G It Diabetol Metab 2014;34:139-146 Rassegna Nutrizione e diabete: punti fermi e spunti di riflessione RIASSUNTO M. Tommasi1, P. Bruzzi2, L. Iughetti2, C. Maffeis1 1 UOC Diabetologia, Nutrizione Clinica e Obesità in Età Pediatrica, ULSS 20 e Università di Verona, Verona; 2 Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche Materno-Infantile e dell’Adulto, Università di Modena e Reggio Emilia, Modena Corrispondenza: prof. Claudio Maffeis, UOC Diabetologia, Nutrizione Clinica e Obesità in Età Pediatrica, ULSS 20 e Università di Verona, via Bengasi 4, 37134 Verona G It Diabetol Metab 2014;34:139-146 Pervenuto in Redazione il 14-07-2014 Accettato per la pubblicazione il 01-08-2014 Parole chiave: bambino, diabete di tipo 1, nutrizione, conta dei carboidrati Key words: child, type 1 diabetes, nutrition, carbohydrate counting La terapia nutrizionale è una componente fondamentale nella gestione del diabete dei bambini e degli adolescenti. Sia l’ISPAD sia l’ADA riconoscono l’importanza della nutrizione come componente essenziale di uno stile di vita salutare nel paziente con diabete. L’aderenza alla dieta è comunque uno degli aspetti più difficili per molti pazienti, soprattutto adolescenti. Per essere efficace quindi la terapia nutrizionale deve essere personalizzata in ogni sua fase e deve tenere conto delle esigenze personali, la disponibilità ai cambiamenti, i target metabolici, l’attività fisica e lo stile di vita. Inoltre il programma di educazione alimentare deve concordare con il livello cognitivo del bambino e della famiglia, e deve essere adattato alla loro capacità di apprendimento. Mentre gli obiettivi della terapia nutrizionale sono stati ampiamente definiti, così non è per le modalità più efficaci per il loro raggiungimento. In particolare, il ruolo di conteggio dei carboidrati, liste di scambio, indice e carico glicemico ecc., e l’indicazione per la loro applicazione sono ancora in via di definizione nel bambino/adolescente. Allo stesso modo, il contributo di proteine e grassi della dieta sul controllo glicemico oltre che sul rischio di complicanze è tuttora oggetto di studio. Pertanto, l’attenzione alla composizione della dieta nel suo complesso più che ai soli carboidrati è alla base di ogni intervento di educazione alimentare in ogni sua fase. SUMMARY Nutrition and diabetes: still many open questions Nutritional therapy plays a key role in the management of children and adolescents with diabetes. Both ISPAD and ADA have recognized the importance of nutrition as an essential component of a healthy lifestyle for diabetics. It is hard, however, for most patients, especially adolescents, to stick to dietary regimens. To be effective, nutritional therapies have to be personalized, taking account of individual needs, openness to change, metabolic targets, physical activity, and lifestyle. The nutrition education program has also to be adapted to the child and the family’s cognitive levels, meaning their learning and intellectual capacity. While the aims of nutritional therapy are clear enough, we have 140 M. Tommasi et al. still to find the most effective ways to achieve them. The roles of carbohydrate counting, exchange lists, glycemic index and glycemic load – besides many other points – and their application in children and adolescents have yet to be defined. Similarly, the effects of protein and lipids in the diet on glycemic control and complication risks are still largely under study. Therefore, attention to the composition of the diet as a whole, not just carbohydrates, is fundamental in any phase of a nutrition education program. vizio per operare un’analisi completa dei vari ambiti in cui è coinvolta l’assunzione di cibo, compresi gli importanti aspetti psicologici così rilevanti per una malattia cronica condizionante il vivere quotidiano come il T1DM . Al fine di rendere più efficace l’intervento, un