Non tutto è risolto

Anno diciannovesimo marzo 2014
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OtticaFisiopatologica
Guest Editorial
OFTALMOPLEGIA NEL DIABETE
Alessio STEFANUCCI
"Sapienza" Università di Roma, Facoltà di Medicina e Odontoiatria
INTRODUZIONE
Il diabete mellito è una patologia cronica nella quale si ha un’alterazione del
metabolismo dei carboidrati, dei lipidi e delle proteine a causa di una carenza
insulinica e di una diminuita sensibilità dei tessuti all’insulina stessa. Esistono due tipi
di diabete mellito:
- il diabete di tipo 1, definito come diabete mellito insulino-dipendente, dovuto alla
mancanza di secrezione dell’insulina;
- il diabete di tipo 2, definito come diabete mellito non insulino-dipendente, causato
da una minore sensibilità dei tessuti agli effetti dell’insulina.
In entrambi i tipi di diabete il metabolismo dei nutrienti principali è alterato.
L’effetto di base della mancanza di insulina o della resistenza all’insulina consiste nel
blocco dell’assunzione e dell’utilizzazione del glucosio da parte della maggioranza
delle cellule, con l’eccezione di quelle cerebrali.
Spesso si pensa al diabete come una malattia rara, ma i dati rilevati dal World
Health Organization (WHO) dimostrano il contrario: più di 180 milioni della
popolazione mondiale soffre di diabete, la quinta causa di morte nel mondo, dopo
le malattie contagiose, le malattie cardiovascolari e il cancro. WHO ha stimato che il
numero di morti causate dal diabete crescerà più del 50% nei prossimi dieci anni.
Il 90% della popolazione mondiale diabetica soffre di diabete mellito di tipo 2,
rispetto il 10% di tipo 1; questa percentuale sarà destinata a mutare e si assisterà ad
un ulteriore incremento del diabete di tipo 2 e dell’obesità.
Una delle possibili manifestazioni del diabete mellito sono le neuropatie craniali,
ed in particolare quelle che colpiscono i nervi che regolano la motilità estrinseca
del bulbo oculare. Esse rientrano nell’ambito delle neuropatie focali e multifocali
in cui si collocano le manifestazioni neurologiche presenti nei pazienti con diabete
mellito, in maniera isolata o multipla, i tronchi nervosi periferici ed in cui non
sono identificabili cause diverse dal diabete mellito1. Le mononeuropatie diabetiche
possono coinvolgere uno o più nervi cranici (nc) e costituiscono una manifestazione
della neuropatia diabetica2.
L’eziopatogenesi di questa forma di neuropatia viene generalmente ritenuta
diversa rispetto a quella “simmetrica distale”; oggi è ritenuta più plausibile l’ipotesi
“vascolare”, questo giustifica l’insorgenza acuta con la formazione di microinfarti
localizzati all’interno del nervo o del suo nucleo3-5.
Sono scarsi i dati relativi alla prevalenza e all’incidenza dell’oftalmoplegia nei pazienti
diabetici, mentre sono più numerosi quelli relativi alla prevalenza dei casi di diabete
fra tutti i pazienti con oftalmoplegia di qualsiasi causa.
I dati relativi alla prevalenza, alle caratteristiche cliniche e ai fattori di rischio per tali
complicanze neurologiche del diabete derivano in gran parte da casistiche di oculisti
e/o neurologi e solo raramente prendono in considerazione aspetti relativi all’assetto
glicometabolico e al profilo di rischio cardiovascolare dei soggetti interessati6-8.
I pazienti diabetici presentano un'incidenza dell’1% di sviluppare una paralisi dei
nervi cranici superiore 10 volte rispetto allo 0,1% della popolazione non diabetica9.
Questi risultati sono simili a quelli riportati in altre pubblicazioni e la distribuzione
delle paralisi dei nervi cranici è conforme con quanto riportato da Watanabe e
Naghmi9,10.
L’età media dei soggetti in cui l’oftalmoplegia si manifesta è piuttosto alta così come
la durata della malattia con valori compresi tra lo 0,4% dei pazienti ad almeno 10
9
AUTORE
CORRISPONDENTE:
alessio.stefanucci@
libero.it
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10
anni dalla diagnosi di diabete mellito11,12 e lo 0,97% dei diabetici da almeno 25
anni13.
