Il nuovo «filtro» in appello La riforma dell’art. 342 e i nuovi artt. 348-bis e 348ter c.p.c. Torino, 4 dicembre 2014 Avv. Federico Magliano Pretesa conformazione della disciplina del processo in funzione di obiettivi «giuspolitici» Presupposto circa l’esistenza di una necessaria relazione «diretta» e «strettissima» tra efficienza dell’amministrazione della giustizia e rilancio del sistema economico Ragioni della riforma contenuta nell’art. 54 del D.L. 83/2012 (convertito con L. 134/2012) Il Governo ha valutato che il processo d’appello e di Cassazione fossero gli elementi di maggiore inefficienza della giustizia civile italiana e causa di i) disincentivo all’investimento nel nostro Paese e ii) causa della maggior parte degli indennizzi ex L. 89/2001, con conseguente incidenza sulla finanza pubblica La Relazione Illustrativa al provvedimento ( D.L. 22 giugno 2012, n. 83) nella parte relativa all'art. 54, enuncia l’intento del legislatore finalizzato ad ottenere un miglioramento dell’efficienza del sistema delle impugnazioni, anche di merito, posto che esse «allo stato violano pressoché sistematicamente i tempi di ragionevole durata del processo». Quindi: Ha inteso reprimere quelle pratiche considerate forme di abuso del processo Ha posto in essere una delle tante riforme a «costo zero» in un periodo di generalizzata ossessione da spending review Scelta molto criticata dal CSM (Delibera del 5 luglio 2012) il quale ha evidenziato come i benefici, eventuali, verranno evidenziati tra 10-12 anni, dopo però lo smaltimento delle cause in giacenza e in attesa di decisione Quale è lo scopo pratico cui mirava il legislatore? «Buroraticizzare» la fase iniziale del giudizio d’appello mediante l’inserimento di formule standard Stimolare, introducendo criteri più puntuali di redazione, la proposizione di appelli più meditati Consentire ai giudici di comprendere prima e meglio l’errore del Primo Giudice Accelerare il giudizio d’appello Quale è stato il risultato? L’atto d’appello (principale e incidentale) è oggi sottoposto ad un doppio vaglio di inammissibilità: È stato codificato un doppio «filtro» FORMALE – riscritto il 342 c.p.c., il cui contenuto è stato sostanzialmente copiato dall’art. 520, comma 3, della ZPO tedesca (codice di procedura civile tedesco), fatta eccezione per i limiti nostrani dettati dall’art. 345 c.p.c. e non previsti nel codice teutonico SOSTANZIALE – introdotti gli 348-bis e 348-ter c.p.c. che disciplinano ex novo una inedita forma di filtro di inammissibilità legato ad un «giudizio prognostico di fondatezza dell’impugnazione» Ricordando che l’atto d’appello ha quali scopi: la costituzione del rapporto giuridico processuale d’impugnazione e evitare il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado Ma prima di entrare nel dettaglio delle novità Cosa di intende per inammissibilità? La giurisprudenza definisce l’inammissibilità dell’atto di appello come «invalidità, ossia una difformità dal modello legale di riferimento, non riconducibile alla mera irregolarità, né assimilabile al caso più grave dell’inesistenza» (Cass., Sez. Un., 29 gennaio 2000, n. 16). Quindi: è inammissibile l’atto di appello che sia affetto da vizi che: 1) per il momento temporale in cui è compiuto (art. 325 c.p.c.), 2) o perché contrario ad atti o comportamenti, precedenti o contemporanei alla proposizione dell’atto, rivelatori di una volontà di non contestazione di quanto deciso dal giudice di prime cure (art. 329 c.p.c.), 3) o per la sua difformità rispetto al modello che lo prevede (art. 342 c.p.c.), non consentono al giudice dell’impugnazione di accedere all’esame, nel merito, della revisio prioris instantiae richiesta, in tutti quei casi in cui questi vizi (genetici) non possano venire meno né attraverso la cooperazione dell’appellato, né attraverso il comportamento dell’appellante, Lo scostamento dal modello legale di riferimento impedisce la sanatoria di cui all’art. 156 c.p.c. e l’unico rimedio rimane la proposizione di un atto conforme al modello legale, prima che ne sia dichiarata l’invalidità (art. 358 c.p.c.). Sussistenza di un provvedimento impugnabile accordo per un ricorso per saltum in Cassazione; Non consentito dalla regola di giudizio applicata (es. 114 c.p.c.) Per espressa previsione di legge (sentenze lavoro/previdenza/locazione di valore non superiore a € 25,82, sentenze che decidono su opposizione a atti esecutivi, decisione della Corte d’Appello in unico grado) Per autolimitazione ad opera della parte (acquiescenza o riserva d’appello ex 340 c.p.c.) Per la «validità» dell’atto d’appello devono ricorrere alcuni requisiti: Tempestività Rispetto dei termini per impugnare (breve ex 325 c.p.c. e lungo ex 327 c.p.c.) Decorso dei termini Scelta del rito (principio di ultrattività del rito) Notifica Legittimazione Occorre essere stati parti nel giudizio di primo grado ed essere stati destinatari del contenuto precettivo della sentenza Sussistenza/permanenza del potere di rappresentanza Interesse ad impugnare Le modifiche richieste dall’appellante devono avere per lo stesso un’utilità personale (art. 100 c.p.c.) Contenuto conforme al modello legale di riferimento Il «nuovo» art. 342 c.p.c. Il nuovo art. 342 c.p.c. Art. 342 c.p.c. Pre riforma Art. 342 c.p.c. – Forma dell’appello L’appello si propone con citazione contenente l’esposizione sommaria dei fatti ed i motivi specifici dell’impugnazione nonché le indicazioni prescritte nell’articolo 163. Tra il giorno della citazione e quello della prima udienza di trattazione devono intercorrere termini liberi non minori di quelli previsti dall’articolo 163bis. Post riforma Art. 342 c.p.c. – Forma dell’appello L’appello si propone con citazione contenente le indicazioni prescritte dall’articolo 163. L’appello deve essere motivato. La motivazione dell’appello deve contenere, a pena di inammissibilità: 1) l’indicazione delle parti del provvedimento che si intende appellare e delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado; 2) l’indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata. Tra il giorno della citazione e quello della prima udienza di trattazione devono intercorrere termini liberi non minori di quelli previsti dall’articolo 163-bis. Ma quale è stata l’applicazione dell’art. 342 c.p.c. fino alla riforma del 2012? Se non per un lieve ritocco apportato dalla L. 353/1990, dal 1940 al 2012 l’art. 342 c.p.c. era rimasto sostanzialmente immutato. Il giudizio d’appello si trasforma da novum iudicium a revisio prioris instantiae attraverso 3 fondamentali tappe ermeneutiche: Sez. Un. 4991/1987 «Per la validità dell'appello non basta che l'atto introduttivo consenta di individuare le statuizioni concretamente impugnate e i limiti dell'impugnazione, ma è altresì necessario, pur quando la sentenza di primo grado venga impugnata nella sua interezza, che risultino esposte con sufficiente grado di specificità […] le ragioni sulle quali si fonda l'impugnazione medesima». La sanzione per l’atto sprovvisto di specifici motivi è la nullità, sanabile tuttavia con la costituzione dell’appellato. Sez. Un. 16/2000 «I motivi di appello sono specifici, nel senso voluto dalla prima parte del previgente art. 342 c.p.c., se si traducono nella prospettazione di argomentazioni, contrapposte a quelle svolte nella sentenza impugnata, dirette ad incrinarne il fondamento logico - giuridico» (formula poi ripetutamente rispesa: v. Cass. Civ. 4068/2009 e 1924/2011). L’assenza di specificità è sanzionata con l’inammissibilità dell’appello, senza possibilità di sanatoria dell'atto a seguito di costituzione dell'appellato . Sez. Un. 28498/2005 «L'appellante è tenuto a fornire la dimostrazione delle singole censure, atteso che l'appello, non è più, nella configurazione datagli dal codice vigente, il mezzo per passare da uno all'altro esame della causa, ma una "revisio" fondata sulla denunzia di specifici "vizi" di ingiustizia o nullità