prerequisito importante per poi affrontare le modalità più propriamente operative è che i centri che forniscono assistenza ai bambini/ adolescenti con diabete rispondano in modo adeguato alle difficoltà sopra ricordate. L’intervento nutrizionale L’intervento educativo sulla nutrizione è raccomandato come irrinunciabile da tutte le linee guida per il trattamento del diabete di tipo 1 (T1DM)(1,2). Il ruolo della dieta nella gestione del diabete e del suo autocontrollo è fondamentale, si tratta a tutti gli effetti di una terapia(3). Si parla infatti di “dietoterapia” o di medical nutrition therapy come la definisce l’American Diabetes Association (ADA)(1). Anche gli obiettivi da perseguire con l’intervento sono ben definiti(1,2). Fare dell’alimentazione una dietoterapia significa modificare le abitudini alimentari, adottando scelte adeguate dei nutrienti in termini quali/quantitativi, integrandole con la terapia insulinica, i cambiamenti dello stile di vita e la promozione dell’attività fisica. Gli obiettivi e le raccomandazioni nutrizionali per i bambini/adolescenti affetti da diabete sono in larga parte sovrapponibili a quelle della popolazione pediatrica generale. Acquisire sane abitudini alimentari contribuisce infatti a: – garantire una crescita adeguata, raggiungendo e mantenendo nel tempo una condizione di normopeso e una composizione corporea ottimale; – prevenire le complicanze a lungo termine, evitando squilibri nutrizionali che ne accelerano la comparsa; – prevenire i disturbi del comportamento alimentare, più comuni nei soggetti con T1DM ; – favorire un buon controllo glicemico, riducendo il rischio di ipoglicemie e/o iperglicemie. Spunti di riflessione Se vi è chiarezza sulle motivazioni che giustificano la necessità di un attento intervento nutrizionale e che ne specificano gli obiettivi, meno evidenza è disponibile sulle modalità per perseguire e raggiungere gli obiettivi prefissati. Alcune difficoltà più frequentemente riscontrate, che condizionano la modalità e la qualità del servizio offerto sono, nell’ordine: – la necessità di disporre di personale specializzato (dietisti) in grado di operare un intervento competente e adeguato; – la necessità di fornire un intervento personalizzato a ogni bambino/adolescente e ai suoi genitori/famigliari oltre che interventi di gruppo; – la necessità di conoscere e applicare modalità educative diverse, adatte alle differenti età del paziente; – la necessità di trasmettere contenuti di educazione nutrizionale a famiglie migranti con difficoltà di comprensione linguistica e diverse tradizioni culturali e dietetiche; – la necessità di una forte integrazione tra operatori del ser- L’intervento nutrizionale: le tre fasi L’intervento prevede, nell’ordine, tre azioni da parte dell’equipe: la conoscenza delle abitudini nutrizionali personali del bambino/adolescente e dei suoi famigliari; l’azione di modifica delle stesse; la verifica dell’acquisizione delle abitudini modificate. Facile a dirsi, ma difficile a farsi. Misurazione degli apporti di energia e nutrienti Come noto tutte le metodiche disponibili per quantificare gli apporti di cibo e scomporre gli stessi in nutrienti presentano un certo grado di inaccuratezza, variabile tra le diverse tecniche, che impediscono di ottenere informazioni valide in un numero non trascurabile di pazienti(4). Questo problema è legato a tre fattori principali: – la necessità di un buon grado di cooperazione da parte del paziente e dei suoi genitori nel riportare gli apporti di cibo (sia pesati sia non) e nel descrivere la loro preparazione e composizione (sughi, salse, condimenti, ricette ecc.) nel corso del periodo di rilevazione; – l’incompletezza delle banche dati utilizzate per la scomposizione in nutrienti dei diversi alimenti, legata all’elevato numero di alimenti, al livello di scomposizione incompleto per molti alimenti e alle frequenti