechnik AG; Peter Stämpli, Stämpli AG; Dr. iur. Beat Walti, Wenger + Vieli Rechtsanwälte; Alex Wassmer, KIBAG Holding AG; Dietrich Pestalozzi, Pestalozzi + Co AG.
La sua opinione conta. Ogni voto è importante. Anche il suo. Diventi socio: www.succesuisse.ch
Questa campagna può essere sostenuta anche da lei: CCP 61-359559-9
www.succesuisse.ch – [email protected]
LAPUBBLICITÀ ONLINE
IL CAFFÈ
27 aprile 2014
Percentuali in Svizzera nel 2012
Media stampati
Televisione
Radio
Cinema
Teletext
Online
Manifesti
Pubblicità digitale
economia
LA PUBBLICITÀ NEI MEDIA
Tre milioni
di investimenti
evaporati nei primi
mesi del 2014.
Ma il fatturato
delle réclame
online raddoppierà
Pubblicità digitale
I
NUMERI
100%
Out-of-home
90%
Internet
80%
Teletext
70%
Cinema
60%
Radio
LORETTA
NAPOLEONI
50%
Televisione
40%
Stampa professionale
Stampa specializzata
Stampa pubblica,
finanziaria ed economica
30%
20%
10%
0%
2010
2011
2012
2013
2014
Ti-Press
Stampa quotidiana
settimanale e domenicale
Fonte: Media Focus
Alla pubblicità piacciono web e tivù
Più spot e banner ma il calo delle inserzioni su carta non si ferma
EZIO ROCCHI BALBI
Dopo la pubblicazione dei
dati del primi mesi dell’anno, il
mondo dei media aspetta con
una certa trepidazione il prossimo report, quando la società zurighese di studi di mercato Media
Focus comunicherà i risultati trimestrali degli investimenti pubblicitari in Svizzera. I primi dati
annuali, infatti, sono stati soprattutto deludenti per la carta stampata che negli ultimi cinque anni
- in concomitanza con la crisi finanziaria globale - ha perso quasi
il 9% della sua quota nella distribuzione nazionale delle inserzioni. E forse non è un caso che
un’analoga percentuale sia stata
guadagnata, nello stesso periodo,
dall’unico media che anche nel
gennaio 2014 ha visto crescere la
sua quota: la televisione.
Una crescita per modo di dire,
visto nel suo risultato generale il
mese di gennaio ha registrato un
ulteriore calo di circa l’1% rispetto
all’anno prima e, a confronto del
2012, nei soli mesi presi in considerazione, sono evaporati tre milioni di investimenti pubblicitari.
Nonostante i ripetuti
quanto tiepidi “segnali di
ripresa” previsti dagli
esperti, la sensazione è
che la lenta, ma continua
flessione di pubblicità sia
ancora lontana dalla fine
della sua curva al ribasso.
Persino i banner e i pop up
che, a partire da dieci anni
fa, hanno più che triplicato gli investimenti pubblicitari sulla Rete sembrano
aver rallentato la loro spinta propulsiva. Dopo il record del 2010, quando le inserzioni online hanno raggiunto il 3,5%
della quota di mercato generale
Il fenomeno
STAMPA E TV
Gli spot televisivi sono
oltre la media mensile
con circa 120 milioni;
leggermente sotto
i 150 milioni, invece,
le inserzioni per la carta.
RADIO E STREAMING
La radio con circa il 4% è
in linea con la media
2013, mentre lo
streaming fatica a
mantenere l’exploit
dello scorso anno.
CINEMA E INTERNET
Resta ai minimi storici
la pubblicità nei
cinematografi e il web
sembra registrare un
rallentamento dopo anni
di crescita progressiva.
TELETEXT E DIGITALE
Sopra la media la
pubblicità digitale e gli
slogan su teletext, con lo
0,1% del mercato totale
dei media rappresenta il
vettore più limitato.
Le categorie
ogni caso, anche se i ritmi di crescita non sono paragonabili agli
anni del boom degli spot digitalizzati, gli stessi esperti si dicono
sicuri che, da qui al 2016, il settore
web dell’advertising aumenterà
del 16,6%.
Ma sono i segnali sul mercato
pubblicitario in generale a non
spingere sul pedale dell’ottimismo. Basta osservare i dati ufficiali del febbraio scorso per notare la
in Svizzera, gli investimenti infatti
non hanno visto il segno più della
crescita. Anche se il valore di mercato di questo settore, secondo gli
esperti, ha quasi raggiunto i 750
milioni di franchi: quasi il doppio
rispetto ai 359,4 milioni di solo
cinque anni fa.
Eppure un comitato d’esperti,
coinvolti dalla stessa Media Focus
di Zurigo, prevede per il 2014
un’evoluzione positiva delle cifre
d’affari generati dai formati pubblicitari online. Secondo le loro
previsioni quest’anno dovrebbe
vedere un aumento delle inserzioni su internet pari all’11,1%
della sua attuale quota di mercato. Una progressione che dovrebbe essere stimolata dalla crescita
prevista della penetrazione sui
motori di ricerca (che già rappresentano un terzo delle inserzioni
affidate alla rete) pari al 21,7%. In
I prodotti
Uno spazio promozionale su dieci occupato dal settore dell’auto
Alimentari e hi-tech spingono le vendite
Dalle prime analisi merceologiche la
pubblicità nel 2014 sarà sotto il segno dei
prodotti alimentari e dei gadget elettronici.
Stando alle cifre statistiche rilevate a inizio
anno, il ruolo del leone l’avrebbe l’industria
farmaceutica (+42,1%, oltre 18 milioni di
investimento), ma in realtà l’exploit è da
considerarsi “stagionale” e frutto della
pubblicità per medicinali contro il raffreddore e l’influenza. Le defezioni più importanti, invece, si registrano in settori che tradizionalmente in passato non avevano lesinato investimenti nelle inserzioni nei vari
media: il comparto energetico, le telecomunicazioni e il commercio al dettaglio. Limitata, in percentuali di investimento, anche la partecipazione del mercato finanzia-
rio e di quello automobilistico che eppure,
da solo, rappresenta un’inserzione su dieci.
Curiosamente finanza, veicoli e telecomunicazione nei dati pubblicati da Media Focus nel suo rapporto speciale dedicato al
mercato della pubblicità online, sono i tre
primi investitori che nel 2013 hanno dato
maggior impulso a banner propagandistici
sulla rete. Che l’attenzione degli investitori
pubblicitari sui vari media sia particolarmente mirata al target “famiglia”, lo si desume anche dal fatto che - oltre ai prodotti alimentari (+14,6%)- un’impennata da 3,5
milioni di franchi d’investimento l’hanno
registrata gli articoli casalinghi, mentre i
cosmetici hanno tagliato del 5% la loro presenza sui vari mezzi di comunicazione.
fatica con cui si sono raccolti i 345
milioni di franchi complessivi di
fatturato. Un importo che corrisponde, anche se con un leggero
saldo negativo dello 0,6%, più o
meno al risultato del febbraio
2013. Solo che è difficile valutare
se gli oltre 40 milioni di investimenti pubblicitari “politici”, quelli
che hanno tirato la volata al voto
del 9 febbraio, hanno coperto un
pesante calo degli inserzionisti o
se, al contrario, la loro massiccia
presenza (e l’inevitabile “distrazione” dei clienti destinatari) ha
finito per demotivare la presenza
degli investitori tradizionali. Fatto
sta che a guadagnarci di più, ancora una volta, è stato il settore
audiovisivo. Gli spot televisivi, infatti, che avevano raggiunto nel
2013 la media record del 32%
dell’intera distribuzione pubblicitaria nazionale, nei mesi di gennaio e febbraio hanno superato il
36%, equivalenti a circa 120 milioni di franchi mensili.
Tra i media più longevi nella
tradizione della raccolta pubblicitaria, cinema e radio, quest’ultima conferma la sua seconda giovinezza mantenendo inalterato il
suo appeal. Le inserzioni nelle sale cinematografiche, invece, e in
linea con il costante calo degli
spettatori, restano al palo dei minimi storici con un misero 0,6%.
Una percentuale dimezzata nel
giro degli ultimi cinque anni, al
punto che solo il teletext - nella
classifica dei media nazionale ha una raccolta pubblicitaria inferiore.
Omogeneo, invece, il calo registrato nella carta stampata, da
quella specializzata a quella finanziaria ed economica, fino ai
quotidiani e i settimanali.
[email protected]
Q@EzioRocchiBalbi
Un “coach” tra papà e figlio nell’impresa
Il nodo della successione generazionale per 5000 aziende ticinesi
Successione aziendale, ossia il passaggio da padre
in figlio dell’impresa, e invecchiamento dei dipendenti,
sono due problemi cruciali per l’economia ticinese. Rispetto all’inizio degli anni Novanta l’età media dei lavoratori è salita di 2,3 anni. Il che porterà verosimilmente
già nel 2015 ad avere un numero di persone in età da
pensionamento (o pre-pensionamento, tra 55 e 64 anni) superiore a quello dei potenziali nuovi lavoratori
(tra i 15 e i 24 anni). Alcune aziende già si stanno muovendo per evitare di ritrovarsi in difficoltà, mentre 5000
imprese ticinesi nei prossimi anni dovranno fare i conti
pure con la successione aziendale.
Una situazione certamente non inattesa, quella dei
dipendenti anziani, visto che ad avvicinarsi alla pensione è soprattutto la generazione del “baby boom”, ma a
preoccupare è soprattutto il passaggio di testimone alla
guida dell’impresa. “Il passaggio generazionale rappresenta sempre una sorta di piccola crisi, soprattutto per
le aziende familiari - osserva Stefano Dell’Orto, amministratore della società Prowork International Swiss -.
Ad esempio, nel passaggio di consegne tra padre e figlio, dove la soluzione unica non è legata ai titoli di stu-
dio, ma alle competenze. All’essere capaci di dimensionare l’azienda e capire se e dove esistono mercati potenzialmente utili”. Non a caso, alcune grandi società
stanno stringendo accordi con le principali scuole del
Paese, sia per attirare potenziali candidati, sia per cercare di indirizzare parte degli studenti verso discipline
in linea con le loro esigenze. “Quello della vicinanza
13
47%
30%
4%
1%
0%
8%
10%
0%
con istituzioni serie e alti istituti è un discorso molto
importante - sottolinea Dell’Orto -. Perché conferisce
autorevolezza. In questo senso il Ticino è piuttosto all’avanguardia, con i corsi di business coaching della
Supsi, studi a cui partecipiamo attivamente anche come azienda. Poi, chiaramente, dipende dalla lungimiranza con cui si prepara il momento potenzialmente
difficile all’interno della dirigenza dell’azienda e nelle
sue strategie”.
Affrontare i problemi legati al passaggio generazionale, che coinvolgeranno almeno 5mila imprese nei
prossimi tre anni, significa anche cercare nuove soluzioni. Attraverso la formazione di nuove figure professionali, i “business coach”, appunto, ma anche con contatti trasversali. “La messa in rete delle competenze è
valida non solo a livello istituzionale o accademico, ma
anche tra aziende - conferma Dell’Orto -. Se una determinata impresa ha un problema nel reperire la persona
adatta a ricoprire un determinato ruolo, attraverso i
suoi contatti può trovare una collaborazione per la risoluzione di problemi e uscire così dalla situazione di necessità”.
m.s.
L’alleanza
impossibile
del fronte
antieuropeo
Le elezioni per il Parlamento dell’Ue si avvicinano.
Ma questa volta più che votare per i rappresentanti nazionali a Strasburgo o a Bruxelles, gli europei voteranno
sulla fattibilità del progetto
europeo, in altre parole si
tratterà di un referendum
de facto sull’Unione. Quello
di fine maggio sarà infatti il
primo voto europeo dallo
scoppio della crisi mondiale
e di quella del debito sovrano in Europa. Nel corso di
questi anni la visione idilliaca europeista si è infranta di
fronte alle politiche di austerità imposte da Bruxelles.
Ma soprattutto a causa degli
errori commessi dalle istituzioni Ue.
Nonostante le buone
notizie che arrivano dal
mercato obbligazionario,
che ha ripreso ad acquistare
il debito greco e portoghese,
e nonostante l’ottimismo
che i leader professano, gli
europei sanno bene che la
crisi perdura: circa 26 milioni di cittadini sono ancora
disoccupati. In molte nazioni, come la Grecia, salari e
pensioni sono stati
ridotti all’osso. Infine il debito pubblico continua a
salire. Nel 2013
quello italiano è
aumentato
raggiungendo quota
132,2 per
cento del
Pil. Basta questo elenco per
provare che la formula lacrime e sangue non ha dato
i frutti promessi e ciò spiega
perché durante la campagna elettorale europea i partiti anti-europei sono così
popolari.
Difficile prevedere i risultati di queste elezioni.
Un afflusso basso alle urne,
come un successo del movimento anti europeista pari
ad un 25 per cento, sarebbe
un segnale forte e chiaro del
malcontento che serpeggia
nel Vecchio Continente nei
confronti dell’idea di un’Europa unita. I partiti anti europeisti, naturalmente,
puntano tutti al successo
elettorale.
In realtà sembra un controsenso che chi non crede
in questa Europa unita voglia entrare nel Parlamento
europeo, ma l’idea è quella
di cambiare la struttura
dell’Unione dall’interno.
Non sarà però facile. Per
riuscirci, anche se i partiti
dell’anti europeismo ottenessero il 30 per cento del
Parlamento, avranno bisogno di tessere alleanze tra di
loro. Invece, al momento,
ciò che li caratterizza è
l’ostilità o l’antipatia che
ognuno nutre contro tutti
gli altri. Beppe Grillo, Marine Le Pen, Nigel Farange,
Geert Wilders sono populisti e naturalmente individualisti, la loro è una campagna nazionalista che non
può concepire alleanze internazionali. È dunque possibile che anche nel caso di
una vittoria schiacciante del
movimento anti Unione europea, le istituzioni che ne
fanno parte continueranno
a gestirla come hanno fatto
fino ad ora.
La reazione del Ginevra
tiene in scacco i Tigers
Mehmedi ancora in gol,
il Freiburg è quasi salvo
In gara-3 delle semifinali dei playoff nel
basket è arrivata la reazione dei Lions
di Ginevra contro il Lugano. Avanti per
2-0 nella serie, i Tigers sono stati battuti in trasferta per 94-89 dopo una
partita tutta all’inseguimento.
Prosegue l’ottimo momento di forma
per Admir Mehmedi in Bundesliga. Dopo la doppietta realizzata la scorsa
settimana, l’attaccante elvetico è andato in rete anche nel 2-2 del Freiburg
(ormai salvo) contro il Wolfsburg.
losport
IN
TELE
VISIONE
domenica 27 aprile
15.30 LA2
Ciclismo:Liegi-Bastogne-Liegi
mercoledì 30 aprile
16.15 LA2
Ciclismo:Tour de Romandie
Diciannove città in corsa
per ospitare l’Euro 2020
Timea Bacsinszky vince
e si qualifica all’Estoril
Una Superpole da record
per Loris Baz ad Assen
domenica 27 aprile
18.55 LA2
MotoGP: Gp d’Argentina
mercoledì 30 aprile
20.20 LA2
Calcio: Chelsea-Atletico M.
martedì 30 aprile
20.20 LA2
Calcio: Bayern M.-Real M.
giovedì 1. maggio
21.00 LA2
Calcio: Juventus-Benfica
L’Uefa ha comunicato di aver ricevuto
19 candidature da parte di città interessate ad ospitare l’Europeo di calcio
2020, la prima edizione itinerante del
torneo. A settembre l’Uefa comunicherà le 13 città prescelte.
L’elvetica Timea Bacsinszky ha ottenuto il biglietto per il tabellone principale
al torneo portoghese dell’Estoril. La
vodese ha superato nelle qualifiche la
canadese Sharon Fickman per 6-4, 57, 7-6 (10-8) in tre ore e 17 minuti.
Nel Mondiale Superbike, al Gran Premio
d’Olanda ad Assen, il francese Loris Baz
su Kawasaki ha ottenuto la Superpole con
il nuovo primato della pista nella categoria.
La pioggia ha poi interrotto le prove nel finale. Secondo Guntoli, terzo Sykes.
Il fenomeno
Domenica
27 aprile 2014
JACK MILLER
SI CONFERMA
L’australiano in
Moto3 sta
mostrando un
volto inatteso,
dominando la
categoria con giri
veloci e gare da
protagonista. È
l’erede di un certo
Casey Stoner
Sul pallone regna
un’economia
grigia e parallela
A PAGINA 45
Il motociclismo
FUORI
CAMPO
15
Il calcio
Punti d’oro per il Chiasso
nella lotta per la salvezza
I rossoblù allungano prima dello scontro tra Wohlen e Locarno
PIERLUIGI
TAMI
Liverpool
e Atletico
fanno bene
al calcio
Per raggiungere obiettivi ambiziosi nel calcio, bisogna per forza passare da un gioco di qualità.
Negli ultimi anni a vincere i trofei
più prestigiosi, salvo rare eccezioni che confermano la regola,
sono state le formazioni che hanno proposto il miglior calcio. Certo, si potrebbe obiettare, ma per
avere i giocatori giusti nei vari
ruoli e perseguire la qualità, serve grande forza economica. Ed è
vero, anche se due esempi di
stretta attualità dimostrano che
operando con attenzione i risultati si possono ottenere. E penso
a quanto sta accadendo in due
dei campionati più prestigiosi in
Europa, la Liga spagnola e la Premier League inglese, dove Atletico Madrid e Liverpool possono
conquistare il titolo avendo la
meglio su autentiche corazzate
economiche e tecniche
come Real Madrid, Barcellona, Manchester City, Manchester United,
Chelsea o Arsenal.
Si tratta di
due situazioni
che meritano di
essere sottolineate
ed approfondite. In primo luogo
perché stanno ottenendo risultati
superando le avversarie attraverso il gioco di squadra e andando
oltre i limiti individuali con la
qualità del gruppo. Se prendessimo ad uno a uno i giocatori del
Liverpool, probabilmente in pochi avrebbero un posto fisso in
campo con le dirette rivali. E
questo dimostra che il gioco collettivo e di qualità spinge il valore
di una squadra ben oltre la semplice somma delle sue individualità. Il Liverpool gioca molto bene
e vince grazie a questo.
Certamente a queste due
squadre non mancano i cosiddetti “Top player”, basti pensare
all’uruguagio Suarez, al 34enne
Gerrard che si sta dimostrando
ancora una volta leader straordinario in campo, oppure agli attaccanti dell’Atletico, David Villa
e Diego Costa. Ma le due formazioni colmano il gap economico
nei confronti delle blasonate rivali prima di tutto con il loro gioco collettivo.
Un altro esempio inglese è
utile a sostegno di questa tendenza: l’Everton, squadra che nel
panorama della Premier League
non può competere con le big
sotto il profilo economico. Ma
che, grazie ad un attento lavoro
societario e tecnico, attualmente
è nelle parti alte della classifica,
mettendosi alle spalle anche alcuni “colossi”.
Casi come quello del Liverpool e dell’Atletico, insomma,
fanno bene allo sport e soprattutto ad un calcio sempre più legato
al business. Perché dimostrano
come, tutto sommato, non contano solo i soldi. Ma anche le persone giuste al posto giusto.
Sono tre punti d’oro quelli che
ieri, sabato, il Chiasso ha incassato in casa contro lo Sciaffusa, seconda forza della Challenge League. In attesa dello scontro tra
Wohlen e Locarno, i punti di margine dei rossoblù sulla zona retrocessione sono ora sette. Bel successo a Winterthur anche per il
Lugano, che ora insidia proprio lo
Sciaffusa alle spalle del leader Vaduz.
Dopo una mezz’ora di gioco
piuttosto equilibrata al Riva IV,
l’uno-due dei rossoblù è micidiale. Prima Berisha approfitta del
lavoro di Magnetti per battere sul
palo lontano Vasic, è il 34’. Passano 10 minuti scarsi e lo stesso
estremo difensore dello Sciaffusa
è costretto a stendere Felitti. Regazzoni s’incarica del rigore e non
sbaglia. Meglio il Chiasso dello
Sciaffusa anche nella ripresa, con
il “solito” Regazzoni a far spesso
ammattire gli ospiti e Magnetti ad
impegnare severamente Vasic. La
reazione dei gialloneri, invece, è
tutta o quasi ridotta alla verve di
Rossini, che ci mette l’anima, ma
predica nel deserto.
Ottimo anche il successo
esterno del Lugano, che torna
dalla Schützenwiese di Winterthur con tre punti certamente sudati, che valgono però la conferma del terzo posto in classifica,
proprio con lo Sciaffusa - secondo - ormai nel mirino come obiettivo e stimolo di fine stagione per
Bordoli e i suoi.
Partita da brividi, per contro,
quella che quest’oggi, domenica,
vede impegnato il Locarno alla
Niedermatten. Dove va in scena
un vero e proprio spareggio salvezza tra i bianchi di mister Maccoppi e il Wohlen di Ciriaco Sforza, uscito con le ossa rotte appena
un paio di settimane fa dallo
scontro diretto del Lido. La situa-
In Argentina
il padrone
è
Marquez
Il campione in carica domina
e lascia ai rivali solo le briciole
MASSIMO MORO
Sull’autodromo di Termas de
Rio Hondo domina ancora in
Marc Marquez. Per l’unica novità
del calendario del Motomondiale
2014/2015 - il Gran Premio dell’Argentina - la musica in MotoGp
non cambia, con il ventunenne
spagnolo che ieri, sabato, ha colto
la terza pole position stagionale
sulle tre gare fino ad ora disputate.
Il tracciato è stato senza dubbio
un’incognita per tutti, con la Honda che però ha subito trovato le
contromisure giuste, soprattutto
per quanto riguarda le gomme da
utilizzare per confermare la superiorità dimostrata nelle prime due
uscite di quest’anno. Un vero strapotere quello messo in mostra dal
campione del Mondo che, dopo
aver dominato tutte le prove libere, ha nuovamente lasciato nelle qualifiche solo le briciole ai
suoi avversari. Nello specifico, a Lorenzo, secondo, e a
Pedrosa, terzo.
“Onestamente non
mi aspettavo di essere
così veloce sul giro - ha
commentato Marquez, che ha rifilato sette decimi a Lorenzo -. Anche perché il grip non era molto
diverso alle altre sessioni di prova.
Ma decisivo resta il risultato della
gara, su cui influirà la temperatura. Perciò fin dal warm up cercherò di migliorare ancora, soprattutto nell’ingresso in curva. Perché il
consumo delle gomme ha messo
un po’ tutti in difficoltà”. Alle spalle
dello scatenato Marquez, un po’ a
sorpresa dopo le difficoltà nelle
prove libere, è stato Jorge Lorenzo,
che è riuscito con la sua Yamaha a
compiere un giro eccezionale, riuscendo ad avere la meglio su Dani
Pedrosa. Una seconda posizione
comunque quasi regalata dallo
spagnolo della Honda, dal momento che è stato protagonista di
un errore all’ultima curva dove è
uscito largo. Un “dritto” che non
gli è però costato troppo caro, visto
che è riuscito a piazzarsi in terza
posizione, sull’ultima casella disponibile della prima fila. “Dopo
“TITO” RABAT
È IL MIGLIORE
Il pilota
spagnolo della
Moto2
conferma di
essere il
miglior
interprete
finora nella
“classe di
mezzo”
l’errore ho provato a trovare il
tempo al secondo giro, ma le
gomme ormai non erano più perfette - ha confermato Pedrosa -.
Per la gara, però, il passo è buono
e quindi sono fiducioso. Devo però azzeccare una buona partenza”.
Contento del ritorno agli avamposti anche Lorenzo. “Finalmente
torno in prima fila - ha esclamato
il pilota della Yamaha -! Abbiamo
fatto alcune modifiche sulla moto
apposta per le qualifiche e qualcosa, in effetti, è migliorato. Il setup mi sembra quello giusto anche
per la gara”.
Sugli spalti
Glisvizzeri
Aegerter
È certamente il miglior elvetico dell’inizio stagione e
lotta sempre per
essere da podio
Lüthi
Deve essere l’anno
in cui lotta per davvero per il titolo, ma
finora non si è visto
molto
Krummenacher
In difficoltà quasi
costante, deve ritrovare le sensazioni
migliori in sella alla
sua moto
Mulhauser
È un anno di apprendistato, perché
la Moto2 attuale è
tutto fuorché una
classe facile
MASSIMO SCHIRA
QUATTRO SQUADRE E QUATTRO STILI
A
l di là della qualità delle singole partite, le semifinali d’andata
in Champion’s League sono state particolarmente interessanti.
Perché hanno mostrato quattro squadre interpretare il calcio in
quattro modi differenti. In Atletico Madrid contro Chelsea si è visto il
calcio atletico, rapido e grintoso di Diego Simeone andare a sbattere
contro un autentico muro difensivo eretto da José Mourinho. Partita
brutta, in cui però è emersa l’energia mentale che l’allenatore portoghese sa - da sempre - infondere al suo calcio. Giocare per Mourinho
non deve essere facile e, non a caso, i giocatori nel “dopo Mourinho”
sono spremuti, vuoti. Soprattutto a livello mentale. Tra Real Madrid e
Bayern Monaco lo spettacolo è stato certamente maggiore, con Carlo
Ancelotti a far sviluppare al Real un calcio certamente più pragmatico di quanto non vorrebbero i tifosi madridisti. Fraseggi brevi, qualche concessione al lancio lungo e grandi fasi di transizione con ripartenze tanto velocissime, quanto sorrette dalla fenomenale tecnica dei
suoi interpreti. Cristiano Ronaldo e Di Maria su tutti. Un’interpretazione, quella degli spagnoli, che ha avuto la meglio sul calcio fortemente sperimentale di Pep Guardiola, che ha cambiato il volto del
Bayern in modo quasi incredibile. Fin troppo vicino a quello del Barcellona. E con problemi di sbocco offensivo fin troppo simili.
Nella Moto2 ad avere la meglio in qualifica è stato lo spagnolo
Esteve Rabat, davanti al francese
Johann Zarco e al belga Xavier Simeon. Una qualifica interrotta da
una bandiera rossa, esposta dai
commissari per poter ripulire la
pista dopo l’uscita di Sam Lowes.
Giornata certamente non esaltante per i piloti rossocrociati. Il migliore della pattuglia elvetica è stato Dominique Aegerter che non è
andato oltre al sedicesimo posto.
Ancora peggio ha però fatto Thomas Lüthi finito addirittura in
ventisettesima piazza. Una vera
controprestazione quella fatta segnare dal bernese che mette in seria discussione l’obiettivo dichiarato di puntare finalmente al
Mondiale.
Nella Moto3 continua anche
sul tracciato argentino il sorprendente dominio dell’australiano
Jack Miller. Per il pilota della Ktm
si tratta della seconda pole position della stagione. A Rio Hondo
Miller non ha avuto però vita facile, visto che lo spagnolo della
Honda Efren Vasquez si è piazzato
alle sue spalle per soli cinquantadue millesimi. La lotta della vittoria del Gran Premio sembra ristretta a questi due, dal momento
che il terzo, l’inglese Danny Kent
ha accusato un ritardo di quasi
mezzo secondo. Un risultato che
permetterebbe all’australiano di
centrare la terza vittoria consecutiva in questo inizio stagione e
prendere già un sostanziale vantaggio nella classifica del Mondiale.
[email protected]
zione di classifica alla vigilia del
match vede le due squadre appaiate a quota 21 punti dopo 30 partite, ma con gli argoviesi che godono il vantaggio della differenza
reti.
Il 2-0 rimediato nella trasferta
sulle rive del Verbano ha certamente suggerito a Sforza di impostare la propria gara su canoni di
maggiore prudenza tattica e
quindi il Locarno non può che attendersi una partita difficile in
terra d’Argovia. Una battaglia, che
i ticinesi devono assolutamente
vincere per ritrovarsi con tre punti di vantaggio sulla diretta rivale a
cinque giornate dal termine della
stagione. E tornare a sperare in
una salvezza che sembrava ormai
un miraggio.
m.s.
L’hockey
Streit e Sbisa
protagonisti
anche nei playoff
Ti-Press
NOSTRO SERVIZIO
SI RESPIRA MEGLIO AL “RIVA IV”
I tre punti contro uno Sciaffusa
secondo in classifica mettono il
Chiasso ormai al riparo da brutte
sorprese in Challenge League
Il ciclismo
Assist e vittorie nei playoff della National Hockey League per due
giocatori rossocrociati impegnati
nel massimo campionato nordamericano. Mark Streit è stato protagonista con un assist nel 2-1 con
cui i suoi Philadelphia Flyers hanno
pareggiato i conti nella serie contro
i New York Rangers (portandola sul
2-2), mentre Luca Sbisa ha fornito
un passaggio decisivo nel largo
successo per 6-2 degli Anaheim
Ducks contro Dallas. Una vittoria
che porta i californiani avanti nella
serie per 3-2.
