III^ DOMENICA TEMPO ORDINARIO RIFLESSIONE BIBLICA SUL VANGELO DOMENICALE Il potere politico/religioso, criminale e stupido, ha appena assassinato lo scomodo Giovanni Battista, pensando così di avere messo a tacere una voce profetica. Ma l'evangelista segnala che quando il potere ha questa presunzione, Dio suscita una voce una ancora più grande. Al posto del Battista, ecco arrivare Gesù, il figlio di Dio. Gesù si ritira , per il momento, nell'umile "distretto di Galilea", disprezzata dagli abitanti della Giudea, e annuncia la "buona notizia". Qual è questa buona notizia che tanto scompiglio sta creando? Un Dio esclusivamente buono, un Dio dal cui amore nessuna persona si può sentire esclusa, qualunque sia la sua condizione personale. Gesù non vuole portare Dio agli uomini, lasciandone così indietro tanti che non ce la fanno, ma porta Dio agli uomini così che tutti non si sentano esclusi. Il Dio predicato dagli scribi, inaccessibile e purissimo, che abitava al settimo cielo solo con gli angeli del servizio, in Gesù non esiste più. Questa è la buona notizia che l'umanità attendeva. E diceva “il tempo è compiuto”. Ho già sottolineato altre volte, che il greco ha due modi per dire "tempo": uno è χρονος kronos, da cui cronologia, cioè il tempo che si può misurare, quello del calendario; l'altro, quello che usa l'evangelista è καιρὸς kairos, che è "il contenuto" del tempo, il tempo opportuno, il momento da prendere al volo. Allora Gesù dice: “questo tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino”. Per "Regno di Dio" non s' intende ovviamente una estensione geografica, ma l'attività di Dio per il suo popolo. A differenza dei tre Re, che Israele aveva avuto (Saul, Davide e Salomone) uno peggio dell'altro e che avevano innescato guerre fratricide fino a fare scomparire il Regno, si era idealizzato un Regno dove fosse Dio il Re, ma un Dio che non dominava i suoi sudditi, ma che si prendeva cura di tutti, specialmente le frange più bisognose. Gesù annuncia che questo regno è ἤγγικεν "vicino", ma perché diventi realtà chiede la collaborazione da parte degli uomini che devono vivere due imperativi: " μετανοεῖτε metanoeite e πιστεύετε pisteuete" cioè: convertitevi e credete alla buona notizia. La lingua greca, per il verbo “convertire” usa anche qui due forme: una che significa “tornare indietro” espresso dal verbo ἐπιστρέφω epistrephó, ed è la conversione di tipo religioso, quindi bisogna ritornare a Dio, bisogna tornare al culto; nel Libro di Tobia si legge “convertitevi a lui con tutto il cuore, con tutta l'anima e lui si volgerà a voi”. Gli evangelisti evitano accuratamente l'uso di questo verbo e usano il secondo cioè μετανοεῖτε metanoeite che significa un cambiamento radicale nella scala dei valori che incide nel comportamento verso gli altri. Perché fanno questa scelta? Perché hanno fatto l'esperienza, nella loro comunità, che Dio non è lontano, Dio non è più da cercare, ma Dio, con Gesù, è in mezzo agli uomini. Allora la novità che loro hanno sperimentato e che ci trasmettono è che Dio non è da cercare, ma da accogliere, e con lui e come lui andare verso gli altri. In altre parole la conversione che viene annunziata nei Vangeli è un orientamento diverso della propria esistenza. Se fino adesso hai vissuto per te, centrato sui tuoi bisogni, suoi tuoi interessi, preso dalle tue necessità, adesso cambia orientamento, vivi per i bisogni, le necessità e gli interessi degli altri. Questa è la conversione che Gesù esige e che condiziona la venuta del regno di Dio. Quindi il regno di Dio non viene calato dall'alto per un intervento divino, ma è condizionato da un cambio radicale da parte della