modifiche compositive degli alimenti legati alle continue variazioni delle tecniche di coltivazione e allevamento che influiscono sulla composizione degli alimenti al consumo; – la grande diversità di informazione ottenibile dall’applicazione di differenti tecniche di rilevazione (diario pesato, questionario di frequenza degli apporti, recall delle 24 ore ecc.). Ai fini di una stima attendibile degli apporti di cibo, il grado di collaborazione del paziente e dei suoi famigliari è determinante. Analogamente a quanto avviene per i soggetti non affetti da diabete, i dati ottenibili dai bambini più piccoli e dai preadolescenti con diabete sono aderenti al vero in modo soddisfacente(5). Questo è imputabile al diretto coinvolgimento di genitori, nonni e personale scolastico nella gestione dell’alimentazione. Al contrario, nell’adolescente, in cui il controllo genitoriale è minore, è più comune la sottostima, anche importante, volontaria o meno, degli apporti(6-8). Un secondo fattore associato al grado di fedeltà del riporto degli apporti alimentari è il rapporto staturo-ponderale (BMI) del ragazzo: più elevato il BMI, maggiore la sottostima degli apporti (e la sovrastima dell’attività motoria)(9). Anche la scelta della tecnica di rilevazione dei consumi in- Nutrizione e diabete: punti fermi e spunti di riflessione fluenza direttamente l’informazione ottenuta e le conseguenti scelte terapeutiche. Il dato qualitativo dell’alimentazione, sebbene grossolano, è assai utile per guidare l’intervento mirante al raggiungimento di un equilibrio compositivo (rapporto tra i nutrienti) della dieta aderente alle raccomandazioni. Per un intervento di secondo livello mirante all’analisi delle porzioni e alla guida alla consapevolezza delle stesse, è utile il recall delle 24 ore o il più impegnativo diario dietetico pesato. L’uso di queste metodiche prevede l’ausilio del dietista esperto nel lavoro con i bambini/adolescenti, in stretto rapporto con il diabetologo pediatra. Oltre all’elevato grado di collaborazione da parte del soggetto e dei famigliari, il limite probabilmente più importante di queste metodiche è dato principalmente dalla sostanziale impossibilità di valutare in modo oggettivo l’attendibilità dei dati riportati. Spunti di riflessione Nonostante i limiti dei metodi di recall, la raccolta delle informazioni delle abitudini alimentari rappresenta un’attività molto importante nella pratica nutrizionale. Al fine di mantenere e/o aumentare l’aderenza alla terapia è necessario effettuare un’accurata anamnesi alimentare per poter personalizzare la terapia nutrizionale. Infatti l’accuratezza dell’anamnesi aumenta la quantità di informazioni circa le abitudini alimentari del soggetto e la possibilità di personalizzare al massimo il programma di educazione. La scelta del metodo è legata quindi alle fasi della malattia, agli obiettivi terapeutici e alle necessità individuali del paziente, oltre che alla presenza o meno di un intervistatore esperto(10). Nella fase iniziale, dove il paziente e la famiglia sono sommersi da una notevole quantità di informazioni sulla malattia e la sua terapia, è sufficiente una valutazione di base delle abitudini del bambino per potere poi 141 stabilire priorità e obiettivi a breve termine. Nella fase di monitoraggio, mirato alla sincronizzazione tra dieta e insulinoterapia, potrebbe diventare utile utilizzare il diario alimentare che fornisce all’operatore dati utili per analizzare la correlazione tra orari e frequenza dei pasti/spuntini, quantità e qualità degli alimenti, attività fisica, valori glicemici e insulina. Il diario alimentare può essere inoltre proposto per monitorare eventuali comportamenti e scelte e quindi utilizzato come un giornale di bordo dei successi, delle difficoltà e delle sperimentazioni. Intervento nutrizionale L’intervento nutrizionale offerto al bambino/adolescente con diabete è