Il nuovo «filtro» in appello - Associazione Giovani Avvocati Torino

Il nuovo «filtro» in
appello
La riforma dell’art. 342 e i nuovi artt. 348-bis e 348ter c.p.c.
Torino, 4 dicembre 2014
Avv. Federico Magliano
 Pretesa conformazione della disciplina del processo in
funzione di obiettivi «giuspolitici»
 Presupposto circa l’esistenza di una necessaria relazione
«diretta»
e
«strettissima»
tra
efficienza
dell’amministrazione della giustizia e rilancio del sistema
economico
Ragioni della
riforma
contenuta
nell’art. 54 del
D.L. 83/2012
(convertito con
L. 134/2012)
Il Governo ha valutato che il processo d’appello e di
Cassazione fossero gli elementi di maggiore inefficienza
della giustizia civile italiana e causa di i) disincentivo
all’investimento nel nostro Paese e ii) causa della maggior
parte degli indennizzi ex L. 89/2001, con conseguente
incidenza sulla finanza pubblica
La
Relazione
Illustrativa
al
provvedimento
(
D.L. 22 giugno 2012, n. 83) nella parte relativa all'art. 54,
enuncia l’intento del legislatore finalizzato ad ottenere un
miglioramento
dell’efficienza
del
sistema
delle
impugnazioni, anche di merito, posto che esse «allo stato
violano pressoché sistematicamente i tempi di ragionevole
durata del processo».
Quindi:
 Ha inteso reprimere quelle
pratiche considerate forme di
abuso del processo
 Ha posto in essere una delle tante
riforme a «costo zero» in un
periodo di generalizzata ossessione
da spending review
Scelta molto criticata dal CSM
(Delibera del 5 luglio 2012) il quale
ha evidenziato come i benefici,
eventuali, verranno evidenziati tra
10-12
anni,
dopo
però
lo
smaltimento delle cause in giacenza
e in attesa di decisione
Quale è lo scopo
pratico cui mirava
il legislatore?
 «Buroraticizzare» la fase iniziale del
giudizio d’appello mediante
l’inserimento di formule standard
 Stimolare, introducendo criteri più
puntuali di redazione, la
proposizione di appelli più meditati
 Consentire ai giudici di
comprendere prima e meglio
l’errore del Primo Giudice
 Accelerare il giudizio d’appello
Quale è stato il risultato?
L’atto d’appello (principale e
incidentale) è oggi sottoposto ad un
doppio vaglio di inammissibilità:
È stato codificato
un doppio «filtro»
 FORMALE – riscritto il 342 c.p.c., il
cui
contenuto
è
stato
sostanzialmente copiato dall’art.
520, comma 3, della ZPO tedesca
(codice di procedura civile tedesco),
fatta eccezione per i limiti nostrani
dettati dall’art. 345 c.p.c. e non
previsti nel codice teutonico
 SOSTANZIALE – introdotti gli 348-bis
e 348-ter c.p.c. che disciplinano ex
novo una inedita forma di filtro di
inammissibilità legato ad un
«giudizio prognostico di fondatezza
dell’impugnazione»
Ricordando che l’atto d’appello ha quali scopi:
 la costituzione del rapporto giuridico processuale d’impugnazione e
 evitare il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado
Ma prima di entrare nel
dettaglio delle novità
Cosa di intende
per
inammissibilità?
La giurisprudenza definisce l’inammissibilità dell’atto di appello come
«invalidità, ossia una difformità dal modello legale di riferimento, non
riconducibile alla mera irregolarità, né assimilabile al caso più grave
dell’inesistenza» (Cass., Sez. Un., 29 gennaio 2000, n. 16).
Quindi:
è inammissibile l’atto di appello che sia affetto da vizi che:
1) per il momento temporale in cui è compiuto (art. 325 c.p.c.),
2) o perché contrario ad atti o comportamenti, precedenti o contemporanei
alla proposizione dell’atto, rivelatori di una volontà di non contestazione
di quanto deciso dal giudice di prime cure (art. 329 c.p.c.),
3) o per la sua difformità rispetto al modello che lo prevede (art. 342
c.p.c.),
non consentono al giudice dell’impugnazione di accedere all’esame, nel
merito, della revisio prioris instantiae richiesta, in tutti quei casi in cui questi
vizi (genetici) non possano venire meno né attraverso la cooperazione
dell’appellato, né attraverso il comportamento dell’appellante,
Lo scostamento dal modello legale di riferimento impedisce la sanatoria di
cui all’art. 156 c.p.c. e l’unico rimedio rimane la proposizione di un atto
conforme al modello legale, prima che ne sia dichiarata l’invalidità (art. 358
c.p.c.).
 Sussistenza di un provvedimento impugnabile
 accordo per un ricorso per saltum in Cassazione;
 Non consentito dalla regola di giudizio applicata (es. 114 c.p.c.)
 Per espressa previsione di legge (sentenze
lavoro/previdenza/locazione di valore non superiore a € 25,82,
sentenze che decidono su opposizione a atti esecutivi, decisione
della Corte d’Appello in unico grado)
 Per autolimitazione ad opera della parte (acquiescenza o riserva
d’appello ex 340 c.p.c.)
Per la «validità»
dell’atto
d’appello
devono ricorrere
alcuni requisiti:
 Tempestività
 Rispetto dei termini per impugnare (breve ex 325 c.p.c. e lungo ex
327 c.p.c.)
 Decorso dei termini
 Scelta del rito (principio di ultrattività del rito)
 Notifica
 Legittimazione
 Occorre essere stati parti nel giudizio di primo grado ed essere stati
destinatari del contenuto precettivo della sentenza
 Sussistenza/permanenza del potere di rappresentanza
 Interesse ad impugnare
 Le modifiche richieste dall’appellante devono avere per lo stesso
un’utilità personale (art. 100 c.p.c.)
 Contenuto conforme al modello legale di riferimento
 Il «nuovo» art. 342 c.p.c.
Il nuovo art. 342 c.p.c.
Art. 342 c.p.c.
Pre riforma
Art. 342 c.p.c. – Forma dell’appello
L’appello si propone con citazione contenente
l’esposizione sommaria dei fatti ed i motivi
specifici dell’impugnazione nonché le indicazioni
prescritte nell’articolo 163.
Tra il giorno della citazione e quello della prima
udienza di trattazione devono intercorrere termini
liberi non minori di quelli previsti dall’articolo 163bis.
Post riforma
Art. 342 c.p.c. – Forma dell’appello
L’appello si propone con citazione contenente le
indicazioni prescritte dall’articolo 163. L’appello
deve essere motivato. La motivazione dell’appello
deve contenere, a pena di inammissibilità:
1) l’indicazione delle parti del provvedimento che
si intende appellare e delle modifiche che
vengono richieste alla ricostruzione del fatto
compiuta dal giudice di primo grado;
2) l’indicazione delle circostanze da cui deriva la
violazione della legge e della loro rilevanza ai fini
della decisione impugnata.
Tra il giorno della citazione e quello della prima
udienza di trattazione devono intercorrere
termini liberi non minori di quelli previsti
dall’articolo 163-bis.
Ma quale è stata l’applicazione dell’art. 342 c.p.c. fino
alla riforma del 2012?
 Se non per un lieve ritocco apportato dalla L. 353/1990, dal 1940 al 2012 l’art. 342
c.p.c. era rimasto sostanzialmente immutato.
 Il giudizio d’appello si trasforma da novum iudicium a revisio prioris instantiae
attraverso 3 fondamentali tappe ermeneutiche:
 Sez. Un. 4991/1987 «Per la validità dell'appello non basta che l'atto introduttivo consenta di individuare le
statuizioni concretamente impugnate e i limiti dell'impugnazione, ma è altresì necessario, pur quando la
sentenza di primo grado venga impugnata nella sua interezza, che risultino esposte con sufficiente grado di
specificità […] le ragioni sulle quali si fonda l'impugnazione medesima». La sanzione per l’atto sprovvisto di
specifici motivi è la nullità, sanabile tuttavia con la costituzione dell’appellato.
 Sez. Un. 16/2000 «I motivi di appello sono specifici, nel senso voluto dalla prima parte del previgente art.
342 c.p.c., se si traducono nella prospettazione di argomentazioni, contrapposte a quelle svolte nella
sentenza impugnata, dirette ad incrinarne il fondamento logico - giuridico» (formula poi ripetutamente
rispesa: v. Cass. Civ. 4068/2009 e 1924/2011). L’assenza di specificità è sanzionata con l’inammissibilità
dell’appello, senza possibilità di sanatoria dell'atto a seguito di costituzione dell'appellato .
