Prospettive di mercato

INVESTMENT MANAGEMENT
GLOBAL MULTI-ASSET GROUP | DICEMBRE 2014
Prospettive di mercato
Globale
L’Unione europea è dunque
«invecchiata e compressa» e
«un disastro visto al rallentatore»?
In un passaggio molto citato del discorso al Parlamento europeo dello scorso 25
novembre, Papa Francesco ha indicato che «sembra però affiancarsi l’immagine
di un’Europa un po’ invecchiata e compressa».1 Gli investitori, notoriamente
materialisti, potrebbero trovarsi d’accordo con il Pontefice sul fatto che gli europei
si siano allontanati dalla visione dei Padri fondatori dell’Unione europea nata
«per superare le divisioni e per favorire la pace e la comunione fra tutti i popoli
del continente». Le tendenze opposte sono emerse in tutta la loro evidenza con
l’affermarsi di partiti politici intenti a creare divisioni tra i paesi europei ed erigere
barricate sulla strada della concordia. Si tratta dei partiti che vogliono contrastare
l’immigrazione, far uscire gli stati-nazione ai quali appartengono dall’Unione europea
o addirittura rompere stati-nazione ben consolidati.
AUTORE
ANDREW HARMSTONE
Managing Director
Portfolio Manager
Global Balanced Risk
Controlled (GBaR) Strategy
Morgan Stanley Investment Management
Alcuni potrebbero sostenere cinicamente che è difficile costruire ponti per andare
incontro agli altri e creare uno spirito di comunione in tempi economici sfavorevoli.
Sicuramente il quadro economico europeo dei tempi recenti è stato abbastanza povero
da stimolare piuttosto istinti egoistici tra gli individui. In un recente editoriale nel
New York Times, Paul Krugman, Premio Nobel per l’economia, evidenzia come
la disoccupazione nell’Eurozona «sia ferma a valori doppi rispetto agli USA» e «la
deflazione tout court sia una minaccia incombente».2 In sintonia con il Santo Padre,
Krugman sembra lasciar intendere che i problemi dell’Europa hanno una dimensione
«morale» e che «i cattivi comportamenti ne sono la causa ».
Queste vedute indicano che gli attuali problemi dell’Europa necessitano di
cambiamenti radicali in termini di prospettiva e politica. Il messaggio del Papa
ha sottolineato l’importanza di rimettere in primo piano la «centralità della
persona umana» e non trattare gli esseri umani come «semplici ingranaggi di un
meccanismo». L’analisi di Krugman fa pensare che la situazione odierna sia il risultato
di decisioni politiche mediocri che occorre cambiare. Mentre entrambi i punti di
vista meritano ulteriori approfondimenti, è possibile che le dinamiche di mercato
siano già al lavoro e possano determinare se l’attuale malessere dell’Europa guarirà o
peggiorerà.
1
2
25 nov 2014, «discorso del Santo Padre Francesco al Parlamento Europeo, per intero»:
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2014/november/documents/papafrancesco_20141125_strasburgo-parlamento-europeo.html
Paul Krugman, New York Times, The Opinion Pages, «Being Bad Europeans», 30 nov 2014:
http://www.nytimes.com/2014/12/01/opinion/paul-krugman-being-bad-europeans.html
A D U S O E S C LU S I VO D EG L I I N V E S T I TO R I P RO F E SS I O N A L I E D E L L E CO N T RO PA R T I Q UA L I F I C AT E
PROSPET TIVE DI MERCATO
Innanzitutto, la bilancia dei pagamenti dell’Eurozona è
considerevolmente migliorata, da inizio anno. Il tasso di cambio
EUR/USD è arretrato di oltre l’8%, passando da €1:US$1,35
a €1:US$1,24 circa. Nell’ultimo decennio registriamo soltanto
tre periodi (alquanto brevi) nei quali la valuta è stata più
debole: verso la fine del 2005, agli inizi del 2010 e del 2012.
Verosimilmente il calo dell’euro stimolerà le esportazioni e
potrebbe far risollevare il PIL dell’Eurozona.
negative. Per l’Europa, l’impatto negativo è forse ulteriormente
esasperato dall’outlook di recessione per la Russia, importante
partner commerciale. È tuttavia possibile che, a conti fatti, le
forze «buone» generate dal miglioramento della bilancia dei
pagamenti e dal calo dei prezzi energetici «abbiano la meglio»
e che la principale «sorpresa» per gli investitori nel 2015 si
manifesti in una maggiore crescita in Europa e nell’Eurozona.