della sentenza impugnata». Sentenza molto criticata in quanto apparentemente foriera di una sorta di presunzione iuris tantum in appello tale da invertire il normale riparto dell’onere probatorio. Fino al 2012 a pena di inammissibilità dell’atto d’appello: era necessario individuare con precisione i «capi» o il «capo» della sentenza oggetto di impugnazione, nonché, all’interno del singolo capo, le singole questioni «processuali» e di «merito» sulle quali il giudice ad quem veniva chiamato a pronunciarsi, nell’ottica di una «graduale riduzione della materia oggetto del giudizio ai soli punti controversi» (Cass. Civ. 13175/2007, 21816/2006, 24817/2005, 14251/2004) era necessario l’esposizione delle ragioni dell’impugnazione, da intendersi quale enucleazione di specifiche censure («l'esposizione delle ragioni di fatto e di diritto su cui si fonda l'impugnazione deve risolversi in una critica adeguata e specifica della decisione impugnata che consenta al giudice del gravame di percepire con certezza e chiarezza il contenuto delle censure in riferimento ad una o più statuizioni adottate dal primo giudice» Cass. Civ. 25588/2010, 22123/2009, 15519/2006, 18229/2003) era richiesto che il cui grado di specificità fosse proporzionale al livello di specificità della motivazione impugnata nel caso concreto (Sez. Un. 4991/1987 e Cass. Civ. 7786/2010, 28739/2008, 17960/2007, 8197/2003) Non pare che si innovi «radicalmente» il pregresso quadro giurisprudenziale, se non che oggi: è codificato che il mancato rispetto/assolvimento degli oneri di redazione in capo all’appellante è causa di inammissibilità (in precedenza non era comminata espressamente una sanzione); Come si colloca il «nuovo» art. 342 c.p.c. rispetto ad diritto vivente? viene codificato l’obbligo di specificazione delle «parti del provvedimento che si intende appellare» viene consacrato e reso irreversibile l’indirizzo acquisito in giurisprudenza dell’inammissibilità dell’appello «sprovvisto di motivazione specifica» (sebbene, però, sia stato testualmente espunto il requisito dei «motivi specifici» e dell’«esposizione sommaria dei fatti»); tuttavia, pur venuto meno il requisito testuale dell’indicazione dei «motivi specifici» oggi è la norma che, nel sancire che l’appello debba essere motivato, descrive, tratteggiandone i requisiti, in cosa si estrinsechi la «specificazione del motivi» - 342 nn. 1) e 2) Non è più sufficiente individuare i capi impugnati… …in più «La motivazione dell’appello deve contenere, a pena di inammissibilità:» 1. Art. 342, c. 1, n. 1) «l’indicazione […] delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado» → Occorre esplicitare e prospettare una specifica e diversa soluzione della quastio facti 2. Art. 342, c. 1, n. 2) «l’indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata» → Occorre indicare esattamente l’error iuris commesso dal Primo Giudice esplicitando l’incidenza che questo ha avuto sul decisum Preliminarmente: una lettura della norma nel senso di richiedere la necessaria compresenza di entrambi i requisiti del 342 c.p.c. sarebbe evidentemente non conforme alla natura peculiare dell’appello; è ragionevole ritenere che il rispetto del singolo requisito si applichi in relazione al fatto che si censuri, concretamente e rispettivamente, il giudizio di fatto o quello di diritto ovvero entrambi. In caso contrario verrebbe meno la caratteristica dell’appello di essere un gravame a critica libera. Quali sono i requisiti e quindi la struttura del nuovo atto d’appello? Seguendo il dato letterale, sembrerebbe necessario indicare: 1. 2. 3. 4. 5. 6. Le parti da censurare del provvedimento di primo grado Le modifiche che si vorrebbero apportare alla ricostruzione del fatto operata dal Primo Giudice La «legge violata», da intendersi in senso lato Le circostanze a causa delle quali si ritiene che la legge è stata violata Il nesso di causalità tra dette circostanze e la pronuncia emessa in violazione della legge indicata + Gli elementi prescritti dall’art. 163 (o 414) c.p.c. e, in particolare: • Gli elementi della vocatio in ius ex art. 163, nn. 1, 2, 5 e 6 c.p.c. • Gli elementi della editio actionis ex art. 163, nn. 3 e 4 c.p.c. Requisiti oggi a pena di inammissibilità ex 342 c.p.c. Disciplina della nullità (164 e 359 c.p.c.) 342, comma 2, n. 1) Sulla diversa ricostruzione della quaestio facti Dalla novella appare evidente l’imprescindibilità della narrazione dei fatti di causa perché presupposto logico-necessario dell’atto d’appello. È da ritenersi che i presupposti del 163 c.p.c. siano da cumularsi a quelli del 342 c.p.c. A differenza della precedente formulazione («esposizione sommaria dei fatti») la nuova formulazione sembra oggi esigere l’indicazione l’esposizione dei fatti di causa non solo in maniera sommaria (sorta di riespansione dell’art. 163). Esigenza che può nascere nasce anche dalla necessità di far fronte alle motivazioni eccessivamente concise In più la novella richiede l’indicazione: Delle «parti del provvedimento» che si intendono impugnare, anche se non sembra essere una novità rispetto al passato (v. giurisprudenza consolidata) Delle «modifiche che vengono richieste alla ricostruzione in fatto» compiuta dal giudice, che non appare essere una novità, se non per il fatto che l’appellante è oggi onerato della necessità di evidenziare i cambiamenti che ritiene debbano essere apportati dal giudice superiore 1. Oggi non è più sufficiente che l’incidenza del motivo di impugnazione sulla decisione impugnata sia desumibile, è necessario è che sia adeguatamente esplicitata. In pratica: l’appellante non potrà più giovarsi di quella giurisprudenza più «comprensiva» che nel saggiare la sufficienza dei motivi d’appello in fatto si contentava della «enunciazione dei punti sui quali si chiede al giudice di secondo grado il riesame delle risultanze istruttorie» (Cass. Civ. 16190/2004 e, ancora recentemente in relazione alla formulazione del 342 c.p.c. ante riforma, 12960/2014). Oggi, invece, sarà necessario redigere l’atto in maniera tale da dedicare : una parte di esso alla CRITICA della decisione, spiegando il perché essa sia censurabile un’altra parte alla COSTRUZIONE della versione di fatto e di diritto che avrebbe dovuto essere recepita dalla decisione gravata Attenzione: non per questo, però, è da ritenersi che dalla sentenza di primo grado sorga una presunzione «iuris tantum» idonea ad invertire l’onere della prova (come paventato da Sez. Un. 28488/2005). Infatti l’appellante è sì tenuto: • a farsi carico di argomentare l’errore o l’ingiustizia del Primo Giudice • a sottoporre al Secondo Giudice una sua alternativa ricostruzione in fatto • a evidenziare le «circostanze» da cui la violazione di legge è derivata e la loro rilevanza ma non sarà tenuto a darne prova laddove, in applicazione dell’art. 2697 c.c., l’onere della prova non sia a suo carico! 