Compliance Aziendale Politiche e procedure per gestire i rischi di non conformità Indagine conoscitiva 2013 cop assiteca R.indd 1 21/11/13 15.27 LA GESTIONE DEL RISCHIO DI COMPLIANCE NELLE IMPRESE ITALIANE a cura di Lorenza Altieri e Alberto Floreani Realizzazione: Gruppo 24 ORE Progetto Grafico: Design&Grafica - Anna Benetti Coordinamento editoriale: Maria Cristina Origlia Redazione: Paola Conversano Impaginazione: Emmegi Group S.r.l. Stampa: Tipolito Casma S.r.l. Via B. Provaglia 3b/3c/3d 40138 Bologna Chiuso in redazione il 20 novembre 2013 cop assiteca R.indd 2 21/11/13 15.27 Premessa 2 Introduzione3 SEZIONE 1 La compliance aziendale e il contesto normativo di riferimento 1.LA COMPLIANCE AZIENDALE: LO SCENARIO DI RIFERIMENTO 5 2.RUOLI, RESPONSABILITÀ E MODELLI ORGANIZZATIVI 6 3.IL PROCESSO DI COMPLIANCE 7 4.IL CONTESTO NORMATIVO DI RIFERIMENTO 8 4.1RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA DELLE PERSONE GIURIDICHE (DLGS 231/01) 9 4.2ANTIRICICLAGGIO E CONTRASTO DEL FINANZIAMENTO DEL TERRORISMO (DLGS 231/07) 13 4.3SICUREZZA E SALUTE SUI LUOGHI DI LAVORO (DLGS 81/08) 14 4.4DANNI AMBIENTALI E INQUINAMENTO (DLGS 152/06 E DLGS 121/11) 16 4.5PRIVACY E PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI (DLGS 196/03) 16 4.6NORME SULLA SICUREZZA INFORMATICA 18 4.7QUALITÀ E CERTIFICAZIONE ISO 9001 19 4.8NORMATIVE SPECIFICHE NAZIONALI E INTERNAZIONALI 20 5.IL PROGETTO DI RICERCA: METODOLOGIA IMPIEGATA E ANALISI DEL CAMPIONE 23 6.IL RUOLO DELLA COMPLIANCE NELLE AZIENDE ITALIANE: I RISULTATI DELLA RICERCA 24 7.IL MODELLO ORGANIZZATIVO DELLA COMPLIANCE NELLE AZIENDE ITALIANE: LE EVIDENZE DELLA SURVEY 30 Allegato 1 - Comitato Tecnico Scientifico 37 Allegato 2 - Questionario 38 1 Sommario SEZIONE 2 I risultati della ricerca N ell’attività di consulenza, intermediazione e gestione del portafoglio assicurativo prestata alle proprie aziende clienti, Assiteca ha sempre operato nella convinzione che l’impresa che attua politiche di risk management possa meglio competere sul mercato. Con l’obiettivo di segnalare le aziende che maggiormente si sono dimostrate sensibili a questa tematica e dare quindi voce alle eccellenze del nostro paese, nel 2010 Assiteca ha lanciato la prima edizione del Premio “La gestione del rischio nelle imprese italiane”, un riconoscimento unico nel panorama nazionale. L’iniziativa si basa sulla realizzazione di un’indagine, strutturata con il supporto di un autorevole Comitato Tecnico Scientifico, funzionale a inquadrare il grado di preparazione delle aziende italiane sul tema della gestione del rischio e propedeutica all’attribuzione del Premio, ogni anno approfondisce un focus specifico. Dopo aver affrontato il tema della sicurezza sul lavoro, dei crediti commerciali e della business continuity, il focus del Premio Assiteca 2013 è dedicato alla gestione del rischio di compliance aziendale. Novità dell’edizione 2013 la partnership con il Gruppo 24 ORE e la premiazione delle imprese vincitrici nell’ambito del 10° Annual Economia & Finanza. L’indagine 2013 si è posta l’obiettivo di verificare come le aziende italiane si sono organizzate e strutturate per gestire il rischio di non conformità, quali le politiche, i processi e le procedure adottate per garantire la compliance aziendale e migliorare la competitività. Ai fini dell’assegnazione del Premio, il questionario è stato strutturato con domande chiuse con un sistema di punteggio che ha permesso di definire il ranking delle aziende partecipanti. In questo modo sono state identificate le aziende più virtuose che sono state successivamente contattate per verificare in modo più approfondito le politiche di compliance adottate. Questa seconda fase qualitativa, gestita dal Comitato Tecnico Scientifico, ha portato a definire le aziende finaliste: Premessa Categoria piccole e medie imprese • F.I.V. Fabbrica Italiana Valvole – Produzione di rubinetti e accessori per termoidraulica • LEO Pharma – Ricerca e produzione di farmaci per curare le patologie dermatologiche • Petroltecnica – Bonifiche e smaltimento di rifiuti industriali • SECH – Terminal contenitori Porto di Genova Categoria grandi imprese • Bosch Rexroth – Tecnologie per l’azionamento e il controllo del movimento • Isagro – Produzione e distribuzione di agrofarmaci • NTV Nuovo Trasporto Viaggiatori – Trasporto ferroviario ad alta velocità • SKF Industrie – Produzione e vendita cuscinetti volventi Al termine dell’incontro dedicato alla presentazione delle best practice delle aziende svolto lo scorso 29 ottobre a Milano presso la sede del Gruppo 24 ORE, il Comitato Tecnico Scientifico si è riunito per selezionare le aziende vincitrici: • Petroltecnica per la categoria piccole e medie imprese • Isagro per la categoria grandi imprese 2 • nella maggior parte delle imprese che hanno risposto al questionario, il rischio di compliance è stato preso nella dovuta considerazione attraverso la realizzazione di adeguati presidi organizzativi e operativi; • le imprese che hanno investito risorse nell’attività di compliance sembrano consapevoli dell’utilità che questa attività può comportare in termini di miglioramenti organizzativi e procedurali, di immagine aziendale e di migliore garanzia per gli stakeholder aziendali, primi fra tutti gli azionisti; • le imprese rispondenti valutano come non particolarmente elevati i loro rischi di compliance; ciò quale probabile conseguenza dell’introduzione di adeguati presidi organizzativi e operativi atti a mitigarli; • la diffusione tra le imprese italiane di una specifica funzione di compliance per la gestione del rischio di non conformità è ancora limitata alle imprese di più grande dimensione. 3 Introduzione I l report – realizzato da Lorenza Altieri, senior research analyst di CeTIF, e Alberto Floreani, professore associato presso la Facoltà di Scienze Bancarie Finanziarie e Assicurative dell’Università Cattolica del Sacro Cuore – sintetizza i risultati dell’indagine sul ruolo e sulla gestione del rischio compliance nelle imprese italiane realizzata nell’ambito della IV edizione del Premio Assiteca. Il rischio di non conformità alle norme, o rischio di compliance, è «il rischio di incorrere in sanzioni giudiziarie o amministrative, perdite finanziarie rilevanti o danni di reputazione in conseguenza di violazioni di norme imperative (di legge o di regolamenti) ovvero di autoregolamentazione (es. statuti, codici di condotta, codici di autodisciplina)»1. Nell’ambito del più articolato sistema di risk management, il rischio di compliance è già da diversi anni all’attenzione di banche, imprese di assicurazione e grandi gruppi multinazionali. Per il mondo delle istituzioni finanziarie, in particolare, esistono delle disposizioni che rendono obbligatoria l’esistenza di una specifica funzione di compliance2. Per le istituzioni non finanziarie, la presenza di una funzione di compliance non è obbligatoria, ma il progressivo ampliarsi dell’ambito applicativo del Dlgs 231/01 sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche costituisce un elemento che dovrebbe incrementare l’attenzione delle imprese verso l’istituzione di una tale funzione e, più in generale, verso una più articolata gestione del rischio di non conformità. Il presente scritto si propone di introdurre alla compliance aziendale e al contesto normativo di riferimento (Sezione 1) e di esporre i risultati dell’indagine, effettuata tramite un questionario3, sul ruolo della compliance nelle imprese italiane operanti al di fuori del settore finanziario (Sezione 2). Come si avrà modo di illustrare, dall’indagine emergono alcuni spunti interessanti. In particolare, il ridotto numero dei questionari compilati rispetto al numero degli invii sembrerebbe indicare una scarsa sensibilità delle imprese italiane al rischio di compliance. È doveroso sottolineare però: Sezione 1 C La compliance aziendale e il contesto normativo di riferimento 4 1. La compliance aziendale: lo scenario di riferimento Il sistema della compliance è quell’insieme di strutture organizzative, attività, politiche e procedure che vengono poste in essere al fine di prevenire il rischio di non conformità dell’operato aziendale alle norme, ai regolamenti, alle procedure e ai codici di condotta vigenti, suggerendo – ove si riscontrino disallineamenti – le più opportune soluzioni da porre in essere per sanarli. La funzione compliance presente all’interno delle aziende è il referente unico dell’intero processo di compliance ed è la struttura organizzativa cui è affidato il compito di: • prevenire i disallineamenti tra le procedure aziendali e l’insieme delle regole interne ed esterne all’azienda; • assistere le strutture aziendali nell’applicazione delle norme, dei regolamenti, delle procedure e dei codici, coordinandone e garantendone l’attuazione; • segnalare le più recenti novità normative al fine di aggiornare periodicamente la documentazione in essere presso l’azienda, predisponendo interventi formativi per adeguare le procedure interne alle normative, qualora necessario; • risolvere situazioni di discordanza tra la disciplina in vigore e le specifiche realtà operative aziendali; • prevenire il rischio di sanzioni legali o amministrative, di perdite operative, di provvedimenti di interdizione parziale o totale dell’attività (rischio normativo); • prevenire l’impresa dal deterioramento della reputazione aziendale presso l’opinione pubblica, la comunità finanziaria, la propria clientela e, più in generale, tutti i suoi stakeholder (dipendenti, fornitori, clienti, Pubblica Amministrazione, azionisti, mercato finanziario ecc.); la reputazione dipende da fattori quali l’affidabilità, l’autorevolezza e l’effettiva capacità nello svolgere la propria attività e, per essere correttamente tutelata, deve essere gestita attraverso una comunicazione efficace e il mantenimento di una relazione positiva con i principali soggetti portatori d’interesse (rischio reputazionale). I controlli di conformità sono dunque da inserire nel più ampio scenario del sistema di monitoraggio dei rischi aziendali; pertanto, affinché tali controlli possano essere svolti in modo ottimale e la funzione compliance possa operare efficacemente, è essenziale il coordinamento con le altre aree aziendali (funzione legale, organizzazione, organismo di vigilanza ecc.) e, in particolare, con le funzioni che presidiano il sistema dei controlli interni e quello di risk management, garantendo una precisa definizione degli ambiti di azione e di responsabilità di ciascuna di queste funzioni, al fine di evitare sovrapposizioni e ridondanza nelle attività di controllo. Sinteticamente, il sistema della compliance d’azienda è quindi da intendersi come uno strumento che supporta le aziende a promuovere e consolidare i propri principi etici, a migliorare le relazioni con la clientela, a tutelare gli amministratori da possibili responsabilità personali e ad armonizzare i comportamenti dei dipendenti, rendendo le imprese anche maggiormente competitive nei confronti dei propri concorrenti. La compliance si pone come interlocutore istituzionale privilegiato delle differenti unità di 5 controllo presenti all’interno delle strutture operative d’azienda, validandone le procedure interne e verificandone costantemente la congruenza rispetto alla normativa vigente. 