Federica Molin (Venezia), "La parrucca, la cosa più barocca del

LA PARRUCCA, LA COSA PIU' BAROCCA DEL BAROCCO
Artificioso, grottesco, ma soprattutto magniloquente.
Il consumismo è il figlio legittimo del Barocco: l'aristocrazia meno disponibile a compiere investimenti poco sicuri come il
commercio, sperpererà ingenti somme di denaro per apparire all'ultima moda, meglio ancora se proveniente da un altro
paese. Agostino Lampugnani nella sua “Carrozza da nolo” parla per la prima volta di “moda”, definendo i “modanti”
come quei giovani che vestono e si acconciano secondo l'ultima tendenza, passando il tempo ad osservare come si
vestono i passanti.
L'esigenza di un rinnovamento estetico coincide con la diffusione e la frequentazione dei teatri, che di quest'ultimi il
Barocco ne è il periodo principe, rendendo teatrali e scenografici non solo gli stili di vita degli esponenti delle classi
abbienti, ma anche il loro abbigliamento: scenograficamente acconciati, risulteranno trasandati e lascivi, la loro
silhouette inscrivibile in un ovale strabordante di boccoli e merletti, con una leggera velatura bianca data dalla cipria nel
volto e nella parrucca.
Ambito, e dal costo proibitivo, il merletto diviene un accessorio fondamentale non solo nell'abbigliamento femminile, ma
anche in quello maschile.
A Venezia nel '600 la creazione dei merletti viene affidata alle isolate donne di Burano, che, ignare del valore del
prodotto che creavano, arricchivano i Marzieri, categoria addetta al loro commercio.
Il nuovo stile di vita porterà all'abbandono del serio modello maschile conosciuto nel XVI secolo, creando una frattura
sociale e visiva tra l'austera generazione precedente ed i giovani all'ultima moda.
Tintoretto, ritratto di Paolo Cornaro delle Anticaglie
Geffels, ritratto di Ferdinando Carlo Gonzaga
Fra Galgario, ritratto di gentiluomo (Flaminio Tassi?)
Caracca, ritratto del duca di Savoia Carlo Emanuele I e della duchessa di Savoia
Caterina Micaela d’Austria, 1585-1590
Rubens, ritratto di Vincenzo Gonzaga e della principessa Margherita
Gonzaga, 1601
Tra la fine del XVI secolo e l'inizio del XVII, i cambiamenti nelle fogge sono minimi, e legati ad una moda di influenza
spagnola; i primi cambiamenti radicali si noteranno dopo il primo quarto del Seicento con l'ascesa dell'Olanda come
potenza europea, e nella seconda metà del secolo, quando impererà in tutta Europa la moda francese di Luigi XIV.
L'uomo comincia ad abbandonare i modelli tardo cinquecenteschi che prevedevano capelli corti e barba lunga, per baffi,
pizzetti, e mosche, circondando il volto con folte chiome ondulate, a cui non tutti gli uomini era concesso ambire.
Artemisia Gentileschi , ritratto
di gentiluomo, 1626-27
Pickenoy, ritratto di Cornelis
de Graeff 1636
Antony Van Dick, Lord John
Stuart e Lord Bernard Stuart, 1639
Velazquez, Las Meninas, 1656
Il consumismo seicentesco può essere interpretato, non solo come un veloce cambiamento delle fogge, ma anche
come un continuo presentarsi di nuovi elementi per arricchire gli addobbi quotidiani, che era buon norma sfoggiare
indistintamente dal sesso: merletti, nastri, ciuffi colorati, frangette posticce e colorate, gioielli, guanti, fiocchi, nei
posticci, e le scarpe con il tacco.
Figlio dell'epoca barocca è il tacco, contributo ancora oggi percepibile nella scarpa moderna: inutile sottolineare
l'entusiasmo con il quale tale novità investì il genere maschile. Lieti di poter innalzarsi e rendersi più maestosi,
usarono i tacchi anche per creare l'ennesima distinzione sociale: dipinti di rosso simboleggiavano nobiltà nella
corte di Luigi XIV.