Entrambi i difensori sono stati
protagonisti di buone prestazioni,
anche perché sono stati schierati
abbastanza a lungo. Quasi 20 minuti Streit e quasi 19 Sbisa. Jonas
Hiller (sempre di Anaheim) ha invece assistito alla partita dalla panchina, mentre Diaz (NY Rangers)
non è stato schierato.
Torna invece in pista quest’oggi, domenica, la nazionale di Sean
Simpson nel suo percorso di preparazione ai Mondiali di Minsk. Avversaria alle 13.30 a Basilea ancora la Repubblica Ceca, contro cui
Inti Pestoni e compagni hanno colto venerdì un convincente successo per 3-1 a Neuchâtel.
m.s.
Il tennis
La Doyenne, poi il Romandia Oprandi a Marrakech
In Marocco la bernese supera in semifinale Hantucho
Ultima classica di primavera per i grandi del pedale prima delle corse a tappe
NOSTRO SERVIZIO
Prima spazio alla centesima
Doyenne, poi largo al Tour de Romandie e alla sua attesissima
partenza dal lungolago di
Ascona. Entra decisamente
nel vivo la primavera del pedale, che con la Liegi-Bastogne-Liegi di quest’oggi, domenica, esaurisce il capitolo
dedicato alle classiche per far
spazio alle corse a tappe.
Ma andiamo con ordine, perché nelle Ardenne lo spettacolo è
certamente garantito, anche perché il tracciato della “Liegi” 2014
ritrova l’esigente côte della Rouche-aux-faucons dopo 243 dei
263 chilometri totali in programma verso il traguardo di Ans. Un
percorso, insomma, ancor più
adatto agli uomini forti, con sul
“carro” degli attesi protagonisti
soprattutto gli uomini che si sono
mostrati in gran forma alla Freccia Vallone di mercoledì, dove ad
avere la meglio è stato Alejandro
Valverde, che sul Mur de Huy non
ha dato scampo alla concorrenza. L’iberico scatta quindi verso
Liegi con i galloni
del favorito
d’obbligo.
Ma atten-
zione alla reazione dei battuti
della “Freccia”, perché da Joaquin
“Purito” Rodriguez al polacco
Kwiatkowski, fino al belga Gilbert
la voglia di rivincita è parecchia.
E sul Saint-Nicolas, ultima aspe-
E DOPO LIEGI TUTTI AD ASCONA
La classicissima Liegi-Bastogne-Liegi chiude la
parte di stagione dedicata alle corse di primavera
e apre le porte ai giri a tappe. Con il Romandia
che prende il via dalle strade del borgo di Ascona
rità di giornata a 6 chilometri dalla linea del traguardo, la battaglia
si annuncia decisamente infuocata.
Così come infuocato si attende il prologo del Tour de Romandie, che scatta martedì dalle strade di Ascona su un tracciato di
5,57 km che si preannuncia davvero velocissimo e spettacolare.
Senza difficoltà altimetriche, il
percorso prevede in pratica solo 5
o 6 curve vere e proprie, il che favorirà certamente medie molto
elevate sul traguardo posto nel
“salotto” del borgo, dopo aver attraversato la Piazza affacciata sul
Lago Maggiore. Favorito di giornata non può dunque che essere
Tony Martin, campione del Mondo in carica della cronometro,
mentre per il successo finale il
“nome secco” su cui puntare parrebbe quello di un altro campione del Mondo in carica, il portoghese Alberto Rui Costa. Ma occhio anche a due altri “big” del ciclismo come Vincenzo Nibali e
Chris Froome…
m.s.
trova la via della finale
Al torneo Wta di Marrakech
Romina Oprandi riesce ad assaporare il gusto di una finale, la
prima in carriera. La bernese
ieri, sabato, ha avuto la meglio
in semifinale sulla quotata slovacca Daniela Hantuchova per
7-5, 3-6, 6-3 in 2 ore e 26 minuti
di gioco. Un
match cominciato alla grande da parte
dell’elvetica,
che ha però dovuto effettuare
due break per
far suo il primo
set per 7-5.
Pronta è stata la
risposta della
slovacca che ha
sfruttato al meglio l’unica palla di break concessa dalla svizzera per conquistare il secondo
set per 6-3. La sconfitta nella
seconda frazione non ha scalfito il morale della bernese, ch,e
riprese in mano le redini del
gioco, ha centrato il break che
le ha permesso di chiudere vittoriosamente il match per 6-3.
Nell’altro torneo Wta, che si
disputa a Stoccarda, la detentrice del titolo, Maria Sharapova,
si è agevolmente qualificata per
l’atto conclusivo, sconfiggendo
l’italiana Sara
Errani per 6-1,
6-2. In finale la
russa sfida la
serba Ana Ivanovic, che ha
avuto la meglio
sulla connazionale Jelena Jankovic per 6-3, 75. In campo
maschile si gioca invece soprattutto il torneo Atp 500 di
Barcellona. Nella città catalana
il giapponese Kei Nishikori ha
battuto il lettone Ernest Gulbis
per 6-2, 6-4, mentre Santiago
Giraldo ha superato Nicolas Almagro per 7-5, 6-3.
m.m.
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A PAGINA 29
ROSSI A PAGINA 30
traparentesi
27 aprile 2014
ilcaffè
PASSIONI | BENESSERE | SPORT
PAUSA CAFFÈ
Animali
Frustrazione
e stress spogliano
il pappagallo
BOLTRI A PAGINA 20
Nelle pari
opportunità
fra uomini
e donne
resta lo scoglio
della gravidanza.
E sono ancora
tante le difficoltà
nel mondo
del lavoro
Parità sì
ma finchè
non hai
E
LA FINESTRA
SUL CORTILE
L
figli
Per cominciare
PATRIZIA GUENZI
UN COACH SOLO PER LEI
U
n’App per ipad e cellulare con quiz di auto valutazione,
idee guida di pensatori e leader a disposizione delle
donne. L’ha ideata Najat Vallaud-Belkancem, 36enne
ministro dei Diritti delle donne del governo francese. “Leadership pour elles” è una sorta di coaching in pillole che permette alle donne di valutare quanto e in che modo il gentil sesso
viene ancora discriminato: meno pagato, peggio considerato
e, spesso, svantaggiato nella carriera. Spesso col benestare
delle stesse interessate, va detto, ma in tempi come questi diventa ancora più difficile far valere le proprie ragioni.
Ecco allora un agile vademecum per imparare, quando serve,
a tirar fuori gli artigli. Una serie di test con quattro soluzioni
da scegliere. E, seguendo i suggerimenti contenuti nell’App,
optare tra quattro comportamenti: agire da leader, aumentare
le opportunità di carriera, fare squadra, creare e intraprendere. L’obiettivo è accompagnare le carriere femminili ed evitare
che siano penalizzate. Perché ormai non è una novità: un po’
tutti si riempiono la bocca dicendo che le donne sono una
preziosa risorsa, salvo poi, nell’incoerenza più totale, in qualche modo penalizzarle.
PATRIZIA GUENZI
probabile che per un uomo immaginare di dedicarsi alla famiglia e di mantenere, comunque,
un’attività professionale sia proprio un pensiero inconciliabile.
Come dire, pari opportunità sì,
ma per favore non restate incinta!
Nella parità fra uomini e donne
resta lo scoglio della gravidanza.
segue a pagina 18
CAROLINA CENNI
Storie
di quotidianità
familiare
STANNU PARLANNU DA SVIZZERA
A PAGINA 48
a gravidanza non è una malattia.
Potrei riassumere così le mie prime 37 settimane di attesa. Non
appena scopri di aspettare un
bambino, t’immagini già scenari
catastrofici fatti di privazioni alimentari, motorie, sociali e
quant’altro. Ricordo bene la frase
del mio ginecologo, quando ha
accertato la mia gravidanza, incalzato dalle mie prime domande paranoiche: “Per me può anche scalare montagne”
segue a pagina 19
IL CAFFÈ
27 aprile 2014
19
parentesi
tra
La società
La testimonianza
Uomini
ORE (media settimanale) DEDICATE A COMPITI DOMESTICI, PER TIPO DI COMPITO, IN TICINO NEL 2010
0
La mia dolce attesa
non è una malattia
e vi spiego perchè
Donne
0,1
0,6
1,1
2,0
4,3
1,9
0,4
0,9
1,1 1,9
2,5
0,6
3,0
1,7
1,6
5,9
3,3
2,9
1,2
8,0
2,5
0
1
2
3
4
5
6
7
Fonte: Rifod, Ust, Neuchâtel
0,5
1,2
CAROLINA CENNI
L
a gravidanza non è una malattia. Potrei riassumere così le
mie prime 37 settimane di attesa. Non appena scopri di aspettare
un bambino, t’immagini già scenari
catastrofici fatti di privazioni alimentari, motorie, sociali e quant’altro. Ricordo bene la frase del mio ginecologo, quando ha accertato la mia gravidanza, incalzato dalle mie prime domande paranoiche: “Per me può anche scalare montagne e mangiare
patatine fritte per nove mesi, è incinta non malata. Si ricordi però che la
gravidanza è tutta una questione di
equilibrio”. Aveva ragione e non poteva darmi consiglio migliore. Ho fatto tesoro di quella parola: equilibrio.
E così ho continuato a fare la vita
che avevo sempre fatto fino a quel
momento. L’ho fatto perché volevo,
non me l’ha ordinato nessuno ma
nemmeno impedito. In questo era
ovviamente compreso il mio lavoro.
Faccio la giornalista non sollevo
blocchi di marmo sia chiaro, ma ho
continuato a lavorare al 100% fino alla fine. Entro nella 38esima settimana e sono ancora seduta alla mia
scrivania. La sera ho i piedi e le caviglie gonfi, ma probabilmente ce li ha
anche chi non aspetta un bebé per
maggio. So bene di essere stata molto
fortunata. Ho avuto una bella gravidanza che mi ha permesso di condurre una vita normale. A volte, però,
8
Pari opportunità sì,
ma per favore
non restate incinta!
Nella parità fra uomini e donne
resta lo scoglio della gravidanza
PATRIZIA GUENZI
È
L’antefatto
CLETO FERRARI DISQUISISCE
SUL TEMPO DI VALENTINA ITEM
Ferrari, collaboratore personale
del ministro del Territorio Claudio
Zali, sulla nomina di Valentina
Item ha commentato che come
procuratore pubblico sarebbe
stata limitata nel tempo da
dedicare alla sua attività di
magistrato, poiché è già
mamma di due bambini
la polemica
“Un magistrato deve essere
al di sopra d’ogni sospetto”
MAZZETTA A PAGINA 12
probabile che per un
uomo immaginare di
dedicarsi alla famiglia e
di mantenere, comunque, un’attività professionale sia proprio un pensiero
inconciliabile. Lo dimostra il recente (infelice) commento di Sergio Savoia sulla collega parlamentare Greta Gysin, in dolce attesa. Il coordinatore dei Verdi s’è
chiesto come potrà essere presente sulla lista
per il Consiglio
di Stato nel 2015,
conciliandol’impegno elettorale col suo
ruolo di mamma. Altro (pessimo) esempio di
quanto gli uomini siano “impediti” nel concepire le (femminili) capacità
multi-tasking,
l’ha dato Cleto Ferrari. Secondo il
collaboratore personale del direttore del dipartimento del Territorio, Claudio Zali, la neo eletta procuratrice pubblica Valentina Item
sarebbe limitata nel tempo da dedicare alla sua professione visto
che è già mamma di due bimbi. A
confermare quanto le parole di
Savoia e Ferrari riflettono una certa realtà, ecco le ultime cifre pubblicate dall’Ufficio cantonale di
statistica.
Dai dati emerge la chiara difficoltà delle donne nel conciliare lavoro e famiglia; la maggior parte
sceglie, difatti, un impegno professionale a tempo parziale, guadagnando meno e con minori
chance di carriera.Insomma, pari
opportunità sì, ma per favore non
restate incinta! Nella parità fra uomini e donne resta sempre lo scoglio della gravidanza.
Se poi la donna, oltre ad avere dei
figli e un lavoro, è pure impegnata
politicamente apriti cielo. Da qui
lo sfogo della Gysin, che in un
post su Facebook ha risposto a Savoia: “Oggi ho imparato che se fai
politica è meglio 1. non lavorare
da impiegato nel settore privato,
dove durante il lavoro non puoi
occuparti di politica: verrà interpretato come ‘mancanza di impegno’; 2. non diventare mamma,
perché è ovvio che non avrai più
tempo di fare politica (w l'emancipazione!); 3. se hai la sfortuna di
perdere il posto di lavoro, evita di
fare di tutto per trovarne uno (anche a costo di passare 3 giorni la
settimana a Zurigo), meglio an-
dare in disoccupazione, perché
tutto il resto verrà usato contro di
te”.
Certo, un po’ di pazienza forse è
necessaria. Un cambio di mentalità è ancora in corso, come spiega
l’imprenditrice Bosia (vedi articolo in basso). Dopo tutto in Svizzera la condizione femminile si è
evoluta più lentamente rispetto
LE
ALTRE
MAM
ME
Savoia si è chiesto se
la Gysin potrà correre
per il Consiglio di
Stato e conciliare
il ruolo di mamma
ad altri Paesi occidentali e la parità tra uomini e donne è una conquista tutto sommato recente
(sancita dalla Costituzione solo
nel 1981).
Inoltre, le elvetiche sono state
le ultime in Europa (ad eccezione
del Liechtenstein) ad ottenere il
diritto di voto, nel 1971, nonostante la Svizzera sia una delle più
Le imprenditrici L’esperienza sul campo di Marie Bosia per 10 anni presidente del gruppo Pmi
“Dobbiamo avere grinta,
non è impossibile essere
madre, moglie e manager”
“C
I pregiudizi
Si deve cambiare
mentalità, se non si
riesce la colpa è anche
un po’ la nostra
La politica
Se fissassero le riunioni
alle 4, invece che alle 21
la rappresentanza
femminile aumenterebbe
i sono problemi oggettivi, questo è vero. Come è vero che deve
cambiare la mentalità. Ma io
credo che la donna se vuole raggiungere i
propri obiettivi deve tirare fuori la grinta,
la determinazione”. Marie-Jeanne Bosia è
stata per oltre dieci anni presidente del
gruppo Donne piccole e medie imprese
(Pmi) Ticino, oltre che al vertice mondiale
del Soroptimist. Imprenditrice, mamma
di quattro figli e ora nonna di sette nipoti
che spesso sono da lei a pranzo per assaggiare le sue cotolette alla milanese. “Conciliare lavoro e famiglia - spiega Bosia non è mai stato semplice. Ci sono problemi che affondano le radici nella storia del
nostro Paese, ci sono pregiudizi che vanno
grattati via. Io da giovane ho studiato, ma
mia madre mi ripeteva sempre che dovevo guardare oltre la ringhiera, cioè pensare a sposarmi. Sono stata moglie e madre e
nel frattempo ho portato avanti la mia attività insieme a mio marito. Non è stato impossibile”.
Marie-Jeanne Bosia ha girato il mondo
per parlare di donne e lavoro. Nella sua attività è intervenuta in convegni e conferenze a New York come a Pechino. “E devo
dire che le conclusioni dello studio dell’Ufficio cantonale di statistica non sono
poi molto diverse da quelle di altri Paesi. I
problemi sono comuni, in Ticino come in
Italia, come in America”. Oggi le quattro fi-
glie lavorano tutte. “Vedevano me lavorare
tanto nel Centro di bellezza che gestivo. E
io credo, lo dico un po’ anche per esperienza, che per entrare nel mondo del lavoro bisogna avere determinazione. Se
non si riesce, al di là dei problemi oggettivi
che pure esistono, è un po’ anche colpa
della donna che deve farsi avanti, senza
pregiudizi o paure. E questo perché la potenzialità c’è. Altrimenti non si capirebbe
come mai più donne che uomini si laureano. Io trovo che le donne siano altrettanto
brave degli uomini, se non di più. E questo
aspetto che un tempo non era riconosciuto oggi invece viene ammesso. Lo vedo da
mio marito che riconosce il mio lavoro di
mamma, moglie e imprenditrice. La mentalità dell’uomo è cambiata, forse non è
cambiata la mentalità della donna”.
Quasi una provocazione, quella di Marie-Jeanne Bosia. Però, e lo dicono i numeri, tanta strada resta da fare. Anche in campo politico. “Le donne non fanno politica?
Se fissassero le riunioni alle 4, invece che
alle 9 di sera la rappresentanza femminile
nelle istituzioni crescerebbe. Noi abbiamo
la famiglia, ed è bellissimo, ma come donna si trasforma spesso in handicap. La società non è organizzata per venirci incontro. Poi, certo, c’è pure chi riesce a far carriera o a sfondare in politica. Ma c’è anche
chi semplicemente è costretta a lavorare
per la famiglia”.
m.sp.
MARIE-JEANNE
BOSIA
Imprenditrice
e per oltre
dieci anni
presidente Pmi
Ticino donne
antiche democrazie al mondo.
Addirittura, in alcune regioni
dell’Appenzeller alle donne non
era consentito prendere parte alle
elezioni comunali fino al 1990. E il
diritto al congedo retribuito per le
lavoratrici è stato legalmente riconosciuto solo dieci anni fa (in Ticino dal 1° luglio 2005, almeno 14
settimane consecutive).
Negli ultimi decenni il tasso di
attività professionale femminile è
aumentato a ritmo costante (poco meno della metà delle donne
ticinesi lavorano a
tempo
pieno),
seppur
ancora
nettamente inferiore a quello degli
uomini. E se in
passato l’arrivo dei
figli, tra i 25 e i 40
anni, significava
spesso un’uscita
(almeno temporanea) dal mercato
del lavoro, oggi le
donne tornano
più numerose e
più alla svelta a lavorare. Ma, rispetto ai maschi, fanno più fatica
a fare carriera.
Insomma, ancora tutta in salita la strada per una totale affermazione professionale delle donne che, giustamente, non vogliono farlo a scapito della famiglia.
Ma conciliare i due ruoli è arduo e
faticoso. Ecco perché fondamentali sono gli aiuti dati dalle strutture di accoglienza per la prima infanzia, come asili nido, famiglie
diurne, scuole dell’infanzia e offerte extra-scolastiche, tra cui
mense e doposcuola. E l’offerta
attuale ancora non è sufficiente
per rispondere alla domanda da
parte delle famiglie, lo dimostra il
fatto che buona parte degli asili
ha delle liste di attesa.
Un ruolo importante lo possono svolgere i datori di lavoro,
permettendo ad esempio il tempo parziale o una certa flessibilità
degli orari. Tutto ciò per restare
attive fuori casa e dentro casa.
Dove, ancora, purtroppo è proprio la donna a sobbarcarsi la
maggior parte delle mansioni domestiche.
[email protected]
Q@PatriziaGuenzi
Margherita
Maffeis
Lorenza
Pedrazzini
49 ANNI, UN FIGLIO
IMPRENDITRICE
E DIRIGENTE BPW
36 ANNI, 2 FIGLIE
AVVOCATO
E CONSIGLIERE
COMUNALE
“L’errore è lasciare completamente il lavoro.
Quando è nato mio figlio io ho lavorato con
un orario ridotto, poi è cresciuto e il mio
impegno è aumentato. Questo è un sistema,
ma ne esistono altri. Avere un’occupazione è
importante anche nell’equilibrio familiare”
“Conciliare lavoro e famiglia è difficile ma
non impossibile. Quando nasce un figlio la vita
si complica, bisogna avere disciplina, darsi
delle priorità e rispettarle, e sapersi
organizzare. Io sto imparando. Ora lavoro
ancora al 30% perché ho un bimbo di 6 mesi”
Nadia
Ghisolfi
Francesca
Bordoni
35 ANNI, UN FIGLIO
GRANCONSIGLIERA
E SINDACALISTA
51 ANNI, TRE FIGLI
IMPRENDITRICE E
GRANCONSIGLIERA
“L’ideale sarebbe un congedo maternità più
lungo, oltre che alla possibilità, come per i
docenti, di avere un periodo non retribuito. E
poi, come in Svezia, serve la responsabilità
condivisa con la possibilità anche per i padri
di stare accanto alle mamme”
“L’inconciliabilità è nella vita quotidiana. Se
scopri che una tata ti costa più di quanto
guadagni rinunci. Io sono diventata imprenditrice
per non dover chiedere il permesso di andare ai
colloqui scolastici per i miei figli e solo così sono
riuscita a gestire famiglia e lavoro”
Nicole
Brändli
Monica
Piffaretti
35 ANNI, UN FIGLIO,
COMMERCIANTE
EX CICLISTA “PRO”
51 ANNI, 4 FIGLI
SCRITTRICE
E GIORNALISTA
“Un figlio ti cambia la vita. E bisogna gestire
bene la situazione. Ma certo per me è stato più
difficile conciliare studio e ciclismo
professionistico perché quando ho iniziato non
c’erano le scuole sportive. E facevo fatica. Da
mamma però devo dire che non ci si annoia”
“Oggi si può far tutto. Lavorare o far solo la
mamma. È una scelta molto soggettiva che va
fatta senza farsi condizionare e decidendo in
famiglia dopo aver analizzato i pro e i contro.
Certo, molto dipende dalle situazioni
personali. Ma alla fine è una scelta di cuore”
Continuando
a lavorare
ci si mantiene
psicologicamente
e fisicamente attive
fa tanto anche il modo con cui noi
donne per prime ci poniamo nei
confronti di questi nove mesi, la nostra predisposizione mentale. Perché
il “sei incinta non malata” può sembrare un concetto elementare, ma
non lo è. C’è chi, fatto il test di gravidanza, nonostante goda di ottima salute si comporta diversamente: non
va più al lavoro, smette con le faccende domestiche, non fa più la spesa,
non guida, non fa movimento, disdice le vacanze… Ci auto-ghettizziamo
sul divano di casa. Associare la gravidanza a una malattia è un autogol
pazzesco da parte nostra. Come si fa
a lamentarsi dei datori di lavoro che
non comprendono la “situazione”,
quando siamo le prime a darci alla
macchia per mesi e mesi?
Non c’è niente nella mia attesa
che farei diversamente. Continuando a lavorare si è “costretti” a tenere
la mente impegnata e i lunghi nove
mesi passano più in fretta. Si dà meno peso a piccoli e normali fastidi
che altrimenti sembrerebbero ostacoli insormontabili. In poche parole,
ci si tiene psicologicamente e fisicamente attive. Tutte le donne dovrebbero essere messe nella condizione
di godere della propria gravidanza,
di assistere ai cambiamenti che questa comporta e di avere chiaro il concetto che le malattie sono altre. Io
l’ho potuto fare grazie all’aiuto del
mio ginecologo Giacomo Giudici, e
del suo ottimo team ospedaliero, che
mi ha seguita trasmettendomi grande serenità e sicurezza, e informandomi in modo corretto e completo.
Hanno giocato un ruolo fondamentale in questo periodo. Mi hanno fatta sentire quella che ero: una donna
normale.
Continuare a lavorare in gravidanza, come dopo aver avuto un figlio, deve essere una scelta che spetta solo a noi. Ma anche un diritto. Le
donne sono multitasking sul serio.
Ma ovviamente solo quelle che vogliono farlo ci riescono.
[email protected]
Q@simplypeperosa
20
tra
animali
lamoda
parentesi
Cinturino
Sporty
Scultura
Tacco alto e cinturino
alla caviglia per
la décolleté di Lanvin.
Anatomiche, stile
sport, ma in camoscio
con macropietre il
modello di Prada.
Un capitello sostiene
il sandalo con tacco
scultura di Dolce &
Gabbana.
Il trionfo del mezzo tacco,
il vero must della stagione
LINDA D’ADDIO
T
acchi alti, zeppe, plateau, mezzo tacco,
flat, sono tutti di moda i tacchi nella bella
stagione. Un respiro di sollievo per tutte
quelle donne che li amano alti come per le altre
che invece li preferiscono medi oppure rasoterra. Finalmente le scelta c’è ed è anche ampia,
pronta ad accontentare ogni esigenza, occasione, preferenza, stile. Una volta tanto chi adora le
altezze vertiginose potrà sbizzarrirsi fra le diverse proposte che contemplano modelli per il
giorno, per la sera, per il tempo libero. Lo stesso
dicasi per le stakanoviste del rasoterra che si destreggiano fra ballerine, sneakers e infradito. E
per le amanti del genere retrò ritornano in auge
anche i modelli mezzo tacco degli anni Sessanta, tanto glam quanto pratici, donano allo stile
senza rinunciare alla praticità e al comfort.
Qualunque sia la scelta, definiscono la calzata e danno carattere alla scarpa, l’importante
è che si sappiano portare, di qualsiasi altezza si
parli. Quest’estate anche le espadrillas diventano chic come le sneakers rubate agli skaters, vero must di stagione. Di gran moda anche le sling
back con il tacco a rocchetto, i sandali nei colori
neon e i modelli mezzo tacco.
Il tacco alto, innanzitutto, abbandona il genere sottile, il modello a spillo che tanti proble-
mi crea alle donne che vanno di fretta e spesso
“lo lasciano” nei tombini o nelle pavimentazioni non lineari. La guerra dei centimetri si gioca
fra forma quadrata o cilindrica. Fra i modelli più
in voga le versioni con cinturino alla caviglia e,
per le appassionate degli anni Sessanta, la classica décolleté Chanel ovvero la scarpa alta aperta solo sul tallone. Tacco altissimo e maxiplateau per il modello di Michael Kors. Modello décolleté e cinturino per Casadei.
Ma la vera novità in fatto di tacchi rimane la
mezza misura, perfetto in qualsiasi occasione e
Alti, medi, bassi, plateau,
flat... I modelli estivi
accontentano tutte le donne
glam a qualunque ora del giorno e della sera.
Decisamente più femminile della ballerina ultraflat è impeccabile con il jeans come con un
abito elegante. Sono loro il vero must have della
primavera estate. I modelli proposti sono tantissimi per accontentare davvero tutte. Sandalo
avorio con texture in pelle per Sergio Rossi, blu
navy opaco il modello di Marni, versione fluo
per Bruno Magli, in corda dorata la proposta di
Charlotte Olympia. In pelle stampata pizzo il
modello di Dolce&Gabbana, dettagli borchiati e
rock per la versione di Michael Kors. Fra i mar-
chi low cost Zara punta sul mezzo tacco e
lo declina sia in versione rock che nella
versione romantica.
Alle appassionate sportive amanti
dell’ultraflat consigliamo i comodissimi sandali sporty dalle linee avveniristiche
e techno. Alexander
Wang li propone in blu
elettrico con suola a contrasto, in gomma nera. Ultra flat con allacciatura a velcro l’interpretazione di Kenzo.
Anche le sneakers “running” sono
trendy, abbandonano le piste e si riversano sulle strade cittadine. Comode e coloratissime, nei toni accesi o nelle tinte pastello, si
abbinano anche agli outfit eleganti.
Un classico di stagione rimangono le ballerine. Le scarpette da danza conquistano Hedi
Slimane per Saint Laurent che le vuole in vernice color sanguigno con fiocchetto e punta
tonda. Evergreen la versione di Roger Vivier.
Punta triangolare bianca per il modello di Isabel Marant.
Trendy
Dai 3 ai 5
centimetri misura
il tacco più trendy
che ci riporta agli
anni Sessanta. Di
Missoni il modello
nella foto
Scrivete
Inviate le vostre domande al veterinario
del Caffè
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Potete scrivergli anche entrando nella
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cliccando sulla rubrica “Qua la zampa”
Stress, frustrazione e solitudine
fanno “spogliare” il pappagallo
La domanda
La risposta di Stefano Boltri
E
evo dirle subito che nei pappagalli in cattività non
è così raro osservare questo fenomeno definito di
autodeplumazione che consiste in una distruzione delle penne autoinflitta. Può presentarsi nei modi più
disparati, fino a giungere a lesioni anche molto gravi che
possono arrivare all’auto mutilazione. L’autodeplumazione è conseguenza diretta della condizione di cattività
ed in particolare si presenta nei soggetti tenuti in singolo
esemplare. In natura, nessun pappagallo si sognerebbe
mai di strapparsi le piume!
Ovviamente all’origine di tale patologia vi possono
essere cause mediche, tipo infezioni, malattie, intossicazioni ed altro che vanno ricercate con l’aiuto di
un veterinario specialista. Se non esiste una origine
“medica”, le cause vanno ricercate in una o più ragioni
di origine gestionale.
Come dicevamo prima, il pappagallo si autodepluma perchè viene malgestito dal proprietario che non tiene conto delle esigenze del volatile. I pappagalli infatti,
non hanno subìto un processo di domesticazione simile
gregio dottore, arrivo da lei nella
speranza che possa fornirmi un
aiuto e qualche consiglio su come
gestire il mio pappagallo. Le vorrei descrivere brevemente quanto sta accadendo in questi giorni. Il mio pappagallo vive solo e apparentemente non mi
sembra soffrire di alcuna malattia, senonchè continua a perdere le piume e a
me pare proprio che se le strappi da sè.
Per il resto si nutre e sporca regolarmente, tuttavia inizio ad essere preoccupato per questa continua tortura che si auto infligge. Mi chiedo dove ho sbagliato e come
posso fare per questa stranezza
del mio pennuto? La ringrazio come sempre della
sua cortesia e pazienza.