2.RUOLI, RESPONSABILITÀ E MODELLI ORGANIZZATIVI La funzione compliance è la struttura aziendale alla quale è affidato il compito di porre in essere tutte le azioni necessarie per garantire la mitigazione del rischio di non conformità. Dal punto di vista strettamente operativo, la funzione dovrà procedere a: • valutare le principali fonti di rischio di non conformità cui l’impresa è soggetta; • definire le politiche e le procedure che dovranno essere poste in essere per contrastare efficacemente i rischi individuati; • elaborare un piano periodico di verifiche di conformità, al fine di controllare lo stato dell’arte, il grado di disallineamento e le eventuali carenze nella gestione dei rischi aziendali; • stilare un reporting periodico relativo all’attività di compliance e ai risultati ottenuti. Affinché la funzione possa operare efficacemente è essenziale che essa risulti: • indipendente rispetto alle aree operative aziendali; a tale scopo deve essere chiaramente formalizzato il mandato della funzione, attraverso una precisa indicazione di compiti, responsabilità, addetti, prerogative, oltre a essere assicurata la presenza di adeguati presidi per la prevenzione dell’insorgenza di eventuali conflitti di interesse. La funzione compliance deve inoltre essere ben separata rispetto alle unità dedicate allo svolgimento dei controlli interni, affinché sia garantita un’attività di revisione indipendente; • dotata di risorse qualitativamente e quantitativamente adeguate rispetto ai compiti da espletare; in tal senso, le risorse impiegate all’interno della funzione dovranno possedere specifiche competenze tecniche e professionali ed essere inserite in programmi di formazione continua, in base alle effettive necessità riscontrate; • libera di accedere a tutte le attività svolte in azienda, sia presso gli uffici centrali che presso le strutture di periferia, e di consultare tutte le informazioni giudicate rilevanti per lo svolgimento della propria operatività. La sua composizione può essere definita in maniera autonoma e individuale da ciascuna impresa, che può scegliere di affidare l’incarico di responsabile della compliance a un singolo soggetto aziendale, piuttosto che affidarlo a una pluralità di risorse interne operanti in aree differenti dell’organizzazione. Più precisamente, possono essere adottati i seguenti approcci: • costituzione di una specifica funzione dedicata; • attribuzione di competenze di compliance alla direzione generale; 6 • attribuzione di competenze di compliance in capo ad altre funzioni preesistenti; • attribuzione di competenze specifiche a consiglieri di amministrazione indipendenti; • attribuzione di competenze specifiche a soggetti operanti all’interno dell’azienda ai quali vengono delegate alcune funzioni di controllo; • attribuzione di competenze specifiche a comitati già presenti e attivi, con compiti di natura varia (di consulenza, deliberativi ecc.); • attribuzione di compiti di verifica a organismi di controllo esterni4. Nello specifico, poi, è possibile che la funzione compliance – nella figura del compliance officer al quale è generalmente affidata – si trovi a coordinare risorse che espletano funzioni di controllo di conformità ma siano inserite all’interno di funzioni aziendali diverse; il grado di delega delle attività determina il grado di decentramento del processo di conformità. In altri casi, invece, la funzione di compliance coordina e controlla l’operato di altre unità di compliance che possono essere dislocate in altre divisioni aziendali/sul territorio. I modelli organizzativi come questi sono connotati da un’operatività decentrata che risulta essere meno onerosa (in termini di risorse ma anche di costi organizzativi) rispetto a quella delle funzioni compliance che operano in modo accentrato e autonomo. I sistemi decentrati saranno quindi di più facile e frequente applicazione e adattabili a un numero maggiore di realtà aziendali con caratteristiche e strutture operative differenti. Non di rado le organizzazioni optano per un modello organizzativo “flessibile”, connotato da un grado di accentramento delle attività più elevato nelle fasi intense di recepimento di nuove normative, seguito da una seconda fase di maggiore decentramento delle attività nella gestione quotidiana e operativa della compliance d’azienda5. 3. Il processo di compliance La funzione compliance governa un processo trasversale e ciclico, che consta di presidi organizzativi e operativi atti a evitare disallineamenti rispetto alle regole del contesto nel quale l’azienda si trova a operare, garantendo nel continuo la conformità alla normativa vigente. Il processo di compliance può essere schematicamente organizzato nei seguenti quattro sottoprocessi. • Individuazione e applicazione della normativa: individuazione di norme, regole e principi rilevanti per l’azienda e traduzione di tali leggi del complesso di regole e procedure che dovranno guidare lo svolgimento dell’operatività aziendale. Tale eventualità si potrà verificare nel caso in cui vengano emessi una nuova normativa, un nuovo regolamento o un nuovo standard al quale attenersi, da parte delle istituzioni, delle associazioni di categoria, degli organismi di vigilanza o dell’impresa stessa. • Valutazione dei rischi: verifica della situazione aziendale corrente, con riguardo alle modifiche/ai cambiamenti richiesti dalla normativa vigente, identificazione dei processi e 7 delle aree aziendali impattate e che potrebbero risultare quindi esposte al rischio di non conformità, valutando anche il grado di rischio di tale esposizione. • Implementazione degli adeguamenti: adozione delle regole e delle procedure operative definite come necessarie al fine di riequilibrare i disallineamenti interni all’azienda dovuti a una non conformità alla normativa vigente; sviluppo delle competenze e delle professionalità necessarie a garantire un’efficace applicazione di tali regole, per mezzo di un adeguato processo di comunicazione e di formazione. • Attività di monitoraggio e reporting: verifiche periodiche e nel continuo relative all’effettiva applicazione degli adeguamenti organizzativi/operativi resisi necessari e all’efficacia del corpo di regole sviluppato; eventuale predisposizione di interventi correttivi, di nuovi processi informativi o di formazione, qualora non siano risultati sufficienti/adeguati. Rendicontazione agli organi supervisori dei risultati raggiunti o di eventi di non conformità con carattere di rilevanza. 4. Il contesto normativo di riferimento L’insieme di norme, regolamenti e procedure in relazione ai quali le aziende operano per il mantenimento della compliance e per l’implementazione di eventuali azioni correttive o preventive è composito e variabile, in relazione allo specifico settore operativo di ciascuna azienda, al suo ambito di attività e alle sue caratteristiche. Esistono tuttavia alcune normative fondamentali rispetto alle quali il rischio di non conformità delle imprese è maggiormente marcato e che meritano dunque di essere opportunamente analizzate e studiate per comprenderne appieno le implicazioni e le prescrizioni organizzative e operative che esse generano in capo alle imprese. In particolare, si fa riferimento alle seguenti disposizioni: a.Responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (Dlgs 231/01); b.Antiriciclaggio e contrasto del finanziamento del terrorismo (Dlgs 231/07); c.Sicurezza e salute sui luoghi lavoro (Dlgs 81/08); d.Danni ambientali e inquinamento (Dlgs 152/06 e Dlgs 121/11); e.Privacy e protezione dei dati personali (Dlgs 196/03); f. Norme sulla sicurezza informatica; g.Qualità e certificazione ISO 9001; h.Normative specifiche nazionali e internazionali. Per ciascuna delle normative richiamate, qualora esse siano effettivamente parte del quadro normativo di riferimento per la singola realtà aziendale, esisterà un insieme di risorse organizzate e finalizzate a garantire conformità alle prescrizioni in esse contenute. Di seguito vengono analizzate le previsioni e le implicazioni organizzative e operative dettate da queste normative. 8 4.1 Responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (Dlgs 231/01) Il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, recante “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’art. 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300” ha introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento la responsabilità in sede penale degli enti, che si aggiunge a quella della persona fisica che ha realizzato materialmente il fatto illecito, adeguando la normativa nazionale in materia di responsabilità delle persone giuridiche ad alcune convenzioni internazionali a cui l’Italia ha aderito6. L’ampliamento della responsabilità mira a coinvolgere nella punizione di taluni illeciti penali il patrimonio degli enti e gli interessi economici dei soci, i quali, fino all’entrata in vigore della legge in esame, non pativano conseguenze dalla realizzazione di reati commessi, con vantaggio della società, da amministratori e/o dipendenti. L’innovazione normativa è perciò particolarmente significativa, determinando peraltro un interesse di quei soggetti che partecipano alle vicende patrimoniali dell’ente, al controllo della regolarità e della legalità dell’operato sociale. La responsabilità dell’ente giuridico si aggiunge a quella della persona fisica che ha commesso materialmente l’illecito ed è autonoma rispetto ad essa, sussistendo anche quando l’autore del reato non sia stato identificato, non sia imputabile oppure nel caso in cui il reato si estingua per una causa diversa dall’amnistia. I reati perseguiti Il regime di responsabilità amministrativa a carico dell’impresa è configurabile per reati puntualmente elencati e commessi nel suo interesse o vantaggio: “a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso; b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a)”7. Le fattispecie di reato rilevanti sono molteplici; a titolo esemplificativo ne vengono qui riportate alcune categorie, rimandando alla lettura integrale della norma per una definizione maggiormente puntuale dei reati cui essa fa riferimento: • delitti contro la pubblica amministrazione (quali induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione e malversazione ai danni dello Stato, truffa ai danni dello Stato e frode informatica ai danni dello Stato ecc.); • reati informatici e trattamento illecito dei dati; • reati societari (quali false comunicazioni sociali, impedito controllo, illecita influenza sull’assemblea ecc.); • delitti in materia di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico (incluso il finanziamento ai suddetti fini); • delitti contro la personalità individuale (quali lo sfruttamento della prostituzione, la pornografia minorile, la tratta di persone e la riduzione e mantenimento in schiavitù); 9 • reati in materia di abusi di mercato (abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato); • reati in materia di ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita; • delitti di omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime, commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro; • delitti di criminalità organizzata; • reati ambientali. Limiti della responsabilità, modelli organizzativi dell’ente e linee guida operative L’art. 6 del decreto legislativo 231/01 contempla tuttavia una forma di “esonero” di responsabilità qualora l’ente dimostri, in occasione di un procedimento penale per uno dei reati considerati, di aver adottato ed efficacemente attuato modelli di organizzazione, gestione e controllo idonei a prevenire la realizzazione dei reati considerati, provando quindi che la commissione del reato non deriva da una propria “colpa organizzativa”. Il decreto sancisce infatti che la società non debba rispondere degli illeciti commessi se prova che: “a) l’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi; b) il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli e di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo della società dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo; c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione; d) non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo di cui alla lettera b)”8. Il legislatore si è preoccupato di delineare, all’interno del decreto, quello che deve essere il contenuto dei modelli di organizzazione e di gestione considerati efficaci per prevenire il rischio di commissione dei reati indicati. Nello specifico, la norma indica che le imprese devono: “a) individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi reati; b) prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in relazione ai reati da prevenire; c) individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee a impedire la commissione dei reati; d) prevedere obblighi di informazione nei confronti dell’organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli; e) introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello”9. Alla luce delle previsioni normative, dunque, è possibile individuare alcuni passi operativi che le imprese dovrebbero compiere per realizzare all’interno delle proprie realtà dei modelli di organizzazione e gestione coerenti con i requisiti specifici contenuti nel decreto legislativo 231/01. Di seguito vengono brevemente descritte le prassi che dovrebbero essere poste in essere. • Indagine degli ambiti aziendali di attività. L’analisi del contesto aziendale nel suo complesso dovrebbe essere finalizzata a evidenziare quelle aree/settori di attività nei quali potrebbero 10 essere compiuti dei reati, con l’obiettivo di realizzare una mappatura delle aree aziendali maggiormente a rischio. • Analisi dei rischi potenziali. L’analisi dei rischi potenziali è finalizzata a verificare le modalità con le quali gli eventi illeciti potrebbero essere realizzati in ciascuna delle aree aziendali individuate come potenzialmente a rischio; lo scopo è ottenere una rappresentazione esaustiva di come le differenti fattispecie di reato potrebbero essere attuate rispetto al contesto operativo interno ed esterno in cui opera l’azienda. • Valutazione, costruzione e adeguamento del sistema di controlli attualmente esistente. Il sistema dei controlli finalizzato a prevenire il compimento di reati eventualmente esistente all’interno dell’azienda dovrà essere valutato alla luce dei risultati dell’indagine degli ambienti aziendali e dell’individuazione