principalmente di carattere educativo. Come è noto, una modalità importante di apprendimento nel bambino è l’imitazione. Pertanto una componente fondamentale dell’intervento è l’acquisizione di abitudini e comportamenti nutrizionali allineati alle linee guida da parte di tutto il nucleo famigliare. Questo prevede che la famiglia nel suo insieme partecipi attivamente a una possibile rivisitazione di abitudini consolidate e sia disponibile a modificarle. Il contenuto dell’intervento di educazione nutrizionale si identifica con quanto previsto nelle raccomandazioni nutrizionali della popolazione generale e nelle linee guida dell’International Society of Pediatric and Adolescent Diabetes (ISPAD)(2). In Italia le linee guida per una corretta alimentazione per la popolazione sono riportate nei LARN (livelli di assunzione raccomandati di energia e nutrienti per la popolazione italiana), nell’ultima edizione ufficiale del 1996, seguita dal documento ancora preliminare del 2012(11,12). Le raccomandazioni nutrizionali di riferimento per i soggetti con diabete, sia in età Tabella 1 Livelli di assunzione raccomandati di nutrienti per la popolazione italiana (LARN) e per i soggetti con diabete (ISPAD). Nutrienti LARN 1996 LARN 2012 ISPAD 2009-2012 Carboidrati (%)* 55-60% 45-60% 50-55% Zuccheri semplici (%)* 10-12% < 15% 10% saccarosio 25-30% 20-35% (fino al 40% 30-35% Grassi (%)* (35% fino a 2 aa) da 1 a 3 aa) Saturi (e trans) (%)* < 10% < 10% < 10% Monoinsaturi (%)* 10-15% 10-20% 10-20% Polinsaturi (%)* < 10% 5-10% < 10% Colesterolo (mg/1000 kcal) 100 100 10-15 (da 2 g/kg nel Da 1,32 g/kg Proteine (%)* lattante a 1 g/kg nel lattante a 0,9 g/kg 10-15 nell’adolescente) nell’adolescente Fibra 0,5 g/kg/die 8,4 g/1000 kcal 11,7-14,2 g/1000 kcal Da 0,7 g nel lattante Sodio (g/die) < 2,4 a 3,9 g nell’adolescente < 2,4 *Percentuale dell’energia totale della dieta. Come riportato in tabella, le percentuali dei nutrienti sono quasi totalmente sovrapponibili tra LARN e ISPAD, a sottolineare che i fabbisogni nutrizionali ed energetici del bambino/adolescente affetto da diabete sono i medesimi dei coetanei sani. 142 M. Tommasi et al. Tabella 2 Fabbisogni energetici in funzione dell’età (LARN). Maschi Femmine Età (anni) (kcal/die) (kcal/die) 1 800-1100 750-1050 3 1200-1700 1100-1650 6 1500-2100 1350-2000 9 1650-2600 1400-2300 12 2000-2400 1800-2100 15 2300-2900 1900-2300 18 2500-3200 1950-2400 adulta sia in età pediatrica, sono state proposte dall’ADA e dall’ISPAD (Tabb. 1 e 2). Il fabbisogno calorico giornaliero di ciascun bambino varia in funzione di sesso, età, peso, altezza e livello di attività motoria. Ai fini del mantenimento di una composizione corporea ottimale, è necessario che gli apporti di energia e nutrienti siano pari ai fabbisogni, cioè sia garantito un equilibrio nel bilancio tra entrate e uscite. Il bilancio energetico e dei nutrienti è raggiunto più agevolmente se il livello di attività fisica è più elevato. In particolare, l’energia giornalmente consumata per l’attività fisica dovrebbe essere superiore al 30% del dispendio energetico totale giornaliero(13). Oltre a un’attività fisica regolare e costante, altri fattori di rilievo sono la distribuzione degli apporti di cibo nelle 24 ore, gli orari dei pasti e delle merende e la composizione della dieta. In particolare, è utile distribuire gli apporti in 3 pasti principali e 2 spuntini, promuovendo il consumo di alimenti vegetali e limitando quelli a elevato contenuto di zucchero, come per esempio bevande zuccherate e dolciumi, e di grassi, quali fritti, salumi, carni grasse, formaggi. Spunti di riflessione Bene le raccomandazioni, ma i bambini/ragazzi con diabete le seguono? Quali e quanti dati sono disponibili al riguardo? Sia in Italia sia all’estero, i dati sulle caratteristiche nutrizionali di bambini e adolescenti con T1DM sono scarsi, tanto da non permettere di dare risposte basate