Per di più, l’Europa è una grande consumatrice di energia.
Secondo Eurostat le importazioni energetiche nette degli Stati
membri dell’UE nel 2012 hanno totalizzato 922,8 milioni di
tonnellate equivalenti di petrolio (mtep), ossia 1,83 tep pro
capite. All’interno dell’Eurozona le importazioni energetiche
nette sono risultate addirittura superiori, per un totale di 744.1
mtep, pari a 2,24 tep pro capite. È probabile che la recente
marcata flessione del prezzo del greggio alimenti la crescita
economica in Europa, abbassando i costi energetici.
Stati Uniti
All’inizio di settembre il prezzo del Brent (ossia il principale
benchmark per l’Europa) si aggirava attorno a 105 dollari al
barile. Tre mesi dopo l’indicatore è sceso a circa 70 dollari al
barile: una contrazione di quasi un terzo. Mentre ai benefici
generalizzati derivanti da questo brusco calo dei prezzi del
petrolio fa da contraltare l’arretramento dell’euro, la flessione
netta (dopo aver scontato la svalutazione monetaria) del 25%
circa potrebbe rivelarsi significativa.
Le forze di mercato, grazie al deciso miglioramento della
bilancia dei pagamenti per via di euro ed energia più
convenienti, dovrebbero supportare il PIL europeo e
dell’Eurozona in modo incisivo. Questa positività di vedute è
rafforzata dall’elevata probabilità che la Banca centrale europea
conservi una politica monetaria estremamente accomodante,
adottando persino la propria versione di allentamento
quantitativo ove possibile.
Purtroppo sono in atto anche forze di mercato negative, il «lato
oscuro» di ciò che non è altro che una «caduta libera» nei prezzi
del greggio. Tra queste forze troviamo importanti disordini
nel settore globale dell’energia che potrebbero portare a cali
sostanziali negli investimenti legati all’energia e a un numero
considerevole di licenziamenti, tutti elementi che tendono a
deprimere la crescita globale. Ma, soprattutto per l’Europa,
l’effetto del calo nei prezzi del petrolio unito alle sanzioni
economiche legate alla situazione ucraina rischiano di provocare
una pesante recessione in Russia. Poiché la Russia è sempre stata
un importante partner commerciale dell’Europa, un brusco
calo negli scambi e nei viaggi dalla Russia e da parte dei russi
potrebbe fondamentalmente annullare le forze di mercato
positive, se non altro a breve termine.
In sintesi, sebbene molti dati e commentatori influenti
avvalorino la tesi della necessità di un cambiamento radicale
di prospettiva e politica per risolvere gli attuali problemi
europei, le forze di mercato potrebbero avere già iniziato a
determinare il futuro della crescita in Europa. Dietro il «lato
oscuro» di una caduta libera dei prezzi del greggio che sta
provocando importanti disordini in un settore economico
rilevante, quello dell’energia, si celano forze particolarmente
2
ECONOMIA
In occasione dell’incontro di fine ottobre, il Federal Open
Market Committee ha posto fine agli acquisti di titoli
garantiti da ipoteche di enti pubblici e di titoli di stato a lunga
scadenza. Il Comitato ha rilevato che «dal lancio dell’attuale
programma di acquisto di attivi le prospettive del mercato del
lavoro sono notevolmente migliorate» e continua ad aspettarsi
che il tasso sui Fed Fund sia mantenuto all’attuale basso
livello di 0,00-0,25% «per un periodo prolungato». Tuttavia,
se il vigore dell’economia dovesse renderlo necessario,
potrebbe essere rialzato prima di quanto attualmente previsto.
Questa asserzione è stata condivisa dai due presidenti
della Federal Reserve Bank che in passato si erano opposti
all’affermazione che il tasso sui Fed Fund sarebbe rimasto
invariato per un periodo prolungato. L’unico voto contrario
è stato quello di Narayana Kocherlakota, presidente della
Federal Reserve Bank di Minneapolis, che si è pronunciato
a favore di un prolungamento del programma di acquisto di
attivi, unitamente all’impegno di mantenere i tassi d’interesse
invariati almeno finché le aspettative d’inflazione a 1-2 anni
non fossero tornate al 2%. Dai verbali dell’incontro è risultato
evidente come alcuni esponenti delle autorità temessero che
l’inflazione negli Stati Uniti potessero restare al di sotto della
soglia del 2% «per un periodo prolungato».