2. L’appellante deve proporre al Secondo Giudice una diversa ricostruzione dei fatti sulla base di prove acquisite o prove di cui chiedere l’acquisizione o la rinnovazione in appello, nei limiti dell’art. 345 c.p.c. In pratica: ciò comporterà, di fatto, un’applicazione ancor più rigida dell’art. 346 c.p.c. imponendo che vi si provveda, anche in relazione alle istanze istruttorie, in coincidenza con gli atti introduttivi (anche per l’appellato, onerato di appellare incidentalmente qualora risulti soccombente non solo in maniera teorica) 3. Oggi una censura onnicomprensiva dell’intera sentenza – che si censura perché sorretta da motivazione illogica, contraddittoria o insufficiente – rischia seriamente di non superare il vaglio del nuovo art. 342 c.p.c. in quanto occorre indicare i singoli capi illogici, contraddittori o non sufficientemente motivati In pratica: Con l’espressione «singoli capi» si intendono non solo i punti del dispositivo di cui si chiede l’annullamento o la modificazione, ma anche (e soprattutto) i «passaggi», intesi come «luoghi» della motivazione che ne costituiscono la base argomentativa 4. Non sembrerebbe più ammessa la integrazione per relationem dell’atto: l'onere di specificazione dei motivi di appello, imposto dall'art. 342 c.p.c., non è assolto con il semplice richiamo per relationem alle difese svolte in primo grado, perché per dettato di legge i motivi di gravame devono essere contenuti nell'atto d'impugnazione e, peraltro, la generica relatio a tutto quanto prospettato in prime cure finisce per eludere il menzionato precetto normativo, imponendo al giudice ad quem un'opera d'individuazione delle censure che la legge processuale non gli affida (Cass. 1248/2013). Tribunale di Verona, 20 maggio 2013 Ci fornisce alcuni parametri interpretativi: a) L’appello non può ripercorrere la struttura delle note conclusionali di primo grado, né limitarsi alla integrale riproposizione delle deduzioni svolte nel giudizio di primo grado a sostegno della domanda b) La sussistenza dei presupposti del nuovo 342 c.p.c. deve essere valutata rispetto a ciascuna delle doglianze che l’appellato muove alla decisione impugnata. Ciò può quindi portare a conclusioni diverse: • alla dichiarazione di inammissibilità di alcune (ex 342 c.p.c.) • alla dichiarazione di fondatezza/infondatezza nel merito di altre Corte d’Appello di Roma, 9 dicembre 2013 e 15 gennaio 2013 Se la domanda di Primo Grado è stata accolta su di una pluralità di autonome ragioni, ciascuna di esse sufficiente a giustificare la decisione, il soccombente ha l’onere di censurare ciascuna delle ragioni della decisione, altrimenti su quelle non impugnate scende il giudicato. In sostanza, quindi, il profilo volitivo dell’impugnazione deve avere ad oggetto i singoli segmenti/sottocapi della sentenza quando hanno autonomo rilievo di causalità rispetto alla decisione Corte d’Appello di Salerno, 1° febbraio 2013 Compie una lettura molto rigida dell’art. 342 c.p.c., nel senso che giunge ad affermare che l’atto d’appello dovrebbe «delineare il contenuto della sentenza d’appello»: secondo tale orientamento, il Giudice d’Appello, sulla base della «corretta» impostazione dell’atto, dovrebbe poter operare una sorta di «mirato intervento di ritaglio delle parti della sentenza di cui di imponga l’emendamento», quasi come un’operazione chirurgica sulla sentenza di primo grado Art. 342, c. 2, n. 2) Sulle censure in diritto (error iuris) È la parte più controversa della nuova formulazione • In cosa consistono le «circostanze» da cui è dipesa la violazione? Unico appiglio sembrerebbe essere il far riferimento alla nozione di «violazione di norme di diritto» ex art. 360, n. 3), c.p.c. In tal senso per circostanze dovrebbero intendersi quindi quei fattori, di fatto e/o di diritto, che, a parere dell’appellante, hanno determinato l’errore di diritto, inteso quale omessa applicazione di una norma (error in procedendo) ovvero la sua erronea interpretazione (error in iudicando). • Quid nel caso di «falsa applicazione della legge», ossia erronea sussunzione di fattispecie concreta nell’alveo di fattispecie normativa correttamente interpretata? È ragionevole pensare che i requisiti del 342 n. 2 siano da intendersi quale «contenuto minimo», e che l’appellante sia pienamente libero di addurre altre e diverse ragioni di doglianza. • È necessario descrivere e spiegare il modo in cui detti fattori abbiano inciso sulla decisione impugnata (342, n. 2, secondo periodo) Sull’applicazione del principio iura novit curia ante riforma del 2012 si registravano due orientamenti nella giurisprudenza di legittimità 1. Quello tradizionale, che applicava anche in appello il principio iura novit curia (Cass. Civ. 7789/2011, 7190/2010, 19090/2007) 2. Quello che circoscriveva l’applicazione di tale principio, ritenendo che il potere del Secondo Giudice di qualificare (= mutare d’ufficio la qualificazione giuridica data dal Primo Giudice) fosse preclusa in mancanza di gravame sul punto (Cass. Civ. 20730/2008, 15496/2007, 14573/2005) Il «nuovo» art. 342 c.p.c., pur non trasformando l’appello da gravame a critica libera in impugnazione a critica vincolata, sembrerebbe sancire il prevalere del secondo orientamento, più rigido e restrittivo, secondo cui il Secondo Giudice può mutare d’ufficio la qualificazione giuridica solo se la questione in diritto gli è stata devoluta tramite un motivo specifico. Quindi attenzione, perchè in mancanza di specifica censura con cui l’appellante: •. indica le circostanze da cui deriva la violazione di legge (sostanziale o processuale) e •. indica la loro rilevanza (nesso di causalità) ai fini della decisione il Secondo Giudice potrebbe dichiarare di NON poter mutare la qualificazione giuridica del rapporto o far riferimento a norme giuridiche diverse da quelle indicate dal Primo Giudice, e quindi di non poter nemmeno optare per la soluzione di terza via ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.c. a) Volitivo di tipo confutatorio / demolitivo rispetto ai singoli capi – mettere in rilievo gli aspetti «critici» della pronunzia appellata b) Argomentativo In definitiva, l’appellante ha un onere: finalizzato a spiegare perché la pronuncia sia censurabile prospettando: a) una ricostruzione in fatto alternativa b) gli error iuris commessi dal Primo Giudice e suggerendo al Secondo Giudice una «costruzione» della versione di fatto e di diritto che a avrebbe dovuto essere recepita dalla decisione gravata e che si auspica venga accolta c) Di allegazione del profilo di causalità Chiarendo esplicitamente quelle che sono le correzioni richieste al Secondo Giudice d) Non dimostrativo A meno che ai sensi dell’art. 2697 c.c. l’onere della prova sia a carico dell’appellante Corte Appello di Torino, 12 marzo 2013, n. 324 e Corte Appello di Roma, 29 gennaio 2013 Enucleare con precisione le PARTI del provvedimento che si ritengono errate Denunziare l’ingiustizia della sentenza chiedendo al secondo giudice UN NUOVO GIUDIZIO SUL FATTO Esplicitare quei fattori, di fatto e/o di diritto, che hanno determinato l’ERRORE DI DIRITTO Quindi cosa devo operativamente fare per sfuggire alla sanzione di inammissibilità? Indicare il CONTENUTO delle nuove valutazioni richieste con riferimento ai singoli capi e sottocapi della sentenza che si intendono sottoporre a riesame, prestando attenzione al loro autonomo rilievo ai fini della decisione Spiegare esplicitamente le CONSEGUENZE che una corretta valutazione da parte del primo giudice avrebbe comportato sull’esito della controversia e, quindi, sulla sentenza impugnata Redigere un atto in modo più organico e strutturato possibile, non limitandosi all’indicazione dei soli motivi di censura e alla loro incidenza, ma formulare altresì le PROPOSTE DI MODIFICA al limite di un «vero e proprio progetto alternativo di sentenza» Redigere un atto più icastico, puntuale, sintetico e abbandonare quelle forme più narrative. Considerazioni conclusive sul nuovo art. 342 c.p.c. L’esasperazione del formalismo è pericolosa: quando si trasforma il requisito formale in «condizione di inammissibilità» estrapolandolo dall’area (più elastica) della valutazione di validità/nullità degli atti – art. 156, comma 2, c.p.c. – si rischia di aprire la via a facili scappatoie per evitare di entrare nel merito; si auspica un’applicazione ragionata Il «timore» di inammissibilità, o meglio il timore di non riuscire ad approdare ad una pronuncia nel merito, ha quale effetto (contrario a quanto auspicato dalla giurisprudenza) quello di indurre gli avvocati a scrivere atti più lunghi e più ripetitivi Si apre potenzialmente la strada ad una esasperazione del concetto di appello in cui è la parte impugnante a proporre al giudice il «progetto di sentenza alternativo a quella gravata», quasi come se fossero gli avvocati a dover motivare i dispositivi dei giudici – esasperazione che potrebbe porsi in contrasto con il principio di «non pregiudizio dell’intima essenza di un