su un numero sufficiente di evidenze. Un recente studio condotto recentemente nell’Italia nord-orientale ha evidenziato che la dieta dei bambini con diabete rispetta in media le raccomandazioni nutrizionali più di quanto la dieta riportata dai bambini non diabetici, soprattutto per l’apporto di grassi e fibra(3). Due le osservazioni che si possono sollevare dall’analisi di questi dati: primo, la numerosità relativamente modesta del campione (114 soggetti) che, per quanto studiato con metodi sufficientemente accurati e riproducibili, confina questa esperienza a un ambito di esplorazione iniziale del fenomeno. Secondo, l’afferenza del campione a un centro di terzo livello, dove l’approccio multidimensionale e multiprofessionale ha consentito un regolare intervento educazionale sulla nutrizione, non sempre disponibile presso altri centri. Non è quindi possibile generalizzare i risultati ottenuti alla realtà nazionale. Nuovi studi condotti su più ampie popolazioni di bambini e adolescenti con T1DM sono necessari per ottenere un quadro rappresentativo della situazione italiana. Conta dei carboidrati La stretta relazione esistente tra assunzione di carboidrati e profilo glicemico postprandiale ha focalizzato l’attenzione sulla componente glucidica del pasto, ai fini del calcolo della dose di insulina da somministrare prima del pasto stesso. L’ADA ha pubblicato nel 2008 le indicazioni nutrizionali per pazienti con T1DM(1). In queste raccomandazioni, si enfatizza che il monitoraggio del contenuto di carboidrati, che sia conta dei carboidrati, scambio di carboidrati equivalenti o stima personale dei carboidrati dopo training, rimane una strategia fondamentale per raggiungere il buon controllo nel diabete (evidenza A). Inoltre, l’utilizzo dell’indice glicemico e del carico glicemico può fornire un ulteriore ma modesto beneficio rispetto alla semplice conta dei carboidrati (evidenza B). Spunti di riflessione Sebbene largamente seguito, il metodo della conta dei carboidrati non è condiviso da tutti i diabetologi. Sorprendentemente mancano infatti studi randomizzati e controllati sull’efficacia della conta dei carboidrati in età evolutiva e non esistono metodi standardizzati di valutazione della sua accuratezza. Si definisce l’uso del calcolo dei carboidrati come uno strumento utile all’autocontrollo del diabete, ma nelle linee guida della Società Italia di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP) sull’automonitoraggio e autocontrollo in bambini e adolescenti con T1DM pubblicate nel 2012, gli autori sostengono che pochi sono i dati sull’efficacia dell’uso del conteggio dei carboidrati nel migliorare il controllo metabolico in età pediatrica sebbene non vi siano motivi per sconsigliarne l’utilizzo(14,15). Per utilizzare tale metodo correttamente sono indispensabili alcuni presupposti: – personale esperto che offra un percorso formativo strutturato(2,16), preceduto ovviamente da una corretta educazione alimentare, al fine di preservare l’adeguatezza della dieta globale(17,18); – una buona capacità di calcolo. Analisi sulle stime in grammi di carboidrati riportate dai pazienti hanno evidenziato come queste siano spesso poco precise, suggerendo l’impiego di metodi di stima delle porzioni (10 o 15 grammi di carboidrati) o degli equivalenti(19). Bishop et al. hanno documentato che solo il 23% di 43 adolescenti con T1DM eseguiva con accuratezza la conta dei carboidrati, stimando il carico totale giornaliero di carboidrati con un margine di 10 grammi rispetto al reale apporto(20). I pazienti più accurati mostravano un migliore controllo glucidico presentando migliori valori di emoglobina glicata (HbA1c 7,69 ± 0,82%, p = 0,04). Smart et al. non hanno riportato variazioni significative della glicemia postprandiale in pazienti in età evolutiva con T1DM che calcolano individualmente il bolo insulinico preprandiale e sottoposti a pasti