LA PARRUCCA, LA COSA PIU' BAROCCA DEL BAROCCO Artificioso, grottesco, ma soprattutto magniloquente. Il consumismo è il figlio legittimo del Barocco: l'aristocrazia meno disponibile a compiere investimenti poco sicuri come il commercio, sperpererà ingenti somme di denaro per apparire all'ultima moda, meglio ancora se proveniente da un altro paese. Agostino Lampugnani nella sua “Carrozza da nolo” parla per la prima volta di “moda”, definendo i “modanti” come quei giovani che vestono e si acconciano secondo l'ultima tendenza, passando il tempo ad osservare come si vestono i passanti. L'esigenza di un rinnovamento estetico coincide con la diffusione e la frequentazione dei teatri, che di quest'ultimi il Barocco ne è il periodo principe, rendendo teatrali e scenografici non solo gli stili di vita degli esponenti delle classi abbienti, ma anche il loro abbigliamento: scenograficamente acconciati, risulteranno trasandati e lascivi, la loro silhouette inscrivibile in un ovale strabordante di boccoli e merletti, con una leggera velatura bianca data dalla cipria nel volto e nella parrucca. Ambito, e dal costo proibitivo, il merletto diviene un accessorio fondamentale non solo nell'abbigliamento femminile, ma anche in quello maschile. A Venezia nel '600 la creazione dei merletti viene affidata alle isolate donne di Burano, che, ignare del valore del prodotto che creavano, arricchivano i Marzieri, categoria addetta al loro commercio. Il nuovo stile di vita porterà all'abbandono del serio modello maschile conosciuto nel XVI secolo, creando una frattura sociale e visiva tra l'austera generazione precedente ed i giovani all'ultima moda. Tintoretto, ritratto di Paolo Cornaro delle Anticaglie Geffels, ritratto di Ferdinando Carlo Gonzaga Fra Galgario, ritratto di gentiluomo (Flaminio Tassi?) Caracca, ritratto del duca di Savoia Carlo Emanuele I e della duchessa di Savoia Caterina Micaela d’Austria, 1585-1590 Rubens, ritratto di Vincenzo Gonzaga e della principessa Margherita Gonzaga, 1601 Tra la fine del XVI secolo e l'inizio del XVII, i cambiamenti nelle fogge sono minimi, e legati ad una moda di influenza spagnola; i primi cambiamenti radicali si noteranno dopo il primo quarto del Seicento con l'ascesa dell'Olanda come potenza europea, e nella seconda metà del secolo, quando impererà in tutta Europa la moda francese di Luigi XIV. L'uomo comincia ad abbandonare i modelli tardo cinquecenteschi che prevedevano capelli corti e barba lunga, per baffi, pizzetti, e mosche, circondando il volto con folte chiome ondulate, a cui non tutti gli uomini era concesso ambire. Artemisia Gentileschi , ritratto di gentiluomo, 1626-27 Pickenoy, ritratto di Cornelis de Graeff 1636 Antony Van Dick, Lord John Stuart e Lord Bernard Stuart, 1639 Velazquez, Las Meninas, 1656 Il consumismo seicentesco può essere interpretato, non solo come un veloce cambiamento delle fogge, ma anche come un continuo presentarsi di nuovi elementi per arricchire gli addobbi quotidiani, che era buon norma sfoggiare indistintamente dal sesso: merletti, nastri, ciuffi colorati, frangette posticce e colorate, gioielli, guanti, fiocchi, nei posticci, e le scarpe con il tacco. Figlio dell'epoca barocca è il tacco, contributo ancora oggi percepibile nella scarpa moderna: inutile sottolineare l'entusiasmo con il quale tale novità investì il genere maschile. Lieti di poter innalzarsi e rendersi più maestosi, usarono i tacchi anche per creare l'ennesima distinzione sociale: dipinti di rosso simboleggiavano nobiltà nella corte di Luigi XIV. Nel corso del secolo la moda del tacco venne trasportata agli stivali: un tempo usati per praticità, entrano in uso anche a corte. Portati flosci, logori e cadenti, assieme ai guanti sciupati e rotti a dovere per far fuoriuscire le