diritto» (v. Corte Europea dei Diritti Dell’Uomo, 21 giugno 2011, Dobrić v. Serbia) Alcune corti, come quella di Torino, hanno correttamente ritenuto di non dover accedere a letture eccessivamente drastiche della norma, e di non accedere a tesi eccessivamente rigorose: altrimenti la ragionevole durata del processo finirebbe per assurgere a canone interpretativo in qualche modo prevalente sulla giustizia della decisione, intesa quale conformità alla legge sostanziale. (App. Torino, Sez. Lav., 12/03/2013), dovendosi invece ritenere che la ratio della riforma ben possa trovare soddisfazione attraverso l’individuazione sufficientemente puntuale delle parti della sentenza di primo grado che si intendono censurare, a cui far seguire non tanto la testuale indicazione della motivazione che si vorrebbe sostituire a quella licenziata dal primo giudice, quanto piuttosto la soluzione alternativa che al giudice di appello si intende proporre con l’impugnazione medesima. Altre Corti hanno correttamente rilevato come la norma debba essere interpretata in modo rigoroso non sotto l’aspetto formale ma contenutistico, risultando quindi necessario che dalla lettura dell’atto sia possibile ricavare con immediatezza quali siano le parti della sentenza che si vogliono modificare (facendo riferimento alla parte motivazionale della sentenza), le specifiche ragioni in fatto e in diritto poste alla base di tale richiesta e il risultato che l’appellante intende conseguire (App. Genova, 16/01/2013 e App. Bologna 1/10/2013) L’inammissibilità è dichiarata con sentenza (sebbene difetti una previsione espressa) Se difettando le prescrizioni di forma/contenuto di cui al nuovo 342 c.p.c.? È impugnabile in cassazione per error in iudicando de iure procedendi, ma solo per violazione dell’art. 342 c.p.c., quindi: l’esame della Cassazione sarà limitato alla verifica della corrispondenza dell’atto d’appello con le prescrizioni dell’art. 342 c.p.c. Non sarà valutabile sotto il profilo dell’art. 348-bis c.p.c. Se la sentenza viene cassata: se sono necessari ulteriori accertamenti in fatto: rinvio alla stessa corte d’appello Altrimenti emette pronuncia sostitutiva di merito ex art. 384, comma 2, c.p.c. Il nuovo «filtro» ex 348bis e 348-ter c.p.c. 348-bis Inammissibilità dell'appello 348-ter Pronuncia sull'inammissibilità dell'appello 1) All'udienza di cui all'articolo 350 il giudice, prima di procedere alla trattazione, sentite le parti, dichiara inammissibile l'appello, a norma dell'articolo 348-bis, primo comma, con ordinanza succintamente motivata, anche mediante il rinvio agli elementi di fatto riportati in uno o più atti di causa e il riferimento a precedenti conformi. Il giudice provvede sulle spese a norma dell'articolo 91. 2) L'ordinanza di inammissibilità è pronunciata solo quando sia per l'impugnazione principale che per quella incidentale di cui all'articolo 333 ricorrono i presupposti di cui al primo comma dell'articolo 348-bis. In mancanza, il giudice procede alla trattazione di tutte le impugnazioni comunque proposte contro la sentenza. 3) Quando è pronunciata l'inammissibilità, contro il provvedimento di primo grado può essere proposto, a norma dell'articolo 360, ricorso per cassazione. In tal caso il termine per il ricorso per cassazione avverso il provvedimento di primo grado decorre dalla comunicazione o notificazione, se anteriore, dell'ordinanza che dichiara l'inammissibilità. Si applica l'articolo 327, in quanto compatibile. 4) Quando l'inammissibilità è fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione impugnata, il ricorso per cassazione di cui al comma precedente può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui ai numeri 1), 2), 3) e 4) del primo comma dell'articolo 360. 5) La disposizione di cui al quarto comma si applica, fuori dei casi di cui all'articolo 348-bis, secondo comma, lettera a), anche al ricorso per cassazione avverso la sentenza d'appello che la decisione primo grado. Entrambi si applicano al processo del lavoroconferma (art. 436-bis) e a diquello locatizio (447-bis) 1) Fuori dei casi in cui deve essere dichiarata con sentenza l'inammissibilità o l'improcedibilità dell'appello, l'impugnazione è dichiarata inammissibile dal giudice competente quando non ha una ragionevole probabilità di essere accolta. 2) Il primo comma non si applica quando: a) l'appello è proposto relativamente a una delle cause di cui all'articolo 70, primo comma; b) l'appello è proposto a norma dell'articolo 702quater. Opera sia per le impugnazioni innanzi alla Corte d’Appello sia innanzi al Tribunale (monocratico) Finalità Assicurare tempi di risposta della giustizia più rapidi e quindi il rispetto del termine di 2 anni ritenuto ragionevole per la durata dell’appello Osservazioni preliminari i. La novella «pecca» sin dalla sua rubrica, perché parla di inammissibilità quando, invece, il difetto non attiene affatto all’invalidità dell’atto d’appello rispetto al modello legale, ma attiene ad un giudizio «differenziale probabilistico» che consente al Secondo Giudice di entrare nel merito «quel tanto che basta» per spogliarsi della causa in limine litis (è più simile, come struttura, alle ipotesi di inammissibilità ex 360-bis c.p.c. del ricorso in Cassazione) ii. Attenzione: l’ordinanza fondata sul 348-bis in quanto fondata su di una «valutazione prognostica» di infondatezza nel merito, non è una decisione in rito, ma è una decisione che respinge nel merito l’appello proposto (sul punto concordano App. Roma 23/01/2013 e 30/01/2013, App. Milano 8/02/2013 e 6/03/2013 e App. Napoli 30/01/2013) iii. Si tratta, secondo la più parte dei commentatori, di una vera e propria «clausola aperta» offerta al giudice dell’impugnazione, che espone la norma a un possibile contrasto con i principi sanciti dalle pronunce della CEDU, ai sensi della quale una volta concesso il grado di impugnazione l’accesso allo stesso non può dal legislatore essere precluso in forza di valutazioni eccessivamente discrezionali iv. La «non ragionevole probabilità di essere accolto» è un parametro non preciso e non circostanziato – l’art. 522 del ZPO tedesco, dal quale la norma è chiaramente mutuata, è più preciso e stringente in quanto parla di «manifesta carenza di qualsivoglia prospettiva di successo» Non si applica il «filtro»: Cause in cui è necessario l’intervento del PM (art. 70, c. 1, c.p.c.) Appello avverso l’ordinanza a definizione del sommario di cognizione (ex art. 702-quater); la scelta è legata alla necessità di recuperare in appello la «deformalizzazione» istruttoria; la scelta, finalizzata a incentivare l’utilizzo di tale rito (solo il 4%), appare però in contrasto con la nuova formulazione dell’art. 702-quater (attuata sempre col D.L. 83/2012) che è passato dall’ammettere le prove non più se «rilevanti», ma solo se «indispensabili» (La scelta appare però illusoria, in quanto si rischia di produrre l’effetto opposto: se ritengo di avere ragione, potrei infatti preferire il rito ordinario, così imponendo di fatto alla controparte il filtro avverso la sentenza a me favorevole). Giudizio tributario Altri casi in cui va dichiarata l’inammissibilità o l’improcedibilità con sentenza (ex art. 342 c.p.c.) Ipotesi espressamente escluse ex lege (es. artt. 14-30 del D.lgs. 150/2011 sulla semplificazione dei riti, in cui, in talune ipotesi, l’appello stesso è espressamente escluso provvedendosi in unico grado) Quando opera il «filtro»: Alla prima udienza (350 o 437), prima della trattazione; rilevabilità d’ufficio (App. Milano, 19/02/2013 e 12/02/2013) Si applica sia all’appello principale sia all’appello incidentale (v. oltre) Il rischio pratico è che una ulteriore valutazione implichi un ulteriore dispendio di energie per i giudicanti: è impraticabile (ed infatti osteggiata sia dal foto di Torino, relazione Barbuto 2012, che da quello di Milano) la soluzione di fissare una pre-udienza; Il giudizio può quindi essere