QUI - Dipartimento di Matematica

CAPITOLO 5
Il Teorema Fondamentale del Calcolo
1. Introduzione
È giunto il momento di studiare la validità di uno dei risultati cruciali dell’Analisi Matematica, quello che mette in relazione il problema di calcolare misure
(ovvero lunghezze, aree, volumi ecc...) con il problema di trovare primitive d’una
funzione data: il Teorema Fondamentale del Calcolo. Tutti ricorderete il primo
incontro ravvicinato con un risultato di questo tipo, nella Teoria di Riemann, che
ricordiamo qui sotto:
Teorema 5.1. Sia f : [a, b] ! R una funzione continua e si denoti con F :
[a, b] ! R
Z x
(5.1)
F (x) :=
f (s) ds
a
la sua it funzione dell’area. Allora, F è derivabile in (a, b) e risulta F 0 (x) = f (x),
per ogni x 2 (a, b).
La funzione F è ben definita nella nuova Teoria dell’Integrale di Lebesgue, come
visto nell’esercizio 1.39. Dato che le primitive d’una funzione continua f 2 C([a, b])
coincidono fra loro a meno di costanti additive, dal Teorema precedente segue il
seguente risultato, denominato a volte Secondo Teorema Fondamentale del Calcolo:
Teorema 5.2. Sia f 2 C 1 ([a, b]) e sia f 0 2 C([a, b]) la sua derivata. Allora,
per ogni x 2 [a, b], vale la seguente formula:
Z x
(5.2)
f (x) f (a) =
f 0 (s) ds.
a
Per completezza, presentiamo qui la semplice dimostrazione del Teorema 5.1.
Dimostrazione del Teorema 5.1. Vogliamo dimostrare che, per ogni x 2
(a, b), si ha che
Z
1
1 x+h
(5.3)
lim (F (x + h) F (x)) = lim
f (s) ds = f (x).
h!0 h x
h!0 h
Dato che f è continua, per il Teorema della media integrale esiste un punto di
massimo ⇠h 2 [x, x + h], tale che
1
(F (x + h)
h!0 h
lim
F (x)) = lim f (⇠h )
h!0
ed il limite a destra dell’ultima uguaglianza coincide con f (x), dato che f è continua.
⇤
La continuità gioca dunque un ruolo fondamentale nella dimostrazione del precedente risultato, dato che si è invocato il Teorema della Media Integrale. La (5.3)
lascia intuire la seguente versione multi-dimensionale del Teorema precedente:
87
88
5. IL TEOREMA FONDAMENTALE DEL CALCOLO
Teorema 5.3. Sia ⌦ ⇢ Rd un aperto connesso e sia f 2 C(⌦; R). Allora, per
ogni x 2 ⌦, si ha che
Z
1
(5.4)
lim+
f (s) ds = f (x).
r!0 |Br (x)| BR (x)
Con il simbolo |Br (x)| indichiamo la misura (di Lebesgue) della palla con centro
in x e raggio r > 0. In realtà, la vera informazione rilevante è quella che le funzioni
continue su un compatto sono uniformemente continue (Teorema di Heine-Cantor),
come mostra le seguente dimostrazione (che vale anche per il Teorema 5.1).
Dimostrazione. Riscriviamo la (5.4) come segue:
Z
1
(5.5)
lim
(f (s) f (x)) ds = 0.
r!0+ |Br (x)| Br (x)
Denotiamo con ↵ := f (x) ed osserviamo che
Z
1
(f (s) f (x)) ds  kf
|Br (x)| Br (x)
↵kL1 (Br (x)) ! 0,
quando r ! 0+ , per ogni x 2 ⌦, dato che f è continua.
⇤
È ragionevole chiedersi se, rimuovendo l’ipotesi di continuità e supponendo che
f 2 L1 , il precedente risultato continui ad essere vero; è bensì ragionevole pensare
che la proprietà, che per funzioni continue vale ovunque, per funzioni limitate debba
valere quasi ovunque. Il primo obiettivo di questo Capitolo è quello di dimostrare
che il Teorema 5.3 vale quasi ovunque, non appena l’integrale nella (5.4) ha senso:
tale risultato è noto come Teorema di Derivazione di Lebesgue. Premettiamo
una definizione all’enunciato del teorema.
Definizione 5.1 (L1loc ). Sia (X, B, µ) uno spazio di misura, con X spazio
topologico. Una funzione misurabile f : X ! C è detta localmente integrabile
(scriveremo f 2 L1loc ) se, per ogni compatto K ⇢ X risulta f 2 L1 (K) (ovvero
f K 2 L1 ).
Nello spazio di Lebesgue (Rd , L[Rd ], m), dimostreremo il seguente risultato.
Teorema 5.4 (Teorema di Derivazione di Lebesgue). Sia f 2 L1loc (Rd ). Allora,
per quasi ogni x 2 Rd , si ha che
Z
1
(5.6)
lim
f (s) ds = f (x)
(q.o.)
r!0+ |Br (x)| Br (x)
punti per cui vale la (5.6) sono comunemente denominati punti di Lebesgue di
f ; il Teorema di Derivazione di Lebesgue afferma, dunque, che quasi ogni punto è di
Lebesgue per una funzione in L1loc . Presenteremo una dimostrazione del Teorema
5.4 nella Sezione 3; ciò richiederà lo studio d’un importante operatore, utile in
molti campi distinti dell’Analisi Matematica: la funzione massimale di HardyLittlewood. Fra varie cose, dimostreremo che la funzione massimale di HardyLittlewood è limitata in Lp , come conseguenza delle disuguaglianze (1, 1)-debole,
(1, 1)-debole e del Teorema d’interpolazione di Marcinkiewicz; mostreremo inoltre
alcune interessanti applicazioni. 3.
A differenza del Teorema 5.3, il Teorema 5.1 non ha una generalizzazione molto
intuitiva al caso multi-dimensionale. Osserviamo che, nelle ipotesi del Teorema 5.1,
la funzione F è di classe C 1 ; nell’ipotesi di derivabilità quasi ovunque, tuttavia,
l’identità (5.3) ha senso. È lecito, dunque, porsi la seguente domanda: se F è una
funzione derivabile quasi ovunque, con derivata F 0 = f , vale (5.3)?
Il seguente celebre esempio mostra che, in generale, la risposta alla precedente
domanda è falsa.
2. IL TEOREMA DI MARCINKIEWICZ
89
Esempio 5.1 (Funzione di Cantor-Vitali). Sia definisca per ricorrenza la seguente successione di funzioni Fn : [0, 1] ! [0, 1]:
8
1
>
0  x < 13
< 2 Fn (3x),
1
1
2
F0 (x) := x;
Fn+1 (x) := 2 ,
3 x< 3
>
:1 1
2), 23  x  1.
2 + 2 Fn (3x
Si definisca, inoltre, F (x) := limn!1 F (x), per ogni x 2 [0, 1]. F è detta funzione di
Cantor-Vitali. Per come è costruita, F è derivabile sul complementare dell’insieme
di Cantor C, definito nell’Esercizio 1.15, con derivata nulla F 0 ⌘ 0 quasi ovunque
(ovvero su C c ). Tuttavia, la formula (5.3) fallisce, infatti
Z 1
F (1) = 1 6=
F 0 (x) dx = 0.
0
In termini meccanici, se assumiamo la derivata della funzione di Cantor-Vitali
come velocità, non è possibile definire lo spazio come il suo integrale.
Come vedremo nella Sezione 4, la regolarità minima da richiedere ad F affinché
valga (5.3) è quella AC, delle funzioni assolutamente continue. Osserveremo
che la funzione di Cantor-Vitali non è assolutamente continua, ma ha regolarità
peggiore, quella delle funzioni BV a variazione limitata.
2. Il Teorema di Marcinkiewicz
Dedichiamo questa parte ad un celebre risultato della Teoria dell’Interpolazione Reale, noto come Teorema di Marcinkiewicz. Partiamo con alcune definizioni
preliminari.
Definizione 5.2 (Funzione di distribuzione). Sia (X, B, µ) uno spazio di misura, con µ : B ! [0, +1] misura positiva e sia f : X ! C una funzione misurabile.
Per ogni 2 R, la funzione
⇣ ⌘
(5.7)
m( , f ) := µ({x 2 X : |f (x)| > }) =: µ E f
è detta funzione di distribuzione di f relativa al livello . L’insieme E f è detto
sopra-livello di f relativa a .
Abbiamo già avuto un incontro com m( , f ) nei capitoli precedenti, quando
abbiamo dimostrato la disuguaglianza di Markov, che con le nuove notazioni si
scrive come segue:
1
(5.8)
m( , f )  kf kL1 ,
( > 0).
Osserviamo che E f 2 B, dato che f è misurabile e di conseguenza anche |f | lo è.
Seguono alcune proprietà elementari della funzione di distribuzione.
Esercizio 5.1. Sia (X, B, µ) uno spazio di misura, con µ : B ! [0, +1] misura
positiva e sia f : X ! C una funzione misurabile. Dimostrare o confutare le
seguenti proprietà:
(i) 1 < 2 ) m( 1 , f ) m( 2 , f );
(ii) se f 2 C(X; C), allora lim ! +
m( , f ) = m( 0 , f ), per ogni 0 2 R;
o
(iii) se f 2 C(X; C), allora lim ! o m( , f ) = m( 0 , f ), per ogni 0 2 R.
Esercizio 5.2. Sia (X, B, µ) uno spazio di misura, con µ : B ! [0, +1] misura
positiva e siano f, g : X ! C due funzioni misurabili. Dimostrare che, per ogni
2 R,
✓
◆
✓
◆
(5.9)
m( , f + g)  m
,f + m
,g .
2
2
90
5. IL TEOREMA FONDAMENTALE DEL CALCOLO
Esercizio 5.3 (Disuguaglianza di Tchebychev). Sia (X, B, µ) uno spazio di
misura, con µ : B ! [0, +1] misura positiva e sia f 2 Lp (µ). Dimostrare la
disuguaglianza di Tchebychev
(5.10)
p
m( , f ) 
kf kpLp ,
( > 0).