Waite e Beetham (1935) hanno trovato una prevalenza di oftalmoplegia pari allo
0,4% fra 4001 pazienti diabetici con una durata della malattia inferiore a 10 anni14.
Autori giapponesi hanno riportato in uno studio condotto su 1961 diabetici una
prevalenza dello 0,5%15. Dyck et al (1993), non hanno evidenziato alcun caso di
oftalmoplegia fra i pazienti diabetici arruolati nel loro studio prospettico16.
Altri studi dimostrano chiaramente che la neuropatia periferica non è presente in
tutti i pazienti con mononeuropatia diabetica, ma solo il 22% di loro17,18. Pertanto, la
mononeuropatia diabetica dovrebbe essere ricercata e considerata anche in assenza
di altre più comuni forme di neuropatia diabetica.
Non vi sono sostanziali differenze riguardanti il sesso dei soggetti colpiti anche se vi
è una lieve prevalenza del sesso maschile, e la scarsa presenza dei diabetici di tipo 1
ricalca in sostanza la differenza nell’epidemiologia dei due tipi di diabete.
Sebbene i dati in letteratura non siano concordanti su quale tra il nervo oculomotore
(III)9,19 ed il nervo abducente (VI)20,21 sia più frequentemente interessato in corso di
diabete mellito, la paralisi del nervo trocleare (IV) è certamente la più rara11.
Il coinvolgimento dei nervi cranici è solitamente unilaterale e isolato anche se
talora può essere coinvolto più di un nervo contemporaneamente (moneuropathia
multiplex)25,26 ma è una condizione assai rara11,19,27.
Nei pazienti con anamnesi positiva per neuropatia craniale diabetica, una recidiva
a distanza di anni, sebbene poco frequente, può coinvolgere lo stesso e/o un
altro nervo cranico2. Sulla base dei pochi dati anatomici disponibili, si ritiene che
microinfarti (ipotesi vascolare) all’interno del tronco nervoso o del suo nucleo
costituisca la causa delle neuropatie craniali in corso di diabete mellito e ne giustifichi
tanto l’esordio acuto quanto l’evoluzione verso una restitutio ad integrum5.
Le neuropatie craniali diabetiche insorgono improvvisamente, si manifestano
prevalentemente in soggetti anziani, con lunga durata di malattia e tendono a
guarire spontaneamente9.
La presenza della “sindrome metabolica” e cioè l'insieme di fattori di rischio
metabolici (basso colesterolo HDL, elevati livelli di trigliceridi, ipertensione arteriosa,
diabete) sembrano essere fattori predisponenti a questa complicanza neurologica19,28,
questo suggerisce che la prevalenza di soggetti con oftalmoplegia aumenta se è
presente tale sindrome.
I pazienti con paralisi del VI nervo hanno una maggiore coesistenza di fattori di
rischio cardiovascolari (ipertensione e dislipidemia) rispetto a quelli con paralisi del III
paio di nervi cranici28.
La diagnosi di neuropatia craniale secondaria a diabete mellito è una diagnosi di
esclusione. In presenza di una paralisi periferica di un nervo cranico e di diabete
mellito, è importante escludere prima di tutto una patologia cerebrale. Poiché
le cause che possono determinare deficit dei nervi oculomotori sono numerose
(malformazioni vascolari, malattie demielinizzanti, neoplasie intracraniche, accidenti,
processi infettivi, malattie neuromuscolari)29, nell’iter diagnostico di valutazione di una
oftalmoplegia in un soggetto che presenti anche un’anamnesi positiva per diabete
mellito è anche raccomandato uno studio neuro-radiologico (TC o RMN) finalizzato
ad escludere altre patologie alla base della sintomatologia clinica.
Per alcuni Autori, potrebbe non essere necessario uno studio neuro-radiologico
all’esordio di una paralisi con caratteristiche tipiche, ma piuttosto si giustifica un
atteggiamento prudentemente attendista, procrastinando l’esecuzione dell’esame
alle settimane successive in caso di mancato miglioramento dei sintomi o in caso
di comparsa di nuovi sintomi e/o segni neurologici o ancora nelle forme con
caratteristiche atipiche21,30.