incentrato esclusivamente alla prima udienza ex art. 350, eventualmente facendo luogo ad una udienza pre-camerale per la valutazione delle sole cause «passibili di inammissibilità» Rapporto con la pronuncia sull’inibitoria ex art. 351 c. 1 – sono entrambe questioni preliminari La decisione sull’istanza 283 dovrebbe precedere una pronuncia ex art. 348-ter: se accolta, tendenzialmente esclude la pronunzia di inammissibilità; se respinta, può essere il preludio ad una pronunzia di inammissibilità, anche se, però, potrebbe riconnettersi a ragioni attinenti al periculum, e non alla fondatezza. Altre Corti invertono l’ordine, ritenendo preventiva la valutazione di inammissibilità in quanto «La ritenuta inammissibilità dell’appello ex art. 348 bis c.p.c. riesce assorbente della richiesta sospensiva della sentenza di prime cure, per insussistenza del fumus» (App. Milano, I, 26/02/2013) Cosa accade in caso di anticipazione della decisione sulla sospensiva ex 351 c. 2 e 3? Tendenzialmente non sarebbe conforme al dettato normativo anticipare all’udienza di 351 c. 2 la decisione sull’ammissibilità ex 348bis; è ben possibile, infatti, che le difese dell’appellato possano in tale sede essere limitate al profilo dell’inibitoria, atteso che medio tempore potrebbe ancora essere proposto appello incidentale. Forma del provvedimento Ordinanza succintamente motivata (effettiva e non tautologica – Cass. Civ. S.U. 6538/2010) Motivazione a) mediante rinvio agli elementi di fatto riportati in uno o più atti di causa b) mediante riferimento a precedenti conformi 348-bis Individua i presupposti per l’applicazione del filtro: 1) Non deve trattarsi di ipotesi esclusa; 2) L’appello non deve avere una ragionevole probabilità di essere accolto A quale concetto è assimilabile? Diversi orientamenti sul modo di intendere il «filtro» )Tesi dei due terzi (non applicabile alle ipotesi di composizione monocratica) )Della ragionevolezza (concetto «evanescente») )Della probabilità giurisprudenziale Ragionevole probabilità intesa nel senso di «probabilità giurisprudenziale», ossia ritenere l’appello ammissibile qualora sussistano dei precedenti a sostegno di almeno uno dei motivi di gravame (in quale percentuale? E se sussiste un contrasto?) facendo riferimento all’esistenza di un complessivo uniforme quadro giurisprudenziale (App. Vasto 20/02/2013). Secondo altre Corti, sarebbe sufficiente addirittura richiamarsi sinteticamente a «casi analoghi dalla stessa già decisi», con applicazione soprattutto alle fattispecie «seriali» (App. Palermo, 15/04/2013). Altre Corti non ritengono sufficienti il mero e sintetico richiamo, ma richiedono 1) l’indicazione del principio di diritto applicato, 2) il riferimento ai precedenti appelli già respinti sul punto e 3) la necessità di integrare il provvedimento con richiami alla giurisprudenza di legittimità e comunitaria (App. Torino, sez. lav., 30/05/2013 e 27/06/2013) )Del fumus boni iuris Il concetto di ragionevole probabilità deve essere associato al concetto di fumus boni iuris che sottende alla valutazione del 351 c.p.c., sicchè il Secondo Giudice, all’esito di una valutazione sommaria (ossia allo stato delle produzioni documentali) valuta se sussista almeno una sola probabilità di accoglimento (Linee Guida Sperimentali della Corte d’Appello di Milano; contra Linee Guida della Corte d’Appello di Napoli); altre Corti ritengono che sia necessario qualcosa di più del semplice fumus boni iuris cautelare (App. Catania, 18/02/2013) La valutazione viene quindi compiuta facendo affidamento all’apparenza del diritto; altrimenti, secondo la Corte ambrosiana, ove si intenda procedere con una valutazione più approfondita lo strumento sarebbe quello dell’art.281-sexies (sentenza con motivazione concisa) )Della manifesta infondatezza dell’impugnazione Il concetto di ragionevole probabilità di infondatezza coincide con quello di manifesta infondatezza; l’appello non ha ragionevole probabilità di accoglimento quando è prima facie infondato, così palesemente infondato da non meritare che siano ad esso dedicate risorse del sistema giudiziario (App. Roma, 25/01/2013, App. Reggio Calabria 28/02/2013, App. Bari, 11/04/2013 e 22/03/2013, ma anche App. Milano, 14/02/ 2013) La valutazione viene compiuta sulla base di un esame approfondito delle intere risultanze istruttorie di Primo Grado, ed è quindi un giudizio a cognizione piena (App. Roma, 30/01/2014 e 23/11/2013) Casistica sulla nozione di ragionevole probabilità App. Milano, I, 25/06/2013: «Ritiene la Corte di dovere preliminarmente valutare l’ammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 348 bis cpc, ritenendo che […] debba essere rilasciata una prognosi sfavorevole sulle probabilità di successo della presente impugnazione. 6. Tale giudizio sfavorevole, ovviamente, non deriva da un esame sommario delle ragioni in fatto e in diritto della decisione relativamente alle singole parti impugnate, dovendosi ritenere che, per il rispetto dei principi regolatori del giusto processo, la Corte possa approdare a una pronuncia d’inammissibilità solo quando i) non vi siano ragioni per dovere interpretare diversamente i fatti di causa o per ammettere istanze istruttorie escluse dal giudice di primo grado, ii) il provvedimento impugnato abbia deciso le questioni di diritto in modo conforme a un sedimentato indirizzo giurisprudenziale e iii) l’esame dei motivi d’appello non offra elementi per mutare detto orientamento» (idem App. Milano, III, 16/04/2013 e App. Milano, I, 19/02/2013 e 12/02/2013). App. Milano, I, 25/06/2013: «ritenuto, sul punto, che la “non ragionevole probabilità di accoglimento” non debba essere interpretata in senso statisticamente probabilistico, cioè mediante l’individuazione di una percentuale soglia al di sotto della quale l’accoglimento del gravame può considerarsi “improbabile”, ma, al contrario, valutata secondo criteri il più possibile oggettivi, segnatamente rinvenibili in quella “manifesta infondatezza” tedesca, declinata in termini di “eclatante infondatezza”, ricorrendo la quale la prognosi di insuccesso ne costituirà la naturale – ed inevitabile – conseguenza; ritenuto, dunque, che il richiamo probabilistico, pur presente nella disposizione normativa, debba intendersi riferito non già ai contenuti dell’appello, ma alla decisione finale che non verrà resa (perché il filtro la impedirà); che, in altri termini, se il Collegio chiamato a pronunciarsi sulla inammissibilità ex art. 348 bis c.p.c., sarà certo – e deve esserlo – della infondatezza del gravame, sarà assai improbabile che lo stesso possa essere accolto da qualunque altro collegio giudicante (in questo si esplica la selezione prospettica fondata sulla “non ragionevole probabilità di accoglimento”, posto che nessun collegio che pronuncia l’inammissibilità potrà mai essere “certo” di come avrebbe potuto decidere un altro Collegio – in diversa composizione – se fosse stato chiamato a pronunciarsi sulla medesima causa.); ritenuto pertanto, in tale prospettiva, che la infondatezza del gravame debba essere immediatamente percepibile, prima facie, dall’esame dei motivi di impugnazione in rapporto alla pronuncia di primo grado, laddove, nei casi in cui residui un margine, anche modesto, di dubbio, foriero di una possibile riforma della decisione impugnata, l’appello dovrà proseguire secondo il suo ordinario iter;» App. Milano, IV, 28/02/2013: «rilevato che, ad avviso della Corte, la previsione contenuta nell’articolo 348 bis c.p.c., secondo la quale “l’impugnazione è dichiarata inammissibile…quando non ha una ragionevole probabilità di essere accolta”, deve interpretarsi nel senso che la declaratoria di inammissibilità dell’appello va emessa ogni qual volta l’impugnazione appaia prima facie oggettivamente infondata così da risultare giustificato, non ricorrendo neppure “una” probabilità che l’appello sia accolto, l’immediato arresto del giudizio» (idem