dei rischi potenziali; tale valutazione di conformità/non conformità dovrà quindi portare a un adeguamento del sistema attuale qualora venga rilevata la necessità di modificarlo/integrarlo, piuttosto che a una costruzione del sistema dei controlli ex novo, qualora l’ente ne sia sprovvisto. Le caratteristiche del sistema di controllo preventivo I contenuti del decreto permettono di desumere quelle che dovrebbero essere le componenti di un sistema di controllo realmente efficace nell’esecuzione della propria funzione preventiva del rischio di compimento dei reati. Nello specifico, gli elementi chiave di tale modello risultano essere quelli riportati di seguito10. • Il codice etico (o di comportamento) relativo ai reati individuati, il sistema disciplinare e i meccanismi sanzionatori. L’adozione di princìpi etici rilevanti ai fini della prevenzione dei reati identificati, inseriti all’interno di un codice etico aziendale, costituisce un elemento di grande importanza del sistema di controllo preventivo. I codici etici sono documenti ufficiali dell’ente che contengono l’insieme dei diritti, dei doveri e delle responsabilità della società e dei suoi esponenti nei confronti dei propri stakeholder. Un codice etico è finalizzato a raccomandare, promuovere o vietare determinati comportamenti, indipendentemente da quanto previsto a livello normativo; in esso possono anche essere indicate sanzioni proporzionate alla gravità delle eventuali infrazioni commesse. Prevedere un adeguato sistema disciplinare e sanzionatorio per la violazione delle norme del codice etico potrebbe essere un elemento particolarmente rilevante per il positivo funzionamento del modello adottato; tali violazioni ledono il rapporto di fiducia instaurato tra i soggetti in posizione apicale, i lavoratori subordinati, i lavoratori autonomi e altri soggetti terzi con l’impresa e devono dunque determinare azioni disciplinari volte a dissuadere i soggetti dal violare le norme vigenti, oltre che a ristabilire l’ordine aziendale. • Il sistema organizzativo e i poteri autorizzativi e di firma. Un sistema organizzativo formalizzato e ben definito contribuisce ad assegnare in maniera chiara le responsabilità, descrive puntualmente i compiti e le attività degli organismi aziendali e definisce le linee di dipendenza gerarchica, il sistema dei poteri e delle deleghe. Esso, inoltre, definisce i sistemi premianti dei dipendenti eventualmente previsti dalla società, con lo scopo di indirizzare le attività del personale operativo e manageriale verso l’efficiente consegui- 11 mento degli obiettivi aziendali. I poteri autorizzativi e di firma, assegnati in coerenza con le responsabilità organizzative e gestionali assegnate, indicano i soggetti ai quali è stato conferito il potere di autorizzare determinate tipologie di operazioni. • Le procedure manuali e informatiche e il sistema di controllo di gestione. I sistemi di informazioni regolamentano lo svolgimento delle attività prevedendo opportuni punti di controllo finalizzati a verificare il corretto svolgimento dell’operatività aziendale. Il sistema di controllo di gestione è invece in grado di fornire tempestiva segnalazione dell’esistenza e dell’insorgere di situazioni di criticità; funzionali a ciò sono la definizione di opportuni indicatori per le singole tipologie di rischio rilevato e i processi di risk assessment interni alle singole funzioni aziendali. • Processi di comunicazione al personale e sua formazione. Si tratta dei processi continuativi di comunicazione/diffusione al personale d’azienda delle previsioni contenute nel codice etico, della struttura dei poteri autorizzativi, delle linee di dipendenza gerarchica, delle procedure e dei flussi di informazione ecc. Al processo di comunicazione deve essere affiancato un solido programma di formazione rivolto al personale di ogni livello e, in particolar modo, a quello operante nelle aree a rischio, al fine di dargli illustrazione delle logiche e della portata delle regole aziendali. L’Organismo di Vigilanza Come si è detto, l’art. 6 del Dlgs 231/01 prevede che l’ente possa essere esonerato dalla responsabilità conseguente alla commissione dei reati indicati se l’organo dirigente ha adottato modelli di organizzazione, gestione e controllo idonei a prevenire efficacemente l’esecuzione degli illeciti, oltre ad aver affidato a un organismo della società dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo il fondamentale compito di vigilare sul corretto funzionamento del modello di organizzazione e gestione, curandone la verifica periodica e l’eventuale modifica/aggiornamento dello stesso, qualora vengano scoperte significative violazioni delle prescrizioni o quando intervengano mutamenti rilevanti nell’organizzazione e nelle attività aziendali. L’esistenza di un Organismo di Vigilanza (OdV) è dunque un elemento essenziale per l’implementazione di ottimali dinamiche di verifica e controllo del buon funzionamento del modello. Le attività che questo è chiamato ad assolvere possono essere così sinteticamente riassunte: • vigilare sull’effettività del modello, verificando la coerenza fra i comportamenti posti in essere all’interno dell’azienda e il modello istituito; • constatare l’adeguatezza del modello, ossia la sua capacità di prevenire, almeno in linea di massima, i comportamenti non desiderati, e verificare il permanere nel tempo dei requisiti di solidità e funzionalità; • procedere a un aggiornamento del modello, nell’ipotesi in cui si verifichi che si sono resi necessari opportuni adeguamenti e correzioni. Con riferimento, invece, ai requisiti che si ritiene debbano connotare l’Organismo di Vigilanza e il suo operato, sono stati individuati i seguenti: 12 • autonomia e indipendenza: l’Organismo deve essere autonomo e indipendente nello svol- gimento delle proprie attività di controllo, risultando libero da qualsiasi interferenza o condizionamento (in particolare se proveniente dall’organo dirigente) che possa gravare sul suo operato; per garantire ciò è indispensabile che l’OdV non svolga alcun compito operativo che, rendendolo partecipe di decisioni e attività d’azienda, ne minerebbe l’obiettività di giudizio nel momento delle verifiche sui comportamenti e sul modello; • professionalità: l’Organismo deve possedere un set adeguato di strumenti e tecniche specialistiche (ispettive, ma anche d’analisi dei sistemi, di tipo giuridico e penalistico ecc.) che gli permettano di svolgere efficacemente la propria attività; • continuità di azione: deve esistere una struttura dedicata esclusivamente e a tempo pieno all’attività di vigilanza sul modello, senza che alla stessa vengano affidate attività operative di alcuna sorta. 4.2 Antiriciclaggio e contrasto del finanziamento del terrorismo (DLgs 231/07) Il riciclaggio di denaro è quell’insieme di operazioni mirate a dare una parvenza lecita a capitali la cui provenienza è, in realtà, illecita. Un’importante azione contro il riciclaggio è stata svolta dall’Unione Europea, da ultimo con la direttiva 2005/60/CE acquisita dal legislatore italiano nel Dlgs 231/07 del 16 novembre 2007, che introduce, con la sua entrata in vigore, un collegamento diretto tra la disciplina antiriciclaggio e la responsabilità amministrativa degli enti prevista dalle disposizioni del Dlgs 231/01 con l’art. 25-octies, relativo ai reati di “ricettazione, riciclaggio e l’impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita” (artt. 648, 648-bis e 648-ter del codice penale), nel quale è indicato che: “1) In relazione ai reati di cui agli articoli 648, 648-bis e 648-ter del codice penale, si applica all’ente la sanzione pecuniaria da 200 a 800 quote. Nel caso in cui il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione superiore nel massimo a cinque anni si applica la sanzione pecuniaria da 400 a 1000 quote. 2) Nei casi di condanna per uno dei delitti di cui al comma 1 si applicano all’ente le sanzioni interdittive previste dall’art. 9, comma 2, per una durata non superiore a due anni”. I soggetti destinatari degli obblighi previsti dalla normativa antiriciclaggio comprendono sia il sistema bancario, finanziario e assicurativo, sia professionisti e operatori non finanziari (quali i notai e gli avvocati quando, in nome o per conto dei propri clienti, compiono qualsiasi operazione di natura finanziaria o immobiliare, nonché i soggetti iscritti nell’albo dei ragionieri e dei periti commerciali, dei dottori commercialisti e in quello dei consulenti del lavoro ecc.). In merito agli obblighi posti in capo a tali tipologie di soggetti, essi possono essere così sintetizzati: • obbligo di adeguata verifica sul cliente; • obbligo di adottare nella valutazione un approccio basato sul rischio (risk based approach); 13 • obbligo di registrazione e di tenuta di tutta la documentazione acquisita per assolvere l’obbligo di verifica sul cliente; • obbligo di immediata segnalazione di eventuali operazioni sospette all’Unità di Informazione Finanziaria; • obbligo di vigilanza e controllo, ciascuno nell’ambito delle proprie attribuzioni e competenze, affidato a specifici organismi aziendali, quali il Collegio Sindacale, il Consiglio di Sorveglianza, il Comitato di Controllo di Gestione, l’Organismo di Vigilanza e, in generale, a tutti gli incaricati della funzione di controllo di gestione. I rischi di riciclaggio devono quindi essere oggetto di particolari misure di gestione e controllo, integrate nel sistema di controllo interno dell’impresa, ed essere sottoposti a una valutazione periodica al fine di salvaguardare l’ente dal vedersi attribuita una responsabilità relativa allo specifico reato. Dovranno essere definiti modelli di prevenzione e contrasto del riciclaggio connotati da un insieme strutturato di istruzioni, procedure e regole operative interne per gestire il rischio individuato. 4.3 Sicurezza e salute sui luoghi di lavoro (DLgs 81/08) In Italia la salute e la sicurezza sul lavoro sono regolamentate dal Dlgs 9 aprile 2008, n. 81 (anche noto come “Testo unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro”, entrato in vigore il 15 maggio 2008) e dalle relative disposizioni correttive, ovvero dal Dlgs 3 agosto 2009, n. 106 e da successivi ulteriori decreti. Il Dlgs 81/08 e i successivi hanno notevolmente ampliato il campo di applicazione delle previsioni in ambito antinfortunistico e di tutela della salute sul luogo di lavoro, estendendole a tutti i settori di attività, privati e pubblici, a tutte le classi di rischio e a tutte le tipologie di lavoratori (dipendenti, parasubordinati, autonomi, volontari ecc.). È importante evidenziare che l’art. 25-septies del Dlgs 231/01 (introdotto dalla L. 123/07 e poi modificato dal Dlgs 81/08) ha creato una sostanziale connessione tra sicurezza sul lavoro e responsabilità amministrativa di società ed enti. Infatti, i reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose gravi o gravissime, commessi in violazione delle norme antinfortunistiche e di tutela dell’igiene e della salute sul lavoro, hanno rilevanza anche ai fini della responsabilità amministrativa ex Dlgs 231/01, purché la loro commissione sia relazionabile a un interesse e/o un vantaggio per la società/ente (vantaggio che potrebbe configurarsi anche in termini di risparmio delle spese necessarie ad adattare l’ambiente lavorativo alle previsioni del Dlgs 81/08). Il datore di lavoro ha l’obbligo di effettuare la valutazione dei rischi di esposizione dei lavoratori e, in base a quanto rilevato, di prendere tutte le misure di prevenzione e protezione, collettiva e individuale, necessarie a ridurre al minimo il rischio. La valutazione dovrebbe procedere attraverso: • la creazione di una base dati anagrafica comune, comprendente i pericoli a cui i lavoratori possono essere esposti, l’identificazione di un indice di pericolo, la valutazione di un indice di rischio per ogni mansione-pericolo; 14 • la verifica periodica dell’esposizione dei lavoratori mediante misurazioni e confronto con i valori limite professionali, ambientali e biologici; • la valutazione del rischio correlato a ciascuna mansione; • la verifica degli adempimenti di legge e della conformità degli ambienti di lavoro e delle postazioni; • l’analisi del rischio degli ambienti di lavoro e la stesura di un documento di valutazione, anche al fine di contribuire al percorso di formazione/informazione dei lavoratori; • la gestione delle attività conseguenti la valutazione dei rischi (sorveglianza sanitaria, piani di emergenza ecc.), con la creazione di un registro per la gestione delle azioni migliorative conseguenti e dell’aggiornamento periodico. L’art. 30 del Dlgs 81/08 descrive il modello di organizzazione e di gestione idoneo ad avere efficacia esimente, come previsto dal Dlgs 231/01, ossia di quel modello in grado di assicurare un sistema aziendale che permetta l’adempimento di