Proposizione 5.5. Sia (X, B, µ) uno spazio di misura, con µ : B ! [0, +1]
misura positiva e sia f : X ! C una funzione misurabile. Valgono le seguenti
identità:
Z +1
d
p
(5.11)
kf kpLp = p
m( , f )
,
(1  p < 1)
0
(5.12)
kf kL1 = inf{ 2 R : m( , f ) = 0}.
Dimostrazione. La (5.12) segue immediatamente dalla definizione della norma L1 . Proviamo la (5.11). Per definizione di m( , f ), abbiamo
Z +1
Z +1
⇣ ⌘
p 1
p 1
p
m( , f ) d = p
µ Ef d
0
0
✓Z
◆
Z +1
p 1
=p
d .
f dµ
E
0
X
Dato che le funzioni integrande sono positive, per il Teorema di Fubini possiamo
scambiare l’ordine di integrazione e calcolare esplicitamente
◆
Z +1
Z ✓Z +1
p 1
p 1
p
m( , f ) d = p
dµ
Ef d
0
X
0
!
Z
Z
Z
|f (x)|
=
X
p
p 1
d
dµ =
0
X
|f (x)|p dµ,
⇤
il che completa la dimostrazione.
La disuguaglianza di Tchebychev e la proposizione precedente mostrano lo stretto legame esistente fra le norme Lp e le funzioni di distribuzione. Inoltre, la stessa
disuguaglianza di Tchebychev motiva la seguente definizione.
Definizione 5.3 (Spazi Di Lorentz). Sia (X, B, µ) uno spazio di misura, con
µ : B ! [0, +1] misura positiva e sia f : X ! C una funzione misurabile. Si
definiscono le seguenti quantità:
• se 1  p < 1, 1  q  1,
1
(5.13)
(5.14)
kf kp,q := p q
• inoltre si definiscono
kf k1,1 := kf kL1 ,
1
m( , f ) p
Lq ( d
)
kf k1,1 := kf kL1 .
Lo spazio Lp,q delle funzioni f tali che kf kp,q è detto spazio di Lorentz, di
esponenti p e q. Nel caso q = 1, lo spazio Lp,1 è comunemente denominato spazio
Lp -debole o anche spazio di Marcinkiewicz di esponente p. Gli spazi L1,q , con
q 2 (1, 1), si lasciano usualmente indefiniti. La (5.13) si scrive esplicitamente come
segue:
✓Z +1
◆ q1
q d
1
q
kf kp,q = p q
m( , f ) p
,
p 2 (1, 1), q 2 [1, 1)
0
1
kf kp,1 = sup m( , f ) p ,
>0
p 2 (1, 1).
Il seguente utile esercizio mostra come la precedente definizione sia naturale.
2. IL TEOREMA DI MARCINKIEWICZ
91
Esercizio 5.4. Sia (X, B, µ) uno spazio di misura, con µ : B ! [0, +1] misura positiva, siano f, g : X ! C due funzioni misurabili e siano p, q come nella
definizione 5.3. Dimostrare le seguenti proprietà:
(i) per ogni p 2 [1, 1], kf kp,p = kf kLp e, di conseguenza, Lp,p = Lp ;
(ii) per ogni p 2 (1, 1), 1  q1 < q2  1, Lp,q1 ⇢ Lp,q2 ;
(iii) esiste k = k(p, q) 1 tale che kf + gkp,q  k (kf kp,q + kgkp,q ).1
(iv) se f 2 Lp,q , allora |f (x)| < 1 per µ-quasi ogni x 2 X.
La proprietà (iii) dell’esercizio precedente, insieme alle evidenti affermazioni
kf kp,q = 0
)
f ⌘0µ
q.o.,
kcf kp,q = |c|kf kp,q ,
per ogni c 2 C, ci permette di concludere che k · kp,q è una quasi-norma (a meno di quozientare rispetto all’usuale relazione d’equivalenza dell’uguaglianza quasi
ovunque) e che, quindi, lo spazio (Lp,q , k · kp,q ) risulta essere quasi-normato.
Esercizio 5.5 (Riarrangiamenti sferici). Sia (X, B, µ) uno spazio di misura,
con µ : B ! [0, +1] misura positiva e sia f : X ! C una funzione misurabile.
Come nell’Esercizio 2.18, si definisca il riarrangiamento sferico
f ? : [0, +1] ! [0, +1],
f ? ( ) := inf{t
0 : m(t, f )  },
Dimostrare le seguenti proprietà:
(i) La funzione |f | ed il suo riarrangiamento f ? ( ) sono equi-misurabili, ovvero m( , f ) = m( , f ? ), per ogni 2 R;
(ii) gli spazi Lp,q definiti nell’Esercizio 2.18 e nella Definizione 5.3 coincidono.
Esercizio 5.6. Dimostrare che la funzione f (x) = |x| , con 0 < < d, è tale
d
d
che f 2 L ,1 (Rd ), ma f 2
/ L (Rd ). Costruire, inoltre, una funzione f 2 L1,73 (R3 )
tale che, per ogni q 2 [1, 73), f 2
/ L1,q .
Esercizio 5.7. Mostrare due funzioni f, g 2 L2,1 (R3 ) tali che f g 2
/ L1 .
L’esercizio precedente mostra che la disuguaglianza di Hölder (nella fattispecie,
Cauchy-Schwartz) non vale, in genere, se si sostituiscono le norme forti con le norme
deboli nel termine a destra. Ci si potrebbe chiedere, tuttavia, se f g 2 L1 quando
almeno una fra f e g è in L2 e l’altra in L2,1 . La risposta è, anche in questo cado,
falsa, come mostra il seguente esercizio.
Esercizio 5.8. Mostrare due funzioni f 2 L2,1 (R), g 2 L2 (R) tali che f g 2
/ L1 .
Esiste una versione generale della disuguaglianza di Hölder negli spazi di Lorentz, di cui non ci occuperemo in questo corso2, che richiede condizioni di rigidità sugli
esponenti q degli spazi Lp,q , non verificate nei casi precedentemente considerati.
L’Esercizio 5.4 mostra che Lp,1 ⇢ Lp ⇢ Lp,1 e, come visto nell’Esercizio 5.6,
tali inclusioni sono strette. La catena degli spazi di Lorentz Lp,q è, dunque, più fine
rispetto a quella degli spazi Lp . Usando solo la definizione ed alcune disuguaglianze elementari di interpolazione numerica, si possono risolvere i seguenti utilissimi
esercizi.
Esercizio 5.9 (Interpolazione debole-debole). Siano 1  p0 < p1 < 1;
dimostrare che
Lp0 ,1 \ Lp1 ,1 ⇢ Lp✓ ,1 ,
per ogni p✓ 2 [p0 , p1 ].
In realtà, vale un’inclusione più forte della precedente, come mostra il seguente
esercizio:
1Suggerimento: usare (5.9)
2O’Neil, R., Convolution operators and L(p, q)-spaces, Duke Math. J. 30 (1963), 129–142.
92
5. IL TEOREMA FONDAMENTALE DEL CALCOLO
Esercizio 5.10 (Interpolazione debole-forte). Siano 1  p0 < p1 < 1; dimostrare che
Lp0 ,1 \ Lp1 ,1 ⇢ Lp✓ ⇢ Lp✓ ,1 ,
(5.15)
per ogni p✓ 2 [p0 , p1 ].
Suggerimenti. Per risolvere l’Esercizio 5.9, si osservi che, per ipotesi,
m( , f ) 
M0p0
p0
m( , f ) 
,
M1p1
p1
,
per qualche costante M0 , M1 e per ogni 2 R. Usando un’elementare disuguaglianza di convessità, è sufficiente provare che
(5.16)
m( , f ) 
M✓p✓
p✓
.
Per risolvere l’Esercizio 5.10, bisogna migliorare l stima (5.16). Denotando con
p
p
M 0
M 1
l’unico valora per cui p00 = p11 , si dimostri che vale la stima più forte
✓
◆✏
M p✓
0
(5.17)
m( , f )  p✓ min
,
,
✓
per ogni
0
0
2 R e per qualche ✏ > 0. Inserendo (5.17) in (5.11), si ottenga la stima
kf kLp✓  Cp0 ,p1 ,✓,✏ M✓
e si concluda la dimostrazione.
L’inclusione (5.15) può essere informalmente enunciata dalla seguente affermazione: gli spazi Lp sono ottenuti da un’opportuna interpolazione fra spazi Lp -deboli.
Il Teorema di Marcinkiewicz estende tale concetto ad operatori definiti fra spazi
deboli e mostra che, interpolando opportune proprietà di limitatezza debole si ottengono proprietà di limitatezza forte. Per enunciare il risultato principale, abbiamo
bisogno di una definizione preliminare.
Definizione 5.4 (Operatori di tipo forte e di tipo debole). Sia (X, B, µ)
uno spazio di misura, con µ : B ! [0, +1] misura positiva. Un operatore T definito
sulle funzioni misurabili f : X ! C è detto sub-lineare se, per ogni f, g : X ! C
misurabili, risulta
|T (f + g)|  |T f | + |T g|.
Un operatore è di tipo forte (p, q), con p, q 2 [1, 1], se esiste una costante M =
Mpq > 0 tale che, per ogni f 2 Lp ,
kT f kq  Mpq kf kp .
Un operatore è di tipo debole (p, q), con p, q 2 [1, 1], se esiste una costante
M = Mpq > 0 tale che, per ogni f 2 Lp ,
kT f kq,1  Mpq kf kp .
Esercizio 5.11. Sia (X, B, µ) uno spazio di misura, con µ : B ! [0, +1] misura
positiva sia T un operatore sub-lineare definito sulle funzioni misurabili f : X ! C.
Dimostrare le seguenti proprietà:
(i) sia (p, q) 6= (1, 1); T è di tipo forte (p, q) ) T è di tipo debole (p, q);
(ii) T è di tipo forte (1, 1) se e solo se T è di tipo debole (1, 1).
Siamo pronti ad enunciare il risultato fondamentale di questa sezione. A partire
da ora, lavoreremo sempre sullo spazio di Lebesgue (Rd , L[Rd ], md ).