D
ad altre specie e quindi anche se allevati in cattività, restano molto simili ai loro parenti selvatici. Allo stato selvatico i pappagalli compiono tragitti notevoli e quindi
spendono grande energia per la ricerca del cibo. Tutto ciò
viene compensato dalla scelta di alimenti molto energetici. Questo comportamento ancestrale viene mantenuto
anche in cattività e l’animale sceglie i semi più energetici
come arachidi, girasole e noci; tutto ciò può comportare
l’insorgenza di varie patologie tra cui anche l’autodeplumazione.
Tra le altre cause di stress possiamo elencare l’impossibilità di volare, causata dalla condizione di allevamento
o dal taglio delle “remiganti”. Anche la solitudine gioca un
ruolo chiave nella comparsa di questa patologia in quanto sono animali sociali. Insomma, un pappagallo “frustrato” può a lungo andare manifestare comportamenti
anomali sviluppando impulsi lesivi verso gli altri e verso
se stesso. Perciò è anche bene evitare rapporti troppo “intimi” (eccessive coccole ed attenzioni) ed invitarlo invece
al gioco offrendogli oggetti con cui distrarsi.
IL CAFFÈ
27 aprile 2014
21
La curiosità
E ora tutti da Peppa Pig
N
on solo i più grandicelli possono partire per la loro vacanza in solitaria.
Anche i più piccoli hanno diritto ai
momenti di svago, da soli, senza genitori
al seguito. Tanto, a vegliare su di essi ci
saranno i loro eroi. Non ci credete? E allora ecco qualche nome: Peppa Pig, che ha
trovato casa a Londra. I bambini sono affidati al loro grufolante amico o ai suoi
compagni, mentre mamma e papà possono godersi un drink in santa pace o fare
shopping. Tutto questo per famiglie che
viaggiano con bambini dagli zero ai sei
anni. Esistono pure altri parchi tematici
per bambini piccoli. Non lontano da noi
c’è, ad esempio, il Ravensburger Spielland,
con puzzle, giochi e libri che hanno il profumo di un tempo, con tanto di camini accesi. Ovunque stanno poi spuntando alberghi “bebé friendly” con offerte dedicate alla Spa per i più piccini, dove le prime coliche si curano con dei massaggi studiati
apposta per alleggerire fatica e apprensione di mamma e papà.
Il tempo libero
Le altre
vacanze
tra
parentesi
Le possibilità
Il wwoofing, la vacanza
immersa nella natura
Sono più di 50 in Svizzera le mete
dove lavorare nei campi in cambio
di vitto e alloggio. Tra queste una
dozzina in Ticino, sparse in tutto il
Cantone.
Lingue e sport, lezioni
e attività fisica
Ti-Press
La mattina si ripassa quanto fatto
durante l’anno, il pomeriggio ci si
sfoga con l’attività preferita.
Decine le combinazioni possibili
fra sport e materie scolastiche.
Studio.
Lavoro.
Solidarietà.
Come
trascorrere
un’estate
utile
e non futile
OMAR RAVANI
A
lzi la mano chi sa
cos’è il Wwoofing.
Oppure chi è capace
di riassumere in due
parole il concetto di
High School Campus. O, ancora,
chi sa qualcosa sul Children’s
Tour. Niente paura, non è un
esame d’inglese. Sono, invece,
termini per descrivere le vacanze utili, quelle che aiutano bambini e ragazzi a crescere a tutto
tondo, dalla mente al corpo. Se
un tempo d’estate si andava a
dare una mano in qualche campeggio o lido, tanto per far qualche soldino, oggi la scelta si è
ampliata enormemente. Le vacanze non futili di cui stiamo
parlando si sono trasformate in
un’opportunità per imparare
una lingua, uno sport, un’attività
manuale, ma anche un’occasione per aiutare il prossimo (vedi
articolo a lato), dandosi da fare
per gli altri.
E allora, vediamo di capire cos’è
il Wwoofing. È un lavoro nelle
fattorie, a contatto con verde e
animali, in cambio il ragazzo ha
vitto e alloggio (Wwofing, WorldWide Oppurtunity on Organic
Farm). In Svizzera
gli
“wwoofers”
hanno la loro sede
a Maur nel canton
Zurigo, e propongono vacanze in
oltre quaranta fattorie sparse per il
Paese e in una decina all’estero.
Tra le mete più
lontane anche
Tailandia o Nuova Zelanda.
In Ticino le aziende agricole
che accolgono i giovani per una
vacanza diversa sono una dozzina, distribuite fra Leventina,
Valle Onsernone, Valle Maggia,
Blenio, Piano di Magadino e
Malcantone. In programma an-
che momenti di lavoro dedicato
alle culture biologiche. C’è poi
la possibilità di un Children’s
Tour, per adolescenti dai 13 ai 18
L’offerta
anni che hanno voglia di partire
per imparare una lingua. E per i
più grandicelli l’High School
Campus è un programma “full
Le proposte di Nouvelle Planète
Soggiorni in Africa o Asia
per aiutare chi non ha nulla
N
ALL ROUNDER
Burkina Faso,
Senegal e
India sono
solo alcune
dalle mete
proposte
ouvelle Planète è un’associazione che dal
1986 si occupa dell’aiuto alle popolazioni
meno fortunate del mondo. Interviene soprattutto in Africa e in Asia, grazie a collaborazioni con Ong locali. “Le esigenze variano a seconda
dei Paesi - spiega Silvie Gay portavoce di NP -. In
Africa ci sono bisogni più primari, come la costruzione di pozzi, fognature o piccoli impianti
elettrici, mentre in Asia aiutiamo a costruire
strutture di pubblica utilità, come nidi d’infanzia
o centri di formazione professionale”. L’ente mette
al centro della sua opera l’aiuto diretto alla popolazione, di cui vuole diventare parte integrante
per fornirle il necessario “know-how”. “Ci piace
pensare che i nostri volontari non sono semplici
operai – osserva la portavoce -, ma che con loro
portino la voglia di supportare moralmente chi ha
poco o nulla”.
Per partecipare alle missioni non serve alcuna conoscenza specifica. Durante il periodo di formazione, che ha luogo nei mesi primaverili, gli iscritti sono sensibilizzati, più che sul lavoro che andranno a fare, sull’approccio che dovranno avere,
verso un mondo totalmente diverso da quello occidentale. “I gruppi di lavoro si riuniscono una
volta al mese e durante questi incontri stilano un
programma di azione, in loco e in Svizzera, dove
sono pure organizzate delle raccolte fondi – prosegue Gay -. Inoltre, si forma anche lo spirito di
gruppo, fondamentale per agire nel migliore dei
modi una volta giunti sul posto”.
Ogni anno i viaggi organizzati dall’associazione registrano il tutto esaurito e anche per l’intero
2014 tutti i posti sono già prenotati. “In realtà per
i nostri campi junior non c’era più spazio da un
bel po’ di tempo – nota Gay -. Ad iscriversi sono
soprattutto giovani studenti, liceali o universitari.
Fra i quali anche molti ticinesi, che negli ultimi
anni si sono sempre più affezionati a questo genere di esperienza”.
immersion” per apprendere lingue, usi e i costumi di altre nazioni europee. Restando in Ticino, ma cambiando genere, i
“teenagers” possono sbizzarrirsi
a piacimento. Da segnalare l’offerta del Cantone con “Lingue e
sport” che abbina scuola ad attività sportive, a cui molti Comuni
riconoscono un contributo alle
famiglie.
Di altro tenore, e riservata ai
più intraprendenti, è la proposta
di soggiorni all’estero per immergersi nella cultura del luogo
e imparare una nuova lingua.
Ottima esperienza quando lo
studente ha finito un ciclo di
studi e ne sta iniziando un altro.
“La maggioranza di chi parte
per imparare una nuova lingua
lo fa prima di andare all’università - conferma Serena Dolci
dell’agenzia Education First di
Lugano -. E non a caso, visto che
molti studenti decidono di continuare il proprio curriculum di
studi al Nord delle Alpi, la meta
preferita è Monaco di Baviera,
vista l’importanza della lingua
tedesca. Seguono Londra, Malta, Miami e Brisbane”.
Se a partire per un soggiorno
linguistico sono in maggioranza
i neomaturati, con il 26,7 per
cento, pure quelli freschi di laurea amano questo genere di
esperienza. La formula preferita è quella del soggiorno in famiglia, “proprio perché così diventa difficile ‘barare’ e non essere
obbligati a parlare davvero la lingua del posto”, sottolinea Dolci.
Ma facciamo un po’ di conti. I
prezzi variano, a dipendenza
della durata, dello scopo e della
località scelta. “Si va dai 1'500
franchi dei corsi junior, per i ragazzi sotto i 16 anni - precisa
Dolci -, ai 27'000 per i corsi di
preparazione universitaria negli
Stati Uniti, Gran Bretagna o Australia.
[email protected]
Q@OmarRavani
Aiutare gli altri
partendo dalla Svizzera
Qualche settimana d’istruzione in
terra elvetica, prima di partire
verso l’Africa o l’Asia. In Svizzera
ci si occupa di raccogliere fondi
ed energie indispensabili.
Ripassare il tedesco
prima di andare all’Uni
Per i molti ticinesi che vanno negli
atenei al Nord delle Alpi, un
soggiorno all’estero è un must. Si
viaggia in Germania e si soggiorna
presso famiglie del luogo.
Gli hotel amici dei
neonati e dei genitori
Anche in Svizzera stanno
nascendo strutture per i più
piccoli, con massaggiatori ad hoc
che mirano a prevenire coliche e
dolori tipici dei primi mesi di vita.
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La prima auto di proprietà
Ogni anno migliaia di giovani prendono la patente.
Si pone allora la domanda: quale auto è ideale per
un neopatentato?
Subito dopo l’esame della patente sorge spontanea la
domanda: auto di proprietà, sì o no? I «no» sono legati
soprattutto a motivi di natura inanziaria. Viaggiare in
auto costa. Normalmente, più di quanto un apprendista
o uno studente possa permettersi.
Però, a dispetto delle voci disfattiste, il fascino di un’auto è più che mai vivo. La promessa di libertà e avventura
è sempre attuale. Sorge allora spontanea la domanda:
quale auto scegliere?
Le auto nuove sono raramente una soluzione
Se le fonti di inanziamento, quali genitori, leasing e
credito, vengono meno, allora la risposta è quasi inevitabile: un’auto d’occasione. Infatti, anche le auto nuove
più convenienti costano almeno 9’000 franchi. A questa
età, una bella cifra. Inoltre, le poche auto in questa fascia di prezzo hanno un certo fascino.
Piccole auto d’occasione = convenienti
Ai neopatentati non resta quindi che il mercato delle
occasioni. Questo mercato offre una vasta scelta. Soltanto
nella fascia di prezzo che va ino a 5’000 franchi sono
attualmente pubblicate su AutoScout24 circa 13’000 auto.
Naturalmente, chi vuole un certo modello, dovrà essere
disposto a pagare di più. Si tratta per lo più di giovani
che dall’inizio dell’apprendistato mettono da parte dei
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Colore esterno: nero, Anno da: 2011, Chilometraggio: 73000 km, Carburante: Benzina, CV:
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Colore esterno: bianco, Anno da: 2011, Chilometraggio: 46500 km, Carburante: Diesel, CV:
204, Prezzo: CHF 39’900.-.
Colore esterno: argento met., Anno da: 2013,
Chilometraggio: 8400 km, Carburante: Diesel,
CV: 200, Prezzo: CHF 37’900.-.
Colore esterno: nero, Anno da: 2011, Chilometraggio: 90000 km, Carburante: Diesel, CV:
258, Prezzo: CHF 66’500.-.
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BMW 120d Cabrio
BMW 318iA Touring Aut.
BMW X1 2.3dA xDrive Aut.
MINI Cooper S Cabrio
MERCEDES-BENZ SL 350 Cabrio
Colore esterno: blu met., Interno: stoffa nero
- Anno 08.2008, Chilometraggio: 99000 km,
Carburante: Diesel, Prezzo: CHF 19’500.-.
Colore esterno: argento met., interno: stoffa,
Anno: 06.2011, Chilometraggio: 44500 km,
Carburante: Diesel, Prezzo: CHF 27’500.-.
Colore esterno: bianco, interno: pelle,Anno:
03.2010, Chilometraggio: 75000 km, Carburante: Diesel, Prezzo: CHF 31’500.-.
Colore esterno: blu met. - Interno: Pelle
Beige - Anno 09.2009 Chilometraggio: 23800,
Prezzo: CHF 28’500.-.
Colore esterno: argento met., interno: pelle,
Anno: 04.2003, Chilometraggio: 82000 km,
Carburante: Benzina, Prezzo: CHF 32’900.-.
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BMW X5
BMW 116
MAZDA 2
FIAT PANDA
VW TIGUAN
Colore esterno: bianco, Anno da: 2008, Chilometraggio: 64160 km, Carburante: Diesel, CV:
286, Prezzo: CHF 43’800.-.
Colore esterno: bianco, Anno da: 2009, Chilometraggio: 50600 km, Carburante: Benzina,
CV: 122, Prezzo: CHF 15’500.-.
Colore esterno: nero, Anno da: 2008, Chilometraggio: 13750 km, Carburante: Benzina,
CV: 103, Prezzo: CHF 11’800.-.
Colore esterno: arancio, Anno da: 2013, Chilometraggio: 4560 km, Carburante: Benzina,
CV: 85, Prezzo: CHF 18’600.-.
Colore esterno: antracite met., Anno da:
2008, Chilometraggio: 63200 km, Carburante:
Diesel, CV: 140, Prezzo: CHF 23’900.-.
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TOYOTA AURIS
LEXUS CT
LEXUS RX
JEEP Grand Cherokee
MERCEDES-BENZ ML 250
Colore esterno: grigio met., Anno da: 2013,
Chilometraggio: 24898 km, Carburante:
Benzina, CV: 132, Prezzo: CHF 17’900.-.
Colore esterno: grigio met., Anno da: 2013,
Chilometraggio: 7790 km, Carburante: Benzina/Elettrica, CV: 136, Prezzo: CHF 29’900.-.
Colore esterno: bianco met., Anno da: 2011,
Chilometraggio: 69580 km, Carburante: Benzina/Elettrica, CV: 299, Prezzo: CHF 49’900.-.
Colore esterno: nero met., Anno da: 2012,
Chilometraggio: 36621 km, Carburante:
Diesel, CV: 241, Prezzo: CHF 47’900.-.
Colore esterno: nero met., Anno da: 2013,
Chilometraggio: 51450 km, Carburante:
Diesel, CV: 204, Prezzo: CHF 59’900.-.
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INFINITI G
NISSAN NOTE
RENAULT CLIO
NISSAN JUKE
NISSAN QASHQAI
Colore esterno: antracite met., Anno da:
2012, Chilometraggio: 9700 km, Carburante:
Benzina, CV: 320, Prezzo: CHF 49’800.-.
Colore esterno: beige met., Anno da: 2008,
Chilometraggio: 91400 km, Carburante:
Benzina, CV: 88, Prezzo: CHF 7’300.-.
Colore esterno: grigio met., Anno da: 2007,
Chilometraggio: 8750 km, Carburante: Benzina, CV: 101, Prezzo: CHF 8’450.-.
Colore esterno: nero met., Anno da: 2011,
Chilometraggio: 65350 km, Carburante:
Diesel, CV: 110, Prezzo: CHF 16’900.-.
Colore esterno: bianco, Anno da: 2012, Chilometraggio: 82400 km, Carburante: Benzina,
CV: 117, Prezzo: CHF 15’900.-.
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Via delle Scuole 49
6963 Pregassona
Tel. 091 940 48 36
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Via Lugano 8 - 6982 Agno
Tel. 091 612 48 00
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Via Mola 22
6850 Mendrisio
Tel. 091 646 81 65
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MINI MINI
PEUGEOT 3008
PEUGEOT 207
HONDA CR-Z
HONDA JAZZ
Colore esterno: argento, Anno da: 2004, Chilometraggio: 80000 km, Carburante: Benzina,
CV: 90, Prezzo: CHF 8’900.-.
Colore esterno: grigio met., Anno da: 2011,
Chilometraggio: 42000 km, Carburante:
Diesel, CV: 112, Prezzo: CHF 21’900.-.
Colore esterno: bianco, Anno da: 2014,
Chilometraggio: 1 km, Carburante: Benzina,
CV: 120, Prezzo: CHF 25’300.-.
Colore esterno: antracite met., Anno da: 2012,
Chilometraggio: 100 km, Carburante: Benzina/Elettrica, CV: 114, Prezzo: CHF 26’900.-.
Colore esterno: rosso, Anno da: 2009, Chilometraggio: 37400 km, Carburante: Benzina,
CV: 100, Prezzo: CHF 11’500.-.
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PEUGEOT 207
SEAT ALTEA
SUBARU IMPREZA
NISSAN ALMERA
PEUGEOT 307
Colore esterno: rosso, Anno da: 2007, Chilometraggio: 66000 km, Carburante: Benzina,
CV: 150, Prezzo: CHF 9’500.-.
Colore esterno: rosso, Anno da: 2007, Chilometraggio: 79000 km, Carburante: Benzina,
CV: 150, Prezzo: CHF 9’990.-.
Colore esterno: grigio met., Anno da: 2010,
Chilometraggio: 35500 km, Carburante:
Diesel, CV: 150, Prezzo: CHF 17’500.-.
Colore esterno: bordeaux met., Anno da:
2005, Chilometraggio: 37600 km, Carburante:
Benzina, CV: 116, Prezzo: CHF 10’900.-.
Colore esterno: grigio met., Anno da: 2005,
Chilometraggio: 111500 km, Carburante:
Diesel, CV: 110, Prezzo: CHF 7’700.-.
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24
tra
parentesi
Con moglie e igli
in villeggiatura
attraverso le Alpi
Arosa e i magici sentieri a bordo di una comoda sette posti
La scheda
SsangYong Rodius SV 200e-Xdi
Motore
4 cilindri diesel
Cilindrata (ccm)
Cambio
1’368
autom. a 5 rapporti
CV
155
Coppia max. 360 a 1'500.-2’800 gir./min.
0-100 km/h (s)
14
Velocità massima (km/h)
181
Consumi (l/100 km)
8,7
Prezzo (vettura test)
41'584 .–
nioso), dall’ottimo cambio automatico
Mercedes Benz a 5
rapporti e dalla trazione integrale
permanente
che garantiT
sce una buoIC
na
sicurezza.
IN
Giunti sul posto è
tempo di una
O
passeggiata lungo
i numerosi sentieri,
percorribili
sia
d’estate che d’inBellinzona
verno, in un luogo
davvero incantevole.
Dopo un pranzo tipico a
base di specialità grigionesi è
tempo di far rientro in Ticino,
apprezzando, oltre allo splendido panorama, la comodità di
una vettura che può vantare un comfort invidiabile ed una versatilità rara in
questa categoria di veicoli.
s.p.
In Svizzera la nuova Cadillac Cts è disponibile solo con motore turbo benzina abbinato a un cambio automatico a sei rapporti
STEFANO WINGEYER
C
adillac mantiene il suo affascinante carisma anche
con la terza generazione
della Cadillac Cts. Un’estetica originale e una comodità da vettura
di lusso, sono un confermato
punto di partenza. Grazie al nuovo design la berlina si presenta
più lunga, più bassa e più snella
del modello precedente. Ma non
solo. La Cts è ora dotata di nuovigruppi ottici anteriori verticali,
per una migliore illuminazione, e
vanta pure una calandra ridisegnata.
Sul nostro mercato, come in tutta
Europa, la Cts 2014 si adatta alle
esigenze della clientela europea.
È disponibile esclusivamente con
motore turbo benzina di 2 litri abbinato al cambio automatico a sei
rapporti. Il turbo sviluppa una
potenza di 276 Cv a 5.500
giri e 400 Nm di coppia
tra 3.000 e 4.500 giri. Tra
i punti di forza della
nuova Cts i numerosi
interventi degli ingegneri per diminuire il
peso globale rispetto
alla precedente generazione.
Il risultato è una vettura
che è “dimagrita” di 128 kg
ma con un equilibrio delle masse
praticamente perfetto (50/50).
Componenti più leggeri in alluminio sono stati utilizzati in posizioni strategiche, cofano
motore compreso. Per la prima volta la Cts offre anche il
Magnetic Ride Control. Il
sistema Cadillac per la regolazione di precisione degli ammortizzatori in tempo reale è di serie su tutti i
modelli.
L’abitacolo, caratterizzato da un
design fluido e lavorazioni manuali e artigianali, unisce com-
Ora una leggenda americana
è pronta per i clienti europei
fort, comodità e tecnologie di sicurezza. Il posto guida è più spazioso e costruito intorno al guidatore. L’uso di tecnologie integrate
e dettagli eseguiti a mano, lo rendono perfettamente in linea con
lo stile della carrozzeria.
Sono disponibili diversi allestimenti caratterizzati da finiture di
vero legno, fibra di carbonio o alluminio. Avevamo anticipato come lusso e comodità siano rimasti i punti di forza del modello. In
effetti, per i mercati europei e tutti
gli allestimenti della vettura, vengono impiegati sedili anteriori in pelle, riscaldati e
ventilati, con poggiatesta regolabili
manual-
mente in quattro direzioni. Parte
integrante del confort generale
anche le numerose soluzioni di
stivaggio e le nuove funzionalità.
Nella plancia sono presenti due
schermi: un touch screen da 8
pollici nella console centrale, che
consente di collegarsi al sistema
di infotainment Cadillac User Experience (Cue), e uno da 12,3 pollici nel cruscotto dove vengono
visualizzati i dati critici relativi al
veicolo. Il Cue porta nel mondo
dell’auto il piacere e la funzionalità dei dispositivi intelligenti, permettendo un facile e sicuro accesso a musica, telefono e sistema di
navigazione.
Di serie anche 10 airbag, tra cui
quello a doppio stadio per il passeggero anteriore con attivazione
a basso rischio, il pretensionatore
automatico delle cinture di sicurezza e il sistema per la protezione
attiva dei pedoni. Il Driver Awareness Package, di serie a partire
dall’allesti-
mento Luxury, comprende la tecnologia Safety Alert Seat brevettata da Cadillac. Avvisa chi guida,
con pulsazioni e vibrazioni del sedile, di un pericolo imminente di
incidente o della presenza di veicoli nell’angolo cieco della vettura. Il pacchetto comprende anche
altri sistemi di sicurezza: l’allerta
in caso di superato involontario
della linea di carreggiata, per l’
angolo cieco e l’allerta traffico posteriore, la retrocamera e i fari attivi. La nuova Cts berlina, in vendita da 59’900 franchi, è pure la
prima Cadillac dotata di assistenza automatica al parcheggio.
NI
configurabili secondo le proprie esigenze.
Anche lo spazio per i bagagli non manca,
basti pensare che anche con 7 passeggeri
a bordo la capienza del bagagliaio è ancora di 875 litri. Partiamo dunque alla volta
del Canton Grigioni, imboccando l’autostrada A13, dove bastano pochi chilometri per rendersi conto delle comodità che
questa veicolo sa offrire nei tragitti lunghi. Malgrado il suo peso (oltre 2 tonnellate) e
le sue grandi dimensioni (5,13 metri di
lunghezza, 1,9 metri di larghezza e 1,85
metri di altezza), questa SsangYong si guida abbastanza facilmente, senza risultare
troppo ingombrante (per parcheggiare
occorre però un po’ di dimestichezza).
Lasciata la A13 a Coira ci avventuriamo
verso i numerosi tornanti e tunnel che
conducono ad Arosa, riuscendo a procedere senza particolari difficoltà. Aiutati sicuramente dal nuovo motore 2 litri Diesel
che garantisce una potenza sufficiente
(rivelandosi altresì abbastanza parsimo-
km
144
itto
trag
IO
anche come postazioni di lavoro, grazie a
due tavolini ripiegabili dove poggiare libri, documenti o il computer.
La Rodius dispone anche di una terza fila
di sedili, più ampi rispetto al passato e
IG
L
a nuova SsangYong Rodius è un misto fra un van, un Suv e una berlina
che con i suoi sette posti a sedere intende rivolgersi, non solo alle famiglie numerose, ma anche alle aziende o a coloro
che praticano degli sport avventurosi. I
suoi punti forti sono senz’altro la spaziosità, un buon rapporto prezzo/qualità (per
acquistarla occorre spendere un minimo
di 27’490 franchi) e le prestazioni del nuovo propulsore 2 litri diesel.
La prova su strada a bordo decidiamo di
effettuarla in famiglia (due adulti e tre
bambini) lungo un percorso di 144 km
che da Bellinzona ci porta ad Arosa, nota
località di villeggiatura dei Grigioni. Per
salire a bordo sono risultate particolarmente pratiche le portiere posteriori a
scorrimento che consentono di prendere
posto con estrema facilità nella seconda
fila di sedili, anche in spazi molto stretti.
Qui troviamo due sedili separati con appoggia braccio che - nel caso vengano occupati da adulti - possono essere utilizzati
Arosa
GR
leauto
SULLE STRADE
DEI GRIGIONI
In breve
La Opel
55 piloti iscritti e 19 veicoli
da corsa parteciperanno
alla coppa di marca più
importante sulla scena
motoristica in Svizzera.
L’ultima gara dell’Opel Opc
Charllenge 2014, con in
pista Opel Corsa Opc e
Astra Opc, il 4/5 maggio
ad Ambri.
La Skoda
La Yeti Outdoor
“Adventure” si ripresenta
con il vantaggio di un
capiente bagagliaio (1.760
litri), trazione 4x4
equipaggiamento speciale,
motore 1,8 l 160 Cv e
cambio manuale da
33’320 franchi.
La Cts è ora
dotata di inediti
gruppi ottici
anteriori verticali,
per una migliore
illuminazione
e vanta una
calandra
risagomata con un
ottimo design
Sono disponibili
diversi
allestimenti
caratterizzati da
finiture di vero
legno, fibra di
carbonio o
alluminio
Il posto guida è più
spazioso e costruito
intorno al guidatore.
L’utilizzo di
tecnologie integrate
e dettagli eseguiti a
mano, lo rendono
perfettamente in
linea con lo stile
della carrozzeria
Ildesign
Idettagli
Allaguida
La Bmw
È tutta da scoprire la M4
cabriolet di Bmw. Il suo
motore tre litri sei cilindri
turbocompresso
sviluppa ben 431 cavalli.
Con il cambio a doppia
frizione a sette rapporti
scatta da 0 a 100 km/h in
4,4 secondi per un
consumo medio di circa 9
litri al 100. IL CAFFÈ
27 aprile 2014
Bligg
raccontato
da Mario Del Don
L’evento
25
tra
parentesi
Il cartellone
di
Moon & Stars 2014
10 LUGLIO
Laura
Pausini
11 LUGLIO
Udo
Lindenberg
Il compositore
del gruppo
Scarp da tennis,
commenta lo stile
dell’artista
zurighese
in concerto
a Locarno
12 LUGLIO
Bligg
14 LUGLIO
Dolly
Parton
“Un rapper che sa conquistare
cantando solo nel suo dialetto”
B
ligg è un nome che al
Sud delle Alpi dice
poco o nulla. In Svizzera tedesca invece il
rapper di Zurigo è riconosciuto come uno dei musicisti di maggior talento e successo della scena artistica, anche
se, o forse proprio perché, si esibisce in rigoroso “schwyzerdütsch”. Complici le barriere linguistiche, sono davvero pochissimi i cantanti che possono vantarsi di essere conosciuti in tutta
la Confederazione. E in generale
sono solo quelli che cantano in
inglese, come è il caso di DJ Bobo o dei losonesi Sinplus. Ne sa
qualcosa Mario Del Don, leader
e voce della “Scarp da Tennis
band”, che si considera il “nonno” del rock dialettale: “In Ticino siamo troppo piccoli e discosti per poter avere successo nel
resto della Svizzera - precisa -.
Allora ci tocca valorizzare quanto di buono abbiamo da proporre. Giovani come i Vomitors o i
Vadvuc, con i quali ho già collaborato, sono davvero bravi. Se
poi loro mi considerano come
un capostipite, non posso che
esserne felice”.
Un capofila, un innovatore,
un precursore, come lo fu più o
meno nello stesso periodo in
Del Don: “Non
credo di averlo
influenzato. Sono
però felice del suo
enorme successo”
“Lui è l’esempio, in
Svizzera tedesca la
lingua del popolo
si apprezza più che
qui da noi”
Svizzera tedesca Polo Hofer,
spinto anche lui dall’amore per
il proprio dialetto. E che ora vede il suo lavoro premiato da una
nuova generazione che sta riscoprendo la bellezza di esprimere le proprie emozioni in
musica, mettendole sul penta-
gramma nell’idioma del loro
cuore. Con accoglienze diverse
al di qua e al di là della catena alpina. “Tra la Svizzera tedesca e
quella italiana c’è un abisso”,
considera amaramente Del
Don. “Ho potuto - aggiunge toccarlo con mano qualche
tempo or sono. Solo attorno a
Zurigo ci sono decine e decine
di giovani gruppi musicali che
possono dare libero sfogo alla
propria arte esprimendosi in
dialetto”.