 Sez. Un. 28498/2005 «L'appellante è tenuto a fornire la dimostrazione delle singole censure, atteso che
l'appello, non è più, nella configurazione datagli dal codice vigente, il mezzo per passare da uno all'altro
esame della causa, ma una "revisio" fondata sulla denunzia di specifici "vizi" di ingiustizia o nullità della
sentenza impugnata». Sentenza molto criticata in quanto apparentemente foriera di una sorta di
presunzione iuris tantum in appello tale da invertire il normale riparto dell’onere probatorio.
Fino al 2012 a pena di inammissibilità dell’atto d’appello:
 era necessario individuare con precisione i «capi» o il «capo» della sentenza
oggetto di impugnazione, nonché, all’interno del singolo capo, le singole
questioni «processuali» e di «merito» sulle quali il giudice ad quem veniva
chiamato a pronunciarsi, nell’ottica di una «graduale riduzione della materia
oggetto del giudizio ai soli punti controversi» (Cass. Civ. 13175/2007,
21816/2006, 24817/2005, 14251/2004)
 era necessario l’esposizione delle ragioni dell’impugnazione, da intendersi quale
enucleazione di specifiche censure («l'esposizione delle ragioni di fatto e di diritto
su cui si fonda l'impugnazione deve risolversi in una critica adeguata e specifica
della decisione impugnata che consenta al giudice del gravame di percepire con
certezza e chiarezza il contenuto delle censure in riferimento ad una o più
statuizioni adottate dal primo giudice» Cass. Civ. 25588/2010, 22123/2009,
15519/2006, 18229/2003)
 era richiesto che il cui grado di specificità fosse proporzionale al livello di
specificità della motivazione impugnata nel caso concreto (Sez. Un. 4991/1987 e
Cass. Civ. 7786/2010, 28739/2008, 17960/2007, 8197/2003)
Non pare che si innovi «radicalmente» il pregresso quadro
giurisprudenziale, se non che oggi:
 è codificato che il mancato rispetto/assolvimento degli
oneri di redazione in capo all’appellante è causa di
inammissibilità (in precedenza non era comminata
espressamente una sanzione);
Come si colloca il
«nuovo» art. 342 c.p.c.
rispetto ad diritto
vivente?
 viene codificato l’obbligo di specificazione delle «parti del
provvedimento che si intende appellare»
 viene consacrato e reso irreversibile l’indirizzo acquisito
in giurisprudenza dell’inammissibilità dell’appello
«sprovvisto di motivazione specifica» (sebbene, però, sia
stato testualmente espunto il requisito dei «motivi
specifici» e dell’«esposizione sommaria dei fatti»);
 tuttavia, pur venuto meno il requisito testuale
dell’indicazione dei «motivi specifici» oggi è la norma che,
nel sancire che l’appello debba essere motivato, descrive,
tratteggiandone i requisiti, in cosa si estrinsechi la
«specificazione del motivi» - 342 nn. 1) e 2)
Non è più sufficiente
individuare i capi impugnati…
…in più «La motivazione
dell’appello deve contenere, a
pena di inammissibilità:»
1.
Art. 342, c. 1, n. 1) «l’indicazione […] delle modifiche che
vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal
giudice di primo grado» → Occorre esplicitare e prospettare
una specifica e diversa soluzione della quastio facti
2.
Art. 342, c. 1, n. 2) «l’indicazione delle circostanze da cui deriva
la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della
decisione impugnata» → Occorre indicare esattamente l’error
iuris commesso dal Primo Giudice esplicitando l’incidenza che
questo ha avuto sul decisum
Preliminarmente: una lettura della norma nel senso di richiedere la
necessaria compresenza di entrambi i requisiti del 342 c.p.c.
sarebbe evidentemente non conforme alla natura peculiare
dell’appello; è ragionevole ritenere che il rispetto del singolo
requisito si applichi in relazione al fatto che si censuri,
concretamente e rispettivamente, il giudizio di fatto o quello di
diritto ovvero entrambi. In caso contrario verrebbe meno la
caratteristica dell’appello di essere un gravame a critica libera.
Quali sono i requisiti e quindi la struttura del nuovo atto d’appello?
Seguendo il dato letterale, sembrerebbe necessario indicare:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
Le parti da censurare del
provvedimento di primo grado
Le modifiche che si vorrebbero
apportare alla ricostruzione del
fatto operata dal Primo Giudice
La «legge violata», da intendersi in
senso lato
Le circostanze a causa delle quali si
ritiene che la legge è stata violata
Il nesso di causalità tra dette
circostanze e la pronuncia emessa
in violazione della legge indicata
+
Gli elementi prescritti dall’art. 163
(o 414) c.p.c. e, in particolare:
• Gli elementi della vocatio in ius ex art.
163, nn. 1, 2, 5 e 6 c.p.c.
• Gli elementi della editio actionis ex art.
163, nn. 3 e 4 c.p.c.
 Requisiti oggi a pena di
inammissibilità ex 342 c.p.c.
 Disciplina della nullità (164 e 359
c.p.c.)
342, comma 2, n. 1)
Sulla diversa ricostruzione della quaestio facti
Dalla novella appare evidente l’imprescindibilità della narrazione dei fatti di causa perché
presupposto logico-necessario dell’atto d’appello. È da ritenersi che i presupposti del 163
c.p.c. siano da cumularsi a quelli del 342 c.p.c.
A differenza della precedente formulazione («esposizione sommaria dei fatti») la nuova
formulazione sembra oggi esigere l’indicazione l’esposizione dei fatti di causa non solo in
maniera sommaria (sorta di riespansione dell’art. 163). Esigenza che può nascere nasce
anche dalla necessità di far fronte alle motivazioni eccessivamente concise
In più la novella richiede l’indicazione:
 Delle «parti del provvedimento» che si intendono impugnare, anche se non sembra
essere una novità rispetto al passato (v. giurisprudenza consolidata)
 Delle «modifiche che vengono richieste alla ricostruzione in fatto» compiuta dal giudice,
che non appare essere una novità, se non per il fatto che l’appellante è oggi onerato
della necessità di evidenziare i cambiamenti che ritiene debbano essere apportati dal
giudice superiore
1. Oggi non è più sufficiente che l’incidenza del motivo di impugnazione sulla
decisione impugnata sia desumibile, è necessario è che sia adeguatamente
esplicitata.
In pratica:
l’appellante non potrà più giovarsi di quella giurisprudenza più «comprensiva» che nel saggiare la
sufficienza dei motivi d’appello in fatto si contentava della «enunciazione dei punti sui quali si chiede al
giudice di secondo grado il riesame delle risultanze istruttorie» (Cass. Civ. 16190/2004 e, ancora
recentemente in relazione alla formulazione del 342 c.p.c. ante riforma, 12960/2014). Oggi, invece, sarà
necessario redigere l’atto in maniera tale da dedicare :
 una parte di esso alla CRITICA della decisione, spiegando il perché essa sia censurabile
 un’altra parte alla COSTRUZIONE della versione di fatto e di diritto che avrebbe dovuto essere recepita
dalla decisione gravata
Attenzione: non per questo, però, è da ritenersi che dalla sentenza di primo grado sorga una presunzione
«iuris tantum» idonea ad invertire l’onere della prova (come paventato da Sez. Un. 28488/2005). Infatti
l’appellante è sì tenuto:
• a farsi carico di argomentare l’errore o l’ingiustizia del Primo Giudice
• a sottoporre al Secondo Giudice una sua alternativa ricostruzione in fatto
• a evidenziare le «circostanze» da cui la violazione di legge è derivata e la loro rilevanza
ma non sarà tenuto a darne prova laddove, in applicazione dell’art. 2697 c.c., l’onere della prova non sia
a suo carico!
2. L’appellante deve proporre al Secondo Giudice una diversa ricostruzione dei fatti
sulla base di prove acquisite o prove di cui chiedere l’acquisizione o la
rinnovazione in appello, nei limiti dell’art. 345 c.p.c.