gemme degli anelli, donavano all'insieme un aspetto regale ma arruffato, come se si trattasse di un principe caduto in mezzo ad un cespuglio da cui a fatica era riuscito ad uscirne. Il Barocco, definito da Rosita Levi Pisetzky “un'orgia di piacere della linea curva”, ha il suo massimo esponente nelle enormi parrucche indossate dagli uomini. Analoga descrizione offre Huizinga nell'opera "Homo ludens", definendo “la parrucca, la cosa più barocco del barocco”. Come già accennato, nel secondo quarto del secolo diciassettesimo la moda prevedeva lunghe masse di capelli sciolti per entrambi i sessi: l'uso della parrucca maschile è da riscontrare proprio in questa nuova tendenza, a cui non tutti potevano naturalmente aderire a causa della rarità di avere un abbondante massa di capelli riccioluti, o di avere capelli in generale. Si ricorre quindi alla parrucca, o a posticci, facilitando la moda di una lunga ciocca cadente sul lato sinistro detta cadenette, da Honorè d'Albert signore di Cadenet che intorno al 1630 era stato il primo a portarla. Incisione di ambito francese, ritratto di Honorè D'Albert duca di Chaulnes Catalogo di un fabbricante di parrucche parigino XVII secolo Le Brun, ritratto di Luigi XIV, 1656 c. Rigaud, ritratto di Luigi XIV, 1694 Luigi XIV dopo i trent'anni di vita perse la sua lunga chioma castana, ma invece di camuffare la calvizia con posticci, come fece suo padre Luigi XIII, usò la parrucca come un maestoso, quanto costoso, simbolo regale da far imitare a tutta la corte, e oggetto del desiderio da esportare in tutta Europa. Le parrucche più care erano fabbricate con capelli veri, mentre le più modeste erano prodotte con peli di pecora e capra, crine di cavallo o coda di bue. Il loro straripare arricciolato, teatrale e esagerata, con il fine di stupire, è considerabile l'essenza stessa del barocco, al quale si arriva attraverso un difficile equilibrio tra la più grottesca illogicità e una maestosa bellezza. Tale cambiamento d'immagine maschile verrà progressivamente accompagnato da trucco, applicazione di nei, ed un complessivo aspetto trasandato, logoro e spettinato, ma smodatamente costoso . A Venezia la moda della parrucca maschile arrivò tardivamente, e fu vigorosamente contrastata, ma dalla zazzera naturale, o aiutata da posticci, alla parrucca, il passo era breve. Nel 1668 Scipione Vinciguerra di Collalto, durante un'mabasciata a Parigi si invaghì delle enormi parrucche lanciate da Luigi XIV, e ritornò a Venezia con la testa rasata e ricoperta da un'imponente toupet. La parrucca divenne subito l'oggetto del desiderio dei giovani patrizi veneziani, ferocemente contrastati dalla vecchia generazione, che si ostinava ancora a portare capelli corti e barba lunga come Paolo Foscari, ricordato per non aver ceduto nemmeno ai baffi e alla moschetta. In una Venezia dissanguata dalle continue, e sempre meno gloriose, guerre contro il nemico Turco, gestita da una nobiltà che non investiva più nel pericoloso commercio, ma nella sicura lottizzazione dell'entroterra, la nuova moda porterà all'impoverimento delle manifatture locali, a causa della crescente richiesta di oggetti francesi, compresa la parrucca. Le magistrature veneziane cominciarono a porre subito divieti ufficiali contro la nuova moda francese: nel maggio del 1688 il Magistrato alle Pompe ottenne dal Consiglio dei Dieci il divieto all'utilizzo delle parrucche, immorali quanto “foreste”. I veneziani, come era loro uso, non diedero troppa importanza al divieto contro il nuovo oggetto di lusso: uno dei primi a violare la legge fu l'elegante Nicolò Erizzo. Desideroso di coprire una vistosa cicatrice guadagnata grazie ai suoi comportamenti licenziosi nei confronti di un'avvenente dama, non si arrenderà nemmeno davanti alle volontà