che variano di 10 grammi di carboidrati in più o in meno rispetto alla stima eseguita(21). Il metodo del conteggio dei carboidrati è più efficace di altri? Non esistono a oggi evidenze che individuino un metodo Nutrizione e diabete: punti fermi e spunti di riflessione (conta carboidrati in grammi, conta delle porzioni di carboidrati in 10 o 15 grammi, equivalenze) superiore rispetto agli altri(1,2). Questo può essere determinato dalla presenza di numerosi altri fattori che influenzano la risposta glicemica al pasto: la quota di carboidrati, il tipo di zuccheri (glucosio, fruttosio, sucrosio, lattosio) e di amido (amilosio, amilopectina…) introdotti, i metodi di preparazione del cibo, la struttura del cibo, la presenza di altre componenti alimentari che possano alterare la digestione (lecitina, tannini, combinazione di amido-proteine e/o amido-lipidi). È consigliabile pertanto proporre la conta di carboidrati a pazienti con T1DM con terapia ottimizzata, con abitudini di vita non regolari e a pazienti ben motivati. Quali conseguenze indesiderate all’uso del conteggio? L’uso della tecnica del conteggio dei carboidrati espone il paziente ad alcuni rischi e svantaggi potenziali, tra i quali l’aumento ponderale nel caso in cui non venga controllato l’apporto in calorie e grassi(22,23). Il paziente può trovare complessa la conta e pertanto ridurre l’aderenza alla dieta o consumare più frequentemente alimenti confezionati o ad alto contenuto di grassi(24). Bambini e genitori tendono infatti a sottostimare i carboidrati contenuti nei pasti di più portate (tendenzialmente più ricchi di grassi e proteine) e a sovrastimare l’apporto di carboidrati con gli snack(25). Smart e coll. hanno dimostrato che sono soprattutto bambini e adolescenti che eseguono da più tempo la conta di carboidrati a commettere i maggiori errori nella stima stessa(26). In più, questi autori dimostrano l’assenza di una correlazione significativa tra l’accuratezza nella stima dei carboidrati e il valore dell’HbA1c, a differenza di altri dati presenti in letteratura(19,27,28). I risultati di un recente studio condotto da Brazeau et al. in un gruppo di soggetti adulti (30-50 anni), ha evidenziato che, nel 63% dei pasti consumati, i pazienti sottostimano il contenuto di carboidrati(29). Questo sottolinea la necessità di continui aggiornamenti di educazione nutrizionale che adattino le raccomandazioni alle fisiologiche modifiche nutrizionali età-correlate. Discusso è inoltre il ruolo di proteine e grassi. Alcuni autori dimostrano un migliore controllo glicemico postprandiale in pazienti con T1DM e in terapia con pompa insulinica se la conta dei carboidrati viene completata con la conta di grassi e proteine, utilizzando algoritmi specifici(30,31). Conteggio e disturbi del comportamento alimentare (DCA). In considerazione della maggiore incidenza dei DCA nella popolazione di teenager con T1DM, soprattutto nel genere femminile, alcuni autori sostengono che la conta di carboidrati può ridurre l’incidenza di tali effetti avversi correlati ad approcci dietetici rigidi proprio perché permette più flessibilità nelle scelte alimentari quotidiane(32). Scheuing et al. sono giunti alla conclusione che la comorbilità di T1DM e DCA è associata a un peggiore controllo metabolico e a un più elevato rischio di complicanze legate al diabete(33). Studi precedenti riportano livelli di HbA1c più elevati nei pazienti con DCA; le abbuffate alimentari, il sottodosaggio o l’omissione di insulina (al fine di perdere peso) determinano infatti ampie fluttuazioni glicemiche. Inoltre una severa restrizione calorica può condurre all’ipoglicemia grave e un dosaggio insulinico insufficiente a più frequenti episodi di chetoacidosi. 