In pratica:
ciò comporterà, di fatto, un’applicazione ancor più rigida dell’art. 346 c.p.c. imponendo che vi si provveda,
anche in relazione alle istanze istruttorie, in coincidenza con gli atti introduttivi (anche per l’appellato,
onerato di appellare incidentalmente qualora risulti soccombente non solo in maniera teorica)
3. Oggi una censura onnicomprensiva dell’intera sentenza – che si censura perché
sorretta da motivazione illogica, contraddittoria o insufficiente – rischia seriamente
di non superare il vaglio del nuovo art. 342 c.p.c. in quanto occorre indicare i
singoli capi illogici, contraddittori o non sufficientemente motivati
In pratica:
Con l’espressione «singoli capi» si intendono non solo i punti del dispositivo di cui si chiede l’annullamento o
la modificazione, ma anche (e soprattutto) i «passaggi», intesi come «luoghi» della motivazione che ne
costituiscono la base argomentativa
4. Non sembrerebbe più ammessa la integrazione per relationem dell’atto:
l'onere di specificazione dei motivi di appello, imposto dall'art. 342 c.p.c., non è assolto con il semplice
richiamo per relationem alle difese svolte in primo grado, perché per dettato di legge i motivi di gravame
devono essere contenuti nell'atto d'impugnazione e, peraltro, la generica relatio a tutto quanto prospettato
in prime cure finisce per eludere il menzionato precetto normativo, imponendo al giudice ad quem un'opera
d'individuazione delle censure che la legge processuale non gli affida (Cass. 1248/2013).
 Tribunale di Verona, 20 maggio 2013
Ci fornisce alcuni parametri interpretativi:
a) L’appello non può ripercorrere la struttura delle note conclusionali di primo grado, né limitarsi alla
integrale riproposizione delle deduzioni svolte nel giudizio di primo grado a sostegno della domanda
b) La sussistenza dei presupposti del nuovo 342 c.p.c. deve essere valutata rispetto a ciascuna delle
doglianze che l’appellato muove alla decisione impugnata. Ciò può quindi portare a conclusioni diverse:
• alla dichiarazione di inammissibilità di alcune (ex 342 c.p.c.)
• alla dichiarazione di fondatezza/infondatezza nel merito di altre
 Corte d’Appello di Roma, 9 dicembre 2013 e 15 gennaio 2013
Se la domanda di Primo Grado è stata accolta su di una pluralità di autonome ragioni, ciascuna di esse
sufficiente a giustificare la decisione, il soccombente ha l’onere di censurare ciascuna delle ragioni della
decisione, altrimenti su quelle non impugnate scende il giudicato. In sostanza, quindi, il profilo volitivo
dell’impugnazione deve avere ad oggetto i singoli segmenti/sottocapi della sentenza quando hanno
autonomo rilievo di causalità rispetto alla decisione
 Corte d’Appello di Salerno, 1° febbraio 2013
Compie una lettura molto rigida dell’art. 342 c.p.c., nel senso che giunge ad affermare che l’atto d’appello
dovrebbe «delineare il contenuto della sentenza d’appello»: secondo tale orientamento, il Giudice
d’Appello, sulla base della «corretta» impostazione dell’atto, dovrebbe poter operare una sorta di «mirato
intervento di ritaglio delle parti della sentenza di cui di imponga l’emendamento», quasi come un’operazione
chirurgica sulla sentenza di primo grado
Art. 342, c. 2, n. 2)
Sulle censure in diritto (error iuris)
È la parte più controversa della nuova formulazione
• In cosa consistono le «circostanze» da cui è dipesa la violazione? Unico appiglio
sembrerebbe essere il far riferimento alla nozione di «violazione di norme di diritto»
ex art. 360, n. 3), c.p.c. In tal senso per circostanze dovrebbero intendersi quindi
quei fattori, di fatto e/o di diritto, che, a parere dell’appellante, hanno determinato
l’errore di diritto, inteso quale omessa applicazione di una norma (error in
procedendo) ovvero la sua erronea interpretazione (error in iudicando).
• Quid nel caso di «falsa applicazione della legge», ossia erronea sussunzione di
fattispecie concreta nell’alveo di fattispecie normativa correttamente interpretata? È
ragionevole pensare che i requisiti del 342 n. 2 siano da intendersi quale «contenuto
minimo», e che l’appellante sia pienamente libero di addurre altre e diverse ragioni
di doglianza.
• È necessario descrivere e spiegare il modo in cui detti fattori abbiano inciso sulla
decisione impugnata (342, n. 2, secondo periodo)
Sull’applicazione del principio iura novit curia ante riforma del 2012 si registravano
due orientamenti nella giurisprudenza di legittimità
1.
Quello tradizionale, che applicava anche in appello il principio iura novit curia (Cass. Civ. 7789/2011,
7190/2010, 19090/2007)
2.
Quello che circoscriveva l’applicazione di tale principio, ritenendo che il potere del Secondo Giudice
di qualificare (= mutare d’ufficio la qualificazione giuridica data dal Primo Giudice) fosse preclusa in
mancanza di gravame sul punto (Cass. Civ. 20730/2008, 15496/2007, 14573/2005)
Il «nuovo» art. 342 c.p.c., pur non trasformando l’appello da gravame a critica libera in impugnazione a
critica vincolata, sembrerebbe sancire il prevalere del secondo orientamento, più rigido e restrittivo,
secondo cui il Secondo Giudice può mutare d’ufficio la qualificazione giuridica solo se la questione in
diritto gli è stata devoluta tramite un motivo specifico.
Quindi attenzione, perchè in mancanza di specifica censura con cui l’appellante:
•. indica le circostanze da cui deriva la violazione di legge (sostanziale o processuale) e
•. indica la loro rilevanza (nesso di causalità) ai fini della decisione
il Secondo Giudice potrebbe dichiarare di NON poter mutare la qualificazione giuridica del rapporto o far
riferimento a norme giuridiche diverse da quelle indicate dal Primo Giudice, e quindi di non poter
nemmeno optare per la soluzione di terza via ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.c.
a) Volitivo
di tipo confutatorio / demolitivo rispetto ai singoli capi – mettere in
rilievo gli aspetti «critici» della pronunzia appellata
b) Argomentativo
In definitiva,
l’appellante ha
un onere:
finalizzato a spiegare perché la pronuncia sia censurabile prospettando:
a) una ricostruzione in fatto alternativa
b) gli error iuris commessi dal Primo Giudice
e suggerendo al Secondo Giudice una «costruzione» della versione di
fatto e di diritto che a avrebbe dovuto essere recepita dalla decisione
gravata e che si auspica venga accolta
c) Di allegazione del profilo di causalità
Chiarendo esplicitamente quelle che sono le correzioni richieste al
Secondo Giudice
d) Non dimostrativo
A meno che ai sensi dell’art. 2697 c.c. l’onere della prova sia a carico
dell’appellante
Corte Appello di Torino, 12 marzo 2013, n. 324 e Corte Appello di
Roma, 29 gennaio 2013
Enucleare con precisione le PARTI del provvedimento che si ritengono
errate
Denunziare l’ingiustizia della sentenza chiedendo al secondo giudice
UN NUOVO GIUDIZIO SUL FATTO
Esplicitare quei fattori, di fatto e/o di diritto, che hanno determinato
l’ERRORE DI DIRITTO
Quindi cosa devo
operativamente fare per
sfuggire alla sanzione di
inammissibilità?
Indicare il CONTENUTO delle nuove valutazioni richieste con
riferimento ai singoli capi e sottocapi della sentenza che si intendono
sottoporre a riesame, prestando attenzione al loro autonomo rilievo ai
fini della decisione
Spiegare esplicitamente le CONSEGUENZE che una corretta valutazione
da parte del primo giudice avrebbe comportato sull’esito della
controversia e, quindi, sulla sentenza impugnata
Redigere un atto in modo più organico e strutturato possibile, non
limitandosi all’indicazione dei soli motivi di censura e alla loro
incidenza, ma formulare altresì le PROPOSTE DI MODIFICA al limite di
un «vero e proprio progetto alternativo di sentenza»
Redigere un atto più icastico, puntuale, sintetico e abbandonare quelle
forme più narrative.
Considerazioni conclusive sul nuovo art. 342 c.p.c.