umanità. “Convertitevi e credete al Vangelo”, questa conversione è possibile se si dà adesione alla buona notizia. Quindi mi converto, oriento la mia vita per gli altri, perché so che in questa maniera permetterò finalmente al Padre di prendersi cura di me. Gesù non viene a mantenere la situazione così com'è, ma a trasformarla. Il cambiamento deve essere il motore della vita del credente. E' una conversione continua, costante, e crescente; negli Atti si legge “Dio fa sapere agli uomini che tutti, dappertutto, si convertano”. Quindi: le prime parole programmatiche pronunziate da Gesù non sono un invito alla conservazione, ma al cambiamento, non al mantenimento, ma alla trasformazione. Gesù passa lungo Il mare di Galilea (non viene chiamato “lago” per allusione all’Esodo), è confine e, nello stesso tempo, collegamento con il mondo pagano/straniero e "vide" ὁράω horaó (verbo che esprime uno sguardo molto profondo) due fratelli che hanno un nome greco: Simone e Andrea. Sono pescatori e "lanciavano le reti" in mare. Ebbene, nella Bibbia, l'espressione "lanciare le reti e pescare", oltre al significato ordinario del termine, ha un significato anche di guerra, legato alla conquista militare degli altri ( Cfr. Am 4,2; Ger 16,16). Siamo quindi di fronte ad una descrizione caratteriologica di chi sono questi due futuri discepoli. Del resto, nel linguaggio del tempo, dare ano del "galilea" era una offesa terribile, perché significava "attaccabrighe, "testa calda" ecc. Ebbene, con questa gente, Gesù deve farli diventare "pescatori di uomini". Pescare cosa significa? Togliere il pesce dal suo ambiente per impossessarsene e poi dargli la morte: è l'immagine della conquista per far capire che i due fratelli hanno una mentalità "nazionalista", e turbolenta. Gesù dice a loro letteralmente: "Venite dietro di me e vi farò diventare pescatori di uomini". Loro devono andare "dietro" a Gesù per dirigersi sulla strada che Lui farà, verso l'umanità, cioè cambiare completamente prospettiva. Prima di Gesù tutto si faceva "per Dio" (culti, digiuni, preghiere, sacrifici ecc. ) ora si fa "con Dio" per il bene dell'uomo. L'espressione "pescatori di uomini", è l'opposto della loro attività: mentre prima toglievano i pesci dal loro ambiente per farli morire, ora devono togliere le persone da un ambiente ostile - rappresentato dall'acqua - che poteva dare loro la morte. E' qual è per Gesù l'ambiente che può dare la morte? E' il luogo rappresentato dai tre verbi maledetti: AVERE SALIRE - COMANDARE. Quelli chiamati da Gesù sono rappresentati da due coppie di fratelli. La duplice menzione di “suo fratello” (16.19) allude a Ezechiele 47,13ss (LXX), che così affermava l’uguaglianza degli israeliti nella distribuzione della terra. Tutti sono chiamati allo stesso modo all’annunciata signoria di Dio. Non ci sono privilegi. Ogni coppia di fratelli rappresenta un settore diverso della società galilaica; nella prima coppia, formata da Simone e Andrea, il rapporto è di uguaglianza, non di subordinazione (fratelli); non si menziona il patronimico e i loro nomi sono greci, dimostrando minor attaccamento alla tradizione; è un gruppo attivo (lanciavano reti a mano), di umile condizione (pescatori senza una loro barca). Quelli che formano la seconda coppia, Giacomo e Giovanni, hanno nomi ebraici, dimostrando di appartenere a un settore più conservatore, nel quale inoltre ci sono rapporti di disuguaglianza e subordinati al padre. I quattro fratelli seguiranno Gesù, ma sarà ancora molto lunga la strada della loro completa adesione al Maestro, rinunciando ai sogni di gloria. A cura di p. Umberto
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