tutti gli obblighi in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro. Il comma 4 ribadisce la necessità che il modello preveda un’entità di controllo sull’attuazione e sul mantenimento nel tempo dell’idoneità del modello stesso (Organismo di Vigilanza). Al comma 5 viene inoltre indicato come criterio fondamentale per essere compliant alla normativa l’adozione di un Sistema di Gestione per la Salute e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro (SGSSLL) che sia conforme allo standard Ohsas 18001:200711 o alle linee guida UNI-INAIL12. Un SGSSLL è un sistema di gestione permanente e organicamente strutturato, che permette di tenere sotto controllo i risultati aziendali in materia di sicurezza e salute del lavoro e garantire la conformità alle previsioni normative. Si tratta di un elemento del sistema complessivo di gestione dell’organizzazione che comprende la struttura organizzativa, le attività di pianificazione, le responsabilità, le azioni di coinvolgimento, le pratiche, le procedure, i processi e le risorse necessarie per sviluppare, attuare, raggiungere e mantenere la politica dell’organizzazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro, nell’ottica del miglioramento continuo. Il sistema aziendale deve garantire l’adempimento di tutti gli obblighi giuridici relativi a: • il rispetto degli standard tecnico-strutturali di legge relativi ad attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici; • le attività di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti; • le attività di natura organizzativa, quali emergenze, primo soccorso, gestione degli appalti, riunioni periodiche di sicurezza, consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza; • le attività di sorveglianza sanitaria; • le attività di informazione e formazione dei lavoratori; • le attività di vigilanza con riferimento al rispetto delle procedure e delle istruzioni di lavoro in sicurezza da parte dei lavoratori; 15 • l’acquisizione di documentazioni e certificazioni obbligatorie di legge; • le periodiche verifiche dell’applicazione e dell’efficacia delle procedure adottate. Il modello organizzativo e gestionale adottato dovrebbe inoltre prevedere un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure in esso contenute e un idoneo sistema di controllo sulla sua attuazione. 4.4 Danni ambientali e inquinamento (DLgs. 152/06 e DLgs 121/11) Per effetto del Dlgs 7 luglio 2011, n. 121 sono state ricomprese nel campo di applicazione del Dlgs 231/01 (per mezzo dell’integrazione nel decreto dell’art. 25-undecies) alcune fattispecie di reati contro l’ambiente e, nello specifico, reati contro specie animali e vegetali protette, illeciti di distruzione di habitat all’interno di un sito protetto, di scarichi idrici, di gestione dei rifiuti, di emissioni in atmosfera eccetera13. Tali ipotesi di reato determinano la responsabilità amministrativa dell’impresa in ogni caso in cui l’illecito sia stato posto in essere da un dipendente dell’azienda stessa, nell’interesse/vantaggio della società; a carico degli enti sono previste sanzioni di carattere pecuniario, interdittive, di confisca e di pubblicazione della sentenza. In linea con le previsioni normative contenute nel Dlgs 231/01, anche con riferimento ai reati ambientali la predisposizione di adeguati modelli organizzativi ha efficacia esimente. In merito a ciò le best practice più diffuse prevedono l’adozione di Sistemi di Gestione Ambientale (SGA) conformi allo standard ISO 1400114 o al regolamento europeo 1221/09 (EMAS)15; tuttavia, è opportuno specificare che tali protocolli, sebbene di grande importanza, rappresentano unicamente un primo punto di partenza sulla base del quale sviluppare un modello organizzativo compliant rispetto alle previsioni del Dlgs 231/01. Infatti, un Sistema di Gestione Ambientale conforme agli standard ISO 14001/EMAS ha lo scopo di identificare preliminarmente le prescrizioni normative applicabili al proprio ambito di attività e gli aspetti di rischio ambientale connessi alla propria operatività; un modello organizzativo adeguato deve andare oltre, individuando le aree, le attività e i processi aziendali nell’ambito dei quali possono più facilmente ricorrere i reati ambientali e di inquinamento, procedendo a una valutazione e a una costruzione/adeguamento del sistema di controlli attualmente esistente in azienda. Nella prospettiva di conformità ai requisiti del modello organizzativo 231, lo svolgimento delle attività di progettazione e attuazione di un sistema di gestione ambientale deve essere integrato con attività ulteriori, quali il coordinamento tra politica ambientale prevista dal SGA e il codice etico aziendale, il controllo dell’effettiva separazione tra compiti e funzioni per le attività a rischio, l’istituzione dell’Organismo di Vigilanza e la puntuale definizione dei suoi compiti. 4.5 Privacy e protezione dei dati personali (DLgs 196/03) Il Dl 14 agosto 2013, n. 93, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, ha introdotto alcuni provvedimenti in materia di delitti 16 in ambito privacy (nello specifico, trattamento illecito dei dati personali, falsità nelle dichiarazioni e notificazioni al Garante e inosservanza dei provvedimenti del Garante). Le fattispecie di reato citate entrano a far parte dell’elenco dei reati per i quali le imprese sono chiamate a rispondere, qualora gli illeciti vengano commessi, nell’interesse o a vantaggio della società, da rappresentanti, amministratori, dirigenti o soggetti ad essi sottoposti; la conseguenza è la necessità di aggiornare i modelli organizzativi degli enti, per non incorrere nelle specifiche sanzioni previste. Le disposizioni di legge sulla privacy e protezione dei dati personali in Italia sono contenute nel Dlgs 196/03 (e successive integrazioni), nominato “Codice in materia di protezione dei dati personali”; oltre a sancire il diritto per chiunque alla protezione dei dati personali, esso pone in carico ai soggetti che effettuano il trattamento dei dati, sia con l’ausilio di strumenti elettronici che mediante supporti cartacei, l’onere di adottare misure atte a rendere sempre più garantite e riservate le informazioni di natura personale e sensibile in loro possesso, di utilizzarle in modo quanto più parsimonioso possibile, di procedere a un loro adeguato aggiornamento, oltre a prevedere per tali soggetti numerosi altri obblighi operativi16. Per attuare in modo completo la normativa sulla privacy è necessario implementare alcuni cambiamenti organizzativi, adottando un modello di organizzazione che chiarisca e definisca in maniera precisa ruoli e responsabilità, procedure e istruzioni da applicare per risultare effettivamente compliant al corpo normativo di riferimento. In sostanza, è necessario adottare un Modello organizzativo privacy i cui tratti più rilevanti sono: • l’individuazione di un privacy officer, il cui ruolo fondamentale è quello di verificare l’adempimento alle previsioni normative della L. 196/03 di riferimento, analizzando i rischi di violazione della norma e definendo quindi le linee guida per l’aggiornamento del modello organizzativo aziendale, supportando l’operato degli altri organi/soggetti responsabili che svolgono le differenti attività necessarie alla tutela della privacy; • l’istituzione di un Comitato privacy, con compiti di indirizzo, individuazione delle aree a priorità di intervento e governo del modello organizzativo interno; • l’identificazione delle tre figure chiave del modello organizzativo privacy, cioè il titolare, il responsabile e l’incaricato al trattamento dei dati17; • la redazione del Documento Programmatico della Sicurezza (DPS) da parte di tutte le aziende, associazioni, enti e professionisti che trattano i dati personali – anche sensibili – con strumenti elettronici; il DPS deve riportare le caratteristiche e gli aspetti più rilevanti dell’infrastruttura tecnologica aziendale coinvolta nella gestione di dati personali e sensibili, verificando che essa sia coerente con quanto richiesto dalla normativa sulla privacy. Un modello organizzativo privacy opportunamente integrato con un modello organizzativo conforme alle previsioni del Dlgs 231/01, con lo sviluppo degli opportuni protocolli interni e dei flussi informativi tra l’Organismo di Vigilanza e il privacy officer, dovrebbe dunque permettere alle imprese di non incorrere nella responsabilità amministrativa dell’ente per gli illeciti previsti. 17 4.6 Norme sulla sicurezza informatica Tra i reati per i quali il Dlgs 231/01 prevede il regime di responsabilità amministrativa a carico dell’impresa rientrano i reati informatici, ossia quegli illeciti compiuti per mezzo o nei confronti di un sistema informatico. Il sistema IT può infatti essere oggetto di un reato finalizzato a distruggere o manipolare l’elaboratore, piuttosto che a sottrarre o eliminare le informazioni o i programmi in esso contenuti; alternativamente, può rappresentare lo strumento attraverso il quale gli illeciti vengono compiuti, come nel caso delle frodi informatiche. La Convenzione di Budapest del 2001, ratificata e resa esecutiva con la L. 18 marzo 2008, n. 48, ha cercato di fornire una soluzione al problema dei computer crimes prevedendo una specifica forma di responsabilità in capo agli enti dotati di personalità giuridica, alle società e associazioni, anche prive di personalità giuridica, quando tale particolare tipologia di illeciti sia commessa nel loro interesse o a loro vantaggio. Questo è stato reso possibile mediante l’inserimento nel Dlgs 231/08 dell’art. 24-bis, denominato “Delitti informatici e trattamento illecito di dati”, che determina la necessità per gli enti di dotarsi di un adeguato modello organizzativo anche in relazione alla prevenzione dei reati informatici, al fine di non incorrere nella responsabilità per i computer crimes eventualmente posti in essere al suo interno. L’adozione di un adeguato modello organizzativo e lo svolgimento di tutti i controlli da esso previsti possono essere fortemente facilitati dall’adozione di un Sistema di Gestione della Sicurezza delle Informazioni (SGSI), in coerenza con le linee guida e i requisiti definiti dalla norma ISO 27001, applicabile a qualsiasi tipo di organizzazione, a prescindere dal settore e dalle dimensioni. Un SGSI modellato opportunamente potrà ottenere anche la relativa certificazione internazionale ISO 27001, che definisce lo standard condiviso per la gestione della sicurezza delle informazioni. La norma ISO 27001 propone un modello che tratta tutti gli aspetti relativi alla sicurezza informatica, col fine di proteggere le informazioni aziendali: dai documenti in formato elettronico a quelli cartacei e agli strumenti informatici, fino alla conoscenza individuale dei singoli dipendenti. Il SGSI si posiziona a un livello più alto rispetto alle scelte tecnologiche di dettaglio, dalle quali dipende la cosiddetta sicurezza fisica (da intendere in termini di infrastrutture, sistemi di continuità, sistemi di controllo degli accessi fisici); infatti, esso comprende anche le previsioni in ambito di sicurezza logica (sicurezza dei sistemi di autenticazione e identificazione, impostazione dei firewall e gestione del sistema di e-mailing ecc.) e di sicurezza organizzativa, che si realizza attraverso: • un’opportuna definizione delle figure, dei ruoli e delle responsabilità delle risorse che, all’interno dell’organizzazione, si occupano di gestione della sicurezza informatica; • una definizione delle procedure operative rilevanti per la gestione della sicurezza IT e per l’utilizzo sicuro delle risorse informatiche, con la redazione di una policy di utilizzo dei sistemi informatici (norme per l’uso corretto del personal computer, per la creazione di password sicure, per l’utilizzo di internet e della posta elettronica ecc.); • una pianificazione di opportune attività formative finalizzate a incrementare la conoscenza e la competenza in materia di sicurezza IT degli addetti e degli utenti che operano sulle risorse informatiche. 