 L’esasperazione del formalismo è pericolosa: quando si trasforma il requisito formale in «condizione di
inammissibilità» estrapolandolo dall’area (più elastica) della valutazione di validità/nullità degli atti – art. 156,
comma 2, c.p.c. – si rischia di aprire la via a facili scappatoie per evitare di entrare nel merito; si auspica
un’applicazione ragionata
 Il «timore» di inammissibilità, o meglio il timore di non riuscire ad approdare ad una pronuncia nel merito, ha quale
effetto (contrario a quanto auspicato dalla giurisprudenza) quello di indurre gli avvocati a scrivere atti più lunghi e
più ripetitivi
 Si apre potenzialmente la strada ad una esasperazione del concetto di appello in cui è la parte impugnante a
proporre al giudice il «progetto di sentenza alternativo a quella gravata», quasi come se fossero gli avvocati a dover
motivare i dispositivi dei giudici – esasperazione che potrebbe porsi in contrasto con il principio di «non pregiudizio
dell’intima essenza di un diritto» (v. Corte Europea dei Diritti Dell’Uomo, 21 giugno 2011, Dobrić v. Serbia)
 Alcune corti, come quella di Torino, hanno correttamente ritenuto di non dover accedere a letture eccessivamente
drastiche della norma, e di non accedere a tesi eccessivamente rigorose: altrimenti la ragionevole durata del
processo finirebbe per assurgere a canone interpretativo in qualche modo prevalente sulla giustizia della decisione,
intesa quale conformità alla legge sostanziale. (App. Torino, Sez. Lav., 12/03/2013), dovendosi invece ritenere che la
ratio della riforma ben possa trovare soddisfazione attraverso l’individuazione sufficientemente puntuale delle parti
della sentenza di primo grado che si intendono censurare, a cui far seguire non tanto la testuale indicazione della
motivazione che si vorrebbe sostituire a quella licenziata dal primo giudice, quanto piuttosto la soluzione alternativa
che al giudice di appello si intende proporre con l’impugnazione medesima.
 Altre Corti hanno correttamente rilevato come la norma debba essere interpretata in modo rigoroso non sotto
l’aspetto formale ma contenutistico, risultando quindi necessario che dalla lettura dell’atto sia possibile ricavare con
immediatezza quali siano le parti della sentenza che si vogliono modificare (facendo riferimento alla parte
motivazionale della sentenza), le specifiche ragioni in fatto e in diritto poste alla base di tale richiesta e il risultato
che l’appellante intende conseguire (App. Genova, 16/01/2013 e App. Bologna 1/10/2013)
 L’inammissibilità è dichiarata con sentenza (sebbene difetti
una previsione espressa)
Se difettando le
prescrizioni di
forma/contenuto di
cui al nuovo 342
c.p.c.?
 È impugnabile in cassazione per error in iudicando de iure
procedendi, ma solo per violazione dell’art. 342 c.p.c.,
quindi:
 l’esame della Cassazione sarà limitato alla verifica della corrispondenza
dell’atto d’appello con le prescrizioni dell’art. 342 c.p.c.
 Non sarà valutabile sotto il profilo dell’art. 348-bis c.p.c.
 Se la sentenza viene cassata:
 se sono necessari ulteriori accertamenti in fatto: rinvio alla stessa corte
d’appello
 Altrimenti emette pronuncia sostitutiva di merito ex art. 384, comma 2,
c.p.c.
Il nuovo «filtro» ex 348bis e 348-ter c.p.c.
348-bis Inammissibilità dell'appello
348-ter Pronuncia sull'inammissibilità dell'appello
1) All'udienza di cui all'articolo 350 il giudice, prima di
procedere alla trattazione, sentite le parti, dichiara
inammissibile l'appello, a norma dell'articolo 348-bis, primo
comma, con ordinanza succintamente motivata, anche
mediante il rinvio agli elementi di fatto riportati in uno o più atti
di causa e il riferimento a precedenti conformi. Il giudice
provvede sulle spese a norma dell'articolo 91.
2) L'ordinanza di inammissibilità è pronunciata solo quando sia
per l'impugnazione principale che per quella incidentale di cui
all'articolo 333 ricorrono i presupposti di cui al primo comma
dell'articolo 348-bis. In mancanza, il giudice procede alla
trattazione di tutte le impugnazioni comunque proposte contro
la sentenza.
3) Quando è pronunciata l'inammissibilità, contro il
provvedimento di primo grado può essere proposto, a norma
dell'articolo 360, ricorso per cassazione. In tal caso il termine
per il ricorso per cassazione avverso il provvedimento di primo
grado decorre dalla comunicazione o notificazione, se
anteriore, dell'ordinanza che dichiara l'inammissibilità. Si
applica l'articolo 327, in quanto compatibile.
4) Quando l'inammissibilità è fondata sulle stesse ragioni,
inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione
impugnata, il ricorso per cassazione di cui al comma precedente
può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui ai
numeri 1), 2), 3) e 4) del primo comma dell'articolo 360.
5) La disposizione di cui al quarto comma si applica, fuori dei
casi di cui all'articolo 348-bis, secondo comma, lettera a), anche
al ricorso per cassazione avverso la sentenza d'appello che
la decisione
primo grado.
Entrambi si applicano al processo del lavoroconferma
(art. 436-bis)
e a diquello
locatizio (447-bis)
1) Fuori dei casi in cui deve essere dichiarata con
sentenza
l'inammissibilità
o
l'improcedibilità
dell'appello, l'impugnazione è dichiarata inammissibile
dal giudice competente quando non ha una
ragionevole probabilità di essere accolta.
2) Il primo comma non si applica quando:
a) l'appello è proposto relativamente a una delle cause
di cui all'articolo 70, primo comma;
b) l'appello è proposto a norma dell'articolo 702quater.
Opera sia per le impugnazioni innanzi alla Corte d’Appello sia innanzi al Tribunale (monocratico)
 Finalità
Assicurare tempi di risposta della giustizia più rapidi e quindi il rispetto del termine di 2 anni ritenuto ragionevole
per la durata dell’appello
 Osservazioni preliminari
i.
La novella «pecca» sin dalla sua rubrica, perché parla di inammissibilità quando, invece, il difetto non attiene
affatto all’invalidità dell’atto d’appello rispetto al modello legale, ma attiene ad un giudizio «differenziale probabilistico» che consente al Secondo Giudice di entrare nel merito «quel tanto che basta» per spogliarsi
della causa in limine litis (è più simile, come struttura, alle ipotesi di inammissibilità ex 360-bis c.p.c. del ricorso
in Cassazione)
ii.
Attenzione: l’ordinanza fondata sul 348-bis in quanto fondata su di una «valutazione prognostica» di
infondatezza nel merito, non è una decisione in rito, ma è una decisione che respinge nel merito l’appello
proposto (sul punto concordano App. Roma 23/01/2013 e 30/01/2013, App. Milano 8/02/2013 e 6/03/2013 e
App. Napoli 30/01/2013)
iii.
Si tratta, secondo la più parte dei commentatori, di una vera e propria «clausola aperta» offerta al giudice
dell’impugnazione, che espone la norma a un possibile contrasto con i principi sanciti dalle pronunce della
CEDU, ai sensi della quale una volta concesso il grado di impugnazione l’accesso allo stesso non può dal
legislatore essere precluso in forza di valutazioni eccessivamente discrezionali
iv.
La «non ragionevole probabilità di essere accolto» è un parametro non preciso e non circostanziato – l’art. 522
del ZPO tedesco, dal quale la norma è chiaramente mutuata, è più preciso e stringente in quanto parla di
«manifesta carenza di qualsivoglia prospettiva di successo»
 Non si applica il «filtro»:
 Cause in cui è necessario l’intervento del PM (art. 70, c. 1, c.p.c.)
 Appello avverso l’ordinanza a definizione del sommario di cognizione (ex art. 702-quater); la scelta è legata
alla necessità di recuperare in appello la «deformalizzazione» istruttoria; la scelta, finalizzata a incentivare
l’utilizzo di tale rito (solo il 4%), appare però in contrasto con la nuova formulazione dell’art. 702-quater
(attuata sempre col D.L. 83/2012) che è passato dall’ammettere le prove non più se «rilevanti», ma solo se
«indispensabili» (La scelta appare però illusoria, in quanto si rischia di produrre l’effetto opposto: se
ritengo di avere ragione, potrei infatti preferire il rito ordinario, così imponendo di fatto alla controparte il
filtro avverso la sentenza a me favorevole).
 Giudizio tributario
 Altri casi in cui va dichiarata l’inammissibilità o l’improcedibilità con sentenza (ex art. 342 c.p.c.)