A fine novembre il Bureau of Economic Analysis (BEA) ha
riferito una crescita annua dell’economia statunitense del
3,9% nel terzo trimestre 2014, secondo la stima rivista, dopo
il +4,6% dei tre mesi precedenti. Quasi tutte le componenti
del PIL hanno fornito un contributo positivo alla crescita,
ad eccezione degli investimenti nelle scorte private. A inizio
dicembre l’Institute for Supply Management (ISM) ha
pubblicato l’indice dei direttori d’acquisto (PMI) per il settore
manifatturiero statunitense, sceso dal 59,0% di ottobre al
58,7% di novembre, segnalando un lieve rallentamento
della crescita (sostenuta). Il Census Bureau ha reso noto che
a ottobre le vendite al dettaglio hanno totalizzato 444,5
miliardi di dollari su base destagionalizzata, in aumento dello
0,3% rispetto a settembre e del 4,5% rispetto allo stesso mese
del 2013. Secondo i dati del Bureau of Labor Statistics (BLS),
a ottobre l’occupazione non agricola è salita di 214.000 unità e
il tasso di disoccupazione è sceso al 5,8%. «L’offerta di lavoro
è aumentata nei servizi alimentari e nei luoghi di vendita delle
bevande, nel commercio al dettaglio e nella sanità.» Il BLS
ha inoltre dichiarato in separata sede che l’inflazione sugli
ultimi dodici mesi a ottobre misurata sull’indice dei prezzi al
consumo (IPC) è stata dell’1,7% (dato non destagionalizzato).
DICEMBRE 2014
AZIONI
A novembre gli investitori hanno nuovamente mostrato
ottimismo circa le prospettive di crescita economica e degli utili
societari negli Stati Uniti. L’indice MSCI USA ha guadagnato
il 2,42%. Gli ultimi dati continuano a puntare su una vasta
espansione delle attività.
OBBLIGAZIONI
I titoli di Stato dei mercati sviluppati hanno messo a segno
performance positive anche a novembre, con gli investitori
concentrati sulle pressioni inflazionistiche estremamente
ridotte. I rendimenti dei Treasury di riferimento a 10 e 30
anni sono scesi di circa 17 punti base. Sui mercati creditizi
(obbligazioni non governative), le performance dei titoli di
qualità investment grade sono risultate generalmente in linea
con quelle dei titoli di Stato. Tuttavia, le obbligazioni high
yield hanno segnato il passo per via dell’allargamento degli
spread, in alcuni casi superiore a 30 punti base.
Europa
ECONOMIA
All’inizio di novembre la Banca centrale europea (BCE) ha
confermato di aver iniziato i propri acquisti di covered bond,
secondo il programma di allentamento quantitativo già
annunciato. Prossimamente la BCE darà inizio agli acquisti
di titoli garantiti da collaterale (ABS), che si protrarranno per
almeno due anni. Uno sviluppo significativo a fine novembre
è stato l’annuncio, da parte del Presidente della Commissione
europea (CE) Jean-Claude Juncker, dell’iniziativa del
Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), che
punta a promuovere gli investimenti del settore privato
nell’Unione europea per un totale di 315 miliardi di euro nei
prossimi tre anni.
A novembre gli indicatori economici nell’Eurozona sono
rimasti contrastanti. L’indice PMI elaborato da Markit per
il settore manifatturiero è sceso da quota 50,6 di ottobre a
50,1 nel mese di novembre. La crescita in Spagna, Irlanda e
Paesi Bassi è stata neutralizzata dalle contrazioni registrate
in Germania, Francia e Italia. Eurostat ha riferito che la
produzione industriale è salita dello 0,6% a settembre
nell’Eurozona (e in tutta l’Unione europea) ed è risultata
anche dello 0,6% superiore rispetto allo stesso mese del 2013.
Secondo una prima stima pubblicata a fine mese da Eurostat,
su base annua l’inflazione della regione dovrebbe essere scesa
allo 0,3% a novembre dallo 0,4% di ottobre.