App. Milano, IV, 21/02/2013 e 7/02/2013) App. Bari, 18 febbraio 2013: «a) la ragionevole probabilità di rigetto dell'appello si configura, in primo luogo, nella ipotesi in cui la impugnazione risulti manifestamente infondata, per ragioni di rito o di merito, in guisa da consentire un giudizio di sostanziale certezza in ordine all’esito negativo del gravame; b) per converso, non è sufficiente la mera probabilità del rigetto della impugnazione, intesa come una eventualità che, oltre a rientrare nel novero di quelle possibili, sia anche di facile accadimento e quindi probabile; c) la probabilità di rigetto dell’appello deve invece presentarsi come ragionevole, nel senso che l’esito negativo venga a configurarsi, a seguito dello scrutinio, come la soluzione altamente probabile nel novero delle possibili alternative, e quindi come una probabilità di massimo grado, per la quale la eventualità di smentita risulti assai difficile, esile o rara; d) pertanto non è consentita la prognosi infausta in presenza di meri dubbi o incertezze in ordine al gravame considerato nel complesso o nei singoli profili; e) il requisito può invece considerarsi sussistente, sì da giustificare la dichiarazione di inammissibilità, allorquando, alla stregua delle risultanze acquisite e delle preclusioni maturate, ed in conformità degli indirizzi giurisprudenziali consolidati o anche soltanto maggioritari nella materia, appaia altamente probabile che i motivi dedotti non possano trovare accoglimento sulla base di una diversa valutazione dei fatti o di una differente opzione interpretativa o di un divergente esercizio della discrezionalità ove consentita» Casistica di inammissibilità dell’appello ex 348-bis fondata su questioni preliminari Quando la decisione del Primo Giudice si sia fondata sulla rilevata tardività: • della notificazione dell’opposizione a decreto ingiuntivo (App. Milano, I, 19/02/2013) • della domanda riconvenzionale formulata in primo grado (App. Milano, I, 26/02/2013) • dell’eccezione di nullità per difetto di forma scritta sollevata solamente in conclusionale (App. Milano, I 26/02/2013) • nel contestare un fatto non contestato in Primo Grado (App. Napoli, 30/01/2013) • nella costituzione in giudizio, con conseguente preclusione/decadenza dalla possibilità di formulare richieste istruttorie (App. Torino, Lav., 13/05/2014) Quando la decisione debba fondarsi su questioni pregiudiziali: • carenza di legittimazione ad agire, in difetto di prospettazione da parte dell’appellante di diversa soluzione (App. Milano, 11/02/2013) • questione pregiudiziale sulla quale si è formato il giudicato esterno già durante il primo grado di giudizio (App. Torino, IV, 1/10/2013) Quando debba essere rilevata la nullità dell’eccezione ex 345 c. 2) (App. Milano, I, 19/02/2013) Quando, avendo il primo giudice correttamente ritenuto fondata l’eccezione di prescrizione, venga ritenuta inammissibile l’acquisizione, in sede di gravame, di documenti idonei a provare l’interruzione (App. Milano, IV, 7 e 14/02/2013) Quando sia stata dichiarata, nel corso del primo giudizio, un’intervenuta decadenza dalle istanze istruttorie, respinte e non reiterate all’udienza di precisazione delle conclusioni, ciò rendendo preclusa a priori per il collegio di addivenire ad una riforma (App. Milano, 8/02/2013) Casistica di inammissibilità dell’appello ex 348-bis fondata su questioni di contenuto Quando la ricostruzione in fatto prospettata dall’appellante sia palesemente smentita dall’attività istruttoria espletata (App. Bologna, 21/01/2013, App. Roma, 30/01/2013, App. Milano, 4/03/2013, App. Reggio Calabria, 11/3/2013, App. Napoli, 24/4/2013) o comunque detta attività e le risultanze non siano comunque suscettibili di valutazione diversa rispetto a quella operata dal Primo Giudice (App. Milano, 11/3/2013) Quando le censure mosse dall’appellante non abbiano rilievo in relazione ai capi della sentenza impugnata (richiamo al 342 sulla necessità di censurare i singoli capi della sentenza, specie se autonomamente idonei a supportare la decisione) e comunque ove non siano idonei ad infirmare il ragionamento logico seguito dal Primo Giudice (App. Milano, 27/02/2013 e 1/3/2013, App. Torino, IV, 17/01/2013 e 31/01/2013, App. Vasto, 20/02/2013) Quando, nel censurare l’appellante il raggiungimento della prova, risulti che il Primo Giudice ha correttamente individuato e ripartito l’onere della prova gravante su ciascuna parte e correttamente valutato le prove (App. Napoli, 3/12/2013 e App. Torino, IV, 17/01/2013) Quando l’appellante abbia censurato il deciso del primo giudice di non ammettere prove perché affette da nullità (querela di falso) o perché inidonee ad invertire le presunzioni a sfavore dell’appellante, sulle quali il giudice ha fondato la decisione (App. Milano, 21/02/2013 e 4/03/2013) Quando le tesi dell’appellante siano contrastanti con pacifici orientamenti giurisprudenziali (App. Milano, 4/03/2013) oppure nel caso in cui la Sentenza di primo grado sia fondata su di una giurisprudenza consolidata (App. Milano, I, 19/02/2013) L’ordinanza ex 348-ter è impugnabile? Esiste già un contrasto in seno alla stessa sezione della Corte di Cassazione (sez. VI) FAVOREVOLE (con dei limiti) Cass. Civ. Sez. VI, Ord., 7273/2014 Afferma che l’ordinanza di inammissibilità è pronunciata se ricorrono 2 presupposti: Presupposto negativo: fuori dai casi in cui deve essere dichiarata con sentenza l’inammissibilità o l’improcedibilità dell’appello Presupposto positivo: quando non ha una ragionevole probabilità di accoglimento Se l’ordinanza è pronunciata entro il suo ambito applicativo proprio, non c’è spazio per un’autonoma ricorribilità in Cassazione, nemmeno ai sensi dell’art. 111 comma VII Cost., perché l’ordinanza difetta del carattere di definitività, essendo esperibile il rimedio dell’art. 348ter c. 3 contro la sentenza di Primo Grado Invece, se l’ordinanza è stata (erroneamente) pronunciata al fine di decidere una questione propriamente attinente al mezzo di impugnazione, ossia per dichiarare una inammissibilità per ragioni processuali (ad esempio ex art. 342) essa è impugnabile con autonomo ricorso in cassazione in quanto: a) In questo caso ricorre il carattere di definitività perché l’error in procedendo non può essere fatto valere con il ricorso in cassazione avverso la pronuncia di Primo Grado; b) L’ordinanza pronunciata erroneamente dove sarebbe stato necessario pronunciarsi con sentenza ex art. 342 è, in ragione del suo contenuto effettivo, una sentenza in senso sostanziale (S.U. 16727/2012 sull’individuazione del mezzo d’impugnazione esperibile) CONTRARIA Cass. Civ. Sez. VI, Ord., 8940, 8941, 8942 e 8943/2014 Esclude la ricorribilità in cassazione contro l’ordinanza ex art. 348-ter sia quando è stata emessa in una ipotesi consentita (il gravame non ha una ragionevole probabilità di esser accolto), sia nei casi in cui l’ordinamento non ne consentirebbe l’emissione (es. 348-bis c. 2, casi sottratti al filtro; 348-ter c. 2, quando per l’appello principale o incidentale non ricorre il presupposto ex 348-bis). Dice addirittura espressamente che la declaratoria di inammissibilità ex art. 348-bis sarebbe possibile anche nel caso in cui l’appello sia irrispettoso dell’art. 342! In entrambi i casi, sarebbe possibile solo l’impugnazione della Sentenza di Primo grado attraverso l’art. 348-ter c. 3, che sarebbe quindi strumento esperibile anche: per violazione dell’art. 342 nelle ipotesi di manifesta decorrenza dei termini ex 325 e 327 addirittura nelle ipotesi di semplice improcedibilità dell’appello In queste pronunce la Suprema Corte opera una lettura diversa dell’inciso «fuori dai casi in cui deve essere dichiarata con sentenza l’inammissibilità o l’improcedibilità dell’appello» di cui all’art. 348-bis: esso si riferirebbe solo alle ipotesi in cui il giudice abbia deciso di dar corso alla trattazione, non rilevando la mancanza di ragionevole probabilità