Tutto questo rientra in un discorso più ampio, di mantenimento delle tradizioni ma anche di valorizzazione dei talenti
locali. A sud delle Alpi tutto è
più difficile: i cantanti in dialetto
sono destinati a far musica per
una ristretta cerchia di persone.
All’insegna del detto “L’erba del
vicino è sempre più verde”, si
preferisce dare maggiore spazio
a produzioni anche di livello
nettamente inferiore provenienti dall’Italia.
Questo non accade invece al
Nord dove Bligg non è che l’ennesimo esempio di come si possa avere un buon successo anche senza dover cantare per forza in una lingua internazionale.
“Lo conosco”, spiega Del Don.
“La sua produzione è molto valida, ancorché lontana dal mio
modo di intendere la musica.
Non posso di certo dire di avere
avuto qualche tipo d’influenza
sulla sua musica, ma non posso
nemmeno negare di provare un
certo orgoglio quando un ragazzo come lui riesce a riempire i
palazzetti e le piazze dove si esibisce”.
Un orgoglio che i “nipotini”
degli “Scarp Da Tennis” devono
sentire molto forte, visto che bene o male hanno incrociato il loro cammino artistico con quello
di Mario Del Don e soci. Tant’è
vero che per uno degli ultimi album i locarnesi “Vomitors”, forse coloro che più
si avvicinano per verve comica alla band bellinzonese, hanno domandato
proprio a lui di occuparsi
della parte tecnica. “Rimasi quasi sorpreso
quando ricevetti la loro richiesta, ma non esitai un attimo a
dar loro una mano. L’apertura
verso diversi stili fa parte del
mondo della musica, nel quale
non devono esistere né barriere
né preclusioni”.
Blocchi questi che forse impediscono di apprezzare fino in
fondo artisti come Bligg, che ha
già conquistato fior di premi e
mietuto successi discografici di
spessore, come il disco di platino per avere venduto più di
150mila copie del suo album
“0816” nel 2008. E che non mancherà di infiammare la Piazza
Grande il prossimo 12 luglio.
o.r.
PREVENDITA IN CORSO
15 LUGLIO
Jack
Johnson
16 LUGLIO
James
Blunt
17 LUGLIO
Negramaro
18 LUGLIO
Backstreet
Boys
19 LUGLIO
Sunrise
Avenue
I
L
O
C
I
50 ART
A TUT TA
!
A
Z
N
E
I
CONVEN
Volere? Volare! Con Volpon de Risparmis decollano i ribassi.
Ad esempio il Gruyère grattugiato Coop da 250 g scende ora a quota fr. 3.65
invece di fr. 3.95, i Ravioli alla Bolognese Coop da 870 g a fr. 4.20 anziché fr. 4.50
e il cibo per gatti Gourmet A la Carte in diversi gusti, 4 confezioni da 85 g,
a fr. 5.30 invece di fr. 5.80.
IL CAFFÈ
27 aprile 2014
27
I temi
1
tra
parentesi
LE TRE TAPPE
A un anno da Expo Milano 2015,
giunge in Italia il “Giro del Gusto”:
un tour itinerante che porterà a
Milano, Roma e Torino la Svizzera
del gusto con le sue specialità
alimentari e gastronomiche
TAPPA MILANESE
A destra, la famosa “House
of Switzerland”, fulcro della
tappa milanese. Sotto,
invece, un disegno di come
sarà il padiglione svizzero a
Expo Milano 2015.
Le foto in bianco e nero sono
del fotografo ticinese Marco
D’Anna, lo sguardo di un
artista sulla produzione agroalimentare
2
L’INAUGURAZIONE
L’inaugurazione della prima tappa
del “Giro del Gusto” si terrà
mercoledì 30 aprile a Milano
nella sala panoramica
del Castello Sforzesco
L’evento
O
rmai ci siamo. Il conto alla rovescia è iniziato. Manca solo un
anno all’Esposizione universale di Milano 2015. Manifestazione che riveste un’importanza centrale per
la Svizzera, visti gli stretti legami
economici e culturali con l’Italia.
Soggetto portante di Expo 2015
sarà “Nutrire il pianeta. Energia
per la vita”. Un tema che si propone di affrontare il problema della
nutrizione dell’uomo, nel rispetto della Terra su cui vive e dalla
quale attinge le sue risorse vitali,
ma non certo inesauribili. Alimentazione, sostenibilità, ricerca
e sviluppo sono dunque i focus
sui quali si concentra il grande
evento milanese.
Un punto di vista ideale per proporre un percorso di avvicinamento basato su un denominatore comune e universale: il gusto.
Per questo, dal 30 aprile all’11
maggio 2014, arriva a Milano il
“Giro del Gusto”: un tour itinerante promosso e voluto da Presenza Svizzera del dipartimento
federale degli Affari esteri che
porterà la Svizzera della buona
tavola anche a Roma e Torino,
Con rösti e vino
il Gusto svizzero
riparte da Milano
Al via la prima tappa del tour pre-Expo 2015
con le sue specialità culinarie e
con un ampio programma d’attività diversificate: architettura,
design, mondo dei trasporti e del
turismo. Uno spaccato del Paese,
insomma, con una particolare attenzione ai cantoni Grigioni, Ticino, Vallese e Uri e alle città di
Basilea, Ginevra e Zurigo. “Il Giro
del Gusto ha l’obiettivo di preparare il terreno per Expo 2015 con
contenuti sul tema dell’alimenta-
zione, ma punta anche a rafforzare le relazioni con l’Italia – sottolinea Andrea Arcidiacono, responsabile programma Italia/Expo
2015 del dipartimento federale
degli Affari esteri -. Nel 2011 abbiamo fatto uno studio ed è
emerso che l’immagine che gli
italiani hanno della Svizzera è
buona, sebbene persistano i classici cliché negativi”. La Casa Svizzera apre le porte sulla Piazza del
Cannone con lo scopo di far conoscere le specialità gastronomiche elvetiche in maniera del tutto
conviviale e simpatica, ma anche
per lanciare una promozione che
faccia apprezzare la vera Svizzera: oltre ai prodotti tradizionali,
pure design, architettura, sistema
dei trasporti... Ed è proprio nel
cuore di Milano che si svolgeranno numerose attività: vendita di
prodotti, promozione di vini sviz-
3
PIAZZA DEL CANNONE, MILANO
La House of Switzerland e il villaggio
svizzero con i suoi protagonisti Svizzera Turismo, Ferrovie federali e
Ufficio federale dei trasporti e
prodotti Dop/Igp rossocrociati - si
troveranno in Piazza del Cannone
4
HOUSE OF SWITZERLAND
La House of Switzerland è stata
inaugurata ai Giochi olimpici invernali
di Sochi. Un modulo della casa
sarà trasferito in Italia dove
rappresenterà il fulcro della tappa
milanese del Giro del Gusto
5
I PRODOTTI DOP/IGP
Raclette del Vallese, gruyère,
vacherin di Friborgo, emmentaler,
tête de moine, sbrinz, pane di
segale, carne secca dei Grigioni,
prosciutto crudo e salametto
ticinese, salsiccia grigliata
di San Gallo, salsiccia vodese
e bastoncini di rösti
zeri e degustazioni. Oltre ad aree
destinate al relax e zone adibite a
barbecue e pic-nic, giochi per le
famiglie, concerti, musica e intrattenimenti.
Nella House of Switzerland gli
ospiti potranno gustare i prodotti
tradizionali: raclette del Vallese,
gruyère, vacherin di Friborgo,
emmentaler, tête de moine,
sbrinz, pane di segale, carne secca dei Grigioni, salametti e prosciutti crudi ticinesi, salsiccia grigliata di San Gallo, salsiccia vodese e bastoncini di rösti. Tutto rigorosamente Dop (denominazione di origine protetta).
Per il contatto con la popolazione
locale, altre iniziative : “Abbiamo
puntato su diversi slogan che vogliono sorprendere e provocare,
come #abbattiamolemontagne dice Arcidiacono -. Per stimolare
una riflessione su quelle che possono essere le relazioni tra i nostri
due Paesi. Ah, e non mancherà il
San Bernardo: un cane che, a prima vista, risulta impacciato, ma
salva vite umane, crea simpatie e
sorprende per la sua forza. Un po’
come la Svizzera, insomma. Mai
fermarsi ai cliché”.
c.c.
6
NON SOLO CIBO
Un ampio programma d’attività
per scoprire l’architettura, il design,
il mondo dei trasporti e del turismo,
con una particolare attenzione
rivolta ai cantoni Grigioni, Ticino,
Vallese e Uri e alle città di Basilea,
Ginevra e Zurigo
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Pagina a cura di
AutoPostale Svizzera SA
LEGUIDE
&GLIITINERARI
Informazioni e prenotazioni:
AutoPostale Svizzera SA
Regione Ticino
Viaggi e Vacanze
6501 Bellinzona
Tel. +41 (0)58 448 53 53
fax +41 (0)58 667 69 24
[email protected]
www.autopostale.ch
Fantastico connubio
tra arte, cultura
e vini in Borgogna
Il programma
Vigneti, antiche abbazie, villaggi di
stampo medievale: la Borgogna affascina
i turisti per la sua storia e la sua cultura
ma non meno importanti sono gli aspetti
gastronomici e quelli enologi di una terra
che è famosa in tutto il mondo per i suoi
principali prodotti: Chardonnay e Pinot
Noir ma anche tanti altri vini di una regione che ne produce oltre un centinaio
di alta qualità.
Benvenuti in Borgogna per il viaggio organizzato da AutoPostale dal 20 al 22
giugno 2014: un tuffo indietro nel tempo
per i luoghi affascinanti che s’incontrano,
una full immersion nella modernità se si
considerano le caratteristiche di vita delle città dove tutto è a portata di mano con
grande attenzione per il benessere delle
persone. Luoghi a misura d’uomo, insomma, che non hanno perso la loro dimensione autentica ma, nel contempo,
sanno essere all’avanguardia.
Prima tappa dopo la partenza dal Ticino è
a Besançon, stupenda città circondata dal
fiume Doubs che presenta palazzi signorili e case rinascimentali, a testimonianza
del suo passato di rilievo. Besançon è un
importante centro per la produzione di
orologi ed è sede universitaria. Molto famosa è la fortezza che caratterizza l’inte-
che il buon vino. È prevista, infatti, la visita a una cantina per assaggiare i famosi
vini della Borgogna e degustare prodotti
tipici. Cena e pernottamento da sogno,
nel castello che richiama atmosfere speciali.
Emozionante l’esperienza a Digione, altrettanto evocativa è quella a Beaune, città famosa per essere stata in epoca medievale la residenza preferita dei Duchi di
Borgogna. Il segnale architettonico più
importante della città è l’Hotel-Dieu, detto anche Hospices de Beaune. È in stile
tardo gotico e si conserva perfetto dal
Medioevo a oggi. Si mostra ai turisti in
tutta la sua magnificenza di capolavoro
dell'architettura fiamminga, i cui tetti di
tegole verniciate sono diventati l'immagine più famosa della Borgogna all'estero.
È il capitolo finale di un viaggio che permette di conoscere una regione dalle
mille sfaccettature, a torto considerata
un semplice territorio di passaggio per
raggiungere mete più lontane. La Borgogna, infatti, si trova a sud-est di Parigi, ma sa colpire al cuore per la sua signorilità e il suo essere ospitale. Dispiace, allora, dover tornare in Ticino dopo
una tre giorni dai mille colori e dalle variegate emozioni.
Con AutoPostale
a Besançon, Digione
e Beaune
ro tessuto urbano, mentre fa parte del patrimonio storico salvaguardato dall’Unesco all’interno della rete di fortificazioni
di Vauban.
Dopo Besançon tocca a Digione dove si
ha la possibilità di pernottare in un ca-
Borgogna
Data: 20 - 22 giugno 2014
Prezzo: CHF 660.– per persona in camera
doppia
Partenza:
06.00 Chiasso Ffs, 06.15 Mendrisio Ffs,
06.40 Lugano Ffs (lato buffet), 06.40 Locarno
Ffs, 07.10 Bellinzona Ffs, 07.40 Biasca Ffs
stello per vivere un’esperienza unica e indimenticabile. Particolare è l’atmosfera
di Digione, ai piedi delle alture della Cote d’Or. Capitale ducale a dimensione europea alla fine del Medioevo, oggi la città
possiede un patrimonio architettonico e
culturale unico, ben conservato, ideale
per lasciarsi cullare in questo clima un
po’ retrò che sa accostare ai piaceri della
cultura, quelli della tavola. Il centro storico è ricco di architetture splendide. Un
esempio è il Palazzo dei Duchi di Borgo-
gna, racchiuso da mura seicentesche. È
un grande complesso del XIII secolo trasformato nella seconda metà dei Seicento. Sulla piazza si aprono la Cour d'Honneur, la Cour de Bar e la parte più antica
del Palazzo, dove sono visibili i resti della precedente costruzione gotica che oggi
ospita il museo delle Belle Arti, uno dei
più interessanti di Francia. La cattedrale
di St.-Bénigne é l'altro edificio più rappresentativo della città. Ma non ci sono
solo arte e cultura da apprezzare, c’è an-
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IL CAFFÈ
27 aprile 2014
29
tra
parentesi
Le gare
Gli svizzeri
tra i più bravi
giocatori
al mondo
D
Il fenomeno
Flipper
Il gioco che ti fa andare... in tilt
ritorna per sport o collezionismo
Pinball champ
C
hi non muore si rivede. Gli scatoloni di
vetro e metallo sfavillanti di luci e di rumori elettronici che
hanno fatto la giovinezza di chi
oggi ha i capelli grigi tornano di
moda. E i flipper lo fanno in
grande stile, con tanto di campionati europei giocati a colpi di
di rimbalzi solo all’apparenza
casuali, ma frutto di traiettorie
ardite disegnate da veri artisti
dei pulsanti. Oltre alla competizione sportiva c’è pure un’ampia
fascia di appassionati che si danno da fare per mantenere in vita
un passatempo che altrimenti rischia di morire, soffocato dalla
modernità delle consolle dei
giochi elettronici e delle slot machines.
Insomma, il gioco che fa andare in tilt vive un suo ritorno di
fiamma. Piace, diverte ed è
una disciplina sportiva a tutti gli effetti. Anche se le licenze per l’uso di flipper
e giochi elettronici nei
locali pubblici sono in
costante calo un po’
ovunque. In Ticino,
le domande nel
2013 sono state
57, nettamente
inferiori rispetto a quelle
già
Campionati
del mondo
In piena flipper-mania l’Italia
diventa il primo produttore
europeo. Questo modello
diventa uno dei più venduti
in tutto il continente.
OMAR RAVANI
iciottomila giocatori
iscritti,
centinaia
d’eventi internazionali, con un campionato europeo e uno mondiale ogni anno, che si svolgono in tutto il
mondo durante le fiere di giochi. Sono questi i numeri del
flipper sportivo, una disciplina che vede dominare soprattutto americani e svedesi.
“Ma anche gli svizzeri se la
cavano bene. Nel ranking
mondiale sono diffatti nelle
prime posizioni. Ad esempio,
il grigionese Michael Trepp
ha colto l’argento agli ultimi
europei”, ricorda Alessio Crisantemi, organizzatore della
competizione tenutasi di recente a Rimini.
Un’edizione da record
quella romagnola, con due
numeri che non hanno uguali: 240 partecipanti e 17 Paesi
rappresentati, che hanno richiesto un grosso sforzo organizzativo. “Abbiamo dovuto
piazzare un centinaio di flipper. È stato faticoso, ma molto
appagante per il nostro comitato, totalmente volontario”,
aggiunge. Tutto questo per
uno sport che è praticamente
al 100% dilettantesco.
“Non si può vivere da professionisti di flipper, anche
perché in molti Paesi è proibito introdurre un montepremi
nei tornei”, precisa Crisantemi. Un caso a sé sono gli Stati
Si tengono ogni anno.
L’anno scorso a
Echzell in Germania e
nel 2014 a Denver
(Usa). Campione in
carica Jörgen Holm,
Svezia.
Tommy (The Who)
Nel film del 1975 di Ken Russell,
ispirato ad un album degli Who, il
protagonista è un sordomuto che
diventa un campione di flipper.
Bagatelle
Il gioco in voga già
ai tempi del Re
Sole è il nonno dei
flipper. La biglia
scendeva su un
piano inclinato,
governato da un
pistone a molla.
poco incoraggianti degli anni precedenti. Fino al 2011 oscillavano
attorno alle 80, mentre già nel
2012 erano scese a 71. Difficile dire se e quando i flipper spariranno dai bar. Un tempo dominatori incontrastati, ora sono negli
angoli più discosti o trovano ancora asilo nelle rare sale giochi
disseminate qua e là. Ma il “De
prufundis” è ancora lontano.
“Il flipper non è morto, anzi.
Non se ne vedono più molti in
giro nei bar e nei ristoranti, è vero, ma sono ancora tanti coloro
che li conservano in casa”, assicura Walter Fehr, meccanico di
juke box e flipper a Paradiso. Da
35 anni nel settore, Fehr ha
vissuto la parabola dei
Triple action
Ifpa
Il primo apparecchio
ad usare le pinne
mobili per
controllare la
direzione della
pallina. Prodotto nel
1947 negli Usa è il
primo flipper.
È l’acronimo di
International Flipper
Pinball Association.
Raggruppa tutti i
giocatori in un
ranking comandato
dallo statunitense
Keith Elvin.
“pinball”, dallo splendore degli
anni ‘80 e ‘90, alla discesa verso
il quasi oblìo. “Noto con piacere
un certo ritorno - aggiunge -, soprattutto da parte di collezionisti”. Già, perché esiste un vero e
proprio mercato di queste “macchine”, con prezzi che possono
anche superare i 10mila franchi.
Ovviamente, per i vecchi
flipper la manutenzione è fondamentale ed è in questo caso
che lo specialista dà il meglio di
sè. “Mi rivolgo a due fornitori,
uno in Olanda e l’altro in America, oltre naturalmente a far
capo al mio enorme magazzino”, spiega Fehr. Anche se, con
l’inesorabile avanzare della
tecnologia non c’è più molto da riparare. Se ai flip-
per di prima generazione, quelli meccanici, serve di tanto in
tanto un ritocco, quelli elettronici, nati attorno al 1990, sono
affidabilissimi e praticamente
indistruttibili. “Se a ciò aggiungiamo poi che internet permette a chiunque di procurarsi i
pezzi a prezzo ridotto, la percentuale di lavoro si riduce ulteriormente”, nota amaramente
Fehr.
Nel mondo sono due le ditte
produttrici di flipper, entrambe
negli Stati Uniti e con ottime
prospettive all’orizzonte. “La
produzione avanza a buon regime e ogni anno si sforna almeno un nuovo modello - dice ancora Walter Fehr -. Ogni apparecchio costa almeno 8mila
dollari. In pratica il prezzo di
una vettura d’occasione neanche troppo malandata”.
E allora, il flipper non è
morto come molti tenderebbero a credere. Anzi. Potremmo
dire che vive una vita tranquilla, da pensionato, ma felice e
serena, proprio come coloro
che per primi si sono divertiti
grazie ai “Multiball”, “Special” o “Extra Ball”. Termini
che magari non diranno
molto ai più giovani, ma
che risvegliano dolci ricordi negli over quaranta ormai ingrigiti.
[email protected]
Q@OmarRavani
“Non si può fare
il professionista,
anche se negli
Usa i montepremi
sono molto alti”
Uniti, dove si arriva a guadagnare anche 30mila dollari a
torneo. “Ma sono casi rarissimi. Se vogliamo pagarci le
trasferte dobbiamo rivolgerci
a degli sponsor privati. È grazie a loro che potremo partecipare ai campionati del
mondo che si terranno a maggio prossimo a Denver, nel
Colorado”.
Competizione che si terrà,
come le altre, su flipper modificati. “Togliamo i gommini,
aumentiamo le pendenze, rinforziamo i ‘funghetti’ - spiega
Crisantemi -. In sostanza cerchiamo di far sì che l’elemento
fortuna sia sempre meno fondamentale”. A prevalere sono
altre abilità, altri fattori: quello
fisico, con sforzi di ore e ore per
ogni partita, e quello mentale,
visto che ogni flipper ha delle
“missioni”, da affrontare seguendo un’adeguata strategia.
Un divertimento certamente per tutti, ma che avvince soprattutto gli appassionati. “A Rimini sono venute a
farci visita centinaia di persone- precisa-, che si sono cimentate con i flipper dei campioni. Tra di loro moltissimi
giovani”.
Insomma, il flipper piace
sempre, in barba a moderne
consolle e avveniristiche slot
machines.
I SINTOMI
30
IL CAFFÈ
27 aprile 2014
della fibrillazione atriale
palpitazioni
tra
debolezza
parentesi
stordimento
confusione
BenEssere
Quella compressa che porta sollievo
a un improvviso mal di testa potrebbe
condizionare la fibrillazione atriale
difficoltà respiratorie
dolore al torace
L’antinfiammatorio
allevia il dolore,
ma il cuore balla
CRISTINA GAVIRAGHI
C
he grande aiuto quella piccola compressa che porta
sollievo a un improvviso mal di testa, a un debilitante
dolore alla schiena o a un fastidioso mal di denti! Insieme a grandi benefici però, i medicinali che vanno sotto il
nome di antinfiammatori non steroidei (Fans) potrebbero
nascondere anche qualche insidia. Il loro uso farebbe aumentare la probabilità di soffrire di fibrillazione atriale, una
condizione in cui il cuore batte in modo anomalo e correlata anche ad altre patologie cardiovascolari. Sulla rivista Bmj
Open, Bruno Stricker, farmacologo del Centro medico Erasmus di Rotterdam, ha pubblicato i risultati di un’indagine
durata 13 anni in cui sono state monitorate le condizioni di
salute di circa 8400 individui sopra i 55 anni. “Chi assumeva
abitualmente Fans - puntualizza Stricker -, aveva una probabilità di soffrire di fibrillazione atriale più alta del 76% rispetto a chi invece non ricorreva a questi farmaci”.
Un tale valore di rischio sembrava coinvolgere poi sia
chi era ancora in terapia al momento della valutazione, sia
chi lo era stato, ma non assumeva più Fans da circa un mese. I risultati olandesi hanno bisogno di conferme in studi di
più vasta portata e che considerino in modo rigoroso le patologie per cui gli antinfiammatori vengono utilizzati nello
specifico, ma vanno ad aggiungersi a molti altri dati, raccolti
in precedenti ricerche, che collegano questi farmaci allo
sviluppo di patologie cardiovascolari, non ultima l’infarto.
La questione non si porrebbe tanto per chi prende saltuariamente una pillola per curare un dolore banale e occasionale, ma piuttosto per chi ne fa un uso continuato, nel tentativo di alleviare un male cronico, derivante ad esempio
dall’artrosi. I Fans come l’ibuprofene e il diclofenac, solo per
citarne alcuni, sono tra gli antidolorifici più diffusi, capaci
Condizioni cardiache migliori per
chi vede il bicchiere mezzo pieno
e affronta la vita con ottimismo
di diminuire il dolore avvertito svolgendo un’azione antinfiammatoria grazie all’inibizione dell’enzima cicloossigenasi, coinvolto nei processi infiammatori. Per contro però
tale attività ha l’effetto di causare una ritenzione di liquidi
con conseguente aumento della pressione arteriosa e ripercussioni sulla salute cardiaca. “Non sappiamo ancora se
questo sia il meccanismo con cui i Fans aumentano il rischio di fibrillazione atriale o se il pericolo per il cuore derivi
dall’infiammazione già presente nel paziente, ma i dati raccolti obbligano a un approfondimento e a un’attenta valuta-
Questo
amore
zione di rischi e benefici prima di ricorrere a questi farmaci”,
conclude il farmacologo. Anche perché un cuore dal ritmo
ballerino non è da sottovalutare. La fibrillazione atriale, scatenata da un’anomalia degli impulsi elettrici che fanno contrarre gli atri, non causa solo stanchezza, vertigini e palpitazioni, sintomi spesso trascurati, ma può essere anche il preambolo di ictus e insufficienza cardiaca.
Per una notizia un po’ allarmante, visto che una confezione di Fans c’è in ogni casa, un’altra però apre al sorriso.
Per evitare che il cuore inizi a faticare nel fare il suo dovere
potrebbe bastare affrontare la vita con più ottimismo. Secondo uno studio statunitense apparso sulla rivista Circulation: Heart Failure, a una certa età vedere il bicchiere mezzo
pieno diminuirebbe il rischio di insufficienza cardiaca. Dai
dati su 6800 ultracinquantenni, i ricercatori hanno evidenziato che chi era più ottimista aveva una probabilità di sviluppare questa patologia fino al 73% più bassa rispetto a chi
invece affrontava la vita più negativamente.
Pensare positivo spingerebbe a seguire stili di vita più
salutari come mangiare sano e fare moto, oltre a gestire meglio lo stress, non certo amico del cuore e spesso legato anche all’infiammazione che, anche per la salute cardiovascolare, più si tiene lontana e meglio è.
La risposta di Linda Rossi
Quando gli ormoni si scatenano
serve pazienza e comprensione
nostro
Q
uello che lei ci racconta è un
fenomeno probabilmente
alquanto diffuso anche se in
forma non così drammatica. Lei ha
saputo osservarlo con attenzione,
potendolo definire con una certa
precisione. Si può ben capire che
questo temporale a ciel sereno, che
appare a livello dello
stato umorale della
sua dolce e apprezzata metà, le provochi un grande malessere. Malessere per lei
marito, ma anche per lei
padre. Pur essendo una
questione legata al ciclo ormonale si sa che può diventare molto pesante per la donna
che la vive, ma ovviamente anche per chi le sta accanto subendo il suo ciclico umore nero e distruttivo.
Quello che viene spiegato da
chi ha studiato il fenomeno è che
nei giorni che precedono le mestruazioni ci sono delle difese
che cadono, permettendo alla
“natura” più cruda della persona
di emergere. Tanto per capirsi,
sappiamo che noi necessitiamo
di meccanismi di difesa per armonizzare al meglio la relazio-
La lettera
A ogni ciclo mestruale mia moglie
minaccia di lasciare me e i figli
H
o quasi cinquant’anni e una bella famiglia alla quale tengo tantissimo. Mia moglie, più giovane di me di otto anni, mi ha dato
quattro figli meravigliosi che ha cresciuto con amore e quella
giusta e necessaria fermezza. Quello che però mi pesa e preoccupa
molto è che ogni volta che lei ha le mestruazioni diventa sempre più irritabile per un nonnulla ripetendo a varie riprese di voler divorziare e
lasciare tutta la famiglia. In
quei momenti non è mai stato
Scrivi a LINDA ROSSI
possibile discutere e farla rapsicoterapeuta e sessuologa
gionare. Io mi dispero e i figli
Posta: Linda Rossi – Il Caffè
sono spaventati all’idea che la
Via Luini 19 - 6600 Locarno
loro mamma se ne vada via di
casa abbandonandoli come
E-mail:
annuncia di voler fare.
[email protected]
Questo drammatico momento
si presenta il giorno prima che
inizi il suo periodo mestruale e dura almeno un paio di giorni. Poi tutto
torna come prima, come se nulla fosse. In effetti i primi segnali di questo faticoso fenomeno è un suo stato di nervosismo crescente. Io non
so più che cosa fare perché mi pare che con gli anni sia peggiorato, a
meno che sia io a sopportarlo sempre meno. In quei momenti mi sento
davvero impotente e mi preoccupo per i nostri figli, dei quali i due più
grandi sono ormai adolescenti.
ne con noi stessi, ma anche con chi
entra in relazione con noi. Per alcune donne l’umore di quei giorni può
essere di tipo depressivo, per altre
invece ossessivo, per altre, come nel
caso di sua moglie, di tipo esplosivo.
Quando questi giorni si avvicinano,
quello che un marito può fare è di
prepararsi psicologicamente allo
tsunami familiare che lo aspetta;
imparare a gestirlo per lei sarà di
grande importanza alfine di non
prendere alla lettera quanto in quel
momento la signora afferma di voler fare.
È importante che lei marito le
faccia capire che l’ha ascoltata attentamente, ma che ha bisogno di
un paio di giorni di seria e approfondita riflessione per considerare i
suoi intenti. Riguardo ai figli la inviterei a informarli che non si devono
preoccupare, poiché dopo due
giorni queste annunciate intenzioni materne spariranno. Spieghi loro
che questa strana manifestazione è
una questione ormonale che fa il
suo decorso e che le parole della loro mamma non corrispondono ai
suoi veri sentimenti materni. In sostanza, figli carissimi, non fateci caso, perché dopo il temporale tornerà il sereno.