2. IL TEOREMA DI MARCINKIEWICZ
93
Teorema 5.6 (Teorema di Marcinkiewicz). Sia r 2 (1, +1] e sia T un
operatore sub-lineare su L1 (Rd ) + Lr (Rd ) a valori nelle funzioni misurabili su Rd .3
Se T è di tipo debole (1, 1) ed (r, r), allora T è di tipo forte (p, p), per ogni p 2 (1, r).
Dimostrazione. Distinguiamo due casi: r = 1, r < 1.
Caso r = 1. L’operatore T è di tipo debole (1, 1) per ipotesi, dunque è di tipo
forte (1, 1) (Esercizio 5.11). A meno di rinormalizzare e di considerare il nuovo
operatore kT k 1 T , possiamo dunque supporre che
8f 2 L1 .
kT f k1  kf k1 ,
Per ogni f 2 L1 + Lr e per ogni
(
f (x), |f (x)| 2
f (x) :=
,
0,
altrimenti
> 0, definiamo i troncamenti
(
f (x),
f (x) := f (x) f (x) =
0,
|f (x)| < 2
altrimenti.
Dato che f = f + f , dalla sub-linearità di T e dalla definizione di f otteniamo
facilmente che
|T f (x)|  T f (x) +
2
,
per ogni x 2 Rd . Di conseguenza, abbiamo
⇢
d
(5.18)
{x 2 R : |T f (x)| > } ⇢ x 2 Rd : T f (x) >
2
.
L’operatore T , inoltre, è di tipo (1, 1)-debole; di conseguenza, esiste c > 0 tale che
✓
◆
Z
(5.19)
T f 1,1 = sup m
,Tf
c f 1=c
|f (x)| dx.
2
>0 2
{|f (x)|
/2}
Grazie a (5.11), (5.19), usando il Teorema di Fubini stimiamo, per ogni p 2 (1, 1),
!
Z
Z
Z
+1
kT f kpp = p
+1
p 1
0
= 2cp
Z
Rd
Z
m( , T f ) d  2cp
2|f (x)|
p 2
0
d
!
p 2
0
|f (x)| dx =
{|f (x)|
/2}
|f (x)| dx
dx
2p cp
kf kpp ,
p 1
quindi T è di tipo forte (p, p); ciò completa la dimostrazione nel caso r = 1.
Caso r < 1. Usiamo le stesse notazioni f = f + f definite precedentemente,
Poiché T è (1, 1)-debole ed (r, r)-debole, invocando la sub-linearità di T e la (5.9),
otteniamo facilmente
✓
◆
✓
◆
m( , T f )  m , |T f | + |T f |  m
,Tf
+m
,Tf
2
2
Z
Z
2c1
(2cr )r
r

f (x) dx +
|f (x)| dx
r
d
d
R
ZR
Z
2c1
(2cr )r
r
=
f (x) dx +
|f (x)| dx.
r
|f |
2
|f |< 2
3per la definizione dello spazio Lp + Lq , si veda l’Esercizio 2.11
94
5. IL TEOREMA FONDAMENTALE DEL CALCOLO
Come nel caso r = 1, l’ultima disuguaglianza ci permette di stimare
Z +1
p 1
kT f kpp = p
m( , T f ) d
0
!
!
Z
Z 2|f (x)|
Z
Z +1
p 2
p 1 r
 2c1 p
d
|f (x)| dx + 2r crr p
d
|f (x)| dx
Rd
p
0
2p crr p
✓
p
2p crr p
2 c1 p
2 c1 p
kf kpp +
kf kpp =
+
p 1
r p
p 1
r
e ciò conclude la dimostrazione.
=
p
◆
Rd
2|f (x)|
kf kpp
⇤
Esiste una versione del Teorema di Marcinkiewicz non diagonale, in cui le ipotesi
sono che l’operatore sia di tipo debole (p0 , q0 ) e (p1 , q1 ), che si può ottenere dalla
precedente utilizzando la disuguaglianza di Hölder ed un argomento di dualità, di
cui non ci occuperemo in queste note.
Concludiamo la sezione con una nota storica. Jósef Marcinkiewicz dimostrò
il Teorema 5.6 nel 1939. Un noto gemello di tale risultato è il Teorema di RieszThorin, in Teoria dell’Interpolazione Complessa. Un’importante differenza fra i due
risultati è che il Teorema di Marcinkiewicz permette di ottenere la limitatezza di
tipo forte dalla limitatezza di tipo debole; un’altra differenza è che questo risultato
funziona anche per operatori nonlineari (sub-lineari, quasi-lineari), mentre quello
di Riesz-Thorin no. La fama del Teorema di Marcinkiewicz si deve ad Antoni Zygmund4 (che era stato professore di Marcinckiewicz, il quale gli aveva annunciato il
risultato nel 1939) ed all’uso che quest’ultimo ne fece per stabilire, insieme al matematico argentino Alberto Calderón, l’importante teoria sugli integrali singolari che
porta i loro nomi (Calderón-Zygmund). Fra le tante applicazioni possibili, usando
il Teorema di Marcinkiewicz, si provano, ormai in modo standard, due importanti
risultati dell’Analisi Reale e Complessa: la limitatezza in Lp della Trasformata di
Hilbert e della Funzione Massimale di Hardy-Littlewood. Di quest’ultimo risultato
ci occuperemo nella sezione 3 a seguire; questa informazione risulterà cruciale, al
fine di dimostrare il Teorema di Derivazione di Lebesgue.
3. Funzione Massimale - Teorema di Derivazione di Lebesgue
Passiamo ad introdurre un oggetto importante in vari campi della matematica:
la funzione massimale. Esistono sono vari tipi distinti di funzioni massimali e di
volta in volta sceglieremo il più opportuno per mostrare delle proprietà rilevanti,
rispetto alla finalità di questo capitolo. Lavoreremo, a partire da ora, sullo spazio
di Lebsegue Rd ed useremo comunemente la notazione |E| per indicare la misura
di Lebesgue di un insieme Lebsegue-misurabile E 2 L[Rd ]. Il primo e più celebre
esempio di funzione massimale è il seguente.
Definizione 5.5 (Funzione massimale di Hardy-Littlewood). La funzione massimale di Hardy-Littlewood è l’operatore M , definito sullo spazio L1loc (Rd )
come segue:
Z
Z
1
1
(5.20) M f (x) := sup
|f (y)| dy = sup
|f (x y)| dy,
r>0 |Br (x)| Br (x)
r>0 |Br (0)| Br (0)
dove Br (x) e Br (0) sono le palle di raggio r > 0 centrate, rispettivamente, in x ed
in 0, per ogni x 2 Rd .
Esercizio 5.12. Dimostrare che la funzione massimale di Hardy-Littlewood è
un operatore sub-lineare.
4A. Zygmund, On a Theorem of Marcinkiewicz concerning interpolation of operators, J.
Math. Pures Appl. 35 (1956), 223–248.
3. FUNZIONE MASSIMALE - TEOREMA DI DERIVAZIONE DI LEBESGUE
95
La funzione massimale di Hardy-Littlewood, dunque, restituisce ad f l’estremo
superiore di tutte le possibili medie di |f | fatte su palle opportunamente centrate.
Come abbiamo visto già in precedenza nella parte delle note riguardante la Teoria
della Misura di Lebesgue, è spesso conveniente rimpiazzare le palle con i cubi, che
sono più facilmente utilizzabili per tassellare insiemi. Spesso, useremo una funzione
massimale che media su cubi, invece che su palle.
Definizione 5.6 (Funzione massimale cubica). La funzione massimale
cubica è l’operatore M , definito sullo spazio L1loc (Rd ) come segue:
Z
1
0
(5.21)
M f (x) := sup
|f (y)| dy,
Q3x |Q| Q
dove l’estremo superiore è preso al variare di tutti i possibili cubi Q contenenti x.
Osserviamo che il centro dei cubi Q non è necessariamente fissato nel punto
x; nonostante ciò, è facile provare un’equivalenza puntuale fra gli operatori M, M 0 ,
come mostra il seguente esercizio.
Esercizio 5.13. Esistono due costanti 0 < cd < Cd , dipendenti solo dalla
dimensione d, tali che
cd M 0 f (x)  M f (x)  Cd M 0 f (x),
(5.22)
per ogni f 2 L1loc (Rd ) e per ogni x 2 Rd .
L’ultimo ed importante esempio di funzione massimale è costruito usando la
famiglia dei cubi diadici aperti a destra, ovvero della forma Q = [i1 /2k , (i1 +1)/2k )⇥
· · ·⇥[id /2k , (id +1)/2k ), introdotti precedentemente nella dimostrazione del Lemma
1.8. Qui adotteremo tutte le possibili scale k 2 Z, non limitandoci a quelle intere
positive. Useremo le seguenti notazioni:
• per ogni k 2 Z, Qk è la famiglia dei cubi diadici diSspigolo 2 k ;
• Q è la famiglia di tutti i cubi diadici, ovvero Q = k2Z Qk .
Osserviamo che, per ogni k 2 Z, se Q1 6= Q2 2 Qk , allora Q1 e Q2 sono disgiunti
ed in particolare |Q1 \ Q2 | = 0. Inoltre, ogni Q 2 Qk è contenuto in un solo cubo
Q00 2 Qk 1 e contiene esattamente 2d -elementi di Qk+1 . Possiamo dunque dare la
seguente definizione.
Definizione 5.7 (Funzione massimale diadica). Per ogni f 2 L1loc (Rd ) e
per ogni k 2 Z, definiamo
◆
X ✓ 1 Z
(5.23)
Ek f (x) :=
f dx
Q (x).
|Q| Q
Q2Qk
La funzione massimale diadica è l’operatore definito da
(5.24)
Md f (x) := sup |Ek f (x)|,
k2Z
per ogni x 2 R .
d
La quantità Ek f (x) ha l’interpretazione probabilistica d’un valore atteso condizionato di f , rispetto alla -algebra generata da Qk . È di semplice dimostrazione
la seguente cruciale identità.
S
Esercizio 5.14. Sia P ⇢ Qk e sia Rd ⌦ = Q2P Q. Dimostrare che
Z
Z
(5.25)
Ek f (x) dx =
f (x) dx.