Alla riunione di inizio novembre la Bank of England (BoE)
ha lasciato invariato il tasso di riferimento allo 0,50% e
l’entità del programma di acquisto di attivi a 375 miliardi
di sterline. Ancora una volta la decisione circa il tasso di
riferimento non è stata unanime e due membri del Comitato
di politica monetaria, Ian McCafferty e Martin Weale, hanno
votato a favore di un rialzo di 25 pb per impedire l’insorgere
di pressioni sul mercato del lavoro. Questi membri hanno
sottolineato che «la politica monetaria del Regno Unito
rimarrebbe ampiamente espansiva anche dopo un incremento
di 25 pb del tasso di riferimento e che un rialzo anticipato
sosterrebbe la tesi del Comitato secondo cui i futuri rialzi
del tasso di riferimento dovrebbero sempre avvenire in modo
graduale».
Nel complesso nel Regno Unito il quadro economico
e le condizioni operative delle imprese restano positivi.
All’inizio di novembre Markit e CIPS hanno dichiarato
che i rispettivi indici PMI del settore manifatturiero sono
saliti dai 53,3 punti di ottobre ai 53,5 di novembre, il livello
più alto degli ultimi quattro mesi, registrando «un’ulteriore
solida espansione della produttività, nuovi ordinativi e
occupazione». L’Office for National Statistics (ONS) ha
annunciato che da settembre 2013 a settembre 2014 il
proprio indice della produzione è salito dell’1,5%. Secondo
l’ONS le vendite al dettaglio di ottobre sono salite del 4,3%
rispetto allo stesso mese del 2013. Il dato registra ormai
una crescita su base annua da 19 mesi consecutivi. A fine
novembre l’ONS ha diffuso la stima rivista del PIL del terzo
trimestre 2014, secondo cui l’economia britannica ha messo
a segno un’espansione dello 0,7%, dopo lo 0,9% dei tre mesi
precedenti. La crescita del PIL su base annua è quindi pari al
3,0%. L’indagine sul mercato del lavoro diffusa dall’ONS a
metà novembre ha evidenziato un’ulteriore riduzione del tasso
di disoccupazione, sceso al 6,0% nel terzo trimestre 2014.
L’ONS ha osservato separatamente che l’inflazione annua dei
prezzi al consumo è salita dall’1,2% di settembre all’1,3%
di ottobre.
AZIONI
A novembre l’indice MSCI Europe è progredito del 2,49%
in dollari USA, ma i guadagni sarebbero stati più consistenti
se non fosse stato per la debolezza dell’euro. Gli investitori
hanno visto molte economie europee trarre beneficio dal
ribasso delle quotazioni petrolifere, in una fase in cui l’euro è
già a livelli bassi (ovvero tali da favorire gli esportatori) per il
contesto storico.
OBBLIGAZIONI
I rendimenti dei Bund tedeschi per le scadenze da 10 a 30
anni sono scesi di 15 punti base circa. Tranne in Grecia, i
rendimenti dei titoli di Stato a lungo termine sono risultati
inferiori anche in altri paesi dell’Eurozona. I rendimenti dei
Gilt decennali e trentennali sono scesi di 27 e 32 punti base.
Come è avvenuto negli Stati Uniti, le obbligazioni high yield
hanno sottoperformato.
Nel Regno Unito i rendimenti sui Gilt sono diminuiti di
18-25 punti base per la maggior parte delle scadenze.
3
PROSPET TIVE DI MERCATO
Giappone
Asia-Pacifico escluso Giappone
ECONOMIA
ECONOMIA
Dopo aver ampliato il programma di acquisto di attivi
in ottobre, a novembre la Bank of Japan (BoJ) ha lasciato
invariata la propria politica e acquisterà titoli di Stato
nazionali (JGB) aumentando le consistenze a un ritmo
annuale di circa 80.000 miliardi di yen. La scadenza media
residua dei titoli acquistati sarà di 7-10 anni. La BoJ acquisterà
anche exchange-traded fund (ETF) e fondi immobiliari
giapponesi (J-REIT) aumentando rispettivamente le
consistenze a un ritmo annuale di 3000 miliardi di yen e
90.000 miliardi di yen circa. Saranno conservate le posizioni
in carta commerciale e obbligazioni societarie per circa 2200
e 3200 miliardi di yen rispettivamente. A metà novembre il
primo ministro Shinzo Abe ha dichiarato che avrebbe indetto
elezioni anticipate, annunciando altresì di voler posticipare
di 18 mesi il prossimo aumento dell’imposta sulle vendite
(dall’8% al 10%), messo in cantiere per ottobre 2015.