18 4.7 Qualità e certificazione ISO 9001 Tra le differenti certificazioni che un’azienda può scegliere di conseguire al fine di garantire l’adeguatezza a standard di qualità riconosciuti a livello internazionale, oltre alle già citate Ohsas 18001:2007 per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro, ISO 14001 per un sistema di gestione ambientale compliant alle normative vigenti e ISO 27001 per la gestione della sicurezza delle informazioni, vi è la certificazione ISO 9001, recepita in Italia con la denominazione di UNI EN ISO 9001:2008. La norma ISO 9001 rappresenta il riferimento per i requisiti caratteristici di un sistema di gestione finalizzato a migliorare le performance di un’organizzazione e dei processi che essa pone in essere per ottenere uno specifico prodotto/servizio; è rilevante sottolineare che la norma e la certificazione si riferiscono ai processi di produzione, mai al prodotto o servizio stesso. Lo standard ISO 9001 è l’unica norma della famiglia ISO 900018 per cui un’azienda può essere certificata; le altre sono solo guide utili per favorire la corretta applicazione e interpretazione dei princìpi del sistema qualità. La corretta applicazione della norma ISO 9001 permette: • l’ottimizzazione dei processi interni a un’organizzazione; • l’impostazione di un efficace sistema di monitoraggio sui propri processi; • il controllo dei costi e la riduzione di inefficienze e sprechi nell’operatività aziendale; • il miglioramento della soddisfazione dei clienti e la loro fidelizzazione, incrementando la credibilità dell’azienda e la sua visibilità sul mercato. La certificazione deve essere richiesta a un ente indipendente ufficialmente riconosciuto che constata che l’azienda risponda ai requisiti della norma di riferimento, quindi che l’azienda sia in grado di assicurare il livello di qualità richiesto. Sebbene il Dlgs 231/01 e la certificazione di qualità ISO 9001 abbiano finalità differenti, è evidente lo stretto legame fra di essi; sarebbe infatti impensabile avere un sistema adeguato di prevenzione dei reati in assenza di un modello gestionale conforme agli standard internazionali di qualità, poiché, in concreto, il primo non è che uno degli strumenti necessari ai fini della qualità gestionale promossa dallo standard ISO. Infatti, il percorso che le imprese devono compiere per allinearsi alle previsioni contenute nel Dlgs 231/01 non è differente da quello necessario per ottenere la certificazione di qualità. A titolo meramente esemplificativo, evidenziamo le seguenti analogie: • la progettazione e l’attuazione del sistema di gestione per la qualità di un’organizzazione sono influenzate dal contesto del mercato di riferimento e dai rischi associati, dai suoi obiettivi, dai prodotti/servizi che fornisce e dai processi necessari alla loro produzione; il modello organizzativo 231 prevede, in relazione alla natura e alla dimensione dell’organizzazione nonché al tipo di attività svolta, misure idonee a garantire lo svolgimento dell’attività nel rispetto della legge, eliminando tempestivamente eventuali situazioni di rischio; • la normativa ISO 9001 richiede che al fine di comunicare all’interno e all’esterno della propria organizzazione gli indirizzi da seguire in termini di qualità, la direzione debba 19 sottoscrivere una politica per la qualità, che espliciti gli obiettivi aziendali e dichiari formalmente i princìpi di riferimento sui quali il processo dovrà modellarsi; la politica per la qualità è un documento analogo al codice etico, uno degli elementi più rilevanti del modello organizzativo 231; • il rappresentante della direzione per la qualità, previsto dalla ISO 9001, ha la responsabilità di mantenere attivo il sistema di gestione della qualità, svolgendo un ruolo analogo a quello dell’Organismo di Vigilanza che vigila sull’osservanza del modello organizzativo adottato da parte di tutti i membri dell’impresa. Il modello organizzativo 231 può dunque essere correttamente identificato con un’applicazione, tra le tante possibili, del modello gestionale codificato dalla norma ISO 9001. 4.8 Normative specifiche nazionali e internazionali Le leggi fin qui analizzate si applicano, ciascuna per il proprio specifico ambito di intervento, a tutte le aziende operanti nel territorio nazionale, indipendentemente dalla tipologia di ente, dalle relazioni che lo possano legare ad altre società, dal settore e dalle caratteristiche della sua operatività. Tuttavia, per completare il quadro rappresentativo delle normative rispetto alle quali il rischio di non conformità delle imprese è particolarmente elevato, è necessario rendere manifesta l’esistenza di ulteriori direttive di carattere specifico, che si applicano soltanto ad alcune imprese operanti in particolari settori o con caratteristiche peculiari. Non essendo possibile prenderle in esame integralmente, si farà qui riferimento, a mero titolo esemplificativo, a quattro disposizioni, col fine di darne un rapido inquadramento nell’ambito del sistema della compliance aziendale. Normative sulla sicurezza dei prodotti I prodotti offerti in vendita al consumatore finale devono essere sicuri, non devono cioè presentare alcun rischio per la salute e la sicurezza o presentare solo rischi minimi e accettabili compatibili con un livello elevato di tutela della salute e della sicurezza delle persone: lo stabilisce la direttiva comunitaria 2001/95/CE, recepita dal nostro codice del consumo. Nello specifico, un prodotto è considerato sicuro se rispetta le disposizioni di sicurezza previste dalla legislazione europea o, in assenza di tali disposizioni, se rispetta le disposizioni nazionali specifiche dello Stato membro di commercializzazione. Le aziende dovranno dotarsi di un modello organizzativo e di processi produttivi in grado di garantire la sicurezza dei prodotti offerti, al fine di assicurare una corretta tutela della salute e della sicurezza dei loro acquirenti e utenti. Certificazione delle attività di informazione scientifica Si tratta di una certificazione delle procedure relative all’attività di informazione scientifica per i farmaci in commercio che può essere ottenuta dalle aziende farmaceutiche. Il processo di verifica per l’ottenimento della certificazione prevede che un ente terzo accreditato a li- 20 vello europeo accerti ogni anno il rispetto delle norme, la corretta esecuzione dei processi di informazione scientifica, la trasparenza nel rapporto con tutti gli interlocutori dell’industria farmaceutica: medici, operatori sanitari, enti pubblici. In caso di esito positivo della verifica annuale, l’ente incaricato rilascia all’azienda un certificato di conformità che attesta eticità e qualità del processo di informazione scientifica. Il corpo normativo di riferimento è il Dlgs 219/0619 e le relative modifiche e integrazioni successive. Tutela del risparmio e disciplina dei mercati finanziari Si tratta di disposizioni finalizzate al rafforzamento e all’incremento dell’efficacia della tutela del risparmio investito in strumenti finanziari, contenute nella legge di riferimento (Dlgs 262/05 e successive modifiche). Esse si applicano a tutte le aziende, italiane ed estere quotate sul mercato italiano, e introducono una serie di adempimenti organizzativi e operativi a cui le aziende devono uniformarsi. Tra essi vi sono nuove regole di governo per le società quotate in borsa, alcuni provvedimenti per una maggiore trasparenza su emissione e circolazione di prodotti finanziari, disposizioni in merito ai conflitti di interesse nelle attività finanziarie, norme più stringenti per le società di revisione ecc. Sarbanes-Oxley Act La Sarbanes-Oxley Act (SOX) è una legge federale emanata nel luglio 2002 dal governo degli Stati Uniti, equiparabile alle nostre “Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari”; essa è connotata da alcuni adempimenti quali: la creazione di un board indipendente che si occupi del monitoraggio delle società di revisione, la previsione di regole per assicurare l’indipendenza dei revisori contabili, la certificazione da parte del senior corporate management della veridicità del bilancio annuale e delle relazioni finanziarie della società quotata, la regolamentazione più rigorosa delle operazioni in titoli effettuate dagli insider, l’aggravio delle sanzioni civili e penali in caso di frode nei confronti degli investitori. In Italia la SOX trova applicazione presso le società quotate nelle piazze borsistiche statunitensi e presso le controllate di società quotate negli Stati Uniti, che dovranno quindi adeguare la propria operatività ai provvedimenti contenuti in tale legge federale. 21 Sezione 2 R I risultati della ricerca 22 5. Il progetto di ricerca: metodologia impiegata e analisi del campione Al fine di indagare il ruolo rivestito dalla compliance nelle imprese italiane ed elaborare una panoramica sullo stato dell’arte dell’oggetto d’analisi, è stato predisposto un questionario di 15 domande con l’obiettivo di identificare le politiche, i processi e le procedure adottate al fine di garantire la conformità alla normativa, ai regolamenti e ai codici di condotta vigenti in Italia (Allegato 2). Il questionario è stato sottoposto all’attenzione delle aziende italiane operanti nei settori industria, commercio e servizi con fatturato superiore ai 10 milioni di euro escluso il settore finanziario (banche, assicurazioni e altri intermediari finanziari)20. Il processo di contatto delle aziende selezionate21 ha permesso di raccogliere un totale di 77 questionari compilati. Da un’analisi delle aziende rispondenti emerge una certa uniformità nel campione di aziende di diverse dimensioni. Considerando come parametro di grandezza il numero di dipendenti, infatti, notiamo che il panel è composto per un quarto da organizzazioni con meno di 50 dipendenti, al 23,68% da imprese con Figura 1 – Composizione del campione per numero un numero di dipendenti tra i 50 e i 150 di dipendenti e al 28,95% da enti con un numero di 28,95% 6,58% 15,79% dipendenti variabile tra i 150 e i 500. Il < 50 campione si completa con il 6,58% comDa 50 a 150 posto da realtà con 500-1.000 dipendenti Da 150 a 500 Da 500 a 1.000 e il 15,79% da imprese con oltre 1.000 > 1.000 lavoratori subordinati (Fig. 1). 23,68% 25,00% Una distribuzione analoga si osserva analizzando la composizione del panel dal punto di vista del fatturato. Le aziende con un giro d’affari tra i 10 e i 25 milioni di euro sono il 31,58% del totale delle rispondenti; la percentuale si riduce al 23,68% per quelle con fatturato tra i 25 e i 50 milioni ed è pari al 26,32% per quelle con fatturato oltre i 250 milioni di euro. Il restante 18,42% del panel si divide perfettamente fra le organizzazioni con ricavi tra i 50 e i 100 milioni di euro e tra i 100 e i 250 milioni. Le lievi differenze non permettono quindi di affermare che il campione sia fortemente sbilanciato verso una particolare tipologia di aziende o che sia Figura 2 – Composizione del campione di imprese connotato da un trend rilevante in termi- analizzate in base al fatturato ni di fatturato (Fig. 2). 23,68% 9,21% 9,21% Il gruppo dei rispondenti è invece conDa 10 a 25 mln notato da una marcata presenza interDa 25 a 50 mln nazionale: ben il 57,89% delle imprese Da 50 a 100 mln Da 100 a 250 mln analizzate sono infatti realtà operanti Oltre 250 mln tanto in Italia che all’estero, mentre il 31,58% 26,32% 32,89% delle organizzazioni opera unicamente entro i nostri confini, avendo posto in essere più sedi dislocate nel territorio. Il restante 9,21% è rappresentativo di enti con un’unica sede sita nel nostro paese (Fig. 3). 23 Se ne può desumere che il modo di interpretare il ruolo della compliance all’interno delle organizzazioni, nonché 57,89% 9,21% le logiche in base alle quali sono state Presenza in Italia adottate politiche, processi e proceducon una sede re operative all’interno di queste realtà, Presenza in Italia con più sedi potranno essere fortemente influenzati Presenza dall’impronta internazionale, che connointernazionale 32,89% ta quasi il 60% del campione d’indagine. Da ultimo, con riferimento ai settori merceologici di appartenenza, è il settore industriale quello che risulta maggiormente coinvolto nella ricerca, essendo ad esso riconducibile ben il 50% dei rispondenti (Fig. 4). Il 39,47% del campione è composto da aziende del setFigura 4 – Settore merceologico di appartenenza tore del commercio e il residuo 10,53% da delle aziende intervistate enti operanti nel settore dei servizi. Figura 3 – Grado di internazionalizzazione del panel di indagine 50,00% 10,53% Industria Il quadro identificativo delle aziende inServizi tervistate è rilevante per una più agevole Commercio comprensione dei risultati della ricerca. Questi hanno posto in evidenza come il 39,47% tema della compliance coinvolga in maniera omogenea le aziende, a prescindere dal loro dimensionamento e dalla grandezza del fatturato generato; la preponderanza di organizzazioni rispondenti appartenenti al settore dell’industria non è invece da intendersi come un elemento che segnali una rilevanza maggiore dei temi di conformità presso tali tipologie di aziende, quanto più probabilmente come segno di un più elevato livello di attenzione prestato dalle imprese industriali a tali tematiche, o, forse, a una loro maggiore propensione o preparazione al confronto con realtà differenti. Nelle sezioni che seguono verrà indagato dapprima il ruolo riconosciuto alla funzione di compliance dalle aziende del campione, analizzando quindi prassi, politiche e processi che ne connotano il modo di svolgere le attività (domande 1-5 e 13-15 del questionario); quindi, verranno presi in considerazione più nel dettaglio i modelli organizzativi adottati e le caratteristiche dell’operatività delle funzioni di conformità (domande 6-12 del questionario). 