⌦
⌦
Esercizio 5.15. Sia 0  f 2 L (R ). Dimostrare che, per ogni x 2 Rd ,
1
(5.26)
d
lim Ek f (x) = 0.
k! 1
96
5. IL TEOREMA FONDAMENTALE DEL CALCOLO
Come preannunciato nell’introduzione a questo capitolo, il nostro obiettivo
principale è quello di dimostrare che la funzione massimale di Hardy-Littlewood è
un operatore limitato su Lp , per ogni p 2 (1, 1). Per dimostrare ciò, sarà sufficiente
dimostrare che M è di tipo (1, 1)-debole e (1, 1)-debole ed applicare il Teorema
di Marcinkiewicz. A tal fine, cominceremo a studiare la proprietà di tipo (1, 1)debole e (1, 1)-debole per la funzione massimale diadica, per poi trasportare tali
informazioni alla funzione massimale cubica ed infine a quella di Hardy-Littlewood,
tenendo in conto l’equivalenza (5.22). Enunciamo il seguente teorema.
Teorema 5.7. La funzione massimale diadica Md è un di tipo (1, 1)-debole.
ha
Dimostrazione. Dimostraremo che, per ogni f 2 L1 (Rd ) e per ogni
(5.27)
m ( , Md f ) 
1
> 0, si
kf k1 .
A tale scopo, consideriamo dapprima il caso in cui f > 0.
Caso 0 < f 2 L1 . Denotato per ogni k 2 Z
⌦k := {x 2 Rd : Ek f (x) > , Ej f (x)  , 8j < k},
per (5.26) vale la seguente identità insiemistica:
(5.28)
{x 2 Rd : Md f (x) > } =
[
⌦k .
k2Z
In particolare, la funzione Md f è misurabile. Evidentemente, gli insiemi ⌦k sono
a due a due disgiunti; inoltre, ogni insieme ⌦k può essere scritto come unione di
cubi in Qk (domanda per il lettore: perché?). Usando la (5.25) e la -additività,
possiamo quindi stimare
X
X1Z
m( , Md f ) =
|⌦k | 
Ek f (x) dx
k2Z
=
Z
1X
k2Z
k2Z
⌦k
⌦k
f (x) dx 
1
kf k1 ,
il che prova la tesi (5.27) nel caso f > 0.
Conclusione. Se f (x) 2 R, è sufficiente scrivere f = f+ f e, se f (x) 2 C, f =
<f + i=f , per ricondursi al caso precedente, vista la definizione di Ek f . Lasciamo
al lettore i dettagli conclusivi.
⇤
Segue un’anticipazione del Teorema di Derivazione di Lebesgue.
Teorema 5.8. Per ogni f 2 L1loc (Rd ) e per quasi ogni x 2 Rd ,
(5.29)
lim Ek f (x) = f (x)
k!+1
(q.o.)
Dimostrazione. Se f è continua, la proprietà (5.29) è valida per ogni x 2 Rd
(basta inscrivere ogni cubo Q 2 Ak in una palla il cui raggio tende a 0, quando
k ! 1 ed applicare il Teorema 5.3). Se f 2 L1 (Rd ), allora per ogni ✏ > 0 esiste
f✏ 2 C(Rd ) tale che kf f✏ k1 < ✏. Di conseguenza,
|Ek f (x)|  |Ek (f
f✏ )(x)| + |Ek f✏ (x)|.
Dato che |Ek f✏ | ! f✏ (x), per k ! 1, per ogni x 2 Rd , è sufficiente dimostrare che,
per quasi ogni x 2 Rd ,
(5.30)
lim |Ek (f
k!+1
f✏ )(x)| = 0
(q.o.)
3. FUNZIONE MASSIMALE - TEOREMA DI DERIVAZIONE DI LEBESGUE
97
Dato che Md è di tipo (1, 1)-debole, possiamo facilmente stimare, per ogni > 0,
⇢
⇢
d
x 2 R : lim |Ek (f f✏ )(x)| >
 x 2 Rd : sup |Ek (f f✏ )(x)| >
k!+1
k2N
f✏ )) 
= m( , Md (f
In particolare,
⇢
x 2 Rd : lim |Ek (f
k!+1
f✏ )(x)| >
p
✏

p
1
kf
f✏ k1 
✏
.
✏,
per ogni ✏ > 0; dalla precedente disuguaglianza e dalla continuità da destra della
funzione di distribuzione, segue che
⇢
x 2 Rd : lim |Ek (f f✏ )(x)| > 0 = 0
k!+1
e ciòPconclude la dimostrazione nel caso f 2 L1 . Se f 2 L1loc , basta scrivere
f = Q2Qk f Q e ricondursi al caso precedente.
⇤
Nei Teoremi 5.7 e 5.8 abbiamo usato una decomposizione in cubetti molto
celebre, nota come decomposizione di Calderón-Zygmund, che risulta molto utile e
che può essere resa precisa con il seguente enunciato.
Teorema 5.9 (Decomposizione di Calderón-Zygmund). SIa f 2 L1 (Rd )
e > 0. Esiste una successione di cubi diadici a due a due quasi disgiunti {Qj }
tali che:
⇣S
⌘c
(i) |f (x)|  quasi ovunque in
;
j Qj
S
1
(ii)
j Qj  kf k1 ;
R
(iii) < |Q1j | Qj |f (x)| dx  2d , per ogni j.
Dimostrazione. Come nella dimostrazione del Teorema 5.7, gli insiemi ⌦k ,
a due a due disgiunti, si scrivono come unione quasi disgiunta di cubi diadici (alla
scala k, al variare di k 2 Z); la collezione di tali cubi, al variare di k 2 Z, forma la
famiglia {Qj } dell’enunciato. Il punto (ii) segue quindi
dalla disuguaglianza (1, 1)
S
debole dimostrata in precedenza. Inoltre, se x 2
/ j Qj , allora per definizione di
⌦k si ha che Ek f (x)  , per ogni k 2 N e conseguentemente, la (i) segue dalla
(5.29) del Teorema 5.8. La prima disuguaglianza in (iii) segue dal fatto che, per
definizione di Ek ed ⌦k , la media di f su uno qualunque dei cubi Qj è più grande di
e j l’unico cubo contenente Qj di spigolo doppio, per definizione
. Inoltre, detto Q
e j è alpiù , e di conseguenza
di ⌦k la media di f su Q
Z
Z
ej |
1
|Q
1
|f (x)| dx 
·
|f (x)| dx  2d
e j | Qej
|Qj | Qj
|Qj | |Q
e ciò conclude la dimostrazione.
⇤
È giunta l’ora di tornare alla funzione massimale di Hardy-Littlewood e provare
la sua limitatezza in Lp . Per far ciò, passeremo attraverso la funzione massimale
cubica M 0 definita in (5.21). Dimostriamo un importante Lemma preliminare, che
mette in relazione le funzioni di distribuzione della funzione massimale cubica e di
quella diadica.
Lemma 5.10. Sia f : Rd ! [0, +1] una funzione misurabile e sia
Allora,
(5.31)
m 4d , M 0 f  2d m ( , Md f ) .
> 0.
98
5. IL TEOREMA FONDAMENTALE DEL CALCOLO
Dimostrazione. Possiamo scrivere
{x 2 Rd : Md f (x) > } =
[
Qj ,
j
dove i cubi diadici Qj sono quelli che, a gruppi, ricoprono gli insiemi ⌦k , introdotti
in precedenza. Denotando con 2Qj il cubo di spigolo doppio rispetto a Qj , che ne
condivide il centro (attenzione, 2Qj non è un cubo diadico), abbiamo dunque
[
j
2Qj 
X
j
|2Qj | = 2d
X
j
|Qj | = 2d m ( , Md f ) .
Per concludere la tesi, sarà dunque sufficiente dimostrare che
[
(5.32)
{x 2 Rd : M 0 f (x) > 4d } ⇢
2Qj .
j
S
A tal fine, sia x 2
/ j 2Qj e sia Q un cubo centrato in x, di spigolo `(Q) > 0.
Scegliamo k 2 Z come l’unico intero tale che 2 k 1  `(Q) < 2 k . Allora Q
ha intersezione non vuota con m  2d cubi diadici in Qk , che denotiamo con
R1 , . . . , Rm 2 Qk . Se, per assurdo, esistesse
i 2 {1, . . . , m} tale che Ri ⇢ Qj , per
S
qualche j, allora necessariamente x 2 j 2Qj , ma ciò non può accadere per come
abbiamo scelto x. Di conseguenza, nessuno dei cubi Ri è contenuto in nessuno dei
cubi Qj della decomposizione iniziale. Ne segue che la media di f su ognuno dei
cubi Ri non può superare il valore e quindi possiamo stimare
Z
Z
m Z
m
X
1
1 X
|Ri |
1
2 kd
f dx =
f dx 
·
f
m  4d .
|Q| Q
|Q| i=1 Q\Ri
|Q|
|R
|
|Q|
i
R
i
i=1
Data l’arbitrarietà di Q, ne segue che
[
x2
/
2Qj )
j
M 0 f (x)  4d ,
il che prova (5.32) e completa la dimostrazione.
⇤
Corollario 5.11. La funzione massimale cubica M 0 è di tipo (1, 1)-debole.
Dimostrazione. Dalle disuguaglianze (5.27) e (5.31) otteniamo immediatamente
8d
(5.33)
m ( , M 0 f )  2d m 4 d , Md f  kf k1 ,
il che conclude la dimostrazione.
⇤
Siamo pronti a provare il risultato fondamentale di questa sezione.
Teorema 5.12 (Teorema Massimale di Hardy-Littlewood). La funzione
massimale di Hardy-Littlewood M è di tipo debole (1, 1) e di tipo forte (p, p), per
ogni p 2 (1, 1].
Dimostrazione. La dimostrazione, a questo punto, è pressoché immediata.
Dalle disuguaglianze (5.22) e (5.33) segue immediatamente che M è di tipo (1, 1)debole. Inoltre, dalla definizione (5.20) si ottiene facilmente che |M f (x)|  kf k1 ,
ovvero M è di tipo (1, 1)-forte. Infine, dato che M è sub-lineare (Esercizio 5.12),
dal Teorema di Marcinkiewicz segue che M è di tipo (p, p)-forte, per ogni p > 1 e
ciò completa la dimostrazione.