L’indice PMI elaborato da HSBC per il settore manifatturiero
cinese è calato da quota 50,4 punti in ottobre a quota 50,0
a novembre, il valore minimo negli ultimi sei mesi. La
produzione ha registrato un calo effettivo marginale. La
generale debolezza dell’attività nel settore manifatturiero
cinese ha messo in ombra la regione nel suo complesso.
Tuttavia, l’indice PMI elaborato da HSBC per il settore
manifatturiero indiano è salito dai 51,6 punti di ottobre
ai 53,3 di novembre. In India le pressioni inflazionistiche
continuano ad attenuarsi. L’inflazione dei prezzi al consumo
su base annua è scesa dal 6,46% di settembre al 5,52% di
ottobre e l’inflazione dei prezzi dei prodotti alimentari è
passata dal 7,67% al 5,59%.
Un elemento chiave del mese di novembre sono stati i dati
del Cabinet Office che hanno evidenziato una contrazione
del PIL a un tasso annuo dell’1,6% nel terzo trimestre 2014.
Tale flessione è da attribuirsi prevalentemente alla maggiore
debolezza della domanda privata e in particolare degli
investimenti di capitale privato nell’edilizia residenziale.
All’inizio di dicembre Markit e JMMA hanno reso noto che
i rispettivi indici PMI per il settore manifatturiero sono scesi
lievemente dai 52,4 punti di ottobre ai 52,0 di novembre.
Produzione, nuovi ordinativi e dati sull’occupazione
continuano a crescere. L’attività del settore dei servizi in
Giappone ha invertito la tendenza negativa nel mese in
rassegna, dopo un rallentamento indotto dalle condizioni
meteorologiche di ottobre. Secondo lo Statistics Bureau, nei
12 mesi a ottobre l’inflazione misurata dall’IPC è stata del
+2,9%, con un calo dei prezzi al consumo dello 0,3% nel solo
mese di settembre. Il Ministero dell’economia, del commercio
e dell’industria nipponico (METI) ha reso noto che in ottobre
la produzione industriale è aumentata dell’1,9% in termini
destagionalizzati e dello 0,8% su base annua.
AZIONI
A novembre in Giappone l’indice MSCI ha avuto un
andamento sostanzialmente laterale. L’indice MSCI Japan
è progredito dello 0,29% in dollari USA. Le aggressive
politiche espansionistiche del Governo e la correzione dello
yen negli ultimi mesi sono state considerate positive per gli
utili societari.
OBBLIGAZIONI
Nel corso del mese di novembre i rendimenti dei titoli di
Stato nazionali (JGB) sono diminuiti di 22 punti base,
ma il resto della curva dei rendimenti ha fatto segnare
variazioni modeste.
4
AZIONI
In ottobre l’indice MSCI Emerging Markets Asia ha
guadagnato lo 0,16%. Il calo del 4,86% dell’indice MSCI
della Malesia, produttrice di energia, e del 2,55% dell’indice
per la Corea del Sud sono stati controbilanciati da modesti
avanzamenti altrove. Uno degli sviluppi salienti del mese è
stato il lancio della piattaforma Shanghai-Hong Kong Stock
Connect (accesso reciproco al mercato), che consentirà agli
investitori internazionali di negoziare le azioni della classe
A del listino di Shanghai tramite i propri conti di Hong
Kong e agli investitori della Cina continentale di negoziare
direttamente i titoli quotati a Hong Kong. Questa piattaforma
rappresenta un ulteriore passo in avanti verso la graduale
liberalizzazione dei mercati dei capitali cinesi.
America Latina
ECONOMIA
L’economia del Brasile resta debole. L’attività del settore dei
servizi è stata depressa dall’inflazione elevata e le condizioni
del settore manifatturiero si sono deteriorate, con produttività
e occupazione in calo. L’incertezza circa le future politiche del
Governo ha frenato gli investimenti. L’indice PMI elaborato da
HSBC per il settore manifatturiero brasiliano è sceso dai 49,1
punti di ottobre ai 48,7 di novembre. L’evento di rilievo è stata
la nomina a Ministro delle finanze di Joaquim Levy, che ha
dichiarato il proprio impegno a portare in pareggio il bilancio
nell’arco di un anno circa. Le società esportatrici messicane
continuano a beneficiare del vigore dell’economia statunitense.