 Ipotesi espressamente escluse ex lege (es. artt. 14-30 del D.lgs. 150/2011 sulla semplificazione dei riti, in
cui, in talune ipotesi, l’appello stesso è espressamente escluso provvedendosi in unico grado)
 Quando opera il «filtro»:




Alla prima udienza (350 o 437), prima della trattazione;
rilevabilità d’ufficio (App. Milano, 19/02/2013 e 12/02/2013)
Si applica sia all’appello principale sia all’appello incidentale (v. oltre)
Il rischio pratico è che una ulteriore valutazione implichi un ulteriore dispendio di energie per i giudicanti: è
impraticabile (ed infatti osteggiata sia dal foto di Torino, relazione Barbuto 2012, che da quello di Milano)
la soluzione di fissare una pre-udienza;
 Il giudizio può quindi essere incentrato esclusivamente alla prima udienza ex art. 350, eventualmente
facendo luogo ad una udienza pre-camerale per la valutazione delle sole cause «passibili di
inammissibilità»
 Rapporto con la pronuncia sull’inibitoria ex art. 351 c. 1 – sono entrambe questioni preliminari
La decisione sull’istanza 283 dovrebbe precedere una pronuncia ex art. 348-ter: se accolta, tendenzialmente
esclude la pronunzia di inammissibilità; se respinta, può essere il preludio ad una pronunzia di inammissibilità,
anche se, però, potrebbe riconnettersi a ragioni attinenti al periculum, e non alla fondatezza.
Altre Corti invertono l’ordine, ritenendo preventiva la valutazione di inammissibilità in quanto «La ritenuta
inammissibilità dell’appello ex art. 348 bis c.p.c. riesce assorbente della richiesta sospensiva della sentenza di
prime cure, per insussistenza del fumus» (App. Milano, I, 26/02/2013)
Cosa accade in caso di anticipazione della decisione sulla sospensiva ex 351 c. 2 e 3? Tendenzialmente non
sarebbe conforme al dettato normativo anticipare all’udienza di 351 c. 2 la decisione sull’ammissibilità ex 348bis; è ben possibile, infatti, che le difese dell’appellato possano in tale sede essere limitate al profilo
dell’inibitoria, atteso che medio tempore potrebbe ancora essere proposto appello incidentale.
 Forma del provvedimento
 Ordinanza succintamente motivata (effettiva e non tautologica – Cass. Civ. S.U. 6538/2010)
 Motivazione
 a) mediante rinvio agli elementi di fatto riportati in uno o più atti di causa
 b) mediante riferimento a precedenti conformi
348-bis Individua i presupposti per l’applicazione del filtro:
1) Non deve trattarsi di ipotesi esclusa;
2) L’appello non deve avere una ragionevole probabilità di essere accolto
A quale concetto è assimilabile?
Diversi orientamenti sul modo di intendere il «filtro»
)Tesi dei due terzi (non applicabile alle ipotesi di composizione monocratica)
)Della ragionevolezza (concetto «evanescente»)
)Della probabilità giurisprudenziale
 Ragionevole probabilità intesa nel senso di «probabilità giurisprudenziale», ossia ritenere l’appello ammissibile qualora sussistano dei
precedenti a sostegno di almeno uno dei motivi di gravame (in quale percentuale? E se sussiste un contrasto?) facendo riferimento
all’esistenza di un complessivo uniforme quadro giurisprudenziale (App. Vasto 20/02/2013).
 Secondo altre Corti, sarebbe sufficiente addirittura richiamarsi sinteticamente a «casi analoghi dalla stessa già decisi», con applicazione
soprattutto alle fattispecie «seriali» (App. Palermo, 15/04/2013). Altre Corti non ritengono sufficienti il mero e sintetico richiamo, ma
richiedono 1) l’indicazione del principio di diritto applicato, 2) il riferimento ai precedenti appelli già respinti sul punto e 3) la necessità di
integrare il provvedimento con richiami alla giurisprudenza di legittimità e comunitaria (App. Torino, sez. lav., 30/05/2013 e 27/06/2013)
)Del fumus boni iuris
 Il concetto di ragionevole probabilità deve essere associato al concetto di fumus boni iuris che sottende alla valutazione del 351 c.p.c.,
sicchè il Secondo Giudice, all’esito di una valutazione sommaria (ossia allo stato delle produzioni documentali) valuta se sussista almeno
una sola probabilità di accoglimento (Linee Guida Sperimentali della Corte d’Appello di Milano; contra Linee Guida della Corte d’Appello
di Napoli); altre Corti ritengono che sia necessario qualcosa di più del semplice fumus boni iuris cautelare (App. Catania, 18/02/2013)
 La valutazione viene quindi compiuta facendo affidamento all’apparenza del diritto; altrimenti, secondo la Corte ambrosiana, ove si
intenda procedere con una valutazione più approfondita lo strumento sarebbe quello dell’art.281-sexies (sentenza con motivazione
concisa)
)Della manifesta infondatezza dell’impugnazione
 Il concetto di ragionevole probabilità di infondatezza coincide con quello di manifesta infondatezza; l’appello non ha ragionevole
probabilità di accoglimento quando è prima facie infondato, così palesemente infondato da non meritare che siano ad esso dedicate
risorse del sistema giudiziario (App. Roma, 25/01/2013, App. Reggio Calabria 28/02/2013, App. Bari, 11/04/2013 e 22/03/2013, ma
anche App. Milano, 14/02/ 2013)
 La valutazione viene compiuta sulla base di un esame approfondito delle intere risultanze istruttorie di Primo Grado, ed è quindi un
giudizio a cognizione piena (App. Roma, 30/01/2014 e 23/11/2013)
Casistica sulla nozione di ragionevole probabilità
 App. Milano, I, 25/06/2013: «Ritiene la Corte di dovere preliminarmente valutare l’ammissibilità dell’appello
ai sensi dell’art. 348 bis cpc, ritenendo che […] debba essere rilasciata una prognosi sfavorevole sulle
probabilità di successo della presente impugnazione. 6. Tale giudizio sfavorevole, ovviamente, non deriva da
un esame sommario delle ragioni in fatto e in diritto della decisione relativamente alle singole parti
impugnate, dovendosi ritenere che, per il rispetto dei principi regolatori del giusto processo, la Corte possa
approdare a una pronuncia d’inammissibilità solo quando i) non vi siano ragioni per dovere interpretare
diversamente i fatti di causa o per ammettere istanze istruttorie escluse dal giudice di primo grado, ii) il
provvedimento impugnato abbia deciso le questioni di diritto in modo conforme a un sedimentato indirizzo
giurisprudenziale e iii) l’esame dei motivi d’appello non offra elementi per mutare detto orientamento»
(idem App. Milano, III, 16/04/2013 e App. Milano, I, 19/02/2013 e 12/02/2013).