⇤
La disuguaglianza (1, 1)-debole per la funzione massimale di Hardy-Littlewood
sostituisce quella forte, che è falsa, come prova la seguente Proposizione.
3. FUNZIONE MASSIMALE - TEOREMA DI DERIVAZIONE DI LEBESGUE
99
Proposizione 5.13. Sia f 2 L1 (Rd ) una funzione non identicamente nulla.
Allora, M f 2
/ L1 (Rd ).
che
Dimostrazione. Dato che f non è identicamente nulla, esistono ✏, R > 0 tali
Z
|f (x)| dx ✏ > 0.
BR (0)
Sia x 2 Rd \ BR ; allora BR ⇢ B2|x| (x) e di conseguenza
Z
Z
1
M f (x)
|f (s)| ds C2 d |x| d
|f (x)| dx
B2|x| (x) B2|x| (x)
BR (0)
C✏|x|
d
2
/ L1 .
⇤
Abbiamo finalmente a disposizione tutti gli strumenti necessari per dimostrare
il Teorema di Derivazione di Lebesgue, che torniamo ad enunciare.
Teorema 5.14 (Teorema di Derivazione di Lebesgue). Sia f 2 L1loc (Rd ).
Allora, per quasi ogni x 2 Rd ,
Z
1
(5.34)
lim
|f (x y) f (x)| dy = 0.
(q.o.)
r!0+ |Br (0)| Br (0)
Di conseguenza, per quasi ogni x 2 Rd ,
Z
1
(5.35)
lim
f (x
r!0+ |Br (0)| Br (0)
y) dy = f (x)
(q.o.)
Dimostrazione. È evidente che (5.34) implica (5.35). La dimostrazione di
(5.34) è completamente analoga a quella del Teorema 5.8. La tesi, infatti, vale se
f 2 C(Rd ), come provato nel Teorema 5.3. Sia f 2 L1 (Rd ), ✏ > 0 e sia f✏ 2 C(Rd )
tale che kf f✏ k1 < ✏. Per la disuguaglianza triangolare, stimiamo
Z
1
(5.36) sup
|f (x y) f (x)| dy
r>0 |Br (0)| Br (0)
Z
1
 M (|f f✏ |)(x) + |f✏ (x) f (x)| +
|f✏ (x y) f✏ (x)| dy.
|Br (0)| Br (0)
Dato che f✏ 2 C(Rd ),
(5.37)
lim
r!0+
1
|Br (0)|
Z
Br (0)
|f✏ (x
y)
f✏ (x)| dy = 0,
per ogni x 2 Rd . Inoltre, per ogni > 0, da (5.9), la disuguaglianza di Markov e
la disuguaglianza (1, 1)-debole per M ci permettono di stimare
✓
◆
✓
◆
m ( , M (|f f✏ |) + |f f✏ |)  m
, M (|f f✏ |) + m
, |f f✏ |
2
2
C
C✏
 kf f✏ k1 
,
con un’opportuna costante C = C(d) > 0 dipendente solo dalla dimensione d. In
particolare,
p
p
(5.38)
m ✏, M (|f f✏ |) + |f f✏ |  C ✏.
Data l’arbitrarietà di ✏ > 0, da (5.36), (5.37), (5.38) segue, in conclusione, che
(
)
Z
1
x 2 Rd : lim+
|f (x y) f (x)| dy > 0 = 0.
r!0 |Br (0)| Br (0)
Ciò prova la (5.34) e completa la dimostrazione.
⇤
100
5. IL TEOREMA FONDAMENTALE DEL CALCOLO
Un’interessante applicazione del Teorema di Derivazione di Lebesgue riguarda
la nozione di punti di densità per insiemi misurabili.
Definizione 5.8. Sia E ⇢ Rd un insieme Lebesgue-Misurabile. Un punto
x 2 Rd è detto punto di densità per E se
|E \ Br (x)|
lim+
= 1.
|Br (x)|
r!0
In altri termini, un punto è di densità per E se è quasi interno. Ad esempio,
ogni punto dell’intervallo ( 1, 1) è di densità per l’insieme bucato ( 1, 1) \ {0}, ma
gli estremi 1, 1 non lo sono. Il seguente esercizio è di facile dimostrazione.
Esercizio 5.16. Sia E ⇢ Rd un insieme Lebesgue-Misurabile. Dimostrare che
quasi ogni punto di E è di densità per E e quasi ogni punto di E c non è di densità
per E.
3.1. Note ed approfondimenti. Concludiamo la sezione con alcune note e
possibili direzioni d’approfondimento, per chi fosse interessato. Cominciamo con
una nota di carattere storico-bibliografico.
1. Note storiche. La funzione massimale fu introdotta da G. H. Hardy e
J. E. Littlewood5 nel caso uni-dimensionale n = 1; fu poi estesa al caso n > 1 da
N. Wiener6. Nell’articolo di Hardy e Littlewood, gli autori considerano dapprima
il caso discreto, su cui affermano “the problem is most easily grasped when stated
in the language of cricket, or any other game in which a player compiles a series
of scores of which an average is recorded”. La dimostrazione originale di Hardy
e Littlewood usa i riarrangiamenti decrescenti che abbiamo visto in precedenza,
nell’esercizio 2.18. Noi abbiamo seguito uno schema ispirato alle idee introdotte
da A. Calderón ed A. Zygmund7, per cui rimandiamo il lettore al bellissimao libro
“Fourier Analysis”, scritto da J. Duoandikoetxea (capitolo 2).
2. Lemmi di ricoprimento. L’approccio standard allo studio della limitatezza in Lp della funzione massimale di Hardy-Littlewood non passa per la massimale
diadica. Conseguentemente, il fatto che i tassellini (nel caso della diadica, i cubi
diadici) siano un’infinità numerabile ed abbiamo buon proprietà di disgiunzione fallisce. Tuttavia, si può ovviare a questo problema grazie ad una famiglia di risultati
standard in Teoria della Misura, che prendono il nome di lemmi di ricoprimento.
Per il loro interesse storico, riportiamo qui sotto due dei più famosi e rimandiamo
il lettore al libro Harmonic Analysis, scritto da E. Stein per le dimostrazioni.
Teorema 5.15 (Lemma di ricoprimento di Vitali). Sia {Bj }j2J una famiglia di palle in Rd , di raggi rj uniformemente limitati. Esiste un sottinsieme al
più numerabile K ⇢ J tale che
[
[
K 3 j 6= ` ) Bj \ B` = ;,
Bj ⇢
5Bk ,
j2J
k2K
dove 5Bk è la palla concentrica a Bk , con raggio quintuplo.
Il secondo risultato è stato provato indipendentemente da A. Besicovitch ed
A.P. Morse.
Teorema 5.16 (Lemma di ricoprimento di Besicovitch-Morse). Sia A ⇢
Rd un insieme limitato e sia {Bx }x2A una collezione di palle centrate in x 2 A,
5Hardy, G.H., and Littlewood, J.E., A maximal theorem with function-theoretic
applications, Acta Math. 54 (1930), 81–116
6Wiener, N., The ergodic theorem, Duke Math. J. 5 (1939), 1–18
7Calderón, A., and Zygmund, A., On the existence of certain singular integrals. Acta
Math. 88 (1952), 85–139
4. SECONDO TEOREMA FONDAMENTALE DEL CALCOLO
101
con raggio rx > 0. Esistono una famiglia al più numerabile {xj }j2J ⇢ A ed una
costante C = Cd > 0, dipendente solo dalla dimensione, tali che
[
X
A⇢
Bxj ,
Bxj (x)  Cd .
j2J
j2J
I precedenti risultati possono essere provati per cubi, invece che per palle. È
interessante osservare che, usando il Lemma di ricoprimento di Besicovitch-Morse,
si può provare la limitatezza in Lp della funzione massimale per misure più generali
della misura di Lebesgue in Rd , di cui ci siamo occupati. Va notato che l’equivalenza
in (5.22) può non essere vera, in generale; questo problema si risolve usualmente
introducendo la seguente condizione sulla misura: esiste una costante C > 0 tale
che
µ(2B)  Cµ(B)
per ogni palla B. Tale condizione è comunemente detta doubling condition.
3. Il Teorema L log L. La Proposizione 5.13 afferma che la funzione massimale di Hardy-Littlewood non è limitata, in L1 . È naturale chiedersi se tale limitatezza
valga in L1loc ; tuttavia, il seguente esempio (esercizio) mostra che ciò non è vero.
Esercizio 5.17. Sia f (x) =
Mf 2
/ L1loc (R).
1
x log2 x
(0, 12 ] .
Provare che f 2 L1loc (R) e che
Il risultato vero è dato dal seguente Teorema.
Teorema 5.17 (L log L). Sia f 2 L1 (Rd ) tale che supp f ⇢ K ⇢ Rd , con
K-compatto. Allora, Mf 2 L1 (K) se e solo se f log+ f 2 L1 (B).
Il Teorema 5.17 è stato dimostrato da E. Stein in Note on the class L log L,
Studia Math. 32 (1969), 305–310.
4. Secondo Teorema Fondamentale del Calcolo
Dopo aver approfondito lo studio del Teorema di Derivazione di Lebesgue, passiamo ad occuparci della validità del Teorema 5.2. Come detto in precedenza, tale
risultato non ha una chiara generalizzazione al caso multi-dimensionale. Limiteremo dunque il nostro studio al caso 1D. Siamo quindi interessati ad una formula del
tipo
Z x
(5.39)
F (x) F (a) =
F 0 (s) ds,
a
dove F è un’opportuna funzione definita in [a, b] ed x 2 [a, b]. Il termine a destra
di (5.39) è finito se F 0 2 L1 ([a, b]); è dunque ragionevole chiedersi se la (5.39)
sia valida non appena F è derivabile quasi ovunque in [a, b], con derivata quasi
ovunque F 0 2 L1 . Tuttavia, la funzione di Cantor-Vitali dell’esempio 5.1 mostra
che la risposta a tale domanda è negativa. Spostiamo dunque l’attenzione su F
e sulla regolarità minima da richiederle affinché valga (5.39). Come vedremo nel
seguito, la proprietà di derivabilità quasi ovunque con derivata in L1 e la formula
(5.39) caratterizzano la famiglia delle funzioni assolutamente continue, denotata col
simbolo AC, a cui non appartiene la funzione di Cantor-Vitali. La sola richiesta di
derivabilità quasi ovunque, d’altro canto, è verificata da una classe di funzioni più
vasta: quella delle funzioni a variazione limitata, denotate con il simbolo BV .
