Voci dal fronte Martino Besozzi Martino Besozzi, nato a Vigevano il 7 febbraio 1891, è Capitano del Secondo Reggimento Alpini, Battaglione Saluzzo, XXIII Compagnia. Per un’azione del 25 ottobre 1915 merita l’encomio del Comando di Divisione di Carnia. Combatte sul Freikofel fno al marzo del 1916, quindi sull’Isonzo e sul monte Kukla. Muore l’11 maggio 1916 nella Conca di Pierzo a un anno di distanza dal fratello Carlo, caduto sul Monte Nero il 22 luglio 1915. Guido Mussini Guido Mussini nasce a Tromello il 19 novembre 1894 (il fratello Luigi nello stesso paese il 13 gennaio 1896 ), e muore sul Carso il 28 ottobre 1916. Al tempo della Prima Guerra Mondiale sono iscritti Guido alla Facoltà di Giurisprudenza, Luigi alla Facoltà di Ingegneria. La nipote Francesca Mussini scrive che la seconda cartolina è stata trovata piegata in due e al suo interno conteneva una stella alpina e una piccola fotografa della prima tomba nella quale fu sepolto Luigi, sottotenente nella 85° batteria bombardieri, ora tumulato nel Cimitero Monumentale di Re di puglia. Egli infatti, quattordici giorni dopo aver scritto al fratello, cade in combattimento sul Carso. “La luce dell’alba si faceva più chiara ed il sole si annunziava dietro la cima dei monti. Tirare così a pochi passi su un uomo…” (E. Lussu, Un anno sull’Altipiano) “I miei uomini sono calzati in modo da fare pietà. Quanto delinquono coloro che per frode o per incuria li calzano in questo modo. Noi italiani siamo troppo acquiescenti al male, davanti alle cause della nostra rovina morale diciamo “Eh beh” e lasciamo andare. Ma Salandra, ma quello scemo balbuziente d’un re, ma quei duchi e quei deputati che vanno “a veder le trincee” domandino conto a noi, a me, di come sono calzati i miei uomini” Carlo Emilio Gadda “Nella trincea, fra due traversoni, vi era un piccolo spazio tondo, dove qualcuno, di tanto in tanto, si fermava…”. (E. Lussu, Un anno sull’Altipiano) Da Luigi Vai al fratello Battista Caporetto, 19 ottobre 1917 “Caro fratello, mi dici che sei arrabbiato perché non ricevi posta e come vuoi fare se non ricevi, guarda di scrivere un po’ più sovente”. (…) “Ricevi i più cari saluti uniti da cento baci”. “Si cammina sotto uno scroscio senza fne, qualche volta la grandine ci fagella, comprendo che cosa sia la fatica ... La fatica che uccide e che martirizza”. (Testimonianza del fante Pierantoni Francesco) Eravamo là immobili, indecisi se avanzare ancora oppure fermarci, quando ci parve di notare un movimento nelle trincee nemiche…” (E. Lussu, Un anno sull’Altipiano) Tutto nel buio tace, sol la campana dice ai morti: pace! ( La campana dei caduti - Rovereto) “E’ mai possibile che non sentiate Lo squillare delle trombe angeliche Ed il ruggito dell’alleato Piave, Dove tutti ci coprimmo di gloria? Alzatevi immediatamente in piedi E precipitatevi ai vostri posti; Perché, sappiate che, a marce forzate, Dobbiamo raggiungere, quanto prima, In tempo per poter partecipare Alla tanto attesa ultima parata” (“Il capitano Satta” di Domenico Marras) Da Gioacchino Caresana, prigioniero di guerra, matricola 48462, Sigmundsherberg, alla famiglia 2 aprile 1917 “Staremo molto tempo in quel posto cioè si poteva stare fno a due o tre mesi invece in un momento è arrivato l’ordine di partire subito in compagnia che si trova e mi trovo in linea, mi piaceva tanto stare là Angiolina dora in quel paese che si chiama Fagliano…” Da Gioacchino Caresana, prigioniero di guerra, matricola 48462, Sigmundsherberg, alla famiglia 2 aprile 1917 “[…]Ma nel leggerla Angiolina, […] mamma Giuseppina e tutti i miei cari che vi voglio un gran bene che non potete immaginare cio che vi ricordo ogni momento nella veglia e nel sonno il mio sangue tremava tutto dai miei occhi Angiolina cadevano lacrime e bagnavano la lettera[…]” anche se dura, è in trincea, “La vita un’inezia di fronte a un assalto. Il dramma della guerra è l’assalto. La morte è un avvenimento normale e si muore senza spavento. Ma la coscienza della morte, la certezza della morte inevitabile, rende tragiche le ore che la precedono” (Emilio Lussu , “Un anno sull’Altipiano”) “Ora, per i luoghi dove la Grande Guerra è passata, sulle montagne disabitate, rimangono ancora i segni come profonde cicatrici che gli anni e le forze della natura non riescono a cancellare” Mario Rigoni Stern Carlo Medicina Diario storico della campagna italo- austriaca 1915-1918 10 Maggio 1917 “Si fa la sveglia di buon mattino, c’è l’ordine di preparare lo zaino con tutto il corredo, c’era poco da fare, ognuno si metta in opera per la propria roba; (…) C’era l’ordine di fare il massimo silenzio per non destare tanta impressione nella città. Tanto è vero che siamo entrati nella stazione dalla parte degli scali. Un lungo treno riservato ci aspettava”. Carlo Medicina Diario storico della campagna italo- austriaca 1915-1918 18 Maggio 1917 “Viene ora di partire quando salutai alcuni dei miei più intimi amici, e quindi facemmo zaino a spalla. Eravamo tre compagni, quando ci mettiamo in cammino