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effettivo 2,9 %, CHF 269.—/mese. Leasing offerta valida per contratti di vendita stipulati tra il 30.06.14. È un’offerta di ALPHERA Financial Services, BMW Servizi Finanziari (Svizzera) SA. Tutti i prezzi si intendono 8 % IVA inclusa. Assicurazione casco totale aggiuntiva obbligatoria. È vietata la concessione di un credito nel caso in cui esso determini il sovraindebitamento del consumatore. Categoria d’efficienza energetica E — G, consumo in ciclo misto 6,9 — 8,3 l/100 km, emissioni di CO2 159 — 192/km (media di tutti i veicoli
nuovi venduti: 148 g CO2/km). Modello illustrato (incl. equipaggiamenti supplementari): Mazda5 «VMS Edition+» 2.0 DISI (150 CV) CHF 30 130.—.
www.mazda.ch
La società
L’inchiesta
L’incontro
UNITÀ IMPOSSIBILE
SE IL TICINO
NON FA SQUADRA
SULLE ROTTE
DEL TRAFFICO
DI ESSERI UMANI
RICCARDO CHAILLY:
“LA MUSICA PER ME
NON È UN DOGMA”
ALLE PAGINE 34 e 35
SPIGNESI A PAGINA 37
VITALI A PAGINA 46
travirgolette
ilcaffè
27 aprile 2014
RIFLESSIONI D’AUTORE
SOCIETÀ | TENDENZE | PROTAGONISTI
UNA SETTIMANA
UNA PAROLA
Oltre il cibo
Tutti stregati
dalle foglie
del basilico
MORO A PAGINA 36
Salario minimo
La corsa
verso il basso
degli stipendi
ha impoverito
la classe media
e il suo potere
d’acquisto.
Anche in Paesi
con buste paga
elevate come
la Svizzera
LORETTA NAPOLEONI
economista
D
alla fine degli anni Ottanta assistiamo in Occidente alla corsa dei salari verso il basso, per
poter competere con quelli dei mercati emergenti; un corollario della delocalizzazione. È
questa una delle peggiori conseguenze dell’economia globalizzata, un prezzo spesso molto alto, pagato in primo luogo dalla classe operaia ed in alcuni casi
anche da quella media. In cambio l’Occidente gode dei
vantaggi del villaggio globale. Tra questi c’è la possibilità di
esportare in mercati un tempo chiusi ed inaccessibili, perché troppo poveri, come, ad esempio, la Cina o politicamente ostili, come l’ex blocco sovietico.
I vantaggi e gli svantaggi della globalizzazione fanno parte
del nuovo assetto economico del pianeta, sono gli elementi chiave di un’economia sempre più integrata e sempre meno indipendente, diversa, dunque, da quella che
Il principio di essere retribuiti per
poter vivere decorosamente è scemato
durante il processo di globalizzazione
abbiamo conosciuto nel Diciannovesimo e Ventesimo secolo.
La corsa verso il basso dei salari ha fatto sì che questi
non si adeguassero più all’aumento dei prezzi e del costo
della vita in generale. Un fenomeno che ha creato grossi
squilibri sociali in alcune regioni e città, come Londra, ormai classificata una delle capitali più costose al mondo. Il
risultato è il progressivo impoverimento della classe media occidentale e l’aumento delle diseguaglianze economiche nelle democrazie più avanzate. In questo contesto
va inserito l’attuale dibattito sul minimo salariale e sul reddito di cittadinanza.
L’istituzione del minimo salariale poggia su un concetto pratico: guadagnare meno di quanto necessario per vivere non aiuta l’economia. A prescindere dai discorsi etici,
dunque, il salario giusto è quello che permette all’individuo di vivere decorosamente. Un’occhiata alla condizione
dei precari in Italia, o di chi ha un mini-job in Germania,
basta per affermare che tale principio è andato scemando
durante il processo di globalizzazione. E questo è un male
nel lungo periodo non solo per i lavoratori, ma anche per i
datori di lavoro: un’economia sana non può prescindere
dal mercato interno, quello creato dalla propria forza lavoro. Oggi, come in passato, vige il motto di Henry Ford:
“creare autovetture accessibili al salario di chi le produce”.
La filosofia che ha portato la Svizzera al voto, il 18 maggio, per l’introduzione del salario minimo è vicina ai principi del vecchio fordismo. Sicuramente vuole ispirarsi ad
un modello economico sano, globalizzato, ma allo stesso
tempo funzionante e sostenibile. E questo ce lo conferma
il livello del salario minimo scelto, 22 franchi l’ora, equivalenti a circa 25 dollari, o 4’000 franchi al mese, sicuramente
alto rispetto al resto dei Paesi industrializzati. Se approvato, farà sì che i lavoratori che lo percepiranno saranno i più
“ricchi” al mondo.
Ma torniamo al dibattito odierno sulla necessità di un
minimo salariale adeguato, che cioè compensi, almeno in
parte, la perdita del potere di acquisto delle classi più basse. Nel Regno Unito il primo ministro Cameron lo ha aumentato a 6,5 sterline l’ora (10,88 dollari), il presidente
Obama sta cercando di farlo salire negli Usa da 7,25 dollari a 10,10, mentre in Germania Angela Merkel ne ha sostenuto l’introduzione a 8,5 euro. La Svizzera non è certo
la prima nazione a voler imporre un minimo salariale,
però è quella con i valori più elevati.
Anche e soprattutto in termini di potere d’acquisto, e
quindi al netto dell’inflazione, il salario minimo proposto in Svizzera sarà il più alto al mondo. Secondo i dati
dell’Ocse, equivarrà a 14 dollari l’ora contro i 10,6 di quello francese e del Lussemburgo, o i 10,2 di quello australiano. Mensilmente sarà pari a 2’500 euro contro i 1’921
Salario minimo/2
La prossima settimana un intervento
di Luca Albertoni, direttore
della Camera di Commercio ticinese
del Lussemburgo e i 1’502 del Belgio, i due Paesi con il
più elevato salario minimo dell’Unione Europea. I motivi
di questa disparità sono tutti economici e scaturiscono
dal successo dell’economia svizzera, dove - stando alle
statistiche dell’Associazione europea per il libero commercio - il costo della vita è secondo solo a quello della
Norvegia. Ed infatti, se mettiamo a confronto i 4’000 franchi del minimo salariale svizzero con il reddito percepito
dal 90% della sua popolazione, ci accorgiamo che il primo
è più basso del secondo. La Svizzera è più ricca dei partner
occidentali, quindi può permettersi di pagare più degli altri i lavoratori meno specializzati.
Se è vero che il 90% della popolazione già percepisce
più del minimo salariale proposto, chi ne beneficerà, allora, della sua introduzione? Secondo l’Unione sindacale
svizzera saranno 330 mila lavoratori, principalmente
A prescindere dai discorsi etici
guadagnare meno di quanto necessario
per vivere non aiuta l’economia
donne, impegnati a tempo pieno con stipendi sotto i 4
mila franchi mensili. La maggior parte di costoro è impiegatanella piccola e media impresa, anche perché questo settore assorbe circa i due terzi della forza lavoro svizzera.
Il pericolo è che l’introduzione del minimo salariale
costringa alcune di queste imprese a varcare il confine, a
delocalizzare, insomma, nei Paesi limitrofi dove la manodopera è più a buon mercato. Ma è anche vero che uno
studio condotto da Puget Sound Sage, una fondazione
americana di Seattle, ha costatato che un aumento del
25% del minimo salariale a San Jose in California, nel
2013, non solo non ha prodotto l’esodo, ma al contrario
ha fatto salire del 3% il numero delle attività nella zona.
Difficile prevedere i risultati del voto del 18 maggio,
ma sicuramente una vittoria del sì confermerebbe il ruolo
d’avanguardia che la Svizzera ricopre in campo sociale.
Domenica
LIBERO D’AGOSTINO
IN ESPOSIZIONE
LA ROTTURA
DELLA LEGA
Q
uale Lega? Quella del
coordinatore Attilio Bignasca e dei suoi roboanti tira e molla sul referendum contro L’Expo 2015?
O quella del sindaco di Lugano, Marco Borradori, che per
domani, lunedì, ha convocato
la stampa per presentare i
vantaggi che l’Esposizione
milanese offre alla città. Insomma, a meno di un chilometro di distanza convivono
ormai due Leghe, una in via
Monte Boglia e l’altra in Piazza Riforma, che oggi mettono
in Esposizione un contrasto
profondo che va bene al di là
dell’appuntamento di Milano.
Per la famigerata legge del
contrappasso, un mega progetto di “Fallitalia” ha aperto
una profonda falla nel vertice
leghista. E la base del movimento è disorientata. Certo è
che il magico giocattolo della
politica del doppio binario,
sferragliando tra responsabilità di governo e opposizione
barricadera, si è rotto. Resta
da vedere chi sarà capace di
raccoglierne i cocci.
IL CAFFÈ
27 aprile 2014
35
virgolette
tra
La società
La politica
A
ttilio Bignasca se la cava
con una battuta per spiegare la difficoltà del cantone a “fare squadra”, ad avere
obiettivi condivisi, a perseguire
progetti comuni: “In Ticino si va
sempre meno in chiesa – dice il
coordinatore
della Lega -, ma Per i partiti gli ostacoli ai progetti unitari
i campanili sono sempre più
alti”.
Chiariscemeglio il presidente del Ppd,
Giovanni Jelmini: “Premettendo che non credo all’utilità e
all’efficienza di
realtà o strutture troppo grandi, Kandemir, capogruppo socialivuoi ospedale unico, vuoi pochi sta: “È nell’interesse di tutti suComuni, noi ticinesi stentiamo perare questi steccati, viviamo
a fare squadra, perché siamo più tutti nello stesso cantone. Quepreoccupati a difendere interes- sta pseudo concorrenza fra Cosi personali e particolari, piutto- muni non è utile: dobbiamo susto che quelli generali e a più perare queste barriere coinvolampio respiro”. Gli steccati fra i gendo la popolazione perché se
Comuni, che hanno motivazio- non si riescono a trovare delle
ni storiche, economiche e cultu- soluzioni condivise ci perdono
rali, sono mantenuti saldi anche tutti, non ci guadagna nessuno”.
dalle piccole ambizioni perso- E per il bene comune è necessanali. Ma quest’antagonismo non rio elaborare una progettualità
fa bene al Ticino, sostiene Pelin di più largo respiro: “Inutile farsi
L’unità impossibile
di un Ticino
che non fa squadra
1
OSPEDALE UNICO
Resta in sospeso l’ipotesi di
un ospedale unico cantonale;
la pianificazione ospedaliera
per il 2015 prevede due poli
sanitari di riferimento, uno a
Lugano e l’altro a Bellinzona
2
POLIZIA UNICA
Per il 2015 si prevede una più
intensa collaborazione fra la
polizia cantonale e quelle
comunali organizzate per poli
regionali. Nel 2021 dovrebbe
nascere la “Polizia unica”
3
SQUADRA UNICA TICINO
Dopo le difficoltà del calcio
regionale, è nata l’idea di una
squadra unica ticinese. Ma
l’idea promossa da Stefano
Gilardi, presidente del
Locarno, è tramontata
4
COMUNI AGGREGATI NEL 2020
Il Ticino da 135 a soli 23
Comuni in sei anni. Dopo la
fase consultiva e l’esame
parlamentare del piano del
Cantone, si dovrebbe arrivare
per il 2020 alla riduzione
CLEMENTE MAZZETTA
L’
unità come obiettivo per fare
sinergia, per ridurre i costi,
per costituire massa critica,
per far fronte alle nuove esigenze, per progredire. Perciò, si parla di Polizia unica, di un unico
ospedale cantonale, di squadra di calcio
unica per tutto il Ticino. Si parla, ma non
si fa. L’unità per il cantone resta sempre
un sogno “bello e impossibile”. Pensare il
Ticino come un intero e non come la
somma di tante differenze locali, suscita
più avversioni che simpatie. L’unità non
passa. Perché? “Colpa del campanilismo
ticinese, dello spirito profondamente individualistico di un cantone più propenso a difendere il proprio orto, il proprio
piccolo comune, senza avere una visione
aperta, strategica verso il futuro, senza
avere una prospettiva più ampia, come
invece ebbe per Lugano l’ex sindaco
Giorgio Giudici”, sostiene Franco Ambrosetti, presidente della Camera di
commercio, che aggiunge: “Quel che è
certo che non potremo sempre avere tutti gli ospedali, tutte le polizie, tutti i giornali, le tv che abbiamo; fino a quando
potremmo permettercelo, mi chiedo?”.
Sarà l’economia, quindi, che prima o poi
presenterà il conto di costi non più sostenibili. Ma questa “divisività” localistica
non è nata dal caso, è maturata nella storia, attraverso le vicende che nel tempo
hanno “costruito” il cantone, rammenta
l’economista Remigio Ratti: “Non possiamo dimenticare che abbiamo ereditato un Ticino fatto di circoli, che fino al
1878 non aveva una capitale stabile, ma
che si trasferiva periodicamente con
l’amministrazione da Locarno, a Bellinzona a Lugano”.
Ratti pone l’accento anche sulle concezioni e gli interessi della classe politica,
sempre più ripiegata sul particolare.
“Mentre gli imprenditori si confrontano
con la realtà per quella che è, guardando
al globale partendo dal locale – sostiene-, i
politici puntano sempre più sul locale.
Pressati dalle scadenze elettorali non sanno o non vogliono esprimere una visione
di lungo respiro”. Inevitabile, rincara Ambrosetti: “Loro guardano alle elezioni non
alle generazioni future, come dovrebbero
fare dei veri statisti. Gli imprenditori che
rischiano i propri capitali guardano al lungo periodo, impostano delle strategie a 5,
10 anni, cercano di fare sinergia, hanno
obiettivi di fusioni laddove convengano…”.
Per Giorgio Giudici che il progetto della Grande Lugano l’ha realizzato, l’unità
va preparata a monte, ragionando sui dati,
sulla realtà, perseguendo un obiettivo e
creando il consenso necessario. “Occorre
avere un’idea forte, farla crescere, altrimenti si rischia di improvvisare sull’onda
del momento e tutta la costruzione rischia
di essere fragile, effimera – spiegaGiudici –
, basando il progetto sulla costruzione del
consenso attorno ad un’idea che tenga
presente le esigenze della gente, del territorio, ma anche le reali possibilità”.
Sarebbe però ingeneroso incolpare solo la politica di questa visione a corto termine. “Anche i media coltivano nell’opinione pubblica, nei cittadini, quegli elementi identitari della prossimità stretta -
avverte Ratti -. Fatto sta che abbiamo un
Ticino che non è più capace di una visione
lungimirante, ma sempre più di corto termine”. Così nel migliore dei casi l’unità sostenuta a livello teorico, viene ostacolata
nella pratica. Come le aggregazioni, il progetto di 23 Comuni da realizzare nei prossimo anni, più che i municipi sta unificando le opposizioni. Quelli contro. Si preferisce una frammentazione territoriale e amministrativa, condizione su cui in passato
si è solidificata, ad esempio, la moltiplicazione degli enti turistici, ora faticosamente in fase di riorganizzazione su poche e
ben mirate aree.
“Le aggregazioni hanno avuto un effetto importante nel Sottoceneri. Lugano e
Mendrisio, un tempo avverse, ora portano
avanti un discorso comune”, aggiunge Ratti secondo cui di principio le fusioni possono facilitare un discorso più ampio, di
interesse generale e non particolare. “Se
domani ci fosse una aggregazione nel Bellinzonese, cosa più probabile, e nel Locarnese, avremmo non dico un Ticino unificato, ma certamente un Ticino più capace
di dialogare”. Oggi invece si è in presenza
di un cantone non solo a due velocità, ma
con due mentalità diverse, nota Ratti: “C’è
un Sottoceneri che si confronta nel bene e
nel male con la realtà metropolitana, con
Milano, e un Sopraceneri, conl’isola del
Locarnese e il Bellinzonese, che ha una
mappa mentale totalmente diversa dal
Luganese, ossia ancora sopracenerina,
ancora montana”.
[email protected]
Q@clem_mazzetta
Le opinioni
Le difficoltà
PIANIFICAZIONE CONTESTATA
La pianificazione ospedaliera
2015 è contestata per il
ridimensionamentoriconversione dei nosocomi di
Faido e Acquarossa. Ma non
solo.
2
“Forse piccolo non è più bello,
ma il troppo grande non va”
Lo storico Marcacci spiega il campanilismo come frutto di un territorio frantumato dai baliaggi e barriere interne
“I
È la storia di un Cantone
che non voleva... nascere
nato attorno alla città di Zurigo, il
Ticino ha conosciuto un altro tipo
di sviluppo. Leggendo gli scritti
del tempo, par di capire che Ticino avrebbe voluto essere piuttosto una piccola confederazione,
così che ogni località potesse continuare ad autogestirsi. Questo
spiega la difficoltà ad eleggere
una città capoluogo a partire dal
1814. Quando i ticinesi finalmente possono decidere autonomamente la capitale, non si mettono
d’accordo. Così stabiliscono che
sia itinerante fra Lugano, Bellinzona e Locarno. Solo nel 1878 Bellinzona diventa capitale del Ticino”.
Altra contrapposizione forte
è fra Sotto e Sopraceneri
Il fenomeno visto dagli economisti Beritelli e Rossi
1
L’intervista
l Ticino è una costruzione
essenzialmente politica,
non ha una specificità
geografica”, sostiene lo storico
Marco Marcacci, che spiega così
la mancanza di coesione e l’eccessivo campanilismo .
Perché solo costruzione politica?
“Perché il Ticino è nato nel
1803 unendo in un cantone dotato di sovranità politica otto territori che erano stati gestiti come
baliaggi dai Cantoni confederati
tra il XVI e la fine XVIII secolo”.
Questi baliaggi erano poco
propensi a compattarsi?
“Si trattava di territori che non
avevano molto in comune. Che
avevano statuti e regolamenti autonomi. La Leventina non aveva
grandi contatti con la Valle Maggia. Analogamente il Mendrisiotto con il Locarnese. Così per raggrupparli la soluzione è stata
quella di far in modo che il Cantone garantisse un equilibrio fra
queste regioni”.
Ciò spiega la difficoltà nel
decidere la capitale.
“Sì, mentre il canton Zurigo è
si rischia di suscitare resistenze
che possono far saltare tutto, anche i progressi intermedi faticosamente raggiunti”.
Detto altrimenti: l’ottimo è
nemico del bene. Dal punto di
vista della politica, la costruzione dell’unità sia
si possono eliminare solo gradualmente nell’ambito istituzionale, sia in
quello sportivo
e ancor più in
quello sanitario, è un cammino lento e
difficile, secondo Vitta, che necessita il superamento delle
emozioni, delle
concorrenza il cittadino ha biso- tradizioni e la ricerca del congno di un servizio pubblico effi- senso. “Inoltre in ambito sanitaciente”.
rio oltre alle richiesta di avere
Obiettivo condiviso piena- servizi a livello regionale, entramente anche Christian Vitta, ca- no in gioco anche dei posti di lapogruppo del Plrt, da perseguire voro che si rendono disponibili
però con gradualità. “Nelle ag- con questi servizi” ricorda il cagregazioni comunali, negli ac- pogruppo plrt. Dunque, amcorpamenti credo sia meglio messo che le grandi dimensioni
evitare di forzare la mano pas- siano il meglio per il cantone,
sando immediatamente a solu- accertato che i progetti siano sozioni uniche generalizzate – so- stenibili e acquisito il consenso,
stiene Vitta –. Meglio procedere occorre fare sempre il passo seper tappe successive, altrimenti condo la gamba.
“Occorre costruire il consenso
per superare i vecchi steccati”
Ospedali, polizia, Comuni, sport...
ecco il Paese che avanza diviso
I tempi
IL TICINO
Il Cantone solo a partire dal
1878 ha avuto una capitale
stabile
MARCO MARCACCI
Storico, autore di
studi e saggi sulla
storia della Svizzera
nel 1800 e nel ‘900
“Si tratta di regioni che hanno
avuto una storia e uno sviluppo
economico diverso. Il Sottoceneri
è più urbano, con Lugano maggiormente legata all’Italia, con
una piazza finanziaria. Il Sopraceneri è più rurale, decisamente alpino”.
La costruzione delle strade,
la nuova mobilità non sono
servite ad unire queste due
realtà?
“Nonostante la mobilità interna abbia di fatto abbattuto questi
confini, oggi si può vivere a Biasca
e lavorare a Lugano, la barriera
esiste piuttosto come schema
mentale. Lo dimostra l’attuale
dualismo sulla questione degli
ospedali, ad esempio, dove la bar-
riera si concretizza su temi specifici, su servizi che si ritengono essenziali per la singola regione”.
E c’è pure la doppia frontiera
a Nord geografica e a Sud politica con l’Italia
“Però almeno questo ha creato un’unità interna con il tema
delle rivendicazioni. Anche oggi
far passare il messaggio che un
dato problema è irrisolvibile per
colpa di Berna o di Roma, tende
ad unire. Anche se questa autogiustificazione porta ad evitare
sforzi per pensare soluzioni concrete ai problemi reali… tanto non
dipende da noi”.
Ma la frontiera ha anche garantito un certo sviluppo.
“Certo, l’economia locale ha
avuto vantaggi e svantaggi, sfruttando il differenziale di frontiera,
il fatto cioè che determinati prodotti, ma anche la manodopera,
possono costare meno da una
parte rispetto l’altra”.
In questo contesto il Ticino
ha fatto ricorso ai frontalieri.
“E non da oggi. Il Ticino ha fatto capo a manodopera straniera
anche in passato. Tra l’apertura
della galleria ferroviaria del Gottardo (1882) e la prima Guerra
mondiale c’è stato un aumento
notevole di lavoratori italiani in
Ticino. Non frontalieri, ma residenti, stagionali ovviamente. Sulla frontiera inoltre si trovavano le
fabbriche di tabacco, a Brissago e
a Balerna. Anche nelle cave di
granito i lavoratori erano prevalentemente italiani stagionali.
Tutti esempi per ricordare che si
importava manodopera straniera
in un’epoca in cui i ticinesi emigravano”.
C’era già un effetto sostitutivo della manodopera.
“Evidentemente. Molti ticinesi preferivano lavorare nella Svizzera interna perché i salari erano
più elevati. Poi con il boom economico, dopo la seconda Guerra
mondiale, i ticinesi hanno smesso
di emigrare”.
Da risorsa i frontalieri oggi
sono invece visti come problema.
“Perché il loro impiego si è
esteso al terziario, a settori che sono interessanti anche per la popolazione locale”.
P
iccolo è bello. Contrordine: oggi per
gli enti, dagli ospedali ai Comuni,
dalla polizia alle squadre di calcio,
contano le dimensioni, la massa critica.
Al di sotto di certi numeri pare impossibile
garantire servizi, far fronte alle esigenze
sempre più complesse e sempre più costose. Da questo dato di fatto, ad esempio,
è partita la riforma del turismo che ha
puntato su una miglior gestione-promozione del settore riducendo gli enti turistici locali. Non si è trattato solo di coordinare, ma anche di ottimizzare la governance
del sistema turistico, compiendo un salto
di qualità. “Aggregando gli enti in una dimensione maggiore non solo si ottengono
economie di scala, ma un miglioramento
di competenze con l’introduzione di specialisti - spiega il professore Pietro Beritelli, dell’università di San Gallo, che ha coordinato il gruppo di lavoro per la riforma
della legge sul turismo -. In questo modo
gli enti turistici sono più efficaci nel loro
lavoro e più forti nel rapporto con i vari
partner, anche al di fuori del proprio territorio”.
Un modello che sembra replicabile,
vista la frammentazione di enti e organizzazioni confrontati con un numero maggiore di compiti e con una molteplicità di
funzioni organizzative che rende quasi
impossibile l’operatività a piccole dimensioni. “In parte è così, ma tutto questo è
più una conseguenza dei tempi attuali
che necessitano di dinamicità, di maggior
perfomances, che non una conseguenza
storica di enti che in passato, seppur piccoli, funzionavano - aggiunge Beritelli –.
Insomma, ci facciamo un po’ la vita difficile anche se, probabilmente, non possiamo fare a meno di muoverci in questa direzione”. Che l’esigenza di avere volumi
più grandi sia un po’ una “moda” è convinzione di Sergio Rossi, economista all’università di Friburgo: “Si tratta di una
esigenza dettata da una visione ideologica - spiega l’ economista -, basata sull’economicismo, sulla necessità di produrre di più a minor costo spesso solo per
questioni esclusivamente finanziarie, sia
Una collettività deve poter finanziare
i propri servizi pubblici per i cittadini
per far sì che ci sia una coesione sociale
GLI ESPERTI
Pietro Beritelli,
dell'Università
di San Gallo;
Sotto: Sergio
Rossi, dell’
università di
Friburgo
nel pubblico che nel privato”. Se nel privato l’obiettivo è aumentare i profitti, nel
pubblico c’è la necessità di far fronte alla
riduzione di entrate fiscali conseguenti
all’ideologia neoliberista del “meno Stato”, sostiene Rossi. “Ma se calano le entrate, devono calare anche le uscite; da qui la
necessità di ridurre i servizi o di caricarli
sui Comuni, i quali a loro volta devono
aggregarsi per far fronte alle esigenze della popolazione nella sanità, scuola, e servizi…”. Una spirale neoliberista che ha investito tutti i settori: “Ma una collettività
territoriale deve poter finanziare i propri
servizi pubblici per far sì che ci sia una
coesione sociale, una prosperità condivisa- avverte Rossi-. In Ticino, come altrove,
ci si appiattisce su una dimensione finanziaria, dove bisogna solo far quadrare i
conti, oltre al ragionevole”.
IL NO DELLE POLCOMUNALI
Un corpo di Polizia unico dal
2021 è stato giudicato dalle
polizie comunali una fuga in
avanti “prima ancora di aver
verificato la possibile
collaborazione”
3
IL NOME NON CONCESSO DALL’ASF
Dopo la mancata concessione
dell’Associazione Svizzera di
Football sull’uso del nome
“Ticino”, il comitato promotore
ha abbandonato ogni velleità
sulla squadra unica di calci
4
AGGREGAZIONE CALATA DALL’ALTO
Il progetto di un Ticino a 23
Comuni ha suscitato molte
critiche dei sindaci sia per i
tempi (troppi stretti), sia per le
modalità della proposta
considerata calata dall’alto
IL CAFFÈ
27 aprile 2014
36
tra
virgolette
Tutti stregati
dalle foglioline
del basilico
È
la pianta degli dei e degli innamorati. Dei re e
dei gourmet. E tutto grazie al suo profumo
inebriante e conturbante. Che fa intravedere
paradisi olfattivi e provoca estasi aromatiche.
Il basilico è l’annuncio di una terra promessa
del gusto. Dove odore e amore sono una sola esperienza sinestetica. È l’Oriente dei nostri sensi. Non
a caso viene dall’India, dove è addirittura l’attributo sacro della bellissima Lakshmi, divina sposa di
Vishnu, nonché signora dell’armonia e dell’equilibrio. Che cura personalmente le sue preziose foglioline, simbolo di attrazione cosmica. La stessa
che comanda il ciclo della vita e della morte. In India come in Occidente.
Non a caso anche in Europa i filtri d’amore venivano confezionati con la pianta reale. Questo
significa letteralmente basilico, dal greco basileus, re. Da cui deriva anche il termine basilica.
In molte fiabe è proprio un mazzetto profumato
di ocinum basilicum sventolato sotto il naso del
principe azzurro a farlo cadere tra le braccia della
bella di turno.
Oltre che una tradizionale arma di seduzione
questa piantina è anche sigillo di alleanza femminile. In molti paesi del Mediterraneo, infatti, le
donne si scambiavano vasetti il 24 giugno, festa di
San Giovanni. E da quel momento diventavano
“comari di basilico”. E nell’antica Grecia le infiorescenze odorose occupavano un posto di primo piano nell’immaginario erotico come in quello cosmetico. Così per propiziarne il turgore e la fragranza si recitavano inni e formule magiche. E
qualche volta minacce e insulti metricamente cadenzati, oggi diremmo rappeggiati. Da questo deriva l’espressione cantare il basilico, nel senso di
dare a qualcuno il fatto suo, senza diplomazia.
Cioè cantarle chiare.
Evidentemente l’incantesimo funziona ancora.
Visto che è stato addirittura certificato da una ricerca Oxfam del 2012. Che dopo aver testato i gusti
di diciassettemila persone in sedici Paesi ha proclamato gli spaghetti pomodoro e basilico il piatto
più amato al mondo. Morale della favola. Ora come
allora siamo tutti stregati dalla fogliolina verde.
di
CAROLINA
Ingredienti per 4 persone
- 80 g di foglie di basilico
- 1 spicchio di aglio
- 70 g di parmigiano
- 30 g di pecorino
- 150 g di olio
extra vergine d’oliva
- 2 spicchio d’aglio
- 30 g di pinoli
- sale q.b.