La valutazione e la gestione delle paralisi dei nervi cranici nei soggetti diabetici
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è controversa, ma la maggior parte di questi pazienti devono essere osservati
attraverso esami sequenziali; tuttavia, se si presentano nuovi segni o sintomi
neurologici, o la paralisi del nervo progredisce, è buona norma ripetere il videat
neurologico associato a neuro-radiologia31.
PARALISI DEL TERZO NERVO CRANICO
È presente un'ipostenia parziale o completa dei muscoli retto superiore, retto
mediale, retto inferiore e obliquo inferiore o piccolo obliquo innervati dal III nervo
(oculomotore), con ptosi palpebrale, midriasi e deviazione laterale di un solo occhio
in posizione primaria di sguardo (Fig. 1).
Quando il paziente tenta di ruotare l'occhio all'interno, questo si sposta lentamente
solo fino alla linea mediana. Nell'occhio coinvolto, sono compromessi lo sguardo
verso l'alto e quello verso il basso. Nel tentativo di guardare verso il basso, il
muscolo obliquo superiore provoca l'intrarotazione dell'occhio.
Il III nervo cranico è un nervo effettore, le affezioni dell’oculomotore nei vari punti
del suo decorso, dall’origine (il nucleo, situato nel mesencefalo dorsale) ai tratti
più periferici provocano un quadro caratterizzato del deficit motorio (paralisi dei
movimenti). Il paziente, riferisce improvviso abbassamento della palpebra superiore
(ptosi) da un lato, spesso accompagnata da dolore oculare e cefalea ipsilaterale.
La ptosi evita la visione doppia e i conseguenti disturbi dell’equilibrio. Alzando
la palpebra, la diplopia è quasi sempre presente, dato che l’acuità visiva non è
interessata e l’occhio affetto è più in basso e all’esterno (ipoexotropia) con un
angolo variabile nelle diverse posizioni di sguardo (strabismo incomitante, divergente
e verticale).
Le limitazioni a muovere l’occhio in alto (elevazione), in basso (depressione) e verso
il naso (adduzione) sono evidenti, a causa del deficit di azione, totale o parziale,
dei muscoli retti mediali, superiore ed inferiore. La pupilla può essere perfettamente
normale oppure completamente dilatata e priva di risposta allo stimolo luminoso
(midriasi non reattiva). In questo caso l’accomodazione è bloccata e quindi la visione
per vicino senza occhiali, nei soggetti giovani, sfocata. Il risparmio pupillare è spesso
citato come un mezzo di differenziazione tra le oftalmoplegie diabetiche e le altre
oftalmoplegie strutturali secondarie a compressione tumorale o aneurismatica anche
se in realtà, i dati della letteratura descrivono un interessamento pupillare variabile
dal 14 al 32%20,32-33.
Più raramente, quando è colpito il nucleo del III paio di nervi cranici, la ptosi è
bilaterale.
PARALISI DEL QUARTO NERVO CRANICO
È presente un deficit del muscolo obliquo superiore o grande obliquo innervato dal
IV nervo (trocleare).
Queste paralisi sono spesso molto difficili da individuare, in quanto colpiscono in
modo predominante la posizione verticale dell'occhio, quando esso è intraruotato
(Fig. 2). Il paziente vede immagini doppie, una al di sopra e leggermente laterale
rispetto l'altra.
Data l’azione di abbassare l’occhio (soprattutto in adduzione, quando cioè l’occhio
guarda verso il naso) e di intorsione del muscolo grande obliquo, il paziente affetto
da paralisi del IV accusa diplopia verticale e torsionale (obliqua), particolarmente
evidente guardando in basso e verso il naso. La posizione compensatoria del capo
è tipica: il paziente inclina la testa dalla parte opposta al muscolo grande obliquo
paretico; il mento è abbassato verso il basso. L’acuità visiva non è mai interessata e
il dolore è rarissimo. In posizione primaria, si osserva una deviazione in alto.
Al cover test alternato, l’iperdeviazione aumenta nello sguardo controlaterale
11
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fig. 1
12
fig. 2
Fig. 1
L’occhio
affetto (destro)
è deviato
all’esterno e
lievemente verso
il basso con
intensa ptosi
palpebrale;
talvolta la
pupilla è
dilatata e
l’accomodazione
è ridotta.