Prima di passare allo studio delle classi BV ed AC, introduciamo la seguente
versione 1D, meno generale, del Teorema 5.16, che giocherà un ruolo cruciale nel
seguito.
Teorema 5.18. Sia {Ij }j=1,...,n una famiglia finita di intervalli aperti in R,
non necessariamente a due a due disgiunti. Esiste una sottofamiglia {Ij0 }j=1,...,m ,
con m  n, tale che
102
5. IL TEOREMA FONDAMENTALE DEL CALCOLO
(i)
Sn
j=1 Ij
=
Sm
0
j=1 Ij
(ii) per ogni x 2 R, esistono al più due intervalli Ij0 , Ik0 tali che x 2 Ik0 \ Ik0 .
Dimostrazione. Considerando tutti i casi possibili, è facile provare la seguente affermazione: se I1 , I2 , I3 sono intervalli reali aperti, tali che I1 \I2 \I3 6= ;, allora
uno dei tre intervalli è contenuto nell’unione degli altri due. A questo punto, per
concludere la dimostrazione è sufficiente eliminare dalla famiglia {Ij } ogni intervallo
che sia contenuto nell’unione degli altri. Lasciamo i dettagli al lettore.
⇤
Una conseguenza del Teorema precedente è il seguente risultato, noto come
Teorema di Cousin, la cui dimostrazione è lasciata per esercizio.
Esercizio 5.18 (Teorema di Cousin8). Sia : [a, b] ! (0, +1) una funzione.
Esistono una partizione a = t0 < t1 < · · · < tn = b di [a, b] ed una famiglia
{t?j }j=1,...n con t?j 2 [tj 1 , tj ] tali che
tj
La funzione
tj
1
 (t?j ),
8j = 1, . . . , n.
è di solito denominata funzione di gauge.
Per concludere, proviamo il seguente risultato, che rappresenta una versione
naïve in dimensione 1 della decomposizione di Calderón-Zygmund vista in precedenza.
Teorema 5.19 (Lemma del rising sun). Sia F 2 C([a, b]; R). Allora esiste
una successione di intervalli aperti In = (an , bn ) ⇢ [a, b], a due a due disgiunti, tali
che:
(i) per ogni n, o F (an ) = F (bnS) oppure an = a ed F (bn ) F (an );
(ii) se x 2 [a, b] è tale che x 2
/ n In , allora F (y)  F (x), per ogni y 2 [x, b].
Per farvi un’idea sulla denominazione rising sun, ovvero sol splendente, disegnate il grafico d’una funzione oscillante (alcune colline) ed immaginate che il sole
splenda da est e che i suoi raggi arrivino orizzontalmente. Gli intervalli In sono
quelli che corrispondono alle regioni in ombra. I punti x tali che F (y)  F (x), per
y 2 [x, b] sono quelli rispettivi alle regioni illuminate dal sole.
Dimostrazione del Teorema 5.19. Sia U l’insieme dei punti x 2 (a, b) tali
che F (y) > F (x), per almeno un y 2 (x, b). Dato che F è continua, U è aperto
(domanda: perché?); quindi U si scrive come unione numerabile di intervalli aperti
a due a due disgiunti9 In = (an , bn )
[
U=
In ,
j 6= k ) Ij \ Ik = ;,
8n 2 N, an , bn 2
/ U.
n2N
È sufficiente provare la (i), dato che la (ii) è ovvia per costruzione. Supponiamo
dapprima che In = (an , bn ), con an 6= a. Dato che an 2
/ U , risulta F (y)  F (an ),
per ogni y 2 [an , b]; analogamente, bn 2
/ U , quindi F (y)  F (bn ), per ogni y 2
[bn , b]. In particolare, F (bn )  F (an ), per ogni n. Dato che F è continua, è
sufficiente provare che
F (bn )
F (t),
8t 2 (an , bn ),
per concludere la tesi. A tal fine, ragioniamo per assurdo. Supponiamo, per assurdo,
che esista t 2 (an , bn ) tale che F (bn ) < F (t) e denotiamo con
A := {s 2 [t, bn ] : F (s)
8Suggerimento.
F (t)}.
Usare la compattezza di [a, b] per estrarre ricoprimenti finiti da
ricoprimenti aperti e quindi invocare il Teorema 5.18
9si svolga l’esercizio 5.19 a seguire
4. SECONDO TEOREMA FONDAMENTALE DEL CALCOLO
103
Allora A è chiuso (perché?) ed inoltre t 2 A, bn 2
/ A. Denotiamo con t? := sup(A) ed
osserviamo che t? 2 [t, bn ) ⇢ In ⇢ U , per cui esiste y 2 (t? , b] tale che F (y) > F (t? ).
Dato che
F (t? )
F (t) > F (bn ),
F (bn )
F (z), 8z 2 [bn , b],
necessariamente y  bn , per cui y 2 A. Ma ciò è assurdo, dato che t? = sup(A).
Lasciamo al lettore la dimostrazione del caso an = a.
⇤
Esercizio 5.19. Sia U ⇢ R un aperto. Dimostrare che esiste S
una successione
di intervalli aperti In = (an , bn ), a due a due disgiunti, tali che U = n In ed inoltre
an , bn 2
/ U , per ogni n.
4.1. Derivabilità quasi ovunque: la classe BV . Come è ben noto, esistono funzioni continue non derivabili in ogni loro punto. Un esempio elementare è
dato dalla funzione f (x) = |x|, non derivabile nell’origine. Tuttavia, il modulo è
evidentemente derivabile quasi ovunque, il che è fondamentale nella teoria dell’integrazione di Lebesgue. È un po’ più sorprendente scoprire che esistono funzioni
continue e mai derivabili, come mostra il seguente esempio classico, mostrato da
Weierstrass.
Esercizio 5.20 (Funzione di Weierstrass). Sia F : R ! R la seguente funzione
F (x) :=
1
X
4
n
sin(8n ⇡x).
n=1
Dimostrare le seguenti proprietà:
(i) F è continua e limitata su R; ⇥
⇤
(ii) In ogni intervallo della forma 8jn , j+1
1, j 2 Z, vale la stima
8n , con n
✓
◆
✓ ◆
j+1
j
F
F
c4 n ,
n
8
8n
per una costante assoluta c > 0;
(iii) F non è derivabile in nessun punto x 2 R.10
Il problema delle funzioni continue è che esse possono oscillare con frequenza
arbitrariamente alta e far fallire, così, la derivabilità. Se si vuole preservare la
proprietà di derivabilità (quasi ovunque), è dunque necessario esercitare un controllo
sulle possibili oscillazioni d’una funzione. La prima famiglia di funzioni per cui ciò
è possibile sono le funzioni monotone. Il grande sforzo di questa sezione delle note
sarà dimostrare il seguente risultato.
Teorema 5.20 (Teorema di Derivazione Monotona). Ogni funzione monotona F : R ! R è derivabile quasi ovunque.
Esercizio 5.21. Dimostrare che ogni funzione monotona F : R ! R è Lebesguemisurabile.
Al fine di provare il Teorema 5.20, cominciamo con l’introdurre le seguenti
quantità che generalizzano il concetto di derivata.
10Suggerimento: procedere per assurdo, utilizzando il punto (ii)
104
5. IL TEOREMA FONDAMENTALE DEL CALCOLO
Definizione 5.9 (Derivate del Dini). Sia F : R ! R ed x 2 R. Si definiscono
i seguenti numeri:
F (x + h) F (x)
h
F (x + h) F (x)
D+ F (x) := lim inf
h
h!0+
F (x + h) F (x)
D F (x) := lim sup
h
h!0
F (x + h) F (x)
D F (x) := lim inf
.
h
h!0
D+ F (x) := lim sup
h!0+
Esercizio 5.22. Sia F : R ! R una funzione monotona. Dimostrare che le
derivate del Dini di F sono funzioni misurabili.
Esercizio 5.23. Sia F : R ! R. Dimostrare che F è derivabile in x se e
soltanto se
(5.40)
D+ F (x) = D+ F (x) = D F (x) = D F (x) 2 ( 1, +1).
D’ora in poi studieremo solo il caso di funzioni monotone crescenti e tutto ciò
che dimostreremo sarà valido anche per funzioni decrescenti, per simmetria. Uno
dei principali strumenti che useremo nella dimostrazione del Teorema 5.20 è la
seguente disuguaglianza, analoga alla disuguaglianza (1, 1)-debole per la funzione
massimale vista in precedenza.
Lemma 5.21. Sia F : [a, b] ! R una funzione monotona crescente. Esiste una
costante C > 0, indipendente da F , tale che
(5.41)
{x 2 [a, b] : D+ F (x)
} C
F (b)
F (a)
,
per ogni
0. La stessa disuguaglianza vale per le altre derivate del Dini di F .
Nel caso in cui F è continua, si la disuguaglianza (5.41) vale con costante C = 1.
Osservazione 5.1. Osserviamo che, de F 2 C 1 , per cui D+ F = F 0 , la disuguaglianza (5.41) segue immediatamente dalla disuguaglianza di Markov e dall’usuale
Teorema Fondamentale del Calcolo.
Dimostrazione del Lemma 5.21. Dimostriamo il Teorema dapprima nel caso in cui F è continua. Per simmetria, è sufficiente dimostrarlo per D+ F . Inoltre, a
meno di cambiare per un valore arbitrariamente piccolo, è sufficiente dimostrare
che
(5.42)
{x 2 (a, b) : D+ F (x) > }  C
F (b)
F (a)
,
visto che la funzione di distribuzione è continua da destra. La funzione G(x) :=
F (x)
x è continua; possiamo quindi applicare il Lemma del rising sun 5.19 ed
ottenere una successione di intervalli In = (an , bn ) ⇢ (a, b) tali che
G(an ),
G(y)  G(x) (x  y  b)
S
per ogni n e per ogni x 2
/ n In . Osserviamo che, se D+ F (x) > , allora esiste
y > x tale che G(y) > G(x). Di conseguenza,
[
{x 2 (a, b) : D+ F (x) > } ⇢
In
G(bn )
n
4. SECONDO TEOREMA FONDAMENTALE DEL CALCOLO
105
(ricordate la decomposizione di Calderón-Zygmund?) e la -additività ci permette
di ottenere
1
X
(5.43)
{x 2 (a, b) : D+ F (x) > } 
(bn an ).
n=1
D’altro canto, la disuguaglianza G(bn )
(5.44)
bn
an 
1
G(an ) si riscrive
(F (bn )
F (an ))
e la tesi segue da (5.43), (5.44) e la monotonia di F . Nel caso in cui F è discontinua,
lasciamo al lettore l’utilissimo esercizio di provare il teorema.