 App. Milano, I, 25/06/2013: «ritenuto, sul punto, che la “non ragionevole probabilità di accoglimento” non
debba essere interpretata in senso statisticamente probabilistico, cioè mediante l’individuazione di una
percentuale soglia al di sotto della quale l’accoglimento del gravame può considerarsi “improbabile”, ma, al
contrario, valutata secondo criteri il più possibile oggettivi, segnatamente rinvenibili in quella “manifesta
infondatezza” tedesca, declinata in termini di “eclatante infondatezza”, ricorrendo la quale la prognosi di
insuccesso ne costituirà la naturale – ed inevitabile – conseguenza; ritenuto, dunque, che il richiamo
probabilistico, pur presente nella disposizione normativa, debba intendersi riferito non già ai contenuti
dell’appello, ma alla decisione finale che non verrà resa (perché il filtro la impedirà); che, in altri termini, se il
Collegio chiamato a pronunciarsi sulla inammissibilità ex art. 348 bis c.p.c., sarà certo – e deve esserlo – della
infondatezza del gravame, sarà assai improbabile che lo stesso possa essere accolto da qualunque altro
collegio giudicante (in questo si esplica la selezione prospettica fondata sulla “non ragionevole probabilità di
accoglimento”, posto che nessun collegio che pronuncia l’inammissibilità potrà mai essere “certo” di come
avrebbe potuto decidere un altro Collegio – in diversa composizione – se fosse stato chiamato a pronunciarsi
sulla medesima causa.); ritenuto pertanto, in tale prospettiva, che la infondatezza del gravame debba essere
immediatamente percepibile, prima facie, dall’esame dei motivi di impugnazione in rapporto alla pronuncia
di primo grado, laddove, nei casi in cui residui un margine, anche modesto, di dubbio, foriero di una
possibile riforma della decisione impugnata, l’appello dovrà proseguire secondo il suo ordinario iter;»
 App. Milano, IV, 28/02/2013: «rilevato che, ad avviso della Corte, la previsione contenuta nell’articolo
348 bis c.p.c., secondo la quale “l’impugnazione è dichiarata inammissibile…quando non ha una
ragionevole probabilità di essere accolta”, deve interpretarsi nel senso che la declaratoria di
inammissibilità dell’appello va emessa ogni qual volta l’impugnazione appaia prima facie oggettivamente
infondata così da risultare giustificato, non ricorrendo neppure “una” probabilità che l’appello sia
accolto, l’immediato arresto del giudizio» (idem App. Milano, IV, 21/02/2013 e 7/02/2013)
 App. Bari, 18 febbraio 2013: «a) la ragionevole probabilità di rigetto dell'appello si configura, in primo
luogo, nella ipotesi in cui la impugnazione risulti manifestamente infondata, per ragioni di rito o di
merito, in guisa da consentire un giudizio di sostanziale certezza in ordine all’esito negativo del gravame;
b) per converso, non è sufficiente la mera probabilità del rigetto della impugnazione, intesa come una
eventualità che, oltre a rientrare nel novero di quelle possibili, sia anche di facile accadimento e quindi
probabile; c) la probabilità di rigetto dell’appello deve invece presentarsi come ragionevole, nel senso che
l’esito negativo venga a configurarsi, a seguito dello scrutinio, come la soluzione altamente probabile nel
novero delle possibili alternative, e quindi come una probabilità di massimo grado, per la quale la
eventualità di smentita risulti assai difficile, esile o rara; d) pertanto non è consentita la prognosi infausta
in presenza di meri dubbi o incertezze in ordine al gravame considerato nel complesso o nei singoli profili;
e) il requisito può invece considerarsi sussistente, sì da giustificare la dichiarazione di inammissibilità,
allorquando, alla stregua delle risultanze acquisite e delle preclusioni maturate, ed in conformità degli
indirizzi giurisprudenziali consolidati o anche soltanto maggioritari nella materia, appaia altamente
probabile che i motivi dedotti non possano trovare accoglimento sulla base di una diversa valutazione dei
fatti o di una differente opzione interpretativa o di un divergente esercizio della discrezionalità ove
consentita»
Casistica di inammissibilità dell’appello ex 348-bis fondata su questioni preliminari
 Quando la decisione del Primo Giudice si sia fondata sulla rilevata tardività:
• della notificazione dell’opposizione a decreto ingiuntivo (App. Milano, I, 19/02/2013)
• della domanda riconvenzionale formulata in primo grado (App. Milano, I, 26/02/2013)
• dell’eccezione di nullità per difetto di forma scritta sollevata solamente in conclusionale (App. Milano, I
26/02/2013)
• nel contestare un fatto non contestato in Primo Grado (App. Napoli, 30/01/2013)
• nella costituzione in giudizio, con conseguente preclusione/decadenza dalla possibilità di formulare
richieste istruttorie (App. Torino, Lav., 13/05/2014)
 Quando la decisione debba fondarsi su questioni pregiudiziali:
• carenza di legittimazione ad agire, in difetto di prospettazione da parte dell’appellante di diversa soluzione
(App. Milano, 11/02/2013)
• questione pregiudiziale sulla quale si è formato il giudicato esterno già durante il primo grado di giudizio
(App. Torino, IV, 1/10/2013)
 Quando debba essere rilevata la nullità dell’eccezione ex 345 c. 2) (App. Milano, I, 19/02/2013)
 Quando, avendo il primo giudice correttamente ritenuto fondata l’eccezione di prescrizione, venga ritenuta
inammissibile l’acquisizione, in sede di gravame, di documenti idonei a provare l’interruzione (App. Milano,
IV, 7 e 14/02/2013)
 Quando sia stata dichiarata, nel corso del primo giudizio, un’intervenuta decadenza dalle istanze istruttorie,
respinte e non reiterate all’udienza di precisazione delle conclusioni, ciò rendendo preclusa a priori per il
collegio di addivenire ad una riforma (App. Milano, 8/02/2013)
Casistica di inammissibilità dell’appello ex 348-bis fondata su questioni di contenuto
 Quando la ricostruzione in fatto prospettata dall’appellante sia palesemente smentita dall’attività
istruttoria espletata (App. Bologna, 21/01/2013, App. Roma, 30/01/2013, App. Milano, 4/03/2013, App.
Reggio Calabria, 11/3/2013, App. Napoli, 24/4/2013) o comunque detta attività e le risultanze non siano
comunque suscettibili di valutazione diversa rispetto a quella operata dal Primo Giudice (App. Milano,
11/3/2013)
 Quando le censure mosse dall’appellante non abbiano rilievo in relazione ai capi della sentenza
impugnata (richiamo al 342 sulla necessità di censurare i singoli capi della sentenza, specie se
autonomamente idonei a supportare la decisione) e comunque ove non siano idonei ad infirmare il
ragionamento logico seguito dal Primo Giudice (App. Milano, 27/02/2013 e 1/3/2013, App. Torino, IV,
17/01/2013 e 31/01/2013, App. Vasto, 20/02/2013)
 Quando, nel censurare l’appellante il raggiungimento della prova, risulti che il Primo Giudice ha
correttamente individuato e ripartito l’onere della prova gravante su ciascuna parte e correttamente
valutato le prove (App. Napoli, 3/12/2013 e App. Torino, IV, 17/01/2013)
 Quando l’appellante abbia censurato il deciso del primo giudice di non ammettere prove perché affette da
nullità (querela di falso) o perché inidonee ad invertire le presunzioni a sfavore dell’appellante, sulle quali
il giudice ha fondato la decisione (App. Milano, 21/02/2013 e 4/03/2013)
 Quando le tesi dell’appellante siano contrastanti con pacifici orientamenti giurisprudenziali (App. Milano,
4/03/2013) oppure nel caso in cui la Sentenza di primo grado sia fondata su di una giurisprudenza
consolidata (App. Milano, I, 19/02/2013)
L’ordinanza ex 348-ter è impugnabile?
Esiste già un contrasto in seno alla stessa sezione della Corte di Cassazione (sez. VI)
FAVOREVOLE (con dei limiti)
Cass. Civ. Sez. VI, Ord., 7273/2014
Afferma che l’ordinanza di inammissibilità è pronunciata se ricorrono 2 presupposti:
Presupposto negativo: fuori dai casi in cui deve essere dichiarata con sentenza
l’inammissibilità o l’improcedibilità dell’appello
Presupposto positivo: quando non ha una ragionevole probabilità di accoglimento
Se l’ordinanza è pronunciata entro il suo ambito applicativo proprio, non c’è spazio per
un’autonoma ricorribilità in Cassazione, nemmeno ai sensi dell’art. 111 comma VII Cost.,
perché l’ordinanza difetta del carattere di definitività, essendo esperibile il rimedio dell’art. 348ter c. 3 contro la sentenza di Primo Grado
Invece, se l’ordinanza è stata (erroneamente) pronunciata al fine di decidere una questione
propriamente attinente al mezzo di impugnazione, ossia per dichiarare una inammissibilità per
ragioni processuali (ad esempio ex art. 342) essa è impugnabile con autonomo ricorso in
cassazione in quanto:
a) In questo caso ricorre il carattere di definitività perché l’error in procedendo non può
essere fatto valere con il ricorso in cassazione avverso la pronuncia di Primo Grado;
b) L’ordinanza pronunciata erroneamente dove sarebbe stato necessario pronunciarsi con
sentenza ex art. 342 è, in ragione del suo contenuto effettivo, una sentenza in senso
sostanziale (S.U. 16727/2012 sull’individuazione del mezzo d’impugnazione esperibile)
CONTRARIA
Cass. Civ. Sez. VI, Ord., 8940, 8941, 8942 e 8943/2014
Esclude la ricorribilità in cassazione contro l’ordinanza ex art. 348-ter sia quando è stata emessa
in una ipotesi consentita (il gravame non ha una ragionevole probabilità di esser accolto), sia nei
casi in cui l’ordinamento non ne consentirebbe l’emissione (es. 348-bis c. 2, casi sottratti al filtro;
348-ter c. 2, quando per l’appello principale o incidentale non ricorre il presupposto ex 348-bis).
Dice addirittura espressamente che la declaratoria di inammissibilità ex art. 348-bis sarebbe
possibile anche nel caso in cui l’appello sia irrispettoso dell’art. 342!
In entrambi i casi, sarebbe possibile solo l’impugnazione della Sentenza di Primo grado
attraverso l’art. 348-ter c. 3, che sarebbe quindi strumento esperibile anche:
 per violazione dell’art. 342
 nelle ipotesi di manifesta decorrenza dei termini ex 325 e 327
 addirittura nelle ipotesi di semplice improcedibilità dell’appello
In queste pronunce la Suprema Corte opera una lettura diversa dell’inciso «fuori dai casi in cui
deve essere dichiarata con sentenza l’inammissibilità o l’improcedibilità dell’appello» di cui
all’art. 348-bis: esso si riferirebbe solo alle ipotesi in cui il giudice abbia deciso di dar corso alla
trattazione, non rilevando la mancanza di ragionevole probabilità di accoglimento in limine litis.