Nel corso del secolo la moda del tacco venne trasportata agli stivali: un tempo usati per praticità, entrano in uso
anche a corte. Portati flosci, logori e cadenti, assieme ai guanti sciupati e rotti a dovere per far fuoriuscire le
gemme degli anelli, donavano all'insieme un aspetto regale ma arruffato, come se si trattasse di un principe caduto
in mezzo ad un cespuglio da cui a fatica era riuscito ad uscirne.
Il Barocco, definito da Rosita Levi Pisetzky “un'orgia di piacere della linea curva”, ha il suo massimo esponente nelle
enormi parrucche indossate dagli uomini.
Analoga descrizione offre Huizinga nell'opera "Homo ludens", definendo “la parrucca, la cosa più barocco del
barocco”.
Come già accennato, nel secondo quarto del secolo diciassettesimo la moda prevedeva lunghe masse di capelli sciolti
per entrambi i sessi: l'uso della parrucca maschile è da riscontrare proprio in questa nuova tendenza, a cui non tutti
potevano naturalmente aderire a causa della rarità di avere un abbondante massa di capelli riccioluti, o di avere capelli
in generale.
Si ricorre quindi alla parrucca, o a posticci, facilitando la moda di una lunga ciocca cadente sul lato sinistro detta
cadenette, da Honorè d'Albert signore di Cadenet che intorno al 1630 era stato il primo a portarla.
Incisione di ambito francese, ritratto di
Honorè D'Albert duca di Chaulnes
Catalogo di un fabbricante di parrucche
parigino XVII secolo
Le Brun, ritratto di Luigi XIV, 1656 c.
Rigaud, ritratto di Luigi XIV, 1694
Luigi XIV dopo i trent'anni di vita perse la sua lunga chioma castana, ma invece di camuffare la calvizia con posticci,
come fece suo padre Luigi XIII, usò la parrucca come un maestoso, quanto costoso, simbolo regale da far imitare a tutta
la corte, e oggetto del desiderio da esportare in tutta Europa.
Le parrucche più care erano fabbricate con capelli veri, mentre le più modeste erano prodotte con peli di pecora e capra,
crine di cavallo o coda di bue. Il loro straripare arricciolato, teatrale e esagerata, con il fine di stupire, è considerabile
l'essenza stessa del barocco, al quale si arriva attraverso un difficile equilibrio tra la più grottesca illogicità e una
maestosa bellezza. Tale cambiamento d'immagine maschile verrà progressivamente accompagnato da trucco,
applicazione di nei, ed un complessivo aspetto trasandato, logoro e spettinato, ma smodatamente costoso .
A Venezia la moda della parrucca maschile arrivò tardivamente, e fu vigorosamente contrastata, ma dalla zazzera
naturale, o aiutata da posticci, alla parrucca, il passo era breve.
Nel 1668 Scipione Vinciguerra di Collalto, durante un'mabasciata a Parigi si invaghì delle enormi parrucche lanciate da
Luigi XIV, e ritornò a Venezia con la testa rasata e ricoperta da un'imponente toupet.
La parrucca divenne subito l'oggetto del desiderio dei giovani patrizi veneziani, ferocemente contrastati dalla vecchia
generazione, che si ostinava ancora a portare capelli corti e barba lunga come Paolo Foscari, ricordato per non aver
ceduto nemmeno ai baffi e alla moschetta.
In una Venezia dissanguata dalle continue, e sempre meno gloriose, guerre contro il nemico Turco, gestita da una
nobiltà che non investiva più nel pericoloso commercio, ma nella sicura lottizzazione dell'entroterra, la nuova moda
porterà all'impoverimento delle manifatture locali, a causa della crescente richiesta di oggetti francesi, compresa la
parrucca.
Le magistrature veneziane cominciarono a porre subito divieti ufficiali contro la nuova moda francese: nel maggio del
1688 il Magistrato alle Pompe ottenne dal Consiglio dei Dieci il divieto all'utilizzo delle parrucche, immorali quanto
“foreste”.
I veneziani, come era loro uso, non diedero troppa importanza al divieto contro il nuovo oggetto di lusso: uno dei primi
a violare la legge fu l'elegante Nicolò Erizzo. Desideroso di coprire una vistosa cicatrice guadagnata grazie ai suoi
comportamenti licenziosi nei confronti di un'avvenente dama, non si arrenderà nemmeno davanti alle volontà paterne.