⇤
Esercizio 5.24. Dimostrare il Lemma 5.21 nel caso in cui F è discontinua11,
con costante C = 2.
Corollario 5.22. Sia F : R ! R una funzione monotona crescente. Allora
le derivate del Dini di F sono finite quasi ovunque.
Dimostrazione. È sufficiente passare al limite per
! +1 in (5.41).
⇤
Possiamo ora dimostrare una versione più debole del Teorema di Derivazione
Monotona 5.20.
Teorema 5.23. Ogni funzione monotona e continua F : R ! R è derivabile
quasi ovunque.
Dimostrazione. Grazie al Corollario 5.22 ed alla (5.40), è sufficiente provare
che le quattro derivate del Dini di F coincidono quasi ovunque. Date le disuguaglianze elementari fra le derivate del Dini, sarà sufficiente dimostrare che, denotato
con
Er,R := {x 2 R : D+ F (x) > R > r > D F (x)},
per ogni coppia 0 < r < R, si ha che Er,R è trascurabile. A tal fine, grazie
all’esercizio 5.16, è sufficiente provare la seguente affermazione: per ogni 0 < r < R,
r
(5.45)
|Er,R \ [a, b]|  (b a).
R
Al fine di provare la (5.45), definiamo la funzione continua
G(x) = rx + F ( x)
su [ b, a]. Per Lemma del rising sun 5.19 esiste una successione di intervalli a
due a due disgiunti In = ( bn , an ) in ( b, a) tali che, per ogni n,
G( bn ),
G( y)  G( x), ( x  y  a)
S
ed inoltre ( b, a) 3 x 2
/ n In . Osserviamo, come fatto in precedenza, che se
x 2 (a, b) è tale che G( y)  G( x),Sper ogni y 2 [a, x], allora necessariamente
D F (x) r. Di conseguenza, Er,R ⇢ n In ed inoltre, per la (5.41), abbiamo
G( an )
|Er,R \ (an , bn )| 
e, dato che G( an )
|Er,R | 
F (bn )
F (an )
R
G( bn ),
[
n
Er,R \ (an , bn ) 
1
r X
(bn
R n=1
visto che gli intervalli In sono a due a due disgiunti.
11Suggerimento: usare il Teorema 5.18
an ) 
r
(b
R
a),
⇤
106
5. IL TEOREMA FONDAMENTALE DEL CALCOLO
Per dimostrare il Teorema di Derivazione Monotona 5.20 è ora sufficiente rimuovere l’ipotesi di continuità dal Teorema 5.23. A tal fine, proviamo il seguente
risultato (classico) di caratterizzazione delle discontinuità d’una funzione monotona.
Teorema 5.24 (Discontinuità di funzioni monotone). Sia F : R ! R una
funzione monotona. L’insieme dei punti discontinuità di F è al più numerabile.
Dimostrazione. Supponiamo, ad esempio, che F sia crescente (se è descrescente, basta considerare le discontinuità di F ). Se x0 è un punto di discontinuità,
dato che F è monotona esistono i limiti destro e sinistro
lim f (x) = sup f (x) := `x0 ,
x!x0
x<x0
lim f (x) = inf f (x) := Lx0
x>x0
x!x+
0
ed inoltre `x0 < Lx0 . Esiste qx0 2 Q \ (`x0 , Lx0 ). Osserviamo che, se x0 ed y0 sono
punti di discontinuità di F , allora (`x0 , Lx0 ) \ (`y0 , Ly0 ) = ;. Di conseguenza, la
mappa x0 7! qx0 è iniettiva e ciò completa la dimostrazione.
⇤
Dimostrazione del Teorema 5.20. La dimostrazione del Teorema di Derivazione Monotona segue a questo punto dai Teoremi 5.23, 5.24 e dal fatto che ogni
insieme numerabile è Lebesgue-trascurabile. Lasciamo al lettore i dettagli.
⇤
Esercizio 5.25. Sia F : [a, b] ! R una funzione derivabile quasi ovunque in
[a, b], con derivata F 0 . Provare che F 0 è misurabile. In particolare, se F è monotona,
provare che la derivata quasi ovunque F 0 è positiva e misurabile.
Definizione 5.10 (La classe BV ). Sia F : R ! R (rispettivamente, F :
[a, b] ! R; diciamo che F è a variazione limitata e denotiamo F 2 BV se
n
X
kF kBV := sup
|F (xi ) F (xi 1 )| < 1,
x0 <···<xn
i=1
dove l’estremo superiore è preso su tutte le possibili partizioni di R (rispettivamente,
di [a, b] e scriveremo, spesso, kF kBV ([a,b]) ).
Esercizio 5.26. Sia F : [a, b] ! R una funzione monotona. Dimostrare che
kF kBV = |F (b)
F (a)|
e che F 2 BV se e soltanto se F è limitata.
Esercizio 5.27. Si consideri la funzione di Cantor-Vitali F (x) = limn Fn (x),
8
1
>
0  x < 13
< 2 Fn (3x),
1
2
F0 (x) := x;
Fn+1 (x) := 12 ,
3 x< 3
>
:1 1
2), 23  x  1.
2 + 2 Fn (3x
Dimostrare che F è continua e monotona in [0, 1], quindi F 2 BV ([0, 1]) e kF kBV ([0,1]) =
1.
con
Esercizio 5.28. Dimostrare la disuguaglianza triangolare
kF + GkBV  kF kBV + kGkBV
e l’omogeneità k F kBV = | |kF kBV , per ogni
kF kBV = 0 se e soltanto se F è costante.
2 R. Dimostrare inoltre che
Esercizio 5.29. Sia F : [a, b] ! R e sia c 2 [a, b]. Dimostrare che
kF kBV ([a,b]) = kF kBV ([a,c]) + kF kBV ([c,b]) .
Esercizio 5.30. Dimostrare che ogni funzione F 2 BV (R) è limitata e che
esistono i limiti di F , quando x ! ±1. Mostrare inoltre un esempio di funzione
continua a supporto compatto in R che non è in BV .
4. SECONDO TEOREMA FONDAMENTALE DEL CALCOLO
Esercizio 5.31. Sia F : R ! R una funzione T
tale che F 2 BV . Dimostrare che F è costante.
107
periodica, con periodo T > 0,
Proposizione 5.25. Sia F 2 BV (R). Esistono due funzioni monotone e
limitate G, H tali che F = G H.
Dimostrazione. Per ogni x 2 R, definiamo la funzione variazione
n
X
VF (x) := kF kBV (( 1,x]) =
sup
|F (xi+1 ) F (xi )| .
x0 <···<xn+1 =x
i=1
Inoltre, possiamo decomporre
1
1
F (x) = (VF (x) + F (x))
(VF (x) F (x)) =: G(x) + H(x).
2
2
Lasciamo allo studente la verifica del fatto che G ed H sono entrambe monotone
crescenti (usate l’esercizio 5.29).
⇤
Come corollario del Teorema di Derivazione Monotona 5.20 e della Proposizione
5.25, segue immediatamente il seguente risultato.
Teorema 5.26 (Derivabilità in BV ). Ogni funzione a variazione limitata è
derivabile quasi ovunque.
Esercizio 5.32 (Derivabilità di funzioni lipschitziane). Una funzione F :
R ! R è lipschitziana se esiste una costante L > 0 tale che, per ogni x, y 2 R,
|F (x)
F (y)|  L|x
y|.
Dimostrare che ogni funzione lipschitziana è derivabile quasi ovunque.
Osservazione 5.2. La tesi dell’esercizio precedente funziona in ogni dimensione e tale risultato è noto come Teorema di Rademacher. Non daremo la
dimostrazione in queste note, sebbene siano ora disposizione tutti gli strumenti
necessari (il Teorema di Fubini, essenzialmente), per comprenderla.
Esercizio 5.33 (Derivabilità di funzioni convesse). DImostrare che ogni
funzione convessa (rispettivamente, concava) f : R ! R è derivabile due volte quasi
ovunque.12
Esercizio 5.34. Si dimostri che la funzione di Cantor-Vitali F introdotta
nell’esercizio 5.1 è derivabile quasi ovunque, con derivata F 0 ⌘ 0. In particolare,
Z 1
1 = F (1) F (0) 6=
F 0 (x) dx = 0.
0
L’esercizio precedente mostra che, nella classe BV , il Secondo Teorema Fondamentale del Calcolo (ed in particolare la formula (5.39)) è falso. Siamo dunque
costretti a restringere lo studio ad una classe di funzioni più piccola: le funzioni
assolutamente continue.
4.2. Il Secondo Teorema Fondamentale del Calcolo: la classe AC.
Come visto nella sezione precedente, le funzioni a variazione limitata sono ancora
troppo irregolari e la proprietà BV non è sufficiente per la validità della formula
(5.39), sebbene essa abbia senso. Tuttavia, la funzione di Cantor è anche continua
e ciò dimostrae che, per la validità di (5.39), c’è bisogno d’una condizione più forte
della continuità. È già noto che (5.39) è valida, se F 2 C 1 . Vogliamo dunque trovare
una classe di funzioni intermedia fra C e C 1 per cui il secondo Teorema Fondamentale
del Calcolo sia valido. L’uniforme continuità non è ancora sufficiente, dato che
12Suggerimento: disegnate un grafico convesso insieme ad un numero finito di corde e
segmenti tangenti, per avere intuizione di ciò che accade.