paterne. Il padre, austero cavaliere della un tempo gloriosa Repubblica di Venezia, proibì ai propri figli di indossare non solo la parrucca, ma anche le sfrontate calzette rosse. La disobbedienza sarebbe costata ai suoi eredi l'esclusione dal testamento a favore dell'Ospedale della Pietà. E ciò avvenne, ma dopo un ricorso, Nicolò ottenne parrucca, calze rosse ed eredità, grazie all'esborso di una donazione a favore del pio ospedale. L' aneddoto della famiglia Erizzo, ci attesta il desiderio dei giovani a seguire la stravagante tendenza, ma anche il vigore che venne utilizzato dalle generazioni precedenti per contrastarla: il patrizio Antonio Corner, dopo il primo decreto contro la parrucca, creò una società di 250 nobili che avevano giurato sul loro onore di non portare mai lo sfrontato accessorio. Alla sua morte, Antonio Corner venne ricordato dalla cronaca locale come l'ultimo dei patrizi veneziani senza parrucca: “7 Gennaio 1757 moriva il N. U. Antonio Corner fo di eccellenza Piero da S. Marcuola, di anni 84, con sua capigliatura, ultimo dei patrizi senza parrucca”. Lo spirito era cambiato ed anche a Venezia non ci sarà uomo senza il nobile toupet: anche chi ricopriva la più antica delle cariche veneziane, quella del doge, cederà alle bionde, le chiare parrucche in voga in laguna. Sotto l'antico, e forse anacronistico corno dogale, Giovanni II Corner farà spuntare una moderata cascata di boccoli biondi posticci. Pitttore veneto, Doge Giovanni II Corner 1709-1722 Tiepolo, ritratto del doge Giovanni II Corner, 1716 Il cenotafio di famiglia predisposto dal doge Giovanni II Corner – chiesa San Nicola da Tolentino Venezia Trasformatasi da scontro generazionale a status symbol, a Venezia si indossavano quelle a riccioloni pendenti, dette a gropi, quelle bipartite nel mezzo, dette alla cortesana, e quelle alte e terminanti in una coda rinchiusa in un sacchetto di seta nera, dette alla delfina. Arcangela Tarabotti, fattasi suora contro la sua volontà, nelle sue pungenti satire contro il genere maschile, definisce le parrucche come “dei cadaveri spelacchiati in testa”. Ambito veneto, ritratto del senatore Giovanni Contarini, 1690-1699 Tiepolo, ritratto di Procuratore Daniele Dolfin Carriera Rosalba , Ritratto di Sebastiano Ricci Scuola di Bartolomeo Nazzari, ritratto di Beluccio Valier, XVIII secolo Lazzarini, ritratto di Antonio Corner, 1685 Fra' Galgario, Ritratto del conte Giovan Battista Vailetti, 1720 Molto spazio è stato dato alla figura maschile nel periodo barocco, ma ciò è dovuto all'enorme stravaganza che raggiunse la sua immagine, tanto diversa da quella del secolo precedente. I suoi eccessi arriveranno quasi al grottesco, preannuncio della decadenza che affliggerà l'Europa ed i suoi antichi assetti. La donna ovviamente non è esclusa dalla travolgente moda barocca, ma degli atteggiamenti civettuoli e stravaganti ne fu la musa. Tale atteggiamento è facilmente riscontrabile nella statua del Serpotta, che sembra ritrarre una graziosa dama all'ultima moda. Sfoggiando le sue grandi piume sembra prendere posto a teatro, ma invece si tratta della virtù Cardinale della Fortezza. E se un vetusto doge di Venezia può uscire pubblicamente con la parrucca incipriata, tanto più una Fortezza può mostrare il suo vitino da vespa stretto dal busto, lasciando alle sue sorelle del secolo precedente la solita veste all'antica. Bibliografia essenziale: – R. Levi Pisetzky, Il costume e la moda nella società italiana, Torino, Einaudi, 1978 – D. Davanzo Poli, Abiti antichi e moderni dei Veneziani, Vicenza, Neri Pozza, 2001 – G, Secrétant, La parrucca a Venezia, Firenze, 1900 Giacomo Serpotta - stucco - 1710 - (Oratorio del Rosario di San Domenico (Palermo, Italy))
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