Pesto alla genovese
ELISABETTA MORO
LA RI ETTA
oltreilcibo
Il suo profumo è l’Oriente dei nostri sensi
Da millenni è la pianta degli innamorati
e delle divinità. Dei re come dei gourmet
Mettere nel mortaio i pinoli e l’aglio
sbucciato e iniziare a pestare. Pulire le
foglie di basilico con un panno morbido e
umido, ma senza lavarle. Aggiungere le
foglie di basilico e un po’ di sale grosso,
continuando a pestare fino ad ottenere
un impasto omogeneo. Unire i pinoli e ricominciate a pestare per ridurre in crema. Aggiungere i formaggi un po’ alla
volta e per ultimo l'olio extravergine
d’oliva mescolando fino ad ottenere una
salsa piuttosto densa e omogenea. Al
momento di servire, diluire il pesto con
qualche cucchiaio di acqua di cottura
della pasta e spolverare con grana grattugiato.
Kfiç ¬à_çõfi
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IL CAFFÈ
27 aprile 2014
37
tra
virgolette
PRINCIPALI ROTTE
VIA TERRA E MARE
DEI MIGRANTI
L’inchiesta
2.4%
9.5%
Paesi Ue Area Schengen
Sulle rotte
dei nuovi
Tunisia
15.5%
55.6%
Turchia
Afghanistan
dal
Bangladesh
0.25% Marocco
Iran
Libia
Algeria
Canarie
(Spagna)
B
Mali
Niger
Eritrea
La disperata fuga
di migliaia di profughi
che bussano in Svizzera
Senegal
LE INCHIESTE IN SVIZZERA
Le vittime 1988-2013
19.142
Somalia
LE CONDANNE IN SVIZZERA
IL COSTO DELLA FUGA in franchi
per tratta di esseri umani
Cina-Regno Unito
12
50
2009
78
52
2010
2012
per promovimento della prostituzione
148
104
99
69
2009
2010
2011
7
5
45
2011
Pakistan
Egitto
2012
2000
2
2
2001
2002
8
5
2004
2005
2006
18
17
18
11
13
9
12
11
15
2007
2008
2009
2001
2002
2003
2010
2011
26
17
15
13
2012
17
7
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
37’000
Vietnam-Europa
25’000
Afghanistan-Regno Unito
6
7
2000
9
2
2003
Fonte: Frontex
schiavi
Georgia
7.13%
9.5%
Incidenza di migranti entrati
sul totale del 2012
22’000
Cina-Italia
13’200
Iraq-Germania
6’200 - 12’400
Asia-Europa
2’500 - 8’800
Iraq-Regno Unito
9’200
Turchia-Italia
2’200 - 4’400
Nordafrica-Italia
1’300 - 2’600
Nord Italia-Svizzera
450 - 2’500
Africa subsahariana-Nordafrica
2’200
2012
Fonte: Ufficio federale di statistica, Statistica criminale di polizia Scp, Statistica delle condanne penali Sus
Fonte: Global Black Market Information, Corpo guardie di confine
MAURO SPIGNESI
Kabir, trafficante pakistano: “Io
non faccio altro che aiutare molte
persone a realizzare i loro sogni”
Reuters
K
abir, trafficante pakistano, ha racchiuso la sua filosofia in una frase: “Io aiuto
le persone a realizzare i loro sogni”. E i
sogni spesso, molto spesso, hanno un
nome. Si chiamano Chiasso, Zurigo o
Ginevra. Città o tappe di un viaggio per far ripartire la vita, lasciandosi alle spalle miseria, guerre,
violenza. Dietro ogni profugo, ogni richiedente
l’asilo, c’è uno di loro, uno come Kabir. “Si chiamano smuggler, contrabbandieri, e tirano i fili della
tratta di uomini”, spiega Andrea Di Nicola, criminologo, che con il giornalista Giampaolo Musumeci ha scritto “Confessioni di un trafficante di
uomini” (edizioni Chiarelettere), un lungo reportage, durato due anni e mezzo tra studi e interviste, che arriva alle radici di questo fenomeno criminale preceduto per utili prodotti soltanto dal
mercato della droga. Secondo i dati dell’Onu e
dell’Organizzazione mondiale per le migrazioni, il
fatturato annuale di questi boss nascosti nei loro
covi nelle zone più calde del mondo varia da 3 a 10
miliardi di dollari.
Una cifra enorme che cresce o diminuisce secondo il numero di guerre e di carestie. Ma che resta
sproporzionata rispetto alle risorse messe in campo dai Paesi europei: Frontex, agenzia di controllo
alle frontiere (dove è impegnata anche la Svizzera,
con 38 guardie di confine), per contrastare gli
sbarchi dei profughi investe appena 85 milioni di
dollari. “Quello del traffico di esseri umani è un
business in rapidissima espansione, una gigantesca agenzia di viaggi con un’ offerta capace di
adattarsi a tutte le tasche”, aggiunge il criminologo. Nel suo saggio spiega che al profugo che non
ha la somma fissata per un certo tragitto, si trova
sempre una alternativa con un percorso magari
più lungo e pericoloso, ma che gli permette comunque di partire dalle coste dell’Africa e raggiungere le spiagge europee per poi riprendere la
fuga verso la destinazione finale: Italia del nord,
Svizzera, Francia o Germania.
“Abbiamo intervistato una dozzina di smugglerin,
e attraverso le loro storie abbiamo ricostruito le
migrazioni, la tragedia di migliaia di persone”, dice
Di Nicola. Il più importante trafficante si chiama
Muammer Kücük e controlla l’area del Mediterra-
neo. Il suo “collega” El Douly ha il monopolio per
l’Egitto. Alexander, invece, è un famoso boss siriano. Loncaric ha in mano le rotte balcaniche. Da loro sono passati molti ragazzi e tante famiglie che
hanno bussato alla porta della Svizzera, facendo
tappa a Chiasso, per chiedere asilo politico. Da loro parte una lunga catena di comando che dal sud
porta al nord del mondo. Kücük, El Douly, Alexan-
L’analisi
Le donne costrette a prostituirsi
sono la faccia oscura della tratta
“L
a tratta di esseri umani e la tratta
legata allo sfruttamento della
prostituzione sono due realtà
nettamente differenti, non sovrapponibili,
seppure con qualche punto in comune”.
Monica Massari, sociologa e docente all’Università di Napoli, è un’attenta studiosa
dei fenomeni criminali globali e ha pubblicato diversi studi sulla criminalità organizzata e i mercati illegali internazionali per
conto dell’ Onu e dell’Ue. “Il migrante,
quello che comunemente viene chiamato
clandestino, chiude il suo rapporto con i
trafficanti di uomini una volta giunto in Italia o in altri Paesi - sottolinea Massari -. La
donna coinvolta nelle tratte di esseri umani
no, perché è spesso ricattata o portata in un
Paese straniero con la promessa di un lavoro e dunque il suo rapporto con il trafficandete non si conclude con l’arrivo”. Ed è
quello che spesso accade anche in Svizzera. Come nel caso di Svitto, dove è in corso
un processo per un caso simile, o come è
affiorato in una recente inchiesta anche a
LA SOCIOLOGA
Monica
Massari,
studiosa
di criminalità
globalizzata
Berna. “Va detto che le nuove leggi approvate in diversi Paesi hanno contribuito a
mutare lo scenario - precisa la sociologa -.
Gli sfruttatori di queste donne costrette a
prostituirsi oggi usano meno la violenza, i
loro atteggiamenti si sono ammorbiditi,
garantiscono alle ragazze un guadagno. C’è
una sorta di sfruttamento negoziato. Questo succede con le bande dell’Est, meno
con le nigeriane o con le donne che arrivano dall’Africa”.
C’è, poi, la prostituzione transitoria delle
ragazze straniere che si prostituiscono per
un determinato periodo e che rientrano
nelle loro città d’origine. “Ma il fenomeno
emergente - spiega- è quello della prostituzione cinese, che si sta estendendo ovunque. Queste ragazze inizialmente esercitavano soltanto all’interno della comunità
asiatica. Oggi, invece, si trovano anche sulla strada delle più importanti città. Di loro
si sa poco, perché questa realtà è poco studiata e, invece, andrebbe approfondita bene”.
der e Loncaric hanno a disposizione piccoli eserciti. Gli ultimi in basso alla piramide sono i procacciatori d’affari. Poi ci sono gli autisti dei camion che portano i profughi sulle coste. Infine gli
scafisti, i marinai e gli uomini che si occupano di
trovare le stanze per accogliere chi deve partire e
spesso è costretto a rimanere fermo anche settimane in attesa di un viaggio. Soltanto Kücük, dopo
aver pagato i suoi “dipendenti”, guadagna per ogni
carico di profughi 50mila dollari e ha una cifra
d’affari annua di 6 milioni. Soldi, tanti soldi che ha
reinvestito acquistando un’ industria di farmaci e
300 abitazioni sulle coste dell’Anatolia. Loncaric,
invece, avrebbe comprato adirittura una compagnia aerea privata. Ma tra i boss c’è chi reinveste
nel mercato della droga o in quello delle armi.
Il business degli esseri umani marcia con un
meccanismo ben collaudato. Ogni boss ha un certo numero di agenti: uomini che controllano decine e decine di villaggi, di campi profughi, che
parlano dialetti locali e sono contattati da chi decide di voltare pagina, scappando da guerre e miseria. Alla prima trattativa si fissa un prezzo provvisorio, poi è l’agente che comunica al boss la
“prenotazione”. Ed è lui che decide a chi affidarlo
per il viaggio della speranza. La parola d’ordine è
non perdere nessuno e accontentare tutti. “Questi
boss, per certi versi persino apparentemente simpatici, si rappresentano - spiega Di Nicola - come
autentici benefattori, a sentir loro svolgono opere
umanitarie. Alexandr, trafficante siberiano, ci ha
detto sarcasticamente che in fondo Mosè è stato il
primo scafista della storia”.
Invece, contando sulla connivenza di polizie e
autorità locali, questa gente stipa famiglie con
neonati sulle carrette del mare che si spingono al
largo e sistematicamente si spezzano, naufragano
assieme al tragico sogno di centinaia di persone.
Tragedie che la tv ci fa vedere da anni. “Gli scafisti
- conclude il criminologo - sono l’ultimo anello di
una catena. Quello che abbiano capito di questi
boss è che sono molto abili e intelligenti. Ci hanno spiegato che loro sfruttano solo i buchi, le falle
nei sistemi di controllo per contrastare gli sbarchi”.
[email protected]
Q@maurospignesi
Il criminologo: “ Siamo davanti
ad un business globale gestito
da boss che intascano milioni”
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IL CAFFÈ
27 aprile 2014
39
tra
virgolette
MARIAROSA MANCUSO
schermi
libri
A
ndarci? Non andarci?
Aspettare la versione integrale in Dvd? “Nymphomaniac” – sui manifesti anche
“Nymph()maniac”, per illustrare
tipograficamente di cosa stiamo
parlando – arriva nei cinema preceduto da un gran battage. Il tipo
di pubblicità che non costa nulla,
sapientemente costruito sulla
minaccia di censura, sulla timidezza dei distributori, sullo sconforto del regista Lars von Trier
che ha passato la mano al produttore: “Pensaci tu, io non riesco a
ridurre il film entro una misura
ragionevole”. E naturalmente sui
due set: uno per gli attori di gran
nome, da Charlotte Gainsbourg a
Uma Thurman a Stellan Skarsgård, uno per le controfigure che
giravano le scene a luci rosse.
Ne è uscito un filmone di cinque ore e mezzo, ridotto nella
versione soft a quattro ore, divise
in due capitoli ulteriormente
sforbiciati (il comune senso del
pudore ha ancora connotati nazionali). Il primo volume, così sta
scritto nei titoli, offriva qualche
motivo di interesse. Charlotte
Gainsbourg raccontava le sue peripezie erotiche, Stellan Skarsgård che l’aveva raccolta malconcia in un vicolo interveniva
con le più varie divagazioni – trattati di pesca seicenteschi, i numeri di Fibonacci e la sezione aurea, la polifonia di Bach, gli incubi di Edgar Allan Poe. Shia LaBoeuf compariva in tuta da meccanico e capelli tirati indietro con la
brillantina, Uma Thurman nella
parte di una moglie tradita che
porta i figli a vedere il letto dove si
è consumato l’adulterio (“così sapranno cosa raccontare da grandi allo psicoanalista”).
Il secondo volume delude, e
Quattro ore di sesso
sono un tormentone
non bastano le frustate ricevute
da Charlotte Gaisnbourg (che
nella prima parte del film era sostituita dalla modella Stacy Martin, molto insulsa e poco somigliante) per tenere sveglio lo spettatore. Lars von Trier perde
l’orientamento, non sa decidersi
sul finale, infligge un riassuntino
femminista dei fatti (lo sentivamo arrivare, nei tempi morti si
fanno le ipotesi peggiori, e quasi
sempre ci si azzecca), sfodera
Messalina e la meretrice di Babilonia, cita il suo “Anticristo”, che
non consiglieremmo a nessuno.
Eppure abbiamo amato “Dancer
in the Dark”, “Dogville”, “Idioti”, “Il
grande capo” e la miniserie tv
MARCO BAZZI
“The Kingdom- Il regno”.
IL FILM
Sarebbe stato meglio prendeUna scena
re le scene migliori di “Nymphodel film
Nymphomaniac maniac” e ridurre la materia a un
solo film di durata normale. Ma
Nonostante il titolo,
delude e annoia la
Ninfomania di von Trier
LO STRANIERO
Albert Camus
(Bompiani)
evidentemente il regista era nello
stato d’animo che un romanziere
descriveva così: “So che il mio libro ha pagine bellissime e pagine
scadenti. Il problema è che non
riesco a distinguere le une dalle
altre”.
Si può uccidere
con indifferenza
M
eursault è uno straniero non solo perché è
un francese che vive ad Algeri. Ma soprattutto perché è “straniero al mondo”, indifferente a fatti e sentimenti. Perfino al suo processo
e alla sua condanna. Lo straniero, di Albert Camus
(Bompiani) potrebbe essere il titolo perfetto in un
momento storico in cui la xenofobia abbonda. Ma
il romanzo, un lungo monologo del protagonista,
non parla di integrazione. Racconta di una morte,
di un amore, di un delitto. Meursault è un modesto
impiegato che vive in uno stato di indifferenza.
Mette l’anziana madre in un ospizio, ma non va
mai a trovarla: “Anche perché così perdevo tutta la
domenica – a parte la fatica di prendere l’autobus,
comprare i biglietti, e fare due ore di viaggio”.
Indifferente anche verso l’amore. Quando Maria
gli chiede di sposarla… “Ho risposto che non si
cambia mai di vita, che del resto tutte le vite si
equivalgono e che la mia, così com’era, non mi
dispiaceva affatto”. Però al matrimonio sarebbe disposto. Dice a Maria che è certo di non
amarla, ma “che se lei ci teneva potevamo sposarci”. L’indifferenza accompagna Meursault
anche quando la madre muore e quando uccide un arabo sulla spiaggia, fatto che considera
una semplice “disgrazia”. L’arabo aveva avuto un
diverbio con un amico di Meursault che aveva
picchiato sua sorella e voleva vendicarsi. Viene
arrestato e interrogato.
Il giudice istruttore, esasperato dall’indifferenza e dal suo cinismo, gli mostra un crocifisso e
dice: “Non ho mai visto un’anima altrettanto incallita che la sua. I criminali che sono venuti dinanzi
a me hanno sempre pianto di fronte a questo simbolo del dolore”. E Meursault, nel monologo, racconta: “Stavo per rispondere che era precisamente
perché si trattava di criminali. Ma poi ho pensato
che anch’io ero come loro. Questa era un’idea alla
quale non potevo adattarmi. Poi il giudice si è alzato in piedi come per informarmi che l’interrogatorio era terminato. Mi ha chiesto soltanto, sempre
con quell’aria un po’ strana, se mi dispiaceva quel
che avevo fatto. Ho riflettuto un po’ e ho detto che
piuttosto che dispiacere provavo una certa noia”.
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IL CAFFÈ
27 aprile 2014
41
virgolette
tra
IL MONITORAGGIO
L’ambiente
Lo studio
È più bello vivere in città
quando sembra campagna
Il progetto Global
Forest Watch è
l’osservatorio mondiale
di Google per monitorare
in tempo reale la
deforestazione
“BiodiverCity” rilancia l’importanza del verde pubblico
Il Grande Fratello
protegge le foreste
C
Gli strumenti utilizzati
• Google Earth
• Google Maps
• Algoritmi sviluppati
dall’Università del Marylan
Terra
della
Come funziona
Le immagini ad
alta risoluzione
sullo stato delle
foreste vengono
aggiornate
annualmente
Il Global Forest Watch osserva dall’alto
deforestazioni e nuovi rischi per i boschi
I dati sulle foreste
tropicali sono
aggiornati
mensilmente
Sono
incorporati
e disponibili
gratuitamente
dati su
CAROLINA CENNI
WORLD
RESOURCES
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L’istituto di
ricerca
globale opera
in oltre 50
Paesi
L’OCCHIO
MONDIALE
Iniziativa nata
nel 1997 per
creare
una rete di
monitoraggio
globale
delle foreste
La Svizzera per il verde si
può considerare fortunata, un
milione e mezzo di ettari di copertura arborea. Secondo uno
studio della Fao, la foresta svizzera è al 3 per cento primaria,
non c’è nessuna indicazione
chiaramente visibile di attività
umana o di significativo disturbo ecologico, all’83 per cento rigenerata, naturalmente ripopolata di specie native con chiare
indicazioni di attività umane, e
al 14 per cento piantata attraverso la semina.
“In Ticino e Svizzera abbiamo la fortuna di avere da tre anni una legge che è rispettata precisa Bächtold -. Rispetto alla
situazione di tanti altri Paesi,
noi abbiamo un problema inverso, ovvero il bosco che avanza. Il rimboscamento naturale
di zone che, invece, potrebbero essere
preziose dal punto di vista della
biodiversità”.
Basta pensare
che il Ticino ha
un’estensione di
300mila ettari, di
cui la metà è bosco. “Cerchiamo di
tenere a bada il bosco che avanza, ma
la natura va più veloce – nota il portavoce del Wwf -.
Dall’altra parte, però, è positivo che si
creino boschi naturali lasciati a se stessi
in modo da dar vita a
dinamiche utili per la biodiversità, dato che le foreste possono
autogestirsi senza l’intervento
dell’uomo”. Ben diversa la situazione nel resto del mondo,
come evidenzia il rapporto del
Global Forest Watch pubblicato
su “Science”: 230 milioni di ettari di foresta persi, per incendi,
disboscamenti e cause naturali.
L’equivalente di 50 campi da
calcio al minuto ogni giorno
dell'anno. Nello stesso periodo
solo 80 milioni di ettari di nuova
foresta guadagnati.
Il bilancio finale? Impietoso. Una perdita netta di 150 milioni di ettari in dodici anni.
[email protected]
Q@SimplyPepeRosa
Aree
protette
Attività
estrattiva
Disboscamento
Licenze
per
la produzione
di olio
di palma
I NUMERI
ETTARI DI FORESTA PERSI dal 2000 al 2012
1/3
La superficie
terrestre
occupata
da foresta
57.785
Regno Unito
Allarmi
incendio
dalla Nasa
260.259
Francia
70.576
Italia
Cataste di rami e cumuli di sassi per la biodiversità homemade
17.287.127
Canada
173.308
Giappone
12.586.251
Stati Uniti
3.874.263
Cina
800
mila
1,5
milioni
I chilometri quadrati di perdita netta
Q
uando si tratta di progettare il proprio giardino
ciò a cui si presta più attenzione è, ovviamente, l’estetica. Il senso dell’ordine e del bello prevalgono. Non tutti sanno,
ad esempio, che nel legno degli
alberi marci e dei rami secchi
vivono insetti, uccelli, licheni,
funghi e muschi. E che anche
una semplice superficie ghiaiosa brulica di vita. Piccole e, ai
nostri occhi, insignificanti aree
20.272.249
Russia
milioni
I chilometri quadrati di foresta
che sono stati piantati tra il 2000 e il 2012
nanza di spazi verdi è un criterio decisivo persino
per la scelta della propria abitazione. E sebbene
quattro quinti degli intervistati abitino in zone già
ricche di verde, il 41 per cento di essi è dell’idea
che una maggiore presenza di verde vicino casa,
aumenterebbe ancora di più la qualità della loro
vita. Insomma, del verde non se ne ha mai abbastanza.
“Le esigenze espresse dalla popolazione sugli
spazi e gli ambienti verdi in città sembrano essere
ottime premesse per una natura urbana diversificata e vitale, favorevole a molte specie di piante e
animali - sottolinea il capoprogetto Moretti -. I risultati delle indagini hanno così permesso di rispondere alla domanda: come gestire la natura in
città affinché sia la popolazione che gli animali e
le piante possano trarne vantaggi? Lo studio ‘BiodiverCity’ ha mostrato che il numero di specie di
piante e di animali in città è molto alto, simile
quello nei boschi e in campagna, una diversità
molto apprezzata dagli abitanti che vi trascorrono
la maggior parte della loro vita”. Ecco, quindi, che
la diversità biologica e l’opportunità di viverla sono ormai considerati valori sostanziali, sia in centro che in periferia.
Piccoli habitat brulicanti di vita
230.491
Germania
Il Brasile è il Paese che più
ha ridotto la deforestazione:
-50% tra il 2003-2004 e il 2010-2011
I chilometri quadrati di foresta persi
fra il 2000 e il 2012 (dati di Google e
dell’Università del Maryland)
“A tutti piacerebbero spazi erbosi
urbani liberi, ma più naturali
non eccessivamente curati”
Il consiglio
-50 per cento
2,3
cesso e liberamente utilizzabile, partendo dal
semplice fatto di poter camminare sull’erba dei
giardini pubblici. È altresì importante che non ci
sia alcuna barriera fisica o psicologica al verde cittadino. Quando si parla di buona accessibilità
s’intende anche il bisogno di sentirsi sicuri camminando in un’area verde pubblica. In poche parole: un verde urbano differenziato e multiforme
piace ai cittadini, purché il suo stato non ne limiti
l’accessibilità o l’uso di eventuali infrastrutture.
Come sottolineato dallo studio, la quantità,
qualità e vicinanza della natura sono fondamentali caratteristiche del paesaggio, riconosciute e
apprezzate dalla maggior parte della popolazione. Tuttavia, i criteri di verde urbano applicati con
successo in altri Paesi non possono essere semplicemente ripresi tali e quali e riproposti nelle nostre città. Sarebbe troppo facile. Infatti, c’è una
componente culturale, basata su norme sociali,
che può determinare differenti scelte. A ciò si aggiunge un’ulteriore fattore individuale che nasce
dalle preferenze e dalle esperienze personali.
Il risultato, comunque, è che per il 96 per cento degli intervistati del progetto “BiodiverCity”
l’accesso alla natura è considerato importante per
la qualità della vita. E per il 70 per cento la vici-
22.743
Svizzera
642.125
India
28.411.122
Brasile
Ogni minuto,
nel mondo
di ogni giorno
degli scorsi 12 anni
è stato raso al suolo
l’equivalente di 50
campi da calcio
RICREARE AMBIENTI IDEALI
Con pochi semplici lavori
è possibile creare nel giardino
di casa i giusti habitat
Le lucertole muraiole amano
prendere il sole sulle pietre, dove
trovano anche un nascondiglio
4.459.326
Australia
fonte: Google Earth
S
i chiama Global Forest
Watch ed è il migliore
amico che foreste e boschi della Terra possano avere. Una sorta di
Grande Fratello, completamente al loro servizio che monitora,
in tempo reale, lo stato di salute
dei polmoni verdi del pianeta.
Unendo le tecnologie di Google
Maps e Google Earth, nasce il
sistema Global Forest Watch
che, grazie ai numerosi satelliti
in orbita, osserva dall'alto deforestazioni, incendi e altri possibili pericoli.
Un occhio globale che permetterà persino di scovare le aree di
deforestazione clandestina e,
quindi, i responsabili. Perché
del nostro verde
dobbiamo avere
cura. Soprattutto
di quello pubblico,
visto che per molte persone è il solo
contatto green.
Chi invece è più
fortunato e ha un
giardino
può
contribuire a fornire uno spazio
vitale naturale a
molti insetti e alla piccola fauna
(vedi pagina accanto).
Il database
di globalforestwatch.org,
ancora in fase
beta,
si alimenta con le immagini satellitari raccolte in più di quaranta
anni di ricerca dall'United States Geological Survey e dalla
Nasa con i satelliti Landsat. Ben
mezzo miliardo d’immagini ad
alta risoluzione. Il risultato è
una mappa aggiornata con cadenza mensile con una risoluzione di 500 metri, focalizzata
sulle foreste tropicali, e a cadenza annuale con una risoluzione di trenta metri per tutte le
aree verdi del pianeta.
“Un’ottima opportunità – rileva soddisfatto Rudy Bächtold,
portavoce Wwf Svizzera -. È un
ulteriore controllo, e forse pure
più efficace, per prevenire il disboscamento selvaggio perché
monitora più da vicino e in tempi brevi la situazione”.
IN CENTRO
Una delle
immagini
usate nel
questionario
“Quale verde
urbano
piace?” di
BiodiverCity
irca tre quarti della popolazione svizzera e
quattro quinti di quella europea vive oggi in
zone urbanizzate. Una tendenza che è in
continuo aumento. Per la maggior parte della
gente il contatto con il verde urbano è spesso
l’unica occasione per avere un rapporto quotidiano con la natura. Ciò influisce in modo importante sia sulla percezione che sulla sensibilità individuale e collettiva verso il verde, così come sulla
salute e la qualità di vita dei cittadini che vivono
delle esperienze a contatto con la natura. È da
questo presupposto che muove lo studio “BiodiverCity”- condotto a Lugano, Zurigo e Lucerna
dall’Istituto per la neve, il bosco e il paesaggio
(Wsl)- sull’importanza del verde urbano e sostenuto dal Fondo Nazionale Svizzero (Fns).
I ricercatori hanno analizzato il numero di specie di uccelli, pipistrelli e insetti, confrontando
le loro esigenze ecologiche con quelle
dei cittadini per il
verde urbano, in termini sia di distribuzione (quanto verde
e dove), che di gestione (che tipo di
verde, come e quanto curato).
Lo studio ha così
dimostrato che gli abitanti delle città preferiscono
un verde urbano diverso da quello tradizionale
dei parchi e dei giardini pubblici, dove dominano
per lo più curati tappeti erbosi. “Visto che in città
vive quasi l’80% della popolazione europea è importante capire quali sono le loro esigenze per il
verde pubblico - spiega Marco Moretti, capoprogetto di “BiodiverCity” -. È emerso che le esigenze
della popolazione non sono così diverse da quelle
degli animali presi in considerazione nello studio.
Alle prime piacerebbe vedere un verde urbano
pubblico che non sia il solito classico prato all’inglese, bensì meno ‘addomesticato’. Curato quanto
basta, insomma. Dove la prerogativa massima è
l’accessibilità incondizionata e senza restrizioni.
Aree dove si possa giocare a palla, rilassarsi sdraiandosi sul prato o fare un picnic”.
I risultati parlano chiaro. Si preferisce un verde urbano diversificato con cespugli e alberi sparsi su tappeti erbosi dove l’erba non è tagliata
ovunque alla stessa altezza. Dovrebbe essere,
quindi, il più variato possibile e, in parte, anche
lasciato allo stato naturale, ma pur sempre sotto
controllo e multifunzionale. Attrezzato con stradine, panchine e parchi gioco, in centro, di facile ac-
che offrono spettacoli naturali.
Purtroppo in Svizzera sono
seriamente minacciate di estinzione 195 specie di animali, 192
vegetali e 123 specie di funghi e
licheni. Negli ultimi decenni è
sparito il 90% degli habitat. La
Confederazione si è impegnata
a livello internazionale a fermare la perdita di biodiversità.
Senza sforzi mirati sarà però
difficile raggiungere questo
obiettivo. Eppure, tutti noi, nel
nostro piccolo, possiamo fare
qualcosa.
Ad esempio facendo in modo che il giardino di casa offra
diversi habitat per mettere a suo
agio il maggior numero possibile di specie animali e vegetali.
Disponendo cataste di rami, cumuli di sassi e prediligendo
piante indigene, si possoso
creare delle condizioni più naturali anche in un giardino. Zo-
ne che costituiscono un rifugio,
un luogo di nidificazione, uno
spazio riparato per la riproduzione e il letargo, che facilitano
la ricerca di cibo e la diffusione
in nuovi spazi vitali. Microcosmi che mancano spesso nelle
aree edificate. In poco tempo
con qualche lavoretto e dei materiali semplici, come il legno e
la pietra, si può valorizzare il
giardino in quest’ottica.
Qualche suggerimento? Le
lucertole muraiole, ad esempio,
amano prendere il sole sui cumuli di pietre, dove trovano pure dei buoni nascondigli. Anche
alcune farfalle, adorano i sassi
che offrono loro calore. Inoltre
sono luoghi adatti all’accoppiamento e zone tranquille per
passare la notte e l’inverno. I
ricci, invece, utilizzano le cataste di rami per il riposo diurno,
il letargo e come nido per i loro
piccoli. Le specie locali di ragni
e di coleotteri apprezzano la
ghiaia, il pietrisco e i detriti di
roccia. Le cavità degli alberi offrono al picchio, al pettirosso e
alla civetta condizioni ideali per
i loro nidi.