di accoglimento in limine litis. Il presupposto è che oggetto del giudizio di manifesta inammissibilità non sarebbe il merito (contrariamente a quanto afferma Cass. Civ. 7273/2014), bensì solo il diritto processuale della parte ad accedere al giudizio di revisione. L’orientamento favorevole (che fornisce forse una lettura più «naturale» della norma), parrebbe essere confortato da successiva pronuncia della Cassazione (Cass. Civ., Sez. VI, 23/06/2014 n. 14182) la quale afferma che il nuovo filtro in appello attiene ad un giudizio di intensità sulla probabilità di accoglimento dell’impugnazione. Quindi, tutto ciò che attiene: alla gradazione di questa intensità alla completezza della motivazione dell’ordinanza una pronuncia di completezza sulle ragioni poste a sostegno dell’appello implicherebbe una valutazione su questioni di merito, che non nono ammissibili in sede di legittimità. Pertanto, nei casi in cui il Giudice d’Appello abbia motivato nel senso di ritenere non meritevole di una ragionevole probabilità di accoglimento, non è esperibile un ricorso diretto in quanto ciò involverebbe necessariamente la valutazione di questioni di merito, che non sono ammissibili in sede di legittimità non a caso la novella legislativa ha introdotto un mezzo d’impugnazione tipico e ad hoc per questi casi, ossia il 348-ter c. 3. Il contrasto tra le pronunce si incentra sulla questione della natura definitiva o meno dell’ordinanza ex art. 348-ter La relazione alla riforma contiene un passaggio in cui il legislatore afferma che il ricorso in Cassazione avverso la sentenza di Primo Grado ai sensi dell’art. 348-ter c. 3 «assorbe ogni tutela costituzionalmente necessaria». Ma è realmente così? Il ricorso per saltum disciplinato dall’art. 348-ter c. 3 è sufficiente come rimedio a salvaguardare il diritto alla difesa della parte il cui appello sia stato dichiarato inammissibile? Secondo Cass. 7273/2014 no, in quanto: a. Il ricorso ex 348-ter c. 3 soggiace comunque ai limiti dell’art. 360 c.p.c. e, quindi, la parte potrà far valere solo i vizi che rientrano nei limiti del 360, non anche quei motivi di appello «non convertibili» in uno dei motivi di ricorso in Cassazione (al riguardo è poco ipotizzabile un «ridimensionamento» come sostenuto da Cass. 8940-43/2014); b. La sindacabilità in Cassazione della Sentenza di Primo Grado per vizio di motivazione ex c. 5 dell’art. 360 c.p.c. è esclusa ai sensi dell’art. 348-ter c. 4 nel caso in cui l’inammissibilità si fondi sulle medesime ragioni di fatto poste a base della decisione impugnata; ne consegue che in questi casi il ricorso in Cassazione potrebbe essere proponibile solo per i motivi ex art. 360 n. 1, 2, 3 e 4; vero è che lo stesso principio di applica – ex art. 348-ter c. 5 – anche al ricorso in cassazione avverso la sentenza d’appello, ma è evidente che nel primo caso la valutazione del giudice è pur sempre prognostica, e non assunta all’esito di un giudizio ordinario (tale soluzione normativa pone dei dubbi di costituzionalità ex art. 3 Cost., in quanto la medesima soluzione normativa viene applicata a situazioni diverse) c. Il rimedio ex art. 348-ter c. 3 non tutela affatto l’appellante in termini di controllo sull’operato del giudice d’appello nel pronunciare l’ordinanza: si può infatti censurare la Sentenza di Primo Grado, mentre l’art. 348-ter c. 3 non consente di eliminare eventuali vizi dell’ordinanza di inammissibilità Quindi: come dedurre i vizi dell’appello e dell’ordinanza conclusiva? a) Certezza: impossibilità di censurare, in Cassazione, la valutazione del Giudice circa la «non ragionevole probabilità di accoglimento»; il solo rimedio è quello dell’art. 348-ter c. 3 avverso la sentenza di Primo Grado b) Ove, però, il vizio denunciato sia attinente a vizi propri dell’ordinanza, in quanto emessa oltre i limiti propri, si assiste ad un contrasto nella giurisprudenza (e negli interpreti): Secondo Cass. 7273/2014 - dovrebbe essere ammessa la sua AUTONOMA ricorribilità Secondo Cass. 8940-8943/2014 anche tali vizi sarebbero deducibili solo col ricorso dell’art. 348-ter c. 3; questa interpretazione sarebbe anche coerente al contenuto nella Relazione alla riforma che espressamente rimette al giudizio di Cassazione il potere di «rilevare…nullità inerenti al procedimento d’appello» È possibile impugnare con il ricorso in Cassazione ex art. 348-ter c. 3 parti della sentenza di primo grado in precedenza non impugnate o denunziare vizi non sollevati con l’atto d’appello? )Tendenzialmente NO, anche se la legge 134/2012 di conversione del D.L. 83/2012 ha eliminato dal 348-ter c. 3 l’inciso «nei limiti specifici esposti con l’atto d’appello»; ciò in quanto: i) sarebbe una sorta di rimessione in termini non codificata e ii) andrebbe in controtendenza rispetto al principio di progressiva riduzione dell’oggetto della contesa (analogamente al 342) )Secondo altri, invece, ritengono che nel ricorso in Cassazione ben si potrebbero sollevare errores in iudicando e in procedendo nuovi rispetto a quelli già dedotti nel giudizio di secondo grado conclusosi con l’ordinanza di inammissibilità Cosa accade se la Cassazione accoglie il ricorso? Si applica l’art. 383, c. 4, rinnovellato: se la Cassazione accoglie il ricorso per motivi diversi dal 382 (questioni di giurisdizione e di competenza), rinvia la causa al giudice che avrebbe dovuto pronunciare sull’appello, secondo le disposizioni del giudizio di rinvio. Criticità: il giudizio di rinvio, a seguito dell’annullamento della Sentenza di Primo Grado, ha una struttura d fatto «chiusa», in quanto non consente la celebrazione completa del giudizio d’appello negato ma potrebbe limitarsi solo ad alcuni aspetti oggetto del giudizio di rinvio da parte della Cassazione Sembrerebbe comunque possibile esperire la revocazione ordinaria (ex artt. 395, nn. 4 e 5) direttamente avverso l’ordinanza ex art. 348-ter c.p.c. (necessità di raccordo con la pronuncia della Cassazione all’esito del ricorso avverso la Sentenza di Primo Grado), così come quella straordinaria (ex artt. 395, nn. 1, 2, 3 e 6) avverso la Sentenza di Primo Grado, eventualmente in parallelo al ricorso in Cassazione avverso la medesima. 348-ter individua le modalità concrete di funzionamento del «filtro» Comma 1 Decisione deve essere assunta necessariamente alla prima udienza Prima di procedere alla trattazione e dopo le verifiche preliminari del 350 c. 2 e 3; tale soluzione appare coerente con il 348-ter c. 2 che, nel prevedere la dichiarazione di inammissibilità dell’appello incidentale, presuppone necessariamente un esame unitario delle impugnazioni avverso la medesima sentenza (deve essere consentita all’appellato o a litisconsorte pretermesso la possibilità di proporre impugnazione incidentale) – è quindi pensabile che la pronuncia sia preceduta dai provvedimenti ex 291 e 231, così come un eventuale provvedimento di riunione ex 335 in caso di più appelli (in forma principale) contro la medesima sentenza Impedisce che la pronuncia sia resa, re melius perpensa, in un momento successivo a trattazione già iniziata e a fortiori dopo l’ammissione di prove nuove o la rinnovazione o ancora dopo la precisazione delle conclusioni Necessità di integrazione del contraddittorio sulla questione della inammissibilità ex art. 348-bis Alla prima udienza il Secondo Giudice si trova di fronte ad una alternativa Definire il giudizio, qualora ritenga la causa matura per la decisione, con sentenza succintamente motivata ex 281-sexies che i) si sostituisce alla Sentenza impugnata ed è ii) pacificamente ricorribile in Cassazione Definire il giudizio con ordinanza ex art. 348-ter che lascia in vita la Sentenza impugnata e la rende ricorribile in Cassazione; in tal caso, se conferma il giudizio di fatto del Primo Giudice, impedisce altresì il controllo (il Cassazione) sulla motivazione della sentenza di primo grado, in ragione del meccanismo della doppia conforme di cui