Il padre, austero cavaliere della un tempo gloriosa Repubblica di Venezia, proibì ai propri figli di indossare non solo la
parrucca, ma anche le sfrontate calzette rosse. La disobbedienza sarebbe costata ai suoi eredi l'esclusione dal
testamento a favore dell'Ospedale della Pietà. E ciò avvenne, ma dopo un ricorso, Nicolò ottenne parrucca, calze
rosse ed eredità, grazie all'esborso di una donazione a favore del pio ospedale.
L' aneddoto della famiglia Erizzo, ci attesta il desiderio dei giovani a seguire la stravagante tendenza, ma anche il
vigore che venne utilizzato dalle generazioni precedenti per contrastarla: il patrizio Antonio Corner, dopo il primo
decreto contro la parrucca, creò una società di 250 nobili che avevano giurato sul loro onore di non portare mai lo
sfrontato accessorio. Alla sua morte, Antonio Corner venne ricordato dalla cronaca locale come l'ultimo dei patrizi
veneziani senza parrucca: “7 Gennaio 1757 moriva il N. U. Antonio Corner fo di eccellenza Piero da S. Marcuola, di
anni 84, con sua capigliatura, ultimo dei patrizi senza parrucca”.
Lo spirito era cambiato ed anche a Venezia non ci sarà uomo senza il nobile toupet: anche chi ricopriva la più antica
delle cariche veneziane, quella del doge, cederà alle bionde, le chiare parrucche in voga in laguna. Sotto l'antico, e forse
anacronistico corno dogale, Giovanni II Corner farà spuntare una moderata cascata di boccoli biondi posticci.
Pitttore veneto, Doge Giovanni II Corner
1709-1722
Tiepolo, ritratto del doge Giovanni II Corner, 1716
Il cenotafio di famiglia predisposto dal doge Giovanni II
Corner – chiesa San Nicola da Tolentino Venezia
Trasformatasi da scontro generazionale a status symbol, a Venezia si indossavano quelle a riccioloni pendenti, dette
a gropi, quelle bipartite nel mezzo, dette alla cortesana, e quelle alte e terminanti in una coda rinchiusa in un
sacchetto di seta nera, dette alla delfina.
Arcangela Tarabotti, fattasi suora contro la sua volontà, nelle sue pungenti satire contro il genere maschile, definisce
le parrucche come “dei cadaveri spelacchiati in testa”.
Ambito veneto, ritratto del senatore Giovanni
Contarini, 1690-1699
Tiepolo, ritratto di Procuratore Daniele Dolfin
Carriera Rosalba , Ritratto di Sebastiano Ricci
Scuola di Bartolomeo Nazzari, ritratto di
Beluccio Valier, XVIII secolo
Lazzarini, ritratto di Antonio Corner, 1685
Fra' Galgario, Ritratto del conte Giovan
Battista Vailetti, 1720
Molto spazio è stato dato alla figura maschile nel periodo
barocco, ma ciò è dovuto all'enorme stravaganza che
raggiunse la sua immagine, tanto diversa da quella del
secolo precedente. I suoi eccessi arriveranno quasi al
grottesco, preannuncio della decadenza che affliggerà
l'Europa ed i suoi antichi assetti.
La donna ovviamente non è esclusa dalla travolgente moda
barocca, ma degli atteggiamenti civettuoli e stravaganti ne
fu la musa.
Tale atteggiamento è facilmente riscontrabile nella statua del
Serpotta, che sembra ritrarre una graziosa dama all'ultima
moda. Sfoggiando le sue grandi piume sembra prendere
posto a teatro, ma invece si tratta della virtù Cardinale della
Fortezza. E se un vetusto doge di Venezia può uscire
pubblicamente con la parrucca incipriata, tanto più una
Fortezza può mostrare il suo vitino da vespa stretto dal
busto, lasciando alle sue sorelle del secolo precedente la
solita veste all'antica.
Bibliografia essenziale:
– R. Levi Pisetzky, Il costume e la moda nella società italiana, Torino, Einaudi,
1978
– D. Davanzo Poli, Abiti antichi e moderni dei Veneziani, Vicenza, Neri Pozza,
2001
– G, Secrétant, La parrucca a Venezia, Firenze, 1900
Giacomo Serpotta - stucco - 1710 - (Oratorio del Rosario di San Domenico (Palermo, Italy))