108
5. IL TEOREMA FONDAMENTALE DEL CALCOLO
essa è equivalente alla continuità su ogni intervallo compatto [a, b] (Teorema di
Heine-Cantor).
Esercizio 5.35. Sia F : R ! R una funzione T periodica, con periodo T > 0,
tale che F (x2 ) è uniformemente continua su R. Dimostrare che F è costante.
Prima di definire la classe delle funzioni per cui il Secondo Teorema Fondamentale del Calcolo vale, dimostriamo il seguente risultato, che prova come, sotto
condizioni di monotonia, una disuguaglianza vale in (5.39)
Proposizione 5.27. Sia F : [a, b] ! R una funzione monotona crescente
(quindi derivabile quasi ovunque, con derivata positiva e misurabile). Allora,
Z
F 0 (x) dx  F (b) F (a).
[a,b]
In particolare, F 2 L .
0
1
Dimostrazione. Estendiamo F fuori da [a, b], dichiarando che F (x) = F (a),
se x  a ed F (x) = F (b), se x b. La funzione estesa F è monotona crescente su
R, quindi
F x + n1
F (x)
lim
= F 0 (x),
1
n!1
n
per quasi ogni x 2 R. Di conseguenza, grazie al Lemma di Fatou ossiamo stimare
Z
Z
F x + n1
F (x)
0
F (x) dx  lim inf
dx
1
n!1
[a,b]
[a,b]
= lim inf
n!1
= lim inf
n!1
 lim inf n
n!1
e ciò completa la dimostrazione.
Z
Z
n
F (x) dx
[a+1/n,b+1/n]
F (x) dx
[b,b+1/n]
✓
F (b)
n
F (a)
n
◆
Z
Z
F (x) dx
[a,b]
F (x) dx
[a,a+1/n]
= F (b)
!
!
F (a)
⇤
Esercizio 5.36. DImostrare che la derivata quasi ovunque F 0 di una funzione
F 2 BV è tale che F 0 2 L1 .
Nella classe delle funzioni lipschitziane, la disuguaglianza nella Proposizione
5.27 è un’uguaglianza, e quindi la formula (5.39) è valida, come proverete nel
seguente esercizio.
Esercizio 5.37. Sia F : [a, b] ! R una funzione lipschitziana (quindi derivabile
quasi ovunque, con derivata misurabile). Allora13
Z
F 0 (x) dx = F (b) F (a).
[a,b]
Esercizio 5.38 (Integrazione per parti in lipschitz). Siano F, G : [a, b] ! R
due funzioni lipschitziane. DImostrare che14
Z
Z
F 0 G dx = F (b)G(b) F (a)G(a)
F G0 dx.
[a,b]
[a,b]
13Suggerimento: ragionare come nella Proposizione 5.27 ed usare il Teorema della
Convergenza Dominata invece del Lemma di Fatou.
14Suggerimento: provare dapprima che il prodotto di due funzioni lipschitziane è ancora
una funzione lipschitziana
4. SECONDO TEOREMA FONDAMENTALE DEL CALCOLO
109
L’obiettivo finale è quello di trovare una classe che sia intermedia fra le funzioni
lipschitziane e quelle uniformemente continue e per cui la formula (5.39) sia valida.
La soglia critica di regolarità è quella delle funzioni assolutamente continue, che
passiamo a definire.
Definizione 5.11 (La classe AC). Sia F : R ! R (rispettivamente, F :
[a, b] ! R; diciamo che F è assolutamente continua e denotiamo F 2 AC
(rispettivamente, F 2 AC([a, b])) se per ogni ✏ > 0 esiste > 0 tale che
n
X
j=1
|F (bj )
F (aj )| < ✏,
per ogni
finita di intervalli Ij = (aj , bj ) a due a due disgiunti, di lunghezza
Pfamiglia
n
totale j=1 (bj aj ) < .
Esercizio 5.39. Dimostrare che ogni funzione F 2 AC è uniformemente
continua (e quindi continua).
Esercizio 5.40. Sia F 2 AC; dimostrare che F 2 BV ([a, b]), per ogni intervallo compatto [a, b]-15
Esercizio 5.41. Dimostrare che ogni funzione lipschitziana è assolutamente
continua ed in partocolare, ogni funzione di classe C 1 è assolutamente continua.
p
Esercizio 5.42. Dimostrare che la funzione F (x) = x è assolutamente continua in [0, 1], ma non lipschitziana.
Esercizio 5.43. Dimostrare che la funzione di Cantor-Vitali è uniformemente
continua in [0, 1], ma non assolutamente continua.
Nella classe AC, il Secondo Teorema Fondamentale del Calcolo è valido: possiamo finalmente enunciare e dimostrare il risultato fondamentale di questa sezione.
Teorema 5.28 (Secondo Teorema Fondamentale del Calcolo). Sia F 2
AC([a, b]). Allora F è derivabile quasi ovunque e
Z b
(5.46)
F (b) F (a) =
F 0 (x) dx.
a
Dimostrazione. Useremo il Teorema di Cousin, esercizio 5.18. Il fatto che F
sia derivabile quasi ovunque segue dall’Esercizio 5.40 e dal Teorema 5.26. Passiamo
dunque a dimostrare l’identità (5.46). Dagli esercizi 5.36, 5.40, sappiamo che F 0 2
L1 . Di conseguenza, F 0 è uniformemente
integrabile (esercizi 1.91, 1.92). Sia ✏ > 0;
R
allora esiste k > 0 tale che U |F 0 | dx  ✏, se U ⇢ [a, b] ha misura m(U )  k. Inoltre,
Pn
dato che F 2 AC, possiamo scegliere k in modo che si abbia anche j=1 |F (bj )
Pn
F (aj )|  ✏, se j=1 (bj aj )  k. COnsideriamo ora l’insieme E fatto dai punti in
cui F non è derivabile, gli estremi a, b e tutti i punti x che non sono di Lebesgue per
F 0 . È quindi noto che E ha misura nulla. Per
R regolarità esterna, esiste un aperto
U
E tale che m(U )  k ed in particolare, U |F 0 | dx  ✏. Definiamo inoltre una
funzione di gauge : (a, b) ! (0, 1) come segue:
• se x 2 E, sia (x) > 0 sufficientemente piccolo, in modo tale che (x
(x), x + (x)) 2 U (ciò è possibile, in quanto U E è un aperto);
15Suggerimento: dimostrare dapprima che la proprietà è vera per ogni intervallo di
lunghezza sufficientemente piccola.
110
5. IL TEOREMA FONDAMENTALE DEL CALCOLO
• se x 2
/ E, allora F è derivabile in x ed x è un punto di Lebesgue per F 0 ;
definiamo (x) sufficientemente piccolo, in modo tale che
|F (y) F (x) (y x)F 0 (x)|  ✏|y x|, se |y x|  (x)
Z
1
F 0 (y) dy F 0 (x)  ✏, se x 2 I intervallo, |I|  (x).
|I| I
È comodo riscrivere le precedenti proprietà come segue:
|F (y) F (x)| = (y x)F 0 (x) + O(✏|y
Z
F 0 (y) dy = |I|F 0 (x) + O(✏|I|).
x|),
I
Per il Teorema di Cousin, esercizio 5.18, esistono una partizione a = t0 < t1 <
· · · < tk = b e dei numeri t?j 2 [tj 1 , tj ], j = 1, . . . , k, tali che (tj tj 1 )  (t?j ).
Possiamo scrivere telescopicamente
(5.47)
F (b)
F (a) =
k
X
(F (tj )
F (tj
1 ).
j=1
Come sempre, nella vita, per ogni j = 1, . . . , k ci sono due possibilità: t?j 2 E
oppure t?j 2
/ E. Cominciamo a studiare in termini in (5.47) per cui t?j 2 E. Per
definizione di , ognuno degli intervalli, a due a due disgiunti, (tj 1 , tj ) è contenuto
in U , che ha misura m(U )  k; per l’assoluta continuità di F , allora,
X
X
(5.48)
(F (tj ) F (tj 1 ))  ✏
ovvero
(F (tj ) F (tj 1 )) = O(✏).
j:t?
j 2E
j:t?
j 2E
Passiamo a considerare gli indici j per cui t?j 2
/ E. Per costruzione di , dato che
tj t?j  (t?j ), t?j tj 1  (t?j ),
t?j )F 0 (t?j ) + O(✏|tj
F (tj )
F (t?j ) = (tj
t?j |)
F (t?j )
F (tj
1)
= (t?j
tj
1 )F
0
(t?j ) + O(✏|t?j
tj
1 |),
F (tj
1)
= (tj
tj
1 )F
0
(t?j ) + O(✏|tj
tj
1 |).
0
tj
1 |)).
tj
1 |)),
da cui, sommando,
(5.49)
F (tj )
Sempre per costruzione di , inoltre,
Z
(5.50)
F 0 (x) dx = (tj
[tj
tj
1 )F
1 ,tj ]
(t?j + O(✏|tj
Le identità (5.49) e (5.50) ci permettono di concludere
Z
(5.51)
F (tj ) F (tj 1 ) =
F 0 (x) dx + O(✏|tj
[tj
1 ,tj ]
per ogni j tale che t?j 2
/ E. Sommando in j otteniamo
Z
X
(F (tj ) F (tj 1 )) =
F 0 (y) dy + O(✏(b
a)),
S
j:t?
/
j 2E
S
dove S := j:t? 2E
[tj 1 , tj ]. Per costruzione, [a, b] \ U ⇢ S ⇢ [a, b]; dato che
j /
R
0
|F (x)| dx  ✏, concludiamo che
U
Z
Z
F 0 (y) dy =
F 0 (y) dy + O(✏),
[a,b]
S
4. SECONDO TEOREMA FONDAMENTALE DEL CALCOLO
per cui l’identità precedente si può riscrivere
Z
X
(5.52)
(F (tj ) F (tj 1 )) =
F 0 (y) dy + O(✏(b
111
a)) + O(✏).
[a,b]
j:t?
/
j 2E
Mettendo insieme (5.47), (5.48) e (5.52), risulta
Z
F (b) F (a) =
F 0 (y) dy + O(✏(b
a)) + O(✏),
[a,b]
per ogni ✏ > 0: la tesi segue dall’arbitrarietà di ✏.
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