silenziosamente e ci rechiamo alla stazione quasi inosservati, siamo stati salutati appena da qualche donna che si trovava sulla strada, qualcuna piangeva.” “Ci avviamo per la lunga salita che si affaccia agli occhi…” (Medicina, cit.) “Si dovevano portare fn sulla strada del paese nella vallata, così a mano, non potendo giovare il tiro dei cavalli per una discesa così ripida come quella, considerando il peso di ogni cannone completo in posizione di marcia circa quintali 80”. (Medicina, cit.) “Si sente un grande rumore su per la vallata, erano le trattrici che tiravano i pesanti cannoni verso di noi, e dopo una mezz’ora sopraggiungono uno dopo l’altro, ogni pezzo erano attaccati due macchine ed in certe circostanze anche tre. Subito dietro arriva un automobile con il generale che veniva ad ispezionare i lavori”. (Medicina, cit) Uno dei più aspri scenari della guerra, dove alla crudezza degli scontri si somma l'asperità del territorio di montagna - ora, invece, semplice scrigno di ampi e affascinanti panorami . Terra di confne tra il Regno d'Italia e l'impero Asburgico, dove le truppe dei due eserciti furono impegnate nella dura conquista, passo dopo passo, di pochi metri di territorio. Percorrendo i sentieri sulle montagne di confne è facile immaginare la quotidianità degli uomini coinvolti nel sanguinoso conflitto. “Ci incomincia a venire fame, ad un tratto arriviamo vicino ad un accampamento di artiglieria da montagna, questi hanno del pane in sopprapiù e ce ne vendono qualche pagnotta a noi; chi arriva per primo ne prende un po’ in più e poi la divide con i compagni. Gli uffciali ci fanno coraggio, dicendoci che fra poco siamo a posto e che poi ci riposeremo, tutto va bene ma poco ci persuade”. (Medicina, cit) “La batteria era andata via perché troppo battuta dal fuoco nemico, intanto s’incomincia a pensare come si andrà a finire; dopo aver fatto un po’ di riposo. Ci mettiamo all’opera, il terreno è molto roccioso e bisogna spianarlo, bisogna fare un parapetto grande di riparo con zolle e sassi tutto attorno”. (Medicina, cit) “Era venuto ordine di recarsi all’accampamento a preparare alcuni carri per caricare il materiale e bagagli dell’uffcio di compagnia, e gli zaini”. (Medicina, cit.) “Ci avviamo sulle nude montagne, non si vede un ramo neanche pagarlo cento lire, qua e là si vedono ancora mucchi di neve. Ognuno portava seco dalla bassa valle un bastone per piantare la tenda all’arrivo sul posto perché si pensava già fn da prima che in quel dato luogo non ci sarebbe più stato nessun tipo di vegetazione. Ad un tratto incomincia una lunga discesa e qui troviamo il nostro cannone “. (Medicina, cit) “Come questa pietra del S. Michele così fredda così dura così prosciugata così refrattaria così totalmente disanimata. Come questa pietra è il mio pianto che non si vede. La morte si sconta vivendo”. Giuseppe Ungaretti “Con i nostri sorrisi nascosti dalle maschere antigas, proveremo ancora una volta ad urlarci che abbiamo bisogno di un Abbraccio”. (“Con i nostri sorrisi nascosti dalle maschere antigas” , Ronca Filippo) “Quelle trincee, che pure noi avevamo attaccato tante volte inutilmente, avevano poi fnito con l’apparirci inanimate. Ora si mostravano a noi nella loro vera vita. Il nemico, il nemico, gli austriaci, gli austriaci… Ecco il nemico ed ecco gli austriaci. Uomini e soldati come noi, fatti come noi, in uniforme come noi, che ora si muovevano, parlavano e prendevano il caffè, proprio come stavano facendo, in quell’ora stessa, i nostri stessi compagni. Strana cosa. E perché non avrebbero dovuto prendere il caffè? Perché mai mi appariva straordinario che prendessero il caffè? Quale era la ragione del mio stupore?” Emilio Lussu “Senza riposo e senza mangiare i pezzi si dovevano portare via dal mezzo della strada. Viene una compagnia di rinforzo e si fa il traino a mano invece che con i cavalli. Verso mezzogiorno si va all’accampamento stanchi come le bestie, si mangia poi si devono andare a piantare le tende, ciò fatto ci mettiamo a riposo per mezza giornata”. (Medicina, cit.) “Quale pianto negli acquazzoni improvvisi, quale inconsolabile tristezza nei brevi silenzi della battaglia, quando s’udiva, lontano e nascosto, il lamento del cuculo” Giani Stuparich Presente, presente, presente, presente… “Di anno in anno ho visto l’Altipiano costellarsi, vicino alle chiese e sotto i boschi, di piccoli cimiteri militari con tante croci tutte uguali: e poi ho visto disseppellire quei morti e portarli nel grande Ossario che ora biancheggia nella conca di Asiago (…) Ora sono davanti a quello che fu il cimiterino in cui riposò per vari anni la salma di mio fratello Carlo (…) Più sotto hanno fatto un cippo alla memoria dei partigiani fucilati. Altre vite perdute altro sangue su questi prati e altre case bruciate”. Giani Stuparich A cura di: Prof. Maria Rosa Beltrami Alessandra Allevi Chiara Bottazzi Stefano Rametta Maicol Tedoldi Francesca Tessarin Classe V B Mercurio ITCG “L. Casale”
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