143 Verifica dell’efficacia dell’intervento nutrizionale Questa fase è certamente la più difficile. La verifica delle acquisizioni cognitive è infatti agevole, attraverso appositi questionari somministrati dall’operatore o autosomministrati per via informatica(34). Una valutazione degli apporti quali-quantitativi può essere fatta utilizzando alcune delle tecniche di recall sopraelencate, ma spesso non basta. È molto complesso determinare se le acquisizioni sono state tradotte nella pratica quotidiana. Il motivo della difficoltà è da ascrive principalmente alla scarsa disponibilità di marker specifici (biomarker o marker clinici) validi e accurati per poter monitorare con affidabilità l’efficacia dell’intervento. Il marker biochimico più utile è il profilo lipidico. Infatti, il raggiungimento e il mantenimento di apporti lipidici entro le raccomandazioni consente un’ottimizzazione del profilo lipidico e, indirettamente, un miglioramento dell’HbA1c. L’associazione diretta tra livello di apporto lipidico e controllo glicometabolico (HbA1c) è stato riportato sia nei bambini sia negli adulti(5,35). Del resto, il mantenimento del profilo lipemico entro i livelli desiderabili per sesso ed età durante l’età evolutiva è risultato ridurre il rischio cardiovascolare in età adulta(36). Non sono invece disponibili marker affidabili e di semplice determinazione che consentano di riconoscere variazioni negli apporti di proteine, carboidrati e fibra indotte dall’intervento dietetico. Tra i marker clinici ricordiamo la composizione corporea e la sua distribuzione. Infatti, il BMI, indice di adiposità assai utile soprattutto a livello epidemiologico, è relativamente poco informativo nel singolo paziente. Assai preferibile la misura della composizione corporea, cioè della massa adiposa totale e distrettuale. In ambito clinico la bioimpedenziometria e la plicometria del sottocutaneo in sedi specifiche (tricipitale e possibilmente sottoscapolare) consentono una quantificazione indiretta della massa adiposa e sono di semplice applicazione nella realtà ambulatoriale. Quanto alla misurazione della distribuzione dell’adiposità corporea, il dato più utile anche nel bambino è la quantificazione del grasso periviscerale. L’approccio meno invasivo, più semplice e a costo zero è la misurazione della circonferenza della vita(37). Sebbene la circonferenza della vita sia un indice non accurato dell’adiposità viscerale è a essa associato. Recentemente è stato proposto di utilizzare per tutta l’età evolutiva il rapporto vita/altezza che, a differenza della sola circonferenza della vita, presenta il vantaggio di non necessitare di tabelle percentilate cui fare riferimento, in quanto non influenzato da età, sesso, et etnia(38). È stato infatti dimostrato con convincente livello di evidenza che i bambini con un rapporto vita/altezza superiore a 0,5 presentano un aumentato rischio di avere fattori di rischio cardiovascolare, indipendentemente dal loro BMI. In particolare, gli adolescenti con diabete, soprattutto le femmine, che hanno una più elevata circonferenza vita, presentano un aumentato rischio per malattie cardiovascolari(39). In conclusione, la misurazione nel follow-up di massa adiposa e rapporto vita/statura consentono di verificare in modo indiretto se gli apporti calorici sono sufficientemente bilanciati rispetto ai fabbisogni energetici, consentendo una eventuale focalizzazione dell’intervento. 144 M. Tommasi et al. Composizione della dieta: i grassi Vi è convincente evidenza di una correlazione positiva tra l’eccesso di grassi saturi nella dieta e il controllo glicometabolico (HbA1c)(40). Contrariamente a quanto avviene per l’eccessivo consumo di acidi grassi saturi e trans, un regolare/aumentato apporto di grassi mono-polinsaturi può costituire un fattore di protezione nei confronti delle patologie cardiovascolari e tumorali, il che è ancora più importante nel soggetto con diabete(41,42). Gli apporti di acido eicosapentanoico (EPA) e di acido docosaesanoico (DHA), acidi grassi polinsaturi a lunga catena della serie