6. Il ruolo della compliance nelle aziende italiane: i risultati della ricerca Il sistema della compliance d’azienda svolge il rilevante ruolo di supportare le aziende nella definizione e nel consolidamento dei princìpi etici e delle norme che ne dovrebbero ispirare l’attività, al fine di permettere alle organizzazioni di operare in modo più efficace ed efficiente, di essere maggiormente consce dei rischi di conformità che gravano sui processi e sulle aree 24 aziendali, di validare le proprie procedure interne verificandone costantemente la congruenza rispetto alla normativa vigente, di migliorare le relazioni con la clientela, rendendole anche più competitive nei confronti dei concorrenti. Le imprese sembrano aver inteso in maniera corretta i differenti compiti e le funzioni ascrivibili al sistema della compliance aziendale e il positivo impatto che può generare sull’operatività. Ben il 38,16% del panel, infatti, è sicuro che dotarsi di una funzione di conformità possa rappresentare una concreta opportunità per migliorare le procedure, le prassi e l’organizzazione aziendale, generando un circolo virtuoso che porti benefìci a tutti i livelli operativi. La funzione compliance viene inoltre riconosciuta (21,05% dei rispondenti) come una preziosa fonte di credibilità nei confronti di tutti gli stakeholder, prevenendo il deterioramento della reputazione aziendale presso l’opinione pubblica, migliorandone nel complesso anche l’immagine e la percezione esterna (10,53% del panel). Tuttavia, è pur vero che l’adozione di un sistema di conformità e la sua integrazione all’interno della dimensione aziendale hanno un’implicazione in termini di necessità di procedere con riorganizzazioni interne, di creare organismi ad hoc (es. l’Organismo di Vigilanza), di incrementare i flussi informativi circolanti fra le unità aziendali, di elaborare e adottare un codice etico ecc. Se per taluni (13,16% delle aziende indagate) questo rappresenta un impegno accettabile a fronte dei benefìci ottenibili, per altri (17,11%) lo sforzo richiesto e il significativo aumento della burocrazia interna che si rende necessario Figura 5 – Impatti e implicazioni di un sistema sembrano troppo gravosi per essere equadi compliance aziendale mente controbilanciati dagli effetti positivi ricavabili dalla creazione di una funzione Maggior garanzia per 38,16% 10,53% 13,16% terzi e stakeholder di compliance aziendale (Fig. 5). Opportunità per migliorare procedure e organizzazione Prendendo in considerazione il processo Miglioramento immagine di compliance – che in modo trasversale Impegno accettabile Impegno elevato e e ciclico opera al fine di evitare disallinea21,05% 17,11% aumento burocrazia menti organizzativi e operativi rispetto alle regole del contesto nel quale l’azienda si trova inserita – si sono analizzate le modalità attraverso le quali le imprese lo pongono in essere. Dapprima, si è voluto verificare se esse svolgessero l’attività preliminare di valutazione dei rischi, con lo scopo di confrontare la situazione aziendale corrente con le prescrizioni della disciplina vigente, identificando quei processi/aree aziendali che potrebbero risultare non conformi alle richieste normative. La Figura 6 – Valutazione dei rischi di conformità valutazione del rischio viene svolta nella rinvenibili all’interno dell’organizzazione maggior parte dei casi in modo completo 55,26% su tutte le dimensioni dell’organizzazione (55,26% dei rispondenti), ma ben il Sì, parziale 44,74% delle imprese, pur dichiarando Sì, completa di svolgerla, afferma di farlo in modo parziale, lasciando quindi spazio a situa44,74% zioni di non conformità potenzialmente pericolose per l’azienda (Fig. 6). Quindi, 25 prendendo a riferimento quell’insieme di normative che abbiamo visto nella Sezione 1 e rispetto alle quali il rischio 50,00% 14,47% di non conformità delle imprese è maggiormente marcato, le aziende sono state Alto interrogate affinché esplicitassero quello Medio Basso che secondo loro è il grado di rischio sopportato dall’azienda con riferimento 35,53% a ciascuna di tali norme. Possiamo notare che in merito alla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, ben il 50% del campione ritiene che rappresenti per la propria azienda un rischio contenuto; circa un terzo del totale dei rispondenti (il 35,53%) lo valuta invece come un rischio di grado medio e solo il 14,47% del panel interpreta le prescrizioni contenute nel Dlgs 231/01 come una fonte di rischi elevati per la propria organizzazione (Fig. 7). Una percezione del livello di rischio analoga si rileva anche in relazione ad altre normative (Fig. 8) a prescindere dal settore di attività, dalla dimensione e dalle modalità operative adottate: antiriciclaggio e per il contrasto del finanziamento al terrorismo (Dlgs 231/07); sicurezza e salute sui luoghi lavoro (Dlgs 81/08); danni ambientali e inquinamento (Dlgs 152/06 e Dlgs 121/11); privacy e protezione dei dati personali (Dlgs 196/03); norme sulla sicurezza informatica; qualità e certificazione dei processi secondo lo standard ISO 9001. La percezione diffusa è che tali normative rappresentino un rischio contenuto per tutte le imprese rispondenti; addirittura, nei casi dell’antiriciclaggio e dei danni ambientali ben il 75% del panel si è dimostrato concorde su tale posizione. Le discipline che, nel complesso, sono viste come maggiormente rischiose sono quelle relative alla sicurezza e salute sui luoghi di lavoro, alla privacy e alla sicurezza informatica, ma le percentuali di aziende che le percepiscono come fonte di un rischio di grado elevato sono comunque molto ridotte e di minoranza rispetto al campione totale (percentuale pari al 15,79% in tutti e tre i casi). Le ragioni di una simile uniformità nella percezione del rischio potrebbero essere ricondotte al fatto che le aziende hanno probabilmente già posto in essere quegli adeguamenti specifici previsti da tali normative (adozione di standard specifici, adeguamento del modello organizzativo, adeguamento delle infrastrutture aziendali ecc.) e possono dunque essere pressoché certe di essere compliant e non passibili di alcuna delle sanzioni previste. Con riferimento alle direttive, nazionali e internazionali, di carattere specifico che si applicano solo ad alcune imprese operanti in particolari settori o con caratteristiche peculiari, la distribuzione dei rischi percepiti comunque non varia. Oltre al grado di rischiosità relativo alle normative di settore, si è analizzato quello relativo alle prescrizioni in materia di sicurezza dei prodotti, di tutela del risparmio e disciplina dei mercati finanziari e a quelle contenute nella legge federale statunitense Sarbanes-Oxley Act (SOX), che in Italia trova applicazione presso le società quotate nelle Borse statunitensi e presso le controllate di società quotate negli Stati Uniti. Figura 7 – Grado di rischio della normativa sulla responsabilità amministrativa degli enti 26 Figura 8 – Grado di rischio delle principali normative generiche in materia di compliance Antiriciclaggio Sicurezza salute e luoghi di lavoro 11,84% 13,16% 15,79% Alto Medio Basso Alto Medio Basso 75,00% 60,53% Sicurezza informatica 23,68% Privacy e protezione dati personali 15,79% 15,79% Alto Medio Basso 59,21% Alto Medio Basso 25,00% 60,53% Danni ambientali 9,21% 23,68% Qualità e certificazione 15,79% 11,84% Alto Medio Basso Alto Medio Basso 75,00% 63,16% 25,00% La SOX è la disciplina percepita come meno rischiosa in assoluto (il grado di rischio basso è stato indicato addirittura dall’82,89% del panel), mentre quelle percepite come maggiormente rischiose (dal 17,11% del panel) sono le normative specifiche di settore (Fig. 9). Le ragioni di una simile uniformità nella percezione del rischio possono essere in questo caso ricondotte al fatto che, al di là della normativa specifica relativa al settore d’operatività di ciascuna azienda, le leggi analizzate si applicano solo ad alcune realtà delle organizzazioni rispondenti. Con riferimento alla SOX, per esempio, le aziende potrebbero non essere quotate nella Borsa statunitense o non essere controllate di società statunitensi, nonostante si sia visto che il profilo internazionale del panel è molto forte. Oppure, in maniera simile a quanto considerato con riferimento alle normative generiche, i membri del campione intervistato potrebbero aver già provveduto ad adottare tutte le misure necessarie per essere conformi alle disposizioni di tali norme. 27 Figura 9 – Grado di rischio delle principali normative specifiche in materia di compliance Normative di settore Sicurezza dei prodotti 17,11% 23,68% 7,89% Alto Medio Basso Alto Medio Basso 59,21% 65,79% Disciplina mercati finanziari 10,53% 26,32% SOX Sarbanes-Oxley 7,89% 13,16% 9,21% Alto Medio Basso Alto Medio Basso 76,32% 82,89% A valle del processo di valutazione dei rischi, si potrebbe rendere necessaria l’adozione di nuove regole, politiche e procedure operative finalizzate al riequilibro dei disallineamenti interni all’azienda dovuti a una non conformità rispetto alla normativa vigente. Le aziende rispondenti si distribuiscono in modo piuttosto omogeneo tra coloro che hanno già provveduto a elaborare un sistema completo di politiche e procedure che coinvolga l’organizzazione nel suo complesso (48,68% delle realtà analizzate), e coloro che hanno, per il momento, definito regole Figura 10 – Definizione di regole, politiche operative compliant con la normativa e procedure di compliance in modo parziale (il 51,32%), coinvol48,68% gendo soltanto alcune aree aziendali o alcune figure rilevanti, piuttosto che Sì, parzialmente adottando solo alcuni standard e best Sì, completamente practice che dovrebbero essere integrati nelle organizzazioni al fine di garantire 51,32% un livello massimo di tutela della conformità aziendale (Fig. 10). Anche relativamente all’elaborazione e all’adozione preventiva di un piano di verifiche di compliance da svolgere periodicamente e nel continuo, allo scopo di constatare l’effettiva applicazione degli adeguamenti organizzativi/operativi effettuati e l’efficacia del sistema di regole sviluppato (predisponendo eventuali interventi correttivi, qualora necessario), il panel 28 si distribuisce piuttosto omogeneamente Figura 11 – Adozione preventiva di un piano in un gruppo di maggioranza di aziende di verifiche di compliance che hanno sviluppato un piano di ve52,63% rifiche completo (il 52,63%), relativo a tutti i processi e le aree aziendali, e in un Sì, parziale insieme di organizzazioni (il 47,37%) che Sì, completo invece sono per il momento dotate di un piano di verifiche solo parziale (Fig. 11). 47,37% Tale sistema di verifiche e controlli periodici e continui si è tradotto per il 19,74% delle realtà indagate in un numero annuo di verifiche piuttosto numeroso (oltre i 10 controlli annuali) e in un numero tra le 5 e le 10 per il 36,84% delle organizzazioni. La grande maggioranza (il 43,42%) ha invece realizzato un numero di controlli periodici inferiore ai 5 annui (Fig. 12); tale risultato potrebbe Figura 12 – Numero annuo di controlli di conformità essere un segnale del fatto che le logiche svolti presso le aziende del panel di controllo e verifica periodica sottese a 43,42% 19,74% un buon funzionamento di un sistema di compliance sono ancora in corso di Meno di 5 assimilazione da parte delle imprese; proPiù di 10 Tra 5 e 10 babilmente la numerosità dei controlli è destinata a crescere nel corso del tempo. 36,84% Un piano di verifiche di compliance si pone, tra i suoi molteplici obiettivi, quello di accertare l’efficacia del sistema di conformità sviluppato anche in relazione alle politiche di sviluppo delle competenze e degli skill delle risorse umane aziendali; non ci si riferisce unicamente a coloro che sono impiegati all’interno della funzione di compliance e alle competenze che necessitano per espletare i propri compiti, ma, in generale, a tutto il personale d’azienda. Lo scopo dei programmi formativi è permettere al personale di essere sempre aggiornato in merito alle previsioni contenute nel codice etico, alle procedure interne e ai flussi di informazione, alla struttura dei poteri autorizzativi ecc. Le imprese rispondenti si dimostrano consce della rilevanza delle attività formative: ben il 68,42% ha infatti posto in essere percorsi educativi rivolti, in particolar modo, proprio a quei soggetti che operano in ognuna delle Figura 13 – Attività di formazione per il personale aree aziendali soggette a rischio di con- presso le imprese intervistate formità; la restante parte del campione 31,58% (31,58%) ha invece progettato corsi formativi rivolti alle risorse operanti solo in Su tutte le aree a rischio di conformità alcune delle aree a rischio, probabilmente Solo su alcune optando per quelle connotate da un tasso di non conformità superiore (Fig. 13). 