Il presupposto è che oggetto del giudizio di manifesta inammissibilità non sarebbe il merito
(contrariamente a quanto afferma Cass. Civ. 7273/2014), bensì solo il diritto processuale della
parte ad accedere al giudizio di revisione.
L’orientamento favorevole (che fornisce forse una lettura più «naturale» della norma),
parrebbe essere confortato da successiva pronuncia della Cassazione (Cass. Civ., Sez.
VI, 23/06/2014 n. 14182) la quale afferma che il nuovo filtro in appello attiene ad un
giudizio di intensità sulla probabilità di accoglimento dell’impugnazione.
Quindi, tutto ciò che attiene:
 alla gradazione di questa intensità
 alla completezza della motivazione dell’ordinanza
 una pronuncia di completezza sulle ragioni poste a sostegno dell’appello
implicherebbe una valutazione su questioni di merito, che non nono ammissibili in
sede di legittimità.
Pertanto, nei casi in cui il Giudice d’Appello abbia motivato nel senso di ritenere non
meritevole di una ragionevole probabilità di accoglimento, non è esperibile un ricorso
diretto in quanto ciò involverebbe necessariamente la valutazione di questioni di
merito, che non sono ammissibili in sede di legittimità
non a caso la novella legislativa ha introdotto un mezzo d’impugnazione tipico e ad hoc
per questi casi, ossia il 348-ter c. 3.
Il contrasto tra le pronunce si incentra sulla questione della natura definitiva o meno dell’ordinanza ex
art. 348-ter
La relazione alla riforma contiene un passaggio in cui il legislatore afferma che il ricorso in Cassazione
avverso la sentenza di Primo Grado ai sensi dell’art. 348-ter c. 3 «assorbe ogni tutela costituzionalmente
necessaria».
Ma è realmente così?
Il ricorso per saltum disciplinato dall’art. 348-ter c. 3 è sufficiente come rimedio a salvaguardare il diritto
alla difesa della parte il cui appello sia stato dichiarato inammissibile? Secondo Cass. 7273/2014 no, in
quanto:
a. Il ricorso ex 348-ter c. 3 soggiace comunque ai limiti dell’art. 360 c.p.c. e, quindi, la parte potrà far
valere solo i vizi che rientrano nei limiti del 360, non anche quei motivi di appello «non convertibili»
in uno dei motivi di ricorso in Cassazione (al riguardo è poco ipotizzabile un «ridimensionamento»
come sostenuto da Cass. 8940-43/2014);
b. La sindacabilità in Cassazione della Sentenza di Primo Grado per vizio di motivazione ex c. 5 dell’art.
360 c.p.c. è esclusa ai sensi dell’art. 348-ter c. 4 nel caso in cui l’inammissibilità si fondi sulle
medesime ragioni di fatto poste a base della decisione impugnata; ne consegue che in questi casi il
ricorso in Cassazione potrebbe essere proponibile solo per i motivi ex art. 360 n. 1, 2, 3 e 4; vero è
che lo stesso principio di applica – ex art. 348-ter c. 5 – anche al ricorso in cassazione avverso la
sentenza d’appello, ma è evidente che nel primo caso la valutazione del giudice è pur sempre
prognostica, e non assunta all’esito di un giudizio ordinario (tale soluzione normativa pone dei dubbi
di costituzionalità ex art. 3 Cost., in quanto la medesima soluzione normativa viene applicata a
situazioni diverse)
c.
Il rimedio ex art. 348-ter c. 3 non tutela affatto l’appellante in termini di controllo sull’operato del
giudice d’appello nel pronunciare l’ordinanza: si può infatti censurare la Sentenza di Primo Grado,
mentre l’art. 348-ter c. 3 non consente di eliminare eventuali vizi dell’ordinanza di inammissibilità
Quindi: come dedurre i vizi dell’appello e dell’ordinanza conclusiva?
a) Certezza: impossibilità di censurare, in Cassazione, la valutazione del Giudice circa la «non
ragionevole probabilità di accoglimento»; il solo rimedio è quello dell’art. 348-ter c. 3 avverso
la sentenza di Primo Grado
b) Ove, però, il vizio denunciato sia attinente a vizi propri dell’ordinanza, in quanto emessa oltre i
limiti propri, si assiste ad un contrasto nella giurisprudenza (e negli interpreti):
 Secondo Cass. 7273/2014 - dovrebbe essere ammessa la sua AUTONOMA ricorribilità
 Secondo Cass. 8940-8943/2014 anche tali vizi sarebbero deducibili solo col ricorso dell’art.
348-ter c. 3; questa interpretazione sarebbe anche coerente al contenuto nella Relazione alla
riforma che espressamente rimette al giudizio di Cassazione il potere di «rilevare…nullità
inerenti al procedimento d’appello»
È possibile impugnare con il ricorso in Cassazione ex art. 348-ter c. 3 parti della sentenza di primo
grado in precedenza non impugnate o denunziare vizi non sollevati con l’atto d’appello?
)Tendenzialmente NO, anche se la legge 134/2012 di conversione del D.L. 83/2012 ha eliminato
dal 348-ter c. 3 l’inciso «nei limiti specifici esposti con l’atto d’appello»; ciò in quanto: i) sarebbe
una sorta di rimessione in termini non codificata e ii) andrebbe in controtendenza rispetto al
principio di progressiva riduzione dell’oggetto della contesa (analogamente al 342)
)Secondo altri, invece, ritengono che nel ricorso in Cassazione ben si potrebbero sollevare
errores in iudicando e in procedendo nuovi rispetto a quelli già dedotti nel giudizio di secondo
grado conclusosi con l’ordinanza di inammissibilità
Cosa accade se la Cassazione accoglie il ricorso?
 Si applica l’art. 383, c. 4, rinnovellato: se la Cassazione accoglie il ricorso per motivi diversi dal
382 (questioni di giurisdizione e di competenza), rinvia la causa al giudice che avrebbe dovuto
pronunciare sull’appello, secondo le disposizioni del giudizio di rinvio.
Criticità: il giudizio di rinvio, a seguito dell’annullamento della Sentenza di Primo Grado, ha una
struttura d fatto «chiusa», in quanto non consente la celebrazione completa del giudizio d’appello
negato ma potrebbe limitarsi solo ad alcuni aspetti oggetto del giudizio di rinvio da parte della
Cassazione
 Sembrerebbe comunque possibile esperire la revocazione ordinaria (ex artt. 395, nn. 4 e 5)
direttamente avverso l’ordinanza ex art. 348-ter c.p.c. (necessità di raccordo con la pronuncia
della Cassazione all’esito del ricorso avverso la Sentenza di Primo Grado), così come quella
straordinaria (ex artt. 395, nn. 1, 2, 3 e 6) avverso la Sentenza di Primo Grado, eventualmente in
parallelo al ricorso in Cassazione avverso la medesima.
348-ter individua le modalità concrete di funzionamento del «filtro»
Comma 1
 Decisione deve essere assunta necessariamente alla prima udienza
 Prima di procedere alla trattazione e dopo le verifiche preliminari del 350 c. 2 e 3; tale soluzione appare
coerente con il 348-ter c. 2 che, nel prevedere la dichiarazione di inammissibilità dell’appello incidentale,
presuppone necessariamente un esame unitario delle impugnazioni avverso la medesima sentenza (deve
essere consentita all’appellato o a litisconsorte pretermesso la possibilità di proporre impugnazione
incidentale) – è quindi pensabile che la pronuncia sia preceduta dai provvedimenti ex 291 e 231, così come un
eventuale provvedimento di riunione ex 335 in caso di più appelli (in forma principale) contro la medesima
sentenza
 Impedisce che la pronuncia sia resa, re melius perpensa, in un momento successivo a trattazione già iniziata e
a fortiori dopo l’ammissione di prove nuove o la rinnovazione o ancora dopo la precisazione delle conclusioni
 Necessità di integrazione del contraddittorio sulla questione della inammissibilità ex art.