omega 3, giocano un ruolo di primo piano al riguardo. Un recente studio di coorte multietnico ha evidenziato che l’incrementato apporto di omega 3 contenuti nel pesce è inversamente associato all’incidenza di malattie cardiovascolari(43). Un altro studio condotto su 70.495 soggetti ha riportato una correlazione fra l’elevato consumo di omega 3 (attraverso alimenti e supplementi) e minore rischio di mortalità totale e per cancro(44). Oltre a indirizzare verso un regolare consumo di acidi grassi polinsaturi omega 3, le raccomandazioni suggeriscono un apporto di acidi grassi monoinsaturi pari al 15% circa del totale. La sostituzione nella dieta dell’acido palmitico (saturo) con l’acido oleico (monoinsaturo) si è dimostrata efficace nel ridurre i livelli di lipoproteine a bassa densità (LDL) e quindi il rischio cardiovascolare a esse associato(45). D’altra parte, i grassi esercitano un ruolo di rilievo sulla cinetica di svuotamento gastrico, rallentandolo(46). A questo consegue un ritardato assorbimento dei carboidrati e quindi una riduzione dell’incremento glicemico postprandiale. Spunti di riflessione L’assunzione di lipidi influenza il profilo glicemico postprandiale. Infatti, aumentando il rapporto tra grassi e carboidrati nel pasto si riduce proporzionalmente l’incremento glicemico postprandiale a causa di una riduzione del carico glucidico ma anche della diminuita velocità di svuotamento gastrico e quindi la conseguente velocità di assorbimento intestinale del glucosio(47). Questo, considerando che uno degli scopi principali della terapia del diabete è limitare l’escursione glicemica dopo assunzione di cibo, riconducendola il più possibile in ambiti fisiologici, è una caratteristica utile dei lipidi purché la loro quota rimanga entro i limiti consigliati. Infatti, con l’obiettivo di facilitare una riduzione ponderale e/o dell’HbA1c, si può tendere a limitare l’apporto di carboidrati nella dieta del paziente con diabete. Questo si associa a uno spesso inconsapevole aumento dell’assunzione di lipidi che non solo contribuisce a vanificare il raggiungimento degli obiettivi perseguiti, ma espone a un incremento dei fattori di rischio cardiovascolare(48). Non dimentichiamo come le complicanze macrovascolari siano la prima causa di mortalità nel diabete. Del resto i grassi sono una componente essenziale della dieta, non solo per necessità reale al mantenimento dello stato di salute (acidi grassi essenziali), ma soprattutto per la sapidità che conferiscono agli alimenti: i cibi più buoni sono anche quelli che contengono grassi e quindi ben graditi e consumati. È importante quindi educare il bambino/adolescente a un consumo moderato di alimenti a elevato contenuto di grassi, soprattutto gli alimenti di origine animale o alcuni prodotti industriali o artigianali contenenti olii di palma e cocco o acidi grassi idrogenati, ricchi in acidi grassi saturi o trans. Conclusioni L’alimentazione consigliata al bambino/adolescente con diabete è la stessa che viene raccomandata a tutti i bambini/adolescenti, a eccezione della fibra che dovrebbe essere consumata in modo superiore. Il rischio cardiovascolare dei bambini/adolescenti con diabete è infatti minore in coloro che rispettano tali raccomandazioni. Un adeguato programma di educazione nutrizionale è parte integrante del percorso terapeutico del bambino/adolescente con diabete e della sua famiglia. L’apprendimento della capacità di quantificare il contenuto di carboidrati del pasto è importante per il calcolo della quantità di insulina da iniettare in fase preprandiale. È tuttavia utile considerare l’influenza che proteine e grassi esercitano sul profilo glicemico postprandiale, soprattutto qualora costituiscano una percentuale rilevante del pasto stesso. Conflitto di interessi. Nessuno. Bibliografia 1. American Diabetes Association. 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