68,42% Al termine di ogni processo di verifica di conformità deve essere svolta una 29 puntuale attività di rendicontazione agli organi supervisori e di controllo dei risultati raggiunti con le procedure e le politiche realizzate mediante il sistema di compliance in atto; tale attività di reporting non può non includere anche le segnalazioni relative ai possibili eventi di non conformità con Figura 14 – Svolgimento dell’attività di reporting carattere di rilevanza che si siano ridi compliance presso le imprese del panel scontrati all’interno dell’organizzazione. 31,58% Lo scopo è garantire agli organismi di controllo la possibilità di disporre di tutte Sì le informazioni rilevanti per definire le No logiche operative future della funzione di conformità, supportandola nell’ideazione 68,42% degli interventi correttivi che possano essersi resi necessari. Con riferimento al regolare svolgimento delle attività di reporting, nonché all’attribuzione della responsabilità per la sua redazione a specifiche risorse/unità dell’organizzazione, la grande maggioranza delle imprese rispondenti (68,42% del totale) ha dichiarato di provvedervi puntualmente; il restante 31,58% del panel, invece, non ha ancora strutturato processi formalizzati, né ha elaborato un sistema di responsabilità per l’esecuzione di questa attività (Fig. 14). Tale parte del panel dovrà sicuramente provvedere a farlo nel più breve tempo possibile se desidera porre in essere un sistema di conformità d’azienda completo. 7. Il modello organizzativo della compliance nelle aziende italiane: le evidenze della survey La survey ha voluto anche indagare il livello di avanzamento nello sviluppo del modello organizzativo della compliance aziendale e nella definizione delle figure, dei ruoli e delle responsabilità propri della funzione stessa. Gli aspetti organizzativi di gestione della funzione di conformità sono particolarmente Figura 15 – Definizione degli aspetti organizzativi rilevanti per garantirle di poter operare della compliance: ruoli e responsabilità in maniera efficace ed efficiente; una 53,95% loro corretta formalizzazione permette di comprendere in maniera chiara le Parzialmente logiche di distribuzione delle responsaTotalmente bilità, i compiti e le attività posti in capo a specifici organismi aziendali, le linee 46,05% di dipendenza gerarchica, il sistema dei poteri e delle deleghe. La maggior parte del campione (il 53,95%) ha dichiarato di aver già completato l’attribuzione di ruoli, mansioni e responsabilità, mentre il restante 46,05% ha affermato di averlo fatto solo in modo parziale e di avere dunque ancora alcuni aspetti organizzativi da definire per completare questo processo (Fig. 15). 30 Con un grado superiore di dettaglio, si è quindi voluto verificare a quale funzione aziendale, nello specifico, fossero stati affidati l’incarico di gestione e le competenze della funzione compliance, data la molteplicità di approcci e scelte organizzative possibili. Il campione in questo caso appare particolarmente Figura 16 – Funzione che gestisce la compliance composito e variato nelle opzioni stratenelle aziende intervistate giche che sono state prescelte (Fig. 16). Il 36,84% ha preferito affidarne la gestione Funzione specifica 36,84% 19,74% (compliance, ufficio legale) a una funzione aziendale di controllo (es. Altra funzione di controllo (auditing, risk management, internal audit, risk management, sistemi sistemi gestionali) di gestione ecc.); il 28,95% ha attribuito Direzione generale Altre funzioni per le parti le attività di gestione a una funzione 28,95% 14,47% di loro spettanza specifica, che potrebbe essere un’unità preesistente (es. l’ufficio legale) piuttosto che un’unità creata ad hoc per lo svolgimento di tali attività, mentre il 19,74% dei rispondenti ha attribuito le competenze di compliance alla direzione generale. Infine, il restante 14,47% del campione ha optato per un modello nel quale le risorse che espletano compiti di controllo di conformità sono inserite all’interno di funzioni aziendali diverse e che dunque svolgono le specifiche attività di controllo unicamente per gli ambiti e le parti del processo di loro spettanza (modello organizzativo decentrato). Ovviamente, affinché la funzione di compliance possieda le caratteristiche desiderabili di autonomia, indipendenza, professionalità e continuità di azione, risulta auspicabile la previsione di una specifica funzione aziendale preposta esclusivamente o prevalentemente dedicata a tale attività. Certo è che le piccole e medie imprese probabilmente non dispongono della dimensione sufficiente per la creazione di una specifica funzione. In effetti, solo il 16,66% delle imprese rispondenti di piccola dimensione (fatturato inferiore a 25 milioni di euro) dispone di una funzione di compliance specifica, Figura 17 – Adozione del modello organizzativo 231 mentre ne dispongono il 27,7% delle im- presso le realtà del panel prese rispondenti appartenenti alla classe 72,37% dimensionale superiore (tra 25 e 50 milioni di euro) e il 38,2% delle imprese con Sì fatturato superiore a 50 milioni di euro. No Sempre con riferimento all’approccio organizzativo, al panel è stato richiesto se 27,63% avesse già provveduto ad adottare e attuare un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire la realizzazione dei reati considerati generatori della responsabilità amministrativa degli enti, secondo quanto previsto in merito dal Dlgs 231/01, modello che, se conforme a quanto previsto nel decreto, ha efficacia esimente della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica ed è dunque uno strumento fondamentale per prevenire il rischio di non conformità. Ben il 72,37% del campione ha già adottato un modello organizzativo 231, mentre il 27,63% non lo ha ancora fatto (Fig. 17). 31 Con specifico riferimento all’organismo deputato a svolgere attività di controllo sul sistema di compliance aziendale, la cui esistenza è prevista dall’art. 6 del Dlgs 231/01, la survey ha rilevato che il 71,05% delle imprese ha già nominato un OdV (Fig. 18). Le percentuali non sono difformi da quelle relative Figura 18 – Nomina dell’Organismo di Vigilanza 231 all’adozione del modello organizzativo presso le organizzazioni analizzate 231 presso le imprese del panel e questo 71,05% potrebbe essere indicazione del fatto che, essendo l’Organismo di VigilanNo za un elemento essenziale del modello Sì organizzativo 231, l’adozione dell’uno vada necessariamente di pari passo con 28,95% quella dell’altro. Quanto alla frequenza delle riunioni dell’OdV, nel corso dell’ultimo esercizio, è possibile notare che nella maggior parte dei casi (il 48,68% dei rispondenti) esso è riuscito a incontrarsi dalle 3 alle 6 volte nel corso dei 12 mesi, numero che arriva a essere superiore a 6 nel 14,47% dei casi. Se è vero che un buon 36,84% delle aziende rispondenti ha dichiarato che l’Organismo è riuscito a riunirsi soltanto meno di 3 volte nell’anno di riferimento, è pur vero che in generale si sta delineando una tendenza a confeFigura 19 – Numero annuo di riunioni dell’Organismo rire una grande rilevanza all’attività di di Vigilanza 231 presso le aziende del panel tale entità e a incentivare l’azione di 36,84% 14,47% vigilanza sul corretto funzionamento del Più di 6 modello di organizzazione e gestione, Tra 3 e 6 anche mediante un ricorso maggiore Meno di 3 alle occasioni di riunione nel corso delle quali l’OdV può concretamente e fat48,68% tivamente svolgere i propri compiti di controllo (Fig. 19). Infine, poiché autonomia e indipendenza sono due dei requisiti fondamentali che devono connotare l’Organismo di Vigilanza e il suo operato, si è proceduto a verificare se nelle imprese che hanno risposto al questionario gli organismi di controllo svolgessero la loro funzione in totale indipendenza, in linea dunque con quanto espressamente richiesto dal Dlgs 231/01. Ben il 72,37% del campione ha conFigura 20 – Indipendenza degli organismi di controllo fermato la totale e completa autonomia 72,37% dell’organismo di verifica e controllo, mentre nel 27,63% dei casi il livello di Parziale indipendenza è solo parziale (Fig. 20). Totale Un maggioranza così larga è segno del fatto che le imprese sono ben consce 27,63% di quanto sia rilevante garantire totale indipendenza all’ente di controllo nello 32 svolgimento della propria azione; infatti, risultando libero da qualsiasi interferenza o condizionamento (in particolare se proveniente dall’organo dirigente) che possa gravare sul suo operato, l’organismo potrà assolvere Figura 21 – Realizzazione e certificazione di sistemi in modo massimamente efficiente ed gestionali specifici efficace il proprio compito. 53,95% 18,42% Per concludere, alle imprese del camPiù di uno pione è stato richiesto di esprimersi in Uno merito al grado di realizzazione di sisteNessuno mi gestionali specifici nelle loro realtà, facendo riferimento al conseguimento di 27,63% certificazioni per questi sistemi, dichiarandoli conformi agli standard di riferimento riconosciuti a livello internazionale. Fra le certificazioni citate nella presente analisi ricordiamo quella Ohsas 18001:2007, per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro; ISO 14001, che stabilisce i requisiti di un sistema di gestione ambientale compliant alle normative vigenti; la certificazione ISO 9001, che attesta la corretta implementazione di un sistema di qualità dei processi aziendali. In riferimento a questo aspetto della compliance aziendale, le imprese hanno dichiarato nel 53,95% dei casi di aver adottato più di un sistema gestionale specifico certificato, nel 18,42% di averne adottato almeno uno e nel 27,63% dei casi di non averne implementato nessuno (Fig. 21). Appare chiaro come il panel attribuisca una rilevanza significativa all’adozione e certificazione dei sistemi gestionali, che rappresentano una garanzia di qualità agli occhi degli stakeholder e un elemento di differenziazione e vantaggio rispetto ai competitor. 33 Note 1 Banca d’Italia, 2007, p. 2. 2 Ne sono un esempio Banca d’Italia, 2007 per le banche e il regolamento 20/08 dell’ISVAP per le imprese di assicurazione. 3 Il questionario è stato elaborato con il supporto del Comitato Tecnico Scientifico del Premio Assiteca (Allegato 1) ed è stato somministrato attraverso l’invio di e-mail dedicate da parte de Il Sole 24 ORE, partner dell’iniziativa, per totale di 40mila contatti complessivi a livello nazionale. Il testo del questionario è riportato in Appendice (Allegato 2). 4 Si faccia riferimento a quanto riportato in merito in: Anolli M., Rajola F. (a cura di) (2010), Il rischio di reputazione e di non conformità – Strumenti e metodi per la governance e la gestione operativa, Bancaria Editrice, Roma, p. 100. 5 Si veda: Anolli M., Rajola F., Il rischio di reputazione e di non conformità – Strumenti e metodi per la governance e la gestione operativa, op. cit., p. 93. 6 Si tratta della Convenzione di Bruxelles del 26 luglio 1995 sulla tutela degli interessi finanziari della Comunità Europea, della Convenzione di Bruxelles del 26 maggio 1997 sulla lotta alla corruzione dei funzionari della Comunità Europea o degli Stati membri e della Convenzione OCSE del 17 dicembre 1997 sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche e internazionali. 7 Decreto legislativo 231/01, art. 5. 8 Decreto legislativo 231/01, art. 6, comma 1. 9 Decreto legislativo 231/01, art. 6, comma 2. 10 Per una trattazione esaustiva delle caratteristiche del sistema dei controlli preventivi si faccia riferimento al documento “Linee guida per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo ex Dlgs 231/01” di Confindustria. 11 Standard britannico per la salute e la sicurezza dei luoghi lavorativi; è il riferimento valido per la certificazione dei propri sistemi di gestione per la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. 12 Le linee guida UNI-INAIL sono un documento di indirizzo alla progettazione, implementazione e attua zione di sistemi di gestione della salute e della sicurezza sul lavoro, rivolto soprattutto alle Pmi che caratterizzano il sistema produttivo italiano; tali linee guida (a differenza di Ohsas 18001:2007) non sono destinate alla certificazione dei sistemi. 13 Per la casistica completa dei reati ambientali e di inquinamento oggetto della norma si faccia riferimento al Dlgs 231/01, art. 25-undecies. 14 La norma UNI EN ISO 14001:2004 è uno standard riconosciuto e condiviso a livello internazionale al quale si aderisce volontariamente; esso prevede un set di requisiti per l’attuazione e la verifica di un sistema di gestione ambientale che può essere applicato da organizzazioni di tutte le dimensioni e i settori merceologici. 