348-bis
 Alla prima udienza il Secondo Giudice si trova di fronte ad una alternativa
 Definire il giudizio, qualora ritenga la causa matura per la decisione, con sentenza succintamente motivata ex
281-sexies che i) si sostituisce alla Sentenza impugnata ed è ii) pacificamente ricorribile in Cassazione
 Definire il giudizio con ordinanza ex art. 348-ter che lascia in vita la Sentenza impugnata e la rende ricorribile
in Cassazione; in tal caso, se conferma il giudizio di fatto del Primo Giudice, impedisce altresì il controllo (il
Cassazione) sulla motivazione della sentenza di primo grado, in ragione del meccanismo della doppia
conforme di cui all’art. 348-ter c. 4
 Ordinanza succintamente motivata
 Provvede sulle spese
Comma 2
 La pronuncia può essere resa solo quando è idonea a definire il giudizio; militano in
tal senso:
 l’obbligo di pronuncia sulle spese ex art. 91
 L’art. 348-ter c. 2, ai sensi del quale si può procedere alla pronuncia di inammissibilità solo quando sia
l’appello principale che quello incidentale non abbiano ragionevole probabilità di accoglimento;
 Si applica anche alle incidentali tardive? Seguendo il dettato dell’art. 334, c.2, l’incidentale tardiva
dovrebbe essere travolta dalla declaratoria di inammissibilità dell’appello principale (in questo senso
anche la relazione illustrativa). Tuttavia, in considerazione del fatto che l’ordinanza ex 348-ter si pronuncia
nel merito, appare forse più logico ritenere non applicabile l’art. 334, c. 2, anche nella prospettiva di favor
verso le incidentali tardive recentemente ribadito da Cass. Civ. S.U., 8925/2011. In conclusione: il giudice
pronuncerà ordinanza di inammissibilità ex 348-ter soltanto quando tutte le impugnazioni – principali e
incidentali, tempestive e tardive – non abbiano ragionevole probabilità di accoglimento; altrimenti deve
procedere all’esame di tutte.
 Questione della soccombenza teorica: fenomeno in virtù del quale una parte, pur essendo visto risolte in
senso a sé sfavorevole una o più questioni, sia alla fine risultata vincitrice nel merito. Secondo l’ultimo
revirement di Cass. Civ. S.U. 25246/2008 al fine di ottenere un il riesame da parte del Giudice dell’Appello
su un’eccezione decisa negativamente dal Primo Giudice non è sufficiente la mera riproposizione ex art.
346, ma è necessaria la proposizione di un’impugnazione incidentale da parte dell’appellato. L’effetto,
non auspicabile, è che la proposizione dell’appello incidentale da parte dell’appellato, se autonomamente
dotato di ragionevole probabilità di accoglimento, possa impedire la declaratoria di inammissibilità
dell’appello incidentale. Suggerimento: proporre una impugnazione incidentale condizionata alla
delibazione di fondatezza dell’appello principale.
Comma 3
Introduce la possibilità, in caso di dichiarazione di inammissibilità dell’appello, di
ricorrere in Cassazione ai sensi dell’art. 360 avverso la Sentenza di Primo Grado. La
norma pone alcune criticità:

Come visto, nel ricorso verso la sentenza di Primo Grado sembrerebbe essere preclusa la possibilità di far
valere le nullità relative al procedimento d’appello o all’ordinanza (non posso ad esempio censurare la
liquidazione delle spese contenute nell’ordinanza)
 Nella conversione del D.L. viene eliminato dall’art. 348-ter c. 3 l’inciso «nei limiti dei motivi specifici proposti
nell’atto d’appello»; tuttavia è da ritenersi che operi comunque il principio della consumazione del mezzo di
impugnazione rispetto a quelle statuizioni della sentenza di Primo Grado che non siano state censurate con
specifico motivo d’appello
 Tempistiche per il ricorso ex 348-ter c. 3; il termine decorre dalla comunicazione o dalla notificazione (se
anteriore) dell’ordinanza; la norma dice che si applica il 327 «in quanto compatibile». La norma, sebbene
poco chiara, sembra voler dire che:
a) se l’ordinanza viene notificata, decorre il termine «breve» di 60 giorni di cui all’art. 325 c. 1
b) se l’ordinanza viene comunicata, si apre un’alternativa:
se la comunicazione avviene prima della scadenza del termine semestrale dal suo deposito – opera il
termine «lungo » di 6 mesi
se (con evidente patologia di sistema) la comunicazione avviene dopo la scadenza del termine
semestrale dal suo deposito, da tale comunicazione decorre il termine «breve» di 60 giorni per il ricorso
Comma 4
 Introduce il meccanismo del «doppio conforme»
 Nel caso in cui l’ordinanza di inammissibilità sia fondata sulle stesse ragioni inerenti alle varie questioni di
fatto poste a base della decisione impugnata, non è possibile esperire ricorso in cassazione deducendo il
vizio motivatorio di cui all’art. 360 n. 5 «per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato
oggetto di discussione tra le parti», come anch’esso recentemente rinovellato dalla L. 134/2012 (prima:
«Omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio»),
modifica, le cui ripercussioni meriterebbero un discorso a parte, atteso che la nuova norma ha di fatto
eliminato il sindacato sulla motivazione, incentrandolo esclusivamente sul mancato esame di un fatto.
 Meccanismo analogo è previsto anche al comma 5, nel caso in cui la sentenza d’appello (escludendosi
quindi che il giudizio si sia arrestato ad una pronuncia di inammissibilità ex 348-bis) abbia confermato la
sentenza di Primo Grado fondando la decisione «sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste
a base della decisione impugnata»
 Potrebbe emergere un contrasto con l’art. 24 Cost. perché con esso vengono assimilate nella disciplina
situazioni apparentemente differenti: c. 4 ordinanza assunta all’esito di un giudizio, volente o nolente,
sommario; c. 5 sentenza, assunta all’esito di un giudizio ordinario a cognizione piena).
 Con riferimento ad entrambe le situazioni (commi 4 e 5) si pone un problema: è proprio necessario che il
percorso logico-ricostruttivo della quaestio facti sia il medesimo? O è sufficiente che il risultato decisorio
sia il medesimo (verificabile, con maggiore semplicità, dal dispositivo)? Il problema con riferimento
all’ordinanza potrebbe essere superato attraverso una sorta di mera convalida della ricostruzione in fatto
operata dal primo giudice.
 Il problema si pone invece con particolare riguardo al comma 5, in quanto ipotizzando che la sentenza
giunga ad un medesimo esito decisorio, ma attraverso un iter logico-giuridico diverso, la motivazione
della sentenza d’appello non sarebbe allora una conferma in secondo grado di quella data dal primo
giudice, ma risulterebbe nuova e mai da altri vagliata. In tal modo perdendo, nella sostanza, il
fondamento della conformità delle motivazioni che è stato introdotto dal legislatore.
Quale rapporto tra il 342 e il 348-bis?
Le due norme sono senz’altro correlate nell’ottica della ragionevole durata del processo
consacrata dall’art. 111 Cost.
Ci si domanda: se un appello è del tutto inammissibile per ragioni di forma ovvero ancora
contenga taluni motivi inammissibili ed altri ancora assolutamente infondati nel merito, è da
privilegiare lo strumento dell’ordinanza ex 348-ter o, invece, la sentenza ex art. 342?
Dalla lettura coordinata delle norme, pare evincersi che il legislatore abbia privilegiato la
pronuncia di sentenza ex 342: l’art. 348-bis c. 1 stabilisce infatti che «Fuori dai casi in cui deve
essere dichiarata con sentenza l’inammissibilità o l’improcedibilità dell’appello», in tal modo
confermando che l’ordinanza-filtro debba trovare spazio solo laddove non vi siano gli estremi per
una pronuncia di inammissibilità stricto sensu intesa (o di improcedibilità).
Inoltre, dal momento che la formula fondata sulla non ragionevole probabilità di accoglimento
implica, necessariamente, un controllo nel merito da parte del giudice dell’appello, è giocoforza
che a tale valutazione si potrà accedere solo una volta superato il filtro processuale di forma
statuito dal 342.
Rispetto alle posizioni espresse dalla Cassazione, appare quindi più «coerente» con il sistema
quello delineato da Cass. Civ. Sez. VI, Ord., 7273/2014 nella parte in cui esclude dall’ambito di
applicazione del filtro 348-bis le ipotesi di inammissibilità o improcedibilità in senso tecnico; in
queste ipotesi, infatti, in caso di accoglimento da parte della Cassazione del ricorso avverso la
sentenza ex 342 la causa verrebbe rinviata al Giudice dell’Appello affinché proceda all’esame nel
merito dell’impugnazione, e quindi anche con riferimento al filtro ex 348-bis – non è quindi
escluso che possa dichiararla inammissibile (nuovamente) ma sotto il diverso profilo della non
ragionevole probabilità di accoglimento.