all’art. 348-ter c. 4 Ordinanza succintamente motivata Provvede sulle spese Comma 2 La pronuncia può essere resa solo quando è idonea a definire il giudizio; militano in tal senso: l’obbligo di pronuncia sulle spese ex art. 91 L’art. 348-ter c. 2, ai sensi del quale si può procedere alla pronuncia di inammissibilità solo quando sia l’appello principale che quello incidentale non abbiano ragionevole probabilità di accoglimento; Si applica anche alle incidentali tardive? Seguendo il dettato dell’art. 334, c.2, l’incidentale tardiva dovrebbe essere travolta dalla declaratoria di inammissibilità dell’appello principale (in questo senso anche la relazione illustrativa). Tuttavia, in considerazione del fatto che l’ordinanza ex 348-ter si pronuncia nel merito, appare forse più logico ritenere non applicabile l’art. 334, c. 2, anche nella prospettiva di favor verso le incidentali tardive recentemente ribadito da Cass. Civ. S.U., 8925/2011. In conclusione: il giudice pronuncerà ordinanza di inammissibilità ex 348-ter soltanto quando tutte le impugnazioni – principali e incidentali, tempestive e tardive – non abbiano ragionevole probabilità di accoglimento; altrimenti deve procedere all’esame di tutte. Questione della soccombenza teorica: fenomeno in virtù del quale una parte, pur essendo visto risolte in senso a sé sfavorevole una o più questioni, sia alla fine risultata vincitrice nel merito. Secondo l’ultimo revirement di Cass. Civ. S.U. 25246/2008 al fine di ottenere un il riesame da parte del Giudice dell’Appello su un’eccezione decisa negativamente dal Primo Giudice non è sufficiente la mera riproposizione ex art. 346, ma è necessaria la proposizione di un’impugnazione incidentale da parte dell’appellato. L’effetto, non auspicabile, è che la proposizione dell’appello incidentale da parte dell’appellato, se autonomamente dotato di ragionevole probabilità di accoglimento, possa impedire la declaratoria di inammissibilità dell’appello incidentale. Suggerimento: proporre una impugnazione incidentale condizionata alla delibazione di fondatezza dell’appello principale. Comma 3 Introduce la possibilità, in caso di dichiarazione di inammissibilità dell’appello, di ricorrere in Cassazione ai sensi dell’art. 360 avverso la Sentenza di Primo Grado. La norma pone alcune criticità: Come visto, nel ricorso verso la sentenza di Primo Grado sembrerebbe essere preclusa la possibilità di far valere le nullità relative al procedimento d’appello o all’ordinanza (non posso ad esempio censurare la liquidazione delle spese contenute nell’ordinanza) Nella conversione del D.L. viene eliminato dall’art. 348-ter c. 3 l’inciso «nei limiti dei motivi specifici proposti nell’atto d’appello»; tuttavia è da ritenersi che operi comunque il principio della consumazione del mezzo di impugnazione rispetto a quelle statuizioni della sentenza di Primo Grado che non siano state censurate con specifico motivo d’appello Tempistiche per il ricorso ex 348-ter c. 3; il termine decorre dalla comunicazione o dalla notificazione (se anteriore) dell’ordinanza; la norma dice che si applica il 327 «in quanto compatibile». La norma, sebbene poco chiara, sembra voler dire che: a) se l’ordinanza viene notificata, decorre il termine «breve» di 60 giorni di cui all’art. 325 c. 1 b) se l’ordinanza viene comunicata, si apre un’alternativa: se la comunicazione avviene prima della scadenza del termine semestrale dal suo deposito – opera il termine «lungo » di 6 mesi se (con evidente patologia di sistema) la comunicazione avviene dopo la scadenza del termine semestrale dal suo deposito, da tale comunicazione decorre il termine «breve» di 60 giorni per il ricorso Comma 4 Introduce il meccanismo del «doppio conforme» Nel caso in cui l’ordinanza di inammissibilità sia fondata sulle stesse ragioni inerenti alle varie questioni di fatto poste a base della decisione impugnata, non è possibile esperire ricorso in cassazione deducendo il vizio motivatorio di cui all’art. 360 n. 5 «per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti», come anch’esso recentemente rinovellato dalla L. 134/2012 (prima: «Omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio»), modifica, le cui ripercussioni meriterebbero un discorso a parte, atteso che la nuova norma ha di fatto eliminato il sindacato sulla motivazione, incentrandolo esclusivamente sul mancato esame di un fatto. Meccanismo analogo è previsto anche al comma 5, nel caso in cui la sentenza d’appello (escludendosi quindi che il giudizio si sia arrestato ad una pronuncia di inammissibilità ex 348-bis) abbia confermato la sentenza di Primo Grado fondando la decisione «sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione impugnata» Potrebbe emergere un contrasto con l’art. 24 Cost. perché con esso vengono assimilate nella disciplina situazioni apparentemente differenti: c. 4 ordinanza assunta all’esito di un giudizio, volente o nolente, sommario; c. 5 sentenza, assunta all’esito di un giudizio ordinario a cognizione piena). Con riferimento ad entrambe le situazioni (commi 4 e 5) si pone un problema: è proprio necessario che il percorso logico-ricostruttivo della quaestio facti sia il medesimo? O è sufficiente che il risultato decisorio sia il medesimo (verificabile, con maggiore semplicità, dal dispositivo)? Il problema con riferimento all’ordinanza potrebbe essere superato attraverso una sorta di mera convalida della ricostruzione in fatto operata dal primo giudice. Il problema si pone invece con particolare riguardo al comma 5, in quanto ipotizzando che la sentenza giunga ad un medesimo esito decisorio, ma attraverso un iter logico-giuridico diverso, la motivazione della sentenza d’appello non sarebbe allora una conferma in secondo grado di quella data dal primo giudice, ma risulterebbe nuova e mai da altri vagliata. In tal modo perdendo, nella sostanza, il fondamento della conformità delle motivazioni che è stato introdotto dal legislatore. Quale rapporto tra il 342 e il 348-bis? Le due norme sono senz’altro correlate nell’ottica della ragionevole durata del processo consacrata dall’art. 111 Cost. Ci si domanda: se un appello è del tutto inammissibile per ragioni di forma ovvero ancora contenga taluni motivi inammissibili ed altri ancora assolutamente infondati nel merito, è da privilegiare lo strumento dell’ordinanza ex 348-ter o, invece, la sentenza ex art. 342? Dalla lettura coordinata delle norme, pare evincersi che il legislatore abbia privilegiato la pronuncia di sentenza ex 342: l’art. 348-bis c. 1 stabilisce infatti che «Fuori dai casi in cui deve essere dichiarata con sentenza l’inammissibilità o l’improcedibilità dell’appello», in tal modo confermando che l’ordinanza-filtro debba trovare spazio solo laddove non vi siano gli estremi per una pronuncia di inammissibilità stricto sensu intesa (o di improcedibilità). Inoltre, dal momento che la formula fondata sulla non ragionevole probabilità di accoglimento implica, necessariamente, un controllo nel merito da parte del giudice dell’appello, è giocoforza che a tale valutazione si potrà accedere solo una volta superato il filtro processuale di forma statuito dal 342. Rispetto alle posizioni espresse dalla Cassazione, appare quindi più «coerente» con il sistema quello delineato da Cass. Civ. Sez. VI, Ord., 7273/2014 nella parte in cui esclude dall’ambito di applicazione del filtro 348-bis le ipotesi di inammissibilità o improcedibilità in senso tecnico; in queste ipotesi, infatti, in caso di accoglimento da parte della Cassazione del ricorso avverso la sentenza ex 342 la causa verrebbe rinviata al Giudice dell’Appello affinché proceda all’esame nel merito dell’impugnazione, e quindi anche con riferimento al filtro ex 348-bis – non è quindi escluso che possa dichiararla inammissibile (nuovamente) ma sotto il diverso profilo della non ragionevole probabilità di accoglimento.
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