Fig. 2
Deviazione
dell’occhio verso
l’alto (ipertrofia)
dovuta a ridotta
o assente
funzione del
nervo trocleare
con ipofunzione
del muscolo
obliquo
superiore.
inclinando la testa dal lato affetto (test di Bielschowsky), si riduce nello sguardo
ipsilaterale e inclinando la testa dal lato opposto a quello del muscolo paralitico.
Nelle paralisi bilaterali del IV, si osserva un lieve strabismo verticale che si riduce
facendo guardare dal lato opposto alla sede della lesione.
PARALISI DEL SESTO NERVO CRANICO
È presente un deficit del muscolo retto laterale innervato dal VI nervo
(abducente).
Il VI paio di nervi cranici innerva il muscolo retto laterale dell’occhio dello
stesso lato, incaricato di abdurre, ovvero ruotare il bulbo verso l’esterno (Fig. 3).
L’origine nel ponte e il lungo percorso intracranico rendono la sintomatologia
analoga a quella del IV. I pazienti affetti da paralisi dell’abducente presentano
un improvviso strabismo convergente in posizione primaria e diplopia orizzontale,
che aumenta quando l’occhio paretico guarda lontano e a destra o a sinistra.
La rotazione del capo per compensare la visione doppia e mantenere la fusione
delle immagini è frequente. L’acuità visiva è mantenuta, il dolore può essere
presente anche se moderato.
L'occhio è intraruotato; si sposta all'esterno lentamente, raggiungendo al più la
linea mediana.
La diagnosi di paralisi completa del VI nervo cranico è semplice, ma la definizione
dell’eziologia può essere più complicata. In molti casi, le paralisi del VI nervo
regrediscono in seguito al trattamento dell'affezione di base.
Dei tre nervi che regolano la motilità oculare il nervo trocleare (IV) è di sicuro
quello meno frequentemente coinvolto, mentre vi sono dati discordanti per gli altri
due nervi. Secondo alcuni Autori una patologia del nervo abducente è causa di
oftalmoplegia nella maggioranza dei casi11,34, mentre secondo altri questo primato
spetta al nervo oculomotore16,34. Il coinvolgimento simultaneo di due nervi è meno
frequente della patologia di un singolo nervo16,35 mentre è raro il riscontro di recidive
a carico dello stesso nervo o di un altro nervo a distanza di un precedente episodio
di oftalmoplegia.
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Fig. 3
fig. 3
L’occhio colpito
(destro) devia
all’interno
(esotropia) e
presenta deficit
di abduzione; la
deviazione aumenta
e si rende più
evidente quando
gli occhi ruotano
entrambi verso il
lato affetto.
La prognosi delle oftalmoplegie secondarie a diabete mellito è benigna con restitutio
ad integrum nella quasi totalità dei casi in pochi mesi21.
La diplopia, sintomo principale, può essere evitata attraverso l’utilizzo di lenti
prismatiche in grado di dare al paziente stesso l’opportunità di conservare un buon
comportamento binoculare e quindi favorire la fusione delle immagini sdoppiate e di
conseguenza un buon comfort visivo.
Ovviamente, questa opportunità si rivela praticabile solo nel caso in cui la deviazione
non dovesse risultare di grande entità poiché differentemente ci si troverebbe
costretti a occludere l’occhio paretico.
Alle lenti può essere inoltre aggiunta una terapia ortottica, cioè una terapia che,
attraverso tecniche ed esercizi, riesce a riportare una fusione o visione consensuale.
Può accadere che queste cure non siano sufficienti alla riabilitazione della vista; in
questo caso si rende necessario un intervento chirurgico, a cui ci si sottopone per
rafforzare il muscolo paretico o per correggere la posizione del bulbo oculare non
prima dei sei mesi dal sorgere della sintomatologia.
Inoltre, possono essere di aiuto per un rapido e buon recupero mantenere il livello
glicemico ottimale, così come ridurre al minimo gli altri fattori di rischio più forti per
ischemia, tra cui l'ipertensione e l'iperlipidemia.
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