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PRIMAVERA.
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Con cinque sedili, un comfort elevato, la trazione integrale ALL4 e un bagagliaio
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IL CAFFÈ
27 aprile 2014
43
tra
virgolette
La tecnologia
Immobili e imprevisti
si gestiscono sul tablet
in versione Monopoli
I giochi da tavolo si convertono al touch
I
dadi rotolano con precisione digitale, riesci a edificare in Parco della Vittoria, ma con un touch scopri la casella “imprevisti” e
ti ritrovi virtualmente in prigione. È il caro vecchio Monopoli,
ma in edizione terzo millennio
da quando il vetusto gioco, nato
nel 1935, ha la sua versione interattiva. E non è il solo, visto che
buona parte dei giochi da tavolo
più famosi, dal Backgammon a
Risiko, si sono corvertiti al tablet
sostituendo il classico “tavoliere”. Persino la svizzera Helvetiq
ha digitalizzato Swiss Iq e permette di scaricare, tra l’altro gratuitamente, l’app per cimentarsi
a “Le Villes” sul display dell’iPhone.
“All’inizio tutti i produttori di
giochi da tavolo hanno visto nei
tablet una minaccia, invece si
stanno dimostrando alleati preziosi per raggiungere nuovi gio-
catori, soprattutto i nativi digitali
- dice Hadi Barkat, fondatore di
Helvetiq -. Abbiamo dovuto
creare un piccolo staff, ma è facile prevedere grandi sviluppi.
Stiamo elaborando, infatti, versioni di nostri giochi con cui misurarsi online con altri amici,
ognuno col suo tablet ma impegnato nella stessa partita; il bello
di ogni gioco da tavolo che si rispetti. Già adesso, comunque,
sono in commercio dadi ‘intelligenti’, da lanciare come quelli
veri sul display, regolati dall’accelerometro e connessi via bluetooth”.
Infatti, scaricando l’applicazione di Monopoli “Zapped edition”, con l’i-Pad si possono gestire la contabilità dei soldi, le
proprietà immobiliari e, sempre
con un touch, “pescare” imprevisti e probabilità. Il mercato è
solo all’inizio, ma ha già permesso alla Hasbro, “mamma” del
Monopoli e secondo produttore
al mondo dopo Mattel, di incassare nel primo anno di vita delle
versioni digitali dei suoi giochi
qualcosa come 390 milioni di
franchi. Che i giochi da tavolo si
stiano progressivamente convertendo al touch è confermato
dal fatto che molte start-up stanno proponendo idee decisa-
mente innovative. L’americana
Ozobot, ad esempio, ha creato
un robot in miniatura ricaricabile con usb, che appoggiato sul
display del tablet riconosce linee, caselle, colori e si muove di
conseguenza sul tavoliere elettronico. “Dice Plus”, invece, progettato in Polonia in open source
(cioè aperto alla collaborazione
e alle modifiche di altri programmatori) è un dado digitaliz-
Les Villes Helvetiq
Sei applicazioni, da Zurigo a
Lucerna, per giocare sullo
smartphone la versione online del
best seller della svizzera Helvetiq
Ozobot
L’americana Ozobot che ha creato
un micro-robot in grado di
muoversi riconoscendo linee e
colori sul display dell’i-Pad
Le novità
Monopoli Zapped
La riedizione digitalizzata per tablet
del più classico dei giochi Hasbro
nato nella versione da tavolo
nel lontanissimo 1935
Digital Risiko
Anche il simulatore di guerre
globali Risiko s’è convertito ai carri
armati e alle strategie belliche da
gestire con un touch
zato in grado di adattarsi ad una
serie di giochi da tablet già in
commercio. Senza dire degli accessori, che nel mondo dell’hitech vanno di pari passo con
l’innovazion: dalle custodie in
grado di trasformarsi in un tavolo da gioco per più giocatori alle
cover come Game Changer, che
fanno iniziare giochi e partite diverse ma sullo stesso tablet, a seconda di come la copertina viene aperta. “È inutile cercare di
anticipare tutte le varianti che
l’abbinata giochi da tavolo e tablet permetterà - aggiunge Barkat -. Stiamo sperimentando, ad
esempio, un gioco digitale interattivo che permette di misurare
il Qi, il quoziente d’intelligenza,
dei giocatori. Naturalmente divertendosi, ma dopo aver individuato chi ha il Qi più alto in Svizzera, punteremo al maggior
punteggio nel mondo”.
e.r.b.
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Pagina a cura di
GastroSuisse
e GastroTicino
LARISTORAZIONE
& L’ALBERGHERIA
Settimana dopo settimana
l’analisi di tutti i temi, gli studi,
gli argomenti, i problemi
e le norme dell’offerta
di ristoranti e alberghi.
Una pagina indispensabile
per gli operatori del settore
&
GastroNews
QR-Code
“Addio instancabile e prezioso amico degli esercenti e albergatori”
A 82 anni è morto Gianfranco Perazzi già stimato presidente di GastroLagoMaggiore e Valli
Quando ci lasciano personalità come
Gianfranco Perazzi, ognuno di noi è
più povero. La famiglia, innanzitutto,
ma anche gli amici o chi semplicemente ha avuto la fortuna di conoscerlo. Conoscerlo e apprezzarlo per la sua
signorile discrezione, ma anche per un
instancabile impegno civile, politico e
umano che ha profuso con generosità
sino a che la malattia glielo ha permesso. Noi, della grande famiglia degli esercenti, continueremo a vederlo
in quella Piazza Grande che tanto
amava come tutto il suo Locarnese.
Anche nel campo della ristorazione e
albergheria, Gianfranco Perazzi non
ha mai risparmiato energie, ricoprendo le cariche più alte come quelle di
presidente di GastroLagoMaggiore e
Film, Virtus, Parrocchia, Pro Cardada,
Ente Turistico e per le iniziative del
Locarnese, Associazione Notte Bianca, solo per citarne alcune, devono a
lui molto della loro esistenza. A noi
piace ricordarlo con la sua agendina
sulla quale annotava con scrittura minutissima ogni appuntamento. E beviamo idealmente e con affetto, assieme a lui, l’ultimo caffè, quello ristretto, tanto ristretto da bagnargli appena
le labbra. Grazie Gianfranco!
GastroTicino e GastroLagoMaggiore
e Valli porgono ai familiari le più sincere condoglianze.
Valli e membro del Consiglio direttivo
di GastroTicino. La sua profonda conoscenza del territorio e del mondo
politico - nelle fila del Ppd fu consigliere comunale, municipale e quindi
vicesindaco di Locarno dal 1984 al
1992 - ne hanno fatto per ristoratori e
albergatori, un punto di riferimento
ogni qualvolta ci fosse da risolvere un
problema, da affrontare una situazione
difficile o semplicemente da farsi dare
il consiglio giusto. Ma Gianfranco fu
anche presenza costante e colonna
portante di moltissime altre società,
enti e manifestazioni: Festival del
Piccolo tempio
GastroTicino
inaugura la cucina
per i corsi
interaziendali
dotata di
apparecchiature
all’avanguardia
“Un vero e proprio fiore all’occhiello in Ticino nel settore della
formazione gastronomica”. L’ha
definita così, il segretario cantonale di GastroTicino, Gabriele
Beltrami, la nuova cucina dei corsi interaziendali, inaugurata mercoledì in Via Gemmo a Lugano.
Alla recente cerimonia hanno
preso parte diverse autorità, tra le
quali il sindaco di Lugano, Marco
Borradori, il presidente di GastroTicino, Marco Huber, il presidente di Hotel & GastroFormazione, Federico Haas, docenti e
ospiti.
Il progetto si è concretizzato grazie al sostegno della Divisione
per la formazione professionale e
Hotel & GastroFormazione: “Oggi una bella e importante realtà
che si pone come naturale complemento e completamento del
Polo alimentare di Trevano”, ha
spiegato Beltrami. “Questa nuova
cucina sarà un luogo importante
di crescita professionale e umana
per i molti giovani che intendono
abbracciare uno dei mestieri più
belli”. Beltrami ha quindi ringraziato Giuseppe Tizzano che è stato per lunghi anni e fino al 2013,
responsabile dei corsi interaziendali in GastroTicino; a lui è toc-
una struttura all’avanguardia che
li preparerà nel modo migliore al
mondo del lavoro”. Il Ticino ha
bisogno di giovani formati e da
oggi con il Polo di Trevano e GastroTicino, possono seguire una
formazione completa e di alto livello.
Il sindaco di Lugano, Marco Borradori, ha invece posto più volte
l’accento sull’importanza di avere una formazione di qualità, che
possa poi animare il personale
del settore, vero e proprio ambasciatore del territorio e fondamentale attrattore turistico.
“Qualità e formazione sono determinanti in ogni settore. Il Ticino può offrire molto non solo dal
punto paesaggistico, ma anche
delle iniziative, purché si punti
sempre all’eccellenza”. Ma per
raggiungere questi traguardi si
torna sempre al punto di partenza, con i concetti di qualità e
competenza. Borradori ha quindi
concluso il proprio saluto sottolineando che “la Città è felice di
poter ospitare sul proprio territorio questa nuova moderna struttura, assicurando che Lugano sarà
sempre un partner importante di
GastroTicino in un rapporto di reciproca collaborazione”.
a.p.
della gastronomia
cato il taglio del nastro, quale riconoscimento per quanto fatto
per il settore. Auguri anche al suo
successore, Matteo Cavadini e a
tutto lo staff di insegnanti e ispettori. Un grazie anche alla responsabile della formazione professionale di GastroTicino, Valenti-
Taglio del
nastro con
autorità,
docenti e i
vertici della
Federazione.
ETC Photo
na de Sena, a tutte le ditte e agli
artigiani, così come all’architetto
Jean Pierre Antorini e alla sua
collaboratrice Elena Silvestri. Federico Haas ha invece spiegato
che i giovani sono il bene più prezioso per la società e “in questa
cucina avranno a disposizione
Il 3 e 4 maggio prima edizione a cura del DFE - Ticino a Tavola coinvolge alcuni ristoranti sino all’11 maggio
“Caseifici Aperti” e rassegna per i ristoratori
Si avvicina la data di esordio di “Caseifici Aperti”, l’atteso evento che
coinvolgerà appassionati e curiosi
sabato 3 e domenica 4 maggio, dalle
ore 10.00 alle 17.00. Il Dipartimento
delle finanze e dell’economia - tramite la Sezione dell’agricoltura - invita tutti ad aderire con entusiasmo e
un pizzico di pionierismo alle giornate dei Caseifici Aperti, per conoscere la realtà casearia nel nostro
Cantone, visitando i caseifici partecipanti specializzati nella produzione e trasformazione di prodotti a base di latte vaccino e caprino; ma an-
ISCRIZIONI SEMPRE POSSIBILI
I ristoranti possono iscriversi sino
al 2 maggio.Tutte le informazioni
sul sito ticinoatavola.ch.
che per gustare e acquistare una serie
di prodotti d’eccellenza appetitosi e
genuini, a dimostrazione dell’eccezionale livello raggiunto dai nostri
caseifici. Per l’occasione il Centro di
Competenza Agroalimentare, tramite Ticino a Tavola, organizza la prima “Settimana dei formaggi ticinesi”; alcuni ristoranti proporranno ricette gustose a base di formaggi ticinesi. Iscrizioni possibili sino al 2
maggio, inviando un e-mail all’indirizzo [email protected] con
nome del piatto e prezzo al pubblico.
L’elenco dei ristoranti si potrà sco-
PRESENTAZIONE
E DESIGN DEL PIATTO
(NUOVO)
Obiettivi
riconoscere l’importanza dell’aspetto visivo in cucina, conoscere e sapere applicare i principi per una decorazione del
piatto raffinata e originale, conoscere e
saper utilizzare i possibili ingredienti per
stimolare la fantasia, essere in grado di
poter riprodurre con la propria fantasia e
le tecniche apprese decorazioni ad opera
d’arte.
Insegnanti
José de la Iglesia e Andrea Muggiano,
cuochi
Date e orario
6 maggio 2014, 14.00-22.00
Costo
Chf 180.00 soci / Chf 230.00 non soci
prire sul sito ticinoatavola.ch, mentre l’elenco dei caseifici e il programma, anche su sapori-saperi.ch. Ciascuno degli 11 produttori saprà
allietare i visitatori con una serie di
eventi collaterali, come visite guidate ai processi di lavorazione e trasformazione del latte e degustazioni
a tema, oltre alla presenza di alcune
delle migliori aziende vitivinicole
locali. È inoltre prevista la presenza
di un accompagnamento musicale
presso alcune delle aziende partecipanti.
a.p.
CONDUZIONE DEL PERSONALE
Obiettivi
acquisire metodi e strumenti operativi per
agire al meglio nel settore della conduzione del personale, sviluppare le conoscenze nella comunicazione interna con il personale, analizzare le varie tipologie di
leadership. Gli argomenti saranno trattati
tramite un approccio didattico interattivo
ricco di esercitazioni pratiche.
Insegnante
Patrizia Ronconi, specialista del personale, formatrice per adulti
Date e orario
7 e 13 maggio 2014, 8.45-16.45
Costo
Chf 420.00 soci / Chf 470.00 non soci
Per dare risalto alle notizie dei soci e a quelle che
possono incuriosire clienti e lettori, ecco un nuovo
sistema di comunicazione. Scaricando con un
qualsiasi smartphone un’applicazione per la lettura
dei QR-code e facendo la scansione del QR-code che vedete in
questo articolo, sarete indirizzati sul sito di GastroTicino. Troverete il simbolo del QR-code e
potrete cliccare sulla notizia per
leggere questa settimana:
> corsi e degustazioni Equilibrium Intelligent Food
> il Kurhaus Cademario festeggia un secolo di storia
> corso per aumentare la clientela e utilizzare i media
presenta:
SCEF 045
WEB MARKETING LOCALIZZATO
(NUOVO)
Obiettivi
imparare come ottimizzare la presenza online del
proprio ristorante, essere in grado di posizionarsi
con efficacia nei motori di ricerca, scoprire le formule vincenti di web marketing localizzato per fidelizzare la propria clientela e incrementare le
prenotazioni.
Insegnante
Nigel Casey, New World Media
(www.comunicazione-aziendale.ch)
Data e orario
28 aprile 2014, 14.00-18.00
Costo
Chf 110.00 soci / Chf 160.00 non soci
GESTIONE STIPENDI
Obiettivi
saper gestire e calcolare gli stipendi mensili dei
collaboratori rispettando le regole del vigente
Ccnl.
Insegnante
Mario Regusci, gerente GastroSocial Ticino
Date e orari
30 aprile, 7, 14 e 21 maggio 2014 (sera 17.3020.00)
Costo
Chf 250.00 soci / Chf 300.00 non soci
FOOD & BEVERAGE
(NUOVO)
Obiettivi
essere in grado di pianificare e organizzare eventi e
banchetti, conoscere le nozioni di base per una corretta pianificazione finanziaria, acquisire alcune
conoscenze e competenze relative alla gestione del
personale, conoscere e saper applicare un sistema
di controllo dell’intera gestione ristorativa (personale, sicurezza sul lavoro, costi, qualità, …).
Insegnante
Amilcare Battisti, maître d’hôtel dipl. fed. e formatore
Date e orario
5, 12, 19, 26 maggio 2014, 8.30-12.00
Costo
Chf 300.00 soci / Chf 350.00 non soci
IGIENE E SICUREZZA ALIMENTARE:
LE NUOVE LINEE GUIDA
(NUOVO)
Obiettivi
conoscere le novità apportate dalle nuove linee
guida buona prassi procedurale nell’industria alberghiera e della ristorazione (Bpiar) e saperle applicare per una corretta e ottimale gestione aziendale.
Insegnanti
Aleardo Zaccheo e Luca Bordoli, ingegneri alimentari
Data e orario
5 maggio 2014, 13.30-17.30
Costo
Chf 80.00 soci / Chf 130.00 non soci
BIRRA TICINESE
(NUOVO)
Obiettivi
conoscere varie tipologie di birra, riconoscerne le
proprietà, distinguerne la produzione e la provenienza, scoprire le diverse culture e le tecniche di
degustazione, riconoscere i vari modi di spillatura
ed i principali stili birrari, conoscere le normative
di legge, acquisire i principali abbinamenti con il
cibo.
Insegnante
Nicola Beltraminelli, birraio Birrificio Ticinese
Data e orario
5 maggio 2014, 18.30-22.30
Costo
Chf 60.00 soci / Chf 110.00 non soci
IL CAFFÈ
27 aprile 2014
45
tra
virgolette
Lo sport
L’economia
grigia
del
calcio
Così triangolazioni internazionali,
fondi d’investimento e affaristi
colonizzano il mondo del pallone
MASSIMO SCHIRA
C’
è un’autentica “economia grigia”
che regge le redini del calcio internazionale. Una sorta di universo
finanziario parallelo a quello dei
club, capace di condizionare non
solo il risultato sportivo dei vari campionati, ma
anche di modificare a piacimento il valore dei singoli giocatori per trarne guadagno. Ed è una “piovra” che snoda i suoi tentacoli dal Sudamerica
all’Europa. Dalle realtà più macroscopiche a quelle quasi invisibili, come ad esempio il Locarno (vedi articolo a lato). A far luce su questi meccanismi
è Pippo Russo - sociologo dello sport e docente
all’Università di Firenze – nel suo recente saggio
“Gol di rapina – Il lato oscuro del calcio globale”.
“L’interesse su questo tema parte dal famoso caso
del passaggio dei calciatori argentini Tevez e Mascherano al West Ham – spiega Russo al Caffè -. Si
è trattato del primo caso di giocatori ceduti in affitto e non venduti tra i club. Entrambi, infatti, erano
di proprietà di un fondo d’investimento”.
Immergendosi sempre più in questo nebuloso
panorama, il ricercatore inizia a scoprire una fittissima ramificazione di contatti, società e affari.
“Non immaginavo minimamente il livello di raffinatezza di questo meccanismo finanziario, che
coinvolge interessi economici, ma anche politici –
conferma Russo -. È una vera ragnatela sistemica e
sistematica. Un pentolone di cui non si vede (e forse non si vedrà mai) il fondo, perché ogni giorno si
scoprono due o tre nuove piste”. Il meccanismo
prevede complesse triangolazioni, con al centro
un fondo d’investimento che fa muovere diversi
giocatori in vari club con l’obiettivo di generare
guadagni. “Ai gestori di un fondo d’investimento
interessa trarre dei benefici, quindi controllando
più atleti in uno stesso campionato, ma ci sono anche allenatori e addirittura club ‘sotto controllo’, si
può agire anche sul loro valore commerciale - afferma Russo -. Ad esempio, per far aumentare la
quotazione di un attaccante, ci si può mettere d’accordo per fargli realizzare tre reti in una partita.
Magari con l’aiuto del portiere avversario, che fa,
guarda caso, parte della stessa scuderia. Non si in-
Il libro Nel volume “Gol di Rapina” anche le vicende del club ticinese
Dopo il caso Tevez-Mascherano
nasce la ragnatela dei “Locarno”
R
L’autore Pippo Russo: “I primi
casi di giocatori in affitto hanno
scoperchiato un vero calderone”
L’AVVIO
Il passaggio
di Tevez e
Mascherano
al West Ham,
da qui inizia il
libro, “Gol di
rapina”, di
Pippo Russo
(Ed. Clichy)
I casi
L’inizio
In Ticino
VERSO IL WEST HAM
IL CASO HIGUAIN
Nel 2006 il club
inglese del West
Ham ingaggia i
giocatori Tevez e
Mascherano,
provenienza
dall’Argentina. In
realtà i calciatori
sono di proprietà di
investitori privati
internazionali.
Anche il Ticino è
coinvolto in queste
triangolazioni,
soprattutto quando
emerge che il forte
centravanti argentino
Gonzalo Higuain
sarebbe “transitato”
sulle rive del
Verbano, pur senza
allenarsi o giocare.
cide solo sul risultato sportivo, insomma”.
Per gli amanti di quello che Russo definisce
“l’ex gioco più bello del mondo”, un panorama certamente poco edificante. E che trova nuovi spunti
di riflessione anche nell’attualità. “Il caso di Courtois, portiere dell’Atletico di Madrid, è addirittura
icordate il clamoroso passaggio dell’attuale centravanti del Napoli e della nazionale argentina, Gonzalo Higuain, dal River Plate al Locarno?
Non meno di due capitoli del libro
“Gol di rapina” di Pippo Russo possono aiutare a rinfrescare la memoria sul ruolo della società ticinese nel panorama mondiale del calcio-business. “Si parte dal fatto che
il Locarno è un club svizzero di
scarso rilievo – scrive Russo -. Pochissimi campionati nella A elvetica, molta serie B che è la sua attuale
categoria […]. Dunque un club non
particolarmente appetibile per i
calciatori stranieri d’élite […]. Eppure, nonostante questo doppio
grado di perifericità, a partire dalla
seconda metà degli anni Zero (dopo il 2005, ndr) il Locarno vede
transitare dai propri ranghi alcuni
dei migliori calciatori argentini.
Possibile? Sì, se si tiene conto che
quei calciatori non vestono la muta
del club svizzero nemmeno per
una seduta d’allenamento. Vengono acquistati e rivenduti nel giro di
poche settimane, talvolta giorni. E
se si guarda a quando dati l’esistenza di questo meccanismo, si capisce come mai in Argentina parlino
di ‘nuovi Locarno’ per etichettare i
club sudamericani che mostrino
una passione per le triangolazioni”.
Il passaggio di Higuain dalla
società calcistica ticinese è definito
dall’autore del libro come “paradigmatico”. Scrive ancora Russo:
“Un club-paravento (il Locarno),
che in cambio di sicurezza economica e continuità agonistica accetta di prestarsi agli interessi di un
gruppo d’investitori. Nemmeno
occulti, dato che il loro agire è
esplicito. A finanziare il Locarno è
la Haz Football Worldwide Ltd.1 di
Hidalgo, Arribas e Zahavi, la società con sede legale a Gibilterra […].
E chi finanzierebbe Haz? Secondo
Varsky (giornalista argentino, ndr)
[…] il denaro è quello degli oligarchi russi”.
Un altro particolare significativo è poi dedicato a questo caso
specifico. “Il passaggio in Europa di
Gonzalo Higuain […], è stato indicato come un’icona delle triangolazioni. Il suo viene indicato come
un caso da manuale. Il 50% del cartellino di Higuain rientra nello
stock della transazione che porta il
Locarno - cioè la Haz - ad acquistare per 13 milioni di dollari le percentuali dei cinque calciatori del
River. Due mesi dopo il Locarno
vende - si fa per dire, ovviamente Higuain al Real Madrid per 20 milioni di dollari. E poiché i diritti
economici sul calciatore sono divisi al 50% fra River Plate e Haz, ne
consegue che il club argentino dovrebbe realizzare dalla cessione 16
milioni di dollari complessivi: 6
dalla vendita della metà al Locarno, e altri 10 per la metà della transazione che porta il calciatore in
Spagna. Invece il River ricava dalla
cessione soltanto 13 milioni di dollari. Come mai? Il motivo deriva
dagli accordi stipulati fra il club e il
gruppo di Zahavi. Essi stabiliscono
che all’atto della futura vendita del
calciatore, i primi 6 milioni di dollari incassati - cioè la cifra impegnata dal fondo d’investimento per
acquistare il 50% dei diritti sul calciatore - vanno interamente al Locarno anziché essere divisi in parti
uguali col River, e che la suddivisione va fatta sull’ammontare rimanente della transazione. Dunque
su 14 milioni di dollari: 7 vanno al
River e 7 alla Haz via Locarno, che
incassa anche i restanti 6 della
transazione col Real per azzerare
l’investimento originario. Un meccanismo perfetto che neutralizza i
rischi degli investitori e si trasforma in una fonte di esorbitanti guadagni”.
paradigmatico – nota il sociologo -. Essendo di
proprietà del Chelsea, avversaria proprio degli
spagnoli nelle semifinali di Champion’s League,
Courtois avrebbe potuto essere costretto a non
giocare gli scontri diretti per un accordo tra i due
club che, peraltro, sono tra i più coinvolti nel ‘sistema’ economico parallelo. Non avesse giocato, la
competizione sarebbe in qualche modo falsata,
perché l’Atletico avrebbe avuto un danno. Scendendo invece in campo (grazie al nulla osta della
Uefa), già si profilano per lui ritorsioni da parte degli inglesi, che sono il club proprietario del giocatore”.
Il tutto è inserito in un sistema sempre più perfezionato, capillare e diffuso. Che vede affiancarsi
ai grandi club anche realtà periferiche quasi invisibili sullo scacchiere internazionale. “Un sistema
così ramificato non può appoggiarsi solo su grandi
attori – sottolinea Russo -. Necessita di una sorta
di vivaio in cui far muovere i giovani calciatori.
Quindi si basa su club di nome non altisonante e
anche di bassa categoria, che diventano meri punti di passaggio degli atleti, anche se solo sulla carta, come dimostra il caso del Locarno”.
Il futuro non lascia certamente presagire cambiamenti strutturali. “La Fifa ha modificato i regolamenti, senza però raggiungere l’obiettivo di frenare il fenomeno – conclude Russo -. L’Uefa è fortemente contraria al sistema parallelo, ma ormai è
isolata. In Sudamerica infatti i principali campionati (argentino, brasiliano e colombiano) sono letteralmente colonizzati dall’economia parallela. E
anche l’Europa non è certo immune. Basti pensare
al caso del Portogallo o al fatto che in Spagna si
pensa di inserire il settore dei fondi d’investimento all’interno di una nuova ‘ley deportiva’, la legge
sullo sport”.
[email protected]
Q@MassimoSchira
Secondo l’esperto il sistema è così
raffinato da aver bisogno
anche di ramificazioni periferiche
I tornei
Le regole
SOTTO CONTROLLO
I CAMBIAMENTI FIFA
Secondo gli esperti,
campionati come
quello brasiliano,
argentino o
colombiano sono
ormai totalmente
dipendenti da
un’economia
parallela a quella dei
club e gestita da
investitori privati.
La Fifa prova a
modificare i propri
regolamenti per
evitare che il
fenomeno diventi
troppo generalizzato,
ma i cambiamenti
risultano poco incisivi
e anche la Uefa (che
vorrebbe nuove
regole) è isolata.
IL CAFFÈ
27 aprile 2014
46
tra
virgolette
l’incontro
Chi è
Figlio d’arte, musicista
e direttore. Dal 2015
sostituirà Daniel
Barenboim alla guida
del Teatro
alla Scala di Milano
“Per me la musica non è un dogma”
M
GIORGIO VITALI
Sul podio di Lipsia
Chailly è attualmente general
musik director dello storico
Gewandhaus, l’orchestra
che fu di Felix Mendelssohn
eglio parlare di “incontri” al plurale con
Riccardo Chailly, uno dei grandi direttori
del nostro tempo, 61 anni appena compiuti, che il 7 maggio dirigerà per il Lugano Festival l’Orchestra filarmonica della
Scala al Palcongressi. Sempre disponibile, Chailly è un artista che si può definire “figlio d’arte” a tutti gli effetti. Il papà Luciano è stato un noto compositore del ‘900, ed ha ricoperto anche la carica di direttore artistico della Scala. Il
suo percorso artistico è iniziato prestissimo. Quattro sono
le città della sua vita: Milano, dove è nato, dove ha diretto
l’Orchestra Verdi e dove è stato ora chiamato a dirigere la
Scala; Bologna al cui Teatro Comunale è rimasto legato a
lungo; Amsterdam, grazie al sodalizio col Concertgebouw; Lipsia, dove è General Musik director dello storico
Gewandhaus, l’orchestra che fu di Mendelssohn.
In una delle conversazioni che abbiamo avuto ha ricordato le dimissioni di Benedetto XVI nel 2013 e la grande orchestra tedesca molto apprezzata dal pontefice: “Sa
che Orchestra e Coro di Lipsia sono stati gli ultimi complessi tedeschi a rendergli omaggio in Vaticano? Abbiamo
eseguito Lobgesang di Mendelssohn. Alla fine era felice, è
stato cordialissimo con me e mia moglie. E poi ha parlato
da grande musicologo, quale è”. A Chailly piace conversare: soprattutto col pubblico. Pochi lo sanno fare, ed è un
peccato. Lui invece cattura l’attenzione quando, durante
le prove, si volta verso la platea, svela con entusiasmo
qualche chicca della partitura che sta dirigendo, e fa cenno all’orchestra di eseguire un passaggio. “La voglia di comunicare nasce dalla convinzione di doverlo fare. Non si
impara! Ho cercato di fare sulla mia persona uno sforzo
particolare per poter essere chiaro. La musica non è né un
dogma, né un linguaggio codificato. Lo spiegare una composizione deve arrivare a tutti. Ma in fondo cos’è questa
alchimia strana della musica? Il suono nasce dal nulla e
crea un’emozione, in chi fa musica ed in chi l’ascolta. E
questo conta molto di più delle parole”.