AZIONI
I cali dei mercati e/o delle valute di Brasile, Messico e
(soprattutto) Colombia hanno fatto retrocedere l’indice
MSCI Latin America del 4,74% in dollari USA nel mese di
novembre. Tutti e tre i paesi sono apparsi vulnerabili alla
flessione del prezzo del greggio. Il Perù, il cui indice MSCI
è progredito del 2,98%, è stato tra i migliori in termini di
performance, insieme al Cile.
DICEMBRE 2014
Europa orientale, Medio
Oriente e Africa
ECONOMIA
La debolezza generalizzata dell’attività economica continua
a rappresentare una sfida per Governi e imprese di molti
paesi dell’Europa centrale e orientale, malgrado il recupero
del settore manifatturiero ceco. I paesi del Consiglio di
cooperazione del Golfo (GCC), come Arabia Saudita, Emirati
Arabi Uniti (EAU) e Qatar, continuano a registrare una solida
crescita, beneficiando dei prezzi del petrolio ancora alti su
base storica e di iniziative governative volte a diversificare le
rispettive economie dalla produzione di energia.
AZIONI
Come di consueto, a novembre i mercati dell’Europa centrale
e orientale (CEE), Medio Oriente e Africa hanno espresso
risultati contrastanti. La flessione delle quotazioni del petrolio
non ha avuto un forte impatto sui mercati di Qatar ed Emirati
Arabi Uniti, che hanno espresso un andamento laterale nel
mese in rassegna. L’indice MSCI Russia è sceso del 10,89%
in dollari USA. Ancora una volta la Turchia ha archiviato i
migliori risultati in termini di performance.
Informazioni sull’autore
ANDREW HARMSTONE
Managing Director
Andrew Harmstone è Lead Portfolio Manager per la strategia
Global Balanced Risk Control (GBaR) e fa parte del Global
Multi Asset Group, guidato da Cyril Moullé-Berteaux.
È approdato a Morgan Stanley nel 2008 e vanta 30 anni
di esperienza nel settore. Prima di entrare nella società ha
lavorato presso Bear Stearns nel ruolo di Head of European
Equity Quantitative Research. In precedenza ha diretto le
aree European Equity Derivatives e Quantitative Research di
Lehman Brothers. Nel 2004, quando lavorava presso Lehman,
si è aggiudicato il primo posto nella categoria Derivatives
Research in Europa nell’ambito dell’indagine relativa agli
investitori istituzionali. È stato inoltre Head of Product
Development presso Credit Suisse e ha occupato diverse
posizioni, tra cui European Head of Structured Derivatives
e US Head of the Futures and Options Group presso J.P.
Morgan Investment Management, ed è stato consulente della
Presidential Task Force on Market Mechanisms incaricata
di studiare la crisi dei mercati del 1987. Harmstone ha
conseguito un Master of Arts in Business Economics presso la
University of Pennsylvania e un Bachelor of Arts (Honors) in
Economics presso la University of Wisconsin.
Morgan Stanley
Investment Management3
Morgan Stanley Investment Management, assieme
alle consociate specializzate in servizi di consulenza
d’investimento, vanta un organico formato da 581
professionisti d’investimento dislocati in tutto il mondo e al
30 settembre 2014 gestiva o vigilava attività per 398 miliardi
di dollari. Morgan Stanley Investment Management punta
ad offrire performance d’investimento di lungo termine
superiori, un servizio d’eccellenza e una gamma esaustiva di
soluzioni di gestione degli investimenti pensate per una base
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informazioni, inviare una e-mail a inforetail@morganstanley.
com o consultare il sito www.morganstanley.com/im.
3
F
onte: patrimonio gestito al 30 settembre 2014. Morgan Stanley
Investment Management è la divisione di asset management di
Morgan Stanley. Gli attivi sono gestiti dai team rappresentanti le
diverse entità giuridiche di Morgan Stanley Investment Management;
i team di gestione di portafoglio lavorano principalmente dagli uffici
di New York, Filadelfia, Londra, Amsterdam, Singapore e Mumbai.
Le cifre si riferiscono al patrimonio totale gestito/amministrato da
Morgan Stanley Investment Management.
5
PROSPET TIVE DI MERCATO
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