15 Il Regolamento CE 1221/09 del Parlamento Europeo e del Consiglio Europeo del 25 novembre 2009 definisce un sistema comunitario di ecogestione e audit denominato EMAS, al quale può aderire volontariamente qualsiasi organizzazione che intenda valutare e migliorare le sue prestazioni ambientali e comunicarle al pubblico. 16 Per una trattazione completa si rimanda alla lettura del decreto di riferimento. 34 17 Quando il trattamento è effettuato da persona giuridica, pubblica amministrazione o qualsiasi altro ente, associazione o organismo, il titolare coincide con l’entità giuridica nel suo complesso ovvero con l’unità o l’organismo periferico che esercita un potere decisionale autonomo sulle finalità e sulle modalità del trattamento, compreso il profilo della sicurezza; il responsabile è il soggetto che, nominato per iscritto dal titolare, sovraintende all’intero processo del trattamento dei dati, dall’acquisizione fino all’eventuale cessazione o distruzione, sulla base delle istruzioni impartitegli; l’incaricato è qualsiasi soggetto che esegue materialmente il trattamento dei dati, sotto la diretta autorità del titolare o del responsabile, con l’ausilio di strumenti informatici e mediante supporti cartacei. 18 La sigla ISO 9000 identifica una serie di normative e linee guida sviluppate dall’Organizzazione Internazionale per la Normazione (ISO) finalizzate a definire i requisiti per la realizzazione di un sistema di gestione della qualità all’interno delle imprese, al fine di condurre in maniera ottimale i processi aziendali, migliorare l’efficacia e l’efficienza nella realizzazione dei propri prodotti/nell’erogazione dei propri servizi, ottenendo e incrementando la soddisfazione della clientela. 19 Recepimento della direttiva 2001/83/CE e successive direttive di modifica, relativa a un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, e direttiva 2003/94/CE. 20 L’esclusione è determinata dal fatto che, per la specificità dell’attività svolta e per l’esistenza di normative di settore, il rischio di compliance e la sua gestione si caratterizzano diversamente per le imprese finanziarie. 21 Le aziende appartenenti al campione selezionato sono state contattate via e-mail e invitate alla compilazione del questionario pubblicato su una piattaforma on-line dedicata. Bibliografia di riferimento Aldini S., Romaniello A. (2012), «Imprese e reati ambientali: le novità su “Modelli” e OdV», in Ambiente e Sicurezza, n. 6, 27 marzo 2012 Anolli M., Rajola F. (a cura di) (2010), Il rischio di reputazione e di non conformità – Strumenti e metodi per la governance e la gestione operativa, Bancaria Editrice, Roma Assonime (2012), Circolare 28 maggio 2012, n. 15/12 – Reati ambientali e responsabilità amministrativa degli Enti Banca d’Italia, Disposizioni di vigilanza. La funzione di conformità (compliance), n. 608006, 10 luglio 2007 CeTIF (2006), Riflessi organizzativi della compliance nelle banche, Rapporto di ricerca CeTIF (2007), Riflessi operativi della compliance nelle istituzioni finanziarie, Rapporto di ricerca Confindustria (2008), Linee guida per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo ex Dlgs 231/01, 31 marzo 2008 Moti-F, Il Dlgs 231/07 contro il riciclaggio – Impatti sulle persone giuridiche, White paper Siti web di riferimento www.assoaicom.com www.lavoro.gov.it www.puntosicuro.it www.leggioggi.it www.solidgroup.it www.certificazioneiso.com 35 www.farmindustria.it europa.eu Allegati A Gli allegati 36 Bruno Giuffré - (Presidente) Presidente AODV231 (Associazione dei Componenti degli Organismi di Vigilanza ex Dlgs 231/01) Alberto Floreani - (Direttore Scientifico) Professore Associato Facoltà di Scienze Bancarie Finanziarie e Assicurative Università Cattolica del Sacro Cuore Federica Seganti Direttore Master in Insurance & Risk Management MIB School of Management; Docente di Finanza Aziendale Paolo Rubini Presidente ANRA (Associazione Nazionale Risk Manager e Responsabili delle Assicurazioni Aziendali) Giancarlo Veltroni Vice Presidente ANDAF (Associazione Nazionale Direttori Amministrativi e Finanziari) - Sezione Lombardia Renato Gazzola Presidente e co-fondatore - Sernet SpA Fabio Pavesi Giornalista - Il Sole 24 ORE Maria Rosa Alaggio Direttore - Insurance Magazine Edmondo Tettamanzi Partner - ASSITECA SpA 37 Allegato 1 - Comitato Tecnico Scientifico Il Comitato Tecnico Scientifico del Premio Assiteca definisce i contenuti dell’indagine e garantisce la correttezza dell’analisi dei risultati propedeutici all’individuazione delle aziende candidate a concorrere al Premio. Allegato 2 - Questionario La gestione del rischio nelle imprese italiane: politiche, processi e procedure per garantire la compliance aziendale e migliorare la competitività Per gestire i rischi di compliance le aziende mettono a punto un insieme di processi e strutture organizzative funzionali alla prevenzione delle violazioni di norme, regole o standard, da cui possono derivare sanzioni, perdite operative, danni reputazionali e provvedimenti di interdizione parziale o totale dell’attività. Una corretta gestione dei rischi di non conformità aiuta le aziende a promuovere e consolidare i propri principi etici, a migliorare le relazioni con la clientela, a tutelare gli amministratori da possibili responsabilità personali e ad armonizzare i comportamenti dei dipendenti: questo si traduce anche in un miglioramento della loro competitività. Una buona gestione della compliance può infine prevenire ricadute negative sul bilancio, sull’immagine e sulla reputazione presso l’opinione pubblica, la comunità finanziaria e tutti gli stakeholder. Il presente questionario si pone l’obiettivo di verificare come le aziende italiane si sono organizzate e strutturate per gestire questi rischi: quali le politiche, i processi e le procedure adottate. RAGIONE SOCIALE NOME COGNOME RUOLO INDIRIZZO TELEMAIL SETTORE DI APPARTENENZA INDUSTRIA COMMERCIO SERVIZI Specificare .......................................................................................................................................... N. DIPENDENTI < 50 da 50 a 150 da 500 a 1.000 > 1.000 da 150 a 500 CLASSE DI FATTURATO da 10 a 25 mln da 25 a 50 mln da 100 a 250 mln oltre 250 mln da 50 a 100 mln TIPOLOGIA Società quotata Società multinazionale Altro Informativa ex art. 13 Dlgs 196/03 - “Tutela della privacy” I Suoi dati personali liberamente conferiti saranno trattati da Il Sole 24 ORE SpA, titolare del trattamento, per permetterLe di partecipare all’indagine e per elaborazioni di tipo statistico. I dati potranno essere trattati da incaricati preposti all’organizzazione e gestione dell’indagine e dal servizio clienti e saranno necessariamente comunicati ad Assiteca, con sede in Milano, Via G. Sigieri 14, che li tratterà in qualità di autonomo titolare del trattamento per le finalità e con le modalità strettamente connesse alla gestione del questionario e all’assegnazione del Premio Assiteca 2013. I trattamenti, eventualmente anche ulteriori, eseguiti da Assiteca ed estranei all’attività di Sole 24 ORE SpA, saranno resi noti direttamente da Assiteca a mezzo dell’informativa ex art. 13 del codice della privacy. Potrà esercitare i diritti dell’art. 7 Dlgs 196/03 (accesso, correzione, integrazione, opposizione ecc.) e richiedere l’elenco completo e aggiornato dei Responsabili del trattamento scrivendo a Database di Marketing – Via Carlo Pisacane 1, Pero (Mi). SÌ, autorizzo NO, non autorizzo (questa opzione interrompe la compilazione del form e preclude quindi la candidatura al Premio Assiteca 2013) 38 DOMANDA 1. RISPOSTA Qual è il livello di rischio di non conformità della Sua azienda rispetto alle seguenti normative? a) Sicurezza e salute sui luoghi lavoro (Dlgs 81/08) b)Responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (Dlgs 231/01) c)Danni ambientali e inquinamento (Dlgs 152/06) d)Privacy e protezione dei dati personali (Dlgs 196/03) e) Security – Sicurezza informatica f)Antiriciclaggio e contrasto del finanziamento del terrorismo (Dlgs 231/07) g) Qualità e certificazione ISO 9001 h) Sicurezza dei prodotti i) Normative italiane o straniere di settore j)Tutela del risparmio e disciplina dei mercati finanziari (Dlgs 262/05 - Società quotate in Italia) k)SOX Sarbanes-Oxley (Società quotate o controllate di società quotate a Wall Street) a) b) Alto Alto Medio Medio Basso Basso c) d) e) f) Alto Alto Alto Alto Medio Medio Medio Medio Basso Basso Basso Basso g) h) i) j) Alto Alto Alto Alto Medio Medio Medio Medio Basso Basso Basso Basso k) Alto Medio Basso 2. È stata eseguita in azienda una valutazione dei rischi di compliance? Sì, per ogni area/attività Sì, per alcune aree/attività 3. Sono state definite le politiche e le procedure di compliance? Sì, per ogni area/attività Sì, per alcune aree/attività 4. È prevista l'adozione preventiva di un piano di verifiche di compliance? Sì, per ogni area/attività Sì, per alcune aree/attività 5. Quante verifiche di compliance sono state effettuate nell'ultimo esercizio? Più di 10 Meno di 5 6. Gli organismi di controllo previsti esercitano la loro funzione in totale indipendenza? Sì 7. Sono stati definiti gli aspetti organizzativi di gestione della compliance (ruoli e responsabilità)? Tutti Quale funzione aziendale si occupa della gestione della compliance? unzione specifica (compliance, F ufficio legale) Altra funzione di controllo (auditing, risk management, sistemi gestionali) Direzione generale Altre funzioni per le parti di loro spettanza (produzione, amministrazione, personale) 9. Sono stati realizzati e certificati sistemi gestionali specifici (ISO 9001; ISO 14001; OHSAS 18001 ecc.) Più di uno 10. È stato adottato il Modello Organizzativo 231/01? Sì No 11. È stato nominato l'Organismo di Vigilanza 231? Sì No 12. Quante riunioni ha tenuto l'Organismo di Vigilanza 231 nel corso dell'ultimo esercizio? Più di 6 L'azienda svolge attività di formazione del personale? u tutte le aree a rischio di conS formità Solo su alcune Esiste un reporting regolare ed è prevista l'attribuzione della responsabilità per la sua redazione? Sì Come valuta l'azienda l’impatto della compliance? Impegno elevato e aumento burocrazia Impegno accettabile Miglioramento immagine Opportunità per regolamentare alcuni aspetti aziendali (procedure e organizzazione) Maggior garanzia per terzi e stakeholder 8. 13. 14. 15. 39 Tra 5 e 10 Parzialmente Alcuni Uno Tra 3 e 6 Nessuno Meno di 3 No Il Gruppo Assiteca nasce nel 1982 per iniziativa di alcuni professionisti del settore assicurativo e oggi rappresenta il più grande gruppo italiano nel mercato del brokeraggio assicurativo: 430 milioni di premi intermediati a giugno 2012, 43,2 milioni di provvigioni e oltre 400 addetti. In Italia la presenza in 18 città – Milano, Lecco, Torino, Genova, Manzano (Ud), Verona, Piacenza, Modena, Cesena, Firenze, Livorno, Prato, Ancona, Pescara, Roma, Napoli, Salerno, Taranto – la conoscenza delle particolarità territoriali e l’esperienza maturata nei principali settori industriali, commerciali e dei servizi, garantiscono alle aziende clienti la massima attenzione nel soddisfare ogni esigenza. In Spagna è presente con 3 uffici diretti a Madrid, Barcellona e Siviglia. Nel resto dell’Europa e nel mondo, in qualità di membro di EOS RISQ e Lockton Global Networks, può contare su una presenza in oltre 100 Paesi, confermando tempestività nell’affrontare le nuove sfide di un mercato globale. Per rispondere alle richieste di un mercato in continua evoluzione, Assiteca ha costituito una serie di divisioni specializzate in particolari aree di rischio. Oltre alla Divisione Tecnica, che offre i migliori servizi di Risk Management, le Divisioni Trasporti, Crediti commerciali, Energie rinnovabili, Grandine e rischi agricoli, Employee Benefits & Previdenza, Rischi edili, Cauzioni e fidejussioni, Pubblica amministrazione e Internazionale. Assiteca pone costantemente al centro delle proprie azioni la piena soddisfazione del cliente nel rispetto di codici deontologici basati su princìpi di etica e trasparenza. Ne sono testimonianza la certificazione del Bilancio Consolidato, del proprio Sistema Qualità, l’adozione del Modello Organizzativo 231 e il Bilancio Sociale pubblicato dal 2003. Nel 2010 è stato lanciato il Premio Assiteca “La Gestione del Rischio nelle Imprese italiane”, un riconoscimento unico in Italia, che si basa sulla realizzazione di un’indagine funzionale a valutare il grado di preparazione delle aziende italiane sul tema della gestione del rischio. Ogni edizione indaga un focus specifico: I edizione 2010 “Sicurezza sul Lavoro”; II edizione 2011 “Crediti Commerciali”; III edizione 2012 “Business Continuity”; IV edizione 2013 “Compliance”. Direzione Generale: ASSITECA SPA Palazzo Assiteca Via G. Sigieri, 14 – 20135 Milano Tel. 02.54679.1 – www.assiteca.it 40 Compliance aziendale Politiche e procedure per gestire i rischi di non conformità Indagine conoscitiva 2013
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