Un’alchimia che per Chailly non ha connotazioni nazionali. Anche se, da italiano “emigrato” in Germania, sostiene che “la Germania è un modello culturale: perché lì
c’ è l’orgoglio di identificarsi con le radici della tradizione”.
Alla Germania appartengono anche autori e capolavori
che hanno segnato la sua storia di musicista. Come la
“Passione secondo Matteo” di Bach: “E il più grande capolavoro della storia della musica”, si infervora Chailly. “In
Olanda assistevo alle esecuzioni nel periodo pre-pasquale con la formula del ‘cantare con’: lì anche il pubblico intona i corali che conosce benissimo. C’era anche un’abitudine bellissima: al mattino veniva eseguita in chiesa la prima metà della Passione, poi c’era un pranzo che coinvolgeva tutta la comunità e poi dopo il pranzo la Passione veniva completata”.
L’uomo dell’orchestra
Riccardo
Chailly
Ma torniamo alla sua esperienza di “ragazzo prodigio”
del podio. “Era la stagione del bicentenario della Scala, il
1978 e Gianandrea Gavazzeni che doveva dirigere I masnadieri di Verdi si ammalò. Era un’opera rara e Claudio
Abbado sapeva che l’avevo diretto e mi chiamò”. Da un
momento all’altro Chailly passò da un concerto con I Pomeriggi Musicali, l’orchestra da camera del capoluogo
meneghino da cui sono passati negli anni i più grandi talenti, alla Scala. “Però non rammento cosa stessi dirigendo ai Pomeriggi…”, aggiunge ridendo. Glielo ricordiamo:
Renard di Stravinsky. “Le farò fare la mia memoria storica”,
replica. Poi, a consolidare il rapporto con la sua città, fu il
direttore generale Luigi Corbani, che lo chiamò nel 1999 a
guidare l’Orchestra Verdi per portarla a livelli di eccellenza, dando vita ad un rapporto che ancora continua e che
ha contribuito a rendere Chailly un vero amico del pubblico milanese.
Ora per Chailly si apre il capitolo della direzione musicale della Scala. Un traguardo per tutti. “No, un punto di
partenza per nuovi progetti”, ha ribattuto lui alla conferenza stampa di presentazione, dopo che il nuovo sovrintendente incaricato Alexander Pereira (l’uomo che ha portato ai più alti livelli il Teatro di Zurigo) disse che “era il sogno della vita di Riccardo”. E lui evoca i momenti in cui da
bambino assisteva ai concerti negli anni in cui padre era
direttore artistico del teatro: “Ricordo di aver ascoltato il
mio primo Mahler e di aver subito chiesto la partitura. Mi
sono innamorato della musica e della professione. Sa, la
frequentazione di un autore sviluppa una grande affinità.
E si scopre, irrazionalmente, di avere una vera identificazione. Con gli autori che amo è sempre un dare e prendere”. Succede anche con Verdi, un autore al quale Chailly è
sempre stato legato. Ma non in modo scontato, non per
luoghi comuni. Perché la sua passione è quella di scoprire
ciò che è stato dimenticato e di evidenziare le relazioni
che legano i compositori. Esemplare, al proposito, un suo
intervento in una trasmissione televisiva con cui aveva dimostrato quanto Verdi avesse influenzato Mahler. “Verdi è
un compositore che va sottopelle. Un genio globale ed il
suo percorso artistico è segnato da una crescita costante:
non esiste un Verdi minore. I così detti ‘anni di galera’ per
me non esistono”.
E i diversi generi musicali? Chailly non li vorrebbe divisi da steccati: col jazzista Stefano Bollani ha inciso Gershwin, ma soprattutto lo ha suonato in piazza davanti a decine di migliaia di spettatori deliranti, a Lipsia e poi nella
piazza del Duomo della sua Milano. “Io di jazz non sapevo
nulla. Ma ricordo la volta in cui, dirigendo un’orchestra
americana in un brano di Gershwin, appunto, gli orchestrali mi chiesero ‘maestro, lo facciamo jazz o straight?’, jazz
o normale, per intenderci. Ed in un attimo passarono da
uno stile a me naturale al loro stile. Fu bellissimo”.
Anche di Beethoven Chailly è interprete appassionato.
L’incisione dell’integrale delle sinfonie ha stupito tutti, per
i tempi veloci. Ha raccontato al riguardo: “Dopo la prima
prova, gli orchestrali si sono raccolti in un silenzio tombale. Gli archi si massaggiavano le braccia doloranti e qualcuno è sbottato: però! Non li ho mai sentiti ostili, ma certo
erano perplessi. Signori, ho detto, mi assumo tutte le responsabilità”. Qualche recensore tedesco ha parlato di
esecuzione “a rompicollo”, ma lui difende quella sua scelta: “È filologica. Non ho fatto altro che utilizzare i tempi indicati da Beethoven. Alla sua epoca non sarebbe stato
possibile. Ma oggi sì: e questi tempi hanno dato luogo a
scoperte straordinarie nell’ambito di questa opera gigantesca in 36 movimenti che sono le 9 Sinfonie”. Kurt Masur,
storica guida del Gewandhaus dal 1970 al ’96, presente in
sala in occasione della prima, pare abbia apprezzato. Originale, non a tutti i costi, acuto, comunicatore. Ma sempre
nel segno “della musica e del rispetto dell’Autore”. Ecco chi
è Riccardo Chailly.
IL CAFFÈ
27 aprile 2014
47
leopinioni
Trentasette anni, di Losone, insegna
astrofisica in uno degli atenei più prestigiosi al mondo, l’Imperial College di
Londra. “Quando torno in Ticino – racconta Roberto Trotta – da una parte mi
sento a casa, ma dall’altra mi sembra di
essere straniero in patria. È la maledizione di tutti gli emigranti!” Ma tornerebbe
in Ticino? “La mia è una professione di
nicchia. In Svizzera potrei lavorare solo a
Zurigo, Losanna o Ginevra”. E osservandola dall’esterno come vede la Confederazione? “Per certi aspetti la vedo con occhio benevolo, perché è il mio Paese, per
altri in modo critico perché conoscendone le potenzialità, certe cose fatico a capirle”.
Con questa intervista proseguono gli
incontri con ticinesi che vivono all’estero
e guardano al Paese da lontano senza i
condizionamenti della nostra vita politica quotidiana. Roberto Trotta ha fatto gli
FUORI
DAL
CORO
GIÒ
REZZONICO
studi liceali in Ticino e la maturità a Locarno con il massimo dei voti in tutte le
materie. Si è quindi orientato verso la fisica teorica mosso “dall’interesse e dalla
curiosità di capire le origini e il funziona-
mento dell’universo”. Dopo quattro anni
al Politecnico di Zurigo, ha conseguito
un dottorato a Ginevra studiando la radiazione cosmica emessa dal Big Bang
(le origini dell’universo). Grazie ai risultati raggiunti ha vinto una prestigiosa
borsa di ricerca post dottorato della Royal Astronomical Society, che ne assegna
una all’anno e per la prima volta l’ha
conferita a uno straniero. Per tre anni ha
insegnato all’Universita’ di Oxford, ora
da cinque anni è all’Imperial College di
Londra come assistente professore. Con
sua moglie, asconese, psicoterapeuta e
una figlia di due anni abita nella capitale
inglese. “All’inizio lo sbalzo culturale tra
la Svizzera e la Gran Bretagna è stato duro, poi abbiamo finito per integrarci”. Osservandolo da lontano come vede il Ticino e la Svizzera? “Ci sono cose che apprezzo più di prima, altre che mi infastidiscono”. Iniziamo da quelle positive.
“Ora mi rendo conto più di quando vivevo nel Locarnese di quanto sia bello il
nostro territorio, cosa di cui i ticinesi
spesso non hanno coscienza. E forse fa-
RENATO
MARTINONI
LIDO CONTEMORI
Pressione della società,
solitudine dell’uomo
Gli indios delle foreste
e i cannibali europei
Scoprendo l’America, mentre gli indigeni li stavano accogliendo come dèi discesi dal cielo, i “conquistadores” distinsero subito fra i luoghi, affascinanti, e soprattutto ricchi di
oro, e gli uomini, belli fuori (erano scandalosamente nudi), e
brutti dentro (parevano tutti figli del demonio). Pertanto i “civilizzatori”, facendo man bassa di tutto, si affrettarono a disfarsi dei “nativi”, eliminandoli senza pietà e mettendo in circolazione nel vecchio continente immagini scioccanti di
quegli esseri inferiori intenti a rosicchiare i corpi, poveretti!,
degli europei cotti allo spiedo.
L’equazione “indiani” (tutti credevano, all’inizio, di essere
arrivati nelle Indie, cioè nell’Asia più orientale) uguale “selvaggi” era fin troppo facile da istituire. Bisognava d’altronde
legittimare una gerarchia che non poteva che mettere gli
sfortunati abitanti del “Mondo Nuovo”, la maggior parte di loro era destinata a soccombere entro pochi decenni, trapassati con le spade o sterminati da virus esogeni, nella parte più
bassa della scala umana. Quale altro posto poteva essere assegnato a chi, vivendo nella promiscuità la più scandalosa,
idolatrava dei ridicoli feticci e soprattutto si nutriva della carne dei propri simili? In realtà oggi sappiamo che il cannibalismo era solo un rituale religioso. I “nativi” delle foreste si cibavano unicamente dei nemici uccisi in guerra. Ma occorreva fare di tutta l’erba un fascio: relegando gli “indios” nell’inferno degli animali più brutti e repellenti.
Se ne accorge subito Michel de Montaigne che alla fine
del Cinquecento spiega il cannibalismo come un’“estrema
vendetta”. Anzi, lo scrittore francese aggiunge che i cannibali,
quelli veri, non vivono imboscati nelle foreste equatoriali, ma
stanno in Europa. È, il suo, il tempo drammatico delle guerre
di religione. Cattolici e protestanti si scannano come bestie
nel nome di un Dio che in realtà è lo stesso per tutti. Commenta Montaigne: “Penso che ci sia ben più barbarie quando
si mangia un uomo vivo che quando lo si mangia morto”. A
“mangiare” vivi i propri connazionali, sterminandoli senza
pietà, o dandoli in pasto ai cani, erano proprio gli europei
che, nel nome della religione, superavano di gran lunga i
“selvaggi” americani in ogni genere di violenza. Questa storia
invita a due riflessioni. Non scarichiamo sugli altri, attribuendo loro colpe che non hanno, le nostre frustrazioni. E
giudichiamo i fatti con la ragione, non attraverso i pregiudizi.
Altrimenti si rischia di diventare cannibali ben più spietati di
quelli annidati, chissà poi se è vero, nelle foreste equatoriali.
Caro Diario,
fa riflettere la fine che si è dato il vicepreside del liceo sudcoreano “Danwoon” di Ansan, dopo l’ecatombe di studenti nel
traghetto della morte in gita verso l’isola di Jeju. Questo naufragio, con cause ancora da accertare, ha fatto quasi 330 dispersi
tra le 476 persone che portava a bordo. Gli studenti erano 325.
Kang Min-gyu, 52 anni, non ha retto allo strazio della catastrofe. Lo hanno trovato appeso a un albero, su una collina dell’isola di Jindo, dove sono stati riuniti i passeggeri portati in salvo.
LE CRONACHE hanno inserito il gesto nel diffuso ricorso a
questa soluzione finale adottata da 40 persone al giorno nella
Corea del Sud, un Paese di 51 milioni di abitanti. Da noi, in genere, le cause che portano a un suicidio sono una miscela di
fragilità, stanchezza, disperazione, nichilismo, uno choc devastante. Per la Corea si parla di una pressione sociale altissima.
L’incubo dell’elevata produttività moltiplica insicurezze, frustrazioni, nevrosi, solitudini avvolte nell’indifferenza. La morte
è un pedaggio dell’insuccesso.
NESSUNO avrà mai le cifre esatte, neanche approssimative,
di coloro che si sentono orfani dei fini essenziali dell’esistenza
nelle società industrializzate, costretti a subire ritmi impossibili, modelli eccessivi, esasperazioni e forzature. È saltato e salta
sempre di più, alla catena di montaggio, il circuito di madre natura. La media di 40 “vittime sociali” al giorno è impressionante. In Corea si chiama in causa il peso della vergogna, “barriera”
protettiva che noi abbiamo quasi del tutto rimosso.
TORNANDO alla fine che si è dato il vicepreside, si può
pensare che la disperazione – la maschera più vicina al nulla –
sia la soglia confinante con l’impossibilità di resistere. Viviamo
un po’ tutti lo spettacolo quotidiano di una vita ridotta a una
solitaria avventura e affidata sempre di più alla nostra sola capacità di sopportare o arrenderci. Forse paghiamo il prezzo di
aver svuotato di contenuti la vita, riducendola a qualcosa che
somiglia troppo alla morte.
SIAMO in un tempo in cui sono stati sfigurati molti valori e
si è preteso (o ci si è illusi) di surrogarli con le “cose”. Abraham
Heschel, che nelle pagine del suo “L’uomo non è solo”, si interrogava sul senso della vita, ci ha lasciato scritto che “l’essenza
dell’essere umano è il valore in esso racchiuso”. La tragedia
dell’uomo moderno sta nel fatto che abbiamo cessato di chiederci chi siamo, di interrogarci sulla nostra natura e sui gesti
che compiamo e subiamo. Nella morte del vicepreside non riesco però a non vedere un brandello di richiamo alla dignità.
Il gusto dell’uva rubata a un filare
è ignoto ai ragazzi telecomandati
DOMENICA
IN
FAMIGLIA
MONICA
PIFFARETTI
ilcaffè
Settimanale di attualità, politica, sport e cultura
rebbero bene a rispettare e preservare
maggiormente il paesaggio. Nel Cantone, poi, ci si sente parte di una comunità,
grazie ai legami sociali che sono più
stretti. Sensazione che è difficile provare
vivendo a Londra. Diciamo insomma
che la qualità di vita in Ticino è molto
elevata”. E gli aspetti negativi? “Sono il
rovescio di questa medaglia e cioè la
tentazione di chiudersi in se stessi, che è
forse naturale date le dimensioni del territorio. Inoltre la Svizzera, nonostante ottenga risultati di eccellenza in economia,
come nel mondo accademico o nel turismo, sembra avere sempre più paura ad
aprirsi al mondo e tende a chiudersi a
riccio. Peccato. Perché il nostro Paese
potrebbe dare e ricevere molto da un
mondo sempre più globalizzato, mentre
optando per la via dell’isolamento finirà
probabilmente per incontrare non poche
difficoltà”.
FOGLI
IN
LIBERTÀ
COLPI
DI
TESTA
GIUSEPPE
ZOIS
zo. Sono così i ragazzini a sbrogliarsela
da soli, previo squillo sul telefonino genitoriale per segnalare l’orario di arrivo. Come se tutto fosse a posto. In questo modo mamma e papà risolvono il
(loro) problema della sicurezza. Lasciarli uscire a giocare con altri ragazzi
in modo spontaneo senza inviti ufficiali
quando hanno finito le lezioni? Impossibile. Fa paura. Se ne sentono così tante di cose brutte. E se vanno giù in strada a giocare, o restano sul piazzale della scuola e poi dopo non tornano puntuali? E se poi, quando i genitori rincasano, il bambino non c’è ancora? Panico e ineizione di adrenalina, oltre all’abituale stress della giornata? No,
meglio che se ne restino dentro al sicu-
Direttore responsabile Lillo Alaimo
Vicedirettore
virgolette
“La Svizzera del mondo globale
potrebbe dare e ricevere di più”
IL
DIARIO
Ragazzini teleguidati (ovvero muniti di telefonino fin dalla scuola elementare) che non possono più uscire di casa finché arrivano mamma o papà. Una
realtà da grande città dove regna l’anonimato fin sul pianerottolo davanti al
proprio appartamento? No, vi sbagliate: una realtà anche vicina. In crescita
anche da noi sono i bambini che dopo
la scuola raggiungono casa, a piedi, in
bici o in bus e poi non possono fare altro che starsene in casa, fra quattro
mura, o magari dentro la loro camera
con giochini (elettronici) vari. Perché i
genitori non ci sono, o non possono esserci. Lavoro e traffico permettendo arriveranno poco prima di cena, e in
molti casi non ci sono neppure a pran-
tra
Libero D’Agostino
Caposervizio grafico Ricky Petrozzi
ro. Così non capita loro niente e, in fondo, giochicchiare con questo o quel
nuovo gioco è un intrattenimento che
piace. Passa il tempo che neanche se
ne accorgono!
Un discorso iperprotettivo, dettato
forse anche dalle migliori intenzioni in
situazioni di organizzazione familiare
difficile, che si ripete anche per tante
altre esperienze di autonomia limitata,
sempre più limitata che nel percorso di
crescita dei ragazzini arriva quindi
sempre più tardi. Ancora alle medie
vengono spesso accompagnati e sorvegliati, perché non si mettano nei guai.
Una tutela che prima o poi (ovviamente) finisce, ma finisce più tardi di una
volta. In un recente articolo apparso
Società editrice
2R Media
Presidente consiglio d’amministrazione Marco Blaser
Direttore editoriale
Giò Rezzonico
DIREZIONE, REDAZIONE E IMPAGINAZIONE
Centro Editoriale Rezzonico Editore
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sul Tages-Anzeiger, dedicato a questo
fenomeno, si diceva esplicitamente che
nel giro di un paio di generazioni il raggio di azione/movimento dei ragazzi si
è drasticamente ridotto: chi va a passeggiare nel bosco da solo, o se ne resta
per ore fuori sul piazzale a divertirsi
con altri coetanei?
Tutto è molto più controllato, sicuro, ma anche problematico per lo sviluppo di un bambino sicuro di sè, capace di cavarsela bene e non frenato in
ogni suo slancio verso nuove frontiere
di indipendenza e di socializzazione.
Davvero dobbiamo essere così? Davvero viviamo in una società dove finiremo per isolarli e teleguidarli, non tanto
come genitori, ma come grandi fratelli
RESPONSABILE MARKETING
Maurizio Jolli
Tel. 091 756 24 00 – Fax 091 756 24 97
DISTRIBUZIONE
Maribel Arranz
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Fax 091 756 24 97
angosciati? Domande da porsi, oltre
che in famiglia, anche sul piano dello
sviluppo del tessuto urbano (traffico,
spazi idoneei), perché l’altra faccia dei
‘ragazzi Indoor’, cioè che vivono molto
chiusi dentro e in modo sedentario, sono nuovi problemi di salute che i normali sfoghi esterni aiutano naturalmente a prevenire. Cantava Francesco
Guccini in una canzone dedicata a sua
figlia di qualche anno fa, che oggi suona ancora più amara: ‘Tu che non avrai
le mie risse terrose e non saprai qual è
il gusto dell’uva rubata a un filare’. Vuoi
mettere un pezzo di prato rispetto a un
parcheggio? Gli è che il primo ha generalmente meno santi in paradiso. E se
cambiassimo?
STAMPA
Ringier Print - Adligenswil AG - Druckzentrum Adligenswil
6043 Adligenswil - Tel. 041 375 11 11 - Fax 041 375 16 55
Tiratura (dati Remp ‘12)
56’545
Lettori (dati Mach ‘12-’13)
106’000
Abbonamento annuo Fr. 59.– (prezzo promozionale)
In “L’informazione” di Martin
Amis, uno scrittore non proprio baciato dalla fortuna per ordine della moglie
porta l’aspirapolvere a riparare. Essendo l’elettrodomestico privo di maniglie
– vecchio modello, il romanzo è degli
anni ‘90 – la faticosa impresa di caricarselo giù per le scale ricorda a Richard Tully le angosce di Beckett e di
Kafka: “Qualcuno doveva aver costretto Samuel Beckett a portare un aspirapolvere ad aggiustare”. L’amico-nemico
Gwen Barry, scrittore di best seller, ha
sistemato in cantina un laboratorio di
falegnameria. A furia di raccontare ai
giornalisti che la scrittura è come una
pialla, teme che qualcuno voglia verificare di persona. Per questo ha tra gli
attrezzi una sedia stortignaccola, l’importante è provarci.
Sul banco da falegname starebbe bene il manualetto del fai da te intitolato
Quei fastidiosi lavori di casa
spiegati dai grandi scrittori
CITOFONARE
MANCUSO
MARIAROSA
MANCUSO
“Sartre’s Sink”, vale a dire il lavandino
di Sartre: i lavori di casa spiegati nello
stile dei grandi scrittori. Lo firma Mark
Crick, disegnatore e fotografo inglese
che già ci aveva deliziati con “La zuppa
di Kafka”, ricettario di cucina (fintamente) compilato da Jane Austen e da
Raymond Chandler. Il divertimento sta
nello scegliere per ognuno l’incombenza più adatta. A Jean-Paul Sartre –
chi di nausea ferisce di nausea perisce
– tocca naturalmente il lavandino intasato da sgorgare. Lui osserva l’acqua
stagnante, e ne ricava pessime notizie
sulla condizione umana.
Ernest Hemingway insegna a posare
la carta da parati, il raccontino comincia così: “Il vecchio aveva lavorato due
giorni per strappare la vecchia tappezzeria. Al terzo giorno era molto stanco”.
Eppure affronta virilmente il trabajo:
“Muro, io ti rispetto, ma entro sera
avrai una nuova carta da parati, che ti
piaccia o no”. Da Dostoevskij impariamo, tra umiliazioni e offese, a rivestire
il bagno di piastrelle. Gli attrezzi appena rubati non sono adatti: una mossa
sbagliata e il sangue schizza dappertutto. Milan Kundera, tornato guardone
come quando scriveva in ceco, insegna
a sostituire il vetro di una finestra.
Da Marguerite Duras impariamo a
riparare un rubinetto che perde. Serve
una buona chiave inglese e una nuova
guarnizione. Non viene specificato il
tempo necessario per eseguire il lavoro. Ne va infatti perso moltissimo nei
preliminari, come i lettori della Duras
sanno: l’uomo passa due volte davanti
alla casa, prima di suonare il campanello. La donna, il rubinetto e l’uomo
scambiano una serie di intensi sguardi,
mentre il silenzio è rotto solo dal rumore delle gocce, prima che finalmente la riparazione abbia inizio. Solo un
genio del male poteva accostare la fastidiosa goccia all’irritante prosa della
francese, celebratissima in occasione
del centenario della nascita. Peggio
ancora sono i suoi film, ma per questi
neanche Mark Crick è riuscito a trovare una corvé domestica altrettanto noiosa.
27 aprile 2014
Il Paese nel racconto popolare
www.caffe.ch
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Il romanzo della realtà
Gli eBook del Caffè
La finestra sul cortile
33 / Storie di quotidianità familiare
ANONYMOUS
Ragazza madre svizzero
tedesca. Precisa e
rispettosa di ogni norma.
Trentacinquenne, impiegata
in un’agenzia immobiliare.
Suo figlio Gabriel ha 11anni.
Pensionato, vedovo
e piacione. Ama le
enciclopedie. Sua figlia,
Giulia, divorziata, ha un
bimbo di 6 anni, Nathan.
Non ama gli stranieri.
I fatti
e le persone
narrati in
queste storie
sono di pura
invenzione.
Anche le cose pensate
o sottintese
non hanno
alcun legame
con la realtà.
Ma così non
sempre è per
i luoghi, le
circostanze
e gli episodi
da cui prendono
le mosse
i racconti.
Quarantacinquenne,
divorziata da un medico.
Impiegata in un grande
magazzino. Bella, elegante
e... con molti amanti.
Maestro elementare. Sua
moglie, in casa tutto il
giorno, è una patita di
music pop. S’è ingrassata
a dismisura.
Il figlio Nick ha 6 anni.
Arrivano dalla Croazia.
Fanno tutti e due gli
assistenti di cura. Lei è
disoccupata, oltre che
molto sexi.
ONLINE
La raccolta
dei racconti
caffe.ch/citofoni
“Stannu parlannu da Svizzera”
S
i alzò, aggirò la cattedra e vi si mise davanti
appoggiandosi. Come faceva sempre quando
doveva ascoltare i temi dei ragazzi. Dei bambini. Quelli che aveva davanti erano di quinta,
quinta elementare, e avevano gli occhi candidi dei bambini. Soprattutto Giuseppe. Era arrivato ad anno scolastico iniziato. Dalla Sicilia. Il papà lavorava nel cantiere dell’Alp Transit. Dopo tre anni aveva deciso di portare su la
famiglia. Carte, domande, questionari... Ad
ottenere il permesso di dimora e il ricongiungimento familiare, non si sa bene con quanta
fatica, ma c’era riuscito.
«Allora ragazzi», al maestro Carlo -così si
faceva chiamare il Caverzasio, quello che sta
all’appartamento 4 della casa di ringhiera piaceva assegnare temi da svolgere a casa. Riflessioni, come le chiamava lui. «Allora ragazzi, siete riusciti domenica a fare le vostre belle
riflessioni? Il vostro Paese. Lo avete raccontato?».
Il maestro Carlo aveva in classe venticinque bambini. Oltre la metà non erano di nazionalità svizzera. E la metà della metà di
quelli di nazionalità svizzera avevano genitori non di nazionalità svizzera. Una babele, ma
che al maestro Carlo piaceva. S’arricchiva lui
e si arricchivano i bambini, diceva. Ne parlava spesso con il Lüis, il Vosti, il pensionato
saggio della casa di ringhiera dove abitavano.
Giuseppe arrivava da Linguaglossa, un
paese alle falde dell’Etna. Non sapeva bene
cosa fosse un vulcano, ma quando il maestro
glielo chiedeva, lui rispondeva ridendo: “A
montagna sputa focu.
Fu così che al maestro Carlo venne in
mente di chiedere ai bambini alcune riflessioni scritte sul loro Paese.
Molti scrissero del comune dove abitavano. Del parco giochi, del cinema, del centro
commerciale dove andavano con i genitori...
Alcuni, azzeccandoci, parlavano dei loro Paesi di origine. Li conoscevano per esserci andati in vacanza, d’estate o a Natale. Altri perché, come il Giuseppe, ci avevano abitato sino a un anno o due prima.
«Ecco Giuseppe, ora tocca a te. Di cosa
hai parlato della tua Sicilia?».
«Maestro io ho scritto della Svizzera». Per
anni la mamma gli aveva parlato di quel lontano Paese dove il papà era andato a lavorare.
I ladri dell’Italia nelle banche
ci mettono i soldi. La polizia
ci va. Ma loro dicono non so
Ritornava in estate e a Natale. E ogni volta gli
portava qualcosa. Giochi e cioccolata. E lui
non capiva perché non gli portasse dei soldi
visto che tutti, quando parlavano della Svizzera, dicevano che era un Paese ricco e per
ricchi. Pulito. Ordinato. E tutte le volte che al
telegiornale si parlava della Svizzera (c’erano
sempre di mezzo ladri che scappavano dall’Italia e poliziotti che li rincorrevano), la
mamma e il nonno ordinavano: «Silenziu, ca
stannu parlannu da Svizzera! Miii, talìa spitali
puliti ca hannu. Miii, talìa quantu sordi ca ’sti
grannissimi cornuti di politici arrubbaru all’Italia e ammucciaru a Svizzera! Miii, talìa
quantu banchi ca ci sunno a Lugano. Lo vedi
Pinuccio?! Il papà lì sta lavorando. Ecco, ec-
co... la piazza di Lugano, il lago, le banche. Pinuccio, talìa quanti fiori ci sono nei balconi
delle banche, talìa cuomu sunnu puliti di fora
’sti banchi...».
«Va bene Giuseppe, leggi pure il tuo tema
sulla Svizzera. Oggi è la Svizzera il tuo Paese».
Giuseppe esitava. Mentre gli altri bambini avevano iniziato a ridere. Lui sapeva il perché. Il suo italiano era ancora... troppo siciliano. L’accento si sentiva, eccome. E lui, non capiva bene il perché, ma non gli andava che i
suoi compagni ridessero quando lui parlava.
Fu così che il maestro Carlo capì. Prese il tema di Giuseppe e lo lesse lui. Ad alta voce.
Evitando ovviamente gli errori di grammatica. Che non erano certo solo del Giuseppe.
In cima al foglio stava scritto il nome. Giuseppe Cancemi.
«La Svizzera è una nazione che ’afacia
sulla Italia, l’Austria e Germania. Con tante
montagnie, ma non ha il mare, soprattutto
Lugano che ha il lago e le banche.
«Mio papà Salvatore lavora nei lavori del
treno veloce.
«Dice mio nonno che la Svizzera vende
sigarette e cioccolato. Coi soldi apre le banche, che mettono i fiori nei balconi ma dentro
non sono sempre buone. I delinquenti dell’Italia ci mettono i soldi. La polizia ci va. E loro dicono non lo so, non te lo dico. Ma le cose
le sanno, dice mio nonno.
«La Svizzera, se a Catania hai una malattia grave te la tieni e muori, ma se vai nelle cliniche della Svizzera vivi. Se hai i soldi. Se no
muori. Mio papà non so se ora ce li ha i soldi.
Ho a solo la fatica».